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Dalla parte dello scrittore

Interferenze letterarie 2010

ARTICOLO N°1
PRIMA DI INIZIARE A SCRIVERE
Questo articolo fa parte della collana sulla scrittura creativa “Dalla parte dello scrittore”. Il testo è
libero e può essere citato, riprodotto e distribuito liberamente. Chiedo solo la cortesia di citare la
fonte in caso di citazione in un altro testo.
Grazie

L’articolo tratta delle fasi immediatamente precedenti l’inizio della stesura di un testo e aiuta a fare i conti con
le tradizionali “paure” da aspirante scrittore.

L'idea

Tutto nasce da un'idea. Questo è il punto di partenza. Attenzione, ho detto "un'idea" non ho detto "da
una storia". Un'idea è qualcosa di vago, dai contorni sbiaditi, un pensiero che rimane lì a mezz'aria senza
prendere forma né colore. Una storia è un'altra cosa, che verrà con il tempo.
Quando si comincia a scrivere qualunque cosa, che si tratti di un racconto breve, una fiaba o un
romanzo fiume di tremila pagine, la scintilla scatenante è sempre la stessa: un'idea che viene in mente e sulla
quale cominciamo a tessere i nostri pensieri. La classica lampadina che si accende nella testa, come si vede nei
cartoni animati.
Può nascere da un evento apparentemente insignificante, la signora che si siede di fronte a noi in treno,
un caffè bevuto in un bar, un giro in bicicletta. Ogni aspetto della vita quotidiana può far nascere dentro di noi
la scintilla creativa.
Quando mi chiedono dei miei libri, molti domandano se quando comincio a scrivere ho già tutta la
storia in mente. Ovviamente no, rispondo e loro mi guardano come se li avessi delusi.
Quando mi siedo di fronte al computer e comincio a buttar giù delle frasi non ho in mente nulla
riguardo alla trama della vicenda. So solo che voglio dare vita a un'idea. Una volta mi sono detto: "Voglio
scrivere una storia che abbia come filo conduttore la musica jazz". Questa era l'idea scatenante. Mi sono
messo a battere sui tasti della tastiera senza sapere nemmeno di cosa avrei potuto parlare ed è nato "Il
delicato suono del tempo".
Quindi il primo mito da sfatare è quello che gli scrittori comincino a scrivere una storia avendola già
completamente definita in ogni suo punto. Non è vero. Uno scrittore si fa trasportare dalla scrittura, lascia che
fruisca dalla propria fantasia e mentre scrive effettua delle scelte, delle decisioni, inventa personaggi a cui non
aveva minimamente pensato, ne abbandona altri che invece credeva perfetti e quando arriva alla fine la storia
che ha scritto assomiglia solo vagamente a quella che aveva in mente.

Paulo Coelho (e non è il primo arrivato) descrivo così il processo mentale della scrittura nel suo libro "Lo
Zahir", edito da Bompiani:

" E così comincio, per una sorta di obbligo - ma, all'improvviso, quella "cosa" si impossessa di me, e io
non mi fermo più. La domestica mi avverte che la cena è pronta; le chiedo di non interrompermi. Un'ora dopo,

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torna a chiamarmi. Ho fame, ma voglio scrivere ancora una riga, una frase, una pagina. Quando mi siedo a
tavola, la pietanza è fredda. Ceno rapidamente, e torno subito al computer... Ormai non controllo più i miei
passi: l' isola si sta svelando, e io vengo spinto lungo i suoi sentieri e incontro cose che non avevo mai
immaginato né sognato."1

Per cui la prima "rete di consigli" che darei a un aspirante scrittore é la seguente:

• Non avere paura di cominciare a scrivere senza avere un'idea precisa dell'argomento;
• Sii curioso e osserva il mondo che ti circonda: ogni aspetto è una fonte infinita di idee;
• Insegui ogni idea che hai con entusiasmo, ognuna di esse può trasformarsi in una storia
vincente;
• Sii critico con te stesso, non tutte le idee che ti verranno saranno valide.

Avere un'idea

"Un'idea, un concetto, un'idea


finché resta un'idea è soltanto un'astrazione
se potessi mangiare un'idea
avrei fatto la mia rivoluzione"
Giorgio Gaber, Un'idea.

Se riuscissi a spiegare come avere un'idea vincente pretenderei il Nobel per l'onniscienza.
Non esiste un metodo, una serie di esercizi che aiutino ad avere un'idea. Ognuno di noi segue un
processo mentale differente e unico, basato sulle proprie capacità, il proprio retroterra culturale, la propria
elasticità mentale o sullo spirito d'osservazione.
Un'idea potrebbe essere qualsiasi cosa. Potreste attingere dalla vostra quotidianità, dal vostro vissuto,
da qualche viaggio, da una situazione di cui siete stati protagonisti o osservatori. Paolo Villaggio per esempio
ha creato il mondo del rag.Fantozzi basandosi sulle esperienze vissute in prima persona quando era impiegato
presso un'importante azienda genovese.
Questo significa che ogni momento che vivete potrebbe essere una fonte d'idee.
Per esempio "Notturno Parigino" è scaturito dalla visione di un pezzetto del film "Casablanca" con
Humprey Bogart. Saranno stati anche solo dieci minuti ma in quel momento ho capito che avrei voluto
scrivere un racconto noir, dai toni foschi, ambientato in quell'epoca. Non sapevo nient'altro. Il fatto di
ambientarlo a Parigi, di creare tutti quei personaggi, il quadro di Picasso attorno al quale ruotano gli eventi
sono aspetti nati durante la scrittura ma che quando ho cominciato a scrivere mi erano totalmente
sconosciuti.

L'approccio iniziale

Essere critici con sé stessi, questa è un'arma a doppio taglio.

1
Tratto da “Lo Zahir” di Paulo Coelho, editore Bompiani,anno 2005, ISBN 45234248. Tutti i diritti riservati.

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Solitamente (a parte rarissime eccezioni) un aspirante scrittore è una persona indecisa, con poca
autostima e che si chiede continuamente "perché mai qualcuno dovrebbe leggere ciò che scrivo?" (io ero
nella stessa situazione).
In realtà l'ultima frase è un atteggiamento sbagliato perché un lettore sarebbe disposto a leggere un
libro di uno sconosciuto se avesse anche solo l'idea o il sentore che si tratti di un'opra di qualità.
Questa insicurezza intrinseca ha il vantaggio di rendere molto severo e selettivo l'aspirante scrittore ma
nel contempo può portarlo a cestinare idee vincenti. Bisogna provare a scrivere sopra ogni idea che verrà in
mente e sarà la stessa scrittura a dare il giudizio finale.
Io faccio così: quando ho un'idea butto giù un primo pezzo che può andare da una decina di righe a due
pagine del formato standard di Word (due fogli formato A4). Dopodiché cerco di sentire quello che mi ha dato
la scrittura. Ero felice mentre lo facevo? Le parole uscivano in maniera spontanea? L'ispirazione era selvaggia
oppure forzata? Ma la più importante: mi sono divertito mentre scrivevo?
Quest'ultima domanda è la più importante di tutti. Su mille scrittori in erba solo uno diventa un
professionista. Gli altri rimangono semplici appassionati. Per cui quell'unico scrittore farà della scrittura il
mezzo per guadagnarsi il pane e potrà scendere a compromessi, scrivere su cose che non gli interessano fino a
pubblicare opere buone solo per il marketing. Gli altri 999 lo fanno per passione e questo significa che: la
scrittura deve essere un divertimento.
"Si scrive per essere letti e per sedurre il mondo" afferma Roberto Cotroneo2. Vero, ma si scrive
soprattutto per trarne giovamento. Mi piace dire che scrivo perché amo farlo e perché sono convinto che si
debba farlo se se ne senta il bisogno.
A chi mi chiede consigli io dico sempre che ho bisogno di avere un buon feeling con ciò che scrivo. Se
mentre creo continuo a distrarmi, non sono concentrato, apro continuamente la casella mail per controllare
se ho nuova posta, significa che la scrittura è stata un peso, un esercizio che non mi ha soddisfatto e in
sostanza una gran perdita di tempo. Se invece la scrittura si è rivelata un processo continuo, che ha spinto la
mia fantasia a lavorare, che mi ha reso felice e mi ha lasciato la sensazione di aver creato qualcosa di buono (è
una sensazione che nasce dentro, indipendentemente dal livello di autostima che si ha) allora significa che ho
scritto qualcosa che merita i miei sforzi.
Lo capirete soprattutto da una sensazione particolare e unica: non riuscirete a staccare le mani dalla
tastiera. Ogni pensiero è rivolto alla vostra idea, l'unico desiderio è di non venir disturbati, vi verrà in mente di
chiamare la fidanzata e disdire l'incontro con lei pur di continuare a creare. Se vi succede questo (ognuno
vivrà la cosa a suo modo, tutto è molto personale) allora significa che tra voi e la vostra idea s'è instaurato il
giusto feeling.
Per cui, una volta che avete avuto un'idea e vi sembra che sia giunto il momento per trasformarla in
qualcosa di più concreto, scrivete tutto quello che vi viene in mente per circa un'ora e poi fate una verifica
delle sensazioni vissute. Ponetevi domande di questo tipo:

• La scrittura era un processo continuo oppure mi fermavo ogni tre parole?


• Ero concentrato su ciò che stavo facendo oppure continuavo ad andare in bagno, ad alzarmi, a
spulciare Internet?
• Cosa provavo mentre scrivevo?
• Ora che ho terminato come mi sento?
• Sono felice di aver passato questo tempo a scrivere?
• Sento il desiderio di continuare o non vedo l'ora di staccare tutto?

2
Tratto da “Manuale di scrittura creativa per principianti”, di Roberto Cotroneo, editore: Castelvecchi. Tutti i diritti riservati.

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In base alle sensazioni vissute ( o come amerebbe dire un mio amico "in base al feedback") riusciremo a
capire se l'idea che abbiamo avuto merita i nostri sforzi.
Ad esempio un mio sogno era quello di scrivere un racconto che narrasse la storia della nascita della
musica house, dato che amo quel genere musicale. Mi sono informato e ho studiato bene la storia e i suoi
protagonisti e mi sono messo a scrivere. Ogni volta che cominciavo soffrivo sempre degli stessi "disturbi": la
scrittura era lenta e poco scorrevole, mi sentivo privo d'idee, avevo l'impressione di essere ripetitivo, non
vedevo l'ora di scrivere un paragrafo per potermi fermare a rileggerlo. Questo significa che l'idea, per quanto
l'avessi amata e sentita mia, non era adatta alle mie esigenze. Magari qualche altro scrittore scriverà il più bel
romanzo sulla musica house che sia mai stato scritto ma di sicuro non sarò io.
Saper comprendere quando un’idea non fa per noi è il primo passo verso la creazione di opere di
qualità.

La paura della centesima pagina

E' la paura peggiore di tutte, la madre di tutte le paure dell’aspirante scrittore, quella che ci assilla
indipendentemente dalla qualità dell'idea che si ha in mente: "Come farò a scrivere trecento pagine con
quest'idea?".
Una domanda fuori luogo.
Questa insicurezza nasce dall'educazione scolastica che ha imposto a tutti quanti la regola che gli
elaborati debbano essere di una certa lunghezza, altrimenti siano inadatti. "Il tema deve essere lungo almeno
quattro pagine di foglio protocollo", tuonava la mia professoressa d'italiano, come se non si sarebbe potuto
esprimere il medesimo concetto in sole due facciate.
Il primo stereotipo da sfatare è questo: la brevità non significa mancanza di qualità.
Prendete i romanzi del commissario Maigret di George Simenon, per esempio. Raramente superano le
centocinquanta pagine in formato tascabile, alcuni ne hanno meno di cento. Eppure riescono a essere
avvincenti e ben strutturati nonostante siano così brevi. Borges è un altro. I suoi libri sono capolavori e
raramente hanno una lunghezza superiore alle cento pagine.
E' opinione comune che un romanzo di trecento pagine sia molto più interessante, ben costruito e
sicuramente più valido di uno di settantacinque. Molto spesso è proprio il contrario. M'è capitato di leggere
libri che si perdevano in dissertazioni filosofiche, in lunghissimi flashback, in dialoghi inutili che mi
sembravano inseriti solo per allungare il testo. A volte ho provato a saltare anche una decina di pagine prima
di ritrovare un po' d'azione.
Saper concentrare una bella storia in poche righe è molto più difficile di quanto non sembri.
Questo perché ogni scrittore è portato a inserire nel testo ogni cosa gli venga in mente, allungandolo
anche quando non servirebbe. Soprattutto, in fase di revisione, è molto difficile cancellarla dopo averla
scritta.

In un'altra lezione tratteremo questo tema ma per ora è importante capire questo:
La lunghezza non importa, quello che conta è la qualità del testo.

Quando iniziate a scrivere non pensate minimamente a quante pagine riuscirà a coprire la vostra opera.
E' un pensiero (a volte addirittura un'ossessione) che può arrivare a rovinare il piacere della scrittura.

Conta ciò che scrive e non quanto scrivete.

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Grazie per avermi letto, spero di ritrovarvi per il prossimo articolo.

Omar Gatti

Mariano Comense (CO) Ottobre 2010

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