Il porno brulica dalla rete agli scenari urbani, dagli schermi mediatici alle piccolezze del quotidiano.
La ricerca che segue ha l’obiettivo di cogliere quella che definiamo “pornocultura” contemporanea, laddove
non siamo più di fronte ad un settore di nicchia dell’offerta mediatica, bensì ad un paradigma estetico. Sulla
base di tale ipotesi, si propone un’interpretazione dell’immaginario della società e delle sue pratiche, a partire
dal porno, sulla base della matrice “pornoerotica”, la quale sta riconfigurando l’anima e le forme. Il termine
“pornoerotismo” agisce da leva semantica con cui intendiamo sfumare la differenza tra il porno e l’erotico, e
la fessura nella quale si cela il senso della pornocultura. Quello che interessa è la misura in cui si asseconda
un istinto carnale grazie ad una nuova accessibilità agli strumenti del piacere, alla tecnologia. Il regno del
pornoerotismo è ormai sfociato nella pop culture, al punto da configurarsi come un pilastro di essa. Ne
consegue una pornificazione del quotidiano, visibile online, fra gli accessori del mercato, nel design e nel
linguaggio, in un’infinità di nuove pratiche che cavalcano la reversibilità tra l’intimo e il condiviso; infine si
ha una radicalizzazione dell’hard (diffusione di categorie e abitudini estreme). A partire dalla diffusione
sociale della stampa, si hanno i primi fondamenti della neutralizzazione dell’erotismo, che approdano nel
nuovo millennio, dove la crisi dell’individuo moderno e il ribaltamento dei tradizionali estetiche, plasma una
pornocultura sempre più ampia e diffusa, scaturita soprattutto dalle reti elettroniche, e poi diffusa sul
territorio fisico. In questo senso, le piattaforme a finalità erotiche, confermano il rapporto sempre più stretto
tra i media elettronici e l’erotismo. Secondo una prospettiva trasdisciplinare, intendiamo prendere atto della
rottura epistemologica dell’attuale società, di cui la pornocultura sembra essere causa ed effetto.
Eccoci nell’epoca dell’oscenità integrale, dove la carne, medium e messaggio della nostra epoca, si fa verbo e
il sesso è ovunque e da nessuna parte.
1- GENALOGIE
Le origini rinascimentali, la Riforma e la svolta barocca
La pornocultura non è semplicemente la sovraesposizione dell’eros e non ha a che fare con
l’aumentare dei libertinismi e delle pratiche estreme del piacere; porno è oggi la brusca interruzione
dello stato di separazione stabilito dall’ordine culturale occidentale a partire dal Rinascimento, la
culla della modernità. Il corpo-a-corpo generalizzato indotto dall’atmosfera porno è la congiunzione
di quanto era stato disgiunto nello sforzo costitutivo del nostro mondo: il soggetto dall’oggetto, il
soggetto dall’ambiente, il soggetto dagli altri soggetti. L’aurora dell’individuo è pertanto la causa e
l’effetto di uno strappo, è l’interruzione della comunione tra umani, natura e divino. Questa sorta di
ferita della storia è stata inferta in modo progressivo dagli inizi del Quindicesimo alla metà del
Diciannovesimo secolo. La circolazione degli umori che caratterizzano gli scenari pornoculturali,
segnala innanzitutto lo straripamento dei soggetti, delle forme e delle sostanze condensante nelle
conche scavate in tanti secoli di storia moderna. Le sue tappe fondamentali, prima dell’esondazione,
possono essere identificate tramite l’analisi di alcune cruciali invenzioni tecnoculturali e della loro
diffusione sociale. Per cominciare, l’affinamento scientifico della prospettiva, con quanto ha
comportato nella precisazione del punto di vista sin dalle opere degli architetti come Brunelleschi e ha
corroborato il processo di organizzazione dello spazio in modo tale da rendere più chiaro il rapporto
tra soggetti e oggetti, tra lo sguardo e le cose. Il primo metodo adoperato è stato, non a caso, chiamato
“punto di distanza”, che evidenzia l’opera di disgiunzione tra il sé e l’altro da sé, portata avanti
nell’obiettivo dichiarato di porre l’essere umano al centro del mondo, palese ne è la metafora del
celebre disegno realizzato da Leonardo da Vinci, L’uomo vitruviano, il quale sigilla il ruolo cardinale
dell’uomo nell’universo, il suo divenire la misura di tutte le cose, esattamente a partire dalla
possibilità di isolarle, controllare e analizzare, secondo i canoni del proprio corpo, tutte le cose che gli
sono circostanti, considerate ormai come una grande “cosa” adatta alla manipolazione. Il quadro
tracciato non sarebbe tuttavia completo ed efficace senza l’intervento di un dispositivo ancora più
incisivo: la stampa, estensione universale e poi industriale della scrittura alfabetica e dell’uomo
moderno. Solo codesto strumento consente al soggetto di sorgere razionale ed agente in base al
procedimento dell’astrazione. Il sintagma “fare astrazione” è il corrispettivo dell’abilità del soggetto
di estraniarsi dal contesto per considerarlo in modo più oggettivo. Ha imparato a considerare l’altro
come una rappresentazione della propria mente, con la conseguente necessità di sfumare l’empatia nei
confronti di ciò che eccede in campo prospettico. La cellula moncale, che predispone per i suoi abitati
un’esistenza lungi dagli altri, distanti dalle tentazioni, con il corpo sotto controllo ed il libro tra le
mani, funziona in tal senso come efficace paradigma per descrivere un isolamento orientato dalla
forza del pensiero, uno stato tanto sacrificale per chi lo viva, quanto strumentale a produrre testi,
leggi, valori… Weber l’avrebbe nominata in seguito come “disincanto del mondo”.
La stampa vestì un ruolo da apripista all’industrializzazione, ma soprattutto di messaggio teso a
forgiare un individuo connotato dalla qualità di trattenere le emozioni, di agire secondo procedimenti
razionali e dall’arte di relegare i sentimenti e i sogni ai margini della propria vita quotidiana.
Contenersi significa esattamente rinunciare all’eccesso di appetito e di altre fantasie che possano
distrarre l’individuo dalla via retta della ragione, dal progresso, dalla produzione economica e dalla
riproduzione sociale. La missione della Riforma protestante di debellare la corruzione e il degrado,
indotti anche dal commercio delle indulgenze, decise di diffondere la Bibbia in lingue volgari e
mostrando che in essa non si menziona né il culto dei santi, né della Vergine e tanto meno del
Purgatorio: i riformatori puntarono ad estirpare ogni residuo pagano, con tutte le ebrezze corporali ad
esse associato; partendo dal culto dei sani che ha sempre integrato forme di adorazione che
sfociavano in orge, passando dalla Madonna, vista come una fonte iconografica di distrazione dalla
Santissima Trinità e finendo a dimostrare che il Purgatorio fu inventato tra il Dodicesimo secolo e
l’epoca in cui Dante scrisse il secondo cantico della Divina Commedia, per legittimare i piaceri della
lussuria, graziati da una sorta di indulgenza, divennero infine oggetto di un mercato. L’irruzione
oltraggiosa del porno è allora una reazione minoritaria e tendenzialmente segreta nei confronti delle
più severe imposizioni religiose, sociali o morali ma presto agenti come faro di tutto lo spirito del
capitalismo. Si è trattato pertanto di una risposta, cosi come il Barocco, un tentativo di superamento
della Contro-Riforma e del puritanesimo protestante. In un caso come nell’altro, i protagonisti
dell’atto osceno hanno privilegiato come principio e destinatario della creazione una carne sognante
eccitata dall’ebrezza, dalla fantasia e da desideri irriducibili alla retta via dell’arte, della cultura e
della politica ad essa contemporanei. Questo filo rosso è d’altra parte fin troppo evidente: una trama
porno-barocca, poi pop-barocca, infine kitsch (produzione dei beni ritenuti artistici, ma in realtà
banali e di pessimo gusto), che plasma la sostanza delle conigliette di Play-boy, dai club erotici di
Amsterdam, Londra o Berlino con le loro esorbitanti decorazioni, dei sex toys dal più lussuoso
design, fino ad incidere sull’architettura elettronica sex cam ove la carne è esposta, su molteplici
finestre online, imbandita come le merci più voluttuose per agitare lo sguardo toccante dell’utenza. La
sostanza comune dei due universi evocati, il Barocco e il porno, è il loro estatico precipizio nelle
braccia voluttuose della petite-mort, la piccola morte, l’orgasmo: laddove il soggetto si perde,
desiderante, in qualcosa di più grande di sé e del sé; è non solo un tripudio lascivo dei sensi, ma ancor
più l’interruzione dello stato di discontinuità tra il soggetto e la propria alterità, perno dell’individuo
razionale plasmato dal mondo moderno. Georges Bataille ha descritto meglio di chiunque altro la
condizione in oggetto rivelando la relazione intima tra l’erotismo e la morte, giacché nell’ambito della
stretta sessuale l’individuo rinuncia a sé, traendo piacere ormai nell’essere incatenato e non nel
liberarsi dalle catene, così come invece i grandi miti moderni insegnano.
Oltre l’umanesimo
C’è qualcosa di non umano nella confusione tra il soggetto e l’oggetto. Sul piano dei piaceri, la
pornografia, con le droghe, è stata forse il primo lampeggio di un rigurgito anti-umanista, anti-
moderno e persino non umano nelle società occidentali. L’onda lunga del porno mostra che un
magma sensibile e onirico non era né contenibile ai margini della vita sociale, né strumentalizzabile
secondo l’orizzonte progressista della storia, trattandosi invece di un capriccio virale, di un brivido
contagioso. L’immaginario della nostra epoca è intriso di sostanze porno da quando quel magma si è
fatto cultura corrente, estetica diffusa, scena. La potenza del pensiero imperniato sulla logica astratta,
tende ad essere relativizzata da un orientamento per cui non è più la ragione a dirigere i sensi ma la
sensibilità ad estendere il proprio dominio sulla mente. È qui in azione un sentire pensante, che funge
da principio organizzatore dell’emozione pubblica la quale soppianta l’opinione pubblica su cui erano
elaborati, con l’ausilio della marcia del progresso. Le emoticon, i selfie, i like, i follow e tutte le altre
variopinte forme elementari della cultura elettronica, di cui le emozioni sono la base e l’altezza,
mostrano la rinnovata centralità del corpo nelle dinamiche della vita collettiva, di un corpo eccessivo
che allude alla carne, che si fa carne. Tutto questo è porno, ma ancora più porno è la condizione in cui
versa il soggetto implicato nella spirale dell’emozione pubblica: non più padrone del proprio destino,
esso si ritrova ad essere agito invece di agire, ad essere posseduto più di quanto non possegga,
risucchiato com’è in flussi di interazione, o meglio di interpassività e in altri incantesimi dei quali non
è altro che un elemento residuale allo sbando. Ecco dove si compie in modo definitivo l’alienazione
volontaria dell’uomo. L’incapacità di staccarci dallo schermo, di liberarci delle protesi tecnosocietali
che indossiamo e la dittatura dell’always on, della geolocalizzazione e del tagging, rinviano al trionfo
di un’orgia permanente che brucia, inghiottisce e droga il corpo sociale. Il riferimento alle droghe non
p affatto casuale. C’è anzi un rapporto intimo tra le alterazioni psicosensoriali che esse inducono,
incoerenti con il tempo e lo spazio istituzionali perché molto più lente o molto più accelerate, e quelle
innescate dai pornoscape. Le multiple addiction che, dalle droghe alle reti sociali, si impongono nelle
pratiche della vita ordinaria, sono la testimonianza più fragrante di quanto il mito dell’autonomia
individuale sia ormai, nel bene e nel male, alle nostre spalle. È anzi urgente riconoscere che la
gratificazione più anelata nell’assunzione di sostanze stupefacenti, è inversamente proporzionale alla
salvaguardia della coscienza individuale, mentre è assicurata da uno stato di indistinzione tra il sé e
l’altro, tra ragione, il corpo e il sogno. È questo lo stesso miracolo di quello contemporaneo che
orienta le pratiche elettroniche come lo sharing, l’interazione e l’esposizione dell’intimità verso
scenari sempre più pornoerotici, mostrandone lo strato sostanzialmente pornoerotico. La più
insopportabile indecenza da essa avvallate è la messa a nudo, intesa in senso metaforico e non,
dell’individuo, lo svilimento del suo libero arbitrio. La fortezza della mente in cui l’individuo era
protetto e dalla quale governava a distanza il mondo lascia allora il posto alle stanze di una scena
pulsante dove non c’è più respiro, ma solo carne, solo pori e solo sudore tra soggetti e oggetti, tra
soggetti e soggetti, tra i media e la vita quotidiana.
2- L’INTRATTENIMENTO RADICALE
Le Love Dolls
Le bambole in silicone hanno fatto la loro comparsa sulla scena americana negli anni Novanta e
vengono chiamate love dolls per differenziarle dalle comuni bambole gonfiabili. I collezionisti le
adoperano in modi diversi: come soggetti fotografici, come manichini da vestire, come compagne di
vita o come giocattoli sessuali. A renderle sorprendenti è la loro aura che le colloca al confine tra
oggetto inanimato e donna in carne ed ossa, che sembra racchiudere il segreto di questa vita pulsante
esclusivamente per il suo padrone. In passato le love dolls erano note solo grazie a delle pubblicità
sulle riviste maschili, mentre attualmente questo universo viaggia in rete attraverso forum e social in
cui gli amatori si scambiano commenti, pareri ma soprattutto fotografie in cui scelgono di mostrare la
propria bambola in scenari creati ad hoc per restituirle un’ambientazione che oscilla tra il familiare, il
giocoso e l’erotico. L’iscritto è un utente che sceglie di definirsi collezionista o iDollator (idolator +
doll) e designa coloro che hanno scelto le bambole come compagne di vita. Vi sono sezioni che
riguardano consigli per la manutenzione e altri che creano contest in cui è possibile vedere le real doll
ritratte di fronte alla tv, in tenute sexy o come comuni fanciulle in auto. Non sono rare le foto di
gruppo dove le love dolls ricreano una riunione immaginaria fra ragazze intorno ad un tè o giacciono
su prati in succinte pose oscene. Anche YouPorn, fra gli altri, ha una sezione dedicata alle bambole in
silicone. Il business milionario- una bambola nuova può costare dai 6000 ai 12000 dollari- ha
diversificato la produzione: ci sono aziende specializzate nel creare bambole simili ad icone dello
showbiz oppure aziende che forniscono prodotti completamente customizzati. L’ordine si effettua
online, dove la bambola viene scelta nei minimi dettagli (tatuaggi, cicatrici, acutezze del viso, etc.)
capace di rendere il prodotto più possibile unico, come un essere umano. Alcune curiosità:
-La Real Doll e la Wicked Doll stanno modificando la colonna vertebrale delle stesse al fine di
facilitarne la presa (una love doll pesa dai 45kg ai 60 kg, come una donna) e renderla più snodabile
attraverso, ad esempio, una gola profonda con penetrazione fino a 17cm. La seconda azienda vende le
sue bambole con certificati firmati da un’attrice porno ed un profumo personalizzato.
-Il collezionista giapponese Sakai considera la sua collezione un hobby e dispone di più di 10
bambole che differiscono tra loro in carnagione e tratti somatici.
-Louis è un collezionista che considera la sua bambola più come animale domestico.
-Everard possiede otto corpi di bambola con quattro teste in più, con una delle quali è sposato.
I proprietari, dunque, le vestono e le truccano, le circondano d’oggetti e accessori per renderle il più
complete e umane possibili. Alcuni ne conferiscono un ruolo centrale nella routine quotidiana, altri la
trattano come puro oggetto di godimento sessuale. Alcuni fra gli idollator sembrano essere
morbosamente interessati quasi esclusivamente alle cure del silicone stesso richiede, come l’essere
umettato ciclicamente e ammorbidito affinchè non si indurisca creando calli e zone ruvide. Queste
pratiche trasformano degli orrori dove, fra manichini e ricambi di teste, ciglia e capelli, ha luogo
un’alienazione volontaria, dal momento che alcuni proprietari si dedicano solamente a loro. Il
mercato delle real doll è quasi esclusivamente composto da clienti di sesso maschile, mentre la
ristretta cerchia femminile è caratterizzata per lo più da lesbiche; sono in crescita gli esemplari
transessuali. Un fenomeno affine è quello delle living doll, ovvero di una segreta comunità di feticisti
che ha rivendicato il diritto di “giocare alle bambole” in prima persona, divenendo essi stessi delle
bambole. Si tratta di una sorta di cosplay porno: si trasformano in bambole e adoperano maschere in
silicone su volto e mani, ricoprendo il resto con abiti in stile rubber e fetish, reincarnando diversi ruoli
che vanno dalla madre alla bomba sexy. Agendo nell’intimità, attraverso festini preparati online,
questi performer danno voce a quella segreta e inconfessata pulsione mortifera che da sempre è alla
base del fascino postumano per automi, manichini e bambole. Agalmatofilia è il termine che sin
dall’antichità dava corpo alla passione e all’attrazione verso le statue. La rappresentazione dell’altro
da sé in chiave di statua, costituisce il primo grado della declinazione di un’alterità assoluta su cui
investire desideri pornoerotici, mentre le love doll si trova dal lato opposto di questo asse, la cui
direttrice smebra essere la duplice pulsione di assenza del fattore imprevedibilità associata
all’esercizio di potere e controllo sull’altro. Dalla gratificazione ottenuta nella performance sessuale
in cui l’altro partecipa sena opporre resistenza, fino all’abuso di un corpo che non reagisce bensì cede
ad ogni voluttà e perversione; le bambole possono offrire “ il miglior sesso della tua vita” come
affermò uno speaker a fine anni Novanta.