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La sentenza

FORMA, FUNZIONE E CONTENUTO

Sentenza = tipo di provvedimento normalmente prescritto dal legislatore per decisione su domanda o su
questione attinente al processo, che potrebbe definire lo stesso.

Stabilità della sentenza:

- Vincola il giudice da cui promana;


- Può essere modificata o annullata solo attraverso la sua impugnazione (laddove possibile);
- Se di merito acquista l’efficacia ex art. 2909 c.c.

Forma-contenuto:

- Indicazione del giudice che l’ha pronunciata;


- Indicazione di parti e difensori;
- Conclusioni di pubblico ministero e parti;
- Motivazione;
- Dispositivo, data della deliberazione in camera di consiglio e sottoscrizione del giudice.

La sentenza acquista rilevanza giuridica con la pubblicazione in cancelleria. Con la pubblicazione la


sentenza diviene immodificabile!
Parzialmente eccezionale è la norma riferita alla sentenza del giudice monocratico di primo grado
pronunziata dinanzi alle parti all’udienza di precisazione: è pubblicata con l’inserimento all’interno del
verbale di udienza e la relativa sottoscrizione. Evidentemente non sono strettamente necessari nemmeno
tutti gli altri elementi.

IL GIUDICATO E L’AUTORITÀ DELLE SENTENZE

Giudicato = risultato del giudicare collegato quantomeno ai provvedimenti che abbiano deciso sulla
fondatezza della domanda.

Art. 324 c.p.c. = stabilisce quando una sentenza si intende passata in

Formale giudicato. Sentenze non più soggette ad impugnazioni ordinarie.

Giudicato

Sostanziale Riguarda le sentenze di merito in senso stretto. Art. 2909 c.p.c.

Il giudicato copre il dedotto ed il deducibile. Il risultato del processo non può essere vanificato in un
nuovo processo dall’allegazione di un fatto che preesistendo alla formazione del giudicato
avrebbe potuto essere utilmente dedotto nel primo processo. Irrilevante anche lo ius superveniens.

Il giudicato è limitato dai fatti nuovi deducibili e intervenuti in un momento successivo a quello concesso per
la loro utile introduzione nel processo, sebbene ancora non fosse stata pronunciata la sentenza.
Eccezione di cosa giudicata = Cassazione: vizio della decisione rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del
procedimento. Prima si distinguevano eccezione di giudicato interno (= eccezione in senso lato) ed eccezione
di giudicato esterno (= eccezione in senso stretto).

LIMITI OGGETTIVI DEL GIUDICATO

TESI TRADIZIONALE = l’autorità del giudicato può riguardare solo l’esistenza, l’inesistenza o il modo di essere
di un diritto o di uno status. Non si estende alle questioni pregiudiziali che non sono decise con efficacia di
giudicato (= art. 34 c.p.c.).

PROTO PISANI = circoscrive l’art. 34 c.p.c. alle sole ipotesi di pregiudizialità-dipendenza tecnica. Il giudicato
copre la pregiudizialità-dipendenza logica se:

- La questione pregiudiziale è stata discussa;


- Se costituisce un elemento portante della decisione ovvero sia in rapporto di causa-effetto rispetto
a quest’ultima.

GIURISPRUDENZA = estende i limiti oggettivi del giudicato a qualsiasi questione di fatto o di diritto che abbia
costituito una premessa indispensabile, un antecedente logico-giuridico necessario della
decisione (= giudicato implicito).

LIMITI SOGGETTIVI DEL GIUDICATO

L’efficacia diretta del giudicato non si produce in danno di chi non ha assunto formalmente la qualità di
parte nel processo. Sebbene il giudicato abbia un valore tendenzialmente assoluto, oggi devono tenersi in
conto le esigenze di tutela costituzionale del contraddittorio.
Applicazione analogica del principio dettato in materia di obbligazioni solidali = il terzo contitolare del
rapporto oggetto di decisione può avvantaggiarsi del giudicato intervenuto tra le parti, allorché tale
giudicato investa il rapporto nel suo complesso.

EFFICACIA RIFLESSA DEL GIUDICATO

EFFICACIA RIFLESSA DEL GIUDICATO = summa divisio:

- Terzi interessati in via di fatto: è tenuto a riconoscere il giudicato come qualsiasi altro atto giuridico
da cui possa derivargli vantaggio o pregiudizio;
- Terzi titolari di un rapporto connesso a quello litigioso: non risentono del giudicato riflesso salvo il
caso di sussistenza di un rapporto di pregiudizialità-dipendenza.

TESI STORICA (LIEBMAN) = efficacia ≠ autorità! Solo la prima investe i terzi, che comunque possono
rimettere in discussione l’accertamento giudiziale qualora nei loro confronti pregiudizievole.
PROTO PISANI = ai terzi titolari di rapporti dipendenti in senso sostanziale da quello oggetto di giudizio si
attribuisce dipendenza processuale per gli stessi rapporti.

MONTESANO, MONTELEONE ecc. = l’efficacia riflessa vs soggetti diversi dalle parti è ammissibile solo in
presenza di apposita norma positiva in tal senso.

LUISO = la dipendenza processuale e dunque la efficacia riflessa del giudicato spiega i propri effetti oltre che
nel caso di norma positiva ad hoc e nel caso di dipendenza sostanziale del rapporto del terzo, anche nel caso
in cui il legame sostanziale sia più intenso, andando a configurare una dipendenza permanente (=
la situazione del terzo risente delle vicende del rapporto giudicato nella fase genetica e nelle vicende estintive
e modificative del rapporto giudicato stesso).

GIURISPRUDENZA = legata alla tesi tradizionale. Il terzo titolare di rapporti dipendenti non subisce
l’incontrovertibilità propria del giudicato. Tuttavia la sentenza è utilizzabile come prova documentale
liberamente apprezzabile in ordine all’esistenza del rapporto pregiudiziale su cui si è formato il giudicato.

CONFLITTI DI GIUDICATO

Tenuto conto che in tal caso è esperibile la sola revocazione ordinaria, quando la sentenza contrastante è a
sua volta passata in giudicato, per risolvere conflitti pratici di giudicato si applica il principio della successione
previsto in materia di risoluzione di antinomìe normative:

Prevale il giudicato posteriore!

EFFICACIA ED ESECUTIVITÀ DELLA SENTENZE

La produzione degli effetti della sentenza avviene, di regola, con il suo passaggio in giudicato.

EFFETTI DELLA SENTENZA (lato sensu) = idoneità della stessa a fare stato ad ogni effetto tra parti, eredi o
aventi causa (art. 2909 c.p.c.).

EFFICACIA ESECUTIVA PROVVISORIA

1940 = qualunque sentenza di condanna diversa da quella di primo grado appellabile era
provvisoriamente esecutiva per legge dal giorno della pubblicazione.

1990 = estende la provvisoria esecutività alle sentenze di primo grado. Si è disciplinata la situazione in cui
la efficacia esecutiva (provvisoria) può essere temporaneamente paralizzata in conseguenza dell’intervenuta
impugnazione.
Art. 282 c.p.c. = la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti.

Inibitoria = apposito provvedimento del giudice che può bloccare la provvisoria esecutività. Essa
presuppone che la sentenza provvisoriamente esecutiva sia, però, già stata impugnata.

In appello l’inibitoria può intervenire su istanza della parte impugnante nel caso in cui:

- Sussistano gravi e fondati motivi (= parametro è la possibilità di insolvenza di una delle parti);
- L’esecuzione forzata non è ancora cominciata (dopo c’è solo la sospensione dell’esecuzione).

Ni caso di richiesta d’inibizione manifestamente infondata il giudice dell’appello condanna la parte istante al
pagamento di una somma pecuniaria con ordinanza non impugnabile revocabile con la sentenza
che definisce il giudizio.

Altre impugnazioni ≠ appello (= cassazione, revocazione, opposizione di terzo):

La lettera della norma prevede la sola sospensione della esecuzione, ma una interpretazione estensiva (e a
buon diritto sistematica) ci porta a concludere che tale richiesta possa riguardare l’efficacia esecutiva in sé.

Presupposto è:

- Grave ed irreparabile danno derivante dalla esecuzione.

SENTENZA CONDIZIONALE = sentenze che condizionano l’efficacia ex art. 2909 c.c. (in positivo o in negativo)
al verificarsi di un evento futuro ed inverto (come un contratto).

Sentenze di condanna = molte sono le ipotesi in cui l’efficacia esecutiva della sentenza è subordinata ad un
determinato adempimento. L’obbligo accertato nella sentenza non può dirsi attuale perché non si sono
ancora verificati tutti i fatti dai quali esso dipende. La condanna rimane specificata nel quantum.

LA CESSAZIONE DELLA MATERIA DEL CONTENDERE

Cessazione della materia del contendere = eventi (processuali e/o sostanziali) che impedirebbero di
accogliere la domanda nella sua formulazione originaria.

Il giudice emette una sentenza pronunziando sulle spese in materia meramente potenziale o virtuale,
valutando quello che sarebbe stato l’esito del giudizio senza il sopravvenire di quel determinato fatto.

La cessazione della materia del contendere è un peculiare contenuto della sentenza definitiva piuttosto che
un istituto processualcivilistico a sé stante. È una sentenza di merito su oggetto diverso da
quello originario.

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