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Ernesto Molin

BERNHARD WILLHELM
Storia, Linguaggio e Geografia v

Abstract
Con questo elaborato intendo leggere il lavoro di
Bernhard Willhelm -e Jutta Kraus- e cercare di capire
il successo dietro ad un brand che non segue le
regole della moda. Pongo l’accento su tre aspetti
principali, una doverosa lettura biografia di BW, il
linguaggio del giullare, e la geografia “nomade” del
brand.

INTRODUZIONE
A vent’anni dal concepimento della prima collezione di
Bernhard WIllhelm è possibile fare una retrospettiva sul
lavoro di Bernhard Willhelm e Jutta Kraus, che chiamerò
rispettivamente BW e JK per non creare confusione
altrimenti con il brand Bernhard Willhelm che chiamerò
per esteso. Nel corso di questi vent’anni, BW e JK hanno
proposto, oltre alle collezioni -incasellate nella stagionalità
tradizionale- mostre, performance, fashion film ed
installazioni; assieme a queste è necessario citare le
collaborazioni con altre aziende per esempio Camper,
Mykita e Bus Stop; ed artisti come Carsten Fock e Stefan
Maier. Sono stati vent’anni molto prolifici di due designer
eclettici su cui vale la pena spendere qualche parola. In
questo elaborato intendo in primo luogo dare dei cenni
biografici di un brand tanto eclettico quanto prolifico. In
secondo luogo propongo una lettura sul linguaggio del
giullare utilizzato da Bernhard Willhelm, in conclusione
intendo poi fare una panoramica sulla geografia del brand,
nei costanti spostamenti e nella dispersione delle sedi;
elemento importante nel cercare di delineare il mondo di
Bernhard Willhelm.

BERNHARD WILLHELM 1998-2018


“It all happened by accident. […] at the entrance exam
for the University of Applied Sciences in Trier, and we
clicked instantly. We both started in the fashion design
program, but because of its mainly technical approach, we
didn’t like it and after a year we left. After parting ways, we
kept in touch.”
Dopo gli studi, BW e JK -rispettivamente alla Royal
Academy di Anversa e al Westminster college of fashion-
, nel 1998 aprono il brand Bernhard WIllhelm ad anversa
e nel marzo del 1999 presentano la prima collezione
donna alla settimana della moda di Parigi. Nel settembre
2001 riceve il premio Moet&Chandon e poco dopo
trasferisce lo studio da Anversa a Parigi;
contemporaneamente viene nominato direttore creativo
per roberto cappucci e sino al 2004 si occupa della sua
linea RTW (fig.1); nel frattempo nel 2003 lancia la linea di
menswear per il suo brand; al termine della sua direzione
da cappucci la casa editrice Lukas&Sternberg pubblica
Bernhard WIllhelm 1999-2004 una retrospettiva in
occasione dell’esibizione all’Ursula Blickle Art foundation.
Nel 2005 la sede produttiva del brand si sposta in
Giappone diventando una licenza dell’azienda VIA BUS
STOP, e con questo nel 2006 apre la prima boutique a
Tokyo, nello stesso anno BW e JK decidono di donare il
loro intero archivio al MoMU di Anversa. Fino al 2007 poi
-collateralmente alle collezioni- si occupano di costumi,
per la performance teatrale “Die bitteren tranne Der Petra
von Kant” diretto da Philipp Preuss al Deutsches Theater
di Berlino, e per il tour mondiale di Björk nello stesso anno
(fig.2). Dal luglio 2007 al gennaio 2008 cura la mostra
“HET TOTAL RAPPEL” al MoMU di Anversa insieme agli
artisti Taiyo Onorato e Nico Krebs e nell’ottobre 2007 il
MoMU un libro retrospettiva sulla mostra. Nel 2008
collabora con Nick Knight per il fashion film “men in tights”
e nello stesso anno comincia anche la collaborazione con
il brand spagnolo di scarpe Camper (fig.3) e nel 2009
lancia una linea di occhiali con il brand tedesco Mykita.
Dal 2009 al 2014 dirige il dipartimento di moda dell’istituto
di arti applicate di Vienna. Nel 2011 trasferisce il team a
Puerta Vallarta in Messico per due mesi. L’ennesima
collaborazione è con Josh Johnson la compagnia teatrale
di William Forsythe; una performance di danza al
Carousel du Louvre in concomitanza della presentazione
della collezione Autunno Inverno 13-14. Nell’agosto del
2013 si trasferisce a Los Angeles mantenendo comunque
aperto l’ufficio centrale a parigi -nel 2015 JK ritorna a
gestire la collezione-. Cura poi la mostra “When Fashion
shows the Danger then Fashion is the Danger” al MOCA
Pacific Design Center di Los Angeles aperta nel febbraio
2015, per questa mostra collabora con Henzel Studio per
la realizzazione di cuscini e tappeti (fig.4). Nel novembre
2017 trasferisce un’ultima volta -sino ad ora- il team a
Biella per la preparazione della collezione Autunno
Inverno 17-18.

GIULLARE SOVVERSIVO
“Bernhard Wilhelm does not consider it relevant that his
clients are thin, sexy or look cool. He is fed up with the
European size and cut standards […] In fact he takes the
entire cult of exactly fitting clothes […] just like a twenty-
first century passport reveals the national identity of its
holder”
Quanto introduce Ingeberg Harms in Keep it unreal è
un ottimo spunto per definire il corpo e la silhouette di
Bernhard Willhelm, anche se spesso questa risulta
schizofrenica, passando dal body in lycra al kimono
invernale imbottito (fig.5); a questa schizofrenia viene
vdata una spiegazione poco più avanti nello stesso scritto
di IH, paragonando il rapporto corpo-abito visto da
Bernhard Willhelm a quello di un bambino, che desidera
dialogare con ciò che indossa, ed esplorarlo senza dare
importanza a come questo lo faccia sembrare grasso o
magro davanti allo specchio; la magia si rompe quando il
bambino viene deriso per quello che sta indossando.
Bernhard willhelm supera la derisione paragonandosi
all’arlecchino della commedia dell’arte, l’unico
personaggio in grado di fare dire ciò che voleva. Nelle sue
collezioni si trovano molti riferimenti diretti all’iconografia
carnevalesca, dalle combinazioni di colori che urtano tra
di loro allo stesso pattern a rombi proprio del costume di
arlecchino (fig.6). Altro prestito dal costume carnevalesco
è il cappello a punta (fig.7)-presente in una buona quantità
di collezioni sino ad oggi-, utilizzato per marchiare il
giullare, e come rintraccia Ruth Melinkoff nell’iconografia
medievale tutti i “diversi”, così come gli ebrei e le
streghe(fig.8); Bernhard Willhelm definisce il cappello
come un pezzo erotico di fondamentale importanza nel
guardaroba maschile.
“There are if course always erotic elements in men’s
clothing lines […] the hat is also important, because it’s
the cherry on the cake […] with the hat, he is now
completely present for me, it is all about the range
between heaven and the earth”
Assieme al cappello in questo statement preso da Keep
it unreal, cita l’importanza erotica della gamba sia
nell’uomo che nella donna, così come dei pantaloni in
latex enfatizzano i quadricipiti scolpiti e solo due look
dopo, larghi pantaloni al ginocchio si drappeggiano
annullando le forme del corpo, ai piedi calzini ingombranti
e scarpe che gonfiano i piedi. L’immaginario di Bernhard
Willlhelm ad un primo sguardo risulta sconnesso ma è
possibile delineare un linguaggio comune: il linguaggio
della sovversione; principio che tende ad invertire i
significati e i valori che attribuiamo alle cose, operazione
propria del giullare nell’iconografia medievale; l’inversione
dei ruoli e degli attributi sociali è ciò che permette a
Bernhard WIllhelm di giocare al di fuori delle regole e che
lo costringe a stare lontano dalle tendenze rendendo le
sue collezioni uniche.

LA GEOGRAFIA DI BERNHARD WILLHELM


Come già detto in precedenza Bernhard WIllhelm
studia all’accademia di Anversa, e durante gli studi assiste
diversi designer, tra cui Walter Van Beirendonck, è
importante notare questo aspetto poiché i due designer
hanno in comune la tendenza a ricercare nei costumi
tradizionali ed avere un linguaggio ironico -con finalità e
metodi diversi- ed un interesse nella manipolazione
grafica dei tessuti -Stampa, Pattern, Jacquard-. lo stesso
Walter Van Beirendonck è stato uno degli insegnanti di
Bernhard Willhelm; all’accademia di Anversa gli studenti
sono invitati a drappeggiare i loro prototipi, più che a
lavorare con dei cartamodelli bidimensionali, e questo ha
reso possibili le forme -talvolta assurde- che Bernhard
Willhelm presenta ad ogni collezione: lavorando con dei
manichini in miniatura realizza delle tele utilizzando solo
forme rettangolari che poi vengono portate in scala 1:1
“Bernhard Wilhelm underscores that squares and right
angles are predominant in traditional folk apparel […] they
leave behind no unusable scraps. Simplicity and economy
are principles that recur in BW’s work”
I capi -talvolta- enormi e decorati da preziosi ricami e
stampe sono decorati impercettibilmente da un
procedimento frugale legato ad una costruzione quasi
primordiale e legata più all’oriente che all’occidente. Il
legame con l’oriente è fortissimo e soprattutto con il
Giappone, epicentro delle vendite e soprattutto sede
produttiva; in Giappone infatti non solo c’è la più alta
densità di stockists, ma anche sede produttiva della
maggior parte dei prodotti, i tessuti stessi sono realizzati
in Giappone, mentre solo la maglieria viene prodotta in
Belgio.
“in Paris I did four shows a season, two men and two
women. And after ten years, now I am 41, and I said I don't
want to do the shows and I want to go away from Paris. It
is very exhausting to work as a designer on that level.”
Nell’estate del 2011 Bernhard Willhelm -come
esperimento- sposta l’intero team per una stagione in
Messico, nel tentativo di prendersi una pausa da Parigi e
due anni dopo questa esperienza si rende conto di dover
tornare in una situazione più tranquilla. Los Angeles è la
candidata ideale, devota al culto del corpo, ma soprattutto
ricca di stimoli pop e camp. In una villetta sulle Hollywood
Hills apre così il suo nuovo atelier che prende il nome di
“California creaming”.
“with that little team (six people), it is possible to move
around. The line is produced in Japan, and that enables
us to live anywhere in the world.”
La possibilità di muoversi gli permette di mantenere
costante un flusso di stimoli in entrata, come il periodo
speso a Biella nel rintracciare le tradizioni spirituali ed
esoteriche locali e veicolarle nella costruzione dei volumi
della collezione. Un esempio tangibile di questo processo
creativo è la ricerca dietro alla collezione Autunno Inverno
2016 che è legata ai colori ed alla relazione tra buddismo
e post-modernismo rintracciata in un viaggio in Giappone
a Koyasan.
Parlando della propria permanenza a Los Angeles e di
un eventuale ulteriore spostamento dichiara “Maybe I
don't have the money, but I do have the freedom.”.

CONCLUSIONE
Bernhard Wilhelm è un designer eclettico, e il suo
curriculum ne è la testimonianza, il suo linguaggio è ricco
di riferimenti dai contesti più disparati, ed il fatto che sia
senza una fissa dimora ed in costante movimento sono
solo tre tra i molti altri aspetti che fanno di Bernhard
WIllhelm un brand modello per i giovani designer
indipendenti.

BIBLIOGRAFIA:
—EXPERIMENTAL FASHION, Francesca Granata.
Londra, J.B.Tauris&Co 2017
—HET TOTAL RAPPEL, Bernhard Willhelm. Anversa,
MOMU, 2008
—TOTAL WORK OF FASHION: BERNHARD
WILLHELM AND THE CONTEMPORARY AVANT-
GARDE, Charlene Kai Lau, Toronto, 2016

SITOGRAFIA

https://www.nytimes.com/2015/06/29/t-magazine/a-
paris-designer-sets-up-a-creative-commune-in-the-
hollywood-hills.html

https://i-d.vice.com/en_uk/article/qv8zdm/we-look-into-
the-la-fashion-scene

http://wwd.com/fashion-news/fashion-
scoops/bernhard-willhelm-to-show-at-moca-8050256/

https://mykita.com/en/journal#layer:/en/journal/bernhar
d-willhelm-interview

https://vman.com/article/bernhard-willhelm-knows-the-
future/
Fig.3 Bernhard Wilhelm x Camper

Fig.2 Björk world tour 2007

Fig.1 Capucci FW2003

Fig 4. Exhibition at MOCA Fig. 5 Bernhard WIllhelmFW2018 Fig. 6 Bernhard WIllhelm FW2003

Fig. 7 1493 Blood Libel Schedel


judenfeindlichkeit Weltchronik - Hartmann
Fig. 7 Bernhard WIllhelmFW2001
Schedel

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