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BERNHARD WILLHELM
Storia, Linguaggio e Geografia v
Abstract
Con questo elaborato intendo leggere il lavoro di
Bernhard Willhelm -e Jutta Kraus- e cercare di capire
il successo dietro ad un brand che non segue le
regole della moda. Pongo l’accento su tre aspetti
principali, una doverosa lettura biografia di BW, il
linguaggio del giullare, e la geografia “nomade” del
brand.
INTRODUZIONE
A vent’anni dal concepimento della prima collezione di
Bernhard WIllhelm è possibile fare una retrospettiva sul
lavoro di Bernhard Willhelm e Jutta Kraus, che chiamerò
rispettivamente BW e JK per non creare confusione
altrimenti con il brand Bernhard Willhelm che chiamerò
per esteso. Nel corso di questi vent’anni, BW e JK hanno
proposto, oltre alle collezioni -incasellate nella stagionalità
tradizionale- mostre, performance, fashion film ed
installazioni; assieme a queste è necessario citare le
collaborazioni con altre aziende per esempio Camper,
Mykita e Bus Stop; ed artisti come Carsten Fock e Stefan
Maier. Sono stati vent’anni molto prolifici di due designer
eclettici su cui vale la pena spendere qualche parola. In
questo elaborato intendo in primo luogo dare dei cenni
biografici di un brand tanto eclettico quanto prolifico. In
secondo luogo propongo una lettura sul linguaggio del
giullare utilizzato da Bernhard Willhelm, in conclusione
intendo poi fare una panoramica sulla geografia del brand,
nei costanti spostamenti e nella dispersione delle sedi;
elemento importante nel cercare di delineare il mondo di
Bernhard Willhelm.
GIULLARE SOVVERSIVO
“Bernhard Wilhelm does not consider it relevant that his
clients are thin, sexy or look cool. He is fed up with the
European size and cut standards […] In fact he takes the
entire cult of exactly fitting clothes […] just like a twenty-
first century passport reveals the national identity of its
holder”
Quanto introduce Ingeberg Harms in Keep it unreal è
un ottimo spunto per definire il corpo e la silhouette di
Bernhard Willhelm, anche se spesso questa risulta
schizofrenica, passando dal body in lycra al kimono
invernale imbottito (fig.5); a questa schizofrenia viene
vdata una spiegazione poco più avanti nello stesso scritto
di IH, paragonando il rapporto corpo-abito visto da
Bernhard Willhelm a quello di un bambino, che desidera
dialogare con ciò che indossa, ed esplorarlo senza dare
importanza a come questo lo faccia sembrare grasso o
magro davanti allo specchio; la magia si rompe quando il
bambino viene deriso per quello che sta indossando.
Bernhard willhelm supera la derisione paragonandosi
all’arlecchino della commedia dell’arte, l’unico
personaggio in grado di fare dire ciò che voleva. Nelle sue
collezioni si trovano molti riferimenti diretti all’iconografia
carnevalesca, dalle combinazioni di colori che urtano tra
di loro allo stesso pattern a rombi proprio del costume di
arlecchino (fig.6). Altro prestito dal costume carnevalesco
è il cappello a punta (fig.7)-presente in una buona quantità
di collezioni sino ad oggi-, utilizzato per marchiare il
giullare, e come rintraccia Ruth Melinkoff nell’iconografia
medievale tutti i “diversi”, così come gli ebrei e le
streghe(fig.8); Bernhard Willhelm definisce il cappello
come un pezzo erotico di fondamentale importanza nel
guardaroba maschile.
“There are if course always erotic elements in men’s
clothing lines […] the hat is also important, because it’s
the cherry on the cake […] with the hat, he is now
completely present for me, it is all about the range
between heaven and the earth”
Assieme al cappello in questo statement preso da Keep
it unreal, cita l’importanza erotica della gamba sia
nell’uomo che nella donna, così come dei pantaloni in
latex enfatizzano i quadricipiti scolpiti e solo due look
dopo, larghi pantaloni al ginocchio si drappeggiano
annullando le forme del corpo, ai piedi calzini ingombranti
e scarpe che gonfiano i piedi. L’immaginario di Bernhard
Willlhelm ad un primo sguardo risulta sconnesso ma è
possibile delineare un linguaggio comune: il linguaggio
della sovversione; principio che tende ad invertire i
significati e i valori che attribuiamo alle cose, operazione
propria del giullare nell’iconografia medievale; l’inversione
dei ruoli e degli attributi sociali è ciò che permette a
Bernhard WIllhelm di giocare al di fuori delle regole e che
lo costringe a stare lontano dalle tendenze rendendo le
sue collezioni uniche.
CONCLUSIONE
Bernhard Wilhelm è un designer eclettico, e il suo
curriculum ne è la testimonianza, il suo linguaggio è ricco
di riferimenti dai contesti più disparati, ed il fatto che sia
senza una fissa dimora ed in costante movimento sono
solo tre tra i molti altri aspetti che fanno di Bernhard
WIllhelm un brand modello per i giovani designer
indipendenti.
BIBLIOGRAFIA:
—EXPERIMENTAL FASHION, Francesca Granata.
Londra, J.B.Tauris&Co 2017
—HET TOTAL RAPPEL, Bernhard Willhelm. Anversa,
MOMU, 2008
—TOTAL WORK OF FASHION: BERNHARD
WILLHELM AND THE CONTEMPORARY AVANT-
GARDE, Charlene Kai Lau, Toronto, 2016
SITOGRAFIA
https://www.nytimes.com/2015/06/29/t-magazine/a-
paris-designer-sets-up-a-creative-commune-in-the-
hollywood-hills.html
https://i-d.vice.com/en_uk/article/qv8zdm/we-look-into-
the-la-fashion-scene
http://wwd.com/fashion-news/fashion-
scoops/bernhard-willhelm-to-show-at-moca-8050256/
https://mykita.com/en/journal#layer:/en/journal/bernhar
d-willhelm-interview
https://vman.com/article/bernhard-willhelm-knows-the-
future/
Fig.3 Bernhard Wilhelm x Camper
Fig 4. Exhibition at MOCA Fig. 5 Bernhard WIllhelmFW2018 Fig. 6 Bernhard WIllhelm FW2003