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Una tragedia naturale nel sud Italia 2 (novenari)

La lava calata a Bagnara


massacra la calabra razza:
allaga, la vasta valanga,
la frasca, la strada, la stalla;
amara s’abbassa, strapazza
la vacca, la starna, la rana;
all’alba la mamma, allarmata,
spranga la casa, s’affanna,
ma cala la fanga a matassa,
la stana accaldata, l’ammazza.
Tamara, la brava ragazza,
Farfalla dall’ala tarpata,
la spalla malata, s’attacca,
vana, alla scala, ma strappa
la gamba la lava, stramazza.
La tata, appartata, allattava,
cantava la nanna, narrava
la saga, ma avara la manna
l’ammanta, spalanca la bara.

La massa fantasma, affrancata,


vagava alla vasta campagna;
ballava la capra bastarda,
cantava la rara campana.

Triste presa di coscienza di una donna che crede di dominare e scopre di essere
dominata.
(endecasillabi e settenari)
Sto con Olmo o con Fosco? Non lo so.
L’orco scontroso coccolo,
lo sconvolto cosmologo controllo.
Prodotto d’opposto protocollo
convolo con costoro
com’osso moccoloso o pomodoro:
m’offro s’occorro, cònvoco, consolo;
con loro spopolo, sfolgoro, sobbollo!
Oh, doloroso monologo scomposto,
troppo sopporto, soffoco, sprofondo!
Non Commodoro, monotono colostro,
l’ombroso mondo sorvolo sottobosco.
Esortazione dell’ennesima donna per l’ennesima volta variamente insoddisfatta
(endecasillabi)

I difficili istinti minimizzi,


ti irrigidisci in ginnici titilli;
libidini indicibili infittisci
di cinici bisbigli; intimidisci
chi vividi principi ti distilli,
diffidi chi ti mischi,
smitizzi chi di brividi divini,
di primitivi spiriti ti incisti.
Insisti in nidi psichici, inciprigni:
in simili ministri ti districhi?

Dipingi chi di glicini, di gigli


i timbri vicinissimi t’inspiri;
scrivi bisticci d’incipit finissimi,
divini idilli, crimini stilistici;
dimmi gli strilli mistici, stridisci,
di ringhi, di nitriti t’invilisci;
spingimi in biblici riti indivisibili,
in infiniti, illirici sinistri;
stringiti chi t’invischi, indi dividi.

Scarto: Una tragedia naturale nel sud Italia 1 (la tata santa)

A Bagnara Calabra la lava calata


allarmava la barbara razza,
la vasta valanga all’alba allagava
la frasca, la stalla, la strada, spaccava
la casa, ammazzava la gatta, la rana,
la capra scappava, la mamma affannata
s’arrabattava, arrancava, annaspava;
ma la tata, appartata,
allattava.” Ah, bada alla fanga, Agata,
salva la gatta, la grassa cavalla,
strappa alla lava la vacca malata!”
S’alza, s’abbassa, Agata, stanca:
l’amara calata l’ammanta.
Vaga, casta, rara lampa.
Tragica vicenda di guerra in cui una divisione di fanteria fa strage di bambini
indifesi, sotto una pioggia torrenziale. Episodio narrato da un testimone oculare.

Gridi di bimbi intirizziti


tristi, lividi, piccini piccini
intrisi di litri fittissimi,
spinti, sfiniti.

Cinici militi incivili,


discinti, vili, disinibiti,
ispidi visi irti di spilli.

Crimini indicibili distinsi


in ciclici, ritmici giri:
riti sinistri, indi brindisi mistici!
Lì vidi gli inimici invilirsi,
i vinti li vidi divini.

Ti indigni? Intristisci.
Imprimi i brividi, riscrivi
in sigilli i principi primitivi.

Dialogo tra un’attempata nobildonna preoccupata dall’inevitabile deperimento del


suo fisico ed il suo chirurgo plastico. (endecasillabi e settenari)

“Tette, perché cedete?


perché scelte leggere permettete
e nelle feste sempre smesse e scese
perdete le decenze?”

“Perché perdere sempre le certezze?


Se tenete le mele leggermente spente
messe ben bene e tese le vedrete,
e le sere tremende del presente
renderete eccellenze!”

“Belle, belle le pere testè estese!


Erette stelle, eterne messe nere,
perle gemelle, lenze… e per le spese?”

“Beh, scemenze, vedrete. E pel sedere?


Perché recedere? Se crederete,
fremerete trentenne nelle tresche,
e per me splenderete
e d’eteree bellezze emergerete!”

Che bel sedere, vere tette deste!


ebbrezze bene spese del presente!
E certe sere, messe stecche e bende,
esce, centenne Venere demente,
e le feste le rende
sempre severe e meste.

Ingrid

Ingrid, iridi tristi,


gli stinchi fissi, stiri
clinici lini striminziti;

miri cirri indistinti, indi ti fingi


mitici lidi cinti d’infiniti,
mistici idilli.

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