Note al programma
Nella Sonata n.31 in la bemolle maggiore op.110 troviamo alcune importanti novità nella scrittura
di Beethoven: un largo utilizzo del contrappunto, specialmente nelle forme del canone e della fuga,
l’impiego di trilli ed altri abbellimenti con fini non ornamentali, progressioni armoniche audaci, che
non seguono le modulazioni convenzionali, ed il recitativo strumentale. Il primo tempo, Moderato
cantabile molto espressivo, è in forma-sonata e si apre con un tema semplice, in cui il rapporto
canto-accompagnamento rimane quasi sempre costante e ricorda un delicato Lied. Segue uno
Scherzo con Trio dai tratti umoristici. Lo Scherzo presenta due temi tratti da canti popolari austriaci
molto noti e divertenti. Il Trio con i suoi rapidi e pericolosi incroci di mani, è uno dei momenti più
temuti da tutti i pianisti che interpretano questa Sonata. Ma il cuore dell'intero brano si presenta nel
terzo movimento: un recitativo, Adagio ma non troppo, il cui culmine è l'affannosa ripetizione della
nota la per ben 15 volte. A questo punto si apre un Arioso dolente (Klagender Gesang), struggente
e carico d'espressività, a cui si contrappone la successiva Fuga a tre voci, chiara e vivida.
L'ottimismo trionfa sull'angoscia e la Sonata si conclude con una Coda trionfale.
Finita di comporre nei primi mesi del 1822, la Sonata n.32 in do minore op.111 consta di due soli
movimenti costruiti sulle strutture formali più care a Beethoven: la forma-sonata e il Tema con
Variazioni. Un inizio severo e austero con ritmi puntati introduce il primo tema dell’Allegro con brio,
tema che sarà la base di un intricato contrappunto sviluppato durante l’intero movimento. La breve
Coda, con sonorità che si addolciscono fino al pianissimo e con l'approdo alla tonalità di Do
maggiore, faticosamente conquistata, prepara l'atmosfera meditativa dell’Arietta. Troviamo anche
in questo movimento una melodia essenziale, limpida e delicata. La tecnica della variazione
permette di giocare con il materiale musicale attraverso le trasformazioni del ritmo, l'uso
rivoluzionario della sincope, le contrapposizioni timbriche. Nell'ultima variazione il tema torna nella
forma originaria, ma rivestito di trilli e nella completa immobilità ritmica, in una sorta di sospensione
trascendente. I musicologi di tutte le epoche si sono interrogati sulla mancanza del terzo tempo, di
un Finale: fu una scelta consapevole? Interrogato dall'amico Schindler, Beethoven rispose,
ironicamente, che non aveva avuto abbastanza tempo per comporre il terzo movimento, essendo
pressato dalla Nona Sinfonia. In realtà, come osserva Alberto Batisti, basta avere un minimo di
gusto musicale per capire che, dopo la formidabile sequenza di variazioni del secondo movimento,
non ci sarebbe spazio per una parola di più.