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Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale

1. Le scale.

1.1 Le note non sono sette!


Le scale in musica sono una successione di suoni, in ordine consecutivo, che segue delle
regole ben precise. Le regole con le quali si costruiscono le scale variano a seconda dello
scopo della scala (per esempio il genere musicale in cui viene applicata) o della cultura
musicale che la ha concepita.
Ogni scala è compresa nell’intervallo di un’ottava, oltre la quale le note iniziano a ripe-
tersi. Il numero di note che le formano varia a seconda del tipo. Le scale principali (le
maggiori e le minori) sono composte da sette note, più un’ottava che serve a chiuderle
e che è uguale alla prima (una scala di do, quindi inizia e finisce con un do, più alto o
più basso di quello di partenza).
Tutte le scale possono essere ascendenti (se la successione di suoni parte da una nota
grave e arriva ad una nota acuta) o discendenti (se la successione di suoni parte da una
nota acuta e arriva ad una nota grave). È importante prendere familiarità con una scala
in entrambi i versi, suonandoli consecutivamente per capire la diversa sensazione che
dà all’orecchio.

Abbiamo detto che l’ottava è la misura base in cui si muove una scala, ma cosa è preci-
samente un’ottava? Come accennato, un’ottava è l’intervallo di suoni compresi tra due
note omologhe (due do, due la, due mi, ecc) e al suo interno possiamo trovare dodici
suoni diversi.
La musica occidentale, dall’antica Grecia ad ora, suddivide l’ottava in dodici diversi in-
tervalli che corrispondono a dodici suoni distinti. Questo confuta la tradizionale convin-
zione che le note sono sette, anche se è giustificata dal fatto (come vedremo) che all’in-
terno delle scale più usate i suoni diversi sono sette.
Il numero di suoni di una scala può variare tantissimo, in alcune scale molto usate sono
cinque, in altre scale sono addirittura dodici. Tale numero è strettamente collegato al
tipo di scala che vogliamo costruire e alle esigenze sonore per la quale la scala è conce-
pita.

Not. Latina Not. Anglosassone


Do C
Do # o Re b C#oDb
Re D
Re# o Mi b D#oEb
Mi E
Fa F
Tabella 1 Fa# o Sol b F#oGb
Sol G
Sol# o La b G#oAb
La A
La# o Si b A#oBb
Si B
Do C

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Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

Vediamo ora nella tabella 1 quali sono i nomi delle note presenti in un’ottava.
La colonna di sinistra della tabella 1 riporta la notazione latina delle note, mentre quella
di destra, riporta quella anglosassone (o internazionale). Importante da ricordare che la
“B” di bemolle è sempre minuscola altrimenti si potrebbe confondere con la nota “Si” in
notazione internazionale.
Un rapido metodo di memorizzazione delle note può essere quello di ricordare che il LA
(nota con la quale si esegue tradizionalmente l’accordatura, si pensi anche al modo di
dire, “dai il LA”) corrispondere alla prima lettera dell’alfabeto (la A appunto). Le altre
note sono in ordine consecutivo e ripartendo da capo quando si arriva al si.
Lo schema inizia con un do e finisce con un do proprio per ricordare che una scala deve
sempre terminare con la nota che inizia.
Come si può vedere, partendo da un do, si trovano 12 suoni diversi prima di tornare
nuovamente ad un do. Ovviamente questa struttura si può ricostruire partendo da qual-
siasi nota.

Sempre dalla tabella 1 possiamo notare che solo sette note (quelle in grassetto) hanno
nomi propri, le altre cinque, prendono il nome di una nota precedente o successiva con
l’aggiunta, rispettivamente, di un diesis o un bemolle.
Vediamo perché.
Innanzi tutto bisogna notare che l’unità di misura base della lunghezza di una scala è il
semitono. Nella tabella 1 ogni riga corrisponde ad un semitono, quindi possiamo vedere
che tra il do e il re ci sono due semitoni (due semitoni sono anche detti un tono); tra il
re ed il mi ci sono altri due semitoni; tra il mi ed il fa c’è un solo semitono.
Cosa troviamo, se cerchiamo una nota che si trova tra due distanti tra loro, due semito-
ni (come do e re)? Troveremo un suono intermedio, meno grave di quello più grave (do)
e meno acuto di quello più acuto (re).
Tale nota non ha un nome preciso ma ci si riferisce a lei basandosi su una delle due che
la cingono.
Se consideriamo questa nota, più alta della più bassa (do), avremo una nota diesis (do
#), se la consideriamo come una nota più bassa di quella più alta (re), avremo una nota
bemolle (re b). Un esempio renderà tutto più chiaro:

Do 2 semitoni Re

Do # Figura 1

1 semitono più alto di Do


Re b 1 semitono più basso di Re

Nella figura 1 possiamo vedere che la nota che è un semitono più alta di un do è anche
un semitono più bassa di un re. Il nome di questa nota cambia a seconda se si conside-
ra il do (in questo caso sarà un do #) o il re (in questo caso sarà un re b), ma il suono
sarà lo stesso qualunque dei due nomi si usi.
La scelta del nome da usare dipenderà dal tipo di scala si usa, ma di questo parleremo
in seguito.

Un diesis ed un bemolle quindi possono essere applicati a qualunque nota ricordando


sempre che:

Il diesis alza la nota di mezzo tono.


Il bemolle abbassa la nota di mezzo tono.

Diesis e bemolle possono essere anche usati (è raro ed è una notazione tipica di alcuni
stili classici di musica) in modo doppio. Per esempio si può mettere un diesis ad una no-
ta che è già un diesis.
Un do # al quale sarà applicato un altro diesis sarà un do # aumentato di mezzo tono. Il
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Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale
nome di questa nota sarà do diesis diesis oppure in questo caso possiamo usare il nome
di re, dato che un do seguito da due diesis (quindi alzato di due semitoni) è un re.
Tale notazione serve a giustificare la nomenclatura delle note per le scale che hanno
tanti diesis che vedremo in seguito.
Ovviamente una notazione opposta ma analoga si usa con il doppio bemolle.

La suddivisione in semitoni è visibile in modo immediato su strumenti come chitarra e


pianoforte. Ogni volta infatti che ci si sposta verso destra da un tasto all’altro (inclusi
quelli neri) su un pianoforte, saliamo di un semitono, ogni volta che ci si sposta verso
sinistra, scendiamo di un semitono.
Su una chitarra ogni semitono è indicato dalla barretta del tasto. Sulla stessa corda si
aumenta di un semitono ogni volta che si scende verso il ponticello. Si diminuisce di un
semitono ogni volta che si sale verso la paletta.

Altre caratteristiche importanti comuni a tutte le scale sono le seguenti:

La tonica: è il primo suono della scala. La nota da cui si inizia a suonare (e con la quale
si dovrebbe chiudere ogni scala), è quella nota che le dà anche il nome, quindi una scala
di do maggiore avrà la nota do come tonica.

La lunghezza: ogni tipo di scala ha una lunghezza (cioè un numero di note) prefissato.
Questo può differire anche notevolmente da tipologia a tipologia, tuttavia tutte le scale
dello stesso tipo avranno la stessa lunghezza, oltre la quale i suoni inizieranno a ripeter-
si. Una scala di do maggiore ha sette note diverse e poi ritornerà la nota di partenza. Il
numero sette è una caratteristica di questo tipo (e di quella minore) di scala, ma non è
assolutamente prefissato. Ricordiamo che l’intervallo tra due note omologhe è detto ot-
tava.

Le alterazioni: il numero di diesis o bemolli è una caratteristica intrinseca di una scala.


E può variare anche all’interno della tipologia. Per esempio, ogni scala di sol maggiore
avrà sempre un solo diesis, così come ogni scala di fa maggiore avrà sempre un solo
bemolle, ed ogni scala di do maggiore non avrà mai né diesis né bemolli.

Infine ricordiamo che una scala non è vincolata ad uno strumento musicale in particola-
re. Pertanto una scala di do maggiore avrà sempre le stesse note sia che la si suonerà
su un pianoforte, che su una chitarra, che su una tromba. Il suono (caratteristico dello
strumento) sarà diverso per componenti strutturali, ma non per le note che possono es-
sere prodotte. In pratica un do fatto con una chitarra classica ha quel tipico suono ovat-
tato dato dalle corde di nylon, che sarà molto diverso dal suono di una corda di metallo
di un pianoforte o ancora di un tubo di ottone di un sax, tuttavia saranno sempre la
stessa nota.

1.2 Gradi e intervalli.


Ogni nota della scala è detta grado. La distanza tra due gradi è detta intervallo. Ogni
intervallo ha un nome particolare in base al numero di semitoni che lo compongono.
Due note successive alla distanza di un semitono sono un intervallo di seconda minore.
Due note successive alla distanza di un tono sono un intervallo di seconda maggiore.
Quindi tutte le dodici note della tabella sono (con la successiva o la precedente) alla di-
stanza di una seconda (maggiore o minore a seconda dei casi).

Ovviamente possiamo calcolare la distanza anche tra note non consecutive ed il riferi-
mento è sempre la scala di do. Vediamo come fare.
La colonna “grado” della tabella 2 contiene il nome dell’intervallo riferito alla “prima”.
Quindi un mi è ad una terza da un do. Un fa è ad una quarta da un do. Un sol è ad una
quinta da un do, e così via. Due do (se non sono la stessa nota, in tal caso l’intervallo si

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Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

chiama unisono) sono ad un intervallo di una o più ottave tra di loro.


Tutti questi intervalli si calcolano “all’indietro” cioè misurando dal do più grave più vici-
no.

Grado Nome Nota Intervallo con la nota precedente


Prima Tonica Do -
Seconda Sopratonica Re Seconda maggiore (2 semitoni)
Terza Modale Mi Seconda maggiore (2 semitoni)
Tabella 2
Quarta Sottodominante Fa Seconda minore (1 semitono)
Quinta Dominante Sol Seconda maggiore (2 semitoni)
Sesta Sopradominante La Seconda maggiore (2 semitoni)
Settima Sensibile Si Seconda minore (1 semitono)
Ottava Tonica Do Seconda maggiore (2 semitoni)

È molto importante familiarizzare con i gradi perché il nostro orecchio percepisce più
facilmente la distanza tra due note che una nota singola. L’effetto intrinseco di una me-
lodia deriva infatti dalla successione dei gradi relativi alla scala piuttosto che dalle note
che si usano.
Se un la è usato come sesto grado di una scala di do, suonerà differentemente da quan-
do è usato come primo grado di una scala di la e ancora in modo diverso se è usato co-
me terzo grado di una scala di fa.
Gli intervalli di prima, terza e quinta evidenziati in tabella 2 sono importantissimi in
quanto vanno a costituire quella che viene definita triade. Le triadi sono fondamentali
per la costruzione degli accordi.

Come abbiamo già detto dall’ultima colonna possiamo vedere che ogni nota sia in un
rapporto di seconda con la successiva e la precedente e che questo intervallo possa es-
sere maggiore o minore a seconda del numero di semitoni che intercorrono tra le note
estreme dell’intervallo. Tutti gli intervalli (anche quelli di quarta, quinta, sesta, ecc) pos-
sono variare a seconda del numero di semitoni presenti. Abbiamo quindi intervalli mag-
giori, minori, eccedenti, giusti e diminuiti. Una trattazione più approfondita la faremo in
seguito.

Ora vediamo come si costruiscono le scale maggiori e quelle minori.

1.3 La scala maggiore naturale.


Base per tutte le altre e fondamentale costituente degli accordi e dei modi (di modi par-
leremo più avanti), la scala maggiore naturale (o scala maggiore) è la classica scala
musicale a cui la nostra musica ci ha abituati. Anche quando recitiamo a memoria il no-
me delle note (la classica do, re, mi, fa, sol, la, si, do) non facciamo altro che elencare
le note della scala di do maggiore in senso ascendente.

Abbiamo detto che la costituente fondamentale di una scala è la successione di toni e


semitoni che determina quali note (sui dodici suoni di un’ottava) fanno parte della scala
e quali non ne fanno parte.
Attenzione: un suono fuori scala non vuol dire che NON VA USATO o che è sbagliato in
una melodia o un brano, ma semplicemente che, non appartenendo a quella scala, potrà
dare un effetto più dissonante, distanziandosi dalle altre note. Spesso questo effetto è
proprio ciò che un compositore vuole, pertanto anche i suoni fuori scala hanno una loro
importanza che il musicista imparerà con la pratica e l’uso delle scale.

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Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale
La successione di toni e semitoni che crea una scala maggiore naturale è la seguente:

ascendente 1 2 3 4 5 6 7 8
1t 1t 1st 1t 1t 1t 1st Tabella 3

discendente 8 7 6 5 4 3 2 1
1st 1t 1t 1t 1st 1t 1t

Nella tabella 3 la notazione 1t vuol dire un tono (quindi due semitoni) mentre la nota-
zione 1st, come è facilmente immaginabile, vuol dire un semitono. Tali valori sono mes-
si a metà tra due gradi per indicare la loro distanza, quindi “1 1t 2” vuol dire che tra il
primo e il secondo grado (tra la tonica e la sopratonica) di una scala maggiore c’è la di-
stanza tra un tono, mentre tra il terzo ed il quarto (modale e sottodominante) c’è la di-
stanza di un semitono.
La tabella riporta lo schema della scala sia in fase ascendente che in quello discendente,
questo perché alcune scale usano diverse note a seconda se si sta salendo o si sta scen-
dendo. La scala maggiore naturale (e vedremo anche la minore naturale) non apparten-
gono a questa categoria, le loro note sono le stesse sia in salita che in discesa, cambia,
ovviamente, soltanto il loro ordine.
Ma in pratica, usando questo schema come si costruisce una scala? Vediamo un metodo
veloce e facile.
Abbiamo detto che il nome della scala lo dà la tonica, quindi il grado uno. Se vogliamo
creare una scala di do dobbiamo quindi partire dal do:

1° grado: Do.

A questo punto seguiamo lo schema di toni e semitoni che ci consente di creare una
scala maggiore naturale.
Tra il primo e il secondo grado c’è un tono. Quindi dalla tabella 1 possiamo vedere che
aggiungendo un tono ad un do, abbiamo un re. Ricordate sempre che nella tabella 1 o-
gni riga corrisponde ad un semitono.
Ecco il secondo grado della nostra scala.

1° grado: Do.
2° grado: Re.

La tabella 3 ci insegna che tra il secondo ed il terzo grado c’è ancora un tono, quindi
nella tabella 1 partendo dal re e aggiungendo un tono arriviamo al mi.

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi.

Col quarto grado cambia un po’. La tabella 3 ci dice che tra terzo e quarto c’è solo un
semitono, quindi sempre tramite la tabella 1, possiamo vedere che mi con un semitono
aggiunto ci porta a fa.

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi.
4° grado: Fa.

Tra il quarto e il quinto grado abbiamo sempre un tono. Quindi partendo da fa, aggiun-
giamo un tono e avremo un sol.
La scala diventa:
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Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi.
4° grado: Fa.
5° grado: Sol.

Anche tra il quinto e il sesto abbiamo un tono. Partendo dal sol aggiungiamo un altro
tono e abbiamo un la.
La scala diventa:

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi.
4° grado: Fa.
5° grado: Sol.
6° grado: La.

Tra il sesto ed il settimo grado abbiamo ancora un tono (tabella 3, docet) e quindi ag-
giungendo un tono a la, arriviamo al si:

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi.
4° grado: Fa.
5° grado: Sol.
6° grado: La.
7° grado: Si.

Ecco la nostra scala. Ma abbiamo davvero finito? Ovviamente no. Abbiamo detto che
ogni scala va chiusa con la nota di partenza, quindi è necessario inserire anche l’ottava
che, come ci insegna la tabella 3, è posta ad un solo semitono dalla settima. Il si con un
semitono in più diventa un do. La nostra scala maggiore naturale ascendente è ora
completa, davvero:

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi.
4° grado: Fa.
5° grado: Sol.
6° grado: La.
7° grado: Si.
8° grado: Do.

La motivazione del perché è necessario finire con la tonica, sta nel fatto che la sensibile
(il settimo grado) lascia un senso di incompletezza nell’orecchio di chi ascolta. Il nostro
cervello si aspetta quindi che la frase musicale si chiuda con la tonica, quando sente la
sensibile (in gergo si dice che la sensibile risolve sulla tonica). Per capire di cosa stiamo
parlando non c’è niente di meglio di suonare le sette note della scala, una volta, e di
suonarle di nuovo aggiungendo l’ottava, una seconda volta. La differenza sarà immedia-
tamente nota anche ad un orecchio poco allenato e sarà più valida di qualsiasi spiega-
zione.

Una volta composta una scala ascendente, dobbiamo scendere e tornare alla nota da cui
siamo partiti. Il procedimento è uguale ma inverso. Usiamo la seconda parte della tabel-
la 3 e partiamo dal grado 8.
Tra il grado 8 e il grado 7 abbiamo 1 semitono, quindi:

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Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale
8° grado: Do.
7° grado: Si.

Seguendo quello schema possiamo trovare di nuovo tutte le note usando il procedimen-
to di prima. È un ottimo esercizio provarci, quindi è bene farlo!
Per vedere se abbiamo trovato le note giuste, possiamo sempre controllare, una volta
finito, che le note della scala maggiore discendente di do, siano uguali a quelle della
scala maggiore ascendente di do, ma in ordine opposto.

Ora rendiamo le cose un po’ più difficili e costruiamo una scala diversa da quella di do,
per vedere come è possibile usare il metodo in generale.
Il procedimento è il medesimo, basta solo fare attenzione a contare i semitoni.
Scegliamo la tonica: sol, facciamo quindi una scala maggiore di sol.
Tabella 1 e tabella 3 sottomano.

1° grado: Sol.

Tra il primo ed il secondo grado, c’è un tono, quindi sol più un tono uguale: la.

1° grado: Sol.
2° grado: La.

Tra il secondo e il terzo grado, c’è sempre un tono, quindi la più un tono uguale: si.

1° grado: Sol.
2° grado: La.
3° grado: Si.

Tra il terzo e il quarto grado, c’è un semitono, quindi si più un semitono uguale: do.

1° grado: Sol.
2° grado: La.
3° grado: Si.
4° grado: Do.

Tra il quarto e il quinto grado, c’è un tono, quindi do più un tono uguale: re.

1° grado: Sol.
2° grado: La.
3° grado: Si.
4° grado: Do.
5° grado: Re.

Tra il quinto e il sesto grado, c’è un tono, quindi re più un tono uguale: mi.

1° grado: Sol.
2° grado: La.
3° grado: Si.
4° grado: Do.
5° grado: Re.
6° grado: Mi.

Tra il sesto e il settimo grado, c’è un tono, quindi mi più un tono uguale: fa #. È impor-
tante notare che aggiungendo un tono (come vuole lo schema della scala maggiore al
sesto grado) ad un mi, non abbiamo un fa, ma “sforiamo” in un fa #. Questo è il motivo
per cui il fa esce dalla scala di sol maggiore naturale e viene sostituito da un fa #. Tutti i
fa presenti in una scala maggiore saranno aumentati a fa #.
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Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

1° grado: Sol.
2° grado: La.
3° grado: Si.
4° grado: Do.
5° grado: Re.
6° grado: Mi.
7° grado: Fa #.

Ma si potrebbe notare che la nota fa # si può anche scrivere come sol b. Quale notazio-
ne conviene usare? Per le scale maggiori e minori naturali esiste la regola che non ci
possono essere due note nella stessa scala con lo stesso nome. Quindi poiché abbiamo
un sol, non potremmo avere un sol b. La nostra nota del settimo grado, si chiamerà
quindi fa #.

Tra il settimo e l’ottavo grado, c’è un semitono, quindi fa # più mezzo tono fa: sol. Il
cerchio si chiude e la nostra scala finisce con la nota con cui inizia.

1° grado: Sol.
2° grado: La.
3° grado: Si.
4° grado: Do.
5° grado: Re.
6° grado: Mi.
7° grado: Fa #.
8° grado: Sol.

Possiamo quindi vedere delle differenze con la scala maggiore di do. Innanzi tutto cam-
bia la tonica, che in questo caso è sol. Poi l’ordine delle note è diverso (ricordiamo che
siccome una scala è una serie di note consecutive e perché ogni nota corrisponde ad un
grado, le stesse note appartenenti a scale diverse danno sonorità diverse) ed infine al-
cune note presenti nella scala di do, mancano in quella di sol e viceversa.
Si dice quindi che la scala di sol (o la tonalità di sol) ha una alterazione in chiave, in
questo caso ha un fa # in chiave.

Così come abbiamo fatto la scala discendente di do, ora per esercizio facciamo quella di
sol.

Importante ricordare ancora una volta la relatività dei gradi. Un sol è un quinto grado di
una scala di do, sarà un primo grado di una scala di sol, ovviamente, e sarà un terzo
grado della scala di mi bemolle. Ogni nota può rappresentare qualsiasi grado relativo ad
una particolare scala.

Avendo i sette gradi della scala di sol, e ricordando come si costruisce la triade, di cui
abbiamo parlato nella tabella 2, possiamo formare subito l’accordo di sol maggiore. U-
sando primo, terzo e quinto grado, abbiamo subito le note: Sol, Si, Re, che compongono
l’accordo di sol maggiore.
L’accordo è di sol maggiore perché costruito su una scala di sol maggiore. Con questo
schema siamo già in grado di formare, quindi, tutti e dodici gli accordi maggiori.

1.4 La scala minore naturale.


La scala minore naturale (o semplicemente scala minore) è in assoluto una delle scale
più usate in ambito musicale. Se la maggiore è una scala dai toni allegri e brillanti, le
sonorità più malinconiche e cupe di questa scala la rendono versatilissima per imprime-
re toni diversi ad un brano.

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Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale
A differenza della scala maggiore, per la quale la naturale è la più usata, di scale minori
ce ne sono varie, che potremmo definire artificiali, dettate sempre da una diversa se-
quenza di toni e semitoni.
Tratteremo queste scale in seguito, ora vediamo come si compone una scala minore e in
che rapporti si trova con le scale maggiori.
Come per la scala maggiore il procedimento di costruzione della scala minore è uguale.
Si parte dal primo grado e si segue il prospetto della tabella 4.

ascendente 1 2 3 4 5 6 7 8
1t 1st 1t 1t 1st 1t 1t Tabella 4

discendente 8 7 6 5 4 3 2 1
1t 1t 1st 1t 1t 1st 1t

Costruiamo, come nel capitolo 1.3, una scala minore di do.

1° grado: Do.

Tra il primo ed il secondo grado abbiamo un tono, quindi do più un tono fa: re.

1° grado: Do.
2° grado: Re.

Tra il secondo ed il terzo grado abbiamo un semitono, quindi re più un semitono fa: re
#. Come abbiamo detto per le sale maggiori, non possiamo ripetere i nomi delle note,
nelle scale naturali, quindi, siccome abbiamo già un re, il nostro re # si chiamerà mi b.

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.

Tra il terzo ed il quarto grado abbiamo un tono, quindi mi b più un tono fa: fa
(ricordiamo che mi b più un semitono fa mi, e più un altro semitono fa, fa).

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.
4° grado: Fa.

Tra il quarto ed il quinto grado abbiamo un tono, quindi fa più un tono fa: sol.

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.
4° grado: Fa.
5° grado: Sol.

Tra il quinto ed il sesto grado abbiamo un semitono, quindi sol più un semitono fa: sol
#. Un sol lo abbiamo già, quindi avremo un la b.

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.
4° grado: Fa.

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Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

5° grado: Sol.
6° grado: La b.

Tra il sesto ed il settimo grado abbiamo un tono, quindi la b più un tono fa: si b. Sem-
pre per la stessa regola di prima usiamo un si b e non un la #.

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.
4° grado: Fa.
5° grado: Sol.
6° grado: La b.
7° grado: Si b.

Tra il settimo e l’ottavo grado abbiamo un tono, quindi si b più un tono fa: do
(ricordiamo, si b più mezzo tono si, più un altro mezzo tono arriviamo al do).
Ecco la nostra scala di do minore:

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.
4° grado: Fa.
5° grado: Sol.
6° grado: La b.
7° grado: Si b.
8° grado: Do.

In questa scala abbiamo ben tre note che hanno alterazioni, così come c’era il fa # nella
scala di sol maggiore. Possiamo, quindi dire che la scala di do minore, ha tre bemolle in
chiave (mi, la e si).

Così come per le scale maggiori, anche il primo, il terzo ed il quinto grado della scala
minore naturale, formano una serie di suoni molto importante. È detta triade minore e
con essa si forma l’accordo minore della scala in questione.
I suoni do, mi b e sol formano l’accordo di do minore.
Come è facile notare la sola differenza dall’accordo maggiore consiste nella terza, che in
questo caso è appunto, minore (abbassata di un tono), mentre nell’altro caso è maggio-
re.
Il modo (maggiore o minore) della terza, ci fa capire del perché questo grado si chiama
modale (come possiamo vedere dalla tabella 2).
L’intervallo di terza maggiore è lungo quattro semitoni, quello di terza minore, è lungo
tre semitoni.

Come esercizio c’è sempre quello di completare la scala di do minore con la sua versio-
ne discendente, notando che, anche in questo caso, le note sono le stesse di quella a-
scendente. Ciò non varrà, come vedremo in seguito per alcune scale minori, non natu-
rali.

Abbiamo accennato che c’è un rapporto tra le scale minori e quelle maggiori, ma quale
è? Costruendo una scala di la minore possiamo capirlo facilmente.

1° grado: La.

Tra il primo ed il secondo grado abbiamo un tono, quindi la più un tono fa: si.

1° grado: La.
2° grado: Si.
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Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale
Tra il secondo ed il terzo grado abbiamo un semitono, quindi si più un semitono fa: do.

1° grado: La.
2° grado: Si.
3° grado: Do.

Tra il terzo ed il quarto grado abbiamo un tono, quindi do più un tono fa: re.

1° grado: La.
2° grado: Si.
3° grado: Do.
4° grado: Re.

Tra il quarto ed il quinto grado abbiamo un tono, quindi re più un tono fa: mi.

1° grado: La.
2° grado: Si.
3° grado: Do.
4° grado: Re.
5° grado: Mi.

Tra il quinto ed il sesto grado abbiamo un semitono, quindi mi più un semitono fa: fa.

1° grado: La.
2° grado: Si.
3° grado: Do.
4° grado: Re.
5° grado: Mi.
6° grado: Fa.

Tra il sesto ed il settimo grado abbiamo un tono, quindi fa più un tono fa: sol.

1° grado: La.
2° grado: Si.
3° grado: Do.
4° grado: Re.
5° grado: Mi.
6° grado: Fa.
7° grado: Sol.

Tra il settimo e l’ottavo grado abbiamo un tono, quindi sol più un tono fa: la.
Ecco la nostra scala di la minore:

1° grado: La.
2° grado: Si.
3° grado: Do.
4° grado: Re.
5° grado: Mi.
6° grado: Fa.
7° grado: Sol.
8° grado: La.

Questa non è altro che una scala di do maggiore, suonata partendo dal la. Infatti la sca-
la di do maggiore e di la minore sono strettamente collegate, si dice che il la è la relati-
va minore del do: per contro la scala di do è la relativa maggiore della scala minore di
la. Come regola generale possiamo trovare una scala relativa minore, sul sesto grado
(che sarà una sesta maggiore) di una scala maggiore, mentre una scala relativa mag-
11
Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

giore sul terzo grado (che sarà una terza minore) di una scala minore:

1 2 3 4 5 6 7 8
Maggiore Do Re Mi Fa Sol La Si Do
Sesta maggiore
Figura 2

Minore La Si Do Re Mi Fa Sol La
Terza minore

Possiamo quindi notare che le scale maggiori e minori sono collegate tra di loro in base
alle note che le compongono. Quindi una scala relativa minore avrà le stesse note della
sua relativa maggiore (ma secondo una sequenza diversa).

1.5 Schema riassuntivo scale naturali.


Completare lo schema con le note di tutte le scale maggiori e minori naturali. Seguendo
le tabelle 1, 3 e 4. Ricordando sempre che nella stessa scala non ci possono essere due
note con nomi uguali e che le scale hanno o diesis o bemolli o nessuno dei due, ma non
ci sono scale che hanno diesis e bemolli contemporaneamente.

Scale maggiori naturali


1 2 3 4 5 6 7 8
Do Re Mi Fa Sol La Si Do
Do#
Reb
Re
Re#
Mib
Mi
Fa
Fa#
Solb
Sol La Si Do Re Mi Fa# Sol
Sol#
Lab
La
La#
Sib
Si
12
Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale

Scale minori naturali


1 2 3 4 5 6 7 8
Do Re Mi b Fa Sol La b Si b Do
Do#
Reb
Re
Re#
Mi b
Mi
Fa
Fa #
Sol b
Sol
Sol#
Lab
La Si Do Re Mi Fa # Sol La
La #
Si b
Si

1.6 Le scale in pratica: notazione musicale e tablatura.


Dopo tanta teoria è il momento di suonare. Vediamo come suonare le note della nostra
scala che abbiamo calcolato finora solo su un foglio di carta.
Ci sono due modi per rappresentare un brano che deve essere eseguito con la chitarra.
Il primo, quello classico, è scrivere le note su uno spartito. Il secondo è più moderno ed
è quello di rappresentare le note su una tablatura.
La trattazione completa di entrambi gli argomenti sarebbe troppo lunga, ed esula dai
nostri intenti, quindi ora vediamo un’introduzione dei due metodi che ci consente di suo-
nare le nostre scale quanto prima.

1.6.1 Notazione musicale.


La classica rappresentazione musicale consiste in un diagramma formato da cinque linee
parallele equidistanti che formano quattro spazi. Questo diagramma prende il nome di
pentagramma (o rigo musicale) e sulle sue line o sui suoi spazi è possibile rappresenta-
re qualsiasi nota.
Le linee e gli spazi si contano dal basso verso l’alto.

A questo punto è necessario un simbolo che ci faccia capire quale nota sullo strumento
corrisponda ad una nota scritta sul pentagramma e questo simbolo è la chiave.
Il funzionamento della chiave è semplicissimo. Essa indica la nota da cui prende il nome
(una chiave di sol, indicherà un sol, una di fa, indicherà un fa e così via) e ci consente di
trovare tutte le altre.

Nella figura 3 vediamo le due chiavi maggiormente diffuse. La chiave di violino (o di sol)
che si trova nel pentagramma in alto e la chiave di basso (o di fa) che si trova sul pen-
tagramma in basso.

13
Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

Figura 3

L’uso di una particolare chiave dipende dal tipo di strumento che noi stiamo suonando.
Con una chitarra sarà conveniente usare una chiave di violino, in quanto la maggior par-
te delle note sono rappresentate da quella chiave. La notazione accanto alla chiave sta
ad indicare il tempo del brano. La sbarra sottile verticale a sinistra di quella più spessa
alla fine di ogni pentagramma indica la fine della battuta e scandisce l’unità ritmica. Di
questa cosa e di altri dettagli ce ne occuperemo in seguito.
Su questi due pentagrammi sono visualizzate le note di riferimento alle due chiavi. La
chiave di violino (che ha il ricciolo sul secondo rigo) essendo una chiave di sol, indicherà
che sul secondo rigo del pentagramma ci sarà la nota sol (visualizzata).
La chiave di basso (che ha l’origine sul quarto rigo) essendo una chiave di fa, indicherà
che sul quarto rigo ci sarà la nota fa (visualizzata anch’essa).
Le note successive e precedenti sono disposte consecutivamente negli spazi e nelle ri-
ghe successivi o precedenti a quelli della chiave. Note precedenti saranno più gravi, no-
te successive saranno più acute. Ma vediamo un esempio in figura 4.

Figura 4

Ignoriamo sempre per ora la notazione di tempo dopo la chiave. Ignoriamo anche la di-
versa forma delle note rispetto alla figura 3 (è solo una notazione più comoda per que-
sta visualizzazione, le note sono le stesse).

Notiamo che le prime tre note del pentagramma con chiave di violino, sono le stesse
delle ultime tre del pentagramma in chiave di basso, questo perché il do sotto il rigo è
una nota che si trova a metà tra i due. Come è facile capire, ogni nota è disposta su un
rigo o su uno spazio, se si sale o si scende troppo, si usano delle brevi linee per rappre-
sentare altri righi immaginari che servono a far capire l’altezza di una nota. È il caso
delle prime e ultime due note di entrambi i righi musicali. Queste righe vengono dette
tagli addizionali e possono essere in testa (come nel caso del do e del la del primo rigo)
o in gola (come nel caso del si e del re del primo rigo). Ci possono essere note (non vi-
sualizzate nell’immagine) con più di un taglio in gola, ma il taglio in testa sarà sempre al
massimo uno.

Ma prima dicevamo che le note sono dodici vero? Come si rappresentano i diesis ed i
bemolli? Vediamolo subito nella figura 5.
Ponendo un simbolo di bemolle o di diesis prima di una nota, altereremo il suo valore,

14
Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale

Figura 6
Figura 5

Figura 7

per tutta la durata della battuta. In una battuta successiva il nostro sol, sarà nuovamen-
te naturale a meno che non usiamo un altro segno di alterazione.
Ma abbiamo detto che alcune scale hanno sempre delle note alterate, possiamo evitare
di scriverle ogni volta? Ovviamente sì, usiamo la notazione delle figure 6 e 7. Ponendo
un diesis o un bemolle in chiave altereremo tutte le note indicate da quel rigo di qualsia-
si ottava. Infatti nel primo caso, sia il fa alto che quello basso diventano in fa # e nel
secondo caso sia un si alto che un si basso diventano un si b. Se poi vogliamo annullare
gli effetti di un diesis o di un bemolle, usiamo il simbolo che si chiama bequadro e che è
anteposto all’ultima nota di entrambi i pentagrammi. Il bequadro dura una battuta
(come un’alterazione non in chiave) ed annulla l’alterazione ad ogni altezza.
Nel capitolo 1.3 abbiamo parlato di tonalità. La tonalità è l’insieme dei principi che rego-
lano i rapporti tra le note e gli accordi di un brano. Ogni tonalità ha la sua scala e quindi
ogni tonalità ha le sue alterazioni in chiave.
Sapendo questo, che tonalità sono rappresentate dalle figure 6 e 7? Una la conosciamo
già…

Ma passiamo dallo spartito allo strumento.

Ogni strumento ha la sua estensione, che sarebbe l’insieme della totalità delle note che
può suonare. Una chitarra media ha un’estensione di poco più di tre ottave (se si parla
di una chitarra classica), una chitarra elettrica può arrivare a quattro o superarle di poco
(se si parla di chitarre a sette corde).

In figura 8 possiamo vedere la rappresentazione delle note che possono essere suonate
sulla chitarra a partire dalla nota più grave (ultima corda a vuoto) fino ad arrivare alla

Figura 8

nota suonata sul dodicesimo tasto della corda più sottile. Ovviamente ci sono anche al-
tre note che possono essere suonate, ma per il momento ci limiteremo a questa parte
dello strumento.
I nomi delle note tra parentesi stanno ad indicare le note che si suonano sulle corde a
vuoto, senza quindi toccare la corda con la mano sinistra.

15
Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

1.6.2 La tabulatura.
La notazione musicale è di certo la migliore e più completa per imparare a suonare qual-
siasi strumento, tuttavia chitarristi e bassisti negli ultimi anni hanno trovato comodo u-
sare una nuova notazione che viene detta tabulatura (o tablatura, o tab). Questa ha il
pregio di essere molto più semplice ed intuitiva da leggere, non necessita di anni di stu-
dio per essere utilizzata con efficacia ed è di facile distribuzione. Tuttavia ha il difetto di
essere un po’ limitativa nella notazione musicale e, tranne che in ultime evoluzioni re-
centi, non tenere quasi per nulla conto della notazione temporale di un brano.

Il principio su cui si basa la tabulatura è semplicissimo. Ogni rigo della partitura rappre-
senta una delle corde dello strumento a partire dalla più sottile (la prima) che viene po-
sta in alto. I numeri posti sulla riga indicano il tasto da premere.
Ciò rende immediata la possibilità di suonare un brano senza dover interpretare tonali-
tà, notazione, alterazioni ed altri dettagli tecnici ma fa sì anche che sia possibile suonare
un brano senza aver la minima idea di quale nota stiamo suonando.

Nella figura 9 possiamo vedere lo stesso schema della figura 8, rappresentato come ta-
blatura.

Figura 9

Quando una corda è suonata a vuoto, sulla tab si scrive il numero zero. Come potete
notare, mancano dei numeri (il 2 della sesta corda per esempio) questo perché in que-
sta notazione mancano le note con diesis e bemolle che sulla chitarra, ovviamente, ci
sono. Quindi sul secondo tasto, della sesta corda (tra un fa ed un sol) ci sarà un fa # o
un sol b, e così via per ogni nota mancante in questo schema.

Ma quanti tasti ha una chitarra? Solitamente intorno alla ventina, a seconda del tipo
(classica, acustica, elettrica) e della marca. La notazione della figura 9 tiene conto solo
dei primi dodici tasti perché è utile partire da questo punto.
Ogni cinque tasti sulla chitarra troviamo una “posizione”. Quindi quando si dice suonare
in prima posizione si intende usare soltanto i tasti a partire dallo zero (le corde a vuoto)
fino al quarto. La seconda posizione va dal quinto al nono e così via.
Ma come possiamo suonare in una sola posizione tralasciando delle note che non pos-
siamo fare?
Alcune ovviamente non possiamo suonarle in quanto, troppo acute o troppo gravi, ma
molte delle note che ci possono servire le troviamo tutte nella stessa posizione, ma su
corde diverse.

Una grande potenza degli strumenti a corda è quella di poter suonare una nota in diver-
si punti del manico. Ovviamente ciò porta il grandissimo vantaggio di poter suonare una
nota nella posizione più agevole in base all’esecuzione di un relativo brano. Ma porta
anche lo svantaggio che bisogna imparare dove si trovano le note omologhe. Un piano-
forte ha sempre allo stesso posto una determinata nota, e quindi basta imparare una
sola volta dove si trova, però se è troppo lontana in un passaggio non possiamo avvici-
narla, come sulla chitarra.

Vediamo un po’ dove si trova un do alto sul pentagramma su tutte le corde su cui è pos-

16
Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale
sibile suonarlo nelle figure 10 a e b.

Figura 10 b

Figura 10 a

Come possiamo notare il do alto sul pentagramma è possibile suonarlo in cinque posi-
zioni diverse su tutta la tastiera.
La posizione (e gli spostamenti) che le dita effettuano sulla tastiera è detta diteggiatura.
La possibilità di suonare delle note in diversi punti fa in modo che si possa trovare la
diteggiatura più comoda che fa al caso nostro (e che può variare anche da fattori anato-
mici come dimensioni della mano, o elasticità dei muscoli). Tuttavia questa è un’arma a
doppio taglio perché è necessario, spesso, studiare un passaggio in diversi modi prima
di trovare quello più congeniale a noi. Inoltre anche l’ordine di utilizzo delle dita può es-
sere un ostacolo soprattutto per chi inizia a studiare lo strumento da poco.

Tuttavia la possibilità di usare diverse diteggiature è una delle motivazioni che rende la
chitarra uno strumento tanto versatile. Infatti per le scale è possibile studiare una sola
diteggiatura per le maggiori ed una sola per quelle minori naturali. Con due diteggiatu-
re, (tecnicamente le diteggiature delle scale maggiori sono due, ma una si applica solo a
due scale) variando la tonica, possiamo suonare tutte e 24 le scale naturali e questo ci
risparmia dal dover imparare una nuova posizione, come dovremmo fare se suonassimo
il piano.

1.7 La tablatura della scala maggiore su un’ottava.


Se il numero sulla corda rappresenta il tasto, il numero posto sotto lo schema dentro un
cerchio rappresenta il dito (ovviamente della mano sinistra) con cui premere quel tasto.
Si parte dall’indice rappresentato dal numero uno e si arriva al mignolo che viene indi-
cato dal numero quattro. Con questa premessa la tablatura della scala di do maggiore si
effettua immediatamente. La possiamo vedere nella figura 11.

Figura 11

Come possiamo notare la scala è ascendente nella prima battuta e discendente nella
seconda battuta.
Questa diteggiatura si applica benissimo su scale di un’ottava suonate su tre corde, ma
deve sempre escludere la prima e la seconda corda (per motivi che poi spiegheremo la
diteggiatura di una scala su quelle corde è diversa).
È sufficiente quindi partire da una tonica che sia almeno sulla quinta corda per poter fa-
re immediatamente una scala di un’ottava trovando tutte e solo le note in scala.

17
Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

È possibile (e anche consigliabile almeno come esercizio iniziale) usare questa diteggia-
tura anche con le corde a vuoto, in particolare con le scale di fa e di si b. Le possiamo
vedere nelle figure 12 a e b.

Figura 12 a
Figura 12 b

Come possiamo vedere la posizione delle dita delle due scale è identica, solo suonata a
partire da una corda diversa. Entrambe queste due posizioni sono identiche a quella
classica della scala maggiore naturale tranne che per l’utilizzo per due volte delle corde
a vuoto. La scala di si b e la scala di fa sono le sole che hanno questa variante. Per tutte
le altre dieci scale maggiori è possibile usare la diteggiatura descritta in figura 11.

A questo punto un ottimo esercizio sarebbe trovarle da soli queste posizioni. Tanto sono
solo dieci e sono tutte uguali alla fine. Il fulcro è trovare la giusta nota da cui partire. Le
regole sono semplici:

1. Si suona sempre e solo su tre corde.


2. Si fanno due note sulla corda da cui si parte e tre note sulle due successive.
3. Si suona soltanto sulle ultime quattro corde (le corde più sottili per ora lasciamole
stare, quindi la tonica va cercata sulle ultime due).

Detto questo le scale maggiori vengono subito. Come ultimo appunto ricordiamo che
proprio grazie alla potenza della chitarra, se suoniamo una scala maggiore di un’ottava
di do partendo dal terzo tasto della quinta corda, oppure la suoniamo partendo dall’otta-
vo tasto della sesta corda, avremo la stessa scala.

1.8 La tablatura della scala minore su un’ottava.


Discorso analogo possiamo fare per la scala minore naturale. La tablatura in questo ca-
so è solo una e non usa neanche tutte e quattro le dita (come accadeva nella scala
maggiore): il medio, infatti non si utilizza nelle scale minori naturali.
Il meccanismo è sempre lo stesso. La posizione è fissata e si parte sempre dalla tonica
diversa per aver immediatamente tutta la scala.
La figura 13 ci mostra la posizione della diteggiatura.
Un’unica avvertenza: questa scala ha l’articolazione 3 - 4 (anulare medio) ripetuta varie
volte sia in fase di salita che in fase di discesa. Questo movimento, può essere molto

18
Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale

Figura 13

faticoso e doloroso all’inizio, bisogna stare attenti a non strafare per non irritarsi i tendi-
ni. Purtroppo queste due dita della mano sinistra sono poco indipendenti e ciò può crea-
re un po’ di problemi all’inizio. Tuttavia la scala minore ha una diteggiatura abbastanza
naturale e a lungo termine (soprattutto su velocità più sostenute) risulta più semplice di
quella maggiore.

Questa è una diteggiatura di una scala di do minore (a quale tonalità maggiore corri-
sponde? Ce lo ricordiamo?), perché si parte dal do della quinta corda (sul terzo tasto).
Partendo da un’altra nota e seguendo quello schema avremo subito un’altra scala.

Come esercizio, come per le scale maggiori, troviamo le diteggiature delle scale minori
sulle ultime quattro corde. Le regole del gioco non sono cambiate. A questo punto pos-
siamo suonare tutte le scale maggiori e tutte le scale minori comodamente

1.9 L’accordatura standard.


Abbiamo detto che da questi primi esercizi escludiamo le due corde più sottili, per capire
il perché di questa scelta è necessario spendere due parole sull’accordatura della chitar-
ra. Le sei corde del nostro strumento hanno una tensione tale da generare un preciso
suono che corrisponde ad una nota. Le note, partendo dalla prima corda, la più sottile,
che vengono fuori pizzicando le corde a vuoto sono:

Corda 1: Mi
Corda 2: Si
Corda 3: Sol
Corda 4: Re
Corda 5: La
Corda 6: Mi (due ottave più grave del primo)

L’intervallo tra una corda e l’altra è quindi di una quarta giusta (cioè due toni e mezzo).
Questo rende le diteggiature molto semplici in quanto è sufficiente traslare la posizione
delle mani da una nota all’altra delle diverse corde e possiamo subito trovare la scala
che ci serve. Per scelte costruttive la corda sol e la corda si non sono in un intervallo di
una quarta giusta, ma bensì di una terza maggiore (quindi due toni, c’è mezzo tono di
meno tra le due note). Ciò fa sì che sia impossibile usare diteggiature valide per le corde
più gravi quando una scala attraversa la terza e la seconda corda. Le diteggiature che
comprendono quelle corde le vedremo più avanti.

Ecco un piccolo esercizio da fare dopo aver fatto quelli sulle scale. Quali triadi (maggiori
o minori) è possibile suonare usando soltanto le corde a vuoto?

1.10 La posizione degli intervalli e il significato dei gradi.


Così come esistono delle diteggiature utili e veloci per le scale principali, così ci sono
delle posizioni degli intervalli che ci consentono di suonare delle note a distanza prefis-
sata immediatamente.

19
Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

Come per le diteggiature queste regole valgono sulle corde accordate in quarta, quindi
possiamo usarle sempre tranne quando la tonica che suoniamo (la prima delle note) si
trova sul sol. In quel caso è necessario spostare di mezzo tono più in alto (quindi un ta-
sto avanti) la nota suonata sulla corda si.

Tratteremo ogni intervallo facendo riferimento alla scala di do (tanto non importa la no-
ta di partenza quanto la posizione delle dita) e spiegano il significato del grado che an-
diamo a suonare ogni volta. Le dita da usare per suonare gli intervalli possono variare
molto (a volte per intervalli semplici non c’è una regola fissa, l’importante è essere co-
modi), ma conviene, soprattutto all’inizio, suonare la prima nota sempre con l’indice e
posizionare un dito per tasto nel suonare le altre. Cercate di suonare le due note tenen-
do ferma la posizione della mano e allargando le dita quando è possibile. Anche questa
non è una regola fissa ma è un ottimo esercizio per aumentare l’elasticità dei muscoli.
Quando lo spazio da coprire supera i cinque tasti, cercate di usare il primo ed il quarto
dito per le due note (quindi indice e mignolo).

Abbiamo detto che non conta la nota in se che stiamo suonando quando la sua posizio-
ne relativa all’interno della scala.
Possiamo considerare una scala (e per estensione un brano) come un discorso, le note
sono le nostre parole e i segni di punteggiatura. La stessa frase, con le stesse parole,
può aver toni differenti e quindi significati differenti a seconda di come la pronunciamo.
Basti pensare alla differenza tra una frase che finisce con un punto esclamativo ed una
che finisce con un punto interrogativo. La stessa frase. La sensazione è del tutto diver-
sa, vero?

In una scala i gradi fondamentali sono due. La tonica e la dominante, quindi il primo ed
il quinto grado. Le sensazioni legate a questi gradi invece sono molto contrastanti tra
loro. Ma passiamo in rassegna tutti i gradi che troviamo nelle nostre scale.

1.10.1 La tonica.
È la nota principale della tonalità e della scala che stiamo usando. È di solito la prima e
l’ultima nota della scala ed è quella nota con cui si chiudono tutte le composizioni classi-
che. Alla fine di una frase ritornare sulla tonica dà un senso di completezza è quiete. È
una nota statica, perché è il suono verso cui la creazione musicale tende naturalmente.
Possiamo paragonarla ad un punto esclamativo che sancisce una fine netta, precisa, pu-
lita, come se il brano non avesse più nulla da dire. Non è infrequente, anche nelle com-
posizioni moderne di completare l’esecuzione del brano con una nota del primo grado
che lascia l’ascoltatore con un senso di serenità e soddisfazione.

1.10.2 La sopratonica.
L’intervallo di seconda dista dalla tonica uno (seconda minore) o due (seconda maggio-
re) semitoni. Una frase musicale che procede per seconde viene anche detta per gradi
congiunti in quanto le note nella scala sono consecutive.
È un grado di passaggio che produce un grande effetto di instabilità nella melodia.
Troviamo un intervallo di seconda minore, suonando, sulla stessa corda, una nota e poi
quella al tasto immediatamente successivo.
Troviamo un intervallo di seconda maggiore suonando sulla stessa corda una nota e poi

Figura 14

20
Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale
un’altra distante due tasti dalla prima. Nella prima battuta della figura 14 vediamo una
seconda minore, nella seconda battuta, vediamo una seconda maggiore.

1.10.3 La modale.
È un grado importantissimo nella scala in quanto ne determina il modo (minore o mag-
giore) a seconda se l’intervallo è di terza minore (tre semitoni) o di terza maggiore
(quattro semitoni). Come la tonica dà una sensazione di riposo e completezza e può es-
sere usata per terminare la frase musicale.
La figura 15 a ci mostra che possiamo trovare una terza minore in due modi:
• Suonando una nota su una corda e un’altra, sulla stessa corda, alla distanza di tre
tasti.
• Suonando una nota su una corda, e un’altra nota, sulla corda precedente, due ta-
sti indietro rispetto alla prima.
La figura 15 b ci mostra che possiamo trovare una terza maggiore in due modi:
• Suonando una nota su una corda e un’altra, sulla stessa corda, alla distanza di
quattro tasti.
• Suonando una nota su una corda, e un’altra nota, sulla corda precedente, un tasto
indietro rispetto alla prima.
Trovare con facilità le terze dell’accordo che stiamo suonando è molto utile in quanto è

Figura 15 a Figura 15 b

possibile creare semplici ed efficaci frasi melodiche semplicemente sfruttando le tre note
della triade.

1.10.4 La sottodominante.
L’intervallo di quarta giusta (cinque semitoni) è un intervallo molto delicato da usare. La
sua vicinanza alla modale le conferisce un carattere instabile con una tendenza a scen-
dere per risolvere sul terzo grado. È anche detta controsensibile, perché opera con la
terza così come la sensibile opera con la tonica. È un intervallo leggermente dissonante,
infatti è opportuno non usare note troppo lunghe di quarto grado quando si suona con
l’accordo di tonica come accompagnamento.
Poiché la maggior parte delle corde della chitarra sono accordate proprio in quarta, tro-

Figura 16 a Figura 16 b

vare una quarta è una cosa molto semplice. Suonando una nota su una corda, la sua
quarta si troverà suonando una nota allo stesso tasto della prima, sulla corda preceden-
te, come la figura 16 a ci fa vedere.

21
Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

Bisogna spendere due parole per trattare l’intervallo di quarta aumentata, descritto nel-
la figura 16 b. Questo intervallo non è esattamente una sottodominante, in quanto non
fa parte della scala maggiore e neanche di quella minore. Lo menzioniamo solo per il
carattere storico e folkloristico. Come si può vedere è un intervallo molto comodo da
suonare, basta infatti suonare una nota su un tasto, e suonare quella al tasto successivo
della corda precedente per ottenere una quarta aumentata. Secoli fa questo intervallo
(detto anche trìtono, dato che è composto da sei semitoni, quindi tre toni) veniva detto
diabolus in musica, a causa del suo carattere fortemente dissonante. Agli studenti era
persino vietato usarlo nelle loro composizioni. Se si prova a suonarlo l’effetto è di certo
di una dissonanza totale, probabilmente è infatti l’intervallo più dissonante all’interno di
una scala.

1.10.5 La dominante.
Insieme alla tonica, il grado principale all’interno di una scala. Se possiamo considerare
la tonica un punto esclamativo, di sicuro, la dominante è un punto interrogativo. Da un
senso di sospensione alla melodia ed è l’ideale per terminare un brano con qualcosa di
incompiuto. Non trasmette la sensazione di staticità della tonica, pur essendo un grado
molto forte. Dista sette semitoni dalla tonica (intervallo di quinta giusta) e con essa crea
un bicordo che dà consonanza perfetta, in cui le due note si sommano creando una pia-
cevole armonia. L’intervallo tonica - dominante è alla base di tantissimi accompagna-
menti di musica moderna, è anche un intervallo comodo da usare in quanto le due note
non stonano mai, qualsiasi sia l’accordo su cui sono suonate (ricordiamo che sia la toni-

Figura 17

ca, sia la dominante si trovano negli accordi minori e in quelli maggiori).


Come ci mostra la figura 17 per suonare un intervallo di quinta giusta è sufficiente suo-
nare una nota su una corda e poi una nota sulla corda precedente, due tasti più avanti
della prima.

1.10.6 La sopradominante.
È il sesto grado della scala e dista otto semitoni, se è una sesta minore, oppure nove
semitoni, se è una sesta maggiore. È il solo grado della scala (insieme alla sensibile) che
è maggiore o minore a seconda della terza, tuttavia la sensazione musicale che dà è
tutt’altro che simile alla modale. Infatti la sopradominante è un grado di passaggio che,
come la seconda, lascia sospeso il discorso musicale. È importante perché nella scala
maggiore, ad una sesta maggiore dalla tonica, si trova la nota che darà origine alla sca-
la relativa minore.

Figura 17 a Figura 17 b

Come ci mostra la figura 18 a, possiamo suonare un intervallo di sesta minore, suonan-


do una nota e suonandone un’altra sulla corda precedente tre tasti avanti.
Come ci mostra la figura 18 b, possiamo suonare un intervallo di sesta maggiore, suo-
nando una nota e suonandone un’altra a distanza di due corde precedenti, sul tasto pre-

22
Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale
cedente.

1.10.7 La sensibile e la sottotonica.


È il grado più instabile della scala. Si trova a undici semitoni dalla tonica principale; an-
cora più importante è la sensibile più grave della tonica, che si trova soltanto ad un se-
mitono dalla tonica nelle scale maggiori (settima maggiore), mentre si trova a dieci e a
due semitoni in quelle minori (settima minore). Sia la sensibile acuta, che quella grave
sono note molto importanti per caratterizzare il colore di una linea melodica. La sensibi-
le, essendo molto vicina alla tonica, ne è attratta naturalmente, tant’è che il passaggio
sensibile - tonica esprime un forte senso armonico all’orecchio. Quando dista un tono
(come nella scala minore naturale) è più corretto definirla sottotonica.
La figura 18 a ci mostra come suonare la settima minore:
• Quella acuta la troviamo, suonando una nota e poi suonando una nota successiva
a distanza di due corde precedenti, sullo stesso tasto.
• Quella grave la troviamo, suonando una nota e poi suonando un’altra nota sulla
stessa corda, su due tasti precedenti alla prima. La notazione ci mostra che le due
note sono invertite, in quanto con la sensibile più grave, si tende ad arrivare alla
tonica per chiudere la frase. Nella seconda battuta, il do è la tonica (anche se vie-
ne suonato dopo) e il si b è la sensibile (anche se viene suonato prima).
La figura 18 b ci mostra come suonare la settima maggiore:
• Quella acuta la troviamo, suonando una nota e poi suonando una nota successiva
a distanza di due corde precedenti, un tasto più avanti.
• Quella grave la troviamo, suonando una nota e poi suonando un’altra nota sulla
stessa corda, sul tasto precedente alla prima. La notazione ci mostra che le due
note sono invertite, in quanto con la sensibile più grave, si tende ad arrivare alla
tonica per chiudere la frase. Nella seconda battuta, il do è la tonica (anche se vie-
ne suonato dopo) e il si è la sensibile (anche se viene suonato prima).

Figura 18a Figura 18b

1.10.8 L’ottava.
Chiudiamo la trattazione degli intervalli principali delle scale maggiori e minori con la
nota di partenza (come ogni scala deve finire) ma un’ottava più alta. Come dice il nome
dell’intervallo, l’ottava si trova alla distanza di un’ottava dalla tonica di partenza (quindi
dodici semitoni).
È un intervallo molto statico, in quanto ripete la stessa nota solo più acuta (se è un’otta-
va ascendente) o più grave (se è un’ottava discendente). L’effetto musicale può essere
molto melodico data la quantità di armoniche che vengono messe in gioco usando note
più acute.
La figura diciannove ci mostra che possiamo trovare un intervallo di ottava suonando
una nota, e poi suonandone una due corde prima, due tasti più avanti. La diteggiatura
ricorda quella dell’intervallo di quinta, ma suonata su una corda più avanti.

Figura 19

23
Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

1.11 Un esercizio per la velocità.


Con le nozioni fin qua imparate possiamo dedicarci ai primi esercizi di velocità. Quando
studiamo la velocità dobbiamo tenere a mente una serie di buone norme:
1. La velocità è una questione prettamente di muscoli, quindi va allenata costante-
mente; all’inizio può capitare di sentire dolore, in quel caso, fermiamoci e rilassia-
mo i muscoli; se la mano è tesa, la velocità diminuisce. Non bisogna sforzarsi mai
altrimenti rischiamo di aver infiammazioni croniche che ci impediranno di superare
una certa soglia.
2. La velocità va allenata col metronomo, partendo da ritmi molto lenti ed aumentan-
do gradualmente solo quando siamo sicuri di padroneggiare certi movimenti. Mai
incrementare di più di dieci bpm alla volta, specialmente all’inizio.
3. Evitare di allontanare troppo le dita dalle corde, una distanza di qualche millimetro
è sufficiente, una distanza di mezzo centimetro diventa un po’ troppa, una distan-
za di oltre un centimetro è decisamente troppa. Ricordarsi che se le dita vanno
lontano, ci mettono più tempo a tornare, quindi concentrarsi sui movimenti piccoli
e brevi in modo da guadagnare tempo e aumentare la velocità.
4. I tipi di velocità che si possono allenare sono tanti, sulle scale a gradi congiunti
(come l’esercizio che stiamo per provare), sulle scale con i salti, sugli arpeggi e
così via. Ogni velocità va allenata a seconda delle nostre esigenze.

Il miglior consiglio per diventare dei chitarristi veloci è, paradossalmente, andare piano
all’inizio. Se il cervello assimila il giusto movimento quando le dita vanno lente, velociz-
zarle è uno scherzo, se prende delle posizioni sbagliate, velocizzarle può diventare im-
possibile.

Iniziamo da questo semplice esercizio, partendo da un metronomo molto lento


(possiamo metterlo a 60 bpm e suonare una nota ogni colpo, quindi una nota al secon-
do).

Eseguiamo tutte le scale maggiori su un’ottava secondo l’ordine del cosiddetto circolo
delle quarte e delle quinte e cioè:

Do, Fa, Si b, Mi b, Re b, La b, Sol b, Si, Mi, Re, La, Sol Do

Ovviamente riportiamo solo la tonica, ma dobbiamo suonare una scala di do, poi una di
fa, poi una di si b e così via! Le scale vanno suonate ascendenti e discendenti prima di
passare a quella successiva. Cerchiamo di essere fluidi soprattutto nel passaggio da una
scala ad un’altra; dobbiamo aver chiaro dove deve andare la mando quando finisce una
diteggiatura nota. Il difficile è solo quello!

Una volta eseguito questo esercizio con le scale maggiori passiamo alle scale minori,
facendo riposare la mando se è stanca. È importante la costanza. Meglio quindici minuti
al giorno di questo esercizio (anche fatti in tre gruppi da cinque minuti) fatto tutti i gior-
ni, che farlo per un’ora e mezzo una sola volta a settimana. Allenare la velocità è come
allenare un muscolo per fare sport, quando ci fermiamo, perdiamo un po’ di lavoro fat-
to. Se ci fermiamo per troppo tempo, rischiamo di dover partire da capo.

Non aumentiamo la velocità finché non riusciamo a suonare le note chiaramente e con
un minimo numero di errori. Tenete conto che sono dodici scale fatte da otto note a sa-
lire e otto note a scendere, quindi: 12x16 = 192 note per le maggiori, e 192 per le mi-
nori.

Non è facile farle bene all’inizio ma dopo verrà meccanico e naturale, non preoccupate-
vi.

24
Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale

1.12 La scala minore armonica.


Nel capitolo 1.4 abbiamo parlato di scale minori naturali. L’aggettivo naturale, indica che
sono scale minori che derivano direttamente dalle scale maggiori, usando le stesse note
anche se in ordine diverso.
Tuttavia la mancanza di una sensibile (quindi di un grado alla distanza di un semitono
dalla tonica, verso il basso) portava queste scale a non essere adatte per determinate
situazioni musicali.
Inserendo la sensibile in una scala minore naturale (e quindi aumentando semplicemen-
te il settimo grado, usando una settima maggiore, anziché una settima minore) possia-
mo facilmente ottenere una scala minore armonica.
La tabella 5 ci mostra lo schema ascendente e discendente della nostra scala minore
armonica.

ascendente 1 2 3 4 5 6 7 8
1t 1st 1t 1t 1st 3st 1st Tabella 5

discendente 8 7 6 5 4 3 2 1
1st 3st 1st 1t 1t 1st 1t

Come possiamo notare, l’avvicinamento della settima all’ottava (che dista ora solo un
semitono, invece che due, come nelle scale minori) aumenta la distanza tra la sesta e la
settima (che diventa di tre semitoni).
L’effetto musicale di questa scale è molto orientaleggiante e lo si può notare semplice-
mente suonandola. Come le scale maggiori e minori naturali, anche questa scala segue
la stessa successione di note sia in salita che in discesa.

Ma passiamo alla costruzione della scala minore armonica di do minore seguendo il pro-
cedimento che abbiamo usato fin’ora, con le scale minori.
Costruiamo come nel precedente capitolo una scala di minore armonica di do.
Valgono ovviamente tutte le regole specificate prima per la selezione dei bemolle e dei
diesis.

1° grado: Do.

Tra il primo ed il secondo grado abbiamo un tono, quindi do più un tono fa: re.

1° grado: Do.
2° grado: Re.

Tra il secondo ed il terzo grado abbiamo un semitono, quindi re più un semitono fa: mi
b.

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.

Tra il terzo ed il quarto grado abbiamo un tono, quindi mi b più un tono fa: fa.

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.
4° grado: Fa.

Tra il quarto ed il quinto grado abbiamo un tono, quindi fa più un tono fa: sol.

25
Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.
4° grado: Fa.
5° grado: Sol.

Tra il quinto ed il sesto grado abbiamo un semitono, quindi sol più un semitono fa: un la
b.

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.
4° grado: Fa.
5° grado: Sol.
6° grado: La b.

Tra il sesto ed il settimo grado abbiamo tre semitoni, quindi la b più tre semitoni fa: si.

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.
4° grado: Fa.
5° grado: Sol.
6° grado: La b.
7° grado: Si

Tra il settimo e l’ottavo grado abbiamo mezzo tono, quindi si più mezzo tono fa: do.
Ecco la nostra scala di do minore armonica:

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.
4° grado: Fa.
5° grado: Sol.
6° grado: La b.
7° grado: Si.
8° grado: Do.

Come possiamo notare una scala minore armonica si crea partendo dalla minore natura-
le e alzando la settima di mezzo tono.
La costruzione della scala discendente, è lasciata per esercizio, come al solito.

Vediamo come visualizzarla sullo spartito e sul pentagramma nella figura 20.

Figura 20

Come per tutte le altre diteggiature ad un’ottava, anche quella della scala minore armo-
nica può essere utilizzata per una qualsiasi scala semplicemente cambiando la tonica. Le
accortezze sono le solite, suonare sempre su tre corde (tre note sulla prima, tre note
sulla seconda e due sulla terza) e lasciar stare per il momento le due corde più acute.

26
Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale

1.13 Le scala minore melodica.


La scala minore armonica, come abbiamo visto, nasce per esigenze musicali come la
necessità di avere un grado sensibile nella scala minore che venisse attratto dalla toni-
ca, come accade nella maggiore. L’innalzamento della settima però porta alla creazione
di un intervallo molto grande tra la sesta e la settima di ben tre semitoni. Tale intervallo
diventava difficile da cantare, pertanto fu creata una scala minore che avesse il sesto
grado più vicino al settimo, innalzandolo di mezzo tono. Tale scala prende il nome di
minore melodica.

A differenza delle precedenti scale, la minore melodica, varia in fase ascendente e di-
scendente; questo perché non c’è necessità di aver un sesto grado vicino al settimo in
fase discendente. La scala melodica in fase discendente, quindi è uguale a quella armo-
nica.
Quando la scala melodica mantiene le modifiche anche in fase ascendente, la possiamo
chiamare scala bachiana.
La tabella 6 ci offre un prospetto dei gradi di questa scala in entrambe le versioni.

ascendente 1 2 3 4 5 6 7 8
1t 1st 1t 1t 1t 1t 1st

discendente 8 7 6 5 4 3 2 1
Tabella 6
melodica 1st 3st 1st 1t 1t 1st 1t

discendente 8 7 6 5 4 3 2 1
bachiana 1st 1t 1t 1t 1t 1st 1t

Seguendo sempre la regola con cui abbiamo generato le scale fin’ora, vediamo di co-
struire una scala di do minore melodico.

1° grado: Do.

Tra il primo ed il secondo grado abbiamo un tono, quindi do più un tono fa: re.

1° grado: Do.
2° grado: Re.

Tra il secondo ed il terzo grado abbiamo un semitono, quindi re più un semitono fa: mi
b.

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.

Tra il terzo ed il quarto grado abbiamo un tono, quindi mi b più un tono fa: fa.

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.
4° grado: Fa.

Tra il quarto ed il quinto grado abbiamo un tono, quindi fa più un tono fa: sol.

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.
4° grado: Fa.
27
Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

5° grado: Sol.

Tra il quinto ed il sesto grado abbiamo un tono, quindi sol più un tono fa: un la.

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.
4° grado: Fa.
5° grado: Sol.
6° grado: La.

Tra il sesto ed il settimo grado abbiamo un tono, quindi la più un tono fa: si.

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.
4° grado: Fa.
5° grado: Sol.
6° grado: La.
7° grado: Si

Tra il settimo e l’ottavo grado abbiamo mezzo tono, quindi si più mezzo tono fa: do.
Ecco la nostra scala di do minore armonica:

1° grado: Do.
2° grado: Re.
3° grado: Mi b.
4° grado: Fa.
5° grado: Sol.
6° grado: La.
7° grado: Si.
8° grado: Do.

Come possiamo notare una scala minore armonica si crea partendo dalla minore natura-
le e alzando la settima di mezzo tono.
La costruzione della scala discendente (sia come scala melodica, che come scala bachia-
na), è lasciata per esercizio, come al solito.

Vediamo come visualizzarla sullo spartito e sul pentagramma nella figura 21 a (scala
minore melodica) e nella 21 b (scala bachiana).

Figura 21 a

28
Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale

Figura 21 b

In entrambe le diteggiature ascendenti possiamo notare che, in corrispondenza dell’in-


tervallo di quinta, dobbiamo allargare il medio per andare a suonare una nota che non si
trova al tasto successivo rispetto a quella dell’indice. In questo caso la scelta di effettua-
re l’allargamento tra le prime due dita è dettata dal fatto che sono quelle più facili da
allargare, tenendo anche conto che il mignolo ci servirà per suonare la terza corda.
A differenza delle altre diteggiature, queste hanno uno spostamento della mano. Cer-
chiamo di effettuarlo mantenendo quanto più contenuti e fluidi i movimenti, ricordando
sempre che ci deve venire naturale, sia in discesa, che in salita.

Questa diteggiatura, come tutte le altre, si applica a qualsiasi tipo di scala. Basta, come
al solito cambiare la tonica di partenza.

1.14 I modi.
Abbiamo visto che possiamo costruire una scala, usando le stesse note della scala mag-
giore, partendo dal sesto grado e andando avanti finché non incontriamo un nuovo se-
sto grado. Tale scala prende il nome di relativa minore naturale. Perché allora non pro-
vare a fare la stessa cosa per ogni grado della scala maggiore? Che tipo di scale avre-
mo?

Possiamo, come è facile immaginare, costruire su ogni scala maggiore, sette nuove sca-
le a partire dai suoi sette gradi. Ognuna di queste viene detta modo (o scala modale). Il
nome di ogni modo deriva dal nome di antiche scale greche.

Ogni modo è una scala a tutti gli effetti, pertanto ha tutte le caratteristiche di cui abbia-
mo parlato: una tonica particolare, una lunghezza (che è uguale per tutti i modi, ed è di
7 note) ed una struttura di semitoni e toni ben precisa.

Vediamo quali modi possiamo costruire sulla scala maggiore, usando come riferimento
la scala di do. Ovviamente una volta imparata la diteggiatura di un modo, possiamo tro-
vare il relativo modo di qualsiasi scala cambiando la nota di partenza.

Nei modi, le scale ascendenti e discendenti sono sempre uguali.

1.14.1 Il modo ionico.


Il modo ionico è il modo della scala maggiore che si costruisce dal primo grado della
scala. La prima nota è la tonica, quindi possiamo notare che questo modo, coincide in
tutto e per tutto con la scala maggiore. La diteggiatura e la struttura degli intervalli è la
stessa della scala maggiore, quindi non ci soffermeremo ancora su di esse.

1.14.2 Il modo dorico.


Il modo dorico è il modo della scala maggiore che si costruisce partendo dal secondo
grado della scala. La prima nota è la sopratonica.
La struttura della scala si basa su una scala minore con una sesta maggiore, come pos-
siamo vedere dalla tabella 7.

29
Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

ascendente 1 2 3 4 5 6 7 8
1t 1st 1t 1t 1t 1st 1t
Tabella 7
discendente 8 7 6 5 4 3 2 1
1t 1st 1t 1t 1t 1st 1t

Un re dorico è quindi formato dalle seguenti note:

1° grado: Re.
2° grado: Mi.
3° grado: Fa.
4° grado: Sol.
5° grado: La.
6° grado: Si.
7° grado: Do.
8° grado: Re.

La figura 22 ci mostra le note sullo spartito del re dorico e la diteggiatura da usare per
suonarlo.

Figura 22

Anche in questo caso, suonando la quinta dobbiamo effettuare uno spostamento che ci
fa cambiare la posizione della mano. Questa è la sola difficoltà che possiamo trovare in
questa scala.

1.14.3 Il modo frigio.


Il modo frigio è il modo della scala maggiore che si costruisce partendo dal terzo grado
della scala. La prima nota è la modale.
La struttura della scala si basa su una scala minore con una seconda minore, come pos-
siamo vedere dalla tabella 8.

ascendente 1 2 3 4 5 6 7 8
1st 1t 1t 1t 1st 1t 1t
Tabella 8
discendente 8 7 6 5 4 3 2 1
1t 1t 1st 1t 1t 1t 1st

Un mi frigio è quindi formato dalle seguenti note:

1° grado: Mi.
2° grado: Fa.
3° grado: Sol.
4° grado: La.
5° grado: Si.
6° grado: Do.
7° grado: Re.
8° grado: Mi.

30
Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale
La figura 23 ci mostra le note sullo spartito del mi frigio e la diteggiatura da usare per
suonarlo.

Figura 23

1.14.4 Il modo lidio.


Il modo lidio è il modo della scala maggiore che si costruisce partendo dal quarto grado
della scala. La prima nota è la sottodominante.
La struttura della scala si basa su una scala maggiore con una quarta eccedente (cioè
alzata di mezzo tono), come possiamo vedere dalla tabella 9.
ascendente 1 2 3 4 5 6 7 8
1t 1t 1t 1st 1t 1t 1st
Tabella 9
discendente 8 7 6 5 4 3 2 1
1st 1t 1t 1st 1t 1t 1t
Un fa lidio è quindi formato dalle seguenti note:

1° grado: Fa.
2° grado: Sol.
3° grado: La.
4° grado: Si.
5° grado: Do.
6° grado: Re.
7° grado: Mi.
8° grado: Fa.

La figura 24 ci mostra le note sullo spartito del fa lidio e la diteggiatura da usare per
suonarlo.

Figura 24

1.14.5 Il modo misolidio.


Il modo misolidio è il modo della scala maggiore che si costruisce partendo dal quinto
grado della scala. La prima nota è la dominante.
La struttura della scala si basa su una scala maggiore con una settima minore , come
possiamo vedere dalla tabella 10.

31
Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

ascendente 1 2 3 4 5 6 7 8
1t 1t 1st 1t 1t 1st 1t
Tabella 10
discendente 8 7 6 5 4 3 2 1
1t 1st 1t 1t 1st 1t 1t
Un sol misolidio è quindi formato dalle seguenti note:

1° grado: Sol.
2° grado: La.
3° grado: Si.
4° grado: Do.
5° grado: Re.
6° grado: Mi.
7° grado: Fa.
8° grado: Sol.

La figura 25 ci mostra le note sullo spartito del sol misolidio e la diteggiatura da usare
per suonarlo.

Figura 25

Per comodità di notazione, abbiamo scelto di far partire la scala da un sol più grave di
quello della scala precedente. Ovviamente possiamo trovare un sol misolidio, usando
questa diteggiatura, partendo da qualsiasi sol sulla chitarra che sia sulla quinta o sulla
sesta corda.

1.14.6 Il modo eolio.


Il modo eolio è il modo della scala maggiore che si costruisce partendo dal sesto grado
della scala. La prima nota è la sopradominante.
Come ricorderete, a partire dalla sesto grado di una scala maggiore troviamo la sua sca-
la minore relativa. Il modo eolio corrisponde in tutto e per tutto a questa scala. La di-
teggiatura e la struttura degli intervalli è la stessa della scala minore, quindi non ci sof-
fermeremo ancora su di esse.

1.14.7 Il modo locrio.


Il modo locrio è il modo della scala maggiore che si costruisce partendo dal settimo gra-
do della scala. La prima nota è la sensibile.
La struttura della scala si basa su una scala minore con una seconda minore e una quin-
ta diminuita (cioè abbassata di un semitono), come possiamo vedere dalla tabella 11.

ascendente 1 2 3 4 5 6 7 8
1st 1t 1t 1st 1t 1t 1st
Tabella 11
discendente 8 7 6 5 4 3 2 1
1t 1t 1t 1st 1t 1t 1st

32
Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale
Un si locrio è quindi formato dalle seguenti note:

1° grado: Si.
2° grado: Do.
3° grado: Re.
4° grado: Mi.
5° grado: Fa.
6° grado: Sol.
7° grado: La.
8° grado: Si.

La figura 26 ci mostra le note sullo spartito del si locrio e la diteggiatura da usare per
suonarlo.

Figura 26

1.14.8 Un’importante precisazione sui modi.


Abbiamo visto che è possibile costruire una qualsiasi scala a partire da uno dei sette
gradi della scala maggiore, usando soltanto le note della scala.
Non dobbiamo mai confondere, però, una scala modale, con la scala di una tonalità.
Per esempio, quando si usa il termine sol misolidio, ci si riferisce ad una scala che ha
come tonica il sol e in cui il sol è considerato il quinto grado (il misolidio è il quinto mo-
do) di una scala maggiore. Come abbiamo visto precedentemente, una scala simile è
composta dalle note:

1° grado: Sol.
2° grado: La.
3° grado: Si.
4° grado: Do.
5° grado: Re.
6° grado: Mi.
7° grado: Fa.
8° grado: Sol.

Non dobbiamo, quindi, confondere questa scala (il sol misolidio) con una scala maggiore
di sol, che come abbiamo visto è composta dalle note:

1° grado: Sol.
2° grado: La.
3° grado: Si.
4° grado: Do.
5° grado: Re.
6° grado: Mi.
7° grado: Fa#.
8° grado: Sol.

La differenza in pratica è solo una nota, ma la sonorità è totalmente differente, in quan-


to questa scala appartiene al sol inteso come tonica, mentre quella precedente appartie-
ne al sol inteso come dominante.
Una scala di sol misolidio, quindi appartiene alla tonalità che ha il sol come quinto gra-

33
Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

do, quindi avrà le note di una scala di do (ricordate la tabella 2?).


L’uso delle scale modali, ci consente di avere ancora una nuova forma di espressività
con la nostra chitarra.

Ora abbiamo chiari i sette modi della scala di do maggiore. Come abbiamo fatto in pre-
cedenza, proviamo a cercare quali sono le triadi (1°, 3° e 5° grado di ogni modo) che
derivano da ogni scala. Avremo, quindi sette accordi (a volte maggiori e a volte minori),
che apparterranno al cosiddetto giro di do maggiore. Quali sono?

Ed ora facciamo un altro esercizio. Così come abbiamo fatto con la scala di do (trovando
tutti i modi) troviamo quelli della scala di sol, completando lo schema successivo. Il pri-
mo lo conosciamo già vero?

1 2 3 4 5 6 7
Ionico Sol La Si Do Re Mi Fa #
Dorico La
Frigio Si
Lidio Do
Misolidio Re
Eolio Mi
Locrio Fa #

Potendo ottenere sette modi per ogni scala maggiore, con questo semplice meccanismo
possiamo creare 84 scale un in modo facilissimo.

1.15 Le scale con salti di terza, quarta e quinta.


Fino ad ora abbiamo percorso le scale (sia in senso ascendente, che in quello discenden-
te) suonando sempre le note in ordine, dalla prima all’ultima e dall’ultima alla prima.
(per gradi congiunti). Ovviamente le scale sarebbero uno strumento davvero limitante e
limitato per l’espressività musicale, se si potessero (o si dovessero) suonare soltanto in
questo modo.
Infatti possiamo suonare, all’interno di una scala, le note nell’ordine che più ci aggrada
per esprimere tutto ciò che vogliamo che il nostro brano esprima.
Abbiamo detto che le note di una scala hanno vari rapporti tra di loro, suonandole in
base a questi rapporti potremo sperimentale le sensazioni che ogni intervallo suggerisce
all’orecchio.
Inoltre possiamo allenare anche un altro tipo di velocità in questo modo, così come ab-
biamo accennato nel paragrafo 1.11

Gli esercizi utili a fare questo, sono le scale suonate per salti di terza, di quarta e di
quinta.
Vediamo di cosa si tratta, facendo riferimento sempre alla scala di do maggiore e alla
scala di do minore, ribadendo sempre il concetto che una volta imparata la diteggiatura
opportuna, basta cambiare la tonica e avremo qualsiasi scala ci serva.

1.15.1 Scale a salti di terza.


Come abbiamo accennato prima, in una scala una nota si trova alla distanza di una se-
conda (maggiore o minore, dipende dai casi) con la successiva e con la precedente.
Suonare per salti di terza, significa, suonare una nota e poi, la terza immediatamente
più vicina (più alta se si tratta di una scala ascendente, più bassa se si tratta di una sca-
la discendente). In pratica vuol dire suonare “una nota sì ed una nota no” in una scala.

34
Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale
L’esercizio che ne risulta, la cui diteggiatura ce la mostra la figura 27 a (per le scale
maggiori) e 27 b (per le scale minori), è un ottimo modo per allenare l’elasticità dei mu-
scoli e la coordinazione tra le dita. La raccomandazione è sempre la stessa: limitiamo i
movimenti e partiamo sempre molto lentamente.

Figura 27 a
Figura 27 b

1.15.2 Scale a salti di quarta.


Possiamo attraversare una scala suonando le note che la compongo per salti di quarta.
L’esercizio è ottimo anche per prendere confidenza con una tecnica della chitarra molto
importante: il barrè. Per barrè si intende un dito disteso sulla tastiera per premere due
o più corde contemporaneamente (il barrè completo preme tutte e sei le corde). Poiché
le scale a salti di quarta si suonano quasi sempre sullo stesso tasto su corde diverse, è
opportuno premere le note dell’intervallo di quarta con lo stesso dito. Facciamo atten-
zione a imparare a regolare la pressione delle dita sulle corde: la parte del dito che pre-
me la corda che stiamo suonando in quel momento dovrà spingere per bloccare la cor-
da; invece, la parte del dito che preme la corda che abbiamo suonato in precedenza (o
che dovremo suonare in seguito) dovrà essere leggermente sollevata in modo da non
far vibrare la nota che altrimenti si mischierebbe alla prima.

Figura 28 a
Figura 28 b

35
Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

La figura 28 a ci mostra le scale maggiori per salti di quarta, mentre la 28 b ci mostra le


scale minori.
Come possiamo notare, tutte le note, a due a due, sono suonate su corde diverse ma
sullo stesso tasto. Per suonare un barrè dobbiamo distendere il dito fino a coprire en-
trambe le corde e aumentare la pressione su quella che pizzichiamo. Tutti gli intervalli di
entrambe le scale si suonano in questo modo, ad eccezione della quarta della scala
maggiore; questa nota infatti è con la sua successiva in un rapporto di una quarta au-
mentata, pertanto non si deve usare un barrè per suonare le due note dell’intervallo.

1.15.3 Scale a salti di quinta.


L’ultimo esercizio sui salti riguarda quelli di quinta. L’intervallo di quinta giusta, essendo
molto consonante si presta in modo ottimo per creare una semplice base ritmica o dei
passaggi che consentono di valorizzare un brano.
Tutti gli intervalli che suoniamo nella scala maggiore sono di quinta giusta. In quella mi-
nore il secondo intervallo è invece di quinta diminuita (o quarta aumentata, sì è proprio
un “diabolus in musica”, quello che si viene a creare in questo esercizio).
L’esercizio sui salti di quinta non mira espressamente ad allenare le dita col barrè, quin-
di quando due note consecutive vengono suonate con lo stesso dito e sullo stesso tasto
(come per esempio la seconda e la terza di entrambe le scale) non è necessario usare
un barrè. Possiamo tranquillamente spostare il dito e premere col polpastrello la nota
successiva. Quando aumenteremo la velocità, però, è opportuno impratichirsi col barrè,
in quanto potremmo arrivare a non riuscire a fare il movimento, se le note da suonare
sono troppo rapide.
Le figure 28 a e 28 b ci mostrano, rispettivamente, la diteggiatura di una scala maggio-
re e di una scala minore suonata per salti di quinta.

Figura 28 a

Figura 28 b

1.16 Le due ottave.


Fino ad adesso, abbiamo suonato scale su una sola ottava, tuttavia la grandezza della
tastiera della chitarra ci fa supporre che possiamo creare una scala anche più grande di
un’ottava, sfruttando per esempio le corde più acute che fino ad ora non abbiamo utiliz-
zato.
Le diteggiature delle scale a due ottave sono più complesse e sarà necessaria un po’ di
pratica per padroneggiarle.
La regola è sempre la solita, partiamo dalla tonica e seguendo gli stessi movimenti delle
dita troveremo la nostra scala a due ottave.
36
Appunti Musicali Capitolo 1: Le scale

Figura 29 a

Figura 29 b

Per comodità usiamo una scala di sol sia per la diteggiatura maggiore che per la diteg-
giatura minore, come ci mostrano rispettivamente le figure 29 a e 29 b.

Come potete notare, la prima ottava corrisponde alle posizioni che abbiamo studiato pri-
ma. La differenza di diteggiatura della seconda ottava, deriva dal fatto che tra la corda
sol e la corda si, c’è una terza maggiore e non una quarta come tra le altre corde.

La scala maggiore si suona mantenendo la mano ferma nella stessa pozione. Per la sca-
la minore invece dovremo fare uno spostamento all’indietro tra la tonica e la sopratoni-
ca della seconda ottava.

Con queste diteggiature si possono trovare tutte le scale che hanno una tonica sulla se-
sta corda (quindi scendendo sulla tastiera potremmo trovare tutte e dodici le scale mag-
giori e tutte e dodici le scale minori). Alcune di queste diteggiature possono leggermen-
te cambiare per le scale che hanno una tonica più grave del sol, in quanto sarà necessa-
rio aggiungere alcune corde a vuoto.

Un ottimo esercizio è provare a sfruttare le diteggiature precedenti per trovare tutte le


ventiquattro scale.
37
Capitolo 1: Le scale Appunti Musicali

Queste sono diteggiature in prima posizione, ovviamente, possiamo trovare delle scale a
due ottave (con diteggiature differenti) in ogni posizione, ma questa è una cosa che per
il momento tralasciamo, anche perché con la pratica, saremo noi a trovare e scegliere le
migliori diteggiature adatte alla nostra mano e al nostro modo di suonare.

Queste pagine non vogliono essere un trattato esaustivo dell’argomento scale, che è
vastissimo e complesso. Vogliono solo dare una indicazione e i concetti base per lo stu-
dio che ogni chitarrista deve fare per poter raggiungere e trovare il proprio stile musica-
le più adatto.

Abbiamo tralasciato per il momento la discussione delle scale pentatoniche per evitare
di mettere troppa carne al fuoco. Eventualmente ci ritorneremo in futuro con ulteriori
dettagli su questo tipo di scale.

38

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