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Facoltà di Giurisprudenza
Diritto Regionale
e degli Enti Locali
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Parte Prima
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Data la vastità e la complessità della riforma, il legislatore ha ritenuto opportuno procedere
gradualmente (in favore delle regioni).
Infatti con la L. Cost. 1/1999 si è intervenuti sugli statuti, sulla potestà regolamentare e sulla
modalità di elezione del Presidente della Giunta, mentre con la L. Cost. 2/2001 ha esteso i predetti
interventi alle regioni a regime differenziato, infine è stata emanata la L. Cost. 3/2001.
5. (Segue): b) il territorio.
La Regione, come Stato, Comune, Province e Città Metropolitane è un ente territoriale, inteso però
come centro di riferimento degli interessi generali del territorio, anziché come ambito spaziale ove
esercita le proprie competenze.
Spesso accade che territori omogenei risultino divisi tra più regioni come una Regione include
territori disomogenei tra loro, motivi storici sono alla base di ciò.
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autonomie proprie delle Regioni speciali, oltre a stabilire l'applicazione del regime comune anche
alle Regioni speciali "per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle
già attribuite".
Le prerogative delle Regioni speciali erano: la potestà legislativa (piena o esclusiva rispetto a quelle
ordinarie che era ripartita o concorrente) in ambito integrativo-attuativo piuttosto che
semplicemente attuativo.
Parte Seconda
L'ORGANIZZAZIONE DELLA REGIONE
Considerazioni introduttive
Gli organi delle Regioni sono: il Consiglio regionale, la Giunta e il Suo Presidente (oltre al
Consiglio delle autonomie locali.)
Hanno rilevanza esterna e sono indefettibili, mentre il Consiglio delle AA LL non possiede questi
requisiti.
Le Regioni non possono modificare numero ed attribuzioni degli organi costituzionali (aventi cioè
rilevanza esterna), mentre è consentito per quegli organi aventi rilevanza solo interna.
Al governo dell'ente Regione partecipa il Corpo elettorale composto dai cittadini iscritti nelle liste
elettorali dei comuni facenti parte della Regione.
Il Corpo elettorale può votare il Consiglio regionale, proporre leggi e provvedimenti amministrativi
al Consiglio regionale, esprimersi con referendum sullo statuto, sulle leggi e i provvedimenti
amministrativi.
Capitolo Primo
IL CONSIGLIO REGIONALE
1. La natura giuridica
Il Consiglio Regionale è il massimo organo deliberativo-rappresentativo dell'ente-ordinamento
giuridico Regione, la cui volontà si manifesta a mezzo atti normativi ed amministrativi.
Le regioni a regime differenziato inizialmente avevano modellato i rapporti tra gli organi sul calco
della forma di governo parlamentare, mentre le regioni ordinarie in origine hanno dovuto adottare la
forma di governo regionale (parlamentare a tendenza assembleare) previsto dal Titolo V della
Costituzione.
Attualmente il nuovo assetto regionale prevede l'elezione diretta del Presidente della Regione, ma
consente, entro certi limiti, di sperimentare altre modelli di forma di governo.
Poiché, in ambito locale, la Regione ha finalità generali, il Consiglio Regionale eletto assume una
rappresentanza politica nei confronti dell'elettorato, per questo motivo si ritiene che i Consiglieri
esercitino le proprie funzioni senza il vincolo del mandato.
A) LA FORMAZIONE
2. Il sistema elettorale
Le Regioni ordinarie regolano la materia elettorale con legge regionale nel quadro dei principi
imposti dalla legge nazionale.
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Attualmente i seggi vengono assegnati per i 4/5 (80%) con il metodo proporzionale (in proporzione
alle liste concorrenti su base provinciale con recupero dei voti residui su base regionale) mentre il
restante quinto (20%) con il metodo maggioritario (alla lista che su base regionale abbia conseguito
la maggioranza dei voti).
Attualmente l'elezione del Presidente si svolge contestualmente all'elezione del Consiglio e con le
stesse modalità (eletto il candidato che abbia ottenuto il maggior numero di voti).
L'elezione ha luogo a suffragio universale con voto diretto, libero e segreto ad eccezione del TAA
ove il Consiglio è composto dai membri dei consigli delle province di Trento e Bolzano.
Le Regioni speciali la materia elettorale è regolata secondo il principio della potestà concorrente
(come nelle Regioni ordinarie). Le leggi elettorali vengono approvate con procedimento aggravato
(come per la revisione costituzionale): approvazione a maggioranza assoluta e sottoponibile a
referendum anche se approvata con maggioranza dei 2/3, qualora ne faccia richiesta una certa
percentuale del corpo elettorale.
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10.000), altre ancora hanno un numero fisso ma ragguagliato ai cittadini residenti: 80 membri per
Regioni con popolazione superiore ai 6 mln (Lombardia), 60 membri per Regioni con popolazione
superiore a 4 mln (Campania, Lazio, Piemonte, Veneto), 50 membri per Regioni con popolazione
superiore a 3 mln (Emilia-Romagna, Puglia, Toscana), 40 membri per Regioni con popolazione
superiore a 1 (Abruzzo, Calabria, Marche), 30 membri nelle rimanenti Regioni (Basilicata, Molise,
Umbria).
Il numero dei seggi può aumentare solo per garantire alla lista vincente il conseguimento della
maggioranza assoluta.
I Consigli durano in carica 5 anni dal giorno delle elezioni, ed esercitano i loro poteri fino a 46
giorni prima delle elezioni durante i quali i poteri sono attenuati (esercizio di atti non avente
indirizzo politico).
B) LA STRUTTURA
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attuativa/esecutiva di disposizioni costituzionali/statutarie.
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Infine la conferenza dei Presidenti dei gruppi consiliari ha il compito di programmare i lavori del
Consiglio e delle commissioni permanenti.
C) IL FUNZIONAMENTO
D) LE FUNZIONI
13. Le funzioni consiliari in generale (con particolare riguardo alle attribuzioni costituzionali).
Le funzioni sono stabilite nella Costituzione e negli statuti regionali:
- Esprimere sfiducia contro il Presidente della Giunta;
- Delibera a maggioranza assoluta la legge regionale di approvazione/modifica dello statuto
(Regioni ordinarie);
- Esercita le potestà legislative spettanti alla Regione;
- Esprime parere su fusione/creazione di Regioni, mutamento circoscrizioni provinciali, creazione
di nuove Province;
- Esprime parere su distacco/aggregazione di Province e Comuni;
- Partecipa a mezzo di delegati all’elezione del Presidente della Repubblica;
- Propone leggi alle Camere;
- Cinque consigli regionali possono proporre referendum popolare di abrogazione contro un legge
o un atto avente forza di legge, nonché referendum su leggi di revisione costituzionale e altre
leggi costituzionali.
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regolamento parlamentare.
La riforma del 1999 ha previsto il potere del Consiglio di disfare le Giunte con conseguente proprio
scioglimento.
Il ruolo politico dell’organo legislativo si esprimerà con attività di indirizzo mediante mozioni,
risoluzioni e ordini del giorno similmente a quanto avviene nel parlamento, e con attività ispettive
mediante la vigilanza delle commissioni, inchieste, interpellanze ed interrogazioni.
In molte Regioni è previsto il question-time (interrogazione a risposta immediata) ove spesso alla
minoranza viene riservata una quota fissa sul totale di quelle formulabili.
Capitolo Secondo
IL PRESIDENTE DELLA REGIONE E LA GIUNTA REGIONALE
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2. La collegialità della Giunta tra diritto e prassi.
Come detto il Presidente ha facoltà di nomina e revoca degli assessori (rafforzamento della
leadership), dirige la politica della Giunta e ne è responsabile.
Anche se l’operato della Giunta è regolamentato da norme tipiche degli organi collegiali, esso è
strutturato similmente ai ministeri; infatti a ciascun assessore è stato assegnato un determinato
settore dell’amministrazione regionale (servizi regionali attivi in settori omogenei organizzati in
dipartimento o comparto), per il quale questi propone (ma è come se decidesse) l’operato di volta in
volta più opportuno.
Infatti, nelle Regioni speciali l’assessore è sia membro della Giunta che titolare di un ufficio
monocratico (pertanto abilitato a prendere provvedimenti aventi efficacia esterna), mentre nelle
Regioni ordinarie gli assessori sono solo membri del Giunta che preparano od eseguono le
deliberazioni del collegio. Assumono rilevanza esterna solo quando delegati dal Presidente.
Però l’eccessivo uso delle deleghe ha snaturato la natura collegiale della Giunta.
Stante questa situazione, risulta di grande importanza il fatto che il Presidente mantenga l’unità di
indirizzo politico ed amministrativo in seno alla Giunta.
[… vedi ultima parte sottolineata nel libro a pag. 65]
4. Verifiche della sussistenza del rapporto di fiducia tra Consiglio e Presidente e/o Giunta e
responsabilità di quest’ultimi.
L’attuazione dell’indirizzo politico-amministrativo è sottoposto al sindacato politico del Consiglio.
Il Presidente può essere sfiduciato da una mozione sottoscritta da almeno 1/5 dei membri del
Consiglio, votata dopo almeno 3 gg. dalla presentazione ed approvata, con lo scrutinio palese, a
maggioranza assoluta dei componenti.
È stata prevista detta procedura “aggravata” in quanto le conseguenze sono predeterminate:
dimissioni del Presidente e decadenza della Giunta.
Per la Giunta invece è prevista la mozione di sfiducia (avente causa di natura politica e conseguente
crisi con obbligo di dimissioni) o di revoca (avente causa di natura giuridicamente illecita o
scorretta e conseguente crisi con cessazione d’ufficio) che può essere individuale o collettiva.
La sfiducia insieme alla revoca è prevista nelle Regioni a statuto speciale ove è prevista una
mozione da approvarsi con quorum speciale con appello nominale dei consiglieri e conseguente
cessazione dalla carica del Presidente e degli assessori.
La Giunta può verificare se gode della fiducia tramite l’istituto della questione di sfiducia (non
espressamente prevista negli statuti salvo per il Molise)…
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5. Le attribuzioni della Giunta.
La Giunta partecipa all’attività di indirizzo politico della Regione in quanto organo legato da un
rapporto di fiducia diretto o tramite il Presidente con il Consiglio.
Tra le attribuzioni della Giunta ritroviamo quello della:
- iniziativa politica tramite la presentazione dei disegni di legge e l’emanazione dei regolamenti,
senza che sia possibile l’adozione di atti tipo i decreti legge o legislativi;
- predisposizione del bilancio preventivo e del conto consuntivo della Regione;
- deliberazione dei ricorsi nei giudizi di legittimità o conflitto di attribuzioni per lesione della
sfera costituzionale delle Regioni;
- predisposizione di piani di sviluppo regionali (generali/settoriali) o adozione dei provvedimenti
di attuazione;
- esecuzione delle leggi e delle deliberazioni del Consiglio;
- gestione del patrimonio della Regione, amministrazione dei servizi regionali e controllo sui
servizi affidati ad aziende speciali o enti regionali (In caso d’urgenza la Giunta può deliberare
provvedimenti di competenza del Consiglio che questi successivamente dovrà ratificare al più
presto.);
- esercizio (collegialmente o singolo assessore) delle funzioni trasferite dallo Stato alle Regioni
nelle materie e nei limiti delle competenze regionali.
L’attività politica interna alla Giunta è disciplinata degli statuti, regolamenti e prassi in funzione del
modello di forma di governo adottato (es. Il Presidente compone le controversie politiche, i conflitti
di competenza e decide in merito alla posizione della questione di fiducia).
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dell’ordine pubblico;
- Sempre in Sardegna il Presidente, quale delegato italiano, può esprimere la posizione UE o
nazionale in accordi internazionali che riguardino “interessi rilevanti per l’economia della
Sardegna”.
Con la riforma del 1999 la forma di governo può essere definita Presidenziale dal punto di vista
dell'elezione diretta del Presidente della Regione, ovvero Parlamentare dal punto di vista della
persistenza del rapporto fiduciario Consiglio-Presidente.
La Giunta ha acquisito la potestà regolamentare che prima spettava al Consiglio.
Quale che sia la forma di governo scelta dalla Regione, essa non può derogare alle previsioni di
cessazione degli organi regionali:
- Impossibilità di sciogliere il legame fiduciario tra legislativo ed esecutivo (mozione di sfiducia del
Presidente);
- Scioglimento del Consiglio o rimozione del Presidente in caso di compimento di atti contrari alla
Costituzione o gravi violazioni di legge;
- Scioglimento automatico del Consiglio nell'ipotesi di dimissioni contemporanee della
maggioranza dei membri;
Per le Regioni speciali la riforma del 2001 prevede norme simili tranne che per T.A.A. e Sicilia.
Sicilia – Il Presidente è eletto a suffragio universale e diretto contestualmente all'elezione
dell'Assemblea.
L'investitura popolare e la conclusione anticipata della legislatura (caso di dimissioni della metà più
uno dei deputati) sono disciplinate da leggi approvate a maggioranza assoluta (o dei due terzi).
Entrambe le leggi possono essere sottoposte a referendum se ne fanno richiesta un cinquantesimo
degli elettori (o un trentesimo degli elettori) o un quinto dei deputati.
Dopo la prima approvazione la forma di governo può essere modificata da altra legge approvata a
maggioranza assoluta.
T.A.A. – Consiglio regionale composto dai membri dei Consigli provinciali (Trento e Bolzano).
Legge provinciale, approvata come per la Sicilia, sceglie la forma di governo e le modalità di
elezione del Consiglio provinciale e del Presidente delle Provincia.
Altre Regioni speciali – Possibilità di scelta tra l'elezione diretta del Presidente (scioglimento
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anticipato in caso di crisi) e la sua elezione consiliare (scioglimento anticipato in caso di mancata
ricomposizione della crisi entro 60 gg).
Forma di governo e sistema elettorale disciplinato con leggi regionali approvate a maggioranza
assoluta sottoponibili a referendum, con quorum differenti a seconda del quorum di approvazione, e
impugnabili dal Governo entro trenta giorni dalla pubblicazione.
Parte Terza
I RACCORDI TRA LO STATO E LE REGIONI
Sezione Prima
LA PARTECIPAZIONE DELLE REGIONI AD ATTIVITÀ DELLO STATO
1. Il regionalismo «bifronte», garantista e cooperativo, e le più rilevanti e gravi torsioni del modello
costituzionale registratesi nell’esperienza.
Il regionalismo garantista, nato prima di quello cooperativo, consiste nel salvaguardare la sfera delle
competenze regionali rendendola impermeabile agli atti dello Stato (es. una legge statale non
potrebbe abrogare una legge regionale), pur nel rispetto della legge dello Stato quale garanzia
dell’unità-indivisibilità della Repubblica.
Il regionalismo cooperativo consiste nella «leale cooperazione» (ascendente o discendente) tra Stato
e Regione per integrare le competenze reciproche e concorrere all’esercizio delle rispettive
funzioni.
La Cooperazione ascendente (da parte della Regione verso lo Stato) è regolamentata, in maniera
frammentaria e discontinua, dalla Costituzione, dalla legge e da altri atti.
La cooperazione si è svolta principalmente a livello esecutivo (Governo nazionale e Giunte
regionali) piuttosto che a livello «parlamentare» (Camere e Consigli regionali) comportando il
rafforzamento degli organi esecutivi più di quanto consentito dalle indicazioni costituzionali o
statutarie (anche se sommarie).
Pertanto la Costituzione ha subito una doppia torsione, la prima per la riduzione e a volte
eliminazione di elementi del regionalismo garantista, la seconda per la deviazione del regionalismo
cooperativo ad un equilibrio lontano da quello originariamente previsto dal Costituente.
In effetti ciò che è stato attuato è stato piuttosto un regionalismo organicista ove le Regioni sono i
terminali per la realizzazione di scopi ed interessi già prestabiliti a livello nazionale, infatti negli
anni 70 sono nati diversi organismi in seno allo Stato composti da rappresentati delle Regioni ma
con risultati disorganizzati e deludenti.
Un tentativo coordinamento e armonizzazione è venuto dalla Corte Costituzionale che ha ribadito il
concetto di leale cooperazione anche se nell’ottica del perseguimento degli obiettivi prefissati dagli
organi statali.
Il concetto di leale cooperazione alle interpretazioni più flessibili …
… pareri vincolanti …
Altra forma di cooperazione sono gli accordi di programma ove gli enti locali cooperano con il
Governo nazionale per la realizzazione di opere, interventi o programmi di intervento.
I deludenti risultati del regionalismo cooperativo è da imputarsi principalmente al sistema politico,
che non ha dato spazio a sufficienza sia all’effettiva diversificazione regionale che alla concreta
partecipazione degli enti locali alle politiche quadro nazionali, ma è anche da imputarsi alla
debolezza espressiva della Costituzione.
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2. La partecipazione regionale ad attività parlamentari e le sue forme secondo l’originario modello
costituzionale.
Le Regioni partecipano alla elezione del Presidente della Repubblica nominando tre delegati (la V.
d’A. ne ha solo uno) scelti dai rispettivi Consigli che rappresentino adeguatamente anche le
minoranze. Purtroppo però la presenza assorbente dei partiti politici nei Consigli non ha fatto altro
che accrescere solo il numero dei rappresentati delle stesse forze politiche presenti nelle Camere e
non la varietà degli schieramenti.
Altre forme di partecipazione sono:
- Diritto di iniziativa legislativa esercitabile dal singolo Consigliere;
- Richiesta di referendum abrogativo o costituzionale esercitabile da almeno cinque consiglieri;
- Pareri circa la fusione o creazione di Regioni esercitabile dai Consigli Regionali interessati;
- Pareri circa il passaggio di Comuni e Province da una Regione all’altra, esercitabile dai Consigli
Regionali interessati;
- Pareri circa il mutamento di circoscrizioni provinciali o l’istituzione di nuove province,
esercitabile nel silenzio della norma dal Consiglio Regionale interessato o da chi demandato dallo
statuto;
Per l’iniziativa legislativa alcuni ritengono che i Consigli debbano scegliere quale ramo del
Parlamento presentare la proposta, altri invece ritengono che la proposta debba essere presentata al
Governo (Presidente del Consiglio) il quale sceglierà a quale ramo del Parlamento inoltrare la
proposta. La seconda ipotesi è suffragata dal principio che il Governo costituisce organo di raccordo
tra Stato e Regione.
L’iniziativa può riguardare leggi ordinarie o costituzionali, in particolare le Regioni speciali
possono proporre modifiche al proprio statuto, ovvero sono consultate se la modifica dello statuto
avviene su iniziativa del Governo.
Si dibatte anche sul fatto che l’iniziativa legislativa sia limitata a questioni di diretto e sicuro
interesse regionale, anche se la verifica della sussistenza dell’interesse è di dubbio accertamento.
Nella pratica è avvenuto che lo Stato ha tanto ampiamente consentito alle Regioni di presentare
progetti legislativi quanto pochi o nessuno di questi progetti è stato tradotto in legge.
Migliore è la situazione per il caso dell’iniziativa referendaria ove l’ammissibilità della domanda è
accertata dalla Corte Costituzionale e non dal Parlamento, però qui è necessario il concorso di
almeno cinque Consigli regionali che abbiano deliberato lo stesso testo (altrimenti si tratta di
iniziative differenti) a maggioranza assoluta.
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Nonostante si i deliberata della Conferenza abbiano solo valore di parere, essi hanno un notevole
significato politico.
Gli effetti prodotti sono stati:
a) D.Lgs. 418/1989 – Trasferimento in capo alla Conferenza le attribuzioni generali degli
organismi a composizione mista;
b) D.Lgs. 281/1997 – Unificazione della Conferenza Stato-Regioni con la conferenza Stato-Città
ed autonomie locali;
c) L. Bassanini (n. 59/1997) – Parere obbligatorio della Conferenza sui decreti di attuazione della
devoluzione delle funzioni statali alle regioni;
d) L. 362/1988 – Consultazione della Conferenza per la redazione del documento di
programmazione economico-finanziario e del progetto di legge di bilancio annuale e
pluriennale.
Sezione Seconda
I POTERI DELLO STATO NEI CONFRONTI DELLE REGIONI
ED IL PRINCIPIO DI UNITARIETÀ DELLA REPUBBLICA
2. I poteri d’indirizzo.
I poteri di indirizzo si estrinsecano sia in forma legislativa che amministrativa.
Le leggi di indirizzo sono tutte quelle leggi idonee a vincolare l’autonomia regionale orientandone
le relative manifestazioni normative (es. potestà esclusiva: sulle norme fondamentali delle riforme
economiche e economico-sociali; potestà ripartita: leggi-quadro o leggi-cornice – principi
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fondamentali).
Le leggi regionali devono comunque osservare anche le leggi statali, sebbene non siano di indirizzo,
ma adottate nel rispetto degli impegni internazionali o idonee ad esprimere “principi generali
dell’ordinamento giuridico”.
Le leggi-quadro in ambito della potestà ripartita non sono solo ricognitive dei principi della
legislazione statale, ma possono essere propositive o innovative fissando le direttive alle quali le
leggi regionali si devono attenere (es. legge di bilancio: gli obiettivi di bilancio regionali sono
determinati in armonia con quelli statali).
Altre leggi di indirizzo sono le leggi di coordinamento” Stato-Regione nelle materie di
immigrazione, ordine pubblico, sicurezza e tutela dei beni colturali.
Anche il Governo dispone di poteri di indirizzo (atti di indirizzo) mediante deliberazioni del
Consiglio dei ministri di atti di indirizzo e coordinamento dell’attività amministrativa delle Regioni.
La produzione di questi atti presuppone l’intesa delle Regioni in sede di Conferenza Stato-Regioni
salvo l’urgenza o l’impossibilità di raggiungere un accordo entro un predeterminato lasso di tempo.
4. I poteri di controllo.
I poteri di controllo sono affidati ad organi sia centrali che periferici ed hanno ad oggetto leggi ed
atti amministrativi regionali.
La Corte costituzionale effettua controlli sia in sede di legittimità costituzionale (successiva e non
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preventiva senza controllo di merito) che in sede di conflitto di attribuzioni.
Il I Co. dell’art. 125 Cost. prevedeva un controllo di legittimità sugli atti amministrativi esercitato
dall’organo statale “Commissione di controllo”. Altre norme hanno nel tempo ampliato i controlli
della Commissione. In tempi recenti la legge Bassanini ha abolito il controllo d merito sugli atti
amministrative e successivamente è stato abrogato il I Co. dell’art. 125 Cost. ed adesso si dibatte se
il controllo sia stato semplicemente decostituzionalizzato e quindi rimesso alla determinazione del
legislatore o se sia stato definitivamente cancellato.
I controlli statali posso riguardare sia gli atti che gli organi regionali (es. scioglimento anticipato del
Consiglio regionale).
Parte Quarta
A) LE FUNZIONI NORMATIVE
Capitolo Primo
LA POTESTÀ STATUTARIA
1. Gli statuti come fonti espressive per antonomasia dell’autonomia e le differenze al riguardo
esistenti tra Regioni di diritto comune Regioni a regime differenziato.
La potestà statutaria (potere di emanare il proprio statuto) spetta solo alle Regioni ordinarie (più
V.d’A. e Sardegna), mentre gli statuti delle Regioni speciali sono adottati con legge costituzionale.
Con L. cost. n. 2/2001 anche le Regioni speciali con leggi statutarie (approvate con procedimento
aggravato) possono modificare la propria organizzazione (es. forma di governo). Le leggi statutarie
delle Regioni ordinarie devono essere solo in armonia con la Costituzione, mentre quelle delle
Regioni speciali devono inoltre rispettare i «principi dell’ordinamento della Repubblica».
Tutto ciò comporta uno squilibrio di norme più favorevoli alle Regioni ordinarie rispetto a quelle
speciali, contrariamente a quanto inizialmente voluto dal legislatore costituzionale.
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regionale. Lo statuto sottoposto a referendum non è promulgato se non è approvato dalla
maggioranza dei voti validi.
Nelle Regioni speciali è sufficiente una sola delibera consiliare con la maggioranza assoluta. In caso
di maggioranza qualificata (due terzi) il referendum può aver luogo ma con un quorum di
richiedenti più elevato.
Il Governo può ricorrere alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla pubblicazione.
Poiché la pubblicazione della legge statutaria avviene due volte (finalità di notizia: per dar modo
agli aventi diritto di richiedere il referendum – finalità di efficacia: affinché lo statuto produca i sui
effetti) il termine per il Governo inizia dal primo dei due.
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Capitolo Secondo
LE POTESTÀ LEGISLATIVE E REGOLAMENTARI
2. Tipologie delle potestà legislative e limiti generali delle leggi regionali (con particolare
riguardo ai limiti c.d. di «merito»).
Come già visto le potestà legislative si articolano in potestà primaria/piena/esclusiva, potestà
ripartita/concorrente ed in potestà integrativo-attuativa, variamente attribuite alle diverse Regioni o
tipologie di regione.
Tali potestà sono sottoposti a limiti (speciali o generali) di diversa intensità che nel tempo si sono
quasi dissolte (omologazione tra i vari tipi di potestà con l’appiattimento verso il basso).
Leggi statali di potestà esclusiva possono normare campi di competenza regionale (es. quelli a
potestà piena delle Regioni) al fine di assicurare una uguale condizione (livelli essenziali) nelle
prestazioni inerenti i diritti civili e sociali.
I limiti generali a loro volta erano distinti in limiti di legittimità (obbligo di rispetto della
Costituzione in caso contrario impugnazione avanti la Corte Costituzionale) e limiti di merito
(obbligo di rispetto dell’interesse nazionale o dell’interesse delle altre Regioni in caso contrario
impugnazione avanti le Camere).
Sebbene i limiti di legittimità sono di facile determinazione, i limiti di merito sono di difficile
configurazione (che cosa è interesse nazionale?); non solo, l’impugnazione avanti il Parlamento non
garantisce un giudizio imparziale.
Si dibatte su quale forma debba avere la pronunzia Camerale e se le Regioni possano tutelarsi
contro la pronunzia camerale davanti …
In ogni caso la procedura di ricorso del Governo alle Camere non hanno mai avuto applicazione
pratica, anzi il limite dell'interesse nazionale è stato assorbito dal limite di legittimità.
Infatti le norme di trasferimento delle funzioni alle Regioni sono state ritagliate su misura in nome
dell'interesse nazionale, pertanto si è avuta la conversione del limite di merito (interesse nazionale)
in limite di legittimità con conseguente ricorso alla Corte Costituzionale in caso di mancato rispetto.
Adesso, con la riforma del titolo V, nonostante la cancellazione dei limiti di merito, continuano ad
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esservi ricorsi avanti la Corte Costituzionale in nome degli interessi nazionali.
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4. La potestà primaria o piena o esclusiva e la dinamica della normazione nel tempo.
La potestà piena costituisce la massima espressione di autonomia (ad eccezione delle leggi
statutarie) in quanto le materie sono regolamentate per intero dalla Regione, anche se entro i limiti
dell’unità-indivisibilità nazionale, pertanto la potestà è veramente piena?
In effetti si tratta di una potestà mista dovuta in parte alla separazione delle competenze e in parte
alla gerarchia delle norme ovviamente a vantaggio di quelle statali.
La potestà concorrente si converte in potestà piena per quelle materie non coincidenti con quelle
elencate nell’art. 117 Cost.
In ogni caso nonostante la potestà piena delle Regioni in relazione ad alcune materie, lo Stato può
legiferare ma solo per la normazione di principi generali e per la normazione di dettaglio in caso di
mancanza di norme regionali e fintanto che manchino.
Nel caso di sopravvenienza di leggi statali in contrasto con leggi regionali di potestà primaria,
quest’ultime diventerebbero invalide e la Regione sarebbe obbligata a rimuoverle, mentre la
sopravvenienza di leggi statali in contrasto con leggi di potestà ripartita comporta l’immediata
prevalenza delle leggi statali.
Nel caso della Sicilia le leggi statali non possono trovare applicazione se in contrasto con leggi
regionali di potestà piena se non dopo il loro recepimento che solitamente è avvenuto con lievi
varianti.
5. I limiti della potestà piena (in ispecie, i «principi generali dell’ordinamento giuridico dello
Stato»).
La potestà esclusiva della Regione siciliana è limitata unicamente dalle leggi costituzionali dello
Stato senza pregiudizio per le norme fondamentali delle riforme economico-sociali, le restanti
regioni devono rispettare i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.
Si ritiene che i suddetti limiti non sia necessariamente costituzionalizzati, ma che siano diffusi
nell’intero ordinamento sottoforma di leggi dello Stato e addirittura di regolamenti governativi.
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8. La potestà ripartita o concorrente.
La disciplina delle materie oggetto di questa potestà risultano dal concorso delle leggi dello Stato
(emanazione dei principi fondamentali) e della Regione (emanazione delle regole).
Si ha quindi una separazione di competenze per modi di disciplina (di incerta specificazione), a
differenza della potestà piena che ha una separazione di competenze per materia.
Come al solito il legislatore statale ha ridotto notevolmente l’autonomia regionale.
Le Regioni possono legiferare (esercitare la potestà ripartita) nel rispetto dei principi fissati dalle
leggi che espressamente rinviano alla legge regionale o in mancanza, nel rispetto dei principi
desumibili in via interpretativa dalle altre leggi.
Le leggi-quadro sono dotate tanto delle disposizioni di principio (inderogabili) quanto delle
disposizioni di dettaglio (derogabili), ciò allo scopo di dare immediata attuazione alle norme di
dettaglio sia per caso di nuove leggi regionali che di vecchie leggi regionali adesso incompatibili
con le nuove norme di principio.
Si dibatte se l’abrogazione delle leggi regionali divenute incompatibili sia automatica o meno, la
conclusione è che l’effetto abrogativo decorre dallo inutile spirare del termine posto alla Regione di
adeguamento della legge regionale ai nuovi principi sopravvenuti.
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