Tante volte quando c’e una cerimonie religiosa, oppure quando entriamo in una chiesa
vediamo diversi segni, lettere scritte, animali, o uccelli sui paramenti sacri, sul struttura del
iconostasi, oppure sulle icone. Il simbolismo e una questione che supera le frontiere della Teologia
Dogmatica Cristiana, essendo un problema che di cui parla le grane religioni, i filosofi, sociologi,
uomini di arte e di scienze.
La parola simbolo deriva dal greco σύμβολον che significa “mettere insieme”. Per esempio,
nell’antica Grecia era diffusa la consuetudine di tagliare in due una moneta o qualsiasi altro oggetto,
e darne una metà uguale ad un amico un altra a l’altro; le due parti, conservate dall’una e dall’altra
parte, consentivano a due persone diverse, ai discendenti di una famiglia di riconoscersi, di
ritrovarsi.
Soltanto quando le parti venivano riunite, appariva chiaro il significato e il valore
dell’oggetto. Ciò che caratterizza il simbolo è il fatto che esso, permette il manifestarsi visibile
d’una realtà altrimenti invisibile, d’una esperienza interiore che impegna ad una corrispondenza
vitale. Non si deve confondere il simbolo con la metafora, perché questa ultima è un dato
puramente linguistico, mentre il simbolo opera una vera e propria mediazione, pone in relazione dei
soggetti, consente il manifestarsi d’una presenza. Il simbolo va distinto anche dal segno, poiché
quando parliamo di segno questo ha un carattere informativo e indicativo, pone infatti in relazione
un significante e un significato, mentre il primo ha carattere comunicativo. In qualque parole
cercherò di spiegare che cosa e un simbolo e quale e il su significato teologico cristiano. Non faro
riferimento ad altre religioni o alle scienze, ma indirizzerò il tema soltanto ad alcuni simboli
cristiani che si trovano nella iconografia ortodossa.
Nel caso dell’icona, il simbolo mette in comunicazione l’elemento l’umano e il divino, rende
immanente la trascendenza divina, fa visibile ciò che agli occhi del corpo non appare
immediatamente o non è affatto attingibile, ma che l’intelletto illuminato dalla fede riesce a intuire e
contemplare. Lo sguardo di fede infatti, non si ferma di fronte alla realtà materiale dell’oggetto che
viene posto davanti, ma coglie il suo aspetto nascosto, più profondo, si riposa nella contemplazione
del volto di Dio, supera la bellezza estetica dell’arte pittorica per posarsi sull’Archetipo d’ogni
bellezza, la Luce divina. Dal punto di vista della pittura i simboli alludono a entità non raffigurabile
in forma umana o sono sintesi di rappresentazioni che avrebbero richiesto un piano pittorico ampio.
In questo senso, l’iconografia bizantina non può essere al livello di una qualsiasi altra forma di arte
religiosa.
1
I SIMBOLI DEL CRISTIANESIMO
Quindi i primi cristiani utilizzarono come mezzi espressivi e di appartenenza alla loro fede, due tipi
di rappresentazioni: una Simbolica - astratta, con segni e forme astratte (per esempio la croce, il
pesce stilizzato, le lettere greche, ecc); l’altra figurata con segni comprensibili solo ai cristiani.
Inizialmente, privi di luoghi di culto pubblico, l’arte dei primi cristiani si sviluppa nelle case private
e nelle catacombe, adottando simboli pagani e attribuendo loro un significato cristiano più
profondo. Il primi simboli non erano semplici decorazioni ma il riflesso dell’insegnamento della
fede che deve condurre i fedeli ad una più profonda conoscenza del cristianesimo. Fino al periodo
del Imperatore Costantino la simbologia cristiana e rappresentata con mezzi molto semplici: una
ristretta gamma di colori, un po’di luce, linee molto genuini, che esprimono le cose l’essenziale con
grande sobrietà.
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Questo tuttavia si pone in opposizione all’attuale teologia ecclesiastica secondo la quale Gesù sarebbe l’unico vero
Cristo; per la Chiesa, dunque, il simbolo non si può svincolare dalla storicità della persona. Da segnalare inoltre che il
rapporto di unità e alterità tra il Padre e il Figlio viene paragonato da alcuni autori alla relazione Brahman-Atman della
tradizione vedantica. Ad esempio, cfr. WATTS, Alan, La Suprema Identità. Saggio sulla metafisica orientale e la
religione cristiana, Edizioni il Punto d’Incontro, Vicenza 1993, p. 81 e 114-115.
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Dev’essere affermato che a questo stadio le immagini non sono oggetto di culto: esse non
vengono venerate, perché non sono rappresentazioni dirette di Cristo o della Vergine ma rimangono
totalmente nella sfera del simbolismo.
I simboli sono testimonianze della fede, creati dei primi cristiani, senza pretese estetiche,
hanno una importante forza comunicativa nelle opere d’arte. I simboli vanno interpretati e letti con
gli occhi della fede e alla luce della Sacra Scrittura, dalla quale prendono significato insieme alla
azione liturgica2.
Alcuni simboli tra i più comuni:
Al inizio della sua esistenza la comunità cristiana era condizionata dalla clandestinità e
influenzata dalla mentalità ebraica che proibiva le immagini. Infatti la divieto delle immagini, non
era generalizzato nel mondo cristiano. In chiesa erano presenti due correnti: la prima legata alle
concezioni veterotestamentarie contrarie alle immagini, rappresentata da scrittori del sec. II-III,
come Tertulliano, Cipriano, Ireneo; la seconda favorevole alle immagini e rappresentata da
Clemente e Origène.
Le decorazioni cristiane sono apparentemente molto simili a quelle pagane, ma la
concezione di fondo è radicalmente diversa: il cristiano decora la tomba per raccontare attraverso le
immagini la sua fede, mentre l’aspetto artistico rimane in un piano secondario. Le più antiche
decorazioni cristiane erano raffigurati nelle catacombe, nelle basiliche e nelle case dei primi
cristiani. I simboli sono anteriori agli scritti dei Santi Padri, hanno un grande valore di documento
archeologico, teologico, iconografico e riflettono i concetti delle prime preghiere liturgiche.
Anticamente, i simboli cristiani, proprio per la loro capacita semplice di informazione erano
considerati il “Catechismo del popolo”3.
Essi si dividono in due categorie: simboli di persone umane e simboli di cose. La divinità ha
per simbolo il cielo rappresentato, al centro del lato superiore di una icona, come un semicerchio
d’oro e rosso. Numerosi sono i simboli biblici dedicati a Maria (la tenda di Abramo, la scala di
Giacobbe, il roveto ardente, il tabernacolo, l’arca e la manna). Dedichiamo ora un rapido sguardo
alla simbologia cristiana nello spazio sacro.
2
Remo Lupi, Simboli e segni cristiani nell’arte nella liturgia nel tempio, Paoline Editorialie Libri, Milano, 2007, p. 11.
3
Ibidem, p. 12.
3
1. I cristogrammi sono combinazioni di lettere dell’alfabeto greco o latino che formano una
abbreviazione del nome di Gesù. Essi vengono usati come simboli cristiani nella
decorazione di edifici, arredi e paramenti. Alcuni cristogrammi sono nati come semplici
abbreviazioni o acronimi, anche se sono diventati successivamente dei monogrammi, cioè
dei simboli grafici unitari. Il Chi Rho è per il monogramma di Cristo, nome abbreviato
crismon. Esso è un monogramma costituito essenzialmente dalla sovrapposizione delle
prime due lettere del nome greco di Cristo, dove sono spesso aggiunti Alfa e Omega (Α-
Ω), che sono la prima e ultima lettera dell’alfabeto greco, indicano che Cristo è l’inizio e la
fine di tutto secondo la citazione biblica de l’apocalisse: “Io sona l’Alfa e l’Omega, dice il
Signore, Colui che è, e che era e che viene, l’Onnipotente!” (Apocalisse I, 8).
Ichthys
2. Il termine greco ἰχϑύς pesce, è un antichissimo simbolo religioso del cristianesimo.
Propriamente, infatti, si definisce ichthýs il simbolo di un pesce stilizzato, formato da due
curve che partono da uno stesso punto, a sinistra (la testa), e che si incrociano quindi sulla
destra (la coda). A causa della sospetto di cui erano oggetto da parte delle autorità Imperiali,
i primi cristiani sentirono l'esigenza di inventare segni e simboli di riconoscimento tra di
loro senza destare sospetti tra i pagani, quindi senza essere riconosciuti. Era utilizzato come
segno di riconoscimento: quando un cristiano incontrava uno sconosciuto di cui aveva
bisogno di sapere appartenenza alla sua fede, tracciava nella sabbia uno degli archi che
compongono l'ichthýs. Se l'altro completava il segno, i due individui si riconoscevano come
discepoli di Cristo e sapevano di potersi fidare l’uno dell’altro. Le comunità cristiane
adottarono questo simbolo probabilmente per rievocare il brano evangelico in cui Gesù si
rivolge a Simone dicendogli «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini», (Lc,
5,10). Un episodio evangelico in cui il simbolo era familiare ai cristiani è quello della
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moltiplicazione dei pani e dei pesci, che in alcune figurazioni si incrocia con quella del
banchetto eucaristico dell'Ultima Cena, tramite la sostituzione del pane con il pesce
Il termine greco Ἰχϑύς è a sua volta l’acronimo delle parole
'Ιησοῦς - Iesùs
Χριστός - Christòs
Θεoῦ - Theù
Υιός - Iyiòs
Σωτήρ - Sotèr Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore
INRI
3. E il Titulus crucis, sono le iniziali dell’iscrizione latina posta sulla croce di Gesù, un
acronimo ottenuto dalla frase latina Iesous Nazarenus Rex Iudaeorum, che significa: Gesù di
Nazaret, re dei giudei. Secondo i Vangeli la scritta fu voluta da Pilato e posta sopra la croce
di Gesù crocifisso.
4
Fisiologia è la scienza che tratta e della funzioni organiche di tutti gli esseri.
5
nel ricordo del consorte scomparso e non si lega più a nessuno. San Basilio il Grande affrema:
“Imitate ora, o donne, la tortorella, conservando come lei il vostro onore”5.
Nella parte superiore del icona si vede che frammento di cerchio si apre e da questo cerchio
partono dei raggi di luce, attributo dello Spirito Santo, che illuminano la Colomba. La discesa dello
Spirito Santo sotto forma di una Colomba traduce il movimento del Padre che si porta verso il
Figlio. Lo Spirito Santo, scendendo sulle acque primordiali, suscitò la vita; scendendo sulle acque
del Giordano, suscita la seconda nascita della nuova creatura.
5. La croce cristiana: è il simbolo cristiano più diffuso, riconosciuto in tutto il mondo. È una
rappresentazione stilizzata dello strumento usato dai romani per la tortura e l’esecuzione
capitale tramite crocifissione, il supplizio che secondo i vangeli e la tradizione cristiana è
stato inflitto a Gesù Cristo. Tuttavia si tratta di una forma simbolica molto antica, un
archètipo che prima del cristianesimo aveva già assunto un significato universale:
rappresenta l’unione del cielo con la terra, della dimensione orizzontale con quella verticale,
congiunge i quattro punti cardinali ed è usata per misurare e organizzare le piante degli
edifici e delle città. Con il cristianesimo assume significati nuovi e complessi come il
ricordo della passione, morte e risurrezione di Gesù; e come un monito dell’invito
evangelico ad imitare Gesù in tutto e per tutto, accettando pazientemente anche la
sofferenza. La croce è considerata asse del mondo e immagine di rigenerazione periodica
(risurrezione) della natura.6 Nel iconografia bizantina alla base della Croce c’e la testa e due
ossa. Secondo i Santi Padri queste erano le ossa di Adamo, perché tra vecchio Adamo e il
Nuovo Adamo, Gesù Cristo, deve essere un collegamento. Nel cristianesimo delle origini la
croce rivela il mistero della salvezza, il sacrificio di Cristo che riscatta la colpa ancestrale di
Adamo. Secondo la Sacra Tradizione la Croce e stata infilata sulla sommità del monte in cui
Adamo fu sepolto, marcando così l’idea di continuità non solo tra l’albero e la croce stessa,
ma soprattutto tra la prima e la seconda creazione per mezzo dei due “antenati mitici”, il
primo, Adamo, fallimentare e pertanto mortale, il secondo, Cristo, vittorioso e glorificato nel
suo corpo di risurrezione.
5
Hans Beidermann, Enciclopedia dei Simboli, Garzanti Editore, 1999, p. 129.
6
Mircea Eliade, Istoria Religiilor, vol. II, Editura Ştiinţifică, Bucureşti, 366-367.
6
6. La palma, in generale, come simbolo del Cristianesimo, si collega all’Oriente, cioè alla
terra dove maggiormente si trova questo albero slanciato e vigoroso con possenti pennacchi
di foglie disposti a raggio come quelli del sole. Nell’iconografia cristiana la palma era
spesso associata con il martirio. Il suo significato è quello della vittoria, dell’ascesa, della
rinascita e dell’immortalità. Questa simbologia, presente fin dall’epoca paleocristiana è
legata a un passo dei Salmi, dove si dice che come fiorirà la palma così farà il giusto: la
palma infatti produce un’infiorescenza quando sembra ormai morta, così come i martiri
hanno la loro ricompensa in paradiso. Nella domenica detta delle Palme la simbologia
rimanda all’entrata trionfale di Gesù Cristo in Gerusalemme (Vangeli, Giovanni 12, 13)
prefigurando in anticipo la Resurrezione dopo la morte. Ugualmente, la palma ha lo stesso
valore di simbolo della resurrezione dei martiri (Apocalisse 7, 9).
La palma centrale ed i rami di ricevimento. Fuori della porta della città ci sono giudei,
uomini e donne, che portano anch’essi rami di palme. I rami fioriti, con quali il popolo ricevano
Gesù, anticipano il legno della Croce, sul quale sarà crocifisso fra qualche giorni. Al centro del
icona c’e una palma, ciò che è dal punto di vista simbolico rappresenta l’immagine del Cristo,
chiamato nella Bibbia il germoglio di Iesse, la quercia di Mamre, l’albero della vita, che colma la
distanza tra il monte di Dio e la città degli uomini.
Nell’antichità pagana e cristiana i rami delle palme erano un simbolo della gioia e della
festa, i romani e gli giudei l’utilizzavano questi rami per accogliere i re, come simbolo del loro
eroismo nelle battaglie. Quando Gesù fece il suo ingresso a Gerusalemme fu accolto con rami di
palma. In memoria di questo evento unico nella tradizione liturgica ortodossa i rami delle palme,
oppure olivo sono benedetti in questa domenica dai sacerdoti.
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7. Pavone: simbolo della resurrezione e della vita eterna. La sua celebrita' risale al mondo
classico ed era tale da farlo comparire persino in alcune monete dell'antica Grecia. Per i
Greci rappresentava infatti lo splendore del firmamento ed era inoltre legato ad Era, la
madre di tutti gli dei. Si riteneva che sue carni, in particolari condizioni, non sarebbero mai
andate in putrefazione. Per questo era considerato anche come un simbolo di immortalità. La
rarità di questo uccello non finiva qui. Il fatto che nella stagione invernale perdesse le piume
e ne acquistasse di nuove ed addirittura più’belle a primavera, fece che il mondo cristiano
dei primi secoli lo adottasse come simbolo di resurrezione. Questa è la ragione per cui le sue
raffigurazioni sono state ritrovate numerose nelle catacombe di Roma.
Uva e spighe
8. Nella simbologia greca antica il chicco di grano era simbolo di rinascita, segno di speranza e
di futuro e la spiga di grano è emblema della primavera, della natura che si risveglia, che
vince il buio e l’immobilità dell’inverno e dunque la morte. Nella Bibbia molti sono i passi
che fanno riferimento al grano e alle spighe, in particolar modo, nei Vangeli dove questa
pianta addomesticata dall’uomo non è solo dono divino e segno di abbondanza, ma diventa
simbolicamente alimento per l’anima. Il pane ottenuto dal grano diventa il corpo stesso di
Cristo e, con il vino, il suo sangue, simbolo eucaristico per eccellenza. Dall’uva e dalle
spighe di grano si ricavano il vino e il pane, bevanda e cibo di grande importanza dal punto
di vista simbolico per gli uomini. Dio, nell’Antico Testamento, ha inviato la manna per
nutrire il popolo sfamato d’Israele, e nel Nuovo Testamento Dio invia Gesù Cristo il Suo
Figlio, pane e vita eterna; “ In verità, in verità vi dico non Mose vi ha mandato il pane dal
cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo e da la vita al mondo” (Giovanni 6, 32-33).
Questi due elementi materiali, frutto della terra e del lavoro del uomo, sono stati scelti da
Gesù per istituire il sacramento dell’eucaristia, che è il centro della vita ecclesiale. Durante
l’ultima cena, Gesù Cristo ha preso il pane e il vino e li ha dati ai suoi discepoli come suo
corpo e suo sangue ha voluto che essi ripetessero questo gesto in suo nome (Matteo 14, 22-
24). Nella consacrazione eucaristica, quando il sacerdote consacra il pane e il vino, viene il
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più grande miracolo che si compie, la trasformazione del pane e del vino, in corpo e sangue
di Gesù.