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«T i sei innamorato?», mi scostai dal muretto d’ingresso di scuola.

«Sì, hai capito bene», si passò la mano tra i capelli lui. «È... davvero
bella e... dolce»
«Non posso crederci», scoppiai a ridere. «Guarda la tua faccia, Aki-
to-kun! Sei tutto rosso»
«Non prendermi in giro», si arrabbiò lui.
«Ok, scusa», incrociai le braccia al petto. «E... hai detto che si è iscritta
al nostro liceo?», indagai.
«Sì, gliel’ho chiesto quando ci siamo visti la scorsa settimana al negozio
dei miei genitori»
«Bene, sono davvero curiosa di conoscerla», gli rivolsi un altro sguardo
divertito.
«La vedrai tra poco», si sistemò il colletto della divisa scolastica.
Kobaiashi Akito era il figlio di uno dei clienti di mio padre. Ci conosce-
vamo da diversi anni ed eravamo buoni amici. Dopo il diploma ci erava-
mo iscritti alla stessa scuola superiore e quella era la nostra prima mattina
da liceali.
«Eccola, sta arrivando», il volto di Akito s’illuminò improvvisamente
e io mi trattenni dal fargli un’altra battuta: era uno spasso vederlo così
coinvolto. Lui che era sempre stato un ragazzo riservato e serio, sembrava
essersi trasformato in un’altra persona.
«Mi raccomando, cerca di non far capire alla tua Eriko che è il tuo
punto debole», gli detti un colpetto col gomito snobbandolo ma, quando
mi voltai verso la nuova arrivata, la mia voglia di scherzare scomparve
all’istante.
«Buongiorno», fece un inchino Eriko, sfoggiando un sorriso accatti-
vante.
«Oh, Eriko-san, vorrei presentarti la mia migliore amica Ritsuko
Hino», ci presentò Kobaiashi.
«Molto piacere Ritsuko-san», disse lei girandosi verso di me.
«Il piacere è mio», la fissai negli occhi e il mio cuore prese a battere così ve-
loce che temetti potesse sentirlo. Da quel momento non ho smesso un attimo
di trovare scuse per starle vicina, di attirare la sua attenzione, di pensarla...

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Inizialmente avevamo formato un trio: uscivamo insieme per andare
al cinema e ci trovavamo a fare i compiti in biblioteca, ma con l’andare del
tempo, io ed Eriko iniziammo a legare sempre di più, finendo per lasciare
un po’ da parte il nostro caro amico Kobaiashi. Alla fine del secondo anno
scolastico però, le cose cominciarono a prendere un’altra piega:
«Sei strana ultimamente, si può sapere che succede?», chiesi alla mia
migliore amica, scostandole i capelli dalle guance, cercando i suoi occhi.
«Non ho niente», Eriko arrossì, sfuggendo il mio sguardo. «Sono solo
un po’ stanca per la preparazione agli esami»
«Mi stai mentendo», sbuffai prendendola per mano, facendola alzare
dalla panchina sulla quale si era seduta. «Non fai che sospirare e hai sem-
pre la testa tra le nuvole», insistetti. «Cominci a preoccuparmi»
«Non devi», ritrasse subito la mano lei, ancora rossa in volto. «Sto bene,
sul serio»
«C’entra Akito? Dimmi la verità», iniziai a fare congetture. Sapevo che
lui aveva trovato il coraggio per dichiararsi e forse lei stava riflettendo
sulla risposta da dargli.
«No... lui... Ecco, lui è un buon amico ma...», vacillò. «Ho saputo che
Hishikawa ti ha scritto una lettera»
«Sì, è vero», la guardai perplessa. «Mi ha chiesto di uscire con lui»
«E tu... ci uscirai?»
«Non lo so», risposi continuando a scrutarla. «Perché?»
«Curiosità», incrociò finalmente il mio sguardo Eriko. «Mi sembra che
sia il tuo tipo, o sbaglio?»
«No, non sbagli. È un bel ragazzo»
In quell’istante gli occhi di Eriko persero la loro luce. Forse, se avessi fatto
più attenzione fin dall’inizio, le cose tra noi avrebbero preso un’altra direzione.
***
Il cielo stasera è perfetto. All’orizzonte il sole tinge di rosso tutto ciò
che mi circonda: è un bellissimo tramonto. Guardo l’orologio, sono leg-
germente in anticipo ma tra poco la vedrò e basta questo per sentire l’e-
mozione crescere, il cuore battere contro il mio petto. Nonostante io non
sia più una ragazzina, nonostante siano passati tutti questi anni...

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Tu riesci a farmi provare ancora questo, Eriko.

«Scusa il ritardo», dici piombando alle mie spalle.


«Figurati, sono appena arrivata», mento e le vado incontro. Eriko è
vestita con un adorabile abito da sera di media lunghezza che lascia gene-
rosamente scoperte le sue gambe affusolate.
«Però potevi entrare in negozio. Ti avrei fatto preparare un aperitivo»,
dice fissandomi da capo a piedi. Per l’occasione ho indossato il mio tail-
leur con gonna scuro.
«Andiamo a mangiare fuori, giusto?», chiede titubante.
«Certo, perché?»
«Sei vestita così seria che per un attimo ho creduto dovessimo presen-
ziare a qualche ricevimento», ride portandosi la mano alla bocca.
«È un modo carino per dirmi che non ti piaccio?», le chiedo andandole
incontro, poi le apro lo sportello della macchina con galanteria.
«No... l’esatto contrario», dice abbassando gli occhi. Le sue guance si
tingono di rosso e io mi trattengo dal compiere un gesto azzardato.
Ho prenotato in un elegante ristorante sul mare. Eriko sembra tesa. Ha
capito che non sarà una semplice cena intima.
«Di che volevi parlarmi?», chiede apprensiva non appena si siede a tavola.
«Hai così fretta di saperlo?», faccio cenno al cameriere di portarci da
bere. Il ragazzo ci versa subito lo champagne che avevo ordinato apposita-
mente per la serata.
«Champagne? Ok, sto iniziando a preoccuparmi», mi fissa coi suoi
splendidi occhi e a quel punto non posso tergiversare ancora, a rischio di
rovinare la cena sul nascere.
«Ti ho portato un regalo», le dico facendo scivolare sul tavolo una bu-
sta. Lei la apre e spalanca gli occhi:
«Parigi?»
«Esatto. Partiamo la prossima settimana»
«Sei impazzita?», sobbalza. «Io... non...»
«Posso spostare la data se vuoi, ma io ci terrei ad andare il prima pos-
sibile»

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Eriko sembra inebetita: questa volta l’ho sorpresa sul serio. Non appe-
na rialza lo sguardo il cameriere le si avvicina:
«Signora, questo è per lei», le porge un mazzo di rose rosse. Eriko,
sconvolta lo prende tra le mani e si volta nuovamente verso di me.
«Leggi il bigliettino», dico accennando un sorriso.
Eriko sfila dalla busta la nostra foto del liceo.
«Ma questa...», sussulta.
«Te la ricordi? Ne ho una identica anch’io. Ho fatto fare un duplicato
perché potessi averla anche tu», dall’ampia finestra le luci del molo rendo-
no l’atmosfera perfetta.
«Da quando sei diventata così romantica?», dice cercando di sdramma-
tizzare.
«Lo sono sempre stata. Non dirmi che te ne sei dimenticata», la rim-
provero.
«Certo ma... Ritsuko, non capisco. Sono in imbarazzo»
«Voglio stare con te», mi allungo sul tavolino e le prendo le mani stringendo-
le tra le mie. «E lo vorrei il prima possibile. Non voglio perdere altro tempo»
«Sai che questo non è possibile», mi fissa cambiando espressione.
«Perché?», affronto la sua insicurezza. «Chi ce lo impedisce?»
Eriko non risponde. Mi osserva dubbiosa e turbata.
«Tu mi hai detto che non vuoi essere la mia amante, giusto?»
«Sì... infatti»
«E allora sii la mia compagna», le dico fissandola seriamente. «Voglio
vederti ogni mattina al mio fianco mentre ti svegli»
«Ritsuko...», i suoi occhi diventano lucidi. «Ma... che cosa stai dicendo?
Sei sposata con Asakawa e...»
«Gli ho chiesto il divorzio», rivelo lasciandola sconcertata. «Ne ho par-
lato anche con Rei e ho il suo benestare. Inoltre, ho ripreso a lavorare in
azienda», faccio una pausa. «Perdonami se ci ho messo così tanto»
Come finisco di parlare la vedo ritrarre le mani e portarsele al volto:
Eriko comincia a piangere. Io mi alzo in piedi e le vado vicina.
«Che succede?», la stringo delicatamente. «Vuoi che ti accompagni un
attimo alla toilette?»

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«Ritsuko, tu...», continua a piangere disperata aggrappandosi alla mia
giacca.
«Calmati, ti prego», stringo le labbra e lo sconforto mi pervade: mi
sono giocata la mia ultima possibilità.

Cadere, rialzarsi, sopravvivere...

«È uscito il gate», mi indica il monitor Rei. Sembra più preoccupata di


me per questo viaggio.
«Stai tranquilla, tesoro», le sorrido. «Me la caverò», le dico abbrac-
ciandola.
«Sì, però...», lascia la frase in sospeso. «Hai già pensato a cosa farai in
queste due settimane all’estero?»
«Ma certo, ci sono tantissime cose da vedere a Parigi. Ho scaricato una
guida accurata sul mio IPad», la rassicuro. «Pensi che non sia capace di
divertirmi?»
«Non volevo dire questo», s’indispone.
«Tu, piuttosto», le accarezzo una guancia. «Comportati bene. Sai a cosa
mi riferisco», la fisso negli occhi.
«Ci proverò», continua a sostenere il mio sguardo e non può che sfug-
girmi un sorrisetto.
«Almeno sei stata sincera», le scompiglio i capelli contrariandola e a
quel punto sentiamo una voce chiamarci da lontano.
«Come al solito... sempre in ritardo», sbuffo vedendo arrivare di corsa
Eriko e Miyuki trafelate.
«Abbiamo trovato traffico, mi hanno fatto storie per i bagagli e...»
«Calmati», mi avvicino a lei. «Hai il passaporto?»
«Sì, ce l’ho», me lo mostra.
«La valigia è imbarcata?»
«Sì»
«E allora... è il momento di andare», le sorrido poi entrambe ci voltia-
mo verso le nostre figlie e le abbracciamo prima di lasciarle alle nostre
spalle e passare il controllo.

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«Mi raccomando Rei, il nostro autista vi sta aspettando fuori nel parcheg-
gio. Non perdete tempo a girottolare qui in aeroporto e andate subito a casa»
«Sì, va bene mamma», accenna un sorriso mia figlia e già so che non
farà una sola cosa di quello che le ho chiesto.
«Vi riporteremo dei bei regali», dice Eriko.
Miyuki e Rei ci salutano con la mano, sul loro volto c’è una bella espres-
sione: è chiaro quanto siano felici per noi.
«Tutto ok?», mi volto verso Eriko che sembra sulle spine.
«Sì, però... mi dispiace un po’ di non portarle con noi. Sarebbe stata
una bella esperienza»
«Allora ci torneremo con loro la prossima estate, che ne pensi?»
«Dico che l’idea mi piace»
«Va bene», la stringo a me dandole un bacio tra i capelli.
«Ritsuko... lo stiamo facendo sul serio?»
«Sì, lo stiamo facendo sul serio», incrocio il suo sguardo e nei suoi oc-
chi ritrovo la stessa commozione di quella sera:

«Non posso calmarmi. Partiamo subito... ti prego!»

Il nostro albergo a Parigi si affaccia proprio sulla torre Eiffel: una bel-
lissima suite all’ultimo piano. Non ho badato a spese. Voglio che sia tutto
perfetto e speciale, proprio come lei:
«Sono pronta», dice Eriko uscendo dal bagno, mostrandosi con un abi-
to bordeaux mozzafiato.
«Accidenti... e questo da dove lo hai tirato fuori?», le chiedo avvicinan-
domi a lei.
«L’ho comprato qualche giorno fa in una boutique. Sapevo che mi
avresti portato al teatro dell’Opera e non volevo farti sfigurare», mi fa un
sorrisetto.
«Non potresti mai», le dico sfiorandole il collo con un bacio. «Non
vedo l’ora di sfilartelo di dosso», la guardo intensamente e lei mi restitui-
sce lo stesso sguardo.
«E allora... cosa aspetti?», chiede con tono malizioso.

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«Non volevi andare a teatro?»
«Replicheranno lo stesso spettacolo anche domani», mi stringe le brac-
cia intorno al collo. «Abbiamo tutto il tempo per vedere la Signora delle
Camelie»
«Hai perfettamente ragione», sorrido sulla sua bocca. «Adesso fai la
brava, lasciati andare...», le sfioro con le labbra il lobo dell’orecchio pri-
ma di scendere a baciare il suo décolleté. Eriko si abbandona tra le mie
braccia e io la conduco sul letto e la libero da quel bellissimo abito che ha
comprato apposta per me e che mi fa girare la testa.
«Sei meravigliosa», la stringo riempiendomi del suo calore.
«Ritsuko... ti amo», mi guarda intensamente e io sento la commozione
crescere.
«Anch’io ti amo...»

Eriko... lo avresti creduto?


Quel desiderio espresso tanti anni fa in una notte d’estate, si è avverato.

***

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Orange Cream - Flavoured
di Scarlett Bell
con i disegni di Aeryn Sun

FINE
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