Sei sulla pagina 1di 3

Tanto importante è per l'uomo l'umiltà, che la divina maestà ha voluto raccomandarla anche con il suo

esempio. L'uomo superbo si sarebbe perduto per sempre, se Dio non fosse venuto a cercarlo
umiliandosi. E' venuto infatti il Figlio dell'uomo a cercare e a salvare ciò che era perduto (Lc 19, 10).
L'uomo si era perduto per aver seguito la superbia del tentatore; segua dunque, ora che è stato ritrovato,
l'umiltà del Redentore.

LetterA 14.26

La vita nuova s'incomincia dunque nella fede, si svolge nella speranza ma raggiungerà la sua perfezione
solo quando la morte sarà assorbita nella vittoria 90, quando sarà distrutto l'ultimo nemico, la morte 91,
quando saremo trasformati e diventati come angeli. Tutti infatti - dice - risorgeremo, ma non tutti saremo
trasformati 92. Il Signore pure dice: Saranno uguali agli Angeli di Dio 93. Poiché adesso siamo stati
afferrati da Dio nel timore mediante la fede, allora invece arriveremo ad afferrare la meta nella carità
mediante la visione diretta. Poiché fin quando siamo nel corpo, siamo esuli lontani dal Signore, poiché
camminiamo nella fede e non nella visione diretta 94. Lo stesso Apostolo che dice: per afferrare come
sono stato afferrato, confessa apertamente di non aver raggiunto la perfezione. Fratelli - egli dice - non
credo d'aver raggiunto la meta 95. Ma perché la stessa speranza è per noi sicura in base alla promessa
della Verità, l'Apostolo dopo aver detto: Siamo stati quindi sepolti con lui mediante l'immersione per la
morte, prosegue dicendo: affinché allo stesso modo che Cristo risorse dai morti per la gloria del Padre;
così anche noi camminiamo in una vita nuova 96. Camminiamo dunque nella realtà delle fatiche, ma pure
nella speranza del riposo, nella carne della realtà vecchia ma pure nella speranza della realtà nuova. Dice
infatti: Il corpo è morto bensì per causa del peccato, ma lo spirito è vivo in virtù della giustizia. Orbene,
se lo Spirito di Colui, che risuscitò Gesù Cristo dai morti, abita in voi, vivificherà pure i vostri corpi
mortali per mezzo del suo Spirito abitante in voi

Dorrina cristiana 1 / 38.42

Alla fede succederà la visione, per cui contempleremo; alla speranza succederà la beatitudine, a
raggiungere la quale siamo destinati; quanto poi alla carità, mentre le altre due scompariranno, essa
aumenterà. Se infatti mossi dalla fede amiamo ciò che non ancora vediamo, quanto più l'ameremo
quando lo vedremo? E se in forza della speranza amiamo quella patria dove non siamo ancora arrivati,
quanto più l'ameremo quando ci saremo arrivati? Difatti tra i beni temporali e quelli eterni c'è questa
differenza: ciò che è temporale lo si ama di più prima che lo si possegga, mentre, quando se ne è in
possesso diventa insignificante: non è infatti in grado di saziare l'anima, la cui sede vera e certa è
l'eternità. Ciò che è eterno invece, quando lo si è conseguito, lo si ama con più ardore che non quando
era oggetto di desiderio. A nessuno che lo desideri infatti è consentito di valutarlo più di ciò che
effettivamente vale, sicché possa diminuire di valore quando lo possederà trovandolo meno pregevole.
Anzi, quanto più l'uomo viatore lo avrà stimato, tanto più lo valuterà quando sarà giunto al suo possesso.

Sermoni 346 / B

In questa nostra vita, carissimi fratelli, noi siamo in cammino come pellegrini, lontano dalla Gerusalemme
celeste che è la patria dei santi: ce lo insegna in modo chiaro l'apostolo Paolo: Finché viviamo nel corpo,
siamo pellegrini, lontano dal Signore 1. E poiché ogni pellegrino ha indubbiamente una patria, noi
dobbiamo conoscere quale sia la patria verso la quale ci dobbiamo affrettare, mettendo da parte
allettamenti e piaceri di questa vita, verso la quale siamo diretti e nella quale soltanto possiamo trovare
riposo. Dio ha disposto che non avessimo quiete vera altrove perché, se anche qui avessimo quiete, non
avremmo desiderio di tornare là. Dice nostra patria la Gerusalemme celeste, non quella terrena che -
come insegna ancora l'Apostolo - è schiava insieme con tutti i suoi figli

Vitam istam nostram, fratres carissimi, peregrinationem quamdam esse a patria sanctorum caelesti
Ierusalem, apertissime docet apostolus Paulus dicens: Quamdiu sumus in corpore, peregrinamur a
Domino 1. Et quia omnis peregrinus utique habet patriam, nam nemo sine patria peregrinus est, nosse
debemus, quae sit patria nostra, quo nos oportet neglectis omnibus illecebris et deliciis vitae huius ad id
festinare, quo tendimus, et ubi tantummodo nobis licet acquiescere. Noluit enim Deus alibi nobis esse
quietem veram nisi in illa patria: nam si et hic daret quietem, non delectaret redire. Hanc ergo patriam
Ierusalem vocans, non illam terrenam, quae servit cum filiis suis
perché nessuno si vanti, non dico delle opere, ma dello stesso libero arbitrio della volontà, come se da
esso nasca un merito, a cui la libertà di operare il bene spetti come premio dovuto, presti ascolto alle
parole del medesimo araldo della grazia: È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare
56
conformemente alla sua volontà buona . E altrove: Non dipende quindi né dalla volontà né dagli sforzi,
57
ma dalla misericordia di Dio . Non c’è dubbio che un uomo, se ha ormai raggiunto l’età in cui si ha l’uso
di ragione, non potrebbe credere, sperare, amare se non lo volesse, né raggiungere il premio che Dio ci
chiama a ricevere lassú senza correre volontariamente 58: com’è dunque possibile che non dipenda né
dalla volontà né dagli sforzi, ma dalla misericordia di Dio, se non perché la stessa volontà, come sta
scritto, è prediposta dal Signore 59? Del resto, se è stato detto: Non dipende né dalla volontà né dagli
sforzi, ma dalla misericordia di Dio, in quanto sono entrambe indispensabili, vale a dire la volontà
dell’uomo e la misericordia di Dio, cerchiamo di prendere le parole: Non dipende né dalla volontà né dagli
sforzi, ma dalla misericordia di Dio, come se si dicesse che la sola volontà dell’uomo è insufficiente, senza
il concorso della misericordia di Dio. Non è dunque sufficiente nemmeno la misericordia di Dio da sola,
senza il concorso della volontà dell’uomo

I quattro stadi attraverso i quali Dio ha chiamato a sé il suo popolo.

31. 118. Vivere invece secondo la carne, nelle piú profonde tenebre dell’ignoranza, senza alcuna
resistenza della ragione, è lo stadio originario dell’uomo. Successivamente, quando grazie alla legge è
stata acquisita la conoscenza del peccato 285, mancando ancora l’aiuto dello Spirito divino, chi vuole
vivere secondo la legge viene vinto e pecca coscientemente, sottomettendosi alla schiavitú del peccato
(esser vinto da qualcuno significa infatti essere suo schiavo286); la conoscenza del comandamento in effetti
fa in modo che il peccato produca ogni concupiscenza e si compia, per la prevaricazione che vi si è
assommata, quel che sta scritto: È sopraggiunta la legge, perché abbondasse il peccato 287. È questo il
secondo stadio dell’uomo. Se invece Dio si è rivolto verso di noi, perché si creda che è Egli stesso che
aiuta a portare a compimento i suoi comandamenti, e l’uomo ha cominciato ad agire grazie allo Spirito di
Dio, allora egli ha desideri contrari alla carne per la forza superiore della carità288; e cosí, benché ci sia
ancora qualcosa da parte dell’uomo che s’oppone all’uomo, finché non è stata risanata tutta la sua
infermità, il giusto può nondimeno vivere di fede 289, e vivere giustamente, in quanto non cede alla
cattiva concupiscenza, prevalendo il gusto della giustizia. È questo il terzo stadio: la buona speranza
dell’uomo; e per chi riesce ad avanzare in esso con religiosa perseveranza, da ultimo resta la pace, che
dopo questa vita sarà colmata nella quiete dello spirito e quindi anche nella risurrezione della carne. Di
questi quattro diversi stadi, il primo è anteriore alla Legge, il secondo è sotto la Legge, il terzo sotto la
grazia, il quarto nella pace piena e compiuta. Il popolo di Dio è stato ordinato secondo questi intervalli di
tempo, come è piaciuto a Dio, che tutto dispone con misura, calcolo e peso 290. Esso visse anzitutto prima
della Legge; in un secondo tempo sotto la Legge, data per mezzo di Mosè; quindi sotto la grazia, data per
mezzo della prima venuta del Mediatore 291. Questa grazia certamente non mancò nemmeno prima a
coloro ai quali doveva essere concessa, anche se in forma adombrata e nascosta secondo l’economia
temporale. Nessun giusto fra gli uomini antichi infatti avrebbe potuto trovare la salvezza all’infuori della
fede in Cristo, o comunque non sarebbero giunte sino a noi profezie piú o meno esplicite attraverso il loro
ministero, se Cristo fosse restato sconosciuto anche a quelli.

Ma ciò che conta è la grazia della rigenerazione.

31. 119. Quale che sia poi uno dei quattro stadi (o, in un certo senso, età) in cui la grazia della
rigenerazione abbia potuto trovare ciascun uomo, qui gli sono rimessi tutti quanti i peccati passati, e
quella colpa contratta con la nascita viene dissolta con la rinascita.

Pregate senza esitazione, c'è chi ascolta: chi vi ascolta è dentro di voi. Non dovete levare gli occhi verso
un determinato monte, non dovete levare lo sguardo alle stelle, al sole, alla luna. Non crediate di essere
ascoltati se pregate rivolti al mare: dovete anzi detestare preghiere simili. Purifica piuttosto la stanza del
tuo cuore; dovunque tu sia, dovunque tu preghi, è dentro di te colui che ti ascolta, dentro nel segreto,
che il salmista chiama "seno" dicendo: La mia preghiera si ripercuoteva nel mio seno (Sal 34, 13). Colui
che ti ascolta non è fuori di te. Non andare lontano, non levarti in alto come se tu dovessi raggiungerlo
con le mani. Più t'innalzi, più rischi di cadere; se ti umili, egli ti si avvicinerà Questo è il Signore Dio
nostro, Verbo di Dio, Verbo fatto carne, Figlio del Padre, Figlio di Dio e Figlio dell'uomo, eccelso come
Creatore e umile come Redentore; che ha camminato tra gli uomini, sopportando la debolezza umana,
tenendo nascosta la potenza divina.

salmo 85. 24

Beati coloro che piangono! 91 Sì, veramente, beati quelli che piangono! Niente è tanto affine alla miseria
come il pianto; nulla è tanto lontano e contrario alla miseria quanto la beatitudine; eppure tu parli di
piangenti e li chiami beati. Comprendete - dice - ciò che intendo dire. Dico che sono beati coloro che
piangono. Ma perché sono beati? Per ciò che sperano. Perché invece piangono? Per ciò che sono
attualmente. Infatti piangono in questa vita mortale, nelle tribolazioni della vita presente, nel loro esilio;
ma, siccome riconoscono di essere in tali miserie e ne gemono, per questo sono beati.

Salmo 114

2. Quindi sono tre le cose che rimangono: la fede, la speranza, la carità 2. Perché avevi creduto, hai
sperato; perché hai sperato hai anche amato. Se poi chiedo all'anima su quale fondamento abbia creduto
che Dio si sia chinato con l'orecchio verso di lei, mi risponderà: Egli ci ha amati per primo; e ancora: Egli
non ha risparmiato il suo proprio Figlio, ma lo ha consegnato [alla morte] per noi 3. Così infatti [in altro
luogo] argomenta il Dottore delle genti: Ma come invocheranno uno in cui non avranno creduto? Ovvero
come crederanno in uno di cui non hanno sentito dir nulla? Ma come ne sentiranno parlare senza chi lo
annunzi? E come la annunzieranno se non sono mandati? 4 Vedendo compiute in me tutte queste cose,
come avrei potuto non credere che il Signore ha chinato verso di me il suo orecchio? In effetti nei nostri
5
riguardi egli ha evidenziato il suo amore a tal segno che Cristo è morto per degli empi

4. quando udii dal mio Signore le parole: Beati coloro che piangono perché saranno consolati 16 non attesi
l'ora in cui per forza mi sarei dovuto staccare dai beni temporali a cui ero disordinatamente affezionato e
piangerne. Mi misi a scrutare la mia miseria, la miseria cioè d'essere affascinato da beni che temevo di
perdere e mi sentivo incapace di conservare. Ci pensai profondamente e vigorosamente, e notai come
effettivamente io non fossi soltanto tormentato dalle avversità del mondo ma anche avviluppato dalle sue
prosperità. In tal modo scopersi la tribolazione e il dolore, che prima mi erano sempre sfuggiti, e invocai
il nome del Signore. O Signore, libera la mia anima! In effetti io sono un uomo misero, e chi mi libererà
da questo corpo mortale se non la grazia di Dio ad opera del nostro Signore Gesù Cristo? 17 Esclami
dunque il popolo santo di Dio: Ho scoperto la tribolazione e il dolore e ho invocato il nome del Signore. Le
genti che non ancora invocano il nome del Signore odano questa voce e, uditala, si mettano in cerca, per
scoprire anch'esse la tribolazione e il dolore: invochino il nome del Signore e si salvino. Con questo non
diciamo ad esse di ricercare una miseria che non hanno ma di scoprire quella che senza rendersene conto
hanno. Né auguriamo loro che manchino di quei beni materiali di cui si ha bisogno finché viviamo sulla
terra, ma che sappiano piangere la perdita della sazietà celeste, al posto della quale han meritato di
trovarsi nel bisogno di cose indispensabili per vivere ma non così stabili da poter costituire un godimento
perenne. Che ciascuno si renda conto di questa miseria e ne pianga. Piangendo così, meriterà che venga
a bearlo colui che ha voluto non lasciarci per sempre nella miseria.

Potrebbero piacerti anche