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|1
1 – Fondamenti di dinamica 4
1.1 – Sistemi ad un grado di libertà 7
1.2 – Il problema sismico 15
Applicazione 19
1.3 – Sistemi elastici lineari a più gradi di libertà 20
1.3.1 – Esempio 27
1.3.2 – Applicazione – Dinamica di un telaio 27
1.4 – Sistemi elastici lineari a più gradi di libertà - il problema
della risposta massima 35
1.4.1 – Applicazione – Risposta massima di un sistema 36
1.5 - Perdita dell’ipotesi di elasticità lineare 47
1 – FONDAMENTI DI DINAMICA.
Sotto il nome di Analisi Dinamica vanno tutte quelle attività di studio volto ad individuare il
comportamento (movimenti, sforzi,…) dei diversi componenti di un sistema meccanico soggetto
alle diverse cause eccitatrici. I sistemi meccanici possono essere classificati in:
- Sistemi che ammettono una posizione di equilibrio statico (posizione di quiete), e questo è
il caso di tutti gli edifici civili.
- Sistemi che non ammettono tale posizione e sono dotati di movimento generico o in
situazione di moto a regime, e queste sono le macchine.
risposte, in merito ad una serie di applicazioni… Le azioni random sono quelle azioni che non
sono prevedibili, mentre le azioni deterministiche sono delle azioni che possono essere non
prevedibili, o non-periodiche, ma note dal punto di vista della loro intensità.
Altra sollecitazione dinamica che può essere importante
per alcune strutture (ponti, ciminiere, ecc.) è quella
dovuta al vento. Quello che caratterizza l’azione del
vento è il distacco dei vortici di Von Karman nel caso
delle ciminiere, o di fattori di turbolenza nel caso dei
ponti. L’azione sollecitante del vento è legata alla
velocità del vento (spinta aereodinamica), l’angolo di
attacco e la forma dell’oggetto, questi ultimi due fattori
determinano la portanza. La diversa combinazione di
spinta (drift) e portanza generano dei momenti
torsionali e/o flessionali sull’intera struttura.
Quello che a noi più interessa è la risposta aereo-elastica
della struttura, che provoca la sua variazione di
configurazione spaziale, e la conseguente nascita di
sollecitazioni diverse, questo può portare a un ciclo
ricorsivo di spostamenti-sollecitazioni che si
autoalimenta. In parole più tecniche abbiamo la
comparsa di fenomeni autoeccitanti, che possono
portare in crisi il sistema strutturale.
Altre applicazioni della dinamica sono le azioni deterministiche portate dalle vibrodine; queste
macchine sono usate per indurre delle vibrazioni in una struttura, ed analizzarne la risposta, ecco
qui degli esempi.
Detto appare di tutta evidenza di affrontare la tematica della protezione strutturale dagli eventi di
natura dinamica. Possiamo avere due modi di protezione:
1) Controllo passivo.
2) Controllo attivo.
Pag. |6
Nel primo caso rientrato tutti gli elementi di appoggio antisismico, oppure sistemi a pistone, che
possono essere attivi o passivi. Nel primo caso questi pistoni vanno a costituire un sistema
oleodinamico attivo, che tramite il controllo continuativo degli spostamenti strutturali, ne dissipa
gli effetti negativi. Oppure questi pistoni possono essere passivi, cioè non servo-attuati, ma con un
funzionamento molto simile agli appoggi antisismici.
Negli edifici esistenti devo fare esattamente il contrario, in quanto non conosco S, quindi devo
applicare delle forze F note, e leggere delle risposte che saranno anch’esse note. Le informazioni
che mi servono per definire S sono principalmente tre:
1) Masse partecipanti.
2) Rigidezze.
3) Fattore di smorzamento.
Chiaramente dei sistemi diversi daranno delle diverse risposte.
Pag. |7
Si tratta di una equazione differenziale del secondo ordine a coefficienti costanti non omogenea.
-1 = > ; - = >
posso affermare che le soluzioni si trovano nella seguente forma:
F%#" I G&!% I
sostituendo la nostra soluzione diviene:
Questa è la soluzione dell’omogenea associata, ora devo definire la soluzione particolare, quindi
M IF&!% I IG%#" I
derivo…
MP
Procedo alla sostituzione…
0 → M AOP = IF = M P
Q QF = I
= 0 → AOP = G = P
G= P
MR
Quindi la nostra soluzione cercata è la seguente:
= TUV S + R WXY S
S
Vediamo ora l’interpretazione grafica delle due componenti, che nella loro somma definiscono il
moto armonico finale del sistema.
i S
Adesso definiamo altre due grandezze fondamentali:
ZU[\]^] ^\ ]T_\``ab\]VU → c = deJ ; [UfgUVba → h =
=
c de
Tanto più m è grande, tanto più il periodo è allungato, mentre tanto più K è grande, tanto più T è
piccolo. Vediamo di scrivere il tutto in forma estesa:
= M J %#" I + P cos I
jPkl (
m nAo è qr oLst uuo v q LwAw tx onn xuo vt yz
Come si osserva il comportamento complessivo del sistema dipende da m e da K; ora voglio vedere
che cosa accade se introduco una azione dissipativa che si oppone al moto del sistema, quindi vado
+ + ^\TT\{a \|a =
a riscrivere l’equazione differenziale in questo modo:
Questa forza dissipativa dipende dalle caratteristiche del corpo, dalla sua velocità e dalla sua
massa, certamente non è di facile definizione, infatti può essere una forza di origine viscosa o di
attrito, nel senso più classico del termine. Difatti questa vtnntsoAt}o può essere proporzionale alle
caratteristiche del moto del corpo, oppure può essere una forza Columbiana, cioè una classica
forza di attrito. Se v fosse espressa in termini Columbiani, l’equazione differenziale non
presenterebbe più una formulazione finita, quindi per il momento la pensiamo proporzionale alla
velocità, quindi una forza dissipativa viscosa.
m txvt
vtnntsoAt}o = ~ M +• M + =
Pag. |9
~ M ( 0
L’equazione differenziale è ancora risolvibile; vediamo di fissare la soluzione dell’omogenea.
=# €A
M -=# €A • - ~- =# €A 0
- =# €A
Se α fosse nullo avrei la soluzione identicamente nulla, e che fisicamente non avrebbe alcun senso.
• •
A questo punto definisco le seguenti due grandezze.
ƒ
‚ d S •_[\ \_] 7
- „I 3 I…„ 1
ξ è il coefficiente di smorzamento, ed è il rapporto tra lo smorzamento C, e lo smorzamento
critico Ccritico. La soluzione dell’omogenea assume la seguente formulazione:
=1 # €‡ A = # €ˆ A U‰ƒS Š‹i UŒS…ƒ ‰i• ‹d UŒ‰S…ƒ ‰i• Ž
d d
decrescente # ‰••A , mentre la seconda parte dipende da ciò che abbiamo sotto radice agli
Come possiamo osservare questa funzione è composta da due parti, la prima è una esponenziale
„ 1 ’ 0 → - „I 3 j— I…1 „
abbiamo quanto segue:
—k——l
•˜
Ora so’ che le mie condizioni al contorno sono AOP P e M AOP M P , da queste posso definire la
soluzione dell’omogenea associata, nel caso di forza dissipativa viscosa:
; (
9 I <
MR RS
U‰ƒS › TUV S^ R _]T S^ œ • &!* ! &ž#
S^ : (
9Iv < …1 „
8
posso confondere Iv con I, e questa è una semplificazione sempre valida. Quindi al variare di „
Con i consueti valori di smorzamento delle strutture civili, da un punto di vista ingegneristico,
Come si osserva in questi due ultimi casi non ho alcuna oscillazione armonica.
Fino ad ora abbiamo interpretato e determinato la soluzione dell’omogenea associata; vediamo di
definire la soluzione particolare, se abbiamo la presenza di una forza estera, cioè di una forzante
del sistema F(t).
+~ M + =
Come al solito prima si trova la soluzione dell’omogenea associata E +~ M + = 0H, che
abbiamo già visto, poi si deve determinare un integrale particolare, quindi la soluzione sarà del
= jPkl + jskl
tipo:
+~ M + = •P
Dovrei comunque determinare tanti integrali particolari, quante sono le componenti della serie:
A‡
«x A ¦Ltxt tx±txtA ntLt
¯ ” +%! " *!→ MP ° MP → MP
Az
Come si osserva ogni impulso unitario può essere tradotto in una data velocità iniziale. Dalla
MP PI
soluzione dell’omogenea associata, che qui riscrivo, posso ricavare quello che segue:
# ‰••A › %#" Iv P &!% Iv œ
Iv
²
Quindi la mia soluzione particolare è:
° U‰ƒS ‰² TUVES^ ² H^² → ³V U´[a`U ^\ µg¶a U`
{
R S^
Il mio integrale particolare è composto da una serie di impulsi successivi, che possono essere
integrati con velocità iniziale diversa da zero. Questo è un integrale fondamentale della dinamica,
e prende il nome di Integrale di Duhamel. Ovviamente tutto questo vale per i sistemi elastico-
lineari, per i quali è possibile applicare la sovrapposizione degli effetti. Vediamo due esempi di
P &!" % !* #" ! „ 0
sempre di partire da condizioni iniziali nulle (sistema in quiete).
A A
Iv
1)
° %#"EI º H º » ° %#"EIv º H º¼
P P
s
Iv P
v
Iv P Iv
cosEIv º H P 1 cos Iv P 1 cos Iv
A
½ ½ ¾
P
Iv Iv Iv Iv •˜ ≅• J
P J
P a g . | 13
A
° # ‰•• %#"EIv º H º → ‘ * %!+“# ”#* ” *
P A‰¹
s
Iv P
0
P
À → 0 ¯" #$* +# $#"#* +# " ++!
MP 0
i I
¿
Il nostro integrale particolare è il seguente:
A
° %#" I
¿ %#"EIv º H º ETUV S
¿ ÂTUV S H &!" >
P R
{
Iv P Ái Âd I
; → Ã #% è " %!+ !"# % &
P
ad eccitare la struttura. Se I ¿ ≅ I il
forzante è talmente elevata, che non riesce
= P %#" I
¿
È
„≠0
1
= =># ‰••˜ E… H + =E 1 − > %#" I
¿ … H !“# = =
P A‰¹ P
s
1−> + 2„>
~ M
dall’equazione fondamentale:
Ë Ì ~ M 0 +• M +Á =− ´
=−
Il moto di un sistema soggetto ad uno spostamento impresso ai vincoli, può essere ricondotto a
quello di un oscillatore con base fissa e soggetto ad una forzante esterna ,
proporzionale all’accelerazione della base , in ragione della massa del sistema. Ovviamente il
termine è in funzione delle caratteristiche del suolo, dall’epicentro, dal magnitudo del sisma e
1
dalla sua direzione. Ora l’integrale di Duhamel, può essere così scritto:
A
= ° # ‰•• A‰¹ Ë− Ì%#"EIv − º H º
{
Iv P
i
=− ° ² U‰ƒS ‰² TUVES^ − ² H^²
S^ R ´
dipende dalla frequenza propria della struttura Iv ≅ I = JL, dallo
Í
Come si osserva s
smorzamento „ e dal sisma ; noti questi tre elementi posso definire il comportamento di
qualsiasi sistema, ovviamente questo integrale deve essere risolto per via numerica. Ad ogni modo
per risolvere questo problema si è ricorso al concetto di spettro di
risposta.
Si parte con il considerare un sistema elastico lineare ad un grado
di libertà di caratteristiche note (rigidezza e massa). Con queste
caratteristiche così fissate, possiamo risolvere per via numerica
l’integrale, ovviamente essendo noto . Posso definire diversi
„1 .
1 A
| t |Loy = ½ ° # ‰•‡ •Ï A‰¹ Ë− Ì%#"EIt − º H º½
It P Loy
P a g . | 16
1
ed in accelerazione.
A
M » ° º # ‰•• A‰¹ %#"EIv − º H º¼
Iv P
1 A
= = »− ° º # ‰•• A‰¹ %#"EIv − º H º¼
Iv P
Gli spettri sono un artificio fondato sulla
dinamica di sistemi ad un grado di libertà
operanti in campo elastico-lineare, e ci
consentono di definire la risposta massima del
nostro sistema sottoposto ad un determinato
sisma. È un artificio perché nella realtà non
abbiamo sistemi ad un grado di libertà che
operano in campo elastico lineare. Come si è
detto gli spettri vengono costruiti sui valori
massimi forniti dall’integrale di Duhamel per
una certa categoria di terremoti, in funzione
delle diverse caratteristiche del sistema
(frequenza propria e smorzamento).
P a g . | 17
1 A
- Spettro in spostamento.
1 A
- Spettro in velocità.
1 A
- Spettro in accelerazione.
2Ö ‘Ñ Ä
Vediamo ora come possiamo esprimere graficamente questi pseudo-spettri.
‘Ò I‘Ñ ‘Ñ ; ‘Ð ‘
Ä I 2Ö Ñ
+" ‘Ò ln 2Ö ln Ä ln ‘Ñ
Passando ai logaritmi ho che:
ln ‘Ð ln Ä ln 2Ö ln ‘Ñ ~ ln 2Ö ln Ä ln ‘Ñ
grafico tetra-logaritmo, ove in ordinata troviamo le velocità spettrali ‘Ñ , mentre nelle altre due
Abbiamo ottenuto l’equazione di una seconda retta; tutto questo può essere rappresentato con un
APPLICAZIONE.
9.801 *
Û +% !"# #+ % % # → I < < 5,32
346,5 %
I
*# #" #+ % % # →• 0,846â
2Ö
1
Û#* ! ! #+ % % # →Ä 1,181%
•
A questo punto usando il grafico tetra-logaritmico possiamo ricavare i seguenti valori, partendo
&
da uno smorzamento del 2%.
„ 2% → ‘Ñ 66,04 ; ‘Ò 0,4$ 3,924 ; ‘Ð 0,13
% %
Si devono definire le due equazioni del moto, una per la massa 1 e un’altra per la massa .
- Equazione del moto per la massa (equazione 2):
æ ç1 è 1
stx w qo Lonno
Equazione del moto per la massa 1 (equazione 1):
1 1
-
1 1 1 1 1 1 1 1 1
Vediamo di esprimere il tutto in forma matriciale, infatti un generico sistema può essere così
|F -¯| 0
F -1 ¯ 0
sistema.
un sistema con " gradi di libertà deve essere scomposto in " sistemi ad un grado di libertà, e di
comportamento, deve essere dipendete da una sola variabile, ed indipendente dalle altre. Quindi
0
Duhamel. Vediamo di riscrivere le equazioni che governano il nostro sistema:
› 1 œ › 1œ › 1 œŠ Ž › 1 œ
1
0
È 1 1 1 1 1
1
Come possiamo osservare queste due equazioni sono tra di loro accoppiate, cioè non sono tra di
loro indipendenti, per renderli tali si deve operare una trasformazione di coordinate.
P a g . | 21
Ú
¾ ¾ ¾ ¾ ©
Vediamo anche di riscrivere l’equazione che governa il sistema in forma matriciale:
é
¾ ¾ + Á ¾ ¾ =− é ¾ ì́
Quindi nel caso di sisma il tutto può essere così scritto:
V×i
vettore di scalari [.
addirittura nulle; per tenere conto di questo si introduce un
1
ï0 ó
ì = ¾ * !“# * = î0ò
x×1 î⋮ò
í" ñ
x×1
é
¾ ¾ + Á ¾ ¾ =− é ¾ ¾[ ´
Quindi alla fine il tutto si riduce a quanto segue:
0 + −
Ú
¾ ¾ + ¾ ¾ = © !“# Ú = › 1 œ # = › 1
œ
0 − + ô
x×x x×1 x×x x×1 x×1
Cerchiamo ora una soluzione in assenza di forzante, quindi = 0 ∀ . E peraltro sono sempre
nell’abito dell’ipotesi di elasticità lineare, quindi posso applicare la sovrapposizione degli effetti; la
soluzione cercata sarà quella classica.
ùwnAoxA
; ø—l # t•A
öo nwq utwx no¦à v q Atsw 9 ¾ = j—k
~
Ú
¾ ¾ + ¾ ¾ = 0 x×1 x×1
: ¾ = −I ~ ¾ # t•A
x×x x×1 x×x x×1
9
8x×1 x×1
ùwnAoxA 1 ~ 1
ø—l #
«x A ¦Ltxt nA nt… ~
®!“# ¾ = j—k ~ t•A
ú û = ü ý # t•A
⋮ ⋮
~x
x×1 x×1
x
Con l’espressione precedente sto’ implicitamente ammettendo che il nostro sistema composto da "
gradi di libertà, sia in movimento con la stessa frequenza, ma con ampiezze diverse; chiaramente il
moto considerato è sinusoidale.
P a g . | 22
- Rango o caratteristica di una matrice → Il massimo ordine dei minori non nulli che si
possono estrarre dalla matrice. Il rango di una matrice non è altro che il numero di righe o
di colonne linearmente indipendenti. Il minore non altro che il determinate di una
qualunque sottomatrice quadrata estratta dalla matrice di partenza. I calcoli necessari a
determinare il rango di una matrice sono generalmente laboriosi per l’elevato numero di
minori estratti che deve essere considerato. E’ naturale chiedersi se è proprio necessario
considerare tutti i minori estratti da una matrice per determinarne il rango: risponde alla
Partendo dalla definizione di rango di una matrice possiamo dire che una matrice F ha
domanda il Teorema di Kronecker.
rango * se:
1) Esiste almeno un minore estratto da F, di ordine * e non nullo;
2) Tutti i minori estratti da F di ordine * + 1 sono nulli.
Definizione - Assegnata una matrice F di tipo , " si definisce matrice orlata una
matrice di tipo + 1, " + 1 ottenuta accostando alla matrice assegnata una riga e una
righe ed " + 1 colonne ottenuta dalla matrice incompleta F, la matrice dei coefficienti,
aggiungendovi i termini noti G.
- Teorema di Rouché–Capelli → Un sistema lineare è compatibile se e solo se la matrice dei
Occorre quindi effettuare una preliminare ricerca del rango delle matrici F ed F′. Posto
coefficienti e la matrice completa hanno lo stesso rango.
Dopo questa scorpacciata di matematica matriciale, torniamo ad occuparci del nostro problema,
riprendiamo il nostro sistema omogeneo:
P a g . | 23
ù ¨ t}oq o…
Ej——k—
I —l
ÚH ~
¾ # t•A 0 [j——k—
− I —l
Ú] ~
¾ =0
xÞx xÞ1 x×x x×1
Se il rango * della matrice j
[ ——k—
− I —l
Ú] è uguale al suo ordine ", abbiamo la soluzione banale ~ =
x×x
0. Se * < " allora certamente ~t ≠ 0 con infinite soluzioni, peraltro proporzionali tra di loro.
dei punti di nullo del determinante della matrice |F − -¯|; ora per semplificarmi la vita affermo
A questo punto si richiama la definizione di auto valore, la cui ricerca si concretizza nella ricerca
che = 1 = = ô e 1
# | I Ú| 0 !“# $+ I %!"! "!% * !“ +!* + * !
.
0 Lsqt±t¥w 2 − 0
› 1 œ I › 1 œ 0 Š Ž−I Š Ž 0
ô 0 − 2 0
Š2 − I Ž 0 2 −I 0
2 −I
tnA Lw
4 + Ià 4 I 0 Ià 4 I 3 =0
−/ ± √/ − 4 & 4 3 √16 12
I1/ =
2 2
; 3 3
9I1 → I1 = <
2 3
:
9 I → I = <
8
Questi sono i due autovalori del sistema, e ne rappresentano le pulsazioni, per i due gradi di
) = Õ i U\Si + dU
lineare dei due modi:
\Sd
arrivare a soluzione più celermente. Infatti partendo da un sistema complesso con " gradi di
matrice delle masse e quella delle rigidezze, come vedremmo questo sistema ci permetterà di
libertà, la cui soluzione non ci è nota, ad " sistemi ad un grado di libertà di soluzione nota. Per
l’operazione di diagonalizzazione introduciamo un operatore matriciale, composto dagli
Ú
quali ragionamenti posso fare, partendo dalla nostra equazione di sistema.
Si opera una trasformazione delle coordinate tale che ¾ g , dove le sono definite
VÞV
coordinate modali. Alcune considerazioni…
«xn ¦tn¥w
ÚΦ Φ j—ck
é—l g j—ck
Á—l g j—k
c
—l
µ\a´]Va`U µ\a´]Va`U ÔU ][U
Alla fine quello che si è ottenuto è il disaccoppiamento dell’equazione del moto e sempre in
2 = 0 6 = 0 ) = −=
riferimento al nostro esempio:
› œ› 1 œ › œ › 1 œ = Š> > Ž › 1 œ
0 2 > 0 2 > )
d ‹ gi
d
Á‹ gi
d
E c
H•] {]VUV U i
ê
d  gd
d
dÁÂ gdd
E c
H•] {]VUV U d
La soluzione delle due equazioni precedenti è nota, e si definiscono nell’integrale di Duhamel.
1 ; 6 = 3
<
A
; ° EΦ H1 %#"EI1 º H º 9I1 = 2 = <
9 1
2 = I1 P
&!" „ 0 #
: 1 A
:
9 ° EΦ H %#"EI º H º 2 >
8 2 > I P 9I < <
8 2 >
Come si osserva le frequenze proprie del sistema I1 e I sono sempre le stesse, sia nel sistema
espresso in coordinate modali che nel sistema espresso in coordinate generali, dato che questi sono
Φ
degli invarianti del sistema. Da questo poi basterà eseguire l’operazione di cambio coordinate
per riottenere le coordinate generali . Se il sistema fosse smorzato, la matrice
che raccoglie i coefficienti di smorzamento, deve essere anch’essa disaccoppiata. Ma prima di
; 1
92 = 1 → = = <
2 = 0 1
0 Òqqw¦o 2
Ú ¯ → › œ Š
Ž
0 2 > 1 0 : 1
92 > 1 → > = <
8 2
3
Affermato questo, il resto è una semplice conseguenza…
0 I 0 = > 1
6 = 0 1 1
› œ=ü ý › 1 œ = Ω "!+ *# Φ = › œ= Š Ž
0 2 > 0 I −= > √2 −1 1
0
Lw x tuuoxvw q Lonn
Ú )+ )=Φ ³g g c
P a g . | 25
1 0 1 ) I 0 ) 1 1 −1 1
quanto segue:
Š Ž› œ+› 1 œ› 1 œ = Š Ž› œ
0 1 ) 0 I ) √2 1 1
gi Sdi gi E c H•] {]VUV U i
ê
gd Sdd gd E c H•] {]VUV U d
Ora basterà assegnare un valore arbitrario ad = e >, in
questo modo potremmo conoscere il comportamento
del sistema, infatti gli autovettori sono tutti definiti a
0 … 0 … 0
ï 0 … 0 ó
1
0 …
î ò
î ⋮ ⋮ ⋱ 0 … 0 ò
Ú 0
î 0 0 ¨ … 0 ò
î ⋮ ⋮ ⋮ ⋮ ⋱ 0 ò
0 0
í 0 0 0 x ñ
Ú
¾ ¾ ¾ ¾ 0
Fino ad ora abbiamo risolto i seguenti due casi:
‚
xÞx xÞ1 xÞx xÞ1
¾ ¾ + ¾ ¾ =©
Ú
x×x x×1 x×x x×1 xÞ1
Ú¾ ¾ ~
¾ M ¾ ¾ ©
xÞ1
xÞx xÞ1 xÞx xÞx xÞ1 xÞ1
Sarebbe interessante poter diagonalizzare anche la matrice dei termini di smorzamento, ma questo
è in linea generale del tutto impossibile. Ma per proseguire nella trattazione matematica, si deve
•
¾ ‹ é¾ Â Á¾
introdurre una stringente semplificazione:
precedente. I parametri = e > sono definiti in funzione dei modi di vibrare del sistema, in
questa semplificazione è molto pesante, ma è anche l’unico modo per poter risolvere l’equazione
particolare vanno scelti quelli principali (con maggior massa partecipante), tra tutti i possibili
P a g . | 26
È Ú Φ ÚΦ IÀ
allora abbiamo quanto segue:
Φ ~Φ C
Òqqw¦o §v txwqA¦
~ =¯ >Ω
Φ Φ Ω
Ricordo che per i sistemi a due gradi di libertà la ~ 2„I, da ciò consegue che:
~ 0 … 0
ï 1 ó
~ î 0 ~ … 0 ò ®!“# * #% &! ”!"# # è ~¦ 2„¦ I¦ = 1 >I¦
î⋮ ⋮ ⋱ 0ò
í 0 0 0 ~x ñ
Per determinare i coefficienti = e > devo conoscere la pulsazione e lo smorzamento dei due modi
2I¦ In In „¦ I¦ „n
di vibrare principali; e con la risoluzione di un semplice sistema posso definire questi parametri.
; ; =
92„¦ I¦ = >I¦ 9 In I¦
→
: 2„n In = >In : 2In „n In I¦ 2I¦ I¦ „n In „¦
9 9> In I¦ In
8 8
Come sappiamo Φ¾ © , quindi abbiamo a che fare con " equazioni in , vediamo ora
xÞx xÞ1
come possiamo scrivere la r-esima equazione, considerando tutto quello che abbiamo visto fino ad
ora.
Φ
! ¦ qr ¦‰ ntLo ¨ outwx
∀* 1 " ¦ ÚΦ¦
j—k—l ¦ 2„¦ I¦ M ¦ I¦ ¦ EΦ H¦
§ r so¦t o 1
n qt o Aw} AAw¦t
nwxw xw¦LoqtuuoAt
¦
i
La soluzione per ogni è quella nota.
Û#* ∀ g[ h[ Ëg[R , gM [R Ì cé
°E c H[ U‰ƒ[S[ ‰² TUV™S^[ ² š^²
[ [ S^ [ R
0 ⋯ 0 1
Nel caso di forzante esterna fornita da azione sismica, sappiamo che:
1
1
0 … 0 0
" ⋮ # Ú
¾ ¾ * ü ý ü⋮ý
⋮ ⋮ ⋱ 0
0 0 0
j—————k—————l *x
x xÞx xÞ1
x
%&% § r ¨ qqo w¦t txoq
E c é[H[
Ora possiamo riscrivere la nostra r-esima equazione, ma con forzante esterna fornita dal sisma.
g[ h[ Ëg[R , gM [R Ì cé
° ´ U‰ƒ[S[ ‰² TUV™S^[ ² š^²
[ [ S ^[ R
E c é[H[
Di tutta questa espressione ci interessa una parte particolare, ed esattamente questo blocco:
Si dimostra che…
-
î < ò î< ò
í 2 ñ í 2 ñ
= >
å!* + ! ++# %%#, " * &!* ! → Ú = Φ ÚΦ = I con Φ
¾ =› œ
= >
x×x
Vediamo di imporre al sistema una azione sismica che coinvolga entrambi i gradi di libertà del
sistema, e non potrebbe che essere altrimenti. Ed ora passiamo a definire i due coefficienti di
0 1
›J 1 J 1 œŠ
partecipazione.
ŽŠ Ž 8
EΦ Ú*H1 2 2 0 1
=1 =0 99
Φ1 ÚΦ1 1
:
→ ¬ α* = α1 α 2m
1 1 0 1 7
›J J œŠ ŽŠ Ž
[Φ Ú*] 2 2 0 1 9
*O1
= = = = √2 9
Φ ÚΦ ) 1 6
Come possiamo osservare il secondo modo di vibrare coinvolge tutto il sistema, e la somma dei
quadrati dei coefficienti di partecipazione fornisce correttamente la massa complessiva del sistema,
ovviamente questo è vero se gli autovettori sono normalizzati. La normativa prevede di
considerare tutti i modi di vibrare tali che coinvolgono i seguenti limiti di massa
Φ ÚΦ = I ¬ α* ≥ È
'(()*+
90%Ú wA. "#+ & %! ”!"
*O1
normative per le costruzioni in zona sismica richiedono usualmente che i telai siano progettati,
attraverso il criterio della gerarchia delle resistenze, in maniera tale che siano le zone di estremità
delle travi a dissipare, attraverso le deformazioni plastiche, l’energia immessa dalla struttura nel
terremoto. In tal caso le colonne risultano essere dimensionate in maniera tale che la loro
resistenza (e quindi anche la loro rigidezza) sia maggiore di quella delle travi adiacenti. L’ipotesi
adottata presenta però il vantaggio, dal punto di vista dell’analisi, di consentire una drastica
riduzione nel numero di gradi di libertà necessari a descrivere il moto della struttura: la
traslazione orizzontale di ciascun piano identifica completamente la configurazione deformata
queste coordinate verrà associata tutta la massa di piano. L’analisi così svolta consente, in prima
approssimazione, la determinazione delle caratteristiche dinamiche della struttura e del suo
comportamento per effetto di diversi tipi di sollecitazione. La matrice delle masse è facilmente
0 0 0,350 0 0
definibile:
1
Ú "0 0# " 0 0,273 0 #
0 0 ô 0 0 0,175
Per la matrice delle rigidezze si deve fare qualche considerazione in più. La matrice di rigidezza ,
matrice dei coefficienti della forma quadratica che esprime l’energia elastica immagazzinata nella
struttura, viene calcolata facendo riferimento al teorema di Clapeyron; quest’ultimo consente di
esprimere il lavoro di deformazione come lavoro compiuto dalle forze esterne agenti sul sistema
per i corrispondenti spostamenti. Nel nostro caso gli spostamenti sono quelli individuati dalle
coordinate libere; in forma simbolica può essere scritto:
ô ô ô
1 1 1
ä ¬ Ãt ¬ >¬ (t- - ? ì ¾ ¾
2 t
2 t
2 ôÞô
tO1 tO1 -O1 ôÞ1 1Þô
Le forze Ãt sono le forze che, applicate in corrispondenza dei punti in cui sono definite le
nella configurazione deformata caratterizzata dai generici valori 1 , , ô . Facendo uso del
coordinate libere, e nella medesima direzione, sono in grado di mantenere il sistema in equilibrio
principio di sovrapposizione degli effetti, ciascuna Ãt può essere vista come somma dei valori (t-
determinati nelle particolari configurazioni in cui una sola delle coordinate libere del sistema è
pari all’unità, mentre le restanti sono nulle moltiplicati ordinatamente per il valore della
corrispondente
coordinata libera -.
Queste particolari
configurazioni
deformate possono
essere ottenute
aggiungendo al sistema
dei vincoli che
impediscono il
movimento individuato
dalle coordinate libere,
ed imponendo a
ciascuno di essi un
cedimento unitario,
come mostrato in Fig. 3.
Le reazioni dei vincoli
aggiuntivi forniscono i
P a g . | 29
sistema algebrico omogeneo di equazione [j——k—− I —lÚ] ¾ = 0. Gli autovalori del sistema sono le
vibrare costituiscono rispettivamente le radici quadrate degli autovalori e gli autovettori del
ô×ô ô×1
radici dell’equazione caratteristica det| − I Ú| = 0. Vediamo di riprendere in mano alcune
= cos I + @)ω
definizioni, che ci chiariscono gli ultimi concetti espressi.
v¨
ö v ¦t}oA nwxw
= %#" I + @) ‚v ˆ ¨
vA
= − %#" I + @)ω
vA ˆ
Sostituisco il tutto nell’equazione differenziale che governa il sistema:
¥wxn
Ú + = 0 Ú[− %#" I + @)ω ] + [ cos I + @) ω] = 0
[Á − Sd é]E = R
5 −2 0 0,350 0 0
Andiamo in cerca degli autovalori…
Dato che non ho alcuna voglia di mettermi a giocare con le relazioni Cardaniche di rinascimentale
Plot » 6, Q , 0,3000R¼
10N 10O 10
;
ùtwè
207,972 I1 14,421
1.44444 ô
4.7 3.8 9 1
Solve » 6 0, ¼ →
ùtwè
10N 10O 10 955,462 I 30,911
:
9 ùtwè
8 ô 2.090,42 Iô 45,721
Abbiamo stabilito le pulsazioni proprie della struttura, vediamo che cosa altro possiamo
2Ö 1
affermare, partendo da queste:
; I1 14,421 → Ä1 0,436% → •1 2,295â
9 I Ä
9
1 1
2Ö 1
I 30,911 → Ä 0,203% → • 4,920â
: I Ä
9
9I 2Ö 1
45,721 → Äô 0,137% → •ô 7,277â
8 ô
Iô Äô
Ora è arrivato il momento si affrontare il problema degli autovettori, che sono dati dalla soluzione
del sistema » ¾ It Ú
¾ ¼ ìt 0. La matrice dei coefficienti presenta rango * 2, quindi
ôÞô ôÞô ôÞ1
abbiamo ∞ô‰ soluzioni, in altri termini gli autovettori saranno definiti a meno di una costante,
in tal caso procederemmo alla loro normalizzazione con la matrice delle masse. Un passo alla
volta…
1) Autovettore 1 (primo modo di vibrare della struttura).
5 2 0 0,350 0 0 U1,1
E I1 ÚH 1 Q105 " 2 3 1# 14,421 " 0 0,273 U
0 #• " ,1 # 0
0 1 1 0 0 0,175 Uô,1
0,350
ï5 14,421 2 0 ó
î 105 ò U1,1
î 0,273 ò "U ,1 # 0
105 2 3 14,421 1
î 105 ò Uô,1
î 0,175ò
í 0 1 1 14,421
105 ñ
P a g . | 31
0,350
; Ÿ5 14,421 U1,1 − 2U ,1 = 0
9 105
i
0,273
−2U1,1 + Ÿ3 − 14,421 U ,1 − Uô,1 = 0 Ei "d, iKL# Wi,i
: 105 L, dV
9 0,175
8 −U ,1 + Ÿ1 − 14,421 Uô,1 = 0
105
5 −2 0 0,350 0 0 U1,
2) Autovettore (secondo modo di vibrare della struttura).
Procediamo ora alla normalizzazione della matrice degli autovettori con la matrice delle masse,
ôÞô
U1,1 2,153U1,1 3,296U1,1 0,350 0 0 U1,1 U1, U1,ô
úU1, 0,908U1, −1,532U1, û " 0 0,273 0 # ú2,153U1,1 0,908U1, −0,984U1,ô û
U1,ô −0,984U1,ô 0,396U1,ô 0 0 0,175 3,296U1,1 −1,532U1, 0,396U1,ô
U1,1 2,153U1,1 3,296U1,1 0,350U1,1 0,350U1, 0,350U1,ô
úU1, 0,908U1, −1,532U1, û ú0,588U1,1 0,248U1, −0,269U1,ô û
U1,ô −0,984U1,ô 0,396U1,ô 0,577U1,1 −0,268U1, 0,0693U1,ô
L, KiIWdi,i R R
=ü R R, VI Wdi,d R ý=
R R R, HdWdi,L
Imponiamo che…
; 1
U = < = 0,533
9 1,1
3,518
9
3,518U1,1 0 0 1 0 0 9
1
M = ¯ → ú 0 0,986U1, 0 û = "0 1 0# → U1, = < = 1,007
0 0 1 : 0,986
0 0 0,642U1,ô
9
9 1
9U1,ô = < = 1,248
8 0,642
Ú
¾ ¾ ¾ ¾ ©
struttura. L’equazione generale che governa il sistema è sempre la stessa:
ÈÚ Φ ÚΦ IÀ
tutto si riduce a quanto segue:
Òqqw¦o
³f f c
Φ Φ Ω
0,533 1,148 1,757 525 −210 0 0,533 1,007 1,248
®!“# Ω "1,007 0,914 −1,543# "−210 315 −105# "1,148 0,914 −1,228# =
1,248 −1,228 0,494 0 −105 105 1,757 −1,543 0,494
207,858 0 0 I1 0 0
=" 0 955,111 0 #=ú0 I 0û
0 0 2.089,39 0 0 Iô
P a g . | 33
1
di Duhamel, che per l’r-esima componente si esprime come di seguito:
A
Û#* ∀ ¦ •¦—
j ¦z , —l
Ë—k— M ¦z Ì ° EΦ H¦ # ‰•X •X A‰¹ %#"™IvX º š º
jΦ——k—
¦ ÚΦ
—l¦ I vX P
t A¦on¥ ¦o
O1
EΦ H¦ A EΦ H¦ A
I¦
f[ ° %#"EI¦ º H º ° È %#"EI¦ º HÀ º
I¦ P I¦ P I¦
EΦ H¦ E c H[
| Q cos EI¦ I¦ ºR|AP Ei WXY S[ H
I¦ Sd[
781,865
Quindi le tre soluzioni modali sono le seguenti:
; 1 E1 − cos 14,421 )H 3,760E1 − cos 14,421 )H
9 14,421
9
686,635
E1 − cos 30,911 )H 0,719E1 − cos 30,911 )H
: 30,911
9
9 219,830
E1 − cos 45,721 )H 0,105E1 − cos 45,721 )H
8 ô
45,721
Questi sono i moti definiti per i singoli gradi di libertà, vediamo ora di definire il comportamento
globale della struttura, per i tre gradi di libertà, il cui spostamento è dato dalla somma dei singoli
Contributo modale 1
4 Contributo modale 2
Contributo modale 3
Coordinata x1(t)
3
Spostamenti [mm]
-1
9
Contributo modale 1
Contributo modale 2
8
Contributo modale 3
Coordinata x2(t)
7
6
Spostamenti [mm]
-1
16
Contributo modale 1
15 Contributo modale 2
14 Contributo modale 3
Coordinata x3(t)
13
12
11
Spostamenti [mm]
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
1.4 – Sistemi elastici lineari a più gradi di libertà – Il problema della risposta massima.
Come si osserva nell’applicazione precedente il primo modo di vibrare è nettamente predominate
rispetto al altri due. Ma non sempre possiamo usare l’integrale di Duhamel per dare una adeguata
una delle coordinate modali | t |Loy , e questo è sempre possibile, dato che stiamo risolvendo il
risposta ai nostri problemi reali. Si potrebbe pensare di determinare la risposta massima per ogni
nostro sistema complesso in modo disaccoppiato, cioè composto da singoli sistemi ad un grado di
libertà. Ma non possiamo affermare quanto segue:
Ðtno¥¥wsstw tq ntnA Lo ùwL nosstoLw
Φ
| 1 |Loy | i| a |gi | a
® → ‚| |Loy ž! &ž# ú| d | a û ≠ EçH ú|gd | a û
| ô |Loy | L| a LÞL |gL | a
Questo è dovuto al fatto che ogni modo di vibrare è definito da una propria frequenza, diversa per
ogni modo, per cui i massimi di ogni modo hanno una cadenza temporale diversificata. È
certamente vero che la risposta complessiva del sistema è data dalla combinazione dei vari modi di
vibrare, ma non possibile avere la risposta massima partendo direttamente da questi; si dovrà
trovare un modo di natura probabilistica che ci fornisca una valutazione complessiva del
problema, ma prima di questo vediamo di affrontare un’altra applicazione.
P a g . | 36
150 0 0
delle masse:
;
ùtwè
444,186 I1 21,076
1,4625 10,2 17,75 9 1
Solve › 6 0, œ →
ùtwè
2071,500 I 45,514
ô
10Y 10ß 10ô :
9 ùtwè
8 ô 4458,673 Iô 66,773
Abbiamo stabilito le pulsazioni proprie della struttura, vediamo che cosa altro possiamo
* 2Ö 1
affermare, partendo da queste:
; I1 21,076 → Ä1 0,298% → •1 3,354â
9 % I1 Ä1
9
* 2Ö 1
I 45,514 → Ä 0,138% → • 7,244â
: % I Ä
9
9I * 2Ö 1
66,773 → Äô 0,0941% → •ô 10,627â
8 ô
% Iô Äô
Ora è arrivato il momento si affrontare il problema degli autovettori, che sono dati dalla soluzione
del sistema » ¾ It Ú
¾ ¼ ìt 0. La matrice dei coefficienti presenta rango * 2, quindi
ôÞô ôÞô ôÞ1
abbiamo ∞ô‰ soluzioni, in altri termini gli autovettori saranno definiti a meno di una costante.
1) Autovettore 1 (primo modo di vibrare della struttura).
5 2 0 150 0 0 U1,1
E I1 ÚH 1 Q10 " 2 3
N
1# 10 Þ 21,076 " 0
ô
130 0 #• "U ,1 # 0
0 1 1 0 0 75 Uô,1
150
ï5 21,076 2 0 ó
î 10O ò U1,1
Oî 130 ò "U ,1 # 0
10 2 3 21,076 1
î 10O ò Uô,1
î 75 ò
í 0 1 1 21,076
10O ñ
150
; Ÿ5 21,076 U 2U ,1 0
9 10O 1,1
i
130
2U1,1 Ÿ3 21,076 U ,1 Uô,1 0 Ei "d, i J# Wi,i
: 10O L, dKi
9 75
8 U ,1 Ÿ1 21,076 U 0
10O ô,1
P a g . | 38
5 −2 0 150 0 0 U1,
2) Autovettore (secondo modo di vibrare della struttura).
Procediamo ora alla normalizzazione della matrice degli autovettori con la matrice delle masse,
ôÞô
U1,1 2,167U1,1 3,251U1,1 150 0 0 U1,1 U1, U1,ô
ô U
10 ú 1, 0,947U1, −1,709U1, û " 0 130 0 # ú2,167U1,1 0,947U1, −0,844U1,ô û
U1,ô −0,844U1,ô 0,360U1,ô 0 0 75 3,251U1,1 −1,709U1, 0,360U1,ô
P a g . | 39
1,553U1,1 0 0
Imponiamo che…
1 0 0
M = ¯ → 10ß ú 0 0,486U1, 0 û = "0 1 0#
0 0 0,252U1,ô 0 0 1
; 1
<
9U1,1 = 1,553 × 10ß = 8,024 × 10
‰à
9
9
1
→ U1, = < = 1,434 × 10‰ô
: 0,486 × 10ß
9
9 1
9U1,ô = < = 1,992 × 10‰ô
8 0,252 × 10 ß
j—cké—l f j—ck
Á—l f j—k —l
l’equazione che governa il nostro sistema è come al solito la seguente (in assenza di smorzamento):
c
¦
1
La soluzione per ogni è quella nota.
A
Û#* ∀ ¦ •¦ Ë ¦z , M ¦z Ì ° EΦ H¦ # ‰•X •X A‰¹ %#"™IvX º š º
Φ¦ ÚΦ¦ IvX P
0 ⋯ 0 1
Nel caso di forzante esterna fornita da azione sismica, sappiamo che:
1
1
0 … 0 0
" ⋮ # Ú
¾ ¾ * ü ý ü⋮ý
⋮ ⋮ ⋱ 0
x xÞx xÞ1
0 0 0
j—————k—————l x *x
%&% § r ¨ qqo w¦t txoq
E c é[H[
Ora possiamo riscrivere la nostra r-esima equazione, ma con forzante esterna fornita dal sisma.
f[ h[ Ëf[R , fM [R Ì cé
° ´ U‰ƒ[S[ ‰² TUV™S^[ ² š^²
[ [ S ^[ R
E c é[H[
Di tutta questa espressione ci interessa una parte particolare, ed esattamente questo blocco:
¬ d
, .X/.012 Y3Y/145 = 542,11 + 207,68 + 134,05 = 354.984Kg ≅ 355.000Kg
,Oi
= 542,11
Da qui è facile ottenere la percentuale di massa coinvolta nei vari modi di vibrare della struttura:
; Û* ! ! ! “ /* *# → 1 × 100 = × 100 = 82,8%
9 Ú wA. 355.000
9
= 207,68
‘#&!" ! ! ! “ /* *# → × 100 = × 100 = 12,1%
: Ú wA. 355.000
9 Ä#* ! ! ! “ /* *# → =ô × 100 = 134,05 × 100 = 5,1%
9
8 Ú wA. 355.000
Come si osserva il primo modo è quello che coinvolge maggiormente la massa del sistema,
comunque secondo la normativa dovrei considerare i primo due modi di vibrare come quelli
efficaci al fine del calcolo, dato che viene ad essere richiesta una percentuale di superamento del
90%.
Vediamo ora di tirarci fuori uno spettro elastico per la nostra sollecitazione sismica; per far ciò mi
riferisco all’NTC 2008. Prima si definisce lo spettro elastico in accelerazione delle componenti
orizzontali, solo successivamente possiamo definire quello riferito agli spostamenti. In primi
c i c
La relazioni che dovrò usare sono le seguenti:
;ZU[ R ] c ’ c
¶] _¶U
Ó ÕU c a´ Ó^ R › Ÿi œ
9 c ^ R c
9 ZU[ c ] c ’ c•
¶] _¶U
Ó ÕU c a´ Ó^ R
:
¶] _¶U c•
ZU[ c• ] c ’ cµ Ó ÕU c a´ Ó^ R Ÿ
9 c
9 ¶] _¶U c c
ZU[ cµ ] c Ó ÕU c a´ Ó^ R Ÿ d
• µ
8 c
Nelle quali Ä ed ‘ Ä sono, rispettivamente, periodo di vibrazione della struttura ed
per l’accelerazione di gravità $). Mentre gli altri parametri che appaiono sono i seguenti:
accelerazione spettrale orizzontale (solitamente è espressa in modo adimensionalizzato, cioè divisa
- ‘ è il coefficiente che tiene conto della categoria del sottosuolo e delle condizioni
‘ ‘ ‘ “# /#++
topografiche, mediante la seguente relazione:
- _ è il fattore che altera lo spettro elastico per coefficienti di smorzamento viscoso „ diversi
dal 5%, mediante la seguente:
10
_ < ≥ 0,55
5 „
Dove „ (espresso in percentuale) è valutato sulla base dei materiali, tipologia strutturale e
terreno di fondazione.
- P è il fattore che quantifica l’amplificazione spettrale massima, su un sito di riferimento
Äù è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a velocità costante dello spettro, dato da:
rigido orizzontale, ed ha un valore minimo pari a 2,2.
Äù ~ù Äù∗
-
Come si osserva la classificazione in base ai valori della velocità equivalente än,ôP di propagazione
delle onde di taglio entro i primi 30 m di profondità. Per le fondazioni superficiali, tale
profondità è riferita al piano di imposta delle stesse, mentre per le fondazioni su pali è riferita alla
testa dei pali. Nel caso di opere di sostegno di terreni naturali, la profondità è riferita alla testa
dell’opera. Per muri di sostegno di terrapieni, la profondità è riferita al piano di imposta della
periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro, andranno cercati nelle apposite
tabelle, allegate alla fine della normativa in funzione delle coordinate geografiche del sito di
Lo spettro di risposta elastico in spostamento delle componenti orizzontali ÓµU c si ricava dalla
interesse.
Per periodi di vibrazione eccedenti ħ , le ordinate dello spettro possono essere ottenute dalle
Ä Ä§
formule seguenti:
Û#* ħ ’ Ä ] Ä· ‘Ðe Ä 0,025 ‘Äù ÄÐ › P _ 1 œ
dw ¥
P_
c ķ ħ
w ¥
Û#* Ä – Ä· ‘Ðe Ä
P a g . | 44
I valori dello spostamento orizzontale e della velocità orizzontale “ massimi del terreno sono
0,025 ‘Äù ÄÐ
dati dalle seguenti espressioni (NTC2008 - §3.2.3.3):
È
“ = 0,16 ‘Äù
Dopo averci tirato fuori dalla normativa tutte queste relazioni, vediamo di costruirci il nostro
spettro in accelerazione per le componenti orizzontali, per far ciò usiamo il programma del Prof.
Gelfi.
0,1
0,08
Sd (T) [m]
0,06
0,04
0,02
Spostamenti
0
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5
T [s]
| 1 |Loy | 1 |Loy
modi di vibrare non sono contemporanei:
ú| |Loy û ≠ EΦH
ç ú| |Loy û
| ô |Loy ôÞô | ô |Loy
Ma possiamo esprimere diversamente il tutto, difatti possiamo procedere alla separazione degli
\[ a W\[ ‹[ ÓµU,[ c[ , ƒ[
ii id iL
‹i ÓµUfi ci , ƒi R R
Ei] = " di dd dL # E Hú R ‹d ÓµUfd cd , ƒd R û
Li Ld LL R R ‹L ÓµUfL cL , ƒL
P a g . | 46
î ò
© îJ
d
di
d
dd dL ò
d ü… 8,862 × 10‰ô ) + 5,360 × 10‰à ) + 1,580 × 10‰à ) ý
LÞi î ò … 1,330 × 10‰ ) + 9,681 × 10‰à ) + 6,741 × 10‰O )
îJ d d d ò
í Li Ld LL ñ
1 4,132 × 10‰ô
© ú û ú8,880 × 10‰ô û
ôÞ1 ô 1,334 × 10‰
Questo vale sia per gli spostamenti sia per le accelerazioni, ma anche per tutti gli sforzi (normali,
di taglio o flettenti), che dovranno in ogni caso ottenersi con la relazione SRSS. Ricordo altresì che
questo modus operandi non ha alcuna attinenza con la fisica del nostro problema, ma è solamente
una valutazione statistica, rispondente a determinati criteri probabilistici. Il vantaggio è quello di
ottenere un valore rappresentativo per i singoli gradi di libertà. La normativa permette di usare
anche un’altra relazione probabilistica che prende il nome di CQC, cioè correlazione quadratica
completa, data la sua complessità viene ad essere usata quasi esclusivamente in ambito
computazionale.
; ÓmÓÓ → <¬
d
9
[
[
:
9•n• → <¬ ¬ o[T [ T
8 [ T
Dove p¦n è il coefficiente di correlazione tra il modo * ed il modo %, ed è fornito dalla seguente:
S L
Iƒd JŒST •
o[T [
ST ST d S
Œi S • ›Œi S • Hƒd ST œ
[ [ [
Il metodo SRSS ha delle buone prestazioni quando le frequenza angolari I¦ dei vari modi di
vibrare sono lontane tra di loro, altrimenti dovremmo usare la combinazione quadratica completa.
P a g . | 47
In assenza di analisi dinamiche non lineari appropriate (al passo), possiamo considerare un
metodo semplificato; le capacità dissipative delle strutture possono essere messe in conto
attraverso una riduzione delle forze elastiche, che tiene conto in modo semplificato della capacità
dissipativa anelastica della struttura, della sua sovraresistenza, dell’incremento del suo periodo
proprio a seguito delle plasticizzazioni. In altri termini continuo sempre a progettare la mia
garantirne la duttilità Œq • curo i particolari costruttivi della stessa, con il metodo della
struttura in campo elastico, ma con delle forze fittiziamente inferiori, e al contempo per
Óg
ÓU
gerarchia delle resistenze. In riferimento al punto §3.2.3.5 dell’NTC-2.008, lo spettro di progetto
da utilizzare, per le componenti orizzontali, sarà ottenuto con le medesime formule, ma si dovrà
1̈
sostituire il fattore _ con , dove è definito fattore di struttura.
¶] _¶U a´ Ó R c i c
;ZU[ R ] c ’ c Ó Õ^ c › Ÿi œ8
9 f c ^ R c 9
9 ¶] _¶U a´ Ó R 9
9 ZU[ c ] c ’ c• Ó Õ^ c 9
f
≥ R, da´
: ¶] _¶U a´ Ó R c• 7
ZU[ c• ] c ’ cµ Ó Õ^ c Ÿ
9 f c 9
9 a´ Ó R c• cµ 9
9 ZU[ cµ ] c
¶] _¶U
Ó Õ^ c Ÿ d 9
8 f c 6
Il valore del fattore di struttura q da utilizzare per ciascuna direzione della azione sismica, dipende
dalla tipologia strutturale, dal suo grado di iperstaticità e dai criteri di progettazione adottati e
prende in conto le non linearità di materiale. Esso può essere calcolato tramite la seguente
f fR Ám
espressione:
P a g . | 48
P
dalla tipologia strutturale e dal rapporto = /=1 tra il valore dell’azione sismica per il quale
- è il valore massimo del fattore di struttura che dipende dal livello di duttilità attesa,
ä di un’opera strutturale è il numero di anni nei quali la struttura può adempiere al suo
conoscere la vita nominale di una struttura, più comunemente definita vita utile. La vita nominale
compito, purché soggetta alla sola manutenzione ordinaria. La durata della vita nominale dipende
dall’importanza dell’opera stessa:
In presenza di azioni sismiche, con riferimento alle conseguenze di una interruzione di operatività
o di un eventuale collasso, le costruzioni sono suddivise in classi d’uso così definite:
1) Classe I: costruzioni con presenza solo occasionale di persone, edifici agricoli.
2) Classe II: costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi
per l’ambiente e senza funzioni pubbliche e sociali essenziali. Industrie con attività non
pericolose per l’ambiente. Ponti, opere infrastrutturali, reti viarie non ricadenti in Classe
P a g . | 49
d’uso III o in Classe d’uso IV, reti ferroviarie la cui interruzione non provochi situazioni di
emergenza. Dighe il cui collasso non provochi conseguenze rilevanti.
3) Classe III: costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi. Industrie con attività
pericolose per l’ambiente. Reti viarie extraurbane non ricadenti in Classe d’uso IV. Ponti e
reti ferroviarie la cui interruzione provochi situazioni di emergenza. Dighe rilevanti per le
conseguenze di un loro eventuale collasso.
4) Classe IV: Costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, anche con
riferimento alla gestione della protezione civile in caso di calamità. Industrie con attività
particolarmente pericolose per l’ambiente. Reti viarie di tipo A o B, di cui al D.M. 5
novembre 2001, n. 6792, “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle
strade”, e di tipo C quando appartenenti ad itinerari di collegamento tra capoluoghi di
provincia non altresì serviti da strade di tipo A o B. Ponti e reti ferroviarie di importanza
critica per il mantenimento delle vie di comunicazione, particolarmente dopo un evento
sismico. Dighe connesse al funzionamento di acquedotti e a impianti di produzione di
energia elettrica.
riferimento är che si ricava, per ciascun tipo di costruzione, moltiplicandone la vita nominale
Le azioni sismiche su ciascuna costruzione vengono valutate in relazione ad un periodo di
2.2 – Le azioni.
Prima di tutto vediamo di fornire una serie di classificazioni.
1) Azioni dirette: comprendono tutti i carchi gravitazionali, le azioni del vento e della neve.
2) Azioni indirette: queste sono le coazioni, le distorsioni vincolari, dilatazioni termiche,
ritiro e viscosità, queste sono tutte sollecitazioni che dipendono dalle caratteristiche
interne del materiale.
3) Degrado ambientale: anche questo è visto come un’azione esterna, ed è un nuovo modo di
pensare al degrado ambientale, inteso come la corrosione per l’acciaio, oppure i cicli di
gelo e disgelo per il calcestruzzo.
Ed inoltre le azioni si dividono in:
1) Statiche.
2) Pseudo-statiche: queste sono tutte le azioni dinamiche che possono essere rappresentate
mediante un’azione statica equivalente, ad esempio l’azione del vento.
3) Dinamiche.
1) Azioni permanenti v : sono tutte le azioni che agiscono per tutta la durata della vita
Altra classificazione:
2) Azioni variabili à : qui possiamo trovare le azioni variabili di breve durata (vento,
distorsione imposte all’atto della costruzione.
dilatazioni termiche giornaliere, ecc.), rispetto alla vita utile della struttura, o di lunga
3) Azioni eccezionali F : qui troviamo gli urti, gli impatti e gli incendi, tutte azioni che si
durata (calpestio, mobili, neve, dilatazioni termiche stagionali, ecc.).
S.L.U.–Combinazione fondamentale→ Fx γz‡ G|‡ γzˆ G|ˆ γ} P| γ~‡ Q|‡ ∑:ƒO ψP‚ γ~‚ Q|‚
S.L.E.–Combinazione rara → Fx G|‡ G|ˆ P| Q|‡ ∑:ƒO ψP‚ Q|‚
S.L.E.–Combinazione frequente → Fx G|‡ G|ˆ P| ψ11 Q|‡ ∑:ƒO ψ ‚ Q|‚
S.L.E.–Combinazione quasi permanente → Fx G|‡ G|ˆ P| ∑:ƒO1 ψ ‚ Q |‚
Come possiamo osservare nella combinazione fondamentale l’azione variabile Q|‡ è l’azione
combinazione ψP‚ , che tiene conto della non contemporaneità delle azioni. Mentre tutti i
principale, mentre tutte le altre sono tra di loro combinate, tramite un coefficiente di
coefficienti γ, ci servono per passare al valore di calcolo delle azioni, partendo da quello
caratteristico, essi si presentano con valori diversi, in ragione del fatto se stiamo considerando
combinazione sfavorevoli o favorevoli alla sicurezza. La combinazione fondamentale viene ad
essere utilizzata per la verifica a rottura della struttura. Si deve anche dire che la normativa fissa
altre due combinazioni:
Per quanto riguarda invece i coefficienti di sicurezza il Testo Unico distingue tre livelli di verifica:
- Lo stato limite di equilibrio come corpo rigido (EQU).
- Lo stato limite di resistenza della struttura, compresi gli elementi di fondazione (STR), ed
è quello più utilizzato.
- Lo stato limite di resistenza del terreno (GEO).
Le EQU sono le verifiche di equilibrio, mentre le STR sono le verifiche di resistenza, ed infine le
GEO sono le verifiche geotecniche, per quest’ultime due si possono usare due approcci diversi, il
primo consente di utilizzare due serie di coefficienti di sicurezza diversi, il primo per le azioni e la
resistenza dei materiali, il secondo per le verifiche globali. Mentre il secondo approccio consiste
nell’utilizzare un’unica terna di coefficienti di sicurezza, anche se tale modo di procedere è gravoso
per le verifiche geotecniche.
Tra i carichi permanenti portati v abbiamo anche il peso degli elementi divisori interni, questi
possono essere equiparati a una carico uniformante distribuito, questo è possibile qualora il peso
delle tramezze è trascurabile rispetto al peso degli elementi strutturali che le portano. Questa
ipotesi è generalmente verificata per le strutture in calcestruzzo armato e quelle in acciaio, mentre
P a g . | 52
per le strutture in legno, generalmente, le tramezze sono portate da singoli elementi strutturali
v ] 1,00 L → $ 0,40Lˆ
(travi), che quindi devono essere dimensionati ad hoc.
Í Í
;
91,00 ’ v ] 2,00Í → $ 0,80Lˆ
Í
9 L
Û#* #+# #" “ %!* &!" 2,00 ’ v ] 3,00 L → $ 1,20Lˆ
Í Í
:
93,00 ’ v ] 4,00 L → $ 1,60Lˆ
Í Í
9
84,00 ’ v ] 5,00 L → $ 2,00Lˆ
Í Í
utili per determinare l’azione del peso proprio v1 della struttura portante, da una parte, e dei
Vediamo ora di riportare il peso specifico dei materiali strutturali più utilizzati, questi tornano
Altro discorso sono i carichi variabili ÃK , questi possono essere costituiti da:
1) Carichi verticali uniformante distribuiti K .
2) Carichi verticali concentrati ÃK .
3) Carichi orizzontali lineari âK .
Chiaramente tutti questi carichi sono legati alla destinazione d’uso dell’edificio, i primi vanno
utilizzati per le verifiche globali della struttura, mentre i secondi per le verifiche locali, tenendo
P a g . | 53
ben presente il fatto che devono essere applicati separatamente. Quelli concentrati solitamente
vengono applicati con un’impronta quadrata 50x50mm, tranne per le autorimesse dove
l’impronta deve essere pari a 200x200mm, con un interasse di applicazione pari a 1,8m.
P a g . | 54
Sulle strutture usualmente ho uno stato di pressione positiva sulle facce esposte al vento, mentre
per le altre facce sottovento l’azione è data da una depressione negativa, sulle coperture posso
avere sia una pressione positiva che una depressione, questo dipende principalmente dalla sua
pendenza, in generale si ha una depressione con un effetto di sollevamento della copertura. Per gli
edifici completamente stagni all’interno ho uno stato di pressione nullo, mentre per gli edifici che
presentano un’apertura, posso avere uno stato di depressione interna se l’apertura è sottovento,
oppure di pressione positiva se l’apertura è sopravento. La direzione del vento usualmente viene
considerata agente lungo gli assi principali della struttura, mentre si considera anche la direzione
inclinata in quelle strutture nelle quali sono assenti i diaframmi (solai o croci), ad esempio i
tralicci dell’altatensione.
Da un punto di vista più prettamente progettuale noi considereremmo la pressione del vento, la
{ f• _U _{ _^
cui componente normale alla superficie esposta è:
1
della sua velocità.
p“
Ž
2 Ž
- ρ è la densità dell’aria assunta convenzionalmente pari a 1,25j•‘
g.
“Žz %# n ] P
“Ž = È
“Žz (o n P %# P ] n ] 1.500
Dalla tabella seguente possiamo ricavare tutti i dati necessari per determinare v’ , mentre per
altitudini superiori si deve fare riferimento a dati sperimentali, o da indagini statistiche
adeguatamente comprovate.
P a g . | 55
z z
ce = k r2 ct ln 7 + ct ln per z ≥ z min
z 0 z0
ce = ce ( z min ) per z < z min
Dove &A è il coefficiente di topografia, esso solitamente viene preso uguale all’unità, il suo scopo è
quello di considerare l’incremento di velocità del vento lungo scarpate e colline isolate. Mentre
tutti gli altri coefficienti vengono ad essere definiti dalla seguente tabella:
P a g . | 56
&s 0,8 (sovrapressione), mentre quelle in sottovento &s 0,4 (depressione), questo vale
copertura a falde/piana oppure curva. Le pareti verticali esposte al vento (sopravvento) si pone un
anche per le falde sopravento con un angolo α compreso tra i 0° e i 20°, come si può notare qui di
seguito:
P a g . | 58
- per costruzioni non stagne &st 30,2 (si sceglie la combinazione più sfavorevole).
Per quelle costruzioni che possono presentare (anche eccezionalmente) una parete con una
Per gli edifici non stagni, si deve prendere in considerazione come direzione del vento la direzione
definita dall’apertura, in altri termini devo considerare come direzione del vento quella più
gravosa per l’edificio. Altro caso di interesse sono le coperture multiple (coperture industriali), per
queste si considera che la prima copertura colpita dal vento (sopravvento) sia caratterizzata dai
coefficienti definiti in precedenza. Per la copertura successiva il coefficiente di forma relativo allo
spiovente sopravvento deve essere ridotto del 25%. Dalla terza copertura in poi il coefficiente deve
essere ridotto del 25% per entrambi gli spioventi, questo per la verifica dei singoli elementi.
P a g . | 59
Mentre per la verifica globale si applicano al primo e all’ultimo spiovente le pressioni valutate
secondo quanto stabilito in precedenza, ed inoltre si considera applicata alla superficie proiettata
in piano di tutte le parti del tetto, un’azione superficiale orizzontale di tipo tangenziale il cui
”± 0,10“Ž &
valore unitario è assunto convenzionalmente pari a:
Mentre per le tettoie o le pensiline isolate che abbiano un rapporto tra la massima altezza al suolo
travi piene isolate. Definisco con ‘ la superficie vuoto per pieno della trave, mentre chiamo ‘s la
Altro caso è quello che riguarda la valutazione del coefficiente di forma per le travi reticolari, o
superficie definita dalle parti piene della trave, in questo modo mi posso determinare la
percentuale ϕ di foratura. Risulta evidente che la pressione va valutata agente solamente sulle parti
4
piene della trave:
ž delle travi, il valore della pressione sull’elemento successivo sarà pari a quello precedente
Quindi per le travi disposte parallelamente a una distanza non maggiore del doppio dell’altezza
2
moltiplicato per un coefficiente riduttivo µ:
; š 1 1,2U ”#* U ]
9 3
2
9 š 0,2 ”#* U –
3
:Û#* < 5 → š 1 $+ #+ #" % &!"% #* "! %!+
9 ž
9
8 Û#* 2 ] ž ’ 5 % ”*!&# # ”#* " #*”!+ !"# + "# *#
Per maggiori dettagli inerenti a pali, tralicci, corpi cilindrici e corpi sferici, viene fatto rimando
alla circolare, alle pagg. 27-28 del cap. 1-3.
Altro problema che merita attenzione sono le pressioni massime locali nelle zone di discontinuità
della forma esterna della costruzione ed, in particolare, nelle strutture secondarie disposte nella
fascia perimetrale dell’edificio ed in corrispondenza dei displuvi, il valore assoluto del coefficiente
di pressione può subire sensibili incrementi. Tali effetti, dovuti a vorticosità
valutati assumendo, per le zone comprese nelle fasce sopra descritte, il coefficiente &s 1,8.
Locale (distacco di vortici), in assenza di specifiche prove in galleria del vento, potranno essere
P a g . | 61
{h f• _U _h
L’azione tangente del vento può essere valutata tramite l’uso della seguente relazione:
Mentre Ž e & sono già stati definiti in precedenza, lo stesso non si può dire per il coefficiente
d’attrito &± , funzione della scabrezza della superficie sulla quale il vento esercita l’azione tangente.
Alcuni valori di cf sono di seguito riportati:
P a g . | 62
qscos α
α α
l l
La normativa fornisce il carico da neve in proiezione orizzontale, quindi per determinare la
componente del carico lungo l’elemento di copertura, si deve moltiplicarlo per il coseno di α.
Tutto quello che ora si esporrà vale per quote inferiori ai 1.500m e per tempi di ritorno di 50
anni, per quote superiori si dovrà fare riferimento ad analisi locali. Mentre per tempi di ritorno
~ä Þ √6
superiori si devono utilizzare le seguenti relazioni.
1 Eln ln 1 Û¦ 0,57722H 1
50 c Ö œ Û¦
nK Ä* nK Ä*
1 2,5923 Þ ~ä Ä*
Dove CV è il coefficiente di variazione della serie dei massimi annuali del carico della neve, che
per tempi di ritorno superiori ai 50 anni può essere assunto pari a 0,6.
4) COEFFICIENTE DI FORMA št .
Vedremmo ora il coefficiente di forma da utilizzare nei casi seguenti:
Copertura ad una falda.
Copertura a due falde.
Copertura a più falde.
Coperture cilindriche.
Coperture adiacenti o vicine a costruzioni più alte.
Effetti locali (sporgenze, carichi sugli sporti, barriere paraneve).
Prima di tutto vediamo di definire i valori del coefficiente di forma in funzione della pendenza
della copertura:
P a g . | 64
Per tutte le casistiche che seguono si deve fare rifermento al carico da neve con calma di vento e
con vento, infatti si deve tenere conto dell’accumulo della stessa.
• Coperture cilindriche.
Per le coperture cilindriche devono essere considerate due combinazioni di carico, quello
simmetrico e quello assimetrico, che corrispondo rispettivamente al carico da neve in assenza di
vento (Caso I), e in presenza di vento (Caso II). Si suppone che il scivolamento della neve non sia
impedito.
Come si può notare la neve insiste fin tanto
che la curvatura non presenti una
š šŸ šn
μ” è il coefficiente di forma dovuto allo scivolamento:
Û#* = ] 15° ž! &ž# šn 0
È
Û#* = – 15° ž! &ž# šn è ” * + 50% #+ %% ! & * &! "#“# % ++ &!”#* * &#" # št
P a g . | 66
š1 0,8
I coefficienti di forma e le lunghezze di accumulo sono definiti come di seguito:
¡ž å
š &!" + + !"# 0,8 ] š ] 2,0 # &!" ¡ 2,0 ô
nK
+n 2ž &!" + + !"# 5 ] +n ] 15
L’azione statica F” impressa da una massa di neve che scivola su barriere paraneve o altri ostacoli,
• Carichi della neve su barriere paraneve e altri ostacoli.
F” q ” bsenα
nella direzione dello scivolamento, per unità di lunghezza dell’edificio può essere assunta uguale a:
- q ” è il carico da neve sulla copertura relativo alla distribuzione uniforme più sfavorevole,
questa combinazione l’azione sismica Ex è già inserita con il suo valore di progetto, tale valore si
definisce a partire dalla pericolosità sismica di base del sito di costruzione. Essa costituisce
condizioni di campo libero su sito di riferimento rigido con superficie topografica orizzontale,
S'ª (T), con riferimento a prefissate probabilità di superamento P«¬ , come definite nel seguito, nel
nonché dalle ordinate dello spettro di risposta elastico in accelerazione ad essa corrispondente
Per ciascuna delle probabilità di superamento nel periodo di riferimento V® , a partire dai valori
classica analisi con gli spettrogrammi.
Le probabilità di superamento nel periodo di riferimento är , cui riferirsi per individuare l’azione
orizzontali.
sismica agente in ciascuno degli stati limite considerati, sono riportate nella successiva tabella.
limite, in altri termini il tempo di ritorno Är è un indice probabilistico che indica che nell’arco di
Definita la probabilità di superamento possiamo conoscere il tempo di ritorno del nostro evento
questo periodo temporale il mio evento sismico ha il 100% di probabilità di accadimento. Come si
osserva per gli eventi collegati agli stati limite di esercizio, la probabilità di accadimento è
Ôm 50
nettamente superiore, perché si fa riferimento ad eventi sismici di minore entità.
§vt±t¥t ov nw ¥t}tq ѯ OÑ° ù± OOPÞ1OOP
cm Är 475 ""
2- i ZÔm ln 1 0,1
Vediamo ora in modo più particolare le verifiche agli stati limite ultimi e a quelli di esercizio
(§7.3.6 - §7.3.7).
1) Le verifiche nei confronti degli stati limite ultimi degli elementi strutturali, degli elementi
non strutturali e degli impianti si effettuano in termini di resistenza e duttilità. Per tutti gli
elementi strutturali, inclusi nodi e connessioni tra elementi, deve essere verificato che il
valore di progetto di ciascuna sollecitazione v , calcolato in generale comprendendo gli
effetti delle non linearità geometriche e le regole di gerarchia delle resistenze indicate per le
forze ottenute dall’analisi, aumentate del 30%. Deve essere verificato che i singoli elementi
strutturali e la struttura nel suo insieme possiedano una duttilità coerente con il fattore di
struttura adottato. Questa condizione si può ritenere soddisfatta applicando le regole di
progetto specifiche e di gerarchia delle resistenze che indicheremmo per le diverse tipologie
costruttive. Alternativamente, e coerentemente con modello e metodo di analisi utilizzato,
si deve verificare che la struttura possieda una capacità di spostamento superiore alla
domanda.
P a g . | 69
Per gli elementi costruttivi senza funzione strutturale debbono essere adottati magisteri atti
ad evitare collassi fragili e prematuri e la possibile espulsione sotto l’azione della o
(§7.2.3) corrispondente allo SLV. Per ciascuno degli impianti principali, gli elementi
strutturali che sostengono e collegano i diversi elementi funzionali costituenti l’impianto
tra loro ed alla struttura principale devono avere resistenza sufficiente a sostenere l’azione
della o (§7.2.4) corrispondente allo SLV.
2) Le verifiche nei confronti degli stati limite di esercizio degli elementi strutturali, degli
elementi non strutturali e degli impianti si effettuano rispettivamente in termini di
resistenza, di contenimento del danno e di mantenimento della funzionalità. Per
costruzioni di Classe III e IV (vedi pag. 45), se si vogliono limitare i danneggiamenti
strutturali (verifica in termini di resistenza), per tutti gli elementi strutturali, inclusi nodi e
connessioni tra elementi, deve essere verificato che il valore di progetto di ciascuna
sollecitazione v calcolato in presenza delle azioni sismiche corrispondenti allo SLD ed
attribuendo ad _ il valore di ô, sia inferiore al corrispondente valore della resistenza di
progetto •v , calcolato secondo le regole specifiche indicate per ciascun tipo strutturale
nel Cap. 4 dell’NTC con riferimento alle situazioni eccezionali.
Per le costruzioni ricadenti in classe d’uso I e II si deve verificare che l’azione sismica di
progetto non produca agli elementi costruttivi senza funzione strutturale danni tali da
rendere la costruzione temporaneamente inagibile. Nel caso delle costruzioni civili e
industriali, qualora la temporanea inagibilità sia dovuta a spostamenti eccessivi interpiano,
questa condizione si può ritenere soddisfatta quando gli spostamenti interpiano ottenuti
dall’analisi in presenza dell’azione sismica di progetto relativa allo SLD siano inferiori ai
limiti indicati nel seguito.
• Per tamponamenti collegati rigidamente alla struttura che interferiscono con la
¦ ’ 0,005ℎ
deformabilità della stessa.
di interpiano d*™ , per effetto della loro deformabilità intrinseca ovvero dei
• Per tamponamenti progettati in modo da non subire danni a seguito di spostamenti
¦ ] ¦s < 0,01ℎ
collegamenti alla struttura.
¦ < 0,003ℎ
• Per costruzioni con struttura portante in muratura ordinataria.
¦ < 0,004ℎ
• Per costruzioni con struttura portante in muratura armata.
spostamento più restrittivo. Qualora gli spostamenti di interpiano siano superiori a 0,005ℎ
struttura portante nel medesimo piano della costruzione, deve essere assunto il limite di
le verifiche della capacità di spostamento degli elementi non strutturali vanno estese a tutti
i tamponamenti, alle tramezzature interne ed agli impianti. Per le costruzioni ricadenti in
classe d’uso III e IV si deve verificare che l’azione sismica di progetto non produca danni
agli elementi costruttivi senza funzione strutturale tali da rendere temporaneamente non
operativa la costruzione.
Nel caso delle costruzioni civili e industriali questa condizione si può ritenere soddisfatta
quando gli spostamenti interpiano ottenuti dall’analisi in presenza dell’azione sismica di
progetto relativa allo SLO siano inferiori ai ô dei limiti in precedenza indicati.
Come si è già accennato l’uso degli accelerogrammi (§3.2.3.6) è consentita, ma come analisi
complementare e non sostitutiva dell’analisi spettrale. Ciascun accelerogramma descrive una
componente, orizzontale o verticale, dell’azione sismica; l’insieme delle tre componenti (due
P a g . | 70
parametri fisici che determinano la scelta del valore di a© e di S² . In assenza di studi specifici la
durata degli accelerogrammi artificiali deve essere stabilita sulla base della magnitudo e degli altri
durata della parte pseudo-stazionaria degli accelerogrammi deve essere almeno pari a 10s; la parte
pseudo-stazionaria deve essere preceduta e seguita da tratti di ampiezza crescente da zero e
decrescente a zero, di modo che la durata complessiva dell’accelerogramma sia non inferiore a 25s.
Gli accelerogrammi artificiali devono avere uno spettro di risposta elastico coerente con lo spettro
di risposta adottato nella progettazione. La coerenza con lo spettro elastico è da verificare in base
smorzamento viscoso equivalente ξ del 5%. L'ordinata spettrale media non deve presentare uno
alla media delle ordinate spettrali ottenute con i diversi accelerogrammi, per un coefficiente di
scarto in difetto superiore al 10%, rispetto alla corrispondente componente dello spettro elastico,
in alcun punto del maggiore tra gli intervalli 0,15s÷2,0s e 0,15s÷2T, in cui T è il periodo
fondamentale di vibrazione della struttura in campo elastico, per le verifiche agli stati limite
ultimi, e 0,15s÷1,5T, per le verifiche agli stati limite di esercizio.
Ora tornando all’inizio di questo capitolo, introdotto con il richiamo della combinazione
dell’azione sismica con le altre azioni statiche. E bene ricordare che gli effetti dell'azione sismica
saranno valutati tenendo conto delle masse associate ai seguenti carichi gravitazionali (quindi una
-
quota parte dei carichi verticali accidentali devono essere convertiti in massa strutturale):
´i ´d ¬ Šd3 ‹‡3
3Oi
Vediamo ora alcune note sulla modellazione della nostra struttura; di certo il modello della
struttura deve essere tridimensionale e rappresentare in modo adeguato le effettive distribuzioni
spaziali di massa, rigidezza e resistenza, con particolare attenzione alle situazioni nelle quali
componenti orizzontali dell’azione sismica possono produrre forze d’inerzia verticali (travi di
grande luce, sbalzi significativi, etc.). Nella definizione del modello alcuni elementi strutturali,
considerati “secondari”, e gli elementi non strutturali autoportanti (tamponature e tramezzi),
possono essere rappresentati unicamente in termini di massa, considerando il loro contributo alla
rigidezza e alla resistenza del sistema strutturale solo qualora essi possiedano rigidezza e resistenza
tali da modificare significativamente il comportamento del modello. Gli orizzontamenti possono
essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano, a condizione che siano realizzati in cemento
armato, oppure in latero-cemento con soletta in c.a. di almeno 40mm di spessore, o in struttura
mista con soletta in cemento armato di almeno 50mm di spessore collegata da connettori a taglio
opportunamente dimensionati agli elementi strutturali in acciaio o in legno e purché le aperture
presenti non ne riducano significativamente la rigidezza. Modellizzare un orizzontamento
infinitamente rigido, significa fissare le rispettive distanze tra i nodi del medesimo piano; per far
ciò si possono usare connettori come i rigid-link.
Per tenere conto della variabilità spaziale del moto sismico, nonché di eventuali incertezze nella
localizzazione delle masse, al centro di massa deve essere attribuita una eccentricità accidentale
rispetto alla sua posizione quale deriva dal calcolo. Per i soli edifici ed in assenza di più accurate
determinazioni l’eccentricità accidentale in ogni direzione non può essere considerata inferiore a
0,05 volte la dimensione dell’edificio misurata perpendicolarmente alla direzione di applicazione
dell’azione sismica. Detta eccentricità è assunta costante, per entità e direzione, su tutti gli
orizzontamenti.
µg \`\ a′ ^\ a U[\a`U
complessiva della struttura dipenda a sua volta da altri livelli di duttilità, nell’ordine:
La differenza tra il meccanismo (a) e il (b) è fondamentale, infatti mentre nel primo caso le
cerniere sono limitate ad un interpiano di pilastri, nel secondo le cerniere sono diffuse a tutte le
travi, infatti nel primo caso ho un tipico comportamento a “piano soffice”. Ed inoltre le cerniere
che si formano alla base dei pilastri, nel caso (b), mette in gioco tutta l’altezza dell’edificio, con
evidenti benefici dal punto di vista del taglio agente. Ed inoltre le cerniere che si formano sulle
travi non sono interessate dallo sforzo normale, che è sempre deleterio, e diminuisce la duttilità
dell’elemento. La differenza tra i due schemi ribadisce un semplice concetto, il numero di elementi
che partecipano alla dissipazione dell’azione sismica, è dato dal numero di cerniere plastiche che si
vengono a formare. Ed inoltre più cerniere plastiche vengono a formarsi, minore sarà il grado di
ingresso in campo plastico dei singoli elementi; infatti supponendo uno spostamento di sommità
identico nei due casi, la rotazione richiesta è ben diversa, nel primo caso si lavora su un’altezza
pari all’interpiano, mentre nel caso (b) si lavora su tutta l’altezza dell’edificio. Il diverso
comportamento tra queste due soluzioni, evidenza l’importanza della regolarità delle rigidezze in
altezza.
I due schemi (c) ed (e) sono da evitare, infatti le fondazioni non si prestano per essere plasticizzate,
ed inoltre le cerniere di fondazioni non lavorano bene. Ma si deve anche pensare ad un post-sisma,
e il controllo delle fondazioni diviene difficile, ed è anche difficile il loro ripristino. Da tutto
questo risulta l’importanza di avere una spina verticale (pilastri o setti) con il compito di garantire
la formazione del maggior numero di cerniere plastiche, per il maggior numero di elementi,
ovviamente questa spina verticale deve presentare delle adeguante caratteristiche di resistenza, per
fare in modo che tutto l’edificio sia globalmente richiamato nella risposta sismica.
P a g . | 73
Secondo il T.U.:
… le costruzioni in cemento armato posseggano in ogni caso una adeguata capacità di
dissipare energia in campo inelastico per azioni cicliche ripetute, senza che ciò comporti
riduzioni significative della resistenza nei confronti delle azioni sia verticali che orizzontali.
Il procedimento per conseguire tale risultato si indica con la definizione di “gerarchia delle
resistenze”, questo metodo definisce il comportamento relativo tra gli elementi. Quindi non posso
più ragionare in termini assolutistici, ma devo guidare il mio dimensionamento in riferimento al
dimensionamento di un altri elementi.
Ad esempio se voglio la formazione di una cerniera flessionale nelle travi, queste devono avere una
resistenza a taglio maggiore della corrispettiva resistenza flessionale della trave stessa, essendo la
rottura a taglio una rottura a comportamento fragile. In altri termini la mia trave dovrà essere
sovradimensionata a taglio, rispetto a quel dato evento sismico, che porta la stessa trave a
plasticizzarsi flessionalmente. Questo schema può essere riproposto nella resistenza di elementi
diversi; quindi se io voglio che le cerniere plastiche si formino nelle travi, i pilastri devono
presentare una resistenza a flessione maggiore di quella delle travi. Quindi sempre seguendo
questo modus operandi posso affermare quanto segue:
- Resistenza a taglio maggiore della resistenza flessionale.
- Pilastri più resistenti delle travi.
- Nodi trave-pilastro più resistenti di travi e pilastri.
- Resistenza dei diaframmi di piano (solai) maggiore di quella offerta dagli elementi (travi,
pilastri) collegati.
- Pareti in c.a.: elevazione più resistente della sezione di base (per garantire la formazione
della cerniera plastica alla base del setto, per garantire il funzionamento a “spina”).
- Resistenza delle fondazioni maggiore di quella della sovrastruttura.
Anche i diaframmi di piano devono presentare una resistenza maggiore di tutti gli elementi a loro
collegati. Tutti questi punti sono necessarie per garantire un determinato comportamento
favorevole della struttura, ed è anche evidente che questo metodo di dimensionamento presenta lo
svantaggio di essere ricorsivo; quindi nella sismica il sovradimensionamento deve essere oculato.
di rigidezza e resistenza tali da metterli in grado di trasmettere le forze scambiate tra i diversi
sistemi resistenti a sviluppo verticale, come si è scritto a pag. 67.
Il sistema di fondazione deve essere dotato di elevata rigidezza estensionale nel piano orizzontale e
di adeguata rigidezza flessionale. Deve essere adottata un’unica tipologia di fondazione per una
data struttura in elevazione, a meno che questa non consista di unità indipendenti. In particolare,
nella stessa struttura deve essere evitato l’uso contestuale di fondazioni su pali o miste con
fondazioni superficiali, a meno che uno studio specifico non ne dimostri l’accettabilità.
Le costruzioni soggette all’azione sismica, non dotate di appositi dispositivi dissipativi, devono
essere progettate in accordo con i seguenti comportamenti strutturali:
a) comportamento strutturale non-dissipativo;
b) comportamento strutturale dissipativo.
Nel comportamento strutturale non dissipativo, cui ci si riferisce quando si progetta per gli stati
limite di esercizio (SLO, SLD), gli effetti combinati delle azioni sismiche e delle altre azioni sono
calcolati, indipendentemente dalla tipologia strutturale adottata, senza tener conto delle non
linearità di comportamento (di materiale e geometriche) se no n rilevanti.
Nel comportamento strutturale dissipativo, cui ci si riferisce quando si progetta per gli stati limite
ultimi (SLV, SLC), gli effetti combinati delle azioni sismiche e delle altre azioni sono calcolati, in
funzione ella tipologia strutturale adottata, tenendo conto delle non linearità di comportamento
(di materiale sempre, geometriche quando rilevanti e comunque sempre quando precisato).
Gli elementi strutturali delle fondazioni, che devono essere dimensionati sulla base delle
sollecitazioni ad essi trasmesse dalla struttura sovrastante (§7.2.5), devono avere comportamento
non dissipativo, indipendentemente dal comportamento strutturale attribuito alla struttura su di
esse gravante, in altri termini devono mantenere un comportamento elastico.
Nel caso la struttura abbia comportamento strutturale dissipativo, si distinguono due livelli di
Capacità Dissipativa o Classi di Duttilità (CD):
1) CD”A”, classe di duttilità alta; prevede che sotto l’azione sismica di progetto la struttura si
trasformi in un meccanismo dissipativo ad elevata capacità. Questa è usata per le zone ad
elevata sismicità (zona I o in zona II, anche in ragione della struttura).
2) CD”B”, classe di duttilità bassa; si richiede essenzialmente che tutti gli elementi a
funzionamento flessionale: travi, pilastri e pareti, posseggano una soglia minima di
duttilità.
Si localizzano dunque le dissipazioni di energia per isteresi in zone a tal fine individuate e
progettate, dette “dissipative” o “critiche”, effettuando il dimensionamento degli elementi non
dissipativi nel rispetto del criterio di gerarchia delle resistenze; l’individuazione delle zone
dissipative deve essere congruente con lo schema strutturale adottato.
Tali fini possono ritenersi conseguiti qualora le parti non dissipative ed i collegamenti delle parti
dissipative al resto della struttura possiedano, nei confronti delle zone dissipative, una
sovraresistenza sufficiente a consentire lo sviluppo in esse della plasticizzazione ciclica. La
i, L {U[ •µ"Õ"
•]Uhh\_\UV U ^\ T]|[a[UT\T UVba µm^ È
i, i {U[ •µ" "
La differenza tra i due approcci risiede in una diversa applicazione del principio della gerarchia
delle resistenze (ovviamente per il CD”A” se ne fa una applicazione estesa e completa), e il
secondo fattore che si differenzia tra i due metodi è il fattore di struttura q.
P a g . | 75
f fR Ám
seguente espressione:
P è il valore massimo del fattore di struttura che dipende dal livello di duttilità attesa,
dalla tipologia strutturale e dal rapporto = /=1 tra il valore dell’azione sismica per il quale
-
1.
utilizzato, a meno di adeguate analisi giustificative, è
e di materiale, tranne che per i ponti per i quali è
Come già anticipato il fattore di struttura massimo P dipende anche dalla tipologia strutturale e
dalla calasse di duttilità considerata.
P a g . | 76
Per strutture regolari in pianta, possono essere adottati i seguenti valori di = /=1:
= /=1 = 1,1
a) Strutture a telaio o miste equivalenti a telai.
= /=1 = 1,2
- Strutture a telaio di un piano
= /=1 = 1,3
- Strutture a telaio con più piani ed una sola campata
- Strutture a telaio con più piani e più campate
= /=1 = 1,0
b) Strutture a pareti o miste equivalenti a pareti.
= /=1 = 1,1
- Strutture con solo due pareti non accoppiate per direzione orizzontale
= /=1 = 1,2
- Altre strutture a pareti non accoppiate
Per le strutture non regolari in pianta, si possono adottare valori di = /=1 pari alla media tra 1,0
- Strutture a pareti accoppiate o miste equivalenti a pareti
struttura stessa, più questa è elevata maggiore sarà il numero di cerniere che si formeranno, e
quindi più accentuato sarà il comportamento incrudente
della struttura nel suo complesso. Il tutto può essere così
L’analisi statica equivalente la si potrebbe utilizzare solamente per gli edifici a pianta regolare, ma
è bene usarla sempre, anche per il solo predimensionamento della struttura. Solo in un caso questa
non può essere usata, ed è il caso degli edifici non regolari in altezza, dove il comportamento delle
P a g . | 77
forze lungo l’altezza non è più semplicemente prevedibile e quantificabile, quindi si deve partire
fin da subito con l’analisi modale. Ma vediamo in modo più specifico queste analisi.
L’analisi lineare (modelli di calcolo semplici) può essere utilizzata per definire l’effetto delle azioni
sismiche sia nel caso di sistemi dissipativi, sia nel caso di sistemi non dissipativi. Quando si
utilizza l’analisi lineare per sistemi non dissipativi, come avviene per gli stati limite di esercizio, gli
Quando si utilizza l’analisi lineare per sistemi dissipativi, come avviene per gli stati limite ultimi,
gli effetti delle azioni sismiche sono calcolati, quale che sia la modellazione per esse utilizzata,
riferendosi allo spettro di progetto ottenuto assumendo un fattore di struttura maggiore
dell’unità.
L’analisi non lineare si utilizza per sistemi dissipativi e tiene conto delle non linearità di materiale
e geometriche (poi le vedremmo). I legami costitutivi utilizzati devono includere la perdita di
resistenza e la resistenza residua, se significativi; solitamente si fa riferimento alla rigidezza
fessurata, pari alla metà di quella nominale.
L’analisi statica lineare consiste nell’applicazione di forze statiche equivalenti alle forze di inerzia
indotte dall’azione sismica e può essere effettuata per costruzioni che rispettino determinati
nella direzione in esame Ä1 non superi 2,5Äù o ÄÐ e che la costruzione sia regolare in altezza.
requisiti specifici, che poi vedremmo. Ad ogni modo il periodo del modo di vibrare principale
ci = •i ·L/H
di calcoli più dettagliati, utilizzando la formula seguente:
modo approssimato. La forza sismica che complessivamente sollecita la struttura, viene ad essere
t »t
→ ‚ »t # »- %!"! ”#% #++ %% # #++ %% ¼
t
∑- - »-
t # - %!"! +# ! #, * %”# ! + ” "! •!" !"#, #++# %%# # ¼
Per tenere conto degli effetti torsionali accidentali (pag. 67), sempre nell’ipotesi che le rigidezze
laterali e le masse siano distribuite simmetricamente in pianta, posso amplificare le sollecitazioni
alla De Saint Venant, e si assume nulla la rigidezza ad ingobbamento impedito (quindi vale
anche per le lamine che concorrono in un punto).
2) Si assume inoltre che le mensole siano a sezione costante, o variabile con l’altezza ma in
modo tale che si mantengono costanti i rapporti di proporzionalità tra i moduli di
rigidezza a flessione delle mensole tra i vari piani. Il fatto che i rapporti di rigidezza non
varino tra i piani fa sì che la scomposizione delle forze effettuata per un solo piano valga
anche per tutti gli altri.
3) Si suppone inoltre che anche le mensole siano perfettamente incastrate al piede e si può
estendere al caso in cui esse siano in condizioni di incastro rotazionale cedevole
quanto è possibile separare le tre incognite di spostamento (le due traslazioni , “ e la rotazione Á)
riferimento generale centrato nel Centro di Taglio (C.T.), cioè il baricentro delle rigidezze, in
del piano. Si ha infatti che, conformemente a quanto accade per le travi, una forza di taglio
applicata al centro di taglio provoca una pura traslazione del sistema, analogamente un momento
ne comporta una pura rotazione.
Vediamo ora di analizzare alcuni semplici casi, ad iniziare
dal caso delle lamine ortogonali tra di loro.
Prima di tutto si deve determinare la posizione del centro di
taglio, si tratterà della semplice ricerca del baricentro di un
∑t ÀÀÏ t
sistema.
; ù. .
9 ∑t ÀÀÏ
~. Ä. →
: ∑t yyÏ Ât
9Âù. . ∑t yyÏ
8
Dove con ÀÀÏ e yyÏ si sono indicate le rigidezze nelle due direzioni dell’i-esima lamina. A questo
punto imponiamo uno spostamento lungo per l’i-esima lamina, e da questa nasce una forza yÏ
yÏ ~ ÜÀÀÏ
Dove con ~ si indica una costante uguale per tutte le lamine (se stiamo trattando la rigidezza
flessionale, sostanzialmente è il modulo di elasticità).
P a g . | 80
La risultante delle singole yÏ è la forza y passante per C, che si deve applicare al piano per
x x
ottenere lo spostamento .
¬ ~ ¬ ÜÀÀÏ
y
y yÏ
~ ∑tO1 ÜÀÀÏ
x
tO1 tO1
Sostituendo quest ultima nella relazione precedente, la forza sulla i-esima lamina è:
Ã
∑V\Oi ÃÄÄ\ ÄÄ\\
centro di taglio C, indicando con ù,t e Âù,t le coordinate del centro di taglio della i-esima lamina,
Supponiamo ora di imporre una rotazione al solaio, pensato infinitamente rigido, attorno al
t = −Âù,t Á
noti che la rotazione antioraria viene considerata positiva:
È
“t = ù,t Á
Questi spostamenti inducono delle forze sulle singole lamine, in ragione alle relazioni scritte in
Âù,t Á~ ÜÀÀÏ
precedenza:
ê Ï
y
ÀÏ ù,t Á~ ÜyyÏ
Si noti che poiché la rotazione è stata assegnata attorno al Centro di Taglio del sistema
complessivo, essa comporta solo l’insorgenza del momento M, come da definizione. Difatti è facile
x x
osservare che:
•y ¬ yÏ Á~ ¬ Âù,t ÜÀÀÏ = 0
tO1 tO1
x x
•À ¬ ÀÏ Á~ ¬ ù,t ÜyyÏ =0
tO1 tO1
Da cui si vede che il centro di taglio del sistema complessivo è il baricentro di un sistema di masse
stesse. Detto Ú il momento torcente di piano dovuto alle forze esterne ed Út il momento interno
proporzionali al momento d’inerzia delle singole lamine e posizionate nel centro di taglio delle
x
dovuto all’i-esima lamina, per l’equilibrio di piano alla rotazione deve essere:
Ú = ¬ Út
tO1
x x x
Avendo assunto positivi i momenti se antiorari:
Ú ¬ Út ¬ ÀÏ ù,t yÏ Âù,t =
¾ Á~ ¬ ù,t ÜyyÏ Âù,t ÜÀÀÏ
tO1 tO1 wnAtA tn¥w tO1
A questo punto ci possiamo determinare l’angolo Á:
Ú
Á=
~ ∑tO1 ù,t ÜyyÏ
x
Âù,t ÜÀÀÏ
P a g . | 81
é
Da questa relazione si ricavano le componenti di forza sulla singola mensola:
; \ Ä Ã
9 ∑V\Oi d•,\ Ã \ Äd•,\ ÃÄÄ\ •,\ ÄÄ\
: é
9 Ä\ ∑V •,\ Ã \
8 \Oi •,\ Ã \ Äd•,\ ÃÄÄ\
d
Se si considera il caso semplice di ripartizione di una forza F tra un gruppo di lamine ad essa
parallele, se la forza non passa per il centro di taglio si ha che:
Ú
Si tratta di ripartire tra le lamine una forza e un momento
Ü
ÀÏ
∑xtO1 ÜyyÏ yyÏ
Mentre per effetto del momento Ú ho che:
Ú ù,t ÜyyÏ
∑xtO1 ù,t ÜyyÏ
ÀÏ
à ^ •,\ à \
Si ha quindi:
Ú Å \
Æ
Ä\ ÀÏ ÀÏ
∑V\Oi à \
∑V\Oi •,\ Ã \
d
Come si evince il primo passo è quello di definire la posizione del centro di taglio, ora questa
ricerca è facilitata quando abbiamo a che fare con lamine ortogonali e parallele al sistema di
riferimento principale. Cosa diversa è se abbiamo la presenza di lamine diversamente disposte; qui
di seguito viene illustrato un procedimento generalmente rapido e semplice per determinare la
posizione del centro di taglio di un sistema di lamine. Ricordando che una traslazione nel piano,
assunto infinitamente rigido, fa sorgere un sistema di forze la cui risultante passa per il centro di
taglio C.T.. Si procede assegnando al sistema, in maniera indipendente (uno dopo l’altro), due
spostamenti unitari secondo due direzioni qualsiasi, una volta determinata la retta d’azione della
risultante degli sforzi sulle varie lamine per ciascuno dei due casi considerati, l’intersezione tra le
rappresentato, una volta imposto uno spostamento in direzione Â, il sistema di forze che nasce è il
due rette fornisce il centro di taglio. Consideriamo il sistema di lamine qui di seguito
seguente:
; Üyy‡ ∙ 1
À‡
9
Àˆ = Üyyˆ ∙ 1
: •g = 1 ∙ &!%= ∙ ÜÈ
9
8 Èg 1 ∙ %#"= ∙ Ü•
Calcolando il momento risultante rispetto al polo O, considerando il momento positivo se
Ú
antiorario, si ha:
À‡ 1 Àˆ •g • Èg È
P a g . | 82
• Éæ¬ ÀÏ è æ¬ yÏ è !“#
: ¬ yÏ •g %#"= Èg &!%=
t t 9
8 t
é
La retta d’azione si trova ad una distanza da O pari a:
^[
À‡ 1 Àˆ •g • Èg È
m
JË À‡ Àˆ •g &!%= Èg %#"=Ì Ë •g %#"= Èg &!%=Ì
Esempio numerico.
0
Vediamo ora gli effetti delle due componenti.
;
À‡
9
Àˆ = x ÜyyÏ
À À À
∑tO1 ÜyyÏ 2 2
¦onqoutwxoq
:
À
9 À À
ÜyyÏ
À À
8 g ∑tO1 ÜyyÏ
x
2 2
Prima di passare al calcolo degli effetti rotazionali, anche se già sappiamo che per la À saranno
nulli, si deve determinare il momento d’inerzia polare del nostro sistema, calcolato rispetto al
V
centro di taglio:
Ã{ ¬ •,\ Ã
d
\
Äd•,\ ÃÄÄ\ 5 5 3 59
\Oi
P a g . | 83
1 =0
;1) ê l
9 1Ê = 0
9 =0
rwAoutwxoq
2) ê =0
l
À
: Ê
93) ê ôl = 0
9
8 ôÊ = 0
Ed ora passiamo a definire gli effetti portati dalla sollecitazione y (il momento antiorario è
considerato positivo).
; y
Ü
¦onqoutwxoq 9 y‡
∑xtO1 ÜÀÀÏ ÀÀÏ y
y
: yˆ 0
9 0
8 yg
Ú y 3
; ; 1 Â Ü = 0=0
9 1)
9 l ∑xtO1 ù,t ÜyyÏ Âù,t ÜÀÀÏ ù,t ÀÀ Ï
59
9 : Ú y 3
9 9 1Ê = ∑x ( Ü ù,t ÜyyÏ = 0=0
9 8 tO1 ù,t yy  ù,t ÜÀÀ 59
y 3
Ï Ï
9 Ú
9 ; 9 l
∑xtO1 ù,t ÜyyÏ Âù,t ÜÀÀÏ
Âù,t ÜÀÀ Ï
=
59
0=0
rwAoutwxoq
2)
: : Ú y 3 15
y
9 = x ù,t ÜyyÏ = 5
9 8 Ê
∑tO1( ù,t ÜyyÏ Âù,t ÜÀÀÏ 59 59 y
9 Ú y 3
9 ; Âù,t ÜÀÀÏ = 0=0
9 9 ôl
∑tO1 ù,t ÜyyÏ Âù,t ÜÀÀÏ
x 59
93
9 : Ú y 3 15
9 ôÊ = ∑x ( Ü ù,t ÜyyÏ = 5
8 8 tO1 ù,t yyÏ Âù,t ÜÀÀÏ 59 59 y
Come si osserva, usando la convenzione dei segni da noi definita, la sollecitazione viene vista in
termini di ripartizione sulle varie lamine. A questo punto non ci resta altro che sommare le varie
0 0
componenti.
1l = y
ôl
1) ‚ 0 2 ‚ 15 3 ‚
l
15
= ôÊ = +
À À
1Ê
Ê
2 59 y
2 59 y
:
9•n• → <¬ ¬ o[T [ T
8 [ T
Il primo metodo (la radice dei quadrati) può essere usato solamente quando i periodi dei singoli
combinazione completa CQC, dove p¦n è il coefficiente di correlazione tra il modo * ed il modo %,
modi di vibrare differiscono tra di loro di almeno il 10%. In alternativa si deve usare la
S L
ed è fornito dalla seguente:
Iƒd JŒST •
o[T [
S S d S
Œi ST • ›Œi ST • Hƒd ST œ
[ [ [
Da un punto di vista tecnico usando queste relazioni perdo la linearità del problema, e quindi
sono impossibilitato ad applicare la sovrapposizione degli effetti, dall’altra perdo i segni delle
varie caratteristiche sollecitanti, ma questo è comunque accettabile dato che il sisma agisce in tutte
le direzioni.
Per gli edifici gli effetti dell’eccentricità accidentale (definita a pag. 67) del centro di massa
possono essere determinati mediante l’applicazione di carichi statici costituiti da momenti torcenti
di valore pari alla risultante orizzontale della forza agente al piano, determinata con una semplice
analisi statica lineare, moltiplicata per l’eccentricità accidentale del baricentro delle masse rispetto
alla sua posizione di calcolo.
Gli spostamenti db della struttura sotto l’azione sismica di progetto allo SLV si ottengono
2.6.4.3 - Valutazione degli spostamenti.
moltiplicando per il fattore μx i valori dbª ottenuti dall’analisi lineare, dinamica o statica, secondo
μx = q se T1 ≥ TË
l’espressione seguente.
della costruzione, proporzionalmente alle forze d’inerzia ed aventi risultante (taglio alla base) F’ .
direzione considerata dell’azione sismica, un sistema di forze orizzontali distribuite, ad ogni livello
Tali forze sono scalate in modo da far crescere monotonamente, sia in direzione positiva che
orizzontale dË di un punto di controllo coincidente con il centro di massa dell’ultimo livello della
negativa e fino al raggiungimento delle condizioni di collasso locale o globale, lo spostamento
Questo tipo di analisi può essere utilizzato soltanto se ricorrono le condizioni di applicabilità nel
seguito precisate per le distribuzioni principali (Gruppo 1); in tal caso esso si utilizza per gli scopi
@
e nei casi seguenti.
1) Valutare in modo più accurato i rapporti di sovraresistenza @Ì , per una migliore
‡
valutazione del fattore di struttura .
2) Verificare l’effettiva distribuzione della domanda inelastica negli edifici progettati con il
fattore di struttura .
3) Come metodo di progetto per gli edifici di nuova costruzione sostitutivo dei metodi di
analisi lineari.
4) Come metodo per la valutazione della capacità di edifici esistenti.
Si devono considerare almeno due distribuzioni di forze d’inerzia, ricadenti l’una nelle
distribuzioni principali (Gruppo 1) e l’altra nelle distribuzioni secondarie (Gruppo 2) appresso
illustrate.
struttura è superiore a Äù .
dinamica lineare (analisi modale), applicabile solo se il periodo fondamentale della
L’analisi Pushover o analisi di spinta (letteralmente pushover significa “spingere oltre”) è una
procedura statica non lineare impiegata per determinare il comportamento di una struttura a
fronte di una determinata azione (forza o spostamento) applicata. L’analisi consiste nello
“spingere” la struttura fino a che questa collassa o un parametro di controllo di deformazione non
raggiunge un valore limite prefissato; la “spinta” si ottiene applicando in modo incrementale
monotono un profilo di forze o di spostamenti prestabilito. Il sistema di sollecitazioni in questione
deve simulare nel modo più realistico possibile gli effetti di inerzia prodotti dal sisma nel piano
orizzontale. Tali effetti, a loro volta, dipendono dalla risposta stessa della struttura, per cui il
sistema di forze applicato alla struttura dovrebbe cambiare durante l’analisi per fornire un
adattamento della distribuzione delle sollecitazioni al livello di danneggiamento della struttura
(pushover adattivo).
In sostanza l’analisi di spinta è una tecnica di soluzione incrementale-iterativa delle equazioni di
equilibrio statico della struttura in cui la forzante è rappresentata dal sistema di spostamenti o
forze applicato.
P a g . | 86
Í =∙
forzante (intesa in senso generalizzato come forza o spostamento) possono esprimersi come:
È
>∙•
Dunque, fissato arbitrariamente il valore di o •, il fattore moltiplicativo = o > viene gradualmente
incrementato da zero fino ad un valore finale che permetta di investigare il campo di risposta di
Íe
lo spostamento di prodotto da .
äŽ
- Nel caso di analisi a spostamenti imposti (Í è lo spostamento applicato ad ):
essendo la reazione vincolare risultante.
Nel caso di sistemi Multi Degrees Of Freedom (MDOF), l’approccio è simile con la differenza che la
struttura viene eccitata applicando un profilo di forze o di spostamenti orizzontali in
corrispondenza di ciascun piano e che, per descrivere il comportamento dell’intero sistema in
termini di legame forza-spostamento, è necessario scegliere un solo parametro di forza ed un solo
parametro di spostamento. La scelta di tali parametri non è univoca e può dar luogo a differenti
legami forza-spostamento ossia a differenti legami costitutivi del sistema SDOF equivalente detti
curva di capacità. Solitamente, come parametri di forza e di deformazione, si selezionano il taglio
alla base e lo spostamento del punto di controllo che generalmente è scelto come punto più alto
della struttura, per esempio coincidente con il baricentro dell’impalcato di copertura.
P a g . | 87
(detto curva di capacità) si scelgono comunemente il taglio alla base e lo spostamento Í- del piano
Per descrivere il comportamento del sistema attraverso un legame scalare forza-spostamento
Considerando un sistema SDOF, l’andamento della curva di capacità dipende dalla rigidezza ( o
fronteggiare una certa azione esterna.
dalla flessibilità ( ‰1 del sistema, che a loro volta dipendono essenzialmente dalle caratteristiche
geometriche e meccaniche del sistema e sono funzioni non lineari rispettivamente dello
spostamento e della forza applicata
( Í !”” *# äŽ (
al sistema:
È
Í ( ‰1
!”” *# ( ‰1 äŽ
Nel caso più complesso, ma di
maggiore interesse, di sistemi
MDOF la curva di capacità mostra
andamenti analoghi ai sistemi SDOF
caratterizzati entrambi da un
tratto inizialmente rettilineo,
corrispondente al comportamento
lineare della struttura, che si
incurva quando inizia la
plasticizzazione e la risposta
progredisce in campo non lineare.
La capacità di una struttura
dipende dalle capacità di resistenza e di deformazione dei suoi singoli componenti.
La curva di capacità definisce la capacità della struttura indipendentemente da qualsiasi specifica
richiesta sismica (infatti non si fa riferimento alcuno all’azione sismica) e quindi descrive le
caratteristiche intrinseche del sistema resistente; in altre parole è una sorta di legame
costitutivo semplificato della struttura. Trattandosi di un legame scalare forza-spostamento il
comportamento del sistema MDOF viene così ricondotto sostanzialmente a quello di un sistema
SDOF, che può ragionevolmente definirsi equivalente, dato che la curva di capacità è stata
costruita tenendo conto del comportamento dell’intero sistema MDOF.
Quando un terremoto induce uno spostamento
laterale sulla struttura la sua risposta è
rappresentata da un punto su tale curva e,
poiché la deformazione di tutti i suoi componenti
è correlata allo spostamento globale della
struttura stessa, ogni punto di questa curva
definisce anche uno specifico stato di danno
strutturale.
La curva di capacità può essere semplificata
linearizzando a tratti il suo andamento
adottando approssimazioni bilineari o trilineari.
P a g . | 89
Non esiste un unico metodo di linearizzazione per cui le curve ricavate possono essere molteplici. Si
deve però cercare di seguire il più possibile l’andamento curvilineo originario in modo da attuare
un’approssimazione il più possibile accurata. Il comportamento del sistema può quindi essere
idealmente schematizzato con un ramo elastico lineare fino allo snervamento e con un ramo post-
elastico incrudente, perfetto o degradante.
Tale curva di capacità deve essere confrontata con la domanda del sisma, ottenuta
rappresentando gli spettri elastici di progetto in un sistema di coordinate A-D (pseudo-
accelerazione - spostamento). Vediamo ora quali sono i principali metodi per definire la domanda
sismica a cui è sottoposta la struttura.
sismica dato che, a differenza dei due sopracitati, utilizza spettri anelatici, i quali sembrano essere
maggiormente appropriati.
2.6.4.4.2-Metodo N2 di Fajfar.
- Definizione dei dati.
tridimensionale, in cui i diaframmi siano infinitamente rigidi nel piano orizzontale. Se " è il numero
Tra i dati del problema vi è, in primo luogo, la definizione di un modello della struttura, piano o
dei piani, i gradi di libertà risultano pari a 3"; essi vengono raggruppati in tre sottovettori, i quali
rappresentano gli spostamenti di piano nelle direzioni orizzontali e  e le rotazioni torsionali:
Í¿ ¿y , Í
™Í ¿À , Í
¿u š
In aggiunta ai dati necessari per le usuali analisi elastiche, sono richieste anche le relazioni non
lineari tra sforzi e deformazioni per elementi strutturali soggetti a carico monotono (per esempio,
un modello di elemento potrebbe essere una trave con plasticità concentrata agli estremi e una
relazione bilineare o trilineare tra momento e rotazione). Già da questi primi aspetti, riguardanti i
dati da considerare nell’analisi, è possibile quindi comprendere come il metodo in questione sia
stato concepito soprattutto in riferimento a strutture a telaio. Un ultimo aspetto da considerare
è la definizione della domanda sismica, in genere nella forma di uno spettro elastico di
accelerazione, in cui l’accelerazione spettrale è data come una funzione del periodo naturale della
struttura.
c d
Sappiamo che per un sistema SDOF, ad un grado di libertà, vale quanto segue:
ÓµU Ÿ Ó ÕU
de
Dove ‘Òe e ‘Ðe sono i valori dell’accelerazione e dello spostamento nello spettro elastico,
corrispondenti ad un periodo T e a un fissato coefficiente di smorzamento viscoso. Per un sistema
inelastico a un grado di libertà SDOF con una relazione bilineare tra sforzo e deformazione, lo
spettro di accelerazione anelastico (‘ÒÎÏ ) e di spostamento anelastico (‘ÐÎÏ ) possono essere
‘Òe
determinati nel modo seguente:
; ‘ÒÎÏ
9 •Ð
: š š Ä Ä
9‘ÐÎÏ • ‘Ðe • 4Ö ‘Òe š 4Ö ‘ÒÎÏ
8 Ð Ð
P a g . | 91
riduzione R Ò , funzione dell’energia isteretica dissipata dalla struttura duttile, mentre μ è il fattore
Come si osserva per ottenere lo spettro inelastico, il metodo N2 prevede l’utilizzo di un fattore di
snervamento. Si noti che •Ð differisce dal fattore di struttura per il fatto che quest ultimo tiene
di duttilità, definito come il rapporto tra lo spostamento massimo e lo spostamento a
in conto anche della sovraresistenza •n (in pratica si ha che q R Ò R ” ). Numerose proposte sono
state fatte a proposito del fattore di riduzione •Ð per il metodo N2 in questione, si utilizza uno
Ä
spettro bilineare per il fattore di riduzione proposta da Vidic et al. (1994):
•Ð š 1 1 %# Ä ’ Äù
‚ Äù
•Ð š %# Ä < Äù
dove Äù è il periodo caratteristico dello spettro in cui si ha la transazione dalla zona ad
accelerazione costante, alla zona a velocità costante. Dalle due relazioni suddette emerge che nel
campo dei periodi medio-lunghi vale la regola dell’ugual spostamento, nel senso che lo spostamento
del sistema anelastico è pari a quello del corrispondente sistema elastico con ugual periodo.
lo spettro di domanda anelastico nel formato ADRS al variare dei fattori di duttilità š.
Pertanto, a partire dallo spettro elastico ed utilizzando le relazioni mostrate, può essere ottenuto
- Analisi Pushover.
Come già accennato in precedenza, l’analisi Pushover è una procedura statica non lineare impiegata
per determinare il comportamento di una struttura a fronte di una determinata forza applicata e
consiste nello “spingere” la struttura fino a che questa collassa o un parametro di controllo di
deformazione non raggiunge un valore limite prefissato; la “spinta” si ottiene applicando in modo
incrementale monotono un profilo di forze prestabilito. Il sistema di forze in questione deve
simulare nel modo più realistico possibile gli effetti di inerzia prodotti dal sisma nel piano
orizzontale.
Come abbiamo già visto all’inizio di questo capitolo, ed in riferimento alla normativa vigente (EC8 ed
NTC 2008 al punto 7.3.4.1), si suggerisce di applicare al nostro modello due distribuzioni di forze
orizzontali, applicate ai baricentri delle masse dei vari orizzontamenti.
- Una distribuzione di forze proporzionali alle masse.
- Una distribuzione di forze proporzionali al prodotto delle masse per la deformata
corrispondente al primo modo di vibrare del sistema considerato elastico.
Per quanto riguarda la seconda distribuzione, il vettore dei carichi, che generalmente consiste nelle
¿ ”Ó
Z ¿ ”é ¿
componenti nelle tre direzioni (forze in x, y e momenti torcenti), ha la forma:
P a g . | 92
¿
P è il vettore delle forze laterali.
Dove:
Φ¿ è il vettore degli spostamenti assunti, in casi notevoli assunto pari al primo modo
-
-
vibrazionale della struttura, normalizzato al valore unitario della componente relativa al
punto di sommità.
Si noti che l’espressione sopra riportata, contenuta nella formulazione del metodo N2, in generale
considerata qualsiasi forma modale). Generalmente ¿ consiste in tre componenti non nulle (due
non implica alcuna restrizione riguardante la distribuzione dei carichi orizzontali (può essere
¿ E¿y, R¿ ,R¿ ]
semplificata applicando i carichi orizzontali solo in una direzione.
Dalle relazioni suddette segue che la forza orizzontale applicata nella direzione x all’i-esimo piano è
proporzionale alla componente ΦÕ,ƒ della forma di spostamento assunta Φ ¿ Õ , pesata alla massa di
piano mƒ .
Z ,\ { \ ,\
Questa relazione ha un certo significato fisico: se la forma di spostamento assunta fosse uguale
alla forma modale e costante durante il sisma (ad esempio se il comportamento strutturale fosse
elastico), allora la distribuzione delle forze laterali scelta sarebbe uguale alla distribuzione esatta
delle forze sismiche. Nel campo anelastico, comunque, la forma di spostamento in genere cambia nel
tempo e l’equazione rappresenta quindi un’approssimazione; nonostante ciò, essa permette che la
trasformazione da sistema MDOF ad SDOF e viceversa segua delle semplici formule matematiche
nel campo sia elastico che anelastico (non sono richieste ulteriori approssimazioni, come nel caso
di altre procedure semplificate).
é
¾ g ¾ ¾ gM¾
• j—k,—lM é
¾ ¾ [
strutturale 3D (con 3n gradi di libertà) di una costruzione a più piani.
Mentre r è il vettore che definisce la direzione efficace del sisma. Ed inoltre si assume che la forma
di spostamento ¿ rimanga costante e non cambi durante la risposta della struttura al sisma; il
g
© Φ¿ D× t
¾
vettore degli spostamenti è definito come:
ôÞ1 ôÞ1
In cui D× t è lo spostamento, dipendente dal tempo, in sommità della struttura. Il vettore Φ ¿ , per
statica sappiamo che le forze interne F u, uM sono uguali alle forze esterne applicate P.
convenienza viene normalizzato in modo che la componente in sommità sia pari all’unità. Dalla
, M Z
Introducendo le espressioni suddette nell’equazione del moto e premoltiplicando per ¿ Ø , si
¿ é ¿ ®A ¿ é¿” ¿ é[M
ottiene:
¿ Ø ,̅ ¿ Ø ,̅ ¿ Ø ,̅
equivalente a un grado di libertà può essere scritta nella seguente maniera:
¿ é ¿ ®A ¿ é¿” ¿ é[M
¿ Ø ,̅ ¿ Ø ,̅ ¿ Ø ,̅
- m∗ ¿ Ø ,̅ è la massa equivalente del sistema SDOF, come si osserva essa dipende dalla
Vediamo ora di introdurre alcune grandezze caratteristiche.
¿ . ,̅
viceversa. Tale coefficiente viene ad essere così definito:
Γ= .
¿ ¿
Nel caso, per esempio, di moto sismico nella sola direzione x-x ([M = Ei ¿ ,R¿ ,R¿ ]) e
assumendo una forma di spostamento con componenti non nulle in un’unica direzione ( ¿ =
E¿y, R ¿ ,R
¿ ]), si ha che:
∑ mƒ ΦÕ,ƒ
Γ=
∑ mƒ ΦÕ,ƒ
Si noti ancora una volta che ¿ è normalizzato (la componente in sommità dell’edificio è pari
all’unità) e che qualsiasi ragionevole forma di spostamento può essere adottata per ¿ (di
norma si può assumere il primo modo).
¿ . ,̅ ™
è la forza equivalente del sistema SDOF, mentre ä è il tagliante
∗ Ñ L∗ s
Ü Ü Ü
-
totale alla base del sistema MDOF, e nel caso di sisma agente lungo la sola direzione x-x, ho
che:
äy ¬ t Φy,t ” ¬ Ûy,t
Alla fine assemblando il tutto ottengo l’equazione del moto del sistema equivalente ad un grado di
®
∗ ∗ ∗ ∗
libertà SDOF:
La costante Γ viene utilizzata per la trasformazione sia di forze che di spostamenti: come
conseguenza di ciò, è possibile ottenere la relazione ∗ ® ∗ per il sistema SDOF, solamente
cambiando la scala degli assi del grafico ä ®A determinato per il sistema MDOF; inoltre la
rigidezza iniziale è uguale per i due sistemi.
P a g . | 94
Ai fini della
determinazione di un legame semplificato (elastico – perfettamente plastico) per il sistema SDOF,
devono essere utilizzati criteri di tipo ingegneristico; i codici normativi forniscono alcune
indicazioni utili. Per esempio, nell’EC8 e nel Testo Unico viene suggerita un’idealizzazione bilineare
basata sul principio
di ugual energia.
Quindi alla curva di capacità del sistema equivalente occorre sostituire una curva bilineare, avente
un primo tratto elastico e un secondo tratto perfettamente plastico. Detta Ž la resistenza
·ÞÌ
massima del sistema strutturale reale, ed Ž∗ Ü
equivalente, il tratto elastico si individua imponendone il passaggio per il punto 0,6 Ž∗ della curva di
la resistenza massima del sistema
∗ ∗ ∗ ¿ Ø ,̅ ∗
Ä∗ 2Ö< 2Ö< 2Ö<
À À
(∗ À
∗
À
∗
‘Òe Ä ∗
corrispondenti ai sistemi elastico e anelastico.
•Ð
S'ß
evidenziato, il fattore di riduzione dovuto alla duttilità •Ð differisce dal fattore di struttura per il
Com’è già stato
S'ß . Se il periodo elastico Ä ∗ risulta maggiore o uguale a Äù , vale la regola dell’ugual spostamento
(lo spostamento raggiunto dal sistema anelastico è pari a quello di un sistema elastico di pari
periodo NTC - §3.2.3.2.3); dalla similitudine dei triangoli, la domanda di duttilità š
àÎÏ
ÐÊ∗
è pari al
fattore di riduzione •Ð :
;‘ Ä∗
9 ÐÎÏ ®Loy
∗
‘Ðe Ä ∗
Ÿ ‘Òe
2Ö
‘ÐÎÏ ”#* Ä ∗ < Äù
:
9 š •Ð
8 ®À∗
Se il periodo elastico Ä ∗ risulta minore di Äù , la domanda di duttilità e di spostamento si
differenziano dal sistema elastico, in particolare la domanda di spostamento è superiore a quella di
š ‘Ðe Äù
un sistema elastico di pari periodo, e possono essere così determinati:
;‘Ð ®Loy
∗
š®À∗ ‘Ðe ›Ë•Ð 1Ì ∗ 1œ
9 ÎÏ
•Ð •Ð Ä
: ‘ÐÎÏ Äù
9 š Ë•Ð 1Ì ∗ 1
8 ®À∗ Ä
P a g . | 96
‘ÐÎÏ ®Loy
Una volta nota la domanda di spostamento, ossia
∗
®A,Loy ] ∗
Quindi una volta trovata la domanda di spostamento, per lo stato limite in esame si verifica che:
Per lo stato limite scelto si procede alla verifica della compatibilità degli spostamenti per gli
elementi/meccanismi duttili e delle resistenze per gli elementi/meccanismi fragili. È buona norma
aver spinto l’analisi fino al superamento dello stato limite oggetto della verifica, in genere
eccedendolo del 150% circa.
Una volta noto lo spostamento massimo del punto di controllo si conosce dall’analisi la
configurazione deformata ed è pertanto possibile eseguire la verifica dell’edificio, in particolare
controllando la compatibilità degli spostamenti in quegli elementi che presentano un
comportamento duttile e delle resistenze in quegli elementi che hanno un comportamento fragile.
L’analisi non lineare statica condotta nei modi previsti dalle NTC può sottostimare
significativamente le deformazioni sui lati più rigidi e resistenti di strutture flessibili
torsionalmente, cioè strutture in cui il modo di vibrare torsionale abbia un periodo superiore ad
almeno uno dei modi di vibrare principali traslazionali. Per tener conto di questo effetto, tra le
distribuzioni secondarie delle forze occorre scegliere la distribuzione adattiva.
Infine, si ricorda che per modelli tridimensionali devono essere eseguite due separate analisi
pushover nelle due direzioni orizzontali; sui risultati rilevati (spostamenti, movimenti relativi tra i
piani, rotazioni nei nodi e nei collegamenti, sollecitazioni negli elementi fragili), ottenuti dalle analisi
indipendenti, può essere eseguita la combinazione quadratica (SRSS).
Gli effetti torsionali accidentali sono considerati nel modo previsto al punto §7.2.6 delle NTC, qui
di seguito ne riporto uno stralcio:
“Per tenere conto della variabilità spaziale del moto sismico, nonché di eventuali incertezze
nella localizzazione delle masse, al centro di massa deve essere attribuita una eccentricità
accidentale rispetto alla sua posizione quale deriva dal calcolo. Per i soli edifici ed in assenza
di più accurate determinazioni l’eccentricità accidentale in ogni direzione non può essere
considerata inferiore a 0,05 volte la dimensione dell’edificio misurata perpendicolarmente
alla direzione di applicazione dell’azione sismica. Detta eccentricità è assunta costante, per
entità e direzione, su tutti gli orizzontamenti.”
P a g . | 97
essere non lineare, e ne devo considerare lo schema isteretico. Infatti l’oscillazione portata dal
sisma provoca lo snervamento del materiale, il quale viene ad essere portato in campo plastico, ma
essendo l’azione sismica per sua natura di tipo oscillante; il materiale è chiamato alla
plasticizazzione nel senso negativo, creando per l’appunto con successivi cicli di carico e scarico, il
comportamento isteretico dello stesso. Quindi devo fornire leggi costitutive complete (isteretiche)
con tanto di cicli degradanti, ecco la complessità di questo tipo di analisi.
L’analisi dinamica non lineare della struttura ha lo scopo di valutare il comportamento dinamico
della struttura in campo non lineare, consentendo il confronto tra duttilità richiesta e duttilità
disponibile, nonché di verificare l’integrità degli elementi strutturali nei confronti di possibili
comportamenti fragili.
Quando si effettua questo tipo di analisi occorre utilizzare un’analisi non lineare anche per la
valutazione degli effetti dei carichi verticali. Questa analisi deve precedere l’analisi con
accelerogrammi e può essere anche di tipo statico-incrementale, facendo crescere tutti i carichi
gravitazionali in maniera proporzionale fino al loro valore di progetto. Il confronto tra analisi
dinamica non lineare ed analisi modale con spettro di progetto in termini di sollecitazioni globali
alla base è finalizzato a verificare che tali differenze siano contenute, a riprova della bontà
dell’analisi dinamica non lineare effettuata. Nel caso delle costruzioni con isolamento alla base
l’analisi dinamica non lineare è obbligatoria quando il sistema d’isolamento non può essere
rappresentato da un modello lineare equivalente, come stabilito nel §7.10.5.2.
Gli effetti torsionali sul sistema d’isolamento sono valutati come precisato nel §7.10.5.3.1,
adottando valori delle rigidezze equivalenti coerenti con gli spostamenti risultanti dall’analisi. In
proposito ci si può riferire a documenti di comprovata validità.
á
5) Strutture a pendolo inverso.
Nelle quali almeno il 50% della massa è nel terzo superiore dell’altezza della costruzione o
nelle quali la dissipazione d’energia avviene alla base di un singolo elemento strutturale.
6) Strutture a pareti estese debolmente armate.
Una struttura a pareti è da considerarsi come struttura a pareti estese debolmente armate
P a g . | 99
nell’ipotesi di assenza di rotazioni alla base, non superiore a Äù , e comprende almeno due
se, nella direzione orizzontale d’interesse, essa ha un periodo fondamentale, calcolato
pareti con una dimensione orizzontale non inferiore al minimo tra 4,0m ed i 2/3 della loro
altezza, che nella situazione sismica portano insieme almeno il 20% del carico
gravitazionale; essendo grandi queste pareti, la dissipazione non avviene per la formazione
delle cerniere plastiche, ma per un movimento rigido di rotazione (tendono a sollevarsi da
una parte), quindi la dissipazione dell’energia sismica avviene per il lavoro
positivo/negativo dei carichi gravitazionali, quindi per caduta degli stessi (ho una aumento
dell’energia potenziale dei piani, a differenza dei telai dove ho solamente la loro traslazione
orizzontale). Il comportamento globale di queste strutture è scarsamente dissipativo,
quindi ho dei piccoli fattori di struttura, ed ecco il motivo per cui le pareti possono essere
debolmente armate. Qui il fattore di struttura non è dovuto alla capacità di duttilità della
struttura, ma al suo comportamento di forma, e la dissipazione è legata ad irraggiamento
energetico verso il terreno nella fase terminale di caduta degli elementi di parete (cioè nella
loro meccanica d’urto con il terreno), ed è per questo che pretendo di avere come minimo
il 20% del carico gravitazionale a disposizione. Se una struttura non è classificata come
struttura a pareti estese debolmente armate, tutte le sue pareti devono essere progettate
come duttili. Queste sono strutture scatolari, quindi delle strutture tozze.
Sempre in riferimento alla definizione del fattore di struttura P andiamo a vedere la differenza tra
pareti singole e pareti accoppiate.
Se le travi di parete (traversi) non sono più considerate trascurabili, e quindi hanno un
comportamento tagliate, con la conseguente nascita di una deformazione ad “S”; la somma dei
vari tagli fa nascere degli sforzi normali sulle pareti, e questi per la distanza tra i baricentri delle
pareti, portano via una quota parte del momento totale agente. Per affermare se ricado nella
Altra tipologia è quella mista telaio-pareti, a dire il vero questa tipologia costituisce la
maggioranza delle strutture esistenti, in questo caso è fondamentale comprendere se può essere
considerata equivalente a un telaio, o ad una struttura puramente a pareti.
In questo edificio ad esempio, lungo x-x abbiamo un comportamento a telaio, mentre per le
sollecitazioni lungo y-y abbiamo la presenza di due lamine di parete, il tutto può essere
rappresentato schematicamente, dove la rigidezza complessiva è data da sette telai assieme a due
pareti (con uno schema statico di mensola). Questo schema funziona sempre perché abbiamo
l’ipotesi del diaframma di piano rigido, quindi nella direzione y-y “sento” la rigidezza complessiva
di sette telai e due setti. La collaborazione tra questi due elementi è favorevole, infatti il telaio ha
una deformata lineare con l’altezza (a livello di piano ho delle deformate a “S”) globalmente,
quindi ho una deformata di tipo tagliante. Mentre i setti si deformano come una mensola, quindi
seguendo un andamento cubico; quindi ho dei meccanismi deformativi diversi, ma sono obbligati
a convivere, quindi il setto appare molto più rigido alla base rispetto al telaio, per contro in
sommità la situazione di inverte, quindi
le sollecitazioni verranno assorbite
maggiormente dal telaio. Ho una
migrazione delle forze tra i due sistemi
resistenti, ed in sommità ho delle forze
che girano dalla parte opposta, tutto
questo può essere visualizzato con i
seguenti diagrammi qui affianco. Dove
vediamo l’aliquota dei momenti
Vediamo ora le strutture deformabili torsionalmente (o a nucleo), queste sono delle strutture che
tendono a ruotare, per capire se rientro in questa categoria, devo usare la seguente regole; cioè per
Ú
valutazione di questo rapporto in modo approssimato.
m ][T\]Va`U vÜs ¬ EÁ\,h`UT, ∙ Ä,d Á\,h`UT,Ä ∙ ,d
\ H
@ 1 \
\
m ¬ Á\,h`UT,
,h`UT
1 \
mÄ,h`UT ¬ Á\,h`UT,Ä
 1 \
m m
[ < ; [Ä <
][T\]Va`U ][T\]Va`U
m ,h`UT mÄ,h`UT
Raggio giratore del piano:
Ã{]`a[U,{\aV] Õd d
âÓ < <
Õ{\aV] id
L’espressione semplificata del raggio giratore la si è ottenuta per
una sezione di piano rettangolare, con il centro di massa
coincidente con il baricentro geometrico.
Ed infine abbiamo le strutture a pendolo inverso, nelle quali
almeno il 50% è nel terzo superiore dell’altezza della
costruzione, o nella quale la dissipazione dell’energia avviene alla
base di un singolo elemento strutturale, è del tutto evidente che
per queste strutture non abbiamo alcuna duttilità spendibile,
quindi devono essere calcolate in completo campo elastico.
P a g . | 102
Strutture a telaio.
In questo caso, gli elementi verticali sono isolati e collegati da travi e solai che
costituiscono gli orizzontamenti. Le forze orizzontali vengono riportate dai solai, rigidi nel
loro piano, ad una serie di strutture piane verticali idonee ad assorbirle e classificabili in:
I casi (a) e (c) si presentano comunemente negli edifici di altezza normale (4-5 piani),
mentre nelle strutture di edifici alti risulta più conveniente, rispetto all’impiego di
strutture tipo Vierendel (cioè telai a maglie rettangolari) a cui affidare l’assorbimento delle
forze orizzontali, ricorrere a travi e mensole molto rigide ancorate alle fondazioni. Tali travi
e mensole, che nelle costruzioni in acciaio sono costituite da strutture reticolari piane
(come i controventi dei capannoni industriali), nelle costruzioni in c.a. possono essere
costituite da elementi già inseriti per funzioni diverse (come ad esempio muri di divisione di
proprietà diverse, pereti di vani scale e vani ascensore, muri tagliafuoco etc.). La presenza di
tali elementi anche in edifici di modesta altezza conduce spesso alla convenienza di
adottare anche in questi casi questo tipo di controventi. Si tratta per lo più di pareti di c.a.
di spessore piccolo rispetto alle altre dimensioni della sezione orizzontale. In questo caso si
lascia ai pilastri snelli il compito di portare soltanto le azioni verticali.
4) Verifica di resistenza dopo aver combinato le sollecitazioni calcolate con quelle derivanti dai
carichi gravitazionali.
Le forze orizzontali sollecitanti le strutture di controventamento, considerate agenti a livello dei
singoli orizzontamenti, possono essere:
- Azioni dovute al vento.
- Azioni dovute al sisma.
- Azioni derivanti dal fissaggio dei nodi nei telai ad aste solidali.
Per la determinazione delle forze del vento e delle forze sismiche si rimanda a quanto già visto, per
quanto riguarda le forze di fissaggio si devono considerare, secondo la teoria del primo ordine, ad
esempio le reazioni esercitate dai vincoli ausiliari introdotti nel calcolo dei telai con il metodo del
Cross, e secondo la teoria del secondo ordine le forze necessarie per la stabilizzazione dell’equilibrio
particolarmente importanti nelle strutture realizzate con unioni a cerniera tra pilastri e travi
prefabbricate.
Per quanto riguarda la ripartizione delle forze orizzontali tra i singoli elementi resistenti
osserviamo innanzitutto che essi possono essere costituiti da telai, lamine, controventi etc. e che
tale problema può essere affrontato in modo rigoroso solo considerando il comportamento
spaziale dell’edificio, e a tal proposito si rimanda alla trattazione precedente. Perché tutto ciò sia
possibile si deve fare riferimento ad una ipotesi fondamentale; disfatti si deve considerare il solaio
infinitamente rigido nel suo piano ed in grado di trasmettere le azioni orizzontali ai diversi elementi
resistenti, e contemporaneamente deve essere infinitamente flessibile nel piano ortogonale. Per
meglio chiarire questo concetto riporto quello che è scritto negli eurocodici a proposito degli
impalcati.
Il progetto in zona sismica deve occuparsi della verifica degli impalcati di calcestruzzo armato nei
seguenti casi, relativamente a strutture appartenenti alle classi di duttilità CD"A" e CD"B".
1) Geometrie irregolari o forme in pianta con divisioni, arretramenti e rientranze.
3) Distribuzione irregolare delle masse e/o delle rigidezze (come per esempio nel caso di arretramenti
o sporgenze).
4) Basamenti con pareti disposte solamente lungo parte del perimetro o solo in parte dell'area del
piano terra.
Nel caso di sistemi strutturali a nucleo o a pannelli, appartenenti alle classi di duttilità CD"A" e CD"B", è
richiesta anche la verifica della capacità da parte degli impalcati di trasferire le azioni orizzontali al
nucleo o ai pannelli. A tal proposito valgono le seguenti disposizioni.
essere limitato entro il valore 6ºrv , quale misura nei confronti della fessurazione.
1) Il valore degli sforzi di taglio di progetto all'interfaccia tra gli impalcati ed il nucleo o pannelli deve
trascurando ogni contributo da parte del calcestruzzo (ä¥v 0). Deve essere predisposta
2) Deve essere garantita un'adeguata resistenza nei confronti della rottura per scorrimento a taglio,
un'armatura addizionale per contribuire alla resistenza a taglio delle interfacce tra gli impalcati ed i
nuclei o i pannelli. Per le lunghezze di ancoraggio fa fede quanto scritto al punto 2.6 (EC8 – 1.3).
In questo modo il solaio nel piano ha tre gradi di libertà e ci si riduce quindi a scrivere tre equazioni di
equilibrio per piano.
In particolare, rispetto ad un sistema di riferimento x-y complanare al piano del solaio, per effetto
delle forze orizzontali t agenti, il solaio al piano i-esimo subirà in generale una rototraslazione,
caratterizzata da uno spostamento lungo la direzione , uno spostamento “ lungo la direzione Â
e una rotazione θ attorno a z. Per l’ipotesi di corpo rigido, noti lo spostamento di un punto e la
rotazione rispetto ad un asse si possono determinare direttamente gli spostamenti subiti da
tutti i punti del solaio e in particolar modo quelli subiti
̅ ! &!%@ Â! %#"@
solaio:
È !
ÂM! “ ! %#"@ Â! &!%@
In altri termini il solaio si può pensare come un corpo
rigido vincolato da tante molle quanti sono gli elementi
resistenti che reagiscono opponendosi agli
spostamenti e alla rotazione del corpo rigido stesso.
P a g . | 106
Per ogni piano si possono quindi scrivere tre equazioni di equilibrio: due alla traslazione ed una alla
rotazione.
Prima di illustrare i vari metodi per ripartire le sollecitazioni tra i vari elementi resistenti,
argomento già in parte visto nell’analisi lineare, è bene richiamare alcuni concetti preliminari, per
chiarire alcuni aspetti che rivestono notevole importanza.
Út Ú- Ú yA 2Út
tipico della “mensola”.
‚ ät ä- 7 !“# Q ä yA 2ät
åt å- Û yA 2åt
∑ t žt
taglio – “shear type”).
Út Ú- ; Ú
; 8 9
t
2
ät ä- Ú yA 2Út ∆å+
!“#
: Û Û 7 : ä yA 2ät
8 å ∆å ; å ∆å åt å-
t
2 -
2 6 9
8 ƌ
2
Dove + è la luce della trave.
Si noti come nel caso (a) si venga ad avere un notevole sforzo flessionale, mentre negli altri due casi
ho un incremento di sforzo normale da una parte del telaio, e un corrispettivo decremento
dall’altra. Con riferimento alla duttilità strutturale, possono quindi essere più limitanti gli ultimi
due casi.
Si osserva infine come, nella realtà, la presenza di muri di tamponamento, ai quali non si affida
alcuna capacità portante, venga a modificare notevolmente il comportamento dei telai
introducendo due diversi meccanismi resistenti prima della rottura e dopo la rottura del
tamponamento stesso, modificando completamente la ripartizione delle forze.
Prima di procedere oltre vediamo di richiamare alcuni concetti fondamentali; infatti come abbiamo
ribadito, possiamo ripartire le forze orizzontali in modo proporzionale alle rigidezze dei vari
elementi atti a sopportarli, e questo è possibile perché tutte le deformate sono considerate della
stessa natura. Ma allora è bene richiamare la sostanziale
differenza che intercorre tra una trave a comportamento
Euleriano, ed una alla Timoshenko.
La trave Euleriana è definita dal suo asse, che non è asse
baricentrico, ma è passante per il centro di taglio della sua
sezione. Nella meccanica della trave Euleriana ho che ogni
sezione rimane ortogonale all’asse, e ogni elemento ruota
rigidamente, quindi quello che ottengo è uno stato di
tensione biassiale (piano). Ed il taglio si ricava da una
relazione di equilibrio di un concio di trave, dove la
Ú
variazione del momento mi fornisce il taglio.
Ä
Ed inoltre il taglio Ä
º, che in una trave a doppio T assume l’andamento qui
da luogo ad una distribuzione di
Quindi se le æ sono costanti le º saranno lineari, ecco il perché nel calcestruzzo armato è meglio
lavorare con lo “Stress Block”, per evitare di avere º con un andamento del terzo ordine.
Quindi le º nascono da semplici relazioni di equilibrio ed in modo indipendente dal parametro
deformativo associato ¡. Vediamo ora di ricavare alcune importanti relazioni:
U _ 1 _
~ *“ * → è = •! !"# → U =
•
Ú 1 Ú
Dall’ipotesi fondamentale della meccanica, e cioè dall’analisi della flessione ho che:
U è
Ü • Ü
Considerando una trave Euleriana, quindi infinitamente rigida a taglio, ho per definizione quanto
Ú Ä
segue:
“ Ð Ú ^H |
Usando la definizione della curvatura ho che:
¦t}w
Ú= Ü éà H R
^
Quello che si appena ottenuto è l’equazione differenziale della linea elastica flettente di una trave
puramente inflessa, in assenza di carico distribuito ; ovviamente l’equazione della linea elastica
sarà del terzo ordine.
Ad esempio nel portale qui affianco, la
condizione limite si verifica se la rigidezza
flessionale delle colonne è ampiamente
maggiore di quella delle travi; ed in linea di
principio la forza orizzontale si ripartisce tra
i vari elementi verticali in modo proporzionale
alla rigidezza degli stessi, sempre nell’ipotesi
che le aste siano caratterizzate dalla
medesima deformata “a mensola” di tipo
cubico (deformata di tipo flessionale).
Vediamo ora il caso nel quale il traverso risulti infinitamente
rigido, anche in questo frangente la forza sollecitante si
ripartisce in ragione della rigidezza delle colonne. Per
determinare i momenti alle estremità delle stesse, posso
usare il modello statico equivalente, ove al posto del nodo
inserisco un vincolo pendolare. Come sappiamo il taglio è
dovuto al momento, e il tutto si riduce a delle semplici relazioni
+ Ú
di equilibrio.
Ú →Ä = =
2 4 2
+ +
quindi nelle colonne ho la comparsa di uno sforzo normale:
ÚÒ 0 → + 2 å+1 0 → å
4 2+1
al piede.
P a g . | 109
“
Quindi sempre in termini infinitesimi posso affermare che :
¡ “
• → º v
º v¡
Ä èÄ
Ma posso anche scrivere che:
º Eè 1,2 ”#* %# !" !”” ! ÄH
F ∗ F
In questo caso le º non sono più determinate con la classica
relazione di Jourawski, ma vengono definite da una relazione
èÄ “ ùtwè F “
Ora posso esplicitare il taglio:
v Ä v
F è
Ä Õ´ ^d |
In assenza di carico distribuito posso scrivere quanto segue:
R
ê ^ d
Questa è l’equazione della linea elastica tagliante, che governa la trave di Timoshenko, ora la
rigidezza flessionale è infinita, mentre quella tagliante è finita. Al contrario della trave flessionale,
dove ho una deformata cubica, qui abbiamo una deformata di tipo lineare, ed inoltre in questo caso
^H | 1
perdo l’ortogonalità delle sezioni con l’asse della trave.
“ Fv “
comportamento, descritta dalla seguente equazione differenziale:
à
Ü à 0
è
Questa equazione differenziale non presenta più una soluzione esatta che nei programmi di calcolo
¡ 0). Questa equazione governa il comportamento ad esempio delle aste clastrellate, il cui
strutturale è definita dall’elemento beem (dove la rigidezza tagliante è considerata infinita, cioè
particolare comportamento è evidente nella loro instabilità d’equilibrio, dove il carico critico Ûùr è il
Û § q ¦toxw diminuito dal contributo dovuto al taglio (vedi pagina 70 della dispensa “Acciaio e
Calcestruzzo Armato”).
Se accoppio dei sistemi di controventamento che
hanno un comportamento deformazionale diverso,
non posso più dividere le sollecitazioni competenti
ad ogni elemento in ragione delle singole rigidezze,
ma devo applicare dei principi di congruenza. Ed
inoltre osservo che c’è una migrazione interna delle
sollecitazioni orizzontali, ritegno per ritegno, quindi
quello che si viene a creare è uno stato di coazione
interna. Nel semplice esempio in figura si osservi
come in prossimità del suolo, le forze orizzontali
P a g . | 110
vengono portate solamente dalle mensole, che spesso giungono a plasticizzazione, mentre nella
parte alta dell’edificio la mensola viene aiutata dalle lamine a comportamento tagliante. Quindi per
gli edifici esistenti spesso si pone il problema dell’adeguamento alle norme antincendio; quindi per
tutte le scale di sicurezza esterne e bene che queste siano incernierate alla base, in modo da
evitare uno trasferimento di sforzi sfavorevole alle mensole nella parte inferiore dell’edifico. Ma è
altresì vero che il blocco delle scale antincendio, che hanno un comportamento tagliante, mi aiuta
l’edificio nella sua parte di sommità.
Vediamo ora la differenza tra parametri di sollecitazione esterni e i
parametri di sollecitazione interni. Ad esempio per una struttura
isostatica in appoggio semplice, ho come parametro di sollecitazione
esterna il momento M e il taglio T. Ora vediamo come è fatta questa
mia trave, e come risponde alle sollecitazione indotte dall’esterno; ed
essa risponde con i parametri di sollecitazione interni. Se ho a che fare
con una trave Euleriana, questa risponde con il momento plastico e il
taglio resistente (con tutte le dovute differenze tra acciaio e
calcestruzzo). Se invece di una trave ho una struttura reticolare, i
parametri di sollecitazione interni sono gli sforzi normali (quelli
orizzontali mi danno l’equilibrio nei confronti del momento sollecitante esterno, mentre quelli
verticali assorbono il taglio).
Mentre se ho una trave
rigida flessionalmente (¡ ≠
tagliante, cioè infinitamente
non le æ, ed il parametro di
sollecitazione interna Är§ è
Är§ F∗ ºoLL
dato dalla seguente:
Ci si potrebbe chiedere chi equilibra il momento, ma in questo caso si potrebbe pensare alla trave
composta da conci flessionalmente infinitamente rigidi; quindi è come se avessi delle forze
applicate a dei “bracci rigidi”. Il momento lo si trova con delle semplici relazioni di equilibrio, questo
concetto rende notevole la differenza tra una
deformata tagliate e una deformata
flessionale.
Nella deformata flessionale ho una risposta
data dai momenti interni e il taglio
conseguente derivate dall’equilibrio. Nella
deformata tagliante ho un risposta data dal
taglio interno e il momento derivante
dall’equilibrio. A questo proposito è bene
riprendere il caso del telaio con traverso
rigido, rispetto a quello con trave flessibile, nascono degli sforzi normali
all’interno delle aste. E come sappiamo la presenza degli sforzi normali
si mangia una parte della rotazione ultima, e potrebbe introdurre dei
problemi di instabilità di equilibrio. Quindi il telaio con traverso rigido è
più efficace nei confronti dei sismi.
P a g . | 111
Vediamo ora di ragionare su di una sezione soggetta ad azione torcente ÚA , come sappiamo le
particolare le sezioni chiuse forniscono una risposta prestazionale superiore, dato che il braccio ¾ è
sezioni chiuse offrono una risposta alla torsione completamente diversa da quelle aperte. Ed in
ÚA 1
confrontabile con la dimensione della sezione medesima.
¯" $#"#* +# ”#* +# %# !" ”#* # %! + → º / !“# Ü ,
¬ t tô
ÜA, A
3
t
ÚA ÚA
Û#* +# %# !" %! + &ž %#, ž! + *#+ !"# G*# → º
ÜA
,
2Ω
Ora operando nell’ipotesi del De Saint Venant, l’equazione della linea elastica assume la seguente
@ ÚA ùtwè @
formulazione:
, ÚA vÜA,
vÜA
ÚA ^d ë
Se non ho nessuna azione torcente distribuita lungo il contorno, posso affermare quanto segue:
m txvt
0 ´Ã,
=R
^bd
→ Õ||\ a UV ] ][T\]Va`U `\VUa[U {U[ ][T\]VU a``a µU Óa\V ÔUVaV
Come possiamo osservare la deformata è di tipo lineare nell’ipotesi del D.S.V.; questo perché in ogni
sezione considerata ho la stessa distribuzione delle tensioni e deformazioni conseguenti, e
pertanto indipendenti dalla posizione lungo l’asta, certamente questo vale solamente per le
sezioni compatte e non disperse. Mentre le sezioni a doppio T possono essere viste come un
insieme di lamiere incastrate a vicenda, e quindi ho la torsione ad ingobbamento impedito (torsione
non uniforme). In queste sezioni viene ad essere impedito lo scorrimento longitudinale delle fibre,
sottile aperta sottoposta ad un momento torcente ÚA costituito da una coppia avente un braccio
dovuto alla presenza di questi “incastri interni”. In linea di principio essa sarebbe una sezione
simile allo spessore della sezione, ma in realtà essa si comporta come se fosse costituita da due
mensole incastrate. La linea elastica torsionale generata da una torsione non uniforme è di classe
^H ë
cubica, ed è fornita dalla seguente:
$
calcestruzzo. Prendiamo ad esempio una stessa copertura realizzata in due modi diversi.
~!”#* * " && ! → ”. ”. = 50
$
~!”#* * " &. . → ”. ”. = 500 − 600
$
~!”#* * " ”*#&! ”*#%%! → ”. ”. = 300 400
Facciamo una ipotetica analisi dei carichi agli S.L.U. (carico neve ÃK 100 Lˆ ):
Í
$
~!”#* * " && ! → 50¡ì + 100¡m = 225 &!" ¡ì ¡m = 1,5
$
~!”#* * " &. . → 500¡ì + 100¡m = 900
$
~!”#* * " ”*#&! ”*#%%! → 300¡ì + 100¡m = 600
sovraccarico di esercizio di 50 Lˆ (il classico caso delle luci e dell’impiantistica), come si osserva, in
Ora potrei pensare che la mia struttura possa venire usata, ad esempio potrei pensare di avere un
Í
Lasciando per un momento queste divagazione, seppur importanti, è bene riassumere il diverso
andamento delle deformate in funzione alla tipologia di carico applicato, e alla natura della
deformata. Difatti alla prima riga abbiamo il classico comportamento di una deformata flessionale,
mentre al secondo rigo troviamo la serie di deformate taglianti.
P a g . | 113
äžô
quella inferiore uguale a:
¾
12 ∑t Üt
Dove ∑t Üt è la somma dei momenti d’inerzia delle sezioni dei pilastri dello stesso piano. Si può quindi
¾ äž
definire uno scorrimento che vale:
¡
ž 12 ∑t Üt
Se si pensa di sostituire al telaio una mensola fittizia caratterizzata da una deformata tagliante,
ä äè
ricordando che lo scorrimento è dato dalla seguente relazione, vista nella teoria del taglio:
¡ =
vF′ vF
Da questo possiamo ricavare facilmente la rigidezza tagliente equivalente in corrispondenza del
ä vF 12 ∑t Üt
piano preso in esame, come:
¡= !“# »A = =
»A è ž
dallo stesso spostamento “, l’equazione della linea elastica allora si può scrivere:
Considerato che le lamine (flessionale e tagliante) funzionano in parallelo, esse sono caratterizzate
^H | idé ∑\ Ã\ ^d |
éÃi H f
^b ¶d ^bd
P a g . | 114
Ú
azioni flettenti e taglianti, si ha:
å
+
Detto ∆ž lo spostamento assiale della colonna, la rotazione ∆U può scriversi come:
∆ž 2 åž Úž
∆U 2
+› + Fù Fù +
2
Ricordando che per una trave semplicemente inflessa si ha ∆U §í , si perviene alla seguente
%
Úž Úž Õ• `d
relazione di equivalenza:
2 Ãéf.
Ü Fù + d
sezione costituita da due aree concentrate Fù pari alle aree delle sezioni dei piedritti. Vediamo ora
Per cui la trave reticolare è equivalente ad una trave con momento d’inerzia pari a quello di una
che cosa fare per la rigidezza tagliante; indicando con lx , Ax e Sx rispettivamente la lunghezza,
l’area e la sollecitazione assiale dell’asta diagonale, l’allungamento di tale asta sarà pari a:
Ñ
˜O
§nn xvw c ¥wn@ oqqw¦o
q
‘v +v q O ä+
∆+v
˜
¥wn@
Fv Fv cos =
Indicando con ∆ la componente orizzontale di ∆+v ho che ∆
∆q˜
¥wn@
, e quindi posso definire uno
∆ ∆+v ä+
scorrimento:
¡
ž ž&!%= ž Fv cosô =
Ricordando che per una trave a comportamento taglianete ho che ¡ ìÒ,, per cui:
Ñ
ä ä+ ¶éÕ^ WXYL ‹
= ´Õ ,
¹ éf.
vF′ ž Fv cosô = `
Siamo giunti a determinare la rigidezza tagliante equivalente ¹ éf. .
Si può ricavare facilmente l’equazione della linea elastica, che si riconduce a quella della mensola con
Õ• `d ^H | ¶éÕ^ WXY L ‹ ^d |
rigidezza tagliante e flessionale coesistenti:
é f
d ^ H ` ^ d
P a g . | 115
+ž
/
2√+ ž
Si osserva infine come nel caso di un telaio qualsiasi si può calcolare
la rigidezza equivalente utilizzando un programma di calcolo.
“
equazione differenziale del quarto ordine:
à
Ü à 1
Mentre per il telaio introducendo la rigidezza tagliante
vF 12 ∑t Üt
equivalente:
»A
è ž
1 ∑Ï íÏ
Assunto come parametro geometrico G ˆ , come sappiamo vale la seguente equazione
“
differenziale del secondo ordine:
G
Se le due strutture sono collegate in modo continuo in modo da avere le stesse deformate, e quindi
esterno q, è dato dalla somma del carico sostenuto dall’una q1 più quello sostenuto dall’altra
uguaglianza degli spostamenti, si è quindi nel caso di due mensole in parallelo, per cui il carico
dz h dz dz dz
Questa è una equazione differenziale lineare a coefficienti costanti, che va integrata con le seguenti
telai è nullo, per cui la forza orizzontale viene trasmessa alla fondazione soltanto dalla lamina
flessionale.
Nel caso considerato il collegamento tra mensola e telaio è schematizzabile con delle bielle, perché
c’è solamente trasmissione di sforzo, e non di taglio e momento.
Se si vuole considerare anche la deformabilità a taglio della lamina, si devono introdurre tre
sistemi elastici: un sistema che rappresenta la deformabilità tagliente del telaio, uno che
rappresenta la deformabilità flessionale della lamina, ed uno che rappresenta la deformabilità
tagliante della lamina. A tale proposito, per quanto riguarda la lamina si può osservare che
rapporti tra lo spostamento dovuto al taglio e quello dovuto a flessione xÛ dell’ordine di 0,1. Nella
x
l’effetto della deformabilità tagliante rispetto a quella flessionale risulta trascurabile fino a
x d̀
figura seguente è rappresentata, per una condizione tipica di carico, l’entità della deformata
tagliante rispetto a quella flessionale, espressa come rapporto xÛ, al variare del rapporto .
ô
Tralasciando la trattazione analitica rigorosa del nostro problema, vediamo di recuperare alcuni
concetti che poi ci serviranno per i calcoli. Ed in particolare introduciamo due grandezze che
governano il nostro problema:
; Ã êé
9a < Ÿi
´Õ
: ê ^d f
9{ f éÃ
8 ´Õ ^bd
Dove ha le dimensioni di una lunghezza, e nel caso in cui non si consideri la deformabilità
tagliante della mensola risulta essere a J . Mentre se il carico ” è uniforme o varia con legge
Ã
“ 1 “
differenziale che governa il nostro problema è la seguente, nel caso di rigidezze costanti:
à
à
”
u u
La cui soluzione è del tipo:
“ “P Œ~1 # o ~ # ‰o ~ô ~à •
Dove “P è l’integrale particolare e l’espressione tra parentesi è la soluzione dell’omogena associata.
Le costanti ~t devono essere determinate con le condizioni al contorno. A questo punto è bene
introdurre un coefficiente > che sia in grado di dare una indicazione su quale dei due sistemi
assorbe più carico, in questo caso definendo con â l’altezza della struttura si può affermare che:
a  ] i → •] {][ a UV ] a U`a\]
 → È
· Â < iR → •] {][ a UV ] h`UTT\]Va`U
Prima di fornire delle espressioni per > si considera il caso di lamine con aperture.
P a g . | 117
portano un carico direttamente proporzionale alla propria rigidezza. Indicati dunque con Ü1 e Ü i
Lo schema di calcolo che si assume in questo caso è quello di due mensole in parallelo che si
momenti d’inerzia delle singole mensole, e detto il carico agente sulle pareti, si che il carico che
Ü1
essere portano singolarmente risulta pari a:
; 1
Ü1 Ü
: Ü
8 Ü1 Ü
Se si osserva infine la reale deformata della struttura, si nota come i traversi, che in realtà non sono
incernierati alle mensole ma incastrati ad esse, sono soggetti ad uno stato deformativo e tensionale
che aumenta all’aumentare del livello della parete a cui si trovano. In particolare il traverso
superiore risulta il più sollecitato, perché soggetto a spostamenti relativi maggiori.
In particolare lo sforzo di taglio Võ nei traversi è dato dall’integrale delle τ agenti su una sezione
ricorre alla teoria delle travi.
considerata la sezione orizzontale AA e indicato con ä il taglio nella parete in corrispondenza della
verticale in corrispondenza della sezione BB lungo l’altezza di un piano, in altri termini
sezione stessa, con / lo spessore della parete, con ž l’altezza si ha che lo sforzo di taglio äs è dato
äs º/ž
da:
I corrispondenti momenti flettenti sono assunti variabili linearmente lungo i traversi con valore
nullo in mezzeria.
Il traverso più sollecitato è quindi il traverso alla base in corrispondenza del quale il taglio sulla
parete è massimo.
P a g . | 118
“ “ “
differenziale del quarto ordine a coefficienti costanti:
à à à
Ü1 à Ü à
Ü ¨ à
In cui compare Ü ¨ la rigidezza della lamina
equivalente a cui si possono ricondurre i traversi.
Prima di procedere indichiamo con h l’altezza d’interpiano e con J× la rigidezza del traverso e
×g
Si prenda in considerazione i seguenti due casi:
- Parete con una sola apertura.
¿ 1 1 12ÜA
> â<Å Æ
Ü1 Ü F1 F ž ô
- Parete con due aperture (con la condizione che le due lamine laterali siano uguali).
2¿ 1 12ÜA
> â<Å Æ
2Ü1 Ü F1 ž ô
situazione di accoppiamento lamina-telaio per la quale il parametro > era stato definito come:
Nella seguente tabella si riassumono i casi che si possono presentare, richiamando anche la
1 Ü è »A
> < Ÿ1
â â »A vF
l’accoppiamento telaio-lamine; per evitare confusione è bene richiamare i valori tipici di > in
Come possiamo osservare la relazione è formalmente la stessa a quella precedente, espressa per
Û *# &!" $* " ”#* *#; + &! ”!* #" ! è #++! #++# + "#
riferimento alle due diverse situazioni.
Û *# → È
" ”#" #" !“# + * “#*%! ” ù %!++#& ! è #++! % ”# !*#.
> ] 1 → c
¯" #% ! & %! ž! &ž# + , !"# !* !" +#
F&&!”” #" ! + " #+ ! → N
è %%!*/ + #+ !.
äP
rispettivamente:
‚
ÚP
2
ÚP Ú1 Ú å¿
equilibrio ad un generico livello si scrive:
Tanto più rigidi sono i traversi rispetto alle mensole tanto maggiore sarà lo sforzo normale å e
quindi più efficiente l’accoppiamento. Le sollecitazioni sulle mensole si possono scrivere in una
å _1 ψMP
forma del tipo:
; ä _ øäP
9
9 Ü1 ¿
Ú1 I _1 ψ MP
: Ü1 Ü
9
9Ú Ü¿
I _1 ψ MP
8 Ü1 Ü
I coefficienti _1 , I ed _ , si possono trovare tabulati o riportati graficamente in funzione di „ d
u
e > e dal tipo di carico. Il momento nel traverso ha un andamento lineare assumendo alle
estremità il valore ÚA¦ ä .
A
parametro > d, appare chiaro inoltre come se > < 10 (ovvero < 10â) praticamente la totalità
o
flettente per la mensola (e si intende anche per il telaio) siano sostanzialmente funzione del solo
dei carichi si riversa sulla mensola ed il telaio è esente da apprezzabili forze orizzontali, in caso
contrario il telaio risulta soggetto ad un sistema di forze che variano lungo l’altezza come già
valore di >, tutta l’azione orizzontale sia sopportata alla base dalla sola mensola.
indicato; a tal proposito dall’andamento dei diagrammi si riscontra come, indipendentemente dal
P a g . | 121
espressi dal rapporto d riportato in ordinata, e per diversi valori di altezza del traverso ž. In
y
l’entità dei singoli termini che contribuiscono all’assorbimento del momento esterno a vari livelli
particolare, per diversi valori di altezza del traverso, ž 6,, 12,, 24,, 30,, 60′′ e infinito,
i diagrammi riportati consentono di determinare ai vari livelli della parete il momento esterno ÚP
che viene assorbito mediante la coppia di forze (contributo å¿) e, per sottrazione, quella assorbita
come momento flettente dalle pareti stesse Ú1 Ú . Dalla figura si nota come in generale
l’efficacia dell’accoppiamento aumenta all’aumentare dell’altezza dei traversi e come nella parte
tutti i casi analizzati tranne quello con ž 6′. Per quanto riguarda la sezione di base si osserva
più alta delle pareti, in particolare nella metà superiore l’accoppiamento risulta molto efficace, per
P a g . | 122
che c’è poca differenza tra il caso ž 24′ e il caso di traverso infinitamente rigido (che
corrisponde al caso in cui le due lamine si comportavano come un’unica mensola).
a) Andamento dei termini che contribuiscono all’assorbimento del momento esterno lungo
b) Andamento dei momenti Ú1 e Ú nella sezione di base al variare del rapporto ž/®.
l’altezza dell’edificio per diversi valori di altezza del traverso.
l’andamento dei singoli termini che contribuiscono all’assorbimento del momento esterno ÚP
Questo risulta ancora più evidente dalla parte (b) della figura precedente, dove è rappresentato
nella sezione di base al variare del rapporto Ð, dove ® è la lunghezza del traverso ® 6,
1,83 . Si può notare come per rapporti Ð < 0,33, l’andamento resta pressoché costante. Si può
valutare a questo punto quale è la duttilità richiesta ai traversi.
(rapporto tra la rotazione Á della sezione di estremità del traverso e la rotazione allo
ù
Nella figura successiva sono riportati, per l’esempio in questione, l’andamento del fattore di
ùÊ
duttilità
snervamento ÁÀ ), lungo l’altezza dell’edificio per sei diversi stadi di analisi, individuati dai punti
1-6 nel diagramma carico-spostamento orizzontale in sommità (riportato a destra), ed infine per i
diversi stadi è rappresentato il taglio assorbito dai traversi (dove indica la resistenza ultima
dei traversi stessi). I sei stadi considerati sono i seguenti.
2) Snervamento del primo traverso, che si trova in genere a circa ô â dalla base;
1) Comportamento elastico: tutti i traversi sono ancora in campo elastico;
1
3) Snervamento di più del 90% dei traversi, fino a questo stadio si assume che entrambe le
mensole siano ancora in campo elastico;
4) Raggiungimento della massima resistenza a flessione della mensola soggetta a trazione;
5) Raggiungimento, dopo un piccolo incremento di carico, della massima resistenza a
flessione alla base della seconda mensola (soggetta a compressione). Questo rappresenta la
capacità ultima del sistema di pareti accoppiate;
6) Imposizione di uno spostamento orizzontale in sommità pari a 4 volte lo spostamento
che si ha in corrispondenza allo snervamento del primo traverso.
P a g . | 123
d d
Dai diagrammi riportati in figura si può osservare come i traversi più cimentati siano quelli
collocati tra e à , e come questa duttilità richiesta ai traversi per avere un fattore di duttilità in
11.
ù
spostamento della struttura pari a 4, sia in questo caso ù
Ê
È importante quindi garantire che i traversi siano in grado di soddisfare questa richiesta di
duttilità. Anche in presenza di carichi ripetuti. In tale ambito si osserva come in generale un
traverso armato convenzionalmente, con armature longitudinali e staffe, per effetto di carichi
ciclici si fessura notevolmente con lesioni diagonali e un notevole danneggiamento del
calcestruzzo in corrispondenza delle sezioni di estremità, che compromette la capacità di
trasmissione del taglio alle pareti per effetto dell’ingranamento.
Prove sperimentali (Paulay), hanno dimostrato come per garantire duttilità e resistenza ai traversi
compressione ~ che si intersecano in mezzeria dove il momento flettente è nullo. Dati i parametri
sollecitanti esterni ä e Ú , le forze diagonali di trazione e compressione si ricavano dalla
ä
relazione di equilibrio:
Ä ~
2%#"=
Affiche questo sistema funzioni, l’armatura deve essere convenientemente staffata per evitare che si
instabilizzi quando è soggetta a compressione, in tal modo si vengono a disporre dei veri e propri
pilastrini diagonali per assorbire le forze di taglio dovute all’azione sismica che si aggiungono
all’ordinaria armatura longitudinale disposta per l’assorbimento dei carichi verticali.
P a g . | 124
Ed ecco che si deve fare attenzione all’apertura di fori sui diaframmi di piano (vani scala,
ascensori, aperture di servizio, ecc.), quindi ancora una volta diviene fondamentale gestire il
particolare costruttivo nella progettazione sismica.
Si noti inoltre che per tutti gli edifici esistenti dell’antichità si nota che hanno una elevata densità
strutturale (20-25% della superficie occupata), rispetto ai nostri edifici, basti pensare che un telaio
importante con pilastri 40x40cm su un interasse di 4m, abbiamo una densità strutturale dell’1%.
Altro aspetto che è fondamentale nella sismica è la simmetria strutturale. Questi due aspetti sono
ribaditi anche nella normativa NTC-2008, infatti per gli edifici in muratura portante con una
densità strutturale del 6% in tutti e due i sensi (quindi con una certa regolarità strutturale e
direzionale), e fino a tre piani fuori terra, non è necessario il calcolo sismico della struttura. Ma
oltre alla regolarità in pianta dobbiamo avere anche una certa regolarità in elevazione, anche se la
prima delle due è più importante.
Come sappiamo le forze sono proporzionali alle masse dei singoli elementi strutturali e che
subiscono l’accelerazione del sisma. Ed inoltre la risposta complessiva della struttura dipende da
dove cade il centro di taglio, cioè il centro di rigidezza, rispetto al centro delle masse. Quindi se
abbiamo la presenza di una eccentricità tra il centro di massa e il centro delle rigidezze, abbiamo la
nascita di un momento torcente, questa rotazione sottopone a spostamenti diversi gli elementi
strutturali verticali, ed in particolare quelli periferici, che saranno i primi a collassare.
torsionale dell’intero edificio, ed inoltre influenza il valore delle forze sismiche da adottare
(forma compatta, simmetrie di massa e rigidezze, distribuzione uniforme delle azioni e
analisi da eseguire (elementi resistenti ad azioni orizzontali estesi a tutta altezza, variazione
graduale di massa e di rigidezza con l’altezza, rapporto tra resistenza di piano effettiva e
richiesta uguale ai piani).
P a g . | 126
La rotazione dell’impalcato è
assolutamente nefasta, infatti
questo è un comportamento
antimetrico, e richiede un impegno
diverso alle diverse strutture
verticali, in ragione della loro
distanza dal centro di rotazione.
Per evitare i comportamento
torsionali devo prestare attenzione
al posizionamento in pianta dei
vani scali e degli ascensori, e di
tutti gli elementi irrigidenti
verticali. Ad ogni modo la
normativa prevede sempre e
comune una eccentricità accidentale del 5% rispetto alle dimensioni dell’edificio, perché
comunque si vuole vedere il comportamento dell’edificio all’azione sismica torcente, e questo
anche a tutela del progettista. Ed inoltre un edificio per avere maggiori capacità di resistenza alla
torsione deve essere il più possibile compatto, ed l’irrigidimento deve essere il più possibile diffuso
e non fare da “perno”.
P a g . | 127
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
P a g . | 128
Da un punto di vista sismico si deve assolutamente evitare la pratica dei pilastri in falso (per il
semplice motivo che il sisma fornisce anche delle sollecitazioni verticali), ed inoltre si deve
prestare attenzione alla diversa lunghezza delle colonne. Mentre l’azione sismica verticale viene
presa in considerazione solamente nel caso di grandi luci, oppure se abbiamo la presenza di
elementi verticali discontinui, cioè elementi in falso.
Per corpi di fabbrica distinti devono essere divisi da dei giunti sismici, se questi non sono parte di
un corpo unico strutturale. Quindi la distanza tra costruzioni contigue non può essere inferiore
alla somma degli spostamenti massimi determinati per lo SLV (stato limite per la salvaguardia
della vita), calcolati per ciascuno dei corpi di fabbrica.
P a g . | 131
Tutto questo per evitare il fenomeno deleterio del martellamento, ed in ogni caso devo garantire
una dimensione minima di questo giunto pari alla seguente:
a´ Ó ·
â–Ÿ !“# ‘ è + &!#•• & #" # %! !% !+!
R, K´ iRR
Oltre alla presenza del giunto per prevenire i danni da martellamento, gli impalcati dei diversi
corpi di fabbrica dovrebbero essere allo stesso livello.
delle resistenze, elementi secondari, strutture poco dissipative con fattore di struttura ]
elementi in cui è impedita la plasticizzazione mediante il rispetto del criterio di gerarchia
1,5.
±úû
±Êû
Come si osserva il rapporto deve
essere inferiore a 1,35; questa
limitazione si rende necessaria per
mantenere un certo controllo
sull’estensione del campo duttile, come
si osserva questa limitazione viene
introdotta solamente per la sismica,
mentre per i le condizioni statiche
questo ulteriore controllo non sarebbe
necessario. Ed inoltre viene ad essere
fissato un limite tra il valore dello
snervamento nominale e quello
P a g . | 132
effettivo, e tale scarto deve essere fissato la massimo al 25%, altrimenti tutti i discorsi sulla
gerarchia degli elementi strutturali non sono più validi.
Al contrario il cls non è certamente un
materiale duttile, quindi per avere un
comportamento pseudo-duttile questo
deve essere confinato con l’acciaio.
Il confinamento viene ad essere
realizzato con l’armatura trasversale
(staffe) e longitudinale. Ma questa
cerchiatura, oltre a rendere duttile il cls,
lo rende anche più resistente, quindi ho
un doppio effetto.
Il confinamento oltre nella direzione
orizzontale, deve agire anche nella
direzione verticale, ecco che le staffe
devono agire anche come elemento
stabilizzante per l’armatura
longitudinale. In questo modo diviene
quindi il risvolto da 10∅ deve essere orientato a 45° verso l’interno dell’elemento strutturale, cioè
importante anche la chiusura delle staffe, infatti si deve evitare che queste giungono a sfilamento,
nella zona compressa. Questo è un modo per vedere come i dettagli costruttivi, nella sismica,
ricoprono un ruolo fondamentale, direi determinante.
ed in particolare dai momenti sollecitanti di calcolo Ú v , questi arrivano dall’analisi globale della
Allora vediamo una delle prime gerarchie; si deve sempre partire dal dimensionamento delle travi,
struttura, cioè dall’analisi sismica globale, che fa riferimento alla seguente combinazione dei
carichi:
´i ´d Z é ¬ ýdþ n þ c. u. L. d. H
þ
Ricordando che gli effetti dell’azione sismica devono essere valutati tendo conto delle masse
associate ai seguenti carichi gravitazionali:
´i ´d ¬ ýdþ n þ c. u. L. d. H
þ
1) Il contributo dovuto ai carichi gravitazionali agenti sulla trave considerata incernierata agli
estremi.
2) Lo sforzo di taglio prodotto dai momenti resistenti delle sezioni di estremità, amplificati
i, dR •µ"Õ"
del fattore:
a ][U ^\ T]|[a[UT\T UVba ^U\ a U[\a`\ → µm^ È
i, RR •µ" "
P a g . | 133
Questo è il dimensionamento,
ovviamente si deve affrontare anche la
fase di verifica. Per la flessione non ci
sono problemi di sorta e si procede al
solito modo, sia per l’alta duttilità che
per la bassa. Mentre per la verifica al
taglio si deve prestare maggiore
attenzione, infatti per la bassa duttilità
CD”B” si procede in modo
convenzionale (T.U. – 4.1.2.1.3). Ed in
questa sede si opera un piccolo
richiamo.
1 ] &! @ ] 2,5
rispetto all’asse della trave deve rispettare
rispettare i limiti seguenti:
ärv < ä v
La verifica di resistenza (SLU) si pone con:
ÕT
ÔmT^ R, V Þ ^ Þ Þ hÄ^ Þ _] ‹ _] ë Þ TUV‹
trazione” si calcola con:
T
P a g . | 134
_] ‹ _] ë
Con riferimento al calcestruzzo d’anima, la resistenza di calcolo a “taglio
Ôm_^ R, V × ^ × • × ‹_ Þ h,_^ Þ
compressione” si calcola con:
con:
i _] d ë
h,_^ h
i
della trave.
d _^
1 ”#* # /* " *# "!" &! ”*#%%#
-
;
è la resistenza a compressione ridotta del calcestruzzo d’anima.
9 1 Î
”#* 0 ] æ¥s ’ 0,25•¥v
± ˜
‹_ è un coefficiente maggiorativo pari a
: 1,25 ”#* 0,25•¥v ] æ¥s ’ 0,5•¥v
-
9 2,5 Œ1 − Î • ”#* 0,5• ] æ ’ •
8 ± ¥v ¥s ¥v
• è la larghezza minima della sezione in mm.
˜
tÓ^
-
- _{ Õ _
è la tensione media di compressione nella sezione.
_] ë
Le armature longitudinali, dimensionate in base alle sollecitazioni flessionali,
_] ‹
ai R, V × ^ × <R
dovranno essere prolungate di una misura pari a:
a:
considero il contributo del calcestruzzo nullo e assumo &! @ 1, quindi är¥v 0. Ed inoltre
Mentre se opero in alta duttilità CD”A” devo assumere delle diverse limitazioni, prima di tutto
nelle zone critiche (alle estremità delle travi), se il rapporto tra il taglio massimo e quello minimo,
ä vjÏ
legato all’inversione dei momenti, rispetta la seguente condizione:
’ 0,5
ä vjkl
In altri termini se nelle zone critiche il taglio minimo (negativo) è pari ad almeno il 50% del
massimo (in termini assoluti), ed inoltre il maggiore tra i valori assoluti dei due tagli supera il
äv
valore:
uno dei due superare il taglio är1 , allora nel piano verticale di inflessione della trave devono essere
Se sono vere queste due condizioni, che il taglio si inverte per oltre il 50%, e che in valore assoluto
disposti due ordini di armatura longitudinali, l’uno inclinato di +45° e l’altro di -45°, rispetto
P a g . | 135
all’asse della trave. Ed inoltre la resistenza deve essere affidata per metà alle staffe e per metà ai due
Fn •Àv
ordini di armature inclinate, per le quali deve risultare:
ä vjkl ] !“# Fn è + , *# & %& "! # # !* " * *# "&+ " #
√2
Quindi si devono mettere i ferri piegati nei
due sensi, e questo è uno dei problemi
dell’alta duttilità, infatti se ricado in questa
condizione significa che ho a che fare con
delle travi di scarsa luce (travi tozze), quindi
ho delle lesioni che sono sostanzialmente
verticali (al contrario del solito), in queste
condizioni nessuna staffa è in grado di
“cucirla”. Questo comportamento è dovuto
al fatto che avendo delle travi operanti nel
campo dell’alta duttilità, vado a cercare
grandi allungamenti dell’acciaio, quindi ho
a che fare con fessure molto ampie, e se
abbiamo la presenza di un taglio molto
elevato ho la formazione di un piano di scorrimento, che può essere cucito solamente da armature
inclinate, sia in un senso che nell’altro. Vediamo ora di riassumere tutte quelle prescrizioni di
normativa che riguardano l’armatura longitudinale delle travi.
1) Almeno due barre di diametro pari a 14mm devono essere presenti sia superiormente che
indipendentemente dal fatto che l’armatura tesa sia quella al lembo superiore della sezione
i, H L, K
o quella al lembo inferiore della sezione, deve essere compreso entro i seguenti limiti:
’ o ’ o_] { %!+ #" # 0,31% ’ p ’ 0,78% p¥wLs
hÄ hÄ
p
Dove:
Òá
úeák
Ž
p¥wLs è il rapporto geometrico relativo all’armatura compressa.
- è il rapporto geometrico relativo all’armatura tesa.
5) L’armatura superiore, disposta per il momento negativo alle estremità delle travi, deve
essere mantenuta per almeno ¼ della sua area per tutta la lunghezza della trave.
6) L’armatura superiore, disposta per il momento negativo alle estremità delle travi, deve
essere contenuta per almeno il 75% entro la larghezza d’anima della trave e comunque, per
le sezioni a T o ad L entro una fascia di soletta pari rispettivamente alla larghezza del
pilastro, nel caso non ci sia una trave ortogonale nel nodo. Al contrario se abbiamo la
presenza della trave ortogonale (l’effetto del confinamento è maggiore), il 75%
dell’armatura superiore deve essere compreso nella larghezza del pilastro aumentata di due
volte lo spessore della soletta.
7) Le armature longitudinali delle travi, sia superiori che inferiori, devono attraversare, di
regola, i nodi senza ancorarsi o giuntarsi per sovrapposizione in essi. Quando ciò non
risulti possibile, sono da rispettare le seguenti prescrizioni:
- Le barre vanno ancorate oltre la faccia opposta a quella di intersezione con il nodo, oppure
P a g . | 136
tensione nelle barre pari a 1,25•ÀK , e misurata a partire da una distanza pari a 6 diametri
- La lunghezza di ancoraggio delle armature tese va calcolata in modo da sviluppare una
il diametro delle barre non inclinate deve essere minore di =Žö volte l’altezza della sezione
collocata all’interno delle staffe del pilastro. Per prevenire lo sfilamento di queste armature
/ âA¦o}
due volte la larghezza del pilastro ortogonale all’asse della trave.
20& ] / ] È ¥wqwxxo
2/¥wqwxxo
2) Il rapporto tra /›ž della trave deve essere maggiore o uguale a 0,25.
3) Le zone critiche si estendono, per CD”B” e CD”A”, per una lunghezza pari
rispettivamente a 1 e 1,5 volte l’altezza della sezione della trave, misurata a partire dalla
faccia del nodo trave-pilastro o da entrambi i lati a partire dalla sezione di prima
plasticizzazione.
E vediamo infine quali prescrizioni si devono seguire per le armature trasversali:
1) Nelle zone critiche devono essere previste staffe di contenimento. La prima staffa di
contenimento deve distare non più di 5cm dalla sezione a filo pilastro; le
successive devono essere disposte ad un passo non superiore alla minore
^
tra le grandezze seguenti:
;
9 H
T] iJK \V •µAA ] ddK \V •µ
: ∅â]V´. \V \V •µÕ ] I∅â]V´. \V \V •µ
9
8 dH∅T ahhU
P a g . | 137
2) Per il resto della lunghezza della trave devo prevedere un’area minima di staffaggio
F AjÏ 1,5/Ÿ Š Ž con /Ÿ espresso in mm. Con le seguenti restrizioni per quanto
LLˆ
L
33& 3 % ••# + # *!
concerne il passo:
%]‚ 0,8
12∅öwx .Ltx " ”*!%% à & * &ž &!"&#" * ”#* " + "$ž# ” *
4.2 – Pilastri.
Questa è la seconda gerarchia, in altri termini dobbiamo
proteggere i pilastri dalle travi, cioè il pilastro deve essere più
resistente della trave. Quindi in tutti i nodi dobbiamo verificare
∑ é•m^
semplice equilibrio di nodo).
éé^ ‹é•Ó^ !“# ‹ µm^ Û~Ú3431
∑ é•Ó^
Nel caso in cui i momenti nei pilastri siano di verso discorde, il solo valore maggiore va posto al
denominatore della formula mentre il minore va sommato ai momenti resistenti delle travi, in altri
termini considero sempre l’equilibrio del nodo. Questo è il caso in cui ho delle travi
flessionalmente molto meno rigide rispetto ai pilastri, in questo caso particolare il comportamento
dei pilastri è similare a quello di una mensola, con i momenti sempre dalla stessa parte. Quindi a
amplificazione = diviene troppo grande per poterlo gestire con un semplice pilastro, quindi dovrò
passare a un setto. Allora per fare in modo che tutto funzioni devo avere delle travi alte, sia per
avere poca armatura, da una parte, sia per avere una adeguata rigidezza rispetto ai pilastri,
dall’altra. Solamente in questo caso lo schema del telaio può essere visto in ambito sismico in
modo efficace.
Fn
deve essere compresa entro i seguenti limiti:
1% ] p ] 4%
Fù
3) Nelle zone critiche devono essere rispettate le condizioni seguenti:
- Le barre disposte sugli angoli della sezione devono essere contenute dalle staffe.
- Almeno una barra ogni due, di quelle disposte sui lati, deve essere trattenuta da staffe
interne o da legature.
- Le barre non fissate devono trovarsi a meno di 15 cm e 20 cm da una barra fissata,
4) La lunghezza critica ¿¥¦ deve rispettare i seguenti limiti (per ¿x si intende la luce netta del
rispettivamente per CD”A” e CD”B”.
â + # #+ ” + % *!
pilastro):
¿x ¿x
¿¥¦ c !”” *# ”#* ” + % * %!% & ¿¥¦ ¿x %# ¿x ’ 3G
6 3
45&
5) Il diametro delle staffe di contenimento e legature deve essere non inferiore a 6 mm ed il
G G
loro passo deve essere non superiore alla più piccola delle quantità seguenti:
3 2
%¥¦ ~®F ] " c %¥¦ ~®G ] " c
75 125
6∅öwx ,¥wqq oA 8∅öwx ,¥wqq oA
• /
6) Si devono disporre staffe in un quantitativo minimo non inferiore a:
;0,08 ¥v nA ”#* ~®F + • !* #++ !" &* & # ”#* ~®G
FnA 9 •Àv
<
% : •¥v /nA
9 0,12 ”#* ~®F " !" &* &
8 •Àv
P a g . | 140
In cui FnA è l’area complessiva dei bracci delle staffe, /nA è la distanza tra i bracci più esterni
delle staffe, ed % è il passo delle staffe.
7) Le staffe nella parte centrale, al di fuori della zona critica, devono rispettare le seguenti
6
limitazioni (NTC – 4.1.6.1.2):
25&
∅
∅nA < Q qwx % ] È12∅
4
qwx
8) Lungo le armature longitudinali del pilastro che attraversano i nodi non confinati devono
essere disposte staffe di contenimento in quantità almeno pari alla maggiore prevista nelle
zone del pilastro inferiore e superiore adiacenti al nodo. Questa regola può non essere
osservata nel caso di nodi interamente confinati.
9) Per i nodi non confinati (vedi figura), appartenenti a strutture sia in CD”A” che in
CD”B”, le staffe orizzontali presenti lungo l’altezza del nodo devono verificare la seguente
/Ÿ
/- "Q ž¥ !“# ž¥ è + #"% !"# #++ &!+!"" ” * ++#+ ++ * “#
/¥
2
- Se la trave ha una larghezza /Ÿ inferiore a quella del pilastro /¥ , allora /- è:
/¥
/- "Q ž¥ !“# ž¥ è + #"% !"# #++ &!+!"" ” * ++#+ ++ * “#
/Ÿ
2
Per i pilastri in presenza di tamponamenti ad altezza parziale, si deve prestare attenzione alle
seguenti disposizioni di normativa (NTC – 7.4.6.2.2):
1) Nel caso in cui i tamponamenti non si estendano per l’intera altezza dei pilastri adiacenti,
l’armatura risultante deve essere estesa per una distanza pari alla profondità del pilastro
oltre la zona priva di tamponamento. Nel caso in cui l’altezza della zona priva di
tamponamento fosse inferiore a 1,5 volte la profondità del pilastro, debbono essere
utilizzate armature bi-diagonali.
2) Nel caso precedente, qualora il tamponamento sia presente su un solo lato di un pilastro,
l’armatura trasversale da disporre alle estremità del pilastro ai sensi del § 7.4.5.3. deve
essere estesa all’intera altezza del pilastro.
P a g . | 141
Un setto ha una buona dissipazione energetica, infatti sappiamo che gli elementi strutturali che
sono dei buoni dissipatori di energia, sono quelli soggetti a un contenuto sforzo normale
tÓ^
specifico, cioè un basso :
Óh][b] V][ a`U a^\ UVT\]Va`\bba ] →
•¶h_^
Ed ecco che le travi e i setti divengono degli elementi strutturali atti a questo scopo. E invece
possono avere dei problemi a taglio, infatti il setto può essere fortemente armato, quindi quello
che giunge a rottura è il puntone compresso di calcestruzzo, oppure per insufficienza di armatura
orizzontale (staffe). Certamente il puntone compresso per i setti è più delicato, dato le sue
dimensioni che vanno con la radice di due, rispetto alle dimensioni in pianta del setto stesso.
Questa particolare attenzione per la rottura dei setti (spesso un rottura fragile), viene ribadita
anche per la valutazione del fattore di struttura base P . Fatto salvo tutto quello che abbiamo già
P
essere ridotti mediante il fattore (Ÿ :
Per prevenire il collasso delle strutture a seguito della rottura delle pareti, i valori di devono
dall’analisi, vero l’alto per un tratto pari a ž¥¦ (altezza della zona
stesso. Si tratta di traslare il diagramma dei momenti, derivante
Õ` Ubba ^U` {\aV] U[[a ¶T , VU` _aT] ^\ U^\h\_\ _]V UV] ^\ {\aV\
Con le seguenti limitazioni:
¶_[ ] ‚ µgU |]` U `, a` Ubba ^U` {\aV] U[[a {U[ U^\h\_\ _]V ]` [U {\aV\
µgU |]` U `, a` Ubba ^U``a TUb\]VU ^\ •aTU `
Tutte le disposizioni fin qui esposte per il momento, valgono per tutte e due le classi di duttilità.
Ora quello che devo fare per proteggermi da eventuali problematiche derivanti dal taglio è
rispettare le seguenti disposizioni di normativa, che si differenziano in ragione dell’alta o della
bassa duttilità. Per strutture sia in CD“B” che in CD“A” si deve tener conto del possibile
incremento delle forze di taglio a seguito della formazione della cerniera plastica alla base della
parete.
P a g . | 144
1,5
Û *# " ~®"G" → Ôé^ ‹ÔÓ^ !“# = Q 1
”#* ” *# #% #%# #/!+ #" # * #
2
Nelle strutture miste, il taglio nelle pareti non
debolmente armate deve tener conto delle sollecitazioni
dovute ai modi di vibrare superiori. A tal fine, il taglio
derivante dall’analisi può essere sostituito dal
Úrv žŸ
; = ¡rv ] ”#* ” *# ! # ]2
9 Ú§v +Ÿ
=→
: ¡ Ú ‘ Ä¥ žŸ
91,5 ] = <Ÿ rv rv 0,1 Å Æ ] ”#* ” *# %"#++# –2
8 Ú§v ‘ Ä1 +Ÿ
dell’edificio Ä1 .
corrispondenza del periodo di vibrazione fondamentale
Come possiamo osservare, ancora una volta il sovradimensionamento nella sismica non paga,
infatti questo poi si ripercuote nella valutazione del taglio; mentre per le pareti snelle si deve
tenere conto anche di aspetti dinamici, dati dai modi di vibrare superiore.
Altri aspetti che riguardano la verifica delle pareti stesse, sono riconducibili alla loro geometria:
1) Si definiscono pareti semplici gli elementi portanti verticali quando il rapporto tra la
minima e la massima dimensione della sezione trasversale è inferiore a 0,25.
2) Nel caso di parete semplice, la verifica di resistenza si effettua con riferimento al rettangolo
di base.
3) Si definiscono pareti di forma composta l’insieme di pareti semplici collegate in modo da
formare sezioni a L, T, U, I ecc.
P a g . | 145
4) Nel caso di pareti di forma composta, la verifica va fatta considerando la parte di sezione
costituita dalle anime parallele o approssimativamente parallele alla direzione principale
Dopo avere determinato gli sforzi, si devono eseguire le verifiche; per la verifica a flessione e a
1) In ogni sezione il momento resistente Úrv , associato al più sfavorevole valore dello sforzo
presso-flessione non c’è nessun problema:
2) Per tutte le pareti, la forza normale di compressione non deve eccedere rispettivamente il
40% in CD”B” e il 35% in CD”A” della resistenza massima a compressione della sezione
assunta pari al 350% della forza assiale dovute i carichi verticali in condizioni sismiche.
orizzontali e del sollevamento del suolo. In assenza di più accurate analisi essa può essere
P a g . | 146
Prima di passare alla verifica a taglio delle pareti, vediamo di operare un piccolo richiamo sulla
verifica e dimensionamento dei pilastri, per alcuni ragioni affini alle pareti.
0
årv 0,8F¥ •¥v •Àv Fn
Lo sforzo normale resistente in un pilastro è dato dalla seguente relazione:
0:
relazione seguente, tendo conto che l’acciaio deve essere in grado di assorbire
0,9å v
F¥,Ltx
come minimo il 10% dello sforzo normale sollecitante
0,8•¥v
åv
0,10
L’armatura longitudinale deve rispettare i seguenti minimi:
Fn < ‚ •Àv
0,3% F¥
Al punto 4.1.6.1.2 si fa riferimento al diametro minimo delle barre
longitudinali che deve essere di 12mm. Con riferimento ad una sezione
; ; I Fn •Àv
„ → Û!% !"# %%# "# *! → % #&& " & * * #%
Richiamando le seguenti definizioni:
9 9 / •¥v
å§v F,n •Àv
: → ‘•!* ! "!* +# #"% !" +# :
9 9I → % #&& " & * * &! ”.
,
/ •¥v / •¥v
8 8
dell’altezza utile 0,
Nelle definizioni precedenti ci si deve ricordare che nel campo 6, al posto
, si deve mettere l’altezza totale di sezione .
Per stabilire se la nostra condizione sollecitante ricada all’interno del campo
å§v årv
È
resistente, è sufficiente imporre questa verifica parziale:
ž
Ú§v
∗
Ú§v 3 å§v Ÿ &
sollecitante in corrispondenza alla posizione di armatura tesa:
Ú§v
š „= 1 (o „ ( , I, 1 ¾,
dato
Il momento adimensionalizzato è dat o dalla seguente relazione:
/ •¥v
P a g . | 147
•¥v / =
Alla fine deve essere verificato quanto segue, in accordo con le premesse
šrv
∗
<š v
iniziali:
La verifica a compressione dell’anima (verifica del puntone compresso di calcestruzzo), deve essere
pari all’80% dell’altezza della sezione ed un’inclinazione delle diagonali compresse pari a @ 45°.
eseguita in accordo con il punto 4.1.2.1.3 dell’NTC, assumendo un braccio delle forze interne
_] ‹ _] ë
Nelle zone critiche tale resistenza va moltiplicata per un fattore riduttivo 0,4.
Ôm_^ R, I × ` × • × ‹_ Þ h,_^ Þ
i _] d ë
=n , dove:
Mentre la verifica del meccanismo resistente a trazione va fatta tendo conto del rapporto di taglio
Ú§v
=n
ä§v +Ÿ
Se =n < 2, la determinazione della resistenza è condotta in accordo con il punto 4.1.2.1.3
inclinazione delle diagonali compresse @ pari a 45°, quindi fatto salvo quanto già detto a pag. 28,
dell’NTC, assumendo un braccio delle forze interne pari all’80% dell’altezza della sezione, ed una
ÕT
il tutto si traduce nella seguente relazione:
ÔmT^ R, I × ` × Þ hÄ^ Þ _] ‹ _] ë Þ TUV‹ !“# ”#* @ 45° ž! &ž# &! @ 1
T
Se =n ’ 2 la verifica a taglio trazione dell’armatura dell’anima, deve essere eseguita usando le
ÔmT^ Ôt].Õ[ .
R, JKo¶ hÄ^ • ‹T `
seguenti due espressioni:
m_^
~!" + “ "&!+! &ž# o¶ hÄ^ • R, I` ] o| hÄ^ • R, I` 43- té^
P a g . | 148
p
;p} * ””!* $#! # * & #++ * * !* !" +# # “#* & +#.
,
Punto 4.1.2.1.3.1
4.1.2.1.3.1 – NTC – Elementi senza armature trasversali resistenti a
taglio.
È consentito l’impiego di solai, piastre e membrature a comportamento analogo,
ärv ≥ ä§v
La verifica di resistenza (SLU) si pone con:
con:
i
iRRo` h_
taglio si valuta con:
con:
L
Ôm^ úR, iI R, iK _{ û • ^ ≥ Ë| R, iK _{ Ì• ^
µ_ \V
; 200
( 1 < ]2
9
9
9 “Ltx 0,035…( ô …•¥K
9
®!“# è + + #
,
+# #++ %# !"# " .
:p Fnq
] 0,02 è + * ””!* ! $#! # * &! * * +!"$ " +#.
9 q /Ÿ
9 å§v
9æ¥s ] 0,2•¥v è + #"% !"# # &! ”*#%% !"# "#++ %# !"#.
9 F¥
8 /Ÿ è + + *$ž# " #++ %# !"# " .
In presenza di significativi sforzi di trazione, la resistenza a taglio del
calcestruzzo è da considerarsi nulla e, in tal caso, non è possibile adottare
elementi sprovvisti di armatura trasversale.
Le armature longitudinali,
longitudinali, oltre ad assorbire gli sforzi conseguenti alle
sollecitazioni di flessione, devono assorbire quelli provocati dal taglio dovuti
all’inclinazione delle fessure rispetto all’asse della trave, inclinazione
assunta pari a 45°. In particolare, in corrispondenza degli appoggi, le
armature longitudinali devono assorbire uno sforzo pari al taglio
h_ R,L h_ I R,L
h_ R, ILm_ # "!+ *# é_ dd. RRR Ÿ dd. RRR Ÿ
sull’appoggio.
sull’appoggio. Solo a titolo di richiamo, ho che:
iR iR
Dopo aver affrontato la verifica dell'anima a compressione, e la verifica del meccanismo resistente
a trazione, ci rimane la verifica a scorrimento nelle zone critiche. Per possibili piani di
P a g . | 149
scorrimento, si intendono le riprese del getto, o i giunti costruttivi, che si trovano all'interno delle
ä§v ] ärv,n
zone critiche. Deve comunque risultare quanto segue:
Dove ärv,n è il valore di progetto della resistenza a taglio nei confronti dello scorrimento, e questa
ärv,n ävv ätv ä±v !“# ‚ ätv → ~!" * / ! #++# * *# "&+ " #
ä±v → ~!" * / ! #++ *#% % #" ++′ * !
;1,3 Ŭ F Æ J• • Ú§v
9 n- ¥v Àv
š± »Å•Àv ¬ Fn- å§v Æ „ ¼
ävv " -
ä±v "‚
:
-
9 0,25•Àv ¬ Fn- 0,5_•¥v „+Ÿ /Ÿ
8 -
•¥K =- 0,60
Vediamo ora di definire il significato dei vari termini che appaiono nelle espressioni precedenti:
_ =- Ÿ1 &!" È !* + 7.4.9 #++ , åÄ~
250 •¥K #%”*#%%! " ÚÛ
Il coefficiente _ lo ritroveremmo poi nella verifica dei panelli di nodo. Mentre per tutti gli altri
termini ho quanto segue:
š± 0,60 è + &!#•• & #" # , * ! &+ &#% * ! &+ &#% * ! %! ! !" & &+ &ž#
;
9¬ Fn- è + %! #++# *## #++# / **# “#* & + " #*%#& " + ” "! %&!** #" !
9 -
„ è + , + # #++ ” * # &! ”*#%% #"% !" + &!" + , + # #++ %# !"#
:
9 ¬ Fnt è + %! #++# *## #++# / **# "&+ " # " #*%#& " + ” "! %&!** #" !
9 t
8 t è + "$!+! "&+ "
,
!"# #++ , * * "&+ "
della parete che deve essere considerato quando si determina il taglio di calcolo ä§v . Per quanto
La presenza di armature inclinare comporta un incremento della resistenza a flessione alla base
1) Nell’altezza della zona inelastica di base ž¥¦ , si definisce una zona “confinata” costituita
concerne i particolari costruttivi si deve fare riferimento ai seguenti punti:
dallo spessore della parete e da una lunghezza “confinata” ¿¥ pari al 20% della lunghezza
in pianta ¿Ÿ della parete stessa e comunque non inferiore a 1,5 volte lo spessore della
1% ] p ] 4%
confinata, deve essere compreso tra i seguenti limiti:
P a g . | 150
3) Nelle zone confinate l’armatura trasversale deve essere costituita da tondini di diametro
non inferiore a 6mm, disposti in modo da fermare una barra verticale ogni 2, con un passo
non superiore a 8 volte il diametro della barra longitudinale o a 10 cm. Le barre non fissate
devono trovarsi a meno di 15 cm da una barra fissata.
4) Nella rimanente parte della parete, in pianta ed in altezza, vanno seguite le regole delle
condizioni non sismiche, con un minimo di armatura minima orizzontale e verticale pari
allo 0,2%, per controllare la fessurazione da taglio.
1) Il rapporto tra la luce netta ¿x e l’altezza â, deve essere uguale o superiore a 3; d < 3.
limiti, si può procedere con il dimensionamento e le verifiche utilizzati per le travi.
ö
2Ú§v
1) Deve essere rispettata la seguente disuguaglianza:
ä§v è + “ +!*# ”*!$# ! #++ %!++. $+ " # Ÿä§v
+
Ôé^ ] dÕT\ hÄ^ TUV‹ → c
Fnt è + , *# #++ , * * %”!% %#&!" ! +# *# . $!" +
= è + , "$!+! •!* ! * +# $!" + # +′!* !" +#
2) Le armature disposte secondo le due direzioni diagonali devono essere organizzate in
elementi a forma di colonna, e la loro lunghezza di ancoraggio deve essere maggiorata del
50% rispetto a quanto previsto dall'Eurocodice 2.
3) Si devono disporre staffe attorno a questi elementi-colonna al fine di prevenire fenomeni di
instabilità delle barre d'armatura longitudinale. Si applicano le disposizioni di cui in
P a g . | 152
Solo con l’intento di richiamare alcuni concetti, vediamo di riassumere le prescrizioni concernenti
le travi.
P a g . | 154
Punto 4.1.6.1.
4.1.6.1.1
.1.1 – NTC – Armatura delle travi.
travi.
h_
R, d •^
L’area dell’
dell’armatura longitudinale in zona tesa non deve essere inferiore a:
a:
ÕT. \V <‚ hÄ
R, RRiL• ^
•
dove:
ove:
^
larghezza dell’anima.
h_
- è l’altezza utile della sezione.
- è il valore medio della resistenza a trazione assiale definita in
hÄ
precedenza.
- è il valore caratteristico della resistenza a trazione dell’armatura
ordinaria.
Negli appoggi di estremità all’intradosso deve essere disposta un’armatura
efficacemente ancorata, calcolata per uno sforzo di trazione pari al taglio.
R, HH
; ] R, HK {U[ h_ ] LKéZa
delle membrature, purché siano rispettate le relazioni seguenti:
i, dK
ƒ ]
^ : R, KH
] R, LK {U[ h_ – LKéZa
8 i, dK
P a g . | 155
R, RRiH
< R, HH i, dK ÅR, Æ < R, JR {U[ h_ ] KRéZa
nell’NTC vengono ad essere riportate le seguenti:
_,g` \ ] ^
R, RRiH
< R, KH i, dK ÅR, Æ < R, JR {U[ h_ – KRéZa
_,g` \ ] ^
Dove con _,g` \ ] viene ad essere indicata la deformazione ultima del
calcestruzzo. Ovviamente il fattore di plasticizzazione è compreso tra 0,70 e
1,00, il limite inferiore di 0,70 ha lo scopo di evitare che un eccesso di
ridistribuzione possa indurre plasticizzazione allo Stato Limite di Esercizio
nelle sezioni in cui si riduce il momento resistente, contenendo così le
richieste di duttilità nelle situazioni sismiche.
Solitamente per le nostre travi si utilizza un valore tipico di pari a 0,85,
questo ci consente di far lavorare correttamente l’armatura nella parte
compressa della sezione, evitando che l’asse neutro si avvicini troppo al bordo
compresso. Cerchiamo di riassumere le principali operazioni:
1) In primo acchito si deve fissare per la nostra trave le dimensioni del
∑ ém^•
resistenti delle travi concorrenti al nodo stesso.
µm^ \V i, L =
∑ ém^c
P a g . | 157
ä¥ +¥ ~Ž Ž ÄŽ Ž äŽ ž¥
centro del panello di nodo:
taglio di nodo ä- orizzontale, quindi facciamo un equilibrio alla traslazione delle forze orizzontali
Ora il nostro obiettivo è quello di determinare il valore del
ä- ~Ž ÄŽ ä¥
della porzione superiore:
Posso affermare che ~Ž ÄŽ , perché sulle travi non ho presenza di forzo normale. Quindi la
ä- 2ÄŽ ä¥
relazione può essere così semplificata:
P a g . | 159
2ÚŽ
quanto segue:
äŽ
+Ž
Dato per inteso che +Ž è la lunghezza delle travi posso affermare che:
2ÚŽ 2ÄŽ Ž ž¥ Ž ž¥
ä¥ +¥ 2ÄŽ Ž ž¥ 2ÄŽ Ž ä¥ 2 Ÿ Ä
Ž
+Ž +Ž +¥ +Ž +¥ Ž
u
Allora il termine q Þ è pari a circa 0,1, mentre il secondo termine è pari a 0,01, quindi il taglio sulla
d
A questo punto posso usare la seconda relazione ottenuta in precedenza:
ä- 2ÄŽ ä¥ 2ÄŽ 0,22ÄŽ 1,78ÄŽ Ôþ ¶ Ô Ô_ IÔ_
R, dd _
Quindi il taglio che attraversa il nodo è otto volte quello che attraversa la
colonna, ecco che le fessurazioni sono inevitabili, e capiamo anche
perché il panello di nodo è una zona critica del telaio. Vediamo ora di
cominciare a disquisire sullo sforzo normale nell’armatura della colonna,
questo è strettamente legato al diagramma del momento flettente, ma
con qualche distinguo. Il primo caso semplice è quando la colonna è
dimensionata opportunamente a taglio, e quindi non abbia fessurazioni a
taglio ma le abbia solamente a momento flettente, in questo caso
particolare posso assumere che lo sforzo normale agente sulla barra di
armatura sia proporzionale al momento flettente agente sulla colonna.
Ad un certo punto lo sforzo normale sull’armatura si deve invertire, e
questo dovrebbe avvenire all’interno del nodo grazie alle tensioni di
aderenza, comunque anche qualora avvenga il cambiamento di segno, lo
sforzo normale di compressione sull’acciaio rimane contenuto, visto che
questo viene portato via per la maggior parte dal calcestruzzo. Infatti quando sono in trazione,
questa viene ad essere assorbita interamente dalle barre di acciaio, mentre quando sono in
compressione, è il calcestruzzo a lavorare.
Se invece avessi a che fare con una resistenza a taglio della colonna insufficiente, abbiamo lo stesso
comportamento delle travi; in questo caso entrano in gioco i meccanismi resistenti secondari
(morch), ed ho un incremento delle tensioni di trazione sull’acciaio. Questo perché l’aderenza si
sviluppa solamente nei punti di incrocio del meccanismo tirante e puntone, in altri termini
ottengo un comportamento “a reticolare”, quindi l’effetto finale è quello di spostare e anticipare le
tensioni di trazione sull’acciaio. E questo vale anche per la zona di nodo, dove ho un ritardo della
trasmissione delle tensioni
dall’acciaio al calcestruzzo
all’interno del panello di nodo,
quindi all’interno dello stesso
abbiamo la presenza di tensioni di
trazione, che andremmo a
quantificare.
Per far questo prendo una porzione
del nodo e scrivo le rispettive
P a g . | 160
ä- "= ¬ Ä¥,
Da quello che si può capire si nota che le tensioni di trazione saranno molto elevate, infatti
devono equilibrare la componente verticale del puntone compresso, ed è anche evidente che
questa condizione sarebbe meno onerosa se ci fosse la presenza di uno sforzo normale sulla
colonna. Vediamo ora di fare gli stessi identici ragionamenti per la sezione verticale:
¬ ÄŽ, ®&!%= ä- &! = ¬ ÄŽ,
Combinandole tra di loro ottengo tre relazioni notevoli:
Ôþ | ¬ c,• Ôþ ¶
/5- ‹ → c
Ôþ ¶ ¬ c, Ôþ |
_
Queste tre condizioni sono di fondamentale importanza, perché mi consentono di capire quali
sono le sollecitazioni vanno a finire nelle barre di nodo. Vediamo ora di ragionare sulle barre della
trave che attraversano il nodo, sempre nell’ipotesi di armatura simmetrica:
¬ ÄŽ, ä- 1,78ÄŽ 2F Þ •n 1,78F Þ •À 1,25
Attenzione che • è inteso come tensione media delle barre longitudinale della trave nel punto
mediano del nodo, mentre per il calcolo di ÄŽ si deve tenere conto che per l’acciaio in
corrispondenza del bordo esterno del nodo, deve raggiungere le condizioni di snervamento (per la
incrudimento -P dell’acciaio (questo dipende dal tipo di acciaio). E ottengo che la tensione di
formazione della cerniera plastica), ma oltre a questo deve tenere conto del modulo di
i, JI Þ i, dK Þ hÄ
trazione sulle stesse barre in mezzeria alla colonna vale:
hT i, iRhÄ
d
P a g . | 161
Quindi se io non metto armatura aggiuntiva all’interno del nodo, quello che osservo è che
l’armatura longitudinale è ancora snervata in trazione all’interno del nodo stesso.
Questo significa che lo spazio residuo per il trasferimento
delle tensioni dall’acciaio al calcestruzzo è molto limitato,
e per sollecitazioni cicliche mi potrei trovare delle barre
tese nella zona di calcestruzzo compresso, una situazione
ben diversa da quella prevista teoricamente. Questo è il
primo effetto negativo, mentre il secondo effetto negativo
riguarda il fatto che all’interno del panello di nodo ho
delle elevate dilatazioni (perché l’acciaio non sta’ più
operando in campo elastico, ma in campo plastico), con
delle elevate fessurazioni che non possono più essere
recuperate, quindi perdo il confinamento del nodo.
Potrei pensare di aumentare il numero delle barre
longitudinale di trave che attraversano il nodo, ma questa
è una soluzione controproducente, visto e considerato che
andrei ad aumentare le sollecitazioni che interessano il
panello di nodo. Quindi devo mettere delle barre
orizzontali che vadano ad interessare solamente la zona di nodo, e queste non sono altro che le
staffe di confinamento, che devono aiutare le barre passanti delle travi a sopportare le tensioni di
trazione. Quindi se considero anche la presenza delle staffe:
ùtwè
ä- 1,78ÄŽ ¬ ÄŽ, ¬ ÄnŸ •n Ë2F Þ
FnŸ Ì ä-
1,78F Þ •À 1,25
•n Ë2F FnŸ Ì 1,78F Þ •À 1,25 •n
Þ
Ë2F Þ FnŸ Ì
In questa relazione è sottointeso che il taglio di nodo viene ad essere assorbito sia dalle armature
longitudinali passanti, sia dalle staffe; ora noi ipotizziamo che questo compito debba essere
simulata correttamente anche la posizione del centro di taglio. Ma si deve porre attenzione
all’inserimento di elementi ad elevata rigidezza, dato che si ottengono delle matrici di rigidezza
disomogenee con possibili problemi di stabilità numerica.
Pensiamo ora di aver rappresentato le nostre lamine con dei plate, e di aver ottenuto in output
delle sollecitazioni per unità di lunghezza, e vediamo come possono essere assorbite queste
sollecitazioni, andando a vedere quello che è il
meccanismo resistente di una lamina in calcestruzzo
armato. Nel caso considerato l’azione tagliate è
certamente l’azione preponderante, quindi un
ipotetico concio quadrato, mostrerà delle tensioni
principali di compressione da una parte, e di trazione
dall’altra. Data la presenza di un minimo di
compressione, portata dal peso proprio e dal peso
degli orizzontamenti, le direzioni principali non
saranno quelle teoriche a 45° del taglio puro, ma
avremmo un angolo maggiormente abbattuto. Per il
momento ci poniamo nell’ipotesi semplificata che le
tensioni principali di trazione siano uguali, in
modulo, alle tensioni principali di compressione.
(ipotesi di taglio puro).
La resistenza teorica del panello di calcestruzzo con
doppia direzione di armatura viene determinata
mediante l’imposizione della condizione di equilibrio
su due sezioni ideali del panello. Quindi partiamo con
l’operare un equilibrio alla traslazione orizzontale
della parte superiore. A tal proposito si supponga che
Fq FA
ortogonale alla loro direzione:
pq ; pA
Fù Fù
pA ∙ &!%ÁA ∙ Fù ∙ •Àú
Quindi il risultato nelle due direzioni è pari a:
ê
pq ∙ &!%Áq ∙ Fù ∙ •ÀÏ
Il risultato viene scritto in condizioni di snervamento delle barre, quando
il panello è in condizioni fessurate. Vediamo ora di comprendere, in
termini vettoriali, quale sia la risultante data dall’acciaio. A livello di
equilibrio la risultante R deve essere equilibrata dalle azioni che agiscono
sul calcestruzzo. Dall’equilibrio alla traslazione del semi-panello, abbiamo
che la compressione di destra e di sinistra si elidono a vicenda, mentre la
sollecitazione di trazione T è in combinazione con l’azione R, con la quale
costituiscono un trangolo delle forze chiuso la componente sul cls C’.
Quest’ultima componente è a sua volta la risultante delle tensioni normali e tangenziali, che si
esplicano lungo l’interfaccia di sezione. Quindi l’equazione di equilibrio alla traslazione
Elidendo Fù alla fine si ottiene l’espressione che ci fornisce la tensione tangenziale sul calcestruzzo
lungo la sezione di taglio.
P a g . | 164
pA ∙ %#"ÁA ∙ Fù ∙ •Àú
ê
pq ∙ %#"Áq ∙ Fù ∙ •ÀÏ
sono poste lungo direzioni principali, dato che la tensione tangenziale ºyÀ è presente su entrambe
individuato, non sono tensioni principali, ma solo delle tensioni su delle facce ortogonali, che non
ºyÀ
"U
æy
æy 1
æ ∙ Eæ ”* "& ” +# &! ”*#%% !"#H
&!%U &!%U
æy ºyÀ
æÀ æ æy æy æy tan U æy Ÿ
&!% U æy
ºyÀ
æy
P a g . | 165
A questo punto ho tutti gli elementi per determinare la resistenza massima del mio pannello,
infatti riferendoci nuovamente alla prima condizione di equilibrio alla traslazione verticale, la
Nel caso in cui la tensione principali di compressione, così calcolata, superi in modulo la
resistenza compressione del calcestruzzo, significa la resistenza compressione di tale materiale
implicita, quindi per ricavare ÄLoy posso costruire una tabella in Excel, ad esempio partendo dalla
condizioni taglio puro che è caratterizzato da |ÄLoy | |~ +Õ |. Questo metodo consente di
cogliere alcuni concetti fondamentali:
- comprensione di quello che accade all’interno delle pareti;
- controllo dell’limiti di compressione del pannello e quindi la duttilità del pannello
medesimo.
P a g . | 166
APPLICAZIONE PROGETTUALE I.
La disposizione dei setti forma un sistema resistente stabile: sono posti lungo le
parti più esterne dell’edificio, quindi i setti sfruttano al massimo quelle che sono
le dimensioni dell’edificio, ed ho due setti per ciascuna delle due direzioni
principali, questo ci consente di avere uno schema stabile dal punto di vista
torsionale. Infatti la rigidezza torsionale è proporzionale alla distanza al quadrato
delle aree geometriche rispetto al centro di torsione/centro di taglio. Vediamo ora di
operare una veloce analisi dei carichi, ciò costituisce un passaggio fondamentale per
-
éaTTU T\T \_¶U → ´i ´d ¬ Š d ‹‡
il calcolo delle masse sismiche.
3 3
3 i
´i → ZUT\ {[]{[\ T [g g[a`\
;
9 ´d → ZUT\ {U[ aVUV \ {][ a \
V
:¬ ý n → ZUT\ |a[\a•\`\ _] •\Va ][\
9 d\
8 \Oi
\
Át
Ó]`a\] \{\_] → ´i ´d ≅ J d
Vediamo ora alcuni valori caratteristici:
c
Át
•a[\_] |a[\a•\`U _\|\`U a•\ ab\]VU → ni d d
Ora andremmo a calcolare quella che è la forza peso delle masse
Át Át
•a[\_] ] a`U {U[ ]´V\ {\aV] → J d Þ EK Þ dKH Þ i, R d d Þ idK d Þ R, L VKRÁt
sismiche per ogni livello:
HJLÁt
Át
ca {]Va UV \ `a U[a`\ → ´d T Þ â ] Þ ·\V U[{\aV] Þ µ a {. › iH L œ KIIÁt
ZUT] T\T \_] ] a`U → VKR HJL KII Þ id. R Át
Il peso per unità di volume dei tamponamenti, è un peso medio, che tiene conto anche
pari a 18 g .
Í
delle aperture, infatti il peso per unità di volume di
di un tamponamento in laterizio è
L
P a g . | 167
Una volta definita la massa sismica, o meglio suo peso, si deve determinare
l’accelerazione sismica agente, questo valore dipende certamente dal periodo di
vibrazione fondamentale della struttura che, nell’ipotesi di analisi statica lineare,
L
ci •i ·L/H R, RKR Þ diH R, HVT
assume il seguente
seguente valore:
a´ R, iRJ´ i, RHV
â]V´\ g^\VU ii°, IVH
risposta sismico:
Td
·] U È
µa` T]h a[U ^U` Z[]h.´U`h\
À c d, KRV
âa \ g^\VU HK°, HVR R
c∗• R, LdiT
Ôm KR
KRaVV\
cU {] ^\ [\ ][V]
cU {] ^\ [\hU[\ UV ] Ôm cm
`VËi ZÔm Ì `V i R, i
HJKaVV\
Con questi valori mi posso calcolare quelli che sono i tre periodi fondamentali dello
d
c• •• c∗• i, RK c∗• ‰R,LL Þ c∗• i, RK Þ R, LdiL R, HVT
spettro, dato da:
- c
tabella a pag. 40). 40).
è il periodo corrispondente all’inizio del tratto dello spettro ad
c•
c R, iKT
accelerazione costante:
L
- cµ è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a spostamento costante
a´ i, RHV
cµ H, R i, H, R Þ i, d, RLT
dello spettro, espresso in secondi mediante la relazione:
´ V, IRJ
Altro parametro che si deve determinare è S, cioè il coefficiente che tiene conto
Ó ÓÓ Óc i, K Þ i i, K
della categoria del sottosuolo e delle condizioni topografiche (tabella a pag. 40):
a´ i, RHV
i, JR R, R Þ R Þ i, JR R, R Þ d, KRV Þ i, KH ] i, K
•]V^\b\]VU T [a \´[ah\_a
ÓÓ
c ´ V, IRJ
•]V^\b\]VU ]{]´[ah\_a (ci
Óc i
Come smorzamento viscoso ƒ si considera quello classico del 5%, quindi:
iR
^ < i
K ƒ
A questo punto ho tutti gli elementi necessari per definire quello che è il mio
c i c
;ZU[ R ] c ’ c
¶] _¶U
ÓÕU c a´ Ó^ R › Ÿi œ
spettro elastico, il quale, ricordo,
ricordo, è fissato dalle seguenti relazioni:
9 c ^ R c
9 ZU[ c ] c ’ c
¶] _¶U
Ó c a Ó^
• ÕU ´ R
: c•
ZU[ c• ] c ’ cµ
¶] _¶U
ÓÕU c a´ Ó^ R Ÿ
9 c
9 c• cµ
ZU[ cµ ] c
¶] _¶U
ÓÕU c a´ Ó^ R Ÿ d
8 c
Il periodo fondamentale della mia struttura è compreso tra c e c• :
ÓÕU ci a´ Ó^ i, RHV Þ i, K Þ i, R Þ d, KRV L, VHI
R
Td
Ora possiamo definire il fattore di struttura f = fR ∙ Ám , ove fR è il valore massimo
strutturale ed dal rapporto ‹g /‹i , tra il valore dell’azione sismica per il quale si
del fattore di struttura che dipende dal livello di duttilità attesa, dalla tipologia
caratteristiche di regolarità in altezza della costruzione, con valori pari pari ad 1 per
costruzioni regolari in altezza, e 0,80,8 per costruzioni non regolari, si veda a tal
proposito a pag. 72. Dato che la nostra è una struttura a pareti non accoppiate, ed in
‹g
fR H, R Þ H, R Þ i, R H, R
classe CD”A” (alta duttilità), ho quanto segue:
‹i
P a g . | 169
nostro caso Ám i, R.
regolarità in altezza della costruzione, ed è metodo di analisi utilizzato, quindi nel
f = fR ∙ Ám H, R × i, R = H, R
. Perciò il nostro fattore di struttura è:
Si ponga attenzione al fatto che le strutture che hanno una bassa rigidezza
torsionale, rispetto alla rigidezza flessionale,
flessionale, presentano un fattori di struttura
ridotto di un fattore (si veda pag. 73), ma non è questo il caso.
¹́ Ó c è ` ,
][^\Va a ^U``] T{U [] ^\ [\T{]T a ^\ {[]´U ]
ÓÓâu
Õ^ ci º→ È ^ Õ i
Ora ci possiamo determinare la forza sismica,
sismica, che non è altro che il taglio alla base:
¶
¹ è \` {UT] _] {`UTT\|] ^U``a _]T [gb\]VU
R, IK TU `a _]T [gb\]VU ¶a a` UV] [U ][\bb]V a UV \ U TU ci ’ dc•
º=È
i, R \V g \ ´`\ a` [\ _aT\
¹́ L, VHI id. R
ÓÓâu
Õ^ ci º × × R, IK = i. RLdÁt
Quindi…
¶
¾ H, R V, IRJ
éaTTa T\T \_a
Questo è il taglio alla base nelle due direzioni che deve
assorbire l’edificio. Il taglio alla base dell’edificio
deve essere distribuito in modo proporzionale al primo
modo di vibrare,
vibrare, quindi ottengo una distribuzione
triangolare,
triangolare, la cui risultante è pari proprio al taglio
d d
é ¶Þ · i. RLd × × di = iH. HKiÁt
alla base, ed è applicata a due terzi dal
dal suolo.
Q Óé L L
ÔÓé | ¶ | i. RLdÁt
Vediamo ora le verifiche preliminari che si operano in
fase di predimensionamento. Dato che abbiamo una
struttura molto semplice, possiamo considerare due
direzioni principali lungo le quali applicare le
notevole
sollecitazioni sismiche. Altra semplificazione notev ole è
la presenza di due elementi resistenti per ogni direzione
principale. Come regola generale, e comunque a favore di sicurezza, i pilastri non
prendono parte ai meccanismi resistenti alle forze orizzontali, per la loro bassa
rigidezza (che ricordo essere
essere proporzionale alla dimensione geometrica al cubo).
Mentre per tutti i setti in direzione perpendicolare all’azione sismica considerata,
non intervengono nella redistribuzione degli sforzi, questo nel caso che non siano
collegati ai setti paralleli all’azione
all’azione sismica. In caso contrario dovrò considerare
una quota parte delle ali resistenti, per tenere conto degli effetti della
redistribuzione, infatti in tale ambito non posso applicare la teoria del De Saint
Venant, dato che le sezioni non rimangono piane.
piane. La normativa ci fornisce dei metodi
approssimati, per la valutazione delle lunghezze collaboranti dei setti perpendicolari
all’azione sismica, e saldamente collegati ai setti paralleli.
Nel caso del nostro edificio, nel quale il centro di massa coincide con il baricentro,
lo schema resistente alle sollecitazioni orizzontali, può essere visto come una trave
in semplice appoggio, ove gli appoggi rappresentano i setti. Quindi abbiamo uno schema
isostatico, se gli appoggi fossero di più, dovremmo procedere con
con gli opportuni metodi
dati dalla scienza delle costruzioni.
P a g . | 170
i
i R, × = i, L → ZU[ g U U ^gU `U ^\[Ub\]V\.
rispetto al centro di massa:
éÓé
éé = i, L × = V. LVHÁt
Quindi il momento sollecitante che agisce sulle singole lamine sarà pari a:
d
Oltre al momento sollecitante dato dall’azione sismica, si deve stimare stimare anche lo
sforzo normale,
normale, che sarà quello presente al momento del sisma, e già valutato con la
d, K
V
æ´i
dK
\Oi
Questo sforzo normale deve essere modificato per
tenere in considerazione gli effetti portati
dall’apertura e dalla chiusura delle fessure nei
setti sottoposti a momento flettente. Se immaginiamo
il setto come se fosse una mensola incastrata alla
base, avremmo una sollecitazione alternata, che
provoca l’apertura
l’apertura e la chiusura delle fessure, prima
da una parte e poi dall’altra. Nel momento di massimo
sforzo di trazione, le barre d’acciaio saranno in
condizioni di snervamento, subito dopo al cambiamento
di direzione della sollecitazione, le medesime barre
giungono a compressione. Ma queste, hanno subito un
allungamento a tensione costante, per cui la fessura
non si richiude immediatamente, ma avremmo un momento
nel quale le barre d’acciaio risulteranno compresse,
mentre dall’altra parte avremmo trazione. Chiaramente
Chiaramente
in questo preciso momento la rigidezza del setto è molto bassa. Per tenere conto di
assenza di più accurate analisi essa può essere assunta pari al 3KR% della
apertura e chiusura di fessure orizzontali e del sollevamento del suolo. In
éÓ^ tÓ^
Õ Ó` h Ä R, K
effetti dinamici, come già affermato:
R, I¶ d
éÓ^ tÓ^ i V. LVH × iR i. dRJ × iRL i, iK
Õ Ó` = Ÿ R, K Å R, K Æ = K. dLi d
→ ii ii∅iI
R, I¶ d hÄ R, I × K. RRR d HKR
La scelta del diametro dei ferri ha rispettato la seguenti seguenti condizioni
condizioni, imposte
imposte dal
regolamento.
- Il passo tra le barre deve deve essere non maggiore di 30 cm, il diametro delle barre
- Nell’altezza della zona inelastica pari a ¶_[ (per tenere conto della
deve essere non maggiore di un decimo dello spessore della parete. parete.
al 20% della lunghezza in pianta â della parete stessa e comunque non inferiore
a 1,5 volte lo spessore della parete, in tale zona il rapporto rapporto geometrico o
dell’armatura totale verticale, riferito all’area confinata, deve essere
i% ’ o ’ H%
compreso tra i seguenti limiti:
K. RRR
ÕÓ`f a R, RH × Õ• = R, RH × Ÿ × dKR iR. RRR d
< K. KII d E
ÁH
nella zona confinata:
K
La protezione della zona inelastica inelastica del
setto, alla base dello stesso, avviene
operando la traslazione del diagramma dei
¶_[ a Q¶ =K
^]|U ¶ U, `, a` Ubba ^U``a {a[U U (L, K
P a g . | 172
Ma per gli edifici fino a sei piani, tale valore non può
eccedere l’altezza di piano, quindi la nostra altezza
critica è pari a 3,5m.
Come si osserva nella zona confinata almeno una armatura
longitudinale sì ed una no, devono essere legate da
staffe e legature (Eurocodice 2). A seguito della
formazione della cerniera plastica, si deve tener conto
del possibile incremento delle forze di taglio agenti.
amplificazione ‹ per
Per le strutture in CD”A” questo requisito si ritiene
soddisfatto se il coefficiente di amplificazione
gli sforzi di taglio dati dall’analisi, rispetta le
seguenti limitazioni:
ém^ ¶
; ‹ µm^ ]f {U[ {a[U \ ]bbU ]d
9 éÓ^ `
‹→
: µm^ ém^ d ÓU c_ ¶
d
ÔÓé i. RLd
Ôé^ ‹ d, HJ Þ i. dJKÁt
Il taglio
taglio amplificato agente sulla singola lamina è:
d d
Mentre le verifiche a taglio sono le seguenti:
1) Verifica dell’anima a compressione.
2) Verifica del meccanismo resistente a trazione.
3) Verifica a scorrimento lungo piani orizzontali.
éÓ^ V. LVH Þ iR
‹T i, HI ’ d
taglio-
ÔmT^ Ôt].Õ[ .
R, JKo¶ hÄ^ • ‹T `
deve essere eseguita usando le seguenti due espressioni:
espressioni:
m_^
•]V \` |\V_]`] _¶U o¶ hÄ^ • R, I` ] o| hÄ^ • R, I` \V(té^ )
o¶
;o| [a{{][ \ ´U] U [\_\ ^U`` a[ a g[a ][\bb]V a`U U |U[ \_a`U.
,
∅T < I
I∅
essere in qualche misura predimensionata, fatte salve le seguenti limitazioni:
iHH
T ] \V È `]V´
dKR
T R, I¶hÄ R, I Þ K Þ HKR
Ora possiamo procedere alla verifica del meccanismo resistente a trazione,
trazione, ma prima di
questo ci dobbiamo determinare la resistenza a taglio in assenza di armatura
; R, iI dRR
specifica:
i
9ú µ_ >i ? iRRo` h_ _{ û •
< L R, iK ^
9 ^
Ôt].Õ[
m_^
.
a L
: d
9 dRR
9 R, RLK >i < ? …h_ • ^
^
8
T ] LRR
Õ[ a g[a VU``a b]Va V]V _]Vh\Va a → È
o < R, RRd
trasversale) pari ad almeno il 0,2%:
P a g . | 174
In accordo con quanto già disposto per le zone confinate, nella parte centrale di 3
9ú 1,5 >1 < ?< 0,83 Þ 32,5 0,15 Þ 0,49û 250 Þ 5.000 Þ 0,9 547 å
9 0,9 Þ 5.000 0,9 Þ 250 Þ 5.000
är¥v
w.Ò¦L.
ô
:
9 200
9 0,0315 >1 < ? …0,83 Þ 32,5 Þ 250 Þ 5.000 272 å
0,9 Þ 5.000
8
ÔmT^ Ôm_^
t].Õ[ .
R, JKo¶ hÄ^ • ‹T `
si trascura la parte non confinata
confinata) ):
HKR
KHJ. RRR R, JK Þ H, Kd Þ iR‰L Þ Þ K. RRR Þ dKR Þ i, HI L. IiIÁt Á
i, iK
_] ‹ _] ë
Ôm_^ R, I Þ ` Þ • Þ ‹_ Þ h,_^ Þ
di calcestruzzo, )
i _] d ë
h,_^ R, Kh_^
i → `UTT\]VU {g[a
;
9 i → {U[ R ] _{ ] R, dKh_^
_{
9 h_^
‹_
: i, dK → {U[ R, dK ’ _{ ] R, Kh_^
9
9d, K Ÿi → {U[ R, K ’ _{ ] h_^
_{
8 h_^
i. dRJ Þ iRL Þ R, K i, K
Ôm_^ R, I Þ K. RRR Þ dKR Þ Åi Þ Æ
K. RRR Þ dKR R, IK Þ R, IL Þ Ld, K
R, K Þ R, IK Þ R, IL Þ Ld, K i
Þ Þ L. HHdÁt Á
i, K d
Dopo aver affrontato la verifica dell'anima a compressione, e la verifica del
meccanismo resistente a trazione, ci rimane la verifica a scorrimento nelle zone
critiche. Per possibili piani di scorrimento, si intendono le riprese del getto, o i
giunti costruttivi, che si trovano all'interno delle zone critiche critiche. . Il valore di
progetto della resistenza a taglio nei confronti dello scorrimento, e questa è data
Ôm^,T Ô^^ Ô\^ Ôh^ ^]|U ‚ Ô\^ → •]V [\•g ] ^U``U a[ a g[U \V_`\Va U
Ôh^ → •]V [\•g ] ^U``a [UT\T UVba a``′a [\ ]
;i, L Ŭ Õ Æ Jh h
Andiamo ora a determinare le varie componenti, secondo normativa:
9
\V êi, L Þ iK. dHR Þ …iK, dL Þ LVi, L i. KdVÁt
Tþ _^ Ä^
Ô^^ \V þ
: R, dKhÄ^ ¬ ÕTþ R, dK Þ LVi, L Þ iK. dHR i. HVRÁt
9
8 þ
Ô^^ i. HVRÁt
P a g . | 175
éé^
qh »ÅhÄ^ ¬ ÕTþ té^ Æ ƒ ¼
Ôh^ \V ‚ þ b
R, K^h_^ ƒ` •
;R, R Þ »ËLVi, L Þ iK. dHR V. LVH Þ iR
9 RL, K Þ iRL Ì Þ R, K ¼ LLJVÁt
R, I Þ K. RRR
\V
: d , VJ
9 R, K Þ R, R Þ Ÿi Þ iK, dL Þ R, K Þ K. RRR Þ dKR d. KHJÁt
8 dKR
Ôh^ d. KHJÁt
h_ ‹þ R, R
^ = ‹þ Ÿi _]V È ( ][ g`a J. H. V ^U``, tc•
Solo per chiarezza:
APPLICAZIONE PROGETTUALE II
I I.
L L
ci •i ·H R, RK Þ L, d Þ H H R, LHT
relazione approssimata:
Con le indicazioni
indicazioni contenute nella facciata seguente
possiamo ottenere facilmente lo spettro di risposta
elastico. Dato che il sisma chiama la struttura ad
operare in campo non lineare, dobbiamo definire
quello che il fattore di struttura q, legato alla
tipologia strutturale, alla classe di duttilità e
f fR Áµ Ám
alla regolarità dell’edificio.
f fR Áµ Ám L, R Þ i, R Þ i, R L, R
all’unità:
all’unità:
P a g . | 177
- Valori di fR .
- Valori dei parametri nelle espressioni per il calcolo dello spettro di risposta
elastico delle componenti orizzontali,
orizzontali, ricordo che S è il fattore di suolo.
suolo.
c
;ZU[ R ] c ’ c d, K^ i œ
¶] _¶U
Ó ÕU c a´ Ó ›i
9 c
9 ZU[ c ] c ’ c•
¶] _¶U
Ó ÕU c d, Ka´ Ó^
Z•éLdJH → c•
: ZU[ c• ] c ’ cµ
¶] _¶U
Ó ÕU c a´ Ó^ d, K Ÿ
9 c
9 c• cµ
ZU[ cµ ] c a´ Ó^ d, K Ÿ d
¶] _¶U
8 Ó ÕU c
c
Riportiamo qui di seguito lo screen del programma del Prof.Gelfi ove vengono ad essere
fissate le grandezze fondanti dell’andamento dello spettro elastico, secondo
OPCM3274. Si osservi che il periodo principale della nostra struttura ricade nel
tratto ad accelerazione costante. Quindi l’accelerazione massima che subisce subisce la
d, K ^Oi ;ÓOi,dK d, K
ÓÓâu
Õ^ ci a´ Ó^ Þ R, iK´ Þ i, dK Þ i, R R, iK ´
struttura in campo plastico è pari a:
f L
P a g . | 178
¶
´ ´
Il momento ribaltante éÓé , sempre nell’ipotesi di distribuzione lineare delle forze
d d
éÓé ¶Ÿ · i. HRR × Ÿ Þ L, d × H ii. VHJÁt
per piano, è pari a:
L L
predimensionamento,
Che cosa devo vedere per valutare, in sede di predimensionamento , se la configurazione
scelta dei setti è sufficiente ad assorbire le sollecitazioni sismiche previste. In
sola armatura, ma è legato alla resistenza massima del puntone compresso Ôm_^ . Quindi
questo caso si deve guardare al taglio, infatti questo non può essere assorbito dalla
il primo controllo che devo fare è comprendere se il taglio agente sui miei setti è
_] ‹ _] ë
Ôm_^ R, V × ^ × • × ‹_ Þ h,_^ Þ
compatibile:
i _] d ë
- ‹ → Angolo delle staffe rispetto all’asse della trave (90°);
- ë → Inclinazione del puntone compresso (45°);
(90°);
d d ` Þ• d d
Quindi devo controllare che il mio puntone compresso non presenti delle ² superiori al
20% della resistenza a compressione del calcestruzzo h_^ .
m•Á Þ R, IL
;m•Á LRéZa → h_^ R, IK = iH, iéZa → ²m_^ d, IdéZa8
i, K
m•Á Þ R, IL
:m LKéZa → h_^ R, IK = i , HéZa → ²m_^ L, dVéZa7
8 •Á
i, K 6
In direzione y si supponga che a resistere siano solo le due lamine del vano scala (a
i. HRR × iRL
µ\[Ub\]VU Ä → ²Ó^ = R, JIéZa
¶
favore di sicurezza), quindi le tensioni tangenziali sollecitanti sono pari a:
1,5
dall’analisi, rispettano
rispettano i seguenti limiti:
i. HRR × iRL
²Ó^ = i, IJéZa
¶
µ\[Ub\]VU → ‚ ÕméÓ dKR × L. RRR
²é^ i, K²Ó^ i, IJ × i, K = d, IRéZa
Solo al limite, e quindi devo porre attenzione, dato che questo è l’unico setto
resistente in direzione x- x-x. Ma devo fare
fare attenzione anche ad un altro fattore, un
questione che potrei definire sfuggente. Infatti il mio edificio è dotato di un piano
interrato, quindi il mio setto presenta il seguente schema di vincolo:
d, JKL Þ R, dK d, JK d H8
Ãi Þ d d, K
in ragione alla propria rigidezza.
d, dK Þ R, dK Þ Ÿ 9 JR% i
id d L, JR H È
L, IR Þ R, dK
L
7 LR% d
Ãd i, iH H 9
id 6
Come possiamo osservare il nucleo resistente (1) si prende circa il 70% degli sforzi,
mentre il restante rimane a capo della lamina (2). A questo punto la forza che va
d. VIV Þ iRL
µ\[Ub\] VU → ²Ó^ L, LdéZa ≅ ²é^ L, dVéZa
i ¶
quindi considero un suo ispessimento pari a 30cm, ed ottengo quanto segue:
i
ÕméÓ LRR Þ L. RRR
In questo caso non si usa il fattore amplificativo pari a 1,5, dato che il taglio
agente nella parte interrata della lamina è dovuto al momento e non al taglio. Si deve
tenere in considerazione che questo coefficiente di amplificazione si applica il
taglio e non al momento. Ma forse più di questo si dovrebbe considerare il significato
fisico
fisico del coefficiente di amplificazione, posto per tenere conto del possibile
incremento della forza di taglio a seguito della formazione della cerniera plastica
alla base della parete. Ora date le particolari condizioni di vincolo, certamente
questa cerniera
cerniera plastica si formerà alla base della lamina libera, e non lungo il
Le strutture torsionalmente deformabili sono tali se per ogni piano della struttura e
Il raggio
raggio giratore può essere ottenuto con l’uso di una espressione semplificata,
ricavata per un piano di sezione rettangolare, con il centro di massa coincidente con
d, JK d
m ¬ EÃ\,h`UT, ∙ Äd\ Ã\,h`UT,Ä ∙ \H Ãd Þ L, L Ãi Þ i, HVdd Þ ÃL Þ Ÿ
La rigidezza torsionale dell’edificio è pari a:
d d
][T\]Va`U
\ d
R, dK × H, K L
d, JK d
i, iH × L, L d
d, K × i, HVd dÞÅ Æן dK, JL
id d
P a g . | 183
m`a U[a`U Ãi Ãd
d, K i, iH = L, JR H
Banalmente…
R, dK × H, KL
m`a U[a`UÄ dÃL d Þ = L, IR H
id
; m ][T\]Va`U dK, JL
A questo punto possiamo fare rapporto tra la rigidezza torsionale e laterale di piano:
9 [ < < = d, LJ
9 m`a U[a`U L, JR
: m ][T\]Va`U dK, JL
9
9[Ä = < m < = d, Rd
L, IR
8 `a U[a`UÄ
[ d, LJ
= R, L H8
Il rapporto funzionale al comportamento normale, o meno, è pari a:
âÓ J, dLH
[Ä d, Rd → é^\h\_\] ][T\]Va` UV U ^Uh][ a•\`U
= = R, L R 7
âÓ J, dLH 6
come area di resistenza al taglio ci siamo, anche tenendo conto dell’effetto leva, ma
questa disposizione dei setti, ci restituisce un edificio torsionalmente flessibile,
quindi il nostro fattore di struttura è pari a 2. A questo punto dovrei rifare tutti
i conti, ma ad ogni modo conviene sempre togliersi dalle condizioni di comportamento
torsionale prevalente. Ad esempio, potrei pensare di aggiungere due setti
setti in direzione
y-y, sfruttando le ampie dimensioni dell’edificio in quella direzione.
I setti inseriti per rispondere alla torsione devono essere posti alla maggiore
distanza possibile dal baricentro di piano, o meglio dal centro di massa. Vediamo ora
R, dK × KL
ÃH = d, R H
quale sia il loro contributo:
id
dd d
m ][T\]Va`U dK, JL d, R × Ÿ Þd KH, VL
La nuova rigidezza torsionale è pari a:
d
P a g . | 184
m`a U[a`UÄ L, IR d, R × d = V, RR H
m 8
Quindi il rapporto di confidenza al mancato comportamento torsionale è pari a:
< m ][T\]Va`U
[ J KH, VL›L, JR 9
9
`a U[a`U
= i, ILV < R, I9
âÓ âÓ J, dLH
→ é^\h\_\] ][T\]Va` UV U [\´\^]
m ][T\]Va`U 7
<m KH, VL 9
[Ä J ›V, RR 9
= i, iJV < R, I9
`a U[a`UÄ
=
âÓ âÓ J, dLH 6
P a g . | 185
^c
alla traslazione verticale:
Ä Ä Ä 0 f
^b
Si ottiene una delle equazioni fondamentali della
statica. Il concio di trave qui a fianco riprodotto non
sarebbe adeguato alla nostra finalità, dato che viene
presentato in rotazione per una successiva analisi;
dato che in quel dato frangente (pag. 74 della
Dispensa Tecnica delle Costruzioni, vecchia versione) si
procedeva a ricavare la funzione della linea elastica per l’analisi dell’instabilità dell’equilibrio. Mentre
ora immaginiamo che il nostro concio di trave infinitesimo sia orizzontale, e quindi lo sforzo normale
sia complanare, questo ci consente di definire l’equilibrio alla rotazione, nell’ipotesi di semplice
^é
flessione:
¦on¥ ¦w qr tx±txtA ntLw vt w¦vtx n s ¦tw¦
Ú Ú Ú Ä 0 c
2 ^b
^d é
à " f
^bd
- La derivata dello sforzo di taglio cambiata di segno è uguale al carico agente.
- La derivata del momento flettente è uguale allo sforzo di taglio.
- La derivata seconda del momento flettente cambiata di segno è uguale al carico agente.
2) Nei tratti di trave caricati con carico ripartito – cioè per ≠ 0 – lo sforzo di taglio Ä ed il
momento flettente è variabile con legge lineare.
nei tratti di trave dove Ä ≠ 0, il momento flettente è variabile. Ciò significa che la
-
-
sollecitazione tagliante è sempre compresente con la sollecitazione flettente e che la
sollecitazione di solo taglio si verifica solo in alcune sezioni isolate (ad esempio in
corrispondenza degli appoggi nelle travi appoggiate-appoggiate);
4) Nei tratti di trave compresi tra due carichi concentrati, lo sforzo di taglio Ä ed il momento
seconda del momento flettente è negativa.
costante Ú.
1) La trave si inflette e la deformazione di ciascun tratto di trave è costante essendo
Consideriamo una generica sezione trasversale retta, ed Indichiamo con æy la tensione relativa
della sezione trasversale determina l’asse neutro.
° ^Õ R ; ° Ä^Õ é
Come è noto, la teoria della flessione si regge su un insieme di ipotesi, fra cui:
Si nota che le tensioni æy seguono una legge lineare in Â, quindi le possiamo esprimere in questo
modo:
; æy ÀO1 °Â F 0 & ° Â F 0
æy æy Â
wnAtA xvw
ÀO1 Ú
:æ
y ÀO1 ° Â F Ú & æy ÀO1
8 Ü
La quantità ¸ Â F rappresenta il memento statico dell’area rispetto all’asse neutro: Pertanto
resta dimostrato che l’asse neutro è asse baricentrico. Mentre ¸ Â F è il momento d’inerzia
P a g . | 187
rispetto all’asse neutro. Operando le opportune sostituzioni si ottiene la legge di Navier che regge il
æy æy ÀO1 Â
problema della flessione retta:
é
Ú 7 Ä
ùtwè
æy ÀO1 Ã
Ü
Vediamo ora il concetto di curvatura, quindi partiamo dalla figura precedente, per la quale possiamo
1 çy * Â Lsqt±t¥oxvw Â
dire che:
çy
1 * *
æy çy ùtwè Ä
Sostituendo il tutto nella legge di Hooke:
 • é
çy [
*
Ú
æy Â
Ü œ ùtwè i é W
 [ éÃ
æy
*
La quantità Ü che figura al denominatore della frazione si chiama modulo di rigidezza a flessione.
Moltiplicando la rotazione U per la luce della trave si ottiene la rotazione totale della sezione
0) della trave rispetto alla sezione finale ( = +):
Ú+
iniziale
Φ = U+ =
Ü
Se il memento Ú( ) è variabile lungo la lunghezza della trave, l’angolo U di rotazione di un tratto di
Ú
lunghezza della trave sarà:
U=
Ü
M x
Quindi la rotazione totale sarò data dalla seguente relazione:
(
Φ=° dx
P EJ
m txvt 1 U
Si ha quanto segue:
% * U =
* %
Il secondo membro è riportato in valore assoluto
perché il segno dipende dal sistema di riferimento
assunto.
Nel caso in cui il sistema di riferimento viene assunto
facendo coincidere l’origine con l’inizio della trave,
l’asse delle ascisse coincidente con l’asse geometrico
nella configurazione indeformata e l’asse delle
ordinate positivo verso il basso, l’equazione che
esprime la
P a g . | 188
 m txvt i ^d Ä
Sempre per la stessa motivazione posso confondere l’angolo con la sua tangente:
U≅ $ U = =− d=ê
[ ^
1 Ú
Confrontando le due seguenti relazioni ottengo l’equazione differenziale della linea elastica:
= = U8 ùtwè
* Ü ^d Ä
é = −éà d
1 Â7 ^
=− 6
*
Nel caso di travi molto snelle l’inflessione può essere molto grande e le semplificazioni precedenti
 Â
non sono ammissibili. In tal caso è necessario ricorrere all’espressione esatta:
 1 U › *& $ Ÿ œ 1
U = *& $ Ÿ " − %“ + ”” " ! −
* % % * ô
Â
»1 Ÿ ¼
Derivando la relazione Ú Ü vy ˆ , una prima volta, ed una seconda volta, possiamo definire
vˆ À
Ú ^L Ä
quanto segue:
Ä ;éà c
® # +# *#+ !" c œ ^ L
Ä : ^H Ä
8 éà ^ H f
+ +
Il momento flettente e il taglio nella generica sezione sono:
Ú ; Ä =
2 2 2
A questo punto si procede all’integrazione, partendo
dall’equazione differenziale Ú Ü vy ˆ .
vˆ À
 +
Ü
2 2
Ü Â +
Procediamo alle integrazioni…
ô
1° ¯" #$* !"# → ~1
6 4
+ ô à
2° ¯" #$* !"# → ÜÂ + ~1 + ~
24 12
Per determinar le costanti di integrazione, vediamo di porre
q
 ! ¦ yO + ô + + +ô +ô +ô
U= = 0 Ÿ Ÿ ~1 0 → ~1 = =
6 2 4 2 8 12 24
^Ä f ` d `L
Quindi l’equazione che governa la rotazione è la seguente:
L
W( ) = = Å Æ
^ déà L d id
P a g . | 189
Mentre la seconda condizione al contorno viene fornita dall’appoggio della trave, ove
! ¦ yOP
 0
l’abbassamento è nullo:
~ 0
f H
`L
Quindi l’equazione che governa l’abbassamento della trave è la seguente:
Ä( ) = Å ` L Æ
idéà d d
+ +à +à +à 5+ à 5 +à
Calcolo dei valori di spostamento e rotazione nei punti notevoli:
Ú( ) =
2
dall’equazione differenziale Ú =
A questo punto si procede all’integrazione, partendo
Ü vy ˆ :
vˆ À
Â
Ü
2
Ü Â
Procediamo alle integrazioni…
ô
1° ¯" #$* !"# → ~1
6
à
2° ¯" #$* !"# → ÜÂ ~1 ~
24
 ! ¦ yOq + ô +ô
rotazione.
U 0 ~1 0 → ~1 =
6 6
^Ä f
Quindi l’equazione che governa la rotazione è la seguente:
W L
`L
^ éÃ
! ¦ yOq + à +à +à
Mentre per la seconda condizione al contorno abbiamo che:
 0 ~ 0 → ~ =
24 6 8
f `L `H
Quindi l’equazione che governa l’abbassamento della trave è la seguente:
H
Ä Å Æ
déà id L H
+à +à
Calcolo dei valori di spostamento e rotazione nei punti notevoli:
‘”!% #" ! ++ #% *#
,
à 0 !“# Â Å Æ=
2 Ü 4 8 Ü
+ ô
•! !"# ++ , #% #* ! + /#*! 0 !“# U
6 Ü
P a g . | 190
Ú Û
Il momento flettente nella generica sezione è:
Â
Ü Û
Ü Â Û
Procediamo alle integrazioni…
 ! ¦ yOq Û+ Û+
rotazione.
U 0 ~1 0 → ~1
2 2
^Ä Z
Quindi l’equazione che governa la rotazione è la seguente:
W d
`d
^ déÃ
! ¦ yOq Û+ ô Û+ ô Û+ ô
Mentre per la seconda condizione al contorno abbiamo che:
 0 ~ 0 → ~
6 2 3
Z L
`d `L
Quindi l’equazione che governa l’abbassamento della trave è la seguente:
Ä Å Æ
éà d L
Û+ ô
Calcolo dei valori di spostamento e rotazione nei punti notevoli:
Ú Ú
Il momento flettente nella generica sezione è:
Â
Ü Ú
Ü Â
Procediamo alle integrazioni…
1° ¯" #$* !"# → Ú ~1
Ú
2° ¯" #$* !"# → ÜÂ ~1 ~
2
 ! ¦ yOq
U 0 Ú+ ~1 0 → ~1 Ú+
^Ä é
Quindi l’equazione che governa la rotazione è la seguente:
W `
^ éÃ
! ¦ yOq Ú+ Ú+
Mentre per la seconda condizione al contorno abbiamo che:
 0 Ú+ ~ 0 → ~
2 2
é d `d
Quindi l’equazione che governa l’abbassamento della trave è la seguente:
Ä Å ` Æ
éà d d
Ú+
Calcolo dei valori di spostamento e rotazione nei punti notevoli:
Û/ Û/
nei due tratti AC e CB:
Ú o ; Ú Ž Û
+ +
A questo punto si procede all’integrazione, partendo
dall’equazione differenziale Ú Ü vy ˆ ,
vˆ À
chiaramente
differenziando per i due tratti:
Ü Â Û/
- Tratto .
Û/ Û/ Û
Vediamo ora le condizioni al contorno:
Û#* 0 ž! &ž# → 0
le condizioni sugli appoggi.
P a g . | 192
Û/+ Û + ô
Û/+ Û + ô
Û/+ Û/ ô
Û#* + ž! &ž# → ~+ 0 → ~
6 6 6 6+ 6 6+
Û/ + /
6+
Quindi le espressioni finali sono le seguenti:
^Ä Z• `d • d
- Tratto .
d
W a Å Æ
^ déà ` L`
Z• d
`d • d
Ä a Å Æ
éà ` `
- Tratto /.
^Ä Z • d • `d • d
W a Å a d Æ
^ déà ` L`
Z • L • `d • d
Ä •
Å a L
Æ
éà ` `
Û/ + / Û / / + /
Vediamo di porre in essere alcune verifiche:
Û/ + / Û/ + /
E’ arrivato il momento di definire alcuni valori notevoli ad iniziare dalle rotazioni negli appoggi:
•! !"# " F → U 0 o
2 Ü 3+ 6 Ü+
Û /+ / + / Û/ / + /
•! !"# " G → U + Ž Å / Æ Å Æ
2 Ü + 3+ 2 Ü 3+
L’abbassamento massimo si ha nel punto in cui la tangente alla linea elastica è orizzontale. Se –
/ – come nel caso in figura – l’abbassamento massimo si ha nel tratto di sinistra AC, pertanto è
 o Û/ + / Û/ 2 Û/
sufficiente porre uguale a zero la derivata della prima equazione.
Å Æ Ÿ 3 / + 0
6 Ü + + 6 Ü + 6 Ü+
+ /
3 / + 0→ <
3
Pertanto l’abbassamento massimo lo si ottiene sostituendo questo valore di nella nostra
equazione che governa l’andamento della flessione:
Û/ + / + / Û/ + / ô
 o < æ Å Æ + / è <
Loy
6 Ü+ 3 3 9 Ü+ 3
+
ô
Û+ Ÿ+ 27
2 É 4 Û+ <64 + ß Û 9 Û+ ô
 oOŽ < +ß
Loy
9 Ü+ 3 18 Ü+ 3 18 Ü 64 48 Ü
P a g . | 193
 Û/
C è fornita dalla seguente:
U ~ U F
2 Ü
Per cui l’abbassamento nell’estremo libero è la somma di
ÂLoy Âù U ~
due funzioni:
Û/ ô Û/ Û/ /
precedenza, ho che:
ÂLoy Ÿ
3 Ü 2 Ü Ü 3 2
Ú
Il momento flettente nella generica sezione è:
Ú
+
A questo punto si procede all’integrazione, partendo
dall’equazione differenziale Ú Ü vy ˆ :
vˆ À
 Ú
Ü
+
Ü Â Ú
Procediamo alle integrazioni:
! ¦ yOP
Â
appoggi abbiamo abbassamenti nulli.
0 ~ 0
! ¦ yOq Ú+ ô
Ú+
 0 ~1 + 0 → ~1
6+ 6
^Ä Ú Ú+ é
Quindi l’equazione che governa la rotazione è la seguente:
d
W Å Æ
^ 2+ Ü 6 Ü déà ` L̀
Ú ô Ú+ é
Quindi l’equazione che governa l’abbassamento è la seguente:
d
Ä Å `Æ
6+ Ü 6 Ü éà `
é` Ú + é`
Vediamo di determinare la rotazione in corrispondenza degli appoggi:
W R W ` Ÿ +
éà 2 Ü 3 LéÃ
Mentre per determinare l’abbassamento massimo di deve definire il punto di massimo della
Â Ú ô Ú+ Ú Ú+
funzione che governa la linea elastica, cioè il punto di tangenza orizzontale.
Å Æ 0
6+ Ü 6 Ü 2+ Ü 6 Ü
P a g . | 194
+ + +
=0→ =< =
+ 3 3 √3
` Ú + + é`d
Operiamo la sostituzione…
ÄŸ Ÿ +
√L 6 Ü √3 3 √dHLéÃ
comporta la perdita di omogeneità della sezione, e quindi Ü non può più essere
- la non linearità conseguente alla fessurazione del calcestruzzo teso, che
considerato costante;
- la non linearità conseguente allo scorrimento viscoso del calcestruzzo
sotto carichi di lunga durata, quindi la deformazione non è più indipendente dal
tempo;
å Û
¯ !* "# → È
Ú Û#P
å Û
¯¯ !* "# → ê
Ú ÛË#P “Loy  Ì
Ú
Se suppongo che il materiale sia elastico lineare posso esprimere
in funzione della curvatura, e la soluzione di questo problema è
la classica integrazione dell’equazione differenziale, ottenuta
ÛË#P “Loy Â Ì Üè Ü ,,
eguagliando il momento esterno al momento interno:
P a g . | 195
Ho ottenuto una equazione lineare differenziale del secondo ordine, la cui soluzione, fissate le
 0) = 0
opportune condizioni al contorno, è:
UR Z
‚ Â , 0) = 0
öo nwq utwx oqqr ¨ outwx vt±± ¦ utoq è
Ä Ei WXY ‹ H &!" ‹ <
WXY ‹` éÃ
Â(+) = “Loy
#P
“Loy  +
Da questa ottengo che:
#P
cos =+
#P #P cos = cos =
Ú Û Å#P #P #P Æ = Û#P
cos =+ cos =+ cos =+ cos =+
Quindi come possiamo osservare l’azione Ú non dipende più linearmente dalla sollecitazione Û.
quindi per = 0.
Ora andiamo a osservare che cosa accade alla base al legame tra momento e sforzo normale, e
å#P å#P
Ú( = 0) = =
cos =+ å
cos ÅJ Ü +Æ
cos = cos =
due contributi:
Ú Û#P = Û#
çP Û#P Å 1Æ
cos =+ cos =+
j—————k—————l
%!
%!!
Come si osserva Ú« è un momento del primo ordine, calcolato
con riferimento alla condizione indeformata, mentre Ú«« è il
Út j—ËÂ
—k——lÌ ∙ Â
(viscosità, fessurazioni, ecc.). Quindi il momento interno è dato dalla seguente relazione:
,, ,,
rt tv uuo ¥oxA
sostituisce Ü, quindi l’equilibrio tra momento interno e quello esterno permette di scrivere:
Come si osserva abbiamo introdotto una rigidezza secante che dipende dalla curvatura, ed essa
ÁÓ ËÄ,, ÌÄ,, ZÄ Z UR | a
Questa è una equazione differenziale non lineare ( dipende da  ,, ), scritta nello stato
di å. Vediamo ora come possiamo costruire una curva momento/curvatura per un certo valore di
scomparire il comportamento duttile (lo stadio III). Quindi avrò una rottura fragile per bassi valori
sforzo normale.
Allora per ipotesi potrei pensare ad un valore di deformazione ç̅, il quale deve essere ammissibile
(deve essere inferiore a quello di rottura), da questo mi ricavo il mio stato deformativo della
P a g . | 197
sezione che deve essere possibile, cioè compatibile, sia con l’acciaio che con il calcestruzzo. Poi
, ù, , .
tramite una relazione costitutiva (ad esempio lo stress block) posso anche definire l’andamento
1
trovato un punto della mia curava che voglio costruire.
¿
Òqqw¦o w A¦w}oAw x s xAw v qqo Lto ¥ ¦}o vt tA ¦outwx
‘# åt å ŸÚtxA ;
*̅
Se questo non accade devo procedere per tentativi in modo iterativo, fino a convergere al risultato
cercato; ovviamente questo può essere fatto più celermente tramite un programma automatico.
(massimo spostamento in sommità) per snellezze diverse, cioè per diversi valori di lunghezza.
All’aumentare della snellezza si osserva:
- aumento degli spostamenti massimi allo stato ultimo (ascisse di estremità delle curve);
- diminuzione dei valori della forza normale;
La curva -1 si interrompe quando viene ad essere raggiunta la deformazione ultima nell’acciaio o nel
calcestruzzo; ed inoltre, come si osserva, all’aumentare della snellezza diminuisce il carico assiale Û
e aumenta “Loy conseguente. Per - -∗, la deformazione ultima viene ad essere raggiunta con
tangente orizzontale. Per valori di snellezza - – -∗ , il valore massimo del carico viene raggiunto
instabilità: è il campo degli elementi snelli. Invece per - ’ -∗ la crisi avviene per rottura della
prima del raggiungimento della deformazione ultima dei materiali e, quindi, la crisi avviene per
sezione: è il campo degli elementi tozzi. Vediamo ora di riassumere il tutto nei seguenti grafici.
Diagramma Út
1
¦
per un assegnato sforzo normale. Diagramma Carico Assile – Spostamento massimo.
P a g . | 198
çAwA ç P E1 U , P H
schema di breve durata.
çÑtn¥wno çAwA ç P ç P U , P
0. Ora se metto un
essere raggiunta per instabilità dell’equilibrio
“1 ∞ ; ovviamente se il carico Û1 è molto piccolo non accade nulla. Ora costruendo la curva delle
∞, ricavo la curva Û/“ a tempo infinito, con associato un corrispondente Ûù ,
cioè il carico critico a tempo infinito. Se la struttura viene ad essere sollecitata per carichi Û – Ûù ,
deformazioni per
carichi permanenti. Mentre per i carichi Û – Ûù la struttura raggiunge la crisi per instabilità per
applicati per un tempo indefinito, senza che questo porti in crisi la struttura, e questi sono tutti i
tempi finiti.
nella sezione trasversale media, nella situazione o passo di carico considerati. Le ipotesi che si
assumono sono sempre le stesse:
1) conservazione delle sezioni piane;
2) sezioni interamente reagenti fino al raggiungimento della resistenza a trazione del
conglomerato al lembo della sezione;
3) superato il punto di fessurazione, si considera la sezione parzializzata con rigidezza
corretta per effetto della presenza del conglomerato teso, ancora reagente, tra una
fessura e l'altra. Questo fenomeno (tension stiffening) può dare un contributo sensibile alla
per il calcolo degli effetti del secondo ordine. Per bassi valori dello sforzo normale N, tali diagrammi
Con le ipotesi sopra introdotte si possono tracciare i diagrammi momento-curvatura, da utilizzare
é
Ú! #" ! •+# #" # #"% !" +# → q =
•^d h_^
t
‘•!* ! "!* +# #"% !" +# → =
•^h_^
ÕÓ hÄ^
Û#*&#" +# #&& " & * * → S
•^h_^
i
~ *“ * → ë = =
Ó •
[ ^
+P >+
P
il seguente, come abbiamo già visto:
-
pLtx pLtx
Ove +P è la lunghezza libera d’inflessione e pLtx è il raggio d’inerzia minimo, nella
KA
A
questa è una relazione approssimata, che fornisce il valore di > con un errore medio
EJ
l l richiamare alcune considerazioni importanti, a partire dalla relazione di Newmark;
del 4%. Ed inoltre questa relazione può essere usata solamente sugli elementi
componenti strutture a nodi fissi.
L’effetto delle aste concorrenti nei nodi A e B può essere rappresentato tramite
KB l’inserimento di una molla rotazionale, la cui rigidezza K è la somma di tutte le
B
P a g . | 201
B
M ϕ =3EJ
Ml
KB=3EJ
ϕ B l
B
M ϕ =4EJ
Ml
KB=4EJ
ϕ B l
Asse di simmetria
B
M
ϕ ϕB=2EJ
Ml
K B=2EJ
l
Üt
Quindi in generale posso scrivere che:
¬ø !“# ø è + ”#%! %%#$" ! ++ , % ”#* +# % # &!" !" “ "&!+!
Ž
+t
t
Ora possiamo scrivere la relazione di Newmark:
0,2 -Ò 0,2 -`
> <
0,4 -Ò 0,4 -`
Ü Ü
-Ò ; -` = Ã #% %!"! * ””!* * + * $ # #++, % # #++ # "! .
Ò+ `+
N N N
Fig. 1-122
Ora affrontiamo il caso di un portale a nodi fissi, l’analisi di questo problema viene semplicemente
risolta applicando la relazione di Newmark e assumendo che il traverso si comporti come un’asta
semplicemente appoggiata sottoposta a una coppia simmetrica.
P a g . | 202
In generale per gli elementi facenti parte di strutture a nodi spostabili, la valutazione di >, può
essere ricercata mediante l’uso di un abaco, per celerità la normativa (EC2 – 4.3.5.3.5) ne fornisce
uno anche per le strutture a nodi fissi, che non è altro che la riproduzione della formula di Newmark.
é• ³_]`]VVa
∑ ^U``U [\´\^UbbU ^U``U _]`]VVU _]V_][[UV \ ∑ `_]`]VVa
Prima di tutto si deve valutare le rigidezze relative di vincolo della nostra colonna:
ÁÕ ] Á
∑ ^U``U [\´\^UbbU ^U``U [a|\ _]V_][[UV \ é ³
∑ ‹ • [a|U
` [a|U
P a g . | 203
Dove = è il fattore che considera le condizioni di vincolo della trave all’estremità opposta:
- = 1,0 estremità opposta vincolata rigidamente o elasticamente;
- = 0,5 estremità opposta libera di ruotare;
- = 0 mensola libera.
Sempre nell’eurocodice viene ad essere
¯¥wq‰1 ¯¥wq‰
+¥wq‰1 +¥wq‰
Ò ¯Ž‰1 ¯
0,5 Ž‰
+Ž‰1 +Ž‰
Vediamo ora di definire i limiti di snellezza secondo le normative vigenti. Secondo il testo unico, al
punto 4.1.2.1.7.2, gli effetti del secondo ordine nei pilastri singoli possono essere trascurati se la
å§v
snellezza non supera il seguente limite:
;“ è + , !"# %% +# #"% !" +#
9 Fù •¥v
•
º`\ iK, H !“# ~ 1,7 *L
√ : ÚP1
9 *L
8 ÚP
Ove ~ dipende dalla distribuzione dei momenti del primo ordine (0,7 ] ~ ] 2,7), ed *L ne è il
rapporto con |ÚP | – |ÚP1 |. Questo per quanto riguarda il DM2008, ma vediamo che cosa
afferma l’EC2, nel quale un pilastro è considerato snello se il parametro - soddisfa la seguente
dK
disegualianza:
+P å§v
- < º`\ a QiK !“# “
Fù •¥v
√
V ∑ é•^ ³•
nodi fissi se è verificata la seguente condizione:
Zé^ ] R, Li
V i, ·d
- Û§v è il carico verticale totale su elementi controventanti e di controvento;
P a g . | 204
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che ogni elemento verticale del telaio che resiste a più del 70% della forza assiale media
å v,L Å- ê 1O Æ.
&* ·+
x
, ha una snellezza minore a quella limite definita in precedenza qtL
√,
Dove " è il numero degli elementi verticali di ogni piano, Ñ è la somma di tutti i carichi verticali
agenti sugli elementi di controvento e controventati in condizioni di esercizio (¡· 1).
Sempre secondo l’Eurocodice 2 un telaio controventato può essere considerato a nodi fissi, se la
rigidezza flessionale degli elementi di controvento soddisfa il criterio seguente:
t R, d R, iV {U[ V ] L
·< ]È
é• Ã R, {U[ V < H
Dove â è l’altezza totale dell’edificio, ù Ü è la somma delle rigidezze flessionali in stato I degli
elementi controventanti nella direzione considerata, å è la somma di tutti i carichi verticali di
esercizio: å vK ∑ ÃtK , ed " è il numero totale dei piani dell’edificio.