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WOLFGANG AMADEUS
MOZARTMittente: Wolfgang Amadé Mozart
di Enzo Siciliano
«Sopra di noi c’é un violinista, sotto ce n’é un altro,
accanto c’é un maestro di canto che da lezione, nella stanza di
fronte c’é un oboista. E una bellezza per comporre! Ti fa
yenire tante idee ». Mozart ha quindici anni, & col padre a
Milano: & la fine d’agosto, ¢ scrive alla sorella del caldo
sciroccoso che fa, di certa diarrea che l’aveva colto (argomento
per lui quanto mai gradito), e ancora del caldo, infine accenna
al frastuono di musica che lo circonda. Gli piace comporre al
centro d’un caotico fuoco d’artificio sonoro: vocalizzi, sfrigolio
di violini, delicatissime filature d’oboe.
Dovevano essere stanzucce meschine, pavimentate di cotto o
di legno, e scale attorcigliate, tremuli ballatoi: — candele di
sego la sera, frusciare di ciabatte la notte; la mattina qualche
gorgheggio, ¢ grida, richiami di virtuose, pettegolezzi di vir-
tuosi dall’eros indeciso.
In quel volgersi del secolo diciottesimo, la musica a Mila-
no, a Vienna, a Londra, a Parigi, era una gran fabbrica cui
badavano le borse degli impresari e quelle dei tronfi e sboccati
monsignori. I principi elargivano talvolta attenzioni cospicue,
ma esigevano inchini continui e continue genuflessioni: pro-
mettevano meravigliose sinecure, ma chiedevano pronta cassa
una eccitante Tafelmusik per il pranzo.
I teatri si riempivano di vocianti borghesi. I nobili, in
palco, bevevano vinelli leggeri, sgranocchiavano pollo freddo e
succhiavano gelatine; poi, abbandonavano le mani l’uno nel-
5Valtra e le lasciavano correre sotto i taffetas ¢ gli organzini.
Arie, duetti, concertati pungevano le loro orecchie: — certe
dame impudenti schiacciavano i seni di sotto in su fuori del
busto, e trovavano sempre un Cherubino pronto a servirle con
le dita sollecite. Quel Ganimede si perdeva, accosciato in terra,
a slacciare giarrettiere nell’alto delle gambe. Un palco in teatro
poteva essere un vero € proprio gabinetto di piacere.
C’e da stupirsi, allora, che un quindicenne dotatissimo per
la musica, il pit dotato che abbiamo mai conosciuto, si nutra,
nel comporre contraddanze o ouvertures, di rumori pitt o meno
furtivi, si compiaccia del chiasso ¢ magari si diletti insieme
nello scrivere frizzi_ coprolalici?
Le lettere che il ragazzo scrive alla sorella, rimasta con la
madre a Salisburgo, tradiscono una allegrezza nervosa, il gu-
sto di abbandonarsi alla corrente della vita mantenendo un
equilibrio meraviglioso: — pare che in lui la vita non lasci
segno, oppure che invada il cuore fino a rendersi lieve come
una bava di brezza.
Cosa c’era nell’animo di Mozart? Non valgono con Mozart
consueti metri di misura. La sua genialit’ credo consistesse nel-
Tesser lui uomo del tutto comune, uomo qualsiasi, ma di quelli
che vivono senza rendersene conto due vite: — la vita del
volto, con cui si affacciano quotidianamente presso il volto
degli altri, e la vita della propria intimita profonda o della
propria verit’. Questa rimane loro sempre sconosciuta, o forse
gli appare in sogno e, sepolta nelle ore notturne, altrimenti
non affiora se non pari a un fortuito e trascurabile trasalire.
L’uomo comune pud essere un Mozart candido e imperturbabi-
le come Dio: ma non ha modi per palesarlo. Mozart ebbe la
musica dalla sua: quell’ora notturna ¢ quei sogni che per
sempre, come nei pit, sarebbero rimasti sconosciuti, seppe
rappresentarli in suoni, con una naturale fluidita, una traspa-
renza che nulla ha della tenebra, — un miracolo.
L’animo di Mozart era dunque un abisso: Vabisso della
quotidianita dove ogni differenza sparisce e a galla salgono
Passioni di breve momento, ricordi casuali, propositi mediocri.
E il 5 dicembre 1772, siamo ancora a Milano, la lettera &
sempre indirizzata alla sorella: « Ho imparato un nuovo gioco
che si chiama Mercante in fiera, appena torno a casa ci gio-
chiamo, Dalla signora von Taste ho imparato una nuoya lingua
segreta, facile da parlare, difficile da scrivere, ma comunque
utilizzabile, solo che 2 un po’ infantile, ma per Salisburgo va
bene. Addio, stammi bene. I miei complimenti ad ogni buon
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amico e amica. Saluti alla nostra bella Nandl ¢ al canarino ».
I giochi, il canarino, i saluti agli amici: nel secolo dei lumi
gli uomini, anche non particolarmente colti, sembrano intrisi di
filosofia fin nel midollo. Paiono sublimemente indifferenti a
ogni richiamo metafisico: la vita & cid che si vede, la morale si
conclude nel comportamento. In loro sembra non esservi ci-
nismo, ma solo una animalita di continuo rifiorente. I] dolore,
la morte sono occasioni cui non si sfugge: ci inseguono da
Presso, accogliamoli per quel che sono e non presumiamo
cancellarli, — paiono dire quegli uomini. La vita & natural-
mente morte e dolore, al pari di gioia, quella piccola gioia che
danno una mano di Mercante in fiera, il trillo innocente di un
canarino, o lo strepito di quattro disparati musici che fanno
studio in casa insieme e ciascuno per sé,
Davanti a « quattro furfanti » impiccati in piazza del Duo-
mo, sempre a Milano, il commento di Wolfgang Amadé é:
« Li impiccano come a Lione », niente altro.
Mozart fece apprendistato con suo padre Leopold. Si dice
che Leopold ne abbia fatto, forzandolo, il ragazzo prodigio che
sappiamo. Wolfgang assecondd suo padre. Oggi potremmo ac.
cusare suo padre di essere stato persecutore e autoritario. E
trascurabile, finanche oziosamente mondano, chiedersi perd che
musicista sarebbe diventato Mozart senza Leopold alle costole.
E vero che il figlio nutri per il padre un tispetto ombreggia-
to di maniera: ma in quella costrizione ad apparire, se non
diverso da quel che era, per lo meno ossequioso a principi di
buona condotta, quali il timor di Dio ¢ del potere, Wolfgang
Amadé trascorse anni nei quali recalcitrare e simulare affinaro.
no in lui, per contrasto, un sottile e pertinace bisogno di
indipendenza e liberta.
Scriveva musica, ma via via tendeva ad affrancarsi dalle
vatie tutele che lo affliggevano: anzitutto quella economica,
dipendenza economica dall’arcivescovo di Salisburgo di cui era
musico, il principe di Colloredo; quindi la tutela paterna nelle
faccende amorose, pratiche, di lavoro. Leopold ostacold un
primo rapporto con Aloisia Weber (che, per suo conto, non
aveva un grande interesse nei confronti di Wolfgang Amadé);
€ poi il matrimonio con Constanze.
Wolfgang si liberd di Colloredo con una lite violenta a
Vienna, e, dimentico di ogni consiglio ticevuto, sposd Con-
stanze. A quel punto, Leopold quasi spari dalla sua vita: perse
il ruolo, presso il figlio, di interlocutore privilegiato per ogni
argomento. Quando mori, Wolfgang scrisse alla sorella parole
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