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ORBIS TERRARUM:

IL MONDO VISTO DAI ROMANI

Per i Romani, il mondo non aveva la forma che ha per noi, anche perché non
conoscevano molte parti del mondo che oggi conosciamo. Concetto di orbis
terrarum (= circolo delle terre), circondato tutto intorno dal mare Oceano, e al
cui centro stava Roma.

Geografo greco Strabone (I secolo a.C.):

“Che il mondo abitato [gr. ecumène] è un’isola bisogna riconoscerlo, prima di


tutto per la percezione sensoriale che ne abbiamo, e poi per l’esperienza diretta.
Infatti in ogni luogo e in ogni direzione che gli uomini hanno potuto raggiungere
spingendosi fino alle estremità della terra, si trova il mare, quello che noi
chiamiamo Oceano.”

Strabone, Geografia, I, 1, 8

Il mondo conosciuto (ecumene, mondo abitato) si divideva in tre parti: Asia,


tra il Tanais (= Don, in Russia) e il Nilo; la Libia, tra il Nilo e il golfo di Cadice
(Atlantico, tra Portogallo e Gibilterra); l’Europa, che sta tra il golfo ed il Tanais.

Gli “scienziati” greci e romani pensavano che la zona dove vivevano avesse
effetto sul carattere e sull’aspetto fisico dei popoli:

Contexenda sunt his caelestibus nexa causis. namque et Aethiopas vicini sideris
vapore torreri adustisque similes gigni, barba et capillo vibrato, non est dubium,
et adversa plaga mundi candida atque glaciali cute esse gentes, flavis promissas
crinibus, truces vero ex caeli rigore has, illas mobilitate sapientes; […] hic graves
feras, illic varias effigies animalium provenire et maxime alitum multas figuras
igni volucres; corporum autem proceritatem utrobique, illic ignium nisu, hic
umoris alimento; medio vero terrae salubri utrimque mixtura fertiles ad omnia
tractus, modicos corporum habitus magna et in colore temperie, ritus molles,
sensus liquidos, ingenia fecunda totiusque naturae capacia, isdem imperia, quae
numquam extimis gentibus fuerint, sicut ne illae quidem his paruerint, avolsae
ac pro numine naturae urguentis illas solitariae.

“Bisogna aggiungere a queste questioni anche quelle che dipendono dagli


influssi celesti. Non c’è dubbio, infatti, che gli Etiopi vengano arrostiti dal vapore
della stella vicina [= il sole], e che nascano già con un aspetto bruciacchiato, con
la barba e i capelli increspati. Nella zona opposta del mondo, invece, gli uomini
hanno la pelle candida e del color della neve, e folte chiome rossastre; i primi sono
selvaggi a causa del rigore del tempo atmosferico, mentre questi sono avveduti a
causa della sua mobilità. […] Da una parte [= Etiopi] arrivano grosse bestie feroci,
dall’altra animali molto diversi tra loro, e soprattutto molti uccelli alati, che si
muovono rapidamente per l’azione del calore. L’alta statura dei corpi si può
osservare in entrambe le zone, lì a causa del calore, qui provocata dall’acqua.
Nella zona centrale, invece, grazie alla salutare mescolanza dei due elementi, si
trovano terre che sono fertili per ogni coltura. I corpi sono di media statura, e
anche il colore della pelle è intermedio. I costumi sono miti, i sensi raffinati,
l’intelletto fecondo e adatto a comprendere ogni fenomeno naturale. Questi
popoli hanno anche degli imperi, che invece non sono mai sorti tra le genti
lontane, che nemmeno ne sono mai state sottomesse; infatti sono popoli remoti
e di indole solitaria, a causa della natura che li spinge.”

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, II, 80

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