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Dopo la caduta dell'Impero Romano il latino continu� ad essere parlato per diversi
secoli sotto i vandali e i bizantini e anche dopo l'invasione araba del VII secolo
giungendo quindi ad evolversi, come nel resto della Rom�nia, in una vera e propria
lingua neolatina (o, com'� pi� probabile, in diverse lingue neolatine a seconda dei
luoghi). Oggigiorno questa lingua non � pi� parlata, essendo stata soppiantata dal
berbero e dall'arabo.[1]
Rovine di Cartagine, centro principale della latinit� in Nordafrica nei primi
secoli dell'era cristiana fino alla sua distruzione nel 698, ad opera degli Arabi.
Numerosi sono gli elementi che fanno ritenere che il Nordafrica abbia continuato ad
ospitare comunit� di religione cristiana e di lingua, verosimilmente, romanza,
almeno fino all'XI-XII secolo. Ma la testimonianza pi� importante � quella del
geografo nordafricano Muhammad al-Idrisi (XII secolo), stabilitosi a Palermo alla
corte normanna di Ruggero II, il quale scrive che gli abitanti di Gafsa (nel sud
della Tunisia) si servivano di una lingua particolare, da lui detta al-latini al-
afriqi, ovvero "il [neo] latino d'Africa" (a quel tempo il termine arabo latini si
riferiva sia al latino sia, spesso, alle lingue romanze). Sebbene diversi storici
contemporanei considerino che queste comunit� potrebbero essere sopravvissute fino
all'inizio del Settecento, secondo Virginie Prevost, ricercatrice belga presso la
facolt� di Storia e Filosofia Medievale dell'Universit� di Bruxelles, l'analisi
delle fonti arabe indica che pi� probabilmente i cristiani scomparvero verso la
met� del XIII secolo.[2]
Dopo la caduta dell'Impero Romano il latino continu� ad essere parlato per diversi
secoli sotto i vandali e i bizantini e anche dopo l'invasione araba del VII secolo
giungendo quindi ad evolversi, come nel resto della Rom�nia, in una vera e propria
lingua neolatina (o, com'� pi� probabile, in diverse lingue neolatine a seconda dei
luoghi). Oggigiorno questa lingua non � pi� parlata, essendo stata soppiantata dal
berbero e dall'arabo.[1]
Rovine di Cartagine, centro principale della latinit� in Nordafrica nei primi
secoli dell'era cristiana fino alla sua distruzione nel 698, ad opera degli Arabi.
Numerosi sono gli elementi che fanno ritenere che il Nordafrica abbia continuato ad
ospitare comunit� di religione cristiana e di lingua, verosimilmente, romanza,
almeno fino all'XI-XII secolo. Ma la testimonianza pi� importante � quella del
geografo nordafricano Muhammad al-Idrisi (XII secolo), stabilitosi a Palermo alla
corte normanna di Ruggero II, il quale scrive che gli abitanti di Gafsa (nel sud
della Tunisia) si servivano di una lingua particolare, da lui detta al-latini al-
afriqi, ovvero "il [neo] latino d'Africa" (a quel tempo il termine arabo latini si
riferiva sia al latino sia, spesso, alle lingue romanze). Sebbene diversi storici
contemporanei considerino che queste comunit� potrebbero essere sopravvissute fino
all'inizio del Settecento, secondo Virginie Prevost, ricercatrice belga presso la
facolt� di Storia e Filosofia Medievale dell'Universit� di Bruxelles, l'analisi
delle fonti arabe indica che pi� probabilmente i cristiani scomparvero verso la
met� del XIII secolo.[2]
Lingue correlate
Muhammad al-Idrisi, trattando fra le altre cose dell'isola di Sardegna nella sua
opera "Il libro di piacevoli viaggi in terre lontane" altres� nota come "Il libro
di Ruggero", ne descrive il popolo: "I Sardi sono etnicamente R�m 'Af�riqah (Romani
d'Africa), conducono la propria vita come i Berberi e rimangono appartati da ogni
altra nazione di R�m (Bisanzio); sono gente coraggiosa e valorosa, che non si
separa mai dalle proprie armi[3][4][5]".
Agostino d'Ippona dice: "Le orecchie africane non discernono le vocali [latine]
brevi da quelle lunghe[6][7]". Ci� descrive l'evoluzione delle vocali nel sardo,
che ne presenta solo cinque senza alcun dittongo: a differenza delle altre lingue
romanze, le cinque vocali brevi e lunghe del latino classico (a/a, e/e, i/i, o/o,
u/u) si sono unite nelle cinque singole vocali sarde (a, e, i, o, u) senza alcuna
distinzione di lunghezza.