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Regione Calabria
*Azienda Sanitaria n°3 della Sibaritide
Struttura Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia
PO di Corigliano Calabro (Cs).
Direttore: P.Pirillo
** Azienda Ospedaliera dell’Annunziata - Cosenza
Struttura Operativa Complessa di Chirurgia Pediatrica.
Direttore : G. Riccipetitoni
INTRODUZIONE
Le dilatazioni dei bacinetti renali e delle altre strutture anatomiche del sistema collettore,
rappresentano uno dei quadri patologici che più frequentemente si pongono al ginecologo durante
un esame ecografico fetale.
Non sempre queste alterazioni morfologiche rispecchiano una reale patologia, così come non è
sempre possibile stabilire la presenza e la localizzazione di un’ostruzione o di un meccanismo di
reflusso.
Si pone attualmente come cut-off del bacinetto renale un valore di 10 mm al di sopra del quale la
dilatazione s’intende patologica e merita pertanto un attento controllo.
Le ostruzioni della giunzione pielo-ureterale sono la causa più frequente di idronefrosi fetali e
rappresentano da sole dal 20 al 50 % di tutte le patologie del sistema urinario (1). Più frequenti nei
feti di sesso maschile, sono causate prevalentemente da inginocchiamenti, valvole dell’uretere,
deficit della muscolatura del giunto pielo-ureterale stesso.
All’esame ecografico il segno caratteristico è la dilatazione della pelvi renale di almeno 15 mm
associata più o meno alla dilatazione e all’arrotondamento dei calici.
Queste lesioni ostruttive sono frequentemente associate alla displasia renale multicistica: patologia
questa, che rappresenta la maggiore causa di insufficienza renale.
Nella displasia multicistica renale la diagnosi dovrebbe essere, in senso stretto, istologica sebbene
comunemente s’intenda con tale termine una forma severa di displasia, secondario ad alterato
sviluppo del parenchima e della via escretrice che esita in un rene non funzionante e di dimensioni
alterate con lacune cistiche all’interno del parenchima stesso. Queste lacune consentono la
distinzione in due forme: il tipo IIA a larghe cisti (dimensioni anche maggiori di 9 cm) e il tipo II B
a piccole cisti , talora riconoscibili solo microscopicamente.
L’incidenza di tale condizione patologica è di 1 caso su 10.000 nella forma bilaterale, più frequente
se monolaterale (1 su 3000-5000), (2).
L’ipotesi patogenetica, proposta per la prima volta da Beck nel 1971,(3) è da ricercarsi in una
atresia ureterale che si instaura precocemente durante la nefrogenesi, come risultato si ha un alterato
sviluppo dei calici e della pelvi renale che tende a sovvertire la normale architettura determinando
un danno funzionale spesso severo.
All’esame ecografico, i reni affetti da displasia multicistica si presentano, comunemente, come
voluminose masse addominali tempestate da cisti multiple, distribuite casualmente, non
comunicanti tra loro e non è inoltre visualizzabile la pelvi renale.
In casi molto severi la diagnosi differenziale con l’agenesia può essere difficoltosa a causa
dell’oligo-anidramnios. Nelle forme monolaterali la vescica è normalmente presente mentre non è
rilevabile nei casi bilaterali. I reni multicistici sono frequentemente associati anche ad alterazioni
cromosomiche soprattutto se coesistono altre anomalie morfologiche (4).
La forma bilaterale ha una prognosi infausta poiché associata ad oligo-anidramnios: i feti affetti
muoiono in epoca neonatale per ipoplasia polmonare e/o insufficienza renale.
CASO CLINICO
E’ giunta alla nostra osservazione la signora M.G. di anni 39, terzigravida (2/0/0/2) per eseguire un
controllo ecografico ambulatoriale di routine alla 31° settimana di gestazione. L’evoluzione della
gravidanza risultava essere stata, fino ad allora, fisiologica, con amniocentesi deponente per un
cariotipo normale femminile 46 XX. L’esame ecografico morfologico, eseguito alla 21 settimana
risultava a sua volta negativo così come gli esami emato-chimici apparivano nella norma, negativa
la familiarità.
Tale esame ecografico evidenziava la presenza di anomalie renali bilaterali: entrambi i reni
apparivano regolari per sede ma di volume notevolmente aumentato, il rene destro si presentava
tempestato da svariate formazioni cistiche, non comunicanti tra loro, a contorni ben definiti, la
maggiore delle quali misurava circa 30 mm di diametro (Fig 1).
Il rene sinistro, anch’esso di dimensioni aumentate, si differenziava dal controlaterale per la
presenza di una dilatazione spiccata della pelvi che raggiungeva i 21 mm in anteroposteriore e circa
50 mm in longitudinale, con parenchima riconoscibile seppure lievemente assottigliato (Fig 2).
La vescica era visualizzabile ed apparentemente normale.
Il liquido amniotico risultava regolare.
I chirurghi pediatri, in consulenza, consigliavano un monitoraggio ecografico a scadenza
quindicinale mirato allo studio dei reni fetali e alla quantità di liquido amniotico.
Durante questi esami ecografici, eseguiti sempre dallo stesso operatore, sia le formazioni cistiche
del rene destro sia la dilatazione della pelvi del rene controlaterale apparivano pressoché stabili,
così come regolare era la quantità di liquido amniotico.
Giunta presso il termine la paziente è stata ricoverata per l’espletamento del parto nel ; la bimba è
nata a termine, in buone condizioni generali con parto spontaneo ed Apgar 8-9. Subito dopo la
nascita, la neonata ha urinato spontaneamente.
Trasferita poco dopo nel reparto di chirurgia pediatrica è stata sottoposta a numerosi accertamenti.
Gli esami hanno posto il sospetto di displasia renale multicistica a carico del rene destro che
appariva muto sia all’urografia (Fig.3), sia alla scintigrafia con MAG 3 , la cistouretrografia
minzionale non mostrava segni di reflusso (Fig.4), tuttavia, permaneva un problema di diagnosi
differenziale tra rene multicistico e sindrome del giunto pielo-ureterale.
Per quanto riguarda il rene di sinistra tutti gli accertamenti deponevano per una patologia ostruttiva
(sindrome del giunto pielo-ureterale gigante), con una funzionalià renale praticamente conservata.
A sette giorni dalla nascita alla piccola paziente sono stati posizionati due pig tail, bilateralmente,
per via percutanea ecoguidata per verificare l’eventuale produzione di urina che appariva assente a
destra mentre era regolare per il rene sinistro (peso specifico di 1005).
All’età di 27 giorni, la neonata è stata pertanto sottoposta ad intervento chirurgico per la
nefrectomia destra e dopo pielografia ascendente a pieloplastica sinistra.
L’esame istologico del rene destro asportato, confermava la diagnosi di displasia multicistica.
La pieloplastica del rene controlaterale, riuscita brillantemente, ha permesso alla piccola paziente la
dimissione dopo solo una settimana di degenza, nella quale tra l’altro non si sono verificate
complicanze di alcun tipo.
DISCUSSIONE
Il rene multicistico si associa frequentemente ad altre malformazioni per circa il 60%, e nel 40%
alle malformazioni esclusivamente urologiche (5).
La letteratura annovera numerosi studi a proposito. L’originalità del nostro caso sta nel fatto che si
trattava di neonato di sesso femminile, evento piuttosto raro, privo di familiarità per simili
patologie, e con un corredo cromosomico normale, l’amniocentesi era stata eseguita con un’unica
indicazione: l’età materna!
Durante il follow-up un dato estremamente positivo è stato la normale produzione del liquido
amniotico, questo insieme alla visualizzazione della vescica, ci hanno fatto escludere quasi subito
l’ipotesi di un rene multicistico bilaterale: al primo esame ecografico patologico, infatti, a causa
della situazione fetale il rene sinistro non era facilmente esplorabile per cui la pelvi dilatata poteva
trarre facilmente in inganno donando al rene l’aspetto simile al multicistico.
Lo studio ultasonografico durante la vita intrauterina è oggi pertanto un esame sempre più sensibile,
sebbene poco specifico per la diagnosi ed il follow-up delle alterazioni del sistema urinario,
malformazioni frequentemente asintomatiche alla nascita, che possono facilmente portare, se non
riconosciute in tempo, all’insufficienza renale con esiti fatali; un intervento chirurgico effettuato
precocemente, laddove necessario, (ricordiamo che in molti casi le anomalie del tratto urinario
possono regredire spontaneamente!) permetterà al piccolo paziente una soluzione pressoché
definitiva della patologia riscontrata.
CONCLUSIONI
A questo punto, ci sembra necessario sottolineare come, sebbene le patologie malconformative
fetali siano oggi ben conosciute e gli strumenti diagnostici a nostra disposizione sempre più
sensibili, nei casi dubbi, l’assenza di funzionalità renale, anche dopo drenaggio, l’intervento
chirurgico e l’esame istologico rimangono gli unici strumenti a nostra disposizione per effettuare
una diagnosi di certezza. L’approccio multisciplinare pertanto, appare a nostro avviso, necessario
non solo per il trattamento delle patologie stesse, ma anche per la loro diagnosi.
La condotta chirurgica è comunque discussa, molti autori adottano una
condotta conservativa nel primo anno di vita per la possibilità di riduzione
spontanea della lesione. Limitano la chirurgia alle grosse masse cistiche,
alle forme persistenti o a lesioni con elevata componente solida. L’approccio
chirurgico , anche da noi praticato, è videolaparoscopico,in questa paziente
è stato preferita la chirurgia tradizionale per la necessità di correzione anche
della sindrome del giunto controlaterale.
BIBLIOGRAFIA
1. FA Catizone, A Ianniruberto, P Mastrantonio “Prima hominis imago”, 1997, CIC edizioni.
2. Woolf AS, Winyard PJ Advances in thr cell biology and genetics of human kidney
malformations. 1998, J Am Soc Nephrol 9:1114-1125.
3. Beck AD. The effect of intra-uterine urinary obstruction upon the development of the fetal
kidney. 1971, J Urol 105: 784789.
4. Lazebnik N, Belliger MF, Ferguson JE, Hogge JS, Hogge WA. Insights into the pathogenesis
and natural history of fetuses with multicistic dysplastic kidney disease. 1999, 19:418-423.
5. Ranke A, Schmitt M, Didier F, Droulle P. Antenatal diagnosis of multicystic renal dysplasia.
2001 Eur J Pediatr Surg. 11 (4) :246-54
FIGURE.
Fig.1
Fig.2
Fig.3
Fig.4