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POOTECNICO DI BARI
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BIBLIOTECA
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Titolo originale: !ntroduction to Anafog and Digitai Communications, second ed.
Fotocopie per uso personale (cioè privato e individuale) possono essere effettuate,
nel limite del 15% di ciascun volume, dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto
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Ristampa
4 3 2 o 2007 2008 2009 2010 2011
~ .
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sul testo, sulle immagini e sulle relazioni che si stabiliscono tra loro. L'esperienza
suggerisce che è praticamente impossibile pubblicare un libro privo di errori.
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VII
VIH Prefazione ISBN 978-88-408-1387-5
" i Capitoli 3 e 4 sono dedicati alle comunicazioni analogiche, con il Capitolo 3 che copre
la modulazione d'ampiezza e il Capitolo 4 che tratta della modulazione angolare;
"' il Capitolo 5 sulla modulazione a impulsi copre i concetti relativi alla transizione da comu-
nicazioni analogiche a comunicazioni digitali;
'" i Capitoli 6 e 7 sono dedicati alle comunicazioni digitali, con il Capitolo 6 che copre la tra-
smissione di dati in banda base e il Capitolo 7 che copre la trasmissione dati passa banda.
3. Teoria della probabilità e rivelazione di segnali Come l'analisi di Fourier è fondamentale per
la teoria della modulazione, così la teoria della probabilità è fondamentale per la rivela-
zione dei segnali e per valutare le prestazioni di un ricevitore in presenza di rumore addi-
tivo. Poiché la teoria della probabilità non è critica per la comprensione della modulazione,
abbiamo intenzionalmente ritardato la rassegna di teoria della probabilità, segnali casuali
e rumore fino al Capitolo 8. Quindi, con una buona comprensione della teoria della modu-
lazione applicata alle comunicazioni analogiche e digitali e avendo a disposizione i concetti
rilevanti di teoria della probabilità e i modelli probabilistici, il terreno è pronto per rivisi-
tare i ricevitori per comunicazioni analogiche e digitali, come di seguito riassunto:
" il Capitolo 9 discute il rumore nelle trasmissioni analogiche;
1; il Capitolo 10 discute il rumore nelle trasmissioni digitali. Poiché le trasmissioni analogi-
che e digitali operano con modalità differenti, è naturale osservare alcune differenze fon-
damentali nel trattare gli effetti del rumore in questi due capitoli.
" al terzo punto si spiega come la propagazione interviene a determinare l'intensità del
segnale nelle telecomunicazioni via satellite o nelle comunicazioni terrestri via radio;
"' infine, mostriamo come i calcoli di intensità di segnale e di rumore possono essere com-
binati per fornire una stima del rapporto segnale/rumore, la fondamentale figura di merito
per i sistemi di comunicazione.
5. Esempi a tema Per illustrare importanti applicazioni pratiche della teoria delle comunica-
zioni, esempi a tema sono inseriti ovunque si ritenga appropriato. Gli esempi sono tratti sia
dal mondo delle comunicazioni analogiche, sia da quello delle comunicazioni digitali.
6. Appendici Per fornire materiale di supporto al testo, alla fine del libro sono incluse otto
appendici, che coprono i seguenti argomenti, presentati nell'ordine:
"' rapporti di potenze e decibel;
., funzioni di Besse!;
., diseguaglianza di Schwarz;
7. · Annotazioni. Inserite in tutto il libro, vengono fornite per stimolare il lettore interessato ad
approfondire argomenti avanzati mediante riferimenti bibliografici selezionati.
8. Materiale ausiliario Il libro è sostanzialmente autosufficiente. Un glossario dei simboli e
una bibliografia sono forniti alla fine del testo. Come aiuto al docente del corso che utilizzi
il testo, un dettagliato Manuale delle soluzioni per tutti i problemi, quelli all'interno del
testo e quelli inseriti alla fine dei capitoli, sarà reso disponibile attraverso l'editore John
Wiley and Sons.
Il testo può essere usato per un corso introduttivo sulle comunicazioni analogiche e digi-
tali in modi differenti, in funzione del background degli studenti e degli interessi didattici
e delle responsabilità dei professori interessati. Qui di seguito si presentano due possibili
modelli di come questo possa essere fatto.
(A.1) Il primo semestre del corso sulla teoria della modulazione consiste dei Capitoli da 2 a 7
incluso.
(A.2) Il secondo semestre sul rumore nei sistemi di comunicazione consiste dei Capitoli da 8 a
11 incluso.
Simon Haykin
Ancaster, Ontario, Canada
Michael Moher
Ottawa, Ontario, Canada
I Cap itolo l Introduzione 1
1.1 Inquadramento storico
1.2 Applicazioni 4
1.3 Risorse principali e requisiti operativi 13
1.4 Teorie alla base dei sistemi di comunicazione 14
1. 5 Osservazioni conclusive 16
Problemi aggiuntivi 90
Problemi avanzati 95
XIII
Indice ISBN 978-88-408-1387-5
Problemi avanzati 14 7
149
4.1 Definizioni base 150
4.2 Proprietà delle onde modulate angolarmente 151
4.3 Relazioni tra onde PM e FM 156
4.4 Modulazione di frequenza a banda stretta 15 7
4.5 Modulazione di frequenza a banda larga 161
4.6 Banda occupata da portanti modulate FM 167
4 .7 Generazione di onde FM 169
4.8 Demodulazione di segnali FM 171
4.9 Esempio a tema: multiplazione stereo nel broadcast FM 179
4.10 Sommario e discussione 181
229
6.1 Trasmissione numerica in banda base 230
6.2 Il problema dell'interferenza intersimbolica 231
6.3 Il canale di Nyquist 233
6.4 Lo spettro dell'impulso a coseno rialzato 235
6.5 Trasmissione multilivello in banda base 242
6.6 Il diagramma a occhio 243
6.7 Esperimento al calcolatore: i diagrammi a occhio per i sistemi binari
e quaternari 24 7
6.8 Esempio a tema: l'equalizzazione 249
6.9 Sommario e discussione 253
Problemi avanzati 3 57
Esperimenti al calcolatore 3 59
Esperimenti al calcolatore 3 90
Indice
BIBLIOGRAFIA 495
INDICE ANALHICO 4 99
INTRODUZIONE
Telegrafo
Il telegrafo fu perfezionato da Samuel Morse, un pittore. Nel 1844, con le parole « What
hath God wrought» («Che cosa Dio ha creato ») trasmesse dal telegrafo elettrico di Morse
tra Washington, D.C., e Baltimore, Maryland, si diede l'avvio a un metodo completamente
rivoluzionario per comunicare a lunga distanza in tempo reale. Il telegrafo, in linea di prin-
cipio adatto a una trasmissione manuale, è stato il precursore delle comunicazioni digitali.
Nello specifico, il codice Morse è un codice a lunghezza variabile che usa un alfabeto di quat-
tro simboli: un punto, una linea, uno spazio tra lettere e uno spazio tra parole; sequenze
corte rappresentano lettere frequenti, mentre sequenze lunghe rappresentano lettere poco
frequenti.
Radio
Nel 1864, James Clerk Maxwell formulò la teoria elettromagnetica della luce e predisse l'e-
sistenza di onde radio; l'insieme di equazioni alla base di tale teoria prende il suo nome.
l?esistenza delle onde radio fu confermata sperimentalmente da Heinrich Hertz nelÌ887.
Nel 1894, Oliver Lodge fece la dimostrazione di una comunicazione senza fili su una
distanza relativamente breve (150 yard). Successivamente, il 12 dicembre del 1901,
Guglielmo Marconi ricevette un segnale radio a Signa! Hill, Terranova; il segnale radio era
stato generato in Cornovaglia, Inghilterra, a 1700 miglia di distanza dall'altra parte del-
!' Atlantico. Con ciò fu aperta la strada a un enorme ampliamento della portata delle comu-
nicazioni. Nel 1906, Regina! Fessenden, un accademico autodidatta, fece storia conducendo
la prima trasmissione radiofonica.
Nel 1918, Edwin H. Armstrong inventò il ricevitore radio supereterodina; ancor oggi,
quasi tutti i ricevitori radio sono di questo tipo. Nel 1933, Armstrong dimostrò un altro
concetto rivoluzionario, cioè uno schema di modulazione che chiamò modulazione di fre-
quenza (FM dall'inglese Frequency Modulation). L'articolo di Armstrong sulla radio FM
fu pubblicato nel 1936.
1 Questo quadro storico è un adattamento di quanto riportato nel libro di Haykin (2001) .
i
CAPIT OLO 1 ':'l I NTRODUZIONE ISBN 978-88-408-1387-5
Telefono
Nel 1875, il telefono fu inventato da Alexander Graham Bell, insegnante per sordomuti.
Questo strumento rese realtà concreta la trasmissione in tempo reale della voce mediante
codifica elettrica e riproduzione del suono. La prima versione del telefono era semplice e
poco funzionale, consentiva di parlare solo su brevi distanze. Dopo solo pochi anni dal-
l'avvio del servizio telefonico, si sviluppò l'interesse verso la sua automatizzazione. In par-
ticolare, nel 1897, A. B. Strowger, un impresario di pompe funebri di Kansas City nel
Missouri, ideò il commutatore automatico passo-passo che porta il suo nome. Tra tutti i
commutatori elettromeccanici sviluppati nel corso degli anni, il commutatore di Strowger
è stato il più popolare e il più largamente usato.
Velettronica
Nel 1904, John Ambrose Fleming inventò il diodo a vuoto, che aprì la strada all'invenzione
del triodo da parte di Lee de Forest nel 1906. La scoperta del triodo permise lo sviluppo
nel 1913 della telefonia transcontinentale e segnò l'inizio delle comunicazioni vocali senza
fili. Effettivamente, fino all'invenzione e al perfezionamento del transistor, il triodo fu il com-
ponente principale nel progetto degli amplificatori elettronici.
Il transistor fu inventato nel 1948 da Walter H. Brattain, John Bardeen, e William
Shockley presso i Laboratori Beli. Il primo circuito integrato (IC, dall'inglese Integrateci Cir-
cuit) in silicio fu prodotto da Robert Noyce nel 1958. Queste innovazioni, che costitui-
scono delle pietre miliari nel campo dei dispositivi allo stato solido e dei circuiti integrati,
hanno portato allo sviluppo dei circuiti VLSI (very-large-scale integrated) e dei micropro-
cessori: con essi la natura dell'elaborazione dei segnali e l'industria delle telecomunicazioni
sono cambiate per sempre.
Televisione
La dimostrazione del primo sistema televisivo completamente elettronico avvenne ad opera
di Philo T. Farnsworth nel 1928, seguito da Vladimir K. Zworykin nel 1929. È dal 1939
che la BBC (British Broadcasting Corporation) trasmette segnale televisivo a scopo com-
merciale.
Le comunicazioni digitali
Nel 1928, Harry Nyquist pubblicò un articolo, divenuto un classico, sulla teoria della tra-
smissione di segnali nella telegrafia. In particolare, Nyquist definì dei criteri per la corretta
ricezione di segnali telegrafici trasmessi su canali dispersivi in assenza & ·rumore. Gran
parte del lavoro pionieristico di Nyquist fu applicato più tardi alla trasmissione di segnali
digitali su canali dispersivi.
Nel 1937, Alex Reeves inventò la modulazione a codice di impulsi (PCM, dall'in-
glese Pulse-Code Modulation) per la codifica digitale del segnale vocale. La tecnica fu svi-
luppata durante la seconda guerra mondiale per permettere la crittografia dei segnali vocali;
in effetti, alla fine della guerra fu usato sul campo da parte dell'esercito degli Stati Uniti un
sistema completo a 24 canali. Comunque, per lo sfruttamento commerciale della tecnica
PCM si dovette attendere la scoperta del transistor e il successivo sviluppo di circuiti a
larga scala di integrazione.
L'invenzione del transistor nel 1948 stimolò l'applicazione dell'elettronica alla com-
mutazione e alle comunicazioni digitali. La motivazione fu la necessità di migliorare l'af-
fidabilità, di aumentare la capacità e di ridurre i costi. La prima chiamata attraverso un
sistema a programma memorizzato fu effettuata nel marzo del 1958 presso i Bell Labora-
tories e il primo servizio telefonico commerciale con commutazione digitale fu avviato a
Morris nell'Illinois nel giugno del 1960. Il primo sistema portante T-1 fu installato dai
Laboratori Beli nel 1962.
l .1 1.nquadrmn ento storico 3
Nel 1943, D. O. North ideò il filtro adattato per la rivelazione ottima di un segnale noto
in presenza di rumore additivo bianco. Un risultato simile fu ottenuto indipendentemente nel
1946 da J. H. Van Vleck and D. Middleton, che coniarono il termine filtro adattato.
Nel 1948, Claude Shannon pose le basi teoriche delle comunicazioni digitali in un
articolo dal titolo «Una teoria matematica della comunicazione ». L'articolo di Shannon
fu subito accolto con entusiasmo. Fu forse questa risposta che incoraggiò Shannon a modi-
ficare il titolo del suo articolo in «La teoria matematica delle comunicazioni» quando fu
ristampato un anno dopo in un libro che aveva come coautore Warren Weaver. Val la
pena di notare che prima della pubblicazione del classico articolo di Shannon del 1948,
si credeva che, aumentando il tasso di trasmissione di informazione su un canale, si aumen-
tasse la probabilità di errore. La comunità scientifica che si occupava di teoria delle comu-
nicazioni fu colta di sorpresa quando Shannon dimostrò che questo risultato non era vero,
sempre che il tasso di trasmissione fosse al di sotto della capacità del canale.
Reti di cmwputer
Nel periodo che va dal 1943 al 1946, presso la Moore School of Electrical Engeneering del-
l'Università della Pennsylvania, sotto la direzione tecnica di J. Presper Eckert Jr. e John W. Mau-
chly, fu costruito il primo computer digitale elettronico, chiamato EN1AC. I contributi di
John von Neumann, che risalgono alla prima bozza di un rapporto scritto nel 1945, furono
tra i primi e più fondamentali contributi alla teoria, al progetto e all'applicazione dei com-
puter digitali. Computer e terminali iniziarono a comunicare tra loro su lunghe distanze a par-
tire dai primi Anni Cinquanta. I primi collegamenti usavano canali vocali di qualità telefonica
e operavano a basse velocità (da 300 a 1200 bis). Diversi fattori hanno contribuito ad aumen-
tare enormemente la velocità di trasmissione dei dati: degni di nota sono l'idea dell' equaliz-
zazione adattativa, di cui è stato pioniere Robert Lucky nel 1965, e le tecniche efficienti di
modulazione, che hanno avuto come pioniere G. Ungerboeck nel 1982. Un'altra idea ampia-
mente usata nelle comunicazioni tra computer è quella della richiesta automatica di ritra-
smissione (ARQ, dall'inglese Automatic Repeat-Request). La tecnica ARQ fu originariamente
ideata da H. C. A. van Duuren durante la seconda guerra mondiale e pubblicata nel 1946.
Fu usata per migliorare la trasmissione telex via radio-telefonia su lunghe distanze.
Dal 1950 al 1970 furono realizzati diversi studi sulle reti di computer. Il più signifi-
cativo in termini di impatto sulle comunicazioni tra computer fu quello che portò alla rete
ARPANET (Advanced Research Projects Agency Network), che fu posta per la prima volta
in servizio nel 1971. Lo sviluppo di ARPANET fu sostenuto dall' Advanced Research Projects
Agency del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d'America. Il pionieristico lavoro sulla
commutazione di pacchetto fu effettuato su ARPANET. Nel 1985 ARPANET fu ribattez-
zata Internet. La svolta decisiva nell'evoluzione di Internet si ebbe nel 1990 quan_do Tim
Berners-Lee propose un'interfaccia software ipermediale a Internet, che egli chiamò' World
Wide Web. Nello spazio di solo all'incirca due anni, il Web passò dall'inesistenza alla popo-
larità mondiale, culminata nella sua commercializzazione nel 1994. Possiamo tentare di spie-
gare la crescita esplosiva di Internet con le seguenti motivazioni:
!:e· Prima della nascita del Web, gli ingredienti per la sua creazione c'erano tutti. In par-
ticolare, grazie alla tecnologia VLSI, i persona! computer (PC) erano già presenti nelle
case di tutto il mondo ed erano sempre più equipaggiati con modem per l'intercon-
nettività con il resto del mondo.
,,.. Per circa due decenni, Internet era cresciuta costantemente (sebbene all'interno di
una ristretta comunità di utenti), raggiungendo una soglia critica per quel che riguarda
la posta elettronica e il trasferimento di file.
<,, Erano stati adottati degli standard per la descrizione di documenti e il loro trasferi-
mento, il linguaggio HTML (HyperText Markup Language) e il protocollo di trasfe-
rimento dell'ipertesto HTTP (HyperText Transfer Protocol).
Quindi, era già disponibile tutto quello che serviva per la creazione del Web tranne due ingre-
dienti fondamentali: una semplice interfaccia utente e un geniale concetto del servizio .
. --- - ~- - ---
ISBN 978-88-408-1387-5
Le comunicazioni satellitari
Nel 1955, John R. Pierce propose l'uso di satelliti per le comunicazioni. Questa proposta
fu anticipata, comunque, da un articolo precedente di Arthur C. Clark pubblicato nel 1945,
che proponeva, anch'esso, l'idea di usare un satellite orbitante attorno alla terra come
punto intermedio di ritrasmissione nella comunicazione tra due stazioni a terra. Nel 1957,
l'Unione Sovietica lanciò lo Sputnik I, che trasmise segnali di telemetria per 21 giorni. A
questo fece seguito, da parte degli Stati Uniti nel 1958, il lancio dell'Explorer I, che trasmise
segnali di telemetria per circa cinque mesi. Un notevole passo avanti sperimentale nella
tecnologia delle comunicazioni satellitari fu compiuto con il lancio del Telstar I da Cape
Canaveral il 10 luglio 1962. Il satellite Telstar fu costruito dai Beli Laboratories, che ave-
vano acquisito una considerevole conoscenza grazie ai lavori pionieristici di Pierce. Il satel-
lite fu in grado di ritrasmettere i programmi TV attraverso l'Atlantico; questo fu reso
possibile solo attraverso l'uso di ricevitori maser e antenne di grandi dimensioni.
L'uso di tecniche visuali (ad es. segnali di fumo e segnali con il fuoco) per la trasmissione
dell'informazione risale alla preistoria. Nessun passo avanti significativo, tuttavia, fu fatto
nelle comunicazioni ottiche fino al 1966, quando K. C. Kao e A. Hockam degli Standard
Telephone Laboratories, nel Regno Unito, proposero l'uso di una fibra di vetro rivestita
come guida d'onda dielettrica. Il laser (un acronimo per light amplification by stimulated
emission of radiation, cioè amplificazione della luce per mezzo di emissione stimolata di
radiazione) era stato inventato nel 1959 e sviluppato nel 1960. Kao e Hockam fecero notare
che (1) l'attenuazione in una fibra ottica è dovuta alle impurità presenti nel vetro e che (2)
l'attenuazione intrinseca, dovuta alla dispersione di Rayleigh, è molto bassa. In effetti, essi
predissero che si sarebbe potuta ottenere un'attenuazione di 20 dB/km. Questa eccezio-
nale predizione, fatta al tempo in cui la perdita di potenza in una fibra di vetro era di circa
1000 dB/km, sarebbe stata dimostrata più tardi. Oggigiorno, si possono ottenere perdite
di trasmissione fino a 0,1 dB/km.
Gli spettacolari progressi nei campi della microelettronica, dei computer digitali e dei
· sistemi ottici, di cui siamo stati testimoni fino ad oggi e che continueranno a esserci nel
futuro, sono tutti responsabili dei sensazionali cambiamenti nel cainpo delle telecomuni-
cazioni. Molti di questi cambiamenti sono già in atto e molti altri ce ne saranno in futuro.
L'inquadramento storico della Sezione 1.1 prende in considerazione molte deJle applicazioni
dei sistemi di comunicazione, alcune delle quali sono esemplificate dal telegrafo che è
apparso e poi scomparso, mentre altre, come .Internet, sono di origine recente. Nel seguito,
concentreremo l'attenzione sulla trasmissione radio, sulle reti di comunicazione esemplifi-
cate dal telefono e su Internet, che rappresentano i principali sistemi con cui comunichiamo
in una delle due modalità base qui riassunte, o in entrambe.
i'-- Diffusione (in inglese broadcast), che implica l'uso di un solo trasmettitore a elevata
potenza e numerosi ricevitori il cui costo di realizzazione è relativamente basso. In que-
sta categoria di sistemi di comunicazione, i segnali che trasportano l'informazione
viaggiano in un'unica direzione: dal trasmettitore a ogni ricevitore presente nella zona
di copertura.
:, .. Comunicazioni punto-punto, nelle quali il processo di comunicazione ha luogo tra-
mite un collegamento tra un singolo trasmettitore e un singolo ricevitore. In questa
seconda categoria di sistemi di comunicazione c'è generalmente un flusso bidirezio-
nale di segnali che trasportano informazione, cosa che, in effetti, richiede l'uso di un
trasmettitore e di un ricevitore (cioè di un ricetrasmettitore) a ogni estremità del col-
legamento.
l .2 Applicazioni 5
Sistema di comunicazione
r--------------------------~-
1
Segnale I
che trasporta messaggio I
l'informazione I
I
(messaggio)
: Segnale trasmesso s.egnale :
1 ncevuto I
~----------------------------!
FWURA 1.1 Elementi di un sistema di comunicazione.
Stazione trasmittente
a terra
tori, hanno motivato lo sviluppo della televisione ad alta definizione (HDTV, dall'inglese
High-Definition TV), che fornisce un significativo miglioramento della qualità delle imma-
gini ricostruite all'uscita del ricevitore.
Torniamo, adesso, a parlare di comunicazioni punto-punto. La radio ha anche influen-
zato la nostra vita quotidiana in modo molto significativo attraverso due strade: le comu-
nicazioni satellitari e le comunicazioni wireless (alla lettera, senza filo). Le comunicazioni
satellitari, costruite attorno a un satellite in orbita geostazionaria, si affidano per le tratte
in salita (uplink) e le tratte in discesa (downlink) alla propagazione radio in visibilità. La
tratta in salita collega il terminale a terra a un trasponditore (cioè un sistema elettronico)
a bordo del satellite, mentre la tratta in discesa connette il trasponditore a un altro termi-
nale a terra. Perciò, un segnale che trasporta informazione è trasmesso dal terminale a terra
al satellite lungo la tratta in salita, amplificato nel trasponditore, e ritrasmesso dal satellite
lungo la tratta in discesa all'altro terminale a terra, come illustrato in figura 1.2. In questo
modo, un sistema di comunicazione satellitare fornisce una caratteristica unica: la coper-
tura globale.
In senso lato, le comunicazioni wireless operano in un modo simile a quelle satelli-
tari, nel senso che anch'esse coinvolgono una tratta in discesa e una in salita. La tratta in
discesa è responsabile della trasmissione radio da una stazione base ai suoi utenti mobili.
La tratta in salita è responsabile della trasmissione radio dagli utenti mobili alla loro sta-
zione base. A differenza delle comunicazioni satellitari, il funzionamento delle comunica-
zioni wireless è dominato dal fenomeno dei cammini multipli, causato dalle riflessioni del
segnale trasmesso prodotte da oggetti (ad es., edifici, alberi ecc.) che si trovano lungo il cam-
mino di propagazione. Questo fenomeno tende a degradare le prestazioni del ricevitore, il
che rende il progetto del ricevitore un compito impegnativo. In ogni caso;'1e comunica-
;;doni wireless presentano una loro caratteristica unica: la mobilità. Inoltre, mediante l'uso
del concetto di cella, un sistema di comunicazioni wireless è capace di riutilizzaare lo spet-
tro radio su un'ampia area quante più volte possibile. All'interno di uria cella, le risorse di
comunicazione disponibili possono essere condivise dagli utenti mobili che operano al suo
interno.
Il computer fu inizialmente concepito come una macchina isolata per effettuare elaborazioni
numeriche. Però, data la naturale capacità di un computer di svolgere funzioni logiche, ci
si rese subito conto che era perfettamente adatto al progetto di reti di comunicazione. Come
illustrato in figura 1.3, una rete di comunicazione consiste nell'interconnessione di un certo
numero di router costituiti da processori intelligenti (ad es. microprocessori). Il primo obiet-
tivo di questi processori è instradare la voce o i dati attraverso la rete, donde il nome di «rou-
ter» (che in italiano si può tradurre con instradatore). Ogni router ha uno o più host ad esso
collegati; la parola host si riferisce a dispositivi che comunicano tra loro. Lo scopo della
l .2 A p-plicazioni '7
/ -(
Confine
della sottorete
rete è di provvedere alla distribuzione o allo scambio di voce, video, o dati tra i suoi host,
cosa resa possibile attraverso l'uso della commutazione digitale. Ci sono due modalità prin-
cipali di commutazione: quella di circuito e quella di pacchetto.
Nella commutazione di circuito, percorsi di comunicazione dedicati vengono instau-
rati per la trasmissione dei messaggi tra due o più terminali, chiamati stazioni. Il percorso
di comunicazione o circuito è formato da una sequenza di collegamenti (link) tra sorgente
e destinazione. Per esempio, i link possono essere costituiti da intervalli elementari temporali
(come nei sistemi di multiplazione a divisione di tempo), per cui un canale comune è dispo-
nibile per più utenti. La cosa importante da notare è che, una volta attivato, il circuito non
viene interrotto per l'intera durata della trasmissione. La commutazione di circuito è soli-
tamente controllata da un meccanismo di controllo centralizzato di tipo gerarchico, che ha
conoscenza dell'intera organizzazione della rete. Per stabilire una connessione con la com-
mutazione di circuito, si determina un percorso disponibile lungo la rete telefonica e lo si
dedica all'uso esclusivo dei due utenti che vogliono comunicare. In particolare, la richiesta
di chiamata si propaga lungo tutto il percorso verso la destinazione e a tale segnale viene
dato riscontro prima che la comunicazione possa iniziare. Quindi, la rete è effettivamente
trasparente agli utenti, nel senso che durante l'intera durata della comunicazione le risorse
allocate al circuito sono essenzialmente «possedute » dai due utenti. Questo stato di cose
perdura fino a quando non si rilascia il circuito.
La commutazione di circuito è perfettamente adatta alle reti telefoniche, dove la tra-
smissione della voce costituisce la maggior parte del traffico. Diciamo questo pèrché la
voce dà origine a traffico continuo e le conversazioni vocali tendono ad avere durate lun-
ghe (circa 2 minuti in media), se confrontate con il tempo richiesto per attivare il circuito
(all'incirca da 0,1 a 0,5 secondi).
Nella commutazione di pacchetto, 2 d'altro canto, la condivisione delle risorse di rete
è fatta su richiesta. Perciò la commutazione di pacchetto ha il vantaggio rispetto a quella
di circuito che un collegamento tende a essere usato più efficientemente quando ha del traf-
fico da smaltire. A differenza della voce, i dati tendono a presentarsi in forma discontinua.
Il principio di funzionamento di una rete con commutazione di pacchetto è lo store
and forward (letteralmente immagazzina e inoltra). Nello specifico, in una rete a commu-
tazione di pacchetto, ogni messaggio più lungo di una preassegnata dimensione è suddiviso,
2 La commutazione di pacchett~ fu inventata da P. Baran nel 1964, per rispondere a un'esigenza di difesa nazio-
nale degli Stari Uniti. I.: esigenza originaria era quella di costruire una rete distribuita con diversi livelli di connessioni
ridondami che fosse robusta, nel senso che la rete potesse resistere alla distruzione di molti nodi a causa di un
attacco concertato, con i nodi ancora attivi capaci di mantenere un 'intercomunicazione per il trasporto di mes-
saggi di informazione e di controllo. Si veda Baran (1990).
CAPITOLO l ''' INTRODUZIONE ISBN 978-88-408-1387-5
prima della trasmissione, in segmenti che non eccedano tale dimensione. I segmenti così
costituiti sono chiamati pacchetti. Dopo il trasporto dei pacchetti attraverso i diversi seg-
menti della rete, a destinazione raggiunta il messaggio originale è riassemblato pacchetto
per pacchetto. La rete può quindi essere vista come un insieme di risorse (cioè la banda del
canale, le memorie tampone o buffer, i processori di commutazione), dinamicamente con-
divise da host in competizione tra loro, che desiderano comunicare. Questa condivisione
dinamica delle risorse di rete è in contrasto diretto con la modalità di funzionamento delle
reti a commutazione di circuito, dove le risorse sono dedicate a coppie di host per l'intero
periodo in cui sono in comunicazione.
Una rete di comunicazione in cui gli host sono tutti costituiti da computer e terminali è
comunemente detta rete dati. Il progetto di una tale rete procede in modo ordinato, guar-
dando alla stessa in termini di architettura a livelli, considerata come una gerarchia di livelli
inseriti l'uno nell'altro. Un livello si riferisce a un processo o a un dispositivo, all'interno
di un computer, progettato per svolgere una specifica funzione. Ovviamente, il progettista
di un livello avrà familiarità con i dettagli operativi interni e il funzionamento di quel
livello. Al livello di sistema, però, un utente vede il livello in questione semplicemente come
una «scatola nera», descritta in termini di ingressi, uscite e della relazione funzionale che
li lega. Nell'architettura a livelli, ogni livello considera il livello inferiore come una o più
scatole nere con una qualche assegnata specifica funzionale che sarà usata dal livello supe-
riore. In questo modo, il problema molto complesso della comunicazione nelle reti dati è
risolto con un insieme trattabile di ben definite funzioni interdipendenti. È stato questo
modo di ragionare che ha portato allo sviluppo del modello di riferimento per l'intercon-
nessione di sistemi aperti (OSI, dall' inglese Open Systems Interconnection). 3 Il termine
«aperto » si riferisce alla capacità di due sistemi qualsiasi di interconnettersi, a condizione
che essi siano conformi al modello di riferimento e agli standard ad esso associati.
Nel modello di riferimento OSI, le comunicazioni e le funzioni relative alla connes-
sione sono organizzate in una serie di livelli con ben definite interfacce. Ogni livello è
costruito sul livello sottostante. In particolare, ogni livello svolge un relativo sottoinsieme
di funzioni primitive e fa affidamento sul livello sottostante per svolgere ulteriori funzioni
primitive. Inoltre, ogni livello offre determinati servizi al livello superiore e maschera a
questo livello i dettagli implementativi di tali servizi. Tra ogni coppia di livelli c'è un'in-
terfacccia, che definisce i servizi offerti dal livello inferiore a quello superiore.
Come illustrato in figura 1.4, il modello OSI è costituito da sette livelli. La figura
include anche una descrizione delle funzioni svolte dai singoli livelli del modello. Il livello
k del sistema A, ad esempio, comunica con il livello k di un qualche altrèr sistema B, in
accordo con un insieme di regole e convenzioni, che complessivamente costituiscono il pro-
tocollo del livello k, dove k = 1, 2, ... , 7. (Il termine «protocollo » è stato preso in prestito
dal linguaggio comune, in cui descrive il comportamento sociale convenzionale tra gli esseri
umani ). Le entità comprese nei livelli corrispondenti di due sistemi diversi sono dette pro-
cessi paritetici. In altre parole, la comunicazione tra il sistema A e il sistema B è realizzata
m ediante la comunicazione per mezzo di un protocollo tra processi paritetici sui due sistemi.
La connessione fisica tra processi paritetici è presente solo al livello 1, cioè il livello fisico.
I livelli rimanenti, dal 2 al 7, sono in comunicazione virtuale con i loro pari remoti. Ognuno
di questi ultimi sei livelli scambia dati e informazioni di controllo con i suoi livelli vicini
(quello superiore e quello inferiore) attraverso le interfacce interstrato. In figura 1.4, la
3 Il modello di riferimento OSI è stato sviluppato nel 1997 da un sottocomitato dell'Organizzazione Internazio-
nale per la Standardizzazione (ISO, dall'inglese lntemational Standards Organization). Per una discussione sui prin-
cipi presi in considerazione per giungere ai sette strati originari del modello OSI e per una descrizione degli strati
stessi, si veda Tannenbaum (1996).
1.2 Applicazfoni 9
Funzione
Protocollo del livello 7 Fornitura dell 'accesso all'ambiente
7
OSI agli utenti finali.
Protocollo del livello 6 Trasfonnazione dei dati in ingresso per fornire ì servizi
6 scelti dal livello dell' applicazione; un esempio
è la crittografia per fornire sicurezza.
faGUM L4 Modello OSI; l'acronimo DL al centro della figura sta per Data Link.
La discussione sulle reti dati appena riportata porta a Internet. Nel paradigma di Internet,
la tecnologia di rete sottostante è disaccoppiata dalle applicazioni usate dall'utente, per
mezzo di una definizione astratta di servizio di rete. In termini più specifici, possiamo fare
le seguenti affermazioni.
~;,. Le applicazioni funzionano indipendentemente dalla tecnologia impiegata per costruire
la rete.
f>· Per lo stesso motivo, la tecnologia di rete può evolversi senza influenzare le applica-
z10m.
L'applicazione Internet rappresenta ta in figura 1.5 ha tre blocchi funzionali: host, sot-
toreti e router. Gli host costituiscono ì nodi della rete dove vengono generati o ai quali
vengono consegnati i dati. l router costituiscono i nodi intermedi usati per attraversare
i confini delle sottoreti. Tutti gli host all'interno di una sottorete scambiano dati diret-
tamente; si vedano, per esempio, le sottoreti 1 e 3 in figura 1.5. In termini elementari,
4
Per un'affascinante descrizione di Internet, della sua evoluzione storica a partire da ARPANET e degli standard
internazionali, si veda Abbate (2000). Per una trattazione di facile lettura di Internet, si veda Special Issue, IEEE
Communications Magazine (2002); gli articoli riportati in questa rivista sono scritti da autori che sono stati pio-
nieri nello sviluppo di Internet.
CAPITOLO 1 r::: INTRODUZIONE ISBN 978-88-408-1387-5
le operazioni interne a una sottorete sono organizzate in due modi differenti (Tanen-
baum, 1996):
1. In modalità connessa, in cui le connessioni sono chiamate circuiti virtuali, in analo-
gia con l'instaurazione dei circuiti fisici in un sistema telefonico.
2. In modalità non connessa, in cui i pacchetti indipendenti sono chiamati datagrammi,
in analogia con i telegrammi.
Come le altre reti dati, Internet prevede un insieme stratificato di protocolli. In particolare,
lo scambio di dati tra host e router è compiuto usando il protocollo Internet (IP, dall'in-
glese Internet Protocol), come illustrato in figura 1.6. II protocollo IP è un protocollo uni-
versale definito nel livello di rete (cioè il livello 3 del modello di riferimento OSI). È semplice
e definisce un piano di indirizzamento con una capacità intrinseca di trasportare i dati
sotto forma di pacchetti da un nodo all'altro. Nell'attraversamento dei confini di una sot-
torete, i router decidono come dovrebbero essere instradati i pacchetti indirizzati a una
specifica destinazione. Ciò è fatto sulla base di tabelle di instradamento, create usando
protocolli specifici per lo scambio di informazioni pertinenti con gli altri router. Il risultato
netto dell'uso dell'insieme stratificato di protocolli è la fornitura di un servizio di tipo best-
effort (al meglio che si può). Cioè Internet si offre di trasferire ogni pacchetto di dati, ma
non ci sono garanzie sul tempo di transito dei pacchetti o sul fatto che siano consegnati al
destinatario desiderato.
Internet si è evoluta fino a diventare un sistema su scala mondiale, mettendo i
computer al centro di un mezzo di comunicazione che sta cambiando in maniera
profonda la nostra vita quotidiana a casa e sul posto di lavoro. Possiamo inviare un mes-
saggio di posta elettronica (e-mail) da un host in Nord America a un altro host in Austra-
lia dall'altra parte del mondo, il messaggio arriva a destinazione in pochi secondi.
Questo è ancora più degno di nota, in quanto è molto probabile che i pacchetti costi-
tuenti il messaggio possano aver percorso strade completamente diverse nel loro tran-
sito attraverso la rete.
Un'altra applicazione che dimostra la notevole potenza di Internet è la naviga-
zione attraverso il Web. Per esempio, possiamo usare un motore di ricerca per identifi-
care i riferimenti relativi a un particolare argomento di interesse. Un problema che
richiedeva ore e qualche volta giorni di ricerca su libri e riviste in biblioteca ora impe-
gna pochi secondi!
Per usare appieno la potenza di calcolo di Internet partendo da un host situato in un
sito remoto, ci serve un modem (cioè, un modulatore-demodulatore) a larga banda che
fornisca un collegamento veloce tra quel dato host e la sua sottorete. Quando parliamo di
«veloce», intendiamo operante a velocità dell'ordine dei megabit per secondo o più alte. Un
sistema che soddisfa tali requisiti è la cosiddetta linea di utente digitale (DSL, dall'inglese
Digitai Subscriber Line). Ciò che rende la DSL particolarmente interessante è il fatto che
può operare su un canale lineare a larga banda con una risposta in frequenza arbitraria.
Un tale canale è esemplificato dall'ordinario canale telefonico che usa il doppino intrecciato
per la trasmissione del segnale. Una coppia intrecciata è costituita da due conduttori in
rame, ognuno dei quali è rivestito da una guaina in polivinildoruro (PVC). Le coppie intrec-
ciate sono in genere riunite in cavi, ognuno costituito da più coppie intrecciate affiancate
l'una all'altra. Dal punto di vista della trasmissione del segnale, la DSL soddisfa il requi-
sito stringente appena descritto, estendendo al campo ingegneristico il ben noto principio
del divide et impera. Nello specifico, il canale a larga banda disponibile è approssimato da
un insieme di canali a banda stretta, ognuno dei quali può quindi essere gestito in modo
relativamente semplice.
È il caso di fare un'ultima osservazione. Tipicamente, l'accesso a Internet è effettuato
usando host costituiti da terminali (cioè server). L'accesso viene esteso mediante l'uso di
dispositivi portatili che fungono da host e che comunicano con le sottoreti di Internet
mediante collegamenti radio. Quindi, se aggiungiamo alla potenza di comunicazione di
Internet la mobilità, con l'impiego di comunicazioni senza filo, abbiamo un nuovo mezzo
di comunicazione con smisurate possibilità pratiche.
Una delle importanti sfide che l'industria delle telecomunicazioni sta fronteggiando è la
trasmissione della voce con il protocollo IP (VoIP, dall'inglese Voice over IP), che rendètebbe
possibile integrare i servizi telefonici con le applicazioni basate su Internet, che sono in
rapida crescita. La sfida è tanto più impegnativa in quanto IP è progettato per permettere
lo scambio di dati tra host e router, il che rende difficile supportare la qualità del servizio
richiesta da VoIP. La qualità del servizio (QoS, dall'inglese Quality of Service) è misurata
in termini di due parametri:
~,. La percentuale di pacchetti persi, (Packet loss ratio), definita come il rapporto tra il
numero di pacchetti persi nel trasporto lungo la rete e il numero totale di pacchetti
immessi in rete.
1?· Il ritardo della connessione, definito come il tempo necessario a un pacchetto di una
particolare connessione tra due host per attraversare la rete.
Test soggettivi effettuati su VoIP mostrano che per fornire un servizio telefonico di qualità
accettabile, la percentuale di pacchetti persi deve essere inferiore all'uno per cento e che il
ritardo accumulato in un percorso unidirezionale può raggiungere i 160 ms senza degra-
dare significativamente la qualità. Si stanno realizzando reti VoIP accuratamente proget-
tate e gestite, che soddisfano questi requisiti. Rimane una sfida il problema del controllo
CAPITOLO l ;;: INTRODUZIONE ISBN.978-88-408-1387-5
dell'eco iniziale. 5 L'eco iniziale fa riferimento all'eco di cui si soffre all'inizio di una chia-
mata in corrispondenza della prima parola o coppia di parole pronunciate dall ' utente.
L'eco si genera a causa di un disadattamento di impedenza in qualche punto della rete, in
corrispondenza del quale il segnale incidente è riflesso verso la sorgente.
Guardando al futuro, possiamo fare le seguenti osservazioni sulla telefonia internet:
1. VoIP sostituirà i centralini privati (PBX, dall'inglese Private Branch Exchange) e le altre
unità di commutazione presenti negli uffici; i PBX sono unità remote di commutazione
con propri controlli indipendenti. 6
2. VoIP attualmente sta anche avendo successo per chiamate su distanze più lunghe, ma
questo è essenzialmente dovuto all'eccesso di capacità ora disponibile sulle reti di tra-
sporto su lunga distanza. Se crescesse il carico su queste reti, i ritardi aumenterebbero
e un servizio in tempo reale quale VoIP ne risulterebbe degradato. Di conseguenza,
se i fornitori del servizio per tratte lunghe continueranno ad aumentare la capacità,
in modo tale che il carico sia sempre basso e la risposta sia rapida, e assicureranno,
quindi, la qualità del servizio, la telefonia VoIP potrebbe prevalere e avere diffusione
molto ampia.
5
I valori limite sulle misure di QoS qui riportati sono stati presi dall' articolo di rassegna di James, Chen e Gar-
rison (2004), pubblicato in un numero speciale di IEEE Communicarions Magazine dedicato a voce, Vo!P e qua-
lità del servizio .
6 Si parla di PBX in MacDonald (1990).
L3 Risorse principali e requisiti operativi B
7
Per una discussione sul decibel, si veda l'Appendice 1.
- - -- - - - - - - - - - -- - -- -- -- - - -- - - -- - - --- - - - - - - - - - -- - -- - - - - ··· - -- · -- -
14 CAPITOLO l "' INTRODUZWNE ISBN 978-88-408-1387-5
Alla luce di questa discussione, è ora chiaro che, per quel che riguarda la valutazione
delle prestazioni, ci sono solo due parametri di progetto del sistema: il rapporto segnale-
rumore e la larghezza di banda del canale. Più concretamente:
Quindi, possiamo migliorare le prestazioni del sistema seguendo una tra due strategie alter-
native, in funzione dei vincoli del sistema:
1. Il rapporto segnale-rumore è aumentato per far fronte alla limitazione imposta sulla
larghezza di banda del canale.
2. La larghezza di banda del canale è aumentata per far fronte alla limitazione imposta
sul rapporto segnale-rumore.
Di questi due possibili approcci progettuali, di solito risulta che la strategia 1 è di più
semplice implementazione della strategia 2, perché l'aumento del rapporto segnale-rumore
può essere ottenuto semplicemente aumentando la potenza trasmessa. D'altro canto, per
sfruttare larghezze di banda maggiori, bisogna aumentare la banda del segnale trasmesso
e la cosa, a sua volta, richiede un aumento della complessità sia del trasmettitore, sia del
ricevitore.
8Un'ulteriore teoria, detta Teoria dell'Informazione, è basilare per lo studio dei sistemi di comunicazione. Non
abbiamo qui incluso questa teoria a ca usa della sua natura molto matematica e quindi avanzata, che la rende inap-
propriata per un libro introduttivo.
1.4 Teot'Ìe alla base dei sistemi ili com'§,znicazione
Dato un segnale ricevuto, disturbato da rumore additivo introdotto dal canale, uno dei
problemi che il ricevitore deve affrontare è come rivelare il segnale modulante origi-
nale in modo affidabile. Il problema della rivelazione del segnale è complicato da due
cose:
:-- La presenza del rumore.
Fattori come l'incognito ritardo di fase indotto nell'onda portante dalla propaga-
zione del segnale modulato lungo il canale di trasmissione.
Occuparsi di queste problematiche nell'ambito delle comunicazioni analogiche è radical-
mente diverso dall'occuparsene nell'ambito delle comunicazioni digitali: Nelle comunica-
zioni analogiche, l'approccio tipico si focalizza sul rapporto segnale·rumore in uscita e
relativi calcoli. Nelle comunicazioni digitali, d'altra parte, il problema della rivelazione del
segnale è visto come un test di ipotesi. Ad esempio, nel caso specifico della trasmissione di
dati binari, supposta la trasmissione del simbolo binario 1, qual è la probabilità che il sim-
bolo sia correttamente rivelato e come questa probabilità risente di un cambiamento dèl rap-
porto segnale-rumore in ingresso al ricevitore?
Perciò, nel trattare la teoria della rivelazione, nelle comunicazioni analogiche affron-
tiamo i seguenti problemi:
:-- La figura di merito per valutare le prestazioni di una specifica strategia di modula-
zione in presenza di rumore.
Il fenomeno della soglia che si presenta quando il rapporto segnale-rumore scende al
di sotto di un valore critico.
Il confronto fra prestazioni di strategie di modulazione diverse.
Nelle comunicazioni digitali, d'altra parte, guardiamo a:
Probabilità d'errore media sui simboli all'uscita del ricevitore.
Gestione di fattori incontrollabili.
Confronto tra schemi di modulazione digitale diversi.
16 CAPITOLO 1 :;:; INTRODUZIONE ISBN 978-88-408-1387-5
Dalla breve discussione appena svolta sul ruolo della teoria della rivelazione nello studio
dei sistemi di comunicazione, risulta chiaro che abbiamo bisogno di acquisire conoscenze
sui seguenti temi:
<-. La teoria della probabilità, per descrivere in termini matematici il comportamento di
eventi con occorrenza casuale.
t·:- La caratterizzazione statistica dei segnali casuali e del rumore.
A differenza di un segnale deterministico, un segnale casuale è un segnale a proposito del
quale vi è incertezza prima che esso si presenti. A causa dell'incertezza, un segnale casuale
può essere visto come appartenente a un insieme, o a un gruppo, al cui interno ogni segnale
ha una differente forma d'onda rispetto a quella degli altri. Inoltre, ogni segnale all'interno
dell'insieme ha una certa probabilità di occorrenza. L'insieme dei segnali è detto processo
aleatorio o processo stocastico. Esempi di processi aleatori sono:
1- Il rumore elettrico generato nell'amplificatore d'ingresso di un ricevitore televisivo o
radiofonico.
Il segnale vocale prodotto da un parlatore maschile o femminile.
:,.. Il segnale video trasmesso dall'antenna di una stazione di radiodiffusione televisiva.
Nel trattare la teoria delle probabilità, i segnali casuali e il rumore, affrontiamo i seguenti
problemi:
, , I concetti base della teoria delle probabilità e i modelli probabilistici.
La descrizione statistica di un processo aleatorio in termini di medie sia di insieme che
temporali.
k:· Lo studio matematico e l'elaborazione di segnali casuali.
In questo capitolo abbiamo accennato alla storia e indicato le principali applicazioni delle
telecomunicazioni, poi abbiamo delineato le teorie di base dei sistemi di comunicazione. In
più, a supporto del nostro punto di vista secondo il quale lo studio di questa disciplina è
sia molto impegnativo sia realmente emozionante, abbiamo presentato i seguenti aspetti:
(i) I sistemi di comunicazione comprendono numerose applicazioni molto differenziate
tra loro: radio, televisione, comunicazioni wireless, comunicazioni satellitari, comu-
nicazioni spaziali, telefonia, reti dati, Internet, e non poche altre.
(ii) Le comunicazioni digitali sono diventate la forma principale di comunicazione. Molta
parte del progresso di cui siamo stati testimoni nello sviluppo di sistemi di comuni-
cazione digitali può essere fatta risalire ad alcune tecnologie e teorie che lo hanno
reso possibile, come qui riassunto:
v· Concetti matematici astratti, che sono molto rilevanti per una profonda com-
prensione dell'elaborazione dei segnali che trasportano informazione e della loro
trasmissione sui mezzi fisici.
Algoritmi di elaborazione numerica dei segnali per una stima efficiente degli spet-
tri, della correlazione dei segnali e per il loro filtraggio.
,,. Sviluppo del software e nuove architetture di progetto dei microprocessori.
r Spettacolari passi avanti nella fisica dei dispositivi allo stato solido e nella costru-
zione di circuiti integrati VLSI (Very Large Scale Integrateci).
(iii) Lo studio dei sistemi di comunicazione è una disciplina dinamica, che si evolve con-
tinuamente traendo vantaggio dalle innovazioni tecnologiche in altre discipline e
rispondendo alle nuove esigenze della società.
l. 5 Osservazioni conclusive 17
In termini matematici un segnale è normalmente descritto come una funzione del tempo,
che è anche il modo con cui osserviamo il segnale quando la sua forma d'onda è visualiz-
zata su un oscilloscopio. Però, come evidenziato nel Capitolo 1, dal punto di vista di un
sistema di comunicazioni è importante anche conoscere il contenuto in frequenza del
segnale in questione. Lo strumento matematico che mette in relazione la descrizione del
segnale nel dominio della frequenza con la sua descrizione nel dominio del tempo è la tra-
sformata di Fourier. Sono di fatto disponibili numerose versioni della trasformata di Fou-
rier. In questo capitolo, limitiamo la discussione principalmente a due specifiche versioni:
~ La trasformata di Fourier continua, detta anche semplicemente trasformata di Fourier
(FT}, che lavora con funzioni continue in entrambi i domini del tempo e della fre-
quenza.
1><- La trasformata di Fourier discreta, detta anche DFT, che lavora con dati discreti in
entrambi i domini del tempo e della frequenza.
Molto del materiale presentato in questo capitolo si concentra sulla trasformata di Fourier,
poiché lo scopo principale del capitolo è di determinare il contenuto in frequenza di un
segnale tempo-continuo o di valutare cosa succede a tale contenuto in frequenza quando il
segnale passa attraverso un sistema lineare tempo invariante (LTI). Per contro, la trasfor-
mata discreta di Fourier, discussa verso la fine del capitolo, interviene quando vi è l'esi-
genza di valutare con un computer il contenuto in frequenza di un segnale o di stimare
cosa succede al segnale quando è processato da un dispositivo numerico, come accad.~ nelle
comunicazioni digitali.
L'ampio materiale presentato in questo capitolo insegna le seguenti lezioni:
~ Lezione 1: La trasformata di Fourier di un segnale specifica le ampiezze complesse delle
componenti che costituiscono la descrizione nel dominio della frequenza, o contenuto spet-
trale, del segnale. La trasformata inversa ricostruisce univocamente il segnale, data la sua
descrizione nel dominio della frequenza.
~ Lezione 2: La trasformata di Fourier è dotata di numerose importanti proprietà che, indi-
vidualmente e collettivamente, forniscono un'inestimabile capacità di capire a fondo le
relazioni tra un segnale definito nel dominio del tempo e la sua descrizione nel dominio
della frequenza.
W- Lezione 3: Un segnale può essere strettamente limitato solo nel dominio del tempo o nel
dominio della frequenza, ma non in entrambi.
19
20 CAPITOLO 2 f:': RAPPRESEND\ZIONE m FOURIER m SEGNALI E SISTEMI ISBN 978-88-408-1387-5
~ Lezione 5: Un algoritmo molto usato, chiamato trasformata veloce di Fourier (Fast Fou-
rier Transform, FFT}, fornisce un potente strumento per il calcolo della trasformata
discreta di Fourier; è lo strumento matematico per calcoli numerici che implichino la tra-
sformata di Fourier.
Sia g(t) un segnale non periodico e deterministico, espresso.come una qualche funzione del
tempo t. Per definizione, la trasformata di Fourier del segnale è data dall'integrale
dove l'esponenziale exp{i27tft) è il nocciolo della formula che definisce la trasformata inversa
di Fourier. I due noccioli delle trasformazioni (2.1) e (2.2) sono quindi uno il complesso
coniugato dell'altro.
Si noti altresì che nelle equazioni (2.1) e (2.2) abbiamo usato una lettera minuscola per
denotare la funzione del tempo e una lettera maiuscola per denotare la corrispondente fun-
zione della frequenza. Si dice che le funzioni g(t) e G(fJ costituiscono una coppia trasfonnata-
antitrasformata di Fourier. Nell'Appendice 2 deriviamo le definizioni della trasformata di
Fourier e della sua inversa, partendo dalla serie di Fourier di una forma d'onda periodica.
Ci riferiamo all'eq. (2.1) come all'equazione di analisi. Dato il comportamento nel
dominio del tempo di un sistema, siamo in grado di analizzare il comportamento dello
stesso sistema nel dominio delle frequenze. Il principale vantaggio del trasformare il com-
portamento nel dominio del tempo in quello nel dominio della frequenza è che la scom-
posizione in sinusoidi di durata infinita rappresenta il comportamento come la
sovrapposizione di risposte di stato stazionario. Per sistemi il cui comportamento nel domi-
nio del tempo è descritto da equazioni differenziali lineari, le diverse soluzioni stazionarie
sono normalmente semplici da capire teoricamente, così come in termini sperimentali.
1
Joseph Fourier studiò la trasmissione del calore agli inizi del XIX secolo. A quel tempo la comprensione della
trasmissione del calore era un problema di importanza pratica e scientifica e richiedeva la soluzione di un'equa-
zione differenziale alle derivate parziali, nota come equazione del calore. Fourier sviluppò una tecnica di soluzione
delle equazioni differenziali alle derivate parziali basata sull'assunzione che la soluzione fosse la somma pesata
di sinusoidi in relazione armonica tra loro con coefficienti incogniti, che adesso chiamiamo serie di Fourier. Il primo
lavoro di Fourier sulla conduzione del calore fu sottomesso come articolo ali' Accademia delle Scienze di Parigi
nel 1807 e rifiutato dopo la revisione di Lagrange, Laplace e Legendre. Fourier persistette nello sviluppo delle sue
idee malgrado fosse criticato dai suoi contemporanei per la sua mancanza di rigore. Alla fine, nel 1822, pubblicò
un libro ·contenente la maggior parte del suo lavoro, Theorie analytique de la chaleur, che oggi è considerato
come uno dei classici della matematica.
2. 1 La trasformata di Fourier 21
Equazione d'analisi:
L~ lg(t)I dt < 00
Quando una funzione del tempo g(t) descrive accuratamente e precisamente un segnale fisi-
camente realizzabile (per esempio un segnale vocale o un segnale video), possiamo tran-
quillamente ignorare la questione riguardante l'esistenza della trasformata di Fourier di g(t).
In altre parole, la fisica realizzabilità è condizione sufficiente per l'esistenza della trasformata
di Fourier. Per la realizzabilità fisica di un segnale g(t), l'energia del segnale, definita
come J_~ lg(t)l 2 dt deve soddisfare la condizione
Tale segnale si dice segnale a energia finita. Quindi, quello che stiamo dicendo è che tutti
i segnali a energia finita sono trasformabili secondo Fourier.
~'1 NOTAZIONI
Le formule della trasformata di Fourier e della trasformata inversa di Fourier presentate nelle
eq. (2.1) e (2.2) sono scritte in termini di due variabili: tempo t misurato in secondi (s) e
frequenza f misurata in hertz (Hz). La frequenza f è legata dalla relazione
w = 21Tf
alla frequenza angolare co che è misurata in radianti al secondo (racl/s). Possiamo semplificare
le espressioni degli esponenti negli integrandi nelle eq. (2.1) e (2.2) usando ro invece di f. Tut-
tavia, l'uso di f è preferito a quello di co per due motivi. Per prima cosa, l'uso della frequenza
22 CAPITOLO 2 r* RAPPRESENTAZIONE m fOURIER DI SEGNALI E SISTEMI ISBN 978-88-408-1387-5
si traduce nella simmetria matematica delle eq. (2.1) e (2.2) in modo che si passa dall'una all'al-
tra in modo automatico. Il secondo motivo è che il contenuto spettrale dei segnali (per esem-
pio segnali voce e video) nelle comunicazioni è usualmente espresso in hertz.
Una conveniente notazione abbreviata per le relazioni di trasformazione delle eq. (2.1)
e (2.2) consiste nello scrivere
G(f) = F[g(t)] (2.3)
e
Usando la trasformata di Fo urier, un segnale impulsivo g(t) di energia finita è espresso come
una somma continua di funzioni esponenziali con frequenze nell' intervallo da -oo a oo. L'am-
piezza di una componente di frequenza f è proporzionale a G(f) dove G(f) è la trasformata
di Fourier di g(t). Specificatamente, a ogni frequenza fla funzione esponenziale exp(j2nft) è
pesata per il fattore G(f)df, che rappresenta il contributo di G(f) in un intervallo infinitesimo
df centrato attorno alla frequenza f. Possiamo così esprimere la funzione g (t) in termini di
somma continua di tali componenti infinitesime, come mostrato dall'integrale
Di conseguenza, sullo spettro di un segnale a valori reali possiamo fare le seguenti affer-
mazioni:
1. Lo ~z~.t!!:9 ,__d'au:l.B.~~z3:_ del segnale è una funzione E9- della frequenza; cioé lo spet-
tro. d'-amp!èiia-~ simmetrico rispetto all'origine f =O
2. Lo sr>.s:ttro di fase del segnale è una funzione disp_c;_.d..della frequenza; cioè lo spettro
di fas°';èantìsimmetrico rispetto all'origine f =o
Queste due affermazioni si riassumono affermando che lo spettro di un segnale a valori reali
esibisce una simmetria coniugata. ··· · _...
(a)
.. ·.. -- ... .
·. F-~ttiRA. 2~i · (a) iriii;h1sri rètt~ng61~té (b)S~èttfo J·~fu.Bièzia. ·. ·
24 CAPITOLO 2 1i;; RAPPRESEND\ZIONE DI FOfJRIER DI SEGNALI E SISTEMI ISBN 978-88-408- 1387-5
Questo esempio mostra che la relazione tra le descrizioni nel dominio del tempo e nel
dominio della frequenza è una relazione inversa. Cioè, una funzione stretta nel tempo ha
una descrizione significativa su un ampio intervallo di frequenze e viceversa. Avremo da dire
altro sulla relazione inversa tra tempo e frequenza nella Sezione 2.3.
Si noti anche che in questo esempio la trasformata di Fourier G(f) è' una funzione
reale e simmetrica della frequenza. Questa è una diretta conseguenza del fatto che l'im-
pulso rettangolare g(t) mostrato in figura 2.2(a) è una funzione simmetrica del tempo t.
2.1 La trasformata di Fourier 25
26 CAPUOLO 2 '" RAPPRESENTAZIONE DI FoURIER m SEGNALI E SISTEMI ISBN 978-88-408-1387-5
possiamo
lo stesso
spettro dì fase dell'altro.
Esercizio 2,2 Determinare la trasformata inversa di Fourier della funzione della fre-
!'Ji.>
quenza G(f) definita dagli spettri d'ampiezza e di fase mostrati in figura 2.5. ~
È utile approfondire le relazioni tra una funzione del tempo g(t) e la sua trasformata di Fou-
rier G(fJ e anche gli effetti che alcune operazioni su g(t) hanno sulla trasformata G(fJ. Ciò
può essere ottenuto esaminando alcune proprietà della trasformata di Fourier. In questa
sezione descriviamo quattordici proprietà dimostrandole una per una. Queste proprietà
sono riassunte nella tabella A8 .1 dell'Appendice 8 alla fine del libro.
(2.15)
2.2 Proprietà della traeformata di Fourier 27
. 1 · .· 1
G(f) =a+ j21Ff + a .- j21Tf
2a
ai+ (27Tf)2
Abbiamo così la seguente coppia di trasformate di Fourier per l'impulso esponenziale doppio
di figura 2.6(a):
(2.fo)
Si noti che, a causa della simmetria nel dominio temporale, come in figura 4.6(a}, lo spettro è
reale e sirnrriètrico; questa è ima proprietà gene:ràfe dit:tli èòppié di trasformat~ di Fourièr'.
Un'altra interessante combinazione è la différema tia un impulso esporiénzia!e decresi::erite
troncato e un impulso esponenziale crescente troncato, come mostr;a~o in figura 2.6(b). ln que-
sto caso abbiamo · ·
FIGURA 2.6 (a) Impulso esponenziale doppio (a simmetria pari). (b) Un altro impulso
esponeniiale doppio (a$tmmiiìti:ià.dispa;fi). •· · ·· · · ··
28 CAI'ITOLO 2 ''" RAl>PRESEND\ZiONE m FOURJER m SEGNALI E S>STEM< ISBN 978-88-408-1387-5
------------1 -1,0
Possiamo formulareuna notazione compatta per questo segnale composito usando la funzione
segno, che vàle + 1 per tempi positivi e -1 per tempi negativi, come mostrato da
+1, t >o
sgn(t) = ·O, t=O (2.18)
=~a(~)
D'altra parte, se a< O, i limiti di integrazione sono scambiati, così che abbiamo il fattore mol-
tiplicativo -(1/a) o, equivalentemente, 1/lal. Questo completa la dimostrazione dell'eq. (2.20).
Si noti che i fattori di scala a e lla, utilizzati nelle funzioni del tempo e della fre-
quenza nell'eq. (2.20) sono uno il reciproco dell'altro. In particolare, la funzione g(at) rap-
presenta g(t) compressa nel tempo del fattore a, mentre la funzione G(fla) rappresenta G(f)
espansa in frequenza dello stesso fattore a, assumendo che O < a < 1. Quindi, la regola del
cambiamento di scala afferma che la compressione di una funzione g(t) nel dominio del
tempo è equivalente all'espansione per lo stesso fattore della sua trasformata di Fourier
G(f) nel dominio della frequenza, o viceversa.
Nel caso speciale in cui a= -1, la regola del cambiamento di scala dell'eq. (220) si
riduce alla proprietà di riflessione, che afferma che, se g(t) ~ G(f), allora
g(-t) ~ G(-f) (2.21)
Con riferimento alla figura 2.4, osserviamo che l'impulso esponenziale crescente mostrato
nella parte (b) della figura è la funzione riflessa, rispetto all'asse verticale, dell'impulso
esponenziale decrescente mostrato nella parte (a). Applicando, quindi, la regola della rifles-
sione all'eq. (2.12), che si riferisce all'impulso esponenziale decrescente, vediamo facil-
mente che la trasformata di Fourier dell'impulso esponenziale crescente è 1/(a - j21Cf), che
è esattamente quanto ottenuto nell'eq. (2.13).
PROPRIETÀ 3 Regola della coniugazione Sia g(t) ~ G{f). Per una funzione del
tempo a valori complessi g(t) abbiamo
g*(t) ~ G*(-f) (2.22)
dove l'asterisco denota l'operazione di complessa coniugazione.
= L~G*(-f)expU21Tft)df
30 CAPITOLO 2 :::: RAPPRESENil\ZJ:ONE DI FOUR!ER DI SEGNAU E SISTEMI ISBN 978-88-408-1387-5
Come corollario alla regola della coniugazione dell'eq. (2.22), possiamo affermare che,
se g(t) ~ G(f) allora
g*( -t) ~ G*(f) (2.23)
Questo risultato consegue direttamente dall'eq. (2.22) applicando la regola della rifles-
sione descritta nell'eq. (2.21 ).
Questa proprietà consegue dalla relazione che definisce la trasformata inversa di Fourier
dell'eq. (2.21), prima sostituendo t con -t, quindi scrivendola nella forma
(a) (b)
Per dimostrare questa proprietà, prendiamo la trasformata di Fourier di g(t - to) e poi
poniamo r =t - to o, equivalentemente, t = r + t0• Otteniamo quindi
= G(f - fc)
Cioè, la moltiplicazione di una funzione g{t) per il fattore exp(j2nfct) è equivalente a tra-
slare la sua trasformata di Fourier G(f) lungo l'asse della frequenza di una quantità fc· Que- .
sta proprietà è un caso speciale del teorema della modulazione discusso più··avanti nella
Proprietà 11; fondamentalmente, una traslazione del range di frequenze in un segnale è
realizzata usando l'operazione di modulazione. Si noti la dualità tra le operazioni di tra-
slazione nel tempo e di traslazione in frequenza descritte nelle eq. (2.26) e (2.27).
32 CAPITOLO 2 ':': RAPPRESENTAZIONE m Fm.JlliER DI SEGNAI.~ E SISTEM! fSBN 978-88-408-1387-5
i . . . - - - - - T -------->"!
(a)
IG(f)I
Cioè, l'area sottesa da una funzione g(t) è uguale al valore che la sua trasformata di Fou-
rier G(f) assume in f = O.
33
Questo risultato si ottiene semplicemente ponendo f =O nell'eq. (2.1) che definisce la tra-
sformata di Fourier della funzione g(t).
ili>- Eseirdzio 2.3 Si supponga la funzione g( t) a valori reali e con una trasformata di Fourier a valori
complessi G(f). Si spieghi come possa essere soddisfatta la regola dell'eq .. · (2.3\) d<f.t'à,lè~
, egnale. <
I
\)_...--.-..._ >Y
• ' / !Q fr)···<' /
F°ROPR1.ETÀ 8 Àlr'Z:a sottesa d~ G(f) Se g(t) ~ G(f) allora/Or' .f~;? '0 \
., . o o~
g(O) = f~ G(f) df \:·; \
\, . -
~ ~ 1 '.
1
b
·I::· . (2.32)
-~ 'Z_:;;i 1110,;,;'.?
'•.. '·
Cioè, il valore di una funzione g(t) in t = O è uguale all'area sottesa dafra..siléi trasformata
di Fourier G(f).
~ Esei:dzio 2.4 Continuando l'Esercizio 2.3, si spieghi come la regola dell'eq. (2.32) possa
essere soddisfatta dal segnale descritto precedentemente. 41
PROPRIETÀ 9 Differenziazione nel do:mimo del tempo Sia g(t) ~ G{f} e si assuma
che la derivata prima di g(t) rispetto al tempo t sia trasformabile secondo Fourià. Si ha
Questo risultato si può facilmente ottenere in due passaggi. Nel primo passaggio effet-
tuiamo la derivazione di entrambi i membri dell'eq. (2.2), che definisce la trasformata
inversa di Fourier di G(f). Nel secondo passaggio scambiamo le operazioni di integrazione
e differenziazione.
Possiamo generalizzare l'eq. (2.33) per derivate di ordine maggiore della funzione del
tempo g(t) nel modo seguente:
dn
dtng(t) ~ (j2TrftG(f) (2.34)
che include l'eq. (2.33) come un caso speciale. L'equazione (2.34) assume che la trasformata
di Fourier della derivata di ordine più elevato di g(t) esista.
o,eq~ivalentem~~te,
.· ·.-:···.· · ·.
. . ·........... (2:·}5) ·
34 CAPITOLO :2 "=' RAP?R.ESE~ONE m FouruER DI SEGNAJ..l E SISTEMI ISBN 978-88-408-1387-5
·Supponiamo e>ra di imporre la seguente coµdizione aì primi membri di entrambe le eq. (L33)
•e(2.35h · · ·· · · ·
d ..
dtg(t) = -21Ttg(t) (2.36)
..· Corrispondentemente, ne consegue che~ àncheisecondi membri di queste due equazioni devono
(dopo aver cancellato il fattore comune j) soddisfare la condizione
d
df G(f) = -21TfG(f) (2.37)
Le equazioni (2.36) e (2.37) mostrano che il segnale impulsivo g(t) e la sua trasformata di Fou-
rier G(f) hanno esattamente la stessa forma matematica. In altre parole, ammesso che il segnale
imp1J;lsiwg(t) soddisfi l'equazione differenziale (2.36), allora G(f) = g(f) dove g(f) è ottenuta
dà g(i) inediantèscistiruzioiie ·di t con f. ·Risolvendo l'eq. (2.36) per g(t) abbiamo
g(t) = exp(-7Tt2) (2.38)
L'impulso definito dall'eq. (2.38) è chiamato impulso Gaussiano, a causa della sua somiglianza
con la funzione densità di probabilità Gaussiana della teoria delle probabilità (vedi cap. 8). Una
sua rappresentazione grafica è mostrata in figura 2.10. Applicando l'eq. (2.31), troviamo che
l'areàsottesa dà qUesta ftlnzione gaussiana è unitaria, coI!lemostraro da
g..(t) l .
. .
11,0
PROPRIETÀ l O Integrazione nel dominio del te mpo Sia g(t) G(fj. Allora, pur-
ché G(O) =O, abbiamo
t 1
f -~ g(r) dr ~
121Tf G(f)
(2.41)
Cioè, l'integrazione di una funzione del tempo g(t) ha l'effetto di dividere la sua trasformata
di Fourier per il fattore j21tf, sempre che G(O) sia zero.
troviamo
data da
gz(t)
36 CAPITOLO 2 f:: RAf>PRESEND\ZIONE DI FOURIER DI SEGNAU E SISTEMI ISBN 978-88-408-1387-5
PROPRIETÀ H Teorema della modulazione Sia gi(t) ~ Gi(f} e gz(t) ~ Gz(f}. Allora
Per provare questa proprietà, indichiamo dapprima la trasformata di Fourier del prodotto
g 1 (t)g2 (t) con Gu(f), così che possiamo scrivere
g1(t)gz(t) ~ Gdf)
dove
./
2.2 Proprietà della trasformata di Fourier 37
Gu(f) = r r
-oo
Gz(f - A)[
-oo
g1(t) exp(-j2rrAt) dt] dA
assumendo chef sia fissato. L'integrale interno (all'interno delle parentesi quadre) è facil-
mente riconoscibile come G 1(À), possiamo perciò scrivere
L'equazione (2.51) segue direttamente dalla combinazione della Proprietà 4 (dualità) e della
Proprietà 11 (modulazione). Possiamo così affermare che la convoluzione di due segnali nel
dominio del tempo si trasforma nella moltiplicazione delle loro trasformate di Fourier nel
dominio della frequenza. Questa proprietà è nota come teorema della convoluzione. Il suo
uso permette di scambiare un'operazione di convoluzione nel dominio del tempo con una
moltiplicazione di due trasformate di Fourier, operazione che è normalmente più semplice.
Diremo qualcosa in più sulla convoluzione più avanti in questo capitolo, quando sarà
discussa l'operazione di filtraggio.
Usando la notazione abbreviata per la convoluzione, possiamo riscrivere l'eq. (2.51)
nella semplice forma
(2.52)
Notiamo che le Proprietà 11e12, descritte rispettivamente dalle eq. (2.49) e (2.51), sono
una la duale dell'altra.
38 CAPITOLO 2 "=' RAPPRESEN'Il\ZIONE DI fOURIER DI SEGNAU E SISTEMI ISBN 978-88-408-1387-5
~ Esercizio 2.5 Si sviluppino i passaggi dettagliati che mostrano che il teorema della modu-
lazione e quello della convoluzione sono effettivamente uno il duale dell'altro. ~
dove Gi (f) è la complessa coniugata di G2 (f) e i- è la variabile temporale usata nel definire
la trasformata inversa di Fourier del prodotto G 1(f)Gi(f).
(2.54)
Come già osservato nell'enunciato della Proprietà 13, la trasformata inversa di Fourier del
prodotto G 1(f) G2(f) ha -rcome sua variabile temporale; cioè, exp(j2;rf'r) è il suo nocciolo.
Utilizzando la formula dell'eq. (2.54), l'eq. (2.53) consegue direttamente, mediante com-
binazione della regola della riflessione (caso speciale della proprietà del cambiamento di
scala) e della regola della coniugazione.
L'integrale al primo membro dell'eq. (2.53) definisce una misura della similarità che
può esistere tra una coppia di segnali a valori complessi. Questa misura è chiamata corre-
lazione; su di essa diremo di più successivamente in questo capitolo.
~ Ese:rcizic 2.6 Sviluppare dettagliatamente i passaggi richiesti per derivare l'eq. (2.53), par-
tendo dall'eq. (2.51). ~
Per dimostrare l'eq. (2,55), poniamo g 1 (t) = g2 (t) = g(t) nell'eq. (2.53), nel qual caso il
teorema della correlazione si riduce a
r -~
g(t)g*(t - r) dt = r
-~
IG(f )12 exp(j27rfr) df (2.56)
Infine, ponendo -r =O nell'eq. (2.56) e osservando che g(t) g· (t) = lg(t)l 2 otteniamo il risul-
tato voluto.
2.3 La relazione inversa tra te1npo e frequenza 39
L'equazione (2.55), nota come teorema dell'energia di Rayleigh, afferma che l'ener-
gia totale di un segnale trasformabile secondo Fourier è uguale all'area complessiva sottesa
dal modulo quadro dello spettro di quel segnale. Spesso la determinazione dell'energia
risulta più semplice se si invoca il teorema dell'energia di Rayleigh, come illustrato nel
seguente esempio.
E = A
2
L~ sinc (2Wt) dt
2
.A )
E = ( ZW
2
f-~~ rect. I f )
\lW df
=c~Y -w df
Az
r
=-
· (2.57)
· 2w ·
I
,., 2$3 La relazione inversCJ
tra tempo e frequenza.
Le proprietà della trasformata di Fourier discusse nella Sezione 2.2 mostrano che le descri-
zioni nel dominio del tempo e nel dominio della frequenza di un segnale sono collegate l'una
all'altra da una relazione inversa. In particolare, possiamo fare due importanti affermazioni:
1. Se la descrizione del segnale nel dominio del tempo cambia, la descrizione nel domi-
nio della frequenza cambia in modo inverso, e viceversa. Questa relazione inversa
impedisce di specificare arbitrariamente un segnale in entrambi i domini. In altre
parole, possiamo fissare in modo arbitrario una funzione del tempo o uno spettro, ma
non possiamo fissare arbitrariamente entrambi.
2. Se un segnale è strettamente limitato in frequenza, la sua descrizione nel dominio del
tempo si estenderà indefinitamente, anche se la sua ampiezza assume progressiva-
mente valori sempre più piccoli. Diciamo che un segnale è strettamente limitato in fre-
quenza o di banda strettamente limitata, se la sua trasformata di Fourier è esattamente
nulla al di fuori di una banda finita di frequenze. L'impulso di tipo sinc è un esempio
di segnale strettamente limitato in banda, come illustrato in figura 2.8. Questa figura
mostra altresì che l'impulso di tipo sinc è solo asintoticamente limitato nel tempo. In
modo inverso, se un segnale è strettamente limitato nel tempo (cioè il segnale è esat-
tamente nullo fuori da un intervallo temporale finito), lo spettro di quel segnale è di
estensione infinita, sebbene il suo spettro d'ampiezza possa assumere progressiva-
mente valori sempre più piccoli. Questo comportamento è esemplificato sia dall'im-
40 CAPITOLO 2 l';l RAPPRESEND\ZIONE DI FOURIER DI SEGNALl E SISTEMI ISBN 978-88-408-1 387-5
.,.... !/ .~
La larghezza di banda di un segnale fornisce una misura dell'~ensione delc_?_1ltenuto spet-
trçflqignt{jEf!:~~1!() Ae.l §,.?:g12.ale _m;)fo_fre:qJ4.?-11Zf!: ppsi#pe_, Quandoìlsegnale--è strettamen-ré·a
banda limitata, la larghezza di banda del segnale è ben definita. Per esempio, l'impulso di
tipo sinc descritto in figura 2.8(a ) ha una larghezza di banda uguale a W. Quando, invece,
il segnale non è strettamente limitato in banda, come è di solito, si ha difficoltà nel definire
la banda del segnale. La difficoltà sorge perché il significato del termine "significativo"
attaccato a contenuto spettrale del segnale è matematicamente impreciso. Di conseguenza,
non esiste una definizione di larghezza di banda che sia universalmente accettata.
Cionondimeno vi sono alcune definizioni di larghezza di banda comunemente utiliz-
zate. In questa sezione consideriamo tre di queste definizioni; la formulazione di ciascuna
definizione dipende dal fatto che il segnale sia passa basso o passa banda. Un segnale si dice
passa basso, se la sua parte spettrale significativa è centrata attorno all'origine f =O. Un
segnale si dice passa banda, se il suo contenuto spettrale significativo è centrato attorno a
± fc dove fc è una frequenza costante.
Quando lo spettro di un segnale è simmetrico con un lobo principale delimitato da
ben definiti zeri {cioè frequenze alle quali lo spettro ha valore nullo), possiamo utilizzare
il lobo principale come base per definire la larghezza di banda del segnale. La logica di
questo modo di procedere sta nel fatto che il lobo principale contiene la porzione signifi-
cativa dell'energia del segnale. Se il segnale è passa basso, la larghezza di banda è definita
come metà della larghezza totale del lobo principale, giacché solo metà di questo lobo giace
nella regione delle frequenze positive. Per esempio, un impulso rettangolare di durata T
secondi ha uno spettro con un lobo principale di larghezza totale (2/T) hertz centrato nel-
l'origine, come mostrato in figura 2.2(b). Di conseguenza _!?9~~iJl,1llO definire la larghezza di
banda di qye._sta__f@Zio_~e_r~tEai:igo}oc_ome (l[T) hertz. se:-d'altra parte, il segnale è passa
banda con lobo principale centrato attorno a± fc dove fc è grande, la larghezza di banda
è definita come la larghezza del lobo principale per frequenze positive. Questa definizione
di larghezza di banda è chiamata ~IJ-p._ef:_rJ.-.,f!:<J;.g,§tSLa Z.fi!Jl.· Per esempio, un impulso RF di
durata T secondi e frequenza fc ha uno spettro con lobi principali larghi {2/T) hertz cen-
trati attorno a± fc come mostrato irt figura 2.9(b). Possiamo quindi affermare che la lar-
ghezza di banda da zero a zero di questo impulso RF vale (2/T) hertz. $._µll_aJia_§_~_Aelle
d.clill~loni Qr~.s.en!!'-!~Ji.P .9.~k-PH!~i<l_1!1:g __~!!~r~<l1:~..c~s1.a..~!<lslazio11e AeHg _~pettro _dl--u~·- _
segnale .p as.s1:1.9assoa un valor~ di frequenza sufficientemente grande ha f effetto di .rad- '
· d()ppiare lc1 larghezza di banda del segnale. Questa traslazione in frequenza è ottenuta c,on
~n'operazione di.modulazione, che sarà discussa in dettaglio n,el Capitolo 3. -;--- ·,-~/- -"'-' · 4 -
Un'altra definizione popolare di larghezza di banda è la banda a 3-dB. Specificata- ·
mente, se il segnale è passa basso, la banda a 3-dB è definita come la distanza tra la fre-
quenza zero, dove lo spettro d'ampiezza ha il suo valore massimo, e la frequenza positiva
alla quale lo spettro d'ampiezza è sceso a 1/ "1/2 del suo valore massimo. Per esempio, gli
impulsi esponenziali decrescente e crescente, definiti in figura 2.4 hanno una banda a 3-dB
di (a/2n) hertz. Se, d'altra parte, il segnale è passa banda, centrato a ± fc la larghezza di
banda a 3-dB è definita come la distanza (lungo l'asse delle frequenze positive) tra le due
frequenze alle quali lo spettro d'ampiezza del segnale cala a 1/ "1/2 del valore di picco in fc·
La larghezza di banda a 3-dB ha il vantaggio di poter essere letta direttamente da un gra-
fico dello spettro d'ampiezza. Ha, tuttavia, lo svantaggio di poter essere fuorviante, se lo
spettro d'ampiezza ha code che decrescono lentamente.
Un'ulteriore misura per la larghezza di banda di un segnale è la banda quadratica media
(rms dall'inglese root mean square), definita come la radice quadrata del momento del
secondo ordine, valutato intorno a un punto adeguatamente scelto, di una forma oppor-
2,3 La relazione inversa tra tempo e fre quenza 41
tunamente normalizzata del quadrato dello spettro d'ampiezza del segnale. Assumiamo
che il segnale sia passa basso, così che il momento del secondo ordine possa essere riferito
all'origine. Come forma normalizzata del quadrato dello spettro d'ampiezza usiamo la fun-
zione non negativa IG(f )12/r IG(f)l 2 df, nella quale il denominatore applica la norma-
lizzazione in modo che l'integ~-;_le sull'intero asse delle frequenze di questo rapporto abbia
valore unitario. Possiamo così definire formalmente la banda rms di un segnale passa basso
g(t) con trasformata di Fourier G(f) nel modo seguente:
([!'IG(f)l' d/)
12
Wrms = /
(2.58)
L~ IG(f) l
2
df
Una caratteristica attraente della larghezza di banda rms è che essa si presta più facilmente
a una valutazione matematica delle altre due definizioni di larghezza di banda, sebbene
possa non essere semplice da misurare in laboratorio.
V PRODOrro TEMPO-BA!"-lDA
Per una qualsiasi famiglia di segnali che differiscono tra loro per un fattore di scala temporale,
il prodotto tra la durata del segnale e la sua banda è sempre costante, come mostrato da
(durata) X (banda) = costante
Tale prodotto è chiamato prodotto tempo-banda o prodotto larghezza di banda-durata
temporale. La costanza del prodotto tempo-banda è un'altra manifestazione della rela-
zione inversa che esiste tra le descrizioni nel dominio del tempo e nel dominio della frequenza
di un segnale. In particolare, se la durata di un segnale è ridotta mediante compressione della
scala temporale di un fattore, diciamo a, la scala delle frequenze dello spettro del segnale
e, quindi, la sua estensione in banda è espansa dello stesso fattore a, in virtù della Pro-
prietà 2 (cambiamento di scala), e il prodotto tempo-banda del segnale, quindi, si mantiene
costante. Per esempio, un impulso rettangolare di durata T secondi ha una larghezza di
banda (definita sulla base della parte a frequenze positive del lobo principale) pari a (1/T)
hertz, ciò che rende unitario il prodotto tempo-banda di tale funzione. La cosa importante
da notare qui è che, qualunque definizione si usi per l'estensione in banda di un segnale, il
prodotto tempo-banda rimane costante all'interno di certe classi di segnali impulsivi. La
scelta della definizione di larghezza di banda cambia soltanto il valore della costante..
Per essere più specifici, si consideri la larghezza di banda rms, definita nell'eq. (2.58 ).
La corrispondente definizione della durata rms del segnale è
(2.59)
dove sì è assunto che il segnale g(t) è centrato nell'origine. Si può dimostrare che usando
le definizioni rms delle eq. (2.58) e (2.59), il prodotto tempo-banda ha la seguente forma:
(2.60)
dove la costante vale (1/4n}. Si può anche mostrare che la funzione gaussiana soddisfa que-
sta condizione con il segno di uguaglianza. Per i dettagli sui calcoli, il lettore faccia riferi-
mento al Problema 2.51.
42 CAPITOLO 2 :;.; RAPPRESENTAZIONE DI FouruER DI SEGNAI.I E S ISTEMI ISBN 978-88-408 - 1387-5
L~ lg(t)l2 dt < 00
-T
è verificata.
Risulta che entrambi questi obiettivi sono raggiunti mediante un "uso appropriato" della
funzione delta di Dirac o impulso unitario.
La funzione delta di Dirac, indicata con o(t), per definizione, ha valore di ampiezza
zero dappertutto eccetto che per t = O dove ha ampiezza infinita, così che l'area sottesa
abbia valore unitario. Più in dettaglio, essa soddisfa la seguente coppia di relazioni
o(t) =O, (2.61)
e
J_~ o(t) dt = 1 (2.62)
Un'implicazione di questa coppia dì relazioni è che la funzione delta o(t) deve essere una
funzione pari del tempo t.
Affinché la funzione delta abbia significato, tuttavia, essa deve apparire come fat-
tore netl'integrando di un integrale rispetto al tempo e quindi, formalmente, solo quando
l'altro fattore nell'integrando è una funzione continua del tempo. Sia g(t) una tale fun-
zione, e sì consideri il prodotto di g(t) e della versione traslata nel tempo della funzione
delta o(t - t 0 ). Alla luce delle due equazioni (2.61) e (2.62) che definiscono la funzione
delta, possiamo esprimere l'integrale rispetto al tempo t del prodotto g(t)o(t- t 0 ) come
segue:
L'operazione indicata a primo membro di questa equazione estrae il valore g(to) della fun-
zione g(t) al tempo t = t 0 con --oo < t < oo. Di conseguenza, all'eq. (2.63) ci si riferisce come
alla proprietà di estrazione della funzione delta. Questa proprietà è talvolta utilizzata come
equazione di definizione della funzione delta; in effetti essa incorpora le eq. (2.61) e (2.62)
in una sola relazione.
Osservando che la funzione delta o(t) è una funzione pari dì t, possiamo riscrivere
l'eq. (2.63) in un modo che enfatizzi la sua somiglianza con l'integrale di convoluzione, come
mostrato da
g(t) l
G((l I
I I.O
- -- - ----'--- - - -- f
o o
(a) (b)
F~GURA 2.12 (a) La funzione delta di Dirac o(t). (b) Spettro di o(t).
.g(t) = '--'
1 exp trt'f)·.
. ··(·· .·c..c-
.·. ··-
2
· · (2.66)
T r
dove -r è un parametro variabile. La funzione gaussiana g(t) ha due utili proprietà: (1) le sue
derivate sono tutte continue, e (2) essa si smorza molto più rapidamente di qualsiasi poténza
44 CAPITOLO 2 i>· RAPPRESE:N"D\ZIONE DI FOURIEB. DI SEGNALl E SISTEMI ISB'.'I 978-88-408- 1387-5
:: ::: ': <::::.:;::::-:>:>. : <<:::: : ··:.··:;:.-::·: :: .> .. ·.-: -.::·.::· : ·.. . ' : :,. ...
La figµt<i~)3 (b)illustra gli effetti della variazione del parametro sullo spettro dell'impulso gaus-
sfano ;i(t). l?oJi.foi:ioCosì-r::: Otroviamo, come atteso, che la trasformata di Fourier della fun-
zìo~e delta è patì uno. . ' . a
g (t ) !
4.0 i
1 ~ ò(f) (2.67)
L'equazione (2.67) afferma che un segnale in continua (dc) viene trasformato nel dominio
della frequenza in una funzione delta piazzata alla frequenza zero, come mostrato in
figura 2.14. Ovviamente il risultato è di per sé intuitivo.
Invocando la definizione di trasformata di Fourier, possiamo facilmente dedurre dal-
l'eq. (2.67) l'utile relazione
che fornisce un 'ulteriore definizione per la funzione delta, sebbene nel dominio della fre-
quenza.
(2.69)
per una funzione esponenziale complessa di frequenza fc· L'equazione (2.69) afferma che
la funzione esponenziale complessa exp(- j27rfct) sì trasforma nel dominio della frequenza
in una funzione delta o(f f fcl posta [centrata] in f =f,.
3. Funzioni sinusoidali.
Consideriamo ora il problema di calcolare la trasformata di Fourier della funzione coseno
cos(2;ef,t). Dapprima usiamo la formu la di Eulero per scrivere
Quindi, utilizzando l'eq. (2.69), troviamo che la funzione coseno cos(27efct) è rappr~entata
dalla coppia di trasformate di Fourier
(2.71 )
g(t) G(f)
1,0
G(f) I
g<tl I
l
1,0
1 o
I~
Tc
(a) (b)
g(t) I
ìG(fl I
(a) (b)
In altre parole, lo spettro di una funzione coseno cos(2rc(,t) consiste di una coppia di fun-
zioni delta alle frequenze f = ± (0 ciascuna delle quali è pesata dal fattore 1/2, come mostrato
in figura 2.15.
In modo simile possiamo dimostrare che la funzione seno sin(2rc(,t) è rappresentata
dalla coppia di trasformate di Fourier
4. Funzione segno.
La funzione segno sgn(t) è uguale a+ 1 per tempi positivi e -1 per tempi negativi, come mostrato
dalla curva a tratto continuo in figura 2.1 7(a). La funzione segno era stata definita precedente-
mente nell'eq. (2.18); tale definizione è qui ripresa per maggior chiarezza di esposizione:
+1, t>O
sgn(t) = O, t=O
{
-1, t<O
La funzione segno non soddisfa le condizioni di Dirichelet e quindi, a rigore, non possiede
una trasformata di Fourier. Tuttavia, possiamo definire la trasformata di Fourier per la
2.4 La funz.wne delta di Dirac 47
g(t) I
+l ,O r--------
--------'! -1,0
(a)
IG!f!I
F[sgn(t)] = lim -
4j-rrf
a->O al + (2-rr/)2
1
j-rrf
Cioè
eccetto che vicino all'origine dell'asse delle frequenze. Nell'origine, lo spettro della funzione
approssimante g(t) è zero per a> O, mentre lo spettro della funzione segno va a infinito.
5. Funzione gradino unitario.
La funzione vadino unitario u(t) è uguale a +1 per tempi positivi e a zero per tempi nega-
tivi. Precedentemente definita nell'eq. (2.11), è qui riportata per comodità:
{
~' t >o
u(t) = 2, t =O
o, t <o
La forma d'onda della funzione gradino unitario è mostrata in figura 2.18(a). Da questa
definizione e da quella della funzione segno, o dalle forme d'onda delle figure 2. l 7(a) e
2.18(a), osserviamo che la funzione gradino unitario e la funzione segno sono legate tra loro
1
u(t) = 2[sgn((t) + 1)] (2.75)
Questo significa che lo spettro della funzione gradino unitario contiene una funzione delta
pesata per il fattore 1/2 e posta a frequenza zero, come indicato in figura2.18(b).
6. Integrazione nel dominio del tempo (Rivisitazione).
La relazione nell'eq. (2.41) descrive l'effetto di un'integrazione sulla trasformata di Fourier
di un segnale g(t), assumendo che G(O) sia zero. Consideriamo adesso il caso più generale,
dove tale assunzione è rimossa.
Sia
(2.77)
Il segnale integrato y(t) può essere visto come la convoluzione del segnale originario g(t) e
della funzione gradino unitario u(t) come mostrato da
y(t) = J_~ g(T)u(t - T) dT
u(t - T) = ·{t :: :
O, T > t
g(t) IGCfll I
1,0f------
1
2
o o
(a) (b)
Osservando che la convoluzione nel dominio del tempo viene trasformata nella moltipli-
cazione nel dominio della frequenza, in accordo con la Proprietà 12., e 11tilizza.itd9li,i. cop-
pia di trasformate di Fourier dell'eq. (2.76) per la funzione gradino unìtatfo#f#)Ìtrgviat:no
che la trasformata di Fourier di y(t) è · · · ·· · · ·. · // •·
dove G(fl è la trasformata di Fourier di g(t). In base alla proprietà di estrazione della fun-
zione delta formulata nel dominio della frequenza, abbiamo
G(f)8(f) = G(O)S(f)
Quindi possiamo riscrivere l'eq. (2..78) nella forma equivalente:
Questo è il risultato desiderato, che include l'eq. (2.41) come caso particolare (cioè, G(O) =O).
gy0 (t) = 2:
n=-oo
Cn exp(j21Tnfot) (2.80)
1
fo=- (2.82)
To
Sia g(t) una funzione impulsiva, uguale a gy0 (t) in un periodo e zero altrove; cioè,
To
--:;;;t:;;;-
To
g( t) = { gyo(t), 2 2
(2.83)
o, altrove
Il segnale periodico gy0 (t) può ora essere definito in termini della funzione g(t) come la
somma infinita
00
gyo(t) = L g(t -
m=-oo
mTo) (2.84)
Basandoci su questa rappresentazione, possiamo vedere g(t) come una funzione genera-
trice, nel senso che genera il segnale periodico gyo5_t) • Essendo impulsiva e a energia finita,
la funzione g(t) è trasformabile secondo Fourier. Ui conseguenza, alla luce delle eq. (2.82)
e (2.83), possiamo riscrivere la formula del coefficiente complesso di Fourier cn come
segue:
2:
m=-oo
g(t - mT0 ) = fo
n=
2:
-co
G(nf0 ) expU27Tnf0t) (2.87)
per il segnale periodico gy0 (t), la cui frequenza fondamentale è fo = l!To. L'equazione (2.88)
afferma semplicemente che la trasformata di Fourier di un segnale periodico è costituita da
funzioni delta, poste a multipli interi della frequenza fondamentale fo inclusa l'origine, e
che ogni funzione delta è pesata per un fattore uguale al corrispondente valore di G(nf0 ).
In effetti, questa relazione fornisce un metodo per rappresentare il contenuto in frequenza
di un segnale periodico gy0 (t).
È interessante osservare che una funzione impulsiva, cioè di durata limitata nel tempo,
costituente un periodo del segnale periodico gy (t) ha uno spettro continuo definito da
0
G(f). D'altra parte, il segnale periodico ha uno spettro discreto. In altre parole, si può rias-
sumere la trasformazione contenuta nell'eq. (2.88) come segue:
oy0 (t) = 2:
m=:.~·co
ll(t- m'Iò) (2.89)
Osserviamo che la funzione generatrice g(t) per la funzione dì campionamento ideale To con-
siste semplicemente nella funzione delta o(t). Abbiamo quindi G(fJ = 1 e
G(nfo) = 1 per ogni n
Così l'uso dell'eq. (2.88) produce il nuovo risultato
(b)
dove abbiamo utilizzato la relazione de!l'eq. (2.82) riscritta nella forma To = 1/ fo. Le equazioni
(2.91) e (2.92) sono una la duale dell'altra, nel sens(l eh.e ne!l'eq. (2.91) k funzioni delta so1,10
presenti nel dominio del tempo me!ltre rtell'eq. (2.92) nel doirunfo del1i frequenta:
CAPITOLO 2 '''; RAPPRESEND\ZIONE Dl'. FOUR!ER DI SIEGNALJ E SISTEMI ISBN 978-88-408-1387-5
1
~ Esercizio 2.11 Utilizzando la formula di Eulero cosx == z-[exp(jx) + exp(-jx)], si
riformulino le eq. (2.91) e (2.92) in termini di funzioni cosinusoidali. <>:§
Nel dominio del tempo un sistema lineare è descritto in termini della sua risposta all'im-
pulso, che è definita come la risposta del sistema (con condizioni iniziali nulle) a un impulso
unitario, o funzione delta, o(t), applicata all'ingresso del sistema. Se il sistema è tempo
invariante, questa proprietà implica che un impulso unitario traslato nel tempo applicato
all'ingresso del sistema, produce una risposta all'impulso all'uscita traslata esattamente
della stessa quantità. In altre parole, la forma della risposta all'impulso di un sistema lineare
tempo-invariante è la stessa qualunque sia la posizione temporale dell'impulso applicato
al sistema. Perciò, assumendo che l'impulso unitario o funzione delta sia applicato all'istante
t =O, possiamo indicare la risposta all'impulso di un sistema lineare tempo-invariante con
h(t). Questo sistema sia soggetto a un'eccitazione arbitraria x(t) come in figura 2.20(a).
Per determinare la risposta y(t) del sistema, cominciamo approssimando x(t) con una fun-
zione a gradini composta da rettangoli stretti, ciascuno di durata Lir come indicato in
figura 2.20(b). Chiaramente, l'approssimazione diventa via via migliore al diminuire di Lir.
Al tendere di Lira zero, ogni impulso tende a una funzione delta pesata per un fattore
uguale all'altezza del rettangolo per Lir. Consideriamo un tipico impulso piazzato in t = r,
mostrato tratteggiato in figura 2.20(b). Questo impulso ha area uguale a x(r)~r. Per defi-
nizione, la risposta di un sistema all'impulso unitario o funzione delta 8(t), applicato all'i-
stante t = O, è h(t). Segue quindi che la risposta del sistema alla funzione delta, pesata per
il fattore x( r)~r e applicata in t = 'i deve essere x( r)h(t-r)Lir. Per trovare la risposta y(t) a
un qualche istante t, applichiamo il principio di sovrapposizione degli effetti. Quindi, som-
mando le varie risposte infinitesimali dovute ai vari impulsi in ingresso, otteniamo, al limite,
quando Li r tende a zero,
y(t) = f_~ X(T)h(t - 7) dT (2.93)
(a)
x(t)~
Approssimazion<
o T
FIGURA 2,20 (a) Sistema
lineare con ingresso x(t)
->-j l:!:.r 1-<- e uscita y(t).
(b) Approssimazione a gradini
(b) dell'ingresso x(t).
Nell'eq. (2.93), sono coinvolte tre differenti variabili temporali: tempo di eccitazione
r, tempo di risposta t, e tempo della memoria del sistema (t- r). Questa relazione è la base
dell'analisi nel dominio del tempo di sistemi lineari tempo-invarianti. Essa afferma che il
valore attuale della risposta di un sistema lineare tempo-invariante è un integrale pesato della
storia passata del segnale in ingresso, con la funzione di pesatura rappresentata dalla rispo-
sta all'impulso del sistema. La risposta all'impulso agisce quindi come una funzione di
memoria per il sistema.
Neil'eq. (2.93), l'eccitazione x(t) è convoluta con la risposta all'impulso h(t) per pro-
durre la risposta. Poiché la convoluzione è commutativa, si può anche scrivere
. ·.. ::·
{2;95}
Siano l'ingresso x(t), la risposta all'impulso h(t) e l'uscita y(t) campionati uniformemente a un
tasso di (1/llr) campioni per secondo, così che sj poss~ p 0r:re
t = n !1r
54 CAPITOLO 2 z' RAPPRESENTAZIONE DI FOURIER m SlEGNALl E SISTEMI ISBN 978-88-408-1387-5
dove k e n sono interi e LH' è il periodo Assumendo che ll:r sia sufficiente-
mente piccolo, così che il prodotto h(r)x(t - r) rimanga sostanzialmente costante nell'inter-
vallo kf:i.r-s, r5'(k + l)tlrpettutti ivalori di k e r, possiamo approssimare l'eq. (2.9 5) mediante
una somma di convoluzione come mostrato da
N-1
y(n liT) = 2: h(k AT)x(n AT - k ClT) AT
k=O
N-1
y(n AT) = :2:; wkx(n AT - k AT) (2.97)
k=O
""'~'"·'v'·'" (2.97) può essere realizzata utilizzando la struttura mostrata in figura 2.21,
co1ns1ste in un insieme di elementi di ritardo (ognuno dei quali produce un ritardo di
un insieme dì moltiplicatori connessi alle prese intermedie della linea di ritardo,
di pesi applicati ai moltiplicatori e un sommatore per sommare
Un sistema è detto causale se non risponde prima che l'eccitazione sia applicata. Affinché
un sistema lineare tempo-invariante sia causale è chiaro che la sua risposta all'impulso h(t)
deve essere nulla per tempi negativi, come affermato nell'Esempio 2.12. In altre parole,
possiamo formalmente affermare che condizione necessaria e sufficiente affinché un sistema
lineare tempo-invariante sia causale è
h(t) = O, t <o (2.98)
2.6 La trasmissione di segnali attraverso sistend lineari 55
Chiaramente, affinché un sistema che opera in tempo reale sia fisicamente realizzabile,
deve essere causale. Vi sono tuttavia molte applicazioni in cui il segnale da elaborare è
disponibile soltanto in forma memorizzata; in queste situazioni il sistema può essere non
causale eppure fisicamente realizzabile.
Si dice che il sistema è stabile se il segnale in uscita è di ampiezza limitata per tutti i segnali
di ingresso di ampiezza limitata. Ci riferiamo a questa condizione come al criterio di stabi-
lità bounded input-bounded output (BIBO), che è molto adatto all'analisi dei sistemi lineari
tempo-invarianti. Sia il segnale d'ingresso x(t) di ampiezza limitata, come indicato in
lx(t)I < M per ogni t
dove M è un numero reale positivo e di valore finito. Prendendo i valori assoluti di entrambi
i membri dell'eq. (2.94), abbiamo
Consideriamo ora un sistema lineare tempo-invariante con risposta all'impulso h(t), ali-
mentato in ingresso da un esponenziale complesso di ampiezza unitaria e frequenza f, cioè
x(t) = expU27Tft) (2.101)
Usando le eq. (2.101) nella (2.94), la risposta del sistema è ottenuta come
Consideriamo ora un segnale arbitrario x(t) applicato al sistema. Il segnale può essere
espresso in termini della sua trasformata inversa di Fourier come
La trasformata di Fourier del segnale d'uscita y(t) è quindi facilmente ottenuta mediante
la
Y(f) = H(f)X(f) (2.109)
Secondo l'eq. (2.109), un sistema lineare tempo-invariante può quindi essere descritto abba-
stanza semplicemente nel dominio della frequenza notando che la trasformata di Fourier
dell'uscita è uguale al prodotto della risposta in frequenza del sistema e della trasformata
di Fourier dell'ingresso.
Naturalmente, avremmo pòtuto dedurre il risultato dell'eq. (2.109) direttamente,
osservando due fatti:
1. La risposta di un sistema lineare tempo-invariante con risposta all'impulso h(t) a un
ingresso arbitrario x{t) si può ottenere mediante convoluzione di x{t) con h{t) in
accordo con l'eq. (2.93).
2. La convoluzione di una coppia di funzioni del tempo è trasformata nella moltiplica-
zione delle loro trasformate di Fourier.
La derivazione alternativa ottenuta nell'eq. (2.109) viene proposta soprattutto per com-
prendere come mai la rappresentazione mediante Fourier di una funzione del tempo come
sovrapposizione di esponenziali complessi risulti così utile per l'analisi del comportamento
dei sistemi lineari tempo-invarianti.
2.6 La trasm-issione di segnali attraverso siste?ni lineari 57
La risposta in frequenza H(f) è una proprietà caratteristica del sistema lineare tempo-
invariante. Essa è, in generale, una quantità complessa, così che si può esprimere nella
forma
H(f) = IH(f) I exp[j,B(f)] (2.110)
Dove IH(f)I è detta risposta in ampiezza, e f3(f) fase o risposta di fase. Nel caso particolare
di un sistema lineare con risposta all'impulso a valori reali h(t), la risposta in frequenza H(f)
esibisce una simmetria coniugata, che vuol dire che
IH(f)I = IH(-f)I
e
.B(f) = - /3( - f)
Cioè, la risposta in ampiezza IH(f)I di un sistema lineare con risposta all'impulso reale è una
funzione pari della frequenza, mentre la fase {3(() è una funzione dispari della frequenza.
In alcune applicazioni è preferibile lavorare con il logaritmo di H(f) espresso in forma
polare, piuttosto che con H(f). Definiamo il logaritmo naturale
ln H(f) = cx(f) + jf3(f) (2.111)
dove
cx(f) = lnlH(f)I (2.112)
La funzione a(f) è una definizione del guadagno del sistema. Esso è misurato in neper,
mentre la fase /3(f) è misurata in radianti. L'equazione (2.111) indica che il guadagno a(f)
e la fase f3(f) sono rispettivamente la parte reale e la parte immaginaria del logaritmo natu-
rale della risposta in frequenza. Il guadagno può anche essere espresso in decibel (dB)
usando la definizione
cx'(f) = 20 log10IH(f)I (2.113)
Le due funzioni guadagno a(() e a'(f) sono legatè dalla relazione
cx' (f) = 8.69cx(f) (2.114)
Condizione necessaria e sufficiente affinché una funzione a(f) possa essere il guadagno di
un filtro causale, è la convergenza dell'integrale.
f oo (
-oo
icx(f)I
1 + f2
)df < oo (2.115)
Questa condizione è nota come il criterio di Paley-Wiener. Esso afferma che, ammesso che
il guadagno a(f) soddisfi la condizione dell'eq. (2.115), è possibile associare al guadagno
un'adeguata fase f3(f) tale che il filtro risultante abbia risposta all'impulso causale, cioè di
valore nullo per i tempi negativi. In altre parole, il criterio di Paley-Wiener è l'equivalente
58 CAPITOLO 2 ,:,:, RAPPRESEì'1il\ZIONE m fOURIER m SBGNALì E SISTEMI ISBN 978-88-408-1387-5
IH<fll I
I jH(O)I
jH(O)j
I~
----------::::s
:::---------~0--------B-=------
I
(a)
IHCf)l I
I
IH(fcll
--i~--
l
I
I
;
'
I
I
I I
t o f fc+B ---t
-fc (b) fc
nel dominio della frequenza della condizione di causalità. Un sistema con una caratteristica
di guadagno realizzabile può avere attenuazione infinita [cioè, a(f) = - per un insieme 00 ]
finito di frequenze, ma non può avere attenuazione infinita in una banda di frequenze;
altrimenti il criterio di Paley-Wiener sarebbe violato.
il>- lEseirdzfo 2.14 Un filtro con linea di ritardo con prese intermedie abbia N pesi, con N
dispari. Esso è simmetrico rispetto alla presa centrale; i pesi soddisfano, quindi, la condizione
O:sn:sN-1
2. 7 Filtri ideali passa basso 59
jHCf)I
1,0
(a)
-B o B
arg[H(f)]
2. La risposta di fase varia linearmente con la frequenza all'interno della banda pas-
sante del filtro. (Fuori dalla banda passante, la risposta di fase può assumere valori
arbitrari.)
In termini matematici, la funzione di trasferimento di un filtro ideale passa basso è quindi
definita da
H(f) = {exp( -j27Tft0 ), -B::;; f :s B
(2.116)
O, lf l > B
Il parametro B definisce la banda del filtro. Il filtro ideale passa basso è, ovviamente, non
causale dato che viola il criterio di Paley-Wiener. Questa osservazione può essere anche
confermata esaminando la risposta all'impulso h(t). Così, valutando la trasformata inversa
di Fourier della funzione di trasferimento dell'eq. (2.116), otteniamo
h(t) = r
-B
exp[J27rf(t - to)] df (2.117)
dove l'intervallo di integrazione è stato limitato alla sola banda di frequenze al cui interno
H(f) non è nulla. L'equazione (2.117) è facilmente integrabile e produce
sin[21T B(t - t0 )]
h(t) = (
1T t - t 0
)
= 2B sinc[2B(t - t0 )] (2.118)
h(t)
Con ingresso x(t) = 1 per -(T/2)::::; t:::; (T/2) la risposta del filtro è data dall'integrale di con-
voluzione
y(t) = L~ x(r)h(t - r) dr
= 2B f-T/2
2
1 sinc[2B(t - r)] dr
2
T/ (sin[27rB(t - r)])
= 2B dr (2.120)
J-T/Z 27TB(t - r)
Definiamo una nuova variabile adimensionale
À = 27TB(t - r)
Cambiando la variabile di integrazione da "i a Il, possiamo riscrivere l'eq. (2.120) come
y(t) =;
1 l2rrB(t+T/2)(sin
-À-
À) dÀ
= ~[ f
27T B(t - T/2)
Nell'eq. (2.121) abbiamo introdotto una nuova espressione chiamata seno integrale, che è
definito come
Si(u) = (usin x dx (2.122)
JO X
Sfortunatamente, il seno integrale Si(u) non può essere valutato in forma chius; in ter-
mini di funzioni elementari. Tuttavia può essere integrato sotto forma di serie di potenze,
che permettono di ottenere il grafico in figura 2.25. Su questa figura possiamo fare tre
osservazioni:
1. Il seno integrale Si(u) è una funzione oscillante della variabile u, con simmetria dispari
attorno all'origine u = O.
2. Esso ha massimi e minimi ai multipli di n:.
3. Esso tende al valore limite n:/2 per valori positivi grandi di u.
In figura 2.25, vediamo che il seno integrale Si(u) oscilla a una frequenza di l/2n:. Corri-
spondentemente, la risposta del filtro y(t) oscillerà anch'essa a una frequenza uguale alla
frequenza di taglio (cioè, alla banda passante) B del filtro passa basso, come mostrato in
figura 2.26. Il valore massimo di Si(u) si ha in Umax = n: ed è uguale a
1.8519 = (1.179) X ( ; )
62 CAPITOLO 2 f?. RAl'PlUlSEND\ZIONE m FOIJRIER DI SEGNALI E SISTEMI fSBN 978-88-408-1387 -5
I
-81T -61T -41T -21T o 21T 41T 61T
u
FIGURA 2.25 Il seno integrale Si(u).
9%
1,0
:-r
I
I
I
I
o T
2
Tempo t
FIGURA 2.26 Risposta del filtro ideale passa basso a un impulso rettangolare.
Iil di sovraelongazione
TABELLA 2. l Freq,,,ienza di oscillazione percentuale
per prodotto tempo-banda variabile
e
dove, nella seconda riga, abbiamo utilizzato la proprietà di simmetria dispari del seno inte-
grale. Sia
Si(21TBT - 1T) = ± 8.) %(1
dove 6. è il valore assoluto della deviazione nel valore Si(2nBT - n), espresso come frazione
del valore finale +7r/2. Quindi, riconoscendo che
Si(7T) = (1.179)(7T/2)
possiamo ridefinire y(tmax) come
1
y(tmaJ = Z(l.179 + 1 ± Ò.)
1
= 1.09 ± -6. (2.123)
2
Per un prodotto tempo-banda BT >> 1 la deviazione frazionaria~ ha un valore molto pic-
colo, nel qual caso possiamo dedurre due importanti osservazioni dall'eq. (2.123):
1. La sovraelongazione della risposta del filtro vale percentualmente circa il 9%.
2. La sovraelongazione è praticamente indipendente dalla larghezza di banda B del filtro.
Il fenomeno alla base di queste due osservazioni è noto come fenomeno di Gibbs. La
figura 2.26 mostra la natura oscillatoria della risposta del filtro e la sovraelongazione del
9% che caratterizza la risposta, avendo assunto BT >> 1.
La figura 2.27 mostra la risposta del filtro per quattro differenti prodotti tempo-
banda: BT = 5, 1O, 20, e 100, assumendo che la durata dell'impulso T sia di 1 secondo. La
tabella 2.1 mostra le corrispondenti frequenze di oscillazione e la percentuale di sovra-
leongazione per questi prodotti tempo-banda, confermando le osservazioni 1 e 2.
La figura 2.28 mostra la risposta del filtro a ingressi a onda quadra periodica con quat-
tro differenti frequenze: fo =0,1; 0,25; 0,5 e 1 Hz, e con la larghezza di banda del filtro passa
basso fissata a B = lHz. Dalla figura 2.28 possiamo ricavare le seguenti osservazioni:
~-
1.2 ·- -- - - -
101
0,8
I
I
0,6
~
0,4
0,2
-0,2 I
I I I I I
I
I
-1 ,0 -0,8 -0,6 -0,4 -0,2 o 0,2 0,4 0,6 0,8 !,O
Tempo t (s)
(a)
1,2
1,0
0,8
0,6
.:-
?.'.
0,4
0,2
-0,2
-1 ,0 - 0,8 - 0,6 -0,4 -0,2 o 0,2 0,4 0,6 0,8 I.O
Tempo t (s)
(b)
F iGVRA 2.27 Risposta di un filtro ideale passa basso a un impulso rettangolare di durata
T = ls e prodotto tempo-banda (Bn
variabile. (a) BT = 5. (b) BT = 10.
2. 7 Filtri ideali passa basso 65
1,2
1,0
0,8
0,6-
~
;;::
0,4
0,2
-0,2-+-~~~~~~~~~~,~--ll~~~~-~~~~~~~--1
-1,0 -0,8 -0,6 -0,4 -0,2 o 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0
Tempo t (s)
(e)
1,2
I I
1,0 -
0,8 -
0,6 -
~
0,4 -
0,2 -
o
1· ~
-0,2 I I I I I I I I I I
-1,0 -0,8 -0,6 -0,4 -0,2 o 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0
Tempo t (s)
(d)
1,0
l
-l ,0
-10 -8 -6 -4 -2 o 2 4 6 8 lO
Tempo t (s)
(a)
-10 -8 -6 -4 -2 o 2 4 6 8 10
Tempo t (s)
(b)
FIGURA 2.28 Risposta di un filtro ideale passa basso a un'onda quadra di differenti
frequenze f0 . (a) fo = 0,1 Hz. (b) fo = 0,25 Hz.
2 .7 Filtri ideali passa basso 67
r- -r I I I i I I I
In n ;
~ • ~
~
~ fl ~
!,O
~ -
I
I
I !
-
- -
~ o
~
-
-1 ,0 -
\ \ \ ~ ~ \ \ ~ ~ \
-1
- 10
l
-8
I
-6
I
-4
'
-2 o
l
2
I
4
I
6
I
8 !O
Tempo t (s)
r---
(e)
1.0
- 1,0
-10 -8 -6 -4 -2 o 2 4 6 8 10
Tempo t (s)
(d)
Da questi risultati possiamo dedurre una conclusione importante: Quando usiamo un fil-
tro passa basso ideale, dobbiamo usare un prodotto tempo-banda BT 2': 1 per assicurarci
che la forma d'onda all'ingresso del filtro sia riconoscibile nell'uscita risultante. Un valore
di BT maggiore dell'unità tende a ridurre i tempi di salita e di discesa della risposta del fil-
tro a forme d'onda rettangolari.
Un filtro può essere caratterizzato specificando la sua risposta all'impulso h(t) o, equivalen-
temente, la sua funzione di trasferimento H(f) . Tuttavia, l'applicazione di un filtro coinvolge
normalmente la suddivisione dei segnali sulla base dei loro spettri (cioè dei loro contenuti in
frequenza). Ciò, a sua volta, implica che il progetto di filtri è normalmente effettuato nel
dominio della frequenza. Ci sono due passaggi fondamentali nel progetto di un filtro:
1. Vapprossimazione di una richiesta risposta in frequenza (cioè, risposta in ampiezza,
risposta in fase, o entrambe) mediante una funzione di trasferimento realizzabile.
2. La realizzazione della funzione di trasferimento approssimante mediante un disposi-
tivo fisico.
Affinché una funzione di trasferimento approssimante H(f) sia fisicamente realizzabile, deve
rappresentare un sistema stabile. La stabilità è qui definita sulla base del criterio di ingresso
limitato-uscita limitata, descritto nell'eq. (2.100) che coinvolge la risposta all'impulso h(t). Per
specificare la corrispondente condizione di stabilità in termini di funzione di trasferimento, l'ape
proccio tradizionale è di sostituire j27rf con s e riformulare la funzione di trasferimento come fun-
zione di s. La nuova variabile s può avere una parte reale, oltre che una parte immaginaria. Di
conseguenza, ci riferiamo a s come alla frequenza complessa. Indichiamo con H'(s) la funzione
di trasferimento del sistema, definita nel modo appena descritto. Normalmente, la funzione di
trasferimento H'(s) è una funzione razionale, che può essere espressa in forma fattorizzata
H' (s) = H (f)!j2rrf=s
= K (s - Z1)(s - Z2} · ·(s - Zm)
(s - P1)(s - P2)· · ·(s - Pn )
dove K è un fattore di scala; zi, z2 , .•. , Zin sono detti gli zeri della funzione di trasferimento,
e pi, P2, ... , Pn sono detti i suoi poli. Per una funzione di trasferimento passa basso, il numero
di zeri, m, è minore del numero dei poli, n. Se il sistema è causale, la condizione di stabilità
ingresso limitato-uscita limitata è soddisfatta imponendo che tutti i poli della funzione di tra-
sferimento H'(s) stiano all'interno del semipiano sinistro del piano s; vale a dire,
Re([Pi]) < O, per ogni i
Notiamo che la condizione di stabilità coinvolge solo i poli della funzione di trasferimento
H'(s ); gli zeri possono stare dappertutto nel piano s. Si possono distinguere due tipi di
sistemi, in dipendenza della posizione degli m zeri nel piano s:
=:·· Sistemi a fase minima, caratterizzati dal una funzione di trasferimento i cui poli e
zeri sono tutti costretti a giacere nel semipiano sinistro del piano s.
i· Sistemi a fase non minima, alle cui funzioni di trasferimento è permesso di avere zeri
sull'asse immaginario, nonché nel semipiano destro del piano s.
I sistemi a fase minima si caratterizzano per la proprietà che la risposta di fase di questa classe
di sistemi lineari tempo-invarianti è legata in modo univoco alla risposta in guadagno.
Nel caso dei filtri passa basso, dove il requisito principale è l'approssimazione della
risposta in ampiezza ideale mostrata in figura 2.23, possiamo menzionare due note fami-
glie di filtri: i filtri di Butterworth e i filtri di Chebyshev, che hanno entrambe tutti i loro
zeri in s = =. In un filtro di Butterworth, i poli della funzione di trasferimento H'(s) giac-
ciono su una circonferenza con l'origine come centro e 2;rB come raggio, dove B è la banda
2.8 Correlazione e densità spettrale: segnali a energia finita 69
a 3-dB del filtro. In un filtro di Chebyshev, d'altro canto, i poli giacciono su un'ellisse. In
entrambi i casi, chiaramente, essi sono confinati nel semipiano sinistro del piano s.
Andando ora al problema delta realizzabilità fisica del filtro, osserviamo che ci sono
due opzioni possibili per effettuare questa realizzazione, una analogica e una digitale:
e·- Filtri analogici, costruiti utilizzando (a) induttori e condensatori, o (b) condensatori,
resistori e amplificatori operazionali. Il vantaggio dei filtri analogici è la semplicità
implementativa.
Filtri digitali, per usare i quali i segnali sono campionati nel tempo e la loro ampiezza
è quantizzata. Questi filtri sono costruiti utilizzando hardware digitale; donde il nome.
Un'altra importante caratteristica dei filtri digitali è la loro programmabilità, che per-
mette un alto grado di flessibilità nel progetto. In effetti la complessità e flessibiltà sono
oggetto di compromesso.
Consideriamo un segnale a energia finita x(t) che, per generalità, si assume a valori com-
plessi. Riprendendo il materiale presentato come teorema della correlazione (Proprietà 13)
nella Sezione 2.2, definiamo formalmente la funzione di autocorrelazione del segnale a
energia finita x(t) per un ritardo r come
Secondo questa formula, la funzione di autocorrelazione Rx( r) fornisce una misura di._simi-
larità tra il segnale x(t) e una sua replica ritardata x(t- -r). Come tale, può essere misurata
utilizzando lo schema mostrato in figura 2.29. Il ritardo temporale rgioca il ruolo di varia-
bile di scansione o di ricerca. Notiamo che Rx(-r)è complessa se x(t) è complesso.
J
*'.'(:-~:-~ ..::±''
x (t )
Il teorema dell'energia di Rayleigh, discusso all'interno della Proprietà 14 nella Sezione 2.2,
è importante, poiché non solo fornisce un utile metodo per la valutazione dell'energia di
un segnale impulsivo, ma mette anche in evidenza come il quadrato dello spettro di ampiezza
sia la distribuzione d'energia del segnale misurata nel dominio della frequenza. È alla luce
di questo teorema che formalmente definiamo la densità spettrale di energia o spettro della
densità di energia dì un segnale a energia finita x(t) come
Con riferimento al teorema della correlazione descritto nell'eq. (2.53), sia g 1 (t) =g 2 (t) =x(t)
dove x(t) è un segnale a energia finita e, quindi, trasformabile secondo Fourier. Sotto que-
sta condizione, il primo membro risultante nell'eq. (2.53) definisce la funzione di autocor-
relazione Rx(r). Corrispondentemente, nel dominio della frequenza, abbiamo G 1(f) = G2(fl = X(f),
nel qual caso il secondo membro dell'eq. (2.53) definisce la densità spettrale di energia
lflx(fl. Su queste basi, possiamo quindi affermare che dato un segnale a energia finita x(t),
la funzione di autocorrelazione Rx( r) e la densità spettrale di energia lflx(fl formano una cop-
pia di trasformate di Fourier. Nello specifico, abbiamo la coppia dì relazioni:
Notiamo, tuttavia, che la trasformazione di Fourier nell'eq. (2.126) è fatta rispetto al ritardo
variabile r. La coppia di equazioni (2.126) e (2.127) costituisce le equazioni di Wiener-
Khitchine per i segnali a energia finita.
Dalle eq. (2.126) e (2.127) possiamo dedurre facilmente le seguenti due proprietà:
che afferma che l'area totale sotto la curva della funzione reale densità spettrale di ener-
gia, di un segnale a energia finita, è uguale all'energia totale del segnale. Questo
secondo risultato è soltanto un altro modo di enunciare il teorema dell'energia di
Rayleigh.
che ha un andamento simile, se rappresentata in: funzione del rìtardo r, a quello dello stesso
impulso di tipo sinc.
Questo esempio ci insegna che talvolta è più facile usare una procedura indiretta, basata
sulla densità spettrale di energia, per determinare la funzione di autocorrelazione di un
segnale di energia finita, piuttosto che usare direttamente la formula della funzione di auto-
correlazione.
ESEMPIO 2.14 Energia della versione filtrata passa basso di un impulso rettangolare
Un impulso rettangolare dì ampiezza unitaria e durata unitaria viene fatto passare attraverso
un filtro passa basso ideale di banda B, come indicato in figura 2.30(a) . La parte (h) della
figura mostra la forma d'onda della funzione rettangolo. La risposta in ampiezza del filtro è
definita da (vedi fig. 2.30(c))
-B:sf:s.B
jH(f)j = {1,
o, altrimenti
-
Ingresso Uscita
x(t) y(t)
___.,..
(a)
x(t) !
'
11.0
1 O
l
- - - -.......l....... - - - -
I
-2 2
(b)
IH<f)I !
li.o
j
-B
__1___ o B
f F IGURA 2.30 (a) Filtraggio ideale
passa basso. (b) Ingresso del filtro.
(e) (e) Risposta in ampiezza d~I filtro .
L'impulso rettangolare, che costituisce l'ingresso al filtro, ha energia unitaria. Vogliamo valu-
tare l'effetto di variazioni della banda B sull'energia del segnale all'uscita del filtro.
Partiamo con la coppia di trasformate di Fourier:
rect(t) ~ sìnc(f)
che rappresenta la versione normalizzata della coppia di trasformate di Fourier nell'eq. (2.10).
Quindi, con l'ingresso al filtro dato da
x(t) = rect(r)
la sua trasformata di Fourier è uguale a
X(f) = sinc(f)
La densità spettrale di energia dell'ingresso al filtro è, perciò, pari a
1/1,(f) = IX(f )l2
= sinc2(f ) (2.130)
2.8 Correlazione e densità spettrale: segnali a energia finita
0,8
~
0,6
~
N
()
·o;;"'
0,4
0,2
Per valutare la densità spettrale di energia lf/y(f) dell'uscita del filtro y(t), usiamo l'eq. (2.129),
ottenendo
ifJy(f) = /H(f)/2i/lx(f)
={ifix(f), -BsfsB
(2.131)
O, altrimenti
L'energia dell'uscita dal filtro è quindi
E.v =[ i/ly(f) df
= r ifJx(f) df
=2 r -B
i/lx(f)df
=2 ro
o
sinc2(f) df (2.132)
Poiché l'ingresso del filtro ha energia unitaria, possiamo anche vedere il risultato presentato nel-
l'eq. (2.132) come il rapporto tra l'energia all'uscìta dal filtro e quella all'ingresso dello stesso
filtro nel caso generale di un impulso rettangolare di ampiezza e durata arbitrarie, processato
da un filtro passa basso ideale di banda B. Di conseguenza, possiamo scrivere in generale
Energia in uscita dal filtro
P = Energia in ingresso del filtro
=2 ro
SinC
2
(f) df
Secondo la figura 2.30(b), l'impulso rettangolare applicato all'ingresso del filtro ha durata uni-
(2.133)
taria; quindi la variabile f nell'eq. (2.133) rappresenta una frequenza normalizzata. L'equazione
(2.133) è diagrammata in figura 2.32. Questa figura mostra che oltre il 90 percento dell'energia
totale di un impulso rettangolare è contenuta al1'interno del lobo principale del suo spettro.
74 CAPITOLO 2 ,; RAPPRESENTAZIONE 01 fOURIER DI SEGNALI E SISTEMI ISBN 978-88-408-1 387-5
~
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03 6h 0,6 ··l
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.---------·--·-----·-··········r··--------·--·--------------------1I
1,0 2.0 3,0
Banda normalizzata del filtro passa basso
11
;; INTER PRETAZIONE DEU.A DENSITÀ S?FfTRALE DI ENERGIA
L'equazione (2.129) è importante, poiché non solo mette in relazione la densità spettrale
di energia dell'uscita di un sistema lineare tempo-invariante con la densità spettrale di ener-
gia dell'ingresso, ma fornisce anche una base per l'interpretazione fisica del concetto stesso
di densità spettrale di energia. Per essere specifici, si consideri la situazione mostrata in
figura 2.33(a), dove un segnale a energia finita x(t) è fatto passare attraverso un filtro a
banda stretta seguito da un misuratore di energia. La figura 2.33(b) mostra la risposta in
ampiezza idealizzata del filtro. Cioè, il filtro è un filtro passa banda, la cui risposta in
ampiezza è definita dalla
!::.f A.f
IH(f) I = { l,
fc - -
2
~ lfl ~ fc +-
2
(2.134)
o, altrimenti
Assumiamo che la banda del filtro ~f sia piccola abbastanza affinché lo spettro d' ampiezza
del segnale di ingresso x(t) sia sostanzialmente piatto nell'intervallo di frequenze coperto
dalla banda passante del filtro. Possiamo quindi esprimere lo spettro d'ampiezza dell'u-
scita dal filtro mediante la formula approssimata
IY(f)I = IH(f)l IX(f)I
= { IX(fc)I, fc - ~{ 5 lfl $ fc + ~{
(2.135)
O, altrimenti
Corrispondentemente, la densità spettrale di energia l/fy(fJ dell'uscita del filtro y(t) è appros-
simativamente legata alla densità spettrale di energia lf!x(fJ dell'ingresso del filtro x(t) nel
modo seguente:
(a)
IH(f)I
(b)
(e)
Questa relazione è illustrata in figura 2.33(c), la quale mostra che solo le componenti in
frequenza del segnale x(t) che giacciono internamente alla stretta banda passante del filtro
passa banda ideale raggiungono l'uscita. Dal teorema dell'energia di Rayleigh, l'èhergia
dell'uscita del filtro y(t) è data da
Ey = L~ t/ly(f) df
= 2 r
o
iPy(f) df
(2.138)
2 'il RAPPRESEND\Zl.ONE DI FOURIER DI SEGNALI E SISTEMI ISBN 978-88-408-J 387-5
L'equazione (2.138)afferma che la densità spettrale di energia a una frequenza fc del segnale
all'ingresso del filtro è uguale all'energia del segnale all'uscita del filtro divisa per 2/J.f dove/:,.(
è la banda del filtro centrata in fc· Possiamo interpretare quindi la densità spettrale di energia
a una qualsiasi frequenza f di un segnale a energia finita come l'energia per unità di banda, cui
danno contributo le componenti spettrali del segnale in un intorno della frequenza f
La situazione mostrata nello schema a blocchi di figura 2.33(a) fornisce così le basi per
la misurazione della densità spettrale di energia di un segnale a energia finita. Neilo specifico,
un diagramma della densità spettrale di energia in funzione della frequenza si può ottenere
usando un filtro passa banda variabile per scandire la banda di frequenze di interesse e deter-
minando l'energia all'uscita del filtro dopo averlo sintonizzato su ogni banda intermedia.
Notiamo, però, che, affinché la formula dell'eq. (2.138) sia valida e quindi Io schema di
figura 2.33(a) dia risultati validi, la banda !J.f deve rimanere costante al variare di fc·
La funzione di autocorrelazione fornisce una misura della similarità tra un segnale e una
replica ritardata nel tempo. In modo del tutto simile, possiamo utilizzare la funzione di
correlazione mutua come una misura della similarità tra un segnale e la versione ritardata
nel tempo di un secondo segnale. Siano x(t) e y(t) una coppia di segnali complessi a ener-
gia finita. La funzione di correlazione mutua di questa coppia di segnali è definita come
Osserviamo che se i due segnali x(t) e y(t) sono in qualche modo simili, la funzione di
correlazione mutua R xy( 'Z") avrà valore finito su un certo intervallo di 'Z" fornendo così una
misura quantitativa della similarità, o coerenza, tra loro. I segnali a energia finita x(t) e
y(t) si dicono ortogonali sull'intero asse temporale se Rxy(O) è zero, cioè, se
L'equazione (2.139) definisce un possibile valore per la funzione di correlazione mutua per
uno specificato valore della variabile ritardo -r. Possiamo definire una seconda funzione di
correlazione mutua per i segnali a energia finita x(t) e y(t) come
Dalle definizioni di funzioni di correlazione mutua Rxy( 'Z") e Ryx( 'Z") appena date, otteniamo
la relazione fondamentale
(2.142)
L'equazione (2.142) indica che, al contrario dalla convoluzione, la correlazione non è in
generale commutativa; cioè, Ryx('Z") ;t:. Rxy('Z") .
Per caratterizzare il comportamento della correlazione mutua di segnali a energia
finita nel dominio della frequenza, introduciamo la nozione di densità spettrale mutua.
Nello specifico, data una coppia di segnali complessi a energia finita x(t) e y(t), definiamo
le loro densità spettrali mutue, indicate con 1/fxy(f) e l/fyx(fl, come le rispettive trasformate
di Fourier delle funzioni di correlazione mutua Rxy( 'Z") e Ryx (-r), come indicato dalla
In accordo con il teorema della correlazione (cioè, Proprietà 13 della Sezione 2.2), abbiamo
quindi
iflxy(f) = X(f)Y*(f) (2.145)
e
rjJ yx(f) = Y(f)X*(f) (2.146)
Da questa coppia di relazioni, possiamo subito individuare due proprietà della densità spet-
trale mutua.
1. A differenza della densità spettrale di energia, la densità spettrale mutua è in generale
una funzione complessa.
2. rfixy(f) = if!;x(f) da cui segue che, in generale, l/fyx (fl F- l/fxy (f).
~ Esercizio 2.15 Si derivi la relazione dell'eq. (2.142) tra le due funzioni di correlazione
mutua Rxy( 't') e Ryx( •) <Il!!
~ Esercizio 2.17 Ripetere l'Esercizio 2.16 per l' impulso esponenziale doppio
exp(-at), t >O
g(t ) = { 1, t =o
exp(at), t <O
W
<
2 ~ 9 Densità spettrale di potenza
In questa sezione allarghiamo l'importante nozione di densità spettrale per includere la
classe dei segnali di potenza finita. La potenza media di un segnale x(t) è definita come
P = lim -T f
1 T lx(t)1 2 dt (2.147)
T~oo2
-T
Il segnale x(t) si dice segnale di potenza finita se è verificata la condizione
p < 00
Esempi di segnali di potenza finita includono segnali periodici e il rumore. In questa sezione
prendiamo in considerazione i segnali periodici (il rumore è trattato nel Capitolo 8).
Per sviluppare la nozione di distribuzione di potenza nel dominio delle frequenze,
abbiamo bisogno di conoscere la trasformata di Fourier del segnale x(t). Tuttavia, questo
può porre un serio problema, dato che i segnali di potenza hanno energia infinita e quindi
non sono trasformabili secondo Fourier. Per aggirare il problema, consideriamo una ver-
sione troncata del segnale x(t). In particolare, definiamo
Xr(t) ~ Xr(f)
Utilizzando il segnale troncato xy(t) possiamo riscrivere l'eq. (2.147) per la potenza media
P in termini di xy(t) come
P = }~002~1: lxr(t)l 2
dt (2.149)
Poiché Xy(t) ha energia finita, possiamo utilizzare il teorema dell'energia di Rayleigh per
esprimere l'energia di xy(t) in funzione della sua trasformata di Fourier Xy(f) come
J_~ lxr(t)l 2
dt = J_~ 1Xr(f)l 2
df
(2.152)
La funzione della frequenza Sx(fl è chiamata densità spettrale di potenza o spettro di potenza
del segnale a potenza limitata x(t), e la quantità (1Xy(f)l 2 /2TI) è chiamata periodogramma
del segnale.
Dall'eq. (2. 152), possiamo subito vedere che la densità spettrale di potenza è una
quantità reale non negativa a tutte le frequenze. Inoltre, dall'eq. (2.152) possiamo facilmente
dedurre che
L'equazione (2.153) afferma che: l'area totale sotto la curva della densità spettrale di potenza
di un segnale di potenza finita è uguale alla potenza media di quel segnale. La densità spet-
trale di potenza di un segnale di potenza finita, quindi, gioca un ruolo simile alla densità
spettrale di energia per i segnali a energia finita.
~ Esel!'chio 2.18 In senso implicito, l'eq. (2.153) esprime il teorema di Parseval della
potenza, che afferma che per un segnale periodico x(t) abbiamo
T
1 IT/2
-T/2
2
lx(t)f dt =
=
n~= IX(nfo)f
2
segue, dalla proprietà .di traslaziçine in frequenza (cioè dalla Proprietà 6) della trasformata di
Fourier, che · · . .
(2,157)
di almeno due volte della frequenza della più alta componente spettrale del segnale in
ingresso. Inoltre, se i campioni sono uniformemente spaziati di T 5 secondi, lo spettro del
segnale diventa periodico, ripetendosi ogni fs = l/T5 Hz. Indichiamo con N il numero di cam-
pioni in frequenza contenuti nell'intervallo fs. La risoluzione in frequenza dei calcoli nume-
rici della trasformata di Fourier è quindi definita come
Gk =
1
La sequenza {Go, G1, ... , GN-1} è chiamata la sequenza trasformata. Per brevità, ci rife-
riamo a questa nuova sequenza come Gk> in cui il pedice rappresenta l'indice di frequenza
k = O, 1, .. ., N - 1. Corrispondentemente, definiamo la trasformata discreta inversa di
Fourier (IDFT) di Gk come
1 N-1 (j2TT )
gn = N k~ Gkexp Nkn , n = O, 1, ... , N - 1 (2.163 )
Sequenza trasformata G k
Sequenza
di dati
g,,--=i
N
(a)
Sequenza
trasformata
Sequenza originaria
dei dati
,:·: -~· ,).(, _ __,.,..gn
(b)
generatori di segnale complesso, ognuno dei quali produce una sequenza esponenziale com-
plessa
exp( j27T
Nkn ) = cos(27T
Nkn ) + j sin(27T
Nkn )
È il caso di notare che, benché la DFT e la IDFT siano simili nelle loro formulazioni
matematiche, descritte nelle eq. (2.162) e (2.163 ), le loro interpretazioni, come indicato nelle
figure 2.34(a) e 2.34(b), sono sostanzialmente diverse.
Inoltre, la somma di segnali periodici in relazione armonica tra loro, come nelle
figure 2.34(a} e 2.34(b), suggerisce che le sequenze Gk e gn devono essere entrambe perio-
diche. Ancora, i processori mostrati nelle figure 2.34(a) e 2.34(b) devono essere lineari,
cosa che suggerisce che la DFT e la IDFT siano entrambe operazioni lineari. Questa
importante proprietà discende altrettanto ovviamente delle equazioni (2.162) e (2.163),
che le definiscono.
j27T)
W = exp ( -N (2.166)
WN = exp(-j27T) = 1
wN/z = exp( -j7T) = -1
W(k+/N) (n+ mN) = wkn, per m, I = o, +1 +2 , ...
_ , _
Cioè, wkn è periodico di periodo N. La periodicità di wkn è la chiave di volta nello sviluppo
degli algoritmi di FFT.
Sia N, il numero di punti nella sequenza di dati, una potenza di due, come indicato
da
dove L è un intero. Poiché N è un intero pari, N/2 è un intero, perciò possiamo dividere la
sequenza di dati nella prim<.1 metà e nella seconda metà di punti. Possiamo allora riscrivere
l'eq. (2. 165) nella forma equivalente
2L'algoritmo di trasformata veloce di Fourier (FFf) ha una storia lunga. La sua moderna scoperta (o riscoperta ,
per essere più prec isi) è amibuita a Coole y e Tuckey nel 1965; per dettagli si veda l'articolo di Cooley (1992).
2.10 Calcolo numerico della trasformata di Fourier 83
(N/2)-1 N-1
Gk = 2: gnW"k + 2: gnW"k
11=0 n=N/2
(N/2)-1 (N/2)-1
""
L,; gnW"k + "L,; gn+N/2Wk(n+N/2)
n=O n=O
(N/ 2)-1
2: (gn + gn+N;2WkN/2)Wk", k = O, 1, ... , N - 1 (2.167)
n=O
Notiamo che nella seconda riga dell'eq. (2.167), abbiamo cambiato l'indice della seconda
sommatoria, in modo che l'intervallo di somma sia lo stesso per entrambe. Poiché wN!2 = -1
abbiamo che
wkN/2 = (-W
Per la valutazione dell'eq. (2.167), procediamo considerando due casi, uno corrispondente
a valori pari di k e l'altro corrispondente a valori dispari di k. Nel caso di k pari, sia k = 2!
dove l =O, 1, ... , (N/2). Quindi definiamo
(2.168)
j47T)
W2 = exp( -N
j27T)
= exp( - N / 2
A questo punto, nella somma al secondo membro dell'eq. (2.169) riconosciamo la DFT di
N/2 punti della sequenza Xn·
Consideriamo ora il caso rimanente di k dispari e poniamo
N
k = 21 + 1, l = O, 1, .. ., Z - 1
Allora, per il caso di k dispari, possiamo porre l'eq. (2.167) nella forma corrispondente
(N/2)- 1
G 21+1 -- ""
..C..,
yn w (21+1)n
n=O
(N/2)-1
N
= L [y11W"](W 2/" , l = O, 1, ... , Z - 1 (2.171)
n=O
Nella somma al secondo membro dell'eq. (2.171) riconosciamo la DFT di N/2 punti della
sequenza modificata Yn W". Il coefficiente moltiplicativo è chiamato fattore di rotazione di
fase (in inglese twiddle factor).
Le equazioni (2.169) e (2.171) mostrano che i campioni di posizione pari e dispari della
sequenza trasformata Gk possono essere ottenuti dalle DFT di N/2 punti delle sequenze Xn
84 CAPITOW 2 ~~ RAPPRESENL\ZIONE DI fOURIBR DI SEGNALI E SISTEMI ISBN 978-88-408- 1387-5
Coefficienti per
frequenze pari
Coefficienti per
frequenze dispari
(a)
Go
Coefficienti per
frequenze pari
G2 I
G1
Coefficienti per
frequenze dispari
G3 I
(b )
::>:<:,____: :
-1
(e)
FIGURA 235 (a) Riduzione di una DFT di 8 punti in due DFT di 4 punti. (b) Riduzione
di una DFT di 4 punti in 2 DFT di 2 punti. (e) Caso banale di una DFT di 2 punti..
86 CAPITOLO 2 \:; RAPPRESENTAZIONE m fOURIER DI SEGNALI E SISTEMI ISBN 978-88-408-1 38 7-5
w1 w6 -1
Primo stadio Secondo stadio Terzo stadio
::::
~~i TABELLA 2.2 Illustrazione dell'ordinamento a bit invertiti.
•;-;i
L'algoritmo di FFT illustrato in figura 2 .36 è noto come algoritmo di decimazione in fre-
quenza, perché la sequenza di campioni trasformati (nelle frequenze) è divisa successiva-
mente in sequenze più piccole. In un altro popolare algoritmo di FFT, noto come algoritmo
di decimazione nel tempo, è la sequenza dei dati (nel tempo) a essere suddivisa successiva-
mente in sottosequenze più corte. Entrambi gli algoritmi hanno la stessa complessità com -
2.11 Esempio a tema: doppino intrecciato per telefonia 87
putazionale. Essi differiscono per due aspetti. Primo, per la decimazione in frequenza, l'in-
gresso è in ordine naturale mentre l'uscita è in ordine binario invertito. L'opposto si veri-
fica per la decimazione nel tempo. Secondo, la farfalla per la decimazione nel tempo è
leggermente diversa da quella per la decimazione in frequenza. Il lettore è invitato a svi-
luppare i dettagli dell'algoritmo di decimazione nel tempo usando la strategia del divide et
impera che ha portato a sviluppare l'àlgoritmo descritto in figura 2.36 {vedi Problema 2.50).
R L
G Uscita
FIGURA 2.38 Modello circuitale
a parametri concentrati
R L di una linea di trasmissione.
o I
-51
-10
éii'
~
-15
"'
N
N
"'
·o.
~ -20
.s
~
o -25
~
i:2
-30
-35
-40
10 100 1000 10000
Frequenza (Hz)
~... I cavi a coppie intrecciate vanno direttamente dalla centrale telefonica alle abitazioni
con una coppia dedicata a ciascuna linea telefonica. Conseguentemente le linee di
trasmissione possono essere notevolmente lunghe.
y... I risultati in figura 2.39 assumono un cavo continuo. Nella pratica vi sono parecchie
giunzioni, cavi con diametro differente lungo diverse parti del percorso, e così via. Que-
ste discontinuità-nel mezzo di trasmissione condizionano ulteriormente la risposta in
frequenza del cavo.
~- Osserviamo che, per un cavo lungo 2 km, la risposta in frequenza è abbastanza piatta
nella banda del segnale vocale per comunicazioni telefoniche, che va da 300 a 3400
Hz. Però, per il cavo lungo 8 km, la risposta in frequenza comincia a decrescere
appena al di sopra di 1 kHz.
1>· La risposta in frequenza crolla alla frequenza zero, poiché vi è una connessione capa-
citiva al carico e alla sorgente. Questa connessione capacitiva è messa in atto per per-
mettere alla potenza in continua di essere trasportata lungo il cavo per alimentare
l'apparecchio telefonico remoto.
L'analisi della risposta in frequenza di cavi più lunghi indica che essi possono essere miglio-
rati mediante l'aggiunta di opportuni carichi reattivi. Per questa ragione sentiamo spesso
parlare di linee caricate che includono induttori concentrati a intervalli regolari (tipica-
2. 12 Smnmario e d-istnissio-ne 89
~ 2~ 12 Sommario e discussione
W.i
r..;
PROBLEMI AGGIUNTIVI
2.19 (a) Si trovi la. trasformata di Fourier dell'impulso a mezzo coseno mostrato in figura 2.40(a).
(b) Si applichi la proprietà di traslazione nel tempo al risultato ottenuto nella parte (a), per
valutare lo spettro dell'impulso a mezzo seno mostrato in figura 2.40(b ).
(c) Qual è lo spettro dell'impulso a mezzo seno avente durata pari ad aT?
(d) Qual è lo spettro dell'impulso a mezzo seno negativo mostrato in figura 2.40(c)?
(e) Si trovi lo spettro dell'impulso a singolo seno mostrato in figura 2.40(d).
g(t) IA g(t ) I
_(ti
A '··
o T
(a) (b)
g(t) I
-T I
u~1>--~A-f-
(e) (d) FIGURA 2.40
2.20 Qualunque funzione g(t) può essere scomposta in modo non ambiguo in una parte pari e una
parte dispari, come mostrato dalla
g(t) = ge(t) + go(t)
La parte pari è definita come
1
g.(t) = 2[g(t) + g(-t)]
g(t ) = A rec{t- D
(b) Quali sono le trasformate di Fourier di queste due parti dell'impulso?
2.21 La seguente espressione può essere vista come una rappresentazione approssimata di un impulso
con tempo di salita finito:
lfr+T
g(t) =-:;:- i-T
(
exp - :~
2) du
Dove si assume che T >> -r. Si determini la trasformata di Fourier di g(t). Cosa succede a que-
sta trasformata quando si fa tendere a zero?
2.22 La trasformata di Fourier di un segnale g(t) sia denotata come G(f). Si dimostrino le seguenti
proprietà della trasformata di Fourier:
(a) Se il segnale reale g(t) è una funzione pari del tempo t, la trasformata di Fourier G(f) è pura-
Problemi aggiuntivi 91
mente reale. Se il segnale reale g(t) è una funzione dispari del tempo t, la trasformata di
Fourier G(f) è puramente immaginaria .
(b) tng(t) ~ (;71' J G(nl(f), dove G(n)(f) èla derivata n-ma di G(f) rispetto a f.
2.23 La trasfo rmata di Fourier G(f) di un segna le g(t) è limitata dalle tre seguenti ineguaglianze:
FIGURA 2.41
2.25 Un segnale x(t) di energia finita è applicato a un dispositivo quadratore la cui uscita è definita dalla
2
y(t) = X (t)
(a) Dati i valori dei k; e dei t;, dimostrare che la trasformata di Fourier di g(t) è data da
1 .
G(f) = - 1T2f 2 ~ k;exp(-;21Tft;)
4
(b) Usando questa procedura, si dimostri che la trasformata di Fourier dell'impulso trapezoi-
dale mostrato in figura 2.42 è data da
G(f) = t )
1T 212 lb - la
sin[?Tf(tb - l0 )] sin[?Tf(tb + t0 ) ]
g(t)
I
I
----~· ----·--~ -·------·--------L---·~--
-th -t. o t4 tb FIGURA 2.42
2.29 Un impulso rettangolare di ampiezza A e durata 2ta può essere visto come il caso limite del-
l'impulso rettangolare mostrato in figura 2.42 al tendere di t& a ta.
(a) Partendo dal risultato dato nella parte (b) del Problema 2.28, si dimostri che al tendere di
tb a ta, il risultato tende alla funzione sinc.
(b) Si riconcili il risultato derivato nella parte (a) con la coppia di trasformate dell'eq. (2.10).
2.30 Siano x(t) e y(t) l'ingresso e l'uscita di un filtro lineare tempo-invariante. Usando il teorema
dell'energia di Rayleigh, si mostri che, se il filtro è stabile e il segnale in ingresso x(t) ha ener-
gia finita, anche il segnale di uscita y(t) ha energia finita. Cioè, se
r~ jx(t)j 2
dt < 00
Allora
r~ jy(t) j2 dt < =
2.31 (a) Si determini la totale risposta in ampiezza della cascata mostrata in figura 2.43, consistente
di N stadi identici, ognuno con una costante di tempo RC pari a -r0•
(b) Si mostri che, al tendere di N all'infinito, la risposta in ampiezza della cascata tende alla fun-
zione Gaussiana dove per ogni valore di N, la costante di tempo ro è scelta in modo tale che
la condizione
2
'T
2
---
T
0 - 41T2N
sia soddisfatta.
-
R R R
-1~1tt•t•-
FIGURA 2,43
2.32 Si supponga che, per un dato segnale x(t), sia richiesto il valore del suo integrale in un intervallo
T, come mostrato da
y(l) = f
r-T
x(r) dr
Problemi aggiuntivi 93
(a) Si dimostri che y(t) può essere ottenuto facendo passare il segnale x(t) attraverso un filtro
con funzione di trasferimento data da ·
H (f) = T sinc(f T) exp( - frr f T)
(b) Un'adeguata approssimazione di questa funzione di trasferimento è ottenuta usando un fil-
tro passa basso con larghezza di banda pari a 1/T, ampiezza della risposta in banda passante
pari a T, e ritardo T/2. Assumendo che questo filtro passa basso sia ideale, si determini l'u-
scita del filtro al tempo t = T generata da una funzione gradino unitario applicata al filtro
in t = Oe si confronti il risultato con la corrispondente uscita dell'integratore ideale. Si noti
che Si(;r) = 1,85 e Si(=)= !d2.
2.33 Dimostrare che i due differenti impulsi definiti nelle parti (a) e (b) della figura 2.44 hanno la stessa
densità spettrale di energia:
4A2T 2 cos 2( 7TTf)
'l'g(f) = 7T2(4T2f2 - 1)2
g(t) g(t)
A
A
(a) (b)
FIGURA 2.44
2.34 Si determinino e si disegnino le funzioni di autocorrelazione dei seguenti impulsi esponenziali:
(a) g(t) = exp(-at)u(t)
(b) g(t) = exp(-a!ti)
(c) g(t) = exp(-at)u(t) - exp(at)u(-t )
dove u(t) è la funzione gradino unitario e u(-t) la sua versione ribaltata nel tempo.
2.35 Si determini e si disegni la funzione di autocorrelazione dell'impulso Gaussiano definito da
2
g(t) = _!_exp(- 1T; )
to to
2.36 La trasformata di Fourier di un segnale sia definita da sinc 2 (f). Dimostrare che la funzione di
autocorrelazione di questo segnale ha forma triangolare.
2.37 Trovare due differenti segnali impulsivi che abbiano esattamente la stessa funzione di autocor-
relazione.
2.38 Si consideri un segnale sinusoidale g(t) definito come
g(t) = A 0 + A 1 cos(27Tf1t + 81) + A 2 cos(27Tf2 t + 82 )
(a) Si determini la funzione di autocorrelazione Rg( 't") di questo segnale.
(b) Qual è il valore di Rg( O)?
(c) Si è persa qualche informazione su g(t) se se ne conosce la funzione di autocorrelazione? Spie-
gare.
2.39 Si determini la funzione di aurocorrelazione dell'impulso rettangolare triplo mostrato in
figura 2.45.
3T 3T
-2 2
-A FIGURA 2.45
94 CAPITOLO 2 ,:,: RAPPRESEl\'TAZIONE DI FOURJER DI SEGNALI E SISTEMI ISBN 978-88-408- l 387-5
2.40 Sia G(f) la trasformata di Fourier di un segnale reale a energia finita g(t) e Rg( r) rappresenti la
sua funzione di autocorrelazione. Dimostrare che
2.41 Si determinini la funzione di correlazione mutua R12(r) dell'impulso rettangolare g 1(t) e del tri-
plo impulso rettangolare g1(t) mostrati in figura 2.46, e la si disegni. Cos'è R21(r)? Questi due
segnali sono ortogonali tra loro? Perché?
1,0
________IL_______ _ -3 -I 3
-3 o 3 o
-I .O
i
FIGURA 2 .46
2.42 Si considerino due segnali a energia finita gi(t) e g2 (t). Questi due segnali siano ritardati di t 1 e
t 2 secondi, rispettivamente. Si dimostri che i ritardi temporali si sommano nell'effettuare la con-
voluzione della coppia di segnali ritardati, mentre si sottraggono nella loro correlazione mutua.
2.43 (a) Un segnale a energia finita x(t), la sua trasformata di Fourier X(f), la funzione di autocorrela-
zione R x( r) e la densità spettrale di energia 'lfx(fl sono tutti collegati tra loro, direttamente o indi-
rettamente. Si costruisca un grafo di flusso che rappresenti tutte le loro possibili relazioni.
(b) Se è data la descrizione nel dominio della frequenza X(f), la funzione di autocorrelazione
Rx( r) può essere calcolata a partire da X(f). Si delineino due modi in cui questo calcolo può
essere effettuato.
2.44 Si trovi la funzione di autocorrelazione di un segnale di potenza finita g(t) la cui densità spet-
trale di potenza è rappresentata in figura 2.47. Qual è il valore di questa funzione di autocor-
relazione nell'origine?
~- I
ì
~~--L__
l____.~_
FIGURA 2.47
-2 -I O 2
2.45 Si consideri l'onda quadra g(t) mostrata in figura 2.48. Si trovi la densità spettrale di potenza,
la potenza media e la funzione di autocorrelazione di quest'onda quadra. L'onda ha una potenza
in continua? Si giustifichi la risposta.
g(t)
I
l,O I
~~JE~=:r-s--·-·-1-3
···-··D
.---······- 3 5
---- t (secondi)
7
FIGURA 2.48
Problemi avanzati 95
2.46 Si considerino due segnali periodici, gpl (t) e gp2(t), che hanno le seguenti rappresentazioni in serie
complesse di Fourier:
gp1(t) = n ~~ expCZ~nt)
C1,n
e
~
gp2(t) = "~~ Cz,n exp
(j27rnt)
-r;-
I due segnali hanno uno stesso periodo pari a T 0 .
Usando la seguente definizione di correlazione mutua per una coppia di segnali periodici,
Rn(r) = T,
1 JT ,J2 gP (t)gMt - T) dt
1
O - T11/2
si dimostri che l'assegnata coppia di segnali periodici soddisfa la coppia di trasfo rmate
Rdr) ~ n~-~
i C1 . nctn a(f - !!_)
To
2.47 Un segnale periodico gp(t) di periodo T 0 è rappresentato dalla serie complessa di Fourier
~
gp(t) = L: cn exp(j27rnt/ T0 )
n=-cc
A, - To ::s t ::s To
gp(t) = 4 4
{
O, per la parte rimanente del periodo To
2.49 Si determini la densità spettrale di potenza (a) dell'onda sinusoidale del Problema 2.47, e (b) del-
l'onda quadra del Problema 2.48.
2.50 Seguendo una procedura simile a quella descritta nella Sezione 2.10, che ha portato al grafo di
flusso di figura 2.36 per l'algoritmo di FFT a 8 punti, basato sulla decimazione in frequenza:
(a) Si sviluppi il corrispondente grafo di flusso per l'algoritmo di FFT a 8 punti basato sulla deci-
mazione nel tempo.
(b) Si confronti il grafo di flusso ottenuto nella parte (a) con quello descritto in figura 2.36, met-
tendo in evidenza le somiglianze e le differenze tra questi due metodi di base utilizzati per
ricavare l'algoritmo della FFT.
2.51 (a) La banda quadratica media (rms) di un segnale passa basso g(t) di energia finita è definita come
~ ]1/2
Wrms = -~2IG(f)/2 df
lff_~ IG(f) \ df
2
96 CAPITOLO 2 1;,: RAPPRESENIAZIONE m Fm.ìRIER DI SEGNALI E SISTEMI ISBN 978-88-408-1387-5
dove IG(f)l 2 è la densità spettrale di energia del segnale. Correspondentemente, la durata qua-
dratica media (rms) del segnale è definita come
Trms =
=
. -:12[g(t)[2 dt
11/2
[I
J_~ [g(t)f 2 dt
Usando queste definizioni, mostrare che
g(t) = exp(-m 2)
in cui si pone
e
dg(t)
g1(t) = dt
2.52 La trasformata di Hilbert di un segnale trasformabile secondo Fourier g(t) è definita come
,
g(t) = -
1 J= --dT
g(r)
1T -= t - T
g(t) = --
1 J= -g(T)- dr
1T -= t - T
Usando queste due formule, si derivi il seguente insieme di coppie di trasformate di Hilbert:
g(t) g(t)
sin t 1 - cos t
t
rect(t) -~lnl(i - ~)/(r +~)I
1
ò(t)
1Tt
t
1 +t 2
1 + t2
.Prohle-mi avanzati 97
2.53 Si valuti la trasformata inversa di Fourier della funzione monolatera delle frequenze
~xp(-f), f >O
G(f) =
{ 2'
o,
f =O
f <o
Quindi, si m ostri che g(t) è complessa, e che la sua parte reale e la sua parte immaginaria costi-
tuiscono una coppia di trasformate di Hilbert.
2.54 Un trasformatore di Hilbert può essere visto come un dispositivo la cui funzione di trasferi-
mento gode delle seguenti proprietà:
(a) La risposta in ampiezza è unitaria per tutte le frequenze positive e negative.
(b) La risposta di fase è +90° per frequenze negative e -90° per frequenze positive.
Partendo dalla definizione di trasforma ta di Hilbert data nel Problema 2.52, mostrare la vali-
dità della descrizione nel dominio della frequenza contenuta nelle parti (a) e (b).
(e) La trasformata di Hilbert è fisicamente realizzabile? Giustificare la risposta.
MODULAZIONE D'AMPIEZZA
Questi quattro tipi di modulazione differiscono per le loro caratteristiche spettrali. Il loro
studio ci insegnerà le seguenti lezioni:
~Lezione 1: L'analisi di Fourier fornisce un potente strumento matematico per comprendere
sia da un punto di vista matematico sia da un punto di vista fisico le caratteristiche spet-
trali delle tecniche di modulazione lineare.
~ Lezione 2: L'implementazione dì comunicazioni analogiche è significativamente semplifi-
cata dall'uso della AM, a spese di potenza trasmessa e di larghezza di banda.
99
100 CAPITOLO 3 '''' MODULAZIONE D'Ai'VIPIEZZA ISB N 978-88-408-1387-5
~Lezione 3: Un uso migliore della potenza trasmessa e della banda del canale può essere
ottenuto mediante ben definite modifiche al contenuto spettrale di un'onda modulata
d'ampiezza al costo di un aumento nella complessità del sistema.
In breve, possiamo formulare la regola:
Nel progetto di un sistema di comunicazioni non esistono scappatoie: per ogni guadagno
ottenuto, c'è un prezzo da pagare.
W 3o l Modulazione d'ampiezza
1 In tutto il testo il termine "modulazione d'ampiezza" , o in breve AM, è usato per indicare quella particolare forma
di modulazione nella quale sono presenti l'onda portante ed entrambe le bande laterali.
3. 1 Modidazione d'ampiezza 101
m(t)
(a)
s(t)
+I
--
o
-I
-- (b)
s( t) ·
- ' ' -, I
I
+I
o
-I
/
...... /
,,,. ......
/
,/
(e)
FIGURA 3.1 Illustrazione del processo di modulazione d'ampiezza. (a) Segnale modulante m(t).
(b) OndaAM per lkam(t) <li per tutti i t. (e) OndaAM per lkam(t)I > 1 per qualche t.
AM in ogni istante di tempo. Il massimo del valore assoluto di kam(t) moltiplicato per
100 è indicato come la percent uale di modulazione. ·
2. La frequenza della portante è molto più grande della massima frequenza W nello
spettro del segnale modulante m(t), cioè
fc » W (3.4)
Chiamiamo W la banda del segnale modulante. Se la condizione dell'eq. (3.4) non è sod-
disfatta, un inviluppo non può essere visualizzato (e quindi rivelato) correttamente.
Sempre che le condizioni delle equazioni (3.3) e (3.4) siano soddisfatte, la demodulazione
dell'onda AM si può ottenere usando un rivelatore a inviluppo, che è definito come un
dispositivo la cui uscita segue l'inviluppo dell'onda AM applicata al suo ingresso. La rive-
lazione a inviluppo sarà discussa in seguito.
Il successivo argomento di discussione è la descrizione dell' AM nel dominio delle fre-
quenze. Sia m(t) :;:=::::::: M(f), in cui la trasformata di Fourier M(f) viene detta spettro del
segnale modulante. Dall'eq. (3.2) ricaviamo che la trasformata di Fourier o spettro del-
l'onda AM s(t) è
A kA
S(f) = -f [o(f - le)+ o(f +!e)]+ T[M(f - fc) + M(f + fc)J (3.5)
M(f)
M(O)
f
-W o w
(a)
S(f)
I
~e o(f-(J I
~e o(f-fc)
I~ kaAcM(O)
r-
I
---
I
!
-fc- W -fc -fc+ W o fc- w fc fc+ W
(b)
F~GURA 3.2 (a) Spettro del segnale modulante m(t). (b) Spettro dell'onda s(t).
/
)i ' :
103
positive (e, quindi, misurabili), sempre che la frequenza della portante soddisfi la con-
dizione fc > W; in ciò si evidenzia l'importanza del concetto di frequenze '.'~~E)éltive " ,
enfatizzato nel Capitolo 2. ~·'""".ii!Z'<~'"""- • , -- " ..
2. Per frequenze positive, la porzione dello spettro di un'onda AM che giace oltre la fre-
quenza della portante fc è detta banda laterale superiore, mentre la porzione sim-
metrica dello spettro al disotto di fc è detta banda laterale inferiore. La condizione fc > W
assicura che le bande laterali non si sovrappongano. Inoltre, con banda laterale supe-
riore, banda laterale inferiore e portante tutte presenti nello spettro di figura 3.2(b),
la portante modulata viene definita di tipo AM, in accordo con la nota 1.
3. Per frequenze positive, la frequenza più alta nello spettro dell'onda AM è pari a fc + W
e la frequenza più bassa è pari a fc - W. La differenza tra queste due frequenze defi-
nisce la banda di trasmissione By dell'onda AM, che è esattamente il doppio della
banda W del segnale modulante, cioè
By =2W (3.6)
Esprimendo il prodotto dei due coseni nell'eq. (3.7) come la somma di due segnali sinusoidali,
uno di frequenza f, + f me l'altro di frequenza f, - fm otteniamo
1 1
s(t) = A ccos(27Tfct) + 2µ.A ccos[h(fc + fm)t] + 2µ.A ccos[2'1T(fc - fm)t]
Lo spettro di un'onda AM, quindi, consiste, nel caso particolare di modulazione sinusoidale,
di funzioni delta in± (0 fc ± fm e - fc ± fm, come mostrato in figura 3.3(c).
104 CAPITOLO 3 . ~l MODUI.AZIONE n' AMPIEZZA ISBN 978-88-408-1387-5
t onlo
-fc
t
f,
t -f,t t o
--! 2fm j-+-
FIGURA 3.3 Illustrazione delle caratteristiche nel dominio del tempo (sulla sinistra) e nel
dominio della frequenza (sulla destra) della modulazione d'ampiezza prodotta da un tono
singolo: (a) onda modulante. (b) onda portante. (e) onda AM.
In pratica, l'onda AM s(t ) è una forma d'onda di tensione o di corrente. In entrambi i casi,
la potenza media fornita a un resistore di 1 ohm da s(t) è costituita da tre componenti {con
riferimento all'Esempio 3.1):
1 2
Potenza della portante = 2A,
1 2A 2
Potenza della frequenza laterale superiore = -11.
,.,.. e
8
1 2 2
Potenza della frequenza laterale inferiore = g.U Ac
Per una resistenza di carico R diversa da 1 ohm, come in pratica avviene di solito, le espres-
sioni per le potenze della portante, della banda laterale superiore e della banda laterale infe-
riore vanno semplicemente scalate del fattore 1/R o R, in dipendenza dal fatto che l'onda
modulata s{t) sia rispettivamente una tensione o una corrente. In ogni caso, il rapporto tra la
potenza totale delle bande laterali e la potenza totale dell'onda modulata è uguale a µ 2/(2 + µ 2 ),
che dipende solo dal fattore di modulazioneµ. Seµ= 1, cioè, si usa una modulazione al 100%,
la potenza complessiva nelle due frequenze laterali dell'onda AM risultante è solo un terzo
della potenza totale dell'onda modulata.
La figura 3.4 mostra la percentuale della potenza totale nelle due frequenze laterali
e nella portante in funzione della percentuale di modulazione. Notiamo che, quando la
percentuale di modulazione è inferiore al 20%, la potenza in una frequenza laterale è infe-
riore all'1 % della potenza totale dell'onda AM.
- ---··---·- - - -·
3.1 i"1odulazìone d'ampiezza 105
100
~g .i
"'"' 80
~ "s
:g ~
60
Portante
- .,
"l:l
Ol N
g~ 40
"2 c.
o Bande laterali
~
20
FIGURA 3.4 Variazioni con la percentuale
di modulazione della potenza nella portante
o 20 40 60 e della totale potenza nelle bande laterali
Percentuale di modulazione nella modulazione d'ampiezza.
:;r: ,___
-4,0
i _______ _j_ ______
-3,0 - 2,0
~, _J_J__--~!~1.
-l ,O O l ,O
I
2,0
________ _L_j
3,0 4,0
Frequenza (Hz)
(b)
o'[ j_'
0.4 1
':l~-J..J.l...----1.J.l....J
0,4
Frequenza (Hz)
(e)
FIGURA 3.5 Modulazione d'ampiezza con 50% di modulazione: (a) onda AM, (b) spettro
d'ampiezza dell'onda AM e (e) spettro d'ampiezza espanso intorno alla frequenza della
portante.
~
N
"
·a
E
o
<t:
-1
- 2 .....______;__........ _J. ____________L ____ t_ _______..J_____ J ____ _l ____ __L ____ ...c'- - - - '
O 20 40 60 80 lOO 120 140 160 180
Tempo (s)
(a )
o 8 ,------
.I
I
-i--;-J
Dominio della frequenza
0,6
~
0,4 -
l
~ ~
0,2
-1
o 0,35 0,4 0,45
Frequenza (Hz)
(e)
F IGURA 3.6 Modulazione d'ampiezza con 100% di modulazione: (a) ondaAl\1, (b) spettro
d'ampiezza dell'onda AJ\11 e (e) spettro d'ampiezza espanso intorno alla frequenza
della portante.
._ Eserdzfo 3.1 Nel caso di modulazione al 100%, è possibile che l'inviluppo di un'onda
AM si annulli in alcuni istanti di tempo t? Giustificare la risposta. ~
lii> Esel'dzio 3.2 N el caso particolare di AM con segnale modulante sinusoidale, l' indice di
modulazione sia pari al 20 %. Calcolare la potenza media (a ) della portante e (b) di ciascuna fre-
quenza latera le. <Il!!
2
"'
N
N
" o
·a.
E
<
-2
Tempo (s)
(a )
~:: r~--r-
0.4l
0,2
0,6 -
0,4 - -
0,2 - -
O'----_u.'..__ __,~1..__ __...u.....~----
0,35 0,4 0,45
Frequenza (Hz)
(e)
!lii> Esercizio 3.4 Un modulatore quadratico per generare una portante modulata AM si avvale
dell'uso di un dispositivo non lineare (ad esempio un diodo); la figura 3.8 rappresenta la forma più
semplice di un tale modulatore. Ignorando termini di ordine superiore, la caratteristica ingresso-uscita
della combinazione diodo-resistenza di carico sia rappresentata dalla relazione quadratica:
Diodo
(dispositivo non lineare)
Segnale modulante
m(t)
Onda portante
I Carico v2(t)
A, cos(27rfctl
L-.....L..------'
_J F!GlJRA3.8
un diodo.
Circuito non lineare che utilizza
3.l Modula:::ione d 1mnpie=a 109
!Il CUl
v 1(t) = A, cos(27Tf,t) + m(t)
è il segnale in ingresso, v2(t) è il segnale d'uscita prelevato ai capi della resistenza di carico, e a1
e a1 sono delle costanti.
(a) Determinare il contenuto spettrale del segnale di uscita v2 (t).
(b) Per estrarre la desiderata onda AM da vz(t) abbiamo bisogno di un filtro passa banda
(non mostrato in fig. 3.8). Determinare le frequenze di taglio del filtro richiesto, assu-
mendo che il segnale modulante sia limitato nella banda -W S f S W. .
(e) Per evitare distorsione spettrale per la presenza di indesiderati prodotti di modulazione in
vz(t), la condizione W < fc < 3 W deve essere soddisfatta; verificare questa affermazione.
-~
1. L'onda AM sia a banda stretta, ovvero la frequenza della portante sia grande se con-
frontata con la banda del segnale modulante.
2. La percentuale di modulazione nell'onda AM sia inferiore al 100%.
Un rivelatore a inviluppo del tipo serie è illustrato in figura 3.9(a), e consiste in un diodo
e una cella resistenza-capacità (RC). Il funzionamento di questo rivelatore a inviluppo è il
seguente. In una semionda positiva del segnale in ingresso, il diodo è polarizzato diretta-
mente e il condensatore C si carica rapidamente ~~-~.L~wA!s Quando il
segnale scende al disotto di questo valore, il diodo diventa polarizzato inversamente e il con-
densatore C si scarica lentamente attraverso la resistenza di carico R1. Il processo di sca-
rica continua fino alla successiva semionda positiva. Quando il segnale in ingresso diventa
più grande della tensione ai capi del condensatore, il diodo riprende a condurre e il pro-
cesso si ripete . .Noi assumiamo che il diodo sia ideale, presentando resistenza rral flusso di
corrente nella regione di polarizzazione diretta e resistenza infinita nella regione di pola-
rizzazione inversa. Assumiamo inoltre che l'onda AM applicata al rivelatore a inviluppo sia
fornita da una sorgente di tensione con impedenza interna Rs. La costante di tellll?o di
carica (rr + R 5 )C deve essere piccola rispetto al periodo della portante llfc, cioè,
1
(rf + Rs)C « fc
2 Nella prefazione abbiamo evidenziato che l'approccio adottato in questo testo è di tipo sistemistico. Nel descri-
vere in dettaglio il rivelatore a inviluppo stiamo chiaramente facendo un'eccezione. Il motivo sta nella constata-
zione del fatto che il rivelatore a inviluppo, in virtù della sua semplicità, è usato in quasi tutti i r icevitori AM
commerciali. In effetti, la semplicità costruttiva di trasmettitori e ricevitori AM è un fattore economico così forre
che, nonostante il dilagante dominio delle comunicazioni digitali, la modulazione d'ampiezza continuerà a tro-
vare usi pratici in una forma o in un'altra.
HO CAPITOLO 3 ~;: i\10DUI.AZIONE D 1AMPIEZZA ISB N 978-88-408-1387-5
f
f
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Uscita
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1
OndaAM
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1.5
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0,01 0,02
Tempo (s)
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0,4 ~-·
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o.ol --·-·-----····-····--·-···-----··-·J......·------···-···-----·-··- ---·-·-···-
0 0,01 0,02
Tempo (s)
( e)
F IGURA 3.9 Rivelatore a inviluppo. (a) Schema circuitale. (b) OndaAM in ingresso.
(e) Uscita dal demodulatore a inviluppo.
3.2 Pregi, limiti e varianti della m-0dulazione d'ampiezza lll
portante, ma non così lunga che la tensione sul condensatore non sia in grado di scaricarsi
alla massima velocità di variazione del segnale modulante, cioè,
1 1
7<< R1C <<-
!e W
dove W è la banda del segnale modulante. Il risultato è che la tensione ai capi del conden-
satore, ovvero l'uscita del rivelatore, è quasi la stessa dell'inviluppo dell'onda AM, come
dimostrato nel seguito.
Per superare queste due limitazioni dell'AM, dobbiamo effettuare alcuni cambiamenti che
producono un aumento di complessità del processo di modulazione d'ampiezza. In effetti,
cerchiamo una soluzione di compromesso tra complessità del sistema e uso più efficiente
delle risorse. Partendo dalla modulazione d'ampiezza, possiamo distinguere tre varianti:
1. Modulazione in doppia banda laterale e portante soppressa (DSB-SC, dall'inglese
Double Side Band,Suppressed Carrier), in cui l'onda trasmessa ~ · cosrìtuita solo dalle
bande laterali superiore e inferiore. Il risparmio di potenza trasmessa è ottenuto
mediante la soppressione dell'onda portante, ma la banda di canale richiesta è la
stessa del caso precedente (cioè, due volte la banda del segnale modulante).
2. Modulazione a banda laterale unica (SSB, dall'inglese Single Side Band), in cui
l'onda modulata è costituita solo dalla banda laterale superiore o da quella inferiore.
La funzione essenziale della modulazione SSB è quindi quella di traslare lo spettro
del segnale modulante (con o senza ribaltamento} a una nuova posizione nel domi-
nio delle frequenze. La modulazione in banda laterale unica è particolarmente
adatta alla trasmissione del segnale vocale in virtù dell'assenza di componenti spet-
trali tra zero e poche centinaia di hertz. L'SSB è la forma migliore di modulazione
a onda continua, poiché richiede la minima potenza trasmessa e la minima lar-
ghezza di banda; i suoi principali svantaggi sono l'aumentata complessità e la limi-
tata applicabilità.
3. Modulazione in banda vestigiale o banda laterale parzialmente soppressa {VSB, dal-
l'inglese Vestigia! Side 'Band), in cui una banda laterale è trasmessa quasi completa-
mente e solo una traccia, o vestigio, dell'altra banda è mantenuta. La banda di canale
richiesta è quindi leggermente più grande della banda del segnale modulante, di una
quantità pari alla larghezza della banda vestigiale. Questa forma di modulazione si
adatta berte alla trasmissione di segnali a banda larga che contengano componenti
significative di segnale a frequenze molto basse, come il segnale televisivo. Nella dif-
fusione televisiva commerciale una portante di ampiezza ragguardevole è trasmessa
insieme all'onda modulata, cosa che rende possibile nel ricevitore la demodulazione
del segnale mediante rivelazione a inviluppo con conseguente semplificazione del pro-
getto del ricevitore.
Nella Sezione 3.3 discutiamo la modulazione DSB-SC, nelle sezioni successive le forme di
modulazione SSB e VSB.
6$! TEORIA
m(t)
'I
I
O,
I
'
Ii (a)
s(t)
o~ -
I /
FIGURA 3.10 (a) Segnale modulante
i m(t). (b) Onda modulata in DSB-SC
(b) s(t).
M(f)
21\.~-r
-W o
(a)
w
S(f)
l .!.AcM(O)
--J-;J\-----4!_-----~-------_----i--~------_- - --+<---/\--+-!
---+-!
-fc o fc
1--2w-·~ (b)
1--2w---j
F~mmA 3.1 l (a) Spettro del segnale modulante m(t). (b) Spettro dell'onda modulata
DSB-SC s(t).
H4 CAPJTOLO 3 fZ MODULAZIONE D'AMPIEZZA ISBN 978-88-408-1387-5
questo vuol dire che la semplice demodulazione con un rivelatore a inviluppo non è una
scelta percorribile per la modulazione DSB-SC.
Dall'eq. (3.8), la trasformata di Fourier di s(t) si ottiene come
1
S(f) = 2Ac[M(f - fc) + M(f + fc)J (3.9)
dove m(t) ~ M(f). Nel caso in cui il segnale modulante m(t) sia limitato alla banda
-W S: f ~ W, come in figura 3.ll(a), troviamo che lo spettro S( f) dell'onda DSB-SC s(t) è
come illustrato in figura 3.ll(b). Tranne per un fattore di scala, il processo di modula-
zione semplicemente trasla lo spettro del segnale modulante di fc verso destra e di - fc verso
sinistra. Naturalmente, la banda di trasmissione richiesta dal sistema DSB-SC è la stessa della
modulazione d'ampiezza, vale a dire, 2 W.
In breve, per quanto riguarda l'occupazione di banda, la DSB-SC non offre alcun
vantaggio rispetto ali' AM. Il suo unico vantaggio sta nel risparmiare potenza trasmessa, che
è abbastanza importante quando la potenza ·disponibile in trasmissione è molto costosa.
.·.·•·• InvqqandqJ'çq,JJ;9), lb spettro tiàslato tAc:M (f.-fc) definisce le diiefrequenze laterali nelle
·•· friquéfoài p~$rtiv~: · >.•. . ··•··.·· ·• · .· .· · . · · .• ·•· ·•.· · · ··· · · ·· · · · ·
i · · · . .• . · ···'
41cr1,m8(f i - (fc + fm)); 1
4AcAmS(f -(fc ~fm))
< ) <<
·L' altfr> ~petfr()
/ i
tra~fai:o dell'eq.
<<> < > ... . r ·•. .
(3 .9), .vale a dire 2 AcM (f
< .· •· .. > > ·..... / ·.• . ·.•. . <
+ fc), ·definisce le restanti di.re fre-
.querize•J<\ti!tali '1t'llle•frequenze11égativé;
lii- Esercizio 3.5 Per la modulazione DSB-SC con segnale sinusoidale considerata nell'E-
sempio 3.2, qual è la potenza media della frequenza laterale inferiore o superiore~ espressa
come percentuale della totale potenza media dell'onda modulata DSB-SC? <lii
Poiché l'inviluppo della portante modulata DSB-SC s(t) è diverso dal segnale modulante m{t),
dobbiamo trovare qualche altro mezzo per recuperare m(t) da s(t). A questo scopo, osserviamo
che cos2 (2tifct) contiene un termine costante, come dimostrato dall'uguaglianza trigonometrica
1 1
2
cos (8) = 2 + 2 cos(28)
Alla luce di questa relazione, riscritta per fJ = 2tifct, vediamo dall'eq. (3.8) che il recupero
del segnale modulante m(t) può essere ottenuto dapprima moltiplicando s(t) con un'onda
sinusoidale generata localmente e poi filtrando passa basso il prodotto. Si assume che il
segnale dell'oscillatore locale sia esattamente coerente o sincronizzato, sia in frequenza che
in fase, con l'onda portante c(t) usata nel modulatore a prodotto per generare s(t). Questo
metodo di demodulazione è noto come rivelazione coerente o demodulazione sincrona.
3.3 Modulazrone in doppia banda laterale e portante soppressa ll 5
È istruttivo derivare la rivelazione coerente come caso particolare del più generale pro-
cesso di demodulazione che usi un segnale dall'oscillatore locale, che sia della stessa fre-
quenza, ma con un'arbitrar0_ d~E~!!~.~..ç!_i ,f::t?.e.~1 misurata rispetto all'onda portante c{t).
Perciò, indica~(2nfct +</>)il segnale dell'oscillatore locale e usando l'eq. (3.8)
per l'onda DSB-SC troviamo che l'uscita dal modulatore a prodotto in figura 3.12 è
v(t) = A~cos(27r/J + <f>)s(t)
= AcA~ cos(211f ct) cos(21Tfct + <P)m(t)
1 1
= 2AcA~cos(41Tfct + <f>)m(t) + 2AcA'ccos(cf>)m(t) (3.10)
Il segnale demodulato v0 (t) è perciò proporzionale a m(t) quando l'errore di fase </J è
costante. L'ampiezza di questo segnale demodulato è_i:n:assima q'::_a.r:ido ljJ = O ed è minima
-2fc
~f-2W--j
F!CURA 3.1 3 Illustrazione dello spettro (cioè v(f)) dell'uscita v(t) dal modulatore a prodotto
nel rivelatore coerente di figura 3.12, prodotta in risposta all'onda modulata DSB-SC
all 'ingresso del rivelatore.
116 CAP!TOLO 3 ''X MODULAZIONE D'AMPIEZZA ISBN 978-88-408-1387-5
(zero) quando </> = ±n:/2. Il segnale demodulato di ampiezza nulla, che si verifica per <jJ
= ±n:/2 rappresenta l'effetto di zero in quadratura, che è una proprietà intrinseca della
rivelazione coerente. Dunque l'errore di fase !f> nell'oscillazione locale fa si che il segnale
all'uscita del rivelatore sia attenuato di un fattore pari a cos!f>. Finché l'errore di fase
!/>è costante, l'uscita del rivelatore fornisce una versione non distorta del segnale modu-
lante m(t). In pratica, però, normalmente troviamo che l'errore di fase !f> varia casual-
mente con il tempo, per disturbi casuali introdotti dal mezzo trasmissivo. Come
risultato, all' uscita del rivelatore anche il fattore moltiplicativo cos<jJ varierebbe casual-
mente nel tempo, che è ovviamente un effetto indesiderabile. Nel ricevitore bisogna,
perciò, prendere opportune misure per mantenere l'oscillatore locale in sincronismo,
sia in frequenza che in fase, con l'onda portante che nel trasmettitore è stata usata per
generare il segnare modulato in DSB-SC. La complessità del sistema risultante è il
prezzo da pagare per la soppressione dell'onda portante al fine di risparmiare potenza
in trasmissione.
~ Esell"cizio 3.6 I..: onda modulata sinusoidalmenre in DSB-SC dell'Esempio 3.2 è applicata
a un modulatore a prodotto che usa una sinusoide generata localmente di ampiezza unitaria e
che è sincrona con la portante modulata.
(a) Determinare l'uscita del modulatore a prodotto, indicata con v(t).
(b) Identificare in v(t) i due termini sinusoidali che sono prodotti dall'onda modulata DSB-
SC nelle frequenze positive e i due rimanenti termini sinusoidali prodotti dall'onda modu-
lata DSB-SC nelle frequenze negative. ~
~ Es.ercizfo 3. 7 Il rivelatore coerente per la demodulazione della DSB-SC non riesce a operare
soddisfacentemente se il modulatore genera sovrapposizione spettrale. Spiegarne il motivo. ~
"' 0,5
:::J
·5. o
E I
<i: -0,51 I
-1 t.:________j______,~1~-~------'----'----'------'----1.----'-----'
o 20 ® ~ w 100 120 140 160 180
Tempo (s)
(a)
0,3 r
1 -
I
0,21- "
tj_~-- ____i_JL_o _j
0
: _ L _ _ J ____ _J ___
-4,0 -3,0 -2,0 -1,0 1,0 2,0 3,0 4,0
Frequenza (Hz)
(b)
FIGURA 3.14 Modulazione DSB-SC: (a) onda modulata DSB-SC, (b) spettro d'ampi~zza
dell'onda modulata e (e) spettro allargato intorno alla frequenza della portante.
:. Una nuova onda modulata DSB-SC con frequenza della portante raddop-
piata e pari a 0,8 Hz; in realtà, le due frequenze laterali di quest'onda
modulata sono poste a 0,75 e a 0,85 Hz, esattamente dove dovrebbero
essere.
(ii) La figura 3.15(c) mostra la forma dell'onda complessivamente all'uscita del
rivelatore coerente, onda che si ottiene passando l'uscita del moltiplicatore a
prodotto attraverso il filtro passa basso. Tranne che per gli effetti del transito-
rio del filtro, che si manifestano all'inizio del processo. di rivelazione, la forma
d'onda è riconoscibile come la desiderata sinusoide modulante alla frequenza
di 0,05 Hz. Questo risultato è ulteriormente confermato nello spettro d'am-
piezza mostrato in figura 3.15(d); il piedistallo su cui giace la riga spettrale a
0,05 Hz è dovuto agli effetti di transitorio appena descritti.
118 CAPITOLO 3 ::,; MODULAZIONE D'AMPIEZZA ISBN 978-88-408-1387-5
o:: ~-r-i--1-r-1.
0,5
0,25 ·1
0,2
o
0,15
I
- 0,5 ~ -j 0,1
-1
Ir· _j 0,05
o o
20 40 60 80 100 120 140 160 180 200 o 1.0
Tempo (s) Frequenza (Hz)
(a) (b)
0,25 1 i ~; --,
0.2
Ir
0.15n
I
0,1
::;r
-O 8 ______..........._ __,___~_ _..____~_ _,1_ _ _.___ _L __ __L__
0,05
or:::::::::::=-~~_J_~~--i
-1
.o 20 40 60 80 100 120 140 160 180 200 o 0,5
Tempo (s) Frequenza (Hz)
(e) (d)
FIGURA 3.15 Rivelazione coerente di un'onda modulata in DSB-SC: (a) forma d'onda del
segnale all'uscita del modulatore a prodotto, (b) spettro d'ampiezza del segnale del punto (a); (e)
forma d'onda all'uscita del filtro passa basso e (d) spettro d'ampiezza del segnale del punto (e).
La rivelazione coerente di una portante modulata DSB-SC richiede che la portante gene-
rata localmente al ricevitore sia sincrona in frequenza e fase con l'oscillazione responsabile
di aver generato la portante nel trasmettitore. Questo è un requisito piuttosto stringente,
tanto più che la portante è soppressa nel segnale DSB-SC trasmesso. Un modo per soddi-
sfare questo requisito è usare il ricevitore di Costas illustrato in figura 3 .16. Questo rice-
vitore consiste di due ricevitori coerenti pilotati dallo stesso segnale di ingresso, cioè l'onda
DSB-SC ricevuta Ac cos(ln fct)m(t), ma con due oscillazioni locali che sono tra loro in qua-
dratura di fase. La frequenza dell'oscillatore locale è regolata in modo da essere identica
alla frequenza della portante fc; si suppone che essa sia nota a priori. Questa ipotesi è ragio-
nevole poiché il progettista del sistema ha accesso alle specifiche di dettaglio sia del tra-
smettitore che del ricevitore. Il rivelatore nel ramo superiore è indicato come il rivelatore
coerente in fase o canale I e il rivelatore nel ramo inferiore è indicato come il rivelatore coe-
rente in quadratura o canale Q. Questi due rivelatori sono accoppiati per forma re un
sistema con reazione negativa progettato in modo tale da mantenere l'oscillatore locale in
sincronismo con l'onda portante.
3.4 Ricevitore di Costas 119
._ Esercizio 3.8 Come appena ricordato, il discriminatore di fase nel ricevitore di Costas di
figura 3;16 consiste in un moltiplicatore seguito da una unità di media temporale. Con riferi-
mento a questa figu ra, risolvere i seguenti punti:
(a) Assumendo che l'errore di fase l/J sia piccolo rispetto a un radiante, mostrare che l'uscita
g(t) dal moltiplicatore è approssimativamente 1/4 <{>m 2 (t ).
(h) Inoltre, passando g (t) attraverso l'unità di media temporale definita da
1
ZT
f
T
g(t )dt
-T
dove l'intervallo di media 2Tè lungo abbastanza confrontato con il reciproco della banda
di g(t), mostrare che l'uscita dal discriminatore di fase è proporzionale all'errore di fase
<f! moltiplicato per la componente in continua di m2 (t ). L'ampiezza di questo segnale (che
agisce da segnale di controllo applicato all'oscillatore controllato in tensione di figura
3.16) avrà perciò sempre lo stesso segno algebrico dell'errore di fase </!,come dovrebbe
essere. -<Cii
Canale I
·r
,..... .
Modu~~~.re -
2.1,+., ..........
:F.lrttQ\
..-
l
A c cos<,b m(t)
J
·i::i1forhil!natore
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.
Segnale
'="·"'·ro
f'[ Gll RA 3 .16 Ricevitore di Costas per la demodulazione di onde modulate in DSB-SC.
120 CAPITOLO 3 >.': MoDUl.AZlONE o' AMPIEZZA ISBN 978-88-408-1387-5
(a)
Segnale
multiplo _ _,,__~
s(t)
(b)
FIGURA 3. 17 Sistema di multiplazione con portanti in quadratura: (a) trasmetti tore, (b) ricevitore.
3.6 Modulazione in banda laterale unica 121
trata alla frequenza della portante fc, dove W è la banda del segnale modulante, che si
assume la stessa sia per m1(t) sia per m2(t). In base all'eq. (3.12), possiamo vedere Acmi(t)
come la componente in fase del segnale multiplo passa banda s(t) e - Acm 2 (t) come la sua
componente in quadratura.
La parte ricevente del sistema è mostrata in figura 3. l 7(b). Nello specifico, il segnale
multiplo s{t) è applicato simultaneamente a due diversi rivelatori coerenti alimentati da
due oscillazioni locali della stessa frequenza, che differiscono in fase di -90 gradi. I.:uscita
i
dal rivelatore superiore è~ AcA~m 1 ( t), mentre l'uscita dal rivelatore inferiore è AcA~m 2 ( t).
Affinché il sistema possa operare in modo soddisfacente, è importante mantenere le cor-
rette relazioni di fase e di frequenza tra l'oscillatore usato per generare le portanti nel tra-
smettitore e il corrispondente oscillatore locale usato nel ricevitore.
Per mantenere questa sincronia, possiam o usare un ricevitore di Costas descritto nella
Sezione 3.4. Un altro metodo comunemente usato è quello di inviare un tono pilota fuori
della banda passante del segnale modulato. In quest'ultimo metodo, il tono pilota consi-
ste in un tono sinusoidale di bassa potenza, le cui frequenza e fase siano in relazione con
l'onda portante c(t) = Ac cos(2n fct). Al ricevitore, il tono pilota viene estratto mediante un
opportuno circuito accordato e quindi traslato alla corretta frequenza per essere usato nel
rivelatore coerente.
~ Eserdzio 3.9 Verificare che le uscite dal ricevitore di figura 3.17(b) siano come riportato
in figura, assumendo un perfetto sincronismo tra il ricevitore e il trasmettitore. ~
@ TEORIA
Una derivazione rigorosa della teoria della modulazione SSB che valga per un segnale modu-
lante arbitrario è piuttosto pesante e, pertanto, esula dagli obiettivi di questo libro. Per
semplificare la trattazione, useremo un approccio differente da quello usato nella Sezione 3.1
sull'AM e nella Sezione 3.3 sulla DSB-SC. Nel dettaglio, cominciamo lo studio della modu-
lazione SSB considerando dapprima il caso semplice di un segnale modulante sinusoidale
e poi generalizziamo i risultati a un segnale arbitrario in una procedura passo passo.
Per procedere, quindi, consideriamo un modulatore DSB-SC con un'onda modulante
sinusoidale
m(t) = Am cos(2n fmt)
Con la portante c(t) = Ac cos(2n fct ), la risultante onda modulata DSB-SC è definita da
SDss(t) = c(t)m(t)
= A cAm cos(27Tfct) cos(27Tfmt)
(3.13)
rale superiore in fc + fm· Sopprimendo il secondo termine nell'eq. (3.13), possiamo espri-
mere l'onda modulata in banda laterale superiore come
(3.14)
Il termine coseno nell'eq. (3.14) comprende la somma di due angoli, vale a dire, 2n fct e
2n fmt. Perciò, espandendo il termine coseno nell'eq. (3.14) usando una ben nota identità
trigonometrica, otteniamo
(3.15)
Se, d'altro canto, dovessimo conservare la frequenza laterale inferiore in fc - fm nella por-
tante modulata DSB-SC di eq. (3.13), avremmo un'onda modulata in banda laterale infe-
riore definita da
Esaminando le equazioni (3.15 ) e (3.16), notiamo come esse differiscano tra loro solo in
un aspetto: il segno - nell'eq. (3.15 ) è sostituito dal segno+ nell'eq. (3.16 ). Pertanto è pos-
sibile combinare queste due equazioni e definire un'onda modulata sinusoidalmente in SSB
come segue:
in cui il segno + si applica nel caso di SSB con banda laterale inferiore e il segno - nel caso
di SSB con banda laterale superiore.
Avendo come obiettivo la generalizzazione dell'eq. (3.17), ora procediamo in due
stadi. Nella fase 1, consideriamo un segnale modulante periodico; nella fase 2, lo conside-
riamo non periodico. Consideriamo, quindi, un segnale modulante periodico definito dalla
serie di Fourier
(3.18)
n
che consiste in una combinazione di onde sinusoidali con frequenze in relazione armonica
tra loro. Osservando che la portante c(t) è comune a tutte le componenti sinusoidali di
m(t), possiamo immediatamente ricavare dall'eq. (3.17) l'espressione
SssB(t) = _l A, cos(27Tfct)
2
2: an cos(27rfnt) =f .!_2 A c sin(27Tfct) 2,: an sin(27Tfnt)
n n
(3.19)
(3.20)
n
che ha forma simile a quella dall'eq. (3.18) dalla quale differisce solo per il fatto che
il termine coseno cos (2nfnt) è sostituito dal termine seno sin(2nfnt). Quindi, alla luce
delle definizioni nelle equazioni (3.19) e (3.20 ), possiamo riformulare l'onda modulata
SSB dell'eq. (3.17) come
Ac Ac
+ lm(t) sin(2'1Tfct)
A
Confrontando l'eq. (3.20) con l'eq. (3.18), osserviamo che il segnale periodico m(t) può
essere derivato dal segnale periodico modulante m(t) semplicemente ruotando la fase di
ciascun termine coseno nell'eq. (3.18) di -90°.
3.6 Modulazione in banda laterale unica 123
In termini sia tecnici che pratici, l'osservazione che abbiamo appena fatto è molto
importante per due ragioni:
1. Sappiamo dall'analisi di Fourier che in condizioni opportune, la rappresentazione in
serie di Fourier di un segnale periodico converge alla trasformata di Fourier di un
segnale non periodico (vedi l'Appendice 2 per i dettagli).
2. Il segnale m(t) è la trasformata di Hilbert del segnale m(t). Fondamentalmente, un
trasformatore di Hilbert è un sistema la cui funzione di trasferimento è definita da
H(f) = -j sgn(f) (3.22)
dove sgn(f} è la funzione segno; per la definizione di funzione segno si veda la
Sezione 2.4. In altre parole, il trasformatore di Hilbert è uno sfasatore a larga banda
la cui risposta in frequenza è caratterizzata da due parti nel modo seguente (vedi Pro-
blema 2.52):
~,. Il modulo della funzione di trasferimento è unitario a tutte le frequenze, positive
e negative.
f» La fase della funzione di trasferimento è +90° per frequenze negative e -90° per fre-
quenze positive.
Avendo a disposizione le nozioni analitiche sviluppate nei punti 1 e 2, possiamo finalmente
generalizzare l'eq. (3.21) come la formula valida per un'onda modulata in banda laterale
unica da un segnale modulante qualsiasi, indipendentemente dal fatto che sia o meno perio-
dico. In dettaglio, dato un segnale modulante m(t) trasformabile secondo Fourier e con tra-
sformata di Hilbert indicata con m(t), l'onda modulata SSB prodotta da m(t) è definita da
Ac Ac A
dove Ac cos(27rfct) è la portante, Ac sin{2n fct) è la sua versione sfasata di -90°; i segni + e - si
applicano alla modulazione rispettivamente in banda laterale inferiore e banda laterale supe-
riore. Nell'eq. (3.23) abbiamo omesso l'uso di SSB come pedice per s(t), dando per scontato
che questa equazione si riferisca alla modulazione SSB nella sua forma più generale.
~ Esercizio 3.10 Usando le equazioni (3.22) e (3.23), mostrare che per frequenze positive
gli spettri dei due tipi di onde modulate SSB sono definiti nel modo seguente:
(a) Per la banda laterale superiore,
A,
S(f) = TM(f - /,), per f 2:: f,
{ J 3.24)
O, per O < f ~ f,
(b) Per la banda laterale inferiore,
O, per f > f, (3.25)
S(f) = { ~e M(f - f,), per O< f ~ f,
~ Esercizio 3.1 l Mostrare che, se il segnale modulante m(t) è passa basso, la trasformata
di Hilbert m(t) è anch'essa passa basso con esattamente la stessa banda di m(t). -4
Le due formule spettrali definite nelle parti (a) e (b) dell'Esercizio 3.10 sono intuitivamente
soddisfacenti. In particolare, sono entrambe in perfetto accordo rispettivamente con i dise-
gni mostrati nelle parti (h) e (e) di figura 3.18. La figura 3.18(b) descrive un'onda modu-
lata SSB che ha conservato la banda laterale superiore, mentre la figura 3.18(c) descrive
l'altro tipo di modulazione SSB, quella che ha mantenuto la banda laterale inferiore. Da un
punto di vista pratico, l'unico punto che distingue un tipo di modulazione SSB dall'altro è
la collocazione della banda occupata.
124 CAPITOLO 3 :;, MODULAZIONE D 1Ai'1PIEZZA JSBN 978-88-408-1387-5
IMCfll
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di energia
(a)
IS<fll
______ __j__lA_f o
(b)
15(()1
1.1"'--
l\_...,.....,._
!- f
FIGURA 3.18 (a) Spettro di un segnale modulante m(t) con un buco di energia centrato intorno a
frequenza zero. Spettri corrispondenti di onde modulate in SSB usando (b) la banda laterale superiore e
(e) la banda laterale inferiore. In (b) e (e) è visualizzata solo la parte di spettro a frequenze positive.
A, cos(211f,t)
onda portante
FIGURA 3.20 Metodo a discriminazione di fase per la generazione di un'onda modulata in SSB.
il
Nota: Il segno + al nodo sommatore si riferisce alla trasmissione della banda laterale inferiore e
segno - alla trasmissione della banda laterale superiore.
126 CAPITOLO 3 ~ MODULAZIONE D'AMPIEZZA ISBN 978-88-408-1387-5
La demodulazione della DSB-SC è complicata dalla soppressione della portante nel segnale
trasmesso. Per ovviare alla mancanza della portante nel segnale ricevuto, il ricevitore ricorre
all'uso della demodulazione coerente, che richiede la sincronizzazione di un oscillatore
locale nel ricevitore con l'oscillatore responsabile della generazione della portante nel tra-
smettitore. La richiesta sincronizzazione deve essere sia di fase sia di frequenza. Sebbene la
portante sia soppressa, l'informazione su fase e frequenza della portante è ancora presente
nelle bande laterali della portante modulata e viene usata dal ricevitore coerente. La demo-
dulazione del segnale SSB è, invece, ulteriormente complicata dall'ulteriore soppressione
della banda laterale superiore o di quella inferiore. In effetti, le due bande laterali condi-
vidono un'importante proprietà: sono una l'immagine dell'altra rispetto alla portante.
Ancora una volta, la rivelazione coerente viene in soccorso della demodulazione SSB.
Il rivelatore coerente di figura 3.12 si applica ugualmente bene alla demodulazione
sia della DSB-SC, sia della SSB; la sola differenza tra queste due applicazioni consiste nel
come è definita l'onda modulante.
~ Esercizio 3.12 Perché il filtro passa basso di figura 3.12 (nell'ipotesi di perfetta sincro-
nia) possa sopprimere l'onda SSB indesiderata, deve essere soddisfatta la seguente condizione
fc> W, f,= frequenza della portante e W = banda del segnale modulante
Giustificare questa condizione.
ili>- Esercizio 3.13 Partendo dall'eq. (3.23) per un'onda modulata in SSB, mostrare che l'uscita
prodotta dal rivelatore coerente di figura 3.12 in risposta a quest'onda modulata è definita da
L'operazione base effettuata nella modulazione SSB è di fatto una forma di traslazione in
frequenza, che è il motivo per cui la modulazione SSB è talvolta indicata come cambia-
mento di frequenza, miscelazione, o eterodinaggio.
L'idea di modulazione in banda laterale unica è stata presentata fino a questo punto
solo nel contesto della trasmissione di un segnale modulante. Questa idea può essere gene-
ralizzata per inglobare anche la traslazione di frequenza nel modo seguente. Supponiamo
di avere un'onda modulata s 1(t), il cui spettro sia centrato su una frequenza portante fi, e
ci sia la richiesta di traslarla verso l'alto o verso il basso in frequenza, in modo che la fre-
quenza della portante sia variata da f1 a un nuovo valore h Questa richiesta è soddisfatta
usando un miscelatore (in inglese mixer). Come indicato in figura 3.21, il miscelatore è un
blocco funzionale che consiste in un modulatore a prodotto seguito da un filtro passa
banda, proprio come in un modulatore SSB convenzionale, ma con un'importante differenza:
il filtro passa banda è ora facile da progettare, come spiegato nel seguito.
~-r
Onda modulata s 1(t) s'(t) :)~Mi* { Onda modulata s2 (t)
con frequenza della portante ( 1 ·)~JW~~ ~~M~ ,----;o-con frequenza di portante ( 2
A1 cos (27rf1t)
(a)
S'(fl
FIGURA 3.22 (a) Spettro del segnale modulato s1(t) all'ingresso del miscelatore.
(b) Spettro del corrispondente segnale s'(t) all'uscita del modulatore a prodotto nel miscelatore.
128 CAPITOLO 3 ~' MmmLAZIONE D'AMPIEZZA ISBN 978-88-408-1387-5
Per produrre la modulazione VSB, possiamo usare il modulatore descritto in figura 3.23 ,
che consiste in un modulatore a prodotto seguito da un filtro passa banda. Per la modula-
zione VSB, il filtro passa banda viene chiamato fil;.Y.Q,§.,q[Lom~tore di banda late.raie. Assu-
mendo che la banda parzialmente trasmessa d~lla VSB--sia Ti:ì""5an da 'l1'(e[~lè ..inferiore
dell'onda modulata DSB-SC, lo spettro VSB all'uscita del modulatore è sagomato nel modo
visualizzato in figura 3.24(a). La sagomatura dello spettro è fissata dalla funzione di tra-
sferimento del filtro, che è indicata con I;!Jf)· Il solo vincolo che la sagomatura della banda
laterale effettuata da H(f) deve rispettare è che il vestigio di banda laterale trasmesso deve
compensare la porz~<.msu,1i .§P,ettromancante dell'~ltr:<t Plinda laterale. Questo vincolo garan-
tisce èh;la'nvefazione coerente .dèlf'onda modùlata in VSB recupéri una replica del segnale
modulante, a meno di un fattore di scala.
Imponendo questo vincolo al processo di demodulazione della VSB, risulta che il fil-
tro sagomatore della banda laterale deve soddisfare le seguenti condizioni:
dove fc è la frequenza della portante. Il termine H(f + fc) è la porzione a frequenze posi-
tive della funzione di trasferimento passa banda H(f), traslata a sinistra di fc e H(f- fc)
è la porzione a frequenze negative di H(f), traslata a destra di fc· Una dimostrazione del-
l'eq. (3.26) relativa a un segnale modulante arbitrario, ma trasformabile secondo Fou-
rier, è presentata più avanti in questa sezione quando si parla della rivelazione coerente
della VSB.
Due proprietà del filtro sagomatore di banda laterale discendono dall'eq. (3 .26):
1. La funzione di trasferimento del filtro sagomatore presenta simmetria dispari attorno
alla frequenza fc della portante. Per spiegare questa proprietà, esprimiamo dapprima
H(f) come differenza di due funzioni traslate in frequenza, nel modo seguente:
Il primo termine u(f - fc) rappresenta la versione traslata in frequenza della fun-
zione gradino unitario u(f) rappresentata in figura 3.24(b). Cioè,
Ondacosportante
Ac (2Trf,t )
H(fl
1,0
1\
0,5 - - - -- - - - - - - - I \
I \
o
(a )
u(f)
l,O 1---------
o
(b)
0,5
f
- fv o fv
-0,5
o
(e)
FIGURA 3.24 (a) Risposta in ampiezza del filtro sagomatore di banda laterale; solo
la parte relativa alle frequenze positive è mostrata, la parte tra tteggiata della risposta
in ampiezza è arbitraria. (b) Funzione a scalino definita nel dominio della frequenza.
(e) Funzione di trasferimento passa basso Hv(fl.
pressa dell'onda modulata s(t). La relazione definita nell'eq. (3.27) segue facilmente
dalle tre parti dell'esempio in figura 3.24. Il punto importante da notare nella parte
(e) della figura è che Hv(fJ soddisfa la proprietà di simmetria dispari attorno alla fre-
quenza zero, come mostrato da
(3.29)
È quindi in questo senso che va inteso l'enunciato della Proprietà 1.
2. La funzione di trasferimento Hv(fi deve soddisfare la condizione dell'eq. (3.26) solo
nell'intervallo di frequenze -W ~ f ~ W, dove W è la banda del segnale modulante.
L'implicazione pratica di questa seconda proprietà è che, nel caso di VSB rappresen-
tato in figura 3.24(a), la funzione di trasferimento del filtro sagomatore di banda
laterale può essere qualsiasi per I~ > fc + W; è per questo motivo che la porzione di
spettro che giace al di sopra di fc + W è riportata a tratteggio in figura 3.24(a).
3. 7 Modulazione in banda vestigiale 131
1
S(f) = 4kAcAm[ò(J - (fc + fm)) + ò(J + (fc + /,.))]
1
+4(1 - k)AcAm[B(f- (fc-f,.)) + 8(J + Uc -
1
s(t) = 4kAcAm[exp(j2Tr(fc + fm)t) + exp(-j2Tr(fc + f.n)t)]
1 .
+4<1 - k)AcAm[exp(j2Tr(fc - fm)t) +
1 1
= ZkAcAm cos(2Tr(fc f n)t)+Z(l
1
rata localmente e nel successivo filtraggio passa basso del risultante segnale prodotto
v(t). Si assume che la sinusoide locale nel rivelatore coerente di figura 3.12 sia in p erfett o
sincronismo con la portante dell'onda modulata in VSB da demodulare. Ponendo la fase
</>nella sinusoide locale di figura 3.12 uguale a zero, possiamo esprimere la trasformata
del segnale prodotto
v(t) = A~s(t) cos(2nf,t)
come segue
dove
s(t) ~ S(f)
Quindi esprimiamo la trasformata di Fourier dell'onda modulata in VSB s(t) come
1
S(f) = 2Ac[M(f - fc) + M(f + fc)]H(f) (3.33)
in accordo con la rappresentazione del modulatore VSB in figura 3.23; M(f) è lo spettro del
segnale modulante e H (f) è la funzione di trasferimento del filtro sagomatore di banda late-
rale. Spostando lo spettro VSB S( f) a destra di fc si ottiene
1
V(f) = 4A , A~M(f)
1
+4A, AaM(f - 2f,)H(f - fc) + M(f + 2f,)H(f + /,)] (3.36 )
Il primo termine al secondo membro dell'eq. (3.36) è una versione scalata dello spettro
del segnale modulante M(f). Il secondo termine dell'eq. (3.36) è la trasformata di Fou-
rier di componenti di alta frequenza, che rappresentano una nuova onda modulata VSB,
ma con frequenza di portante pari a 2f,. Purché il filtro passa basso nel rivelatore coe-
rente di figura 3.12 abbia una frequenza di taglio appena più grande della banda del
segnale modulante, le componenti di alta frequenza di v(t) sono rimosse dal filtro passa-
basso. Il segnale demodulato risultante è una versione scalata del desiderato segnale
modulante m(t ).
[!» Eserd:d.o 3.14 Verificare l'affermazione che le componenti di alta frequenza nell'eq.
(3.36) rappresentano un'onda modulata VSB con frequenza di portante 2fc· 4
3.7 Modulazione in banda vestigiale B3
Moltiplicando s(t) per A~ tos(21Tfct) in accordo con l'ipotesi di perfetta coerenza del rivelatore
si ottiene il segnale prodotto
v(t) = A~s(t) cos(21Tfct)
1
= 2AcA~Am cos(21Tfmt) cos2(27Tfct)
1
+ 2AcA~Am(l - 2k) sin(21Tfn,t) sin(21Tfct) cos(21Tfct)
Il primo termine al secondo membro deI!'eq. (3.37) è una versione scalata del segnale modu-
lante A,,, cos(2n: f,,,t). Ilsecondo termine deH'equazione è una nuova onda modularasinusoi-
dalmente in VSB con urn~ frequenza di portante 2{1;, che rappresentale C:()J:llP()nenti di itlta
frequenza di v(t). Questo secondo termine viene.rimossodal filtro passa bassoneltivel<it()r~
di figura 3.12, sempre che la. frequenza di taglio qel filtro sia appena più grande deUa fre-
quenza del segnale modulante fm· ·
3 Un'altra procedura usata per demodulare un'onda modulata in VSB consiste nell'aggiungere un tono pilota
all'onda modulata al trasmettitore. Il tono pilota dovrebbe essere una versione traslata in frequenza della portante
usata nella generazione dell'onda modulata, ma dovrebbe essere fuori dalla banda di frequenze da questa occu-
pate. Al ricevitore il tono pilota è estratto mediante un filtro passa banda e traslato (verso l'alto o verso il basso)
per produrre una replica della portante originaria. Con questa replica della portante disponibile al ricevitore, si
può usare la rivelazione coerente per ricostruire il segnale modulante originale.
Una procedura simile può essere usata per demodulare coerentemente onde modulate in SSB.
134 CAPITOLO 3 ;:;:; MODULAZIONE D1AMPIEZZA ISBN 978-88-408-1 387- 5
·•.· lazlort~ sìI1r;soi4ale~ iLsegn~Ie/'VSB-pi ù-portan te" è definito (vedi I' eq, (3 .31) dell 'Esem-
.piò 3.3} çqme ·
· :· .; /<:> :::<.:":<<:-.:.:- .:-- :<}: ·.- < :- :
.l\rss ~c(t) = Ac cos(27Tfct) + k.s(t), ka =fattore di sensitività d'ampiezza
ka
== Ac cos(27Tfct) + l AcAm cos(27Tfmt) cos(27Tfct)
k
+ " A cA m(l - 2k) sin(2?Tfmt) sin(27Tfct)
2
J{ + [~Am(l-2k)sin(27Tf,,,t)l }
2 112
ka
= Ac[ 1 + -z-Am cos(27Tfmt) 1 k (3.38)
1 + ; Amcos(27rfmt)
r~ 11 fattore di sensitività d'ampiezza ka è ridotto, cosa che ha. l'effetto di ridurre la per-
centuale di modulazione.
~,, La larghezza della banda vestigiale è ridotta, cosa che ha l'effetto di ridurre il fattore
(1 - 2k)~ . .. . . . . . . . .
Erltranibiqµesti metodi sono intuitivamente soddisfacenti alla luce di ciò che vediamo all'in-
terno delle parentesi quadre nelt'eq. (3.38).
sto che direttamente sulla stessa portante modulata. Il termine "banda l:Jg.5e" è usato per
designare la banda di frequen~e che rappresentano il segnale originale così come generato
dalla sorgente di informazione.
Consideriamo quindi una generica onda modulata linearmente, che è definita come
(3.39)
Sia
c(t) = cos(27Tfct)
l'onda portante di frequenza fc e
c(t) = sin(27Tfct)
la versione in quadratura di fase della portante. Per semplificare le cose, senza perdere in
generalità, abbiamo posto l'ampiezza della portante pari all'unità. Esprimiamo ora l'onda
modulata nella forma compatta
s(t) = st(t)c(t) - sQ(t)c(t) (3.40)
Il termine sr(t) è indicato come la componente in fase dell'onda modulata s(t), così chiamato
perché è moltiplicato per la portante c(t). Per la stessa ragione, il termine sQ(t) è indicato
come la componente in quadratura di fase o semplicemente la componente in quadratura
di s(t), così chiamato perché è moltiplicato per la portante in quadratura é(t). Le portanti
c(t) e è(t) sono ortogonali tra loro.
L'equazione (3.39) o (3.40) è indicata come la rappresentazion(?_çq119v,içq _di ond_(?
modulate linearmente. La cosa più importante è che questa rappre~entazione comp~é~de
tutti i membri della f~miglia delle modulazioni d'ampiezza discussi in questo capitolo, come
indicato nella tabella 3 .1.
Da questa tabella appare chiaramente che il contenuto informativo del segnale modu-
lante m(t) e il modo in cui la strategia di modulazione è implementata sono interamente
descritte dalla componente in fase SJ( t) nel!' AM e nella DSB-SC, o nella combinazione della
componente in fase sr(t) e della componente in quadratura sQ(t) nella SSB e nella VSB.
Inoltre, l'ortogonalità reciproca di sr(t) e sg(t) ci induce a introdurre un nuovo segnale
chiamato l'inviluppo complesso dell'onda modulata, che è formalmente definito da
s(t) = sI{r) + jsQ(t) (3.41)
Questa definizione è motivata dal modo in cui trattiamo i numeri complessi. In ogni caso,
la cosa importante da osservare nell'eq. (3.41) è il fatto che l'inviluppo complesso '·rende
conto pienamente del contenuto informativo sia di sr(t) sia di_sQ(t). Notiamo, però, che l'in-
viluppo complesso è un segnale fittizio, il cui uso è esclusivamente inteso a semplificare le
operazioni di elaborazione del segnale su segnali passa banda, esemplificati da onde modu-
late basate su portanti sinusoidali.
In un modo corrispondente all'eq. (3.41), possiamo definire l'onda portante complessa
= cos(27Tfct) + j sin(27Tfct)
= exp(j27Tfct) (3.42)
s(t) = Re[s(t)c(t)]
= R.e[s(t) exp(j27T/J)] (3.43)
136 CAPITOLO 3 :!; MODULAZIONE D1AMPIEZZA ISBN 978-88-408 -13 87-5
'''' TABELIA 3.l Diverse forme di modulazione lineare come casi particolari
111.,_ ______ de_ll'equazione (3.39), assumendo ampiezza unitaria per la portante.
Componente Componente
in fase in quadratura
Tipo di modulazione s1(t) sQ(t) Commenti
AM 1 + k m(t)
0
o k a = sensitività
di ampiezza
m(t) = segnale modulante
DSB-SC m(t) o
SSB:
~m(t)
1
(a) Banda laterale 2m(t) m(r) = Trasformata di Hilbert
superiore trasmessa di m(t) (vedi parte (i) della nota 4) 4
1
(b) Banda laterale -zm(t) _.!. m(t)
2
inferiore trasmessa
VSB:
1 1
(a) Vestigio di banda laterale -zm(t) 2m'(t) m'(t) = risposta del filtro con
inferiore trasmesso funzione di trasferimento HQ(f)
al segnale modulante m(t).
m(t) = -
11
m(r)
- -dr
- T
71"
00
- oo t
definisce la componente in quadratura dell'onda modulata s(t); cioè,
sg(t) = m(t)
Nel dominio della frequenza la trasformata di Hilbert è descrirta da
M(f) = -; sgn(f)M(f)
è la funzione segno.
(ii) Nella modulazione VSB la componente in quadratura SQ(t) =in'(t) è Ottenuta facendo passare il segnale modu-
lante m(t) artraverso un filtro lineare tempo-invariante la cui funzione di trasferimento è indicata con HQ(f).
HQ(f) è definita da
HQ(f) = -j[H(f + fJ - H(f-,. f,)]
dove H(f) è la funzione di trasferimento del filt ro di sagomatura della banda laterale VSB. Al limite, quand o
la banda vestigia le fv rende a zero, abbiamo
J,i!lli HQ(f ) = - j sgn(f)
e la VSB si riduce alla SSB, esatramenre come ci si aspetta che sia.
3.8 R appresentazùme passa basso di onde modulate e di filtri passa b anda 1 37
dove Re[· J estrae la parte reale della quantità complessa racchiusa nelle parentesi quadre.
Adesso possiamo verificare il vantaggio pratico dell'inviluppo complesso s(t) rispetto
all'onda modulata a valori reali s(t):
1. La frequenza più alta di una componente di s(t) può essere pari a fc + W, dove fc è la
frequenza della portante e W è la banda del segnale modulante.
2. D'altro canto, la frequenza più alta di una componente di s(t) è considerevolmente
più piccola, essendo limitata dalla banda W del segnale modulante.
Eppure, usando l'eq. (3.43) per rappresentare l'onda modulata s (t ), niente va perso.
Data un'arbitraria onda modulata s(t) possiamo ricavare la componente in fase sr(t)
e la componente in quadratura sQ(t) usando lo schema mostrato in figura 3.25(a). Viceversa,
data la coppia di componente in fase s1(t) e componente in quadratura sQ(t) possiamo gene-
rare l'onda modulata s(t) usando lo schema complementare mostrato in figura 3.25(b). Per
ovvi motivi, questi due schemi sono rispettivamente chiamati l'analizzatore e il sintetizza-
tore di onde modulate.
~ Eser cizi@ 3.15 La derivazione del sintetizzatore mostrato in figura 3.25(b) discende
direttamente dall'eq. (3.39). La derivazione dell'analizzatore mostrato in figura 3.25(a), però,
richiede considerazioni più dettagliate. Posto che fc > W e considerate le identità trigonome-
triche:
1
cos 2 (27Tfct) = 2[1 + cos(47Tfct)],
e
sin(27Tfct) cos(27Tfct) = ~sin(47Tfct),
mostrare che l'analizzatore di figura 3.25(a) produce sr(t) e sQ(t) come sue uscite.
"· /
s(t)
+
··~·. -s(t)
os_Q_Ct_>_ _ _ _ _ x-----
(a) (b)
FIGU RA 3.2 5 (a) Schema per l'ottenimento delle componenti in fas e e in quadratura di un
segnale modulato linearmente (o passa banda). (b) Schema per la ricostru zione del segnale
modulato dalle sue componenti in fase e in quadratura.
138 CAPITOLO 3 :<': MODULAZIONE D'Al'1PIEZZA ISBN 978-88-408-138 7-5
. fliltl'o
(a ) Onda modulata _ _.....,_ p~i@~àti~a _ _.,._ Segnale
s(t) .•: /fff(fY d ' uscita y(t)
FlGURA 3 .26 Trasformazione da filtro passa banda a sistema passa basso complesso: (a )
Configurazione passa banda con segnali reali e (b ) corrispondente configurazione passa
basso con segnali complessi.
5 Per una derivazio~e della trasformazione definita dall'equazione (3.44) si veda Haykin (2000), p. 731.
3.9 Esempi a tema 139
lii> Esercizio 3.16 Partendo con il sistema passa basso complesso illustrato in figura 3.26(b),
mostrare che il segnale y(t), ottenuto con l'eq. (3.45), è identico all'effettiva uscita y(t) in figura
3.26(a). -<il
~j 3 ~ 9 Esempi a tetna
In questa sezione descriviamo tre esempi a tema, che si basano sulla teoria della modula-
zione a onda continua descritta nelle sezioni precedenti del capitolo. Le presentazioni pri-
vilegiano una Visione intuitiva degli aspetti operativi dei sistemi di trasmissione analogici,
piuttosto che equazioni matematiche o dettagli di progetto.
~ RICEVITORE SUPERETERODINA
Antenna
Altoparlante
,, Sintonia IJJ~,;
,,_____________
comune _~ Oscillatore
locale
La modulazione in banda vestigiale, discussa nella Sezione 3.7, gioca un ruolo chiave nella
televisione commerciale. I dettagli esatti del formato di modulazione usato nella trasmis-
sione del segnale video che caratterizza un sistema TV sono influenzati da due fattori:
1. Il segnale video ha una banda larga e un significativo contenuto alle basse frequenze,
cosa che suggerisce l'uso della modulazione in banda vestigiale.
2. La circuiteria usata per la demodulazione nel ricevitore dovrebbe essere semplice e
quindi poco costosa. Ciò suggerisce l'uso della rivelazione a inviluppo, che richiede
l'aggiunta di una portante all'onda modulata in VSB.
Con riferimento al punto 1, però, dovrebbe essere sottolineato che, nonostante vi sia effet-
tivamente un desiderio base di conservare banda, nella diffusione commerciale TV il segnale
trasmesso non è modulato esattamente in VSB. Il motivo è che al trasmettitore i livellì dì
potenza sono elevati, con il risultato che sarebbe costoso controllare rigorosamente il fil-
traggio delle bande laterali. Un filtro VSB è inserito, invece, in ogni ricevitore, dove i livelli
di potenza sono bassi. Le prestazioni complessive sono le stesse della modulazione in banda
vestigiale convenzionale, tranne che per un certo spreco di potenza e di banda. Queste
osservazioni sono illustrate in figura 3.28. In particolare, la figura 3.28(a) mostra lo spet-
tro idealizzato di un segnale TV trasmesso. Vengono trasmesse la banda laterale superiore,
il 25% della banda laterale inferiore e la portante video. La risposta in frequenza del fil-
tro VSB usato -nel ricevitore per effettuare la richiesta sagomatura spettrale è mostrata in
figura 3.28(b).
La banda dì canale usata per la diffusione TV nel Nord America è 6 MHz, come indi-
cato in figura 3.28(b). Questa banda di canale accoglie non solo le richieste di banda del
segnale video modulato in VSB, ma contiene anche il segnale audio che modula una sua por-
tante. I valori riportati sull'asse delle frequenze nelle figure 3.28(a) e 3.28(b) si riferiscono
a uno specifico canale TV. In base a questa figura, la frequenza della portante video è a
55,25 MHz e la frequenza della portante audio è a 59,75 MHz. Notiamo, tuttavia, che il
contenuto informativo del segnale TV è allocato in uno spettro in banda base che si estende
da 1,25 MHz sotto la portante video a 4,5 MHz sopra di essa.
Con riferimento al punto 2 l'uso della rivelazione a inviluppo (applicata a un'onda
modulata in VSB più la portante) produce una distorsione di forma d'onda nel segnale
video ottenuto all'uscita del rivelatore. Come discusso nell'Esempio 3.5, la distorsione della
forma d'onda è prodotta dalla componente in quadratura dell'onda modulata in VSB.
Come osservato in quell'esempio, possiamo ridurre l'entità delle distorsione di forma d'onda
riducendo la percentuale di modulazione e minimizzando la larghezza della banda vestigiale.
Un'altra importante operazione di elaborazione dei segnali usata nelle comunicazioni ana-
logiche è la multiplazione, per mezzo della quale un certo numero di segnali indipendenti
può essere combinato in un segnale composito adatto ad essere trasmesso su un solo canale
di trasmissione. Le frequenze vocali trasmesse nei sistemi telefonici, per esempio, si esten-
dono da 300 a 3400 Hz. Per trasmettere più segnali di questo tipo su uno stesso canale (ad
esempio un cavo), i segnali devono essere tenuti separati in modo che non interferiscano
tra loro e possano perciò essere separati al terminale ricevente. Ciò è ottenuto separando
* In Italia lo standard in vigore prevede una banda di canale di 7 MHz. Lo spettro si estende da 1,25 MHz sotto
la portante fino a 5,5 MHz sopra di essa. La sottoportante audio è posta 5,5 MHz sopra la frequenza di portante.
Si ricorda che lo standard americano contempla 30 quadri al secondo di 525 righe ognuno, mentre lo standard
in vigore in Italia adotta 25 quadri di 625 righe ognuno. In entrambi gli standard ogni quadro è diviso in due campi
(righe pari e righe dispari) [N.d.C.].
142 CAPITOLO 3 t<' MODULAZIONE D'AMPIEZZA ISBN 978-88-408-1387-5
__J 1,25
- , MHz i+--- 4,5 MHz _ ___,_, f-<-- 0,25 MHz
0,75 __J
MHz -~1
----~~~~~~~~--
1
f(MHz)
0'---;t--~--~~----~----'-'---
54
t
Portante
56 58
r
Portante
video audio
(a)
Portante Portante
audio
"'
'iii I
I
~ 1,0
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§e"
I
I
I
!
~ I
I
0,5 I
I
I
I
I
I
f(MHz)
0'---~l--_._ _ __,___,__ _ _ _..___ ___,'-'---
54 56 58 60
Banda di canale
6MHz
(b)
FIGURA 3.28 (a) Spettro d'ampiezza idealizzato di un segnale TV trasmesso. (b) Risposta
d'ampiezza di un filtro sagomatore VSB nel ricevitore. NdT: i valori si riferiscono allo standard in
vigore nel Nord America.
i segnali o in frequenza o nel tempo. Alla tecnica di separare i segnali in frequenza ci si rife-
risce come alla multiplazione a divisione di frequenza (FDM, dall'inglese Frequency Divi-
sion Multiplexing), mentre alla tecnica di separare i segnali nel tempo ci si riferisce come
alla multiplazione a divisione di tempo (TDM, dall'inglese Time Division Multiplexing). In
questa sottosezione discutiamo l'FDM; la discussione della TDM è rinviata al Capitolo 5.
Lo schema a blocchi di un sistema FDM è mostrato in figura 3.29. I segnali recanti
l'informazione si assumono di tipo passa basso, ma i loro spettri non hanno necessariàmente
valori non nulli fino a frequenza zero. Subito dopo l'ingresso di ogni segnale, abbiamo
indicato un filtro passa basso, progettato per rimuovere componenti di alta frequenza che
non contribuiscono significativamente alla rappresentazione del segnale, ma sono in grado
di disturbare altri segnali che condividono lo stesso canale di trasmissione. Questi filtri
passa basso possono essere omessi solo se i segnali in ingresso sono già sufficientemente limi-
tati in banda di per sé. I segnali filtrati sono applicati a modulatori, che ne spostano gli spet-
tri in modo da occupare intervalli di frequenza mutuamente esclusivi. Le necessarie frequenze
di portante richieste per effettuare queste traslazioni in frequenza sono ottenute da un gene-
3. 9 .Esempi a tema 143
- - ~é
2
- . cirlaM
comune
MQP---+- BP N
Gerier~tore
I..
ò~~~nifuif
di portanti . dip~i-ta!ltj<
,.._-----Trasmettitore _ _ _ _ _..., r+------ Ricevitore _ _ _ _ __..,
ratore di portanti. Per la modulazione possiamo usare uno qualunque dei metodi descritti
nelle sezioni precedenti di questo capitolo. Nella telefonia, però, il metodo di modulazione
più largamente usato nella multiplazione a divisione di frequenza è la modulazione in banda
laterale unica che, nel caso di segnali vocali, richiede una larghezza di banda approssima-
tivamente uguale a quella del segnale vocale originale. In pratica, a ogni ingresso vocale è
normalmente assegnata una banda di 4 kHz. I filtri passa banda a valle dei modulatori
sono usati per limitare la banda di ogni onda modulata al suo prescritto intervallo di fre-
quenze. Le uscite dai filtri passa banda sono quindi combinate insieme per formare l'ingresso
al canale comune. Al terminale ricevente, un banco di filtri passa banda, con gli ingressi con-
nessi in parallelo, è usato per separare i segnali d'informazione sulla base delle frequenze
occupate. Infine, i segnali originali sono ottenuti mediante singoli demodulatori. Notiamo
che il sistema FDM mostrato in figura 3.29 funziona -in una sola direzione. Per fornire una
trasmissione bidirezionale, come per esempio in telefonia, dobbiamo interamente dupli-
care le apparecchiature di multiplazione, con i componenti collegati in ordine inverso e
con i segnali che si propagano da destra a sinistra.
t
Banda
o
1
Gruppo base
di 12 ingressi audio
audio
supergruppo che occupa la banda 312-552 kHz. Un supergruppo, perciò, è progettato per
contenere 60 ingressi vocali indipendenti. La ragione per formare il supergruppo in questo
modo è che filtri economici con le richieste caratteristiche sono disponibili solo su un limitato
intervallo di frequenze. In un modo simile, i supergruppi sono combinati in gruppi principali,
e i grnppi principali sono combinati in gruppi molto grandi.
e l'onda portante
c(t) = 50 cos(l007rt) volt
(a) Disegnare (in scala) l'onda AM risultante per una modulazione del 75%.
(b) Determinare la potenza sviluppata su un carico di 100 ohm da quest'onda AM.
3.19. Usando il segnale modulante
t
m(t) = - -
1+ {2
dove a1 e a3 sono costanti. Spiegare in che modo un tale dispositivo possa essere usato per otte-
nere la modulazione d'ampiezza. Potrebbe un tale dispositivo essere usato anche per la demo-
dulazione? Giustificare la risposta.
3.21 Si consideri l'onda modulata in DSB-SC, ottenuta usando l'onda modulante sinusoidale
m(t) = A 111 cos(27rfn/)
e l'onda portante
c(t) = A c cos(27Tfct + </>)
L'angolo di fase </>, che rappresenta la differenza di fase tra c(t) e m(t) al tempo t = O, è varia-
bile. Abbozzare in un disegno quest'onda modulata per i seguenti valori di </>:
(a) </>=O
(b) = 45°
</>
-W o w FIGURA 3.3 1
Problemi avanzati 147
3.24 Considerare un'onda composita ottenuta aggiungendo una portante non coerente Ac cos(27rfct
+ l/J) a un'onda DSB-SC cos(2rcfct)m(t). Quest'onda composita è applicata a un rivelatore a invi-
luppo ideale. Trovare la risultante uscita dal rivelatore per
(a) </>=O
(b) lfJ t= O e I m(t)I « AJ2
3.25 Un'onda DSB-SC sia demodulata applicandola a un rivelatore coerente.
(a) Valutare l'effetto di un errore di frequenza M nell'oscillazione locale del rivelatore, misu-
rato rispetto alla frequenza di portante dell'onda modulata DSB-SC in ingresso.
(b) Nel caso di segnale modulante sinusoidale, mostrare che, a causa di questo errore di fre-
quenza, l'onda demodulata presenta dei battimenti alla frequenza errore. Illustrare la rispo-
sta mediante un disegno di quest'onda demodulata. (Un battimento si riferisce a un segnale
la cui frequenza è la differenza tra le frequenze di due segnali in ingresso).
3.26 Si consideri un impulso di ampiezza A e durata T. Questo impulso sia applicato a un modula-
tore SSB e produca l'onda modulata s(t). Si determini l'inviluppo di s(t) e si mostri che questo
inviluppo presenta dei picchi all'inizio e alla fine dell'impulso.
3.27 (a) Si consideri un segnale modulante m(t) contenente componenti di frequenze 100, 200 e
400 Hz. Questo segnale sia applicato a un modulatore SSB, insieme a una portante di
100 kHz, mantenendo la sola banda laterale superiore. Nel rivelatore coerente usato per recu-
perare m(t) l'oscillatore locale fornisca un'onda sinusoidale con frequenza 100,02 kHz. Si
determinino le frequenze delle componenti all'uscita del rivelatore.
(b) Si ripeta l'analisi assumendo che sia la sola banda laterale inferiore ad essere trasmessa.
3.28 In tutto il capitolo, abbiamo espresso una portante sinusoidale nella forma
c(t) = Ac cos(21rfct)
dove Ac è l'ampiezza della portante e fc la sua frequenza. Nel Capitolo 7 che tratta delle tecni-
che di modulazione numerica passa banda, troviamo più conveniente esprimere la portante
nella forma
c(t) = Ji cos(27rfct)
dove Tb è l'intervallo di tempo allocato alla trasmissione del simbolo 1 o del simbolo O. Determinare
il valore Ac dell'ampiezza della portante affinché l'energia per simbolo in c(t) sia uguale all'unità.
~~ PROBLEMI AVANZATI
i)
3.29 Per un diodo a giunzione p-n, la corrente i attraverso il diodo e la tensione vai suoi capi sono
legate dalla relazione
3.30 Si consideri il sistema di multiplazione con portanti in quadratura dì figura 3.17. Il segnale mul-
tiplo s(t) prodotto all'uscita del trasmettitore nella parte (a) di questa figura è applicato a un
canale trasmissivo con funzione di trasferimento H(f). L'uscita da questo canale è, a sua volta,
applicata all'ingresso del ricevitore nella parte (b) di figura 3.17. Dimostrare che la condizione
H(fc + f) = H*(fc - f), per O s f s W
è necessaria per il recupero dei segnali modulanti m 1 (t) e m2(t) all'uscita del ricevitore; fc è la
frequenza della portante, W è la banda del segnale modulante. L'asterisco in H'(fc- f) indica la
complessa coniugazione.
Suggerimento: Valutare gli spettri delle due uscite dal ricevitore.
3.31 (a) Sia Su(t) un'onda SSB ottenuta trasmettendo la sola banda laterale superiore e sia su(t) la
sua trasformata di Hilbert. Dimostrare che
e
m(t) = ~ [su(t) cos(27rfct) - Su(t) sin(27rfct)]
e
dove m(t) è il segnale modulante, m(t) è la sua trasformata di Hilbert, fc la frequenza della
portante e Ac è l'ampiezza della portante.
(b) Dimostrare che le equazioni corrispondenti in termini dell'onda SSB s1(t) ottenuta trasmet-
tendo la sola banda laterale inferiore sono
e
m(t) = ~ [s1(t) cos(27rfct) - s1(t) sin(27rfct)]
e
(e) Usando i risultati dei punti (a) e (b), si traccino gli schemi a blocchi di un ricevitore per
demodulare un'onda SSB.
Nota: La trasformata di Hilbert è definita nel Problema 2.52; si veda anche la nota 4 di questo
capitolo.
3.32 In questo problema continuiamo la discussione sulla modulazione VSB per il caso in cui si tra-
smetta un vestigio della banda laterale inferiore; la figura 3.24 rappresenta la risposta in fre-
quenza H(fJ del filtro sagomatore di banda laterale usato per generare una tale onda mQ_,dulata.
In particolare, esaminare la rappresentazione complessa di questo filtro, indicat<l,COn H(f).
Siano Hr(fJ e HQ(fJ rispettivamente le componenti in fase e in quadratura dì H(f).
Dimostrare che nell'intervallo -W $ f $ W abbiamo
(a) Hr(fJ rappresenta un filtro passa tutto; cioè, la risposta in frequenza del filtro è costante
come indicato da
H(fJ = 1, per - W::;; f::;; W
dove W è la banda del segnale modulante.
(b) HQ(f! rappresenta un filtro passa basso con una risposta in frequenza a simmetria dispari,
descritto dalle seguenti tre relazioni
1. HQ(-fi =-HQ(fJ, -W$fS W
2. HQ(O) =O
3. HQ(fJ = 1 per -fv S, f S, W
dove fv è la larghezza della banda vestigiale.
MODULAZIONE ANGOLARE
Nel capitolo precedente abbiamo esaminato gli effetti di lente variazioni, in accordo con il
segnale che porta l'informazione, nell'ampiezza di un'onda portante sinusoidale della
quale si mantiene costante la frequenza. C'è un altro modo di modulare un'onda portante
sinusoidale, vale a dire la modulazione angolare, nella quale la fase dell'onda portante
viene variata in accordo con il segnale che porta l'informazione. In questa seconda famiglia
di tecniche di modulazione l'ampiezza dell'onda portante è mantenuta costante.
Un'importante caratteristica della modulazione angolare è che essa può fornire una
migliore discriminazione nei confronti del rumore e delle interferenze della modulazione
d'ampiezza. Come sarà mostrato nel Capitolo 9, però, questo miglioramento nelle presta-
zioni è ottenuto a spese di un aumento della banda di trasmissione; vale a dire, la modula-
zione angolare ci fornisce un metodo pratico di scambiare banda di canale con prestazioni
migliorate nei confronti del rumore. Un tale compromesso non è realizzabile con la modu-
lazione d'ampiezza. D'altra parte, il miglioramento nelle prestazioni nei confronti del
rumore della modulazione angolare è ottenuto a costo di un aumento nella complessità del
sistema sia nel trasmettitore, sia nel ricevitore.
Il materiale presentato in questo capitolo sulla modulazione angolare ci insegnerà tre
lezioni:
~ Lezione 1: La modulazione angolare è un processo non lineare, cosa che testimonia della
sua natura sofisticata. Nel contesto delle modulazioni analogiche, questa particolarità
della modulazione angolare ha due implicazioni:
,,, In termini analitici, l'analisi spettrale della modulazione angolare è complicata.
t" In termini pratici, l'implementazione della modulazione angolare è impegnativa.
Entrambe queste affermazioni sono fatte avendo la modulazione d'ampiezza come riferi-
mento.
~Lezione 2: Mentre la banda di trasmissione di un'onda modulata d'ampiezza (in una qua-
lunque delle sue varianti) è di estensione limitata, la banda di trasmissione di un'onda
modulata angolarmente assume larghezza infinita, almeno in teoria.
Sia 8i(t) l'angolo all'istante t di una portante sinusoidale modulata; si assume che esso sia
funzione del segnale d'informazione o messaggio. Rappresentiamo la risultante onda modu-
lata angolarmente come
(4.1)
dove Ac è l'ampiezza della portante. Un'oscillazione completa si ha ogni volta che la fase
8;(t) cambia di 2rr radianti. Se e;(t) aumenta monotonamente col tempo, la frequenza media
in hertz, su un piccolo intervallo da t a t + M è data da
e,(t + lit) - e;(t)
fo.,(t) = 2Tr lit
Facendo tendere a zero l'intervallo di tempo M si arriva alla seguente definizione della fre-
quenza istantanea del segnale modulato angolarmente s(t):
f;(t) = lim ft:.t(t)
M->O
=
. [et(t +
hm
M) - ei(t)J
òt-> O 2Tr lit
1 d8;(t )
(4.2)
27T' dt
dove, nell'ultima riga, abbiamo invocato la definizione di derivata dell'angolo e;(t) rispetto
al tempo t.
Perciò, in accordo con l'eq. (4.1), possiamo interpretare il segnale modulato ango-
larmente s(t ) CQ.I_TI.f! _ l,l,I,l: _':'..~..t.Ec::>.re.r.c::>.tante di li:!:ig4~g~_Ac~dgse fW}. La velocità angolare di
tale f~~q.~~ è de;(t)/dt, misu;~ta ;;;·r~dTa;·ti al secondo. Nel caso semplice di una portante
non modulata, la fase O;(t) è
per m(t) =O
e il fasore corrispondente ruota con una velocità angolare costante pari a 27if, radianti al
secondo. La costante <Pc definisce la fase della portante non modulata nell'istante t = O.
C'è un infinito numero di modi in cui la fase può essere fatta variare in funzione del
segnale modulante. Noi, però, considereremo solo i due metodi usati comunemente, la
modulazione di fase e la modulazione di frequenza, qui di seguito definite:
1. Modulazione di fase (PM da Phase Modulation) è quella forma di modulazione ango-
lare in cui l'angolo istantaneo 8i(t) viene fatto variare proporzionalmente al segnale
modulante m(t) come indicato dalla
(4.3)
Il termine 27ifct rappresenta la fase della portante non modulata con la costante <Pc
posta uguale a zero per semplicità di notazione; la costante.kp rappresenta il fattore
di sensibilità di fase del modulatore, espresso in radianti per volt nell'ipotesi che m(t) ;
sia una forma d'onda di tensione. L'onda modulata di fase è corrispondentemente
descritta nel dominio del tempo da
s(t ) = A c cos[27Tfct + kpm(t)J
2. Modulazione di frequenza (FM da Frequency Modulation) è quella forma di modu-
lazione angolare in cui la frequen za istantanea f;(t) viene fatta variare proporzional-
mente al segnale modulante m(t) come indicato nella
(4.5)
4.2 Proprietà delle onde modulate angolarmente 151
Fase
istantanea O;(t)
2nfçt + kµm (t) 2nfct + 2nkr r
o
m(r) dr
A c: ampiezza della portante
fc: frequenza della portante
m(t): segnale modulante
k P: fattore di sensitività
di fase
k/ fattore di sensitività
di frequenza
kp d
Frequenza f.e + - - m(t)
2n dt f, + kr m(t)
istanta
Onda
modulata s(t)
Ac cos[ 2nfJ + 2nkr r()
m(r) dr ]
r
o
La tabella 4.1 riassume le definizioni base coinvolte nella generazione di onde modulate
angolarmente. Queste definizioni si applicano a tutti i tipi di messaggi, siano essi di tipo
analogico o digitale.
onnoAAOOAAAonnnoono~
vVVVVVUUVVVVVVVVVVVV (a)
L"\ ~
(b)
(e)
(d)
(e) -time
s(t), si(t) e s2(t) indichino le onde PM prodotte rispettivamente da m{t), mi(t) e m 2 {t) in
accordo con l'eq. (4.4). Alla luce di questa equazione, possiamo esprimere queste onde PM
come segue:
s(t) = A, cos[27Tfct + kp(m 1(t) + m 2(t))]
Possiamo però citare due casi particolari nei quali la regolarità negli attraversamenti
dello zero è conservata nella modulazione angolare:
1. Il segnale modulante m(t) aumenta o diminuisce linearmente con il tempo t, nel
qual caso la frequenza istantanea fi(t) dell'onda PM passa da quella della portante
non modulata fc a una nuova frequenza costante, il cui valore dipende dalla pen-
denza di m(t)
2. Il segnale modulante m(t) è mantenuto a un valore costante, positivo o negativo,
nel qual caso la frequenza istantanea f;(t) dell'onda FM passa dal valore della
portante non modulata fc a un nuovo valore costante funzione del valore costante
di m(t)
In ogni caso, è importante notare che nella modulazione angolare if,c9ntenuto informativo
del messaggio m(t) risiede negli attraversamenti dello.zero dell'onda modulata. Questa
dfférmazione è valida purché la frequenza della portante sia grande rispetto alla frequ enza
più alta dello spettro del segnale m(t).
PROPl.UETÀ 4 Difficoltà nel visualizzare la forma d'o nda del segnale modu -
fante Nell'AM vediamo la forma d'onda del segnale modulante come inviluppo del-
l'onda modulata, sempre che, naturalmente, l'indice di modulazione sia inferiore al
100%, come mostrato in figura 4.1 (c) nel caso di modulazione sinusoidale. Non è così
nella modulazione angolare, come evidenziato dalle corrispondenti form e d'onda delle
figure 4.l(d) e 4.l(e}, rispettivamente per PM e FM. In generale, la difficoltà nel visua-
lizzare la forma d'onda modulante in onde modulate angolarmente è anche attribuita al
loro carattere non-lineare.
Si consideri un'onda modulante m(t), che aumenta linearmente con il tempo t, a partire da
t = O come indicato da
m(t)
=
O, t <O
{at,
t :::: O
dove a è la pendenza (fig. 4.2 (a)) . In quanto segue, studiamo gli attraversamenti dello zero
delle onde PM e FM prodotte da m(t) per il seguente set di parametri:
1
fc = 4Hz
a = 1 volt/ s
.
4.2 Proprietà delle onde modulate angolarmente 155
m(<) I~",.,,
Ò ------~~ tempo t
(a)
(b)
- tempot
(e)
l. Modulazione di fase: fattor.e di sensibilita di fa.sekp <:. rt/2 radianti/volt. Appficando l'eq:
(4.4) all'm(t} dato, si ottiene l'onda PM ·· · ·
n =O, l, 2, ...
. '
che è un'equazione lineare in tn. Risolvendo questa equazione rispetto a t,,, otteniamo la
formula lineare
1
2+n
tn =.·· ·.··.·····.
... .•. ..k·.p
2f, +-a
1T
n =O, 1, 2, . ..
definisce la formula risolutiva per t,,. Sostituendo i valori assegnati per a, fc e kr in que-
sta formula quadratica, otteniamo
t.n = ..!.(-1
4 + v'9 + t6n) ' n =O, 1, 2, ...
2. Per la FM, gli attraversamenti dello zero assumono un andamento irregolare; come c'era
da aspettarsi, la frequenza istantanea aumenta linearmente col tempo t.
Le forme d'onda delle portanti modulate angolarmente di figura 4.2 dovrebbero essere
confrontate con le corrispondenti di figura 4.1. Mentre nel caso di modulazione sinusoi-
dale rappresentato in figura 4.1 è difficile riscontrare differenze tra PM e FM, non è così
nel caso di figura 4.2 . In altre parole, a seconda della forma d'onda modulante, è possibile
-~
per PM e FM esibire forme d'onda totalmente differenti.
Esaminando le definizioni delle equazioni (4.4) e (4.7), vediamo che un'onda FM può
essere vista come un'onda PM prodotta dal segnale modulante m( 'T ) d'T invece che da J;
m (t ). Questo significa che un'onda FM può essere generata dapprima integrando rispetto
al tempo il segnale modulante m(t) e poi usando il segnale così ottenuto come ingresso a
un modulatore di fase, come mostrato in figura 4.3(a).
Al contrario, un'onda PM può essere vista come un'onda FM prodotta dal segnate
modulante dm (t)ldt. Perciò, un'onda PM può essere generata dapprima differenziando m(t)
rispetto al tempo te poi usando il segnale risultante come ingresso a un modulatore di fre-
quenza, come mostrato in figura 4.3(b).
4.4 Modula~done di freq uenza a banda stretta 157
(a)
(b)
fio. Eserdzio 4 .2 Lo schema mostrato in figura 4.3 (a) fornisce le basi per la generazione indi-
retta di un'onda FM. Il modulatore di fase è definito dall'eq. (4.4 ). Mostrare che, se l'onda FM
risultante deve avere esattamente la forma definita nell'eq. (4 .7), il fattore di sensibilità di fase kp
del modulatore di fase è legato al fattore di sensitività di frequenza krnell'eq. (4.7) dalla formula
kP = 21rk1T
dove Tè l'intervallo sul quale è effettuata l'integrazione in figura 4.3(a). Giustificare la dimen-
sionalità di questa espressione. <rii!
con singolo tono sinusoidale, ma questa volta con l'onda FM a larga banda.
Potremmo, ovviamente, fare un passo avanti e considerare il caso più elaborato di un'onda
FM multitono. Tuttavia noi proponiamo di non fare così, poiché il nostro immediato obiet-
tivo è di stabilire una relazione empirica tra la banda di trasmissione di un 'onda FM e la
158 CAPffO LO 4 ,,,. MODULAZIONE ANGOLARE ISBN 978 -8 8-408-1387-5
banda del segnale. Come vedremo successivamente, l'analisi spettrale a due passi descritta
prima, ci fornisce un quadro sufficientemente approfondito da proporre un'utile soluzione
al problema.
Consideriamo quindi un'onda modulante sinusoidale definita come
m(t) = Am cos(27Tfmt) (4.9)
La frequenza istantanea dell'onda FM risultante è
f;(t) = f c + k1A m cos(27Tfmt)
= f c + 6.f cos(27Tfmt) (4.10)
dove
(4.11)
La quantità,1( è detta devia_zione di frequenza e rappresenta la massima_differenza tra
frequèiiza Istantanea deil'·o-nda FM e-frequenza della portante fC' Ùnà- tàratteristica fon-
damentale della modulazione di frequenza sinusoidale è che la deviazione di frequenza t:.f
è proporzionale all'ampiezza del segnale modulante e indipendente dalla frequenza modu-
lante.
Usando l'eq. (4.10) nella prima riga dell'eq. (4.6), l'angolo lW) dell'onda FM è otte-
nuto come
tif
8;(t) = 2nfct + -f, sin(27Tfmt) (4.12)
m
dulatore di fase
a banda stretta
r-----------------------I
1
Segnale >
·. •
. I
J
..·• .·• . .·· · < · · · .
modulante ~ lntegratore ~ ~o~ul.atore
a prot:_d
1
.otto f,
Ac sin(2 , t)
Jl: :
I: --!--.
I
Onda FM
a banda stretta
FIGURA 4.4 Schema a blocchi di un metodo indiretto per generare un 'onda FM a banda stretta.
._ Esercizio 4.3 La rappresentazione cartesiana di segnali passa banda discussa nella Sezione
3.8 è ideale per schemi di modulazione lineare, esemplificati dalla famiglia delle modulazioni
d'ampiezza. D'altra parte, la rappresentazione polare
s(t) = a(t) cos [27Tfct + <;b(t)]
si adatta bene a schemi di modulazione non lineari, esemplificati dalla famiglia delle modula-
zioni d'angolo. a(t) in questa nuova rappresentazione è l'inviluppo di s(t) e 4J(t) è la sua fase.
Partendo dalla rappresentazione (vedi l'eq. (3.39))
s(t) = s 1 (t) cos(27Tfct) - sQ(t) sin(27Tfct)
~(t) = tan-{:~t~J
Mostrare che la rappresentazione polare di s(t) in termini di a(t) e l/J(t) è esattamente equiva-
lente alla sua rapp resentazione cartesiana in termini di sr(t) e sQ(t). ~
160 CAPITOLO 4 1:,; MODULAZIONE A."IGOl..ARE ISBN 978-88-408-1387-5
> Esercizio 4.4 Si consideri l'onda FM a banda stretta approssimativamente definita dal-
l'eq. (4.17). Proseguendo l'Esercizio 4.3, effettuare i calcoli seguenti:
(a) Determinare l'inviluppo di quest'onda modulata. Qual è il rapporto tra i valori massimo
e minimo di questo inviluppo?
(b) Determinare la potenza media dell'onda FM a banda stretta, espressa come percentuale
della potenza media della portante non modulata.
(e) Espandendo l'argomento O(t) = 27rfct + ~(t) dell'onda FM a banda stretta s(t) sotto forma
di una serie di potenze, e limitando l'indice di modulazione f3 a un valore massimo di 0.3
radianti, mostrare che
In questa approssimazione i termini con x 5 e quelli con potenze più alte sono ignorati, cosa
giustificabile quando x è piccolo rispetto all' unità. ~
(4.18)
Questa espressione è alquanto simile a quella che definisce un'onda AM, che è qui ripresa
dall'Esempio 3.1 del Capitolo 3:
1
sAM(t) = Ac cos(27Tfct) + 2µ,A,{cos[27r(/c + fm)t] + cos[27r(/c - fm)t]} (4.19)
doveµ è l'indice di modulazione del segnale AM. Confrontando le equazioni (4.18) e (4.19)
e trascurando le rispettive costanti, notiamo che, nel caso di modulazione sinusoidale, la
differenza sostanziale tra un'onda AM e un onda FM a banda stretta è che il segno della
banda laterale inferiore nella FM a banda stretta è cambiato. Ciononostante, un'onda FM
a banda stretta richiede essenzialmente la stessa banda di trasmissione (cioè 2fm, per modu-
lazione sinusoidale) di un'onda AM.
(a)
Nonostante il fatto che l'onda FM a banda stretta dell'eq. (4.18 ) e l'onda AM del-
l'eq. (4.19) abbiano entrambe tre componenti sinusoidali, le due parti di figura 4.5 illustrano
chiaramente le principali differenze tra queste due onde modulate; le differenze sono da attri-
buire alle modalità con cui queste due onde sono generate.
~ Esercizio 4.5 A rigore, l'onda FM dell'eq. (4.15) prodotta da un segnale modulantè sinu-
soidale è una funzione non periodica del tempo t. Dimostrare questa proprietà della modula-
zione di frequenza. --C
Alla luce di questo esercizio, come si può semplificare l'analisi spettrale dell'onda FM a
banda larga definita nell'eq. (4.15)? La risposta sta nell'uso della rappresentazione complessa
in banda base di un segnale modulato (e quindi passa banda), che è stata discussa nella
Sezione 3.8. Nello specifico, assumiamo che la frequenza della portante fc sia grande abba-
stanza (confrontata con la larghezza di banda dell'onda FM) da giustificare la riscrittura
dell'eq. (4.15) nella forma
s(t) = Re[Ac exp(j211fct + jf3 sin(2'1Tfmt))]
= Re[s(t) exp(j2'1Tfct) ] (4.20)
dove l'operatore Re[] estrae la parte reale della quantità complessa contenuta nelle paren-
tesi quadre. Il nuovo termine
s(t) = A c exp[jf3 sin(211fmt)] (4.21)
162 CAPITOLO 4 ;,:, M.ODUi:.AZIONE ANGOIARE ISB N 97 8-8 8-408-1387-5
introdotto nell'eq. (4.21) è l' inviluppo complesso dell'onda FM s(t). La cosa importante da
notare nell'eq_ (4.21) è che, a differenza dell'originale onda FM s(t), l'inviluppo complesso
s(t)è una funzione periodica del tempo con frequenza fondamentale uguale alla frequenza
modulante fm· In dettaglio, sostituendo il tempo t nell'eq. (4.21) con t + klfm per un intero
k, abbiamo
s(t) = A c exp[j,B sin(2'1Tfm(t + k j f m))]
= Ac exp[J,B sin(2'1Tfmt + 2k'TT)]
= Ac exp[j,B sin(2'1Tfml) ]
che conferma che fm è la frequenza fondamentale di s(t). Possiamo quindi espandere s (t)
sotto forma di serie complessa di Fourier nel modo seguente:
s(t) = 2:-
n= -oo
cn exp(j21T'nfmt) (4.22)
1/(2 fm)
= fmAc j-1 /( 2fm)
exp[i,B sin(2'1Tfm t ) - j2'1Tnfmt ] dt (4.23)
L'integrale al secondo membro dell'eq. (4.25), a meno dell'ampiezza della portante Ac, è
chiamato funzione di Besse/ di ordine n del primo tipo e di argomento f3. Questa funzione
è comunemente indicata con il simbolo f n(/3), così che possiamo scrivere
fn(,8) =
2~ r -7r
exp[j({3 sin X
Cn = A c Jn(/3) · (4.27)
Sostituendo l'eq. (4.27) nella (4.22) otteniamo, in termini della funzione di Besselfn(f3), la
seguente espansione per l'inviluppo complesso di un'onda FM:
~
L'ampiezza della portante Ac è costante e può quindi essere portata fuori dell'operatore
parte reale Re[.]. Inoltre possiamo scambiare l'ordine di sommatoria ed estrazione della parte
reale, dato che sono entrambe operatori lineari. Conseguentemente possiamo riscrivere
l'eq. (4.29) nella forma semplificata
00
(4.31)
dove s(t) :;::::: S(f) e cos(21ff;t) :;::::: 21 [ò(f - f;) + ò(f + f;) J per un'arbitraria(;. L'equazione
(4.31) mostra che lo spettro di s(t) consiste in un numero infinito di funzioni delta equi-
spaziate alle frequenze f =fc ± nfm per n = O, +1, +2, ...
e
fn(/3) = -J-n(/3), per n dispari (4.33)
I
1,0 l
0,81
I
0,6~
0,4 ~
f n(f3)
0,2
I
-0,21-
-04 t
,I
FIGURA 4 . 6 Grafici della funzione di Besse! per primo tipo, ],,(/3), al variare dell'ordine n.
164 CAPITOLO 4 ;,:; MOl>lllAZIONE ANGOLARE ISBN 978-88-408-1387-5
Jo(/3) = 1,
/3
Ji(/3) = 2' (4.34)
fn(/3) = O,
3. L'uguaglianza
2:
n= -oo
J~((3) = 1 (4.35)
Quando la portante è modulata per generare un'onda FM, della potenza può finire
nelle bande laterali solo a spese della potenza originaria della portante, rendendo così
l'ampiezza della componente alla frequenza della portante dipendente da f3. Notiamo
che la potenza media di un'onda FM può essere anche determinata dall'eq. (4.30),
come mostrato da
(4.36)
Sostituendo l'eq. (4.35) nella (4.36), l'espressione per la potenza media Pav si riduce
all'eq. (4.8), così come dovrebbe essere.
·~1
4.5 Modulazione di.frequenza a banda larga 165
.· ... ·. :-.: :.:.·' ·.: : .· .·· .. : :, -_ - :_' ·.. -:·_· .. . ' ._ ': -_' ·. _: .:·' .-: '.
I.O
/3 =1,0
-bari-
(a)
1.0
mostrato in figura 4.8 per f3 = 1, 2 e 5. Osserviamo ora che, quando L!if è fissata e f3 è
aumentata, abbiamo un numero crescente di linee spettraliche si affollano nell'intervallo di fre-
quenza fissato fc ~ L!if < I f I < f, + ,1f. Cioè, quando f3 tende a infinito, la larghezza di banda di
un'onda FM tende al valore limite di 21if, tale constatazione è importante da tenere a mente.
1,0
{3 = 1,0
1,0
{3 = 2,0
1,0
f3 =5,0
(e)
i: LA REGOLA DI CARSON
40
20
"--
~
f-,
l:q
10
'""
N
N
~
8
E o
""'
'O
al""
I --~-·-'-'--''-----J..----'---<--L-l.-1-'-'--..J..-'-.1...-'--'--'--'-'-'-...l-.l.---'---'---..L.-'--'-
O, I 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 2 4 6 8 10 20 40
Indice di modulazione, f3
FIGURA 4-.9 Curva universale per valutare la banda ali' l % di un'onda FM.
zione [3, la banda occupata dalle bande laterali significative cala tendendo al valore dell'ef-
fettiva deviazione di frequenza della portante. Questo indica che i piccoli valori di indice
di modulazione f3 sono relativamente più stravaganti per quanto concerne la banda di tra-
smissione dei valori di f3 maggiori.
Consideriamo adesso il caso più generale di un segnale modulante arbitrario m(t) con W che
rappresenta la frequenza più alta di una sua componente spettrale; cioè, W denoti la banda
del segnale modulante. Adesso abbiamo un problema più difficile da trattare. Un modo per
affrontarlo consiste nel valutare la larghezza di banda della portante modulata nel caso
peggiore. Innanzi tutto determiniamo il cosiddetto rapporto dì deviazione D, definito come
il rapporto tra la deviazione di frequenza !J.f che corrisponde alla massima possibile ampiezza
del segnale modulante m(t) e la massima frequenza del segnale modulante W. Queste con-
0,1 2
0,3 4
0,5 4
1,0 6
2,0 8
5,0 16
10,0 28
20,0 50
30,0 70
4. 7 Generaz.itme di muie FM 169
Àf
D=- (4.38)
W
Il rapporto di deviazione D gioca, per portanti modulate da segnali generici, lo stesso ruolo
dell'indice di modulazione f3 per portanti modulate da segnali sinusoidali. Quindi, sosti-
tuendo f3 con De fm con W, possiamo generalizzare l'eq. (4.37) come segue:
BT = 2(Af + W) (4.39)
Da qui in avanti indicheremo l'eq. (4.39) come la regola di Carson generalizzata per la
determinazione della banda occupata da una portante modulata FM. In modo simile, pos-
siamo generalizzare la curva universale di figura 4.9 per ottenere un valore di larghezza di
banda del segnale FM. Da un punto di vista pratico, la regola di Carson in qualche modo
sottostima la banda richiesta da un sistema FM mentre, corrispondentemente, la curva uni-
versale di figura 4.9 porta a risultati conservativi. Così la scelta di una larghezza di banda
di trasmissione compresa entro i limiti forniti da queste due regole empiriche rappresenta
una scelta accettabile per la maggior parte dei casi.
D = 75 =5
15
Usando i valori J.f = 75 kHz e W = 15 kHz nella regola di Carson generalizzata del~
l'eq. (4.39), troviamo che il valore approssùnato della larghezza di banda délla portanté rnodu-
lata FM è pari a
Br = 2(75 + 15) = 180 kHz
D'altro canto, l'uso della çurva universale di figura 4.9 dà una banda di trasmissione del segnale
.FMpari a
Br = 3.2 6.f = 3.2 X 75 = 240 kHz
~ 4. 7 Generazione di onde FM
Secondo l'eq. (4.5), la frequenza istantanea fi(t) di una portante modulata FM varia linear-
mente con il segnale modulante m(t). Per il progetto di un modulatore di frequenza, quindi,
abbiamo bisogno di un dispositivo in grado di produrre un segnale in uscita la cui frequenza
istantanea sia linearmente proporzionale alle variazioni d'ampiezza di un segnale d'ingresso.
Ci sono due metodi base per generare portanti modulate di frequenza, uno diretto e
uno indiretto.
;::~,:
m(t)
~re
1
+ 'i~i~*i~llii~ _
I
__l_,.._
I
M'?~t~g1i#~fg~
di frequ enza
--.-- a oncta FM
banda larga
,;______________ t
-r~ ----
!
o~dnM6N
eoriifoll~tci
· aij~irrfo
F!GURA 4.10 Schema a blocchi di un metodo indiretto per generare un'onda FM a banda larga.
realizzazione immediata. Inoltre esso è capace di fornire grandi deviazioni di frequenza. Però
una seria limitazione del metodo diretto è la tendenza della portante a subire derive in fre-
quenza, cosa che solitamente è inaccettabile per applicazioni di radiodiffusione commer-
ciale. Per superare questa limitazione, si richiede la stabilizzazione di frequenza del
modulatore FM, che viene realizzata mediante un anello di retroazione esterno all'oscilla-
tore; si veda il Problema 4.15 per la descrizione di una tale procedura. Sebbene l'oscilla-
tore possa essere semplice da realizzare, l'uso della stabilizzazione di frequenza aggiunge
complessità al progetto del sistema di modulazione di frequenza.
Nel metodo indiretto, d'altro canto, il segnale modulante è inizialmente usato per produrre
una portante FM a banda stretta, seguita da moltiplicazione di frequenza per aumentare
la deviazione di frequenza al livello desiderato. In questo secondo metodo, il problema
della stabilità in frequenza dell'oscillatore è alleviato mediante il ricorso a un oscillatore
molto stabile (ad esempio oscillatore a quarzo) nella generazione della FM a banda stretta;
questo schema di modulazione è chiamato modulatore a banda larga di Armstrong, come
riconoscimento al suo inventore.
Uno schema a blocchi semplificato di questo modulatore FM indiretto è mostrato in
figura 4.10. Il segnale modulante m(t) è dapprima integrato e quindi usato per modulare
la fase di un'oscillazione sinusoidale generata da un oscillatore a quarzo; l'uso di un riso-
natore al quarzo dà la richiesta stabilità in frequenza. Per minimizzare la distorsione intrin-
secamente introdotta dal modulatore di fase, la massima deviazione di fase o indice di
modulazione f3 è resa volutamente piccola, producendo quindi una modulazion~. di fre-
quenza a banda stretta; per implementare il modulatore di fase a banda stretta, possiamo
usare il sistema descritto in figura 4.4. La portante modulata FM a banda stretta è quindi
moltiplicata in frequenza per mezzo di un moltiplicatore di frequenza, al fine di produrre
la desiderata portante FM a banda larga.
Un moltiplicatore di frequen za consiste in un dispositivo non lineare senza memoria
seguito da un filtro passa banda, come mostrato in figura 4.11. La richiesta che il disposi-
tivo non lineare sia senza memoria implica che esso non contenga elementi in grado di
immagazzinare energia. La relazione ingresso uscita di un dispositivo di questo tipo può
essere espressa nella sua forma generale corne
(4.40)
in cui ai, ai, ... , an sono coefficienti determinati dal punto di lavoro del dispositivo, e n è
il più alto grado di non linearità. In altre parole, il dispositivo non lineare senza memoria
è un dispositivo che genera potenze fino alla n-esima del segnale.
L'ingresso è un'onda FM definita come
che è l'eq. (4.41), qui riprodotta per comodità di presentazione. Il problema da affrontare
è: come recuperiamo il segnale modulante m(t) dalla portante modulata s(t)? Possiamo
172 CAPITOLO 4 '' MODULAZIONE ANGOIARE ISBN 978-88-408-1387-5
Osservando l'eq. (4.45), notiamo che la derivata è un segnale passa banda con una modu-
lazione d'ampiezza definita dal fattore [fc + kf'l(t)]. Conseguentemente, se fc è abbastanza
grande, in modo che la portante non risulti sovramodulata, possiamo recuperare il segnale
modulante m(t) con un rivelatore a inviluppo, in un modo simile a quanto descritto nel
Capitolo 3 per segnali AM. Questa idea è alla base del discriminatore di frequenza, che è
sostanzialmente un demodulatore composto da un derivatore seguito da un rivelatore di
inviluppo.
Ci sono, però, dei dettagli pratici legati all'implementazione del discriminatore nel
modo appena descritto, con particolare riguardo al derivatore. Nel Capitolo 2, abbiamo
mostrato che la derivazione corrisponde a una funzione di trasferimento con andamento
rettilineo nel dominio delle frequenze; cioè
d
- ~ j21Tf (4.46 )
dt
dove, al solito, :;;:::!: denota una relazione di corrispondenza ottenuta mediante trasformata
di Fourier. Nella pratica, è difficile costruire un circuito che abbia una funzione di trasfe-
rimento equivalente a quella al secondo membro dell'eq. (4.46) a tutte le frequenze. Pos-
siamo, invece, costruire un circuito che approssimi questa funzione di trasferimento nella
banda del segnale, in particolare, per fc - (By/2) :::; If I:::; fc + (By/2), dove By è la banda di
trasmissione del segnale FM in ingresso s(t). Una tipica funzione di trasferimento che sod-
disfa queste richieste è
H,(f)I
~
I
j1TBT ' - - - -- - - - - - - - - -- - - - -
I
ria di questa rappresentazione sviluppata nel Capitolo 3, troviamo che l'inviluppo complesso
del segnale FM s(t) è ( f1 )
dove S(f) è la trasformata di Fourier di s(t). n motivo per introdurre il fattore moltipli-
cativo 1/2 nella prima riga dell'eq. (4.50) è stato delineato nel Capitolo 3. Per determinare
s1(t), che è l'antitrasformata di S1(f), invochiamo due proprietà della trasformata di Fou-
rier, descritte qui di seguito (vedi Capitolo 2):
1. La moltiplicazione della trasformata di Fourier S(f) per j27rf equivale a derivare la tra-
sformata inversa di Fourier s( t) in accordo con la Proprietà 9 descritta nell'eq. (2.33 ):
d ~
d/(t) ~ j27rf S(f)
2. L'applicazione della proprietà di linearità (cioè l'eq. (2.14)) alla parte non nulla di S1(f)
dà
s1(t) = ~ :r s(t) + ~i'ITBTs(r) (4.51)
Infine, l'effettiva risposta del circuito a pendenza alla portante modulata FM, s(t), è data da 1
s1 (t) = Re[s1 (t) exp(j2-rrfJ)]
= ±'ITA,B{ 1 + (:k:)m(t) J cos( 27rf,t + 21rkf lot m(T) dT + ~) (4.53)
(2kr)
By \m(t)\max < 1, per ogni t
1
Si noti che la prima riga dell'equazione (4.53 ) a pagina 177 è una ripetizione dell'equazione (3.43) del Capitolo 3,
che riguarda la relazione tra segnale modulato s(t) e la sua rappresentazione complessa s( t).
174 CAPITOLO 4 ''' MODlJLAZIONE ANGOIARE lSBN 978-88-408- I 387-5
La polarizzazione di v1(t) è definita dal termine costante nell'eq. (4.54), cioè nAcBr/2.
Per rimuovere la polarizzazione possiamo usare un secondo circuito a pendenza,
seguito dal suo rivelatore a inviluppo. Questa volta, però, progettiamo il circuito a pendenza
in modo da avere una pendenza negativa. Su questa base, dall'eq. (4.54) deduciamo che
l'uscita da questa seconda configurazione è data da
OndaFM Segnale
a banda larga s(t) ---+- modulante m(t)
(a meno di un fattore
J di scala)
2 Una realizzazione pratica di un discriminatore di frequenza bilanciato può essere trovata in Haykin (1994 ), pp.
178-180. Tale schema utilizza una coppia di circuiti RLC altamente risonanti. I due filtri sono progettati per pre-
sentare un alto valore del fattore di qualità Q. Il fattore di qualità di un circuito risonante è una misura di quanto
ripida sia la risposta in frequenza; essa è formalmente definita come 2ir voi re il rapporto tra la massima energia
immagazzinata nel filtro divisa per l'energia dissipata nel filtro, entrambe misurate su un solo ciclo. Per l'appli-
cazione in esame, un filtro è sintonizzato a una frequenza al di sopra della frequenza della portante non modu-
lata, fn mentre r altro filtro è sintonizzato a una frequenza inferiore a fc· Rendendo il fattore Q alto, la linearità
dell'andamento in frequenza dei moduli delle funzioni di trasferimento nell'intorno della frequenza della por-
tante è determinata dalla separazione delle due frequenze di risonanza.
4.8 Demodulazione di segnali FM 175
cfi1(t)
o
= 27f'kf
m(T) dT r (4.58)
</>2(t) = 27f'kv r
o
V( T) dT (4.60)
),,, i i
FrGURA 4.14 Schema a blocchi di un anello ad aggancio di fase.
176 CAPITOLO 4 ''' MODULAZIONE ANGOLARE ISBN 978-88-408-1387-5
~ Esercizio 4.6 Usando una ben nota identità trigonometrica relativa al prodotto tra il
seno di un angolo e il coseno di un altro angolo, dimostrare i due risultati appena descritti nei
punti 1e2. ~
Poiché il filtro d'anello è progettato in modo da reiettare i termini di alta frequenza nel
segnale in uscita dal moltiplicàtore, possiamo scartare il termine a frequenza doppia. Così
facendo, possiamo ridurre il segnale applicato al filtro d'anello a
e(t) = kmA cAv sin[ cPe(t)] (4.61)
dove <f!e(t) è l'errore di fase definito come
</>.(!) = 4>1(t) - </>2(t)
(4.63)
Le equazioni (4.62), (4. 63), (4.65) e (4.60), in quest'ordine, costituiscono un modello rea-
zionato linearizzato dell'anello ad aggancio di fase. Il modello è schematizzato in
figura 4.lS (a) con la fase <fJ1(t ) dell'onda FM in ingresso s(t ) come ingresso e con l'uscita
del filtro d'anello v(t) come uscita di tutto l'anello ad aggancio di fase.
Dalla teoria della retroazione lineare, ricordiamo il segu ente importante teorema: 3
A tutte le frequenze alle quali la funzione di trasferimento ad anello aperto di
un sistema retroazionato lineare ha ampiezza molto maggiore di 1, la funzione
di trasferimento ad anello chiuso è effettivamente determinata dall'inverso della
funzione di trasferimento del ramo di retroazione.
(a)
(b)
FIGURA 4.15 (a) Modello linearizzato dell'anello ad aggancio di fase. (b) Forma approssi-
mata del modello , valida se si assume che il guadagno d 'anello Ko sià grande rispetto all'u-
nità.
3 Si consideri l'esempio classico di un amplificatore con retroazione negativa, composto da due sottosistemi: un
amplificatore di guadagno µ nel ramo diretto e una rete di retroazione di guadagno {3. Il guadagno in anello
chiuso dell 'a mplificatore è defini ro da
A =-µ,-
1 + µ,{3
v(t) = _l_(d</>
21Tkv
1
dt
(t)) (4.67)
Far assumere a Ko valori grandi ha l'effetto di rendere l'errore di fase l/>e(t) sempre più pic-
colo. Se questa condizione è verificata, abbiamo </>i (t) "" l/J2(t) in accordo con la prima riga
dell'eq. (4.62). Questa condizione di uguaglianza approssimata giustifica la sostituzione di
<f>2(t) con <jJ1 (t) nell'eq. (4.67).
Alla luce della relazione approssimata descritta nell'eq. (4.67), possiamo semplifi-
care il modello retroazionato linearizzato di figura 4.15(a) nel modo mostrato nella parte
(b) della stessa figura. Quindi, sostituendo l'equazione (4.58) nella (4.67), otteniamo
(4.68)
L'equazione (4.68) afferma che quando il sistema opera nelle condizioni di aggancio o di
quasi aggancio e il guadagno d'anello K 0 è grande rispetto all'unità, si ottiene la demodu-
lazione di frequenza dell'onda FM in ingresso s(t); cioè, l'originario segnale modulante m(t)
viene ricostruito da s(t) a meno del fattore di scala (krfkvl·
Una caratteristica importante dell'anello ad aggancio di fase, funzionante come demo-
dulatore di frequenza, è che la banda dell'onda FM in ingresso s(t) può essere molto più
larga di quella del filtro d'anello caratterizzato dalla funzione di trasferimento H(f), cioè
dalla trasformata di Fourier della risposta all'impulso del filtro. La funzione di trasferi-
mento del filtro d'anello può, e quindi dovrebbe, essere limitata alla larghezza di banda del
segnale in banda base (cioè la banda originalmente occupata dal segnale modulante).
Quindi, il segnale di controllo del VCO, vale a dire v(t), ha la larghezza di banda del segnale
modulante (o messaggio) m(t) mentre l'uscita del VCO r(t) è un'onda modulata FM a
banda larga la cui frequenza istantanea insegue le variazioni della frequenza istantanea
dell'onda FM in ingresso s(t) dovute a m(t)_ Stiamo qui semplicemente riaffermando che
la larghezza di banda di un'onda FM con grande deviazione è molto maggiore della banda
del segnale modulante che l'ha generata.
La complessità dell'anello ad aggancio di fase è determinata dalla funzione di trasfe-
rimento H(f) del filtro d'anello. La forma più semplice di anello ad aggancio di fase è otte-
nibile ponendo H(f) = 1 cioè, eliminando il filtro d'anello, nel qual caso l'anello ad aggancio
di fase è indicato come un anello ad aggancio di fase del primo ordine. Per anelli di ordine
superiore, la funzione di trasferimento H(f) diventa più complessa.
Una delle principali limitazioni del PLL del primo ordine è che il guadagno d'anello
controlla sia la banda dell'anello, sia l'intervallo di frequenze sul quale l'aggancio dell'a-
nello è mantenuto. I; intervallo di frequenze di hold-in si riferisce all'intervallo di frequenze
4.9 Esempio a tema: multiplazione stereo nel broadcast FM 179
per cui l'anello rimane agganciato all'onda FM in ingresso. È per questa ragione che, a
dispetto della sua semplicità, l'anello ad aggancio di fase del primo ordine viene utilizzato
raramente in pratica. Piuttosto, la procedura raccomandata è quella di ricorrere a un PLL
del secondo ordine, la cui realizzazione è ottenibile mediante l'utilizzo di un filtro di anello
del primo ordine; si veda il Problema 4.25.
L(f) = K 0 ~~)
rappresenta la funzione di trasferimento ad anello aperto. Infine, si mostri che quando L(f) è
grande rispetto all'unità per tutte le frequenze all'interno della banda del segnale modulante, la
versione nel dominio del tempo delJa formula relativa alla parte (b) si riduce alla formula appros-
simata dell'eq. (4.68). ~
Matrice di codifica
m1(t) 1-- -+---
m,(t)
L "- --
------~ ·· s~m(t)
.lr.
L Pùplicatore
difrequenza .
---fl
X4-K
cos (27rf,t)
f,= 19kHz
(a)
Matrice di codifica
+
·· ·' '"'""···.•. ______________,,,,_ r ~ 2m/(t)
Rivelatore coerente
-- - · ····- p - -- -- ·- - -- .__ -- - - ·-~
m ,C<) -m,(<)
Put)lfoai&i~ .
#t~m~P~~##
~lt! _J
(b)
ferenza al ricevitore stereo. Dunque, in accordo con la figura 4.16(a), il segnale multiplato
è descritto da
m(t) = [mi(t) + mr(t)] + [m 1 - m,(t) ] cos(41Tfct) + K cos(21Tfct) (4.69)
dove fc = 19 kHz e K è l'ampiezza del tono pilota. Il segnale multiplo m(t) va quindi a
modulare di frequenza la portante principale per produrre il segnale trasmesso, ma questa
modulazione di frequenza non è mostrata in figura 4.16(a ). Al tono pilota è assegnato tra
1'8 e il 10% della deviazione di frequenza dì pìcco; l'ampiezza K nell'eq. (4.69) è scelta in
modo da soddisfare questo requisito.
Al ricevitore stereo, prima di tutto viene recuperato il segnale multiplo m(t) mediante
demodulazione di frequenza dell'onda FM in ingresso. Quindi m(t) è applicato al sistema
di demultiplazion e mostrato in figura 4.16(b). Le singole componenti del segnale multi-
plo vengono separate mediante l'uso di tre filtri opportuni. Il tono pilota (estratto per
mezzo di un filtro passa banda stretto centrato a 19. kHz) è duplicato in frequenza per
produrre la richiesta sottoportante a 38 kHz. La disponibilità di questa sottoportante con-
sente la rivelazione coerente dell'onda modulata DSB-SC, (si veda la parte di figura 4.16(b)
all'interno del rettangolo tratteggiato). Il segnale differenza m1(t) - mr(t) è ricavato in
questo modo. Il filtro passa basso nel ramo superiore di figura 4.16(b) è progettato in
modo da lasciar passare il segnale somma, m1(t) + mr(t). Infine, la semplice matrice di
4.10 Sommario e discussione 181
decodifica ricostruisce i segnali originali sinistro m1(t) e destro mr(t) a meno del fattore
di scala 2, e li invia ai rispettivi altoparlanti. In questo modo si è ottenuta la ricezione
FM stereofonica.
Nel Capitolo 3 abbiamo studiato i principi fondanti della prima famiglia di recniche di
modulazione in onda continua (CW, dall'inglese continuous wave), basata sulla modula-
zione di ampiezza e le sue varianti. In questo capitolo abbiamo completato lo studio dei prin-
cipi di modulazione in onda continua basati sulla modulazione angolare.
Fondamentalmente, vi sono due tipi di modulazione angolare:
>· La modulazione di fase (PM, Phase Modulation), in cui è la fase istantanea della por-
tante sinusoidale che viene variata proporzionalmente all'ampiezza del segnale modu-
lante.
'' La modulazione di frequenza (FM, Frequency Modulation ), in cui è la frequenza
istantanea della portante sinusoidale che viene variata proporzionalmente all'am-
piezza del segnale modulante.
Questi due metodi di modulazione sono strettamente collegati tra loro, poiché, se abbiamo
uno dei due, possiamo derivarne l'altro. Per questa ragione abbiamo concentrato molta
parte della discussione sulla modulazione di frequenza.
r
La modulazione di frequenza (FM) è esemplificata dall'equazione
4.8 Si traccino gli andamenti delle onde PM e FM prodotte dal segnale a dente di sega, mostrato in
figura 4.17, usato come segnale modulante.
m(t) I
Al ~ /: /:
~--------L
o T
· - -------~
2T
0
____3TjL_________..
0 0
t
FIGURA 4.17
4.9 In un radar con modulazione di frequenza, la frequenza istantanea della portante trasmessa è
fatta variare come in figura 4.18. Un tale segnale è generato mediante modulazione di frequenza
ad opera di un segnale periodico triangolare. La frequenza istantanea dell'eco ricevuta è mostrata
tratteggiata in figura 4.18, in cui rè il ritardo dovuto alla propagazione tra trasmettitore e ber-
saglio e ritorno. Il segnale trasmesso e l'eco ricevuta sono applicati a un mixer, e solo la com-
ponente a frequenza differenza è conservata. Assumendo che far<< 1 per tutti i r, determinare
il numero di cicli al secondo del battimento all'uscita del mixer, in funzione della deviazione di
picco ,1f della frequenza della portante, del ritardo re della frequenza di ripetizione fo del segnale
trasmesso. (Per battimento (in inglese beat) si intende un segnale la cui frequenza sia pari alla
differenza tra le frequenze dei due segnali in ingresso. )
f;(t) Segnale
trasmesso
f, + t:.f ~
f, 1------'--~---''-- -\..-J.~--"'----'--"----
F IGURA 4. 18
4. 10 Si consideri un segmento lungo Llt di un'onda FM s(t) = A,cos[8(t)] tale che 8(t) soddisfi la
condizione
8(t + ~t) - 8(t) = 1T
sia applicato a un modulatore di fase con sensibilità di fase kp. La portante non modulata abbia
frequ enza fc e ampiezza Ac- Si determini lo spettro della portante modulata di fase risultante,
assumendo che la massima deviazione di fase f3 = Amkp non superi 0,3 radianti.
4.12 Un'onda portante sia modu la ta di frequenza da un segnale sinusoidale di frequenza f m e
ampiezza Am.
Problemi aggiuntivi 183
(a) Si determini il valore dell'indice di modulazione per il quale la componente alla frequenza
della portante dell'onda FM si riduce a zero. Per questo calcolo si utilizzino i valori difo(f3)
dati in Appendice 3.
(b) In un esperimento condotto con f m = 1 kHz e con Am crescente (partendo da zero volt) si
trova che la componente alla frequenza della portante dell'onda FM si riduce a zero la prima
volta quando Am = 2 volt. Qual è la sensibilità in frequenza del modulatore? Qual è il
valore di Am per cui la componente alla frequenza della portante si azzera la seconda volta?
4.13 Una portante con frequenza di 100 MHz sia modulata in frequenza da un segnale sinusoi-
dale di ampiezza 20 V e frequenza 100 kHz. La sensibilità in frequenza del modulatore sia
25 kHiN.
(a) Si determini la larghezza di banda approssimata dell'onda FM usando la regola di Carson.
(b) Si determini la larghezza di banda ottenuta trasmettendo solo le frequenze laterali la cui
ampiezza sia superiore all'l % dell'ampiezza della portante non modulata. Per questo cal-
colo si usi la curva universale di figura 4.9.
(c) Si ripetano i calcoli, assumendo che l'ampiezza della sinusoide modulante sia raddoppiata.
(d) Si ripetano i calcoli, assumendo che a raddoppiare sia la frequenza della modulante.
4.14 Si consideri un'onda PM a banda larga, prodotta dal segnale modulante sinusoidale Amcos(27efmt)
utilizzando un modulatore con sensibilità di fase pari a kp radianti per volt.
(a) Si mostri che, se la massima deviazione di fase dell'onda PM è grande rispetto a un radiante,
la larghezza di banda del segnale trasmesso varia linearmente con la frequenza del segnale
modulante fm·
(b) Si confronti questa caratteristica della modulazione PM a banda larga con quella di una
modulazione FM a banda larga.
4.15 La figura 4.19 mostra lo schema a blocchi di un sistema retroazionato per la stabilizzazione della
frequenza della portante in un modulatore FM a banda larga. L'oscillatore controllato in ten-
sione mostrato in figura costituisce il modulatore di frequenza. Usando le idee di miscelazione
(ossia traslazione in frequenza) (descritta nel Capitolo 3) e di discriminazione di frequenza
(descritta in questo capitolo), si discuta come il sistema retroazionato di figura 4.19 sia capace
di utilizzare la stabilità in frequenza dell'oscillatore a quarzo per stabilizzare l'oscillatore con-
trollato in tensione.
Segnale
modulante
----------------+- Onda FM stabilizzata
in frequenza
F IG URA 4.19
4.16 Si consideri lo schema di demodulazione di frequenza illustrato in figura 4.20, nel quale l'onda
FM in ingresso è fatta passare attraverso una linea di ritardo che produce una rotazione di fase
di -;r/2 radianti alla frequenza della portante fc· L'uscita dalla linea di ritardo viene sottratta a
s(t) e il risultante segnale composito è inviato a un rivelatore a inviluppo. Questo demodulatore
trova applicazione nella demodulazione FM alle microonde. Assumendo che
s(t) = Ac cos[27Tf,t + /3 sin(27T/,t)]
FIGURA 4.20
184 CAPITOLO 4 f:l MODULAZIONE ANGOLARE ISBN 978-88-408-1387-5
1. m 1 t -() _ {aO, t + a
1 0, t ~O
t =O
4.19 La frequenza istantanea di un segnale sinusoidale sia fc + N per ltl < T/2 e fc per ltl > T/2. Si deter-
mini lo spettro di questa onda modulata in frequenza. Suggerimento: Si divida l'intervallo di inte-
resse in tre regioni non sovrapposte:
(i) - co < t < -T/2
(ii) -T /2 :5 t :5 T /2
(iii) T/ 2 < t < cc
4.20 La figura 4.21 mostra lo schema a blocchi di un analizzatore di spettro in tempo reale che
lavora sul principio della modulazione di frequenza. Il segnale dato g(t) e un segnale modulato
in frequenza s(t) sono applicati a un moltiplicatore e l'uscita g(t)s(t) è inviata a un filtro con rispo-
sta all'impulso h(t). s(t) e h(t) siano due portanti le cui frequenze istantanee variano linearmente
con il tempo con variazioni di segno opposto, come mostrato da
s(t) = cos(27Tfct + 7Tkt 2 )
e
h(t) = cos(27Tfct - 7Tkt 2 )
dove k è una costante. Si mostri che l'inviluppo del segnale all'uscita del filtro è proporzionale
allo spettro d'ampiezza del segnale in ingresso, con il prodotto kt che gioca il ruolo della fre-
quenza f. Suggerimento: Si usi la notazione complessa descritta nella Sezione 3.8 per la tra-
smissione passa banda.
in cui a(t) sia un inviluppo lentamente variabile nel tempo, f, la frequenza della portante, kr il
parametro di sensibilità di modulazione dì frequenza e m(t) un segnale modulante. La portante
modulata sia elaborata mediante un limitatore passa banda, che consiste in un hard limiter
(comparatore) seguito da un filtro passa banda. La funzione del limitatore passa banda è quella
di rimuovere le fluttuazioni di ampiezza dovute ad a(t). Specificare le caratteristiche del filtro
passa banda in modo da produrre la portante modulata FM
in cui v;(t) è l'ingresso e v0 (t) è l' uscita; ai, a1 e a3 sono coefficienti costanti. L'ingresso sia costi-
tuito dal segnale modulato in frequenza
V;(t) = Accos(2'1Tfct f
+ 2'TTk1 m(T)dT)
o
La banda del segnale modulante sia W e la deviazione di frequenza del segnale FM sia !Jf.
(a) Calcolare l'uscita v0 (t).
(b) Usando la regola di Carson generalizzata, mostrare che, se la frequen za della portante sod-
disfa la condizione
fc > 3 A.f + 2W
l'effetto della distorsione non lineare può essere rimosso con un filtraggio passa banda.
(e) Specificare la frequenza di centro banda e la banda del filtro al punto (b).
4.25 Si consideri un anello ad aggancio di fase del secondo ordine che usi un filtro d'anello con fun-
zione di trasferimento
a
H(f) = 1 + jf ,....,•
(a) Usando questo filtro d'anello nella seguente formula (vedi il punto a dell'Esercizio 4. 7)
1
<'Pe(f) = 1 + L(f) <'P1(f)
187
188 CAPITOLO 5 <l! MODUIAZIONE IMPULSIVA ISB N 978-88-408-1387-5
La maggior parte del materiale sulla rappresentazione dei segnali considerato fin ora è
stato dedicato ai segnali e ai sistemi continui sia nel tempo sia in frequenza. In diversi punti
nel Capitolo 2, comunque, abbiamo considerato la rappresentazione di segnali periodici.
In particolare, ricordiamo che la trasformata di Fourier di un segnale periodico con periodo
To consiste in una sequenza infinita di funzioni delta che si susseguono a multipli interi della
frequenza fondamentale fo == 1/To. Possiamo perciò affermare che rendere periodico un
segnale nel dominio del tempo ha come effetto il campionamento dello spettro del segnale
nel dominio delle frequenze. Possiamo fare un ulteriore passo in avanti richiamando la
proprietà di dualità della trasformata di Fourier e affermare che campionare un segnale nel
dominio del tempo ha come effetto la periodicizzazione dello spettro del segnale nel domi-
nio delle frequenze. Quest'ultimo risultato è l'argomento di questa sezione.
In genere, ma non esclusi'vamente, il campionamento è descritto nel dominio del
tempo. Di per sé, è un'operazione basilare per l'elaborazione numerica dei segnali e le
comunicazioni digitali. Attraverso il campionamento, un segnale analogico è convertito in
una corrispondente sequenza di campioni che sono di solito spaziati uniformemente nel
tempo. Chiaramente, affinché una tale procedura abbia un'utilità pratica, è necessario sce-
gliere adeguatamente la frequenza di campionamento, in modo tale che la sequenza di cam-
pioni definisca univocamente il segnale analogico originale. Questa è l'essenza del teorema
del campionamento che verrà dimostrato nel seguito.
Consideriamo un generico sègnale g(t) a energia firiita, definito per tutti gli istanti di tempo
t. Una parte del segnale g(t) è mostrata in figura 5. l(a). Supponiamo di campionare il
segnale g(t) istantaneamente e a frequenza ,costante, una volta ogni T 5 secondi. Conse-
guentemente, otteniamo una sequenza infinita di campioni spaziati l'uno dall'altro T 5
secondi e indicata con {g(nT5 )), dove n può assumere qualunque valore intero, sia positivo
che negativo. Chiamiamo T5 periodo o intervallo di campionamento e il suo reciproco
fs = 1/T5 frequenza di campionamento. Questa f_()rma ideale di campionamento è chiamata
campionamento istantaneo.
Sia g 8 {t) il segnale ottenuto pesando ogni singolo elemento di una sequenza periodica
di funzioni delta di Dirac spaziate di T 5 secondi con la sequenza di numeri {g(nT5 )}, come
mostrato da (vedi fig. 5.l(b))
00
~ g(nT5 )o(t - nT5 ) (5.1)
n=-oo
Definiamo g 0 {t) come segnale (ideale) campionato istantaneamente. Il termine o(t - nT5 )
rappresenta una funzione delta posizionata nell'istante di tempo t == nT5 • Dalla definizione
di funzione delta riportata nella Sezione 2.4, ricordiamo che tale funzione idealizzata ha area
unitaria. Pertanto possiamo vedere il fattore moltiplicativo g(nT5 ) nell'eq. (5.1) come una
"massa" assegnata alla funzione delta 15( t - nT5 ). Una funzione delta pesata in questo modo
5.1 Campionamento 189
g(t) .
(a)
T
~1-u+---/
s
L,_
1~
\
\ I
I ,/
(b)
~ Ese rdzfo 5. 1
(a) Usando il materiale presentato nella Sezione 2.5, giustificare le relazioni matematiche
elencate in fondo alla colonna di sinistra della tabella 5.1, relative al campionamento
ideale nel dominio delle frequenze.
(b) Applicando la proprietà di dualità della trasformata di Fourier al risultato ottenuto al
punto (a), giustificare le relazioni matematiche riportate in fondo alla colonna di destra
della tabella, relative al campionamento ideale nel dominio del tempo. ~
Il motivo alla base della stesura della tabella 5.1 è quello di stabilire la base matematica neces-
saria alla formulazione del teorema del campionamento nel dominio del tempo. Per questo,
riscriviamo la relazione riportata in fondo alla colonna di destra della tabella nella: forma
00 00 00
2: g(nT )o(t -
5 nT5 ) ~ fs 2, G(f - mfs ) = L g(nT
n =-oo
5) exp(-j21TnTsf) = G0 (f) (5.2)
n =-oo m=-oo
00 00 CO
dove G(f) è la trasformata di Fourier del segnale originale g(t) e fs = l/T5 è la frequenza
di campionamento. In pratica, l'eq. (5.2) dice che il campionamento uniforme di un segnale
tempo-continuo a energia finita produce uno spettro periodico con una frequenza di ripe-
tizione pari alla frequenza di campionamento.
Le relazioni dell'eq. (5.2) si applicano a ogni segnale g(t) tempo-continuo a energia finita.
Supponiamo, comunque, che il segnale g(t) sia rigorosamente a banda limitata, senza com-
ponenti di frequenze maggiori di W hertz. Cioè, la trasformata di Fourier G(f) del segnale
g(t) abbia la proprietà che G(f) è nulla per I f I ;?: W, come illustrato in figura 5.2(a); la
forma dello spettro mostrato in questa figura ha solo scopo illustrativo. Supponiamo inol-
tre di scegliere il periodo di campionamento T 5 = 1/2 W, che è, come vedremo, il massimo
valore permesso. Allora il corrispondente spettro Gs (f) del segnale campionato g 8 (t) è
quello riportato in figura 5.2(b). Ponendo T 5 = 1/2W nell'eq. (5.2) e usando G5(f) per
denotare la trasformata di Fourier di g5(t) possiamo scrivere
00
Ga(f) = n];oo g ( n )
2W exp
( j'TT'nf)
-W (5.3)
L'equazione (5.3) definisce la trasformata di Fourier G5(f) della sequenza {g(n/2W) }~= _ 00 ,
ottenuta dal campionamento uniforme di un segnale continuo g(t) alla particolàre frequenza
di campionamento (l/T5 ) = fs = 2W. La formula, ottenuta usando il periodo di campiona-
mento T 5 = 112 W, mostrata nell' eq. (5 .3 ), è chiamata la trasformata di Fourier tempo-discreta 1
della sequenza {g(nT5 )}~=-oo· .
1 Nella formula di Fourier dell'eq. (5.3), il tempo tè discretizzato implicitamente. Se facciamo un ulteriore passo
in avanti e discretizziamo anche la frequenza f scegliendo f = k X 2 W, otteniamo la trasformata di Fourier
discreta, che è periodica sia nel tempo che in frequenza; in modo esplicito
N-1
Gk = 2: gn exp(-j27Tnk),
n~o
k = O, 1,. . , N - 1
dove
gn = g( 2~) = g(nTs)
e
Gk = G~(2k W) = c1{ ;,)
Il parametro N è il numero di campioni in ogni periodo, sia nel dominio del tempo che in quello delle frequenze.
La trasformata discreta di Fourier è stata discussa nel Capitolo 2.
5.1 Campionamento 191
H(f)
FIGURA 5.2 (a) Spettro del segnale g(t)
strettamente limitato in banda. (b) Spettro
l/(2W)
della versione campionata istantaneamente
di g(t) ottenuta con periodo di campionamento
4 = 1/ 2 W. (e) Risposta in frequenza del filtro
f passa basso ideale volto a recuperare il segnale
-W O w
originale g( t) dalla sua versione campionata
(e) uniformemente.
I> Esercizio 5.2 Mostrare che, se il periodo di campionamento T 5 tende a zero, la formula
per la trasformata di Fourier tempo-discreta G 0 ((), data dal!'eq. (5 .3 ), tende alla formula della
trasformata di Fourier G(f}. ~
Da questa espressione troviamo che, per un segnale rigorosamente limitato in banda, con
le condizioni
1. G( f) = O per I f I :2: W
2. fs= 2W
la sommatoria è vincolata ad essere nulla. Pertanto, risolvendo l'espressione semplificata
per G( f ), otteniamo
1
G(f) = lWGs(f), -W<f<W (5.4)
Quindi, se i valori dei campioni g(n/2 W) di un segnale g(t) sono definiti per tutti gli istanti
di tempo, la trasformata di Fourier G(fl del segnale g(t) è univocamente determinata, a
meno del fattore di scala 1/2 W, dalla trasformata di Fourier tempo-discreta definita nel-
l'eq. (5.3) per lo spettro Ga(fJ, limitata all'intervallo -W ~ f s W. Poiché g(t) è legato a
G(fJ per mezzo della trasformata inversa di Fourier, ne consegue che il segnale g(t) è esso
192 CAPITOLO 5 <':' MODUIAZIONE IMPULSIVA ISBN 978-88-408-1387-5
stesso definito univocamente dai valori dei campioni g(n/2 W) per -oo < n < oo. In altre
parole, la sequenza {g(n/2 W)} ha tutta l'informazione contenuta in g(t).
Si consideri successivamente il problema di ricostruire il segnale g(t) a partire dalla
sequenza dei campioni (g(n/2 W)}. Sostituendo l'eq. (5.5) nella formula della trasformata
1:
inversa di Fourier che definisce g(t) in funzione di G(f), otteniamo
(5.6)
lj\17 [· j n )]
2W -w exp J27Tt\t - 2W df =
sin(27TWt - n7T)
(27TWt - n7T)
= sinc(2Wt - n)
Il>- Esercizio 5.4 Questo problema ha l'obiettivo di identificare un filtro lineare che soddi-
sfi la formula di interpolazione dell'eq. (5.7), anche se non realizzabile fisicamente. L'equa-
zione (5.7) è basata sulla premessa che il segnale g(t) sia rigorosamente limitato alla banda di
frequenze -W ::; f ~ W. Tenendo a mente questa specifica, si consideri un filtro ideale passa
basso la cui risposta in frequenza H(f) sia come quella riportata in figura 5.2(c). La risposta all'im-
pulso di questo filtro è definita da (vedi l'eq. (2.25))
h(t) = sinc(2Wt), -oo < t< 00
Alla luce dell'Esercizio 5 .4, possiamo ora formalmente dire che il filtro di sintesi o filtro di
ricostruzione in grado di ricostruire il segnale originale rigorosamente a banda limitata g(t)
a partire dalla sua versione campionata istantaneamente g 0 (t) in accordo con l'eq. (5.7),
è il filtro passa basso ideale la cui risposta in frequenza è limitata esattamente alla stessa
banda del segnale g(t), cioè -W ::; f ~ W. Questo filtro di ricostruzione è non-causale e,
quindi, non è realizzabile fisicamente. Più avanti in questa sezione, descriveremo come,
rilassando le specifiche del segnale g(t) si può garantire la realizzabilità fisica del filtro di
ricostruzione.
5.1 Campionamento i93
Il segnale g(t) è campionato uniformemente per produrre la sequenza infinita {g(nTs) } ~= -oo·
Determinare la condizione che deve soddisfare il periodo di campionamento T 5, affinché il
segnale g(t) sia univocamente ricostruito a partire dalla sequenza {g(nT5 )}. ~
La derivazione del teorema del campionamento, come descritto finora, si basa sull'as-
sunzione che il segnale sia rigorosamente limitato in banda. In pratica, però, nessun
segnale fisico che trasporta informazioni è rigorosamente limitato in banda, con il
risultato che ci si imbatte sempre in un certo grado di sot~.()cainpip!la.rn~,I.lto . .Di con-
seguenza, il campionamento produce equil)ocazione (in inglèse .si usa aliasing, dal ter-
mine latino alias). li termine alias si rifcrisce arferioineno per cui una componente ad
alta frequenza nello spettro del segnale sembra assumere l'identità di una frequenza più
bass~ nello spettro della versione campionata dello stesso segnale, come illustrato in
194 CAPITOLO 5 ~'' M ODUIAZIONE IMPULSIVA ISBN 9 78-88-408-1387-5
G(f)
o f
(a)
G5(f)
\ I \ I \
V V \
/\ /\
' ::::..._,
\
o
/
/
' ,,
f,
/
/
'' 2(,
(b)
figura 5.3. Lo spettro con alias, mostrato in figura 5.3 (b) con la linea continua, si rife-
risce a una versione " sottocampionata " del segnale rappresentato dallo spettro di
figura 5.3 (a) .
Per combattere gli effetti dell'alias nella pratica, possiamo adottare due misure correttive:
1. P.ri,rna .di campionare, un filtro passa basso anti-alias è usato per attenuare quelle
componenti ad alta frequenza del segnale modulante che non sono essenziali per
l'informazione trasportata dal segnale.
2. Il segnale filtrato è campionato a una frequenza leggermente più alta della frequenza
di campionamento di Nyquist.
L'uso di una frequenza di campionamento più alta di quella di Nyquist produce anche
l'effetto positivo di rendere più semplice il progetto del filtro di sintesi usato per ricostruire
il segnale originale a partire dalla sua versione campionata. Consideriamo l'esempio di
un segnale, filtrato con un filtro anti-alias (passa basso ), il cui spettro ris ultante è ripor-
tato in figura 5.4(a ). Lo spettro corrispondente al segnale campionato istantaneamente
è mostrato in figura 5.4(b), assumendo una frequenza di campionamento più alta di
quella di Nyquist. Con riferimento all'immagine riportata in figura 5.4(b), vediamo ora
facilmente che il progetto di un filtro di ricostruzione fisicamente realizzabile per il recu-
pero del segnale originale dalla sua versione campionata uniformemente può essere otte-
nuto come segue (fig. 5 .4(c) ):
,,. Il filtro di ricostruzione è di tipo passa basso con una banda passante che si estende
da -W a W, determinata essa stessa dal filtro anti-alias.
ç,. Il filtro ha una banda di transizione non nulla che si estende (per le frequenze posi-
tive) da W a fc W, dove fsè la frequenza di campionamento.
La banda di transizione non nulla del filtro ne assicura la fisica realizzabilità; essa è
segnata con tratto discontinuo, per enfatizzare l'arbitrarietà con cui può essere effetti-
vamente realizzata.
5.2 IYlodnlazione impulsiva d 1a:mpie=a 195
f
(a)
-f, +\V -W o w
(b)
Ampiezza
I \
I \
\
I \
I \
I \
I \
·-~--~---- f
-(, + W -W o W f,-W
(e)
FIGURA 5.4 (a) Spettro di un segnale d'informazione passato attraverso un filtro anti-alias.
(b) Spettro della versione a campionamento istantaneo del segnale, assumendo una frequenza
di campionamento più grande di quella di Nyquist. (e) Andamento idealizzato della risposta di
ampiezza del filtro di ricostruzione.
2. Un prolungamento della durata di ogni campione, in modo tale che occupi un inter-
vallo di tempo finito pari a T.
Nella tecnologia dei circuiti digitali, ci si riferisce a queste due operazioni congiuntamente
con il termine "campionamento e mantenimento" (in inglese, sample and hold). Un motivo
importante per prolungare intenzionalmente la durata di ogni campione è quella di evitare
l'uso di un'eccessiva larghezza di banda del canale, poiché la larghezza di banda è inver-
samente proporzionale alla durata degli impulsi. Bisogna, però, prestare attenzione a quanto
rendiamo lunga la durata del campione T, come dimostra l'analisi seguente.
Sia s(t) la sequenza di impulsi a sommità piatta, generata come descritto in figura 5.5. Pos-
siamo, quindi, esprimere il segnale PAM come
00
s(t) = 22
n=-oo
m(n'fs)h(t - n'fs) (5.8)
O, altrimenti
Per definizione, la versione del segnale m(t) campionato istantaneamente è data da (vedi l'eq .
. (5.1))
00
me(t) = 22
n=-oo
m(n'fs)8(t - n'fs) (5.10)
dove /5(t - nT5 ) è una funzione delta traslata nel tempo. Per modificare m 0(t), così da fargli assu-
1:
mere la stessa forma del segnale PAM s(t), convolviamo m 0 (t) con l'impulso h(t), ottenendo
(5.11)
s(t)
m(t)
v"
dove, nell'ultima riga, abbiamo scambiato l'ordine tra sommatoria e integrale, entrambe
operazioni lineari. Usando la proprietà di traslazione della funzione delta, cioè
2: m(n"Fs)h(t -
n =-co
nYs) (5.12)
I termini delle sommatorie nelle equazioni (5.8) e (5.12) sono identici. Ne consegue, quindi,
che il segnale PAM s(t) è matematicamente equivalente alla convoluzione di m 8 (t), la versione
con campionamento istantaneo del segnale m(t), dell'impulso h(t), come mostrato da
s(t ) = m 13 (t) * h(t) (5.13 )
Calcolando la trasformata di Fourier di entrambi i membri dell'eq. (5.13) e ricordando che
la convoluzione di due funzioni si trasforma nel prodotto delle loro rispettive trasformate
di Fourier, otteniamo
S(f) = M13(f)H(f) (5.14 )
dove S(f) = F[s{t)J, Mò(fJ = F[m5(t)] e H(f) = F[h(t)]. Dall'eq. (5.2) abbiamo che la tra-
sformata di Fourier M 0 (f) è legata allo spettro del messaggio originale m(t) come segue:
00
S(f) = fs 2: M(f -
k= - oo
kfs)H(f) (5.16)
.. Esercizio 5.8 Partendo dall'eq. (5.9), dimostrare che la trasformata di Fourìer dell'im-
pulso rettangolare h(t) è data da
H(f) = T sinc (fT) exp ( -j1TfT) (5.17)
Cosa accade a H(f )/T quando la durata T dell'impulso tende a zero? 4ll
Dato un segnale PAM s(t), la cui trasformata di Fourier S(f) è definita dall'eq. (5.16), come
recuperiamo il segnale originale m(t)? Come primo passo di questo recupero, possiamo far pas-
sare il segnale s(t) attraverso un filtro passa basso con risposta in frequenza definita in
figura 5.2(c); qui si è assunto che il segnale modulante m(t) abbia una larghezza di-banda
limitata W e che la frequenza di campionamento fs sia maggiore della frequenza di campio-
namento di Nyquist 2 W. Quindi dall'eq. (5. 16) otteniamo che lo spettro dell'uscita dal filtro
è uguale a M(f)H(f). Quest'uscita è equivalente a quella che si ottiene facendo passare il segnale
m (t) attraverso un altro filtro passa basso con funzione di trasferimento H(f). Il passo successivo
nella ricostruzione del segnale m(t) richiede l'uso dell'equalizzazione, come discusso nel seguito.
La figura 5.6(b) mostra i grafici del modulo e della fase della trasformata dì Fourier H(f)
in funzion e della frequenza f. Da questa figura possiamo vedere che, usando campioni rap-
presentati da impulsi a sommità piatta per generare un segnale PAM, introduciamo una
distorsione in ampiezza oltre che un ritardo pari a T/2. Questo effetto è abbastanza simile
alla variazione con la frequenza nella trasmissione di segnali televisivi che è causata dalla
dimensione finita dell'apertura di scansione. Per questa ragione, la distorsione causata dal-
l'uso della modulazione imp~lsiva d'ampiezza (basata su campionamento e mantenimento)
per trasmettere segnali d'informazione analogici è detta effetto apertura.
19 8 CAPITOLO 5 ;::: MODlJIAZIONE I MPULSWA ISBN 978-88-408-1387-5
h(t) I
O T
(a)
IH(f}I !
(b)
FIGURA 5.6 (a) Impulso rettangol are h(t). (b) Spettro H(n, defin ito in termini
del suo modulo e della sua fase.
Nella pratica l'entità dell'equalizzazione necessaria è solitamente piccola. Infatti, per un duty
cycle (T/T5 ):::; 0,1, la distorsione d'ampiezza è minore dello 0,5 %, nel qual caso la neces-
sità di equalizzare può essere del tutto trascurata.
La trasmissione di un segnale PAM impone vincoli piuttosto stringenti sulle risposte
in ampiezza e fase del canale, a causa della durata relativamente breve degli impulsi tra-
smessi. Inoltre, si può dimostrare che le prestazioni in termini di rumore di un sistema
PAM non possono mai essere migliori di quelle ottenibili con la trasmissione diretta del
segnale. Di conseguenza, troviamo che per trasmissione su lunghe distanze, la modulazione
FlGUM 5. 7 Ricostruzione del segnale modulante m(t) dal segnale PAM s(t).
5.3 Modulm.:itme i-mpulsiva di posizione 199
PAM dovrebbe essere usata solo come un modo di elaborare il messaggio ai fini di una
multiplazione a divisione dì tempo. Il concetto della multiplazione a divisione di tempo è
discusso più avanti in questo capitolo.
(a)
(b)
(e)
_JLJLJ ~ ~j•·•·w
· ···••jlLJLJt ·•• rL
(d) Tempo ---~
ITT
FIGURA 5.8 Illustrazione delle due divers e forme di m odulazione temporale degli impulsi
ne l caso di segn a le modula nte sinusoidale. (a) Onda modulante. (b) Portante impulsiva.
(e) Onda PDM. (d) Onda PPM.
200 CAPITOLO 5 f;': MODlllAZIONE IMPULSIVA fS BN 978-88-4 08-1387-5
modulazione imp~lsiva più efficiente, nota come modulazione impulsiva di posizione (PPM,
dall'inglese Pulse-Position Modulation). Nella PPM, la posizione di un impulso, rispetto al
suo istante di occorrenza se non ci fosse modulazione, è modificata in accordo con il segnale
modulante, come illustrato in figura 5.8(d) nel caso di modulazione sinusoidale.
Sia T 5 il periodo di campionamento. Usando il campione m(nT5 ) di un segnale m(t)
per modulare la posizione dell'n-esimo impulso, otteniamo il segnale PPM
00
dove kp è il fattore di sensitività del modulatore di posizione degli impulsi (in secondi per
volt) e g(t) rappresenta un impulso standard. Chiaramente, i diversi impulsi che costitui-
scono il segnale PPM s(t) devono essere rigorosamente non sovrapposti; una condizione suf-
ficiente affinché tale requisito sia soddisfatto è che si abbia
g(t) =o, ltl > (T5 /2) - kp/m(t)lmax (5.19)
che, a sua volta, richiede che
(5.20)
Quanto più kplm(t)lmax è vicino a metà del periodo di campionamento T 5 , tanto più l'im-
pulso standard g(t) deve essere stretto per assicurare che i singoli impulsi del segnale PPM
s(t) non interferiscano l'uno con l'altro, e tanto più ampia sarà la larghezza di banda occu-
pata dal segnale PPM. Assumendo che l'eq (5.19) sia soddisfatta, e che non vi sia interfe-
renza tra impulsi adiacenti del segnale PPM s(t), i campioni del segnale m(nT5 ) possono
essere ricostruiti perfettamente. 2 Inoltre, se il segnale modulante m(t) è strettamente limi-
tato in banda, dal teorema del campionamento consegue che il messaggio originale m(t) può
essere ricostruito a partire dal segnale PPM senza distorsione.
2 La generazione e la rivelazione delle onde PPM sono discusse in Haykin (1994), pp. 365-369.
5.4 Completamento della transizione da analogico a digitale 201
studio delle altre due rispettivamente nelle Sezioni 5. 7 e 5.8. La modulazione impulsiva
codificata è il riferimento rispetto al quale generalmente sono confrontate la modulazione
delta e la modulazione impulsiva a codifica differenziale.
Un segnale continuo, come il segnale vocale, assume valori in un intervallo continuo di ampiezze,
di conseguenza i suoi campioni hanno valori in un intervallo continuo di ampiezze. In altre
parole, all'interno dell'intervallo finito di ampiezze del segnale, abbiamo un numero infinito
di livelli di ampiezza. Nella realtà, però, non è necessario trasmettere le ampiezze esatte dei cam-
pioni. Diciamo questo perché i sensi dell'uomo (l'orecchio o l'occhio) in quanto destinatari ultimi
può rilevare solo un numero finito di differenze di intensità. Questo significa che il segnale
continuo originale può essere approssimato da un segnale costituito da ampiezze discrete,
scelte sulla base di un criterio di errore minimo, all'interno di un insieme disponibile. I: esistenza
di un numero finito di livelli discreti di ampiezza è una condizione basilare nella modulazione
impulsiva numerica. Chiaramente, se assegniamo livelli discreti di ampiezza sufficientemente
vicini, possiamo rendere il segnale approssimato indistinguibile dal segnale continuo originale
per tutti gli scopi pratici. Si noti inoltre che la quantizzazione è irreversibile.
La quantizzazione dell'ampiezza è definita come il processo di trasformazione del-
l'ampiezza m(nT5 ) del campione dì un segnale in banda base m(t) al tempo t = nT5 , in
un'ampiezza discreta v(nT5 ) presa da un insieme finito di livelli possibili. Noi limitiamo
l'attenzione a un processo di quantizzazione che è senza memoria e istantaneo, il che signi-
fica che la trasformazione al tempo t = nT5 non è influenzata da campioni precedenti o
successivi del segnale. Questa forma di quantizzazione, sebbene non ottimale, è comune-
mente usata nella pratica per la sua semplicità.
Quando abbiamo a che fare con un quantizzatore senza memoria, possiamo sempli-
ficare la notazione eliminando l'indice temporale. Vale a dire, usiamo il simbolo m al posto
del campione m(nT5 ), come indicato in figura 5.9(a). Quindi, come mostrato in figura 5.9(b),
l'ampiezza m del segnale è definita dall'indice k se essa si trova all'interno dell'intervallo
k = 1, 2, ... , L (5.21)
dove L è il numero totale di livelli di ampiezza usati nel quantizzatore, termine che si rife-
risce al sottosistema che effettua il processo di quantizzazione. Le ampiezze, mb k = 1,2,. ..,L,
sono chiamate livelli di decisione o soglie di decisione. All'uscita del quantizzatore, l'indice
k è trasformato in un'ampiezza Vk che rappresenta tutte le ampiezze che ricadono nell'in-
tervallo Ik. Le ampiezze Vb k == 1, 2, .. ., L sono dette livelli di rappresentazione o livelli di
ricostruzione e l'intervallo tra due livelli di rappresentazione adiacenti è detto quanto o
passo. Perciò, l'uscita v del quantizzatore è pari a Vb se il campione del segnale in ingresso
m appartiene all'intervallo h· La mappatura
V== g(m) (5.22)
è la caratteristica del quantizzatore. Questa caratteristica è descritta da una funzione a scalini.
I quantizzatori possono essere di tipo uniforme o non uniforme. In un quantizzatore
uniforme, i livelli di rappresentazione sono spaziati uniformemente; diversamente, il quan-
tizzatore è non uniforme. I quantizzatori considerati in questa sezione sono del tipo
uniforme; i quantizzatori non uniformi sono presi in considerazione nella Sezione 5.6. La
Ik
Campione ~
Campione --~- ~-·-··~-~-·--~---~--e---~~~-~-
continuo- - discreto m k-1 mk vk mk+I mk+2
m V
(a) (b)
Livello di Livello di
uscita uscita
l
4
-4
(a) (b)
caratteristica del quantizzatore può anche essere di tipo con origine a metà gradino (mid-
tread ) o con origine a metà salita (midrise ). La figura 5.10(a) mostra la caratteristica
ingresso-uscita di un quantizzatore uniforme del tipo midtread, che è così chiamato perchè
l'origine si trova al centro di un gradino del grafico di tipo a scalinata. La figura 5.10(b)
mostra la corrispondente caratteristica ingresso-uscita di un quantizzatore uniforme del
tipo midrise, in cui l'origine si trova al centro di un tratto in salita del grafico di tipo a sca-
linata. Notiamo che entrambe le tipologie di quantizzatori uniformi midtread e midrise, illu-
strati in figura 5.10, sono simmetriche intorno all'origine.
(i) Campionamento
Il segnale in ingresso (in banda base) è campionato con un treno di impulsi rettango-
lari, sufficientemente stretti per approssimare al meglio il campionamento istantaneo.
Per assicurare la ricostruzione perfetta del segnale al ricevitore, la frequenza di cam-
pionamento deve essere più grande del doppio della più alta frequenza W di una com-
- - - -· · -- -- -
204 CAPITOLO 5 I~'. MODl.JI.AZIONE IMPULSIVA ISBN 978-88-408-1387-5
Sequenza
di dati
PCM
(a)
DatiPCM
formattati per
la trasmissione
(b)
Uscita
del
canale
(e)
FIGURA 5.1 l Elementi di base di un sistema PCM: (a) trasmettitore, (b) cammino di trasmissione
che connette il trasmettitore al ricevitore e (e) ricevitore.
ponente del segnale, in accordo con il teorema del campionamento. Nella pratica, un
filtro anti-alias (passa basso) è usato prima del campionatore per eliminare le frequenze
più grandi di W prima del campionamento, come mostrato in figura 5.1 l(a). L'appli-
cazione del campionamento, quindi, consente di ridurre il segnale con variazioni con-
tinue (di una durata finita) a un numero limitato di valori discreti per secondo.
(ii) Quantizzazione non uniforme
La versione campionata del segnale di partenza viene quindi quantizzata, fornendo con
ciò una nuova rappresentazione del segnale che è discretizzata sia nel tempo sia in ampiezza.
Il processo di quantizzazione. può seguire una legge uniforme come descritto nella
Sezione 5.5. In determinate applicazioni, però, è preferibile usare una distanza variabile
tra i livelli di rappresentazione. Per esempio, la dinamica di tensione coperta dal segnale
vocale, dai picchi del parlato ad alta voce ai deboli passaggi del parlato a bassa voce, è nel-
l'ordine di 1000 a 1. Usando un quantizzatore non uniforme con la proprietà che il passo
di quantizzazione cresce man mano che aumenta la distanza dall'origine della caratteri-
stica ingresso-uscita, i quanti esterni ampi del quantizzatore possono gestire le possibili
escursioni del segnale vocale nell'intervallo di valori più ampi che sono relativamente poco
frequenti. In altre parole, i passaggi a bassa intensità sonora, che necessitano di più pro-
tezione, sono favoriti a spese di quelli a volume più alto. In questo modo, si ottiene una
precisione percentuale quasi uniforme per la maggior parte della dinamica d'ampiezza
del segnale in ingresso, con il risultato che sono necessari meno passi di quantizzazione di
quanti sarebbero necessari se si usasse un quantizzatore uniforme.
L'uso di un quantizzatore non uniforme è equivalente a far passare il segnale
attraverso un compressore e quindi ad applicare al segnale compresso una quantiz-
zazione uniforme. Una particolare legge di compressione usata nella pratica è la cosid-
detta legge·µ 3, definita da
log( 1 + .ulml)
lvi log( 1 + µ,)
(5.23)
3 La legge-µ (µ-law) usata per la compressione del segnale è descritta in Smìth (1957); questa legge di compressione è
usata negli Stati Uniti, in Canada e in Giappone. In Europa, per la compressione del segnale si usa la legge-A; questa
seconda legge di compressione è descritta in Cattermole (1969, pp. 133-140). Per una discussione sulle leggiµ e A, si
veda anche l'articolo di Kaneko (1970).
5.6 Modulazi-One impulsiva codificata 205
dlml
-=
log(l + µ) · II
(l+µm) (5.24)
dlvi µ
Vediamo quindi che la legge-µ non è né strettamente lineare né strettamente logarit-
mica, ma è approssimativamente lineare per bassi valori dell'ingresso corrispondenti
a 11-lml << 1, e approssimativamente logaritmica per alti valori dell'ingresso corri-
spondenti a µ Imi >> 1.
Un'altra legge di compressione usata nella pratica è la cosiddetta legge-A, defi-
nita da
( Alm i 1
O 5 Imi 5 -
l
1 + log A' A
(5.25)
lvi = 1 + log(Almi) 1
-----'---, - ::5 Imi ::5 1
1 + log A A
il cui andamento è riportato in figura 5.1 2(b). Valori tipici di A usati nella pratica
sono prossimi a 100. ll caso di quantizzazione uniforme corrisponde ad A= 1. Il reci-
proco della pendenza di questa seconda curva di compressione è dato dalla derivata
di lmlrispetto a lvi, come mostrato da
1 + log A 1
O :5 Imi ::5 -
d lml { A A
(5.26)
dlvi = (l 1
+ log A)lml, A ::5 Imi ::5 1
1,0 ~---·
0,8
o
_L_
0.2 0 .4 0,6
Ingresso normalizzato.
__
Imi
L_j ____,_________~~
0,8 1,0 o 0,2 0,4 0,6 0,8
Ingresso normalizzato, Imi
1,0
(a) (b)
Dalla prima riga dell'eq. (5.26) possiamo dedurre che i passi di quantizzazione nella
zona lineare centrale, che hanno l'effetto dominante sui piccoli segnali, sono ridotti
di un fattore A/(l+logA). In pratica questo corrisponde tipicamente a circa 25 dB
rispetto alla quantizzazione uniforme.
(iii) Codifica
Nel combinare i processi di campionamento e quantizzazione, la descrizione di
un segnale continuo (in banda base) viene limitata a un insieme discreto di valori,
ma non nella forma più adeguata per la trasmissione su un cavo o via radio. Per
sfruttare i vantaggi di campionamento e quantizzazione, allo scopo di rendere il
segnale trasmesso più robusto nei confronti del rumore, delle interferenze e di
altri disturbi del canale, abbiamo bisogno di usare un processo di codifica per tra-
sformare l'insieme discreto di valori in un segnale di forma più appropriata. Ogni
schema per rappresentare questo insieme discreto di valori come un particolare
ordinamento di eventi discreti è detto codice. Il singolo evento discreto di un
codice è chiamato elemento del codice o simbolo. Per esempio, la presenza o l'as-
senza di un impulso è un simbolo. Una particolare disposizione dì simboli usati
in un codice per rappresentare un singolo valore dell'insieme discreto è detta
parola del codice o carattere.
In un codice binario, ogni simbolo può assumere uno tra due distinti valori,
come un impulso negativo o un impulso positivo. I due simboli del codice binario sono
usualmente denotati con Oe 1. In pratica, un codice binario è preferito rispetto ad altri
codici (ad esempio il codice ternario) per due ragioni:
1. Il massimo vantaggio rispetto agli effetti del rumore in un mezzo dì trasmissione
è ottenuto usando un codice binario, perché un simbolo binario resiste a un livello
di rumore relativamente alto.
2. È semplice generare e rigenerare il codice binario.
Si supponga che, in un codice binario, ogni parola del codice sia costituita da R bit:
bit è un acronimo che sta per binary digit (in italiano cifra binaria). Quindi R rap-
presenta il numero di bit per campione. Usando un tale codice, perciò, rappresen-
tiamo un totale 2N di numeri distinti. Per esempio, un campione quantizzato con 256
livelli può essere rappresentato da una parola di codice di 8 bit.
Ci sono diversi modi per stabilire una corrispondenza uno a uno tra livelli
di rappresentazione e parole del codice. Un metodo pratico è quello di esprimere
il numero ordinale relativo al livello di rappresentazione come un numero bina-
rio. Nel sistema di numerazione binario, ogni cifra ha un valore posizionale che
è potenza di 2, come illustrato in tabella 5.2 nel caso di quattro bit per campione
(cioè, R = 4).
vuti; ciò è ai fini di un nuovo campionamento degli impulsi equalizzati negli istanti di
tempo in cui il rapporto segnale-rumore è massimo. Il campione così estratto è con-
frontato con una predeterminata soglia nel decisore. In ogni intervallo di bit si effet-
tua quindi una decisione sul fatto che sia stato ricevuto un 1 oppure uno O, sulla base
del superamento o meno della soglia. Se si supera la soglia, si trasmette al successivo
ripetitore, senza rumore aggiunto, un nuovo impulso che rappresenti il simbolo 1.
Altrimenti, si trasmette un altro nuovo impulso che rappresenti il simbolo O. In que-
sto modo, si eliminano distorsione e rumore accumulati nell a tratta tra due ripetitori,
purché il disturbo non sia così ampio da causare un errore nel processo di decisione.
Idealmente, a parte il ritardo, il segnale rigenerato è esattamente lo stesso del segnale
trasmesso originariamente. In pratica, però, il segnale rigenerato si discosta dal segnale
origina le per due ragioni principali:
Onda PCM
dis torta
-- Amplificarore-
equaljzzatore e: dt
~r ~ ,;,ffi~~
OndaPCM
temporizzazione
f'~~·' 5~7
.,.. Mo~,,_ .. irs,.,...:one
Uw~S..q.IQ<,&i~ .:6 -'.s.,,,,
ue'i-"rv&1-
Dalla discussione presentata nella Sezione 5 .6, è evidente che il progetto di un sistema di
modulazione impulsiva codificata richiede numerose operazioni, il che tende a rendere la
sua realizzazione pratica piuttosto costosa. Per semplificare il progetto del sistema, possiamo
usare un'altra tecnica di modulazione impulsiva numerica nota come modulazione delta,
che è esaminata in questa sezione.
k CONSIDERAZIONI m BASE
Nella modulazione delta (DM, dall'inglese Delta Modulation), un segnale in ingresso è
sovracampionato (cioè campionato a una frequenza molto più alta della frequenza di cam-
pionamento di Nyquist) per aumentare di proposito la correlazione tra campioni adiacenti
del segnale. L'aumento della correlazione è realizzato per consentire l'uso di una semplice
strategia di quantizzazione nel costruire il segnale codificato.
Nella sua struttura di base, la DM fornisce un'approssimazione a scalini della ver-
sione sovracampionata del segnale. Diversamente dalla PCM, la differenza tra il segnale in
ingresso e la sua approssimazione è quantizzata in due soli livelli, cioè ± il, corrispondenti
5. 7 Modulazione delta . 209
Approssimazione
a scalinata
mq(t)
Ts
(a)
Sequenza
binaria all' uscita
del modu latore: IO! l l !O!OOOOOOOOOl l Il l lOIOO!OIOl I I lOlOOOOOOQl 10111
(b)
'f[GtJRA ~. 1 4Illustrazione delle modulazione delta. (a ) Forma d'onda analogica m(t) e sua
approssimazione a scalini mq(t ). (b) Sequenza binaria all'uscita del modulatore.
210 CAPITOLO 5 <':' MoDUIAZIONE I MPULSIVA ISBN 978-88-408-1387-5
Il principale pregio della modulazione delta è la sua semplicità. Può essere realizzata appli-
cando una versione campionata del segnale in ingresso a un trasmettitore costituito da
comparatore, quantizzatore e accumulatore, interconnessi come mostrato in figura 5 .15(a).
I dettagli del trasmettitore vengono fuori direttamente dalle equazioni da (5.27) a (5.29).
Il comparatore calcola la differenza tra i suoi due ingressi. Il quantizzatore è costituito da
un circuito a soglia (in inglese hard limiter) con una caratteristica ingresso-uscita che è una
versione scalata della funzione segno. L'accumulatore opera sull'uscita del quantizzatore,
in modo da produrre un'approssimazione del segnale in ingresso.
L'equazione (5.29) è un'equazione alle differenze di ordine uno; l'ordine si riferisce
al fatto che il campione attuale mq(nT5 ) è confrontato solo con il campione precedente
mq(nT5 - T 5 ) dal quale differisce di una quantità pari all'errore di quantizzazione eq(nT5 ) .
Assumendo che il processo di accumulazione inizi al tempo zero, la soluzione di questa
equazione porta al risultato approssimato
mq (nT5 ) = mq(nT5- T 5 ) + eq(nT5 )
= mq(nT5- 2Ts) + eq(nT5- T 5 ) + eq(nT5 )
n
~ eq(iT5 ) (5.30)
i= 1
dove eq(nT5 ) è esso stesso legato al campione del messaggio m(nT5 ) dalle equazioni (5.27)
e (5.28).
All'istante di campionamento nT5 , perciò, l'accumulatore incrementa l'approssima-
zione di una quantità pari a ~ in direzione positiva o negativa, a seconda del segno alge-
brico del segnale errore e(nT5 ). Se il segnale in ingresso m(nT5 ) è più grande
dell'approssimazione più recente mq(nT5 - T 5 ), si applica all'approssimazione un incre-
mento positivo+~. Se, d'altra parte, il segnale in ingresso è più piccolo, all'approssimazione
si applica un decremento -Ll. In questo modo, l'accumulatore fa del suo meglio per inse-
guire i campioni in ingresso un passo (di ampiezza+~ o-~) alla volta.
Comparatore
Ingresso + e(nT) : · ·.: :· · e (nT) :· • ·•· · : s d'1
camp(ioTna)to ~ I> ~ Q~ariiJ.tatorn~q
' Co1ffiC:~tore - ~~~t~~
m n 5 - ... ... - · · .· . · ..
mq(nT,-T,)
r-- ------------- -1
+ I
Jr
I
l
I I
i
I I
I I
I[ __________________ _ mq(nT,) I
Trasmettitore
(a)
r---------------
., • . .· :
Sequ.enza di ----- hecodifìcat<:Ìfe ........_.. ·r
~DDM
I +
I
I
1 •. .Filtro .·. .
... . .,basso
passa .··· ----- Segnale
ricostruito
! [
l T,
___ __ _________
I[ _
~""' .
I
I
Ricevitore
(b)
La modulazione delta è soggetta a due tipi di errore di quantizzazione: (1) distorsione per
sovraccarico di pendenza e (2) rumore granulare. Discutiamo dapprima le cause della
distorsione per sovraccarico di pendenza e successivamente quelle del rumore granulare.
Osserviamo che l'eq. (5.29) è l'equivalente numerico dell'integrazione nel senso che
rappresenta l'accumulo di incrementi positivi e negativi di ampiezza i'l. Inoltre, indicando
l'errore di quantizzazione con q(nTs), come indicato da
mq(nT5 ) = m(nT5 ) + q(nT5 ) (5.31)
osserviamo dall'eq. (5.27) che l'ingresso al quantizzatore è
e(nTs) = m(nT5 ) - m(nT5-Ts) -q(nT,-Ts) (5.32)
Quindi, a parte l'errore di quantizzazione ritardato q(nT5 - Ts), l'ingresso al quantizzatore
è una differenza prima all'indietro del segnale in ingresso, che può essere vista come una
approssimazione numerica della derivata del segnale in ingresso o, equivalentemente, come
l'inverso del processo di integrazione numerica. Se ora consideriamo la massima pendenza
del segnale originale m(t), è chiaro che, affinché la sequenza dei campioni quantizzati
(mq(nT5 )) cresca con la stessa rapidità della sequenza dei campioni in ingresso {m(nT5 )) in
una regione di massima pendenza di m(t), deve essere verificata la condizione
Distorsione da
sovraccarico di pendenza
Rumore granulare
I
Approsimazione ~
a gradini ---F"~ ---~
mq(t)
~ Esercizio 5.10 Il meglio che un sistema DM lineare può fare è fornire un compromesso tra
distorsione per sovraccarico di pendenza e rumore granulare. Giustificare questa affermazione. ~
Da questa discussione vediamo che c'è l'esigenza di avere un'ampiezza grande del passo per
adattarsi a una dinamica ampia, mentre è richiesta un'ampiezza piccola del passo per la rap-
presentazione accurata di segnali di livello relativamente basso. È pertanto chiaro che, se
vogliamo scegliere un'ampiezza ottimale del passo in modo da minimizzare la potenza
media 4 dell'errore di quantizzazione in un modulatore delta, abbiamo bisogno di rendere
il sistema DM adattativo. Questo requisito, a sua volta, equivale a dire che l'ampiezza del
passo deve variare in accordo con il segnale in ingresso.
4
In termini statistici, la potenza media di un processo casuale (quale ad esempio l'errore di quantizzazione) è pari
al suo valore quadratico medio; questo argomento è discusso nel capitolo 8.
5.8 Modular.ione impulsiva a codifica.dif.ferenz.iale 213
Se g na le
Stima del
m(t) --i segnale
I I
L- - - - - - - - - - - - - ' - 1
Integratore 2
1·: ~1!~1:;+4-----'
Trasmettitore Ricevitore
(a)
.~~#Mi~
Modulatore di impulsi im1®f:&M:
Integratore :- - ~:d~i~:r- - - - -:
Comparatore
IL _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ II .
Trasmettitore Ricevitore
(b)
~ 5 ~ 8 Modulazione impulsiva
li>
~ a codifica differenziale
Per giustificare un'ulteriore forma di modulazione impulsiva numerica, osserviamo che, quando
un segnale vocale o video è campionato a una frequenza superiore a quella di Nyquist, il
segnale campionato risultante mostra un elevato grado di correlazione tra campioni adiacenti.
Il significato di questa alta correlazione è che, in media, il segnale non varia rapidamente pas-
sando da un campione al successivo, con il risultato che la differenza tra·due campioni adia-
centi ha una potenza media mediamente minore della potenza media del segnale stesso. Quando
questi campioni altamente correlati sono codificati con un sistema standard PCM, il segnale
codificato risultante contiene informazione ridondante. Per ridondanza si intende il fatto che,
come risultato del processo di codifica, sono generati simboli non strettamente necessari per
la trasmissione dell'informazione. Eliminando questa correlazione prima della codifica otte-
niamo un segnale codificato più efficiente, se confrontato con il PCM.
214 CAPITOLO 5 ':'' MODlJIAZIONE IMPULSIVA ISB N 978 -88-408-1387-5
ingresso
campionato
m(nT,)
(a)
__;_ l;
[
::T
. .•.·• .·•·•· ·.
.: Fìlttodi
predizio!le
. .•. l>&~sèl
HliJ.tr····q····l'·a·s· · · ·s· a.•(. - - Segnale ricosruito
(b)
che è la differenza tra il campione in ingresso m(nT5 ) e una sua predizione, indicata con m(nT,).
Questo valore predetto è ottenuto usando un filtro di predizione, il cui ingresso, come vedremo,
è costituito da una versione quantizzata di m(nT5 ). Il segnale differenza e(nT5 ) è chiamato
errore di predizione, poiché indica di quanto il filtro di predizione fallisce nel predire esatta-
mente il segnale in ingresso. Un approccio semplice, ma efficace, per implementare il filtro di
predizione consiste nell'usare un filtro con linea di ritardo a prese intermedie (tapped-delay-
line) o filtro tempo-discreto, col ritardo base posto uguale al periodo di campionamento. Lo
schema a blocchi di questo filtro è mostrato in figura 5.19; in base ad esso la predizione m( nT,)
- x -x
T
'."'"::~ ?~· w~·r- pT,)
FIGURA 5. 'i. 9 Filtro con linea di ritardo a prese intermedie usato come filtro di predizione.
5.8 Mod'tilazione impulsiva a codifica differenziale 215
è modellata con una combinazione lineare dei valori di p campioni passati della versione quan-
tizzata di m(nT5 ), dove p è l' l'ordine della predizione.
Codificando l'uscita del quantizzatore in figura 5.18(a), otteniamo una variante del PCM
nota come modulazione impulsiva a codifica differenziale (DPCM, dall'inglese Differential
Pulse-Code Modulation). È questo segnale codificato che viene usato per la trasmissione.
L'uscita dal quantizzatore può essere espressa come
(5.35)
dove q(nT5 ) è l'errore di quantizzazione. In base alla figura 5.18(a), l'uscita dal quantizza-
tore eq(nT5 ) è sommata al valore predetto per produrre l'ingresso del filtro di predizione
mq(n'fs) = m(n'fs) + eq(n'fs) (5.36)
Sostituendo l'eq. (5.35) nella (5.36), otteniamo
mq(n'fs) = m(n'fs) + e(n'fs) + q(n'fs) (5.37)
Dall'eq. (5.34), però, osserviamo che il termine somma m(n'fs) + e(n'fs) è uguale al segnale
campionato m(nT5 ). Quindi, possiamo riscrivere l'eq. (5.37) come
mq(nT5 ) = m(nT5 ) + q(nT5 ) (5.38)
che rappresenta una versione quantizzata del campione del segnale m(nT5 ). Cioè, indipen-
dentemente dalle proprietà del filtro di predizione, il segnale quantizzato mq(nT5 ) all'ingresso
del filtro di predizione differisce dal campione del segnale m(nT5 ) dell'errore di quantizza-
zione q(nT5 ). Di conseguenza, se la predizione è buona, la potenza media dell'errore di pre-
dizione e(nT5 ) sarà più piccola della potenza media di m(nT5 ), cosicché un quantizzatore
con un dato numero di livelli può essere regolato in modo da produrre un errore di quan-
tizzazione con una potenza media più piccola di quella che si potrebbe ottenere se m(nT5 )
fosse quantizzato direttamente usando la PCM.
Il ricevitore per ricostruire la versione quantizzata del segnale è mostrato in
figura 5.18(b). Esso consiste in un decodificatore per ricostruire il segnale errore quantizzato.
La versione quantizzata dell'ingresso originale è ricostruita a partire dall'uscita del decodifi-
catore, usando lo stesso filtro di predizione presente nel trasmettitore di figura 5 .18 (a). In
assenza di rumore del canale, troviamo che il segnale codificato all'ingresso del ricevitore è
identico al segnale codificato all'uscita del trasmettitore. Di conseguenza, la corrispondente
uscita del ricevitore è uguale a mq(nT5 ), che differisce dall'ingresso originale m(nT5 ) solo per
l'errore di quantizzazione q(nT5 ), in cui si incorre come risultato della quantizzazione del-
l'errore di predizione e(nT5 ). Infine, una stima del segnale originale m(t) è ottenuta facendo
passare la sequenza mq(nT5 ) attraverso un filtro passa basso di ricostruzione.
Dall'analisi precedente osserviamo, dunque, che, in un ambiente senza rumore, i fil-
tri di predizione nel trasmettitore e nel ricevitore operano sulla stessa sequenza dj cam-
pioni, {mq(nT5 )}. Proprio con questo obiettivo in mente, nel trasmettitore è stato aggiunto
al quantizzatore un collegamento in retroazione, come mostrato in figura 5.18(a).
La modulazione impulsiva a codifica differenziale include la modulazione delta come caso
particolare. In dettaglio, confrontando il sistema DPCM di figura 5.18 con il sistema DM di
figura 5.15, vediamo che sono sostanzialmente simili, tranne che per due importanti differenze:
v· L'uso di un quantizzatore a un bit (due livelli) nel sistema DM.
'""" La sostituzione del filtro di predizione del sistema DPCM con un singolo elemento di
ritardo (cioè una predizione di ordine zero).
In altre parole, la DM è la versione a 1 bit della DPCM. Notiamo, comunque, che a diffe-
renza di un sistema PCM, i trasmettitori sia della DPCM sia della DM fanno uso di retroazione.
Per quel che riguarda il rumore, possiamo infine fare le seguenti affermazioni:
1. La DPCM, come la DM, è soggetta alla distorsione per sovraccarico di pendenza
ogniqualvolta il segnale in ingresso cambia troppo rapidamente rispetto alla capacità
del filtro di predizione di seguirlo.
2. Come la PCM, la DPCM soffre del rumore di quantizzazione.
216 CAPITOLO 5 ~ MODUIAZIONE IMPlJLSWA ISBN 978 -88-408-1387-5
~ Esercizio 5.1 l Giustificare le due affermazioni fatte sulle sorgenti di rumore in un sistema
DPCM. <"i@
I 5. 9 Codici di linea
In realtà, PCM, DM e DPCM rappresentano differenti strategie per la codifica di sorgente, per
mezzo delle quali un segnale analogico è convertito in forma digitale. Tutte e tre, però, condi-
vidono una caratteristica comune: una volta che sia stata prodotta una sequenza binaria di 1 e
O, è necessario un codice di linea per la rappresentazione elettrica della sequenza. Ci sono diversi
codici di linea che possono essere usati per questa rappresentazione, come qui riassunto:
1. Segnalazione tutto o niente (on-off), in cui il simbolo 1 è rappresentato trasmettendo
un impulso di ampiezza costante per la durata del simbolo e il simbolo O è rappre-
sentato con l'assenza dell'impulso, come in figura 5.20(a).
Dati binari
o o o o
01
o e
(a)
LR F
'F (b)
ol
OD o o
(e)
Il Cl
01 LJ LJ
0 rn Il n11ULJ
(d)
LJU L
(e)
~..____._---- -Tempo
Bit di riferimento
(f)
FIGURA 5.20 Codici di linea. (a ) Segnalazione on-off. (b) Segnalazione non ritorno a zero.
(e) Segnalazione con ritorno a zero. (d) Segnalazione bipolare con ritorno a zero. (e) Codifica a
salto di fase o codifica Manchester. (() Codifica differenziale.
5.1 O Esempi a tema 217
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