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PAESE :Italia
TYPE :Web International
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Se vai a caccia di una maglietta da calcio di una qualunque squadra del Lussemburgo, neppure a
parlarne. Giri a vuoto in lungo e in largo per le strade e i vicoli, dal centro alla periferia e ti chiedi
se, oltre al ciclismo, esista da queste parti un'altra idea di sport.
Un campo di calcio nella città di Lussemburgo – costruito nel 1928 e dal 1993 intitolato a Josy
Barthel, mezzofondista e politico, vincitore della medaglia d'oro nei 1500 metri alle Olimpiadi di
Helsinki del 1952 – ce l’hanno. Invero non è l’unico ma solo quello più importante.
Qui, nell'unico Granducato rimasto al mondo, incastonato tra Francia, Germania e Belgio, dove
nell'82 risiedevano 350mila persone salite ora a 600mila (per il 47% stranieri, ai quali ogni giorno
si aggiungono circa 220mila transfrontalieri), le due ruote sono un vangelo sportivo mentre il
football è passione che si accende e si spegne.
Per arrivare allo stadio Barthel bastano poche fermate di autobus dal centro della capitale. Il 7
dicembre 2012 l’impianto era gremito. Quel giorno il Portogallo vinse 2-1 con gol di Cristiano
Ronaldo al 28esimo e di Helder Postiga al 54esimo. Il gol della bandiera del Granducato fu
segnato – per un incrocio del destino ripetuto tra i due Paesi, visto che in Lussemburgo risiedono
circa 100mila portoghesi – da Daniel da Mota Alves, attaccante portoghese naturalizzato
lussemburghese, calciatore del club F91 Deudelange.
Eppure il calcio – meglio: l'industria che ruota intorno al pallone – è un polmone economico e
soprattutto finanziario per le casse del Granducato. Proprio Cristiano Ronaldo è l'emblema delle
profonde radici che i campioni di calcio di tutto il mondo hanno messo in Lussemburgo.
Ed qui, davanti alla bandiera del Lussemburgo che sventola sullo stadio, che inizia il viaggio del
Sole 24 Ore nei Paesi dell’Unione europea la cui aggressività fiscale penalizza il libero mercato e
la reale concorrenza tra le imprese, creando un mancato introito fiscale stimato dalla
Commissione di Bruxelles tra i 50 e i 70 miliardi di euro all’anno. I Paesi che visiteremo, oltre al
Lussemburgo, saranno il Belgio, l’Olanda, l’Irlanda, Malta, Cipro e l’Ungheria.
INFODATA / Pil, reddito e tasse: calcola la pressione fiscale in Europa
Il quadro generale
Il Lussemburgo rientra nella lista degli Stati europei nei quali la tassazione diventa un elemento di
vantaggio a scapito di altri Stati membri ed è dunque in grado di attirare imprese e multinazionali
di ogni parte del mondo (Italia compresa).
Da settembre 2016 il Lussemburgo contende al Qatar il primo posto nella classifica Ocse per Pil
pro-capite a parità di potere d'acquisto. Nel 2016 il Pil è aumentato del 4,2% e nel 2017
l'incremento è stato del 3,8%. Motore dell'economia lussemburghese rimane il settore finanziario,
ma il Granducato si sta cautelando dai rischi di un'eccessiva dipendenza con l'adozione di
politiche di diversificazione del tessuto produttivo che fanno premio su investimenti in Ict di
ultima generazione, logistica, biotecnologie, innovazione e ricerca scientifica.
Il Lussemburgo è la seconda piazza finanziaria a livello globale per attrazione di fondi di
investimento. Sono presenti 139 banche internazionali di 28 diversi Paesi (quelle cinesi sono
otto), affiancate da società si assicurazione e da servizi complementari di consulenza, revisione
contabile, assistenza giuridica. Gli impiegati nel settore finanziario sono 52 mila e per capire
l'importanza della finanza basti aggiungere un ultimo termine di paragone: in Lussemburgo c'è
uno sportello bancario ogni quattro abitanti. Difficile credere che si creino code alla cassa.
IL CONFRONTO
Alcune voci a confronto della tassazione sulle società in Italia e Lussemburgo
La presenza italiana
La presenza italiana, diretta o partecipata, si rileva non solo nel settore finanziario – dove operano
istituti bancari, diverse compagnie di assicurazione e società di intermediazione – ma anche nel
manifatturiero. E basta un giro tra i boulevard del centro o del Plateau Kirchberg - l’enorme
altopiano che domina la città e dove hanno sede le istituzioni europee - per rendersene conto.
Capofila è la Ferrero international Sa, che impiega circa 1000 persone e si sta ulteriormente
espandendo. Mondo Luxembourg, filiale dell'azienda Mondo di Alba (Cuneo) specializzata in
rivestimenti di caucciù e materiali sportivi, ha allestito la pavimentazione della “Coque”, grande
centro multifunzionale con impianti sportivi olimpionici.
Nuove società italiane stanno operando tramite contractors nel settore costruzioni, come la Came
di Treviso, che recentemente ha vinto una commessa per la fornitura di sistemi domotici in 2000
appartamenti di alta gamma. Basta scorrere online, ad esempio, “info Mercati esteri” della
Farnesina per scoprire nomi noti e meno noti. Tra i primi basti citare Fideuram bank, Intesa San
Paolo, Ubi banca, Unicredit international, Credem, Banca popolare dell'Emilia-Romagna e
Mediobanca international. Tra i secondi Andreotti Apl e Helth Sa (macchinari e apparecchiature),
Gapi Europe e Met-Lux (articoli in gomma e materie plastiche), Mondialfood Sa (prodotti
alimentari) e Venice consulting (attività immobiliari). Non manca neppure Fiat Chrysler finance
europe.
Lo scandalo LuxLeaks
Il 5 novembre 2014 un'inchiesta titolata “LuxLeaks”, nata dalla cooperazione di 80 giornalisti di
26 Paesi che si riuniscono intorno al Consorzio internazionale giornalisti investigativi (Icij),
scosse l'Europa. L'inchiesta svelò che tra il 2002 e il 2010 il governo del Lussemburgo aveva
concesso, grazie a negoziati segreti, condotti singolarmente con 343 tra aziende, banche e
multinazionali, un lungo elenco di agevolazioni fiscali. Grazie a questi accordi fiscali, approvati
dal Tax office lussemburghese, fu evitato il pagamento di milioni di euro in tasse, visto che le
aliquote erano spesso inferiori all'1%. Lo scandalo coinvolse anche l'ex primo ministro nonché ex
ministro delle Finanze dal 1995 al 2013 Jean-Claude Juncker, diventato, appena tre giorni prima
che l'inchiesta fosse pubblicata, presidente della Commissione europea.
Il Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker - (AP Photo/Virginia Mayo, File)
La rivelazione di queste intese, legali sul piano del diritto interno del Granducato ma che
verosimilmente hanno violato le norme comunitarie sulla concorrenza e gli aiuti di Stato,
obbligarono almeno il Granducato a condividere le informazioni su questi accordi (tax-ruling) con
altri governi europei e portarono a un giro di vite in ambito europeo, i cui effetti sono, in gran
parte, ancora là da venire .
La Ue nel gennaio 2016 ha approvato infatti la direttiva contro l'elusione fiscale “Anti tax
avoidance” (Atad) per una tassazione societaria più equa, semplice ed efficace. Il pacchetto
contiene misure concrete per prevenire la pianificazione fiscale aggressiva, aumentare la
trasparenza fiscale e creare parità di condizioni per tutte le imprese nella Ue. Il pacchetto
dovrebbe aiutare gli Stati membri ad adottare un'azione forte e coordinata contro l'elusione fiscale
e ad assicurare che le società paghino le imposte ovunque effettuino i loro profitti nella Ue.
Tra il dire e il fare...
Buone intenzioni rimaste però ampiamente sulla carta, se è vero che la Commissione europea, il 7
marzo 2018 ha reso pubblico un report che, ancora una volta, ha messo sotto accusa la
pianificazione fiscale aggressiva di alcuni Paesi. La perdita di entrate per l'Europa, legata allo
spostamento della tassazione sugli utili all'interno della stessa Unione, è stimata dalla
Commissione europea tra 50 e 70 miliardi di euro.
«Una pianificazione fiscale aggressiva – si legge nel documento – altera il gioco e mette
fuorigioco risorse che potrebbero essere utilizzate dai governi nazionali per raggiungere propri
obiettivi. La distorsione fiscale può essere aggredita attraverso il rafforzamento della legislazione
nazionale, l'aumento della trasparenza e la cooperazione tra Governi». Amara la conclusione:
entro la fine del 2018 tutti gli Stati membri devono adottare la direttiva contente il pacchetto
contro le distorsioni fiscali.
A cadere sotto la scure dalla Commissione sono state innanzitutto Belgio, Irlanda, Cipro, Malta e
Olanda ma report specifici sono stati dedicati, oltre che a questi Paesi, anche al Lussemburgo e
Ungheria.
La beffa McDonald’s
E proprio qui, in Lussemburgo, si è consumato nei giorni scorsi un paradosso fiscale che spiega
più di ogni altro perché le multinazionali vengano tra questi Boulevard ad aprire le loro holding.
Dopo due anni di istruttoria, l’Antitrust europeo ha chiuso l’indagine su McDonald’s e ha assolto
sia l’azienda che il Granducato dove è ubicata la sede legale della multinazione del fast food. La
non-tassazione di alcuni profitti - ha stabilito l’Antitrust - è in linea con le leggi lussemburghesi e
con il trattato sulla doppia tassazione Lussemburgo-Usa. Per Bruxelles non c’è quindi stato
nessun aiuto di Stato. «Resta il fatto che McDonald’s non ha pagato tasse su questi profitti (né in
Lussemburgo né in Usa) e non è come dovrebbe essere dal punto di vista dell’equità fiscale», ha
dovuto ammettere la commissaria alla concorrenza, Margrethe Vestager.
«La Commissione ha indagato se la doppia non-tassazione di alcuni profitti di McDonald’s fosse
il risultato di una cattiva applicazione da parte del Lussemburgo delle sue regole e del trattato
fiscale stretto con gli Usa, a favore di McDonald’s», ha spiegato Vestager. «Ma l'indagine ha
dimostrato che il motivo per la doppia non-tassazione è una discrepanza tra le regole fiscali
lussemburghesi e quelle Usa, e non un trattamento speciale del Lussemburgo. Quindi il
Lussemburgo non ha violato le regole sugli aiuti di stato», ha precisato la commissaria.
L'indagine era stata aperta a dicembre 2015. La Commissione europea voleva capire perché la
sussidiaria del colosso Usa in Europa non pagava le tasse né in Europa né in Usa. Bruxelles ha
quindi analizzato due “tax ruling” firmati nel 2009 tra il Lussemburgo e McDonald’s. E quindi la
beffa: gli accordi fiscali ad hoc sono perfettamente legali.
Il Fisco amico
Nel report della Commissione dedicato al Granducato, che porta la data del 7 marzo 2018, si dà
atto al Paese di aver fatto qualche passo in avanti e di essere impegnato in una riforma che renda
la pianificazione tributaria aggressiva soltanto un ricordo, tuttavia, si legge testualmente,
«l'assenza della ritenuta alla fonte sugli utili e sugli interessi delle società residenti in
Lussemburgo o la mancanza di regole contro gli abusi fiscali, dà l'impressione che la disciplina
fiscale lussemburghese possa ancora nascondere strumenti elusivi».
Fisco amico in Lussemburgo
Il carico fiscale complessivo in Lussemburgo ammonta a circa il 38,3% del prodotto interno lordo
(Pil), appena sotto il 38,9% che rappresenta la media europea (fonte: Commissione europea
2017).
La recente riforma della tassazione sulle società ha portato a un risultato che, paradossalmente,
anziché diminuire il divario del trattamento all'interno della Ue, lo aumenta. Le imposte sul
reddito (equivalente grosso modo all'Ires italiana) sono scese nel 2017 dal 21% al 19% e
quest'anno al 18%. E' stata ridotta dal 20% al 15% anche la tassazione per le aziende che hanno
un reddito imponibile sotto 25mila euro. A questo si aggiungono le imposte commerciali
comunali (Icc), oltre ad una maggiorazione dl 7% destinata al fondo per l'impiego. Già, perché in
Lussemburgo il disoccupato ha diritto fino a due anni di indennità di disoccupazione (fino all'80%
dell'ultima retribuzione) e se un'impresa assume un disoccupato ultracinquantenne è lo Stato a
pagare i contributi fino al raggiungimento dell'età pensionabile.
Il Fisco è attraente oltremisura in Lussemburgo: gli utili distribuiti da una società non residente di
solito non concorrono alla formazione del reddito, le plusvalenze realizzate non concorrono di
norma alla formazione del reddito e gli interessi e le royalties vengono premiate dall'esenzione di
ritenute. Per i dividendi in uscita la legge prevede una ritenuta alla fonte del 15% che può essere
ridotta in presenza di convenzioni fiscali internazionali.
Per le persone fisiche l'imposta è nulla fino a 11.265 euro e cresce (complessivamente le aliquote
sono ben 22) fino a toccare il 42% per chi ha redditi compresi tra 200mila euro e 10 milioni di
euro.
Alcuni esempi per capire
Facciamo un esempio per capire meglio. Nel caso del Comune di Lussemburgo (vale a dire la
capitale) considerate le imposte sul reddito societario, quella comunale e il fondo per l'impiego, la
tassazione effettiva nel 2017 era del 29,22%. Dal reddito imponibile possono essere dedotte tutte
le spese definite dalla legge come spese derivanti da attività imprenditoriale, compresi gli
interessi, le royalties e i compensi di servizio.
L'iva esiste solo dal 2010 e prevede quattro aliquote: 17%, 14%, 8% e 3% a seconda dei casi. In
particolare il 3% si applica ai prodotti alimentari, bevande non alcoliche, medicinali, libri, scarpe
e vestiti per bambini, acqua, affitto a uso locativo. L'aliquota dell'8% si applica alla fornitura di
energia elettrica e gas, quella del 14% a vino e carburanti.
Corporation.
Non solo calcio: colossi mondiali in prima fila
Lo sport è una degli ultimi asset ad aver varcato la frontiera lussemburghese provenendo da ogni
parte del mondo. Nel Granducato si trovano, solo per fare due esempi agli antipodi per campi di
interesse, Disney Cis holding Sarl (in Avenue Guillaume, una strada che, tanto per dare l'idea del
“traffico” di imprese registrate in questo Paese, ospita altre 515 società) e ArcelorMittal, colosso
industriale mondiale nel settore dell'acciaio, nato dalla fusione di due tra le più grandi aziende del
settore, Arcelor e Mittal steel Company, avvenuta nel 2006, e proprietario dell’Ilva di Taranto.
pubblicato il 2 maggio, rivela che l'attrice possedeva conti bancari in Svizzera (cosa del tutto
lecita, è bene precisarlo) e che almeno una parte di questi depositi sarebbe stata schermata fino al
2015 attraverso una società domiciliata nelle Isole Vergini Britanniche, la Kloraine Limited.