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Una breve analisi delle preghiere ai santi, agli angeli e

a Maria
Christ for All*

1 Introduzione
Con il termine “culto dei santi”, in generale, s’intende quella pratica, presente in alcune con-
fessioni cristiane (principalmente il Cattolicesimo e l’Ortodossia), di rivolgersi a figure celesti
all’infuori di Dio (Cristiani deceduti, angeli, ecc.) per ottenere la loro intercessione presso il
Padre o presso Cristo, al fine di assicurare un più certo esito positivo alle richieste presentate.
La pratica, sebbene assai diffusa nella chiesa di Roma, in buona parte delle chiese orientali
(pre-calcedonensi, ortodosse, copte, ecc.) e negli ambienti più “cattolicizzati” della Chiesa
anglicana, viene rigettata dalla maggioranza delle chiese evangeliche e protestanti (luterane,
presbiteriane, valdesi, battiste, metodiste, pentecostali, ecc.). Sebbene ogni tanto le motiva-
zioni di questo rifiuto siano lievemente differenti, la fondamentale ragione addotta da tutte
queste confessioni è che la pratica sarebbe una forma di idolatria, ovvero di un culto dato ad
un essere (una creatura) cui culto non è dovuto. In questo breve articolo, cercheremo dunque
di affrontare la questione della devozione a Maria, agli angeli e agli altri santi sotto due profili:
quello teologico, in cui prenderemo in esame le spiegazioni addotte sia a favore che contro
questa pratica, e quello storico, in cui considereremo gli sviluppi storici dell’intercessione di
figure sante sia nel Giudaismo coevo a Gesù che nei primi secoli di Cristianesimo.

2 Ragioni teologiche
Come abbiamo già accennato precedentemente, buona parte del mondo evangelico rigetta
la pratica del culto ai santi ritenendola una forma d’idolatria. Una consistente lettura delle
Scritture, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, è sufficiente a comprenderne le ragioni.
Già nella legge di Mosè, Dio comandava agl’Israeliti di render culto solo a lui, a YHWH, il
Dio d’Israele (cf. De 6:4, 13-14). Nei libri storici, il peccato di venerare altre figure all’infuori
di YHWH porta sempre alla punizione da parte di Dio: notevole è, per esempio, il caso di
Salomone, per il cui peccato d’idolatria tutto il popolo d’Israele viene diviso in due regni (cf.
1 Re 11:1-13; 12:1-33). Negli scritti dei profeti, Dio riprende duramente gl’individui che si fanno
idoli di ferro, di legno, di bronzo, ecc., e promette ch’essi saranno al tempo giusto svergognati
(cf. Is 44:8-20). Nell’ambito del Nuovo Testamento, il divieto della legge di Mosè compare
anzitutto nel rifiuto di Gesù di venerare satana (cf. Mt 4:10). Tuttavia, in testi più tardi,
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1
esso si estenderà anche agli angeli. Nella lettera ai Colossesi, Paolo mette in guardia contro
individui che, con pretesto d’umiltà ed affermando di aver ricevuto visioni divine, portano
ad un culto di angeli (cf. Cl 2:18). Nel libro dell’Apocalisse, Giovanni per due volte fa per
prostrarsi dinanzi ad un angelo, e per due volte ciò gli viene proibito, e gli si ricorda che solo
Dio va adorato, poiché anche gli angeli sono solo conservi (cf. Ap 19:10; 22:9). Anche gli
uomini rifiutano di ricevere omaggi e preghiere: ne è un esempio il caso di Pietro, il quale,
vedendo Cornelio inginocchiarsi dinanzi a lui, lo fa rialzare esclamando: “Alzati, anch’io sono
un uomo!” (At 10:25-26). In generale, la venerazione di esseri umani è, nella Bibbia, associata
non ad individui santi, ma piuttosto empi e scellerati, come Erode (cf. At 12:21-23).
Dinanzi a questa serie d’informazioni, chiunque volesse fornire argomentazioni a favore
della pratica del culto ai santi difficilmente lo farebbe tramite le Scritture. Uno dei passi ogni
tanto presi a giustificazione è Ap 5:8, che recita come segue: καὶ ὅτε ἔλαβεν τὸ βιβλίον,
τὰ τέσσαρα ζῷα καὶ οἱ εἴκοσι τέσσαρες πρεσβύτεροι ἔπεσαν ἐνώπιον τοῦ ἀρ-
νίου, ἔχοντες ἕκαστος κιθάραν καὶ φιάλας χρυσᾶς γεμούσας θυμιαμάτων, αἵ
εἰσιν αἱ προσευχαὶ τῶν ἁγίων. 1 Il riferimento alle “preghiere dei santi”, secondo alcuni
apologeti, sarebbe una menzione delle preghiere che i santi in cielo offrirebbero a Dio per
coloro che sono ancora vivi. Tuttavia, una tale lettura del passo d’Apocalisse è fondata su una
distorsione del linguaggio proto-cristiano per adattarlo alla nostra lingua corrente. Il termine
greco ἅγιος, generalmente tradotto con “santo”, non si riferisce, nel Nuovo Testamento, ai
Cristiani deceduti e glorificati in cielo, ma piuttosto a tutti coloro che son parte della Chie-
sa, vivi e morti. Questo significato è talvolta usato anche nell’Apocalisse (Ap 13:7; 14:12; 19:8;
22:21), ma è più frequente nelle lettere di Paolo (Ro 1:7; 1 Co 1:2; 14:34; 2 Co 1:1; Ef 1:1; Fl 1:1;
Cl 1:2), e deriva da un uso già presente in alcune porzioni più tarde dell’Antico Testamento,
ove il termine indica il popolo di Dio (cf. Da 7:18). Esso compare anche nel Pastore di Erma. 2
Ancora al tempo di Origene (iii sec.), i Cristiani già giunti in cielo erano chiamati “i santi già
deceduti” o “addormentatisi”, chiaramente indicando che il termine di per sé ancora indicava
tutti i Cristiani. 3 Leggere Ap 5:8, dunque, come un riferimento all’intercessione dei santi è
una distorsione dell’uso storico e contestuale di un termine.
Altri testi comunemente utilizzati per sostenere la pratica del culto ai santi sono quelli
che esortano le creature del cielo e della terra a venerare Dio. Ne è un esempio Sl 103:20-21:
“Benedite YHWH, o voi suoi angeli, o voi potenti di forza che fate la sua parola, per dare
ascolto alla voce della sua parola! Benedite YHWH o voi tutti suoi eserciti, o voi suoi servi-
tori che fate il suo volere!”. Che tutte le creature dell’universo (incluse quelle celesti) siano
invocate per lodare Dio è tipico della letteratura ebraica, e non implica una devozione a que-
ste creature, né una preghiera, ma una semplice esortazione alla lode. Parimenti ritroviamo
esempi di questo tipo nel Nuovo Testamento: ἵνα ἐν τῷ ὀνόματι ᾿Ιησοῦ πᾶν γόνυ
κάμψῃ ἐπουρανίων καὶ ἐπιγείων καὶ καταχθονίων, καὶ πᾶσα γλῶσσα ἐξομο-
λογήσηται ὅτι κύριος ᾿Ιησοῦς Χριστὸς εἰς δόξαν θεοῦ πατρός (Fl 2:10-22); 4 καὶ
πᾶν κτίσμα ὃ ἐν τῷ οὐρανῷ καὶ ἐπὶ τῆς γῆς καὶ ὑποκάτω τῆς γῆς καὶ ἐπὶ
τῆς θαλάσσης, καὶ τὰ ἐν αὐτοῖς πάντα, ἤκουσα λέγοντας, Τῷ καθημένῳ ἐπὶ
1 “E quando prese il libretto, i quattro esseri viventi ed i ventiquattro anziani si gettarono dinanzi all’agnello,

avendo ciascuno una cetra e delle coppe dorate piene di profumi, le quali sono le preghiere dei santi”.
2 Herm., Visione i, 1:9; Visione iii, 3:3.
3 Cf. Orig., De orat. 6 e 11.
4 “. . . affinché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, delle creature celesti, terrestri, e sotterranee, ed ogni

lingua confessi che Gesù Cristo è Signore, a gloria di Dio Padre”.

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τῷ θρόνῳ καὶ τῷ ἀρνίῳ ἡ εὐλογία καὶ ἡ τιμὴ καὶ ἡ δόξα καὶ τὸ κράτος εἰς
τοὺς αἰῶνας τῶν αἰώνων (Ap 5:13). 5 Tuttavia, questi testi non sostengono l’idea che le
creature celesti debbano esser invocate o lodate, ma solo che esse vengono dagli autori biblici
(specialmente in ambito poetico) esortate ad adorare Dio soltanto.
Un altro elemento che entra in contrasto, teologicamente, con l’intercessione dei santi è il
senso stesso della Buona Novella. Mediante il vangelo, l’uomo è reso figlio di Dio (Gv 1:12-13),
ovvero ha diritto di chiamare Dio “Abba! Padre!” (Mt 6:9; Ro 8:15-16; Ga 4:6), e di accostarsi
liberamente a lui per ricevere grazia (Eb 4:14-16). Questo avviene a motivo dell’opera di Gesù,
che, dando se stesso come sacrificio propiziatorio per tutti, ha interceduto per noi ed ha reso
possibile che noi ci avvicinassimo, mediante la sua mediazione, al Padre (1 Ti 2:5; 1 Gv 2:1-2).
Noi veniamo a Cristo uniti nel Battesimo (Ro 6:1-11; Ga 3:26-28), siamo uniti in lui gli uni
con gli altri (Cl 3:11): come può quest’intimità con Dio, questa vicinanza paterna di Dio a
noi in Cristo Gesù, esser conciliata col bisogno di un’intercessione di qualcun altro? L’idea
sottintesa nel culto dei santi è che coloro che sono giunti in cielo hanno, per qualche ragione,
una maggiore efficacia nella preghiera: tuttavia, il Nuovo Testamento chiaramente indica che
ciò che rende efficace una preghiera non è la nostra condizione di vivi o morti, ma piuttosto
la fede (Mr 11:22-24), il nome di Gesù (Gv 14:13-14) e la preghiera secondo la volontà di Dio (1
Gv 5:14). L’intercessione dei santi, dunque, tra le altre cose, indebolisce o distrugge uno dei
sensi fondamentali del messaggio evangelico.

3 Profilo storico
Sotto un profilo storico, l’invocazione dei santi richiede una più specifica definizione, poiché,
sia nel Giudaismo del Secondo Tempio che nel primo Cristianesimo, la relazione tra i fede-
li glorificati e gl’individui che si trovano ancora sulla terra è stata definita in svariati modi.
Giuseppe Flavio fa menzione di un esorcista, al suo tempo, ch’era solito scacciare i demoni
nel nome di Salomone, 6 pratica che potrebbe far pensare ad una forma di deificazione del re
israelitico. Anche Filone, nella sua trattazione della figura di Mosè, sembra riferirsi a lui co-
me ad una persona semi-divina (vd. Scott 2002). Sembra dunque che, per lo meno in parte,
il Giudaismo del tempo di Cristo ammettesse un certo spazio per una forma d’intercessione
di giusti defunti dinanzi a Dio. Ciò nonostante, non sembra che questo abbia portato a pra-
tiche d’invocazione di questi individui, parallelamente a quanto avviene nel Cattolicesimo e
nell’Ortodossia: al contrario, il culto giudaico, anche al tempo di Gesù (anzi, forse soprat-
tutto all’epoca, a motivo del contrasto col mondo greco-romano), sembra aver avuto il Dio
d’Israele come unico fulcro della venerazione e della vita religiosa.
In ambito paleo-cristiano, è notevole l’assenza di preghiere a santi, Maria o angeli nei pri-
mi scritti ecclesiastici: sia gli autori sub-apostolici (Didaché, Ignazio, Clemente, Erma, ecc.)
sia i primi Padri della Chiesa (Ireneo, Giustino, Tertulliano, Origene, ecc.) sembrano non
far uso di queste invocazioni, le quali al contrario appaiono intorno al tardo iii sec., ma non
diverranno comuni prima dei primi anni del v sec. Sembra dunque chiaro che le preghiere ai
santi abbiano seguito uno sviluppo che è necessario seguire più da vicino. E` mia opinione che
l’idea dei giusti defunti in preghiera per i vivi sia fortemente legato all’idea dell’aldilà tipica sia
5 “Ed udii ogni creatura nel cielo e sulla terra e sotto la terra e nel mare, e tutte quelle in esse, che dicevano: ‘A

colui che siede sul trono, ed all’Agnello, la benedizione, l’onore, la gloria e la potenza vadano nei secoli dei secoli!’”
6 Ioseph. Ant. 8:2:5.

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di alcuni Giudei del periodo del Secondo Tempio sia di molti Padri della Chiesa e primi Cri-
stiani, un’idea non “statica” (tipica più del Protestantesimo e del Cattolicesimo medievale),
ma piuttosto, per cosı̀ dire, “dinamica” (visione in parte ereditata dall’Ortodossia). Già il se-
condo libro dei Maccabei (12:43-45) indica che, nel tardo periodo ellenistico, alcune forme di
Giudaismo avevano accettato l’idea che le preghiere offerte a Dio in favore di defunti possano
migliorare la loro condizione ultima nel giorno della resurrezione. E` forse quest’idea, eredita-
ta in alcuni ambienti del Cristianesimo già intorno al ii/iii sec., che ha condotto al particolare
riguardo nei confronti dei martiri del quale le catacombe e gli altri reperti archeologici ren-
dono chiara testimonianza: riguardo che non si limitava solo ad un’ampia decorazione della
tomba, ma anche alla pratica di richiedere un sepolcro quanto più vicino possibile a quella
del martire (sicché le tombe dei martiri sono spesso “centri gravitazionali” per altre sepolture,
con un grande ammasso di tumuli nelle loro vicinanze). E` possibile che si ritenesse, forse sulla
falsariga di alcuni episodi vetero-testamentari (cf. per es. 2 Re 13:21), che venir sepolti vicino
a dei martiri fornisse speranza di una più felice resurrezione. 7
L’idea che i santi glorificati preghino per quelli che ancora sono vivi nacque già intorno
al iii sec.: Clemente alessandrino afferma che il Cristiano che prega, prega assieme alla com-
pagnia dei santi e degli angeli; 8 parimenti un altro Padre della stessa scuola, Origene, dichiara
che con Cristo pregano anche i santi che si sono addormentati. 9 Intorno alla metà del iii sec.,
Cipriano di Cartagine inizia ad introdurre l’idea che le preghiere dei defunti debbano esser per
i vivi, e parimenti le preghiere dei vivi debbano esser per i defunti: “Memores nostri invicem
simus, concordes atque unanimes, utrubique pro nobis semper oremus, pressuras et angu-
stias mutua caritate relevemus, et si quis istinc nostrum prior divinae dignationis celeritate
praecesserit, preserveret apud Dominum nostra dilectio, pro fratribus et sororibus nostris
apud misericordiam Patris non cesset oratio”. 10 Tuttavia, com’è evidente da questo testo,
l’esortazione è rivolta a dei vivi, cui Cipriano rivolge l’esortazione di ricordarsi di chi rimane
sulla terra una volta morti. Per quanto qui venga implicitamente affermato che i defunti pos-
sono pregare per i vivi, l’autore non esorta affatto a pregare ai defunti; al contrario, il fatto
che esorti dei vivi in vista del loro trapasso sembra far supporre ch’egli pensasse che, una volta
passati in cielo, essi non potessero più ascoltare le suppliche dei Cristiani ancora vivi. Sarà
tuttavia nel tardo iii sec. che comparirà la prima preghiera cristiana non rivolta a Dio. Preci-
samente, si tratta di un frammento papiraceo in greco (P. Ryl. 470) contenente la preghiera
nota col nome latino di Sub tuum praesidium. 11 Nel iv sec. troviamo le prime preghiere a
Maria e ai santi nelle opere di alcuni autori come Metodio 12 ed Ambrogio di Milano, 13 e in
generale diviene più frequente la menzione dell’intercessione dei pii defunti a favore dei vivi.
7 Ne è un esempio la tomba di S. Cristina, sepolta nell’omonima catacomba a Bolsena, nel Lazio.
8 Cf. Clem., Strom. 7:12.
9 Orig., De orat. 11.
10 “Dobbiamo esser memori gli uni degli altri, concordi ed unanimi, da tutt’e due le parti [della morte] dobbiamo

sempre pregar gli uni per gli altri, dobbiamo mitigare le pressioni e le angustie con mutua carità, e se qualcuno di noi,
per la celerità della divina concessione, se ne va via da qui prima degli altri, il nostro affetto deve perseverare presso
il Signore, e non cessi la preghiera presso la misericordia del Padre per i nostri fratelli e le nostre sorelle”; Cyp., Ep.
60:5.
11 Alcuni hanno datato P. Ryl. 470 anche al iv sec.; per la discussione circa la datazione, cf. Förster 2005 e

Matthewes-Green 2007, 85-7. Il testo della preghiera, tradotto dal greco, recita come segue: “Sotto la tua miseri-
cordia ci rifugiamo, o madre di Dio. Non ignorare le nostre suppliche nel momento del bisogno, ma liberaci dai
pericoli, tu che sola sei pura, sola benedetta”.
12 Meth., De Sym. 14.
13 Ambr., Hex. 5:25:90.

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Ciò nonostante, anche in questo secolo il numero di preghiere rivolte non è pari a quel che
si ritroverà in secoli successivi. Nel v sec., Agostino d’Ippona mostra come, sebbene venga
fatta menzione dei santi e dei martiri e delle loro preghiere d’intercessione, ancora le suppli-
che e le preghiere della liturgia eucaristica sembrano esser rivolte solo a Dio. 14 Già Cirillo
(metà iv sec.) descrive la pratica di menzionarli in preghiera, pur tuttavia facendo uso di sup-
pliche rivolte a Dio, e non a costoro, 15 e parimenti le liturgie di Basilio e Crisostomo, ancor
oggi fondamento del rito orientale, sembrano esserne testimonianza, siccome generalmente
i santi sono invocati in preghiere come la seguente: Τῆς παναγίας, ἀχράντου, ὑπερευ-
λογημένης, ἐνδόξου δεσποίνης ἡμῶν, Θεοτόκου καὶ ἀειπαρθένου Μαρίας, μετὰ
πάντων τῶν Α ῾ γίων μνημονεύσαντες, ἑαυτοὺς καὶ ἀλλήλους καὶ πᾶσαν τὴν
ζωὴν ἡμῶν Χριστῷ τῷ Θεῷ παραθώμεθα. 16 Essi, e soprattutto Maria, sono sı̀ invo-
cati, ma le liturgie antiche sembrerebbero, dalla frequenza delle preghiere, preferire pregare a
Dio ricordando l’intercessione dei santi, piuttosto che, secondo l’uso più occidentale, pregare
i santi d’intercedere presso Dio. Sebbene questo sia comunque un costume che non sembra
trovare supporto né nel Nuovo Testamento né nella teologia protestante, esso rappresenta
di certo una posizione ben più moderata rispetto a quella Romano Cattolica (o, più preci-
samente, latina), poiché Dio rimane comunque il destinatario della preghiera. E` comunque
notevole il fatto che la liturgia, ancora nel v sec., non sembra aver contenuto menzione estesa
di preghiere rivolte ai santi.
Da un’analisi storica, dunque, sembrerebbe che le prime idee di un’intercessione dei de-
funti a favore dei vivi siano sorte intorno al ii sec., ma rappresentassero una realtà assai diffe-
rente rispetto a quelle che poi diverranno le intercessioni dei santi tipiche del Medioevo e del
Rinascimento nell’Europa occidentale. I morti venivano visti come capaci di pregare ed in-
tercedere per i vivi, ma sembra che a loro stessi non venissero, all’inizio, rivolte invocazioni di
alcuna specie. Attorno al iii sec., l’intercessione dei santi divenne un concetto ben più solidi-
ficato, e trovò una menzione nella liturgia eucaristica, la quale tuttavia era pur sempre rivolta
a Dio. Sarà intorno al iv sec. che le preghiere ai santi inizieranno a comparire, ma fino al v
sec. rappresenteranno solo una povera porzione della vita religiosa cristiana. Sembrerebbe,
dunque, da questa breve osservazione, che il culto dei santi non sia proprio della tradizione
apostolica, ma derivi piuttosto da successivi sviluppi storico-culturali.

4 Conclusione
La storia del Cristianesimo riporta le gesta di grandiosi martiri e testimoni della fede del pas-
sato la cui memoria va sı̀ ritenuta per esortare, incoraggiare ed indirizzare la vita dei santi di
oggi. Le loro vite e le loro azioni ricordano che non siamo soli, nel nostro servizio a Cristo,
ma piuttosto siamo circondati da un nugolo di testimoni che dai tempi remoti fino ad oggi
hanno, come noi, combattuto per la fede. La loro memoria è degna del nostro onore e del
nostro rispetto. Ciò nonostante, essa non è degna di lode o venerazione, né tantomeno delle
nostre suppliche. Dio, in Gesù Cristo, ha aperto, mediante la proclamazione del vangelo, una
14 Aug., Serm. 159:1; Hom. in Io. 84; Civ. D. 20:9:2.
15 Cyr., Cat.23:9.
16 “Ricordando l’interamente santa, pura, più che benedetta, gloriosa signora nostra, madre di Dio e sempre ver-

gine Maria, assieme a tutti i santi, affidiamo a Cristo Iddio noi stessi, gli uni gli altri, e tutta la nostra vita”; Eirenika
della liturgia di Crisostomo.

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porta alla diretta figliolanza con lui; ci ha dato il privilegio di chiamarlo Padre e di accostar-
ci liberamente a lui. In quanto Cristiani, dunque, è nostro dovere e gioia far nostro questo
privilegio, scevri dell’intercessione d’alcun altro all’infuori di Gesù Cristo.

5 Abbreviazioni
Ambr. = Ambrogio di Milano Cyp. = Cipriano di Cartagine
Hex. = Exameron Ep. = Epistole

Aug. = Agostino d’Ippona Herm. = Pastore di Erma


Serm. = Sermoni Meth. = Metodio
Hom. in Io. = Omelie sul vangelo di Giovanni
Civ. D. = La città di Dio De Sym. = Orazione su Simeone ed Anna

Clem. = Clemente di Alessandria Or. = Origene di Alessandria


Strom. = Stromata De orat. = Sulla preghiera

Riferimenti bibliografici
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Förster 2005: H. Förster. “Die älteste marianische Antiphon - eine Fehldatierung? Uber-
legungen zum ‘ältesten Beleg’ des Sub tuum praesidium”, Journal of Coptic Studies 7
(2005) 99-109.
Matthewes-Green 2007: F. Matthewes-Green. The Lost Gospel of Mary: The Mother
of Jesus in Three Ancient Texts. Brewster MA: Paraclete Press, 2007.

Scott 2002: I. Scott. “Is Philo’ s Moses a Divine Man?”, The Studia Philonica Annual 14
(2002) 87-111.

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