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Scuola media statale

“G. Leopardi”
Mira

Anno scolastico 2012/2013

RELAZIONE PER IL SUPERAMENTO


DELL'ANNO DI PROVA

relativa allo svolgimento nelle classi prime


dell'Unità di Apprendimento

Docente in anno di prova: Prof. Sacco Maurizio


Materia d'insegnamento: Chitarra
Tutor: Prof. Sfriso Gianluca
Dirigente Scolastico: Dott. Carlo Marzolo

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SOMMARIO

Premessa pag. 3

Unità di apprendimento pag. 6

1° Incontro pag. 11

2° Incontro pag. 13

3° Incontro pag. 14

4° Incontro pag. 16

5° Incontro pag. 20

Valutazione pag. 24

Conclusioni pag. 26

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Premessa:
perché e come intendo il “fare musica d'insieme”
nella scuola secondaria di primo grado

L'importanza della musica d'insieme è ormai risaputa in tutti gli ambiti didattici della
pratica musicale. In queste poche righe vorrei cercare di ribadirne i punti più forti,
secondo la mia esperienza da musicista e da docente, partendo dalle esigenze che mi
hanno invogliato ad elaborare in un certo modo l'unità di apprendimento in oggetto, per
poi rivolgerla alla classe prima (ovvero ad alunni che avevano avuto tra le mani una
chitarra per la prima volta poche settimane prima).
C'è innanzitutto una questione personale in sospeso, che affonda le radici in un lavoro
iniziato nel 2009, durante il tirocinio del biennio abilitante per la disciplina che oggi
insegno: in quell'occasione mi trovai a progettare un'unità didattica finalizzata alla
produzione di un brano hip-hop. Agli alunni coinvolti nel progetto, che provenivano solo
in parte dall'indirizzo musicale, venne affidata la composizione del brano. La mia
funzione era esclusivamente quella di guida e super-visore (figura che, in ambito
discografico, viene denominata produttore). La difficoltà maggiore fu quella di trovare un
“linguaggio” comune, che andasse oltre le nozioni teoriche, in modo da strutturare un
campo neutro all'interno del quale ciascuno degli alunni coinvolti potesse dare il proprio
diretto contributo all'attività stessa. Per quest'obiettivo mi fu molto utile la strutturazione
del lavoro sul principio pedagogico del Cooperative Learning, che è altra cosa rispetto
alla “normale” musica d'insieme.
La musica d'insieme punta a formare un gruppo omogeneo a partire dalle differenti
individualità: in questo ambito didattico si apprende a controllare la propria personalità
per fonderla nel gruppo. Inoltre, sempre nel caso della musica d'insieme, l'atteggiamento
dell'insegnante è direttivo: il docente sceglie gli esercizi, spiega come bisogna eseguirli e
corregge l'esecuzione dell'allievo in base a precisi parametri “dettati” dal testo musicale
stesso; nel caso della musica d'insieme il direttore “illustra” il risultato finale che bisogna
conseguire, e chiede agli allievi di adeguarvisi.
La lezione collettiva, come qui intesa, utilizza il gruppo per far schiudere la personalità di
ciascuno attraverso l'intermediazione del gruppo stesso. L’obiettivo della didattica
collettiva, infatti, non è quello di far semplicemente suonare il gruppo, ma quello di far sì
che ogni allievo scopra, sperimenti ed accresca le proprie competenze in maniera diretta,

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grazie alla cooperazione del gruppo, durante il processo d’apprendimento.
Quello che mi chiedo oggi, avendo visto, suonato ed insegnato in diverse realtà, è se
esiste una vera e propria linea di confine tra questi due importanti approcci didattici e
vorrei verificare, sul campo, se è possibile fare musica d'insieme in una maniera tale da
integrare i due aspetti in un percorso di più ampio respiro.
Una seconda motivazione riguarda la mia diretta esperienza con la musica da camera,
colta e “non colta”, classica e contemporanea, sia in qualità di esecutore che di
compositore. Come è noto, la cosiddetta musica colta, nel corso del '900, dopo aver
abbandonato il sistema tonale con un processo iniziato da Debussy e che ha attraversato
politonalità e dodecafonia (si pensi a Stravinskij, Schoenberg ed Hindemith), ha rivolto la
propria attenzione su alcuni aspetti della musica strumentale che mai prima d'allora era
stato necessario approfondire: la ricerca di sonorità che partono e ritornano a zero, effetti,
forti contrasti timbrici e dinamici nella texture orchestrale, ecc. Un notevole passo avanti,
se si pensa che nel Rinascimento, periodo del primo boom della musica strumentale, i
compositori spesso scrivevano non per uno strumento specifico ma per qualunque fosse
tagliato in una determinata tessitura, tanto che gli strumentisti erano spesso specializzati
in un registro piuttosto che in uno strumento specifico,
Nella didattica dello strumento si è dunque presto capito che, i molteplici aspetti che
riguardano la cura del suono, dell'intonazione, della giusta fusione timbrica tra più
strumenti diversi o affini, non possono arrivare solo dopo aver studiato anni di solfeggio,
note lunghe e primi esercizi solistici. Gli alunni hanno bisogno di acquisire per piccoli
passi contemporaneamente le diverse abilità, e devono imparare a gestirle parallelamente
dall'inizio: non avrebbe senso che in un anno imparassero soltanto a muovere quanto più
velocemente le dita, magari per l'orgoglio dei genitori durante la loro esibizione al saggio
di fine anno, se poi devono sforzarsi per percepire se qualcuno all'interno di un piccolo
ensemble cameristico stia o meno suonando le loro stesse note! La musica d'insieme è
un'ottima “cura” per questi aspetti, perché alcune esigenze (dinamiche, timbriche, ecc.)
nascono o diventano più evidenti quando alla propria parte se ne sovrappongono delle
altre, interagendo con altri musicisti.
Dare spazio sin dai primi passi alla musica d'insieme vuol dire inoltre volersi
allontanare sin dall'inizio dall'insegnamento più diffuso nei conservatori, che viaggia
ancora troppo spesso su un binario orientato in tutte le sue tappe all’unico traguardo del
virtuosismo solistico, e che perciò relega le attività d’insieme a un ruolo marginale.

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Questo per due motivi: statisticamente è improbabile che la società abbia bisogno di tanti
grandi solisti quanti sono gli scritti ai corsi di musica. Nella scuola pubblica, lo strumento
musicale, come tutte le discipline, deve essere un tramite tra l'alunno e il mondo che lo
circonda, al fine di poter sviluppare uno spirito critico con cui affrontare la realtà. Si pensi
alla socializzazione: questa capacità, che è importante coltivare insieme a tutte le altre, è
un punto forte nel fare musica insieme. A questa si affianca la meravigliosa abilità della
gestione del tempo: saper gestire tutto ciò di cui si parlava prima, insieme ai compagni,
con ruoli e compiti diversi richiesti dal pentagramma da una parte e, dall'altra, da tutti
quei codici impliciti che appartengono al messaggio musicale stesso.
Affiatiamoci....proprio così, perché è importante capire che un gruppo deve essere
affiatato per poter suonare e lavorare insieme; e questo lavoro non è limitato alla semplice
esecuzione simultanea di alcuni suoni (come si dice spesso “solfeggiare con lo
strumento”). Bisogna condividere alcune scelte, venirsi incontro, ascoltarsi; tutte cose che
possono avvenire semplicemente discutendone o direttamente suonando.
Un gruppo di musica d'insieme, nella scuola secondaria di primo grado, è formato da
alunni ciascuno dei quali è paragonabile ad un ingranaggio di una grossa macchina, in cui
ogni rotellina ha un valore determinate sulla funzione delle altre e dell'intera macchina
stessa. L'insegnante orienterà gli alunni, le prime volte, con delle attività simili a quelle
individuate in questa unità di apprendimento, affinché nelle future esperienze essi possano
orientarsi da soli alla ricerca di un affiatamento, possibilmente direttamente con la musica.
“Prof, perché ci sono tutte queste regole? Non si è liberi di fare quello che ci si sente di
fare?” Le regole al contrario servono a garantire la libertà individuale, in modo che tutti
possano preservare i tuoi spazi, così come tu li conservi agli altri. Ma come fai a spiegarlo
a parole? Non è forse meglio trovare il modo per metterlo in pratica? La musica d'insieme
è un metodo diretto per apprendere queste dinamiche, e può funzionare meglio di mille
parole, attraverso il raggiungimento di risultati come la bellezza degli attacchi simultanei
e degli impasti sonori. D'altronde sarebbe veramente difficile spiegare teoricamente ad un
alunno come produrre un suono con uno strumento senza provarci insieme in classe.

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Scuola Media Statale “G. Leopardi” Mira
A.S. 2012/2013
Unità di apprendimento
rivolta alle classi prime durante la lezione di musica d'insieme
Mercoledì 15:30 – 16:30

Titolo
Affiatiamoci

Indicazioni nazionali
programmi ed obiettivi dei corsi ad indirizzo musicale nella scuola media D.M. N. 20
DEL 6.8.99.

Prerequisiti
• prime esperienze/attività d'ascolto, con l'aiuto del docente, di alcuni brevi brani
omofonici e polifonici, come pretesto per analizzarne i vari aspetti melodici,
ritmici e timbrici.
• Conoscenza dei principali elementi della grammatica e della teoria musicale

Obiettivi generali
• obiettivi di tipo cognitivo:
• favorire la ricerca di un affiatamento in un gruppo di musica d'insieme
• stimolare le capacità di ascolto, percezione ed attenzione uditiva, in tale
contesto
• orientare l'attenzione dell'alunno ai molteplici aspetti di una frase musicale,
che non siano soltanto le altezze ed il ritmo
• saper individuare gli aspetti essenziali per riuscire a concertare
autonomamente, anche solo parzialmente, un brano polifonico sulla base
delle esperienze acquisite durante lo svolgimento dell'unità didattica.
• obiettivi di tipo educativo:
• responsabilità all'interno del gruppo nell'esecuzione in classe e rispetto
delle regole pre-stabilite, durante lo svolgimento delle attività di gruppo.

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Obiettivi cognitivi specifici
1. saper riconoscere i compagni all'interno del gruppo in base alle caratteristiche
specifiche del singolo (affettive e musicali); di conseguenza riflettere sulle proprie
caratteristiche e su come rendersi utile e attivo all'interno del gruppo
2. imparare a gestire una pulsazione ritmica semplice o complessa sia nell'esecuzione
diretta che nel passaggio tra compagni senza perderne le caratteristiche (velocità,
accenti, ecc.);
3. imparare a imitare il fraseggio musicale di un compagno, prestando attenzione al
fatto che una frase musicale non è fatta solo di altezze e durate, e che una stessa
melodia, eseguita da persone diverse può, di conseguenza, anche comunicare due
cose differenti
4. prestare costantemente attenzione ai momenti di accumulazione – rarefazione
sonora, forte – piano, in base ai quali bisogna adattare la propria “funzione”
nell'ambito dell'esecuzione di un brano
5. esplorare molte delle possibilità timbriche e dinamiche del proprio strumento
6. provare la sensazione, l'importanza e la bellezza degli attacchi simultanei

Tempi
cinque incontri di 60 minuti ciascuno per un totale di 6 ore, nella giornata del mercoledì

Spazi
le lezioni verranno svolte nell'aula I D, dove è presente una LIM; oppure nell'aula di
sostegno, dove c'è lo spazio necessario allo svolgimento attività che coinvolgano l'aspetto
motorio.

Materiale Didattico
• attività tratte da vari testi didattici dell'insegnante, alcune delle quali da rielaborare
eventualmente direttamente con gli alunni
• cassa pre-amplificata alla quale collegare il computer del docente
• LIM

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Alunni coinvolti nell'attività
• K. Alb.
• T. S.
• P. An.
• Z. Ale.
• C. E.
• G. T.
• S. Ch.

Svolgimento:

1° incontro: Riconoscersi attraverso il tatto.


Gli alunni, a coppie, si prendono le mani e le esplorano reciprocamente, prestando
attenzione alle sensazioni che ne ricavano: caldo, freddo, umido, secco, rugoso, liscio,
morbido. Dopo alcuni minuti di esplorazione, uno dei due si colloca davanti ad una
parete, con le braccia distese sui fianchi e le mani leggermente protese all’indietro,
fissando con gli occhi il muro. Un altro alunno (non sempre quello che ha condiviso la
precedente esplorazione) si avvicina e si ferma dietro di lui prendendogli le mani per
alcuni secondi. Chi sarà ...? Il gioco si ripete cambiando i ruoli, fino a che tutti
riconosceranno tutti.

2° incontro: Riconoscersi attraverso l’udito.


Con le stesse modalità del gioco precedente si tenta di sviluppare l’attenzione uditiva,
fondamento imprescindibile di un gruppo musicale. Gli alunni dovranno riconoscersi
dal rumore dei passi e, più in generale, dal tipo di camminata: disposti con le spalle ad
una parete, a turno ognuno di loro percorre uno o due giri dell'aula mentre gli altri
ascoltano e osservano i molteplici aspetti della camminata. Dopo alcuni minuti uno di
loro si colloca davanti alla stessa parete e uno dei restanti percorre lo stesso giro
dell'esplorazione precedente. Il gioco si ripete cambiando i ruoli, fino a che tutti
riconosceranno tutti. Alla fine si esegue uno dei brani di musica d'insieme
rimettendone in discussione, se necessario, alcuni aspetti.

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3° incontro:
Si propongono dei giochi d'ascolto e d'imitazione di brevi eventi sonori inventati dagli
stessi alunni per concentrare l'attenzione uditiva sull'oggetto sonoro e riflettere sulle
differenze che questo può assumere ogni volta che cambia l'esecutore.

4° incontro:
Si propone un'attività volta ad incentivare l'ascolto durante l'esecuzione, inizialmente
con l'impiego di body percussion (il battito delle mani, dei piedi ecc.) che richiedono
meno controllo rispetto alla chitarra, per stimolare a verificare la “chiusura” del
circuito (feedback) tra produzione sonora e percezione (penso ad un crescendo ma lo
sto realmente facendo? Salta fuori quello che voglio o qualcos'altro?).
Il docente propone quindi alcune combinazioni ritmiche:
Durate identiche senza accentazione, ma con alternanza regolare dei timbri.

Durate identiche senza accentazione, ma con alternanza irregolare dei timbri.

Durate diverse con accentazione regolare.

Durate diverse con accentazione irregolare.

Durate diverse senza accentazione, ma con alternanza regolare dei timbri.

Durate diverse senza accentazione, ma con alternanza irregolare dei timbri.

L'attività può proseguire con le chitarra, sostituendo anche solo in parte le percussioni (es.
percussioni più due chitarre, ecc.).

5° incontro: Lavoro su base audio: Giacinto Scelsi, Quattro pezzi, ciascuno su una
nota sola, per orchestra: n. 1.
L’autore sperimenta qui l’efficacia espressiva e la tenuta formale di un brano
strutturalmente fondato su un solo suono, articolandolo in modi sempre diversi e, nella
maggior parte dei casi, imprevedibili: mescolanza di note lunghe e corte, effetti
timbrici, contrasti fra tanti e pochi, fra forte e piano, oscillazioni più o meno
quartitonali, ma la nota è sempre quella (da ricavare ad orecchio, magari servendosi
della chitarra). Dopo il primo ascolto, prestare attenzione alle diverse ondate sonore,
ai momenti d’improvvisa accumulazione, alle rarefazioni, ai momenti di oscillazione
intorno al suono-pedale e seguirli con la maggiore coerenza possibile, in assoluta
concentrazione. Inserirsi poi nella texture orchestrale per contrasto, andando cioè a

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“riempire” le zone più rarefatte e astenendosi dall’intervento nelle zone più dense e
dinamicamente forti, stimolando l’ascolto reciproco e, quindi, favorendo
l’affiatamento del gruppo.
Alla fine si esegue uno dei brani di musica d'insieme rimettendo in discussione, se
necessario, alcuni aspetti del modo in cui si era soliti eseguirlo.

Svolgimento verifica e valutazione


La valutazione degli obiettivi avverrà di volta in volta, in base alla loro rilevanza
nell'ambito di ogni singolo incontro. Per tale ragione la maggior parte degli incontri si
concluderà con l'esecuzione e l'eventuale rielaborazione (anche solo parziale) di un
brano di musica d'insieme, per l'applicazione ove possibile delle competenze acquisite
durante la lezione. Verranno valutati il comportamento e l'atteggiamento costruttivo o
meno di fronte ad un'attività che inizialmente potrebbe sembrare estranea al contesto di
una lezione di strumento. Verrà inoltre valutato il senso di responsabilità verso il gruppo
espresso principalmente con lo studio a casa: se non si conosce bene la propria parte si
rischia infatti di compromettere il lavoro di tutto il gruppo.

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1° incontro
Riconoscersi attraverso il tatto

Gli alunni, a coppie, si prendono le mani e le esplorano reciprocamente, prestando attenzione alle
sensazioni che ne ricavano: caldo, freddo, umido, secco, rugoso, liscio, morbido. Dopo alcuni minuti di
esplorazione, uno dei due si colloca davanti ad una parete, con le braccia distese sui fianchi e le mani
leggermente protese all’indietro, fissando con gli occhi il muro. Un altro alunno (non sempre quello che ha
condiviso la precedente esplorazione) si avvicina e si ferma dietro di lui prendendogli le mani per alcuni
secondi. Chi sarà ...? Il gioco si ripete cambiando i ruoli, fino a che tutti riconosceranno tutti.

Premesso che la classe aveva già lavorato nelle precedenti settimane su dei semplici
brani d'insieme ed aveva già suonato al saggio natalizio con l'orchestra della scuola, il
giorno del primo incontro ho esordito con la domanda: “La musica d'insieme: secondo
voi, perché la facciamo? Sono escluse le risposte perché è bella, perché è divertente.....”.
Perché bisogna imparare a coordinarsi, ad ascoltarsi a vicenda (S.); perché quando
andremo a suonare in orchestra sarà molto difficile suonare insieme agli altri quindi
bisogna imparare con un gruppo più piccolo (Ch. e E.); un po' tutti sono stati d'accordo sul
fatto che serve per conoscersi meglio, quindi per socializzare ed aggregarsi. Con alcune
domande ho cercato di capire se la situazione tra di loro fosse diversa, se si sentivano già
più affiatati rispetto che con altri compagni: qualcuno ha risposto di sì, qualcuno no, Ch.
ha diCh.to apertamente che non ha grossi problemi di socializzazione con i compagni, si
trova bene con tutti.
“Adesso vi propongo un gioco”. Ci siamo disposti a cerchio e li ho invitati a sfiorarsi
le mani a vicenda, con il loro vicino. Hanno verificato che qualcuno le aveva più ruvide
(T.), qualcuno più appiccicose (Ch., l'ha diCh.to lei stessa subito), qualcuno più calde, e
così via.
“Adesso mi serve un volontario”: i volontari erano troppi, così hanno fatto la conta ed
è toccato a Ch.. Si è messa di spalle e, come da programma, il gioco è iniziato. Ha
riconosciuto subito S., non per le mani ma perché le ha sfiorato inavvertitamente le
maniche ed era “l'unica ad avere un maglioncino”. Brava Ch., ottimo spirito
d'osservazione, l'unità d'apprendimento non poteva iniziare meglio. Le ha indovinate tutte,
anche quando c'è stata una ripetizione. Ha riconosciuto per ultimo pure me, per via della
mano più grande (piccolo fuori programma giusto per divertirci un po').
Dopo un breve riscaldamento anche E. ha riconosciuto i compagni, subito dopo è
toccato a T., che inaspettatamente ha riconosciuto An. perché “prima di sentire le sue mani

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ho riconosciuto il suo respiro”. A turno, anche gli altri si sono sottoposti all'attività dando
ottimi risultati. A questo punto potevamo andare tutti a casa! Grande rivelazione: senza
saperlo T. ci ha fornito uno spunto su cui ho ragionato mentre il gioco proseguiva. Quando
è toccato a S. gli altri hanno avuto la felice idea di complicare il gioco facendole sentire
due mani di due persone diverse: se l'è cavata benissimo ugualmente, ha scoperto il trucco
e riconosciuto i due.
A questo punto ho fatto prendere gli strumenti per provare a rieseguire un brano già
studiato nelle scorse lezioni, mentre riflettevo ancora sulla rivelazione di T.. Si trattava del
primo brano polifonico affrontato, a tre voci di cui una raddoppiata. Dopo la prima
esecuzione ho fatto girare di spalle le ragazze: “Sappiamo che la terza voce viene suonata
contemporaneamente da An. e T.. Adesso faccio suonare uno dei due e voi proverete a
riconoscerlo”. “An.: l'ho riconosciuto dal respiro”, ha detto Ch.. Evidentemente non ero
stato influenzato solo io dalla frase di T..
Ci sono delle caratteristiche personali che ancora prima del timbro ci identificano
all'interno di un gruppo di musica d'insieme. Riconoscersi attraverso il respiro è
fondamentale per un gruppo di strumentisti: si pensi agli attacchi all'inizio del brano o
dopo le pause. Con il respiro comunico la velocità, l'articolazione, l'interpretazione della
mia frase melodica (un respiro profondo può corrispondere ad una sonorità più intensa).
Il gioco prosegue al contrario: le ragazze eseguono contemporaneamente una stessa
melodia, che dovranno suonare separatamente. I ragazzi si girano di spalle, le ragazze
iniziano a suonarla una seconda volta insieme, poi due di loro dovranno fermarsi ed i
ragazzi dovranno indovinare chi è rimasta. I due hanno dato due risposte diverse nello
stesso istante! An. ha pensato ad Ale. perché ha sentito un suono grande (non forte,
proprio grande); invece era il suono di Ch., che quando normalmente esegue quella stessa
melodia insieme a tutti, si sente sempre troppo piano. Così si è avviata una discussione
interessante sul fatto di suonare forte o piano in determinati contesti: qualcuno ha
affermato di sentirsi più sicuro durante la lezione individuale e meno insieme agli altri,
qualcuno viceversa si sente più a suo agio durante l'ora di musica d'insieme, e il suono
viene sempre influenzato da questo stato psicologico. Con questo dibattito si è concluso il
primo incontro: siamo passati inaspettatamente agli obiettivi del modulo successivo,
quello del Riconoscersi attraverso l'udito.
La valutazione verrà integrata con quella del secondo incontro. Per il momento posso
comunque affermare che gli alunni hanno reagito positivamente alle attività proposte, con
un entusiasmo cresciuto durante lo svolgimento delle stesse.

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2° Incontro
Riconoscersi attraverso l'udito

Con le stesse modalità del gioco precedente si tenta di sviluppare l’attenzione uditiva, fondamento
imprescindibile di un gruppo musicale. Gli alunni dovranno riconoscersi dal rumore dei passi e, piu in
generale, dal tipo di camminata: disposti con le spalle ad una parete, a turno ognuno di loro percorre uno o
due giri dell'aula mentre gli altri ascoltano e osservano i molteplici aspetti della camminata. Dopo alcuni
minuti uno di loro si colloca davanti alla stessa parete e uno dei restanti percorre lo stesso giro
dell'esplorazione precedente. Il gioco si ripete cambiando i ruoli, fino a che tutti riconosceranno tutti. Alla
fine si esegue uno dei brani di musica d'insieme rimettendone in discussione, se necessario, alcuni aspetti.

Come previsto ci disponiamo con le spalle appoggiate alla parete in fondo all'aula e a
turno facciamo un giro al centro dell'aula, mentre gli altri stanno in silenzio. S., che
compie il giro per ultima, indossa un paio di scarpe piuttosto rumorose, così tra una risata
ed una battuta tutti capiscono che sto per proporre un'attività sul riconoscimento del
compagno attraverso la camminata.
Quante caratteristiche possiamo individuare? Alb. tiene le braccia dietro la schiena
così sposta tutto il peso in avanti e si sente di più. An. sfrega i pantaloni all'altezza delle
caviglie... e così via. Individuiamo nelle scarpe il nostro strumento musicale, in quanto
principali responsabili del timbro della nostra camminata. La pesantezza o leggerezza del
passo, è paragonabile al tocco che diamo al nostro strumento, al modo di suonare.
Manca ancora un elemento essenziale, che avrei voluto che individuassero da soli, e
che invece inavvertitamente anticipo io schioccando le dita, più volte, con cadenza
regolare: la velocità della camminata, che determina il tempo (da qui andamento); il
ritmo; gli accenti.
Riascoltiamo tutto alla luce di tutto quello che abbiamo detto finora: a turno gli alunni
hanno rifatto il giro dell'aula.
“Adesso viene il gioco: come la volta scorsa, a turno ognuno di voi rimane qui con la
faccia al muro come a nascondino, mentre uno a caso fa il giro dell'aula: gli altri dovranno
rimanere in silenzio, altrimenti per esclusione si arriva presto alla soluzione”. Tocca per
prima a S.. E. fa il giro dell'aula due volte. “S., girati, castigo finito! Dicci tutto”.
“Secondo me era E.. Perché è l'unico che, arrivato in fondo all'aula, improvvisamente
rallenta e cammina più dolcemente”. Molto bene, in quest'aspetto possiamo identificare
l'interpretazione della frase musicale, in ambo i sensi: da parte di chi la esegue e di chi la
ascolta.

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Adesso tocca a Ch. Alb. fa due giri dell'aula, Ch. lo indovina: “Secondo me era Alb.:
ho riconosciuto il “peso” dei suoi passi...
L'attività prosegue e tutti sono molto bravi nell'identificare i propri compagni
attraverso l'udito, dimostrando di essere riusciti a captare le peculiarità di ciascuno nel
rispettivo “rumore dei passi”.
Con questa esperienza si conclude il modulo sul riconoscimento all'interno del gruppo.
Come previsto, la valutazione tiene conto del rispetto delle regole e l'atteggiamento
costruttivo o meno di fronte ad un'attività che inizialmente potrebbe sembrare estranea al
contesto di una lezione di strumento. In questo senso gli alunni hanno dato quasi tutti il
massimo.

3° Incontro

Si propongono dei giochi d'ascolto e d'imitazione di brevi eventi sonori inventati dagli stessi alunni per
concentrare l'attenzione uditiva sull'oggetto sonoro e riflettere sulle differenze che questo può assumere
ogni volta che cambia l'esecutore.

Ci sediamo a cerchio (me compreso tra di loro) con gli strumenti in mano, suono una
breve sequenza (tre note sulla terza corda a vuoto) che diventano l'inciso con cui si avvia
l'attività. Tale inciso:

viene fatto girare tra gli alunni presenti. Dopo un po' di giri cerco di orientare la loro
attenzione sulle differenze che esso assume nel passaggio tra di loro, nonostante il ritmo
rimanga invariato. Saltano fuori differenze di tocco e di articolazione; l'esecuzione di T.
sembra caratterizzata da un polpastrello molto più presente rispetto a quello degli altri.
L'attività sembra prendere forma nei suoi obiettivi principali, si parla anche del suono di
Ale. che è il “più cristallino”.
A questo punto propongo un gioco da me spesso utilizzato in un contesto simile, che
trae spunto dal telefono senza fili, con la differenza che tra di loro verrà passata una
melodia invece di una frase o una parola. Altra differenza è che sentiranno tutti la melodia
nei vari “passaggi”; così ciò che accade alla versione originale, (ovvero se la frase viene
cambiata più o meno volontariamente tra i compagni) sarà evidente per tutti che dovranno

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riproporlo, aggiungendo di volta in volta una variazione, una nota, omettendone qualcuna
senza stravolgere più di tanto la melodia.
Tocca a T. proporre una frase. Il gioco si avvia con diverse difficoltà: si stravolge del
tutto il contenuto della melodia, si ripropone la frase iniziale ignorando le aggiunte del
compagno precedente, alcune variazioni risultano spropositate, inizio ad avere la
sensazione che il gioco stia proseguendo senza la spontaneità che avrei voluto. Provo ad
aggiungermi io al gruppo. Inizialmente sembra non cambiare nulla, al secondo giro il
gioco inizia a funzionare. S. infatti propone un inciso di poche note utilizzando
esclusivamente le corde gravi dello strumento, ancora poco “esplorate” dagli alunni: per
questo motivo stanno tutti più attenti a non aggiungere troppe note, con il risultato che la
semplice melodia con poche variazioni riesce a fare qualche giro in più rispetto a quanto
accaduto poco prima. Siamo entrati nel gioco ed abbiamo paragonato l'esperienza al gioco
in cui in cerchio ci si passa la palla per aria, riuscendo a non farla cadere troppe volte per
terra.
A questo punto chiedo di cambiare gioco, di inventarne uno insieme. Tra le varie idee,
viene accolta la proposta di S.: si parte con un suono, il compagno vicino ne aggiunge un
altro, e così via, come quel videogioco del serpente che diventa sempre più lungo man
mano che mangia le palline. Rimango anche stavolta nel gruppo e scelgo di partire io con
il suono della prima corda a vuoto, ovvero uno dei più semplici e conosciuti dalla classe.
Si parte, il primo giro è scorrevole, dal secondo si comincia a complicare. Ch.
aggiunge subito la prima difficoltà, ovvero un salto di corda con la relativa difficoltà di
effettuare un grosso spostamento con le dita della mano destra. E' divertente il fatto che al
giro successivo la stessa Ch. sbaglia proprio quel passaggio. Glielo faccio notare e
sorridendo ci prova e riprova più volte finché non riesce bene.
E' stupefacente notare come una difficoltà tecnica possa diventare divertente e servire
da stimolo per una sfida tra compagni, se inserita in un gioco.
Il gioco si sta ormai allontanando dagli obiettivi iniziali, il tempo passa e devo
arrendermi all'evidenza: hanno vinto loro, mi hanno condotto dove volevano! L'attività è
diventata infatti un intrigatissimo esercizio di ascolto e di memoria. Considero però
l'accaduto come un arricchimento e non un fallimento.
A questo proposito vorrei esprimere una considerazione personale sulla contrapposizione
tra programmazione e progettazione: fortunatamente negli ultimi anni in ambito didattico
si sente sempre più spesso parlare della seconda, e le ragioni sono davvero tante. La
progettazione consente al docente di modificare il proprio percorso in base al materiale

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umano a cui si rivolge, e non sempre a discapito del percorso intrapreso o dei cosiddetti
programmi: questa lezione è la dimostrazione di come la proposta di un'attività possa
diventare un semplice spunto per arricchirla, andando sia a favore dei ragazzi che del
docente.

4° Incontro

Si propone un'attività volta ad incentivare l'ascolto durante l'esecuzione, inizialmente con l'impiego di
body percussion (il battito delle mani, dei piedi ecc.) che richiedono meno controllo rispetto alla
chitarra, per stimolare a verificare la “chiusura” del circuito (feedback) tra produzione sonora e
percezione (penso ad un crescendo ma lo sto realmente facendo? Salta fuori quello che voglio o
qualcos'altro?).
Il docente propone quindi alcune combinazioni ritmiche:
Durate identiche senza accentazione, ma con alternanza regolare dei timbri.

Durate identiche senza accentazione, ma con alternanza irregolare dei timbri.

Durate diverse con accentazione regolare.

Durate diverse con accentazione irregolare.

Durate diverse senza accentazione, ma con alternanza regolare dei timbri.

Durate diverse senza accentazione, ma con alternanza irregolare dei timbri.

L'attività può proseguire con le chitarra, sostituendo anche solo in parte le percussioni (es. percussioni
più due chitarre, ecc.).

“Ma bisogna mettersi d'accordo?” La domanda piu ricorrente in questo incontro...

Sono presenti: Ale., Ch., S. ed An.


Iniziamo stabilendo che Ch. e S. useranno il battito della mani, mentre Ale. ed An.
quello dei piedi. Mi giro verso il computer e leggo involontariamente a voce alta “Durate
identiche senza accentazione, ma con alternanza regolare dei timbri”, la quale cosa
stimola la curiosità dei ragazzi: “Che? Come? Cosa dobbiamo fare??” L'attività inizia
dunque con l'analisi logica di questa frase, approfittandone per ripassare alcuni concetti
quali timbro, durate, accenti.
Stabilisco una velocità e si comincia a suonare. Appena ci fermiamo Ch. mi chiede di
potersi sedere vicino a S. per vedersi meglio e rendere simile il battito delle mani. Mi
complimento con Ch., spiego a tutti quanto sia importante avere lo stesso gesto per

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rendere simile il suono e simultaneo l'attacco. Approfitto della pausa per chiudere un po' il
semicerchio del gruppo.
“Chi parte? Qualcuno di voi dia l'inizio con un bel respiro, gli altri respirino insieme a
lui e si parte”. La partenza non è molto in sincronia, c'era molta preoccupazione e poca
spontaneità; decido comunque di lasciarli proseguire affinché prendano confidenza con gli
“strumenti”. “Si sentono tantissimi accenti, cercate di rendere più morbido e simile il
suono!”.
“Adesso proviamo ad improvvisare un'alternanza irregolare dei timbri, mantenendo la
stessa pulsazione. Significa che parte uno a caso e improvvisamente decide di far C.uare
un altro, senza mettersi d'accordo prima e senza che si perda ritmo e velocità. Il tutto
dovrete comunicarlo con il gesto”. Porto un esempio pratico: suono un ritmo fatto tutto di
semiminime battendo il piede al suolo e dopo un po' lo passo ad An. (il ritmo, non il
piede!). La prima volta non riesce a mantenere il ritmo. “Devi contare, devi
immedesimarti nel mio suono come se stessi suonando tu”: secondo tentativo riuscito.
Suggerisco a tutti di alternare i compagni nei passaggi e con essi i timbri, in modo che
non passino “la palla” sempre alla stessa persona.
An. per due volte di seguito passa il gesto con lo sguardo in maniera improvvisa,
stando prima tutto il tempo con gli occhi bassi. Sembra quasi di essere in quel gioco con
la palla in cui si sfida il compagno tirandola improvvisamente verso di lui quasi per non
fargliela prendere. Ciononostante, Ale. la prima volta riesce a capire An., (probabilmente
perché molto attenta) la seconda volta invece Alessi si blocca. Mi soffermo ancora
sull'importanza del gesto, paragono il nostro gioco ad una Jam Session in cui tra musicisti
ci si passa l'assolo attraverso il gesto, tante volte insito nella stessa frase musicale.
“Proseguiamo adesso suonando simultaneamente a coppie e per sezioni”. La difficoltà
consiste nel fatto che sarà uno dei due a decidere di passare il gesto all'altra coppia. Così
gli alunni mi tempestano di domande del tipo: “Ma dobbiamo metterci d'accordo prima su
chi deve passare?” “E se succede che mentre io decido anche lui decide e poi decidiamo
di passare insieme a.......” eccetera! Cerco di tranquillizzarli: “Vi state complicando la
cosa. Il tutto avverrà spontaneamente, non dovete preoccuparvi: provate e poi mi dite!
Una cosa importante: il gesto può essere anche solo un semplicissimo sguardo”.
Il gioco inizia, sembra funzionare, qualche piccolo intoppo ma cerco di non farli
fermare, di andare avanti. “Ma adesso non possiamo provare a fare dei ritmi diversi, più
difficili?” “Ben detto Ch., iniziamo subito!”

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Ecco la proposta di Ch.:

individuata senza troppa fatica da S. che si aggiunge subito dopo. Dopo qualche giro S.
prova a passarla ad An., cogliendolo impreparato, steso sullo schienale della sedia. Io
ovviamente mi ero accorto di questo “atteggiamento” ma non ho voluto dire niente
affinché si arrangiasse da solo.
Ale. chiede di andare in bagno e la sostituisco io. An. sbarra gli occhi e drizza la schiena
saltando sulla punta della sedia.

S. propone un ritmo e Ch. la segue:

Si guardano, ci rivolgono lo sguardo e ci “passano” l'ostinato. Siamo stati bravi; dopo


qualche ripetizione, mentre C.uiamo a suonare chiedo ad An. di cambiare ritmo con uno
simile: è stato bravissimo! Ecco il risultato:

Decidiamo di passare il nuovo ostinato alle ragazze. Anche loro, bravissime, lo


prendono subito. Il ritmo, dopo un po', cambia senza che lo chiedessi io:

Continuano a suonare, lo ripassano a noi. Ale. torna in classe e prende il mio posto
mentre An. continua. Ad un certo punto su proposta di Ale. diventa:

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passando a Ch. e S., diventa:

tornato indietro si trasforma in un ostinato di quattro battute, grazie ad An.:

subito dopo, Ch. e S., diluiscono in un semplicissimo:

A questo punto do un cenno di chiusura e il gioco si conclude. “Bravissimi, la


pulsazione non è caduta neanche mezza volta! Prendete le chitarre e proviamo a fare
qualcosa di simile”.
Il gioco prosegue così in maniera simile. Assegno un intervallo di quinta per ogni
coppia, si parte con dei ritmi semplici per complicare a poco a poco il gioco. Ad un certo
punto S. propone un ritmo sincopato con una lunga pausa in mezzo che fanno tutti fatica a
percepire. Ch., prova a sovrapporsi e le due non sono ancora in sincronia, quando
decidono di passare l'ostinato all'altra coppia. Questi, a loro volta, hanno subito
modificato l'ostinato pur di andare insieme, al contrario di S. e Ch. che C.uavano a non
andare a tempo, insistendo su quell'ostinato. Voglio a questo punto soffermarmi qualche
minuto sull'accaduto, sulla differenza di atteggiamento tra una coppia e l'altra in questa
situazione.
Ci sono infatti delle circostanze in cui risulta più utile l'atteggiamento di S. e Ch.,

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come quando uno va fuori tempo e l'altro conviene che rimanga “fermo” come riferimento
e per aiutare la risincronizzare. Può però succedere anche il contrario: siamo in due a
suonare un brano, ad un certo punto io ho un passaggio difficile e accelero
inavvertitamente, tu che hai poche note sempre in battere puoi “piegarle” poco poco se
percepisci che quella velocità in quel momento mi agevola di più, facendomi sentire più
comodo. Non c'è dunque una regola, ma sarà l'esperienza a farci trovare la soluzione
adatta ad ogni momento. Aver sperimentato entrambe le situazioni in maniera così
ravvicinata, ci ha permesso di poterle confrontare nel migliore dei modi.
Mi piace molto parlare di queste cose con gli alunni. Fare musica d'insieme con pochi
elementi, poche note e tanta professionalità, responsabilità sin dall'inizio degli studi. Sono
queste le cose che rimangono ai ragazzi! Non parlo solo dei “ricordi dei tempi della
scuola”, ma mi riferisco all'acquisizione di una forma mentis attenta al prossimo, alla
ricerca della migliore soluzione per ogni momento, del migliore compromesso per venirsi
incontro senza però perdere di vista gli obiettivi, all'organizzazione del tempo e dello
spazio come il tempo nella musica e lo spazio sonoro in tutte le sfaccettature (altezze,
timbro, intensità, colori...).
Con questa attività si conclude il quarto incontro. La valutazione tiene conto della
capacità di gestire una pulsazione ritmica più o meno complessa. Devo premiare tutti: se
la sono cavata benissimo, hanno pertecipato in maniera attiva e propositiva rendendo tutte
le attività interessanti e significative.

5° Incontro

Lavoro su base audio: Giacinto Scelsi, Quattro pezzi, ciascuno su una nota sola, per orchestra: n. 1.
L’autore sperimenta qui l’efficacia espressiva e la tenuta formale di un brano strutturalmente fondato
su un solo suono, articolandolo in modi sempre diversi e, nella maggior parte dei casi, imprevedibili:
mescolanza di note lunghe e corte, effetti timbrici, contrasti fra tanti e pochi, fra forte e piano, oscillazioni
piu o meno quartitonali, ma la nota è sempre quella (da ricavare ad orecchio, magari servendosi della
chitarra). Dopo il primo ascolto, prestare attenzione alle diverse ondate sonore, ai momenti d’improvvisa
accumulazione, alle rarefazioni, ai momenti di oscillazione intorno al suono-pedale e seguirli con la
maggiore coerenza possibile, in assoluta concentrazione. Inserirsi poi nella texture orchestrale per
contrasto, andando cioè a “riempire” le zone piu rarefatte e astenendosi dall’intervento nelle zone piu
dense e dinamicamente forti, stimolando l’ascolto reciproco e, quindi, favorendo l’affiatamento del gruppo.
Alla fine si esegue uno dei brani di musica d'insieme rimettendo in discussione, se necessario, alcuni
aspetti del modo in cui si era soliti eseguirlo.

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“Beh, intanto che nota è?” (Prof.)
“Secondo me è un Sol...” (Ch.).
I ragazzi entrano in classe ed, appena si accomodano, avvio la riproduzione. Non ci
sono parole per descrivere i loro sguardi. E neanche per descrivere il brano. E' proprio il
suono di un'orchestra che fa una sola nota, al massimo a distanza di ottava, con qualche
oscillazione di semitono qua e là. Dopo il primo ascolto iniziano i commenti.
“Qual è il senso di questo brano?” (T.). “Dovreste dirmelo voi!”. Introduco
brevemente il brano e l'autore, giusto il tempo di spiegare che non si tratta di un gioco ma
di un'opera di un compositore di musica colta e che, in quanto tale, presuppone che ci sia
dietro uno studio ed una ricerca. Dico anche il titolo, “Una sola nota??”
E. dice: “Forse ho capito: non ci avevo fatto caso, ma a pensarci adesso è possibile che
fosse solo una, e che il brano giochi sulla tonalità che si ingrandisce e rimpicciolisce,
forse per farci capire che anche con una sola nota si può fare di tutto” S. aggiunge: esatto!
Ma non è proprio la tonalità che cambia...”. S. ha azzeccato il concetto di base. Ne
riascoltiamo un breve estratto e sentiamo che ogni tanto si sentono altezze diverse, come
il diesis e il bemolle della stessa nota. Spiego che l'autore evidentemente le intende come
oscillazioni dello stesso suono, stando al titolo.
“E dal punto di vista ritmico cosa avete da dire....Ch.?” - “Ma a me viene paura a
sentirlo!” “Ti ho fatto un'altra domanda però: senti una pulsazione ritmica?” “Sì, si
sentono le percussioni”. In realtà le percussioni non danno mai il tempo, non c'è alcuna
pulsazione. E' facile che si associno le percussioni al ritmo e basta: involontariamente
abbiamo sfatato questo mito grazie all'affermazione di Ch.. “Ma si sentono sempre queste
percussioni?” “No soltanto quando ci sono le note più alte”, sempre Ch., intendendo il
forte - tutti orchestrale. Interviene S.: “Secondo me non è sempre uguale... cioè non
possiamo mettere il metronomo e stabilire una velocità costante per tutto il brano”.
“Prendiamo gli strumenti e mettiamoci a semicerchio”. “Allora, intanto che nota è?
Dice che è una sola nota, ma quale?” ed ascoltiamo un frammento dell'inizio. “Secondo
me è un sol”, dice tranquillamente Ch.. Prova a suonarlo e funziona, è proprio un sol.
Ciononostante gli altri continuano a provare altri suoni, compreso il sol basso, mentre la
riproduzione va avanti.
Porto indietro la traccia e chiedo di fare il primo esperimento: provare a seguire le
dinamiche della registrazione, facendo tutti il sol medio o quello basso, come se stessimo
suonando con loro. “A un certo punto però c'è un Mi”, afferma T. con sicurezza. Mi
blocco per qualche secondo, ci penso bene e dico “Va bene: quando senti il Mi, lo fai”.

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Non c'è un Mi, ne sono sicuro, ma deve scoprirlo da solo! L'esperimento inizia e procede,
con l'aggiunta dei Mi gravi di T.. Si fermano ben due volte pensando che il brano sia
finito, invece si tratta di due momenti di grande rarefazione sonora. Appena finisce il
brano blocco la traccia e dico a tutti che se la sono cavata benissimo.
“Adesso cerchiamo di essere ancora più precisi: dobbiamo immedesimarci ancora di
più nell'esecuzione, senza smettere di suonare. La base riparte. Mentre iniziano a suonare
li invito con un gesto ad addrizzare la schiena e mettersi in posizione da esecuzione; in
effetti questa volta sono più immedesimati nel lavoro. Ch. e T. si fermano come prima in
uno dei momenti di improvvisa rarefazione, S. e E. continuano a suonare. L'attività è
riuscita sicuramente meglio.
“Qual' è adesso l'altra possibilità?” Ch. intuisce e prova a spiegarlo a modo suo,
confondendo dinamica con altezze, ma col mio intervento arriviamo alla soluzione.... E' il
momento di fare il contrario: anziché assecondare le dinamiche bisogna riempire i buchi
lasciati dall'orchestra, come in una sorta di grande Tetris, creando un'onda complementare
che faccia apparire il brano piatto dall'esterno. Il gioco è molto più complesso del primo
perché l'istinto vorrebbe assecondare la registrazione, è davvero difficile creare quello che
ho spiegato io, ovvero un suono assolutamente piatto. Bisognerebbe conoscere a fondo la
registrazione. Momento comico: la traccia è finita, loro C.uano a suonare, ovviamente
stanno colmando l'assenza dell'orchestra, soltanto S. si accorge e lo dice a voce alta
ridendo, probabilmente aveva tenuto il conto dei grossi buchi dinamici che sono due, al
terzo ha capito che era la fine.
“Adesso proviamo a suonare il brano per il saggio di fine anno. Do l'attacco e iniziano
a suonare. Risultato: tutto piano ed esageratamente lento. Cosa succede? Ebbene sì! Si
stanno ascoltando, stanno finalmente considerando cosa accade intorno alla loro parte
mentre suonano, non stanno andando a tempo come dovrebbero ma stanno facendo uno
sforzo, da soli, senza che io gliel'abbia chiesto.
Potremmo dire che l'unità di apprendimento può concludersi qui. Sembra che abbiamo
raggiunto l'obiettivo più difficile, quello che a sua volta comprende tutti gli altri.
E invece no, questo è solo l'inizio.
Commentiamo così ciò che è appena accaduto, mi aspetto da un momento all'altro un
loro “E' vero! Non ci avevamo fatto caso! Che bello! Finalmente!”, e invece no, per loro è
tutto normale. Solo io in questo momento riesco ad apprezzare profondamente la loro
conquista. Sono felicissimo perché in questo modo i prossimo incontri assumeranno un
nuovo significato, dopo quanto accaduto.

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Valutazione

Qui di seguito una tabella riassuntiva degli obiettivi valutati con il voto finale
risultante dalla media. Ho ritenuto più opportuno sintetizzare in questo modo la
valutazione, anziché attribuire un voto per ciascun incontro, in quanto gli obiettivi si sono
intrecciati tra una lezione e l'altra, in modo più o meno previsto, nella fase di attuazione
dell'UDA.

Alcune considerazioni:
 la valutazione degli obiettivi di tipo educativo, buona per tutti durante i primi
incontri, ha risentito dello studio meno assiduo da parte di alcuni alunni negli
ultimi incontri.
 La “capacità di ascolto e percezione delle altezze” non era stata inserita tra gli
obiettivi ma l'ho aggiunta a seguito degli imprevisti del terzo incontro.
 L'obiettivo specifico n°5 “esplorare molte delle possibilità timbriche dello
strumento” in realtà si è concentrato nel solo sforzo di produrre dei fortissimo o
pianissimo in relazione all'ascolto dell'opera di Scelsi.

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K. T. P. Z. C. G. S.
Alb. S. An. Ale. E. T. Ch.

OBIETTIVI DI 5 10 6 7 8 8 9
TIPO
EDUCATIVO
CAPACITA' DI 5 10 6 7 8 7 8
ASCOLTO E
PERCEZIONE
OBIETTIVO 6 9 6 8 8 8 9
SPECIFICO N° 1

OBIETTIVO 4 10 5 8 9 8 9
SPECIFICO N° 2

OBIETTIVO 5 10 7 8 7 6 9
SPECIFICO N° 3

OBIETTIVO 5 10 5 8 8 8 10
SPECIFICO N° 4

OBIETTIVO 4 10 5 8 8 8 9
SPECIFICO N° 5

OBIETTIVO 5 10 6 8 8 8 9
SPECIFICO N° 6

VOTO FINALE 5 10 6 7 8 8 9
SULL'INTERA
U.D.A.

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Conclusioni

Ogni volta che ho sentito parlare dell'anno di prova mi è stato detto che avrei dovuto
scrivere una tesina, che prendeva di volta in volta forma diversa: qualcuno mi parlava di
una tesi finale come quella del biennio abilitante, qualcuno di una semplice relazione
finale di poche pagine, qualcun altro mi suggeriva addirittura di parlare di me e scrivere la
mia autobiografia ecc...
Questa tesina, tra un suggerimento e l'altro, ho deciso che prendesse la forma di un
preziosissimo diario di bordo di un'attività che sicuramente proporrò negli anni a venire
ad ogni classe prima, con le dovute revisioni ed adattamenti al gruppo-classe, perché la
maggior parte delle mie aspettative si sono verificate.
Ho scritto tutto di mio pugno senza consultare alcuna bibliografia, facendo riferimento
alla mia esperienza di docente e di musicista, comprese le riflessioni iniziali e finali.
Sono giunto alla fine di questo viaggio con una sensazione di fatica, sia per vicende
personali che per l'atmosfera di concitazione percepita dal corso per la formazione dei
docenti neoassunti, che si è svolto quando le attività scolastiche giungevano quasi al
termine.
Ciononostante, scrivendo questa relazione, posso affermare di essermi divertito a
ripercorrere i tratti più rilevanti di ogni attività prevista dalla mia unità di apprendimento.
Spero, al tempo stesso, di essere riuscito a far passare quale sia il mio modo di lavorare
con i ragazzi e di intendere la musica d'insieme nella scuola secondaria di primo grado.

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