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2014 –PRIVATE RELEASE - FOR RESEARCH USE ONLY [ INDICE ]

Documento di studio

LA PISTA SARDA 2.0


Perché Barbara Locci doveva essere uccisa:
da Villacidro fino a Scopeti (e oltre)

Analisi critica e ragionata su identità, background,


genesi, psicopatia e azioni del Mostro di Firenze
(identificato nella persona di Salvatore Vinci)
Autore: HaZeT
Status: Private Release
Versione: V1.01
Data di stesura: dic.2013 / mar.2014
Data di pubblicazione: 27/03/2014

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INDICE

COPERTINA
Titolo
Licenza di Distribuzione
INTRODUZIONE
Dedicato a...
Ringraziamenti e crediti
Avvertenze
Sulla funzione e costo
Sulla “caccia alle streghe" e note al Rapporto Torrisi
Metodo
SINOSSI
Premessa e Tesi
Genesi di questo Documento di Studio
L’ipotesi di studio
Un ordine di sviluppo delle domande a cui rispondere
La pista sarda
La pista sarda 2.0
FONTI DOCUMENTALI
Le fonti documentali di riferimento
CORPO DI STUDIO PARTE I - nessun mostro, mezzo mostro, un mostro intero
I “numeri” del mostro
Tra Castelletti di Signa e Borgo San Lorenzo
Da Borgo San Lorenzo a Scopeti
Un mostro unico in tutti i sensi
Un arma unica per due assassini differenti
Addendum: Il faldone che non fu manomesso
Addendum: Sulle “impronte digitali” delle armi e le munizion
CORPO DI STUDIO PARTE II - una calibro 22 che passa di mano
Un'arma che passa di mano?
Arma sporca non si tiene, arma sporca si distrugge
Il passaggio di mano con l’inganno
CORPO DI STUDIO PARTE III - alla ricerca del profilo di un generico Mostro di Firenze
Un anonimo profilo pratico e psicologico
Excursus medico di carattere psicologico/psichiatrico
Addendum: sulla statura e la corporatura del mostro
CORPO DI STUDIO PARTE IV: - il lato pubblico e quello privato di Salvatore Vinci
Sardegna
Anni 50/60: dall’infanzia al militare
Stupro, botte, matrimonio e morte di Barbarina Steri
Villacidro non è Fordongianus
Un salto avanti di 30 anni
Toscana
Vizi privati e pubbliche virtù
Pubbliche virtù
Informazioni di carattere logistico-geografico ed economico
Informazioni sul carattere violento e dominante
Gli uomini innanzitutto, le donne come comparse
Equilibrio si, equilibrio no
Di caratteristiche fisiche e generali
Delle famiglie e dei fratelli e dei figli
Alibi, libertà, prigione, processi e fuga
Controlli e Investigatori
Perquisizioni: paraffina, straccio e biglietto

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Del biglietto
Del biglietto [in generale]
Del biglietto [quando venne scritto] e della lettera mai ricevuta
Del biglietto [e di come può essere venuto a conoscenza del Torrisi]
Dello straccio
Dello straccio [e della borsa]
Dello straccio [e delle macchie di sangue]
Dello straccio [e delle tracce di sparo]
Addendum: Sentenza Rotella e proscioglimento di Salvatore Vinci
Addendum: Sulla consequenzialità delle indagini ufficiali
CORPO DI STUDIO PARTE V: Castelletti di Signa 1968 – Perché la Locci doveva morire
La cornice per il quadro del 1968
L’importanza del delitto del 22 agosto 1968
I Vinci, il “Clan” e l'ape regina
I Vinci
Stefano Mele
La Locci
Il Clan – Palmerio Mele, Giovanni e le donne di famiglia
Castelletti di Signa, 21-22- 23 -24 agosto 1968
Un figlio di tanti padri, un nipotino per tanti zii, comunque un testimone
Tra le canne a spiare
Non c'è gruppo senza un piano, ma c'è un piano anche senza un gruppo
Soldi e debiti, consanguinei ed estranei
Auto segue auto, omicidio segue alibi
Perché Barbara Locci doveva morire – L'incastro dei moventi
L’unico che poteva convincere lo Stefano Mele
Il reperimento dell'arma – NOTA DI AVVERTENZA
Il momento dei ruoli, il momento dei nomi
Il mostro che non c'è e l'arma “sporca” che resta
Il mostro che non c'è e l'arma “sporca” che non c'è più
“La "scena primaria" vista da attraverso le canne
Il caso della casa del Vargiu
CORPO DI STUDIO PARTE VI: confronto pratico e psico attitudinale dei profili e degli indizi
Introduzione del lavoro post Castelletti di Signa
Confronto profili: un vestito che calza a pennello
Dell’infanzia, della famiglia e delle amicizie
Dei luoghi e dei rapporti con le vittime
Della cultura, del lavoro e della intelligenza
Dell’egoismo e dell'empatia
Del voyeurismo, della pornografia e della sessualità
Della violenza e dell’aggressività
Sullo stato di salute, l'agilità e la corporatura
Degli alibi e degli indizi
Delle interazioni con gli inquirenti e degli indirizzi
Del Norzetam
La chiave interpretativa: genesi e sviluppo della psicopatia del SV-MdF
CORPO DI STUDIO PARTE VII: da Signa fino a Calenzano: il percorso e l’evoluzione
Dal '68 al '74 - Silenzio e scintilla: alla scoperta del "catalizzatore esterno"
Borgo San Lorenzo, 1974: un mostro intero ma a metà
La mancanza di escissioni, coltellate, abiti, oggetti e tralcio in vagina
Il guardone molesto di Borgo San Lorenzo
Le divergenti opinioni ricostruttive
Dati dalla Perizia De Fazio e Zuntini
Della possibile conoscenza ed interazione
Le divergenti ipotesi ricostruttive nel dettaglio
Mezzo mostro ma già mostro intero
Dal 1974 al 1981: il mistero del secondo silenzio

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Le munizioni
Il Vargiu e il reperimento delle munizioni ? [nel dettaglio]
Mosciano di Scandicci, 1981: mezzo mostro + mezzo mostro, fanno un mostro intero
Il guardone che non guarda e il perché del delitto del 22 ottobre
Travalle di Calenzano, 1981 bis – Il delitto "fotocopia"
Su delitti sessuali, escissioni, odio coppia, omosessualità, assenza stupri
Delitti sessuali, ma senza violenza sessuale?
Odio per la coppia, ma delitti sessuali?
Omo-bisessualità , ma scempio escissorio solo sui corpi femminili?
CORPO DI STUDIO PARTE VIII: da Travalle di Baccaiano a Scopeti
Baccaiano, 1982
Baccaiano, ricostruzione e perizie
Baccaiano: i dettagli di contorno
Il 1982 come il 1968: gli anni chiave e i complessi intrecci
Baccaiano: magliette a righe e testimonianza della Pierini Ada
Baccaiano: stato d'animo e come si lega direttamente con Signa e i Mele
Baccaiano: differenza tra Spalletti e Francesco Vinci
Baccaiano: riepilogo e conclusioni
Giogoli, 1983
Giogoli: una maglietta a strisce anche qui
Giogoli: fretta causa di errori?
Giogoli e il biglietto “Magiore Toriso” - una ipotesi
Giogoli: una conferma in più
Vicchio, 1984
1984 – Mele, ancora Mele, sempre Mele [parte 1]
Vicchio 1984: del delitto e dell'odio
Vicchio, 1984: omicidio brutale per vittima casuale
Vicchio, 1984: affinità e differenze con la figura del SV
Vicchio, Giogoli, Travalle di Calenzano: nessun delitto per “scagionare”
Vicchio: da SV a Shakespeare [“alibi o non alibi, questo è il problema”]
Vicchio e le perquisizioni
Il pre Scopeti [di SV]
1985 – Mele, ancora Mele, sempre Mele [parte 2]
Scopeti, 1985
Scopeti: i francesi prima di Scopeti [e dopo]
Scopeti: bossoli, tenda, chiavi, acqua, cartina stradale, ricostruzioni
Scopeti: perché occultare i cadaveri?
Scopeti, una data molto controversa. Quale allora?
Scopeti una data controversa [citazioni e dati]
Scopeti una data controversa [calcoli diari e orari]
Scopeti, addendum di entomologia e genetica forense
Scopeti: dei controlli e delle intercettazioni a carico di SV
Scopeti: di SV, della perquisizione e della paraffina
Scopeti, il non alibi di SV
“Alibi” per venerdì 6 su sabato 7 settembre 1985
“Alibi” per sabato 7 su domenica 8 settembre 1985
“Alibi” per domenica 8 su lunedì 9 settembre 1985
“Alibi” e intercettazioni telefoniche
Scopeti nel post Vicchio: cal.22 non buttata, l'idea della lettera e il piano [salvezza]
Scopeti, la lettera alla Della Monica
Scopeti: il piano come conferma
Scopeti: un piano andato male? [dubbi e criticità]
Addendum - Scopeti: il secondo identikit
CORPO DI STUDIO PARTE IX: le “confessioni del colpevole” G. Lotti e la Pista Sarda 2.0
Lotti libera tutti?
CORPO DI STUDIO PARTE IX: sul dopo Scopeti
Il post Scopeti: dal 1985 al 1986

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500 milioni di assordante silenzio


Un SV in prigione, un 1986 senza delitti e l'equazione di Volterra
Il post Scopeti: dal 1986 al 1989
Il processo per uxoricidio
Stefano 1986 – 1989: Mele, ancora Mele, sempre Mele [parte 3]
Scarcerazione, nuovi guai e fuga
CONCLUSIONI: tirando le somme
Conclusioni
APPENDICI – possibili varianti e ulteriori informazioni di rilievo
EXTRAS - Ripensando il 22 agosto 1968; una variante sul passaggio d’arma
EXTRAS - Sugli omicidi collaterali e i delitti mancati

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Dedicato a...

Questo lavoro è dedicato a tutti i familiari, parenti, amici delle vittime, dirette ed indirette,
del Mostro di Firenze. Che la morte dei vostri cari vi possa essere lieve come un sussurro di
vento nelle prime luci dell’alba.

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Ringraziamenti e crediti

Questo documento non avrebbe potuto essere prodotto senza la costanza, l’impegno, la
caparbia di tutti coloro che, negli anni, hanno dedicato tempo e sforzi nel ricercare, produrre,
dibattere e rendere disponibile documentazione, ipotesi e materiale inerente il caso del MdF.

I miei ringraziamenti e crediti vanno, oltre alle ovvie figure istituzionali coinvolte di prima
mano nelle indagini, agli avvocati delle parti in causa, ai giornalisti e agli scrittori e a tutti
coloro che hanno dimostrato sensibilità ed interesse per la vicenda.

Un particolarmente sentito ringraziamento inoltre è rivolto a quei privati cittadini che hanno
dedicato/dedicano tempo impegno e passione mantenendo in piedi, frequentando,
informandosi e scrivendo su alcuni siti e forum di interesse.

Chiedendo preventive scusa per le involontarie omissioni, mi sembra più che corretto
ricordare, primo tra tutti per ordine di importanza per la nascita di questo documento, il
Forum “IL MOSTRO DI FIRENZE”, spazio di discussione e confronto sul quale parte delle tesi
qui esposte son state preventivamente pensate, dibattute e analizzate, pubblicamente (e/o in
private message).

A pari importanza, vanno inoltre segnalati i seguenti siti sui quali è disponibile una massiccia
mole di documentazione:
Forum “I DELITTI DEL MOSTRO DI FIRENZE”;
Blog INSUFFICIENZA DI PROVE;
Blog CALIBRO 22;
Blog “IL MOSTRO DI FIRENZE”;
Sito “CRONACA-NERA.IT / Mostro di Firenze”;
Blog CONFIDENTIALCRIMECASEBOOK / Mostro di Firenze.

Senza la loro esistenza e senza il lavoro svolto da chi ci sta dietro, questo documento non
avrebbe potuto essere realizzato.

Ulteriore materiale informativo e documentale è inoltre disponibile, caricato in rete da singoli


utenti, su siti di condivisione quali ad esempio: SCRIBD.

Un preciso e fondamentale ringraziamento va inoltre agli utenti che hanno partecipato con
consigli, discussioni, confronto, pratico aiuto documentale e quant'altro, alla stesura di questo
documento.

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Avvertenze

E’ bene precisarlo fin dall’inizio: trattasi di un documento di studio e lavoro su base


“indiziaria” e che per tanto può permettersi il lusso di ignorare gli esiti e le risultanze di
talune sentenze giuridiche, allo scopo di seguire e sviluppare un filone logico capace di
valutare e aggregare gli indizi secondo una chiave interpretativa differente rispetto a quelle
proposte nelle aule di tribunale o nelle varie indagini investigative ufficiali e/o amatoriali.
Del resto, siamo onesti, nessuno documento sulla vicenda del Mostro di Firenze, come
correttamente fece notare il Giudice Istruttore Mario Rotella, potrebbe mai essere considerato
probante a meno che venga ritrovata la calibro 22 L.R. assassina, e tale ritrovamento possa
essere legato incontrovertibilmente ad un nome “X” quale che sia.

Nel ribadire dunque cosa sia e cosa non sia questo studio e lo scopo che si prefigge, ci
affidiamo quindi proprio alle sue parole:
“Per tale ragione non è consentito nel processo dar per certo, e spesso neanche per
probabile, quanto si voglia stimare intorno al tipo d'autore. Nulla esclude, per via di
abduzione o intuitivamente, e insomma astraendo dalla logica dell'induzione, che è
sommatoria di fatti concordanti, che si possano combinare talune delle variabili accertate, per
aprire nuove piste d'indagine. Ma si tratta appunto di ipotesi di lavoro, la qual cosa impedisce
che, nel processo, possano essere utilizzate in pro o a favore di chicchessia” - [Sentenza Rotella]

Premettendo che non sono uno scrittore di professione, e già sapendo quanto ostica sia la
materia “Mostro di Firenze”, invito i lettori ad astenersi dal formulare giudizi su questo
documento, prima di averlo finito integralmente di leggere, soprattutto se da esso si
aspettano trattazioni su ogni singolo argomento. E' si questo un documento sul mostro, ma
più nello specifico è appunto un documento solo mirato a vedere quanto, e come, l'ipotesi
Salvatore Vinci, possa essere e/o sia calzante su e per tutta la storia del delitti della calibro
22 L.R., senza ricorrere ad “adeguare o ad aggiungere” né alla storia in sé, né al numero e
ruoli e motivazioni dei personaggi, ignote variabili al solo fine di far quadrare i conti.

AVVERTENZA SPECIFICA
Si avvisa inoltre il lettore che: in nessun modo e caso, le dichiarazioni riportate in virgolettato
e con fonte specificata, siano da intendersi come adesione da parte degli autori originali, ai
ragionamenti esposti in questo documento di studio.

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Sulla funzione e il costo

Questo documento non è un romanzo: è un documento di studio da leggersi come


l’esposizione di una tesi volta a esplicitare, tramite la documentazione ufficiale disponibile e
l’uso della logica e del buon senso, l’ipotesi e le congetture ad essa sottese che vedono, a
fronte di una serie di reali indizi, la persona del Salvatore Vinci come Mostro di Firenze.

Questo documento viene fornito gratuitamente:


Sia in quanto strumento didattico, ossia di supporto alle analisi storiche e critiche, con
esso in sintonia o meno, sviluppate da altri utenti, ricercatori, investigatori;

Sia in quanto a sensibilità personale dell’Autore, chiedere un qualsivoglia compenso


(pur a fronte degli sforzi e del tempo ad esso dedicati, per non parlare dell’abbondante caffè
e delle numerose sigarette), sarebbe, volenti o nolenti, chiedere un compenso derivante dallo
“sfruttare” disgrazie, dolore e morte di altrui persone; né terrebbe debitamente in conto la
comune condivisione di pensieri, documenti, idee sviluppata in rete da decine di differenti
individualità.

Sono applicate tutte le limitazioni, come da:


licenza Creative Commons
Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale

HaZeT
2013 -2014
Pianeta Terra
Private Release – Version 1.01
(scusate per gli errori di ortografia)

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Sulla “caccia alle streghe” e note al Rapporto Torrisi

Una obiezione di merito e principio che aleggia nell'aria da quando il Rapporto Torrisi è stato
reso pubblico, è quella che paventa la diffusione di un clima di "caccia alle streghe" essendo il
documento d'indagine del Torrisi incentrato unicamente sulle figure dei personaggi sardi ed in
particolar modo su quella del Salvatore Vinci. Lo stesso, quindi, sarebbe/potrebbe
essere/diventare focolaio di pregiudizio. Mi sento di dissentire da chi tale idea sostiene.
Trattandosi di un rapporto investigativo relativo ad un filone di indagine che proprio su
quell'ambito e quei soggetti puntava le sue attenzioni, più che altro sarebbe apparso strano il
documento facesse riferimento ad altri soggetti o li menzionasse solo di sfuggita.

Non è certo colpa del Colonnello Nunziato Torrisi e dei suoi uomini se, in merito al duplice
delitto di Castelletti di Signa, a verbale appaiono i nomi di quei soggetti attenzionati (anche a
causa di dichiarazioni e "confessioni"). E se investigare su quei nomi porta a dover informarsi
su una precedente morte (sospetta) e/o su “gusti” e “perversioni” sessuali di taluno o
talaltro, non è che si debba parlare di accanimento giudiziario o “caccia alle streghe”. E’
compito degli investigatori indagare e riportare al Giudice Istruttore gli esiti di tali
investigazioni.
E quand’anche, correttamente a mio avviso, si vogliano imputare al Rapporto Torrisi, alcune
frasi “sopra le righe” nel definire le “qualità umane” di un soggetto sospettato, come fece
notare l'avvocato Marongiu difensore del Salvatore Vinci nel processo che vedeva il suo
assistito imputato di uxoricidio, sarebbe bene a detta dello scrivente ricordarsi che dette
“frasi sopra le righe” erano parte integrante di un lavoro “più grande”, in particolar modo
mirato a determinare anche tratti della personalità e di devianza di un soggetto che,
nell'ottica della caccia ad maniaco serial killer, e non un comune delinquente che agisce su
movente specifico, erano da considerare di rilevanza.

Nessuno nega che a volte, il frasario a cui si è ricorso in quel documento sembra scadere in
giudizi di ordine morale, quindi giudizi che a quel punto possono trasformarsi in pregiudizi.
Così come nessuno nega che in quel documento alcune affermazioni sembrano non essere
state verificate appieno e dunque siano da prendere con le molle o addirittura da scartare,
come sempre rilevò e fece notare la difesa del SV.

• NOTA: In questo documento ho cercato il più possibile di evitare il ricorso di dette


affermazioni messe in dubbio. Ove il dubbio non poteva essere chiarito in un senso o in
un altro, ho ritenuto di poter utilizzare tali affermazioni, ma segnalandone la
problematica ogni volta che citate. Per quanto riguarda le frasi “di giudizio personale”
invece, ho scelto di evitarne completamente la riproposizione.

E' altresì importante ricordare che questo documento di studio, pur facendo e dovendo fare
massiccio ricorso ai Rapporti 311/1 e 311/1-1 stilati dal Ten. Col. Nunziato Torrisi, non solo su
questi si basa, e che al di là della univocità di soggetto sul quale le attenzioni di studio ed
investigazioni sono puntate, l'analisi presentata in questo documento si scosta, e di
parecchio, da quella proposta dal Torrisi e anche da quella proposta dal Rotella.

Nota altrettanto importante a proposito del Rapporto Torrisi 311/1, come fatto emergere dalla
difesa dell'imputato durante il processo del 1988 a carico di Salvatore Vinci, è che in tale
rapporto sono presenti informazioni che, alla prova dei fatti, non paiono essere confermate
né confermabili.
Ho evitato di fare ricorso a tali “informazioni non confermate” nel corso del documento, o ove
riportate, segnalandone il problema di fondo.
Per precisione inoltre, tali “magagne” assieme anche a citazioni di carattere valutativo, sono
riportate nel capitolo specifico che tratta del processo del 1988 [NdA: vedasi capitolo Il processo
per uxoricidio]

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Metodo

Per metodo di lavoro di questo documento, si intende la modalità con la quale si è


approcciata la maniera di reperimento delle informazioni e la loro conseguente analisi, logica
e di plausibilità, ed infine l'iter valutativo. Pur ovviamente avendo l'Autore già valutato il tutto
prima della stesura del documento, e conseguentemente aver maturato una solidità di
opinione rispetto a quanto troverete scritto nel documento, questo lavoro non vuole esserne
la banale e didascalica riproposizione in forma scritta delle conclusioni. Tutt'altro.
A causa di ciò, almeno ad una prima lettura, essa potrà anche risultare ostica al lettore.
Infatti, per quanto guidato passo passo il più possibile, la storia del MdF è come un percorso
ad ostacoli; affrontabili praticamente solo tramite la possibilità di non essere “contemporanei”
alle frazionate indagini sul MdF e relative vicende attinenti.

Compito dell'Autore è dunque quello di:


• mettere a disposizione del lettore dati “ufficiali”, con tanto di citazioni, per ogni
informazione indiziaria riportata, al fine di evitare per quanto possibile critiche che
partano da presupposti non “certificati” e/o puramente ipotetici e/o in contrasto con
quanto emerso nelle indagini investigative delle Autorità

• saper discernere tra dati “indeterminabili” e dati “determinabili”, ed evitare così di


perdere tempo in sterili lunghe analisi sui primi, preferendo dedicare sforzi ed
attenzioni su quelli che almeno a buon senso e/o logica, possono essere valutati con un
accettabile valore di coerenza.

• collegare le informazioni e le logiche ad esse sottese le une alle altre, secondo un


plurimo ordine di lettura:
▪ cronologico
▪ logico-plausibile
▪ valutativo

Tali operazioni, ancora purtroppo per il lettore occasionale e non già profondamente addentro
alla storia del MdF, potranno risultare in prima battuta “complicate o foriere di multiple
informazioni che possono anche apparire in contrasto tra loro”. Ciò è dovuto al fatto che
• lo scrivente non ha inteso proporre un'accusa automatica ed univoca, forzando incastri,
ma si è “limitato” a farsi accompagnare dai dati e dai ragionamenti, lungo un percorso
capace di modificarsi momento per momento.

• tali valutazioni “momento per momento”, attimo per attimo, sono proprio quelle che
vengono inquadrate sulle cronologie.
Ossia: mentre alcuni aspetti possono essere dati per assodati nel momento”X”, nel
momento “X meno 1” ancora non lo possono essere.

Inoltre, siccome non è un documento di “storia” in senso stretto, bensì un documento di


indagine, e visto che sovente le chiavi per comprendere un avvenimento pregresso si
possono trovare solo nel futuro e a quello bisogna far riferimento sapendosi muovere avanti
ed indietro come una molla, non me ne voglia il lettore, includere nel documento uno
specchietto cronologico introduttivo, si è ritenuto più che superfluo, fuorviante.

Inoltre, visto che si sostiene l'ipotesi (e i riscontri) di un MdF, affetto da una specifica
psicopatologia, ossia affetto da specifiche turbe trasformatesi in una manifesta azione
criminale, grande attenzione è stata posta proprio nell'individuare tale lato, indubbiamente
più “etereo”.

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Comprendere e capire la testa di serial killer maniacale, come spiegato da Douglas della FBI,
è condizione primaria al buon esito di una “caccia ad un mostro”, essendo la “testa” la vera
arma di un mostro stesso.

Si noti che questo documento si basa, inoltre, praticamente tutto su informazioni, dati,
indagini e testimonianze contemporanea dei tempi, e che quindi il “filone dipanato” non
abbia dovuto far ricorso, non solo alla introduzione di variabili esterne per spiegare posizioni
altrimenti inspiegabili, ma che nemmeno alla introduzione di testimonianze rilasciate a decine
di anni da fatti, cose che di per sé ne può intaccare la certezza dei informazioni comunicate

Si consiglia comunque, anche ai lettori più esperti, una doppia lettura del documento:
• la prima per aver il quadro generale [ NdA: cose che possono sembrare interpretata in un modo
in un capitolo precedente, con lo scorrere delle informazioni, possono cambiare quadro interpretativo]

• una seconda lettura di livello di dettaglio, una volta appresa la direzione e la specificità
della tesi qui esposta

Ultime due avvertenze:


a) come sempre non prendete per buona nessuna affermazione senza aver verificato le fonti
di prima mano [NdA: per questo indicare sempre i link è fondamentale all'evitare del propagarsi di bufale
mediatiche]

b) ma altrettanto non permettetevi critiche su fatti e citazioni, senza a vostra volta portare a
fonti documentali ufficiali [NdA: investigatori, giudici, perizie, testimonianze dirette e non de relato, frasi
quotate in virgolettato presenti all'interno di libri, e non opinioni altrui ad esempio ] con tanto di link ove
poter essere, a loro volta, verificate; perché anche i ragionamenti di critica devono essere
suffragati da “pezze di appoggio”.

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Premessa e tesi

Sul Mostro di Firenze [NdA: “MdF”, da qui in avanti] sono state ipotizzate, nel corso degli anni,
diverse e differenti ipotesi e teorie: dalle più balzane e complesse alle più semplici e lineari;
dalle più fumose ed ipotetiche alle più documentate.
In tutti questi casi però, ad una seria analisi critica la coperta è risultata essere sempre
essere troppo corta per abbracciarne ogni aspetto: alcuni legami logici e consequenziali, se
messi in una direzione ne lasciano comunque scoperte altre, obbligando a ricorrere o a voli
pindarici o ad introdurre variabili a catena, svincolate da reali possibili indizi esistenti, per
poter dare senso compiuto al tutto.

Questo documento di studio, permetteteci, ha invece la capacità di introdurre un grado


consequenziale di ordine logico e indiziario che non necessita l’introduzione di particolari e
molteplici variabili per poter camminare sulle proprie gambe; riuscendo di fatto a conciliare in
maniera “semplice” e “plausibile”, aspetti che secondo altri approcci e visioni restano invece
vincolati alla necessità di una maggior “complessità” o “scoperti per alcuni punti”.

Non ho certo la presunzione di dire che ogni singolo punto esposto corrisponda esattamente
alla reale dinamica e rappresentazione dei fatti accaduti ma, come il lettore scoprirà
leggendo, una differente interpretazione di singoli dettagli, capisaldi esclusi, non fa correre il
rischio di stravolgere la cornice di ambientazione che racchiude il quadro generale del campo
e del soggetto di studio.
Sovente inoltre, vengono anche proposte simultaneamente differenti chiavi interpretative di
risposta per gli stessi interrogativi: del resto, se è pur vero che ad azione corrisponde
reazione, è altresì vero, ed ancora di più nell’ambito che afferisce alle scelte e ai gesti degli
esseri umani, che in qualsiasi ambito le “cause” devono sovente intendersi come “concause”;
ossia un mix di differenti input, ognuno con un proprio grado e peso, che congiuntamente
concorrono tutti assieme a determinare un risultato dato.

Segnalo altresì come, pur fornendo indicazioni con tanto di nomi e cognomi di persone,
alcune ancora viventi, alcune già passate a miglior vita, l'intento di questo documento non sia
da intendersi in alcun denigratorio o caluniatorio nei confronti di nessuno: è un semplice
documento di studio, valido come strumento per investigatori ufficiali e semplici appassionati,
volto a cercare di fornire una interpretazione finora mai prima esposta, relativa
all'individuazione del cd. Mostro di Firenze.
In questo lavoro, per la dovizia di particolari e citazioni, per possibilità di comprensione del
lavoro stesso e perché tali nomi ormai risultano di dominio comune nelle documentazioni
ufficiali rese pubbliche, non avrebbe potuto essere scritto “camuffando” o omettendo
situazioni, nomi, rapporti, pena la sua incomprensione e dunque illeggibilità.
Non me ne vogliano dunque i nomi esplicitati, i loro parenti e amici, le Autorità.

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Genesi di questo Documento di Studio

Con la recente condivisione in rete del Rapporto Torrisi [NdA: Rapporto Torrisi. 311/1] e del
supplemento allo stesso [NdA: Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1], disponibile su Scribd solo dall’
Agosto 2013, è stata data ai ricercatori e agli “appassionati” della mistero MdF, la possibilità
di addentrarsi un po' più a fondo rispetto a “mezze parole”, “si dice” o “voci di corridoio”, su
quello che concerne la c.d. “Pista Sarda” ed in particolare la figura di Salvatore Vinci.
Una attenta lettura di tale Rapporto, abbinato a quello della Sentenza Rotella e di altra
documentazione (in parte disponibile pubblicamente in rete, in parte no), è stato il definitivo
“LA” per riprendere in mano in modo puntuale e mirato, precedenti opzioni di lavoro e
rielaborarle sotto una differente luce.

Da un dialogo e confronto iniziato in un thread di discussione, un pezzo alla volta, un incastro


del puzzle con l’altro, le parole e i ragionamenti han preso forma e corpo.
E, una volta messo a fuoco l’obiettivo, non restava altro da fare che trasporre il tutto in un
articolato unico documento.
Questo.

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L'ipotesi di studio

Dispiace togliere a chi legge il piacere della suspense, ma questo non è un romanzo, un giallo
o un libro didascalico: come detto e ripetuto si tratta di un documento di studio; e quindi, per
facilitare il lettore allo stimolo di una lettura critica che gli permetta di valutare
coerentemente i singoli passaggi così come l’insieme, già fin da questa pagina sono costretto
a svelarvi “la soluzione” del mistero MdF; o, in altre parole, esporre la premessa sottesa al
ragionamento che sta alla base di questo lavoro.

• Barbarina Steri: non si trattò di suicidio, bensì di uxoricidio (elevata probabilità)

• Delitto di Castelletti di Signa, 1968:


◦ delitto di “clan” (tramite subdola istigazione del Salvatore Vinci [NdA: SV in acronimo]
al Stefano Mele [NdA: SM in acronimo] e quindi al clan)

◦ arma reperita dal “clan” (non già in possesso del SV) [NOTA *1]

◦ duplice omicidio premeditato e pianificato a cui hanno partecipato più persone

◦ tra queste anche il SV


▪ ma solo nella qualità di autista, palo e incaricato della successiva distruzione
dell’arma (che però non distrusse)

• Pistola calibro 22 L.R.: sempre la stessa dal 1968 al 1985, “passata di mano” nel 1968
(con l’inganno) [NOTA *1]

• Pallottole calibro 22 (a piombo nudo): non acquisite contestualmente alla pistola [NOTA
*1]

• Serie maniacale: da datare come inizio in forma “incompiuta” nel 1974, e dal 1981 in
forma “compiuta”.
◦ Delitto del 1968 non facente parte di tale serie.

• MdF: soggetto unico, in azione criminale senza né mandanti né complici attivi al suo
fianco durante i delitti

• MdF: identificato nella persona di SV, sul quale convergono molteplici indizi:
◦ concreti, deduttivi, psicologici, di personalità
◦ mancanza di alibi sufficientemente validi per tutti i delitti dal 1960 al 1985
◦ con pregresso storico di traumi in giovane età, confacenti il profilo psicotico
attribuibile a quello della figura del MdF
◦ con una storia di rapporti omosessuali col SM, che da questi, fino all'ultimo, doveva
essere mantenuta segreta

Particolare attenzione è tenuta verso l'aspetto psicologico (e patologico), in quanto


trattandosi di delitti maniacali seriali, tale inquadrature è altamente significativa nella
comprensione della genesi, sviluppo e dipendenza di azioni, legate a delitti “non di scopo”.

[NOTA*1]: All’interno di questo documento di studio, viene anche proposta una “versione alternativa” riguardo al
pregresso possesso della calibro 22 L.R. e passaggio di arma “sporca”. Tale versione alternativa, viene esposta
come risultante logica altrettanto plausibile, e dunque non escludibile a priori. In entrambi i casi, ragione per la
quale è inclusa in questo documento anche se in sezione a sé stante, questa versione alternativa non impatta
l’impianto generale.
[NdA: Vedasi Capitolo EXTRAS - Ripensando il 22 agosto 1968; una variante sul passaggio d’arma ]

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Un ordine di sviluppo delle domande a cui rispondere

Dato che il documento è giocoforza obbligato a dover coprire una vasta finestra temporale
ricca di eventi interconnessi tra loro anche a distanza di decine di anni; eventi pure afferenti
a campi e tematiche distinte eppure tra loro legate; e tenendo anche presente che per meglio
illustrare la tesi qui sostenuta è anche necessario seguire percorsi in cui la meta la si
raggiunge “per esclusione”:
• per cercare di rendere la lettura il meno intricata possibile tra i vari intrecci e rimandi,
ho innanzitutto cercato di fornire una suddivisione a capitoli la più consequenziale
possibile all'obiettivo che si vuole raggiungere; nel caso e ove questo non sia
comunque sufficiente (e probabilmente migliore concatenazione logica tra i capitoli era
possibile, chiedo venia nel caso), uso questo capitolo per dare al lettore un ordine di
domande e relative chiavi di risposta, che sono poi principalmente quelle sottese a
tutto il discorso. Questa scaletta, vagamente ma altrettanto precisamente, può essere
vista come le fondamenta generali iniziali allo sviluppo di tutta la teoria che sta alla
base di questa visione di lavoro.

Non pretendete ora, qui, che vi vengano fornite spiegazioni di dettaglio alle risposte;
incontrerete quelle necessarie al sostegno della tesi nel corso del documento (altre saranno
solo accennate o date per scontato, per non far deragliare il documento fuori dai binari della
possibilità di lettura).

Andiamo per gradi. Consequenziali, ponendoci delle domande e dandoci delle risposte. [NdA:
si noti che le risposte “negative” sono espresse in quanto gli elementi a supporto non sono sufficienti e/o non
rivestono valenza positiva, messi in raffronto con altri elementi; e/o sovente pur spiegando un dettaglio non
riescono a dimostrare coerenza con precedenti e/o successivi aspetti dell’arco di tutta la vicenda del mostro di
Firenze ]

D1: vi sono elementi significativi che possano far ipotizzare che il MdF non fosse un serial
killer, unico e singolo, affetto da qualche forma di psicopatia?
R1: NO

D2: vi sono elementi significativi che possano far ipotizzare che il MdF fosse un serial killer,
unico e singolo, affetto da qualche forma di psicopatia?
R2: Si

D3: Le ipotesi che vedono una sostituzione/manipolazione e dunque un depistaggio, dei


bossoli del delitto del 1968 (mettendo quindi in dubbio l’apparire della calibro 22 L.R. a
Castelletti di Signa), possono essere ritenute supportate da elementi concreti o almeno
fortemente plausibili?
R3: NO

D4: Anche a fronte delle precedenti domande, è possibile ritenere che a Castelletti di Signa
fu il MdF (già compiutamente mostro) ad uccidere?
R4: NO

D5: Anche a fronte delle precedenti domande, è possibile ritenere che a Castelletti di Signa
fu il futuro MdF ad uccidere?
R5: SI, anche se questo documento non avvalora questa ipotesi, pur non scartandola.

D6: Anche a fronte delle precedenti domande, è possibile ritenere che a Castelletti di Signa
non fu fu MdF (futuro o già mostro) ad uccidere?
R6: SI, questo documento avvalora questa ipotesi

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D7: A fronte del punto 6, è plausibile immagine che avvenne un passaggio di mano dell’arma
ormai “sporca”?
R7: SI, ma solo a condizione che il passaggio non fu volontario. Nello specifico il documento
sostiene che tale passaggio avvenne con l’inganno

D8: A fronte dei punti 5-6-7, è corretto ritenere che il delitto del 1968 è punto focale sul
quale concentrare le attenzioni per riuscire a “vedere” in che mani sia finita la calibro22 L.R.?
R8: SI

Quindi, per i punti su esposti, stiamo focalizzandoci su un soggetto singolo, che in un certo
momento della sua vita ha macabramente proiettato al di fuori sé gli effetti delle patologie
psicopatiche di cui era oggetto; e che tale soggetto, in un qualche modo, è connesso col
delitto del 1968.

Il campo di ricerca e analisi, è già quindi sensibilmente ridotto.


Per restringerlo ulteriormente, siamo a questo punto obbligati ad andare a puntare
l’attenzione proprio sul 1968 e sui nomi e le storie dei personaggi che entrarono di sfuggita
e/o a pieno titolo in quella indagine.

Il primo bandolo della matassa è a Castelletti di Signa; proseguiamo:

D1: chi sono i personaggi gravitanti attorno a quel delitto?


R1: principalmente i “sardi” della famiglia Mele [NdA: altrimenti detta in questo documento: “il clan”] , e i
“sardi” della famiglia Vinci

D2: Tra il delitto del 1968 e quello del 1974, sono identificabili differenze significative?
R2: SI, indubbiamente. Il primo non ha segni di maniacalità, il secondo invece sì.

D3: A fronte della risposta al punto 2, all’interno di tali significative differenze, è plausibile
ipotizzare anche differenze di “qualità” e/o “scelta” di sparo (ossia due differenti mani a
premere il grilletto, una per delitto)?
R3: SI, esistono marcate differenze qualitative

D4: Visto il punto 3, è plausibile immaginare che chi sparò a Castelletti di Signa, non fu la
stessa persona che sparò a Rabatta – Borgo San Lorenzo?
R4: SI

Come direbbe Sherlock Holmes (“Una volta eliminato l'impossibile, quello che resta, per
improbabile che sia, dev'essere la verità"), ne consegue, che ci piaccia o meno, che l’arma tra
il 1968 e il 1974 passò di mano. [NOTA*1]

[NOTA*1]: All’interno di questo documento di studio, viene anche proposta una “versione alternativa” riguardo al
pregresso possesso della calibro 22 L.R. e passaggio di arma “sporca”. Tale versione alternativa, viene esposta
come risultante logica altrettanto plausibile, e dunque non escludibile a priori. In entrambi i casi, ragione per la
quale è inclusa in questo documento anche se in sezione a sé stante, questa versione alternativa non impatta
l’impianto generale. [NdA: Vedasi Capitolo “APPENDICI / EXTRAS/ “Ripensando il 22 agosto 1968; una variante
sul passaggio d’arma”]

E anche se può sembrare strano, questo è un punto che non allarga affatto a dismisura il
campo di ricerca; ma anzi, in maniera significativa ci aiuterà nell'identificarne il possessore:
risultante l’unico che per deduzione ed esclusione logica, convergente con indizi documentali,
può essere.

Proseguiamo con le domande e le risposte:

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D1: E’ plausibile che un’arma “sporca”, passi volontariamente di mano?


R1: NO; e altrettanto suona fortemente implausibile che un assassino conservi l’arma, ormai
“sporca” anziché distruggerla; a meno che non in presenza di alcune specifiche ragioni

D2: Esiste un modo alternativo ad un passaggio consenziente, magari di vendita per esempio
per cui una pistola “sporca” possa passare di mano?
R2: SI. Alcune modalità esistono; ma singolarmente valutate, le uniche due opzioni che
rivestono una plausibilità generale e particolare relativamente al delitto di Castelletti di Signa,
entrambe “parlano” di acquisizione con inganno

Ora on queste carte in mano, per dipanare il bandolo della matassa, non possiamo fare altro
che focalizzarci ancora di più su Castelletti di Signa, per vedere se e come è possibile
determinare chi tale inganno potesse mettere in piedi; e perché.

Dalle documentazioni e dai rapporti ufficiali, sappiamo che:


• a) non fu un delitto maniacale, bensì un “normale” delitto “d’onore”, “soldi” e/o
“gelosia”, o almeno questo è quello che i documenti ufficiali dicono (scopriremo più
avanti ragioni più profonde e significative)

• b) fu un delitto a cui, parteciparono più persone

• c) fu pianificato e premeditato

Prima ancora di andare a conoscere dettagli ricostruttivi e personaggi, ci tocca porci altre
semplici domande su cosa significhi, per Castelletti di Signa, un delitto compiuto da più
persone,e quindi arrivare a determinare, almeno sulla carta, il gioco dei ruoli dei partecipanti
ed il numero degli stessi.
Proseguiamo:

D1: In un gruppo di fuoco che attua un premeditato piano omicida, è normale che ogni attore
sulla scena del delitto reciti un ruolo ben preciso, precedentemente pensato a tavolino, o è
lecito immaginarsi che una volta arrivati sulla scena del futuro omicidio, ognuno faccia un po'
quello che vuole, improvvisando?
R1: SI, è evidente che ogni attore deve e recita la sua parte, pena il rischio di insuccesso
dell’azione omicidiaria

D2: quale era il numero minimo di ruoli (e quali) necessario a compiere il delitto di Castelletti
di Signa?
R2: come minimo 3:
• a) “lo sparatore” (difficilmente può rivestire anche uno degli altri ruoli, per sicurezza e
praticità)

• b) “L’autista” (era necessaria un’auto come minimo perché si doveva seguire la coppia
che si spostava in auto; ma anche per altri motivi, non ultimo il numero stesso di
partecipanti all’azione)

• c) “la balia”, ossia qualcuno in grado di prendersi cura di Natalino (la sua presenza era
nota)

• d) Opzionale, “il controllore”, ossia una quarta figura incaricata di tenere sotto controllo
la coppia fino all’uscita dal cinema (per sicurezza è poco probabile che potesse trattarsi
di una delle figure su elencante con un doppio ruolo, ma la cosa non può essere
esclusa vista anche la “normale” tipologia di delitto)

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Ora, siccome sicurezza e prassi vogliono che dopo un omicidio l’arma sia saggio che venga
distrutta, a qualcuno di quel gruppo l’arma deve essere assegnata affinché si incaricasse di
“distruggerla”.

Siccome:
• a) non ha molto senso “distruggerla” sul luogo del delitto (se non rintracciabile, con
matricola abrasa, e priva di impronte digitali, può anche essere abbandonata sulla
scena del crimine, ma che lo si voglia o meno, comunque anche in questa maniera
rischia di fornire preziose indicazioni agli investigatori),

• b) né ovviamente è sano andarla a distruggere vicino a casa di chiunque dei


partecipanti al delitto o in posti ad essi facilmente ricollegabili.

Ne consegue che la scelta più logica, naturale, sicura, plausibile, di prassi, sia:
• 1) assegnare tale compito a chi è dotato di un mezzo di spostamento in grado di
portarlo in un breve lasso di tempo sufficientemente distante dal luogo del delitto e
dalle abitazioni dei partecipanti.

Ma siccome innanzitutto è mandatorio che i partecipanti all’azione abbandonino la scena del


crimine e ritornino ai loro domicili/luoghi di alibi il prima possibile una volta compiuto il
delitto:
• 2) il compito della distruzione dell’arma non può, per esclusione, che restare in capo a
chi guida il mezzo che ha portato il gruppo fin sul luogo del delitto prima e
riaccompagnato i partecipanti poi. Gesto da compiere appunto dopo aver portato in
salvo i complici.

La presenza necessaria di un’auto e dunque di un “autista”, in relazione al delitto di Castelletti


di Signa, è fuori di dubbio:
• a) non vi erano cellulari all’epoca, e per quanto la Locci e il Lo Bianco fossero soliti
imboscarsi nei soliti posti (pur con la preferenza magari proprio per Castelletti di
Signa), il gruppo degli assassini non poteva a priori né sapere esattamente in quale, né
rischiare che proprio quella sera scegliessero un altro luogo: dunque è escluso che gli
assassini li aggredirono facendo loro la posta in loco.

• b) Dovevano quindi obbligatoriamente seguirli. E un’auto la segui con un’altra auto,


soprattutto se sei in più di due, perché in tre in motorino... non va bene e dai anche
nell’occhio.

Domanda da 500 milioni di lire (come la taglia):


E l’auto chi ce l’aveva?
Chi era “quello ”auto-munito”?

Stabilita dunque questa connessione logica, lineare, semplice, che non necessità
l'introduzione di variabili esterne, ed avendo a questo punto già il “nome e cognome” come
servito su un piatto d’argento, non bisogna far altro che:

• - 1) Fare un ragionamento a ritroso per Signa:


▪ a) identificando il perché la Locci dovesse essere uccisa (concause a cui
assegnare i corretti pesi e modalità)

▪ b) chi avesse possibilità/fiducia/capacità/necessità di convincere il SM e il clan


ad una tale decisione.

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• - 2) Proseguire il ragionamento in avanti, per vedere:


▪ a) se esistono profili di incompatibilità che possono escludere il Salvatore Vinci
dalla scena del crimine del 1968

▪ b) se esistono indizi di incompatibilità che possono escludere il Salvatore Vinci


dalla scena del scene dei delitti del MdF

• - 3) Passato il punto 2)
▪ a) estendere lo studio ad indizi che invece lo possono vedere sulle scene dei
delitti del MdF

• - 4) Vista l’indiscussa maniacalità psicopatica per i delitti 1974//1985:


▪ a) tracciare un “profilo psicologico, fisico, caratteriale” generico e generale sulla
scorta delle risultanze dei sopralluoghi delle scene dei delitti e delle autopsie e
perizie varie, per l’anonimo mostro di Firenze

▪ b) reperire quante più informazioni documentate ufficialmente sul SV possibile,


al fine di poter tracciare sulla scorta di esse, un “profilo psicologico, fisico,
caratteriale” specifico del SV

▪ c) mettere a confronto i due profili al fine di rilevarne affinità e divergenze


qualitative

• - 5) Valutare la congruità dei legami e delle informazioni su esposte, su tutta la finestra


storica di riferimento (pre 1968, 1968, 1974/1985, post 1985).

Ecco, avete in mano anche voi il filo logico da seguire.

Su tutto questo, poi, indubbiamente a volte si rende necessario scrivere alcune digressioni su
specifici argomenti allo scopo di sgombrare il campo da possibili dubbi, da altre ipotesi, da
miti da sfatare. Altre volte tali digressioni sono necessarie per meglio avvalorare i
ragionamenti e le informazioni raccolte che li precedono o li seguono; altre ancora perché
“opzioni alternative” non possono essere scartate o preferite ad altre, e dunque necessitano
di essere esposte entrambe e le conseguenze delle une rispetto alle altre, anche.
In alcuni casi poi, è sembrato corretto all'Autore aggiungere a stimolo di riflessione altrui,
alcune ipotetiche chiavi di lettura che, per quanto solo ipotetiche, potrebbero comunque
rivestire una specifica funzione di “collante” tra argomenti diversi.

Come si vede, non si tratta di un lavoro di “taglia e cuci”, bensì di un lavoro “per scarto” e “a
molla”.

Per scarto, perché:


l’implausibile, l’illogico, il fuori dal buon senso, come da pregresse ponderate valutazioni
[NdA: a volte magari solo accennate per praticità di lettura del documento] viene escluso, lasciando così il
campo pulito da “voci” spurie che altro non fanno se non creare disordine che farebbe
diminuire la possibilità di focalizzazione.

A molla, perché:
ad azione corrisponde reazione. Ma se a volte è dall’azione che scopri la reazione, a volte
invece devi seguire il percorso inverso per poter arrivare ad avere la risposta; fino a che tutti
gli anelli della catena sono messi in fila.
Molto di questo lavoro, per certi aspetti ed in certe modalità, è già stato fatto ed è presente
nel Rapporto Torrisi, nella Sentenza Rotella e nel lavoro di singoli ricercatori. Lavori da usare

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come fonti da cui prendere informazioni e, ove sia il caso, ispirazione.


Ma a differenza del filo logico presente nel Rapporto Torrisi, ad esempio, andremo a vedere
come un “altro” disegno (o lo stesso ma con altre “sfumature”, se si preferisce), partendo dai
medesimi dati, sia non solo altrettanto proponibile, ma a nostro avviso addirittura meglio
calzante alla storia del MdF e del delitto di Signa.
A parere dello scrivente infatti, l’ufficiale “pista sarda” non giunse a conclusione proprio per
quella mal interpretata chiave di lettura sulla quale tale Rapporto fu imbastito, non per
mancanza di elementi indiziari portati a suo supporto.

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La Pista Sarda

Il 13 dicembre 1989, il Giudice Istruttore Mario Rotella, per motivi non trattati in questo
documento di studio in quanto non direttamente attinenti, chiuse “definitivamente” tale
opzione investigativa. Per quanto ufficialmente accantonata nonostante tale ipotesi di
indagine abbia rivestito ufficialmente un ruolo importante e praticamente sia stata la prima
organica e si può dire unica articolata ipotesi di lavoro degli inquirenti per anni, arrivare a
riproporla con le dovute variazioni sul tema oggi, nel 2013/14, può suonare come “stonato”,
fuori dal mondo e da tutto quel ambaradan promiscuo e ridondante di dati e testimonianze
che, nel corso degli anni e dei processi, son andate invece ad essere appiccicate sulla storia
“Mostro di Firenze”.
Eppure, senza l’apparire sulla scena del crimine nel 1968 della calibro 22 L.R. oggi
probabilmente non staremo nemmeno a parlare di “mostro di Firenze”, o quanto meno ne
parleremmo in riferimento a modalità distinte e differenti crimini; sarebbe insomma tutta
un’altra storia. Ma il delitto di Castelletti di Signa del 1968 in cui vennero privati della vita
Barbara Locci e Antonio Lo Bianco, delitto che vede come personaggi coinvolti o comparse
attorno, figure e famiglie di origini sarde per lo più, è e resta, almeno relativamente alla
pistola (ma non solo), il punto chiave e di snodo di quello che poi passerà alle cronache e alla
storia come “il mistero del MdF”.
Dovendosi scartare alcuni dei nomi dei soggetti coinvolti nelle indagini su tale delitto, in
quanto durante alcuni delitti del MdF in stato di detenzione e dunque impossibilitati
materialmente a compiere gli stessi, ma non potendo far finta di niente rispetto all’apparire
della calibro 22 L.R. e quindi dimenticarci del duplice omicidio del 1968 [NdA: solo perché una
sentenza definitiva ha visto riconosciuto come unico colpevole di tale delitto lo Stefano Mele - 25 marzo 1970 e
successivo processo d’appello a Perugia], andando a leggere quanto riportato dal Tenente Colonnello
dell’Arma dei Carabinieri Nunziato Torrisi e comunicato alle Autorità competenti [NdA: ossia al
Giudice Istruttore Mario Rotella e alla dottor Adolfo Izzo della Procura di Firenze, in data 22 Aprile 1986; e
successivamente con supplemento, in data 14 Ottobre 1986 sempre al Giudice Istruttore Mario Rotella e al
sopravvenuto dottor Paolo Canessa per la Procura di Firenze] , il nome di Salvatore Vinci, “sardo”, ritorna
invece di piena centralità: finendo al centro dei riflettori di questo documento di studio, non a
causa di quanto scritto dal Tenente Colonnello Nunziato Torrisi nel suo Rapporto 311/1, ma a
conferma di quanto lì scritto. Inoltre, è bene far notare che nessun puntuale contro-indizio, in
grado di mitigarne sospetti o addirittura completamente scagionarlo, sia mai
preponderantemente emerso (in base ovviamente alle documentazioni liberamente disponibili
e consultabili) nel corso della stesura di questo documento. Quindi, come non dirsi d’accordo
con le parole del Col. Torrisi quando scrive: “...imprescindibile la necessità di far luce sul
delitto di Signa, scoprirne il vero movente, al fine di individuare il primo possessore dell'arma
per poter risalire a quelli successivi...”? [Rapporto Torrisi 311/1]

In un’accezione ben più generale di quella che all’epoca paventavano inquirenti e giornalisti,
accezione in cui, qui, la connotazione geografica dei luoghi di nascita è pura casualità e non
sintomo di legame associativo, è lecito dire che questo studio ricalca e porta avanti, in un
certo qual modo, la cd. “pista sarda”. Scopriremo però assieme come questa classificazione
appunto sia, a nostro punto di vedere, se non errata per lo meno fuorviante, e abbia come
punto di svolta, una differente sfumatura interpretativa di quello che nel Rapporto Torrisi è
detto come: “...tipicità del delitto, certamente a sfondo sessuale e di vendetta per presumibili
motivi di onore...” [NdA: a proposito del delitto di Signa - Rapporto Torrisi 311/1].

Momentaneamente privo di fantasia però, in tempi di rivoluzione tecnologica delle reti e vista
la comune fonte investigativa, mi limito comunque a chiamare questa nuova direttrice
d’indagine, semplicemente: “pista sarda 2.0”

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LA PISTA SARDA 2.0

Non si giunge a formulare una ipotesi, dedicandoci tempo, passione, sforzo e fatica, così
perché tanto non si ha niente di meglio da fare ed una vale l’altra; questo è bene precisarlo.

Chi scrive, come tutti i ricercatori e gli appassionati della vicenda MdF, ha avuto modo di
leggere e/o confrontarsi sui libri, documenti, video e forum con le diverse teorie e approcci
che riguardano la vicenda.
Ci sono i paccianisti, i narducciani, chi sostiene l’idea di sette di potenti che ordinavano i
delitti, chi si “accontenta” del livello dei Compagni di Merende, chi vede depistaggi interni alle
stesse Forze dell’Ordine o anche il MdF direttamente come un “uomo in divisa”, uno degli
inquirenti addirittura; chi il Lotti “semplice” Compagno di Merende, chi estraneo e chi
direttamente come MdF; chi vede serial killer unici e solitari e chi persone che a rotazione si
incaricano di rivestire tale ruolo; chi sconosciuti e chi volti noti; chi una psicopatia, chi un
business di soldi che girano; etc.
Insomma, a seconda delle ipotesi che uno “preferisce” seguire, anche in base al proprio bias
di conferma (e io come chiunque non ne sono umanamente immune), trova pane per i propri
denti, cibo per i propri pensieri in questo gorgogliante arcipelago di indizi e supposizioni.

E’ però altrettanto vero, e importante da far notare, che per riconoscersi con coerenza e
onestà intellettuale in una ipotesi anziché in un’altra (o in nessuna delle esistenti), è
necessario anche e soprattutto sottoporle tutte a vaglio critico, andandone a pesare i pro e
contro e la capacità di poter abbracciare tutta e dicesi tutta, dall’inizio alla fine, la vicenda
MdF, meglio se senza introdurre troppe “variabili obbligatorie” che come in un gioco di
specchi si concatenano le une alle altre rendendo, a quel punto, “lapalissianamente logica”
qualsiasi tipo di “spiegazione” e di “risultato”.

Non avendo, nel passato, trovato basi sufficientemente dotate di forza interna propria nelle
altre ipotesi presenti sul campo, onestamente, ho sempre tenuto aperta come valida la più
ignota e misteriosa delle opzioni: quella che vuole nella figura del MdF un nome sconosciuto,
al limite più o meno mai entrato nelle indagini se non di puro passaggio.
Ma anche questa ipotesi, proprio a fronte del delitto di Signa, a mio avviso, presenta delle
evidenti crepe; e mostra in tutta la sua nudità come una coperta troppo corta non possa
coprire il letto da tutte le parti contemporaneamente. Pur non essendo compito di questo
studio in generale ed in particolare in questa sezione di presentazione mettere nero su bianco
i motivi per cui il “mostro sconosciuto” sia da ritenersi ipotesi infondata, almeno
relativamente al delitto del 1968, mi limiterò qui a fornirne un breve accendo al solo fine di
avvalorare, per esclusione, il discorso che questo documento porta avanti. Uno sgombrare fin
da subito un campo di obiezione che potrebbe, se no, distogliere il lettore.

Riassumendo, e molto, possiamo chiederci:

• - Se a Signa avesse agito un perfetto sconosciuto, già “mostro” di per se stesso, come
avrebbe potuto lo Stefano Mele [NdA: SM in acronimo], nelle immediatezze del delitto,
sapere del lampeggiante acceso, della scarpa sfilata, del numero di colpi esplosi?
Numero di colpi esplosi, “...appresi nella sua [NdA: loro] esattezza, solo a seguito
dell'esito delle autopsie sui due cadaveri, e che quindi nemmeno i verbalizzanti
conoscono...” [Rapporto Torrisi 311/1] dagli inquirenti?

• - Se SM lo avesse saputo, ad esempio, perché nascosto li vicino ad insaputa dello


sconosciuto mostro, come avrebbe fatto comunque ad arrivare fin lì quella notte?
Proprio lì? E con quale mezzo?

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• - Perché non avrebbe dovuto, una volta andatosene lo sconosciuto assassino, almeno
andare a riprendersi il figlio Natalino per riportarlo a casa con sé, o meglio ancora,
dalle Autorità per denunciare il delitto?

• - Perché poi non avrebbe né sporto volontariamente denuncia, né mai fornito


indicazioni in tal senso? In fin dei conti si trattava di far arrestare uno sconosciuto che
gli aveva ammazzato la moglie!? “Fedifraga” fin tanto che si vuole, ma pur sempre la
propria moglie.

• - Perché il “mostro” non avrebbe dovuto uccidere anche l’unica persona, benché
bambino, che poteva averlo visto e riconoscerlo?

Come si vede, immaginare “il perfetto sconosciuto”, il “mostro mai entrato nelle indagini che
colpisce (per la prima volta?) a Signa”, porta obbligatoriamente con sé conseguenze; ossia
domande.
Ma alle domande bisogna poter fornir risposte.
E se tali risposte fan sorgere altre domande, a cascata anche a quelle bisogna fornir risposte.
E devono essere plausibili e concatenabili con tutta la storia del MdF, che non è fatta di
momenti separati: la storia è unica, e qualsiasi opzione indiziaria che ne voglia identificare
l’autore, deve essere in grado di abbracciarla tutta, con coerenza, plausibilità e senza dover
ricorrere ad introdurre assiomi improbabili e mono uso a seconda delle comodità.

Tornando al “mostro sconosciuto che colpisce a Castelletti di Signa”,:


• - Possiamo accettare che fu solo per “incapacità” degli investigatori (che ricordiamolo
appreso del corretto numero di colpi esplosi solo dagli esiti delle autopsie), oltre che
per il ricorso al supposto utilizzo di sonori ceffoni [NdA: “Negli interrogatori mi hanno
picchiato. Alla fine riescono sempre a farti dire quello che vogliono”; Stefano Mele – Intervista a Panorama
Mese – Gennaio 1986], che il SM raccontò, nelle immediatezze, dell’esatto numero di colpi,
della freccia lampeggiante e della scarpa sfilata, ad esempio?

Se è giusto restare di mente aperta formulando ipotesi, è altresì giusto però non eccedere dal
lato opposto.
Imperizia nelle indagini certamente vi fu, ma da lì ad immaginare una “confessione
completamente imbeccata” come i particolari citati da SM in tal ottica si vorrebbe che
deponessero, che grado di plausibilità avrebbe viste tutte le altre dichiarazioni, reticenti,
ammissive, ritrattative, farraginose, bugiarde, contorte, cangianti, dello stesso?

• - E come si concilierebbe tale “imbeccata” e tale “mostro sconosciuto” con il famoso


biglietto trovatogli nel portafoglio a metà Gennaio del 1984 a Ronco D’Adige, dal G.I.
Mario Rotella [NdA: "RIFERIMENTO DI NATALE riguaRDOLO ZIO PIETO. Che avesti FATO il nome
doppo SCONTATA LA PENA. COME RisulTA DA ESAME Ballistico dei colpi sparati ." - Sentenza Rotella]?

Per esempio, anche l’immaginare una correlazione diretta di conoscimento e dunque scelta
mirata e specifica delle vittime (delitto del 1968 a parte), è da ritenersi non suffragata da
indizi investigativi e/o tracce rinvenute in sede di sopralluoghi dei delitti sufficientemente
convincenti [NdA: “Non è neanche possibile ipotizzare ...SNIP... che l'esecutore avesse un interesse diretto
contro quelle persone e non altre, escludendo, in questo senso, le differenze tra i fatti, sotto il profilo del tipo
d'autore. “ – Sentenza Rotella].
Dovrebbe quindi essere buona norma, non lo scartarne l’idea a priori perché a livello di
ipotesi ci può stare, ma non costruirci su un castello globale, ossia non far poggiare tesi su
quel particolare.
Non si può e non si deve chiedere troppo agli sforzi di fantasia e di illazione se si vuole
restare, il più possibile, coi piedi per terra. Non si può tirare la stessa coperta, troppo corta,
di qui e di lì e far finta comunque di coprire tutto il letto.

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Quindi, mettendo dei paletti alla Pista Sarda 2.0:


• 1) Delitto di Castelletti di Signa, non commesso da un “già mostro”” sconosciuto né dal
futuro MdF in qualità di “già mostro”

• 2) Unicità del MdF, intesa come azione di una unica e solitaria mente, malata,
sviluppata concretamente nella serie 1974-1985

• 3) Ad eccezione del delitto del 1968, insussistenza di pregresso conoscimento e scelta


mirata delle vittime (almeno a livello omni-comprensivo della serie e in forma
bilaterale)

Prendetele almeno al momento, che le condividiate o meno, come “ragionamenti già


precedentemente discussi e sviscerati”, oppure, interrompete pure qui la lettura: in quanto
niente di quello che segue avrà per Voi mai sufficiente appiglio di coerenza. Ciò che conta, ai
fini della chiarezza di questo documento, è che il lettore ne sia a preventiva conoscenza, di
modo che, all’atto di formulare eventuali critiche/dubbi/rimostranze/variazioni sul tema, non
rischi di incorrere nell’errore di formulare giudizi appellandosi a “pre”-giudizi. Ogni critica è
ben accetta, ma deve innanzitutto essere “interna” al corpo di discussione, ossia basata
nell’individuare, ove ce ne fossero, disomogeneità ed incongruità interne alle informazioni, ai
legami tra le stesse e/o al ragionamento stesso qui presentato.

Lettore avvisato, lettore mezzo salvato...

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Le fonti documentali di riferimento

Tra le documentazioni disponibili, presente nei libri che trattano l’argomento, i documenti di
maggior interesse ed uso, su cui questo documento di studio poggia, sono:

• Sentenza Rotella (Sentenza – Ordinanza nei confronti di: Vinci Francesco, Mele
Giovanni, Mucciarini Piero, Chiaramonti Marcello, Vinci Salvatore, Pierini Ada)

• Rapporto Torrisi (Rapporto Giudiziario del 22 Aprile 1986, circa i duplici omicidi
perpetrati dal 21 Agosto 1968 al 9 Settembre 1985)

• Supplemento Rapporto Torrisi (Rapporto Giudiziario circa le ulteriori indagini svolte in


merito ai duplici omicidi commessi nella provincia di Firenze dall'Agosto 1968 al
Settembre 1985)

• Rapporto Matassino n°34/354, 21 settembre 1968 [NdA: Non disponibile pubblicamente in


rete]

• Sentenza Ferri (Sentenza Processo Pacciani)

• Perizia De Fazio (Perizia sui delitti del mostro di Firenze 1968-1984 - Prof. Francesco
De Fazio; Prof. lvan Galliani; Prof. Salvatore Luberto)

• Perizia Zuntini (del 18 ott. 1974) [NdA: trascrizione]

• Note sul rapporto giudiziario 22 aprile 1986 a cura del Comandante del Reparto
Operativo della Legione CC Firenze

• Relazione di consulenza balistica sul duplice delitto del 1974 [NdA: parte I]

• Relazione di consulenza balistica sul duplice delitto del 1974 [NdA: parte II]

• Profilo FBI del Mostro di Firenze [NdA: sul blog di Enrico Manieri e su “Insufficienza di Prove”, è
possibile trovarne versione tradotta in italiano]

• Dossier "Entomologia e genetica forense" [NdA: dossier presente sul blog di Enrico Manieri,
relativo alla datazione dei cadaveri in base al ciclo di vita delle larve. Analisi delle Relazione del Professor
Introna]

• “Delitto degli Scopeti” [libro di indagine a cura di Vieri Adriani – Francesco Cappelletti – Salvatore
Maugeri – si noti che Vieri Adriani “Fra il 2007 ed il 2008 ha rappresentato, quale difensore di parte civile,
alcuni familiari delle vittime del delitto degli Scopeti” ]

• “Storia del mostro di Firenze - volume I – l'esordio” [NdA: libro indagine scritto da “Frank
Powerful” .– NOTA dell'Autore: nella stesura di questo documento non ho potuto, non essendone ancora in
possesso, far riferimento alle informazioni presentate in questo lavoro di storia del Mostro di Firenze ]

• Fenomenologia del serial killer e dell'omicidio seriale [NdA: documento a cura del “Centro di
documentazione su carcere, devianza e marginalità – L'Altro Diritto”]

• Dossier "Processo Pacciani: le perizie balistiche" [NdA: dossier presente sul blog di Enrico
Manieri – Esperto balistico e Consulente Tecnico di Parte per la difesa nel processo d'Assise d'Appello
contro Pietro Pacciani – in riferimento a:]
▪ 1) Perizia Pelizza - Spampinato – Vassale
▪ 2) Perizia Benedetti – Spampinato
▪ 3) Perizia Mei

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▪ 4) Studio delle tracce del terzo settore del corpo di reato n.55357
▪ 5) studio della lettera "H" presente sul fondello

• "Numeri Assassini” [NdA: libro di Mariano Tomatis, a proposito dell'applicazione dell'equazione di


Volterra nei casi di omicidi seriali]

• “L’ordine nel caos: strutture semplici nei sistemi economici, sociali e individuali e loro
uso per la previsione” [NdA: documento scritto dal professore Cesare Marchetti; a proposito
dell'applicazione dell'equazione di Volterra ]

• “Dolci Colline di Sangue” [NdA: libro romanzo inchiesta di M. Spezi, D. Preston]

• Articoli di quotidiani dell’epoca e riviste (varie); si consiglia: EMEROTECA dal blog:


Insufficienza di Prove

• Siti di riferimento (varie discussioni ed articoli)


▪ Forum “IL MOSTRO DI FIRENZE”
▪ Forum “I DELITTI DEL MOSTRO DI FIRENZE”
▪ Blog CONFIDENTIALCRIMECASEBOOK / Mostro di Firenze
▪ Blog INSUFFICIENZA DI PROVE
▪ Blog CALIBRO 22
▪ Blog “IL MOSTRO DI FIRENZE”
▪ Sito “CRONACA-NERA.IT / Mostro di Firenze”

• Ricostruzione navigabile in 3D della scena del delitto di Baccaiano:


https://www.dropbox.com/s/ofdeabvf9a4z1ie/baccaiano.skp?m
[NdA: tale ricostruzione l'ho modellata un po' di tempo fa e contiene alcune imprecisioni per quanto
riguarda alcune didascalie. - Per precisione di ambientazione inoltre, le luci di ambiente vanno portate pari
a quelle di quella notte: “novilunio”, ossia oscuro praticamente totale. La scena è millimetrata per una
maggior facilità di comprensione delle distanze, ed è navigabile in prima persona ]

NOTA IMPORTANTE:
il fatto che vengano fatte citazioni, in virgolettato e con tanto di indicazione della fonte, non
implica in alcun modo che gli autori delle frasi citate supportino, o meno, quanto espresso in
questo elaborato di studio.

Nota a margine:
E’ consigliata la lettura del Rapporto Torrisi, del suo Supplemento di Indagine e della
Sentenza Rotella come pre-requisito alla lettura critica di questo documento di studio.
Una buona e approfondita conoscenza degli aspetti principali e temporali della storia del MdF
è inoltre di aiuto.

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I “numeri” del mostro

In merito al MdF, vi è chi sostiene l'esistenza di un mostro unico, dal 1968 al 1985.
Chi sostiene un mostro unico, dal 1974 al 1985; chi più mostri che agiscono assieme; chi
“vari e differenti” mostri, a seconda della data del delitto; chi ancora alcuni delitti non li
attribuisce al mostro; chi addirittura non vede alcun mostro, ma una congrega di “manovali
del crimine” che compiono efferati delitti su commissione.
Insomma, che lo si voglia o meno, differenti visioni che messele tutte sullo stesso piatto
storiografico, ci obbligano a doverci confrontare con la prima e più banale di tutte le
questioni: una domanda puramente numerica.
MdF: “uno, nessuno, centomila”, per citare, fuori contesto, il titolo di un famoso libro?

Affrontiamo questo punto, così da avere le idee già molto più chiare per il proseguo del
lavoro.

Dal 22 agosto 1968 al 14 settembre 1974 passano 2214 giorni di ostinato silenzio per la
calibro22 L.R. che uccise la Locci e il Lo Bianco. Poco più di 6 anni. Un tempo, lungo,
lunghissimo.
Il perché di un tale silenzio è affrontato in altro capitolo, così come più nel dettaglio è trattato
quello di Castelletti di Signa.
Qui, invece, andiamo a misurarci con un altro criterio, in parte più generale ma comunque
carico di significativa importanza, partendo da due punti:

– il primo serve a mettere in risalto affinità/differenze tra il duplice omicidio di Castelletti


di Signa e quello di Borgo San Lorenzo;

– il secondo segue lo stesso percorso ma parte da Borgo e arriva fino a Scopeti.

Tra Castelletti di Signa e Borgo San Lorenzo: per vedere se si trattò della stessa mano a
sparare (cosa che ci autorizzerebbe ad escludere un passaggio di arma “sporca”)

E da Borgo San Lorenzo fino a Scopeti: per vedere se il MdF fosse “UN” mostro unico, o
“PIU’”mostri accomunati dalla stessa psicopatia.

Ossia, ciò che dobbiamo arrivare a determinare, è se:


• a) A Borgo San Lorenzo “sparò la stessa mano” che sparò a Castelletti di Signa.

• b) Da Borgo San Lorenzo a Scopeti, sparò sempre la stessa mano.

• c) Se il MdF fosse “UN” mostro o “PIU’” mostri, uniti da una unica psicopatia.

Noi oggi siamo avvantaggiati dal “dal senno del poi”, potendo vedere la storia dall’inizio alla
fine, coglierne collegamenti e differenze in un batter d’occhio, cosa che gli investigatori il 15
settembre 1974, ad esempio, non potevano certamente [NdA: ma che a dire il vero non colsero
nemmeno per ancora un bel po' di tempo e di sangue, ossia fino al Luglio del 1982; con la calibro 22 L.R. già a
quota dieci morti ammazzati], ma non per questo possiamo eludere queste domande.
Andiamo ad affrontarle.

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Tra Castelletti di Signa e Borgo San Lorenzo

Pur racchiuso in una cornice di similitudine, tra il duplice delitto del 1968 e quello del 1974
come anche all’occhio meno accorto subito appare, svetta evidente una differenza che
potremmo anche chiamare “la” differenza [NdA: “Sono in sintesi insuperabili i dati obiettivi raccolti
subito dopo il fatto del 1968, per i quali esso ha caratteristiche tali da non poter essere assimilato, all'evidenza, ai
delitti successivi” – Sentenza Rotella ].

Dal confrontarsi con un duplice omicidio “di scopo” a ritrovarsi davanti invece, un duplice
omicidio “privo di scopo” [NdA: “a partire dal 1974, in quanto per ciascun caso, da quel momento in poi,
non si riscontra alcun indizio di movente In questo senso sono anche i periti già indicati” – Sentenza Rotella]; da
un comune duplice omicidio per ragioni tutto sommato banalmente umane, ad un brutale
duplice delitto che di umano si porta appresso solo i segni di una malattia a base psicopatica.

Castelletti di Signa:
• - “non si registrano lesioni di tipo traumatico diretto sul corpo della donna”
[Perizia De Fazio]

• - “Manca un qualsiasiinteresse per le parti sessuali”


[Perizia De Fazio]

• - “non sono state usate armi da taglio né ci sono segni di violenza di altro genere sui
corpi, in vita o in morte”
[Perizia De Fazio]

• - “Chi ha commesso questo delitto, dunque, anche nell'ipotesi che sia l'autore dei
successivi delitti, non sembra sia stato mosso da motivazioni sadico-sessuali, bensì da
motivazioni comuni”
[Perizia de Fazio]

• - “In definitiva, di per sè stesso considerato, il caso Locci/Lo Bianco si discosta


nettamente dai successivi fatti delittuosi sia per le dinamiche materiali che
psicologiche”
[Perizia de Fazio]

• - Cadavere della donna non “separato” con allontanamento da quello maschile

• - “...con riferimento all'ipotesi di un delitto per vendetta da parte del marito della
donna, va rilevato che mancano elementi che connotino in modo particolare l'uccisione
della donna rispetto a quella dell'uomo; ma soprattutto, in questo caso la presenza del
bambino, prefigurata o meno, potrebbe aver comportato delle remor e”.
[Perizia de Fazio]

Borgo San Lorenzo:


• - “lesioni da punta e taglio subite dalla donna ...SNIP... la donna con numerosissimi
colpi da arma bianca”
[Perizia de Fazio]

• - ”estrazione della Pettini dall'autovettura”


[Perizia de Fazio]

• - “...l'uso dell'arma da punta e taglio, con la quale l'omicida ha quasi circoscritta la


zona del ventre attorno all'ombelico e la linea superiore del pube, e ha descritto linee o
cerchi sulle cosce(o forse è più appropriato dire che ha inferto colpi indirizzati
casualmente, che nel loro insieme descrivono due linee e un cerchio sulle cosce);
questi colpi sembra siano stati inferti senza molta forza, o quasi per 'saggiare' la

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resistenza della cute all'arma da punta-taglio...”


[Perizia de Fazio]

• - “Il caso in questione presenta evidenti caratteristiche connotative, molte


delle quali lo differenziano notevolmente da quello precedente”
[Perizia de Fazio]

• - “...era presente prioritariamente, se non esclusivamente, l'intento di uccidere con


l'arma da fuoco”
[Perizia de Fazio]

• - “Una volta uccisa la donna e dopo aver contestualmente inferto due ferite da arma
da punta e taglio all'uomo”
[Perizia de Fazio]

• - “Emerge soltanto una ricerca, forse sostanzialmente inappagata, di qualche oggetto


che possa assumere un valore feticistico”
[Perizia de Fazio]

Già queste informazioni dovrebbero far suonare un forte campanello di allarme che ci avvisa
di un probabile cambio di mano; di sicuro di “testa”.

Ma non possiamo accontentarci, in quanto è possibile ipotizzare che in quei sei anni di
silenzio, lo sparatore di Castelletti di Signa, per “n” motivi a noi ignoti, avrebbe potuto da
semplice assassino evolvere un percorso psicopatico in grado di vederlo quindi anche a Borgo
San Lorenzo a sparare, seppur con differenti motivazioni.

Sapendo adesso cosa stiamo cercando, torniamo a dare uno sguardo più mirato

Castelletti di Signa:
Qui abbiamo un delitto “pulito”, con sparatore “preciso”, dotato di buona mira
equanimemente interessato ad uccidere a colpi di pistola entrambi i bersagli; che spara
almeno i primi 7 colpi attraverso il finestrino sinistro di poco abbassato (anteriore o
posteriore che fosse), senza infrangere il vetro. Non dando scampo alle vittime coi suoi colpi
di arma da fuoco.

• -“vetri alzati (salvo l'ant. sn. abbassato di 3 cm. ed il posteriore sn. abbassato a
metà)”
[Perizia de Fazio]

• -“Dal punto di vista necroscopico i colpi esplosi sui corpi delle vittime sarebbero quindi
complessivamente otto (4+4) con cinque proiettili ritenuti. In sopralluogo sono stati
reperiti cinque bossoli ed un proiettile (due bossoli ed un proiettile dentro l'auto), onde
è da pensare che l'omicida si sia progressivamente avvicinato al mezzo entrandovi poi
con la mano per esplodere gli ultimi colpi”.
[Perizia de Fazio]

• -“REPERTI NECROSCOPICI SU LO BIANCO ANTONIO:


A) Tre lesioni d'arma da fuoco (fori di ingresso) sulla faccia latero-anteriore del braccio
sx., con corrispondenti fori di uscita sulla faccia anteromediale ...SNIP... riferibili a tre
colpi d'arma da fuoco esplosi in rapida ...SNIP... La traiettoria è teoricamente dall'alto
verso il basso, da sx. verso dx
B) - Due lesioni, rispettivamente foro di entrata e foro di uscita sull'avambraccio sx.
riferibili a medesimo proiettile perché uniti da unico tramite con traiettoria da sx. a dx”
[Perizia de Fazio]

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• -“REPERTI NECROSCOPICI SU LOCCI BARBARA


In complesso si individuano quattro fori d'entrata tutti al dorso, corrispondenti ad
altrettanti colpi d'arma da fuoco; diverse però le traiettorie, nel senso che tre sono da
sx. a dx. e una da dx. a sx. ...SNIP... I tre tramiti da sx. a dx. sono stati tutti
intratoracici e di essi uno sicuramente mortale avendo provocato lesioni
cardiovascolari. Il quarto, da dx. a sx., ha interessato solo la spalla sx. (ritenuto)”.
[Perizia de Fazio]

• -“L'insieme dei colpi e delle traiettorie suggerisce l'ipotesi di un unico polo d'azione
dell'omicida (posto fuori dell'auto presso la fiancata sx...”
[Perizia de Fazio]

Non da ultimo, è importante anche tenere presente che nell'auto oltre ai due amanti intenti
nelle loro cose, vi era anche il figlio della Locci: il piccolo Natalino Mele.

• “dormiva sul sedile posteriore dell'autovettura” [Rapporto Matassino]

• “scalzo” [Rapporto Matassino], le scarpe da bambino verranno infatti ritrovate sotto i sedili

• “si trovava sdraiato sul sedile posteriore dell'autovettura, con il capo rivolto verso la
parte ove alloca il volante” [Rapporto Matassino], dunque con la testa dalla stessa parte
da cui vennero esplosi i colpi

Ma lo sparatore si guarda bene dal colpire anche il Natalino. Pone attenzione specifica, è
concentrato. Meticoloso, sistematico: ossia lucido.

Borgo San Lorenzo:


Qui abbiamo un delitto “cattivo”, con tutta una serie di colpi sparati sul bersaglio maschile,
quasi a disinteressarsi della donna, ma solo quasi. Ossia non è ravvisabile una scelta certa di
sparare solo all’uomo e risparmiare la donna: infatti anche a lei son riservati colpi di arma da
fuoco. Si noti che in merito, i giudizi possono essere divergenti; si analizzerà meglio la
situazione nell'apposito capito, al momento ci si limiti a vedere “solo” le macro differenze tra
questo delitto e quello del 1968.

Ma la mira è imprecisa, “sporca”, con colpi a vuoto. Pasticciata. E dire che rispetto a
Castelletti di Signa, la possibilità di tiro è addirittura semplificata: non attraverso una
porzione ridotta di finestrino abbassato, ma attraverso tutta una portiera aperta. Tutta
”l’esperienza e la capacità” riscontrabili nel 1968, qui sono assenti. [NOTA*1]
[NOTA*1: “Quanto ai reperti necroscopici, occorre preliminarmente precisare che le descrizioni che verranno di
seguiti riportate sono state tratte dall'esame dei soli verbali di esame esterno e di autopsia, non sempre ben
leggibili, a volte incompleti e privi anche della risposta ai quesiti usuali perchè rinviato alla relazione peritale, poi
non eseguita” – Perizia de Fazio; a proposito del duplice delitto del 1974]

• -“...sportello dx aperto...”
[Perizia de Fazio]

• -“Reperti necroscopici su Gentilcore Pasquale... Il cadavere è stato rinvenuto sul sedile


di guida dell’auto”
[Perizia de Fazio]

• -“Sono stadi repertati sei fori di entrata a sx. ed uno di uscita, al fiamco dx. che
deporrebbero per l'esplosione di sei colpi di arma da fuoco, alcuni dei quali certamente
mortali perchè hanno interessato il cuore ed il polmone sinistro ...SNIP...
Sull'emitorace dx., antero-lateralmente in zona media inferiore, due ferite da taglio
sovrapposte che non penetrano in profondità”
[Perizia de Fazio]

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• -“Reperti necroscopici su Pettini Stefania... Il cadavere è stato rinvenuto nudo, steso


per terra dietro l'auto in posizione supina e con gli arti inferiori divaricati. Presentava
numerosissime ferite da taglio, o da e taglio, nonchè alcune ferite da arma da fuoco,
verosimilmente una al ginocchio dx, tre al fianco dx, una al ginocchio sx...”
[Perizia de Fazio]

• -“b) – L’assassino si è presentato dalla parte destra dell’autovettura ove ha trovato la


portiera aperta ed ha subito aperto il fuoco sui due;”
[Perizia Zuntini – Trascrizione]

• -“un 6° colpo, mancando lo stesso bersaglio, ha colpito e rotto il vetro della portiera di
sinistra sull’autovettura”
[Perizia Zuntini – Trascrizione]

• -“altri colpi, mancando ugualmente il bersaglio, hanno colpito il sedile di guida (1


recuperato)”
[Perizia Zuntini – Trascrizione]

• -“d) – L’assassino ha allora avuto il libero bersaglio delle V.F. ancora indenne; aveva
ancora nell’arma 3 colpi ha abbassato la mira e ha colpito la base del sedile di destra
(sul quale si trovava la V.F.), il proiettile si è ivi frantumato in 5 piccoli schegge che
hanno colpito la donna al fianco destro”
[Perizia Zuntini – Trascrizione]

Se è pur vero che la vittima maschile, inizialmente, col suo corpo copriva la linea di tiro su
quello femminile [NdA “Il corpo della V.M., come bersaglio, copriva quasi completamente quello della sua
partner” - Perizia Zuntini – Trascrizione ] , è altrettanto vero però che pur quando tale linea di mira fu
sgombra, questa mano assassina, non è riuscita a colpire nemmeno il bersaglio che aveva
davanti (o comunque al limite solo con una delle ferite minori riscontrate sul corpo della
donna); sintomo,a tali distanze ravvicinate, di un imperizia [NdA: foss'anche solo da intendersi
causata dallo shock dell'uccidere persone... ma se avesse già ucciso a Castelletti di Signa, non sarebbe
ovviamente comprensibile tale shock emotivo].

Risulta dunque ben più che lecito ritenere che le differenze tra i delitti di Castelleti di Signa e
quello di Borgo San Lorenzo, non solo indichino una differenza di ordine motivazionale (la
prima non maniacale, mentre la seconda sì), ma che nonostante l’uso della stessa arma da
fuoco, questa fu utilizzata da due differenti mani.

Se questa fu dunque utilizzata da “due distinte persone”, possiamo escluderne altre? Al


momento no.
Quindi, prima di poter arrivare alla conclusione categorica che vi fu un passaggio di arma
“sporca” da un soggetto ad un altro [NOTA*2], dobbiamo ancora affrontare il dubbio che vede
il mostro non “UN” mostro, ma “PIU’” mostri assieme.

[NOTA*2]: All’interno di questo documento di studio, viene anche proposta una “versione alternativa” riguardo al
pregresso possesso della calibro 22 L.R. e passaggio di arma “sporca”. Tale versione alternativa, viene esposta
come risultante logica altrettanto plausibile, e dunque non escludibile a priori. In entrambi i casi, ragione per la
quale è inclusa in questo documento anche se in sezione a sé stante, questa versione alternativa non impatta
l’impianto generale. [NdA: Vedasi Capitolo “APPENDICI / EXTRAS/ “Ripensando il 22 agosto 1968; una variante
sul passaggio d’arma”]

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Da Borgo San Lorenzo a Scopeti

Senza necessità di appesantire ulteriormente il discorso con plurime citazioni brevi e lunghe,
possiamo con certezza [NdA: perizie e documenti alla mano; vedasi ad esempio Sentenza Rotella, Sentenza
Ferri, Sentenza Ognibene, Perizia De Fazio, etc] affermare che per i delitti successivi a quello del
1968, pur ognuno con le proprie specifiche particolarità e differenze sovente dettate dal
contingente, esiste invece un filo logico conduttore evidenziato dall’assenza di movente
eccetto che per la maniacalità psicotica; dalla presenza sempre della stessa arma che spara e
uccide; dal ripetersi nelle sue linee generali, di una modalità comune ed identificativa di
azione di assalto e di morte.

• -calibro22 L.R.,

• -proiettili, Winchester, col fondello marchiato “H”

• -lama mono-tagliente,

• -escissioni di parti del corpo femminile [NdA: in tutti i casi possibili per sicurezza e presenza
vittime femminili – unica eccezione Borgo San Lorenzo, ma lì ci sono le 90 coltellatine] ,

• -vilipendio dei cadaveri,

• -spostamento dei corpi femminili [NdA: in tutti i casi possibili per sicurezza e presenza vittime
femminili]

• -coppie di persone in intimità come bersagli

• -luoghi abbastanza isolati e/o noti come luoghi ove imboscarsi in cerca di intimità

• -notti possibilmente scure e con poca luna

• -periodi mai invernali e/o freddi e particolarmente piovosi [NdA: necessità di no lasciar
impronte?]

• -discreta precisione di tiro con l’arma da fuoco [NdA: viste le ridotte distanze e la sorpresa
negli agguati, tale dato è spurio. Pur dovendo far propendere per un graduale miglioramento di uso
dell’arma da fuoco rispetto allo sconclusionato delitto di Borgo San Lorenzo, che però è il primo della
serie]

• -assenza di impronte e tracce evidenti lasciate durante gli agguati mortali [NdA: guanti ?]

• -delitti commessi “mediamente di norma” in giornate pre-festive/festive

• assenza di interazione con le vittime negli istanti prima degli agguati

Su questo, ossia una unicità di serialità criminale che da Borgo San Lorenzo arriva fino a
Scopeti, direi che, a qualunque ipotesi ci si ispiri, tutti si sia tranquillamente d’accordo senza
necessità di ulteriori particolari citazioni e approfondimenti.

Siccome nel capitolo precedente abbiamo lasciato “in sospeso” l'interrogativo se i delitti erano
compiuti da “UN” singolo mostro, o erano “PIU’” mostri ad agire congiuntamente, accomunati
da una comune patologia e da una comune immagine pregressa che risaliva fino al delitto di
Castelletti di Signa (vista la accreditata comunanza di scenografia e trama), è tempo di
andare a sviscerare anche questo nodo.

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Un mostro unico in tutti i sensi

Pur avendo oggi il supporto di tutta la lapalissiana evidenza criminologica e psichiatrica che
una mente malata e maniacale fu all’opera dal 1974 fino al duplice delitto di Scopeti,
dobbiamo chiederci se dagli esiti di sopralluoghi e perizie svolte nel corso delle indagini,
emergano risultanze significative per ipotizzare il MdF come non “un” mostro, ma “più”
mostri; ossia più persone che si siano ritrovate assieme a compiere i delitti all’ombra di una
comune psicopatia, un comune modus operandi, una comune scena primaria condivisa.

E‘ cronistoria notare come una tale opzione “più mostri” [NdA: affetti dalla stessa psicopatia, visto il
reiterarsi delle modalità di scelta delle vittime, uccisione e vilipendio dei cadaveri] fino all’entrata sul
palcoscenico dei c.d. Compagni di Merende, non riscuoteva serio credito nemmeno negli
ambienti investigativi ufficiali. Esempio ne sia l’arresto il 26 gennaio del 1984 del Giovanni
Mele e del Piero Mucciarini e relativo titolone su La Nazione “Arrestati / I mostri sono due”,
che lasciò increduli molti, popolino in primis compreso, e che in parte fu anche in parte
ragione della successiva pietra tombale ufficialmente messa sulla Pista Sarda.

D1: E’ possibile immaginare con supportata coerenza che “IL” mostro fossero in realtà “PIU'”
mostri?
R1: NO
• -“...niente esclude che l'arma sia passata di mano e con essa la rappresentazione
scenica di ciascun fatto. Lo affermano implicitamente i periti intorno al tipo d'autore,
incaricati dal p.m. dopo il duplice omicidio del 1984, allorché suppongono che l'autore
dei crimini dal 1974 in poi potrebbe essere stato meramente presente a quello del
1968”
[Sentenza Rotella]

• -“nessun elemento è stato mai acquisito attraverso l'esame della dinamica del
delitto e dei dati rilevati nei vari sopralluoghi, che avvalori la partecipazione
di più persone: semmai, l'impiego della pistola e del coltello, in fasi susseguenti,
rafforza la validità dell'ipotesi secondo cui ad operare è sempre un solo
individuo”
[Rapporto Torrisi 311/1 ]

• -“...si tratta certamente di un soggetto di sesso maschile, che agisce da solo, con
tutta probabilità destrimane, con una destrezza semi-professionale nell'uso dell'arma
da taglio ed una conoscenza quantomeno dilettantistica nell'uso di arma da fuoco”
[Perizia De Fazio]

• -“Questi otto attacchi sono stati perpetrati, nell’opinione degli analisti che hanno
esaminato il materiale inviato, dal medesimo aggressore, che ha agito da solo.”
[Profiling stilato della FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• -“b) – L’assassino si è presentato dalla parte destra dell’autovettura ...SNIP... d) –


L’assassino ha allora avuto il libero bersaglio ...SNIP... e) – L’assassino deve essersi
reso conto che le cartucce erano terminate, mentre la V.F. era ferita gravemente, ma
non mortalmente, da n. 3 colpi e verosimilmente cercava disperatamente di difendersi
con le mani, ha estratto allora il coltello colpendo ...SNIP... Lo stesso ha voluto poi
completare l’opera con il tralcio di vita”
[Perizia Zuntini – Trascrizione]

• “Secondo le conclusioni dei periti, i delitti avevano caratteristiche comuni, salvo quello
Lo Bianco - Locci, ed erano attribuibili, sotto il profilo materiale e sotto il profilo
psicologico, allo stesso autore, salvo quello Lo Bianco - Locci; alla stregua delle
modalità dei fatti e della letteratura scientifica in materia, erano da escludersi sia

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l'azione di tipo collettivo sia l'azione di coppia” [Sentenza Ferri]

• P.M.: Volevo chiedere, allora, ancora questo. Non so se... forse il professor De Fazio.
Quella domanda che avevo già fatto relativa alla possibilità, come avete scritto nella
vostra relazione, di dire qualcosa sul fatto che si possa escludere che si tratti di azione
di più soggetti. È una conseguenza di questo che... Lo possiamo escludere per questo
o ci sono altri parametri?
F.D.F.: No, no, ci sono anche altre... abbiamo detto che la nostra affermazione, la
nostra conclusione, sulla quale ci giochiamo la nostra professionalità , che si
tratti di una sola mano, è basata su un quesito: se presumibilmente si tratta di una
sola mano. Noi diciamo che è più che presumibilmente, perché a un certo punto qui
abbiamo degli elementi di ancoraggio che possono - io ritengo, lo valuterà la Corte -
assumere proprio il valore di prove. Poi ci sono un sacco di altri elementi. Nella storia
criminale dei "lust murder", dei serial killer, non abbiamo la persona che sceglie le
coppie. Sceglie la donna, dove gli capita: per strada, in ascensore. Qui abbiamo una
scelta fissa, quindi abbiamo elementi, che verranno illustrati fra poco, e una dinamica
psicologica che concorrono anch'essi. Ma abbiamo anche altri elementi, “ex adiuvanti
bus”. Quali sono gli altri elementi? Ma nel delitto Mainardi, quando Mainardi cercava di
scappare, se ci fosse stato un complice, sarebbe costretto da uno spettatore, un
complice o uno che interveniva anche lui con un'arma. Abbiamo cioè espresso...
P.M.: Elementi circostanziali.
F.D.F.: ... gli elementi adesso che possono avere significato di prova. Ma poi ci sono
un sacco di altri elementi che concorrono a far ritenere che si tratta di un solo
soggetto.
[fonte: Deposizione del professor De Fazio -15 luglio 1994]

Rotella, Ferri, Torrisi, De Fazio, FBI, Zuntini... possiamo fermaci qui per quanto attiene al
“numero” del mostro?
Indubbiamente le informazioni in tal senso sono già più che sufficienti, ma c'è dell'altro che
pacificamente si può aggiungere, perché è necessario anche rispondere alla domanda:
“perché non cambiò mai l'arma?”

Siccome per rispondere compiutamente a questa domanda, specificatamente in relazione al


soggetto in attenzione, è necessario far riferimento anche a dati, informazioni, conclusioni
raggiunte che solo nel prosieguo di questo documento saranno trattate ed esposte in
dettaglio, rimando questo tema e questa risposta a specifico futuro capitolo: per
consequenzialità di ragionamento e fluidità di lettura, tale capitolo viene incluso nella parte di
studio che tratta del delitto di Vicchio del 1984 [ NdA: vedasi capitolo “Da Vicchio a Scopeti: la
calibro 22 non buttata, la lettera non spedita, il piano per la salvezza”]

Al momento, basti al lettore sapere che tale ragionamento non è stato né dimenticato né
escluso.
E altrettanto, al momento, al lettore basti sapere che forti di quanto prima esposto in questo
capitolo, si può già tranquillamente giungere alla conclusione che per quello che riguarda “i
numeri” del mostro, possiamo tranquillamente dire che il numero è:
Uno.
Singolo. Solo.

Per ora quindi, siamo arrivati ad assegnare valore ad alcuni punti di interesse.
Per brevità, riporto i principali:

• -Mostro singolo

• -Serie dal 1974 al 1985: maniacale, commessa dallo stesso soggetto [ NdA: dove il delitto

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del 1974, portando con sé alcune particolarità rispetto ai successivi, è da inquadrare proprio come primo
della serie patologica, e quindi facilmente soggetto a successivi “aggiustamenti”, come normale che sia
guardando il percorso delittuoso e patologico come una parabola o una escalation]

• -Delitto del 1968: non maniacale, non commesso da chi uccise nel 1974 (e fino al
1985)

• -Reiterazione di alcune significative ed identificative caratteristiche, modus operandi,


per tutta la serie 1974/1985

• -Assonanza scenico-operativa tra il delitto non maniacale del 1968 e quelli maniacali
veri e propri seguenti

• -Passaggio di mano dell’arma “sporca” tra il delitto del 1968 e il 1974 (e quindi i
successivi) [NOTA*1]

[NOTA*1]: All’interno di questo documento di studio, viene anche proposta una “versione alternativa” riguardo al
pregresso possesso della calibro 22 L.R. e passaggio di arma “sporca”. Tale versione alternativa, viene esposta
come risultante logica altrettanto plausibile, e dunque non escludibile a priori. In entrambi i casi, ragione per la
quale è inclusa in questo documento anche se in sezione a sé stante, questa versione alternativa non impatta
l’impianto generale. [NdA: Vedasi Capitolo “APPENDICI / EXTRAS/ “Ripensando il 22 agosto 1968; una variante
sul passaggio d’arma”]

Dobbiamo però spingerci più avanti, sia per conseguire ulteriori risultati sia per non rischiare
inutili ed immotivate critiche di omissione.
Proseguiamo.

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Un'arma unica per due assassini differenti

Sulla base di quanto acquisito, proseguiamo con l’analisi dei dati, determinando ulteriori
capisaldi:
1) Arma singola (nei delitti 1968/1985, venne usata una e una sola arma da fuoco)

• -In nessuna delle scene del crimine sono stati rinvenuti bossoli di differente calibro o
con differenti “segni identificativi”.

• Né, come da perizie autoptiche, sono state rinvenute ferite (o segni di impatto o palle
direttamente) ascrivibili a differente calibro o tipologia di munizionamento.

Immaginare dunque che sulle scene del delitto abbiano sparato più armi da fuoco
simultaneamente (due, dunque come minimo), oltre a dover ipotizzare l’obbligatoria presenza
di più soggetti sparanti, cosa mai palesata nei riscontri investigativi delle scene dei crimini,
obbligherebbe conseguentemente ad ipotizzare che i “due” sparatori:

• a) Fossero dotati di arma da fuoco stesso modello e stesso calibro

• b) riempissero i caricatori solo a metà (non risultano mai più colpi esplosi di quelli
caricabili in una arma singola, con colpo in canna e proiettile aggiuntivo forzato nel
caricatore al massimo),

• c) O prestassero attenzione nelle concitate fasi di fuoco a non sparare più di metà
caricatore a testa

• d) O che conclusa l’azione di fuoco, almeno uno dei “due” sparatori, si incaricasse di
recuperare, al buio dei noviluni, tutti senza eccezione, i bossoli, quindi li distinguesse
tra quelli esplosi da un ‘arma e quelli esplosi dall’altra, e ne riposizionasse,
coerentemente a terra, quelli di una arma solamente

• e) O, alternativamente, che una e una sola delle “due” armi da fuoco, fosse dotata di
un sistema di recupero automatico dei bossoli espulsi(di costruzione artigianale, si
immagina).

2) Identità dell’arma da fuoco

• -“L’identificazione dell’arma con una Beretta semiautomatica in calibro .22 L.R. della
serie 70 è stata possibile dall’identità di classe dei bossoli repertati nei vari omicidi,
mentre l’unicità dell’arma impiegata è stata riconosciuta da specifiche marcature che
questa lascia sui bossoli di risulta. ...SNIP... Allo stato dei fatti nessuno può però
escludere con certezza che la pistola del Mostro possa essere di fattura artigianale,
realizzata partendo dalla collaudata meccanica di questa fortunata serie di pistole”
[Enrico Manieri / Henry62]

Pur condividendo la precisione di analisi del Manieri, questo documento di studio, per
comodità concettuale, di ragionamento e discorso, tende a scartare la possibilità che la
calibro22 fosse di “costruzione artigianale”, ossia artigianalmente assemblata con differenti
pezzi.
E’ comunque importante notare come la possibilità che possa essere di “fattura artigianale”
(ossia che certezze assolute concrete in merito ad arma e modello non possano essere
circostanziate attraverso i segni lasciati sui bossoli di risulta), non va a supporto dell’ipotesi
che la vedrebbe “obbligatoriamente” in quella“scomparsa” del Franco Aresti. Vedasi anche il
punto successivo per ulteriori dettagli.

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3) Arma da fuoco, calibro22 L.R., unica per tutta la serie dal 1968 fino al 1985

• -“Si tratta sempre, a stregua dell'impronta di percussione sui bossoli, di una pistola
cal. 22 L.R” [NOTA*1] [Sentenza Rotella]

[NOTA*1] In merito all’ipotesi che vede una sostituzione dei bossoli, vedasi [NdA: vedasi anche:
Addendum: Il faldone che non fu manomesso]

• -“A partire dal 1983, le perizie disposte dopo ciascun nuovo caso hanno comparato i
reperti balistici rinvenuti con quelli del 1968. Si è riscontrata identità di tracce e perciò
di arma. “
[Sentenza Rotella]

• -“Altre comparazioni parziali, che dimostravano l'unicità dell'arma, erano state


effettuate nel 1982, tra i reperti di quell'anno e quelli del duplice delitto del 1968, del
quale si era appena scoperto il precedente, a cura dei periti Castiglione e Spampinato.“
[Sentenza Rotella]

• -“Ulteriore conferma si otteneva nel 1983/84, da Iadevito e Arcese, della Polizia


Scientifica di Roma, anche con riferimento ai casi sopraggiunti e a tutti i precedenti.“
[Sentenza Rotella]

“Nel 1987 è stata depositata una perizia comparativa globale, compiuta da Salza e
Benedetti del Banco Nazionale di prova, la quale in sintesi ha concluso : ...SNIP... 1)
che tutte da munizioni furono esplose in un'unica arma ...SNIP... 2) anche le pallottole
repertate in occasione dei predetti duplici omicidi, alcune delle quali si trovano in
condizioni tali da non poter essere comparate con le altre per il loro pessimo stato
d'integrità, devono ritenersi provenienti da un'unica pistola”
[Sentenza Rotella]

4) Cartucce 22 L.R., marca Winchester, "H" punzonata sui fondelli: non viaggiano di
pari passo con l’arma da fuoco (ossia: indimostrabilità del medesimo lotto
contestuale)

• -“Quanto alle cartucce adoperate, gli accertamenti peritali esperiti nel 1983 e nel 1984
non forniscono certezza...”
[Sentenza Rotella]

• -“Tali armi cartucce possono essere acquistate dalle armerie anche in zona (che ne
sono provviste come da noi controllato) dietro semplice esibizione del porto d’armi o
dell’autorizzazione delle Autorità di P.S.”
[Perizia Zuntini del 14 ottobre 1974]

Esiste dunque la possibilità di reperimento tramite vie legali, e anche la possibilità di


reperimento tramite canali illegali: acquisto sul mercato nero, furto presso abitazioni o
poligoni del TSN., etc.

• -“Sul fondello di tutti i bossoli considerati è presente la lettera "H", utilizzata a quel
tempo dalla Winchester per marcare le cartucce calibro 22 L.R.; per questo motivo,
impropriamente, si parlò di cartucce calibro 22 L.R. di produzione Winchester, "serie
H", anche se tale denominazione non ha alcun motivo di esistere ma è ormai entrata
nella prassi degli autori che a livello giornalistico o editoriale hanno trattato
l'argomento”
[Enrico Manieri / Henry62]

• -“Nell’omicidio Lo Bianco-Locci (1968) e Gentilcore-Pettini (1974) furono utilizzate

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cartucce con palla ramata tipo Lubaloy (probabilmente cartucce .22L.R.Winchester-


Western Super Speed); nel 1981 (omicidio Foggi-De Nuccio) cartucce Winchester con
palla in piombo nudo, così come nell’omicidio Baldi-Cambi avvenuto nel medesimo
anno ed in quello Migliorini-Mainardi dell’anno seguente. Nell’omicidio dei due ragazzi
tedeschi Meyer-Rusch (1983) furono utilizzate cartucce con palla in piombo nudo e con
palla ramata; nel 1984 (omicidio Stefanacci-Rontini) e nel 1985 (omicidio Mauriot-
Kraveichvili, i ragazzi francesi campeggiatori) palle in piombo nudo”
[Enrico Manieri / Henry62]

• -“E' del tutto evidente che le munizioni utilizzate dal cosiddetto Mostro di Firenze
dovessero quanto meno appartenere non solo a due diversi lotti di produzione, ma
anche a due diversi modelli di cartuccia Winchester del medesimo calibro 22 Long
Rifle”
[Enrico Manieri / Henry62]

Questa considerazione, visto il punto precedente, è evidente, trattandosi appunto di due


differenti tipi di munizionamento (palla ramata; palla in piombo nudo)

• -“la cartuccia si compone infatti di quattro parti fondamentali (bossolo, innesco, carica
di lancio e palla) e nasce dall'assemblaggio di diversi elementi prodotti separatamente.
...SNIP... Il fatto che una cartuccia appartenga ad un determinato lotto di produzione
significa che viene identificato commercialmente il prodotto finale che nasce
dall'assemblaggio delle parti componenti sulla linea di produzione, ma, dato l'elevato
numero di munizioni prodotte, è chiaro che i singoli componenti, in particolare il
bossolo, sono realizzati separatamente ed in modo indipendente dal lotto di
produzione finale della cartuccia.”
[Enrico Manieri / Henry62]

• -“La casa costruttrice Winchester informò che il processo di produzione dei bossoli
avveniva per il tramite di una macchina automatica, che imprimeva la lettera "H" su
numerosi bossoli in un'unica operazione di punzonatura (almeno 20 alla volta). I
punzoni utilizzati per colpire i fondelli dei bossoli venivano ricavati da un'unica matrice
e ogni singolo punzone aveva una vita operativa di svariate centinaia di migliaia di cicli
di punzonatura. Questi bossoli vengono utilizzati per assemblare cartucce i cui lotti, in
base alla normativa C.I.P., non avrebbero dovuto superare il numero di 1.500.000
pezzi ciascuno. Da queste considerazioni si ebbe la conferma che bossoli punzonati con
i punzoni generati da una medesima matrice venivano utilizzati per allestire lotti
diversi di cartucce e che, nello stesso lotto di cartucce, si potevano avere bossoli
prodotti da punzoni realizzati da matrici diverse”
[Enrico Manieri / Henry62]

Quanto con dovizia di precisione su scritto da Enrico Manieri, perito balistico che ha svolto il
ruolo di consulente tecnico durante il processo d’appello a Pietro Pacciani, rende evidente
come non esista alcuna certa connessione che indichi che le cartucce usate nel delitto di
Signa e nei delitti del MdF, abbiano tutte viaggiato di pari passo con l’arma stessa.
Ossia, per meglio precisare, non è possibile asserire che fin dal primo momento in cui la
calibro22 L.R. sparò a Signa nel 1968, il proprietario dell’arma fosse anche in possesso delle
altre munizioni.

Altresì, visto che sia a Signa 1968 sia a Rabatta 1974, le munizioni usate erano tutte a palla
ramata, è invece ipotizzabile che a Signa, sulla scena del delitto, non fossero presenti sia la
pistola sia entrambe le scatole da 50 colpi di munizioni [ NdA: cosa che comunque suonerebbe illogica
in quanto immotivata], ma solo l'arma e una manciata di colpi di riserva, forse un secondo
caricatore già carico e pronto all'uso.
Si noti infatti che dopo Rabatta, l'uso di pallottole ramate, diventerà minimo, con solo due o

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tre cartucce e solo nel 1983


Questo è un dato molto significativo: in quanto, cancella la certezza sovente data per
acclarata [NdA: specie nel caso in cui si ipotizzi come arma quella dell’Aresti Franco] di contestualità di
arma e munizioni per il proprietario.

5) Passaggio di mano dell’arma e dei proiettili non furono contestuali

Infatti, un passaggio di mano di arma “sporca” non volontario con contestualità di passaggio
del munizionamento (ad esempio: buttata e recuperata casualmente dal futuro mostro),
porta con sé solo:
• a) -Che assieme all’arma, a Signa, vennero portate anche addirittura due scatole di
proiettili (da 50 colpi presumibilmente, vista la commercializzazione dell’epoca) per
uccidere due persone, e che obbligatoriamente il munizionamento venne gettato
assieme alla pistola (in seguito recuperata dal futuro MdF).
Da notare poi, come lì accanto scorresse un corso d’acqua, dove come minimo,
sarebbe stata tirata (assieme alle munizioni) per disfarsene.
Resta a questo punto ancora più inimmaginabile che una soggetto esterno, al buio
quasi completo, avesse anche solo la minima possibilità di recuperare simile oggetto
dal fondo del corso d’acqua (e le due scatole di munizioni pure).
Tale ipotesi appare assolutamente non credibile, e dunque viene rigettata.

Invece, un passaggio di mano di arma “sporca” non volontario senza contestualità di


passaggio del munizionamento (ad esempio: buttata e recuperata casualmente dal futuro
mostro), prevederebbe:
• b) - Che per l’azione omicidiaria venne portata in loco, come logica e buon senso
vuole, l’arma con il solo caricatore carico [NdA: al limite con un secondo, altrettanto carico, di
riserva].
Al momento di “buttare” l’arma ormai “sporca” e ormai scarica [NdA: e l’ipotetico secondo
caricatore, pieno], chi ne fosse entrato in possesso ne sarebbe entrato in possesso senza
l’ulteriore munizionamento [NdA: o con anche il caricatore di riserva, anch’esso caricato con palle
ramate!].
Nell’ipotesi su citata, rivestire una maggior plausibilità rispetto al punto precedente, ha
valore di coerenza e dunque può essere accettato come ipotizzabile.

Importante notare che tale su accettata ipotesi, pur con la variante sostenuta in questo
documento di studio, ossia:
• - che passaggio di arma avvenne, contestualmente in Castelletti di Signa

• - che tale passaggio avvenne in modo non consapevole e per la precisione tramite
l’inganno

ben si sposa oltre che con la logica, anche con la storia documentata del tipo di
munizionamento usato per i delitti: palle ramate a Castelletti di Signa (primo caricatore) e a
Borgo San Lorenzo (secondo caricatore), e poi passaggio a palle a piombo nudo
1981/1981bis/1982 (probabilmente reperite in seguito su canali extra legali), pur con una
singola successiva estemporanea presenza di poche singole pallottole ramate nel 1983.

Ai fini dello sviluppo del ragionamento logico e ad esclusione, presentato in questo studio, i
cinque ultimi punti qui elencati, possono ormai essere assunti ad assioma.

Tratteremo comunque ben più nel dettaglio e nella logica, il passaggio di mano dell'arma in
apposito successivo capitolo

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Addendum: il faldone che non fu manomesso

Come per altri argomenti comunque brevemente trattati in questo documento, anche questo
esula da titolo e scopo dello studio, ma al fine di evitare fraintendimenti basati su differenti
ipotesi, è bene fare una digressione che analizzi l’idea che una “mano ignota” abbia, per fini
identificabili unicamente in un depistaggio, provveduto alla “sostituzione, manomissione,
manipolazione, aggiunta, sottrazione, scambio, etc”, di detti bossoli relativi al delitto del
1968, nella disponibilità delle Autorità Competenti.
Ovviamente una simile opera di depistaggio, se mai rivestisse oggettivo valore di verità,
obbligherebbe a riscrivere tutta o quasi la storia del MdF; quindi, anche se brevemente, ce ne
dobbiamo occupare proprio al fine di sgombrare il campo dal dubbio.

Tale ipotesi è supportata da due punti:


1) dalla dizione “Fiocchi” anziché “Winchester”, come scritto nel Rapporto Matassino

2) dalla frase “"vecchia, arrugginita e usurata"” come scritta dallo Zuntini nella sua
iniziale perizia (fotografia dello stato dell'arma che non apparirà in nessuna altra
perizia)

Per quello che riguarda il primo punto possiamo anche solo semplicemente “sbarazzarcene”
facendo notare come l'errore umano può sempre essere in agguato, senza nemmeno stare a
scomodare che il Matassino si limita a riportare una dato che gli è stato comunicato,e quindi
non è a lui che bisogna rivolgersi.

Per il secondo punto, è bene precisare che il Col. Zuntini parlò di “vecchia ed usurata” perché
i bossoli spenti mostravano un caratteristico rigonfiamento [ NdA:..rigonfiamento analogo trovato su
tutti i bossoli ritrovati nei vari delitti anche dall'esame successivo dell'Ing. Salza – fonte: citazione riportata nel
forum “il mostro di Firenze”] che secondo lui era dovuto ad un indebolimento della molla di
recupero dell'arma: quindi per proprietà transitiva se la molla era indebolita, doveva aver già
sparato molti colpi, ergo essere “vecchia e d usurata”.
Ragionamento puramente ipotetico e ai confini della pura dialettica.

Infatti:
• “su un'arma chiusura a massa come l'arma usata nei delitti il contributo alla chiusura
dell'otturatore durante lo sparo dato dalla molla di recupero e' praticamente
trascurabile...a fronte di una forza media esercitata sulla faccia dell'otturatore di un
migliaio di newton la molla in questione si oppone con una decina di newton. Quindi
che sia nuova od indebolita il suo effetto in merito alla distanza di arretramento
dell'otturatore quando le pressioni in canna sono ancora alte e' praticamente nullo”.
[Fonte: utente MK108 – forum: il mostro di Firenze]
▪ “ciò significa che la gonfiatura del bossolo ha poco a che fare con le condizioni
della sua molla di recupero” [Fonte: utente MK108 – forum: il mostro di Firenze]

• “una gonfiatura anomala del bossolo può essere dovuta ad una camera di cartuccia
non proprio perfetta o magari ad un eccesso di materiale non presente in
corrispondenza della rampa di alimentazione”. [Fonte: utente MK108 – forum: il mostro di
Firenze]
◦ “può essere dovuto ad una fabbricazione in origine non perfetta oppure a modifiche
avvenute in seguito quando già in mano al suo proprietario (..manutenzione fatta
male...ritocchi mal eseguiti..)” [Fonte: utente MK108 – forum: il mostro di Firenze]

◦ “Ciò non significa necessariamente che l'arma e' vecchia o mal tenuta”. [Fonte: utente
MK108 – forum: il mostro di Firenze]

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Si noti tra l'altro che la perizia del 1968 del Col. Zuntini, identifica l'arma in un modello (in
un range di modelli), che comunque non sono antecedenti alla data di molti anni, e quindi
questo avvalora il concetto che il termine “vecchia” sia stato utilizzato più che altro come
strumento dialettico a rinforzo concettuale, piuttosto che come evidenza periziale.

E comunque non bisogna mai dimenticare che ipotizzare per veritiera una tale sostituzione /
manomissione / aggiunta / etc dei bossoli, implica senza scarto possibile:

• 1- Sostituzione/manomissione dei bossoli (ovviamente)

• 2- Sostituzione/manomissione delle macrografie allegate (con nuove ed artefatte ma


così bene da risultare indistinguibile dall’originale, anche all’occhio dello stesso
estensore)

• 3- Sostituzione/manomissione della relazione fatta dal Colonnello dei Carabinieri


Innocenzo Zuntini [NdA: relazione che descrive e tratta dei segni del percussore sui bossoli, di
proiettili Winchester, di serie “H”, etc] con una nuova, artefatta ma così bene da risultare
indistinguibile dall’originale, anche all’occhio dello stesso estensore e delle altre
Autorità competenti

• 4- Sostituzione/manomissione delle palle rinvenute (deformate e intrise di sangue e


carne umana del Lo Bianco e della Locci), a fini di coerenza

• 5- Ipotizzare il silenzio-assenso alla sostituzione/manomissione da parte dello stesso


Col. Zuntini (su ricatto? su minaccia? su complicità?), vista la sua successiva perizia
comparativa

• 6- E in base a quella quindi ipotizzare che nel 1982 il Colonnello dei Carabinieri
Innocenzo Zuntini, abbia (volutamente?) dichiarato il falso

• 7- Ipotizzare che i vari procuratori ed investigatori, ad esempio Izzo, Canessa, Vigna,


Della Monica, etc, non abbiano fatto veri e propri riscontri incrociando le perizie; o che
l’abbiano fatto, ma a quel punto,, “incapaci nel loro mestiere”, non siano riusciti ad
accorgersi della sostituzione/manipolazione

A fronte di tutto ciò, allo scrivente tale ipotesi risulta troppo complessa, complicata, con la
necessità di troppe persone coinvolte (e pure di peso, a volte pure di ambiti distinti), per
risultare credibile o anche solo plausibile.
Pertanto, non si ritiene di avvalorarla né di avvalersene nemmeno a livello di mera ipotesi
indiziaria.

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Addendum: sulle “impronte digitali” delle armi e sul munizionamento

In base a quanto esposto, possiamo dire: “pistola unica, mostro unico” senza che questo
infici il ragionamento e l’esposizione sul passaggio di mano dell’arma nel 1968. Vale
comunque la spesa fare una digressione e fornire alcune informazioni di dettaglio per quello
che riguarda i segni che lasciano le armi da fuoco: mi si passi il termine semplificatorio, delle
vere e proprie “impronte digitali”.

Quando viene esploso un colpo in un’arma da fuoco, si producono delle “impronte” sia sul
bossolo sia sulle palle.

Sulle palle
diventano quindi riscontrabili (e riconoscibili) i cosiddetti “fasci di microstrie” [NdA: numero di
righe, passo di rigatura della canna e direzione della rigatura ], impressi principalmente della rigatura
della canna dell’arma. Tali “fasci di microstrie”, possono “cambiare” (è possibile la presenza di
altre microstrie) ad ogni sparo, in quanto impiombatura, affumicatura e stato di
pulizia/sporcizia della stessa possono essersi modificati con l’uso. La superficie di impatto può
inoltre deformare la palla, rendendo più complicata la comparazione.
Dalle palle è possibile risalire al calibro dell’arma.

Dalla comparazione delle palle


è possibile determinare se due colpi sono stati sparti dalla stessa canna (per le armi da fuoco
a canna sostituibile, come ad esempio per i modelli di pistole Beretta calibro22 attribuita al
MdF).
Si noti che solo con l'introduzione della Legge 110/1975 [NdA: ART.11. IMMATRICOLAZIONE DELLE
ARMI COMUNI DA SPARO] è diventato obbligo la punzonatura del numero di matricola sulle canne
di ricambio

Sui bossoli
restano principalmente e più stabilmente impressi i segni lasciati da percussore, estrattore ed
espulsore. Tali segni sono più marcati rispetto alle microstrie riscontrabili sulle palle, e meno
soggetti a deformazioni. Sui bossoli, inoltre, possono restare impresse anche microstrie
derivanti dall’azione di carico/scarico del colpo dal caricatore.
Siccome “forza e qualità” dei segni è direttamente connessa alla forza dello sparo [ NdA: che
può dipendere anche dalla forza con la quale l'arma viene impugnata ] e siccome le cartucce possono non
essere tutte uguali (anche a parità di lotto di produzione) per qualità di carica (mal
conservazione, o minima differenza di propellente interno, ad esempio), è doveroso ricordare
appunto che su alcuni bossoli le impronte ivi impresse possono risultare più o meno marcate,
anche se i colpi vengono sparati contestualmente. Anche la forza umana con la quale l’arma è
impugnata al momento dello sparo, può incidere sulla qualità/profondità di tali impronte.

Dalla comparazione dei bossoli


è possibile determinare se due colpi sono stati sparti dalla stessa arma da fuoco (in quanto
percussore, estrattore ed espulsore sono normalmente de facto parte integrante dell’arma
stessa, e comunque non di semplice sostituzione per l’utente medio e non dotato di appositi
strumenti di lavoro).

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Un'arma che passa di mano ?

Compiuta l’azione omicidiaria, la calibro 22 L.R., che fine fa?


Per poter fornire la risposta, siamo obbligati a porci le domande giuste nel giusto ordine,
pena il perseverare tra le nebbie delle congetture.

Se infatti ci appelliamo alle pure illazioni, possiamo dire che davanti a noi si apre una quasi
infinita pletora di opzioni, tutte accettabili escluso quella, ovviamente, che l’arma sia stata
effettivamente distrutta.

Siccome questo documento di studio invece vuole e cerca il più possibile di restare ancorato a
quanto emerso nei dati nel corso delle investigazioni, all’esperienza storica investigativa
maturata dalle forza di Polizia e Carabinieri in generale, e alla consequenzialità logico-
deduttiva che preferisce evitare di ricorre a ipotesi non suffragate da rimandi diretti e che
dunque necessitano di variabili esterne per aver gambe su cui reggersi; a fronte di quanto
precedentemente scritto non diventa più possibile a questo punto sottrarsi dal confrontarsi
con l’idea che:
• - Terminato il duplice omicidio di Castelletti di Signa, nel momento in cui l’arma doveva
essere distrutta [NdA: come buon senso e prassi delinquenziale vuole], chi ne aveva compito
invece non lo fece, ingannando i propri complici.

Ma non si arriva ad una simile deduzione, perché di deduzione e non congettura si tratta,
tirando i dadi e sperando nella buona sorte o nel colpo ad effetto. Ci si arriva appunto, come
scritto ad inizio capitolo, ponendosi le domande giuste nell’ordine giusto.

“Eliminato l'impossibile, tutto ciò che resta, per quanto improbabile è la verità”
Sherlock Holmes

Per meglio chiarire e sottolineare l’importanza di questo argomento, ho suddiviso il capitolo in


due parti tematiche:
• a. Arma sporca non si tiene, arma sporca si distrugge
• b. Il passaggio di mano con l’inganno

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Arma sporca non si tiene, arma sporca si distrugge

Pur con le eccezioni che confermano la regola (e sovente la stupidità umana) questa, come
da titolo, è la prassi: una comune, normale e logica norma di prudenza.

Un po' come il cercare di lasciare il meno indizi possibili: impronte digitali qua e là sulle scene
dei crimini, agire di giorno a volto scoperto in luoghi frequentati, vantarsi pubblicamente in
giro dei crimini compiuti, etc.. accorgimenti che, ad eccezione di delitti commessi sotto la
spinta momentanea ed illogica di un “raptus di follia”, è difficile al limite dell'impossibile non
vengono presi in considerazione quando si parla di crimini e omicidi predeterminati.

Insomma, tutti comportamenti marcatamente prudenziali semplicemente normali e


pienamente logici. Poi, certo “errare è umano” e le eccezioni sempre esistono, ma... ciò
nonostante, proprio non possiamo però evitare di notare come simili attenzioni mirate alla
propria salvaguardia, siano sempre state invece adottate dal MdF e anche da tutti i soggetti
attenzionati per il delitto di Signa del 1968. [NdA: Vero che abbiamo visto come risulti meno plausibile
che la mano che sparò a Castelletti di Signa fosse la stessa che firmò i successivi delitti maniacali, ma altresì vero
che abbiamo notato come la sua presenza sulla scene e nella partecipazione di quel delitto, sia comunque da
prendere per certa]

Escludendo dunque un fallace ricorso ai “due pesi e alle due misure”, capire e spiegare il
passaggio da “stupidità-non-prudenziale” a “normale-astuzia-prudenziale” trova logica
conferma proprio e solo capendo come alla base di questa differenza sia necessariamente
dovuto esistere “un perché” ed un modo pratico e plausibile affinché tale “perché” trovasse
appunto reale sviluppo.

Poniamoci dunque davanti alla domanda:

• -Se hai ucciso qualcuno, e non stai pianificando di uccidere qualcun altro a breve
termine, per quale motivo dovresti conservare un’arma sporca capace di mandarti
dritto filato all’ergastolo, se ritrovata?
[“Uno degli indiziati dei delitti [NdA: Salvatore Vinci], parlando fuori verbale con i carabinieri che gli
chiedevano cose ne avrebbe fatto lui se avesse avuto un'arma che aveva già ucciso, rispose una cosa di
estremo buon senso: "Me la sarie tenuta o l'avrei distrutta" “ - Alessandro Cecioni - Intervista su Il Tirreno
- 11 aprile 2002 ].

Notate che una finestra temporale di 6 anni (1968/1974), certo non ricade nel concetto
né di “immediatezza”, né di “a breve termine”, né di “a medio termine”.

Possiamo quindi formulare solo ed esclusivamente due risposte a questo dubbio:

• 1) O per piena “stupidità”(disinteresse/errore/etc) tua e dei tuoi complici;


Ma nel caso del MdF e di Signa, di tutto si può parlare ma non certo di “stupidità” viste
tutte le attenzioni nella pianificazione dei delitti e nella riuscita degli stessi senza
lasciare tracce,

• 2) O perché, per una ragione particolare, l’esserne in possesso ti garantisce qualcosa.


E questo “qualcosa” è così importante per cui vale la pena correre il rischio di
conservarla.

Non ci sono altre opzioni sul campo.

La domanda è chiara, e altrettanto chiara deve essere la risposta.


E’ un aut-aut imprescindibile.

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Infatti una tale “ragione particolare” non può che appartenere solo a ben pochi ordini
contingenti di interesse.
Osserviamone nel dettaglio le possibilità:

• 1) Ti serve per ricattare gli autori/complici del delitto.


Specie se tu non hai sparato pur avendo partecipato

• 2) Ti serve per evitare che gli autori/complici del delitto possano cercare di “fregarti”.
Specie se tu non hai sparato pur avendo partecipato

• 3) Ti serve per difesa personale, nel breve periodo, contro gli autori/complici del
delitto.
Che intendono farti fuori per eliminare una scomoda voce a loro contra

• 4) Non hai alcuna altra maniera di entrare in possesso di un’arma da fuoco [NdA: ormai
scarica, però], ma vuoi a tutti i costi possederne una (perché già hai pianificato di usarla
in altro momento a breve termine).

Possiamo scartare questa ultima opzione (la 4):


in questo caso, in quanto da rapporti investigativi sappiamo come tutti i soggetti
attenzionati per il delitto di Castelletti di Signa, gravitassero e/o avessero conoscenze
più o meno forti più o meno labili, con ambienti di mala o ad essi contigui.

Dunque l’impossibilità di riuscire a reperire un arma [NdA: oltretutto in una finestra temporale
di ben 6 anni] non può essere portata a supporto, né per impossibilità fisica, né per
“volontà” di non ricorrere a canali che avrebbero potuto portare ad un riconoscimento
dello stesso.
In più, vi è sempre l’argomento munizionamento da tener presente. Due scatole da 50
colpi non è assolutamente plausibile che siano state portate appresso per l’azione del
delitto di Castelletti di Signa, e dunque qualche forma “extra legale” di
approvvigionamento (“mercato nero”? “furto”?), sono comunque da tenere in conto.

Inoltre non risultano altri delitti commessi in breve lasso di tempo dalla stessa arma

E' significativo aggiungere che:


qui, delitto di Castelletti di Signa, non stiamo parlando di associazioni mafiose criminali e/o
terroristiche, per le quali l’arma fa comunque parte di uno stock di armi a disposizione del
gruppo, per finalità di gruppo.

Qui, delitto di Castelletti di Signa, non vi è necessità di accumularne il più possibile per portar
avanti (tetre, inutili e sanguinarie) “campagne”, “lotte di lunga durata”, “armare eserciti del
Popolo”, come se stessimo parlando di gerarchiche e organizzate strutture paramilitari con
finalità rivoluzionarie.

Le varie organizzazioni di mafia/criminalità organizzata, vista anche la loro più facile


possibilità di approvvigionamento, sovente non si fanno poi proprio alcun problema a
distruggere, ad esempio, le armi utilizzate per delitti, magari fosse anche solo per delitti
eccellenti o comunque ad alto impatto mediatico.
Discorso differente può essere fatto per le organizzazioni terroristiche, dove sia per una
maggior difficoltà di canali di approvvigionamento di armi da fuoco, sia per la valenza
comunitaria e rivendicativa insita nel concetto stesso di lotta rivoluzionaria e di gruppo, non
solo la necessità di scrollarsi di dosso una possibile imputazione precisa per un reato è meno
sentita vista la scelta comunque associativa, ma è proprio l’organizzazione stessa ad attivarsi
alla conservazione del parco armi comune e “bene, come potere di fuoco” del gruppo.

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Qui, Castelletti di Signa, 1968, duplice omicidio di Barbara Locci e Antonio Lo Bianco, stiamo
parlando di un “classico”, “mediocre”, “normale” (scusatemi i termini in virgolettato) duplice
omicidio di provincia, a base di un mix di onore da riparare, vendetta, corna, male-voci di
paese, passione e forse anche una spicciola questione di soldi [NdA: ma non solo, come vedremo in
seguito.].

Qui, Castelletti di Signa, 1968, duplice omicidio di Barbara Locci e Antonio Lo Bianco, i
soggetti gravitanti attorno al delitto, non sono i Totò Riina, i Mario Moretti, i Mario Tuti, la
Mafia, le Brigate Rosse o Ordine Nuovo. Non c’è Bin Laden, non c’è la Banda della Magliana, i
Corleonesi o quelli della famiglia di Brancaccio. Non c’è un Salvo Lima, un Vittorio Bachelet o
un Giudice Occorsio a finire come bersagli.

Ordini di grandezza completamente differenti.


Qui abbiamo i Mele, i Cutrona, i Chiaramonti, i Mucciarini, i Vinci. E la Locci e il Lo Bianco.

Non risulta che la famiglia Mele, a esempio, fosse da identificare come un coacervo
organizzato di malavitosi dediti ad efferati o remunerativi delitti. Lo stesso dicasi per gli altri,
fratelli Vinci inclusi, pure il Francesco. Certo, e per il Francesco Vinci si può affermare con
pezze di supporto, non tutti degli degli stinchi di santo, degli specchiati padri di famiglia
timorati di Dio, dei possibili Padri Costituenti. Nomi con magari qualche amicizia con un piede
più nella criminalità che nella santità. Tutti magari, e probabilmente, viventi in un sottobosco
felliniano e di degrado, se si vuole. Ma certamente non stiamo parlando né di pericolosi
delinquenti incalliti e di riconosciuto spessore, né di famiglie organizzate e di peso nel mondo
della malavita organizzata.

Non stiamo nemmeno parlando di un insieme di “stupidi” e masochisti, però.


Gente “normale” (per l’ambiente e gli anni) per un certo qual verso.

Questi son fattori che non vanno affatto dimenticati, come purtroppo pare che accada
seguendo alcune ipotesi qua e là proposte con troppa leggerezza.

Il discorso riferito a Castelletti di Signa, dunque deve essere quindi posto su un piano più
“quotidianamente banalmente normale” per essere inquadrato nei suoi corretti parametri.

Tutti sanno, anche il “più semplice” di cervello sa [NdA: anche chi affetto da “oligofrenia di medio
grado con caratteropatia" – [Perizia De Fazio] che essere denunciati perché trovati in possesso di
un’arma da fuoco detenuta illegalmente non sia una di quelle cosa di cui rallegrarsi (vale per
qualsiasi denuncia, aggiungerei io).

E altrettanto tutti sanno, anche il “più semplice” di cervello, che se tale arma da fuoco è stata
direttamente coinvolta in una attività illegale (rapina a mano armata, ferimento di qualcuno,
omicidio, minacce, etc), esserne trovato in possesso porta inevitabilmente sulle spalle del
momentaneo possessore, il logico rischio di vedersi affibbiati (almeno in fase investigativa)
anche i reati di cui quell’arma si è nel tempo macchiata [NdA: “... l’avrei distrutta.” – dichiarazioni di
SV ai Carabinieri, fuori interrogatorio - Alessandro Cecioni - Intervista su Il Tirreno - 11 aprile 2002] .

Scartata dunque l’organizzazione mafiosa e quella terroristica, è comunque possibile


identificare 5 e solo 5 distinte posizioni che vedano per il caso in oggetto il mantenimento
dell’esistenza dell’arma “sporca” , anziché la sua distruzione:

• - La prima: la piena stupidità del possessore, autore del delitto, che se ne frega dei
rischi

• - La seconda: la necessità di conservarla a fini di ricatto/pararsi la schiena, nei

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confronti di chi quell’arma l’ha sporcata (risultando però così anch’egli complice)

• - La terza: che il possessore, consapevole di quali reati l’arma si è sporcata, sia in


grado esaurientemente e in maniera incontrovertibile, di poter dimostarne la sua
estraneità, nel caso in cui gli venisse trovata

• - La quarta: che il possessore non sia minimamente a conoscenza che l’arma sia
“sporca”

• - La quinta: che fosse necessaria conservarla per compiere a breve, giro di tempo,
uno o più ulteriori crimini e/o omicidi (possessore indifferentemente omicida o
complice)

Dobbiamo analizzarle ad una ad una. E così facciamo:

• - La quinta:
non risultando altri delitti commessi imputati alla stessa calibro 22 L.R. nelle
immediatezze dopo il 22 agosto 1968 [NdA: “Il g.i. prosegue le verifiche minuziosissimamente,
senza tralasciare piste diverse... quella relativa a Trentacosti Ciro, ferito a colpi di pistola cal. 22, a Lastra
a Signa, tempo dopo i fatti, legato al Lo Bianco e non ignoto al Vinci” – Sentenza Rotella], dunque
questa opzione deve essere scartata.

Anche nel caso questi altri (ipotetici) delitti non fossero avvenuti per intercorsa
cessazione della necessità/volontà di essere compiuti, il fatto conclamato e certo è che
l’arma non venne affatto distrutta, obbligando il ragionamento a scartare tale opzione
n°5, o al limite facendola ricadere in una delle restante opzioni.

Resta dunque irrisolta la domanda “perché venne conservata e non distrutta ”

• - La quarta:
ovviamente, non può essere chiamata in causa per la notte del 22 agosto 1968. Chi
era lì, sapeva e ha visto benissimo di cosa e come si era sporcata quell’arma.

Resta dunque irrisolta la domanda “perché venne conservata e non distrutta ”

• - La terza:
anche questo caso, non è di pertinenza con il duplice delitto di Castelletti di Signa. Può
benissimo darsi che sull’arma non ci siano le sue impronte, non avendo magari lui
direttamente sparato, ma la sua complicità è indiscussa e la possibilità di dimostrare la
sua estraneità per nulla evidente o garantita. Al limite, a cascata, rientra nella prima
opzione.

Resta dunque irrisolta la domanda “perché venne conservata e non distrutta”

• - La prima:
questa opzione, se pur dotata già di una maggior confidenza rispetto alle precedenti,
proprio per la storia dei delitti del MdF, risulta anch’essa da prendere molto con le
molle, e alla fine scartarla.
▪ - Architettazione, sviluppo e conduzione dell’azione omicida del delitto di Signa
(e/o pianificazione, sviluppo e conduzione dei successivi delitti del MdF), non
lasciano trasparire un grado di così eclatante oggettiva “stupidità”.

▪ - Scelta di un gruppo di complici fidati, preparazione di alibi per ogni


partecipante, utilizzo di un mezzo di trasporto per pedinare l’auto del Lo Bianco,

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precauzione nel non lasciare impronte digitali o nel cancellarle, imbeccate al


Natalino affinché ritardasse la partenza delle indagini [NdA: ad esempio: avvisare il
De Felice alle due in punto; non dire come madre e zio siano morti; non dire “il suo cognome” -
Sentenza Rotella]: nulla di tutto questo depone a favore dell’ipotesi “manifesta
stupidità eclatante” in merito al conservare l’arma “sporca”.

Resta dunque irrisolta la domanda “perché venne conservata e non distrutta”

• - la seconda:
Per esclusione logica, non resta che prendere in considerazione, e per buona, tale
seconda voce: ossia la necessità di conservarla a fini di ricatto/pararsi la schiena, nei
confronti di chi quell’arma l’ha sporcata [NdA: risultando però così anch’egli complice]

Solo a questa condizione, che abbiamo visto essere l’unica sopravvissuta, possiamo adesso
affrontare il nodo del “passaggio” di arma [NOTA*1].

[NOTA*1]: All’interno di questo documento di studio, viene anche proposta una “versione alternativa” riguardo al
pregresso possesso della calibro 22 L.R. e passaggio di arma “sporca”. Tale versione alternativa, viene esposta
come risultante logica altrettanto plausibile, e dunque non escludibile a priori. In entrambi i casi, ragione per la
quale è inclusa in questo documento anche se in sezione a sé stante, questa versione alternativa non impatta
l’impianto generale. E' bene sottolinearlo: che la calibro 22 LR sia rimasta in possesso del “primo” proprietario o
abbia “cambiato di mano” dopo il delitto della notte del 21 agosto 1968, non incide sulle dinamiche di scelta,
pianificazione e realizzazione del delitto del 1968.
[NdA: Vedasi Capitolo “APPENDICI / EXTRAS/ “Ripensando il 22 agosto 1968; una variante sul passaggio d’arma”]

Ragioni specifiche per una tale funzione di “ricatto/premunirsi di parare la schiena”, vengono
dettagliatamente spiegate nell'apposita sezione e capitolo di riferimento a proposito del
delitto di Castelletti di Signa e nel capitolo “alternativo”. Portate pazienza, e le leggerete nel
dettaglio dei vari soggetti coinvolti; scriverne qui ora sarebbe fuorviante e di difficile
comprensione logica in mancanza di ulteriori dettagli.

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Il passaggio di mano con l'inganno

Senza necessità ormai di dover riprendere il discorso che vede due mani differenti tra quella
che sparò la notte del 22 agosto 1968 e quella che sparò la notte del 14 settembre 1974,
possiamo proseguire seguendo il filo logico precedentemente iniziato del “perché” l’arma
“sporca” non venne distrutta, ed in particolare la conclusione raggiunta.

Quanto su discusso analizzato e conseguito, abbiamo visto come implichi de facto un


passaggio di mano dell’arma “sporca” [NdA: molto probabilmente verso un soggetto non direttamente
sparatore a Castelletti di Signa, ma comunque attivamente lì presente come si vedrà nel dettaglio].

Che a Signa avesse poi anche sparato o meno, al momento possiamo dire che il dato risulta
ininfluente per adesso.

Infatti:
se l’arma “sporca” non fosse stata “sporcata” dal soggetto incaricato di distruggerla (dunque
senza su le sue impronte digitali)
• a) avrebbe avuto possibilità di utilizzarla a fini di ricatto verso altre persone, ancorché
complici (del resto, non essendo lui stato a sparare, sull'arma se non già ripulita,
sarebbero rimaste le impronte proprio dei complici);

• b) avrebbe comunque valido motivo di doversi “parare la schiena” dai suoi (ex)
complici.
Lui infatti sarebbe comunque quello:
▪ 1-che poteva rischiare di essere accusato dagli altri accomunati in sodalizio,
avendo così minori possibilità di difesa di fronte ad una accusa comune portata
avanti da più soggetti

▪ 2-era comunque un rischio per i suoi ex complici, avendo con loro partecipato e
dunque sapendo come erano andate le cose e i nomi dei partecipanti e non si
vede perché non avrebbe dovuto dirli alla Autorità competenti una volta tradito,
denunciato o preso

Ma anche:
se l’arma “sporca” fosse stata “sporcata” dal soggetto incaricato di distruggerla (dunque con
su le sue impronte digitali):
• a) avrebbe avuto possibilità di poterla utilizzarla a fini di ricatto verso altre persone,
ancorché complici (tramite previa cancellazione delle sue impronte dall'arma);

• b) avrebbe comunque valido motivo di doversi “parare la schiena” dai suoi (ex)
complici.
Lui infatti sarebbe comunque quello:
▪ 1-che accusato da altri accomunati in sodalizio avendo così minori possibilità di
difesa di fronte ad una accusa comune portata avanti da più soggetti, ed avendo
pure l'arma in suo possesso, avrebbe avuto minori possibilità di farla franca con
una spiegazione

▪ 2-continuava comunque a rappresentare un rischio per i suoi ex complici,


essendo lui sì in grado di incastrare i suoi complici, semplicemente ripulendo
l’arma dalle proprie impronte e facendola ritrovare con una banale telefonata
anonima, nascosta nelle pertinenze di uno dei complici, ad esempio

▪ 3-sarebbe comunque a conoscenza dei nomi dei partecipanti e non si vede

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perché non dovrebbe dirli alla Autorità competenti una volta denunciato dai suoi
stessi ex complici, essendo venuto a mancare anche il legame fiduciario di
complicità.

Siccome è importante valutare ogni pro e contro a supporto o meno di quanto esposto, per
fare questa verifica dobbiamo adesso elencare le possibilità/modalità con cui un passaggio di
un arma macchiata di un duplice omicidio possa avvenire.
Stiliamo dunque una serie di domande di senso omni-comprensivo, valutando ed inserendo
però le risposte nel loro reale contesto della notte del 22 agosto 1968 a Castelletti di Signa,
perché è sul quel momento e quel delitto e quei soggetti che il ragionamento va calibrato, se
non si vuole restare bloccati nell’illazione che tutto permette e nulla chiarifica.

Come macro-domanda, dobbiamo chiederci, e rispondere, sul grado di “consapevolezza”


dell'entrata in possesso dell'arma “sporca”.

Abbiamo quindi due e solo due possibilità:


• a) quella che analizza l’ “ entrata in possesso “consapevole” di un’arma “sporca” ”
• b) quella che analizza l’ “ entrata in possesso “inconsapevole” di un’arma “sporca” ”

• A) Nel caso di entrata in possesso “consapevole” di arma “sporca”


la modalità con la quale l’attuale possessore ne è venuto in possesso è riconducibile
solo ai seguenti casi:
▪ a1- Ne era in possesso già ai tempi dei reati (e ne era dunque il responsabile)
▪ -implicando direttamente che nessun passaggio di mano avvenne.
Scartato per quanto su dedotto per esclusione [NOTA*1]

• [NOTA*1]: All’interno di questo documento di studio, viene anche proposta una “versione alternativa”
riguardo al pregresso possesso della calibro 22 L.R. e passaggio di arma “sporca”. Tale versione
alternativa, viene esposta come risultante logica altrettanto plausibile, e dunque non escludibile a priori.
In entrambi i casi, ragione per la quale è inclusa in questo documento anche se in sezione a sé stante,
questa versione alternativa non impatta l’impianto generale. E' bene sottolinearlo: che la calibro 22 LR sia
rimasta in possesso del “primo” proprietario o abbia “cambiato di mano” dopo il delitto della notte del 21
agosto 1968, non incide sulle dinamiche di scelta, pianificazione e realizzazione del delitto del 1968.
[NdA: Vedasi Capitolo “APPENDICI / EXTRAS/ “Ripensando il 22 agosto 1968; una variante sul passaggio
d’arma”]

• a2 - Acquisto da terzi, che si prende la briga di mettere in guardia l’acquirente di


cosa si sta portando a casa, o acquirente che già sa.
▪ - una vendita (soldi per arma) contestualmente al duplice omicidio
la notte del 22 agosto 1968 suona altamente improbabile per non
dire impossibile.
Dunque opzione scartata

▪ - A priori non potrebbe invece essere scartata l’opzione che vede la


cessione della pistola come forma di pagamento, previo pattuito,
per la complicità nella realizzazione del delitto.
Ciò farebbe immediatamente pensare al fatto che la complicità sia
da intendersi come “mercenaria”, dunque con aspetti di estraneità
rispetto all’altro/i complice/i [NdA: non facente parte dello stesso legame di
sangue, ad esempio]; con alla base uno scambio vero e proprio,
tipo: tu metti a disposizione questo (auto) e in cambio ottieni
quello (pistola).
In base però a quanto precedentemente dedotto relativamente alla
non distruzione dell’arma, anche questa voce sarebbe da ritenere
scartata.

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MA letta invece all’interno di un pre-pianificato piano truffaldino di


una mente astuta [NdA: ossia come ufficiale richiesta di pagamento, già ben
sapendo che poi la si vuole usare come strumento di ricatto] , questo tipo di
“vendita/pagamento”, riveste criteri di plausibilità.
Opzione dunque accettata

• a3- Furto/inganno commesso dal momentaneo possessore, ai danni del precedente


già conoscendo la storia criminale di quell’arma da fuoco (confidenza/complicità col
precedente possessore)
▪ -questa ipotesi, nella visione di chi incaricato a fine azione
omicidiaria di distruggere l’arma, ed invece di distruggerla la
conserva per sé a probabile scopo “ricattatorio/di pararsi la schiena
dai complici”, in ragione di quanto esposto nel capitolo precedente,
ha ovviamente piena plausibilità.
Opzione dunque accettata.

• a4- cessione volontaria a titolo gratuito da parte del vecchio possessore al nuovo,
che si prende la briga di avvisarlo che l’arma è “sporca”
▪ -valgono in questo caso, tutti le risposte fornite al punto a2)
Dunque opzione scartata.

Passiamo adesso ad analizzare la seconda tipologia di casistica.

• B) Nel caso di possesso inconsapevole di arma “sporca”


la modalità con la quale l’attuale possessore ne è venuto in possesso, possono invece
essere:
▪ b1- Acquisto da terzi, che non si prende la briga di mettere in guardia
l’acquirente di cosa si sta portando a casa (perché non lo sa o non glielo vuol
dire)
▪ - In base a quanto dedotto al capitolo precedente, ed in base al fatto
che stiamo parlando della notte stessa del 22 agosto 1968, è da
ritenersi priva di ragione logica.
Opzione dunque scartata

▪ - inoltre immaginare che qualcuno venda un arma in grado di


incastrarlo e mandarlo all’ergastolo e che in più avvisi l’acquirente del
fatto sé riguardante, risulta fuori da ogni naturale logica umana.
Opzione dunque scartata

▪ b2- Furto/inganno commesso dal momentaneo possessore, ai danni del


precedente, non avendo la minima idea della storia criminale dell’arma
▪ - Per quanto dotata di logica coerente con quanto esposto nel capitolo
precedente, tale opzione non risulta plausibile appena la si cala nella
notte del 22 agosto 1968 a Castelletti di Signa.
Opzione dunque scartata

▪ b3- Reperimento casuale (arma abbandonata dal precedente possessore e


casualmente ritrova dall’attuale)
▪ - anche questa opzione, calata nel reale della notte del 22 agosto 1968
a Castelletti di Signa, non può rivestire alcuna plausibilità. I
partecipanti erano in possesso di ogni informazione circa l’uso che la
pistola aveva fatto. L’ “inconsapevolezza” per i partecipanti all’azione
non può essere tirata in ballo, facendo ritornare al la domanda del

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“perché non venne distrutta”.


Opzione dunque scartata

▪ - Lo stesso dicasi per un altamente improbabile “sconosciuto” che


casualmente si fosse venuto a trovare proprio lì, proprio quella notte, e
proprio senza che nessuno si accorgesse di lui [NdA: né la Locci e il Lo
Bianco prima, né gli assassini poi, e nemmeno il Natalino Mele nel suo peregrinare per
stradine e campi poi].
Comunque, anche in questo caso, “lo sconosciuto casualmente sul
luogo del delitto e fortunatamente per lui non notato da nessuno”,
avrebbe saputo benissimo che si trattava di un’arma sporcata con un
omicidio, duplice, e quindi si ritornerebbe alla domanda del perché la
raccolse e conservò.
Altrettanto Non riveste ovviamente alcuna plausibilità che si potesse
essere trattato di uno “sconosciuto qualsiasi” che arrivato nei pressi
della scena di un crimine, a lui ignoto, al buio senza luna, senza aver
visto dove ipoteticamente fosse stata tirata al suolo, avrebbe potuto
fortuitamente trovare l’arma (e le munizioni?).
Opzione dunque scartata

▪ b4- cessione volontaria a titolo gratuito da parte del vecchio possessore al


nuovo, che pur sapendo di cosa l'arma sia “sporca”, volutamente si guarda bene
dall’avvisarlo che l’arma sia appunto “sporca”
▪ - Per quanto questa sia una delle opzione da prendere in
considerazione, una volta calata nel contesto della notte del 22 agosto
1968, perde ogni significato.
Opzione dunque scartata.

▪ - Anche in un’ottica più vasta e generale, chi sporca l’arma, sa di


doversene disfare, distruggendola. Cedendola a terzi, se è pur vero
che se ne sbarazza fisicamente dalle mani, al contempo la assegna ad
altra persona sulla quale non ha possibilità di esercitare controlli di
sicurezza in merito a come userà, mostrerà, perderà, racconterà,
venderà, si farà trovare addosso l’arma che gli può valere una
denuncia per duplice omicidio. Ma essendo l’acquirente ignaro di tale
fatto, appena messo alle strette non avrebbe alcuna difficoltà a fare il
nome di chi gliela aveva venduta.
Opzione dunque scartata.

Siamo ormai prossimi alla conclusione di questo capitolo. Procedendo per esclusione, siamo
arrivati a restringere il campo a due sole opzioni plausibili, logiche, di buon senso, e dunque
in linea di principio accettabili.
Infatti, solo ed esclusivamente queste uniche due opzioni sono sopravvissute al vaglio critico.

Ed entrambe rimandano e sottendono un passaggio di mano di arma “sporca” consapevole e ,


avvenuto “inganno” (più o meno pianificato nel dettaglio che si voglia vedere):

• 1)- Passaggio/possesso consapevole di arma “sporca”


Furto/inganno commesso dal momentaneo possessore, ai danni del
precedente già conoscendo la storia criminale di quell’arma da fuoco.

Questa ipotesi vede chi, incaricato di distruggere l’arma, invece la conserva per sé, con
probabile intento ricattatorio/precauzionale verso il/i complice/i.

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• 2)- Passaggio/possesso consapevole di arma “sporca”


Cessione della pistola come forma di pagamento, previo pattuito, per la
complicità nella realizzazione del delitto.

Ciò fa immediatamente pensare che la complicità sia da intendersi come “mercenaria”,


dunque con aspetti di estraneità rispetto all’altro/i complice/i [NdA: non facente parte dello
stesso legame di sangue, ad esempio]; e con alla base uno scambio vero e proprio, tipo: tu
metti a disposizione quello (auto) e in cambio ottieni questo (pistola).

Questa opzione, può essere però letta solo ed esclusivamente nell’ottica di un pre
pianificato inganno [NdA: ossia arma come richiesta ufficiale di pagamento proprio perché “sporca”,
già ben sapendo che la si vuole usare a fini ricattatori/precauzionali] .

Ci poniamo, per dovere di obiettività, una ultima obiezione prima di chiudere il capitolo.

D1: E’ possibile immaginare che, il soggetto entrato in possesso dell’arma “sporca” a fine
delitto, ne abbia mantenuto la detenzione con l’espresso proposito di usarla 6 anni dopo?
R1: No. Certamente non nei termini maniacali in cui fu utilizzata, non essendo il soggetto
ancora manifestamente mostro.

E’ però corretto, se posta sotto altri termini, valutare l’opzione che:


• - il “nuovo” possessore potesse essere intenzionato a commettere delitti non maniacali
fin da subito dopo il delitto di castelletti di Signa (da lì la necessità di procurasi e
detenere la calibro 22 L.R.), ossia che comunque un briciolo di equilibrio mentale,
psichico o di altra natura, lo abbia invece trattenuto.

Innanzitutto è giusto dire che a ciò, risulta impossibile fornire risposta sicura.

Nel mondo reale, tutto è indubbiamente possibile fino a che avviene rispettando le Leggi della
fisica e della chimica. Ciò nonostante, a fronte di tutto il precedente ragionamento e di tutti
gli altri dati di supporto che verranno portati all’evidenza del lettore, non credo che questa
possa risultare l’opzione di maggior credibilità.
Difficile poter immaginare una persona, per quanto magari già affetta da “strane turbe”, che
a priori sappia che tali turbe, nel giro di qualche anno, si evolveranno in una conclamata
patologia criminale omicida seriale.

MA quello che deve essere ben chiaro fin da subito è che:


“l'inganno” ha il suo significato primario nell'ingannare i complici relativamente alla
distruzione della stessa
• menzogna che dunque risulta totalmente e “completamente svincolata” dalla
provenienza della arma stessa.

Ossia è dato di fatto svincolato dal sapere se l'arma sia stata messa a disposizione da
chi aveva anche il compito di distruggerla o da uno o più degli altri complici.
▪ Si noti che: Anche provando ad immaginare che l'arma fu messa a disposizione
[NdA: e anche usata al limite] dalla stessa persona che visto che era la sua a fine
azione omicidiaria ne rimase in possesso, non cancella la norma di comune
prudenza che il piano ed i complici chiedessero, immaginassero, pretendessero a
gran voce la distruzione della prova regina, ossia dell'arma stessa.
Quindi, anche a tale condizione, “inganno” ci fu.

Riassumendo:
che lo si voglia o meno, con più o meno dettagli certi, indizi univoci o assenti: nessuna altra
opzione eccetto quella dell’inganno [NdA: pensato sull’immediato o premeditato] resta sul piatto.

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Un anonimo profilo pratico e psicologico

Il termine stesso utilizzato per indicare il pluriassassino di coppiette vicino Firenze, il


“mostro”, già ci fornisce una prima indicazione: ossia che non stiamo parlando di un semplice
assassino qualsiasi, ma di un particolare ed abbastanza specifico tipo di criminale omicida: un
cd. serial killer.
Oggigiorno, in tutti i paesi del mondo, esistono sezioni e reparti specifici di investigatori che si
occupano di analizzare e dare la caccia a questo tipo specifico di criminali. All’epoca dei
delitti, in Italia, tale approccio logistico e investigativo ancora non aveva forma, concetto e
struttura a differenza che in America ad esempio.
E proprio in America, nel 1989, la Procura di Firenze si rivolse, contattando il Forensic
Behavioral Science Investigative Support Unit della FBI per farsi stilare un “profilo” del MdF
[Profilo FBI del Mostro di Firenze].

Risultato? Premettendo che ovviamente il “profiling” non può e non deve essere considerato
una “scienza esatta” (essendo più che altro basato su esperienza di indagine, casistica
storica, studi comportamentali), ecco alcuni estratti di tale lavoro:

• - “In quanto vittime a basso rischio, non è verosimile che esse fossero particolare
obiettivo di un attacco da parte di un aggressore, ma che esse fossero semplicemente
vittime dell’occasione di essere casualmente disponibili all’aggressore nel momento e
nel posto che lui scelse per portare i suoi attacchi”
[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• - “Non è probabile che l’aggressore conoscesse o fosse personalmente in contatto con


alcuna delle vittime”.
[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• - “Piuttosto, le vittime gli erano sconosciute e divennero vittime semplicemente perché


erano a lui disponibili quando scelse il luogo per i suoi attacchi”.
[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• - “Questi otto attacchi sono stati perpetrati, nell’opinione degli analisti che hanno
esaminato il materiale inviato, dal medesimo aggressore, che ha agito da solo.”
[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• - “E’ verosimile che l’aggressore abbia familiarità con le aeree in cui questi crimini sono
stati commessi”.
[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• - “L’aggressore è sufficientemente familiare con queste aree da sapere che tali aree
sono frequentate in modo routinario da coppie che si possono impegnare in varie fasi
di attività sessuale nella privacy relativa che queste zone consentono loro”.
[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• - “Inoltre, queste aree sono piuttosto remote e in una natura rurale, verosimilmente
note solamente agli individui che hanno un’intima conoscenza dell’area di Firenze”.
[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• - “Si ritiene che l’aggressore divenne specificatamente familiare con i luoghi dei singoli
attacchi in seguito ad una sorveglianza e ad una selezione dei luoghi prima
dell’aggressione.”
[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• - “E’ verosimile che l’aggressore abbia sorvegliato le sue vittime fino a che loro erano

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occupati e impegnati in qualche forma di attività sessuale. Era a quel momento che
l’aggressore sceglieva di colpire, utilizzando la sorpresa, la velocità e un’arma che
consentisse un’immediata incapacitazione.”
[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• - “Questo stile particolare di avvicinamento è generalmente indicativo di un assalitore


che ha dei dubbi sulla sua abilità nel controllare le sue vittime, che si sente
sufficientemente inadeguato nell’interagire con vittime “vive”, o che si sente incapace
di un confronto diretto.”
[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• - “Il “senso di dominio” e il rituale sono molto importanti per questo aggressore.Ciò
spiegherebbe perché le vittime femminili erano generalmente spostate a qualche
distanza dal veicolo contenente i loro compagni maschi.”
[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• - “Nonostante l’assenza di penetrazione del pene/eiaculazione da parte


dell’aggressore, queste sono tutte offese motivate sessualmente.La mutilazione degli
organi sessuali della sua vittima rappresenta sia l’inadeguatezza sessuale
dell’aggressore, che la sua rabbia verso di loro.”
[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

Non sentendoci per nulla intimoriti dall'autorevolezza degli esperti della FBI, e avendo un
quadro più ampio di dati aggiuntivi rispetto a quelli in loro possesso all'epoca, tocca
comunque anche a questo documento, fornire una propria propria chiave di lettura
interpretativa del possibile profilo psicologico, istoriale e caratteriale, di una persona, data per
generica e ignota in questo momento, che avesse compiuto la serie di delitti attribuita al MdF.

A questa, verranno affiancati stralci di letteratura scientifica medico-psichiatrica e


criminologica, al fine di poter meglio comprendere come patologie psichiatriche, specie in
ambito criminale, ma non solo, possano trovare radici e cause.

Base da cui partire quindi, è innanzitutto ricapitolare una serie di punti che servono
necessariamente ad inquadrare le scene e le scenografie dei delitti al MdF attribuiti. Come già
precedentemente espresso, non è scopo e dunque compito di questo lavoro né di questo
capitolo, entrare nei singoli dettagli che qui, per brevità, vengono proposti come già analizzati
e già “digeriti” ed accettati.

Ci troviamo dunque di fronte ai seguenti punti da mettere sulla bilancia:

• -Delitto 1968: estraneo e non facente parte della serie maniacale


▪ - Assenza tracce di “sfoghi” maniacali

▪ - Presenza plurima di soggetti sulla scena del crimine

▪ - Rispetto ai seguenti, riveste comunque un intrinseco valore di ispirazione


“scenografica di contesto” (per arma da fuoco, coppia, intimità,luogo, tempo,
etc)

▪ - Delitto dunque che lascia una impronta nell’immaginario del mostro, che infatti
tenderà poi a ripeterne la cornice di contesto negli altri delitti (nonché ricorrendo
alla medesima arma)

• -Serie dal 1974 al 1985 presenta direttamente i tratti tipici della azione seriale:

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▪ - Modus operandi
▪ - armi (calibro22, lama mono-tagliente)

▪ - ambiente d’azione (campagna, notte, festivo/per-festivo/ area


circoscritta attorno Firenze)

▪ - tipologia vittime (coppie; fondamentalmente distratte dall’intimità,


costrette in spazi angusti)

▪ - assenza di impronte lasciate (probabile uso di guanti e attenzione a


non lasciare impronte al suolo) [NdA: “...un coperchio in plastica che ne
copre parzialmente il capo e che da all'osservatore l'impressione di un
tentativo di occultamento accessorio (Il rilevamento dattiloscopico
su bidoni e coperchio dara' esito negativo )” - Fonte: Calibro22
Blogspot]

▪ - tipo d’azione (attacco a colpi di arma da fuoco, uso del coltello


sempre solo in un secondo tempo)

▪ - assenza di interazione con le future vittime prima degli spari

▪ - assenza di indizi significativi che indichino una pregressa conoscenza


tra mostro e vittime (almeno di tipo bivalente, ossia di reciprocità)

▪ - pregresso conoscimento dei luoghi da parte del Mostro (capacità di


muoversi al buio senza farsi notare, senza lasciare tracce, capacità di
orientamento al buio durante l’abbandono della scena del crimine)

▪ - velocità e rapidità d’azione

▪ - Escissioni di carattere prettamente sessuale, solo su corpi femminili


▪ - non in tutte le occasioni, ma quando assenti, logici motivi a tale
mancanza sono comunque presenti

▪ - Accanimento con colpi di armi da taglio sui cadaveri di entrambi i sessi


▪ - alcuni colpi inferti in limite vitae, probabilmente per accertarsi della
effettiva morte della vittima, altre volte inferti certamente post
mortem, dunque con volontario intento dispregiativo

▪ - Serial killer unico e solitario


▪ - Assenza di ogni tipo di indizio che faccia pensare a più persone sulla
scena del crimine (per l’esattezza sarebbe meglio addirittura parlare di
totale assenza di tracce in generale)

▪ - Ripetizione della manualità per i tagli escissori

▪ - Ripetizione delle modalità di aggressione di sparo

▪ - Ripetizione del “germe di follia” che spinge ad uccidere in quel modo


e compiere quelle escissioni

▪ - Per il tipo di attacco, fulmineo, e per il tipo di interazione coi


cadaveri, non risulta condizione “sine qua non“ la necessaria presenza

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di ulteriori soggetti

▪ - Per il numero di colpi sparati per azione, non si necessità di ulteriore


armi da fuoco (e teoricamente nemmeno di ulteriori caricatori di scorta
utilizzati)

▪ - Per i bossoli ritrovati, non si paventa la presenza di ulteriore armi da


fuoco

▪ - Premeditazione e autocontrollo
▪ - Sopralluogo dei posti (buon orientamento al buio, assenza di tracce)

▪ - Uscita di casa con appresso calibro22, munizionamento, lama mono-


tagliente, guanti (assenza impronte), luce portatile (pila, luce a
caschetto, etc), vestiti/saponi/stracci/etc. atti a potersi ripulire (?)
(almeno alla bell’e meglio dalle eventuali e probabili macchie di
sangue)

▪ - Scelta del periodo in cui colpire (possibile cadenzialità degli attacchi),


normalmente non nelle stagioni fredde e non in periodi
particolarmente piovosi, possibilmente vicino a notti di novilunio (più
scure), possibilmente a ridosso di giorni non lavorativi [NdA: “Tavola
comparativa condizioni Meteo”]

▪ - Assenza di pubblica rivendicazione dei delitti, assenza di tentativi di


mettersi in contatto con la stampa e/o con gli inquirenti [NdA: ad
eccezione della sicura lettera col macabro feticcio, inviato nel 1985 alla della Monica].
[NdA: si vedrà in seguito, parlando del soggetto in esame, come questo possa essere
considerato un punto molto controverso]

▪ - Capacità a gestire la cadenzialità temporale tra i delitti

▪ - Limitazione dei rischi, e/o insicurezza/codardia


▪ - Fase di attacco sempre a colpi di pistola (massimizzazione del danno
nel minor tempo possibile e con la minor interazione possibile con le
vittime)

▪ - Il bersaglio maschio sempre colpito e messo fuori capacità di risposta


per primo

▪ - Attacchi notturni, possibilmente a ridosso di noviluni (notti più buie)

▪ - Attacchi a persone che si trovano in costrette in spazi angusti e con


ridotte possibilità di manovre evasive o di reazione

▪ - Attacchi a persone che si trovano in stato di forte distrazione emotiva


e fisica

▪ - Assenza di comunicazione diretta con la stampa e con gli inquirenti


(eccezione solo nel 1985 con la macabra lettera con il brandello di
carne dentro)

▪ - Uso di guanti (assenza impronte digitali)

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▪ - Attenzione a non lasciare indizi

▪ - Pugnalate (solo alcune, per intendersi) date in limite-vitae, per


accertarsi dell’avvenuto decesso e/o comunque della impossibilità di
reazione

▪ - Componente feticista
▪ - Uso “rituale” della stessa arma (dal 1974 al 1985 risulta difficile
credere che non sarebbe potuto entrare in possesso di altra arma da
fuoco)

▪ - Uso della stessa lama (molto probabilmente)

▪ - Asporto delle parti escisse (quando le escissioni sono presenti)

▪ - Il rovistare tra gli oggetti personali delle vittime (ed il


possibile/probabile prelevarne alcuni), in alcuni casi

▪ - Componente narcisista
▪ - “Rivendicazione pubblica” dei delitti, in primis col tramite dei bossoli
(un semplice sacchetto di tela fissato all’arma, avrebbe potuto fungere
da sistema di recupero dei bossoli, ad esempio)

▪ - Lettera con parte di escissione inviata alle Autorità

▪ - Componente sessuale
▪ - Indubbia. Anche se non nella “solita” accezione che normalmente un
simile concetto si porta appresso, nel senso cercare nel sesso un’
appagamento fisico carnale, ancorché violento e/o in forme e schemi
fuori dai normali canoni di contesto sociale. Qui la componente
sessuale risulta evidente solo in quanto ad essere attaccate ed uccise
sono coppie in atteggiamenti “intimi”, e perché sul corpo della donna
vengono praticate escissioni di organi di tipica valenza sessuale (pube,
mammella).

▪ - Lo scopo primario auto-appagante, e dunque la fantasia psicotica ad


esso sottesa, pare risiedere solo ed esclusivamente nell'uccidere
coppie (minimo comune denominatore, e mancanza di reiterazione dei
delitti su breve finestra temporale quando le escissioni non vengono
compiute);

▪ - Lo scopo primario auto-appagante inoltre comunque può/deve essere


letto in concomitanza di ulteriori pulsioni, come ad esempio una
componente di “umiliazione”/ “massimo sfregio”/ “disprezzo” se non
per la parte escissa in sé, almeno per il ruolo femminile della dona in
quanto tale.

▪ - In nessun caso vi è traccia di stupro e/o violenza carnale (fa


eccezione il tralcio di vite, ma anche in questo caso è improprio parlare
di stupro e/o di violenza carnale [NdA: “E' stato invece rinvenuto un tralcio di
vite conficcato in vagina, e sui bordi della vulva, in posizioni simnietricamente
opposte, due escoriazioni non sanguinanti (una tra le ore 5 e 6; l'altra tra le ore 11 e
12), imputabili verosimilmente ad una semplice e superficiale azione abrasiva del
ramo. Non vi Sono elementi che consentono di dedurre se tale atto è stato compiuto

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precocemente (come per utilizzare un sostituto del pene per usare violenza alla donna
e procurarsi così piacere sessuaie) o tardivamente (come per un ultimo atto dì
disprezzo).Certamente l'atto non sembra sia stato compiuto con violenza, nè
reiteramente, come sarebbe per uno stupro simulato o di un atto compiuto con
rabbia: sarebbero certamente state descritte, in tal caso, lesioni più evidenti e
macroscopiche ” - Perizia De Fazio].

▪ - In nessun caso vi è traccia di eiaculazione (né sui corpi, sui vestiti,


oggetti, etc), e anche questo depone a formare la convinzione che i
mortali assalti non siano legati al conseguimento, hic et nunc, di un
appagamento sessuale, ma che scopo e fine risiedano proprio
nell’uccidere per uccidere, ossia:
▪ nel distruggere coppie, in quanto coppie principalmente e
solo secondariamente per conseguire i macabri “trofei” di
parti femminili connesse alla sessualità, alla fertilità, alla
coppia, alla famiglia

▪ - Assenza di componente sadica, piuttosto presenza di componente dispregiativa


umiliatoria
▪ - A differenza di quello che può sembrare a prima vista (sangue,
dolore, morte, escissioni), appare altamente improbabile che le ferite
con arma da taglio inferte in limite-vitae e post mortem, siano
l’espressione di una componente sadica del soggetto (le seconde in
particolare). Il sadico trae infatti appagamento e piacere dalla
sofferenza delle proprie vittime, spesso prolungandone la vita e
dunque la sofferenza. Nei casi del MdF invece, le vittime vengono
uccise nel giro di brevissimo tempo, a volte quasi sul colpo. In maniera
si può dire anonima da tanto l’attacco è veloce ed inaspettato.
▪ - Non vi sono segni di particolari interazioni coi corpi
(spostamenti di comodità e separazione dei corpi a parte);

▪ - non vi sono segni di volontarie e plurime percosse,

▪ - non vi è traccia di soggetti ridotti all’impotenza sotto


minaccia, quindi legati, poi torturati e solo alla fine uccisi, ad
esempio.

▪ - Le stesse escissioni, che afferiscono ad un’altra area


patologica di motivazione, vengono compiute post mortem,
dunque senza causare ulteriori sofferenze alla povere
vittime.

▪ - Oltre che magari uno sfogo in preda all’adrenalina del momento, le


ferite a colpi di lama inferte ai soggetti morenti e/o già morti, così
come per un verso le escissioni stesse [NdA: in minore tono rispetto alla
richiesta patologica interna del soggetto mostro] , rappresentano un segno di
sfregio verso “i nemici vinti”, “le prede uccise”, “il marchiare col
proprio nome l’animale sottomesso”. Vengono infatti inferte con
gratuità, cioè senza un vero e proprio modus che si ripeta per tutte le
vittime, e anche questo tende a far scartare il proposito di
appagamento di un desiderio prettamente sadico: è ipotizzabile che
più la vittima, sul momento, gli rappresentava qualcosa per cui provar
disprezzo, quanto maggiore fosse la possibilità di infierire con tale
tipologia di colpi

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• - Inattività dal 1974 al 1981


▪ - Considerando come primo della serie maniacale il delitto del 1974, tale periodo
di “silenzio e gestazione”:
▪ - appare del tutto coerente con gli aspetti psicologici del percorso a
parabola di certe patologie [NdA: Esiste copiosa documentazione medica,
scientifica, psichiatrica e criminologica in merito; la cosa dunque è da ritenersi
significativa più che altro a conferma dell’esistenza di una forma psicotica patologica in
atto], avvalorando tra l’altro così la tesi del serial killer unico.

▪ - Accelerazione 1981, 1981 bis


▪ - Anche questa evidente “fretta ed accelerazione”, rispetto alle più
calibrate finestre temporali dei successivi delitti, appare perfettamente
in sintonia con il percorso a parabola del manifestarsi pubblico di
determinate patologie seriali,[NdA: Esiste copiosa documentazione medica,
scientifica, psichiatrica e criminologica in merito; la cosa dunque è da ritenersi
significativa più che altro a conferma dell’esistenza di una forma psicotica patologica in
atto] avvalorando tra l’altro così la tesi del serial killer unico.
[NdA: differente spiegazione sarà invece rintracciabile una volta calata l'analisi sul
soggetto in esame]

• - Lettera con feticcio umano


[NOTA:per importanti approfondimenti, si veda capitoli : Scopeti, la lettera alla Della Monica
- Scopeti: il piano come conferma - Giogoli e il biglietto “Magiore Toriso” - una ipotesi ]
▪ - Al di là di alcuni aspetti più di valore contingente in merito alla simbologia
(sfida? scherno? addio? rivendicazione? etc) in tale gesto racchiusa, questo è
l’unico attimo di sicura e certa interazione del mostro con “l’esterno”, dove per
esterno non siano da intendere le sue vittime. Il significato che si porta appresso
è a mio avviso di valore plurimo
▪ -auto-celebrativo e dunque di rivendicazione [NdA: la lettera viene imbucata
a San Piero A Sieve, località distante appena circa 5 km da Borgo San Lorenzo: come
a dire “rivendico i delitti da Borgo San Lorenzo fino a Scopeti. A Castelletti di Signa
non sono stato io” - “La lettera risultò essere stata spedita da San Piero a Sieve con
un francobollo da lire 450. L'indirizzo era stato composto da un collage di caratteri
alfabetici ritagliati dalla rivista "Gente" ]

▪ -in parte di sfida

▪ -meno evidente trovo invece leggerci dentro un significato


canzonatorio e derisivo nei confronti delle Autorità preposte alla sua
cattura, che comunque rientrerebbe di diritto nella voce “sfida”

▪ come illustrato principalmente nei capitoli indicati nella NOTA, un


azione facente parte di un piano volto a crearsi un alibi

• - Post 1985, interruzione della serie


▪ - Non parlando al momento di alcun soggetto specifico, quasi ogni ipotesi può
suonare legittima per supportare il perché della fine della serie maniacale di
delitti: dal decesso del mostro (morte naturale. incidente, operazione sbagliata,
suicidio), all’impossibilità fisica di compierne altri (incidente e/o paralisi agli arti,
trasferimento, arresto, malattia, ricovero, sopravvenuta menomazione alla vista
o all’udito, etc). E’ inutile, qui e ora, stare a disquisire su questo.

▪ Ciò che invece sembra più appropriato far notare è che, raramente, molto
raramente, un serial killer patologico interrompe la propria auto-appagante serie

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delittuosa se non sopravvengono cause esterne a limitarne l’azione. E’


particolarmente difficile immaginare che una simile patologia regredisca fino a
scomparire, così, tutta di un colpo.

▪ E’ dunque lecito prioritariamente ipotizzare che, post 1985, solo alcune


situazioni possano essere avvenuta a ragione della fine dei delitti:
▪ - Sopravvenuta morte del soggetto

▪ - Sopravvenuta costrizione fisico-pratica del soggetto (che gli


impedisce de facto di poter agire)

▪ - Mutazione della patologia psicotica (cambio di desiderio interno da


appagare e cambio conseguente del modus operandi e della tipologia
di vittime e strumenti offensivi)

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Excursus medico di carattere psicologico/psichiatrico

Prima di giungere alle conclusioni e al riepilogo delle informazioni di questo già lunga sezione,
è necessario ancora fare un breve ma particolarmente importante excursus di carattere
medico psicologico/psichiatrico, al fine di meglio mettere in evidenza:
• - sia come determinate patologie schizoidi possano insorgere e svilupparsi

• - sia come poi gli effetti eclatanti pubblici ne possano, come e perché, scaturire

Non sono [NdA: purtroppo o per fortuna] né uno psichiatra né uno psicologo, quindi chiedo venia
se non utilizzerò termini medici particolarmente corretti ricorrendo invece sovente a citazioni
di parole altrui; ad esempio vale la spesa in merito leggersi, gli studi scientifici portati avanti
da Malamuth, Bernstein, Berkovitz [NdA: come citato in questo interessantissimo articolo sul MdF, scritto
da Andrea Mascia], o anche più semplicemente quanto scritto da Paul Pollard [NdA: University of
Central Lancashire, Preston, U.K.] nel suo “Pornography and Sexual Aggression”, in merito al
rapporto tra lettura/visione di scene pornografiche (a carattere violento sadomasochista) e
aumento di produzione di fantasie morbose e di aggressività in generale, anche in soggetti
privi di pregresse motivazioni quali traumi psichici vissuti durante le fasi dell’infanzia, la
pubertà, l’adolescenza, anche solo vissute mono-tematicamente idealmente.

Parlando del MdF, stiamo parlando senza ombra di dubbio di uno psicopatico.
Conoscere dunque risultati e metodi di identificazione/catalogazione validamente utilizzati
dalla scienza medica in tal campo, non è affatto di secondo piano; così come non sono affatto
così aleatorie le differenze riconosciute a seconda dei traumi vissuti dai soggetti prese in
esame.

In tale campo medico psichiatrico, vengono studiati e riconosciuti “patterns” e “steps” di


nascita e manifestazione di patologie “mentali”, così come in altre branche di altre scienze,
vengono identificati e riconosciuti altri concetti base. Ad ognuno il proprio. Qui, come su
detto, stiamo parlando di una “mente malata”, e dunque a quelli dobbiamo fare riferimento e
su di essi dobbiamo appoggiarci per inquadrare, comprendere, ricostruire, ipotizzare.

Quindi:
1. Si tenga dunque ben presente l’importanza che il ruolo delle “esperienze traumatiche
nello sviluppo di “carriere” criminali con particolare attenzione alla discussa diagnosi di
psicopatia” possa rivestire.

2. E, soprattutto, non si dimentichi che:


“La psicopatia è un disturbo mentale caratterizzato principalmente da un deficit di
empatia e di rimorso, emozioni nascoste, egocentrismo ed inganno. Gli psicopatici
sono fortemente propensi ad assumere comportamenti devianti e a compiere atti
aggressivi nei confronti degli altri, nonché a essere orientati alla criminalità più
violenta. Spesso sembrano persone normali: simulano emozioni che in realtà non
provano, o mentono sulla propria identità.
Fino agli anni ottanta, la psicopatia era riferita ad un disturbo della personalità
caratterizzato dall'incapacità di attaccamento e da un'anomalia del sistema di gestione
delle emozioni, mascherate dall'abilità di apparire come una persona normale. La
pubblicazione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-III) mutò
il nome utilizzato per definire questo disordine mentale in disturbo antisociale di
personalità e incrementò il criterio diagnostico verso le scienze comportamentali.”
[Wikipedia].

3. Si noti poi, che “Per abuso non si deve intendere necessariamente una violenza fisica,

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uno stupro, o un qualche tipo di prevaricazione sessuale, ma nella maggior parte dei
casi possono essere sufficienti l’assenza di contatto sociale, di affetto o di
considerazione genitoriale, la stessa non presenza costante di un genitore, oppure
delle punizioni che vengono vissute con severità dal soggetto pur non essendo per
tanti altri vessatorie, un educazione eccessivamente rigorosa, tutti elementi che
singolarmente e congiuntamente possono contribuire a formare o determinare, dei
disturbi di personalità di vario genere e natura. Da un punto di vista statistico, circa un
terzo dei SK ha un vissuto nelle cosidette “Broken Homes”, e un quinto ha avuto un
infanzia traumatica e/o inadeguata”
[Andrea Mascia – Confidentialcrimecasebook]

Ancora più nello specifico, si consiglia la lettura del “Capitolo 2 - La ricostruzione del profilo
psicologico - comportamentale del serial killer”, scritto e presentato da Gianluca Massaro,
consultabile online [NdA: fonte: “http://www.altrodiritto.unifi.it/”]

in esso, si legge e si apprende che:


1. “Diversi autori che si sono occupati dell'omicidio seriale hanno sottolineato
l'importanza delle esperienze traumatiche subite dal soggetto in ambito sia familiare
che extra familiare, durante l'infanzia e l'adolescenza, per spiegare il manifestarsi del
comportamento omicidiario seriale. (1)” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

2. “infanzia caratterizzata da violenze fisiche, psicologiche e/o sessuali, perpetrate da uno


o da entrambi i genitori.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

3. “L'infanzia è un momento fondamentale per la salute fisica e mentale del futuro adulto
ed è molto importante la formazione di un buon "legame di attaccamento" fra il
bambino e chi si prende cura di lui. Con il procedere della costruzione del legame, il
bambino s'identifica e cerca attivamente il contatto con i genitori o con chi ne fa le
veci. La frantumazione o la mancata formazione del "legame di attaccamento", può
produrre un bambino - ed un futuro adulto- incapace di provare empatia, affetto o
rimorso per un altro essere umano, caratteristiche queste comuni anche agli assassini
seriali.”[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

4. “Spesso il futuro "mostro" è un bambino che maturato fantasie perverse, perché


trascurato, maltrattato o persino violentato; frustrazioni, stress, incapacità cronica di
affrontare e superare i conflitti generano nel bambino e, poi, nell'adolescente un
progressivo isolamento dalla società, percepita come entità ostile; e dunque anche
estraneità alle sue convenzioni etiche.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

5. “Questa situazione determina così una rottura dei tabù e una serie di pulsioni violente
dirottate su vittime che interpretano un bisogno vertiginoso di rivalsa.” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

6. “Gianfranco Pallanca, sessuologo di nota fama, afferma che il processo attraverso il


quale si diventa assassini seriali passa attraverso tre fasi. La prima è l'auto-
protezione; il bambino rifiuta di vivere la propria angoscia, nasconde i suoi sentimenti,
si isola. La seconda è la rimozione; le angosce vengono trasferite nell'inconscio, dove
giacciono dimenticate, ma attivissime. La terza è la proiezione; si addossa, cioè, ad
altri la colpa della propria angoscia. Il serial killer strazia ed uccide perché vede nella
vittima l'origine dei propri mali.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

7. “la personalità del fanciullo e le sue reazioni sociali si sviluppano proprio sullo sfondo

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del clima generale della famiglia. Esigenza fondamentale per lo sviluppo equilibrato
della personalità del bambino, sia in senso psicologico che sociale” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

8. “Il clima che caratterizza la vita del gruppo familiare assume toni drammatici quando
si aggiunge anche la violenza: la stragrande maggioranza dei serial killer è stata a sua
volta vittima di sevizie durante l'infanzia o, comunque, proviene da una "famiglia
multiproblematica" [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

9. “Roger L. Depue, agente dell'F.B.I., sostiene che i "fantasmi" nel bambino


cominciano a svilupparsi quando al sesso si unisce la violenza; quando questi
due concetti si legano, è praticamente impossibile separarli di nuovo.” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

10. “Si possono individuare cinque tipi possibili di "famiglia multiproblematica".


...SNIP... Il padre, spesso, mette in atto comportamenti aggressivi contro la moglie o
contro i figli. In questo caso, il bambino ha due opzioni; o decide di assumere
comunque il padre come modello identificativo, anche se negativo ...SNIP... oppure
...SNIP... Entrambi i genitori sono presenti, ma, per immaturità psicologica o
incompetenza psicosociale, il sottosistema genitoriale non funziona adeguatamente. In
questa situazione, i due genitori tendono a rinunciare alle funzioni di tipo esecutivo e la
natura del loro rapporto si presenta confusa ed instabile” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

11. “il solo fatto di crescere in una famiglia di questo tipo non è, però, sufficiente
per stabilire una relazione causale con il comportamento omicidiario seriale. Quello
che, invece, si può dire è che esiste una correlazione diretta con la scelta del soggetto
di attuare un comportamento deviante, fra i quali l'omicidio seriale è solo una delle
opzioni possibili.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

12. “Le caratteristiche comportamentali e le influenze ambientali [NdA: dell'infanzia e


della gioventù] permettono ai successivi modelli, normali e patologici, di emergere
durante l'età adulta.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

13. “Stern elabora la teoria dei "sé multipli della prima infanzia" (5):
esperienze molto intense collegate ad un affetto (ad esempio, un abuso)
possono contribuire alla mancanza di integrazione fra le esperienze, che può
causare la suddivisione del sé in una parte buona e in una cattiva” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

14. “Sebbene diversi assassini seriali abbiano avuto relazioni anche di lunga
durata, nel loro interno c'è sempre un sé nascosto che evita ogni tentativo di
raggiungere una gratificazione e ciò è il frutto di modalità di relazione errate
apprese durante il periodo evolutivo.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

15. “Molti di loro sono stati abusati dai propri genitori e gli studi su questo tema
hanno dimostrato che tutti sono stati in qualche modo vessati nella loro infanzia.
Hanno subito una violenza, spesso sessuale, in un'età in cui non potevano ribellarsi e
questa brutalità “ [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

16. “Una nutrita serie di ricerche ha dimostrato la correlazione esistente tra


l'aggressività sessuale e la cattiva relazione bambino/padre. Questo dato è
particolarmente importante perché, spesso, si tende a focalizzare troppo l'attenzione

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sulle problematiche edipiche del maschio nel rapporto con la madre, relegando in un
angolo la figura paterna. Il legame con il padre è fondamentale perché il bambino
consolidi la sua identità di genere. Il problema non è tanto come si comporti il
padre, ma qual è la percezione che il figlio ha del comportamento del
genitore” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

17. “Gli studiosi che si sono occupati dell'omicidio seriale hanno cercato di elencare
una serie di sintomi che, se riscontrati durante l'infanzia e l'adolescenza, possono far
presagire un futuro comportamento omicidiario seriale (sempre, però, stando attenti a
non formulare ipotesi di causalità diretta)” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]
1. “sintomi di danno neurologico. Questo danno può essere provocato da una
ferita o da una malattia ...SNIP.... In taluni casi, un forte trauma alla testa è
associato all'apparizione improvvisa di un comportamento aggressivo e/o di
una personalità eccessiva” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

2. “comportamento irregolare. È caratterizzato soprattutto da un bisogno


immotivato e cronico di mentire” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

3. “attività sessuale precoce e bizzarra. Molte volte, gli assassini seriali iniziano
a masturbarsi da bambini oppure manifestano dimostrazioni di sessualità
violenta e abusiva nei confronti di altri. Anche l'utilizzo di materiale
pornografico inizia in età precoce. In particolare gli assassini seriali fanno un
abbondante uso di pornografia” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

4. “in quanto sono vittime di violenze sia intra che extrafamiliari. Ciò li porta ad
una forma di attrazione-repulsione per il sesso, che inizia a diventare un
pensiero ossessivo nella loro mente” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

18. “Gli assassini seriali, inoltre, durante il loro periodo evolutivo, mostrano una
particolare attenzione nei confronti del sangue. Per alcuni di loro, ciò è legato ad un
vero bisogno fisico di avere un contatto col sangue.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

19. “furto e accaparramento. Vengono considerati sintomi del vuoto emozionale”


[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

20. “comportamento autodistruttivo” [Fonte: Gianluca Massaro su


http://www.altrodiritto.unifi.it/ ]

21. “gli assassini seriali sono molto diversi tra loro per quanto riguarda la
motivazione, il tipo di pianificazione, la scelta delle vittime ed il modus operandi.”
[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

22. “Keniston parla, a proposito di ciò, di "sindrome dell'alienazione" ...SNIP... Gli


assassini seriali hanno avuto un'infanzia ed un'adolescenza traumatica ed anche la loro
vita da adulti è contraddistinta da una serie di frustrazioni che si accumulano ...SNIP...
I serial killer, pur essendo, in linea di massima, di intelligenza media hanno una cattiva
riuscita scolastica e il grado di istruzione della maggior parte di loro è medio-
basso...SNIP... L'universo degli assassini seriali è caotico, manca totalmente di

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organizzazione ed è come se il soggetto fosse sempre in bilico fra due mondi opposti
(reale ed immaginario) che lo trascinano ognuno dalla sua parte.” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

23. “Nella maggior parte degli omicidi seriali, la motivazione principale


dell'assassino è quella di ottenere il controllo del potere, anche in quegli
omicidi che, superficialmente, presentano altre motivazioni.” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

24. “mestieri esercitati dagli assassini seriali: si tratta di individui che, spesso,
hanno un titolo di studio basso o, al massimo, di medio livello e svolgono un lavoro
modesto.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

25. “Per tutti i serial killer, l'omicidio seriale è un modo per esercitare la
loro rivalsa sulla società e per liberare l'aggressività accumulata a causa delle
frustrazioni subite” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

26. “In generale, gli assassini seriali tendono a utilizzare le caratteristiche


intrinseche del proprio mestiere per la cattura delle vittime o per l'esecuzione
dell'omicidio; ad esempio, i medici e le infermiere possono scegliere di uccidere tra i
pazienti di cui si occupano. Si può dire, quindi, che, in diversi casi di omicidio seriale, la
scelta delle vittime è fatta in base all'opportunità che si presentano all'assassino ed
esiste un certo grado di correlazione con il tipo di lavoro svolto da questo.” [ Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

27. “Il mestiere di camionista presenta un tipo particolare di correlazione con il


comportamento omicidiario seriale. ...SNIP... La mobilità di questi assassini è
giustificata dal mestiere, per cui, come detto in precedenza, non è sempre facile
correlare omicidi avvenuti in luoghi distanti tra loro. Oltre a ciò, questo è un mestiere
che consente al serial killer di stare molte ore da solo e di lasciarsi assorbire dal suo
mondo di fantasie mentre guida.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

28. “Il problema dei rapporti tra sessualità ed omicidio è indubbiamente complesso,
in quanto risulta difficile configurare e circoscrivere la nozione di delitto sessuale, per il
fatto che non è neppure facile definire l'ambito ed i limiti del concetto di "atti sessuali"
[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

29. “La sessualità, infatti, ben lungi dal rispondere a motivazioni solo di ordine
fisiologico, riflette una molteplicità di fattori consci ed inconsci, che coinvolgono
funzioni istintuali, erotiche ed affettive, esprimendosi in condotte complesse che ben
difficilmente possono essere delimitate nell'ambito degli atti sessuali e, quindi, dei
reati sessuali. Il comportamento sessuale dell'uomo, infatti, è un espressione
individuale soggetta ad un enorme molteplicità di variabili, tra cui i fattori fondamentali
sono riconducibili all'assetto genetico, alle influenze ormonali e culturali in momenti
critici dello sviluppo psicosessuale, alle esperienze di vita e ad aspetti transitori dati da
modificazioni ormonali, dall'attività ideativa, dallo stato dell'umore e da eventi esterni.
Le relazioni tra questi fattori ed il comportamento sessuale, sono spesso fonte di
confusione e di pregiudizi, tanto che lo stesso atto può assumere caratteristiche
penalmente rilevanti in un certo Stato, mentre può essere ignorato in un altro, o
essere considerato malattia a o meno a seconda della tassonomia psichiatrica in uso”.
[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

30. “È bene sottolineare che ciascuna delle modalità di attuazione di comportamenti


sessuale devianti è solo l'estremo di un continuum che va dal nessun interesse per lo

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stimolo sessuale ad un'impossibilità assoluta di provare una qualsiasi forma di


interesse sessuale in assenza dello stimolo stesso. In psichiatria, questi disturbi, in
passato chiamati "deviazioni sessuali", attualmente sono definiti con il termine di
"parafilia": ciò indica che l'anormalità riguarda ciò da cui il soggetto è attratto.” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

31. “La maggior parte dei serial killer presenta, infatti, dei problemi nella
sfera sessuale. Questo dato è valido anche per quei soggetti i cui delitti non
hanno una motivazione principalmente sessuale” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

32. “È proprio la modalità di attuarsi della pulsione sessuale che è importante


conoscere ed approfondire in relazione all'argomento di cui ci occupiamo, perché essa,
nelle sue infinite sfaccettature, è ciò che caratterizza la condotta di molti serial killer.
Questi soggetti, spesso, esternano la loro aggressività nella sfera sessuale, assaltando
e stuprando estranei in attacchi brutali o esaltandosi in azioni di sadismo sessuale sulle
loro vittime. In alcuni casi, le componenti sessuali possono rivelarsi con chiari
segni di violenza sessuale o di atti sessuali compiuti dall'omicida sulla vittima, oppure
possono essere denunciate dalla particolare sede e morfologia delle lesioni
inferte ad essa, quando queste consistono in ferite a parti sessuali del corpo o
in escissione delle stesse” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

33. “L'ossessione per il sesso del futuro serial killer ...SNIP... Possiamo concludere
affermando che in tutti gli assassini seriali si nota la presenza di problemi sessuali e di
esperienze di violenza nell'infanzia e nell'adolescenza e la presenza massiccia di
numerose fantasie sessuali.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

34. “Le perversioni sessuali (che, con termine più moderno, vengono
chiamate parafilie) difficilmente si riscontrano allo stato puro, mentre è molto
più comune che in uno stesso assassino seriale ci sia una combinazione
variabile di perversioni.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

35. secondo le teorie di Glover: “Quando alcune forme di angoscia infantile tornano
alla luce nella vita adulta, un mezzo per riuscire ad avere ragione della crisi, è il
rafforzamento dei sistemi primitivi di "libidinizzazione"; e questo dà luogo al sorgere
della perversione” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

36. “Quando l'angoscia è troppo forte, ecco che scatta il bisogno di ricorrere alla
perversione, che permette al soggetto di raggiungere una gratificazione, anche se
transitoria.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

37. “anche da adulto, il comportamento sessuale sarà orientato verso livelli


visuali e di autoerotismo, con gravi problemi nello stabilire relazioni intime
normali e nel raggiungimento dell'orgasmo in attività sessuali convenzionali.”
[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

38. “Lo psichiatra Robert J. Stoller considera invece la perversione come:Forma


erotica dell'odio, una fantasia, che di solito viene messa in atto ma a volte rimane a
livello di un sogno diurno.”. [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

39. “Feticismo. Nel caso di questo disturbo ...SNIP... Diventa feticismo patologico
quando è totalmente assente lo stimolo a realizzare l'amplesso e l'impulso genitale
riguarda esclusivamente le attività sessuali nelle quali è implicato il feticcio. ...SNIP …
La maggior parte degli assassini seriali mostra manifestazioni di feticismo

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particolarmente spiccate. Il comportamento feticistico si presenta specialmente nella


"fase totemica", cioè nel momento in cui l'omicidio è già stato effettuato e l'assassino
sente il bisogno di rivivere l'eccitazione dell'azione omicidiaria. Quando i feticci
terminano la loro azione di soddisfazione, l'assassino entra in una "fase depressiva",
uscito dal quale si metterà alla ricerca di un'altra vittima” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

40. “Voyeurismo. È una delle perversioni predilette dagli assassini serial”


[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

41. “Molti individui, prima di iniziare ad uccidere, si sono dedicati per anni
al voyeurismo, di solito accompagnato dal feticismo, attività che richiedono
una forte partecipazione dell'immaginazione e il ruolo massiccio della
fantasia. Molto spesso, si verifica un processo in base al quale il soggetto non
è più in grado di soddisfare la propria eccitazione con l'attività voyeuristica,
per cui ha bisogno di stimoli sempre più forti.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

42. “Egger sostiene che le dinamiche motivazionali dell'omicidio seriale sembrano


molto simili a quelle riscontrate nelle ricerche sullo stupro. Il bisogno di esercitare
potere è una componente fondamentale di entrambi i crimini” [Fonte: Gianluca Massaro
su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

43. “Se è errato affermare che ci sia una correlazione causale tra
pornografia e violenza, è senz'altro giusto dire, invece, che quantità e qualità
degli stimoli pornografici possono facilitare il comportamento violento. “
[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

44. “È un dato di fatto che molti assassini seriali affermano di fare uso frequente di
materiale pornografico. Va distinta, però, la pornografia normale dalla pornografia
sadomasochista, che sembra quella più direttamente coinvolta nell'omicidio seriale.
Gli stimoli provenienti da questo materiale, non fanno altro che rafforzare le
fantasie di dominio già presenti nella mente del soggetto e dargli, in un certo
senso, una giustificazione di essere nel giusto” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

45. “Un effetto sicuramente collegato a questo tipo di pornografia è quello di


desensibilizzare il soggetto alle manifestazioni del dolore e alla visione della sofferenza
di vittime reali.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

46. “Ferracuti evidenza l'esistenza di una assuefazione al materiale pornografico,


che egli chiama "effetto di sazietà", che fa si che, col passare del tempo, il soggetto
perda l'interesse per uno stimolo sempre della stessa intensità e abbia bisogno di
materiale che gli dia stimoli più forti per rafforzare le proprie fantasie” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

47. “Proprio la dimensione fantastica è un altro elemento fondamentale del


comportamento omicidiario seriale ed ha una fortissima valenza sessuale. Nella
maggior parte degli assassini seriali e in particolare in quelli sadici, le fantasie sono
strettamente collegate al sesso e alla violenza e rappresentano il motore scatenante
dell'omicidio ...SNIP... le fantasie, che, col tempo vengono perfezionate sempre di più,
diventando piene di dettagli ed estremamente vivide, aiutano il passaggio all'atto
omicidiario e, dopo ogni omicidio, si aggiungono nuovi elementi che incrementano la
dimensione fantastica, proprio perché le fantasie possono nutrirsi, a questo punto,

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anche dei ricordi dell'uccisione, diventando così sempre più cruente” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

48. “l'omicidio reale non è mai appagante come sa esserlo quello


immaginato nella mente del serial killer, per questo motivo il soggetto ripete più
volte l'atto omicidiario alla ricerca della perfezione che raggiunge soltanto nella sua
immaginazione. L'esperienza del ricordo, quindi, è di fondamentale importanza per
ogni assassino seriale, in quanto serve ad alimentare le sue fantasie: a questo
servono i feticci ed i "trofei" che molti soggetti conservano dopo ogni
omicidio.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

49. “fatto che organizzazione, controllo e pianificazione accompagnano e seguono il


comportamento del serial killer.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

50. “Cercare di conoscere la misteriosa ossessione che muove gli omicidi seriali,
significa cercare di comprendere i meccanismi psicologici dell'assassino seriale, il fine
del suo uccidere” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

51. “Colpisce, di solito, lo stesso genere di persone, che incarnano certe sue
fantasie ed è reso perciò riconoscibile proprio dalle sue vittime; le considera
non come esseri umani, ma come oggetti, ciò che conta, infatti, non è
l'identità del cadavere ma quello che rappresenta per l'assassino seriale.”
[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

52. “Le vittime, quasi sempre, sono persone sconosciute, incontrate


casualmente, e se conoscenza c'è stata, è stata solo superficiale ed
estemporanea” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

53. “Gustavo Charmet, psichiatra e docente di psicologia dinamica a Milano, per


descrivere la volontà di controllo da parte del serial killer, parla di "controllo sadico ed
onnipotente attraverso il quale l'assassino rende cosa un essere e fa di tutto perché
non dia segni di vita". ...SNIP ...nel rigido schema del "mostro", non c'è spazio per un
rapporto affettivo.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

54. “John Douglas ha guidato per quindici anni il Behavioral Science Unit di Quantico
(Virginia), la centrale da cui si dipana la ricerca dei colpevoli di crimini violenti e,
soprattutto, dei serial killer....SNIP... L'unico modo per prendere i serial killer, secondo
Douglas, è imparare a pensare come loro; il comportamento riflette la personalità,
quindi ritiene che: "se vuoi comprendere l'artista, devi guardare il quadro; se vuoi
conoscere il colpevole, devi guardare il crimine; un assassino seriale pianifica il suo
"lavoro" con la stessa cura con cui un pittore elabora il soggetto e l'esecuzione di una
tela" [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

55. “L'arma del delitto, secondo Douglas, non è il coltello, non è la pistola, ma è la
mente: è lì che bisogna scavare per catturarli. Perciò è necessaria l'analisi psicologica
per identificare un assassino seriale: bisogna capire quali sono i gusti, le abitudini, le
fantasie; comprendere le motivazioni più recondite e i fantasmi che, di solito, si
traducono in un rituale elaborato, al momento dell'esecuzione del delitto o subito
dopo. L'importanza fondamentale è proprio il ruolo della fantasia” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Impossibile a detta dell'Autore, scrivere un simile documento di studio senza tenere a mente
quanto indicato dal Douglas al punto 53.
Ecco spiegato dunque il perché di un documento di analisi tanto elaborato: non siamo alla

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ricerca solo di “prove”, fisicamente indiziarie ovviamente, ma dobbiamo anche capire come in
un certo momento e solo a partire da quello, “dal nulla”, che “nulla non è, appaia nel 1974 il
MdF.

Abbiamo adesso raccolto sufficienti “chiavi”, dobbiamo verificare quante e quali “porte” del
soggetto in attenzione, possano aprire. C'è apposita sezione e capitolo per seguire simile
ragionamento. Ma prima, come ovvio, dovremo incaricarci di recuperare quante più
informazioni possibili sul soggetto d'attenzione, scremarle, valutarle, vederne congruenze e
incongruenze. Insomma, fotografare la storia personale del SV.

Come anticipato, non sono uno psichiatra o uno psicologo e quindi, per ammissione di
personali limiti, mi fermo qui; rimarcando però ancora l'importanza e la validità che tali studi
e tali nomi hanno, al punto da non poter in nessun caso essere bollati di “stregoneria o di
robe da strizzacervelli” essendo ufficialmente utilizzati, con motivazioni e specificità differenti,
in una vasta casistica di attività: da quelle mediche vere e proprie, fino a quelle investigative
ufficialmente riconosciute.

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Addendum: sulla statura e la corporatura del mostro

Sopralluoghi e perizie, nonostante quanto ipotizzato nella Perizia “De Fazio-Galliani-Luberto


sui delitti 1968-1984” [NdA: antecedente sia il Rapporto Torrisi 311/1 sia la Sentenza Rotella] , non sono
state in grado di fornire elementi univoci e certi in grado di avvalorare fondata ipotesi
relativamente alla statura del MdF.
“Non pare che dallo studio dei vari delitti siano sin qui emersi altri elementi concreti e tracce
di sorta tali da poter delineare le caratteristiche fisiche dell'assassino.” [Rapporto Torrisi – 311/1]

E’ comunque ipotizzabile con buona confidenza, che il mostro sia un soggetto destrimane,
visto che in tal senso tutte le voci del coro risultano essere concordi per via della modalità di
taglio durante le escissioni: “con tutta probabilità destrimane” [Perizia De Fazio].

Per quanto riguarda la statura invece, bisogna ammettere che non esistono dati realmente
significativi in merito:
“Ci riferiamo all'impronta di una scarpa 44/45, che sarebbe stata rilevata da qualcuno sul
luogo del delitto a Scopeti, e di quelle ritenute impresse dalle ginocchia di una persona
all'esterno dello sportello dell'autovettura Fiat Panda, relativa alle vittime del delitto di
Vicchio del Mugello, entrambi attribuite all'assassino, non si sa sulla base di quali elementi.
Ciò che è più grave è il fatto che da tali elementi poco certi sono state ricostruite le
caratteristiche fisiche di un ipotetico individuo, molto alto, non meno di mt. 1,80 di
altezza e con scarpe n. 44/45. La verità è che in una indagine seria e coerente, da elementi
incerti ed approssimativi e privi di attendibilità, per una somma di motivi che non è il
caso qui di elencare, non è possibile avanzare ipotesi meritevoli di attenzione.”
[Rapporto Torrisi– 311/1]

“Quindi possiamo senz'altro affermare che allo stato delle indagini niente autorizza a
formulare ipotesi attendibili circa le caratteristiche fisiche del soggetto in esame, se non in
via del tutto ipotetica ed in senso generale, dovendogli attribuire, oltre alla determinazione,
alla freddezza, ed alla ferocia, solo una buona dose di agilità.” [Rapporto Torrisi– 311/1]

Ricordando che il delitto di Giogoli è del 1983 mentre il Rapporto 311/1 ufficiale dei
Carabinieri è del 1986 [NdA: delitto che più di ogni altro potrebbe essere chiamato in causa per indicare una
presunta statura del mostro in relazione all’altezza dei colpi sparati attraverso i finestrini oscurati del pulmino
Volkswagen], l’ultima affermazione su citata da tale Rapporto è dunque da ritenersi scritta con
cognizione nota e soppesata anche di tale particolare. Si noti inoltre che il Torrisi presenziò
proprio ai rilievi di detto delitto [NdA: fonte: Deposizione del maresciallo dei Carabinieri Giovanni
Leonardi, in merito al delitto di Giogoli (1983) - Deposizione del 29 aprile 1994 ]

Possiamo quindi anche noi affermare che niente autorizza a formulare ipotesi attendibili circa
le caratteristiche fisiche del MdF, se non in via del tutto ipotetica ed in senso generale,
dovendogli attribuire, oltre alla determinazione, alla freddezza, ed alla ferocia, solo una
buona dose di agilità, e una probabile destrimania.
Una indiretta conferma alle parole del Torrisi, ce la possiamo formare leggendo quanto
riportato in perizia in merito a tale duplice omicidio del 1983..

• - “...In sostanza, le due vittime con tutta probabilità non stavano ancora dormendo,
ma verosimilmente stavano ascoltando la radio, e forse leggendo. Specialmente se è
vera questa seconda ipotesi, l'interno della vettura era illuminato, e ciò avrebbe
facilitato l'omicida ...SNIP... nell'efficacía dell'azione delittuosa...” [Perizia De Fazio].

Se questo fosse il caso, e non si vede perché così non debba essere, diventa plausibile
corretto affermare che:

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• a) In presenza di illuminazione interna, anche attraverso vetri oscurati, le sagome dei


bersagli sarebbero risultate comunque visibili

• b) In considerazione del punto a) e visto l’angusto spazio nel quale al chiuso sono
costretti ciò può deporre, vista anche la rapidità dell’azione omicidiaria di sparo, per
una azione di tiro non necessariamente “mirata a braccio teso, altezza della spalla,
mirino allineato all’occhio”, come se ci si trovasse in una sessione di tiro in un poligono.

▪ -Infatti, la mancanza di tracce di polvere da sparo su carrozzeria (e vetri), [NdA:


"mancano segni di affumicatura e di polveri” Perizia De Fazio], avvalora l’ipotesi che il
braccio dello sparatore non fosse teso in posizione di tiro mirato, con posizione
quindi del corpo retrostante il braccio stesso, altrimenti lo sparatore si sarebbe
venuto a trovare ad una distanza troppo grande e scomoda comunque dal
veicolo per permettergli di mirare i bersagli attraverso i vetri.

▪ -Invece, la mancanza di tracce di polvere da sparo su carrozzeria (e vetri), [NdA:


"mancano segni di affumicatura e di polveri” Perizia De Fazio] favorisce un’ideale
ricostruzione che vede il braccio aperto verso l' esterno corpo in linea ed altezza
con la spalla destra; probabilmente leggermente rialzato rispetto alla linea della
stessa; con l'avambraccio spostato a rientrare verso il fronte testa dello
sparatore; e con la mano che impugnava l’arma ruotata di circa 90 gradi (pollice
grosso modo verso il terreno impugnando l’arma), a formare una specie di “L”
inclinata.

• c) come scritto nel secondo capoverso del punto b), una simile posizione permette
infatti di avvicinare il punto di vista dello sparatore (miglior visione del bersaglio) pur
mantenendo una buone collimazione di mira, il tutto senza dover immaginare una
posizione di tiro “innaturale”.
▪ - Tale posizione di tiro quindi, ben più naturale di una a braccio teso altezza
spalla [NdA: con colpi che lasciano il loro segno ad altezze variabili tra i 137cm-140cm e un
ipotizzato 145 cm per il vetro infranto in fase di recupero, ma senza lasciare tracce di polveri] è
plausibile spiegazione al perché l’ipotizzata altezza di “molto probabilmente
superiore, e non di poco, a cm.180” [Perizia De Fazio ], non possa essere ritenuta
probante, e al limite solo introdotta come una delle tante ipotesi sul campo.

Partendo da un altro punto di vista, più tecnico e meglio spiegato di quanto sia stato capace
io di fare: si consiglia la lettura dell'articolo a firma di Andrea Mascia, sull'argomento.
Come detto, pur partendo da un altro approccio, probabilmente migliore del mio, anche in
detto articolo si giunge a medesima conclusione relativamente alla statura del mostro: ossia
che non vi è alcuna prova a supporto di una statura di circa o almeno 1,80 mt.

Quindi, riassumendo:
• 1) Altezza dello sparatore indeterminata ed ignota.
▪ a1. I 180 cm e oltre, ipotizzati nella Perizia De Fazio, sono solo una ipotesi non
provata al di là di ogni possibile dubbio o ricostruzione alternativa; inoltre nella
Perizia non vengono proposte “posizioni alternative” di sparo, che avrebbero
potuto permettere visione, mira e utilità di tiro, benché ve ne possano essere di
altrettanto ragionevoli e in sintonia con l'assenza di tracce dei fumi di sparo,
come su esposto

▪ b1. Nel caso di esattezza dell’ipotesi di un MdF alto oltre i 180 cm, questo
porterebbe a scartare i soggetti sensibilmente inferiori a tale altezza [ NdA: troppo
fantasia ci vuole per immaginarsi che il MdF si portasse appresso, sempre o solo quella volta, una
scaletta, ad esempio]

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• 2) Normale corporatura, buona prestanza fisica (spostamento dei corpi di alcune


vittime.)

Per quanto dalle perizie comunemente si evinca che tali spostamenti siano
possibili/avvenuti fondamentalmente per “trascinamento”, nulla vieta immaginare il
MdF che in alcune (o tutte) occasioni, possa aver sollevato di peso alcune vittime.
Tale tipo di azione non è indice di un mostro dotato di particolare forza bruta. Allo
scopo di poter compiere simili sforzi, una normale corporatura, al limite robusta, è più
che sufficiente.

Inoltre, prendendo a spunto il delitto agli Scopeti, sappiamo che lì certamente vi fu un


tentativo di fuga, a piedi nudi, presumibilmente correndo, da parte della vittima maschile, il
giovane Kraveichvili [NdA: 25 anni, essendo nato nel 1960].

Il MdF per raggiungerlo e finirlo a pugnalate dovette obbligatoriamente andargli appresso, e


sarebbe prettamente illogico immaginare che il MdF non abbia cercato di raggiungerlo il più in
fretta possibile, dunque (a sua volta?) correndo.
Certo si trattarono di pochi metri, e certo è sempre bene ribadirlo il Kraveichvili era ferito ed
indubbiamente in stato di choc, ciò nonostante anche questo particolare è utile ad identificare
un certo tipo di prestanza fisica. Dunque:

• 3) Agilità e buona prestanza fisica (Correre dietro al fuggitivo, raggiungerlo e finirlo a


coltellate)
▪ nulla più che una “normale/buona” agilità e “normale/buona” forma fisica può
essere dedotto dall'inseguire e raggiungere un ferito, scalzo, in fuga, nel giro di
pochi metri.

Giunti alla fine anche di questa sezione del documento, possiamo procedere al consueto
riepilogo dei dati conseguiti.

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Anni 50/60: dall’infanzia al militare

Salvatore Vinci nasce a Villacidro l’1 dicembre 1935, Sardegna [NdA: ha quindi 25 anni nel 1960;
33 nel 1968; 39 nel 1974; 46 nel 1981; 47 nel 1982; 48 nel 1983; 49 nel 19984; 50 nel 1985].

Cresce e raggiunge la maggior età [NdA: all’epoca in Italia era quella dei 21 anni] , in quegli anni
‘50/’60 in cui in Italia tutta, e nella Sardegna rurale anche di più (visto il radicamento diffuso
della diffidenza verso i “colonizzatori” tutti, la struttura sociale familistica e i circuiti di
reciprocità), è ancora ben radicata la “cultura” dell’onore da far rispettare a tutti i costi e di
quel comodo maschilismo che vede l’uomo poter avere tutte le donne che vuole, e la donna
che invece, alla prima scappatella, viene etichettata come “puttana”.

Villacidro non è New York, la Sardegna non è l’America. La Sardegna è la Sardegna. Le


tradizioni hanno un peso nella vita comune: il paese, la vita rurale e al pascolo, la famiglia,
l’onore, l’immagine che gli altri hanno di te, il rispetto e la “balentia” o esibizionismo
socializzato [NdA: che ha un significato ed una valenza sociale e comunitaria molto più ampia di quanto si sia
soliti pensare], sono presenti e persistenti come l’aroma del mirto nell’aria quando fiorisce.

SV, secondo di quattro figli, trascorre i suoi anni di infanzia, tra pesanti botte ricevute in casa
da parte del padre [“è stato massacrato di botte dal padre all'età di dieci anni, rimanendo
per quindici giorni fasciato per le ferite riportate” – dichiarazioni di Rosina Massa ai Carabinieri - 21
giugno 1986 – Supplemento Rapporto 311/1-1 ] e lavori nel campo della pastorizia, feste al suono
della fisarmonica, costruzioni e ristrutturazioni edili [“Ma non sei tu la figlia di Pietro Massa?
La sorella di Giuseppe, il muratore, che abbiamo fatto le case insieme" ...SNIP.... e lui "Ma ti
ricordi nel '55 son venuto a suonar la fisarmonica a casa tua?" – Deposizione del 14 luglio 1991 di
Rosina Massa].

Vox populi recita e costrizioni lavorative impongono, il non troppo insolito costume che
pastori, magari troppo ormonalmente esuberanti, potessero trovare sui monti, lontani da ogni
donna, momentanea valvola di sfogo in rapporti omosessuali più o meno consenzienti tra
loro. Tali rapporti non venivano né visti né vissuti come relazioni omosessuali vere e proprie
(altrimenti osteggiate socialmente), ma come semplici e “naturali” valvole di sfogo
necessarie, dovute alle lunghe e solitarie giornate distante dal paese, in compagnia solo di
animali ed altri pastori dello stesso sesso. Non esiste documentazione che possa garantire
che, tra un pascolo ed un altro, rapporti simili siano stati vissuti da SV nella sua gioventù.
Così come non esistono fonti che possano escludere con certezza un qualcosa di simile. Tutto
quello che possiamo dire in merito, plausibilmente, è che se approcci (o atti) in tal senso
avvennero, SV consenziente o no, accettati o rifiutati, la cosa in quell’ottica non avrebbe fatto
sgranare gli occhi a nessuno, né sarebbe stata valutata come una mancanza di “mascolinità”.
In amplia accezione del binomio pastorizia/rapporti omosessuali, pur non espressamente
riferito al periodo sardo del titolo del capitolo, sappiamo comunque ad esempio che Silvano
Vargiu “fu l'amante ed il servo pastore di Salvatore Vinci” [“...Spartaco Casini, già dipendente
del Vinci, nei primi anni '80, riferiva di un'affezione singolare, del Vinci anche per Silvano,
insomma il Vargiu...” – Sentenza Rotella].

Sappiamo dalla deposizione resa dal figlio stesso del SV, Vinci Antonio, il 26 Giugno 1986, al
Mar. Congiu e al Col. Torrisi che: “durante il servizio militare [NdA: SV] ha subito un incidente
e che poi durante il ricovero in Ospedale [NdA: Ospedale Militare, come prassi vuole durante il servizio di
leva], per ottenere un periodo di convalescenza, avrebbe subito dei rapporti carnali via anale.”
[rapporto Torrisi – Supplemento 311/1-1].

Tenendo conto che all’epoca la maggior età, e dunque l’età per il servizio di leva obbligatorio,
erano i 21 anni, e visto che non risulta che il SV potesse aver titoli per chiedere ed ottenere
rinvii alla leva (studi universitari, ad esempio), tale episodio deve essere assegnato alla fascia

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di età 21-22 anni. Età non pre-adolescenziale, certo, ma comunque relativamente giovane.
E’ inoltre da notare che la frase dichiarata dal figlio Antonio [NdA:“...per ottenere un periodo di
convalescenza, avrebbe subito dei rapporti carnali via anale.”], potrebbe quasi lasciare intendere che il
SV fosse “consenziente”, pur se sotto pressione psicologica e/o ricatto (“o accetti i rapporti
anali, o niente licenza”).

Accettazione in cambio di una semplice licenza di qualche giorno (non certo di congedo!) che,
appunto, può essere vista come:
• a. Una accettazione estorta dalla forza del ricatto (dunque uno stupro)

• b. Una accettazione quasi complice (“per ottenere...”), come a dire che il soggetto già
sapendo cosa significava subire tale genere di penetrazione (pregresse esperienze ?),
valutò prioritaria la licenza e accettò la sottomissione.

La frase, per come è formulata, inoltre resta ambigua addirittura al punto che poco
vieterebbe di vederci pure una offerta proposta, e consumata passivamente, dallo stesso SV
ad altri soggetti in posizione avvantaggiata rispetto alla sua, al solo fine di ottenere la licenza.

Al di là della lettura appena enunciata, è e resta però possibile vedere questo significativo
particolare aneddotico (stupro anale subito), come una possibile “scena primaria”, futura
volta di un risentimento che travalica la “normalità” per scadere in una patologia. [NdA: “scena
primaria” di sicuro molto più impattante di quella del vedere il seno sinistro della Miranda]. O, almeno, tale
aneddoto, abbinato a quello delle violente botte paterne, non è scartabile a priori.

Sia come sia, sappiamo però per certo che, sempre in giovane età, sempre in quel del suo
paese, il SV aveva intratteneva rapporti di natura omosessuale, nello specifico con un suo
pressoché coetaneo: Steri Salvatore [“...manifestazioni omosessuali del Vinci Salvatore, i cui
segnali già provengono dall'epoca giovanile, risalente all'inizio della sua amicizia particolare
con il suo coetaneo e futuro cognato Steri Salvatore”. - Supplemento Rapporto 311/1-1].

Ad incrociato supporto di tali affermazioni relative alle “manifestazioni omosessuali” del SV, ci
sono anche le dichiarazioni rese al sostituto procuratore dottor Adolfo Izzo, in data 9 Ottobre
1985, da parte di Antonio Pili [“...non fa mistero delle voci allora correnti in tal senso nel loro
ambiente giovanile” – Antonio Pili - Supplemento Rapporto 311/1-1].

Rapporti omosessuali a parte, dalla deposizione della Rosina Massa, scopriamo che durante il
periodo di leva (21-22 anni), il SV subì un violento trauma cranico [“è caduto, battendo la
testa, durante il servizio militare” – dichiarazioni di Rosina Massa ai Carabinieri - 21 giugno 1986 –
Supplemento Rapporto 311/1-1].
Che tale trauma fosse stato violento, è più che logico dedurlo dal fatto che lo stesso SV ebbe
a raccontarlo, ad anni di distanza, proprio alla Rosina. Una semplice botta, non avrebbe avuto
motivo alcuno né per essere ricordata dal SV medesimo dopo tanti anni, né motivo di
racconto dal SV alla Massa, e tanto meno da parte della Massa ai Carabinieri.

“Trauma cranici”, detti anche traumi cerebrali e lesioni cerebrali, possono marciare di pari
passo, essendo uno dei due sottotipi generanti dette lesioni.
Le lesioni cerebrali infatti, sono di solo due tipi:

• - Di tipo traumatico (lesione chiusa alla testa o lesione penetrante alla testa)

• - Di tipo non traumatico (come ad esempio ictus, meningiti, etc)

Risulta ben plausibile immaginare che questo violento trauma cranico, conseguenza di una
caduta “durante il servizio militare” sia lo stesso che il figlio Antonio, indica col termine

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“incidente a militare”.
Trauma che poi sarà cagione specifica di sopruso sessuale con tanto di penetrazioni anali.

Nel caso in cui, detti rapporti anali, fonte di concessione di licenza, siano stati estorti con
sopruso e ricatto: ci troveremmo qui di fronte ad un binomio, insignificante o importante che
sia, che vede abbinato ad un violento trauma cerebrale (possibile fonte di lesioni cerebrali)
fonte diretta di sofferenza fisica anche uno trauma di natura sessuale disonorante: dolore,
umiliazione e sesso uno in conseguenza diretta dell’altro. In età comunque giovanile.

Ma c'è di più, infatti sempre nel caso di costrizione/imposizione di tali rapporti anali, al dolore
fisico del trauma, al disonore del tipo di sottomissione sessuale, è da abbinare anche la
possibile interpretazione cerebrale di “autorità” (i militari di grado più alto del suo) che causa
disonore sessuale al soggetto debole impossibilitato, per scala di comando, a ribellarsi ad una
simile imposizione.
Abbinamento non troppo dissimile da quello relativo alle violente botte paterne, col padre a
ricoprire il familiare ruolo di autorità).

Ricapitolando, al momento abbiamo ottenuto tutta una serie di informazioni, “ininfluenti”, ma


ininfluenti solo fino a che si vuole considerarle tali.
I “semi” sono piante che ancora devono sbocciare e crescere, e che per farlo hanno solo
bisogno delle condizioni climatiche e nutrizionali corrette. Gli esseri umani non sono dissimili
sotto alcuni aspetti.

Già solo fin qui, dunque solo per questo breve lasso di tempo (infantile, 10 anni e giovanile,
21 anni) siamo riusciti a portare a casa una serie di informazioni documentate, che
cominciano a descrivere un personaggio con un vissuto che può, e sottolineo può, essere
considerato fertile humus di coltura per successive mutazioni, deviazioni e sotto particolare
input diretto contingente, sbocciare in palesi manifestazioni di forma patologica.
Infatti, tracce di traumi psicologici come tipo di "danno" che in alcuni casi viene subito dalla
psiche a seguito di esperienze critiche vissute dall’individuo, sono indubbiamente presenti e
riconoscibili.

Non si tratta dunque qui di buttare un occhio morboso ai gusti, comportamenti e alle
preferenze sessuali di un uomo adulto, formato e libero, ma di collezionare una serie di
informazioni che anche, e casualmente, afferiscono alla sfera delle esperienze (e preferenze)
sessuali di un giovane; giovane che pure venne a trovarsi a vivere, oltre alle botte paterne
nell’alveo della famiglia, anche una serie di “umilianti” o “accettati/subiti/proposti come
merce di scambio” rapporti anali (nel senso di dettate dalla necessità di accettare/subire i
parametri di un insano scambio ai fini di conseguire una lecita e legittima licenza), in seguito
al dolore e alle ferite riportate battendo violentemente la testa (possibile causa di lesioni
cerebrali, vista la gravità della botta riportata).

Tutte informazioni relative ad “attimi” che possono essere definiti impattanti, traumatici o
quanto meno significativi e degni di nota, vista la giovane età in cui avvengono gli stessi.

Al di là degli anni specifici, anche l’ambito di degrado famigliare, botte e violenze paterne, le
varie denunce ed i precedenti penali dei fratelli Francesco e Giovanni, con quest’ultimo pure
finito a processo con una denuncia di incesto contro la sorella, Lucia Vinci [“...processo per
incesto con la sorella Lucia...” – Sentenza Rotella], possono essere viste e percepite, pur senza
classificarle come prove ovviamente, come humus e habitat fecondo, se non all’insorgere
come causa unica e diretta di una psicopatia, almeno alla formazione di una “differente idea”
di famiglia, morale e del sentire e vivere i rapporti interpersonali, rispetto a quelle
socialmente comunemente pubblicamente e privatamente accettate.
Che nella realtà esistenziale del SV, abbiano veramente creato dei veri e propri traumi

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psicologici e psicopatici, non è dato sapere con certezza, visto che non venne eseguita alcuna
perizia psichiatrica nei suoi confronti [NdA: la perizia psichiatrica chiesta nei suoi confronti non venne
autorizzata dalla Corte nel processo a suo carico, come presunto uxoricida della moglie Barbarina Steri] .
Il compito del ricercatore però, è e resta comunque quello di prenderne nota.

E nel momento in cui, a fine raccolta informazioni, arriva il momento di tirare le fila e dare
plausibile coerenza ad una ipotesi lavorativa indiziaria, se questi rientrano a pieno titolo, a
mezzo titolo o a nessun titolo, non è possibile non tenerne conto.

Riassumendo: ciò che al momento abbiano scoperto è che:

• - Nella sua infanzia e gioventù e prima maturità, il SV passò attraverso:


▪ - Padre violento e pesantemente manesco nei confronti del figlio (fasciato per le
percosse ricevute ben 16 giorni)

▪ - Rapporti consenzienti omosessuali

▪ - Stupro anale subito durante il periodo militare, come fonte di conseguimento di


una licenza (presunto nel senso che risulta indeterminata la sottomissione
costrizione/accettazione del rapporto)

▪ - Violento trauma cranico (a sua volta connesso, molto probabilmente, col punto
precedente)

▪ - Possibilità di lesione cerebrale (vedasi ricovero in Ospedale - in sintonia anche


con l’assunzione di Norzetam)

▪ - Plausibile concatenazione del binomio umiliazione/sesso o dolore/sesso, o


anche del trinomio dolore/umiliazione/sesso (identificabile idealmente come una
“scena primaria”, causa di successive patologia psicotiche)

▪ - Ambiente familiare degradato

Giovanissima e giovane età; violenze fisiche subite, anche gravi; forte trauma cranico;
rapporti di sesso anale volontario affettivo; rapporti di sesso anale sotto costrizione.

Questo non fa di una persona un mostro. E non fa di una persona un mostro, nemmeno una
volta aver avuto “una grandissima delusione” [Francesco Vinci - Intervista su La Nazione - 1 novembre
1984], come non fa di una persona un mostro che si accanisce contro le coppie di innamorati,
nemmeno esser nato e l’aver vissuto in un contesto famigliare condito di botte e violenze ai
figli, possibili incesti familiari, illegalità, violenze minacce e rapine, tradimenti, amanti comuni
che passano da un fratello all’altro, liti tra fratelli, figli di cui si dubita della paternità e che a
loro volta ne dubitano, omosessualità e bisessualità latente, nascosta e manifesta.
Del resto però, nemmeno il costringere a suon di minacce e botte le proprie mogli e amanti
allo scambismo, al sesso di gruppo, a rapporti pubblici e con sconosciuti, al provare piacere a
guardare le proprie compagne in tali situazioni, è comunque possibile inquadrarlo
nell’immagine alla “Mulino Bianco” della coppia e del nucleo famigliare felice. Son cose che
fanno a pugni.

Come se stessimo leggendo una ricetta, cominciamo già fin da subito qui, a trovarci tra le
mani alcuni di quegli “ingredienti” che mescolati ad altri, ognuno secondo il proprio peso e
importanza, necessiteranno poi solo più della/delle scintilla/scintille per accendere il fuoco per
essere cucinati portando al risultato finale della ricetta.

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Del resto come già fatto notare, se anche solo per un istante si è dato ufficialmente valore
alla visione del “seno sinistro della Miranda” [NdA: Miranda Bugli] come ancestrale causa
scatenante delle follie del mostro, non possiamo noi invece portare all’arco del nostro
ragionamento traumi, situazioni e comportamenti, ben più “pesanti” e “significativi”, che in un
qualsiasi libro di psicologia e psichiatria vengono segnalate come argomenti su cui porre seria
attenzione!?

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Stupro, botte, matrimonio e morte di Barbarina Steri

Per ciò che attiene strettamente alle vicende interconnesse tra la Barbarina Steri, lo Steri
Salvatore (fratello), lo Steri Francesco (padre), Salvatore Vinci, il Pili Antonio, corna, ricatti,
denunce, relazioni omosessuali e non, matrimonio civile, botte, abbandono tentato, e morte
della Steri stessa in Villacidro nel 1960, si potrebbe quasi addirittura fare a meno di scrivere
alcunché: la lettura delle informazioni e logiche riportate nella relazione scritta da Torrisi nel
1986, anche a fronte del Rapporto Giudiziario n. 7 del 19 gennaio 1960, e del Rapporto
Giudiziario n. 140 del 10 dicembre 1959, scritti dai Carabinieri della Stazione di Villacidro
prima, è più che sufficiente a farsi una chiara idea degli ambienti, dei legami di relazione e
soprattutto dei fatti intercorsi, in particolar modo per quelli inerenti la morte della Barbarina.

Alcuni spunti e note, però, è bene rimarcarli ed evidenziarli visto che, come per i passi
precedenti, anche questi partecipano/possono partecipare alla cornice ed al quadro proposti
in questo documento di studio.

Come prima, anche qui non è affatto una questione di “tipo d'autore” ad esempio capire se
una persona ne abbia precedentemente uccisa o meno un'altra. A sangue freddo e con
premeditazione. Non lo è perché, soprattutto in assenza di una ufficiale perizia medico-
psichiatrica del soggetto in questione [NdA: la perizia psichiatrica chiesta nei suoi confronti non venne
autorizzata dalla Corte nel processo a suo carico, come presunto uxoricida della moglie Barbarina Steri], diventa
compito del ricercatore riuscire ad individuare, informazioni attendibili che possano aiutare a
sopperire a tale mancanza, mettendolo in condizione di valutare nel pro e nel contro, legami
o l'assenza degli stessi, capaci di fornire una luce interpretativa non tanto o non solo a livello
caratteriale, ma anche di possibile anamnesi patologica.
L'ho già scritto e lo ripeto, si tratta qui, in questo studio sul MdF, di sviluppare un
ragionamento ed un filo logico su base indiziaria, in cui se volessimo invece restringere il
campo di discussione alle sole certificate prove fattuali e concrete, ben poco si potrebbe
scrivere su chiunque, non essendo mai stata ritrovata né la calibro 22 L.R. né altra prova
fisica in grado di inchiodare incontrovertibilmente un nome a quei tremendi e folli delitti.

Una breve cronistoria, morte della Steri Barbarina a parte, riporta che:

Finito il servizio militare, SV all'età di 23 anni, nel 1958, sposa Barbarina Steri, di 17.
• -“L'aveva presa con la forza, in campagna, forse per umiliare il ragazzo che lei amava
e dal quale era riamata, Antonio. E vero, Salvatore aveva "rimediato", l'aveva, cioè,
sposata“
[“Dolci Colline di Sangue” - M. Spezi / D. Preston]

• – ...dopo che lui l'aveva violentata in aperta campagna con l'intento di mortificare,
Antonio Pili, un giovane che lei amava e dal quale era riamata ” -
[citazione dal blog: Insufficienza di Prove]

• -“...essere stata obbligata e costretta a sposare il VINCI Salvatore per una serie di
motivi, tra cui quello di essere rimasta incinta” -
[Rapporto Torrisi 311/1 ].

• -“la Barbarina è stata violentata e messa incinta da VINCI Salvatore”


[Dichiarazioni di Anna Maria Tibet- Rapporto Torrisi 311/1]

Con la violenza e il disprezzo della donna, inizia dunque presto.


In ogni caso, il matrimonio, oltre che “riparatore”, è pure un matrimonio “combinato”, grazie
agli ottimi rapporti che intercorrono tra il SV e il padre di lei, ed in particolar modo quelli con

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il di lei fratello: Steri Salvatore


• -“...manifestazioni omosessuali del Vinci Salvatore, i cui segnali già provengono
dall'epoca giovanile, risalente all'inizio della sua amicizia particolare con il suo
coetaneo e futuro cognato Steri Salvatore”.
[Supplemento Rapporto 311/1-1].

• “l'atteggiamento dei due cognati, il loro modo di fare, il loro affiatamento, manifesta
chiaramente un tipo di rapporto diverso dalla comune amicizia, tanto che tra loro
giovani, più o meno seriamente, si è pensato che fossero omosessuali, soprattutto il
Vinci”
[Dichiarazioni di Antonio Pili ai Carabinieri – Rapporto Torrisi 311/1]

Che il sesso anale omosessuale fosse per il SV cosa antica (quindi di età ben giovanile per
non dire di post infantile) o debba esserne individuato l'inizio in quello stupro anale subito a
militare [NdA: “durante il servizio militare [NdA: SV] ha subito un incidente e che poi durante il ricovero in
Ospedale per ottenere un periodo di convalescenza, avrebbe subito dei rapporti carnali via anale.” - Rapporto
Torrisi – Supplemento 311/1-1] quando il SV aveva 21 anni, dunque appena un paio di anni prima
dello sposare la Steri Barbarina, non è dato di sapere con certezza; anche se è plausibile
immaginare che a tale tipo di rapporti anali fosse già uso [ NdA: “...manifestazioni omosessuali del
Vinci Salvatore, i cui segnali già provengono dall' epoca giovanile...”. - Supplemento Rapporto 311/1-1 - “...non
fa mistero delle voci allora correnti in tal senso nel loro ambiente giovanile” - Dichiarazioni di Antonio Pili, al
Maresciallo Congiu, 9 ottobre 1985].

Nel febbraio, del 1959 Barbarina dà alla luce il figlio Antonio [ NdA: “al quale, nel suo ricordo, ha
dato il nome di Antonio “ Rapporto Torrisi 311/1 ], così chiamato in scorno ed disprezzo al marito SV
[NdA: la “grandissima delusione” di cui parla Francesco Vinci nell'Intervista su La Nazione del1 novembre
1984 ?], in quanto oltre ad non aver mai smesso di amare il Pili, con lo stesso ha pure
riallacciato, di nascosto, la relazione interrotta [NdA: “La STERI Barbarina, sebbene sposata, coltiva da
tempo una relazione intima con un giovane del luogo, PILI Antonio, con il quale si incontra con frequenza in vari
luoghi convenuti del paese“, e “...rapporto giudiziario n. 140, datato 10.12.1959, redatto dalla stessa Stazione di
Villacidro, con il quale la STERI Barbarina è stata deferita all'Autorità Giudiziaria per rispondere del reato di atti
osceni, unitamente al suo amante PILI Antonio” - Rapporto Torrisi 311/1].

La Barbarina infatti, era fin da giovanissima età innamorata di tale Antonio Pili [ NdA: “...hanno
modo di conoscersi in Villacidro, sin dall'età di 15 anni lui, e 13 lei, e da quel momento i loro incontri sono sempre
più frequenti, però vengono subito avversati dai familiari di lei.. In una circostanza in cui il PILI osa manifestare le
sue serie intenzioni al padre della giovane, non solo riceve un categorico rifiuto ed un ammonimento a smetterla,
ma anche un colpo di frusta. Le liti subentrano anche con il fratello a nome Salvatore, e lui ed il padre fanno di
tutto, ricorrendo anche alle maniere forti, per allontanargli la figlia. Le ragioni di questa ostilità diventano palesi
allorché la Barbarina gli confida che i genitori vogliono darla in fidanzamento ad un intimo amico del fratello
Salvatore, VINCI Salvatore, assiduo frequentatore della loro abitazione. Anche tra il PILI ed il VINCI si verificano
delle liti con reciproco scambio di insulti e pugni, sempre per le medesime ragioni.... ” - Dichiarazioni di Antonio
Pili, rese al Maresciallo Congiu, in data 26 novembre 1984 – Rapporto Torrisi 311/1 ]

Risulta comunque agli atti dei rapporti investigativi, che il SV venne a conoscenza della
ripresa dei rapporti intimi tra i due amanti; e che a quel punto, sapendo ora e luogo di un
incontro tra i due “...organizza un piano ben architettato per far cogliere in flagranza i
due . Egli deve rimanerne al di fuori per allontanare eventuali sospetti con l'ausilio di due
amici fidati, ARESTI Mario, sordomuto, a cui affida la parte di un fantomatico postino
incaricato della consegna di bigliettini tra la moglie e l'amante ed un fotografo dilettante,
PILLERI Gesuino, pregiudicato, noto donnaiolo , il quale gode fama di ricattare giovani donne,
dopo averle ritratte in posizioni compromettenti, cui affida il compito di immortalare i due
mentre si congiungono carnalmente...” [Rapporto Torrisi 311/1]

Comunque, oltre alla articolata pianificazione, alla possibile “grandissima delusione” e ai


“rapporti omosessuali”, altrettanto ed ancor di più degno di nota è rilevare come il SV fosse

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solito trattare la Barbarina Steri, donna, moglie, nei pochi anni della loro “forzata” relazione:
• - “...la STERI, senza darsi per vinta, perché innamorata del giovane, continua a
coltivarla senza preoccuparsi delle botte e minacce ricevute” [Rapporto Torrisi 311/1]

• - “...continui litigi tra i due coniugi...” [NdA: Dichiarazioni del vicino di casa Steri Raimondo, ai
Carabinieri – Rapporto Torrisi 311/1]

• “miseria in cui era tenuta dal marito che le faceva mancare i mezzi necessari per sé ed
il figlio” [Rapporto Torrisi 311/1]

• “La STERI racconta al PILI …SNIP... di subire maltrattamenti continui anche con
pugni al viso, da parte del suo marito” [Rapporto Torrisi 311/1]

• “La STERI Annamaria, la sorella minore, che all'epoca dei fatti aveva circa 10 anni,
dichiara: di ricordarsi che la Barbarina aveva sofferto molto i maltrattamenti subiti dal
marito e molto spesso portava i segni delle percosse” [Rapporto Torrisi 311/1]

• “...di aver saputo dal nipote VINCI Antonio, per averlo appreso dalla matrigna, di
forzose promiscuità sessuali, imposte ad entrambe le mogli, la prima e la
seconda, e che il padre ha accusato la madre di prostituirsi” [Dichiarazioni di Giuseppina
Steri ai Carabinieri – Rapporto Torrisi 311/1]

Verbali, dichiarazioni, alibi, ricostruzione nel dettaglio della morte della Steri, invece, per non
appesantire eccessivamente questo lavoro, non si ritiene il caso di trattarli con specifica
disanima. Per questo è già più che sufficiente quanto scritto nel Rapporto Torrisi [ NdA: capitoli
5-6-8-16 in particolare].
A fronte di quanto in merito esposto dal Tenente Colonnello Nunziato Torrisi, ci sentiamo in
sintonia col giudizio, ponderato, che vede il SV nei panni di uxoricida; diretto e/o in
complicità, responsabile omicida della moglie.
La versione dunque che vede il SV, congiuntamente al fratello di lei, Salvatore Steri,
contemporaneamente amante del SV medesimo, e probabilmente al padre di lei, Steri
Francesco, togliere la vita, alla giovane moglie del SV, appare a mio avviso e nonostante una
sentenza definitiva passata in giudicato, la più attinente e quindi correttamente ipotizzabile e
accettabile..

E’ un dato certo che SV uccise, in complicità o meno col suo amante dell’epoca e altri,
Barbarina Steri?
No; e lo sottolineiamo tranquillamente.
Eppure visti gli indizi convergenti, e valutata l’implausibilità degli alibi della fantasiosa
ricostruzione proposta, come ben illustrati nel Rapporto Torrisi, in questo documento di studio
l’ipotesi dell’uxoricidio può (e deve) essere accettata.

Del resto, quand’anche il SV non fosse responsabile diretto della morte della Barbarina,
questa resterebbe ugualmente l’immagine di sé che lo stesso aveva venduto al SM.

Già, perché anche se ci tocca fare momentaneamente salti in avanti, lo Stefano Mele marito
della Barbara Locci uccisa nel 1968 in Toscana, compare anche nella vicenda della Barbarina
Steri, morta nel 1960 in Sardegna. Legame comune e filo conduttore, ovviamente il Salvatore
Vinci.

Infatti:
• - Nel 1958: Stefano Mele si trasferisce da Fordongianus, Sardegna, in Toscana

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• - In data 14 gennaio 1960: Barbarina Steri viene trovata morta

• - In data 21 agosto 1968: Barbara Locci viene assassinata

• - in data 23 agosto 1968: Stefano Mele racconta ai Carabinieri di Castelletti di Signa la


partecipazione di Salvatore Vinci nell’omicidio della moglie Barbara Locci
(scagionandolo immediatamente pochissimo tempo dopo).
E’ altamente significativo notare che durante quella sua quasi prima confessione, il SM
fa mettere a verbale che: “ha paura del VINCI Salvatore perché questi gli ha detto di
aver ucciso la sua prima moglie, con la quale era sposato solo civilmente, lasciando di
proposito la bombola del gas aperta” [Rapporto Torrisi – 311/1]

• - in data 16 dicembre 1982: “il G.I., Dott. Vincenzo TRICOMI, a seguito di sua
specifica richiesta diretta al Nucleo Operativo, del 29.11.1982, acquisisce in data
16.12.1982, tramite la Tenenza Carabinieri di Villacidro, il Rapporto Giudiziario n. 7 del
19.1.1960, della Stazione omonima, relativo al decesso di STERI Barbarina” [Rapporto
Torrisi 311/1].

Ossia, almeno in questo caso non è assolutamente possibile che una simile informazione, SV
uxoricida, possa essere raccontata dal SM su imbeccata (volontaria o meno) o sotto l’effetto
di qualche “ceffone” degli investigatori dell’epoca [NdA: come invece alcuni, erroneamente come
altrove spiegato in questo documento e già anche nel Rapporto Torrisi, sospettano rispetto al conoscimento di
alcuni particolari del delitto di Signa].

Quindi:
• - Non risultando plausibile che il SM, trasferitosi in Toscana da Fordongianus, nel 1958,
potesse essere a conoscenza della ben poco nota morte, per suicidio, di una
sconosciuta Barbarina Steri in Villacidro, nel 1960

• - Non risultando plausibile individuare nel SM un cervello così acuto e sopraffino [ NdA:
“personalità piuttosto labile” – Rapporto Torrisi 311/1 - “...fu periziato nel 1970 affetto da “grave
oligofrenia”. In pratica ragiona come un bambino di 6 anni” - Confidentialcrimecasebook], capace di
inventare e pianificare prima e sostenere davanti ai Carabinieri poi, una simile
distorsione, specie, per un incensurato, durante i primi impatti con gli inquirenti che lo
interrogano.

E' quindi da ritenersi accertato che chi poteva fare allo Stefano Mele un simile racconto,
veritiero o millantato che fosse, non potesse essere altri che il SV stesso [ NdA: o al limite i fratelli
di lui; il Francesco con più probabilità rispetto al Giovanni, vista la durata e la frequenza dei rapporti con la Locci.
Non si capisce però a che pro e con quale confidenzialità qualcuno dei fratelli del SV, avrebbe potuto raccontargli
tali cose. La confidenzialità era certamente maggiore tra i due amanti SV e SM ].
Riuscire invece con altrettanta certezza a determinare con indubbie prove uxoricidio o
millanteria, sarebbe ovviamente utile, e per molteplici motivi, ma come detto, prove fisiche
nell’uno o nell’altro senso non sono presenti.
Non di meno per quanto su illustrato e soprattutto a fronte di ragionata lettura di quanto
contenuto in proposito nel Rapporto Torrisi [ NdA: o per essere più precisi, nella settantina di pagine
pubblicamente disponibili, rispetto alle quasi centottanta che includono anche gli Allegati ], è convinzione
dell’autore che le possibilità che la Steri si sia effettivamente suicidata, e proprio con quelle
modalità, appaiono minime e altamente improbabili.

Per dovere di cronaca e obiettività di studio, si noti però come l'avvocato del SV al processo
per uxoricidio, abbia, e con successo, messo in luce alcune pecche in quanto scritto dal
Torrisi, proprio relativamente a detto ipotizzato uxoricidio:
• “Nel suo rapporto, prosegue il difensore, lei accenna ad avvelenamento da monossido

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di carbonio' riguardo alla morte della Barbarina Steri. Nella perizia non se ne parla. Lei
da dove lo ha tratto?. Il Colonnello si agita. Non risponde” [Fonte: quotidiano La Città – 15
aprile 1988 ]

Accettando comunque queste conclusioni, abbiamo così da aggiungere tra gli “ingredienti”
citati nel precedente capitolo, anche quello della violenza omicida, e soprattutto pianificata e
premeditata. Su una donna. Pure di stretta conoscenza, e madre di un figlio.
E togliere la vita a qualcuno, per quanto meccanicamente possa essere una cosa basicamente
facile, psicologicamente invece è comunque qualcosa che difficilmente non lascia strascichi
interiori, siano essi “rimorsi” o “esaltazioni”, in cui si ripensa alle scelte e alle azioni e alle loro
conseguenze. Peggio addirittura ne sarebbe l'assenza, sintomo di una personalità così
autoreferenziale e priva di empatia da poter essere considerata ancora più pericolosa [ NdA:
abbiamo già letto come la mancanza di empatia sia una caratteristica tipica di psicopatici e serial killer ].

In ogni caso, concedendo il beneficio del dubbio, risulta comunque particolarmente


interessante notare che se anche il SV non fosse l’uxoricida che traspare dal Rapporto Torrisi,
il fatto che lui stesso così ne vendesse al SM la sua immagine, a livello conscio non si
discosterebbe troppo dall’esserlo a livello inconscio, dando evidenza del non dimostrar
riprovazione per un simile delitto, anzi da usarlo come “vanteria” per guadagnare livello
d'approvazione altrui.

Visto che, nella Villacidro 1960 siamo alla ricerca di possibili “ingredienti”, vale la spesa
quindi, come fatto nel capitolo precedente, di fare un breve riepilogo di quelli appuntati fin
ora:

• - Padre violento e pesantemente manesco nei confronti del figlio (15 giorni fasciato per
le percosse ricevute)

• - Rapporti omosessuali

• - Stupro anale subito durante il periodo militare, come fonte di conseguimento di una
licenza [NdA: “presunto” nel senso che risulta indeterminata la volontaria accettazione/volontaria
offerta di scambio/costrizione del rapporto]

• - Violento trauma cranico (a sua volta connesso, molto probabilmente, col punto
precedente)

• - Plausibile concatenazione del binomio umiliazione/sesso e/o dolore/sesso, o anche


del trinomio dolore/umiliazione/sesso, in relazione al conseguimento di un interesse
privato proprio da parte di una forma di autorità

• - Ambito familiare degradato

Quelli che possiamo aggiungere ora sono:

• - Probabile uxoricida
▪ - Tramite uso di gas, o probabilmente tramite “asfissia meccanica” [“Solo lo
STERI Francesco, poi dimostra di avere delle perplessità allorché riferisce di aver
notato nel viso della figlia alcuni segni forse dovuti a qualche graffio, e di
ricordarsi che la sera precedente al fatto, la figlia, trovandosi a casa sua, non
presentava in viso alcun graffio” e anche “non appare sufficientemente
evidenziata la morte per avvelenamento di ossidio di carbonio [NdA: la
frase incriminata contestata dall'Avvv. Marongiu, difensore del SV ], che potrebbe

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somigliare a quella prodotta per asfissia meccanica, in quanto le differenze più


evidenti riguardano la diversa colorazione che il sangue viene ad assumere” ed
in particolar modo “la donna effettivamente presenta delle escoriazioni al viso
prodotte verosimilmente dalle unghie della mano ed un leggero ematoma al
collo” - Rapporto Torrisi – 311/1 ]

• - Assenza conscia/inconscia di distinzione tra uxoricida e non, in quanto vende al SM la


sua immagine come tale [“ha paura del VINCI Salvatore perché questi gli ha detto di
aver ucciso la sua prima moglie, con la quale era sposato solo civilmente, lasciando di
proposito la bombola del gas aperta” - Rapporto Torrisi – 311/1]
▪ - mancata dimostrazione di riprovazione per un simile tipo di evento delittuoso,
di cui arriva a farsi addirittura vanto, pro domo sua, col SM

• - Compagna del SV che “manifesta la volontà di separarsi dal marito” [Rapporto Torrisi –
311/1].
▪ - Ossia donna che manifesta una propria autonoma volontà, rispetto a quella del
SV ulteriormente sminuendolo, nella sua testa, davanti agli occhi dei suoi
compaesani e amici.
▪ In questo caso, se il Torrisi fa riferimento esclusivo alla lettera che la
Barbarina Steri avrebbe ricevuto dal brefotrofio di Cagliari,, l'Avvocato
del SV ebbe da eccepire in tribunale: “Avete svolto indagini
sull'autencità della lettera? No, risponde con un minimo di imbarazzo il
Torrisi” [Fonte quotidiano La Città – 15 aprile 1988]

• - Capacità alla menzogna e alla pianificazione (nel caso di SV reale uxoricida)


▪ -“Bussai una sola volta e chiamai Barbarina, ma non ebbi nessuna risposta;
pensai immediatamente che mia moglie fosse in compagnia dell'amante e così
mi precipitai all'esterno della casa, temendo di essere aggredito...SNIP...
allungai il passo fuggendo per raggiungere quanto prima la casa di mio cognato”
[Testimonianza del SV ai Carabinieri, come da Rapporto Giudiziario n. 7, del 19 gennaio 1960;
riportato nel Rapporto Torrisi 311/1]

▪ Non si trattasse di una menzogna, da intendersi come alibi preparato a tavolino,


ci troveremmo di fronte ad un evidente caso di codardia, vigliaccheria e ben
poco senso di difesa dell’onore [ NdA: vigliaccheria comunque presente anche nel caso di
uxoricidio, perché uccidere una donna indifesa, da parte di un uomo forte e aitante, non è certo
che possa essere indicato come un atto di coraggio, specie se pure con la complicità di altri ].

▪ Codardia in quanto, immaginare un giovane, sardo, nel pieno delle sue forza,
che lavora nel campo dell’edilizia, che abbia “paura di essere aggredito”
dall’amante della moglie, in mutande o nudo data la situazione, praticamente
colto in flagrante nel letto e nella casa di lui, suona veramente difficile da
credere, anche perché, come il Pili stesso conferma, negli anni precedenti al
matrimonio, i due già erano venuti alle mani, sempre per oggetto la Barbarina
[“Anche tra il PILI ed il VINCI si verificano delle liti con reciproco scambio di
insulti e pugni” - Rapporto Torrisi – 311/1]

• - Nel caso di uxoricidio, almeno un complice con il quale intrattiene intimi rapporti in
senso omosessuale. E sempre nel caso di uxoricidio, alibi fornito da un suo amante col
quale intrattiene da tempo rapporti omosessuali.
▪ - Da notare come lo stesso “fotogramma” paia ripetersi per quanto riguarda il
delitto di Castelletti di Signa e lo Stefano Mele.

• - Omosessualità precedente al matrimonio [ “...manifestazioni omosessuali del Vinci

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Salvatore, i cui segnali già provengono dall'epoca giovanile, risalente all'inizio


della sua amicizia particolare con il suo coetaneo e futuro cognato Steri
Salvatore”, e “intimo amico del fratello Salvatore, VINCI Salvatore, assiduo
frequentatore della loro abitazione” - Supplemento 311/1-1 e Rapporto 311/1]

• - Solito usare la violenza, anche brutale, sulla donna


[“maltrattamenti continui anche con pugni al viso” e “...l'azione di pestaggio a cui è
sottoposta...” e “...botte e minacce ricevute...“ e “la Barbarina è stata violentata e
messa incinta da VINCI Salvatore” - Rapporto Torrisi 311/1]

• - Incapace di conquistare il cuore di una donna (la Barbarina Steri).


▪ a)- Matrimonio combinato [“...Barbarina gli confida che i genitori vogliono darla
in fidanzamento ad un intimo amico del fratello Salvatore...”]
[Rapporto Torrisi – 311/1]

▪ b)- Tradimento protratto da parte della moglie [“La Steri Barbarina, sebbene
sposata, coltiva da tempo una relazione intima con un giovane del luogo, PILI
Antonio, con il quale si incontra con frequenza in vari luoghi convenuti del
paese”]
[Rapporto Torrisi – 311/1]

▪ c)- figlio ufficialmente del SV (ma dubbi permangono addirittura al figlio stesso);
chiamato dalla Barbarina con lo stesso nome del suo vero amore: Antonio [ NdA:
“Voleva sapere se davvero era lui suo padre e non il primo amore della madre...” – Da “Dolci
colline di sangue” pag. 171 – M. Spezi – D.P Preston ]
[NdA: “...aver avuto un figlio al quale, nel suo ricordo, ha dato il nome di Antonio ” -Rapporto
Torrisi – 311/1]

• - Spirito di rivalsa, vendetta e sofisticata capacità di elaborata pianificazione [ NdA:


vedasi denuncia per atti osceni e simulazione di reato - rapporto giudiziario n. 140, datato 10
dicembre1959 – Rapporto Torrisi - per brevità: “I fatti, secondo una ricostruzione più aderente alla realtà,
si possono sintetizzare come in appresso indicato... ” e seguenti]
▪ - Da notare la complessa elaborazione del piano tramite il coinvolgimento diretto
dei parenti della vittima [ NdA: è possibile in seguito ritrovare lo stesso “fotogramma” per
quanto riguarda il delitto di Castelletti di Signa e il clan Mele ]

• - Soggetto non in condizioni di restrizione coercitiva che ne avrebbero impedito la


presenza sulla scena del delitto

• - Accertata presenza del SV sul/nei pressi del luogo del delitto. [NOTA BENE:luogo, non
scena]

Per ciò che riguarda Villacidro e la Sardegna, potremmo anche fermarci qui e passare alla
successiva sezione del documento; informazioni, indizi e valide supposizioni ne abbiamo
raccolte a sufficienza. Ma la morte della Barbarina Steri porta appresso con sé altri due punti
di specifico interesse che è bene analizzare:

il primo: in merito alla Beretta cal. 22 L.R acquistata dall’Aresti Franco

il secondo: in merito alla decisiva testimonianza dello Stefano Mele al processo a carico di
Salvatore Vinci per uxoricidio, nel 1988

Li andiamo quindi ad analizzare nei due prossimi capitoli.

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Villacidro non è Fordongianus

Nel Rapporto Torrisi e nella “originale” ipotesi della Pista Sarda, si ha nota a presupposto che
la famigerata Calibro 22 L.R., con buona probabilità sia/possa essere quella comprata ed
appartenuta al Aresti Franco.
I presupposti, come menzionati nel rapporto Torrisi, sono senz’altro congrui e certamente ben
fecero gli uomini del Colonnello ad attivarsi nella ricerca della medesima.
• che venga citato un “Aresti Mario, sordomuto” [Rapporto Torrisi - 311/1], amico fidato del SV,
in merito alla falsa aggressione alla Steri e al Pili

• che la Steri dica al marito, e quindi per interposta denuncia ai carabinieri, di essere
“sfuggita, per caso, ad un'aggressione da parte di tre individui, di cui uno armato di
pistola” [Rapporto Torrisi – 311/1]

• che l’ Aresti Franco, “lontano parente dei Vinci”, possa essere imparentato con l’ Aresti
Mario, “amico fidato” del SV [Rapporto Torrisi - 311/1]

• che l’Aresti Franco, abitante in Villacidro, e “deceduto in Olanda il 9.11.1963” [Rapporto


Torrisi - 311/1] avesse acquistato regolarmente una Beretta calibro 22 L.R. [“ Rapporto
Giudiziario n° 34/354-109-1968 del 20 novembre 1984” – Rapporto Torrisi 311/1 ]

• che l’Aresti Franco, “nel 1960, all’incirca quando Salvatore Vinci, insieme ai fratelli
Giovanni e Francesco, si trasferirono in Toscana, notò che la sua Beretta calibro 22,
regolarmente denunciata, era sparita”

• che “detta arma non risulta né denunciata [NdA: come smarrita o rubata], né venduta o
ereditata da qualcuno” [Rapporto Torrisi – 311/1]

• che “La Polizia olandese, interessata tramite l'Interpol, ha fatto conoscere in data
24.1.1986, di non aver trovato tracce negli atti d'ufficio dell'esistenza di una pistola tra gli
oggetti e gli effetti personali dell'ARESTI, restituiti ai suoi familiari in Sardegna” [Rapporto
Torrisi – 311/1]

Come si vede sono presupposti senz’altro congrui e quindi non stupisce, vista l’ipotesi di
indagine a cui stavano lavorando, che tale Beretta 22 L.R. acquistata in Villacidro, Sardegna,
e poi misteriosamente scomparsa, potesse essere vista come strettamente collegata a quella
ancor più misteriosa calibro 22 L.R. che tanta morte e disperazione aveva seminato nelle
colline attorno Firenze, in Toscana.
Nello stesso Rapporto però, ci tocca anche leggere che: “Le indagini in Villacidro per il
momento si concludono con l'acquisizione dei fascicoli processuali in argomento, nonché con
il completamento degli accertamenti sulle armerie del luogo e sulle pistole Beretta cal. 22
L.R. vendute nel periodo antecedente il 21 agosto 1968, il cui esito è stato riferito a codesti
uffici con R.G. n. 34/354-109-1968 del 20 novembre 1984 di questo Nucleo Operativo.
Pertanto, le ricerche per il rinvenimento dell’arma, proseguono.” [Rapporto Torrisi – 311/1].

Purtroppo il Rapporto Giudiziario n°34/354-109-1968 del 20 Novembre 1984, non è


disponibile pubblicamente né in conoscimento dell’autore; però dalla frase riportata, [ NdA: e
con il senso logico che dirigeva quella ipotesi investigativa che vedeva sì il SV nei panni del MdF ma anche autore
del delitto di Signa nonché come possessore dell’arma già per quel delitto ], la sensazione è che in tale
Rapporto non vi siano interessamenti altrettanto precisi e puntuali riscontri per le armerie e
le Berette calibro 22 L.R. di Fordongiànus [NdA: paese natale dei Mele], ad esempio.

E’ più che normale immaginare che indagini siano state svolte presso tutte le armerie, in

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Sardegna ed in Toscana almeno [“Pertanto, le ricerche per il rinvenimento dell’arma,


proseguono” – Rapporto Torrisi 311/1], ma il grado di verifica e approfondimento dedicato
appunto a quelle di Fordongiànus e paesi limitrofi, è al momento ignoto a chi scrive.

Va comunque notato che a Firenze e dintorni, nel novembre 1966, avvenne lo straripamento
dell'Arno e di altri fiumi vicini (il Sieve per esempio): “Diversamente dall'immagine che in
generale si ha dell'evento, l'alluvione non colpì solo il centro storico di Firenze ma l'intero
bacino dell'Arno, sia a monte sia a valle della città. Sommersi dalle acque furono anche
diversi quartieri periferici della città come Rovezzano, Brozzi, Peretola, Quaracchi, svariati
centri del Casentino e del Valdarno in Provincia di Arezzo, del Mugello (dove straripò anche il
fiume Sieve), alcuni comuni periferici come Campi Bisenzio, Sesto Fiorentino, Lastra a Signa
e Signa (dove strariparono i fiumi Bisenzio ed Ombrone Pistoiese e praticamente tutti i
torrenti e fossi minori) e varie cittadine a valle di Firenze, come Empoli e Pontedera. Dopo il
disastro, le campagne rimasero allagate per giorni, e molti comuni minori risultarono isolati e
danneggiati gravemente. Nelle stesse ore, sempre in Toscana, una devastante alluvione
causò lo straripamento del fiume Ombrone, colpendo gran parte della piana della Maremma e
sommergendo completamente la città di Grosseto” [fonte: Wikipedia].

Tale alluvione inondò ovviamente oltre a case private, anche negozi, tra i quali armerie.
Centinaia di armi e migliaia di munizioni, “andarono perse”.

Ma è però inoltre importante notare che il Rapporto Torrisi 311/1, al di là della pura ipotesi
investigativa, non riesca significativamente a collegare la pistola dell’Aresti alle mani del
Salvatore Vinci; e, per la precisione, nemmeno a collegare un’altra pistola qualsiasi nelle
mani del SV [NdA: non si rintracciano ad esempio, dichiarazioni di vecchi compagni, amici o parenti del SV che
affermino, di averlo visto o di aver sentito dire che, in gioventù, maneggiava armi o “ che lui tirava ai fagiani con
una pistola”].

In merito, nel Rapporto, vi è addirittura una involontaria frase che sottintende la mancanza di
connessione diretta tra l’arma dell’Aresti e il Salvatore Vinci. Infatti, addentrandosi a parlare
nello specifico del delitto di Signa, il Col N. Torrisi, forse in involontario lapsus, scrive: “...Il
delitto viene organizzato dal VINCI Salvatore, che procura la pistola.” [Rapporto Torrisi – 311/1].

Nel caso il SV fosse stato in possesso dell’arma dell’Aresti [ NdA: da ben da 8 anni dunque e all'insaputa di
tutti], molto meglio avrebbe suonato, ad esempio, un “mette a disposizione la...” o almeno un
“...quella pistola”.
Come lapsus invece, il suono che si abbina alla frase è quello di “..che per poter potar a
termine il suo piano, deve prima, con successo, procurarsi un'arma da mettere a
disposizione...”. Forse solo un gioco semantico, direte voi, una sfumatura, ve lo concedo. Ma
resta il fatto che anche quando nero su bianco viene scritto il dettaglio della modalità di
pianificazione, l’arma torna vaga e generica, senza più alcun solido appiglio con Villacidro e
l'Aresti.

E se l’appiglio con Villacidro e l’Aresti perde colore, allora l’arma può arrivare da qualsiasi
parte.
E se può arrivare da qualsiasi altra parte, con lo stesso valore logico può arrivare tramite
mani differenti da quelle del SV.
Perché non provare a pensare che l'arma venne invece “procurata/messa a disposizione” dal
“clan” Mele? Del resto, i Mele [ NdA: lo Stefano Mele come minimo certamente ] con l'omicidio della
Locci, le mani in pasta ce l'hanno avute. E i Mele erano originari di Fordongiànus.

Inoltre, accettando per un momento la vulgata che vuole che il SV veramente fosse entrato in
possesso dell’arma dell’Aresti Franco, in Villacidro, nel 1960, cosa avrebbe fatto il SV con
questa pistola fino al 1968?

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Per quei 8 anni, non risultano a carico del SV denunce per reati commessi a mano armata, né
non risultano minacce a mano armata di pistola a nessuno e a nessuna; non risultano
testimonianze che vedano il SV con un’arma in mano per tutto tale periodo [ NdA: e comunque
nessuno avrebbe mai potuto sapere che quell’arma era quella rubata all’Aresti né che non fosse provvisto di
regolare porto d’armi] nemmeno per un banale ed innocente, che so, tiro a segno in mezzo ai
campi per passare un pomeriggio tirando colpi e bevendosi una birretta. Niente. Niente di
niente, con ovviamente l'eccezione delle dichiarazioni [NdA: a spizzichi e bocconi, dette e ritrattate,
depistatorie, ambigue, interessate] dello Stefano Mele, ben inteso!

Chiediamoci quindi in base a quale dato o indizio il più oggettivo possibile [ NdA: parole del SM a
parte per un momento], è solidamente ipotizzabile che il SV fosse in possesso di una calibro 22
L.R. (dell’Aresti Franco?) dal 1960 al 1968?
Nessuno.

Invece, pur smentita dalla Sentenza Rotella, in periodo successivo al 1968 almeno una
testimonianza che vede un’arma da fuoco nella mano del SV esiste: e sono le parole della
Pierini Ada [“minacce con una pistola” - Rapporto Torrisi 311/1].
• tali dichiarazioni della Pierini, si dimostreranno poi false o per lo meno non supportate
negli esiti e nei riscontri di una apposita duplice perquisizione [ NdA: perquisizione di cui il
SV era stato avvertito dei controlli di P.G. - Tale argomento verrà trattato nello specifico in successivi
capitoli maggiormente attinenti]

Ma tralasciando quelle dichiarazioni della Pierini che le costarono una accusa di falso ed un
periodo nelle patrie galere, c'è di più, perché: lo stesso straccio [ NdA: “straccio contenuto in una
borsetta di paglia da donna nascosta tra le coperte poste dietro l'armadio ubicato nella stanza da letto” - Rapporto
Torrisi 311/1] sporco di segni di sparo e/o pulitura arma da fuoco, ritrovato in un armadio in
casa del SV durante una perquisizione, è invece proprio concreto indizio e segno che almeno
da una certa data in avanti, il SV possedesse/fosse entrato in contatto/avesse maneggiato
una arma da fuoco.

Stiliamo quindi un breve riassunto a supporto della differenza di carico indiziario:


• prima del 1968 (data delitto): assenza di indizi e testimonianze che vedano il SV con un
arma da fuoco

• dopo il 1968 (data delitto): presenza di indizi e testimonianze capaci di collocare un arma
da fuoco in possesso del SV

Perché quindi allora non provare a vedere l’immagine da un altro punto di vista, ossia che:
• il SV non rubò affatto la pistola all’Aresti Franco;

• il SV non fosse in possesso di alcuna arma da fuoco negli otto anni che intercorrono tra la
sua emigrazione dalla Sardegna e l’omicidio della Locci

E dunque ipotizzabile che l'arma che uccise la Locci, non fosse affatto nella disponibilità del
SV prima del 1968.

Ma una calibro 22 L.R. a Castelletti di Signa, fu certamente in azione.


Così come certamente almeno un “membro del clan” Mele vi era in loco presente, così come
la vittima designata era la moglie di un “membro del clan” Mele, nonché ex amante del SV
poi ripudiato dalla stessa.

Perché mai quindi la pistola non avrebbe potuto essere stata reperita e messa a disposizione
per l'azione omicidiaria da uno o più soggetti interni al “clan” stesso?

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Ovviamente, la domanda e titolo del capitolo: “Villacidro o Fordongiànus?” non deve essere
presa alla lettera [NdA: non esiste al momento a disposizione dell'Autore, alcuna informazione relativa a
Berette calibro 22 L.R., scomparse in quel di Fordongiànus ], non deve essere intesa non come
affermazione prettamente e sterilmente “geografica”, ma come lecito dubbio sul quale
ragionare.

Infatti:
Attenzione che è assai importante fare notare che i Mele [ NdA: Palmerio e famiglia] si
trasferirono dalla Sardegna alla Toscana nel 1952, e che quindi anche avessero portato
contestualmente al trasferimento con loro un'arma da fuoco, questa non potrebbe essere la
famosa calibro 22 L.R, in quanto tale calibro 22 L.R. viene comunemente identificata con una
Beretta Mod. 70, che entrò in produzione solo a partire dal 1958. Infatti:“L’identificazione
dell’arma con una Beretta semiautomatica in calibro .22L.R. della serie 70 è stata possibile
dall’identità di classe dei bossoli repertati nei vari omicidi, mentre l’unicità dell’arma
impiegata è stata riconosciuta da specifiche marcature che questa lascia sui bossoli di risulta.
Il fatto che l’arma possa essere – molto probabilmente – una Beretta della serie 70 restringe
il numero di possibili modelli ma non ne identifica uno in particolare, perché nella serie 70
esistono diversi modelli entrati in produzione a partire dal 1958.” [Enrico Manieri]

Come vedremo in successivi capitoli e come abbiamo visto in capitoli precedenti a proposito
del “passaggio di arma sporca”, vi sono diverse buone ragioni comunque per prendere in
seria considerazione una simile ipotesi che vede il clan mettere a disposizione l'arma nel
1968. [NOTA*1]
Ciò nonostante, per correttezza di indagine [ NdA: e dichiarazioni del SM], questo documento di
studio non scarta, perché non può essere scartata a priori, l'ipotesi che invece vuole il SV
come “proprietario” della calibro 22 L. R. che uccise a Signa.
Una simile differenza di impostazione comunque, come si vedrà, non riserva alcuna
sostanziale differenza all'ipotesi lavorativa che individua il SV nella figura del MdF.

[NOTA*1]: Per quanto l'ipotesi principale di lavoro proposta in questo documento non riconosca dunque
particolare supporto indiziario all'idea che vede il SV già possessore della calibro 22 L.R., e dunque sviluppi il
proprio percorso non richiamandosi a tale ragionamento, all’interno del documento viene, a parte, anche proposta
una “versione alternativa” riguardo al pregresso possesso della calibro 22 L.R. e passaggio di arma “ sporca”
[NdA: Vedasi Capitolo: “APPENDICI / EXTRAS/ “Ripensando il 22 agosto 1968; una variante sul passaggio
d’arma”].

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Un salto avanti di 30 anni

Ho già scritto di come questo studio si muova come una molla al fine di poter reperire le
informazioni che necessita per essere svolto: noi a differenza degli investigatori dell’epoca,
abbiamo la possibilità di accedere al “tutto” nella sua finestra temporale ampia, e non essere
costretti a fermarci ai “presente” dei singoli momenti degli anni passati. Questo, nell’ottica
della comprensione di “motivazioni ignote” causa però di “reazioni note” (e/o viceversa a
seconda dei casi), ci permette di trasformare il “senno del poi” in un valido strumento per
collezionare informazioni per capire.

Ci tocca quindi adesso, proprio per quanto su detto, fare un salto in avanti: dal 1960 fino al
18 Aprile 1988, giorno in cui, Stefano Mele, proprio lui, scagionò in aula Salvatore Vinci
dall’accusa di uxoricidio: “Nel confronto Stefano Mele un vecchio che da anni vive in uno
ospizio ha sempre parlato dell' uccisione di Barbarina Steri come di una disgrazia. Per un
attimo si è tradito quando, rispondendo al presidente ha accennato alla confidenza avuta da
Vinci. Ma subito s' è corretto e ha ripreso a parlare di disgrazia, avallando così la tesi del
suicidio con la quale, ventotto anni fa, il caso fu archiviato” [fonte: Repubblica].

Come possa la “non conferma” di una frase suppostamente riferita, intorno al 1968 in
Toscana, su di un fatto avvenuto nel 1960 a Villacidro Sardegna, dal al SM nato e vissuto non
a Villacidro ma bensì a Fordongianus, Sardegna, fino al suo trasferimento nel 1958 in
Toscana, avere maggior valore di tutte le altre informazioni e ricostruzioni raccolte sul campo
dagli uomini del Col. Nunziato Torrisi [ NdA: vedasi quanto puntualmente scritto nel Rapporto 311/1 ],
allo scrivente resta un mistero. Ma non è questo il mistero di cui ci occupiamo qui.

Quello di cui al momento ci importa segnalare e ricordare, è invece proprio e solo il fatto che
Stefano Mele, amante del SV ai tempi della relazione del Vinci con anche la Locci:
• - A quasi trentanni di distanza dal duplice omicidio di Barbara Locci e Antonio Lo Bianco

• - A condanna già pienamente scontata per il delitto del 1968 (fine pena aprile 1981).
Riarrestato nel maggio del 1985 per scontare la condanna per calunnia nei confronti di
Francesco Vinci, e scarcerato e concessigli gli arresti domiciliari nell’autunno del 1985

si incarica ancora una volta di “proteggere” il Vinci Salvatore dalla morsa della Legge e della
Giustizia.

Due sole possono essere e sono le ragioni che portano il SM a non danneggiare mai
compiutamente il SV, chiamandolo direttamente e reiteratamente in causa in modo puntuale
per il delitto del 1968 prima, e non confermando e ritrattando adesso al processo che vede il
SV coinvolto come artefice dell’uxoricidio della Barbarina Steri:

• 1)- Che il SV sia effettivamente completamente estraneo al delitto del 1968 e


all'uxoricidio della moglie e il SM sia a conoscenza certa di ciò

• 2)- Che il SM, per un fortissimo motivo che dal 1968 si protrae fino al 1988 (e oltre?),
non può apertamente e reiteratamente e direttamente accusare il SV; ossia per il SM
(e altri?) il SV è “nome” che deve comunque, in qualche e qualsiasi maniera, essere
protetto.

La differenza è, ovviamente, una differenza non da poco.


Vedremo più avanti come un tale “fortissimo motivo” possa plausibilmente esistere (e a dire il
vero, più d’uno). Per adesso, vi lascio un po' si suspense.

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Toscana

In questa sezione andiamo a collezionare informazioni ricercandole nel periodo di vita vissuta
in Toscana dal nostro soggetto in attenzione.
Il capitolo è diviso mediamente per tempi e/o specifiche aree di ricerca. Tali informazioni sono
propedeutiche a quello che successivamente sarà il lavoro di verifica delle attinenze e
divergenze con il precedentemente prodotto “profilo anonimo del mostro” (e non solo).

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Vizi privati e pubbliche virtù

Un po' come per quanto attiene al capitolo di riferimento per Villacidro, è necessario adesso
mettere sul piatto informazioni, pescandole stavolta negli anni toscani.
Suddivido il capitolo in sottoparti per argomento di interesse:

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Pubbliche virtù

Il “sottocapitolo” pubbliche virtù, parlando del SV immigrato in Toscana, può essere ridotto a
tre semplici elementi:
• a differenza dei fratelli: non dà nell'occhio alle Forze di Polizia; non frequenta il bar di
Piazza Mercatale di Prato; non viene ufficialmente coinvolto in rapine, sequestri o altri
reati.

• Lavora come muratore, prima dipendente e poi come titolare [ NdA: prendendo alle sue
dipendenza il Biancalani Saverio con il quale intratterrà una duratura relazione omosessuale - “il
BIANCALANI lavora alle dipendenze del suo inseparabile amico VINCI Salvatore”-
Supplemento Rapporto Torrisi ], e quindi in seguito apre la sua ditta di pronto intervento
riparazioni [NdA: “P.I.C. (Pronto Intervento Casa)” - Rapporto Torrisi]

• è un amante del ballo [NdA: “...amante del ballo, come VINCI Salvatore...” - Rapporto
Torrisi 311/1]

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Informazioni di carattere logistico-geografico ed economico

• Il SV nel 1960 si lascia alle spalle Villacidro e arriva in Toscana, “ ...e precisamente a
Lastra a Signa, in via Tracoleria n. 19, presso l'abitazione del fratello Giovanni, ivi
emigrato dal 1952. Dopo alcuni giorni egli fa conoscenza dei coniugi MELE Stefano e
LOCCI Barbara, abitanti a Scandicci, frazione Capannuccia ...SNIP... il primo amante
della LOCCI Barbara. Il VINCI Salvatore, accogliendo l'invito dei coniugi MELE, si
trasferisce nella loro abitazione anzidetta” [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ questo ci dà indicazione di plausibile conoscenza dei luoghi di Lastra a Signa (qui
avvenne un delitto firmato dalla calibro 22 L.R – agosto 1968.)

▪ Baccaiano (delitto firmato dalla calibro 22 L.R.- giugno 1982) rispetto Lastra a
Signa, dista nell'ordine di una quindicina di km. questo ci dà indicazione di
plausibile conoscenza dei luoghi

▪ questo ci dà indicazione di plausibile conoscenza dei luoghi di Mosciano di


Scandicci (qui avvenne un delitto firmato dalla calibro 22 L.R. - giugno 1981

▪ questo ci dà indicazione di plausibile conoscenza dei luoghi di Via di Giogoli (qui


avvenne un delitto firmato dalla calibro 22 L.R. - settembre 1983), che dista
meno di 5km dalla via Volterrana

▪ Via degli Scopeti (delitto firmato con la calibro 22 L.R. - settembre 1985)
rispetto a Scandicci, dista nell'ordine di appena poco più di una decina di km.
questo ci dà indicazione di plausibile conoscenza dei luoghi

• il 23 aprile 1962 “...va a trasferirsi a Calenzano...” [Rapporto Torrisi 311/1]


▪ questo ci dà indicazione di plausibile conoscenza dei luoghi di Travalle di
Calenzano (qui avvenne un delitto firmato dalla calibro 22 L.R – ottobre 1981)

• - “Il 28.7.1966 trasferisce la residenza da Calenzano a Vaiano” [Rapporto Torrisi 311/1]


▪ da Vaiano a Borgo San Lorenzo (delitto della calibro 22 L.R. - settembre 1974)
ci sono meno di una quarantina di km. Distanza abbastanza elevata per poter
plausibilmente immaginare una buona conoscenza dei luoghi

▪ da Vaiano a Vicchio del Mugello (delitto della calibro 22 L.R. - luglio 1984), ci
sono poco meno di una cinquantina di km. Distanza abbastanza elevata per
poter plausibilmente immaginare una buona conoscenza dei luoghi

• - “il 9.1.1969 va ad abitare in Prato” [Rapporto Torrisi 311/1]


▪ Anche per Prato, le distanze con Vicchio del Mugello e Borgo San Lorenzo,
risultano essere dell'ordine della cinquantina di km, rendendo abbastanza poco
facile dedurne una plausibile possibile conoscenza dei luoghi

• “il 1.9.1970, emigra a Firenze, sistemandosi in via Cironi n. 8, ove abita tuttora”
[Rapporto Torrisi 311/1]
▪ -Da Via Cironi, Firenze a Borgo San Lorenzo (delitto della calibro 22 L.R. -
settembre 1974) ci sono circa trenta di km. Distanza non troppo elevata per
poter non essere plausibilmente presa in considerazione;
all'epoca ancora svolgeva l'attività di muratore, in giro nei dintorni di Firenze,
dove c'erano costruzioni da fare, e nulla esclude che abbia partecipato a lavori
proprio in tale zona.
Tale distanza si riduce se si prende come punto di partenza le Cave di Maiano,

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nel comune di Fiesole [NdA: dove SV andava a seguire corsi di pre alpinismo ]: 28
chilometri di distanza che si coprono in mezz'ora abbondante.

▪ Da Via Cironi, Firenze a Vicchio del Mugello (delitto della calibro 22 L.R. - luglio
1984) ci sono meno di quaranta km. Distanza non troppo elevata per poter non
essere plausibilmente presa in considerazione;
anche in virtù dell'attività lì impiantata [NdA: PIC (Pronto Intervento Casa)], che lo
costringe a muoversi sulle esigenze dei clienti [ nota*1]. Lo stesso dicasi per le
sue “attività” da voyeur [Nota*2], che possono averlo spinto a percorre distanze
simili.
Tale distanza si riduce ancora se si prende come punto di partenza le Cave di
Maiano, nel comune di Fiesole [NdA: dove SV andava a seguire corsi di pre alpinismo ]: 32
chilometri di distanza che si coprono in mezz'ora abbondante.
“È da notare che Firenze dista da Vicchio km. 45, e tale distanza di sera, si può
percorrere in autovettura in 30-35 minuti” [Rapporto Torrisi 311/1]

Si può inoltre notare che Borgo San Lorenzo, e Vicchio, ossia la zona del Mugello, non
debbano essere considerate zone così lontane e remote in ogni caso, visto che ad esempio il
fratello del SV, “nei primi mesi del 1974 conobbe una donna che viveva con la madre a Borgo
San Lorenzo ed obbligò la sua famiglia ad accoglierla in casa”. E se il Francesco non aveva
problemi a raggiungere il Mugello, non si vede perché ne dovrebbe mai aver avuti il fratello
Salvatore.

[nota*1]: attività di “pronto intervento”, non soggetta a restrizioni tipo orari da ufficio, con
disponibilità di intervento anche notturna, anche nei giorni festivi; la percorrenza di una
cinquantina di Km, non appare fattore avverso alla possibilità della conoscenza dei luoghi.

[Nota*2]: per attività da voyeur, vedasi:


• - “per esempio gli oggetti pervenuti da un'ultima perquisizione tra cui un rullino
fotografico. Il processo di sviluppo/stampa ha rivelato le immagini di una giovane
coppia di sconosciuti in automobile“ - [Sentenza Rotella]

• “...le ha fatto capire di desiderare vedere lei congiungersi con altri uomini...” -
[Dichiarazioni di Ada Pierini – Rapporto Torrisi 311/1]

• “....di essere stata condotta di sera, molto spesso alle Cascine, ove il marito dopo aver
adescato gli uomini, li fa congiungere con lei in sua presenza, per avere anche lui
subito dopo il suo rapporto sessuale...” - [Dichiarazioni di Rosina Massa – Rapporto Torrisi 311/1]

• “...è solito guardare lei quando fa all'amore con gli altri...” - [Dichiarazioni di Rosina Massa –
Rapporto Torrisi 311/1]

• “frequentatore delle Cascine, ove molto spesso conduce ...SNIP... la Barbara, per farla
congiungere con altri uomini in sua presenza...” [Rapporto Torrisi 311/1]

• “Ne ho viste, io, di coppiette. Le guardavo dal cannocchiale, dopo essermi arrampicato
sugli alberi. Chiodi così c'avevo, e li piantavo nei tronchi per salire più in alto». Chiodi
d'acciaio, quaranta cinquanta centimetri di lunghezza. Gli inquirenti ne hanno trovato
una montagna in casa di Vinci nel corso della perquisizione seguita al suo arresto"
[Quotidiano L'Unione Sarda – Aprile 2006- Articolo trascritto sul Forum “Il Mostro di Firenze”]

Tali dati inerenti l'ubicazione di residenza, non rivestono ovviamente valore probatorio, ma in
considerazione del fatto che da più autorevoli fonti è stato espresso il giudizio [ NdA: e questo
studio a questo parere si aggrega] che almeno per la maggior parte dei delitti del MdF, sia da

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prendere in seria considerazione che il mostro avesse una conoscenza pregressa dei luoghi
dove avrebbe colpito (buona capacità di muoversi al buio senza farsi notare, conoscenza di
vie di fuga, etc, ad esempio), questi sono valori indicativi che non riescono a portare acqua al
mulino dell'impossibilità/implausibilità che il SV non potesse essere il MdF.

Tali dati esprimono freddamente e acriticamente un valore che tracima dalla non-possibilità,
alla possibilità. Lo stesso dicasi se guardati attraverso una chiave di lettura temporale: la non
elevata distanza, e dunque i ridotti tempi di spostamento necessari a raggiungerli e a
ritornare “a casa”, risultano non in contrasto e coerenti con la intrinseca plausibilità della tesi
espressa. In definitiva, tali informazioni non è possibile assumerle a “discolpa”, pur non
rivestendo, ovviamente, valore probante di “colpa”.

Prima di chiudere il capitolo, per scrupolo, andiamo anche a verificare la disponibilità di mezzi
atti a spostarsi:
• “...i militari dipendenti, allorché giungono di fronte alla sua abitazione per dare inizio al
servizio di appiattamento, notano che tra i mezzi di sua proprietà abitualmente parcati
nei pressi, risulta assente proprio il suo autofurgone” [Supplemento Torrisi 311/1-1]

• “Salvatore Vinci aveva la macchina a quattro ruote" [Sentenza Rotella – relativamente al


1968]

• “Quanto al veicolo aveva indicato l'automobile del fratello. Giovanni Mele ne possedeva
una, sin dai primi anni 70. Ma non poteva trattarsi di quella. E non ne aveva possedute
altre prima. ...SNIP.... Il primo a porre il problema è stato Mucciarini. Il 27 gennaio
1984 dichiara: "In questi giorni mi sono posto il problema del veicolo. Stefano dice che
si andò a commettere il delitto con la vettura, ma nessuno di noi tre aveva la vettura e
la patente.” [Sentenza Rotella – relativamente al 1968]

• “Era munito di più veicoli a motore ed in grado di spostarsi con sufficiente rapidità “
[Sentenza Rotella]

• “La sera, tutti e tre, VINCI, BIANCALANI e lui [NdA: Antenucci], si allontanano con i
rispettivi mezzi” [Rapporto Torrisi 311/1]

• “...e successivamente, verso le ore 19,30 20,00, di aver accompagnato a Prato la


donna delle pulizie, la signora Antonietta, e di aver fatto rientro verso le ore 21,00”
[Rapporto Torrisi 311/1]

• portava la Locci alla Cascine; portava la Massa alle Cascine; portava la Pierini alle
Cascine: dunque ampia prolungata e continua finestra temporale che dimostra sempre
il possesso e/o la disponibilità di un mezzo

• mezzi necessari per espletare gli interventi, anche notturni, per le chiamate di lavoro
della P.I.C.

In merito ai mezzi con cui spostarsi, non si hanno dunque sorta di dubbi: ne era in piena
disponibilità, già a partire dal 1968.

Possiamo e dobbiamo invece ancora spendere due parole su una valutazione economica del
soggetto in attenzione:
• Dal suo arrivo in Toscana, risulta abbia praticamente sempre lavorato (come
dipendente e come lavoratore autonomo) [ NdA: “Mio marito prima era muratore, fino all'80 che
quando io sono andata via di casa lui ha cambiato mestiere, fa quello dei serramenti... ” Deposizione di
Rosina Massa del 14 luglio 1991]

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• Nel 1968 era certamente in possesso di una automobile [ NdA: “la macchina a quattro ruote”
Sentenza Rotella]

• Dal 1962 mantiene, anche se magari nelle ristrettezze, la moglie Rosina Massa e quindi
i tre figli che nascono da quel rapporto.

• Solito frequentare sale da ballo [NdA: “...amante del ballo, come VINCI Salvatore...” - Rapporto
Torrisi 311/1]

• può permettersi le donne delle pulizie [NdA: “di aver accompagnato a Prato la donna delle
pulizie, la signora Antonietta” - Rapporto Torrisi 311/1 – e “Infatti, agli inizi del 1980, Antonio ...SNIP...
viene da lui sorpreso in intimità con la giovane domestica, dopo che quest'ultima si è negata al padre ” -
Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

• Apre un'attività in proprio: la “P.I.C. (Pronto Intervento Casa)” - [Rapporto Torrisi 311/1]

• “Disponeva anche di locali lontani dal luogo di abitazione, poi risultati in stato di
abbandono (periferia Nord di Firenze).“ [Sentenza Rotella]

• frequentava corsi di pre-alpinismo [ NdA: “Seguiva una scuola di alpinismo alle Cave di Maiano“
Sentenza Rotella]

• praticava la pesca subacquea in mare [NdA: “esercita in mare quella subacquea a livello molto
modesto” - Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

Ora, sarà anche vero che non navigava nell'oro, sarà anche vero che magari qualche soldo lo
raggranellava, come sosteneva la Pierini, svaligiando gli alloggi in cui andava a fare
riparazioni [NdA: “approfittando della possibilità offertagli dalla sua ditta, la P.I.C. (Pronto Intervento Casa), di
poter studiare gli appartamenti durante gli interventi e così procurarsi la copia delle chiavi ” - Rapporto Torrisi
311/1], sarà pur vero che il SM non pretese un affitto vero e proprio per il periodo passato a
casa sua [NdA: “«Vieni qui, abbiamo una camera libera». «E i soldi?», «dai pure quanto credi»”]; sarà pur
vero che la Locci offriva anche il cinema ai suoi amanti; e sarà anche pur vero che tra il SV e
il SM, qualche strano giro di piccoli debiti esistesse [ NdA: “Proprio il giorno del duplice omicidio era,
peraltro, scaduta una cambiale a favore di Salvatore Vinci. Mele, nella seconda metà di giugno del 1968 (due mesi
prima del fatto), aveva ritirato circa mezzo milione, a Prato, per un'assicurazione “ - Sentenza Rotella ]; resta
comunque il fatto che il SV non fosse, passatemi il gioco di parole inerente la storia del
personaggio, “alla canna del gas” per quanto riguarda le disponibilità finanziarie.

Se soldi gli entrassero anche tramite le reiterate attività di pseudo prostituzione delle mogli e
delle compagne, e/o direttamente delle sue, o altro come la Pierini sostenne: non ci è dato di
sapere.

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Informazioni sul carattere violento e dominante

Per “violenza” parlando del SV “pubblico”, si tratta fondamentalmente di coercizione e


imposizione a suon di botte e di minacce confinate all'ambito donne e/o della famiglia.

• “di aver dovuto congiungersi carnalmente con altri uomini conosciuti occasionalmente
e portati in casa da Salvatore con molta frequenza” [Dichiarazioni della Rosina Massa –
Rapporto Torrisi 311/1]

• “di essere stata frequentemente aggredita e picchiata tutte le volte che tenta di
sottrarsi a questa vita impossibile, senza riuscirvi, di essere stata minacciata in una
circostanza con un seghetto poggiato al collo, mentre è a letto al buio e di essersi
ricordata delle parole pronunciate dal marito in quella circostanza: "non lo ripetere la
terza volta perché tu sei mia ed io faccio di te quello che voglio e ricorda che
io quando faccio una cosa la faccio pulita" [Dichiarazioni della Rosina Massa – Rapporto
Torrisi 311/1]

• “di essere stata difesa tante volte dal figlio di Salvatore, a nome Antonio, ma che
anche questi le ha prese...” [Dichiarazioni della Rosina Massa – Rapporto Torrisi 311/1 ]

• “di aver visto spesse volte la MASSA Rosina scendere in strada piangendo con i segni
delle percosse sul corpo...” [Dichiarazioni della Spartaco Casini – Rapporto Torrisi 311/1]

• “di aver intuito che il Salvatore costringeva la moglie a...” [Dichiarazioni della Spartaco
Casini – Rapporto Torrisi 311/1]

• “di essersi allontanata da casa, anche su invito categorico del Salvatore, a seguito di
una lite...” [Dichiarazioni della Ada Pierini – Rapporto Torrisi 311/1]

• “Si arrabbiò da far paura, mi afferrò per i capelli e mi costrinse a inginocchiarmi


davanti a quei due e a chiedergli scusa!” [Testimonianza di Rosina Massa - 15 Aprile 1985]

• “di aver ospitato nella sua abitazione, in occasione del loro anniversario di matrimonio
una coppia di conoscenti, e di aver sorpreso durante la notte il marito a letto con i
due; − di aver tentato di allontanarsi da casa la stessa notte con il bambino, ma di
essere stata subito ripresa dal marito e costretta a chiedere scusa agli amici”
[Dichiarazioni di Rosina Massa - Rapporto Torrisi 311/1]

• “Se protestavo, mi picchiava” [Testimonianza di Rosina Massa - 15 Aprile 1985]

• “Del resto, come riferisce lo stesso MELE Stefano, per averlo appreso dalla moglie,
questa ha paura del VINCI Salvatore, perché è stata minacciata più di una volta da
lui...” [Dichiarazione di Stefano Mele – Rapporto Torrisi 311/1]

Insomma, nessuna significativa differenza di comportamento rispetto quanto già visto per il
periodo sardo: botte, pressioni, minacce alla moglie/compagna di turno come prassi.

Se da un lato questo va a conferma di un'indole violenta del soggetto, è anche bene


rimarcare come “tale dimostrazioni di violenza”, sempre e solo vedano coinvolte vittime del
“gentil sesso” e mai maschi grandi, grossi ed in grado di reagire.

Non risultano nemmeno momenti di violenza fisica intercorsa col fratello Francesco, con il
quale non corre per nulla buon sangue.

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Il SV, la violenza, la forza, la coercizione pare in grado di esercitarla solo verso i soggetti di
sesso femminile; per tornaconto diretto evidentemente, ma anche, magari, perché soggetti
più deboli di quelli maschili dal cui confronto, magari, temeva non uscirne altrettanto facile
vincitore.
• Sarà un caso, ma nei duplici omicidi del MdF, il maschio è sempre il soggetto che viene
attinto ed incapacitato fino alla morte, per primo.

Si nota anche una forte componente comunque di disprezzo nei confronti del “femminile” in
generale, non è affatto facilmente escludibile, nonostante l'aura, molto immeritata come
vedremo nel prossimo capitolo, di focoso amatore di donne, che gli è rimasta
iconograficamente cucita addosso.
• Sarà un caso, ma nei duplici omicidi del MdF, le escissioni e dunque lo scempio e il
disprezzo all'ennesima potenza, nei casi in cui avviene, riguarda solo le vittime di sesso
femminile.

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Gli uomini innanzitutto, le donne quasi come comparse

La storiografia pseudo ufficiale dei documenti di indagine, articoli di giornale e libri, tende a
rendere l'immagine di un SV donnaiolo di successo, ma talmente amante del sesso, da
includere nei suoi giochi erotici anche figure maschili. Lungi da esprimere alcun giudizio
morale su gusti e scelte e modalità di fruizione [ NdA: con l'eccezione della costrizione tramite
violenza], anche il periodo toscano ci riserva alcune “sorprese” rispetto a tale pubblica
immagine. Abbinato a conferma di quanto già sappiamo dal periodo sardo, prenderà forma
una figura differente da quella alla quale siamo abituati a pensare.
Come consuetudine, prima raccogliamo una serie di dati e poi andiamo a tirar le file di cosa in
essi è leggibile.

• - Ad eccezione della Barbarina Steri, per tutto il periodo sardo, in relazione al SV mai
vengono menzionate altre figure femminili nel ruolo di amanti/moglie/fidanzate. Anzi,
pare che anche alla Barbarina Steri toccasse in sorte avere rapporti a tre [ NdA:
forzatamente incestuosi col fratello Salvatore, amante del SV ? ]
▪ “...di aver saputo dal nipote VINCI Antonio, per averlo appreso dalla matrigna,
di forzose promiscuità sessuali, imposte ad entrambe le mogli, la prima
e la seconda, e che il padre ha accusato la madre di prostituirsi” [Dichiarazioni di
Giuseppina Steri ai Carabinieri – Rapporto Torrisi 311/1]

• Non stupisce dunque che egli arrivi in Toscana non accompagnato da alcuna donna, né
con una donna come destinazione o ragione di emigrazione[“Nel 1960 raggiunse il
fratello Giovanni a Casellina, alle porte di Firenze”]

• - “Dopo alcuni giorni egli fa conoscenza dei coniugi MELE Stefano e LOCCI Barbara” e
“si trasferisce nella loro abitazione“ [Rapporto Torrisi 311/1]

• ma si trasferisce a casa loro su invito non della Locci , ma bensì proprio dello Stefano
Mele [“Fu il marito, dopo un pò che li frequentavo, a propormelo. «Vieni qui,
abbiamo una camera libera»” - Salvatore Vinci – La Nazione – 30 ottobre 1985]

• invito da parte del SM che addirittura gli dona il proprio anello di fidanzamento
“...risponde che l'anello che porta al dito gli è stato dato dal MELE nel primo
giorno della sua relazione , allorquando, uscendo con la LOCCI, il MELE gli ha detto
di mancargli solo l'anello per far coppia “ [Rapporto Torrisi 311/1]

• solo il “...Il 30 maggio 1985, Mele ...SNIP... Dichiara al g.i. di aver avuto insieme a sua
moglie rapporti omo-eterosessuali con Salvatore Vinci..” – Sentenza Rotella, ossia che tra
il SV e il SM, il legame non era solo dettato dall'assenza di gelosia del SM nei confronti
della Locci, sua moglie; infatti: “i due uomini, invertono reciprocamente fra loro due, le
parti dell'uomo e della donna, avendo rapporto di coito anale, anche in presenza della
donna” [Rapporto Torrisi 311/1]

• SV “convive con la coppia sino a metà del 1961” [Rapporto Torrisi 311/1] e non risulta che
abbia poi troncato con la coppia Locci/Mele. “Infatti, è proprio il MELE Stefano a
dichiarare il 23 agosto 1968, che il medesimo, durante il periodo del suo ricovero in
Ospedale, nel febbraio dello stesso anno [NdA:1968], è venuto a dormire in casa sua,
nel letto con la moglie” [Rapporto Torrisi 311/1]

• E' di questi anni il sospetto [NdA: particolarmente fondato a detta della dello scrivente ] che
Natalino Mele, non sia in realtà figlio di Stefano Mele, ma bensì proprio del SV; la
stessa futura moglie del SV arrivò ad avere dubbi in merito:

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▪ “R.M.: Gli ho detto sarà mica tuo? Presidente: E lui cos'ha risposto? R.M.: E lui
m'ha detto: -Ma che sei pazza? Quello è di suo marito. Non è mio.- Ma andavate
a letto insieme- ho detto io e poi nel '68 quando ho scoperto che la relazione
sua non era ancora finita con la Barbara, con la Locci, l'ho scoperto proprio
quando aspettavo.. A.F.: Ha scoperto anche quando era iniziata questa relazione
con la Locci? R.M.: No perchè io quando era iniziata non lo conoscevo, cioè no
non lo conoscevo, non lo avevo ancora incontrato”
▪ e anche:“Piero MUCCIARINI e la stessa MELE Teresa, sanno perfettamente a
chi riferire esattamente il senso dei loro discorsi, anche se non in modo così
esplicito come fa quest'ultima. Questa, infatti, il 21 agosto 1982, afferma alla
dott.ssa Silvia DELLA MONICA, Sostituto Procuratore, di aver sentito delle voci
secondo le quali sua cognata Barbara si è vantata in giro, dicendo che
Natalino non è figlio di Stefano, bensì del VINCI” [Rapporto Torrisi]

• SV, "Il 23 aprile del 1962 si sposò con Rosina Massa”, ma come abbiamo visto prima
dell'andare a letto con lei, già abbondantemente lo faceva con la Locci e soprattutto col
SM, che addirittura gli aveva regalato l'anello di fidanzamento.

• E' però da notare, come vedremo, che la Rosina Massa risulta essere la prima donna
conosciuta senza l'intercessione di figure maschili di contorno [NdA: “durante la prima
notte di matrimonio, dopo aver fatto all'amore con lei, è caduto inspiegabilmente in un
pianto dirotto, che è durato fino al mattino successivo ed a nulla sono valsi i suoi
tentativi di farsi spiegare i motivi” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

• intorno agli anni 1969, 1970, pur stando con la Rosina Massa, il SV aveva rapporti
stabili omosessuali con il Saverio Biancalani “quando avevamo i bambini piccoli era
sottosposto, lavorava a Prato, a Calenzano dove ha conosciuto il signor
Biancalani che a me me lo ha fatto conoscere dopo tanto tempo. Biancalani era
giovanotto allora, quando l'ha conosciuto lui e si è sposato mentre” - e - “aver
conosciuto, dopo qualche tempo, BIANCALANI Saverio e subito dopo il loro matrimonio
anche la moglie di quest'ultimo” [Dichiarazioni della Rosina Massa - 15 aprile 1985 – Rapporto
Torrisi 311/1]
▪ “i rapporti omosessuali tra i due uomini [NdA: Salvatore Vinci e Biancalani Saverio],
divenuti a tre [NdA: con la moglie del Biancalani, Gina Acciaioli ] ed infine a quattro con
l'entrata nel sodalizio di MASSA Rosina” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

• avendo “momentaneamente ufficialmente” sospeso i rapporti carnali con il duo Mele


Locci, benché col Biancalani e consorte tali rapporti invece non siano per nulla allentati,
anzi [“Feci per accendere la luce e sentii la voce di mio marito che mi disse di non
farlo, che non era successo niente. Passò un'altra oretta e mi sentii di nuovo toccare
sulla gamba, e questa volta mi alzai di scatto e accesi la luce. Bè, nel mio letto, oltre a
mio marito, c'era anche il suo amico, Saverio!” - Rosina Massa, deposizione del 14 luglio
1991], il SV vero mangiatore d'uomini, porta la moglie Rosina Massa “alle Cascine, ove
il marito dopo aver adescato gli uomini, li fa congiungere con lei in sua presenza, per
avere anche lui subito dopo il suo rapporto sessuale” [Dichiarazioni di Rosina Massa, del 15
aprile 1985 – Rapporto Torrisi]

• Il SV, sappiamo anche, intrattiene legami omosessuali con il Silvano Vargiu “originario
di Nuoro, si trasferì in Toscana negli anni '60 con il fratello Angelo. Fu l'amante ed il
servo pastore di Salvatore Vinci” - “...amici del Salvatore un certo Silvano, muratore,
che ha lavorato insieme a loro (BIANCALANI Saverio Silvano) ed un altro Silvano, di
origine sarda (VARGIU Silvano)” [Dichiarazioni di Spartaco Casini, del 15 aprile 1985 – Rapporto
Torrisi]

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• a ridosso del 1968, con la moglie Rosina incinta, il SV riallaccia la relazione in casa
Mele /Locci.
Ma, ma si badi bene, mentre lo Stefano Mele non si lamenta affatto di aver di nuovo la
figura del SV in casa e a letto, è alla donna Barbara Locci che la presenza del Salvatore
Vinci risulta indigesta. Indigesta al punto da interrompere la relazione. Infatti la Locci
“potendo disporre di amanti più giovani e meno complessati dal punto di vista
sessuale, preferisce ribellarsi a quella vita, andando a coltivare i piaceri del sesso con
gli altri, fuori di casa” [Rapporto Torrisi 311/1].
Barbara Locci, che "non era una statua. Quando faceva l’amore lo sapeva fare,
partecipava”, non sa cosa farsene di due mezzi maschi che a turno “interpretano
reciprocamente anche il ruolo della donna e dell'uomo” [Rapporto Torrisi 311/1]. Le sue
grazie vanno adesso ai Francesco Vinci, ai Piero Mucciarini, agli Antonio Lo Bianco.
Che il SV e il SM giochino soli tra di loro!
E infatti la Locci oltre ad estromettere il SV, addirittura si nega al proprio legittimo e
non geloso marito: “da circa due mesi gli nega i rapporti“ [Rapporto Torrisi 311/1].

• Il SV si mette in casa l'Antenucci Nicola, “suo dipendente al pari del BIANCALANI


Saverio” [Rapporto Torrisi], che però ne approfitta per comportarsi come il Pili Antonio
ai tempi della Barbarina Steri e della Sardegna: portarsi a letto sua moglie senza che
questa gli sia da lui offerta: “L'ANTENUCCI conclude affermando di essere divenuto in
quel periodo anche ospite in casa di VINCI, e di aver avuto dei rapporti intimi con la
moglie, in assenza del marito” [Rapporto Torrisi 311/1]

• il 21 agosto 1968 Barbara Locci viene uccisa, assieme ad Antonio Lo Bianco

• Il SV continua a riservare alla moglie i soliti trattamenti, stuoli di sconosciuti con cui
dover fare sesso per appagare le sue voglie di guardare, minacce, botte. Fino a che
“nella tarda primavera del 1974” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1] se ne va “via in
Sardegna con i figli nel 1974, con l'intenzione di abbandonare il marito per sottrarsi a
quel genere di vita impossibile, senza riuscirvi, per la miseria, la mancanza di lavoro”
[Rapporto Torrisi 311/1].
Purtroppo per lei, miseria e mancanza di lavoro la obbligheranno a ritornare; ma non
per molto tempo.

• “Sergio, il triestino, prima di andare via con la MASSA Rosina, ha dormito nello stesso
letto con i due coniugi, avendo con loro rapporti sessuali “ [Dichiarazioni di Pierini Ada –
Rapporto Torrisi 311/1]

• Infatti, “Il 7.10.1980 la MASSA Rosina emigra a Trieste e si separa dal marito”
[Rapporto Torrisi 311/1]

• via la Massa ecco immediatamente sulla scena la Pierini Ada [ NdA: molto probabilmente
conosciuta nella discoteca/balera “Il Poggetto”, di cui erano entrambi assidui: “La Pierini Ada è
rintracciata presso la discoteca "Il Poggetto", luogo abitualmente frequentato dal
VINCI Salvatore” e “la discoteca "Il Poggetto", da lei abitualmente frequentata” -
Rapporto Torrisi 311/1]: “di aver conosciuto il VINCI nell'estate del 1979 e di essere
andata a convivere con lui dal mese di ottobre 1980 ai primi di settembre 1983”
[Rapporto Torrisi 311/1]

• Nei primi anni ottanta, il SV conosce anche la Antonietta D'onofrio; prima in qualità di
sua donne delle pulizie [NdA: “la donna delle pulizie, la signora Antonietta“ - Rapporto
Torrisi 311/1] , con la quale poi inizierà una convivenza una volta andatesene [ NdA:
cacciata dopo una violenta lite ] anche la Pierini. Tale relazione, è anch'essa di breve durata:

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dal 1984 al 1986 (l' 11 giugno 1986 SV viene arrestato)

• per quello che riguarda “donne”, fine dell'elenco nella vita del “donnaiolo” SV.

• nell'arco dei medesimi anni però, dobbiamo invece annoverare, oltre a quelle già
citate, diverse presenze maschili:
▪ 1985: “nell'area di servizio di Firenze-Nord. Ivi giunto incontra un amico
camionista ...SNIP... sono visti entrambi salire nella cabina dell'autotreno,
introdursi nella cuccetta posta alle spalle del posto di guida e volare via gli
indumenti intimi, assieme a camicia e pantaloni” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ 1985: “passa molto del suo tempo a conversare sul sesso ...SNIP... con gli amici
"Italo", "Fabio" e "Mario” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ 1985: “Anche un suo vecchio amico, BRUNI Fabio, riprende a telefonargli


meravigliato del fatto che il Salvatore non si è fatto più sentire ed in una
occasione gli dice esplicitamente che ha voglia di vederlo” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ 1985: “Un altro personaggio che riprende a telefonare è CAPANNI Italo, ma si


intuisce che con questi si è incontrato di recente” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ 1985: “il 14 agosto 1985, alle ore 11,30, giunge all'utenza privata del VINCI una
chiamata da parte del cognato STERI” [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ Attenzione: la telefonata dal Ten. Col. Torrisi, è attribuita al cognato
Salvatore Steri, fratello della Barbarina, e col quale in gioventù il SV
aveva intrattenuto una relazione sessuale; ma durante il processo per
uxoricidio, l'avvocato del SV, avv. Marongiu, contestò e mise
seriamente in dubbio che fosse stato proprio il Salvatore Steri a
telefonare:
Marongiu: come mai lei parla proprio di Salvatore Steri?

Torrisi: Abbiamo avuto questa impressione, la voce diceva


'cognato' e visto che il Vinci era circospetto su questo
particolare, pensavamo che fosse il cognato Steri Salvatore

Presidente: ma lei, Vinci, ha altri cognati?

Vinci: si, Antonio Steri, mi telefona spesso, ogni tanto viene


anche in vacanza
[Fonte: quotidiano La Città – 15 aprile 1988]

▪ 1962-1980: “[NdA: Rosina Massa] di essere stata condotta di sera, molto spesso
alle Cascine, ove il marito dopo aver adescato gli uomini, li fa congiungere con
lei in sua presenza, per avere anche lui subito dopo il suo rapporto sessuale ”
[Rapporto Torrisi 311/1]

▪ 1980-1983: “[NdA: SV alla Pierini Ada] le ha fatto capire di desiderare vedere lei
congiungersi con altri uomini, possederla mentre un altro si congiunge con lui
per via anale ed infine prenderlo in bocca, ossia "ciucciarlo" “ [Rapporto Torrisi
311/1]

• aprile 1988: SV viene assolto dall'accusa di uxoricidio

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• giugno 1988: a Villacidro SV compie un presunto assalto sessuale [NdA: “un pastore di 60
anni, il quale sostiene che Salvatore Vinci ...SNIP... avrebbe cercato di abusare di lui” - Fonte: La
Repubblica] ai danni di un vicino di casa.
Verrà accusato di libidine violenta ed atti osceni in luogo pubblico
▪ “a favore di Salvatore si è espresso il tribunale della libertà del capoluogo
sardo che ha revocato un mandato di cattura per atti di libidine, un
presunto tentativo di violenza nei confronti di un pastore commesso da Vinci
non appena uscito dal carcere” [Fonte: La Repubblica -20 ottobre 1989]

• novembre 1988: il giudice Lombardini ordina che SV venga sottoposto a perizia


psichiatrica [Fonte: L'Unità]
[NdA: quella che era stata revocata durante il processo per l'uxoricidio – Fonte: La Repubblica].

• 30 novembre 1988: i carabinieri che dovevano prelevare SV e condurlo a Cagliari per


la perizia non lo trovano. Da questo momento non si avranno più notizie di SV. [Fonte:
La Repubblica]
▪ “Vinci è scomparso da 10 giorni Deve essere sottoposto a perizia psichiatrica …
SNIP... si è reso irreperibile.”[Fonte: La Stampa -9 dicembre 1988]

Insomma, a conti fatti, dalla gioventù (1956) dei 21 anni fino al 1988, di “ donne” nella vita
del SV, si possono elencare solo:
• la Barbarina Steri
• la Barbara Locci
• la Rosina Massa
• la Pierini Ada
• la Antonietta D'Onofrio
• la Gina Acciaioli, moglie del Biancalani Saverio

Non male per un “dongiovanni del sesso”, contando che la finestra temporale copre un arco di
oltre trent'anni.

E soprattutto non male tenendo conto che proprio la prima notte di nozze [ NdA: con la Massa
Rosina]
• “durante la prima notte di matrimonio, dopo aver fatto all'amore con lei, è caduto
inspiegabilmente in un pianto dirotto, che è durato fino al mattino successivo ed a
nulla sono valsi i suoi tentativi di farsi spiegare i motivi; le ragioni di tale assurdo
comportamento non sono state chiarite nemmeno in seguito, in quanto la sua curiosità
si è sempre imbattuta nell'impenetrabilità del marito” [Dichiarazioni della Rosina
Massa, del 21 giugno 1986 – Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

Viene quasi da domandarsi che effetto gli facesse stare a letto con una donna, senza un
uomo accanto o un matrimonio combinato dietro.
Come vedremo in seguito, però, viene anche da domandarsi che effetto gli avesse potuto fare
“mettere in piedi, ufficialmente” una “vera” famiglia, una “vera” coppia, nata non da un
matrimonio combinato e con la “rassicurante” figura dell'amante maschio vicino.

Invece sia a livello di rapporti “effimeri” sia di lunga durata, i nomi di partners maschili,
rispetto alle presenze femminili che devono tra l'altro essere inquadrate nelle loro brevi
finestre temporali, appaiono di maggior numero, peso e “affinità” [NdA: unico rapporto di una certa
durata invece con una donna, risulta essere quello con la Rosina Massa, ma che come abbiamo visto è durato
tanto solo per la necessità di sopravvivenza della stessa ]:
• Salvatore Steri [NdA: ci si ricordi però di come l'avv. Marongiu abbia messo in dubbio l'identificazione
del Salvatore Steri come chiamante nel 1985 ]
• Stefano Mele

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• Silvano Vargiu
• Biancalani Saverio
• Sergio, il triestino
• “Italo”
• “Fabio”
• “Mario”
• il camionista
• lo stuolo di sconosciuti alle Cascine [Rapporto Torrisi], ai Motel Agip [Rapporto Torrisi], ai
cinema a luci rosse [Rapporto Torrisi], alla Stazione Ferroviaria di Santa Maria Novella,
etc.
Anche il fatto che i rapporti di legame omosessuale siano pre-esistenti a quelli con le donne
[NdA: prima Salvatore Steri, poi la Barbarina Steri; prima il Biancalani Saverio poi la Gina Acciaioli, ad esempio ],
fanno bene intendere come di “dongiovanni” non si possa proprio parlare.

Non è certo un problema di gusti o preferenze l'evidenziare questo punto.


Ma è importante saperlo, perché funzionale alla comprensione di alcuni “misteriosi perché”
annidati nella vicenda sia del delitto di Castelletti di Signa, sia nei successivi delitti del MdF.

Quindi, partendo dall'elenco su esposto, se andiamo ora a leggere citazioni come “...il quale,
senza alcun ritegno, porta persino il caffè a letto dei due amanti ” [Rapporto Torrisi 311/1],
possiamo offrire al lettore un differente angolo interpretativo di visuale che non traspare dalla
lettura del Rapporto né da altre fonti.

Infatti, si fa sempre un gran citare di questi “caffè portati a letto ai due amanti”, ma è difficile
incontrare un'analisi che effettivamente sul punto si soffermi approfondendo le varie
possibilità.
L’episodio, nella ormai comune vulgata, è citato a prova e riprova della non gelosia del SM nei
confronti né della Locci, né dei vari amanti di lei. [ NdA: gelosia che certamente ed effettivamente non
era presente].
Suona semplice. Lineare. Didascalico. Fa nota di colore e dunque con semplice innocenza si
passa avanti, e dunque si passa avanti dimenticandosi di ricordare che una tale affermazione
è, e di molto, antecedente l’ammissione da parte del SM dei rapporti carnali omosessuali col
SV [solo “...Il 30 maggio 1985, Mele ...SNIP... Dichiara al g.i. di aver avuto insieme a sua
moglie rapporti omo-eterosessuali con Salvatore Vinci..” – Sentenza Rotella ]

Sapendo ora che tra il SV e il SM esisteva una relazione carnale omosessuale, sapendo che il
SV addirittura sfoggiava al dito l’anello di fidanzamento datogli proprio dal SM stesso
[“...risponde che l'anello che porta al dito gli è stato dato dal MELE nel primo giorno della sua
relazione, allorquando, uscendo con la LOCCI, il MELE gli ha detto di mancargli solo l'anello
per far coppia “ – Rapporto Torrisi 311/1], e avendo visto come in un rapido flashback quali erano
i veri “interessi e gusti” sessuali e le abitudini di ricorrere alla violenza e alla sottomissione
delle donne del SV, nulla ma proprio nulla ci vieta di immaginare che “il caffè a letto ai due
amanti”, non fosse affatto il SM a portarlo al SV e alla Locci, ma bensì invece la Locci a
doverlo portare, ai due “mezzi maschi”, a suon di botte o di minacce, quando terminavano i
loro giochi sessuali in cui, a turno “uno faceva la donna e l'altro il maschio”.

Del resto, la Locci è morta, e non può né smentire né confermare, la vulgata ormai storia,
che il caffè fosse il SM a portarlo, come proprio il SM, prima dell'ammissione dei rapporti
sessuali col SV, aveva dichiarato.

Ma la citazione può/deve anzi essere presa anche in questa, più appropriata, inquadratura;
che come un' inaspettato colpo di evidenziatore, fa balzare agli occhi il reale peso del legame
omosessuale tra il SV e il SM.
Fino a prima dell'incontro con la coppia Mele, il SV si portava appresso solo una solida

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relazione omosessuale con lo Steri Salvatore, ed una breve storia con una singola donna.
Donna che pure lo disprezzava e tradiva quasi apertamente. Donna ritrovata morta, tra
l'altro.
La Locci sarà indubbiamente anche stata una “dea del sesso”, “l'ape regina”, desiderosa e
aperta a nuove esperienze, ma il punto di interesse, assai probabilmente, anello vuole, non
era lei.

Il punto per il SV; uso vivere il sesso anale, con legame consolidato già di anni con
l'inseparabile amore suo di gioventù, gli occhioni li sgranava di fronte al disponibile
“omosessuale represso in tempi in cui di outing ancora non si parlava” SM, e non solo alla
Locci.
Che poi la Barbara Locci sia stata/diventata anche un piacevole e ossessivo “contorno” è pure
facilmente comprensibile, avendo lei partecipato col suo quid alla realizzazione di particolari
orizzonti sessuali del SV, in una catena che negli anni divenne sempre più frenetica

Più avanti si vedrà meglio e nel dettaglio come nemmeno l'omosessualità o la bisessualità che
dir si preferisca, risulterà essere la ragione principale del cercare e vivere rapporti sempre
“allargati a più figure contemporaneamente”.

Il legame del silenzio, legame più forte di una taglia di 500 milioni di lire nelle mani di un
“povero manovale” [Rapporto Matassino] affetto da “oligofrenia di medio grado“ [Perizia De Fazio],
trova corpo e si avvalora non solo, ma anche, in questa ineludibile considerazione; così come
trova fonte di solido logico ragionamento e conferma dell'influenza del SV sul SM.
Influenza e legame, che al di là del segreto omosessuale che i due condividono, non avrebbe
alcun motivo di esistere altrimenti; soprattutto non ai livelli noti, con tanto di SM che si
inginocchia a chiedere perdono per averlo “ingiustamente” accusato

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Equilibrio sì, equilibrio no

Sopravvissuto alle botte, agli incidenti e agli stupri nel periodo giovanile, messo a frutto le
sue conoscenze e vissute molto liberamente le sue preferenze nel periodo toscano, viene da
chiedersi se almeno questo possa essere considerato, dal suo punto di vista, un lasso di
tempo di pace, armonia, gioia ed equilibrio.
Da quello che possiamo leggere nei documenti ufficiali, così non sembrerebbe proprio:

• “era molto riservato, teneva le cose per se, magari scoppiava dal nervoso o da qualche
cosa ma non confidava mai niente della sua vita privata” [Dichiarazioni di Rosina Massa –
Deposizione del 14 luglio 1991]

• “di essere stata frequentemente aggredita e picchiata tutte le volte che tenta di
sottrarsi a questa vita impossibile” [Dichiarazioni di Rosina Massa – Rapporto Torrisi 311/1]

• “...Salvatore ce l'abbia con Francesco [NdA: suo fratello]” [Dichiarazioni di Rosina Massa –
Rapporto Torrisi 311/1]

• “di essere stata difesa tante volte dal figlio di Salvatore, a nome Antonio, ma che
anche questi le ha prese, per cui si è allontanato dal padre, per essere accolto dallo zio
Francesco“ [Dichiarazioni di Rosina Massa – Rapporto Torrisi 311/1]

• “guida in maniera maldestra e nervosa, alternando un'andatura molto veloce ad una


lenta“ [Rapporto Torrisi 311/1]

• “ricovero [NdA: “il paziente si è ricoverato perché si sente "giù di nervi "] alla clinica per
Malattie Mentali dell'Arciospedale di S. Maria Nuova, dal 29 aprile al 17 maggio 1980”
[Rapporto Torrisi 311/1]

• “è soggetto a cambiamenti improvvisi di umore, con manifestazioni depressive”


[Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

• “improvvisi stati di abulia” [Sentenza Rotella]

• “...la diagnosi trascritta nella cartella clinica del medico curante: "…scompenso ansioso
depressivo in personalità chiusa poco incline al colloquio …" [Supplemento Rapporto Torrisi
311/1-1]

• “...è al corrente dei continui litigi tra i due coniugi...” [Dichiarazioni di Steri Raimondo –
periodo sardo – Rapporto Torrisi 311/1]

• “...Nicola Antenucci ...SNIP... Era stato con lui per un paio d'anni. La convivenza era
bruscamente finita per un litigio...” [Sentenza Rotella]

• “Antonio VINCI [NdA: Antonio Vinci, probabile figlio di Salvatore Vinci, ma forse figlio di Pili Antonio ]
racconta un episodio molto significativo intercorso tra lui ed il padre, che storicamente
segna la rottura definitiva dei loro rapporti di lavoro, dato che quelli affettivi sono
venuti a mancare quando Antonio adolescente, ha iniziato ad odiare il padre”
[Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

• “...agli inizi del 1980, Antonio, su espressa richiesta del padre, rientrato in famiglia da
Como dove si trova per motivi di lavoro, dopo qualche giorno di normale convivenza,
viene da lui sorpreso in intimità con la giovane domestica, dopo che quest'ultima si é

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negata al padre” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

• “...delusione amorosa ...SNIP... la propria moglie MASSA Rosina, nella tarda primavera
del 1974, stanca delle continue sevizie a cui viene sottoposta, lo abbandona ...”
[Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

• ”...di essersi allontanata da casa, anche su invito categorico del Salvatore, a seguito di
una lite ...” [Dichiarazione di Pierina Ada – Rapporto Torrisi 311/1]

• Barbara Locci, gli preferisce il fratello Francesco e il Lo Bianco Antonio [ NdA: “LOCCI, la
quale, potendo disporre di amanti più giovani e meno complessati dal punto di vista sessuale, preferisce
ribellarsi a quella vita, andando a coltivare i piaceri del sesso con gli altri, fuori di casa ” - Rapporto Torrisi
311/1]

• Barbarina Steri lo tradisce con Pili Antonio, ed in segno di amore per il Pili, chiama il
figlio Antonio [NdA: ad esempio: “...la STERI, senza darsi per vinta, perché innamorata del giovane,
continua a coltivarla senza preoccuparsi delle botte e minacce ricevute” -Rapporto Torrisi 311/1]

Di tutto si può vedere in una simile scaletta di situazioni, eccetto che quella della fotografia di
una vita improntata alla comprensione e all'equilibrio, e baciata dalle gioie di solidi e duraturi
rapporti affettivi.
Vi sono delusioni amorose, corna, litigi, sfoghi di violenza, nervi tesi, incomprensioni ed odi
familiari, alti e bassi di tono umorale. E ovviamente ci sono [ NdA: non citate nel capitolo in
questione, ma precedentemente ], appagamenti dei propri voleri e dei propri piaceri secondo i
propri particolari gusti e desideri, anche attraverso il ricorso all'uso della violenza e delle
minacce.
Vi sono diagnosi mediche che parlano di momenti di crisi, scompensi ansiosi, depressioni,
personalità chiusa e dunque non incline al dialogo e quindi al confronto paritario. Ricoveri
ospedalieri in strutture sanitarie dedicate alle “malattie mentali”.

Insomma, un'altalena di “bello” e “brutto”, dove il “bello” coincide coi momenti di


accondiscendenza ai propri personali desideri [ NdA: personalità chiusa non incline al dialogo e al
confronto, quindi costretta a poter far affidamento solo su se stessa ] e di “brutto” che sono invece
momenti che ricadono sotto l'ombrello della deficitaria gestione della umana normale
socialità; leggibile a fronte di altri dati noti, come indicatore di personalità autoreferenziale
incline ad assecondare i propri voleri anche a discapito di quelli degli altri, visti più come un
mezzo da usare che come dei veri compagni di viaggio terreno.
Un deficit di empatia, per dirla in breve.

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Di caratteristiche fisiche e generali

Per quanto non vi sia moltissimo da scrivere in questo caso, alcuni punti devono essere
considerati degni di nota, anche perché, pur senza particolare valenza univoca o indiziaria,
mentre alcuni potrebbero essere portati all'arco della “discolpa” nei confronti del SV, altri
invece sono di segno opposto.

• il SV ha lavorato, come abbiamo già visto, sia nel campo dell'edilizia sia in quello dei
serramenti e delle riparazioni; due tipi di attività che hanno ben poco di sedentario e
che necessitano di un normale/buono fisico e muscolatura per essere svolte.

• “il VINCI Salvatore usa la mano destra per inforcare il cucchiaio, il coltello, la
forchetta, quando mangia e così pure quando usa, nei suoi momenti di lavoro, il
mazzuolo, il flessibile” [Dichiarazioni di Pierini Ada – Rapporto Torrisi 311/1 ]; possiamo quindi
dire che sia destrimane.

• “egli si reca alle cave di Maiano del Comune di Fiesole, per assistere a dei corsi di pre-
alpinismo (secondo le sue motivazioni egli è interessato ad apprendere in modo
particolare le tecniche di discesa con la fune, per poterla poi applicare negli interventi”
[Rapporto Torrisi 311/1].
Da notare, che ciò avviene nel 1985, quando SV, nato nel 1935, ha già 50 anni.
Questo, a differenza di rubiconde pance da avvinazzato, pacemaker, bypass e infarti, è
sinonimo di buona forma fisica, buona muscolatura e buona agilità, nonostante l'età.

• “in seno a detta famiglia, il VINCI Giancarlo è solito praticare la pesca sportiva in
acqua dolce, mentre il padre [NdA: Salvatore Vinci], saltuariamente ed in modo
occasionale, esercita in mare quella subacquea a livello molto modesto” [Supplemento
Rapporto Torrisi 311/1-1]
Anche se a livello “molto modesto”, esercitare la pesca subacquea in mare, è sintomo
di buona forma fisica e agilità

• “di essere andata a trovare il VINCI alla Fortezza, ove lo incontra a fare del moto; − di
essere la prima volta che il predetto, di notte, si mette a correre e a fare ginnastica ”
[Dichiarazioni di Antonietta D'onofrio – Rapporto Torrisi 311/1]
Da notare che la D'onofrio fa ben presente come quella sia la prima volta che il SV
faccia ginnastica e moto “di notte”, e non in generale e in linea di tendenza.
In ogni caso, anche qui notiamo che trattandosi del 1985, il SV ha 50 anni, e che
ginnastica e moto indicano buona forma fisica piuttosto che pancia, bypass e
sovrappeso.

• Nelle foto scattate al tempo del processo per uxoricidio, il Salvatore Vinci porta gli
occhiali;
Questo, ammesso che ne avesse bisogno anche precedentemente, potrebbe deporre a
suo favore nel momento in cui si volesse sostenere l'idea che il MdF fosse un cecchino
così eccezionale, dotato di una vista così buona, da rendere incompatibile tale abilità
con il portare gli occhiali. Sappiamo però che:
▪ “di non averlo mai visto in possesso di armi da fuoco, ma di averlo notato
sparare bene e colpire il bersaglio durante le esercitazioni alle giostre”
[Dichiarazione di Spartaco Casini – Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “Tutto ciò, limitatamente all'uso dell'arma da fuoco, potrebbe far pensare ad un


soggetto non espertissimo, al più dedito al tiro occasionale, con discreta doti
naturali di tiro più che con esperienza consumata, che però ha poi ''appreso'',

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divenendo capace di valutare bene le potenzialità della propria arma, tanto da


sparare ai due giovani tedeschi nel 1983 attraverso la lamiera della carrozzeria
dei furgone, conseguendo effettivamente l'intento. Non sembra tuttavia che "il
miglioramento" raggiunga livelli particolarmente elevati, ovvero di tipo
"professionale, poiché l'omicida, nelle fasi iniziali delle sue azioni, esprime
costantemente un comportamento piuttosto disordinato: e mobile, non sfrutta
vantaggiosamente l' elemento sorpresa, tende a "sprecare" proiettili con tiro
rapido ed istintivo.”
[Perizia De Fazio]

▪ colpire con successo da distanze ravvicinatissime [ NdA: nell'ordine 30cm/100cm e


meno] non rende obbligatorio immaginare particolari qualità/abilità di tiro
▪ “un colpo sparato a contatto o comunque a distanza ravvicinata”
[Perizia De Fazio]

▪ “l'esplosione di questo colpo sia avvenuta a contatto o a distanza


molto ravvicinata”
[Perizia De Fazio]

▪ “esplosi due colpi a distanza molto ravvicinata, se non a contatto”


[Perizia De Fazio]

▪ “raggiunti da un proiettile sparato a contatto, o comunque da distanza


molto ravvicinata”
[Perizia De Fazio]

▪ “Dal 1981 in poi,invece, mira preferibilmente al capo, spara a volte


colpi a distanza”
[Perizia De Fazio]

▪ “Un secondo colpo avrebbe interessato l'avambraccio sinistro”


[Perizia De Fazio]

▪ “...uno dei quali a vuoto perchè ha danneggiato solo i pantaloni


appoggiati nell'auto”
[Perizia De Fazio]

▪ “scarica, avendo esploso almeno 10 se non 11 colpi (due o tre dei


quali a vuoto)”
[Perizia De Fazio]

▪ “Il Gentilcore sia stato colpito da numerosi colpi di pistola in regione


toraco-addominale sinistra”
[Perizia De Fazio]

▪ “L'uomo è stato quindi colpito da quattro colpi di pistola, due con


direzione trasversale da destra,a sinistra esplosi a livello dell'emitorace
dx”
[Perizia De Fazio]

▪ “Tre lesioni d'arma da fuoco (fori di ingresso) sulla faccia latero-


anteriore del braccio sx”
[Perizia De Fazio]

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▪ “il primo colpo sia stato sparato contro il parabrezza e possa essere
quindi uscito dal finestrino dello sportello di sx”
[Perizia De Fazio]

▪ “mentre l'altro,oltre tutto non certo, l'ha ferita solo ad un


avambraccio”
[Perizia De Fazio]

▪ “Due lesioni, rispettivamente foro di entrata e foro di uscita


sull'avambraccio sx. riferibili a medesimo proiettile”
[Perizia De Fazio]

▪ “Un altro colpo di arma da: fuoco alJ'avambraccio sx., trapassante,


con direzione lateromediale. Anche l'avambraccio dx. è interessato da
un colpo di arma da fuoco”
[Perizia De Fazio]

Dunque per quanto sia vero che il MdF sparava, almeno dal 1981 in
poi, preferibilmente a parti vitali quali testa e cuore è particolarmente
corretto far notare come diversi colpi manchino del tutto i bersagli e/o
li attingano in avambracci, braccia, e/o gambe, ossia in punti
assolutamente non vitali.
Inoltre è altrettanto bene rimarcare che né la testa né il torace [ NdA: il
cuore non è un organo a vista, ma occupa grossomodo una medesima posizione nel
torace], siano bersagli di dimensioni così ridotte da essere difficilmente
mirabili e colpibili, soprattutto quando ad essi si spara da distanze
ravvicinate [NdA: alcuni colpi vennero sparati da addirittura dentro le auto, come i
bossoli ritrovati all'interno delle medesime dimostrano inequivocabilmente ].
A fronte di ciò, ritenere che “il portare gli occhiali” [NdA: che comunque si
portano proprio per correggere gli scompensi di vista, annullandone o riducendone
sensibilmente gli effetti] possa essere considerato un handicap tale da
escludere dalla lista dei possibili MdF chi li porta, a mio avviso è da
considerarsi non accettabile sia come presupposto e sia come
deduzione.

• sappiamo, come il Salvatore Vinci non fosse “un gigante” di statura, ossia fosse ben
inferiore a quei “molto probabilmente superiore, e non di poco, a cm.180” di altezza”
[Perizia De Fazio], “Salvatore e Francesco fisicamente si somigliavano, bassi” [“Dolci Colline
di Sangue” - M. Spezi – D. Preston]
Ma Avendo già contro-analizzato questo punto, anche in questo caso l'unica cosa che
possiamo dire è che un mostro di statura indeterminata, non ha alcun obbligo di essere
alto almeno 1.80 cm, e anche una inferiore, pure sensibilmente, resta compatibile con
le risultanze peritali ed investigative

• “di aver notato che il VINCI è molto attaccato ad un coltello con lama monotagliente a
punta, della lunghezza di cm. 10 circa, con il manico in osso, di color marrone chiaro,
dalla forma ricurva all'estremità, che ha visto spesso affilare ad una mola” [Dichiarazioni
di Spartaco casini – Rapporto Torrisi 311/1 ]

• “Faceva uso di un elmo da minatore munito di lampada” [Sentenza Rotella]


Pur non avendo alcun richiamo diretto, è giusto far notare come per compiere, di
notte, al buio, le escissioni sui corpi femminili, il MdF dovesse essere dotato di una
fonte di luce. Fonte di luce che obbligatoriamente non poteva essere tenuta in mano
all'atto delle escissioni [NdA: per tale operazione è necessario l'uso di entrambe le mani -

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“verosimile sollevamento del pube con la mano sinistra, taglio con la destra tenendo la lama parallela e
leggermente obliqua, rispetto al corpo; operazioni tipiche dello scuoiamento di animali ” Rapporto Torrisi
311/1]

• “...amante del ballo, come VINCI Salvatore...”


[Rapporto Torrisi 311/1]
Ovviamente ballare non è certo una colpa, ed infatti l'informazione viene riportata al
fine di ulteriore conferma delle caratteristiche di agilità e coordinamento fisico del
soggetto in questione.
▪ SV amante del ballo, negli anni 80, ai tempi in cui stava con la Pierini Ada, era
solito frequentare discoteche e luoghi di ballo, come la discoteca “il Poggetto” di
Firenze [NdA: “luogo abitualmente frequentato dal VINCI Salvatore” - Rapporto
Torrisi 311/1]

▪ Pur non sussistendo agganci diretti, è giusto ricordare che i primi due duplici
omicidi del MdF, anche se in maniera molto sfumata soprattutto per il secondo,
hanno sullo sfondo un luogo di ballo. Il primo la discoteca “Teen Club” [NdA:
relativamente al delitto del 1974]; il secondo la discoteca “Anastasia” [NdA: ricollegabile
sullo sfondo del primo duplice delitto del 1981].
Se per la coppia De Nuccio – Foggi, si è fondamentalmente certi che la sera del
delitto non si intrattennero presso quei locali, è pur sempre vero che potrebbero
averlo fatto in altre occasioni anche senza essere degli abitueè. Per la “Teen
Club”, è invece giusto notare come Pasquale Gentilcore “Nella sera del 14
settembre 1974, prese l’auto del padre, una Fiat 127 blu, intorno alle 20:45
lasciò la sorella Maria Cristina davanti alla discoteca Teen club, in Via primo
maggio a Borgo San Lorenzo, con la promessa di rivedersi entro la
mezzanotte...”

• “soffre di sordità all'orecchio destro” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1].


Particolare di per sé che pare non molto significativo; oltre che l'incidente alla testa
subito a militare [NdA: se la sordità ne fosse connessa, avvalorerebbe la tesi che si trattò di “grave”
incidente con forte botta alla testa ], però che fa anche ricordare come il MdF sia da
identificare in un soggetto destrimane, e se l'arma viene impugnata con la mano
destra, l'orecchio destro è quello che più “risente” delle detonazioni dell'esplosione dei
colpi. Indubbiamente i colpi calibro 22 L.R. non possono essere paragonati ad
esplosioni così forti da ledere direttamente l'udito anche se esplosi senza cuffie di
protezione acustica, però allo stesso tempo, soprattutto se immaginata su una
pregressa patologia post traumatica [ NdA: il forte trauma alla testa a militare ], una tale
sordità all'orecchio destro, come per molti altri punti al SV riferibili, risulta ricadere
anch'essa all'interno di quella “zona grigia” di informazioni che, casualmente o meno,
mai risultano leggibili in una chiave di lettura favorevole al soggetto indicato.

• “Il VINCI Salvatore è alto mt. 1,65-1,70, ha carnagione scura, capelli neri brizzolati,
pettinati all'indietro, viso rotondo, corporatura media.” [Rapporto Torrisi 311/1]

• “Vinci, secondo i carabinieri, avrebbe sangue di gruppo 0” [Sentenza Rotella], e per la


precisione “Il VINCI Salvatore ha il gruppo sanguigno "0" Rh positivo. L'accertamento
viene espletato il 2 maggio 1986 dal maresciallo CONGIU Salvatore presso l'unità
sanitaria locale (U.S.L.) n. 10 di Careggi” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

• nell'aprile 1986, il SV subì una lesione alla mano destra, che lo costrinse a portare il
gesso per un mese [NdA: “L'accertamento viene espletato il 2 maggio 1986 dal
maresciallo CONGIU Salvatore presso l'unità sanitaria locale (U.S.L.) n. 10 di Careggi,
il Centro Traumatologico Ortopedico, ove l'interessato si è recato per togliersi il gesso

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applicatogli nel mese precedente, avendo subito una lesione alla mano destra, durante
il maneggio di un attrezzo di lavoro”. [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

Possiamo quindi dire che da un punto prettamente fisico, non emergano indizi che possano
permettere di escludere e/o ridimensionare la figura del SV come MdF.; vi si possono leggere
anzi, dati a pieno supporto della prestanza fisica, di agilità, coordinamento, muscolatura, mira
e destrimania.

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Delle famiglie e dei fratelli e dei figli

Tutta la storia del MdF che ruota attorno al mondo dei sardi e a SV in particolare, è una storia
costellata di figli e dubbie paternità.
E' una storia costellata di corna, amanti, rapporti a tre e quattro.
E' una storia costella di anonimi rapporti con sconosciuti.
E' una storia, in generale, di degrado famigliare.
E' una storia dove la “coppia”, la “famiglia” (ossia la coppia marito-moglie, padre madre)
sono qualcosa di vissuto secondo canoni più normalmente condivisi.

Più avanti, si vedrà nel dettaglio come l'analisi proposta in questo documento di studio,
analizzando i delitti del MdF, ponga l'evidenza su due punti :
1. il fatto che il MdF uccidesse coppie.
Non esistono infatti altri casi provati di uccisioni da parte del MdF che non siano riferiti
a contemporanei duplici omicidi. Nemmeno il caso di Giogoli fa eccezione: anche in
quel caso, di coppia si trattò

2. l'individuazione della motivazione / motivazioni, che stanno alla base per un feroce
odio assassino nei confronti proprio delle coppie, che nell'accezione larga ed inconscia,
rappresenta la famiglia sottesa al binomio padre-madre, marito-moglie, lui-lei.

Si è visto come esistano molteplici episodi, proprio a partire dalla prima infanzia, che
psichiatri, psicologhi e criminologi individuano come facili e probabili cause del formasi del
germe che può sbocciare in manifesta patologia deviante maniacale.

In seguito leggerete più nel dettaglio di come alcuni episodi del suo vissuto ben si sposino
con quanto detto da psichiatri e criminologi,e come le nozioni mediche e criminologiche che
ad esse possono essere direttamente legate, ben si sposino col profilo psicologico del mostro.
Per il momento accontentatevi di aver già in mano una chiave di lettura che vede nella figura
paterna (e materna), ossia nelle coppia-genitori, nella coppia-famiglia e dunque infine per
transfert nella coppia generica (coppia ossia unione di due persone / famiglia / lui lei), la
fonte dei suoi problemi e delle sue sofferenze, e dunque al contempo la fonte della sua
psicopatia e il bersaglio del suo odio.

Compito quindi di questo capitolo, è quello di rintracciare ulteriori dati inerenti il tipo di
rapporti coppia / famiglia / figli, come vissuti dal SV:

• “è stato massacrato di botte dal padre all'età di dieci anni, rimanendo per quindici
giorni fasciato per le ferite riportate” [ dichiarazioni di Rosina Massa ai Carabinieri - 21 giugno
1986 – Supplemento Rapporto 311/1-1]

• “durante il servizio militare [NdA: SV] ha subito un incidente e che poi durante il
ricovero in Ospedale, per ottenere un periodo di convalescenza, avrebbe subito dei
rapporti carnali via anale.” [rapporto Torrisi – Supplemento 311/1-1].
▪ il dato è qui riportato per l'evidente richiamo figura paterna / autorità e più alti
in grado / autorità, che inconsciamente possono essere abbinati

• SV detesta suo fratello, [NdA:“...Salvatore ce l'abbia con Francesco” -Dichiarazioni di Rosina Massa
– Rapporto Torrisi 311/1]

• Suo fratello è quello che “gli ha traviato il figlio Antonio e gli manca di rispetto”
[Sentenza Rotella]

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• Suo fratello è quello che la Locci aveva preferito a lui, [NdA:“LOCCI, la quale, potendo
disporre di amanti più giovani e meno complessati dal punto di vista sessuale, preferisce ribellarsi a quella
vita, andando a coltivare i piaceri del sesso con gli altri, fuori di casa” - Rapporto Torrisi 311/1]

• è proprio il SV, sia nel 1968 sia adesso nel 1982, che con le sue dichiarazioni fa di tutto
per metterlo in cattiva luce con gli inquirenti e raccontare, mentendo, che il Francesco
all'epoca possedesse una pistola (come in successivi capitoli si dirà nello specifico)

• esistono dubbi in merito alla reale paternità di suo figlio Antonio; forse figlio del Pili

• ha rapporti sessuali continuativi di gruppo con i coniugi Biancalani e la moglie Rosina


Massa; costringe e porta la Rosina Massa, come già faceva con la Locci Barbara, a
concedersi pubblicamente e alla Cascine.
▪ cosa che, vista la promiscuità, rende dubitativa anche la reale paternità dei tre
figli della Massa: “Dal loro matrimonio vengono alla luce tre figli: Marco,
Giancarlo e Roberto”.

• Né la Pierini, né la Massa, né la D'onofrio, né i fratelli Giovanni e Francesco, né il figlio


di primo matrimonio, né i due più grandi avuti dalla Massa, all'epoca dell'arresto del
SV, prendono le sue difese: “Infine, secondo notizie confidenziali riferite dal VINCI
Antonio, ripetutamente contattato dallo scrivente e dal maggiore ROSATI Vincenzo, i
due coniugi BIANCALANI, nel corso di una riunione, tenuta nella nota abitazione di via
Cironi n. 8, alla quale hanno partecipato tutti gli altri congiunti del VINCI, durante la
discussione relativa all'esame della posizione di quest'ultimo in relazione al suo
arresto, avvenuto qualche tempo prima, sono stati i soli, unitamente a Roberto, il figlio
convivente” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/-1].
▪ è corretto però inoltre specificare che a chiudere definitivamente e
categoricamente i rapporti col SV, risultano essere solo: “il figlio Antonio e la
moglie separata MASSA Rosina, i soli ad avere rotto definitivamente i rapporti
con l'uomo.” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/-1]

• “Il VINCI Antonio, che sa perfettamente dei rapporti sessuali che intercorrono tra il
padre ed i due, ha indicato allo scrivente ed al maggiore Vincenzo ROSATI, il
BIANCALANI Saverio [NdA: dunque un “estraneo” alla coppia/famiglia ] come l'unica persona di
cui il padre Salvatore si fidi molto”. [Supplemento Rapporto Torrisi 311/-1]

• “era molto riservato, teneva le cose per se, magari scoppiava dal nervoso o da qualche
cosa ma non confidava mai niente della sua vita privata” [Dichiarazioni di Rosina Massa –
Deposizione del 14 luglio 1991]

• “di aver dovuto congiungersi carnalmente con altri uomini conosciuti occasionalmente
e portati in casa da Salvatore con molta frequenza” [Dichiarazioni della Rosina Massa –
Rapporto Torrisi 311/1]

• “di essere stata difesa tante volte dal figlio di Salvatore, a nome Antonio, ma che
anche questi le ha prese...” [Dichiarazioni della Rosina Massa – Rapporto Torrisi 311/1 ]

• “di aver ospitato nella sua abitazione, in occasione del loro anniversario di
matrimonio una coppia di conoscenti, e di aver sorpreso durante la notte il marito a
letto con i due; − di aver tentato di allontanarsi da casa la stessa notte con il bambino,
ma di essere stata subito ripresa dal marito e costretta a chiedere scusa agli amici”
[Dichiarazioni di Rosina Massa - Rapporto Torrisi 311/1]
▪ ATTENZIONE:
▪ si noti proprio l'attenzione a sminuire il matrimonio, dunque il

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concetto di coppia, scegliendo la data dell'anniversario di matrimonio


proprio per costringere la moglie ad avere rapporti con sconosciuti

• “durante la prima notte di matrimonio, dopo aver fatto all'amore con lei, è caduto
inspiegabilmente in un pianto dirotto, che è durato fino al mattino successivo ed a
nulla sono valsi i suoi tentativi di farsi spiegare i motivi” [Supplemento Rapporto Torrisi
311/1-1]
▪ si noti come per una volta che resta in intimità a due, e proprio nelle prima
notte di nozze, anziché scoppiare di gioia tutta notte, il SV, che proprio in quel
momento sta mettendo su “famiglia”, è diventato una “coppia”, cada in un
“ininterrotto pianto” a cui poi sempre si rifiuterà di dare spiegazione anche alla
sua consorte

• “...è al corrente dei continui litigi tra i due coniugi...” [Dichiarazioni di Steri Raimondo –
periodo sardo – Rapporto Torrisi 311/1]

• Barbarina Steri lo tradisce con Pili Antonio, ed in segno di amore per il Pili, chiama il
figlio Antonio [NdA: ad esempio: “...la STERI, senza darsi per vinta, perché innamorata del giovane,
continua a coltivarla senza preoccuparsi delle botte e minacce ricevute” -Rapporto Torrisi 311/1]

• “...agli inizi del 1980, Antonio, su espressa richiesta del padre, rientrato in famiglia da
Como dove si trova per motivi di lavoro, dopo qualche giorno di normale convivenza,
viene da lui sorpreso in intimità con la giovane domestica, dopo che quest'ultima si é
negata al padre” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

• “...la propria moglie MASSA Rosina, nella tarda primavera del 1974, stanca delle
continue sevizie a cui viene sottoposta, lo abbandona ...” [Supplemento Rapporto Torrisi
311/1-1]

• Barbara Locci, gli preferisce il fratello Francesco e il Lo Bianco Antonio [ NdA: “LOCCI, la
quale, potendo disporre di amanti più giovani e meno complessati dal punto di vista sessuale, preferisce
ribellarsi a quella vita, andando a coltivare i piaceri del sesso con gli altri, fuori di casa ” - Rapporto Torrisi
311/1]

Solo per brevità, non starò qui a riportare le tante citazioni che vedono il SV portare amanti
noti o sconosciuti alle proprie moglie e compagne.
Solo per brevità, non starò qui a riportare le tante citazioni che vedono il SV portare le
proprie moglie e compagne e concedersi alle cascine, nei cinema a luci rosse, ed in altri posti
simili.
Solo per brevità, non starò qui a riportare le tante citazioni che vedono il SV avere rapporti
omosessuali in giro, con o senza le proprie moglie e compagne.
Solo per brevità, non starò qui a riportare le tante citazioni che vedono il SV costringere le
proprie mogli e compagne, nel letto di casa loro, ad avere rapporti a tre o a quattro.

Quello che è importante, a questo punto, è notare come questi dati, dati che coprono tutto
l'arco di vita nota del SV, benché ufficialmente sposato due volte, per nessuno di questi si
possa vedere il SV come una persona propensa ad assegnare una valenza positiva né al
significato ed all'essenza della “coppia”, né a quello della famiglia o dell'attenzione alla stessa.

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Alibi, libertà, prigione, processi e fuga

Usiamo adesso questo spazio per verificare se, alle date dei delitti, per una qualsiasi ragione,
il SV risultasse o meno nelle condizioni di non aver potuto compiere fisicamente un delitto
(distanza eccessiva dal luogo del delitto, alibi certo e confermato, detenzione, ricovero, etc).

Questo perché se anche solo uno di questi punti risultasse a favore del soggetto in esame,
vorrebbe giocoforza significare che il suo nome dovrebbe essere scartato dalla lista dei
possibili sospettati di essere il MdF, mostro unico e uno.

Cronologia dei delitti:


14 gennaio 1960 – Villacidro
21 agosto 1968 – Castelletti di Signa
14 settembre 1974 – Borgo San Lorenzo
6 giugno 1981 - Mosciano di Scandicci
22 ottobre 1981 – Travalle di Calenzano
19 giugno 1982 - Baccaiano
9 settembre 1983 - Giogoli
29 luglio 1984 – Vicchio del Mugello
8 settembre 1985 - Scopeti

1)_Cronologia dei periodi di detenzione del Salvatore Vinci:


• A seguito della iniziale confessione del SM il 23 agosto 1968, SV viene arrestato; ma
solo per “poche ore”, e a seguito della successiva ritrattazione del SM, liberato.
[“durante la confessione del MELE Stefano ai Carabinieri nella caserma di Lastra a
Signa, in data 23 agosto 1968. Il VINCI Salvatore finisce in carcere per omicidio in
concorso, ma solo per poche ore, perché viene rimesso in libertà, in quanto è
scagionato” – Rapporto Torrisi 311/1]

• l' 11 giugno 1986 SV viene arrestato con l'accusa di uxoricidio della ex moglie
Barbarina Steri. Il 12 aprile 1988, dopo due anni di carcere a Tempio Pausania inizia il
processo che , il 19 aprile 1988 lo vedrà assolto e quindi scarcerato

Non risulta quindi essere stato costretto in stato di detenzione in periodi in cui avvennero i
delitti su elencati

2)_Cronologia dei periodi di ricovero del Salvatore Vinci:


• dal 29 aprile 1980 al 17 maggio 1980, è ricoverato presso un struttura ospedaliera
“ricovero [NdA: “il paziente si è ricoverato perché si sente "giù di nervi "] alla clinica per Malattie
Mentali dell'Arciospedale di S. Maria Nuova, dal 29 aprile al 17 maggio 1980” -Rapporto
Torrisi 311/1] e “è soggetto a cambiamenti improvvisi di umore, con manifestazioni
depressive, culminate, dietro suo espresso desiderio, con il ricovero presso la Clinica
Malattie nervose e mentali dell'Arcispedale di Santa Maria Nuova dal 29 aprile al 7
maggio 1980. Significativo in proposito, perché indice di una abnorme personalità, è la
diagnosi trascritta nella cartella clinica del medico curante: "…scompenso ansioso
depressivo in personalità chiusa poco incline al colloquio…" [Supplemento Rapporto Torrisi
311/1-1]

Non risulta quindi essere stato costretto in stato di ricovero durante periodi in cui avvennero i
delitti su indicati

3)_Cronologia dei periodi di abitazione del Salvatore Vinci:


Questi, già son stati elencati precedentemente [NdA: vedasi, Informazioni di caratterere logistico-

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geografico], vale comunque la spesa, riportare brevemente che in nessun atto, né da quotidiani
vari, risultino per il SV luoghi di abitazione/trasferimenti momentanei/etc. differenti da quelli
già noti: Villacidro (fino al 1960) - Lastra a Signa (nel 1960) - Scandicci (nel 1960) -
Calenzano (nel 1962) - Vaiano (nel 1966) - Prato (nel 1969) - Firenze, Via Cironi n°8 (dal
1970)

Per Villacidro e Castelletti di Signa, il discorso è più trasparente che per le altre località. E'
comunque da notare come da Firenze ai luoghi ove avvennero i delitti del MdF dal 1974 in
avanti, sempre si tratti di tragitti di breve/media distanza e percorrenza [ NdA: al massimo
intorno alla cinquantina di chilometri].

Ad eccezione diretta di Vicchio del Mugello e Borgo San Lorenzo, le altre località interessate
sono località presso le quali il SV ha inoltre avuto fattiva residenza nelle immediate vicinanze.

Per le due citate, Vicchio e Borgo, è doveroso invece evidenziare che fin dal suo arrivo in
Toscana, SV ha lavorato nel campo dell'edilizia, delle ristrutturazioni e poi dei pronti
interventi; tutte attività che ovviamente non implicano una sede fissa di lavoro, ma che
vengono svolte dove richieste.
Nel Rapporto Torrisi, così come in altre documentazioni, non è riportato l'elenco delle località
nelle quali abbia costruito/ristrutturato/eseguito interventi di riparazione a partire dal suo
arrivo in continente nel 1960, dunque così come non possiamo garantire che effettivamente il
SV abbia avuto per motivi di lavoro la possibilità/necessità di conoscere l'area del Mugello,
altrettanto non lo possiamo escludere, tenendo conto anche delle comunque ridotte distanze.

4)_Cronologia e veridicità degli alibi di Salvatore Vinci:


• 1960:
per la morte di Barbarina Steri, il SV fornì un alibi che, nonostante l'assoluzione in
Tribunale, è seriamente e dettagliatamente messo in dubbio nel Rapporto Torrisi.
Le indagini all'epoca furono “leggere” e di routine come il Rapporto stesso ci racconta,
e a così tanti anni di distanza, riuscire a portare alla luce fatti concreti e prove, non
poteva certo essere un lavoro con elevate possibilità di successo. La ricostruzione
logica fornita dal Tenente Colonnello Nunziato Torrisi e dai suoi uomini, a differenza del
risultato della sentenza, risulta però di gran lunga più plausibile e sensata.
Alibi Molto probabilmente Falso

• 1968:
per la morte della Locci e del Lo Bianco, il SV fornì un alibi che però, in seguito, si
appurò essere privo di alcun valore e falso [“L'alibi di Salvatore Vinci, dunque, non
regge obiettivamente, perché risponde ad un accadimento reale del giorno prima del
fatto. Non ne era riscontro la testimonianza del Vargiu, che, sentito a distanza di
tempo dai fatti, lo aveva confermato su richiest” - Sentenza Rotella]
Alibi dunque Falso

• 1983:
per la morte dei due giovani turisti tedeschi, il SV fornì un alibi che, per quanto non
smentito ufficialmente da alcuna evidenza particolare, non risulta essere nella pratica
un alibi vero e proprio. Infatti, il SV dichiara: “di aver eseguito un intervento con la sua
ditta verso le ore 16,00 in via della Chiesa n. 42, e successivamente, verso le ore
19,3020,00, di aver accompagnato a Prato la donna delle pulizie, la signora
Antonietta, e di aver fatto rientro verso le ore 21,0”, [NdA: Rapporto Torrisi 311/1], ma:
▪ il rientro alle ore 21.00, resta compatibile con la finestra oraria del delitto, così
come un tragitto Prato/Giogoli non risulta fuori possibilità

▪ a conferma che sia effettivamente rientrato a tale ora e che dopo la stessa non

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sia più uscito, non ha altre voci a supporto di quelle della moglie e dei famigliari,
che ovviamente sono testi di parte [NdA: anche per le soggezioni, botte e minacce che il
SV era solito elargire in seno al nucleo famigliare, convivente in testa ]

▪ che l'intervento svolto nel pomeriggio, risulta essere stato svolto nell'abitazione
di una prostituta fiorentina in seguito assassinata; delitto insoluto.
[“nell'abitazione della MEONI Luisa, prostituta, sita al primo piano dello stabile
contrassegnato dal civico 42 di questa via della Chiesa ...SNIP... l'appartamento
della donna si presenta nel più completo disordine, ed il corpo della vittima è
rinvenuto nella camera da letto, in posizione supina sul pavimento, con il capo
rivolto verso la finestra, ed in senso obliquo rispetto alla parete anteriore della
camera medesima, le braccia incrociate sull'addome ed accuratamente legate
con le maniche del maglione che indossa, il viso copert o da un batuffolo di
cotone idrofilo e da un lenzuolo arrotolato. Secondo le risultanze della perizia
medico-legale, la morte della donna ...SNIP... è dovuta ad asfissia meccanica,
per mancanza di ossigeno, mediante compressione delle prime vie respiratorie
L'ipotesi di un delitto a sfondo sessuale viene scartata, perché la donna non
presenta tracce di violenza, come stabilito dall'esame autoptico; anche l'omicidio
a scopo di rapina non trova alcuna spiegazione, nonostante il contenuto dei vari
cassetti dell'armadio, del comò e del comodino , è riverso sul letto e sul
pavimento, come a voler evidenziare che è stata effettuata una ricerca Infatti, la
somma di lire 400 mila in contanti contenuta in un borsellino ed alcuni oggetti di
scarso valore, vengono regolarmente rinvenuti . - Rapporto Torrisi 311/1]
▪ la modalità di soffocamento della Meoni, richiama alla mente quella di
agguato descritta nel giornaletto pornografico a fumetti “Jacula”, del
24 novembre 1976, rinvenuto in casa del SV durante la perquisizione
del 26 giugno 1985, in cui il personaggio “immobilizza le sue vittime,
proprio con un batuffolo di cotone imbevuto di sostanza narcotizzante”,
[Rapporto Torrisi 311/1]

▪ il soffocamento richiama anche alla mente la morte della Barbarina


Steri, [NdA: “che potrebbe somigliare a quella prodotta per asfissia
meccanica” - Rapporto Torrisi 311/1 in merito alla morte della Steri Barbarina ]

▪ il “rovistare” tra gli oggetti della vittima, richiama alla mente alcuni
comportamenti del MdF che, in alcuni dei delitti, ha “rovistato” tra gli
oggetti dei defunti, o meglio delle defunte, pur non portando via effetti
di valore e soldi [NdA: ad esempio: “C’erano innanzitutto parecchie cose
alla rinfusa” - Dichiarazioni del Maresciallo dei Carabinieri Michele Falcone, all'epoca
Comandante della stazione dei Carabinieri di Borgo San Lorenzo in riferimento al
delitto del 1974]

▪ L'assenza di “tracce di violenza” carnale, richiama alla mente i delitti


del MdF, dove anche per questi, mai vi è traccia di violenza sessuale
vera e propria, intesa come stupro

▪ In casa della Meoni però, non è stata rinvenuta traccia di tale


intervento per tale data. L'unica ricevuta per un lavoro effettivamente
eseguito, proprio dalla P.I.C. Di SV, è invece datato 21 ottobre 1982
[Rapporto Torrisi 311/1]. Nessuno si stupisce per un mancato rilascio di
fattura, certo è comunque che questa non è presente, facendo
pendere la veridicità dell'alibi fornito verso l'altro piatto della bilancia
[NdA: “Né, peraltro, tra il materiale cartaceo prelevato è stata
rinvenuta alcuna traccia di questo intervento. Che il VINCI Salvatore

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sia un frequentatore della prostituta, lo si deduce anche dalle


dichiarazioni di CASINI Spartaco, rese in data 19.4.1985” - Rapporto
Torrisi 311/1]
Alibi come minimo non in grado di fornire valida garanzia – non verificabile

• 1985:
per la morte dei due turisti francesi, il SV fornì un alibi che possiamo certamente
definire falso: “Circa l'alibi fornito dal VINCI Salvatore agli inquirenti relativamente alla
sera dell'8 settembre 1985 ...SNIP... in cui il medesimo dichiara di essere uscito di
casa alle ore 21,30 per andare a comperare le sigarette al Bar-Pizzeria "IL
BIVIO",...SNIP... e di essere andato a far visita, subito dopo, ai coniugi
BIANCALANI ...SNIP... si può affermare, senza alcuna ombra di dubbio, che le sue
dichiarazioni appaiono meramente pretestuose ...SNIP... Infatti, da accertamenti
espletati e dalle dichiarazioni rese da DE MARCUS Roberto Giuseppe (Vedere allegato
n. 2), all'epoca titolare dell'anzidetta pizzeria, emerge che ...SNIP... Quella sera, però,
non ha venduto sigarette al VINCI. Peraltro, è da sottolineare che il VINCI Salvatore
non è uscito di casa alle ore 21,30, …SNIP... perché già alle ore 20,00 di detto giorno i
militari dipendenti, allorché giungono di fronte alla sua abitazione per dare inizio al
servizio di appiattamento, notano che tra i mezzi di sua propriet à abitualmente parcati
nei pressi, risulta assente proprio il suo autofurgone. La circostanza, poi, ove fosse
ancora necessario, è suffragata dalle dichiarazion i del figlio Roberto, il quale precisa
che il padre è uscito alle ore 20, facendo rientro alle ore 22,30” [Supplemento Rapporto
Torrisi 311/1-1]

E' importante, relativamente al duplice delitto degli Scopeti, mettere inoltre l'accento
sull'incertezza della reale data in cui la coppia venne assassinata. Infatti, senza una
sicura data precisa per il delitto, qualsiasi alibi resta incerto. Esattamente come a nulla
valgono i rapporti stilati in merito dei Carabinieri incaricati di controllarlo, se non si ha
precisa e certa conoscenza del giorno della morte. Qui, per coerenza espositiva, mi
limito a riportare quanto scritto dal Rotella nella sua sentenza: “Assai più complesso è
il problema dell'alibi fornito relativamente al delitto duplice di S. Casciano. Anche in
quella circostanza (supponendo che si tratti della domenica sera), a voler credere a
tutti i riscontri (forniti dall'intera famiglia Biancalani, di cui si è detto nel capo
precedente), gli restava il tempo sufficiente per recarsi a consumare il delitto e tornare
in luogo ove potesse esser fissato un orario (e riuscire quella stessa notte). Ma non
mette contro di parlarne, per la ragione semplicissima che non si è in grado di stabilire
con certezza l'ora e nemmeno il giorno esatto della consumazione (sabato o
domenica)” [Sentenza Rotella]
Alibi dunque Falso e/o inverificabile

• 1984:
“si dubitava anche dell'alibi” [Sentenza Rotella - CAPO IX — SALVATORE VINCI — 9.1 - LO
STRACCIO]. Vale la spesa riportare integralmente le parole del G.I. Mario Rotella: “Le
verifiche fatte intorno all'alibi fornito ai carabinieri da Salvatore Vinci, per la sera del
29 luglio 1984, effettuate dal p.m. e poi riprese dal g.i. conducono a conclusioni quasi
simili a quelle relative al duplice omicidio di Signa. Nella specie, sono emerse
discordanze tra quanto aveva dichiarato lui stesso (circa un'uscita alle 21,30 con la
D'Onofrio e la bambina per prendere un gelato, in un bar all'inizio di via Cerretani,
facendo rientro alle 22-22,30, una nuova estemporanea uscita sino alle 23,30 circa,
per riprendere il cane, ed un'ultima uscita notturna tra le 3 e le 3,30 del mattino per
fare esercizio di corsa, nonché gli interventi effettuati dal figlio quella notte, per conto
della ditta di 'Pronto Intervento Casa' di cui era titolare), e quanto rispettivamente
dichiarato dal figlio e dalla D'Onofrio. Il figlio quella sera ha fatto due interventi, ma
Vinci e la donna ne ricordano uno solo. Quanto a costei, probabilmente, come peraltro

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ha detto, da una cert'ora in poi dormiva in camera sua. L'unico segno, della sua
consapevolezza della presenza in Firenze dell'amante quella notte, per alcun tempo
prima di addormentarsi, sarebbe quello di averne visto dalla finestra [NdA:
erroneamente nella Sentenza si parla di "quarto piano", ma così non è, in quanto tale
edificio è costituito da un piano terra, un primo piano ed un secondo piano. Resta
comunque difficile vedere in tali condizioni] stando sul letto in camera, le gambe
attraverso la serranda semiaperta del laboratorio a livello strada, di fronte. La donna,
ha poi affermato che le uscite con Salvatore e la bambina sono state rarissime, che lei
non colloca quella di cui Vinci ha parlato, nella sera (prima parte) del 29 agosto 1984
(si sono comunque verificati, in istruttoria formale, i percorsi e i tempi con la stessa
D'Onofrio), ma in una data diversa e antecedente. Ha spiegato che al p.m. aveva dato
un'indicazione corrispondente a quella di Vinci, perché lui glielo aveva chiesto in
anticamera, ma non era, per parte sua, in grado di ricostruire proprio quella serata. Il
dettaglio di tutti gli accertamenti, degli orari, dei tempi di percorrenza è stato
minuziosamente ricostruito nel rapporto dei CC menzionato (22.4.86). A parte il
problema dell'attendibilità dei testi a riscontro , e di alcune inverisimiglianze
della narrazione dello stesso Vinci, è giusta l'osservazione circa il fatto che, quando
tutto combaci e non è così (in un certo lasso di tempo la donna dormiva ed il figlio
era fuori), Vinci avrebbe avuto il tempo di andare a Vicchio, commettere il
delitto e ritornare a Firenze” [Sentenza Rotella].

“si assiste al tentativo concorde e piuttosto evidente di tutti e tre i testi escussi di
riportare gli avvenimenti, ora procrastinandoli, ora anticipandoli, nell'arco di tempo che
va dalle 20,30 del 29 alle ore 00,15 del 30. Ed in questo tentativo si intuisce che
sia il figlio che la convivente sono stati adeguatamente addestrati a riferire
secondo le istruzioni ricevute, ma con risultati non convincenti” [Supplemento
Rapporto Torrisi 311/1-1]

Alibi dunque molto probabilmente falso, e comunque non in grado di fornire valida
garanzia di innocenza

• 1974 – 1981 -1981/bis -1982


Tenendo conto che i veri sospetti e le prime mirate attenzioni sul SV come MdF
nascono solo dopo il duplice omicidio del 1984 [ NdA: “i concreti sospetti su VINCI Salvatore
sorgono a partire dal duplice delitto di Vicchio del Mugello, del 29 luglio 1984 ” - Rapporto Torrisi 311/1 ],
non stupisce più di tanto che: Per gli alibi in riferimento a tali duplici omicidi, non sono
presenti né nella Sentenza Rotella né nel rapporto Torrisi, elementi che permettano di
esprime alcun giudizio in merito.

Anche in questo caso non ci troviamo di fronte a informazioni certe ed univoche di


colpevolezza, ma è significativo notare che:
• per nessuno degli alibi noti vi sia corrispondenza di innocenza

mentre, al contrario, su 5 noti:


• tre risultino falsi,
• uno altamente probabilmente falso
• uno privo di alcun valore o riscontro.

Esisteranno indubbiamente mille differenti fondate ragioni in base alle quali qualcuno decide
di fornire un alibi falso o non riscontrabile, ma al tempo stesso appare assai meno probabile
che lo stesso accada sempre alle stessa persona e sempre per reati di gravissima entità.

5)_Cronologia accuse, perquisizioni, arresti, scarcerazioni e fuga


• 23 agosto 1968: Stefano Mele si autoaccusa del delitto Locci-Lo Bianco chiamando in

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causa come correo Salvatore Vinci

• 24 agosto 1968: durante un confronto fra SM e SV, Mele ritratta ed accusa Francesco
Vinci

• 20 luglio 1982: viene segnalato il legame tra i delitti seriali 1974-1981-1981bis-1982


e quello del 1968 (identità d'arma e munizioni) [ Sentenza Rotella]. SV rientra dunque tra
le persone da sentire in quanto relazionato a quel delitto.

• 26 agosto 1982: durante un interrogatorio Piero Mucciarini racconta che SV aveva


ucciso sua moglie, Barbara Steri, a Villacidro nel 1960

• 30 agosto 1982: il SV viene sentito dalla dottoressa Silvia Della Monica e dal dottor
Pier Luigi Vigna [NdA: “il VINCI Salvatore, conosce perfettamente la dott.ssa Silvia DELLA MONICA,
per essere stato sentito da lei e dal dott. Pier Luigi VIGNA, Sostituto Procuratore, in data 30 agosto 1982,
proprio nel Momento in cui i magistrati riaprono le indagini alla scoperta della notizia che anche l'omicidio
di Signa” - Rapporto Torrisi 311/1].
▪ Salvatore Vinci, non si fa problemi né a mentire sui suoi rapporti con la Locci, né
a mentire tirando la croce addosso al fratello Francesco: “Conferma che Vitalia
Melis (gia Muscas), sua cognata, gli disse che il marito l'aveva minacciata
facendo riferimento ad una pistola” [Sentenza rotella]. [NdA: la Muscas smentirà le
parole del SV: “la MUSCAS, come vediamo, nega recisamente di aver detto al cognato che il
marito ha una pistola” - Rapporto Torrisi 311/1]

• 29 novembre 1982: Il Dottor Tricomi, a seguito delle dichiarazioni del Mucciarini, fa


richiesta alla Tenenza dei Carabinieri di Villacidro del Rapporto Giudiziario relativo al
decesso di STERI Barbarina [NdA: “...Dott. Vincenzo TRICOMI, a seguito di sua specifica richiesta
diretta al Nucleo Operativo, del 29.11.1982, acquisisce in data 16.12.1982, tramite la Tenenza Carabinieri
di Villacidro, il Rapporto Giudiziario n. 7 del 19.1.1960, della Stazione omonima, relativo al decesso di
STERI Barbarina e poi accantonato.” - Rapporto Torrisi 311/1]
▪ si noti quel “accantonato”. Bisognerà quindi aspettare poi anni (fino al 1984) son
altre dichiarazioni del SM, prima che vengano svolte indagini sul SV

• settembre 1983: dopo il delitto Rush - Meyer, viene effettuata una perquisizione
presso l'abitazione di Salvatore Vinci

• il 30 luglio 1984: in seguito al delitto Rontini - Stefanacci viene effettuata una


perquisizione presso l'abitazione di Salvatore Vinci [ NdA: repertato lo “straccio” con macchie
ematiche e di sparo – Sentenza Rotella – NOTA BENE: tale straccio non venne praticamente preso in
seria considerazione fino all'aprile 1985, quando finalmente le analisi stabilirono appunto la certa presenza
di macchie ematiche e di polvere di sparo – Sentenza Rotella]

• il 30 maggio 1985: Stefano Mele torna ad accusare Salvatore Vinci, per la prima
volta dal lontano 1968 [NdA: “nell'interrogatorio del 18 settembre 1985, il MELE, per la prima volta
in tutti questi anni, dichiara che ad accompagnare Natalino con l'autovettura, e forse anche un po' a piedi,
è stato Salvatore” - Rapporto Torrisi 311/1] [NdA: per maggiori informazioni, vedasi: ****]

• 26 giugno 1985: “26 giugno 1985 viene effettuata una perquisizione presso
l'abitazione di Salvatore Vinci, scaturita dalle dichiarazioni di Ada Pierini in merito ad
una pistola [NdA: repertati oggetti per uso di autoerotismo, il fumetto “Jacula” e un
biglietto con appuntato l'indirizzo, del Tenente Colonnello Torrisi “ Sign. Magiore Toriso
Via Colli n. 101 – 264261” – Rapporto Torrisi 311/1]
▪ detta perquisizione, darà esito negativo per l'arma da fuoco, viene ripetuta
anche la sera dello stesso giorno, visto che la Pierini insiste nel sostenere le sue
dichiarazioni [NdA: rivelatesi poi false, e la Pierini verrà anche arrestata per tale motivo ]

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• settembre 1985: in seguito alla scoperta dei cadaveri dei due turisti francesi viene
avviata una perquisizione presso l'abitazione di Salvatore Vinci

• 1985: il PM richiede la formale istruzione a carico di Salvatore Vinci per il delitto


Rontini – Stefanacci [NdA: “Il p.m., dubitando anche dei riscontri all'alibi di Vinci, intanto effettuati,
richiedeva, nell'autunno 85, la formale istruzione a suo carico per l'omicidio duplice del 1984 ” - Sentenza
Rotella]
▪ Si noti che “Così, nei confronti di Salvatore Vinci, è rimasto quanto bastava
per motivare un mandato di comparizione e poi di accompagnamento, visto che
non era comparso al confronto con la Pierini,da lui chiamata in causa circa
la borsa di paglia ed il suo contenuto.” [Sentenza Rotella]

• 1986, viene effettuata una perquisizione presso l'abitazione di Salvatore Vinci [ NdA:
repertato il “rullino fotografico ….SNIP... Il processo di sviluppo/stampa ha rivelato le immagini di una
giovane coppia di sconosciuti in automobile ” - Sentenza Rotella]

• l' 11 giugno 1986 SV viene arrestato con l'accusa di uxoricidio

• il 18 aprile 1988 viene assolto dall'accusa di uxoricidio, il SV lascia il carcere e torna


libero [NdA: “è stato assolto dall' accusa di uxoricidio con la formula più ampia perché il fatto
non sussiste” -fonte: La Repubblica – 20 aprile 1988]

• giugno 1988: a Villacidro SV compie un presunto assalto sessuale [NdA: “un pastore di
60 anni, il quale sostiene che Salvatore Vinci ...SNIP... avrebbe cercato di abusare di lui”] ai danni di
un vicino di casa. Verrà accusato di libidine violenta ed atti osceni in luogo pubblico
▪ “I carabinieri stanno svolgendo accertamenti per stabilire la veridicità del
racconto della presunta vittima, che appare, secondo gli inquirenti, non
completamente credibile”. [Fonte: La Repubblica – 5 giugno 1988]

▪ “a favore di Salvatore si è espresso il tribunale della libertà del capoluogo


sardo che ha revocato un mandato di cattura per atti di libidine, un
presunto tentativo di violenza nei confronti di un pastore commesso da Vinci
non appena uscito dal carcere” [Fonte: La Repubblica -20 ottobre 1989]

• novembre 1988: il giudice Lombardini ordina che SV venga sottoposto a perizia


psichiatrica [NdA: quella che era stata revocata durante il processo per l'uxoricidio ].
▪ “doveva sottoporsi ad una perizia psichiatrica ordinata dal Giudice Istruttore
Lombardini, che aveva emesso nei suoi i un mandato di comparizione. Il
Magistrato indaga su una presunta violenza subita da un e sessantenne” [Fonte :
L'Unità – 7 dicembre 1988]

• 30 novembre 1988: i carabinieri che dovevano prelevare SV e condurlo a Cagliari per


la perizia non lo trovano. Da questo momento non si avranno più notizie di SV.
Dunque è corretto far notare come:
▪ al momento della fuga ancora non fosse stato prosciolto da Rotella

▪ al momento della fuga ancora doveva sottoporsi a perizia psichiatrica

▪ al momento della fuga avesse sulle spalle una denuncia per molestie sessuali

▪ e che nessun altro dei nomi entrati nella vicenda MdF, in una maniera o in
un'altra, a qualsiasi titolo, in qualsiasi filone di indagine: nessuno eccetto che il

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SV abbia ad un ben determinato punto fatto volontariamente perdere le proprie


tracce

• 13 dicembre 1989 il G.I. Mario Rotella dichiara il non doversi a procedere nei
confronti del SV

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Controlli e Investigatori

Al di là di ogni considerazione sui possibili significati delle informazioni prima riportate,


abbiamo visto come, anche scartando le prime dichiarazioni subito ritrattate del SM, almeno
già dal 1982, con le parole del Mucciarini che spingono il Dottor Tricomi a richiedere il
fascicolo della morte della Barbarina Steri, il SV cominciasse, o meglio avrebbe dovuto
cominciare, a trovarsi in una posizione di attenzione da parte degli investigatori.

La richiesta del Tricomi, del 1982, esaudita, venne poi “accantonata”, probabilmente anche
per il cambio di G.I. e l'arrivo del Rotella, con le normali vicissitudini che succedono durante
un avvicendamento; in più le attenzioni erano puntate sul Francesco Vinci.

Risultato?
Qualche perquisizione, qualche sequestro di materiale “utile” alle indagini, qualche
interrogatorio, qualche alibi risultato fasullo e tutta una serie di vaghi controlli. Più ancora che
sulle carenza ed imperizie a livello investigativo e periziale che purtroppo non mancarono
specie nei primi anni, su tali “controlli” è giusto invece spendere qualche parola in particolare.

Se partissimo infatti ad esempio dalle parole di Ruggero Perugini [NdA: Deposizione del 15 giugno
1994], dovremmo semplicemente prendere e scartare il nome del SV quale possibile MdF... o,
forse più doverosamente, potremmo invece chiederci come e perché il Perugini, capo della
squadra anti mostro dal 1986 al 1992, non sapesse come tali attività venissero realmente
svolte, visto che la “poca attendibilità” di tali controlli venne addirittura messa nero su bianco
dagli stessi Carabinieri]

[Luca Santoni Franchetti, avvocato]: ...Ora le volevo fare alcune domande su questo. Lei
ha detto che per quanto riguarda - faccio riferimento alla sentenza di archiviazione del dottor
Rotella, del giudice istruttore - alcune posizioni, non indagaste più perché, ovviamente
mentre queste persone erano detenute, l'assassino ha colpito ancora, giusto?
[Ruggero Perugini, S.A.M.]: Erano detenute o erano sotto osservazione dei carabinieri.
[Luca Santoni Franchetti, avvocato]: Sotto osservazione.
[Ruggero Perugini, S.A.M.]: Perché non tutte erano detenute.
[Luca Santoni Franchetti, avvocato]: Una cosa diversa è essere detenuti durante un
omicidio.
[Ruggero Perugini, S.A.M.]: Salvatore Vinci non era detenuto.
[Luca Santoni Franchetti, avvocato]: Oh, io sto parlando apposta di Salvatore Vinci.
[Ruggero Perugini, S.A.M.]: Si.
[Luca Santoni Franchetti, avvocato]: Ecco, io volevo chiedere, appunto…
[Ruggero Perugini, S.A.M.]: No avvocato, io ho stima dei carabinieri.
[Ruggero Perugini, S.A.M.]: Se i carabinieri dicono che ce l'avevano sotto osservazione, io
devo dedurre…

Visto che i Carabinieri ce l'avevano sotto controllo, e visto che i Carabinieri non lo colsero sul
fatto mentre assaliva la coppia Kraveichvili – Mauriot, per proprietà transitiva: il SV doveva
essere innocente.
Peccato che non andò affatto così.

Infatti ben due punti son da tenere in particolare evidenza:

• 1) Che la data in cui avvenne il duplice delitto, per quanto se ne dica nelle aule di
tribunale, risulta a tutt'oggi incerta [ NdA: in apposito capitolo si tratterà di questo punto ] e
dunque quand'anche i controlli fossero stati accurati, precisi e puntuali, non avrebbero
comunque riferimento temporale certo

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▪ “per la ragione semplicissima che non si è in grado di stabilire con certezza l'ora
e nemmeno il giorno esatto della consumazione” [Sentenza Rotella]

▪ “né peraltro è da scartare la possibilità, salvo obiettivi elementi di riscontro, che


la morte dei due francesi risalga alla notte sul 7 settembre” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “non pare che dalle condizioni dei due cadaveri, da cui si notano segni
dell'incipiente fenomeno putrefattivo, la morte dei due possa risalire a poche ore
prima, ed è lecito ipotizzare, o quanto meno non poter escludere che i fatti si
siano potuti verificare anche 24 ore prima” [Rapporto Torrisi 311/1]

• 2) Che il servizio di pedinamento era un servizio, si passi il termine, “all'acqua di rose”.

▪ “Tutto il ragionamento effettuato nel rapporto dei Carabinieri menzionato, non è


verificabile“ [Sentenza Rotella]

▪ “Da un certo momento in poi i carabinieri attestano un controllo in talune ore


serali e in certi giorni della settimana, ma essi stessi (v. rapporto menzionato)
dubitano della continuità ed efficacia del controllo“ [Sentenza Rotella]

▪ “I pedinamenti hanno avuto il seguente andamento:


− prima fase, dal 1º novembre 1984, al 3 giugno 1985, con l'espletamento
di servizi saltuari a campione;

− seconda fase, dal 1º luglio 1985 all'8 settembre 1985, eseguiti nei giorni di
venerdì, sabato e domenica, dalle ore 20,00 alle ore 24,00;

− terza fase, dal 4 novembre 1985 al 12 febbraio 1986, in maniera


continuativa nell'arco delle 24 ore” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “Il VINCI si dimostra un tipo difficile da seguire anche nei pedinamenti. Infatti,
guida in maniera maldestra e nervosa, alternando un'andatura molto veloce ad
una lenta, ed in prossimità dei semafori, quando si accorge che il segnale
luminoso inizia a lampeggiare, rallenta la sua andatura, costringendo i mezzi
che lo seguono quasi a frenare la loro corsa, per poi partire di scatto non
appena il semaforo segna rosso” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “non aveva al momento dei fatti una vita scandita da orari (basta leggere i suoi
racconti) ed impegni fissi vuoi in famiglia che all'esterno. Il suo stesso lavoro
era ancorato ad attese di chiamate estemporanee e di uscite altrettanto
estemporanee, in qualsiasi ora del giorno e della notte. Era munito di più veicoli
a motore ed in grado di spostarsi con sufficiente rapidità ...SNIP... L'uomo,
difatti, è apparso dotato di notevole iniziativa, anche riguardo alle attività
motorie” [Sentenza Rotella]

▪ “Nel periodo posteriore alla perquisizione domiciliare effettuata come già detto,
il 26 giugno 1985 ...SNIP... egli dimostra di essere più cauto ...SNIP...
particolarmente controllato e guardingo, continua nel periodo successivo al
duplice omicidio degli Scopeti” [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ “relativamente alla sera dell'8 settembre 1985 ...SNIP... già alle ore 20,00 di
detto giorno i militari dipendenti, allorché giungono di fronte alla sua abitazione
per dare inizio al servizio di appiattamento, notano che tra i mezzi di sua
proprietà abitualmente parcati nei pressi, risulta assente proprio il suo

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autofurgone” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

▪ quindi, quando la sera dell' 8 settembre 1985 i Carabinieri arrivarono


ad appostarsi vicino casa sua, il SV non c'era.
E non essendoci, nessuno poteva dire dove fosse, in qualsiasi luogo o
anche addirittura agli Scopeti, non sapendo con certezza né l'ora né il
giorno in cui avvenne il delitto;
infatti: “non è vero che il VINCI Salvatore sia uscito alle ore 21,30
dell'8.9.1985, perché era già fuori col pulmino prima dell'arrivo dei
militari stessi, alle ore 20,00” [Rapporto Torrisi 311/1]

Inoltre, è anche bene precisare che, ad esempio per la perquisizione, duplice, mattina
pomeriggio, indotta dalle dichiarazioni della Ada Pierini, perquisizione del 26 giugno 1985:
▪ Le perquisizioni effettuate nei suoi confronti (a partire da quella assai tardiva del
1968), e quella più rilevante suggerita da dichiarazioni della Pierini al p.m., sono
risultate vane per quanto concerne la pistola (circa quest'ultima, come risulta
da intercettazioni telefoniche, ed indirettamente da una vicenda in cui è
implicata la D'Onofrio, una sua amica ed un sottufficiale di Prato, l'uomo era già
avvertito dei controlli di P.G.” [Sentenza Rotella]

Quindi, senza al momento entrare nel merito di chi lo avesse “avvertito” dei controlli di P.G.,
in tema di “pedinamenti” e “esclusione dalla lista dei sospettati”, vale solo più la pena
ricordare che il Rapporto Torrisi scritto il 22 aprile 1986, venne inviato alle competenti
Autorità:
• Ufficio Istruzione del Tribunale di Firenze: G.I. Dott. Mario Rotella
• Procura della Repubblica di Firenze: Sost. Proc. Dott. Angelo Izzo

E che il Supplemento datato 14 ottobre 1986, venne inviato alla competenti Autorità:
• Ufficio Istruzione del Tribunale di Firenze: G.I. Dott. Mario Rotella
• Procura della Repubblica di Firenze: Sost. Proc. Dott. Paolo Canessa

Immaginare dunque che alla SAM, Squadra Anti-Mostro, il pool di forze dell'ordine che
indagava solo ed esclusivamente sugli omicidi seriali delle colline fiorentine dal 1984, dal 84
fino all'86 sotto il comando del Commissario Sandro Federico, non fossero pervenuti tali
Rapporti o che, pervenuti, siano stati valutati, straccio compreso, nelle modalità con cui i
controlli di pedinamento del SV vennero eseguiti, lascia l'amaro in bocca. E tanto.

Altrettanto infaustamente però, è necessario aggiungere il fatto che quando dopo il delitto di
Vicchio, le pertinenze del SV vennero perquisite e il famoso straccio macchiato di sangue e
tracce di sparo sequestrato ed inviato al P.M:, questi non desse seguito ad analisi sullo
stesso, compito al quale potrà porre rimedio solo il G.I. Rotella solo addirittura un anno dopo
• “Lo straccio rinvenuto in casa di Salvatore Vinci fu indicato dallo stesso giudice Rotella
come l'imbarazzante esempio di come furono condotte le indagini e quale una delle
conseguenze della spaccatura che ogni giorno si approfondiva tra gli inquirenti”. Dolci
Colline di Sangue – M. Spezi – D. Preston]

• “Il pubblico ministero, all'indomani del ritrovamento dello straccio, non informò il
giudice istruttore Rotella e non chiese alcun esame, perché, scrisse, era inverosimile
che un tipo che si sapeva nella lista dei sospettati tenesse in camera propria una prova
così evidente” [Dolci Colline di Sangue – M. Spezi – D. Preston], che detto con le più autorevoli
e pacate parole del G.I. Mario Rotella, suona:
“Tal cosa contrastava, a quanto risulta, con l'organizzazione interna dell'ufficio del
procuratore della Repubblica, perché lo straccio era connesso con le indagini

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preliminari — generiche — ancora in corso relativamente allo stesso reato. Per queste
ultime, pur trascorso l'anno, non era stata ancora disposta la conversione del
rito. Alla richiesta degli atti da parte di questo ufficio, il procuratore della Repubblica li
trasmetteva in blocco, in una con una missiva interna, che esprimeva riserve intorno al
valore sintomatico del corpo di reato“ [Sentenza Rotella].

Pur non essendo minimamente compito di questo documento entrare nel merito della
“qualità” dei rilievi, delle perizie e/o delle scelte investigative, è noto a tutti gli “addetti ai
lavori” e agli “appassionati mostrologhi”, che la vicenda del MdF è ricca di piccole e grandi
imperizie:
dalla scarsa attenzione alla conservazione delle scene dei crimini al mancato ritrovamento di
bossoli;
dalle impronte e orme lasciate durante i sopralluoghi, allo smontamento e riposizionamento
della tenda a Scopeti;
dalle scene del crimine non immediatamente interdette al “pubblico”, alle perizie redatte in
più tempi;
dai proiettili di “marca Fiocchi” in un rapporto, agli stracci insanguinati a cui non si prestava
attenzione;
dai pedinamenti saltuari, ai reperti necroscopici delle vittime non conservati;
dalle perizie eseguite basandosi su verbali incompleti, a relazioni peritali poi non eseguite.

Erano altri anni, gli strumenti a disposizione erano quelli di quei tempi e errare è sempre
profondamente umano; eppure, il retro gusto amaro che certe imperizie e certe scelte si
portano appresso: resta.

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Perquisizioni: paraffina, straccio e biglietto

Ben poco ci importa che durante alcune perquisizioni in casa del SV siano stati trovati oggetti
per autoerotismo che spaziano da vibratori a zucchini, da clisteri a cetrioli [Rapporto Torrisi];
non sono i gusti personali del SV ad interessarci.
L'unica cosa in merito che si può dire è che il loro ritrovamento durante le perquisizioni,
avvalora le testimonianze in merito, rese della Rosina Massa e della Pierini Ada ad esempio.

Ben più interessante, e già l'abbiamo citato, è invece il reperimento di un “rollino fotografico”
[Sentenza Rotella] che una volta sviluppato ha mostrato scatti di una coppia appartata in auto;
anche la copiosa giornalistica e fumettistica porno ed il fumetto “Jacula” del 24 novembre
1976 [Rapporto Torrisi] sequestrato in una perquisizione del 1985, a differenza di vegetali vari,
sono un punto degno di nota.

Di rilevanza decisamente maggiore sono due oggetti specifici anch'essi ritrovati e repertati
durante le perquisizioni, e la “condizione” in cui si trovavano le mani del SV al momento in cui
gli fecero la prova del guanto di paraffina dopo il delitto degli Scopeti.

Gli oggetti erano:


1) uno straccio
2) un biglietto

Mentre straccio e prova del guanto di paraffina sono due argomenti che almeno inizialmente
possono essere trattati assieme, per quanto riguarda il biglietto la trattazione risulta più
propriamente a se stante, in quanto in seguito soggetta a diversi richiami.

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Del Biglietto

Capitolo di alto interesse, suddiviso in sottocapitoli.

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Del biglietto [in generale]

Durante la perquisizione domiciliare effettuata il 26 giugno 1985 [Rapporto Torrisi 311/1]


“nell'appartamento di pertinenza del suddetto … SNIP... in camera da letto” viene trovato “un
foglietto rettangolare, tratto da un blocco appunti per telefono, con la seguente scritta a
penna, verosimilmente la calligrafia è del VINCI: "Sign. Magiore Toriso Via Colli n. 101 –
264261” [Rapporto Torrisi 311/1]

“Per quanto attiene all'appunto, il "Magiore Toriso", si identifica con lo scrivente, perché
all'epoca della verosimile trascrizione , nel grado di Maggiore, Comandante del Nucleo
Operativo; il numero di telefono è quello corrispondente al Centralino di questa Caserma,
mentre è inesistente a Firenze la via dei Colli.
Si precisa che il VINCI Salvatore ha avuto modo di conoscere lo scrivente per la
prima volta durante la perquisizione.
Da accertamenti espletati in proposito, in Signa è risultato esistere la ben nota via dei Colli,
così denominata nel tratto dalla strada statale 325, che dalla frazione Indicatore adduce alla
località "Colli Bassi", ed al n. 101 esistono n. 17 appartamenti condominiali” [Rapporto Torrisi
311/1]
• Si noti, con attenzione, che tale Via dei Colli, corre praticamente parallela a quella in
cui vennero uccisi la Locci e il Lo Bianco; che da essa non dista che circa un paio di
chilometri; e che sbocca in Via Vingone (la via della casa del De Felice, e
“ambiguamente” non essendo chiara in proposito la Sentenza Rotella, quella del
Vargiu)

“L'imputato ha da ultimo asserito che l'appunto concerne una chiamata ricevuta dai
carabinieri per entrare in un appartamento (ma quando?). Il rapportante afferma di non aver
mai conosciuto il Vinci prima della perquisizione in casa sua. Ed all'epoca non era maggiore
da un pezzo” [Sentenza Rotella]

Né la Sentenza Rotella, né il Rapporto Torrisi, si spingono oltre. Noi invece, qualche ulteriore
riflessione ci possiamo permetterla di farla:
• la “grammatica” del biglietto, richiama alla mente la lettera col macabro feticcio
spedita al sostituto procuratore Della Monica nel 1985 [ NdA: “Dott. Della Monica Silvia
Procura Della Republica Firenze”]

• tra la parola del Colonnello dei Carabinieri Nunziato Torrisi [ NdA: “mai conosciuto il Vinci
prima della perquisizione in casa sua”] e quella del SV [NdA: “chiamata ricevuta dai carabinieri”,che
come vedremo in seguito pare non aver alcun riscontro ], sinceramente non nutriamo dubbi su a
quale dare la nostra fiducia. E quindi abbiamo tutto il diritto di domandarci perché il SV
fosse in possesso di tale nome, qualifica, indirizzo e telefono.

▪ Sappiamo però che il SV, tramite chissà quali amicizie e chissà perché, fosse a
conoscenza delle perquisizioni (o per l'esattezza almeno di quella causata dalle
dichiarazioni della Pierini in particolare) a suo carico prima ancora che queste
venissero espletate “Le perquisizioni effettuate nei suoi confronti (a partire da
quella assai tardiva del 1968), e quella più rilevante suggerita da dichiarazioni
della Pierini al p.m., sono risultate vane per quanto concerne la pistola ( circa
quest'ultima, come risulta da intercettazioni telefoniche, ed indirettamente da
una vicenda in cui è implicata la D'Onofrio, una sua amica ed un sottufficiale di
Prato, l'uomo era già avvertito dei controlli di P.G.” [Sentenza Rotella]

Ma questo biglietto, è importante anche per la qualifica, il grado, che il SV si appuntò a


riguardo del Torrisi: “magiore”, ovvero sia “maggiore”.

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Del biglietto [quando venne scritto] e della lettera mai ricevuta

Innanzitutto è bene sapere che la scala gerarchica prevede l'ordine: ...“maggiore”, “tenente
colonnello”, “colonnello”...

E' altresì bene sapere che per comune prassi, oralmente, nelle gerarchie militari è normale
riferirsi al grado di “tenente colonnello”, semplicemente col termine “colonnello”.

Detto questo, possiamo proseguire con le informazioni a disposizione:

1. il Rapporto 311/1, è firmato in calce “IL TEN. COLONNELLO COMANDANTE REPARTO


OPERATIVO Nunziato Torrisi” [Rapporto Torrisi 311/1]

2. il Rapporto 311/1, è del “ 22 APRILE 1986” [Rapporto Torrisi 311/1]

Dunque, nel 1986, il Torrisi è sicuramente “tenente colonnello”. Grado con cui, oralmente,
può essere chiamato più semplicemente “colonnello”.
Dunque nel 1986, il Torrisi è il comandante del “nucleo operativo” [ NdA: di stanza in Via Borgo
Ognissanti, a Firenze]

• il 29 aprile 1994, il Maresciallo Giuseppe Storchi, interrogato a proposito del duplice


delitto di Giogoli, del 1983, in tribunale dichiara:
A.F.: Quando è arrivato lei, chi ha trovato sul luogo?
▪ G.S.: Mah, c'era una pattuglia della Radiomobile; mi sembra c'era il mio
Comandante di Gruppo colonnello Zocchi - e poi, dopo poco, è arrivato l'allora
maggiore Torrisi, personale del Nucleo Operativo e la Questura.
[Fonte: Deposizione del maresciallo Giuseppe Storchi in merito al delitto di Giogoli del 1983 ]

• la assoluta conferma di questo dato, ce la abbiamo attraverso il rapporto, o meglio la


sua firma in calce, letto in aula dal Ruggero Perugini [ NdA: che “diresse la squadra antimostro
dal 1986 al 1992”]:
▪ A.B.: Presidente io faccio sommessa istanza, poi la Corte deciderà sul punto, in
riferimento a quello che dice il testimone cioè di aver comunque letto questi atti
e siccome in questi atti si fa riferimento a ben 41 motorini di vario tipo e foggia
che sarebbero stati sottratti in quel periodo, siccome ce n’è uno particolarmente
significativo sul piano così indiziario, quello al numero 26, marca Beta di colore
azzurro asportato in Scandicci il 9.9.83 io faccio questa istanza perché venga
eventualmente utilizzato o comunque signor Presidente non tanto utilizzato
questo documento, mi rendo conto dell’ostacolo formale, che venga sentito sul
punto colui che ha redatto questa…
Presidente: Chi sarebbe?
R.P.: Eh io… aspetti… sicuramente il Maresciallo nucleo operativo dei
Carabinieri… glielo dico subito… Nunziato Torrisi… Maggiore Comandante del
nucleo Nunziato Torrisi.
[Fonte: Deposizione dell'ex capo della SAM, Ruggero Perugini - 13 giugno 1994 ]

Dunque nel 1983, il Torrisi era “maggiore”, o “magiore” come scritto dal SV
Questo dato è in accordo con quanto scritto sia dal Torrisi medesimo, sia dal Rotella:

• Nel Rapporto 311/1, in merito, lo stesso Torrisi scrive:


"Per quanto attiene all'appunto, il "Magiore Toriso", si identifica con lo scrivente,
perché all'epoca della verosimile trascrizione, nel grado di Maggiore,
Comandante del Nucleo Operativo; il numero di telefono è quello corrispondente al

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Centralino di questa Caserma" [Rapporto Torrisi 311/1]


▪ Infatti "perché all'epoca della verosimile trascrizione", è dicitura ben differente
da “perché all'epoca della perquisizione in oggetto” [NdA: frase ipotetica dell'autore]
▪ dunque, il Torrisi, parlando del suo grado di “maggiore”, coerente con
quanto appuntato dal SV sul biglietto

▪ dunque il Torrisi quando parla di “epoca della verosimile trascrizione”,


sta parlando di un tempo antecedente il 1985

• Nella Sentenza il G.I. Mario Rotella scrive:


“Il rapportante [NdA:Nunziato Torrisi] afferma di non aver mai conosciuto il Vinci prima
della perquisizione in casa sua. Ed all'epoca (1985) non era maggiore da un
pezzo” [Sentenza Rotella]
▪ ed un paio di anni possono tranquillamente essere considerati “da un pezzo”

Definitivamente chiarito l'arcano circa il grado del Torrisi, dobbiamo cercare di scoprire alcune
ulteriori informazioni relativamente al biglietto scritto dal SV.

Infatti, se già poteva suonare “strano” che il SV fosse in possesso delle informazioni riportate
sul biglietto avendole reperite nel 1985, ossia dopo che nel 1984 era entrato a pieno diritto
nell'occhio del ciclone delle indagini [NdA: nel 1985, queste avrebbero potuto essergli passate
contestualmente alle indicazioni sulla prossima e sicura perquisizione, come abbiamo visto e come certificato dalle
intercettazioni telefoniche sulla sua utenza ], ancora più “strano” è dunque scoprire che il SV ne fosse
invece già in possesso antecedentemente a quella data, ossia in una finestra temporale che al
momento possiamo genericamente attribuire al periodo 1981-1982-1983.-1984.

Ma quanto antecedentemente?

Sempre dalla frase del Torrisi, leggiamo che in quella “indeterminata” epoca, il Torrisi era:
“Maggiore, Comandante del Nucleo Operativo”.

Dalla dichiarazione giurata del Leonardi in merito al delitto di Giogoli, sappiamo che nel 1983
il Torrisi NON era “il più alto in grado dell'Arma”
• P.M.: Il più alto in grado era questo colonnello Torrisi? Il più alto in grado dal punto di
vista vostro dell'Arma era il colonnello Torrisi?
G.L.: Nossignore.
[Fonte: deposizione del Maresciallo Giovanni Leonardi - del 29 aprile 1994 ]

Come letto dal Perugini, sappiamo che era “comandante del nucleo operativo”, pur non
ricoprendo il grado più alto tra il personale dell'Arma di Firenze.

Dunque Torrisi nel 83 era Maggiore e comandante del nucleo operativo, invece il Dell'Amico,
Colonnello, comandante del reparto, cosa che ben si sposa con un grado inferiore a quello del
Dell'Amico appunto, in piena coerenza con l'affermazione del Leonardi che identifica, nel
1983, una figura di grado più alta di quella del Torrisi.

Questo porta dunque a pensare che quel “magiore” possa essere riferito ad una finestra del
1984, del 1983, del 1982, o 1981.

Per il 1981, si ritiene però altamente improbabile:


– sia per la lunghissima conservazione del biglietto [NdA: era un appunto scritto su un foglietto e
non dentro un agenda]

– sia perché al 1981 non abbiamo notizie dirette o indirette sul Torrisi in generale, e

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nemmeno in relazione ad alcuna sua attività investigativa sui delitti della calibro 22
L.R.

– sia perché è solo nel 1982 che viene fatto da parte degli inquirenti l'abbinamento col
delitto di Signa

– - sia perché è solo nel 1982 che SV viene sentito la prima volta dopo il 1968 [ NdA: si
noti che nel 1982, SV viene solo ascoltato e non interrogato. Il primo vero interrogatorio il SV lo subirà
solo dopo il delitto di Giogoli del 1983 ].

E soprattutto infatti la connessione con Signa quella da tenere presente, parlando di un SV


identificato, come ipotesi di studio, come MdF:
• "Questo filo sarebbe stato offerto dal ricordo del m.llo Fiori [NdA: nel 1982], in servizio
presso il Comando Gruppo Carabinieri di Firenze, e nel 1968 alle dipendenze della
Compagnia di Signa. Egli rammentava al comandante del Reparto Operativo, T. Col.
Dell'Amico..." [Sentenza Rotella]

Vi sono altri dati che possano fornire coerenza ad una simile deduzione?
Si.

Nella Sentenza Rotella, si legge:


“Il rapportante [NdA:Nunziato Torrisi] afferma di non aver mai conosciuto il Vinci prima
della perquisizione in casa sua. Ed all'epoca (1985) non era maggiore da un
pezzo” [Sentenza Rotella]

Il Rotella, come ben si legge, specifica che nel 1985, il Torrisi non era più maggiore “ da un
pezzo”.
Si noti che se ad esempio il Torrisi non fosse stato più maggiore da “un pezzo” identificabile
in un periodo di “mesi o un anno”, molto più normalmente il Rotella avrebbe probabilmente
appunto usato un simile “metro di tempo” per indicare tale lasso di tempo.
E' umano e normale, fuori dalla finestra dei 365 giorni, ricorrere a perifrasi per specificare,
appunto, lassi di tempo più lunghi.

Le parole del Rotella quindi a noi permettono, in maniera plausibile seppur non provata, di
escludere il 1984 come anno di scrittura del biglietto.

Infatti, se al 1985, anno in cui il Torrisi certamente non già era più maggiore, andiamo a
sottrarre un anno, otteniamo ovviamente il 1984; che è l'anno in cui il SV entrò
pesantemente nelle attenzioni dell'indagine.
Anno che però è da scartare per quanto su ragionato sulle parole del Rotella.

Dunque al 1984 l'appunto del SV non può essere fatto risalire.

Abbiamo così modo, empirico ed ipotetico ma comune, normale e dunque plausibile e di buon
senso, di restringere la finestra ai soli 1982 e 1983: ognuna a sua volta deve però essere
suddivisa nei pre e post relativi delitti.

Prima di ulteriormente restringere, per logica, tale finestra ad un solo anno, e possibilmente
ad un periodo temporale specifico, è però giusto analizzare la risposta che il SV diede in
merito alla scrittura e al possesso di tale biglietto.

A detta del SV, ovviamente interrogato in merito al reperto nel 1985, l'appunto farebbe
riferimento ad una chiamata da lui ricevuta da parte dei Carabinieri, per chiedere un suo
intervento quale titolare della ditta PIC (Pronto Intervento Casa), per entrare in un

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appartamento chiuso [NdA: in via Colli 101 ?], di cui lui doveva forzare la serratura.
• “L'imputato ha da ultimo asserito che l'appunto concerne una chiamata ricevuta dai
carabinieri per entrare in un appartamento (ma quando?)” [Sentenza Rotella]
▪ si noti come il G.I. Rotella sia il primo a porsi la ovvia, ma inevasa, domanda:
quando?
Quando i Carabinieri avrebbero contattato il SV?
In base alla domanda posta dal Rotella, dobbiamo dedurre che il SV non lo
specificò o se lo fece tale dato non risulti nei verbali a cui il G.I. aveva di sicuro
accesso di consultazione.

Si noti comunque come:


• né nella Sentenza Rotella, né nel Rapporto 311/1, né altrove vi sia cenno alcuno al
fatto che una simile chiamata sia stata mai effettivamente fatta dai Carabinieri [ NdA: e
se fatta, traccia scritta, da qualche parte ne dovrebbe esistere ed essere stata all'epoca verificata, o
almeno si spera]

• né si fa cenno a verifiche interne svolte dai Carabinieri, che dimostrassero che PIC o
non PIC, i Carabinieri avessero poi realmente svolto un intervento in via dei Colli 101,
con tanto di forzatura della porta o di una delle finestre

• come già fatto notare dal Rotella, non vi è menzione di “quando” tale telefonata i
Carabinieri avrebbero fatto al SV [NdA: dunque, in linea di principio, potrebbe anche trattarsi di
una chiamata ricevuta nel 1982/1983]

• soprattutto non si capisce perché i Carabinieri dovrebbero rivolgersi ad una semi


sconosciuta ditta di pronto intervento, per entrare in un appartamento, anziché forzare
loro stessi la serratura o rivolgersi al Corpo dei Vigili del Fuoco

• nemmeno si capisce per quale ragione, per una semplice e banale operazione, per
entrare in un appartamento dovesse essere dato dal chiamante [ NdA: che il Torrisi ha
categoricamente escluso poter essere lui stesso ] il riferimento non di un maresciallo, di un
brigadiere o del chiamante medesimo, ma addirittura del “comandante del nucleo
operativo” dei Carabinieri di Firenze.

• non risulta che al SV sia stata trovata documentazione a supporto di un simile


intervento fatto [NdA: nessuna fattura a riguardo, e se si può immaginare che alcune fatture non
venissero emesse, la cosa è assai meno immaginabile se il “cliente” sono le forze dell'ordine ]

• ancora più interessante è il fatto che la “via Colli 101”: non esiste.
O per lo meno, non esiste a Firenze.
▪ “Il numero di telefono corrisponde a quello che, all'epoca, identificava l'utenza
del gruppo Carabinieri di Firenze, presso il quale prestava servizio il ten. col.
Torrisi, autore del rapporto”. [Sentenza Rotella]

▪ “Via Colli non esiste a Firenze, perlomeno in questa denominazione, mentre


esiste una via dei Colli a Signa”. [Sentenza Rotella]

1. Se tale Via a Firenze non esiste, ma esiste a Signa: perché mai i


Carabinieri, di Firenze, avrebbero dovuto fare un intervento a Signa?

2. Se tale Via a Firenze non esiste, ma esiste a Signa: perché mai i


Carabinieri, di Firenze, avrebbero dovuto dare il telefono del centralino del
Nucleo Operativo di Firenze e non quello della caserma dei Carabinieri di
Signa?

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[NdA: come ben specifica il G.I. Rotella: “Il numero di telefono corrisponde a quello che,
all'epoca, identificava l'utenza del gruppo Carabinieri di Firenze, presso il quale prestava
servizio il ten. col. Torrisi, autore del rapporto”. -Sentenza Rotella]

Ma soprattutto, risulta interessante notare che:


• Via dei Colli, Signa, dista appena poco più di un paio di chilometri in linea d'aria dalla
strada del delitto del 1969 [NdA: praticamente le due strade corrono parallele, separate da campi]

• Via dei Colli, Signa, sbocca in Via Vingone [NdA: “Altra singolare circostanza è che Vargiu abbia
vissuto per alcun tempo intorno al '68, nell'edificio adiacente alla casa di De Felice, in via Vingone di S.
Angelo a Lecore (via Pistoiese), lì dove fu condotto Natalino Mele la notte del duplice omicidio (v. cap. 1 n.
1, retro)" – Sentenza Rotella ]
[Vedasi: mappa]

Quindi: a meno che: il Torrisi non avesse effettivamente dato quell'ordine a suo nome e il SV
non avesse scritto erroneamente sia la qualifica, sia la via e non avesse poi compiuto
l'intervento o non avesse emesso regolare fattura, e il Torrisi si sia sbagliato nel ricordare, e
che le ricerche interne alle documentazioni degli interventi dei Carabinieri siano andate
perdute o distrutte: nessuna plausibile ragione a supporto di quanto da lui asserito esiste.

Non abbiamo ancora ristretto la finestra 1982-1983, ma almeno abbiamo chiarito come la
“spiegazione” fornita dal SV risulti inattendibile, scartando così di fatto e definitivamente
l'opzione 1985, che già avevamo messo pesantemente in dubbio.

Proseguiamo, cercando adesso di restringere ancora quel campo temporale.


Per farlo dobbiamo come al solito porci alcune domande:

• Quanto è normale che un biglietto [ NdA: “un foglietto rettangolare, tratto da un blocco appunti
per telefono, con la seguente scritta a penna relativo ad un intervento non fatto” Rapporto Torrisi 311/1]
relativo ad un intervento non fatto [ NdA: visto l'assenza di fattura e la tipologia istituzionale del
cliente], venga conservata con cura per due/tre anni?

• Cosa ci faceva il SV con tali informazioni nel 1982/1983?

• cosa accadde nel 1982?

• cosa accadde nel 1983? (ed in sordina, cosa accadde nel 1984)

• quando il SV cominciò realmente ad entrare nelle attenzioni dei Carabinieri, e il Torrisi


era un Carabiniere e pure comandante del Nucleo Operativo ?

Se rispondere alla prima domanda è intuitivamente semplice, ossia la cosa non pare normale
né dettata da una speciale cura di “attenzione al cliente” [NdA: pure mancato come cliente] da
parte della P.I.C. e/o del SV, alla seconda si può rispondere solo dopo le altre tre. Dove, in
definitiva la domanda che conta e comanda, è poi proprio la ultima.

Mettiamo dunque in linea cronologica le pietre miliari:


1- 1982: delitto di Baccaiano = SV non viene minimamente sospettato. Gli investigatori
brancolano nel buio più completo. Danno la caccia a guardoni, non sospettano minimamente
dei sardi.

2 -1982: il Maresciallo Fiori, fa il collegamento con Signa. Tutti i sardi e le persone all'epoca
coinvolte, ovviamente vengono risentite in merito all'arma
3- 1982: il SV viene sentito dalla Della Monica e dal Pier Luigi Vigna [ NdA: non si tratta di un

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interrogatorio; a suo carico non vengono mosse nessun tipo di accusa o carico ].
Si noti che non è il Torrisi
ad ascoltare il SV, ma la della Monica e il Vigna che non appartengono all'Arma dei
Carabinieri.

4- 1982: i sospetti si appuntano sul Fratello del SV, Francesco, che in seguito verrà anche
arrestato [NdA: in altri capitoli si leggerà approfondita e d dettaglio analisi in merito; al momento questo è
quanto basta sapere per questo specifico capitolo. Si noti comunque, che in tali capitoli i dettagli esposti sono di
significativo interesse anche in relazione al fatto di come e perché il SV non entrò nell'occhio delle indagini come
sospetto fin dal 1982]

5- 1983: delitto di Giogoli

6- 1983: post delitto di Giogoli: a differenza che nel 1982, in questo caso il SV viene
perquisito ed interrogato specificatamente [ NdA: si noti poi, come ri-ascoltato nel 1984, parlando del
delitto del 1983, specificherà che quel giorno era andato a far un intervento in Via Chiesa 42 a Firenze, stesso
stabile dove viveva la Meoni, poi successivamente trovata assassinata: “La cosa che più sorprende è
l'accostamento tra la ricevuta fiscale sopra richiamata e l'esame del verbale di interrogatorio reso dal VINCI
Salvatore l'11 settembre 1984, a seguito del duplice omicidio dei due tedeschi in via dei Giogoli, in cui egli
puntualizza che proprio la sera dell'omicidio, verso le ore 16,00 ha effettuato un intervento in via della Chiesa n.
42, nello stesso stabile ove abita la MEONI” - Rapporto Torrisi 311/1]

7- nel 1983 NON venne scarcerato il detestato fratello Francesco [ NdA: uscì di galera il 26 ottobre
1984]

8- nel 1984: il delitto di Vicchio e la duplice mutilazione

In definitiva, quello che si può leggere da tutte queste informazioni è che:


• nel 1982: il SV, mostro o non mostro, non aveva alcuna ragione per appuntarsi una
simile informazione, non essendo che molto marginalmente scalfito da indagini che
nemmeno nel 1968 si erano seriamente appuntate su d lui.

• nel 1982, nemmeno si capisce da dove avrebbe potuto estrapolare i dati del Torrisi e
soprattutto il suo nome

• nel 1983: il SV, “non mostro”, aveva comunque almeno una ragione plausibile per
appuntarsi il nome del Torrisi: ossia quella “innocente” di sapere se stessero indagando
sul suo conto
▪ nel 1983, abbiamo visto come il Torrisi fosse presente a Giogoli,e dunque il suo
nome potrebbe essere stato noto al SV tramite mezzi di stampa o radiotelevisivi
[NdA: o tramite altri “mezzi e personaggi”]

• nel 1983: il SV, “mostro”, avrebbe avuto ben più di una ragione plausibile per
appuntarsi il nome di uno degli investigatori che gli sta dando la caccia, anche se gli
investigatori, o meglio i Carabinieri, ancora non hanno appieno puntato i riflettori su di
lui
▪ a priori il SV non può sapere quanto e cosa sanno e vogliono da lui, e quindi si
appunta il nome di uno degli ufficiali che indaga sul delitto di Giogoli, sperando
in qualche maniera di riuscire ad ottenere qualche informazione [ NdA: nel 1985,
come già accennato, “qualcuno” lo avviserà in anticipo della prossima perquisizione:
“era già avvertito dei controlli di P.G.” - Sentenza Rotella]

▪ visto l'indirizzo che richiama alla mente via Vingone e il delitto di Castelletti di
Signa, non risulta fuori contesto immaginare che questo potesse utilizzato come
espediente per
▪ cercare di “rivendicare una continuità di titolo”:

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▪ invio di una lettera con feticcio, come poi avverrà nel 1985
con lettera imbucata da una cassetta delle lettere di San
Piero a Sieve, che dista circa 5 chilometri da Borgo San
Lorenzo (delitto 1974), inviarne adesso una da una località
vicino Signa può essere letto come uno scopo di
“rivendicazione”.

▪ cercare di “influenzare” le indagini:


▪ invio di una lettera senza feticcio, ma con informazioni volte
a depistare le indagini, continuando a far puntare i riflettori
all'odiato fratello, come già aveva fatto nel 1968 e quando
sentito informalmente nel 1982 dopo il delitto di Baccaiano
[NdA: in entrambe le occasioni, tra le altre velate accuse, il SV sostenne
che suo fratello fosse in possesso di una pistola,come riferitogli dalla
moglie del Francesco stesso, Vitalia Melis. Affermazioni che la Melis smentì
categoricamente. Si tenga inoltre a mente che il Francesco verrà
scarcerato solo il 26 ottobre 1984]

▪ cercare di “minacciare” gli ex complici:


▪ l'invio di una lettera con feticcio (o senza) non sarebbe
sfuggita all'attenzione della stampa e nemmeno il nesso di
vicinanza con Signa. Una simile notizia, avrebbe avuto a
questo punto un evidente impatto su chi a quel delitto aveva
partecipato. Un po' come dire “attenti. Io cero. Io so. Io vi
posso inguaiare per quel delitto se voi inguaiate me per
questi” [NdA: frase dell'Autore]

Si noti comunque che: è errato scrivere che non vi sono “invii” di lettere nel 1982, 1983 o
1984, in quanto è corretto dire che non vi furono “consegne andate a buon fine”.
Ossia siamo certi che ad eccezione di quella del 1985, altre lettere autentiche del mostro non
vennero ricevute dagli inquirenti; non possiamo essere altrimenti certi invece che altre lettere
non siano state spedite ma che la consegna non andò a buon fine per disservizi vari.

Si noti inoltre che sia nel ottobre 1982 sia nel 1983, i delitti non permettono al mostro di
conseguire feticci. Per cui, anche ammettendo che il mostro avesse intenzione di spedire al
Torrisi una missiva contenente un brandello di carne umana, questo non sarebbe potuto
avvenire.

• Nel 1984: invece, immaginare l'invio di una lettera con feticcio o senza post delitto
del 1984, appare decisamente improbabile, rischioso e privo di senso logico.
▪ Nel 1984 il fratello viene Francesco scarcerato

▪ il SM tira in ballo proprio il SV con le sue dichiarazioni.

▪ Giovanni Mele e Piero Mucciarini vengono arrestati il 26 gennaio 1984

▪ inviare a questo punto un lettera con feticcio, proprio ai Carabinieri che


stanno indagando su di lui, e imbucandola proprio da Signa:
equivarrebbe ad attirarsi le manette in un batter d'occhio, viste le sue
pregresse relazioni con la Locci, l'esito della perquisizione, e il
procedimento ad esclusione della lista dei nominativi connessi con
Signa

▪ lo stesso “scopo di minaccia verso gli ex complici”, risulta essere di

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poco logico, visto che è proprio il SM a parlare, pur senza accusare


direttamente e con forza, il SV; che il Francesco è stato scagionato e
che il Giovanni Mele e il Mucciarini sono sotto accusa al posto suo.

In conclusione, a fronte di tutto quanto visto, a detta dello scrivente, l'appunto scritto dal SV
è da datare come scritto:
1. nel 1983.

2. nel 1983, in periodo post delitto di Giogoli (post 9 settembre)

3. nel 1983, post perquisizione relativa alle indagini sul delitto

4. e prima del delitto di Vicchio, 1984

A ragion di logica non si può comunque escludere che sia stato scritto dopo l'interrogatorio di
Agosto 1982, in cui il SV viene per forza a sapere che gli inquirenti stanno di nuovo
indagando sul delitto del 1968. Come abbiamo visto però, tale finestra temporale risulta
incongrua con il conoscimento del Torrisi (che forse alla data nemmeno era ancora Maggiore).

Ora, a prescindere che il SV abbia o meno pensato realmente di inviare una simile lettera
(con feticcio o senza); a prescindere che effettivamente la abbia inviata e questa non sia
stata consegnata con successo, resta indubbio che sia particolarmente significativo che:
1. un soggetto in attenzione agli inquirenti, fosse impossesso di tali informazioni: grado e
cognome del Torrisi

2. che l'indirizzo su riportato abbia/possa avere diretta attinenza col delitto del 1968

3. che l'indirizzo su riportato conduca direttamente a via Vingone, dove abitava il de


Felice, dove venne portato il Natalino quella notte; e dove per un certo periodo aveva
abitato quel Vargiu con il quale il SV intratteneva dei rapporti omosessuali e che, per il
delitto del 1968, era parte integrante dell'alibi, falso, offerto dal SV agli inquirenti

4. che vi si possa leggere connessione di similitudine con la lettera inviata alla Della
Monica contenente un lembo di carne umana
▪ vi è similitudine di “grammatica”

▪ vi è similitudine di “località”, ossia:


▪ San Piero a Sieve, richiama alla memoria Rabatta per la vicinanza
[NOTA *1]
▪ Via dei Colli, Signa, richiama alla memoria il delitto del 1968 e via
Vingone

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Del biglietto [e di come può essere venuto a conoscenza del Torrisi]

Affrontiamo anche questo argomento in quanto porta con sé informazioni di interesse.

Abbiamo prima visto come nel 1983, il SV si appuntò su un biglietto [ NdA: biglietto che conservò
fino al 1985, data del sequestro] qualifica e cognome del Torrisi.

Proviamo a vedere come avrebbe potuto entrare in possesso di tali informazioni:

a) secondo le modalità da lui descritte


• abbiamo visto però, con dovizia di particolari, come questo non sia suffragato da alcun
dato e anzi risulti del tutto inconsistente la sua spiegazione.
Dunque: scartato

b) Tramite stampa, radio, televisione, chiacchiere


• A Giogoli, il maggiore Torrisi era presente durante i rilievi. Nulla vieta dunque che sia
stato intervistato o il suo nome e grado citato in un qualche servizio giornalistico.
Servizio che letto o ascoltato dal SV avrebbe fornito occasione per entrare a
conoscenza di detto nome e grado
Ipotesi non scartabile

c) tramite una apposita soffiata (su richiesta?)


• Tale ipotesi, per quanto possa a prima vista suonare “strana”, ha invece anche lei
valide citazione e dati a supporto; sappiamo infatti che, almeno relativamente al 1985,
il SV aveva una fonte confidenziale che lo aveva avvisato in anticipo di una
perquisizione a suo carico.
▪ “Le perquisizioni effettuate nei suoi (del SV) confronti (a partire da quella
assai tardiva del 1968), e quella più rilevante suggerita da dichiarazioni
della Pierini al p.m., sono risultate vane per quanto concerne la pistola
(circa quest'ultima, come risulta da intercettazioni telefoniche, ed
indirettamente da una vicenda in cui è implicata la D'Onofrio, una sua
amica ed un sottufficiale di Prato, l'uomo era già avvertito dei controlli di
P.G.)” [Sentenza Rotella]

▪ si noti che: la D'onofrio non ha alcuna forma di accesso diretto al


materiale riservato di indagine dei CC di Firenze Via Borgo Ognissanti,
che ordinò la perquisizione

▪ si noti che: la sua amica non ha alcuna forma di accesso diretto al


materiale riservato di indagine dei CC di Firenze Via Borgo Ognissanti
che ordinò la perquisizione

▪ si noti che: il SV non ha alcuna forma di accesso diretto al materiale


riservato di indagine dei CC di Firenze Via Borgo Ognissanti che ordinò
la perquisizione

▪ si noti che: il classico “mario rossi”, non ha alcuna forma di accesso


diretto al materiale riservato di indagine dei CC di Firenze Via Borgo
Ognissanti che ordinò la perquisizione

▪ si noti che: il “sottufficiale di Prato”, non essendo della caserma di


Firenze via Borgo Ognissanti, non può avere accesso a quella
informazione, così per caso.

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Deve necessariamente, ed informalmente, informarsi sua sponte, per


poter aver qualche notizia

▪ si noti che: la conferma che il SV “fosse già avvertito dei controlli” è


duplice:
◦ le intercettazioni telefoniche in forma diretta e primaria

◦ e tramite una “vicenda”, indirettamente

▪ Solo ed esclusivamente una persona addentro al mondo delle istituzioni, o


meglio ai corpi delle forze dell'Ordine, avrebbe potuto fargli una simile
confidenza. La Sentenza Rotella, nero su bianco, parlando di questo, parla di un
“sottufficiale di Prato”. questo rende plausibile, credibile e soprattutto fattibile,
una simile mirata “fuga di notizie”
▪ ci si ricordi che il SV aveva vissuto a Prato, ed anche nei dintorni

▪ ci si ricordi che a Prato, in piazza Mercatale, c'è il “bar dei sardi” [ NdA:
frequentato specificatamente dal Francesco Vinci e all'epoca anche dalla Locci
Barbara]

• E' quindi possibile categoricamente escludere che, esattamente come nel 1985 quando
il SV venne avvisato che gli avrebbero fatto una perquisizione domiciliare alla ricerca
specifica di un'arma da fuoco, anni prima non gli siano state passate le informazioni
relative al “Magiore Toriso”? Magari proprio dalla stessa persona?
NO. Pur non essendo ovviamente provato, la cosa non può essere esclusa a priori.

C'è indubbiamente un alone di mistero ed una enorme differenza di significato interpretativo


di lettura tra la possibilità b) e quest'ultima. Ciò non di meno, non è possibile coi dati a
disposizione scartarla.

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Dello straccio

Capitolo suddiviso in tre parti analitiche di interesse

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Dello straccio [e della borsa]

Durante la perquisizione domiciliare effettuata il 30 luglio 1984 [Sentenza Rotella] a casa del SV,
“portava al rinvenimento in camera da letto, in un armadio secondario, sotto alcune coperte
invernali, di una borsa di paglia contenente tre stracci di tela, verosimilmente di cotone”
[Sentenza Rotella]; tali stracci sono ricavati “da lenzuola in disuso” [Rapporto Torrisi 311/1]

“La borsa, “custodita all'interno del guardaroba, ubicato nella camera da letto, e nascosta
sotto alcune coperte ivi tenute” [Rapporto Torrisi 311/1] è di forma “tonda come uno scudo e
foderata...SNIP... non offriva spunti per risalirne all'origine commerciale”. [Sentenza Rotella].

“Salvatore Vinci ha sostenuto, in astratto credibilmente, data la natura dell'oggetto, che la


borsa appartenesse ad una donna di casa. L'ha attribuita, con qualche incertezza, ad Ada
Pierini. Costei tuttavia non conviveva con lui, a quanto si è accertato, dal 1983 e cioè
dall'anno precedente al suo rinvenimento” [Sentenza Rotella].

Come i vari alibi forniti, anche questa spiegazione data dal SV non ha dato riscontro positivo.
Infatti:
• Pierini -“Vista la borsa, la donna ha detto che non è mai stata sua. Ha affermato
di averne posseduta un'altra, pure di paglia ma di foggia diversa, dandone una minuta
descrizione” [Sentenza Rotella]

• Massa -“La moglie del Vinci [NdA: Rosina Massa] si era allontanata ancor prima (1981)
[*NOTA] ed è apparsa altrettanto ignara” [Sentenza Rotella] – *NOTA: la data riportata dal
Rotella è errata; trattasi del 7.10.1980, quando la MASSA Rosina emigra a Trieste e si separa dal marito,
come riportato nel Rapporto Torrisi 311/1

• D'Onofrio -“Nulla sa, neanche la convivente di Vinci, all'epoca dei fatti,


Antonietta D'Onofrio” [Sentenza Rotella]

• Viggini -L'unica persona che vagamente ricorda di aver visto la borsa, certa comunque
che a lei non appartenesse, è la donna delle pulizia “Anna Viggini, afferma di aver
notato la borsa tra l'inverno e la primavera del 1984, ma non sa cosa custodisse”
[Sentenza Rotella].

Fatto comunque è che, quando il SV avrebbe dovuto comparire davanti agli inquirenti proprio
per un confronto con la Pierini, al fine di fornire ulteriori spiegazioni in merito alla “straccio”, il
SV non si presenta:
• "Così, nei confronti di Salvatore Vinci, è rimasto quanto bastava per motivare un
mandato di comparizione e poi di accompagnamento, vistocché non era comparso al
confronto con la Pierini, da lui chiamata in causa circa la borsa di paglia ed il suo
contenuto." [Sentenza Rotella]

Rimediando così un “mandato di comparizione e poi di 'accompagnamento”.

Il SV, trovatosi in difficoltà a fornire plausibili risposte, appena avuta l'occasione di perorare la
sua causa e mettere in dubbio le dichiarazioni della Pierini, cosa fa?
Decide di non presentarsi al confronto.
Sapendo, di sicuro noi adesso per certo, come certificato da perizie plurime che quello
straccio nascosto era macchiato di sangue e tracce di sparo, possiamo ipotizzarne un perché.

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Dello straccio [e delle macchie di sangue]

Ma la borsa [NdA: di paglia] da donna, di donna ignota, ha poca o nulla importanza rispetto al
contenuto della stessa [NdA: e al luogo e come era riposta: come nascosta].
Perché se è vero come è vero che la borsa estiva si trovava:
• dentro un armadio

• nascosta da alcune spesse coperte [NdA: coperte invernali]

è ancora più vero che all'interno della stessa erano conservati non indumenti [ NdA: femminili
come la borsa], non gioielli [NdA: da donna come per la borsa stessa ], non trucchi [NdA: da donna, come
la borsetta] e nemmeno documenti o oggetti di qualche particolare importanza o significato,
ma bensì
• due stracci “stracci, stampati in giallo a fiorellini da un lato” [Sentenza Rotella]

• che a loro volta racchiudevano, ulteriormente nascondendolo alla vista, il terzo:


“bianco, e quantomai sporco di grigio con macchie rosso-vinose e giallastre” [Sentenza
Rotella]. Ben 38 macchie apparenti di sangue. [Sentenza Rotella]

Diciamo, per essere magnanimi, che se proprio non lo si andava a cercare, non rischiava
certo di saltare esattamente alla vista.

Infatti riassumendo, lo straccio di cotone bianco, quantomai sporco di grigio con macchie
rosso-vinose e giallastre, si trovava:

1. nascosto alla vista

2. tra due stracci di cotone puliti

3. chiuso dentro una borsa estiva di paglia

4. nascosta alla vista sotto alcune coperte invernali

5. chiuso dentro un armadio

6. dentro la stanza da letto del SV

Gli uomini che sequestrarono il reperto, subito rapportarono “all'autorità giudiziaria ...SNIP....
Ma per diversi mesi nessuno prestava particolare attenzione al reperto” [Sentenza
Rotella].

“Lo straccio rinvenuto in casa di Salvatore Vinci fu indicato dallo stesso giudice Rotella come
l'imbarazzante esempio di come furono condotte le indagini e quale una delle conseguenze
della spaccatura che ogni giorno si approfondiva tra gli inquirenti”. Dolci Colline di Sangue – M.
Spezi – D. Preston]

“Il pubblico ministero, all'indomani del ritrovamento dello straccio, non informò il giudice
istruttore Rotella e non chiese alcun esame, perché, scrisse, era inverosimile che un tipo che
si sapeva nella lista dei sospettati tenesse in camera propria una prova così evidente” [Dolci
Colline di Sangue – M. Spezi – D. Preston], che detto con le più autorevoli e pacate parole del G.I.
Mario Rotella, suona:
“Tal cosa contrastava, a quanto risulta, con l'organizzazione interna dell'ufficio del
procuratore della Repubblica, perché lo straccio era connesso con le indagini preliminari —

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generiche — ancora in corso relativamente allo stesso reato. Per queste ultime, pur
trascorso l'anno, non era stata ancora disposta la conversione del rito . Alla richiesta
degli atti da parte di questo ufficio, il procuratore della Repubblica li trasmetteva in blocco, in
una con una missiva interna, che esprimeva riserve intorno al valore sintomatico del corpo di
reato“ [Sentenza Rotella].

Tralasciando in quanto non compito di questo documento di studio, beghe interne,


inverosimiglianze, e/o errati intendimenti a parte:
• “Finalmente [NdA: 16 maggio 1986], prima un accertamento ematologico a Firenze
(affidato nell'aprile 85 dal procuratore della Repubblica al dr. Marini), indicava
presenza di sangue umano di gruppo 0” [Sentenza Rotella]

• Poi, un secondo [NdA: perizia depositata nel dicembre 1987] sempre in Italia:
“un accertamento del C.I.S., a Roma, informava il p.m che sullo straccio oltre alle
macchie di sangue, vi erano tracce di polvere da sparo” [Sentenza Rotella]

Nella Sentenza scritta dal G.I. Mario Rotella, vi è corposa spiegazione in merito alla macchie
di sangue, ai gruppi sanguigni ivi identificati, alle differenti perizie che giunsero a questi
risultati, etc. Per chi fosse interessato alla lettura di tali dettagli, la lettura del “Capitolo 9.3 –
Le Tracce di Sangue”, di detta Sentenza è d'obbligo.
Noi ci accontentiamo, vedremo di seguito il perché, semplicemente della conclusione:
“Dalla sintesi degli accertamenti si traggono le seguenti conclusioni. Dal punto di vista
quantitativo, per i campioni in complesso analizzati, e i risultati ottenuti e non smentiti dal
progresso degli accertamenti, i gruppi sanguigni presenti sul panno sono
inequivocabilmente due” [Sentenza Rotella]

Degli altri “dettagli” possiamo farne a meno. Non perché non siano interessanti, ma perché si
tratta di dettagli ematici, come vedremo, che nulla tolgono e nulla aggiungono.

Infatti, qualunque realmente fossero i gruppi sanguigni identificati [ NdA: B e 0], purtroppo:
• nessun paragone [NdA: di DNA, ad esempio] sarebbe mai stato possibile con quello delle
vittime del MdF: “in quanto non essendo possibile il paragone con reperti delle vittime
dei duplici omicidi (non conservati dopo le autopsie)“ [Sentenza Rotella]

• “non potendosi disporre una verifica d'identità genetica (unica ad avere significato
probatorio)” [Sentenza Rotella].
▪ Tale verifica di identità non poteva essere svolta in Italia, in quanto i laboratori
non erano dotati di apparecchiature scientifiche sufficientemente
all'avanguardia.

▪ In seguito, 1987, lo straccio venne inviato in Inghilterra per analisi più di


dettaglio, ma ormai le tracce erano troppo deteriorate per poterne ricavare
preziose informazioni aggiuntive [ NdA: Nel 1987 fu fatto un ultimo tentativo. Lo straccio
fu inviato in Gran Bretagna per comparare le tracce di dna sul tessuto con il dna di Salvatore Vinci
ma "E' trascorso troppo tempo, i campioni sono inutilizzabili", dissero i periti inglesi ]

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Dello straccio [e delle tracce di polvere da sparo]

Mettiamo da parte dunque le tracce ematiche, che come abbiamo visto non possono esserci
di alcuna utilità identificativa, e concentriamoci invece su quello, che ad avviso di questo
documento di studio, è molto più importante: le tracce di polvere da sparo.

• Sullo straccio di cotone bianco, macchiato, infatti erano presenti anche


“inequivocabilmente tracce di polvere da sparo, come accertato più volte
pertialmente” [Sentenza Rotella]
▪ “un accertamento del C.I.S., a Roma, informava il p.m. che sullo
straccio oltre alle macchie di sangue, vi erano tracce di polvere da
sparo” [Sentenza Rotella]

▪ “nella perizia del 16.5.86 (la prima), i periti concludono:"allo stato


attuale delle conoscenze scientifiche non è possibile stabilire il tipo di
munizionamento dal quale [i residui di polvere da sparo] provengono"
[Sentenza Rotella]

Per quanto il P.M. Dell'epoca, magari non a torto, sostenga che “…chi mai potrebbe
ragionevolmente ritenere che quelle tracce derivarono dai residui della pistola Beretta cal. 22
usata per commettere i delitti?" [Sentenza Rotella], in questo documento di studio, ci dobbiamo
per forza porre anche la domanda inversa, ossia:
chi mai potrebbe ragionevolmente ritenere che quelle tracce derivarono dai residui della
pistola Beretta cal. 22 usata per commettere i delitti?

La domanda a prima vista può suonare retorica, ma così non è appena si prendono in esame
anche tutti gli altri elementi indiziari noti e collegati:

• 1) tutti gli indizi fino a qui portati sul SV, ad esempio e solo per citarne alcuni
▪ alibi fasulli o non comprovabili
▪ diretto legame con le vittime del delitto del 1968
▪ violento e dai comportamenti degradanti con le donne
▪ sospettato di uxoricidio
▪ conoscenza dei luoghi attorno alle scene dei delitti
▪ destrimane
▪ indicato dal SM come autore del delitto del 1968
▪ soggetto presente nella rosa degli indagati

• 2) “Il problema è stato avvertito dallo stesso imputato. Mentre è disposto a far
concessioni, per quanto concerne la provenienza delle macchie di sangue , nonostante
le emergenze peritali esclude apoditticamente che sullo straccio possano esservi tracce
di polvere da sparo. Il che lascia perplessi,vistocchè afferma di non aver nulla a che
fare con la borsa” [Sentenza Rotella].
▪ La colf Anna Viggini, dice di aver visto la borsa tra l'inverno e la primavera del
1984, ma non sa cosa custodisse, non certo gli stracci

▪ La Rosina Massa, la Pierini Ada e la D'Onofrio Antonietta non sanno nulla della
borsa che nemmeno riconoscono

• 3) A seguito del delitto degli Scopeti, nel 1985, il 9 settembre il SV viene sottoposto
all'esame del guanto di paraffina [NdA:ӏ accompagnato in caserma, ove il M/llo GASPERINI
Gianluigi, della Scuola Sottufficiali Carabinieri, abilitato ai rilevamenti tecnici, gli applica il guanto di
paraffina” - Rapporto Torrisi 311/1]

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▪ “Come è noto, il metodo consiste nel liquefare in un pentolino della paraffina


pura, che viene poi spalmata con un pennello sulle mani, allo scopo di
conglomerare al suo interno eventuali residui della combustione della polvere da
sparo” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “Le mani del VINCI, così come descrive il sottufficiale nella sua relazione di
servizio (allegato n. 6), si presentano arrossate nella zona dorsale e nelle
dita, con una elevata sensibilità e ad ogni applicazione l'interessato si
lamenta dell'eccessivo calore” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “Questo comportamento è sembrato strano al sottufficiale, in quanto prima di


applicare la paraffina egli prova la temperatura nella parte interna del suo polso.
Tuttavia, lasciata raffreddare la paraffina più del dovuto, fino a farla quasi
rapprendere” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “lamentandosi ancora il VINCI, il M/llo GASPERINI gli chiede con che


cosa si fosse lavato le mani, per ridurle con quell'arrossamento e stato
di sensibilità, ed il medesimo, senza rispondere o dare giustificazioni di alcun
tipo, da quel momento smette di lamentarsi” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “L'esame effettuato al Centro Carabinieri Investigazioni Scientifiche ha


consentito di rilevare solo apprezzabili quantità di antimonio nelle soluzioni
relative ai tamponi dorso e palmo della mano destra, e siccome non è stata
rinvenuta traccia di bario, l'altro elemento indispensabile per la determinazione
dei residui carboniosi della polvere da sparo, l'esame stesso ha dato esito
negativo, lasciando notevoli dubbi e perplessità” [Rapporto Torrisi 311/1]
[NOTA*1]

• 4) Ma soprattutto perché il Vinci Salvatore, nome tra la rosa dei sospettati, non
risulta essere mai stato legalmente in possesso di porto d'armi, né di aver
detenuto armi da fuoco di qualsiasi genere [NdA: con l'eccezione delle dichiarazioni
ambigue,e comunque non confortanti per il SV, del SM ], né di averne utilizzate anche solo
saltuariamente presso poligoni di tiro o con amici
▪ come abbiamo visto lo straccio si trovava tra altri due stracci, chiusi in una
borsa, messa sotto delle coperte, il tutto chiuso in un armadio, nella camera da
letto del SV stesso

A fronte di questi elementi, come si vede, la domanda su posta non risulta affatto retorica o
capziosa.
Nell'ottica proposta in questo documento di studio, che vede il SV entrare in possesso di
un'arma da fuoco, illegalmente, alla fine del delitto del 1968, la mancanza di qualsiasi
documentazione di possesso od uso legale di arma da fuoco e le tracce di sparo presenti sullo
straccio trovato a casa sua, possono invece tranquillamente trovare reciproco equilibrio e
plausibile sostegno.

[NOTA*1]: la tecnica del guanto di paraffina (nata nel 1914 e oggi superata), ha come inconveniente principale
che i reagenti utilizzati nella prova si comportano allo stesso modo con una molteplicità di altre sostanze
(fertilizzanti, saponi, solventi, ecc etc...), offrendo un troppo elevato rischio di rilevare un "falso positivo". Per tale
ragione questa metodica è stata soppiantata da una tecnica più specifica per la raccolta dei residui, denominata
stub (tampone). [Fonte: Wikipedia]

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Addendum: Sentenza Rotella e proscioglimento di Salvatore Vinci

Mentre da un lato si legge nella Sentenza Rotella (pag. 161-162):


“Dichiara non doversi procedere ... b) contro Mele Giovanni, Mucciarini Piero, Chiaramonti
Marcello, Vinci Salvatore, per non aver commesso il fatto, in ordine a tutti i reati loro
ascritti;”

È doveroso far notare che a pagina 157, è correttamente specificato, sempre dallo stesso
Giudice Istruttore Mario Rotella, che:
“... gli imputati... devono essere prosciolti con la formula ‘per non aver commesso il fatto’.
Alla luce della nuova normativa, è indifferente per il proscioglimento se si sia
pervenuti alla prova positiva di innocenza o se sia carente quella di colpevolezza, o
ancora se gli indizi di colpevolezza siano meramente insufficienti per un giudizio .”

E, cosa non di poco conto, nella precedente pag. 155, il G.I. faceva notare quanto segue:
“Non si è in presenza di indizi che possano evolversi in prova. E la prova, in processi che
hanno per oggetto eventi materiali di tale portata, non può essere che reale (nel
senso tecnico: ‘di cose’)”
Questo a significare come il G. I. Mario Rotella, ritenesse che per crimini di rilevanza tale
quali gli omicidi attributi al MdF, non fosse “eticamente e giuridicamente” sufficiente,
l’istruzione di un procedimento penale semplicemente su base indiziaria, ma che dovesse
invece basarsi su prove concrete e fattuali, come ad esempio ed in primis, il ritrovamento
dell’arma omicidiaria.

Senza il ritrovamento delle “cose”, gli indizi non possono definirsi prova: lo sappiamo. Ma
questo è un documento di studio e non un procedimento penale; ed indiziario fu il processo al
Pacciani.

Quello che ci preme è mettere in ordine gli indizi, portando pezze d'appoggio agli stessi,
soprattutto ed in particolare, abbracciando tutta la storia della vicenda.

Appellandoci alla differenza tra verità storica e verità processuale più che “alla clemenza della
Corte”: leggiamo, valutiamo, ragioniamo,scriviamo: proponiamo.
Lasciando ai posteri l'ardua sentenza.

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Addendum: Sulla consequenzialità delle indagini ufficiali

Quasi intesa come se fosse una pecca o un ragione sufficiente da valutare a favore
dell'innocenza del SV (o comunque come indizio di innocenza), è la vulgata che vuole nella
“sequenzialità” delle indagini [NdA: con arresti e successive scarcerazioni] l'identificazione del SV
come potenziale sospettato quasi per un mero motivo di certificata esclusione delle piste
investigative pregresse.
Ossia, visto che del “gruppo dei sardi”, altri accusabili non ve ne erano più, avendoli già
praticamente tutti passati al setaccio, sovente con tanto di arresti e successive scarcerazioni,
gli inquirenti che non avrebbero saputo più che pesci pigliare, avrebbero diretto a quel punto
le loro attenzioni sul SV.

Iniziamo facendo rilevare che, anche ammesso così fosse stato [ NdA: e non è vero più di tanto, nel
senso che non è leggibile un “accanimento extra lege” nei confronti della “pista sarda”], questo non andrebbe
minimamente ad intaccare il cumulo indiziario a carico del SV.

Che a livello investigativo un certo tipo di “sequenzialità investigativa” ci sia stata, è però
innegabile.
Ma se questo è vero, come è vero, non è possibile dimenticare che dal 1982 in avanti, anno
in cui i delitti seriali del mostro vennero riconosciuti e documentati come commessi con la
stessa arma che già aveva sparato a Castelletti di Signa nel 1968, gli investigatori erano
dovuti, obbligatoriamente e giocoforza, tornare ad investigare sul 1968 per riuscire a
sbrogliare la matassa.
Investigazioni, se vogliamo certamente compiute con pecche, ma investigazioni
comprovatamente ostacolate da reticenze, falsità, segreti e depistaggi messi in atto dai
personaggi, o almeno da buona parte di essi, che facevano da contorno al delitto di Signa.

Come vedremo, risulta quindi fuorviante porsi e rispondersi alla domanda:


• Perché i concreti sospetti su VINCI Salvatore sorgono a partire dal duplice delitto di
Vicchio del Mugello, del 29 luglio 1984 ?
• rispondendosi perché a quel punto tutti gli altri sardi già erano stati passati attraverso
le forche caudine degli investigatori e/o erano in galera

E più attinente e di maggior lucidità, probabilmente invece, dovrebbe essere porsi la


domanda:
• perché prima del 1984, i già esistenti punti di possibile sospetto sul SV, non vennero
presi in decisa attenzione dagli inquirenti?

Per rispondere a questo, vediamo dunque la situazione un po' più nel dettaglio al fine di
meglio chiarire le idee e sgombrare il campo da dubbi.

Partiamo con un semplice dato:


• fino al 1982, il delitto di castelletti di Signa, era da tutti visto come un puro e semplice
“banale delitto”, scatenato da un mix di onore, gelosia, crediti economici.
▪ Vie era un colpevole certo ed unico per la Giustizia: un marito “cornuto” e reo
confesso

▪ le indagini all'epoca svolte, sappiamo oggi, non furono svolte, diciamo, con una
particolare meticolosità ed approfondimento ed una volta acchiappato il soggetto
più “banalmente” evidente, come “banale” era stato il delitto, e reo confesso si
“accontentarono” del risultato. Caso chiuso; tutti felici e contenti. Non parve agli
investigatori necessario approfondire alcuni aspetti, alcuni particolari, alcune
“strane o ambigue” dichiarazioni e nemmeno alla verifica profonda degli alibi

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venne dato peso più di tanto. Lo stesso dicasi per il mancato ritrovamento
dell'arma, che già solo questo di per se stesso, avrebbe dovuto tenere acceso il
campanello d'allarme di una possibile e probabile presenza almeno di una altra
persona sulla scena del delitto. Ma agli investigatori e alla Giustizia, andava bene
così; ribadiamolo: era un delitto “semplice e banale”: corna, tradimenti,
ammanchi. Marito che spara e uccide. Nessuno nell'Italia di quegli anni si
stupiva di un simile movente. Nessuno del resto, nemmeno ancora sapeva tutti i
particolari che in seguito verranno a galla.

Ma noi qui adesso, non stiamo parlando del delitto di Signa in generale, stiamo cercando di
capire come e perché invece il nome del SV non venne incluso tra la lista dei “sospetti”
quando appunto nel 1982 le attenzioni su tale delitto ritornarono forzatamente in auge.

E noi, a differenza degli investigatori dell'epoca, abbiamo molti più dati in mano.

• SM e SV, intrattenevano una relazione omosessuale segreta a tutti, Locci esclusa, tra di
loro

• la famiglia Mele era all'oscuro di tale preferenza sessuale del SM. La sua mancanza di
gelosia era nota, ma non non la sua preferenza e disponibilità anche ai rapporti
sessuali con il SV

• sia nel 1968, sia negli anni a venire fino al 1985, il segreto rapporto omosessuale tra il
SM e il SV viene mantenuto segreto dal SM [ NdA: solo il “...Il 30 maggio 1985, Mele ...SNIP...
Dichiara al g.i. di aver avuto insieme a sua moglie rapporti omo-eterosessuali con Salvatore Vinci..” –
Sentenza Rotella, e “i due uomini, invertono reciprocamente fra loro due, le parti dell'uomo e della donna,
avendo rapporto di coito anale, anche in presenza della donna” - Rapporto Torrisi 311/1]

• di SV, fino intorno al 1984, era ignota agli investigatori lo stile di vita e le quotidiane
violenze che riservava alle sue compagne e mogli

• fino alla perquisizione a carico del SV del 1984, particolari specifici motivi diretti di
sospetto, anche in relazione al precedente punto, non erano mai emersi
▪ mentre, ad esempio ed importante, fin da subito erano noti i burrascosi passati
con la Legge da parte del fratello suo, Francesco.

• solo quindi quando iniziarono a scavare direttamente sul SV, gli inquirenti cominciarono
ad avere tra le mani elementi capaci di porre realmente le attenzioni su di lui.
▪ Ad esempio solo nel 1984 si avrà piena conferma della falsità dell'alibi del SV
relativamente alla notte del delitto del 1968

Purtroppo però, c'è di più: da lì il perché del dubbio e il perché della accusa di sequenzialità:
• 1) 23-24 agosto 1968: già nella quasi immediatezza del delitto del 1968, ossia
appena crollato visto tiratosi in ballo dal guanto di paraffina e dalle parole di Natalino
[NdA: appena il Maresciallo Ferrero lo redarguì che se non avesse raccontato la verità “questa notte, al
buio rifaremo la stessa strada, però senza scarpe come quella notte” [Rapporto Matassino], il NM, privo
delle indirizzanti familiari figure al fianco: cede e dice: “ “No! Quella notte mi portò il mì babbo”,
precisando “a cavalluccio”” -Rapporto Matassino], il SM fa proprio come primo nome quello del
SV.
▪ Per l'esattezza: in prima battuta lo accusa di essere l'assassino, poi rapidamente
cambia versione e lo indica come complice, e poi, ad appena poche ore di
distanza da queste “confessioni”, messo a confronto col SV stesso, il SM si
rimangia tutto e passa ad accusare direttamente e reiteratamente il Francesco
Vinci. Accusa che per anni non muterà, ribadendola specificatamente.

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▪ Si noti anche che il SM, tra le altre cose, quando sta accusando il SV, dice:
“questi gli ha detto di aver ucciso la sua prima moglie, con la quale era sposato
solo civilmente” [rapporto Torrisi 311/1], e che dunque, è fin dal 1968 che gli
inquirenti avrebbero la possibilità di indagare anche su quel delitto. Ovviamente
con la ritrattazione delle accuse del SM al SV, anche una tale “frase”, finisce
accantonata dagli investigatori. Si accorgerà di tale dato il G.I. Tricomi Vincenzo
solo nel 1982, ma anche lui, preso da altre questioni, finirà per “accantonare” i
rapporti dei Carabinieri di Villacidro che nel frattempo aveva ricevuto.

• 2) 27 luglio 1982: a fronte della scoperta di identità d'arma dal 1968 in avanti, i
magistrati escutono “Stefano Mele nel Veronese, prima della riapertura delle indagini
circa il duplice omicidio del 1968 (cfr. capo IV)” [Sentenza Rotella]
▪ in questo interrogatorio così come negli immediati successivi del 6 e 7 settembre
1982, il SM accusa reiteratamente il Francesco, e soprattutto, direttamente
scagiona il SV:
▪ nello specifico SM, ex amante del SV, precisa proprio che “Risponde
che è sicurissimo che oltre a lui e Francesco non ci fosse anche il
fratello, Salvatore Vinci.” [Sentenza Rotella], 7 settembre 1982

• 3) 25 agosto 1982: Giovanni Mele scrive il biglietto, ad evidente scopo depistatorio


per le indagini, per il fratello SM
▪ si noti che il biglietto verrà poi trovato e sequestrato solo in data: “24.1.1984”
[Sentenza rotella]

• 4) 30 agosto 1982: post scoperta di unicità d'arma dal 1968 al 1982 e post delitto di
Baccaiano ascoltato quasi informalmente dalla dottoressa della Monica e dal dottor Pier
Luigi Vigna, SV non perde occasione di, usiamo un eufemismo, “mettere in cattiva
luce” il fratello FV, praticamente accusandolo. In tale colloquio infatti, il SV riprende,
mentendo, le bugie che già aveva raccontato nel 1968:
▪ “conferma la relazione tra suo fratello e la Locci all'epoca dei fatti” [Sentenza
rotella]

▪ mentendo, nega di “invece di aver ripreso la sua con la stessa donna”. [Sentenza
rotella]

▪ mentendo, “Conferma che Vitalia Melis (gia Muscas), sua cognata, gli disse che
il marito l'aveva minacciata facendo riferimento ad una pistola” [Sentenza rotella].
[NdA: la Melis smentirà le parole del SV: “la MUSCAS, come vediamo, nega recisamente di aver
detto al cognato che il marito ha una pistola” - Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “Il p.m gli rilegge i verbali di allora [NdA: interrogatorio del 24 agosto 1968] e
Salvatore ...SNIP... avalla le sue indicazioni di allora contro il fratello” [Sentenza
Rotella]

• 4) 29 novembre 1982: Il Dottor Tricomi, fa richiesta alla Tenenza dei Carabinieri di


Villacidro del Rapporto Giudiziario relativo al decesso di STERI Barbarina [ NdA: “...Dott.
Vincenzo TRICOMI, a seguito di sua specifica richiesta diretta al Nucleo Operativo, del 29.11.1982,
acquisisce in data 16.12.1982, tramite la Tenenza Carabinieri di Villacidro, il Rapporto Giudiziario n. 7 del
19.1.1960, della Stazione omonima, relativo al decesso di STERI Barbarina e poi accantonato.” -
Rapporto Torrisi 311/1], fascicolo che riceverà il 16 dicembre 1982.
▪ si presti alta attenzione a quel termine “poi accantonato”, che significa che già
nel 1982, era possibile per gli inquirenti fare un abbinamento con la morte,
questionata poi, della prima moglie del SV.

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▪ L'accantonamento può essere stato dettato da più ragioni:


▪ il fatto che il Francesco, alla data, fosse già in carcere e già accusato
anche per i delitti seriali [NdA: 7 novembre 1982] e che a carico del FV si
concentrassero indizi come l'auto infrattata, la possibilità di possedere
armi da fuoco illegalmente, le dichiarazioni mirate e reiterate del SM

▪ la necessità per gli inquirenti, in base all'organico, di concentrarsi sulla


verifica delle ipotesi di reato a carico del Francesco

▪ l'approssimarsi della data di sostituzione del G.I. Tricomi stesso


[NdA:con il Rotella]

Da questi esempi, è possibile dire che gli inquirenti procedevano in modo "sequenziale" ossia
che: elaborata un'ipotesi puntavano tutto solo su quella, lasciando da parte tutte le altre
alternative?
A mio modesto modo di vedere le cose, no. O meglio, e come molto sovente accade anche
per limitatezza di risorse umane da assegnare alle indagini, tale sequenzialità è da leggere
invece più che altro come una “scala di priorità”.
In maniera, forse ambivalente, questo può essere visto proprio nei termini usati dal Rotella a
proposito delle indagini sul SV, chiamato appunto “La pagina tralasciata” [Sentenza Rotella],
come a supporto della tesi “sequenziale e basta”.
Però scrive anche il Rotella: “Successivamente, prendendo le mosse da una pagina
tralasciata dell'istruttoria del gennaio 1984, si profilava un nuovo e diverso movente di Mele
per il duplice delitto del '68 e per la sua reticenza. Codeste ragioni, poi riscontrate, facevano
ulteriormente scemare gli indizi a carico dei congiunti.” [Sentenza Rotella]; come più che ad una
“sequenzialità e basta”, muovesse invece appunto più generico a come le indagini vennero
svolte, ossia avendo “dimenticato / tralasciato” di approfondire un aspetto di specifico
indirizzo, pur in presenza di alcuni “appigli” investigativi. Appigli investigativi che però, come
abbiamo visto, fino a prima del 1984 erano assolutamente labili e soprattutto erano smentiti
e con insistenza dal SM stesso.

E' infatti da tenere ben presente che la Sentenza Rotella è del 13 dicembre 1989 e quindi il
Rotella nel decidere il termine che meglio secondo lui si confà per indicare la “pagina” [NdA:
“tralasciata”], non può che non fare riferimento anche al fatto che:
• Durante la perquisizione domiciliare effettuata il 30 luglio 1984 [Sentenza Rotella] a casa
del SV, “portava al rinvenimento in camera da letto, in un armadio secondario, sotto
alcune coperte invernali, di una borsa di paglia contenente tre stracci di tela,
verosimilmente di cotone” [Sentenza Rotella];
▪ uno di questi, quello avvolto dentro gli altri, era quello “bianco, e quantomai
sporco di grigio con macchie rosso-vinose e giallastre” [Sentenza Rotella]. Ossia
con ben “38 macchie apparenti di sangue”. [Sentenza Rotella] e tracce di polvere
da sparo
▪ “Finalmente [NdA: 16 maggio 1986], prima un accertamento ematologico
a Firenze (affidato nell'aprile 85 dal procuratore della Repubblica al dr.
Marini), indicava presenza di sangue umano di gruppo 0” [Sentenza
Rotella]

▪ Poi, un secondo [NdA: perizia depositata nel dicembre 1987] sempre in


Italia:“un accertamento del C.I.S., a Roma, informava il p.m che sullo
straccio oltre alle macchie di sangue, vi erano tracce di polvere da
sparo” [Sentenza Rotella]

• e soprattutto che tale “straccio”, ossia tale indizio che gli uomini che sequestrarono il

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reperto subito rapportarono “all'autorità giudiziaria ...SNIP.... Ma per diversi mesi


nessuno prestava particolare attenzione al reperto” [Sentenza Rotella].
▪ “...pur trascorso l'anno, non era stata ancora disposta la conversione
del rito. Alla richiesta degli atti da parte di questo ufficio, il procuratore della
Repubblica li trasmetteva in blocco, in una con una missiva interna, che
esprimeva riserve intorno al valore sintomatico del corpo di reato“ [Sentenza
Rotella].
E questo di non inviare ad analizzare un reperto per un anno, più che un indizio di
“consequenzialità” è indice, a detta dello scrivente:
• di superficialità nel modo di indagare da parte di alcuni inquirenti ed investigatori[ NdA:
non venne inviato ad analizzare dal P.M., sostenendo che “ "…chi mai potrebbe ragionevolmente ritenere
che quelle tracce derivarono dai residui della pistola Beretta cal. 22 usata per commettere i delitti?". -
Sentenza Rotella, negando così con una frase, ogni qualsiasi valore ad ogni tipo di perquisizione in quanto
tale ragionamento potrebbe quindi essere applicato ad ogni tipo di reperto ritrovato e sequestrato durante
un un sopralluogo investigativo a casa di un sospetto ]

Proprio la motivazione addotta al mancato inoltro di analisi è sintomo, a detta dello scrivente,
di come almeno in alcuni casi il fatto che sul SV sia esistita una pagina tralasciata, non sia
dipeso da una precisa volontà prettamente sequenziale di indagine, che comunque nelle sue
linee principali nemmeno si nega, ma da imperizia e/o attimi di superficialità investigativa.

Ritorniamo allora adesso a quella che era la domanda per noi, per questo documento di
studio, è di interesse, ossia: se “nella maniera di svolgere le indagini” sia possibile vedere un
certo qual tenore di “caccia alle streghe nei confronti del SV, solo per il fatto che per ultimo,
quasi per esclusione, venne preso in stretto esame dagli inquirenti”, perché questo è il nodo
gordiano che dobbiamo sciogliere.

Adesso finalmente possiamo meglio vedere, quando anche sia innegabile una certa linearità
consequenziale di indagine che non permise la sagacia di tenere aperte ed investigare nel
dettaglio su più fronti, simili ma differenti allo stesso tempo, più nominativi legati al delitto di
Signa 1968, come l'inclusione di S come “ultimo” attenzionato non sia legata o per lo meno
non possa essere indissolubilmente legata ad una riduttiva “scelta” consequenziale e lineare
di indagine.

Purtroppo per le indagini, le attenzioni su SV si appuntarono tardi su di lui,


1. ma questo non è dovuto appunto solo ad una scelta di non includere nelle
investigazioni soggetti che nei singoli momenti non erano quelli di “interesse.

2. E soprattutto, quando SV finì al centro dell'attenzione, non finì nel mirino per mera
mancanza di altri nominativi: sul SV, si andavano concentrando sempre più, e
significativi, indizi
▪ riscoperta prime dichiarazioni già del 1968 del Mele

▪ sempre a piede libero durante tutta la sequenza dei delitti

▪ le dichiarazioni sfuggite allo Stefano Mele nel 1982

▪ le nuove dichiarazioni del SM che facevano luce sui rapporti omosessuali segreti
col SV

▪ lo stile di vita violento e perverso del SV

▪ la consapevolezza che i controlli su di lui relativamente al delitto degli Scopeti,


non erano stati fatti in modo tale da escluderne la figura [ NdA: controlli limitati e

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non in grado di escluderlo da nulla ]

▪ somiglianze tra il “suicidio” dell'adultera Barbarina e il delitto di Signa [ NdA:


"anche allora fu fatto salvo il bambino", come ebbe a dire il SM]

▪ gli esiti delle intercettazioni telefoniche

▪ l'inconsistenza e la falsità dell'alibi per il delitto del 1968

▪ lo straccio macchiato di sangue e tracce di sparo

Varrebbe poi forse anche far risaltare i contrasti che “in un determinato periodo e per
determinate ragioni” animarono la Procura di Firenze fino a produrne come una “spaccatura
al suo interno”; ma questo esula dal compito di questo documento e dunque non se ne ritiene
“necessario” l'argomentazione.

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La cornice per il quadro del 1968

Scopo di questo capitolo è quello di illustrare la cornice di ambientazione e focalizzazione dei


capitoli di questa sezione, di modo che il lettore non rischi di perdersi nella lunga disamina di
tutte le spigolature che afferiscono e gravitano intorno al delitto di Castelletti di Signa. La
comprensione di tale delitto è infatti una delle due principali chiave di lettura, che poi una
volta abbinate assieme ci daranno la soluzione del mistero del Mostro di Firenze.

Dunque:
1. SV e SM hanno una relazione omosessuale ignota a tutti eccetto che a loro due e alla
Locci

2. la famiglia, il Clan Mele, in particolare, è allo oscuro di questa “preferenza” sessuale


del figlio SM

3. la Locci, con la manifesta complicità del SM, ha numerosi amanti

4. la Locci, spende e sperpera con i suoi amanti, soldi del SM (dunque soldi di famiglia)

5. i Mele sono una famiglia povera ma fondamentalmente onesta

6. i Mele, eccetto SM, sono infastiditi delle relazioni extra coniugali della Locci e così
anche dello sperpero di denaro che fa coi soldi del figlio, ma mai e poi mai, in almeno 8
anni, si permettono alcunché nei di lei confronti. Tutto quello che fanno, è quasi
mettersi il cuore in pace cacciando, il figlio e lei dalla casa paterna, dopo il tentativo di
limitare gli amanti alla Locci ponendo grate alle finestre

7. il SM, in famiglia, non conta nulla: non è il primogenito; è un oligofrenico; un


sempliciotto; uno incapace a cui mai viene affidato alcun ruolo di responsabilità,
nemmeno sul lavoro

8. Il SM addirittura presenta il Lo Bianco alla Locci

9. il SM non ha alcuna ragione per uccidere la Locci, nemmeno quando questa per un paio
di mesi gli si nega, dopo aver rifiutato il rapporto a tre col SV

10. tra i Vinci e i Mele ci sono comunque piccole storie di debiti

11. La Locci si è imboscata, e forse già spesa, dei soldi in parte contesi tra i due
cognomi

12. La Locci, con disprezzo scarica il SV e in parte il SM, accusandoli di essere mezze
donne e mezzi uomini

13. Il SM se ne frega abbondantemente, ed infatti le presenta il Lo Bianco

14. il SV, memore di come si comportò la Barbarina Steri (fare le valige per
andarsene), mette sotto pressione il SM, mettendogli la (forse) falsa pulce nell'orecchio
che la Locci volesse andarsene di casa assieme al Lo Bianco

15. Persa per persa, il SV spiega al SM che con la morte di lei, almeno il SM
riguadagnerà stima da parte della famiglia, e lo esorta ad ottenere l'assenso del clan

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16. E soprattutto, lo avvisa e lo preoccupa dicendogli che la Locci, fuori dalla stretta
cerchia sarda, al Lo Bianco, siciliano, rischia di raccontare in giro che il SM è
omosessuale e va a letto con il SV medesimo

17. il SM, capisce il pericolo: la famiglia lo cancellerebbe completamente se


sapessero una cosa cosi. Al vecchio Palmerio gli verrebbe un infarto e alla sorella
Antonietta, pure. Non se lo può permettere

18. Il SM, su consiglio del SV, ne parla in famiglia, ovviamente non può parlare dell'
omosessualità e nemmeno delle corna. Il primo è il segreto da mantenere a tutti i
costi, e sul secondo punto, più di tanto non verrebbe creduto: la leva però può essere
quella economica (abbinata comunque a quella del riguadagnar un po' di onore verso
una moglie fedifraga)

19. il delitto viene quindi pianificato in casa Mele, con l'ausilio esterno e subdolo del
SV che parla tramite la bocca del SM

20. il delitto è quindi un delitto che da parte clan è volto a riguadagnare onore
familiare e riprendersi i soldi che la Locci ha sottratto (e infatti pare che l'auto verrà
perquisita alla ricerca di soldi), a cui gioco forza sono i sardi del clan Mele che devono
partecipare.

21. Ma il SV viene tirato in ballo, grazie alla perorazione del SM indotta dallo stesso
SV, in quanto il SV è l'unico che ha l'auto a quattro ruote quella sera

22. questo permette di vedere sulla scena del delitto:


1. SV nella qualità di autista e non in quella di assassino (è un delitto d'onore e non
può sparare chi ha altamente contribuito ad infangarlo)

2. il SM perché deve occuparsi del piccolo Natalino, rincuorandolo,


tranquillizzandolo e istruendolo su cosa dire e cosa no, nelle immediatezze del
delitto. Ma il SM, vista la scarsa fiducia di cui gode, e viste le evidenti incapacità,
non può essere la persona che spara: il rischio che mandi tutto a monte e faccia
arrestare tutti, è troppo elevato. Il suo compito può essere solo quello
dell'accompagnatore

3. almeno un'altra persona di fiducia del clan Mele, nel ruolo di sparatore: ossia
uno del clan, che ufficialmente si incarica di riscattare l'onore appunto del clan

Tenendo a mente questo riassunto logico consequenziale, proseguiamo

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L’importanza del delitto del 22 agosto 1968

A nessuno sfugge l'importanza del delitto di Castelletti di Signa nella vicenda del MdF. Lì
infatti ufficialmente per la prima volta parla il suo canto di morte la famosa calibro 22 L.R.
Tale prima apparizione, come abbiamo già accennato, porta con sé alcune logiche e dirette
domande:

• 1) siamo sicuri che si tratti sempre della stessa arma dal 1968 al 1985?
Si. A questo già si è data risposta nel capitolo Un'arma unica per due assassini
differenti

• 2) è rimasta in possesso del “primo” proprietario o ha cambiato di mano dopo il 22


agosto 1968 (ossia il 22 agosto 1968, a sparare e uccidere fu già il Mostro di Firenze)?
Cambiò di mano. A questo già si è dato risposta nel capitolo: Un'arma che passa di
mano

Ci resterebbero solo dunque come domande


• 3) di chi era l'arma?

• 4) chi rimase in possesso dell'arma (nome e cognome)

• Mentre alla seconda di queste due domande, abbiamo già anonimamente fornito l'unica
risposta accettabile [NdA: ossia rimase in carico a chi aveva il compito di distruggerla, cosa che
evidentemente non fece]: in merito vedasi il capitolo: Il passaggio di mano con l'inganno;

• per la prima, le indicazioni si trovano nel capitolo: Villacidro non è Fordongiànus.


Dove non si vuole a tutti costi dire che l'arma arrivasse da Fordongiànus, anzi, ma
semplicemente si spiega come sostenere che l'arma fosse quella dell'Aresti Franco sia
una pura illazione, senza vere frecce al suo arco.

Ciò nonostante, in questa sezione di studio, assieme ad altre, saranno in parte riprese in
oggetto e dove necessario approfondite.

Il delitto del 1968 infatti, si porta dietro anche altri punti che necessitano essere compresi e
dunque chiariti. Ma non speri il lettore di trovare in questa sezione di studio una completa
disamina di ogni aspetto relativo a questo duplice omicidio. Non ci incaricheremo di
determinare con nomi e cognomi gli autori dello stesso, usciranno se del caso, solo per
rimando; non analizzeremo nel dettaglio ogni particolare cronologico della vicenda da prima
del delitto fino al termine dell'espiazione delle condanne del Mele Stefano; non seguiremo
passo passo le varie dichiarazioni, ritrattazioni etc.
La ragione di tale scelta risiede nel fatto che questo non è un libro storiografico sulla vicenda,
ma uno studio mirato ad illustrare una tesi specifica relativa ad uno specifico soggetto
indissolubilmente legato ai nomi di Barbara Locci e Stefano Mele. Nome al quale si è arrivati,
tra l'altro ma anche principalmente, tramite esclusione logica.
Quindi anche questa volta, ci toccherà organizzare le domande a cui fornire le risposte,
secondo il corretto ordine, pena il continuare a navigare tra le nebbie.

Ovviamente almeno un minimo di introduzione degli attori è necessaria, e questo è compito


del seguente capitolo, anche perché è di primaria importanza avere a disposizione la cornice
entro la quale apparirà il quadro, per comprendere il perché la Locci dovesse essere uccisa,
perché una volta capito tale “perché”, diventa ovviamente più semplice capire chi la volesse
veramente morta e come potesse conseguire questo risultato.
Anche in questo caso, la logica e le esclusioni, ci verranno in aiuto.

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I Vinci, il “Clan” e l'ape regina

Dobbiamo adesso raccogliere informazioni sulla Famiglia Mele [NdA: che nel corso del documento
sovente chiamerò più semplicemente, “il Clan”, senza alcun intento offensivo, solo per brevità di linguaggio e a
sottintendere il forte legame consanguineo], Stefano Mele, la Locci e i Vinci.

Questo perché, come già detto, quello che è importante è porsi le domande giuste e
nell'ordine giusto; e ciò può essere fatto solo sfrondando il dispersivo, di modo da potersi
concentrare su ciò che realmente conta. E cosa è che realmente conta?

Conta che:
• il SM non fosse affatto un marito geloso [ NdA: ben di più, come vedremo aiutava lui stesso la
Barbara a trovarsi maschi con cui amoreggiare, gli piaceva stare a guardare, avesse una profonda
relazione omosessuale col SV]

• il SM, alla “sua” Barbara, alla sua maniera, le voleva veramente bene [ NdA: e del resto
poi uno come lui, dove mai l'avrebbe trovata un'altra donna, per di più giovane e disponibile come la
Locci]

• la Locci, per quanto “mal sopportata” nel Clan, non ebbe, neppure per situazioni
peggiori, nulla da temere dal Clan stesso [ NdA: vedasi addirittura le botte da lei date al
capofamiglia Palmerio: “Maria Mele dice, il 24 marzo 1984, che la Locci aveva picchiato il vecchio Palmerio
tre volte” - Sentenza Rotella]

• che il Clan, pur sapendo delle corna che il loro SM portava in testa, era all'oscuro che
oltre che cornuto, il SM fosse anche uno che andava a letto con SV

Questi sono, brevemente, i veri punti salienti su cui concentrarci. Una volta sciolto questo
nodo, e grazie a quanto già abbiamo visto in merito al passaggio di arma sporca, finalmente
potremo dare anche un nome ed un cognome a chi quella calibro 22 L.R. conservò dopo il
duplice delitto di Castelletti di Signa.

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I Vinci

Il fratello maggiore di SV , Giovanni, arriva emigrante in Toscana nel ottobre del 1952, a
Lastra a Signa.

Salvatore assieme al fratello Francesco, già lo sappiamo, arriva e di corsa dopo la morte della
Barbarina, invece nel 1960. 8 anni dopo.

Salvatore Vinci, conosce la coppia tramite l'intercessione di suo fratello Giovanni, che già
aveva approfittato delle grazie della Locci [ NdA: “a Lastra a Signa. Qui conobbe Barbara Locci di cui fu
amante”], e quindi “convive con la coppia sino a metà del 1961, ma non risulta che abbia
definitivamente troncato quei rapporti intimi. Infatti, è proprio il MELE Stefano a dichiarare il
23 agosto 1968, che il medesimo, durante il periodo del suo ricovero in Ospedale, nel
febbraio dello stesso anno, è venuto a dormire in casa sua, nel letto con la moglie” [Rapporto
Torrisi 311/1]

Una convivenza che ha come suo primo inizio, già sapete, non un “baccaglio” del SV alla
Locci, ma proprio un “invito” del SM al SV :”Fu lui che mi chiese se volevo andare a abitare a
casa sua” [dichiarazioni di salvatore vinci - Intervista su La città - 31 ottobre 1985 ]

Un invito del SM, “maschio”,, subito ben accettato dal SV, “maschio” che immediatamente si
corona con il SM, “maschio”, che dona e mette al dito del SV, “maschio”, l'anello di
fidanzamento: “l'anello che porta al dito gli è stato dato dal MELE nel primo giorno della sua
relazione” [Rapporto Torrisi 311/1]

Un SV che poi, complice anche il gusto del fare nuove esperienze della Barbara stessa, non
perderà occasione di portarla a concedersi pubblicamente con sconosciuti alle Cascine ad
esempio [NdA: “Salvatore Vinci, però, non è che limiti i suoi particolari rapporti in casa, perché sin da allora è
un abituale frequentatore delle Cascine, ove molto spesso conduce Stefano con il bambino e la Barbara, per farla
congiungere con altri uomini in sua presen” - Rapporto Torrisi 311/1], facendosi, ovviamente, anche
accompagnare del marito a cui comunque piace guardare [ NdA: “rientrando dal lavoro in casa,
spesse volte sorprende la moglie a letto, ora con Francesco VINCI, ora con Piero MUCCIARINI, ed anziché
meravigliarsi ed intervenire di conseguenza, si nasconde e si ferma a guardarli, perché questo, come lui stesso
ammette, è quello che piace“ - Rapporto Torrisi 311/1]

Dei Vinci sappiamo inoltre che il fratello Francesco, solito bazzicare i margini di ambiente di
malavita [NdA: e dunque senza alcun problema a reperire un'arma in qualsiasi momento ], non poteva in
nessun modo essere il MdF, in quanto si trovava in galera quando avvenne il delitto del 1983.

Sappiamo anche che per gli inquirenti e per il G.I. Rotella, il fratello Giovanni era da ritenersi
totalmente estraneo alla vicenda [NdA: e infatti non è presente n nemmeno tra i nomi dei imputati]

Scartando poi, anche il nome del [NdA ipotetico/possibile] figlio di Salvatore Vinci, Antonio, data
la giovanissima età nel 1968 e lo stesso per il 1974 [ NdA: “nacque in Sardegna a Villacidro il 15
febbraio del 1959”, e che dunque nel 1968 aveva 9 anni, e nel 1974, 15 ], della famiglia Vinci, ci resta a
portata di mano solo il nome del Vinci Salvatore [ NdA: mai in stato di detenzione, ricovero, lontananza
per tutta la serie dei delitti del MdF, e nemmeno mai entrato seriamente nelle indagini, nonostante indizi e
confessioni del SM, fino almeno al delitto del 1984 ]

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Stefano Mele

La Barbara Locci, sarda d'origine [Sentenza Rotella] e emigrata anch'ella in Toscana, nel 1960
conobbe e si sposò con Stefano Mele, un sardo più anziano di lei di circa vent'anni [Sentenza
Rotella], affetto da “oligofrenia di medio grado con caratteropatia" [Perizia De Fazio], non certo
nemmeno un adone di bellezza, e nemmeno un ricco [ NdA: “sia Mucciarini, sia altri familiari da parte
di Mele, riferiranno che di norma lui e la famiglia vivevano in condizioni di precarietà” Sentenza Rotella]
Secondo il SM: si conobbero e si sposarono nel 1959: “Ho conosciuto Barbara Locci a
Scandicci, in un bar dove si giocava al totocalcio. Ci sposammo nel '59” [NdA: Stefano Mele -
Intervista su La Città - 13 novembre 1982]

Un matrimonio comunque di “sopravvivenza” per la Locci; ma tutto sommato non le va


affatto male [NdA: “In Sardegna Barbara, ancora ragazza, era stata data in sposa allo stupido Stefano Mele,
perché, per quanto lui fosse povero, lei lo era ancora di più. Quell'uomo non sapeva badare a se stesso, ci
avrebbe pensato lei. Così fu presa in casa dai Mele e con loro era venuta in Toscana ” - Dolci Colline di Sangue -M
Spezi – D. Preston]

Alla sua maniera il SM è un “buon marito” nei suoi confronti [NdA: “Stefano Mele era troppo buono,
troppo gentile, troppo poco geloso” - Salvatore Vinci - Intervista su La città - 31 ottobre 1985 ]. Un tetto sulla
testa, alla “sua signora” [NdA: Stefano Mele interrogatorio del 17 agosto 1982 ] glielo dà, il cibo non
glielo fa mancare, non si lamenta troppo per le spese della moglie, non la abbandona
nemmeno quando la famiglia li caccia di casa, e soprattutto non è un tipo geloso. Anzi. E poi
è anche la madre di suo figlio [NdA: forse o crede].

Come si scoprirà post delitto e nelle varie confessioni, il SM:

• oltre al sapere degli amanti della moglie [NdA: “dichiara anche di andare d'accordo
con la moglie nonostante la differenza d'età, e nonostante fosse a conoscenza che la
moglie stessa ha sempre avuto un amante fisso” - Rapporto Matassino]

• oltre a non essere geloso: “Frangipani Emilio, dichiara di conosce il Mele da circa
quindici anni, di averlo avuto alle dipendenze, sin da quando era ancora celibe, in
qualità di operaio agricolo. Afferma di aver conosciuto bene la Locci Barbara, ma
esclude di aver avuto rapporti amorosi con la stessa. Esclude che il marito possa
essere geloso della moglie” [Rapporto Matassino]

• oltre ad avere relazioni omosessuali con il SV: “fra la LOCCI Barbara, il MELE Stefano
ed il VINCI Salvatore intercorre, sin dall'inizio della loro conoscenza, risalente all'estate
del 1960, un rapporto sessuale a tre, in cui i due uomini interpretano reciprocamente
anche il ruolo della donna e dell'uomo” [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ abbiamo già visto e analizzato come però tale rapporto a tre sia da leggere
molto più probabilmente come un quasi preferenziale rapporto a due tra il SM e
il SV

• anche che gli piace guardare [ NdA: “rientrando dal lavoro in casa, spesse volte
sorprende la moglie a letto, ora con Francesco VINCI, ora con Piero MUCCIARINI, ed
anziché meravigliarsi ed intervenire di conseguenza, si nasconde e si ferma a guardarli,
perché questo, come lui stesso ammette, è quello che piace “ - Rapporto Torrisi 311/1]
▪ e del resto, con classico lapsus freudiano disse “'gli trombassero la moglie sotto
gli occhi' (v. r. 2.8)” [Sentenza Rotella]

• e, cosa non da poco, era anche direttamente lui a portare gli uomini alla moglie
▪ “Pietro Locci, insieme ad Antonietta Mele, gli aveva fatto visita e aveva
rinfacciato al Mele che era lui stesso a portar gli uomini da sua moglie alla

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Romola [NdA: Romola di San Casciano; seconda tappa abitativa della famiglia di SM, dopo
quella alla Casellina” - Sentenza Rotella]

▪ “Mucciarini narra anche di un aperto rimprovero del vecchio Palmerio al figlio,


per analoghe ragioni.” [Sentenza Rotella]

▪ “Per motivi di lavoro poi conobbi il Lo Bianco, e lo presentai a mia moglie,


diventarono amanti” [Stefano Mele - Intervista su La Città - 13 novembre 1982 ]

▪ “quando lessi sui giornali di quanti amanti aveva rimasi stupito. Mi chiesi come
aveva potuto conoscerli, come aveva potuto iniziare le relazioni. Lei così poco
affascinante, con virtù del tutto nascoste” [Salvatore Vinci - Intervista su La città - 31
ottobre 1985].

Di ancor maggior importanza è che non esista alcuna testimonianza verbale o scritta che in
famiglia Mele, alcuno si fosse mai dato conto proprio di come con il figlio andasse a letto con
il SV.

• Certo, gli era stato rinfacciato di procurare gli amanti alla Barbara,

• lo si accusava di sopportare il comportamento libertino della moglie e delle sottrazioni


di denaro, portando discredito alla famiglia

ma vista la completa assenza di accuse di omosessualità nei suoi confronti da parte del suo
stretto entourage di conoscenze [ NdA: famiglia Mele e famiglia Locci, colleghi di lavoro, datori di lavoro,
Francesco Vinci], c'è semplicemente da immaginarsi che vista l'età, l'oligofrenia di cui era
affetto, la insita bontà di cuore e accondiscendenza caratteriale, a parte qualche mezza
rampogna sottovoce per la totale mancanza di gelosia dimostrata nei confronti della moglie,
più che altro a difesa del “buon nome” della famiglia, i parenti fossero totalmente all'oscuro
della sua relazione sessuale - omosessuale col Salvatore Vinci.

Si noti che:
• Antonietta Mele “È gravemente ammalata di cancro e morirà poco più di un mese dopo
(20 settembre 1982)” [Sentenza Rotella]

• Nel 1968, Stefano Mele, “Era già anziano e con un figlio bambino... SNIP... e che il
vecchio Palmerio era attaccatissimo al nipotino maschio” [Sentenza Rotella]

• 1968, “al vecchio Palmerio Mele, di 92 anni” [Sentenza Rotella]

• solo il “...Il 30 maggio 1985, Mele ...SNIP... Dichiara al g.i. di aver avuto insieme a sua
moglie rapporti omo-eterosessuali con Salvatore Vinci..” – Sentenza Rotella

Ossia, si noti come il SM, pur se a malincuore, ammette la propria omosessualità, solo dopo
che ormai del Clan Mele, non esiste più vera famiglia (gli anni e le malattie, si son portati via
il capofamiglia e donna di polso della casa. Altri parenti nel frattempo sono entrati in lite.).

Il segreto così a lungo celato, può ormai svelarlo. Non prima. Ma adesso si.

Il SM ormai non più bisogno di nascondere un fatto che avrebbe gettato nel più totale
discredito i suoi genitori e la sua famiglia tutta.

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La Locci

“L'ape Regina” [Sentenza Rotella] accasata col SM, poteva dirsi contenta:
• Giovane d'età [NdA: nata nel 1937, nel 1960 aveva solo 23 anni, e nel 1968, 31]

• Un tetto sulla testa [NdA: benché, dopo la cacciata di casa della coppia da parte del vecchio Palmerio,
si trattasse di casa alluvionata e col tetto da riparare: “Stefano Mele, rimasto senza abitazione, con la sua
parte, comprava una casa già alluvionata e perciò assai malridotta nella primavera del '67 a Lastra a
Signa. Ancora nell'imminenza dell'omicidio, oltre un anno dopo, si proponeva di farne mettere a posto il
tetto” - Sentenza Rotella]

• spiccioli facili da sottrarre al marito ed in famiglia, per offrire cibo e cinema all'amante
di turno [NdA: “era stata la Locci a pagare i biglietti per il cinema” - e “Mucciarini dice che si era recato,
mesi prima del delitto, a saldare, a L. a Signa, debiti del Mele, per conto del suocero. Il negoziante gli
aveva chiesto anche il saldo del conto di 'quell'altro' e cioè dell'uomo che viveva, in quel periodo, in casa
Mele, e cioè Francesco Vinci. Tale ultima cosa era nota già durante la degenza ospedaliera di Stefano, nel
febbraio 1968, a Palmerio e Maria Mele, che avevano incontrato F. Vinci in ospedale. Gli amanti della Locci
erano perciò considerati in guisa di sfruttatori” - Sentenza rotella]

• un vasto stuolo di amanti “ufficiali” ed occasionali a soddisfare i suoi appetiti sessuali,


che per far l'amore con lei entravano pure dalle finestre
▪ ufficiali: Giovanni Vinci, Francesco Vinci, Salvatore Vinci Carmelo Cutrona,
Antonio Lo Bianco, Piero Mucciarini, etc

▪ “La vita sentimentale della Locci, a parte il Lo Bianco, come sostengono tutti, dal
marito al Vinci, non era difatti limitata ai personaggi di cui si è sin qui detto.
Persino Giuseppe Barranca, cognato di Lo Bianco e compagno di lavoro di Mele
era uscito di notte in macchina con lei (cfr. dichiarazioni in corte d'Assise, vol.
1A)” [Sentenza Rotella]

▪ occasionali:gli uomini alle Cascine, ad esempio

▪ “quando lessi sui giornali di quanti amanti aveva rimasi stupito” [Salvatore Vinci -
Intervista su La città - 31 ottobre 1985]

▪ “il vecchio Palmerio aveva sprangato le finestre” [Sentenza Rotella]

• stile e apparizioni modello prima donna nel “bar dei sardi” di Prato [NdA: “la
frequentazione di Barbara di un bar di piazza Mercatale a Prato che tutti chiamavano il "bar dei sardi".]

• vitalità e forza di volontà

Infatti: una Barbara Locci, carica di energie, capace a fare e godere di fare all'amore [ NdA:
“Non era una statua. Quando faceva all’amore partecipava. Lo sapeva fare. Era questo che conquistava” -
Salvatore Vinci - Intervista su La città - 31 ottobre 1985 ], scaltra e giovane, nonostante le non ricche
condizioni di vita, appare ed è una figura piena di vita, dotata di forza autonoma di volontà.

Una Barbara Locci così dotata di autonoma forza di volontà che, quando il SV tenta di
riallacciare i rapporti, lei, donna “ di facili costumi”, lo scarica e si nega perfino al marito per
un paio di mesi [NdA:”da oltre due mesi, gli nega i rapporti” - Rapporto Torrisi 311/1], non essendo più
interessata ad un rapporto con mezzi uomini che a turno giocano a fare il maschio e la donna
tra di loro [NdA:”in cui i due uomini interpretano reciprocamente anche il ruolo della donna e dell'uomo ” -
Rapporto Torrisi 311/1].

Si notino, ad esempio, le parole del Giovanni Vinci: “Giovanni Vinci, invece non fa mistero

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della sua antica relazione con la Locci (c. 50 s., ibidem) e afferma: "Anche Salvatore aveva
avuto una relazione con questa donna… io credo. La relazione di Francesco con la donna
iniziò in epoca successiva…i rapporti della Locci Barbara con Francesco non erano riservati,
ma palesi e chiari…" [Sentenza Rotella].
Parole innocenti, che a prima lettura paiono non comunicare nulla di nuovo o particolarmente
significativo, ma che lette col bagaglio di informazioni che adesso possediamo, suonano come
un:
“col Francesco, vero e tutto maschio, la Locci non si faceva problemi anche ad ostentare
pubblicamente la usa relazione extraconiugale, mentre (la mancanza di pari affermazioni in
merito ne è un significativo rafforzativo) non teneva lo stesso comportamento col Salvatore,
quasi a vergognarsene”. [NdA: virgolettato dell'Autore – dialogo ipotetico]

Una Locci quindi, che anche nei suoi primissimi rapporti in seno al clan Mele, ha la volontà del
coraggio di tenere testa al capofamiglia, il vecchio Palmerio, arrivando addirittura a picchiarlo
per ben tre volte: “Dalla Romola Stefano e famiglia erano tornati in casa del padre e con il
fratello Giovanni (che però era per lo più a Mantova) in quel di Scandicci. Ma la convivenza,
per il comportamento della Locci, era diventata impossibile, tanto che il vecchio Palmerio
aveva sprangato le finestre. Suocero e nuora erano arrivati a vie di fatto (Maria Mele dice, il
24 marzo 1984, che la Locci aveva picchiato il vecchio Palmerio tre volte)” [Sentenza Rotella].

Secondo il Giovanni Vinci, le botte erano dettate dal rifiuto di lei verso le molestie sessuali da
parte del vecchio Palmerio: “Tal cosa era nota anche a Giovanni Vinci, il quale testimonia (già
al p.m. nel 1982, v. r. 48) che la Locci si era detta insidiata dal suocero” [Sentenza Rotella]

Una Barbara Locci, però, che nemmeno per un minuto vide la sua vita messa a rischio in quei
8 otto anni che intercorsero dal matrimonio fino all'omicidio.

• Certo, il Palmerio mise inferiate alle finestre;

• certo cacciò di casa il figlio SM e lei di lui consorte;

• certo venia accusata di infangare il buon nome della famiglia.

• Certo non cedeva alle avances sessuali del vecchio Palmerio.

Eppure, per lunghi otto anni, anni in cui non si faceva mancare alcun uomo [ NdA: ad eccezione
proprio del vecchio Palmerio che violentemente lei stessa rifiutò, sembrerebbe ], in cui usava i soldi del
marito per i suoi amanti, in cui era arrivata pure a picchiare un vecchio e capofamiglia: nulla
le era mai successo: nemmeno ricevere qualche sonoro ceffone in faccia da parte di alcuno
del nucleo famigliare [NdA: non si ha traccia di dichiarazioni in tal senso in alcun documento noto ].

Per non parlare del marito stesso, che mai cercò di modificarne lo stile di vita amorosamente
libertario, anzi. Al SM, una Barbara Locci “puttana”, faceva molto comodo e molto piacere.
Se contiamo poi anche la differenza di età, la povertà del SM stesso, l'oligofrenia, il piacere di
guardare gli altri far sesso e possibilità di aver uomini nudi circolanti per casa, e, non è fine
ammetterlo ma anche quello conta, la poca bellezza dello stesso, diventa automatico
accettarne lo status di marito “cornuto e contento”.

Così contento e così incapace, che mai e poi mai il SM di sua iniziativa avrebbe potuto anche
solo pensare di uccidere la “sua signora”
• “ Il Mele è incapace di astrazioni, e poco versato in concatenazioni logiche di una certa
complessità, come tutti coloro che hanno avuto una scolarità assai modesta e
particolari limitazioni nell'acquisizione delle strutture logiche del linguaggio” [Sentenza
Rotella]

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• “Mele, per quel che appare, è stimato incapace del delitto” [Sentenza Rotella]

• “poco affidabile come è Stefano MELE” [Rapporto Torrisi 311/1]

• “incapace del delitto e che le armi sono del tutto estranee alla sua famiglia di onesti
lavoratori” [Dichiarazioni della Antonietta Mele – 1982 – Sentenza Rotella]

• “alle Murate, un detenuto le aveva detto: "Io so che non è stato lui, povero tonto!"
(cfr. c. 35, vol. loc. cit.)” [Sentenza Rotella]

Uno Stefano Mele poi, capace di procurarsi un'arma da fuoco, appare così improbabile non
solo allo scrivente oggi, ma addirittura già all'epoca ad uno come il Francesco Vinci, che
infatti dichiara: “…può capitare tra gente di mala che si chiede un favore che poi si rende. Ma
Stefano non conosce nessuno del giro, non aveva amici” [Rapporto Torrisi 311/1];
e pure allo SV medesimo: “Persino lo stesso VINCI Salvatore, da persona estremamente
abile ed accorta quale è, non può fare a meno dall'adeguarsi agli altri, allorché parla di
Stefano, ritenendolo incapace di qualsiasi azione delittuosa, del tutto inabile ad usare
un'arma e che ritiene abbia pagato per conto di un altro” [Rapporto Torrisi 311/1].

Eppure la Locci Barbara venne assassinata. Ci stiamo avvicinando al comprenderne il perché.

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Il Clan – Palmerio Mele, Giovanni e le donne di famiglia

E poi abbiamo il Clan vero e proprio, col vecchio Palmerio Mele, padre di Stefano Mele,
originario di Fordongiànus in provincia di Cagliari, che nel 1952 raggiunse il figlio Giovanni a
Casellina, vicino a Scandicci, con la moglie Pietrina ed i figli Stefano e Antonietta. Quando
Stefano Mele si sposò con Barbara Locci, si stabilirono presso l'abitazione di Palmerio.

Una famiglia, tradizionale, legata ai suoi avi e ai suoi capi-famiglia. Una famiglia sarda,
matriarcale, di onesti lavoratori, con tra i figli e le figlie, lo Stefano Mele.
Non un poco di buono, ma semplicemente un “mezzo incapace”. Un figlio maschio, non
primogenito, che non è capace a farsi rispettare. In grado di portare a casa il minimo per
sopravvivere. Non un lavativo, ma uno che non merita fiducia per lavori più impegnativi della
bassa, comune e ripetitiva manovalanza. Un figlio a cui la famiglia vuole bene, anche visti i
limiti. A cui combinano il matrimonio con la Barbarina, anche nella speranza che la giovane
donna sia d'aiuto in casa e possa badare al Palmerio che invecchia sempre di più [ NdA: Vedasi
Sentenza Rotella]. Una famiglia a cui, nonostante la cacciata di casa, il SM porta il suo rispetto e
la sua obbedienza.
Certo, li porta come può, ossia un po' da lontano, mescolati in mezzo alle corna e alle voci di
paese sui sempre più numerosi amanti della moglie. Ma Palmerio è suo padre e merita tutto il
rispetto che un figlio al padre può e deve dare; e poi ci sono la madre e le sorelle. E le
tradizioni son cose che entrano nel DNA. Insomma, è un bravo cristo lo Stefano Mele, pur
essendo una spina nel fianco dell'onorabilità della famiglia. E poi, lo Stefano, il “povero grullo
di famiglia” ha portato, forse inaspettatamente anche vista l'età, nuovo fresco sangue Mele in
famiglia: Natalino. Il nonno Palmerio ne è orgoglioso e affezionatissimo al piccolo.

Ma, già dai precedenti capitoli, si è visto come i comportamenti della Locci creassero tensioni
in seno a tale nucleo famigliare [NdA: forse anche perché la giovane Barbara, rifiutava le avances del
vecchio Palmerio, stando a quello che racconta il Giovanni Vinci ]. Lo stuolo di amanti coi quali cornificava
il marito, consenziente, non potevano certo passare inosservati né nel clan né nelle voci di
paese.
Il buon nome della famiglia è un onore da difendere. O almeno avrebbe dovuto.

Però, come già abbiamo visto, al di là del cacciare di case il figlio e la moglie fedifraga: il clan,
per lunghi otto anni: non fece assolutamente niente altro.
• “L'impossibile convivenza era sfociata in una decisione di Palmerio Mele, che
Maria giudica rovinosa per la famiglia. Il vecchio padre, stanco della convivenza
e bisognoso di un'assistenza che la nuora non gli assicurava, aveva venduto la
casa in cui abitava, a prezzo inadeguato, pur di far presto e suddividendo il
ricavato tra i figli, che pure vedevano disperse maggiori aspettative patrimoniali.
Palmerio Mele andava a vivere con una delle figlie (cfr.: anche le dichiarazioni di
Marcello Chiaramonti, marito di Teresa Mele). Stefano Mele, rimasto senza
abitazione, con la sua parte, comprava una casa già alluvionata e perciò assai
malridotta nella primavera del '67 a Lastra a Signa “ [Sentenza Rotella]

Non si ha notizia di “ri-educativi sonori ceffoni” rifilati alla Locci.


Non si ha notizia di denunce alla polizia per tradimenti.
Non si ha traccia di tentativi di estrometterla dal nucleo famigliare dello Stefano.
Nulla.

Solo un intervento di grate alle finestre [ NdA: “il vecchio Palmerio aveva sprangato le finestre.” -
Sentenza Rotella] e la più drastica, ma sempre pacifica, decisione di vendere casa per dare ai
figli e alle figlie la propria parte, di modo che il SM e la Locci andassero a vivere sotto un
tetto differente dal suo.

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Ma la spiegazione ben si intende:


• “il vecchio Palmerio [NdA: era nato il 13 gennaio 1919 – Rapporto Matassino] era attaccatissimo
al nipotino maschio” [NdA: il figlio, della Locci e forse del SM o forse del SV] – [Sentenza Rotella]
▪ nota a margine, il vecchio capo-famiglia Palmerio, aveva altresì grande fiducia
ed affetto per il Mucciarini; infatti “Palmerio Mele, che aveva assai stima di lui.
Gli affidava, lo si è visto, l'incombenza di andare a pagare per suo conto i debiti
della famiglia di Stefano.” [Sentenza Rotella]

• il SM comunque la difendeva [NdA: le voleva bene alla “sua signora”]

• il capofamiglia, è comunque ormai veramente vecchio [ NdA: nel 1982 “Palmerio Mele, di 92
anni, malfermo, ma lucido (pg. 40. loc. cit.).” - Sentenza Rotella], e sempre meno riesce a tenere
il polso della famiglia
▪ si noti infatti con la lettura della Sentenza Rotella, l'insistenza della presenza
delle voci femminili della famiglia e dei parenti acquisti, piuttosto di quella del
vecchio Palmerio, appunto [NdA: solo per comodità di scorrevolezza del documento, si evita
qui di riportare le abbondanti e numerose citazioni possibili in merito ]

• e, non per ultima cosa, i Mele, non risultano essere una famiglia di malavitosi; non
hanno diretti rapporti con i sardi della malavita dei sequestri, ad esempio. Non si
portano appresso denunce per rapine o quant'altro. Certo, sono sardi e al mondo degli
emigrati sardi in Toscana possono accedere; certo visto il tenore dei lavori che
svolgono hanno contatti con persone di basso livello sociale, gente che più che altro
magari si ingegna a sbarcare il lunario; ma a tutti gli effetti non risultano una famiglia
dedita al crimine, alla vendetta, al far scorrere il sangue come normale modo di lavare
onte all'onore. “Le armi sono del tutto estranee alla sua famiglia di onesti lavoratori”
[Dichiarazioni della Antonietta Mele – 1982 – Sentenza Rotella ].
Che non fosse una famiglia di incalliti delinquenti però, non è sufficiente ad escludere
in maniera totale e completa, ad esempio e per puro esempio, che il Palmerio, non
possedesse un arma da fuoco, a scopo di pura legittima difesa, acquistata al mercato
nero.
▪ Essendosi trasferito in Toscana nel 1952, quand'anche avesse portato con sé
un'arma dalla Sardegna, questa non potrebbe essere la famosa calibro 22 L.R, in
quanto tale calibro 22 L.R. Viene comunemente identificata con una Beretta
Mod. 70, che entrò in produzione solo a partire dal 1958. Infatti:
▪ “L’identificazione dell’arma con una Beretta semiautomatica in calibro .
22L.R. della serie 70 è stata possibile dall’identità di classe dei bossoli
repertati nei vari omicidi, mentre l’unicità dell’arma impiegata è stata
riconosciuta da specifiche marcature che questa lascia sui bossoli di
risulta. Il fatto che l’arma possa essere – molto probabilmente – una
Beretta della serie 70 restringe il numero di possibili modelli ma non
ne identifica uno in particolare, perché nella serie 70 esistono diversi
modelli entrati in produzione a partire dal 1958.” [Enrico Manieri]

Ma in famiglia vi sono anche i Giovanni Mele e i Piero Mucciarini [NdA: sposo della figlia di Palmerio,
Antonietta Mele], che poi “il magistrato Rotella su richiesta del sostituto procuratore Adolfo Izzo,
spiccò i mandati di cattura per Giovanni Mele e Piero Mucciarini che furono arrestati il 26
gennaio 1984, imputati di concorso in omicidio e indiziati per i delitti avvenuti dal 1974 al
1983”, che dunque risultarono ovviamente estranei ai delitti del MdF quando questi tornò a
massacrare persone nel 1985 a Scopeti.

Certo, sul Giovanni, a differenza del Palmerio, qualche cosa in più si può dire, specialmente
per quello che riguarda azioni, di vita, carattere ed abitudini:

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• autore del famoso biglietto trovato in tasca allo SM [ NdA: “RIFERIMENTO DI NATALE
riguaRDO LO ZIO PIETO. Che avesti FATO il nome doppo SCONTATA LA PENA. COME
DA ESAME Ballistico dei colpi sparati” - “chi scrive il biglietto (Giovanni Mele)” -Sentenza
Rotella]

• “Il 24 gennaio 1984 vien disposta perquisizione vuoi nell'abitazione attuale di Giovanni
Mele ...SNIP... Nel bagagliaio della sua autovettura sono rinvenuti taluni degli oggetti
indicati dalla Libbra [NdA: Iolanda Libbra, “di circa 60 anni, si presenta ai carabinieri di Scandicci il
21 gennaio 1984 e rilascia dichiarazioni a carico di Giovanni Mele, con il quale ha avuto un'amicizia intima ”
- Sentenza Rotella] (corde, disinfettante-solvente, riviste pornografiche). Un coltello,
tuttavia diverso da quello descritto dalla donna, anche se di dimensioni
apprezzabili ...SNIP... in casa è rinvenuto un ricco armamentario di strumenti da punta
e taglio, adattati o forgiati (secondo spiegazioni del detentore) per il lavoro sul sughero
(al quale risulta effettivamente dedito)...SNIP...Sono inoltre repertati blocchi di appunti
con singolari piantine, agende con annotazioni, del tipo "I dicembre, luna piena, giorno
favorevole.", di targhe di autovetture con indicazioni dei dati e del colore dei veicoli”
[Sentenza Rotella]. Nota: il Giovanni Mele fornì spiegazioni convincenti in merito agli
oggetti ritrovati, meno per gli appunti relativi alle targhe delle auto]

Nel corso del medesimo giorno, la perquisizione a casa del Mucciarini Piero diede invece esito
“infruttuosa“ [Sentenza Rotella]. Come vedremo in seguito, l'arma dopo il delitto non fu lasciata
in suo carico, e dunque non sarebbe stato possibile trovarla a casa sua.

I due, comunque, sappiamo con certezza assoluta che alla data del delitto degli Scopeti si
trovavano in stato di detenzione: dunque non potevano essere il MdF [ NdA: mostro unico e solo,
come visto in precedente capitolo].

Vi è poi il Marcello Chiaramonti [NdA: marito di Teresa Mele], che sappiamo essere stato poi
prosciolto con la famosa sentenza il 13 dicembre 1989, dal giudice istruttore Mario Rotella.

E poi ci sono le donne del clan:


• le sorelle di Stefano Mele: Teresa Mele (moglie del Chiaramonti), e Antonietta Mele
(moglie del Mucciarini), “che abita con la famiglia in una casa vicina a quella di Maria e
Palmerio Mele a Scandicci, è gravemente ammalata di cancro e morirà il 20 settembre
1982)” [Sentenza Rotella], e Maria Mele [NdA:“Lo zio Napolino è il marito (allora vivente) di Maria
Mele, sorella di Stefano, e i due abitano appunto alle Cinque Vie. La zia Maria è la sorella maggiore di
Stefano (germana, a differenza di Antonietta e Giovanni e ancora di Teresa) e non ha figli propri ” -
Sentenza Rotella].
• Pietrina Mele, moglie di Palmerio e madre di Stefano e Giovanni Mele e delle loro
sorelle.

Leggendo la Sentenza Rotella [NdA: anche in questo caso, si lascia al lettore il compito di tale lettura al
fine di non appesantire e deragliare il discorso presente in questo documento di studio ], è facile accorgersi
dell'importanza che tali figure femminili rivestivano all'interno del clan Mele; si vedano in
merito tutti i loro sforzi, logici e comprensibili dal loro punto di vista, volti ad “accudire ed
indirizzare” il piccolo Natalino [ NdA: figlio della Locci e del Mele Stefano, unico testimone del delitto di
Signa], a proteggere ”gli uomini”, mariti e parenti, del clan; ad esempio:
• “Dell'oggetto di questo interrogatorio, prima di essere sentito ho accennato
brevemente per telefono solo a mia zia Maria, la quale mi ha consigliato di dire che
quella notte dormivo e quindi di non essere in grado di riferire nulla" (c. 16 ss. vol. 5C,
escuss. Testi)” [Interrogatorio del Natalino Mele del 16 agosto 1982 – Sentenza Rotella]

• “Quella stessa sera, appena andati via i magistrati, Antonietta Mele Mucciarini telefona
a casa della sorella Maria ...SNIP... Sulla stessa linea di Antonietta, sarà il 21 agosto del

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1982, la sorella Teresa Mele ...SNIP... L'ascolto delle telefonate avrebbe consentito
d'intendere solo in qualche misura che, essendo la nuova inchiesta principiata da
Natalino, e avendo questi, nel 1968, accusato, oltre il padre, lo zio Pierino, marito della
zia Antonietta, le preoccupazioni delle sorelle Mele vertevano anche in una direzione,
che non aveva nulla a che fare con Vinci e i suoi fratelli ” [Sentenza Rotella]

Non stupisca dunque un simile atteggiamento; vi è a proposito della figura della famiglia
sarda (ed in particolare il ruolo della donna e dell'educazione), un interessante articolo dal
titolo: “il messaggio educativo della fiaba sarda”, ve ne riporto alcuni significativi estratti:

• Il padre era colui che in qualità di capofamiglia, spettava una funzione economica e
autoritaria. Capitava spesso che mancasse lunghi periodi dalla propria casa per motivi
di lavoro

• la madre badava alla casa ed all’educazione dei figli, non solo, anche a lei capitava di
lavorare come “srebidora” (serva) nelle case delle famiglie benestanti;

• il primo figlio maschio era il patriarca, e badava alla famiglia nei lunghi periodi di
assenza del padre dalla propria casa.

• le figlie femmine aiutavano in casa, badavano all’educazione dei fratelli più piccoli, ed
anche loro, giunte all’età di sei, sette anni, cominciavano a cercare lavoro come
“srebidorasa” nelle case dei più ricchi .

• La società sarda era una società matriarcale, ossia, basata sulla figura della donna.
Essa era colei a cui, alla fin dei conti, possedeva più responsabilità. L’assenza della
figura maschile comportava alla donna il compito di dover accudire la famiglia
completamente da sola.

• in passato non si aveva tanto tempo da dedicare ai bambini. Il periodo dell’infanzia non
era visto, come un periodo da salvaguardare, ma piuttosto come un peso per i genitori,
poiché un bambino, essendo piccolo, necessita di cure e di attenzioni, che tolgono
tempo al lavoro, quindi prima i bambini crescevano, prima potevano dare una mano in
casa.

• I processi educativi utilizzati da tutte le mamme per far sì che i propri figli obbedissero
ad un loro ordine prevedevano l’uso di una serie di spauracchi atti ad inculcare nel
bambino la paura del pericolo o di quant’altro potesse nuocerli. ...SNIP....Crescendo,
poi, tutte le mamme passavano dal raccontare le precedenti storie a quelle in cui si
narrava delle gesta degli eroi sardi come Iolao, Norax e Torco, ma soprattutto
narravano loro anche le grandi azioni dei banditi, che con il loro coraggio sfidavano la
giustizia quasi prendendola in giro; insomma, il loro scopo era che, crescendo, i loro
figli diventassero dei balenti.

• Si pensava così ad un bambino che doveva crescere in fretta, senza dargli troppo
affetto, perché l’affetto era un sentimento che non si addiceva ai giovani balenti, e
grazie alla paura inculcatagli dagli spauracchi che un tempo avevano fatto temere i
suoi stessi genitori, come lo spauracchio dell’orco e delle streghe, gli si insegnava le
buone maniere e la sottomissione a certi modelli di comportamento.

• I valori che si trovano all’interno di una fiaba, quali il ruolo della donna, la bellezza, il
potere, i rapporti e le figure sociali, la forza fisica, la felicità nel matrimonio, ecc. non
potevano trovare posto in una società come quella sarda presente sino al secondo
dopoguerra, proprio perché andava contro i capisaldi della vecchia educazione fondata

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sull’autoritarismo, sul ruolo della donna e sui compiti che una famiglia doveva
affrontare.

Il ruolo e la figura della donna, in Sardegna, così come la Locci, era ed è quello di figure
“Indipendenti, orgogliose, forti e tenaci… sono queste le donne sarde che nelle varie epoche
hanno costruito e trainato il destino di questa terra così bella e selvaggia. D’altronde la donna
in Sardegna ha sempre rivestito un ruolo primario nella società che l’ha resa fulcro e cuore
pulsante di ogni comunità. Dal neolitico al medioevo, passando per l’epoca del banditismo,
fino ad arrivare ai giorni nostri...” [Fonte: sito SardiniaIn.com]

Non stupisca dunque, ma nemmeno ce ne si dimentichi troppo in fretta.


Infatti, con un capofamiglia ormai vecchio, la moglie di lui altrettanto, ed con in famiglia un
oligofrenico, allegramente e liberamente coperto di corna, onta e vergogna del buon nome
famigliare di “onesti lavoratori” [Sentenza Rotella], anche la loro voce in capitolo non poteva che
contare.

Ovviamente, parlando della famiglia Mele, non possiamo evitare di parlare di Natalino... ma
lo faremo più avanti; adesso è il momento di verificare nel dettaglio cosa avvenne la notte del
21 agosto 1968.

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Castelletti di Signa, 21-22-23-24 agosto 1968

Investigatori, esperti mostrologhi, appassionati alla vicenda di cosa accadde il 21 agosto


1968 già hanno letto e già sanno tutto, o quasi. Ma siccome qualcosa può sempre essere
sfuggito o visto sotto una differente luce, e siccome scopo del documento di studio è anche
quanto più possibile porre dei punti di riferimento ufficiali alle informazioni, mi permetto di
riportare alcuni dati e note [ NdA: in parte già elencati in precedenti capitoli ], fondamentalmente a
titolo rafforzativo di concetti già noti.

• 1) Nella giornata del 21 agosto 1968, passano per casa Mele/Locci, il “Lo Bianco e un
tale “Virgilio”, giovane siciliano non meglio conosciuto, affermando che anche costui è
stato amante della moglie circa un anno prima” [Rapporto Matassino]

Tale “Virgilio”, sarà poi identificato nella persona di Carmelo Cutrona: “pseudonimo da
lui [NdA: Stefano Mele] adoperato per indicare Carmelo Cutrona” [Sentenza Rotella].

Interrogato il 22 agosto, e richiesto di fornire un alibi, il Cutrona dice che “la sera del
21 è stato al cinema a Lastra a Signa con lo zio Cannizaro Antonio, ed è rincasato
verso le ore 24 senza più uscire fino al mattino successivo” [Rapporto Matassino].
Alibi , come facilmente immaginabile visto il grado di stretta parentela, confermato dai
parenti e dai famigliari [NdA: vedasi Allegato numero 11, Rapporto Matassino].

“la perquisizione domiciliare eseguita nelle abitazioni di: Mele Stefano, Vinci Francesco
e Cutrona Carmelo, per la ricerca dell'arma del delitto, non rinvenuta sul posto, dà
esito negativo” [Rapporto Matassino]

La tristemente famosa calibro 22 L.R, come vedremo, si trova ormai già nelle mani di chi, 6
anni dopo, inizierà il percorso di “mostro”. Ma torniamo alla ricostruzione cronologica.

• 2) Il 21 agosto, la sera, “la moglie e il figlio Natalino ...SNIP... sono usciti in macchina
con tale “Enrico”...SNIP...sono andati al cinema a Signa” [Rapporto Matassino].
“Enrico” sarà identificato appunto nel Lo Bianco Antonio [ NdA: “cioè Lo Bianco” - Sentenza
Rotella].

Si tratta del cinema “Arena Michelacci” di Signa, “che il Mele indica come il cinematografo
posto davanti alla chiesa” [Rapporto Matassino], dove, quella sera, veniva proiettata la pellicola
“Nuda per un pugno di eroi” [Dichiarazioni ai Carabinieri di Elio Rugi, proprietario del cinema “Arena
Michelacci” – Rapporto Matassino; vedasi allegato numero 33]

• 3) I tre, Lo Bianco, Locci, Natalino, una volta usciti dal cinema “si dirigono verso il
cimitero di Signa, da lì imboccano la strada interpoderale Signa – Sant'Angelo a Lecore
e la percorrono per circa 150 metri, fino a fermarsi dove verranno in seguito rinvenuti
cadaveri dentro l'auto, la Alfa Romeo Giulietta TI, targata AR53442 del Lo Bianco; auto
che il Lo Bianco ha comprato facendosi fare un prestito, dal suo datore, di lavoro che
estingue con regolare trattenuta mensile”. [NdA: parafrasi della ricostruzione in vivo eseguita
dal SM il 22 agosto 1968 – Rapporto Matassino].

• 4) alle due di notte precise del 22 agosto 1968[ NdA: “il muratore, anche perché non aspetta
nessuno, istintivamente guarda l'orologio e constata che sono le ore 02,00 precise” - Rapporto Matassino]
Natalino Mele, senza scarpe e con ai piedi solo dei “calzini gialli” [Rapporto Matassino] fa
squillare “il campanello dell'abitazione del muratore De felice Francesco, posta in via
Campi Bisenzio – frazione Sant'Angelo a Lecore, Via Vingone numero 154/1”
[Rapporto Matassino]

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Le scarpe di Natalino, verranno poi ritrovate dentro l'auto: “Tra il sedile anteriore e
quello posteriore sono anche scarpe infantili, attribuite a Natalino” [Sentenza Rotella]

• “Nonostante l'ora tarda, il De Felice è sveglio, così pure la di lui moglie, ed ha la luce
della camera da letto accesa, perché un suo figliolo ha chiesto dell'acqua da bere”
[Rapporto Matassino]

• il De Felice, affacciatosi alla finestra, vede Natalino che subito gli dice: “Aprimi la porta
perché ho sonno ed ho il babbo ammalato a letto. Dopo mi accompagni a casa perché
c'è la mia mamma e lo zio che sono morti in macchina” [Rapporto Matassino]

• 5) Il De Felice, avvisa il vicino di casa, Marcello Manetti, che abita al piano superiore
[Rapporto Matassino], chiedono ulteriori informazioni al Natalino che tergiversa [ NdA: “si
limita a dire che la mamma e lo zio sono morti, ma non sa come” - Rapporto Matassino] e con il
Manetti si dirige alla Stazione dei Carabinieri di S. Piero a Ponti, dove avvisano del fatto
il carabiniere di servizio.
Quindi il Carabiniere di servizio, il De Felice e il Natalino, su indicazioni del Natalino
stesso, “dopo alcuni giri viziosi” [Rapporto Matassino] giungono “al bivio per Comeana
ove, a circa cento metri sulla destra, in una strada interpoderale, con la parte anteriore
rivolta verso Sant'Angelo a Lecore, è parcata una Giulietta Alfa Romeo TI targata
Arezzo, con il lampeggiatore destro in funzione” [Rapporto Matassino]

• 6) “alle 3,30 – sempre del 22 agosto 1968 – giunge sul posto il Comandante della
Tenenza di Signa” [Rapporto Matassino], che rileva che:
▪ “la freccia destra dell'autovettura è in funzione” [Rapporto Matassino]

▪ “le portiere sono tutte chiuse, all'infuori di quella posteriore destra che è semi
aperta” [Rapporto Matassino]

▪ “i cristalli sono tutti alzati, tranne quelli della fiancata sinistra che si presentano:
- l'anteriore abbassato di circa 3 centimetri, ed il posteriore abbassato circa a
metà” [Rapporto Matassino]

▪ “la zona è completamente al buio, il cielo è coperto, vi è una leggera foschia e


molta umidità” [Rapporto Matassino]

• 7) Terminati i rilievi, senza spostare i corpi, ed identificate le vittime, “alle 6,30 del 22
detto giunge sul posto il Sostituto Procuratore della Repubblica, Dr. Antonino
Caponnetto, il quale, resosi conto dell'accaduto, autorizza i rilievi fotografici” [Rapporto
Matassino]

Non sembra allo scrivente di grande utilità, perdersi in una dettagliata descrizione della
posizione dei corpi e/o delle ferite: per quello sono a disposizione il Rapporto Matassino e la
Perizia De Fazio. La scena, comunque, è “semplice” nella sua descrizione:
Il Lo Bianco sta sdraiato sul sedile anteriore destro, sedile passeggero, i calzoni mezzi
abbassati; la Locci sul sedile anteriore sinistro, lato guida per intendersi; “In ogni caso il
dorso non poteva essere appoggiato al sedile, sebbene reclinato in avanti o in parte nascosto
sotto al cruscotto. Ovvero, all'inizio dell'azione omicidiaria, la donna poteva essere in qualche
modo protesa dai sedile sx a quello dx, coi busto ed il capo, verso il corpo dell'uomo” [Perizia
De Fazio], è china sul basso ventre dell'uomo, intenta, forse, in un rapporto orale.

“Dal punto di vista necroscopico i colpi esplosi sui corpi delle vittime sarebbero quindi
complessivamente otto (4+4) con cinque proiettili ritenuti”. [Perizia De Fazio], “uniti da unico

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tramite con traiettoria da sx. a dx” [Perizia De Fazio] [NOTA*1]

“[NOTA*1]: Per la Locci, vi è anche un unico colpo con traiettoria dx – sx [ NdA: vedasi Perizia De
Fazio];
questo colpo può essere inteso come un colpo “sparato a se stante”, o più facilmente come
colpo con distinta traiettoria dovuta a un movimento di rotazione del corpo della donna.
Nel caso di colpo sparato a se stante, tale colpo risulterebbe ben difficilmente poter essere
stato sparato attraverso i soli 3 centimetri del finestrino anteriore, anche visti i due bossoli
ritrovati dentro l'auto, che significano che la mano che impugnava l'arma era dentro l'auto e
non più fuori. In tal caso, almeno due colpi avrebbero dovuti essere sparati o dal finestrino
posteriore sinistro, o successivamente all'apertura della portiera per frugare e ricomporre i
cadaveri, come si vedrà.
In una simile occasione, è pure possibile leggere gli ultimi due colpi come “colpi di grazia”,
magari sparati anche da mano differente da quella dello sparatore iniziale. A supporto di
questo, potrebbe esservi con coerenza la traccia di sparo identificata tramite il guanto di
paraffina, sulla mano destra del SM.
Come si vedrà, per ragionamento globale, la cosa comunque nulla aggiunge e nulla toglie
all'impianto logico vero e proprio.
Data dunque l'indeterminatezza e la mancanza di cambi nei risultati, si ritiene di
soprassedere ad ulteriore dettagliata disamina. A detta dello scrivente, ossia con valore
puramente soggettivo, i colpi possono anche essere stati tutti sparati attraverso il finestrino
posteriore sinistro, con la mano dell'assassinio che piano piano, poco alla volta, si avvicina ai
bersagli fino ad entrare dentro l'auto attraverso la porzione di spazio risultante tra il vetro e il
montante della portiera.

Quindi, le uniche cose di rilievo da far notare sono come:


• i colpi siano equamente suddivisi su entrambi i bersagli

• i colpi siano stati esplosi attraverso la porzione di finestrino aperto

• i colpi vanno tutti a bersaglio

• nessun colpo, volutamente, attinge il Natalino, sdraiato a dormire sul sedile posteriore

• 8) sempre il 22, alle 7 del mattino, i Carabinieri si presentano presso l'abitazione di


residenza del SM, ma “suonano al campanello dell'inquilino del piano di sotto” [Rapporto
Matassino]. Pur non essendo lui l'interessato della scampanellata, alla finestra si affaccia
proprio il SM, che dice: “aspettavo che mi portassero la notizia se del caso fosse
capitato qualche cosa” [Rapporto Matassino], e poi, ascoltato dai Carabinieri presso la
Stazione di Signa, dichiara che: “è rimasto tutta la notte sveglio, in attesa della moglie
e del figlio, e che non è uscito a cercarli perché si sentiva male” [Rapporto Matassino]

Alla notizia della morte della moglie, datagli dai Carabinieri, il SM ha una reazione
“relativa e poco genuina, non si preoccupa di sapere come è successo, bensì precisa
che lui per tutta la notte non si è mosso di casa” [Rapporto Matassino]

• Solo dopo aver fornito altre dichiarazioni e risposte, il SM “chiede infine notizie del
figlio, ma con tale fare che lascia chiaramente intendere che ne conosce di già le sorti )
vedasi allegato n°8)” [Rapporto Matassino]

• 9) sempre in data 22 agosto 1968, presso la caserma di Lastra a Signa, vengono


eseguite le prove del guanto di paraffina per Stefano Mele, Cutrona Carmelo, Vinci
Francesco [Rapporto Matassino]. [NOTA*1]
▪ Stefano Mele: mano destra - colorazione azzurra in zona di circa tre millimetri

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in corrispondenza della piega della pelle tra il pollice e l'indice [Rapporto Matassino]

▪ Francesco Vinci: mano destra – esito negativo [Rapporto Matassino]

▪ Carmelo Cutrona: entrambe le mani - colorazione azzurra di tipo puntiforme


estesa per quasi tutta la parte interna dei due calchi (destra e sinistra) [Rapporto
Matassino]

[NOTA*1]: la tecnica del guanto di paraffina (nata nel 1914 e oggi superata), ha come
inconveniente principale che i reagenti utilizzati nella prova si comportano allo stesso modo con
una molteplicità di altre sostanze (fertilizzanti, saponi, solventi, ecc etc...), offrendo un troppo
elevato rischio di rilevare un "falso positivo". Per tale ragione questa metodica è stata soppiantata
da una tecnica più specifica per la raccolta dei residui, denominata stub (tampone). [Fonte:
Wikipedia]

• 10) il giorno successivo, il 23 agosto, “alle 11,35” [Rapporto Matassino], interrogato


nuovamente il SM, “indica, tale Salvatore Vinci come autore del duplice omicidio”
[Rapporto Matassino], “per estinguere un debito di trecentomila lire con il Mele” [Rapporto
Matassino].
▪ Si noti come la cosa mal si concilia con le “lettere e documenti (taluni
riguardano il saldo di un debito in titoli, scaduto all'epoca del delitto, in favore di
Salvatore Vinci)”, rinvenuti a casa della Maria Mele [Sentenza Rotella]

▪ si noti anche come, subito a ridosso del primo duplice delitto, il nome del SV, sia
fin da subito “servito su un piatto d'argento” agli investigatori.

▪ si noti, come l'alibi [NdA: “la sera del 21 agosto era stato a giuocare a biliardo con due amici
(Silvano e Nicola)”- Sentenza Rotella] fornito dal SV a propria discolpa, per l'esattezza
alla chiamata di correità come raccontata dal SM ai Carabinieri in seconda
battuta lo stesso giorno, risulterà “non regge[re] obiettivamente, perché
risponde ad un accadimento reale del giorno prima del fatto. Non ne era
riscontro la testimonianza del Vargiu, che, sentito a distanza di tempo dai fatti,
lo aveva confermato su richiesta del Vinci. Non era riscontrato da Antenucci,
quanto piuttosto serviva a forzare costui ad una ricostruzione che ad esso
corrispondesse. A riscontrarlo, all'evidenza, si è voluto sempre sottrarre il
Biancalani, ancora chiamato in ausilio nel 1983 dal Vinci” - [Sentenza Rotella]

▪ si noti come il SM, oligofrenico di medio grado, ossia non una cima di
intelligenza ma nemmeno uno stupido completo; di carattere buono e
mediamente propenso ad obbedire ben più che a comandare [ NdA: vedasi i rapporti
in famiglia, quelli con la Locci e quelli coi suoi vari amanti, SV in primis]; mai invischiato in
problemi di mala o di reati; nato e vissuto in una famiglia di “onesti lavoratori”;
per nulla abituato a confrontarsi con un interrogatorio dei Carabinieri, e per di
più in un interrogatorio che lo vede primo attore per un reato grave come un
duplice omicidio, al primo impatto con tutto questo: appena messo alle strette
crolli e subito faccia il nome del SV.
▪ Ma tale “crollo e confessione”, come si vedrà il successivo 24 agosto
1968, sarà solo momentaneo. Inoltre, la stessa “confessione” del 23
agosto, appare per nulla completa e realmente descrittivamente
sincera. Come se un un alone di nebbia fosse intenzione spanderlo fin
da subito [NdA: nessuna conferma a ciò; più che altro allo scrivente appare come
possibile chiave interpretativa di lettura. Ma non essendoci particolari dati a supporto,
non viene introdotta come ipotesi nel documento di studio ]

▪ si noti anche quanto rimarca il Ten. Col. Torrisi a proposito del SM: “Da

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persona sempliciotta il quale egli è, Stefano è solo in grado di mentire,


ma non di inventare menzogne” [Rapporto Torrisi 311/1]

• 11) L'accusa è così maldestra, che sommata ad altre altalenanti dichiarazioni che tra
l'altro lo auto-accusano, porta i carabinieri a “interrogarlo nuovamente” [Rapporto
Matassino].

A detta dello scrivente, è facile notare come questa nuova ricostruzione, suoni ancora
più fasulla: Un SM “geloso” che decide così su due piedi di far fuori l'amata moglie,
sparando attraverso 3 centimetri aperti di finestrino; è ad esempio sintomo di poca
fantasia, e la quantità di banali particolari aggiunti, come la boxe del lo Bianco,
altamente sospetta. Il tutto poi, verrebbe inquadrato quasi come casualità: se
passando davanti al cinema non avessero visto l'auto del Lo Bianco? Che avrebbero
fatto? Avrebbero desistito o no? Comunque, eccone il sunto:

▪ alle 23,30 del 21 agosto, stanco di stare in casa da solo, sarebbe uscito e
avrebbe camminato fino in Piazza 4 Novembre
▪ SM abitava a Lastra a a Signa, a circa 5 km di distanza

▪ lì avrebbe incontrato il SV, con il quale inizia a chiacchierare, rispondendo alle


domande di lui su dove sia la Locci. Il SM gli dice che la Locci dovrebbe essere al
cinema a Signa [Rapporto Matassino]

▪ il SV lo consiglierebbe di farla finita con la donna ed ucciderla, e lui si


lamenterebbe di non poterlo fare non possedendo un arma, perché il Lo Bianco
avrebbe praticato la boxe. [Rapporto Matassino]

▪ Il SV, a questo punto, si offrirebbe lui volontario per fornirgli l'arma. [ Rapporto
Matassino]
▪ che già teneva in auto, visto che non passano da nessuna parte a
prenderla, secondo le parole del SM

▪ Montati entrambi nella “Fiat/600” del SV, si recherebbero a questo punto a Signa
fino davanti al cinema, dove vedrebbero l'auto parcheggiata del Lo Bianco.
[Rapporto Matassino]

▪ Li aspetterebbero, li seguirebbero con l'auto del SV, e quindi, messagli in mano


l'arma dal SV, il SM si avvicinerebbe di soppiatto all'auto e sparando dal
“finestrino anteriore sinistro” [Rapporto Matassino], ossia quello “ l'anteriore
abbassato di circa 3 centimetri” [Rapporto Matassino]

▪ Natalino a quel punto si sveglierebbe, lo riconoscerebbe e lui, preso dal panico,


lui scapperebbe lasciando lì Natalino, tornando invece dal SV. Restituendogli la
pistola e facendosi poi riaccompagnare in auto fino al ponte di Signa [ Rapporto
Matassino]

Ossia, già nello stesso identico medesimo giorno, comincia a sgravare le accuse contro il suo
amante SV: con questa seconda dichiarazione infatti, il SV da “duplice assassino”, passa solo
più a rivestire il ruolo di “complice”, addossandosi invece a lui stesso la materialità del delitto.
▪ Ma c'è di più, come vedremo il 24 agosto

▪ ma c'è di più, anche appena si andranno a vedere le dichiarazioni del Natalino

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• 12) Dopo aver chiamato in causa il SV, i Carabinieri ovviamente lo rintracciano,e come
già detto, il SV fornisce a propria discolpa un alibi che si scoprirà non reggere affatto

• 13) ““in data 24 agosto .68, presso le Carceri Giudiziarie di Firenze, Il Sig. Sostituto
Dr. Caponnetto procede all'interrogatorio del Mele Stefano e del Vinci Salvatore,
appositamente invitato a comparire in quegli uffici” [Rapporto Matassino]
▪ “Il Mele, dopo aver reso una piena confessione, raccontando i fatti in modo
minuzioso, caduto in contraddizione circa il correo, finisce col dichiarare che non
si tratta del Vinci Salvatore, bensì del Vinci Francesco, fratello di quest'ultimo”
[Rapporto Matassino]

▪ e con le parole del Ten. Col. Torrisi: “il MELE Stefano, nel ritrattare l'accusa
contro VINCI Salvatore, lo fa in un modo plateale: chiede al magistrato di avere
subito un confronto con il suddetto ed al suo cospetto, gli si butta ai piedi
piangendo, chiedendo perdono” [Rapporto Torrisi 311/1].

▪ e con quelle del G.I. Mario Rotella: “chiedendogli perdono piangendo (la qual
cosa è attestata a verbale del 24 agosto 1968, in vol. 1 A)” [Sentenza Rotella]

Il passaggio da accusa, a correità, a scagionamento, per quanto possa sembrare strano ha


invece una sua semplice comprensibilità logica come vedremo; ma prima bisogna ancora
mettere occhio alle dichiarazioni del Natalino, compito questo, del prossimo capitolo.

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Un figlio di tanti padri, un nipotino per tanti zii, comunque un testimone

Dei dubbi sulla reale paternità di Natalino Mele [ NdA: NM in acronimo], già si è sentito e letto
molto, in parte anche già in questo documento.
Adottando come al solito il ragionamento che vuole che i dati spuri e incerti vengano messi
da parte per poter arrivare al cuore del problema, non ci staremo a porre troppe domande in
merito; nel senso che se il NM fosse veramente fisicamente figlio del SV o del SM, a noi poco
interessa e, nemmeno volendo, lo potremo mai sapere in mancanza di un esame del DNA.

Interessa invece, perché questo non è più un dato incerto, ma una evidenza, che già
all'epoca, vi fossero dubbi su tale paternità. Ossia, in mancanza di un esame del DNA, mai
fatto, né il SV, né sua moglie o i suoi fratelli, né il SM, né nessuno della sua famiglia poteva
sapere con certezza chi il padre realmente fosse.
Il NM diventava così una sorta di “figlio elastico”, al quale ognuno a seconda del proprio cuore
e delle proprie convenienze o seconda delle proprie facciate di onorabilità da rispettare, lo
poteva tirare di qui o di lì: fregarsene o difenderlo; badargli o indirizzarlo.
• Giovanni Vinci, “Pensa che neanche la Locci sapesse a chi era figlio Natalino” [Sentenza
Rotella]

• “Teresa Mele aveva detto, fin dal 1982 al p.m. (v. r. 4.7 circa l'atto, reso il 21 agosto)
di aver sentito delle voci secondo le quali, la cognata Barbara 'vantava' in giro che
Natalino non era figlio di Stefano, bensì del Vinci” [Sentenza Rotella]

• “Alle voci non si può dare alcun credito. Senonché Stefano ha affermato (30 maggio
85) che i suoi fratelli gli dicevano che Natalino era figlio di Salvatore (quello tra i Vinci
che, all'epoca del concepimento, era con lui convivente)” [Sentenza Rotella]

• “Non si può escludere, quindi, che il bambino possa essere figlio del prevenuto”
[Rapporto Torrisi]

Chiarito questo aspetto e messo nel cassetto l'esistenza di un significativo dubbio che
aleggiava nelle menti dei soggetti di riferimento, torniamo ad occuparci della notte del 21-22
agosto.

Il Natalino, che a suonare il campanello sarebbe arrivato camminando da solo nella notte,
non convince i Carabinieri. Infatti
• dalla macchina alla casa del De Felice la distanza si aggira tra i due e i tre chilometri
[NdA: più tre secondo il Rapporto Matassino: “circa tre chilometri”; poco più di due secondo la Sentenza
Rotella “poco più di un paio di chilometri”]

• giunse “scalzo” [Rapporto Matassino], con ai piedi solo dei “calzini gialli” [Rapporto Matassino]

• che le scarpe del Natalino furono rinvenute nell'auto

• che “la zona è completamente al buio, il cielo è coperto, vi è una leggera foschia e
molta umidità” [Rapporto Matassino]

• “né i piedi presentavano segni di ferite o graffi” [Rapporto Matassino]

• la strada è incomoda da percorrere a piedi, e non è transitabile con i mezzi: infatti:


▪ “con fondo ghiaioso” [Rapporto Matassino]

▪ “ostacoli formati da mucchi di ghiaia” [Rapporto Matassino]

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▪ “grosse pietre taglienti” [Rapporto Matassino]

▪ “mucchi di massi e ghiaia di monte tagliente, appena scaricata in attesa di


essere cosparsa sul piano stradale” [Rapporto Matassino]

▪ “Il percorso era impossibile per un veicolo a quattro ruote, se non anche
a due, e disagevole per persone a piedi, pure ben calzate“ [Sentenza
Rotella]

La cosa non è cosa di poco conto, anzi! Per alcune ragioni:

La prima: il racconto iniziale di Natalino non poteva corrispondere al vero; dunque il


bambino, che già aveva prestato solerte attenzione a non comunicare alcuna informazione
realmente utile ai suoi soccorritori, ma anzi sembrava quasi avesse fornito volutamente una
versione atta a rallentare la possibilità che le Autorità si presentassero il prima possibile a
casa del Padre, non poteva essere giunto fin lì da solo. “qualcuno” doveva averlo
accompagnato.
• il NM: non dice il proprio cognome (“il bambino dice di chiamarsi Natalino e che è di
Lastra a Signa”)

• il NM non dice che son stati ammazzati a pistolettate, ma si limita ad un più banale
“son morti in auto” che pare quasi parlare di un incidente (“mamma e lo zio che sono
morti in macchina”)

• il NM non dice dove sia la “casa” alla quale poi dopo il sonno ristoratore vuole essere
portato (“Dopo mi accompagni a casa”... ma a quale indirizzo?)

• i Carabinieri infatti giungono a casa del SM solo tramite l'identificazione della Locci di
lui consorte, e non perché il NM gli abbia detto dove trovare il padre “malato”

Tutte cose che fanno molto ragionevolmente, anche a priori, pensare ad una imbeccata del
Natalino [NdA: con tutto quello che ne consegue, come vedremo ]

la seconda: conseguentemente, anche la chiamata di correo al SV fatta dal NM, conteneva


per lo meno delle macro inesattezze [NdA: per essere di manica larga, o altrimenti si potrebbe pensare
che fosse una versione di comodo pre-pensata]

la terza: chiunque abbia accompagnato Natalino, non può averlo fatto in auto [ NdA: e come
vedremo, un'auto era assolutamente necessari per poter compiere il duplice delitto; quindi chi accompagnò il NM
non poteva essere “l'autista”, che se non avrebbe dovuto lasciare l'auto nei pressi della scena del delitto per quasi
paio d'ore – andata e ritorno – cosa assolutamente implausibile ]; per o meno non secondo il tragitto che
il NM quella notte stessa, al buio, fu in grado di fare senza perdersi ed esaltandosi quando
incontrano “le montagne” , citazione dal rapporto Matassino, usata dal bambino alla vista dei
cumuli di ghiaia e rocce, a conferma della veridicità del tragitto [ NdA: tramite altra strada, la casa
del De Felice è ovviamente raggiungibile in auto ]

la quarta: discende principalmente dalla prima constatazione, ed in parte dalla terza e si


porta dietro importanti conseguenze; ed è quella della obbligatoria premeditazione del
delitto.
Infatti: il NM andava “istruito” sul come comportarsi, sul cosa dire che non fosse qualcosa di
compromettente.
Si può dubitare che il tempo della “passeggiata notturna” possa essere stato sufficiente per
“istruire” perfettamente in tal senso il NM, già assonnato e plausibilmente shoccato dalla vista
della mamma morta, ma altrettanto è corretto dubitare che proprio al bambino che passava

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tutto il suo tempo con la madre anche quando questa andava a far l'amore coi suoi amanti,
potesse essere stato “accennato” qualcosa antecedentemente. I rischi che il piccolo NM
qualcosa si facesse innocentemente sfuggire sarebbero stati troppo elevati.

Dobbiamo quindi accettare che l'accompagnatore misterioso potesse avere a disposizione


solo quella frazione di tempo per calmare, rincuorare ed “istruire” il NM, cosa che tra l'altro
contribuirebbe a spiegare almeno una parte del perché di una passeggiata così lunga e
soprattutto così distante dal luogo del delitto.
• Si noti che: In merito al perché dell'accompagnare il NM fin nei pressi della casa del De
Felice, è necessario anche analizzare una purtroppo “infelice” frase del G.I. Rotella, in
merito alla residenza del Silvano Vargiu. Data la portata del significato che
l'informazione può rivestire, ma data anche l'infelice mancanza di precisione della frase
del G.I. Rotella, tale argomento viene tratta in capitolo a se stante, a puro scopo di
conoscimento e non viene incluso con forza probante nel ragionamento sotteso in
questo documento di studio. Vedasi Capitolo “il caso della casa del Vargiu”

Il fatto stesso che il NM dovesse coi suoi silenzi garantire una finestra temporale almeno al
suo accompagnatore, porta con sé che l'accompagnatore del Natalino non gli poteva essere
sconosciuto [NdA: un altro motivo che con forza cancella l'ipotesi che a colpire a Castelletti di Signa nel 1968,
potesse essere stato un MdF già compiutamente MdF ], e anzi doveva godere della sua piena fiducia

La scena delittuosa poi, deve essere abbinata alla necessaria a presenza di almeno un'altra
figura in chiave almeno almeno di autista [ NdA: Più avanti nel dettaglio, vedremo come a queste due
figure, sia necessari affiancarne almeno ancora una, portando il numero degli assalitori ad almeno 3 distinte
persone.]. Autista che, percorrendo velocemente l'altro tragitto, ha tempo a disposizione per
compiere “quello che deve fare”, e poi anche passare a riprendere il suo complice SM,
avvicinandosi alla zona della casa del De Felice, pur mantenendosi a debita distanza, proprio
grazie alla velocità del mezzo a “4 ruote”.

Tutto questo ci dà un chiaro quadro di un pianificato agguato.


Ed il NM, ubbidiente bambino, anche se senza sapere a cosa stesse partecipando, regge bene
la parte. Inizialmente.

Ma il NM è solo un bambino appunto, adorato e venerato dal nonno Palmerio [NdA:il vecchio
Palmerio era attaccatissimo al nipotino maschio”], forse proprio per via proprio delle voci che
lo vedevano come possibile figlio di “padre ignoto”, o anche solo in quanto ufficialmente è il
bambino che porta continuità alla linea di sangue di famiglia

NM all'epoca ha circa sei anni, essendo nato il 25 dicembre del 1961.

E così, come normale che succeda ad un bambino, “la concentrazione” viene in fretta meno, e
di lì a poco, complice un autorevole “cazziatone” da parte del Maresciallo Ferrero che lo
redarguiva che se non avesse raccontato la verità “questa notte, al buio rifaremo la stessa
strada, però senza scarpe come quella notte” [Rapporto Matassino], il NM, privo delle indirizzanti
familiari figure al fianco: già cede.
• “Al che il Mele di scatto rispose: “No! Quella notte mi portò il mì babbo”, precisando “a
cavalluccio”” [Rapporto Matassino]
▪ cosa coerente coi piedi e i calzini non rovinati
▪ con l'impercorribilità della strada con un mezzo a 4, 3, o 2 ruote
▪ con la figura di un bambino di appena sei anni,
▪ al buio di notte,
▪ su una strada incomoda e a lui sconosciuta
▪ che non “vede” le altre case più vicine nei pressi del tragitto
▪ che giunge alle “due in punto” a casa del De Felice [NdA: casa prossima a quella

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dove in indeterminato periodo “intorno a quegli anni” ha abitato il Silvano


Vargiu. Si veda in merito la Sentenza Rotella e l'apposito capitolo]

Sarebbe quasi già la fine della storia per quanto riguarda Natalino, ma altri punti è ancora
bene chiarirli in quanto significativi e degni di attenzione.

Il primo, di minore importanza, ma che può sempre tornare utile archiviare come data
certezza, è che il NM, poteva arrivare a suonare il campanello [ NdA: “Il Mele istintivamente
alzò il braccio senza peraltro poter raggiungere il pulsante perché era troppo alto, ma egli
immediatamente mise il piede sinistro sul gradino della porta, si appoggiò allo spigolo del
muro, e con la mano destra, allungandosi, suonò il primo campanello partendo dal basso ” -
Rapporto Matassino]

Il secondo: per compiere il tragitto a piedi, di giorno alle ore 16.30 [Rapporto Matassino]
accompagnati dal Natalino, I carabinieri ci impiegarono “40 minuti” [Rapporto Matassino]; il che
significa che per percorrere la stessa distanza, lo stesso tragitto, nottetempo e al buio, il
tempo di percorrenza del tragitto possa essere correttamente valutato in almeno un'ora di
cammino, soprattutto se fatto da una persona con un bambino in spalle.
Il NM, sappiamo giunse a casa del De Felice alle 2,00 in punto, facendoci così spostare l'inizio
della camminata alla 1,00 di notte, cosa che trova congruenza temporale col fatto che i due
amanti, Lo Bianco e Locci, erano usciti dal cinema “dopo l'ultimo spettacolo” [Sentenza Rotella]

Sappiamo che “Vi sono circa cinque chilometri e mezzo dal cuore di Lastra a Signa a
Castelletti, dove è avvenuto il duplice omicidio” [Sentenza Rotella], e sappiamo che:
• “Poco meno della metà del percorso, dalla piazza del cinema ...SNIP... principia in
salita ed è assai disagevole.
Si stima probabile l'uso di un veicolo a motore per seguire la 'Giulietta' del Lo
Bianco. [Sentenza Rotella]

• "Non si pensa alla possibilità che l'omicida fosse già sul posto ad attenderla. [Sentenza
Rotella]

• "Ed in effetti le indagini successive non dimostrano che in quel luogo, a preferenza di
altri, la coppia fosse solita portarsi (salvo un'affermazione in contrario di Giovanni
Mele, fratello di Stefano, nel 1984)” [Sentenza Rotella]

E questo, congiuntamente alle parole di SM “Salvatore Vinci aveva la macchina a quattro


ruote” [Dichiarazioni dello Stefano Mele – escussione del 16 gennaio 1984 – Sentenza Rotella ], ci dà la
possibilità di affrontare con logica e serenità il futuri capitoli.

Sfortunatamente per il lettore però, prima di arrivarci, è necessario passare attraverso altri
gradini, sia perché con Natalino e le sue dichiarazioni non abbiamo ancora concluso [NdA: la
fatidica affermazione del “Salvatore tra le canne”, ha bisogno di essere analizzata prima di compiere il passo
successivo], sia perché è anche grazie alla sua storia che meglio si può leggere la
pianificazione, la premeditazione e l'organizzazione che sta dietro al delitto di Castelletti di
Signa.

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Tra le canne a spiare

Iniziamo col ricordare che nel corso dell'interrogatorio del 23 agosto 1968 del SM [ NdA: ossia
quando il Mele Stefano fa il nome del SV la prima volta ], “assiste il cognato del predetto, MUCCIARINI
Piero” [Rapporto Torrisi 311/1], lo stesso Mucciarini, ossia lo “zio Pieto”, che assieme al Giovanni
Mele vennero il “26 gennaio 1984, imputati di concorso in omicidio e indiziati per i delitti
avvenuti dal 1974 al 1983”.
• avremo modo, nella sezione dedicata al delitto di Baccaiano, di meglio analizzare il
perfetto tempismo di questo biglietto; e come si appunto in seguito meglio si capirà,
come tale dato sia oggettivamente un dato a supporto della ricostruzione fornita in
questo documento di studio a proposito del delitto di Signa e dei partecipanti, ruoli e
motivazioni

Si tenga anche presente che il Giovanni Mele, autore del famoso biglietto ritrovato in tasca al
SM, “è il fratello gemello della morente Antonietta. E costei lascia tra l'altro una figlia minore.
Non si vuole correre il rischio che la ragazza, rimanendo orfana di madre, perda anche il
padre, Piero Mucciarini” [Sentenza Rotella]

“Al momento (agosto 1982) non solo non v'è dissapore, ma solidarietà tra i due cognati”
[Sentenza Rotella]

Finita la digressione e tornando adesso indietro nel tempo, dopo la morte della Locci, il
piccolo Natalino viene affidato alle amorevoli ed interessate [ NdA: interessate, come minimo perché
Natalino è l'unico testimone di un delitto che in un modo o in un altro, prima o poi, vede coinvolte persone del
nucleo familiare del clan] cure del Clan Mele; in particolare alla zia e al marito di lei [ NdA: Maria
Mele e Piero Mucciarini... lo zio Pieto, per intendersi ], “prima di essere rinchiuso presso l'Istituto
Vittorio Veneto di Firenze” [Rapporto Torrisi 311/1]

Significativo il riassunto fatto dal Ten. Col. Nunziato Torrisi per introdurre l'ultimo particolare
di rilievo di interesse per questo documento di studio, citato dal piccolo Natalino:
“Ma non è solo il MELE Stefano ad indicare il nome del VINCI Salvatore, perché nell'aprile del
1969 questo nome, anche se in modo indiretto, ed in un certo senso ancora più attendibile,
tenuto conto della persona che l'ha indottrinato e delle circostanze di tempo e di luogo
inerenti l'acquisizione della notizia, viene fatto dal figlio Natalino” [Rapporto Torrisi 311/1]

Ma Natalino, sottratto alle pressioni familiari del Clan e ricoverato presso l'Istituto Vittorio
Veneto, “posto a suo agio, mediante una costante ed appropriata azione psicologica
tranquillizzatrice, sentito dal magistrato Domenica 21 aprile 1969, dà presente sul luogo del
delitto il padre e lo zio Piero, da Scandicci (MUCCIARINI Piero)” [Rapporto Torrisi 311/1]
E “infine, aggiunge che: "LO ZIO PIERO MI DISSE DI AVER VISTO SALVATORE TRA LE
CANNE". [Rapporto Torrisi 311/1]

“Nel secondo interrogatorio di martedì 23 aprile 1969, il bambino, nell'indicare la stessa


persona di due giorni prima, che nella circostanza si accompagna al padre ed è proprio quello
che ha sparato, lo chiama questa volta Pietro. Il bambino, ulteriormente invitato a precisare
altri particolari che servono ad individuare e ad identificare Pietro , fornisce una dettagliata
descrizione di quest'ultimo, circa la sua attività lavorativa, le sue abitudini, la composizione
della famiglia, la residenza, le caratteristiche fisiche, che indicano in maniera inconfutabile il
Piero MUCCIARINI”. [Rapporto Torrisi 311/1]

“Infine, il bambino, ulteriormente sollecitato nel senso, dimostra di distinguere nettamente


uno zio Pietro ed uno zio Piero, che lo zio Pietro è quello di Scandicci, quello che ha sparato, il
marito della zia Antonietta, presso cui ha abitato dopo i fatti ...SNIP... mentre lo zio Piero
sarebbe il fratello della mamma, che abita in San Casciano Val di Pesa. Il bambino

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evidentemente ha scambiato i nomi, ma non le persone”. [Rapporto Torrisi 311/1]

Altrettanto illuminante il resoconto fatto dal G.I Rotella:


“A riscontro si legga ciò che, in corte d'Assise, il m.llo Ferrero ha riferito (18.3.1970, c. 57):
"Dopo qualche giorno" in casa del Mucciarini, il Mucciarini mi riferiva che anch'egli aveva
cercato d'indagare presso il bambino per apprendere la verità su quella sera, ma senza
risultato perché il bambino diceva di non aver visto nulla". Aggiunge il sott.le che, ricoverato
il bambino (n.d.s., a circa un mese dai fatti) presso il 'Vittorio Veneto', il direttore
dell'istituto, giorni dopo, lo avvertì che il bambino diceva qualcosa.
Egli si era recato a sentirlo e il bambino aveva narrato che, svegliatosi ai primi spari, aveva
visto la mamma immobile e sentito il Lo Bianco dirgli, appena prima di morire, che avevano
loro sparato.
Natalino, infine aveva detto 'di essere sceso dall'auto e di aver visto tra le canne Salvatore'.
Ferrero conclude: "Ho interrogato altre volte il bambino e il bambino fece il nome di uno zio
Pierino come autore del delitto, abbandonando la versione sul Salvatore e dicendo che questo
zio Pierino aveva una figlia a nome Daniela". Mucciarini è appunto lo zio Pierino, che ha una
figlia con quel nome. Il 21 aprile 1969 (1º esame) il g.i. interroga Natalino che, dopo aver
riferito di aver visto sul luogo del delitto suo padre e lo zio Pierino, al quale ne attribuisce
l'esecuzione, risponde a domanda di aver visto anche Francesco Vinci (che intanto, dopo una
ritrattazione, la chiamata in correità di Cutrona Carmelo, poi abbandonata, suo padre ha
definitivamente ripreso ad accusare). Il giudice gli fa ripetere il nome di tutte le persone
viste, ed il bambino 'non menziona Francesco Vinci'. Alla domanda perché non abbia ora
ricordato Francesco Vinci, il bambino risponde: "Me lo disse il babbo di dire di averlo visto". Il
giudice istruttore gli domanda se lo zio Piero, l'altra persona da lui data presente sul luogo
del reato, gli abbia detto di 'non dire nulla'. E Natalino risponde di no. Il giudice sospende
l'interrogatorio, 'per non stancare il bambino che appare commosso'. 'Prima di allontanarsi'
gli rinnova la domanda 'se lo zio Piero gli abbia detto di non dire qualcosa' e il bambino dice:
"Mi disse di aver visto Salvatore tra le canne". La risposta del bambino appare genericamente
attendibile.
È verosimile che un discorso relativo a 'Salvatore tre le canne' sia stato fatto proprio con lo
zio Pierino, a stregua di quanto si è osservato sopra, circa le indicazioni di Mele contro
Salvatore Vinci, presente il Mucciarini, e la testimonianza di Ferrero che quest'ultimo abbia
sondato il nipote, mentre lo teneva in casa. Natalino non riferisce che lo zio Pierino gli aveva
detto di 'Salvatore tra le canne' sul luogo del reato. La sua affermazione è parallela all'altra
che suo padre gli disse di dar presente Francesco Vinci, e si sa che tale imbonimento è stato
fatto da S. Mele, in casa, la sera successiva al delitto. Si evince che Natalino sta rivelando in
senso meramente oggettivo, e metastorico, i suggerimenti avuti, senza collegarli ad una
ragione d'opportunità o di interesse di chi glieli ha dati. Le sue risposte in questo limitato
contesto appaiono neutre.
E la sua attendibilità in merito non può essere messa in discussione”
[Sentenza Rotella – si consiglia inoltre la lettura del precedente capitolo di tale Sentenza, il “3.6 Possibili
cause della menzogna di Natalino”, per una più completa trattazione dell'argomento ]

Interessante ed illuminante questa parte di vicenda, non solo per la citazione di una presenza
“X” “tra le canne”, ma anche e soprattutto per il suo sintomatico indice di “attenzione” in seno
al clan Mele.
Ma un'attenzione, si badi bene, mai volta ad individuare il nome dell'assassino della moglie
del SM, ma sempre e solo direzionata a confondere le acque ora su un nome, ora su un altro.

Ma è interessante ed illuminante, anche proprio per la paventata presenza dell'ulteriore


signor “X” quale che sia, tra le canne.
Infatti, che se ne siano resi conto o no, indotte o meno le dichiarazioni del NM in tale senso,
altro non fanno che avvalorare l'idea [NdA: supportata anche da altri fattori, in seguito elencati in
apposito capitolo] che quella notte del 21 agosto 1968, a Castelletti di Signa, agirono in comune

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accordo più persone, sodali tra lo loro, al fine di uccidere la Locci [NdA: e il Lo Bianco con ella].

E più persone, sodali tra loro, significano: un gruppo e soprattutto un piano d'azione. E
questo, a sua volta, chiama a gran voce l'attenzione sulla premeditazione.

Ma se vi è premeditazione, e vi è, vi deve essere una ragione ben specifica per la quale


commettere un reato.

Che il delitto del 1968 non sia un delitto alla cui base si possa identificare un momento di
raptus, caso mai qualcuno lo credesse o lo abbia mai creduto: questo è un buon momento
per cancellare quella ipotesi. Del resto, già la Perizia De Fazio era stata solerte nello scartare
una simile ipotesi, così come solerte lo era stata nel vederlo come un delitto di scopo, a
differenza dei successivi della calibro 22 L R, “privi di scopo”.

Come da premessa non è scopo di questo studio però determinare nel dettaglio i nomi degli
autori tutti del delitto di Castelletti di Signa, eppure, come si vedrà qualche capitolo più
avanti, seguendo il ragionamento proposto e le informazioni a disposizione, tale
individuazione, essi verranno fuori da soli [NdA: i primi due, dati per certi, per il terzo nome, vi sono
indicanti motivi di alta plausibilità].
Questo è un documento che si interessa del MdF, e che solo perché la calibro 22 L.R. lì fece la
sua prima comparsa, di tale delitto si deve occupare, perché solo arrivando a capire, anche
attraverso le modalità e i possibili attori in gioco, la ragione di tale delitto, possiamo giungere
a determinare a chi tale arma rimase “in tasca”.

Quello che conta, come detto fin da inizio documento di studio, è che ogni risultato
conseguito, è conseguito senza introdurre alcuna “variabile pensata a parte pur di far
combaciare delle tessere di puzzle”.
Certo, una ipotesi di fondo è innegabile, e non viene negata, ma al fine del ragionamento e
dello svilupparsi del lavoro, l'importante è appunto che nessun dato sia stato “inventato di
sana pianta”, nessuna “variabile esterna” sia stata introdotta al fine di far quadrare punti che
se non non quadrerebbero” e che non si sia ricorsi a dei banali “secondo me deve essere....”.

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Non c'è gruppo senza un piano, ma c'è un piano anche senza un gruppo

Facciamo una specie di piccolo riepilogo, e vediamo cosa ci ritroviamo tra le mani fin ora:

Abbiamo un duplice omicidio, commesso:


• fuori da un centro abitato, al “buio completo” [NdA: Rapporto Matassino]

• in una località già di per sé scomoda da raggiungere, ma soprattutto che non risulta
essere, almeno fino al momento del delitto stesso, nota con matematica certezza ai
suoi autori [NdA: "Ed in effetti le indagini successive non dimostrano che in quel luogo, a preferenza di
altri, la coppia fosse solita portarsi (salvo un'affermazione in contrario di Giovanni Mele, fratello di
Stefano, nel 1984)” - Sentenza Rotella]

• abbiamo che siamo nel 1968, e in tale data non esistevano né cellulari né sistemi di
pronta comunicazione che non fossero i telefoni fissi di case e i telefoni fissi della
cabine pubbliche e dei bar [NdA: indubbiamente esistevano anche radio portatili, ma non è
segnalata traccia in nessun documento di indagine, che simili apparecchiature siano state rinvenute
durante nessuna delle svariate e ripetute perquisizioni svolte ]

• abbiamo un delitto “di scopo”, non maniacale

• abbiamo un testimone, sopravvissuto, che fin da subito indica la presenza del “proprio
padre” sulla scena del crimine.

• Abbiamo comunque la necessità che una figura di fiducia del piccolo, sia presente sulla
scena del delitto, proprio al fine di occuparsi del bambino stesso post delitto [ NdA: la
salvaguardia della vita del piccolo NM, oltre che logicamente plausibile visti gli attori e i legami in gioco, è
comprovata dalla sua stessa sopravvivenza ], dando per scontato che chiunque commetta un
delitto, se può, cerchi di non farsi riconoscere, fosse anche solo da un bambino

• le dichiarazioni “omissive e dilatorie” del NM dimostrano inoltre un chiaro


indottrinamento in tal senso, proprio da parte della figura di fiducia accompagnante il
bambino fin nei pressi della casa del De Felice; unica persona ad aver avuto circa
un'ora di tempo da sola col bambino nelle immediatezze del post delitto [ NdA: il NM
nemmeno dirà il cognome e i Carabinieri identificata la Locci, avvertivano “il Maresciallo Funari Filippo,
Comandante della Stazione di Lastra a Signa, affidandogli l'incarico di accertare la posizione del marito
della Locci” - Rapporto Matassino]

• abbiamo dei “bersagli” che devono essere seguiti fino in loco, affinché l'assassino/gli
assassini abbiano la possibilità certa di colpirli

• abbiamo il principale indiziato che dopo un primo tentativo di chiamarsi fuori dai
sospetti, a causa delle parole del figlio, unico sopravvissuto, confessa e si autoaccusa

• abbiamo il principale indiziato che conosce particolari che solo chi è stato presente
sulla scena del delitto al momento del delitto può sapere [ NdA: luogo, freccia, sedile
abbassato, scarpa, colpi, ricostruzione di sparo, vedasi Rapporto Matassino]; a meno che, ma no se
ne capisce né il senso né il quando, uno degli autori materiali del delitto non gli abbia
(Quando? Dove? Perché) raccontato tali particolari

• abbiamo il principale indiziato che si auto accusa, e che fa chiamate di correo

• abbiamo il bambino sopravvissuto che indica più soggetti sulla scena del crimine

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• abbiamo il bambino accompagnato “in salvo” presso la casa di uno sconosciuto


distante dal luogo del delitto

• abbiamo la coppia di future vittime che si sposta con una automobile

• avremmo anche, teoreticamente vista la mancanza di precisione della citazione del G.I.
Rotella nella sua sentenza, la casa di un amante [NdA: il Vargiu] di uno dei soggetti in
attenzione, nei pressi della anonima casa del de Felice [ NdA: “Altra singolare circostanza è
che Vargiu abbia vissuto per alcun tempo intorno al '68, nell'edificio adiacente alla casa di De
Felice, in via Vingone di S. Angelo a Lecore (via Pistoiese), lì dove fu condotto Natalino Mele la notte del
duplice omicidio” - Sentenza Rotella – dove il “per alcun tempo intorno al '68” significa tutto e niente.
Prima o durante è una cosa, dopo un'altra]

• il SM fosse incapace di sparare e uccidere

• il SM non possedesse un arma

• il SM comunque volesse bene a sua moglie nonostante i tradimenti e i soldi che lei
spendeva con gli amanti, visto che gli amanti alla Locci era proprio il SM a
presentarglieli, Lo Bianco compreso

• che il SM fosse “ufficialmente” a casa malato e tale scusa abbia usato come alibi coi
Carabinieri in prima battuta

• che il guanto di paraffina abbia rilevato sulla sua mano destra tracce [ NdA: si è già detto
della generica inaffidabilità di tale tecnica, ragione per la quale è stata poi successivamente sostituita con
la tecnica dello “stub”]

• gli alibi fasulli preconfezionati [NdA: a parte quello del SV, quello dello Stefano Mele risulta
contemporaneamente oltre che falso come alibi, anche diretto supporto che il Natalino ricevette preciso
suggerimento su cosa dire appena giunto a casa del De Felice e ai primi Carabinieri che lo incontrarono ]

Queste informazioni, ragionate, mostrano dunque come quella notte, al fine di uccidere la
Locci e il Lo Bianco con lei, fossero in accordo e presenti sulla scena del crimine più persone.

Al momento, prima del prossimo capitolo, le figure identificabili sono:


• l'accompagnatore del Natalino, nella figura certa del padre dello stesso

• l'assassino vero e proprio

Infatti la figura del SM risulta veramente indigesta vederla accoppiata a quella dell'assassino
che tira il grilletto, sia per motivi già esposti sia ad esempio perché:
• “Mele, per quel che appare, è stimato incapace del delitto” [Sentenza Rotella]

• “MELE Stefano non è mai stato ritenuto capace di perpetrare da solo il delitto, tenuto
conto sia delle esigenze organizzative che esso avrebbe comportato, e lo stesso non
possiede né i mezzi – autovettura e pistola –, né la determinazione per portare a ter ”
[Rapporto Torrisi 311/1]

• Mele è uno a cui “i suoi datori di lavoro si guardano bene da affidargli lincarichi di una
certa delicatezza” [Rapporto Matassino]

• “buon lavoratore anche se utile solo per lavori non impegnativi” [dichiarazioni di Casamento
Ignazio, datore di lavoro del SM – Rapporto Matassino ]

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• “Persino lo stesso VINCI Salvatore, da persona estremamente abile ed accorta quale è,


non può fare a meno dall'adeguarsi agli altri, allorché parla di Stefano, ritenendolo
incapace di qualsiasi azione delittuosa, del tutto inabile ad usare un'arma” [Rapporto
Torrisi 311/1]

• affetto da “oligofrenia di medio grado con caratteropatia" – [Perizia De Fazio]

• non è geloso della moglie

• il Lo Bianco glielo ha presentato lui stesso [NdA: “Per motivi di lavoro poi conobbi il Lo Bianco, e
lo presentai a mia moglie, diventarono amanti” - Stefano Mele - Intervista su La Città - 13 novembre
1982]

Ma il SM è indubbiamente presente sulla scena del crimine, valga solo il fatto che sa il
numero esatto dei colpi sparati prima ancora che le perizie necroscopiche vengano eseguite e
confermino tale numero [NdA: senza contare tutto il resto]
• [NdA: Numero di colpi esplosi, “...appresi nella sua [NdA: loro] esattezza, solo a seguito dell'esito delle
autopsie sui due cadaveri, e che quindi nemmeno i verbalizzanti conoscono...” -Rapporto Torrisi 311/1]

Quindi come minimo, abbiamo due persone che agiscono a Castelletti.


• E due persone che agiscono assieme per uccidere

• due persone che agiscono non in preda ad un raptus,

• due persone che si dividono compiti e ruoli,

• due persone che si preparano precedentemente un alibi [ NdA: il SM certamente con la falsa
malattia]

Significano una cosa sola: un gruppo, un piano ed una premeditazione.

A dire il vero, significa anche, definitivamente ed una volta per tutte, che a Castelletti di
Signa, il 21 agosto 1968, l'assassino non poteva essere un “mostro di Firenze” già
compiutamente mostro, sconosciuto, rimasto fuori dalle indagini, e che uccise in quella data
già come maniaco. Ma questo, lo avevamo già visto.
Resta comunque importante poter con forza ribadire come alcune ipotesi, a seguito della
letture delle informazioni ufficiali, non solo non abbiano alcun supporto alla loro esistenza, ma
vengano completamente smontate. Che non si venga dunque ancora più a postulare ipotesi
che vedano un MdF sconosciuto, colpire già nel 1968 a Signa: la cosa è completamente
infondata ed impossibile.

Ma, tornando a noi, due persone, pur essendo il numero minimo bastante, non sono
sufficienti a combaciare né con la logica, né con le dichiarazioni dell'unico testimone
sopravvissuto: il Natalino.

Vi è infatti come minimo il signor “X” nascosto tra le canne ancora da aggiungere, signor “X”
che non può essere lo sparatore, o per lo meno che vedremo come non lo sia.

Nulla vieta, lo sappiamo, di ipotizzare idealmente la “figura tra le canne” come quella dello
“sparatore”, lasciando così inalterato il numero dei partecipanti fin qui identificato, ma anche
in questo caso, qualcosa di indefinito lo sentiamo stridere come unghie sulla lavagna.

Infatti, adesso, non stiamo più ragionando astrattamente come fatto ad inizio documento di
studio; non stiamo più parlando di un generico delitto non maniacale.

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Adesso stiamo parlando precisamente del delitto dell 21 agosto 1968 in cui persero la vita la
Locci e il Lo Bianco, e conseguentemente stiamo parlando anche di tutti quei dati che
vennero repertati sulla scena del delitto e tramite le testimonianze.

E allora, costretti ancora ad una piccola ma utile digressione, dobbiamo momentaneamente


saltare a dare un'occhiata al prossimo capitolo: tornando ad occuparci del numero dei
partecipanti e dei loro ruoli, dopo.

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Soldi e debiti, consanguinei ed estranei

Questo capitolo si rende necessario perché, per quanto sia solo di contorno rispetto la
vicenda del MdF, risulta invece assai significativo per comprendere e dunque spiegare il
delitto di Castelletti di Signa.

Si badi bene, non si vuole minimamente sostenere che il movente di tale delitto, quello vero
e “tuttora misterioso”, sia di natura economica; ma secondo la tesi portata avanti da questo
documento di studio, non tutti i partecipanti che agirono quella notte erano mossi dallo
stesso motivo [NdA: a causa appunto del vero mistero del vero movente, che a tutti eccetto due persone
doveva restare segreto, venne astutamente messo sul piatto della bilancia degli altri partecipanti, anche il fattore
economico. Fattore che per loro aveva comunque anche un vero significato, rendendo dunque il tutto più plausibile
dunque accettabile]

Sappiamo che:
• già dalle immediatezze del delitto, “Il Mele, indicando il Salvatore Vinci come correo,
parla di una somma di lire trecentomila data a quest'ultimo” [Rapporto Matassino]

• che quindi, “si procede al sequestro, dietro ordine del Magistrato, della fotocopia del
conto bancario del Vinci ...SNIP... ma niente di particolare viene rilevato” [Rapporto
Matassino]

• “a casa di Maria Mele, quello stesso pomeriggio, i magistrati della Procura ottengono
lettere e documenti (taluni riguardano il saldo di un debito in titoli, scaduto all'epoca
del delitto, in favore di Salvatore Vinci).” [Sentenza Rotella]

• “Viene comunque accertato che il Mele Stefano, in data 21 giugno 1968, ha riscosso la
somma di Lire 480.000 (quattrocentottantamila) dalla Società Assicuratrice Tirrenia
sede di Firenze, quale rimborso per sinistro stradale” [Rapporto Matassino]

• “Immediatamente dopo i fatti in narrativa, l'unica somma rinvenuta è quella di Lire


24.625 -(ventiquatrromilaseicentoventicinque)- nel borsellino della donna, reperito a
bordo dell'autovettura” [Rapporto Matassino]

• Il SM “non fornisce chiare giustificazioni circa il modo in cui è stato speso il denaro,; si
limita a dire che i soldi venivano spesi dalla moglie” [Rapporto Matassino]

• “Si accerta, comunque, che le uniche spese da lui sostenute consistono in Lire
cinquantamila, pagate a Lisi Lionello, per un debito relativo ad acquisto di generi
alimentari” [Rapporto Matassino]

• si noti che per specifica ammissione [ NdA: riduttiva] del SM stesso, che i corpi sono stati
ricomposti, messi “a posto i cadaveri” [Rapporto Matassino]
▪ “ gli spari e poi l'apertura consecutiva delle portiere del veicolo per ricomporre i
cadaveri” [Sentenza Rotella]

▪ “Le dichiarazioni [NdA: del NM] relative allo zio Pietro sono inframmezzate dal
ricordo della madre che ripone il borsellino setto il sedile dell'autovettura, e
allo zio Pietro che fruga nel cassetto del cruscotto (dopo il delitto) e poi va via ”
[Sentenza Rotella]

▪ “il bambino è forse attendibile, avendo mostrato all'inizio di questo atto, tra gli
argomenti diversi, che sono serviti da introduzione, particolare attenzione al
denaro ed alle spese della madre ('comprava il caffè', 'aveva pagato il cinema':

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e in quest'istruttoria si è appreso, dalla voce dei cognati, che quella sera il Lo


Bianco non aveva denaro da spendere)“ [Sentenza Rotella]

▪ “A destra, tra il sedile del passeggero, dov'è l'uomo, e la battuta della portiera,
si rinvengono un borsellino da donna ed un fazzoletto” [sentenza Rotella]

Chiudiamo la raccolta informazioni per poter passare a ragionarci su, con un completo
riassunto sfruttando le parole del G.I. Rotella:

• “Il vecchio padre, stanco della convivenza e bisognoso di un'assistenza che la nuora
non gli assicurava, aveva venduto la casa in cui abitava, a prezzo inadeguato, pur di
far presto e suddividendo il ricavato tra i figli, che pure vedevano disperse maggiori
aspettative patrimoniali. Palmerio Mele andava a vivere con una delle figlie (cfr.: anche
le dichiarazioni di Marcello Chiaramonti, marito di Teresa Mele). Stefano Mele, rimasto
senza abitazione, con la sua parte, comprava una casa già alluvionata e perciò assai
malridotta nella primavera del '67 a Lastra a Signa. Ancora nell'imminenza
dell'omicidio, oltre un anno dopo, si proponeva di farne mettere a posto il tetto,
avendo avuto circa mezzo milione di lire, che era andato a ritirare a Prato in
compagnia di Mucciarini, nel giugno del '68 (si tratta di emergenze prevalentemente di
questo processo). La riparazione si sarebbe dovuta fare proprio dal Lo Bianco e da un
altro muratore. Durante il loro sopralluogo in casa Mele era comparso Francesco Vinci
(di qui forse la successiva discussione e scommessa al bar tra lui stesso e Lo Bianco
intorno alla Locci). È certo che del mezzo milione di lire, Mele all'epoca lavorava, non si
ha più traccia dopo il delitto. Nel borsellino della Locci sono rinvenute poche decine di
migliaia di lire. Mele dirà subito nel processo di aver prestato (v. interrogatorio del
mattino del 23 agosto, cap. I) 150.000 lire a Salvatore Vinci e che altre 150.000 le
aveva prestate al medesimo sua moglie. Risulterà poi lui debitore, per titoli scaduti
proprio nei giorni del delitto, di Salvatore Vinci e che forse aveva fatto un prestito,
tuttavia modesto (60.000 lire a F. Vinci). Nella sentenza della corte d'Assise, si
valorizzerà l'aspetto economico come movente del delitto.
Tutto il processo del '68 è pervaso dal sospetto che la Locci abbia speso il denaro, con
il quale Mele si riprometteva cose importanti (500.000 lire corrispondevano, nel 1968,
a più di quanto un manovale generico potesse portare a casa in cinque mesi), con gli
amanti. La sera del delitto, per concorde affermazione dei suoi cognati, Antonio Lo
Bianco non aveva un soldo (Colombo Antonino, il minore, afferma che gli aveva
chiesto un prestito di un migliaio di lire).
Nulla difatti gli si è trovato sul luogo del delitto, ed è palese che era stata la Locci a
pagare i biglietti per il cinema” [Sentenza Rotella]

E soprattutto, il proseguo sempre dello stesso Rotella:


• “Questo aspetto della vita coniugale di Stefano era ancor più rilevante per i
familiari del Mele, che non i tradimenti da lui subiti.
Mele non aveva un lavoro stabile e la moglie dilapidava quel poco che riusciva a
guadagnare. Era già anziano e con un figlio bambino: le prospettive non erano delle
più rassicuranti” [Sentenza Rotella]

Ossia,
a) da un lato abbiamo una famiglia Mele:
• le cui leve di comando stanno praticamente a dei vecchi (Palmerio e sua moglie vanno
sui novant'anni)

• con il vecchio padrone e capofamiglia Palmerio particolarmente attaccato al nipotino


Natalino [NdA: di cui esistono seri dubbi anche in seno alla famiglia sulle reali origini paterne ], e al
Mucciarini, sposo della figlia

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• con il figlio SM inetto, ormai già non più giovane, intorno ai cinquant'anni,
▪ incapace di uccidere

▪ inaffidabile sotto ogni punto di vista

▪ incapace pure di badare ai soldi di casa

• con la moglie di lui che, con lui consenziente, lo riempie di corna e disonora il nome
della onesta famiglia

• con un SM che comunque, qualsiasi cosa accada, alla “sua signora” vuole bene al
punto di continuare a presentargli gli amanti [NdA: ultimo della serie il recentissimo Lo Bianco]

• con la Locci che spende coi suoi amanti i soldi della famiglia di SM, soldi che
potrebbero essere spesi per migliorare le condizioni di casa e del piccolo NM [ NdA: a cui
il vecchio Palmerio vuole un bene dell'anima]

• una ambigua serie di prestiti, debiti, riscossioni, pagamenti, giri di soldi tra il SV e il
SM, tra la Locci e i suoi amanti, tra i Vinci e i Mele

b) dall'altro abbiamo, un duplice omicidio in cui a fine delitto:


• i cadaveri, vengono pietosamente ricomposti delle nudità

• il ninnolo della catenina, forse dono del clan ad inizio rapporti col SM a suggello del
matrimonio combinato [NdA: trattasi ovviamente di illazione; non esistono documenti in tal senso,
ma vista l'iniziale povertà della Locci, la cosa non stupirebbe affatto ] strappata via [NdA: “al collo
della donna è posta una catenina in oro giallo, spezzata in due punti ” - Rapporto Matassino], cosa che
oltrepassa la semplice e rispettosa interazione del ricomporre i cadaveri, e può invece
significare
▪ o disprezzo/punizione (a lavaggio dell'onore macchiato)

▪ o astio/arrabbiatura (per non averle trovato addosso la somma che ci si


aspettava portasse con sé)

• una somma di denaro, cospicua per i tempi e per l'ambito lavorativo del clan, non
trovata

• il piccolo Natalino, adorato dal vecchio capofamiglia, figlio ufficiale di uno dei
partecipanti al delitto, sopravvissuto, protetto, accompagnato, indottrinato e
salvaguardato

Possiamo, facendo nuovamente un passo indietro al precedente capitolo, chiedendoci se


anche la seconda seconda persona fisicamente presente sulla scena del delitto [ NdA: lo
sparatore, che per esattezza di ipotesi al momento ancora non abbiamo potuto escludere che fosse la stessa
percepita “tra le canne”], non sia logico individuarla proprio in una persona del clan.

Una persona che a differenza dell'inaffidabile SM, comunque portasse il sangue di famiglia
nelle vene, e che proprio il sangue di famiglia abbia lavato premendo il grilletto.

Ma non solo:
perché, sappiamo, c'era anche la questione “recupero soldi” di cui occuparsi, e nemmeno di
quella si poteva occupare l'inetto SM: lui doveva solo badare a tranquillizzare ed istruire il
Natalino [NdA: “Natalino ripete al magistrato quanto ha già detto al m.llo Ferrero. Il verbale è reso in forma
indiretta e offre dei dati che non risultano dal verbale di Ferrero: "Il bambino riferisce più volte che, quando si

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svegliò in macchina, vide suo padre seduto vicino a lui sul lato sinistro del sedile posteriore… suo padre lo fece
uscire dalla macchina dallo sportello posteriore destro e poi lo prese per mano, accompagnandolo fin presso la
casa dove poi da solo il bimbo suonò… per buona parte della strada lo portò a cavalluccio… ". Dichiarazioni di
Natalino Mele - Sentenza Rotella], e per farlo, si badi bene, aveva appena un'ora scarsa di tempo.

Il SM non poteva stare a perdere tempo in altre faccende: il suo compito era, se così si può
dire, il più “congelato”, quello con meno possibilità di variazioni.
Già gli si concesse il tempo per il pietoso compito di ricomporre le vesti della “sua signora”
probabilmente, altro a disposizione non gliene restava: doveva rassicurare Natalino e
d'incamminarsi il più in fretta possibile [NdA: doveva poi anche tornare a casa].
Doveva tra l'altro allontanare il Natalino dalla scena del crimine, di modo che il piccolo avesse
poche o nulle possibilità di vedere e riconoscere l'altro/gli altri partecipanti.
Si fece di tutto per salvaguardare la vita di Natalino, ma comunque, il Natalino restava o
poteva restare, un pericoloso testimone (vista soprattutto la giovane età)

Abbiamo visto come il clan Mele ormai il cuore in pace nei confronti dei comportamenti della
Locci, se lo fosse messo.
Abbiamo visto come in 8 anni, dal 1960 al 1968, mai alla Locci le venne alzata una mano in
faccia, e abbiamo anche visto come il SM alla “sua signora” le volesse bene.

Abbiamo visto ora che un ammanco cospicuo di soldi, soldi che dovevano servire a riparare il
tetto della casa dove viveva l'adorato nipotino del capo-bastone del clan Mele, a causa della
Locci era svanito [NdA: “Ancora nell'imminenza dell'omicidio, oltre un anno dopo, si proponeva di farne
mettere a posto il tetto, avendo avuto circa mezzo milione di lire, che era andato a ritirare a Prato in compagnia
di Mucciarini, nel giugno del '68” - Sentenza Rotella]

Abbiamo appunto anche letto di un ricomporre e frugare cadaveri e auto [ NdA: “ripone il
borsellino setto il sedile dell'autovettura, e allo zio Pietro che fruga nel cassetto del cruscotto ” - dichiarazioni d
Natalino Mele - Sentenza Rotella], di debiti.

• Visto che il SM era inaffidabile sia come sparatore, sia come “uomo” in grado di badare
ai soldi di casa [NdA: e infatti la Locci glieli sottraeva per spenderli coi suoi amanti, e il Palmerio li
affidava al Mucciarini]

• visto che il SM era comunque “indaffarato” a tranquillizzare il nipotino adorato di casa,


e ad istruirlo su cosa dire nelle immediatezze e sul non fare nomi [ NdA: cosa che il NM farà,
non rivelando nemmeno il cognome sue o quello del padre, come abbiamo visto ]

• visto che l'onore (e i soldi) di famiglia, giustamente alla famiglia appartengono, e se


qualcuno deve lavarlo deve ovviamente essere qualcuno della stessa famiglia, così
come per i soldi, che un estraneo potrebbe dire di non aver recuperato mettendoseli
invece in tasca [NdA: specie se tale “estraneo” fosse stato proprio uno con cui i Mele avevano storie di
debiti e con cui la Locci soldi assieme ne aveva sperperati ]

Si giunge alla ovvia ed unica conclusione che lo sparatore, obbligatoriamente sia da


individuare in un fidato membro del clan Mele.
Non poteva trattarsi di un soggetto estraneo al clan.

Era questo altro membro del clan Mele, la stessa figura presente “tra le canne”?

Al momento la risposta ancora ci sfugge, e per onestà intellettuale bisogna ammettere che a
nessuna prova conclusiva in merito si arriverà, ma tutta una serie di indizi e ragionamenti
logici, oltre che alle stesse parole di Natalino, ci fanno piuttosto pensare ad un'altra figura ed
un altro nome, come vedremo.

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Infatti, se è vero come è vero che al momento siamo giunti ad identificare due persone, dello
stesso gruppo familiare e di clan, sulla scena del delitto di Castelletti di Signa [ NdA: Natalino
Mele escluso], è altresì vero che già sappiamo della necessità di auto quella notte per poter
portare a termine il premeditato piano criminale.
Auto che nessuno del clan aveva a disposizione.

E così, finalmente, andiamo a scovare il terzo partecipante all'agguato.

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Auto segue auto, omicidio segue alibi

Dove i due amanti si vanno ad imboscare quella notte, al “buio completo” [Rapporto Matassino] e
fuori città.

• Un angolo di quiete amorosa ignoto a priori al commando di complici assassini;


▪ "Ed in effetti le indagini successive non dimostrano che in quel luogo, a
preferenza di altri, la coppia fosse solita portarsi (salvo un'affermazione in
contrario di Giovanni Mele, fratello di Stefano, nel 1984)” - Sentenza Rotella]

▪ e quindi correttamente ne consegue che "Non si pensa alla possibilità che


l'omicida fosse già sul posto ad attenderla. [Sentenza Rotella]

• la Locci e il Lo Bianco, si spostano, usciti dal cinema, in auto,


▪ sulla “Giulietta Alfa Romeo TI, targata Arezzo” [Rapporto Matassino] del Lo Bianco

• e per seguire chi velocemente si sposta con un mezzo, un mezzo è necessario per
seguirli. Auto segue auto. A piedi o in bici, proprio non si può fare
▪ “Poco meno della metà del percorso, dalla piazza del cinema ...SNIP... principia
in salita ed è assai disagevole. Si stima probabile l'uso di un veicolo a motore
per seguire la 'Giulietta' del Lo Bianco. [Sentenza Rotella]

Non è possibile immaginare un palo fuori dal cinema pronto ad avvisare i complici già
appostati sulla scena del futuro crimine [ NdA: che comunque implicherebbe anche in questo caso un a
“terza figura”]: siamo nel 1968 e i telefoni cellulari non esistevano ancora, e siccome sul luogo
del delitto non risulta che esistessero cabine del telefono, tale opzione non può che essere
scartata.
• Non è invece né inverosimile né implausibile, che almeno in un dato momento,
qualcuno del clan, abbia fatto, non notato, da palo fuori dal cinema onde avere la
certezza di quando i due amanti avrebbero iniziato a muoversi. Tale figura, in seguito,
potrebbe essere salita nell'auto degli assalitori (e dunque rientrare nel conto dei tre
partecipanti minimi) o aver terminato con la segnalazione il suo compito (portando così
almeno a 4 il numero del commando)

Ma che ci voglia una auto per seguire un auto, oltre ad essere una cosa banalmente logica da
vedere, ha fondamento anche su altre ragioni, quali ad esempio le stesse dichiarazioni dei
vari Mele, etc.

Infatti,
• “Il primo a porre il problema è stato Mucciarini., inquisito, “Il 27 gennaio 1984
dichiara: "In questi giorni mi sono posto il problema del veicolo. Stefano dice che si
andò a commettere il delitto con la vettura, ma
▪ nessuno di noi tre aveva la vettura e la patente.
▪ Perciò due sono le cose: ragioniamo
▪ o vi era uno al mio posto
▪ o vi era una persona che guidava la macchina"
[Sentenza Rotella]

abbiamo poi:

• il SM che, nelle immediatezze del delitto, dice ai Carabinieri della “Fiat/600 del Vinci”
Salvatore in piazza [Rapporto Matassino]

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• “ avendo Mele affermato di aver commesso il delitto in compagnia di altra persona e


munita di autovettura” [Sentenza Rotella]

• il SM che nelle immediatezze del delitto, dice ai Carabinieri “Aspettano l'uscita dal
cinema e li seguono ...SNIP... Il Vinci, che guida, notato il posto occupato dalla
Giulietta, ferma la sua macchina” [Rapporto Matassino]

• il SM che nelle immediatezze del delitto, dice ai Carabinieri “Raggiunge il Vinci che nel
frattempo è rimasto ad aspettarlo in macchina” [Rapporto Matassino]

• Giovanni Mele possedeva un automobile, ma solo “dai primi anni 70. Ma non poteva
trattarsi di quella. E non ne aveva possedute altre prima”. [Sentenza Rotella]

• Marcello Chiaramonti un auto la possedeva, ma in merito “udito quale teste, si è difeso


con tutta l'onestà e la limpidezza che gli ha concesso l'essere inquisito per un delitto
gravissimo, libero e con la paura di perdere la libertà.” [Sentenza Rotella]

• “MELE Stefano non è mai stato ritenuto capace di perpetrare da solo il delitto, tenuto
conto sia delle esigenze organizzative che esso avrebbe comportato, e lo stesso non
possiede né i mezzi – autovettura...” [Rapporto Torrisi 311/1]

• il 16 gennaio 1984, SM, cambiando argomento si mette a parlare del SV e dice: “ No,
non voglio dire niente contro Salvatore. Non c'è nessuna allusione. Salvatore Vinci
aveva la macchina a quattro ruote". [Sentenza rotella – dichiarazioni di Stefano Mele 16 gennaio
1984]

• “Il doppio viaggio in macchina, che ha descritto il 23 agosto, ai carabinieri in


confessione, su veicolo altrui, è più verosimile di quanto possa esserlo la versione che
concerne il ricorso al motorino del Vinci [NdA: Francesco, che possedeva un motorino]”
[Sentenza Rotella]

Ad eccezione della parte volta ad allontanare le accuse da se medesimo, comprensibile ma


ininfluente ai fini di questo documento, come non trovarsi in pieno accordo dunque con le
parole stesse del Mucciarini, “o vi era una persona che guidava la macchina” ?

Del resto, in conclusione:

• un mezzo per pedinare la coppia era necessario, obbligatoriamente, visto che la coppia
si spostava in auto.

• Il SM ed almeno un altro complice, dello stesso nucleo familiare, erano sulla scena del
delitto

• in motorino al massimo si va in due

• il Francesco Vinci il motorino l'aveva, ma non era dello stesso nucleo familiare e in più:
▪ era uno degli amanti della Locci e dunque uno che aveva partecipato ad
infangare il nome della famiglia e con cui i soldi erano stati spesi. In più, il
Francesco non aveva un segreto rapporto omosessuale con il Mele Stefano

• il Vinci Salvatore possedeva una “macchina a quattro ruote”


▪ mezzo dunque atto a seguire un'altra automobile

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▪ in grado di spostare più di due persone alla volta [ NdA: su una Fiat/600, 5 persone
possono trovare spazio, a differenza che su un motorino che al massimo ne ospita due ]

▪ il Vinci Salvatore condivideva con il SM (e con la Locci, morta) il segreto di una


intensa relazione omosessuale, in cui i due a turno prendevano il ruolo dell'uomo
e della donna

▪ il SV aveva avuto una relazione con la Locci, e quando lui, uomo che le donne le
comandava anche a suon di botte, aveva cercato di riprenderla, la Locci stessa,
donna, aveva scaricato e umiliato sia lui sia il marito accusandoli per i loro
rapporti omosessuali, preferendogli giovani uomini veri maschi

Si può dunque giungere tranquillamente alla conclusione del ragionamento, che oltre ad
identificare la necessità di una figura dotata di patente ed auto, riconosce in quella stessa
persona anche quella del soggetto in attenzione a questo documento di studio: il Salvatore
Vinci.

I conti a questo punto, vedono la scena del delitto popolata da:


– Locci Barbara, vera vittima designata

– Lo Bianco Antonio, vittima collaterale

– Stefano Mele, col compito necessario di tranquillizzare il Natalino ed istruirlo su cosa


dire e cosa tacere nelle immediatezze del delitto

– un altro membro del clan Mele col compito di sparare e cercare di recuperare i soldi

– un terzo soggetto, il Salvatore Vinci, fornitore di auto ed autista della stessa

– Natalino Mele, presenza “ingombrante” ai fini delittuosi ma la cui vita deve essere a
tutti i costi preservata:
– ufficialmente figlio del SM

– probabile figlio del SV

– adorato dal vecchio capo-famiglia in comando nel clan Mele

Non si venga a dire che queste sono solo “parole” e/o deduzioni e/o illazioni, perché di pari
passo ad un delitto premeditato e di gruppo, non compiuto sotto il momentaneo impulso di
un raptus, a riprova della su esposta conclusione in merito alla presenza del SM e del SV, vi è
anche, ed ovviamente, la necessità come per ogni delitto che si rispetti, degli alibi, fasulli, a
tenerli inchiodati alle loro responsabilità.
E fasulli gli alibi risultarono, infatti.

Non esiste infatti che al momento in cui si pianifica e premedita un delitto, non si pensi a
procurarsi alibi, ovviamente di comodo, validi a garantire agli autori del delitto stesso una
possibile impunità.

E così, andando a verificare quanto su appena esposto, ci troviamo con:


• uno Stefano Mele che inventa l'alibi della malattia [ NdA: che sia falso, lo si evince dalle
immediate dichiarazioni del Natalino a supporto della stessa menzogna - “Natale Mele, durante il
sopralluogo del 1985 (cfr. vol. 7 G, già cit.) ha ricordato e riferito che l'accompagnatore (è incerto se
fosse o non suo padre) gli diceva di ripetere che il babbo era malato a letto” Sentenza Rotella]

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• Falso risulterà anche quello, dato fin dalle immediatezze del delitto dal Salvatore Vinci,
che se non complice nell'agguato non avrebbe alcuna ragione per fornire un alibi falso,
chiedendo ad sue conoscenze [NdA: Antenucci, Vargiu, Biancalani, di cui con almeno due ha
accertati rapporti omosessuali] di mentire alle Autorità pur di coprirlo [ NdA: “L'alibi di Salvatore
Vinci, dunque, non regge obiettivamente, perché risponde ad un accadimento reale del giorno prima del
fatto. Non ne era riscontro la testimonianza del Vargiu, che, sentito a distanza di tempo dai fatti, lo aveva
confermato su richiesta” - Sentenza Rotella]

Per altri membri del nucleo familiare, e/o intorno ad essi gravitanti, bisogna innanzitutto
citare le parole riassuntive del G.I. Rotella:
• “Non si ha un accertamento esauriente della verità in materia di alibi , non che
non si voglia credere agl'inquisiti. Non è possibile dire che tutto sommato gli alibi
reggono (ordinanza del Tribunale della Libertà), quanto piuttosto che non sono
sicuramente caducati. ...SNIP... È infine da rimarcare che nel caso di G. Mele al più si
poteva ipotizzare che l'alibi fosse falso. Nel caso del Mucciarini, l'eventuale falsità,
per quanto si è osservato circa la documentazione scritta, fatta sulla scorta delle sue
stesse annotazioni, e lo scambio formale del giorno di riposo, avrebbe condotto a
ritenerlo addirittura precostituito” [Sentenza Rotella]

O, guardando più nel dettaglio:


▪ Stefano Mele: "Per quella notte Piero Mucciarini chiese e ottenne un turno di
riposo".[da “Dolci colline di sangue” - M. Spezi – D. Preston ] - [NdA: ma la fonte citata non è un
documento di indagine ufficiale, e dunque va presa con la dovuta cautela ]

▪ o, più interessante e documentato del precedente, sempre a proposito del


Mucciarini, che come abbiamo visto godeva della stima e della fiducia del capo-
famiglia Palmerio: “Più complesso è il tema dell'alibi di Piero Mucciarini per la
notte dal 21 al 22 agosto 1968. Si è appurato, documentalmente, che egli
risulta al lavoro, presso il forno Buti di Scandicci, nella zona di Casellina, quella
notte. Ma i compagni di lavoro, divisi in due squadre, non ricordano di averlo
visto nell'una o nell'altra. Il Mucciarini che riposava in quel mese, per lo più la
notte sul mercoledì, aveva, secondo, le sue ultime dichiarazioni scambiato il suo
giorno di riposo con quello di un compagno (Panicci Natale), che risultava,
secondo le registrazioni, assente proprio la notte successiva (giovedì). Il Panicci,
per parte sua, ha affermato che egli difficilmente si assentava dal lavoro, per
ragioni di bisogno e che le registrazioni sono meramente formali (per controllo
esterno del rispetto delle norme sindacali nel forno Buti) e non dicono il vero. Si
è peraltro appurato che in quella fine d'agosto 1968 è stato proprio il Mucciarini
a segnare le schede di presenza poi convertite sul registro. Mucciarini è stato
interpellato sull'alibi, formalmente in c. d'Assise, e si è limitato a dire che il suo
riposo cadeva di mercoledì. Nel 1984 ha affermato di non sapere in che giorno
fosse stato commesso il delitto (notte sul mercoledì o sul giovedì)” [Sentenza
Rotella]
▪ “Ciò è improbabile per due motivi. Natalino lo aveva accusato, a
quanto pare (e sostiene lo stesso Mucciarini, v. tra l'altro anche
l'interrogatorio già menzionato) anche in famiglia, il che imponeva una
semplice verifica sul calendario. In secondo luogo nell'ultimo
interrogatorio reso, Mucciarini ha dichiarato che l'alibi gli fu richiesto
quasi subito dai carabinieri, ed egli avrebbe detto di essere al lavoro,
perciò doveva sapere subito del rapporto tra l'alibi ed il giorno della
setti mana” [Sentenza Rotella]

▪ o i vari interessamenti, sempre dello stesso Mucciarini, lo zio Pieto del famoso
biglietto, verso le dichiarazioni del Natalino, anche se di fase successiva alla

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pianificazione vera e propria di un alibi [NdA: vedasi Sentenza Rotella]

▪ Giovanni Mele, non verificabile: “Quanto a G. Mele si è potuto appurare che, di


norma, l'azienda di Mantova in cui lavorava rispettava un periodo di chiusura
per ferie fino al 21 agosto (cfr. indagini dei carabinieri). G. Mele ha sostenuto
tuttavia di essere tornato al lavoro da Firenze subito dopo, ferragosto 1968 e
che aveva appreso la notizia del duplice omicidio, leggendola sui giornali
(Mucciarini dice di avergli telefonato). Le affermazioni di Giovanni Mele non
erano più riscontrabili documentalmente, nel 1984, presso l'azienda (indagine
dei CC. v. sopra). Sono stati fatti riscontri circa indicazioni della sorella Maria di
telefonate, attraverso una vicina di casa di Antonietta Mele, ma senza risultato.
Comunque il problema non è quello se Giovanni Mele fosse a Firenze in ferie,
all'epoca della divulgazione della notizia del duplice omicidio (che pure i suoi
congiunti affermano di aver appreso il 23 agosto), ma se potesse trovarvisi al
momento del fatto, atteso che Mantova, anche nel 1968, era raggiungibile in
poche ore da Firenze ...SNIP.... G. Mele non era stato richiesto di alibi nel 1968 ”
[Sentenza Rotella]

E' ormai tempo di andare a comprendere fino in fondo la ragione, anzi le plurime ragioni, per
la quale la Barbara Locci doveva essere uccisa.

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Perché Barbara Locci doveva morire – L'incastro dei moventi

Ormai dunque con in mano una nitida fotografia, è tempo di capire come questa sia stata
scatta; ossia illustrare al lettore il movente; la ragione per la quale la Barbara Locci doveva
morire.
Ragione che però è causa di motivi plurimi.

Infatti, se è vero come si sostiene che il motivo principe, quello segreto che sta alla base di
tutto, è fondamentalmente unico, anche se “aromatizzato” di una componente caratteriale
personale singola, è altresì vero, a detta dello scrivente, che non tutti i componenti del
commando assassino [NdA: ed altri che probabilmente parteciparono nella pianificazione o comunque
diedero il loro assenso al duplice omicidio ] fossero a conoscenza di tale ragione.
Anzi, nello specifico si ha fondato motivo certo per sostenere che realmente ne fossero
all'oscuro.

Salvatore Vinci, appena emigrato dalla Sardegna, bisex ma profondamente omosessuale, ha


“ufficialmente” una relazione sessuale con la Locci.
Ma cosa ignorata da tutti, tale relazione è ben più ampia: infatti vede coinvolta la figura
maschile del SM.: i due si scambiano tra loro il ruolo dell'uomo e della donna.

La Locci, desiderosa di nuove esperienze, sta al gioco col SV e il SM; così come sta al gioco di
essere portata alla Cascine per concedersi pubblicamente con degli sconosciuti (e se no, sono
minacce e botte, come il SV è solito elargire alle sue compagne).

Ma come dice il detto, “tutto ciò che è bello, deve finire”, così la relazione a due, e quella
“privata” a tre, col matrimonio del SV con la Massa nel 1962 e il trasferimento fuori casa dei
Mele, ufficialmente si interrompe, complice anche il fatto che la Locci, maturate un po' di
esperienze sessuali col SV e provati i suoi gusti, aveva preso a frequentare il fratello di lui,
Francesco Vinci, il maschio maschio, il duro e “balente”, che la portava ad “esibirla come
prima donna” al “bar dei sardi” in piazza Mercatale a Prato.
“La relazione di Francesco con la donna iniziò in epoca successiva…i rapporti della Locci
Barbara con Francesco non erano riservati, ma palesi e chiari…" [Sentenza Rotella]
“Il VINCI Francesco subentra al fratello Salvatore nella relazione con la LOCCI e continua a
mantenerla sino all'ultimo” [Rapporto Torrisi 311/1]

Il SV prosegue dunque la sua vita e la sua routine sessuale con la Massa Rosina, ossia
rapporti a tre con il Saverio Biancalani e altri; giri alle Cascine a cederla ad altri uomini con
cui poi accoppiarsi a sua volta; minacce e botte alla donna se osa rifiutarsi.

Ma come sappiamo, i rapporti tra il SV e il SM e la Locci o tra il SV la Locci e il SM, non sono
del tutto interrotti, o comunque vengono almeno brevemente riallacciati nel febbraio del
1968, allorquando, con il SM ricoverato in ospedale, il SV va a dormire in casa e nel letto
della Locci.

Il SM di un ritorno in casa dell'amante SV non può che esserne contento: i giochini e le


penetrazioni anali possono ricominciare, mica come con gli altri amanti della moglie, che si
dimostrano maschi tutto d'un pezzo.

Ma è un “ritorno di fiamma” che dura poco. La Locci ormai avendo a disposizione il balente
Francesco, e altri veri uomini, dei giochetti che la tengono ai margini dell'attenzione non ne
vuole più sapere più.

La “piccola donna” è cresciuta: è una ”ape regina” adesso.


E' lei che sceglie e che non si fa sottomettere. Non è più una ragazzina influenzabile [ NdA:

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anche pare non esserlo mai stata viste le botte che per tre volte lei, Barbara Locci, ha rifilato al vecchio Palmerio
quando la molestava]

Il più giovane e aitante Francesco la porta a fare la prima donna al bar dei sardi, il Salvatore
a prostituirsi alla Cascine con sconosciuti.
La differenza non è da poco.
La Locci ci impiega un minuto a scegliere.

Se poi ci si aggiunge che, senza andare fino alle Cascine, il menage che il SV propone è
quello di ritrovarsi a fare quasi la subalterna e la comparsa anche tra le lenzuola del letto di
casa propria, con i due maschi. SV e SM, che invece di dedicarle tutte le attenzioni,
preferiscono “giocare sessualmente tra di loro a fare l'uomo e la donna a turno”, si capisce e
bene come la Locci con orgoglio e carattere e disprezzo, tronchi col SV e addirittura per un
paio di mesi non vada più a letto nemmeno col legittimo marito.

Ma questa scelta di estromettere il SV dalle sue lenzuola, anche se lei ancora non lo sa, porta
con sé la sua condanna a morte.

Infatti, oltre all'offesa “personale” e al rancore per l'estromissione che la cosa può portarsi
dietro, la Locci col suo gesto fa anche un altro passo falso nei confronti del SV:
gli dimostra di essere autonoma nelle decisioni rispetto al volere di lui

Lo stesso errore che nel 1960 già aveva fatto la sua omonima, la Barbarina Steri.

Ma queste che sarebbero ragioni spicciole, quasi di poco conto, buone solo a tener viva una
fiammella di rancore, si inseriscono in una cornice, purtroppo per lei ben più ampia:
• il passato del SV [NdA: che abbiamo analizzato in pregresso capitolo]

• Il SV è in pessimi rapporti col fratello, attuale amante ufficiale della Locci.

• E soprattutto che lei e solo lei, è a conoscenza dei rapporti omosessuali che
intercorrono tra il SV e il SM

Dal punto di vista del SV:


non sarebbe affatto una bella cosa se le sue preferenze bisessuali e omosessuali andassero a
correre in giro di bocca in bocca; peggio ancora starebbero come accuse sulla bocca del
fratello col quale è ai ferri corti e che invece è in ottimi rapporti col figlio Antonio; gli stessi
Mele avrebbero qualcosina da rinfacciargli e magari anche chiudergli qualche rubinetto
economico.

E, non lo si può dimenticare, vi è quel precedente della Barbarina Steri.


Appena la donna ha provato a dimostrare nei fatti la sua autonomia decisionale, è finita
morta stecchita.
Noi lo sappiamo adesso, col senno del poi, che a questi “pochi” esempi dobbiamo invece
anche aggiungere anche tutti quegli altri che vedono il SV, picchiare, colpire, minacciare
moglie e compagne ogni volte che hanno tentato di sottrarsi alla sua volontà di comando, ad
esempio rifiutandosi di sottostare a rapporti di gruppo. All'epoca gli inquirenti non lo
sapevano invece.

Abbiamo così un SV, già maltrattato da piccolo a suon di botte paterne, violentato a militare
dopo un violento trama cranico per cui necessitò di degenza ospedaliera, già solito picchiare e
minacciare l'attuale moglie, già altamente probabile uxoricida della prima giovanissima
moglie, che ferito nell'orgoglio, denigrato per la sua mezza mascolinità, scavalcato nelle
preferenze e anche nel grado dal fratello [ NdA: “Il VINCI Salvatore, quando parla del fratello Francesco

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in sede di interrogatorio reso al P.M. in data 30 agosto 1982, è molto esplicito nell'affermare che "allora era
fratello minore, ed oggi è fratello maggiore" – Rapporto Torrisi 311/1], sente il sangue ribollirsi nelle vene
a sentirsi umiliato e cacciato dalle grazie di quella donna, di quella “puttana”.

Dall'ignaro punto di vista del “semplice” SM:


Se si scoprisse la tresca omosessuale col SV, per lui sarebbe peggio che per tutti.

Guai infatti se in famiglia Mele, nel clan, si venisse a sapere che il loro figlio, già portatore di
disonore sulla famiglia a causa della moglie è anche l'amante fedele del SM [ NdA: così fedele che
ancora quando nel 1988 il SV sarà a processo per l'uxoricidio della Steri, il vecchio amante accorrerà a
testimoniare a suo favore, scagionandolo].
Al vecchio Palmerio gli verrebbe immediatamente un infarto, gli scoppierebbe una coronaria.

Dall'ignaro punto di vista del clan:


Anche il clan, meglio se correttamente stimolato, motivi ne poteva avere. Ma bisognava
appunto “imbeccarlo un po”; compito perfetto per un ignaro “cavallo di Troia”.

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L’unico che poteva convincere lo Stefano Mele

Ma il SM, lo sappiamo, è una persona semplice al limite dell'oligofrenia di medio grado;


incapace di rendersi conto di cose troppo complicate, di arrivarci da solo a capire certe cose.
Ma con l'imbeccata giusta....

E noi sappiamo già quanto a differenza del SM, il SV sia un cervello fino, un buon
pianificatore, uno capace ad organizzare le cose, ma anche uno violento : “non lo ripetere la
terza volta perché tu sei mia ed io faccio di te quello che voglio e ricorda che io quando faccio
una cosa la faccio pulita” [Minacce del SV alla Rosina Massa – Deposizione della stessa del 15 aprile 1985 -
Rapporto Torrisi 311/1]

Ci troviamo dunque al punto in cui il SV, diciamo per “motivi suoi”, che spaziano dal rancore
alla presupponenza di sentirsi superiore alle donne [ NdA: delle quali effettivamente ha meno bisogno
di quello che sembra, essendo particolarmente interessato ai rapporti e ai legami omosessuali, come già abbiamo
visto], e al cercare comunque di evitare che si sparga in giro pubblicamente la sua preferenza
all'essere penetrato da persone del suo stesso sesso, anziché a quella del penetrare persone
del sesso opposto, voleva fortissimamente la Locci morta.
Una simile notizia, giunta in casa del clan Mele, infatti ed inoltre, gli avrebbe molto facilmente
causato anche la chiusura di quegli strani e mezzo illegali truschini economici che con il SM
aveva intrattenuto [NdA: la vicenda dell'assicurazione, ad esempio].
Inoltre, si può essere libertini fin che si vuole, ma negli anni sessanta-settanta in Italia,
l'omosessualità non era cosa di cui farsi vanto, pubblicamente, così facilmente. Soprattutto in
paesini fuori città. Meno che meno nel mondo dei “rudi e maschi” manovali dell'edilizia.

E il SV indubbiamente era un soggetto libero sessualmente, ma ricordiamoci appunto che


stiamo parlando di paesini e non di metropoli, e soprattutto che stiamo parlando dell'Italia
degli anni sessanta-settanta.
Se si pensa che ancora la giorno d'oggi, 2014, il tema omosessualità in Italia è da
considerarsi tabù al punto da avere ostruzionismi ed impasse legislativi pur di non legiferare
su questioni di parità di diritti civili in tal senso, ben si può immaginare cosa potesse
significare, soprattutto per un muratore, sardo, nel 1968, essere additato pubblicamente o
sul posto di lavoro o al bar, come “checca”.

Le cose si facevano, tra consenzienti, in posti per consenzienti. E il SV non sfuggiva a questa
regola.

Ma il SV non poteva uccidere la Locci, così, come se nulla fosse.


Per tanti motivi, primo tra tutti perché se avesse agito senza un preventivo assenso da parte
di qualcuno, ossia del SM, sarebbe finito nell'occhio del ciclone delle indagini in un istante.

Il SM voleva bene alla sua signora. Non avrebbe permesso, non fisicamente ovviamente, che
l'assassino la facesse franca. Anche senza farlo apposta, il SV lo avrebbe tirato in mezzo
raccontando di come, tra tutti gli amanti della moglie, proprio il SV e solo il SV ultimamente
fosse stato respinto. I fari della Giustizia si sarebbero subito appuntati su di lui.

No, il SV non poteva agire così, d'impeto, d'istinto.


E del resto non era nemmeno il suo stile, già si è vista la cura di pianificazione nei confronti
della Steri, che arriva addirittura a costringerla ad una falsa denuncia da poterle rivoltare
contro. Già si era visto come fosse riuscito a portare dalla sua i parenti stretti della Barbarina.
Come si può dubitare dei famigliari della vittima? La garanzia di impunità sale a livelli
esponenziali.

Ma il SV, che non è affatto stupido, sa di avere in mano un'arma più potente di una pistola

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per convincere il Mele Stefano; anzi, ne ha addirittura due.

La prima:
Se la Locci raccontasse in giro, e adesso sta pure uscendo con un “siciliano”, un “estraneo”
alle tradizioni e alla riservatezza sarda, della relazione omosessuale tra il SM e il SV, lo
Stefano Mele sarebbe è rovinato. E la famiglia con lui.

Già è il disonore della famiglia per il poco polso e le tante corna in testa, ma se i suoi, il clan,
sapesse anche che va a letto con uomini, cosa gli direbbero? Cosa gli farebbero? Come la
prenderebbero?

Al vecchio padre e capofamiglia, come minimo gli verrebbe un infarto.


Sulla famiglia tutta, sul buon nome della onesta famiglia di lavoratori, si abbatterebbe il
ciclone delle risa della gente. Il disonore sarebbe completo.
E il SM, questo proprio non lo potrebbe sopportare, nonostante la “cacciata” di casa,
nonostante l'età già avanzata, è pur sempre il secondogenito maschio, il padre del piccolo
Natalino gioia per gli occhi e per il cuore del vecchio Palmerio, che in lui vede il cognome di
famiglia continuare a sopravvivere.

Si noti in proposito come il Mele Stefano faccia le prime ammissioni dei suoi rapporti
omosessuali col Vinci solo a partire dal 30 maggio 1985, quando ormai il Palmerio è già
deceduto, la Antonietta pure e la famiglia ormai irrimediabilmente smembrata e quasi non più
esistente come tale.
Nemmeno Natalino si poteva quasi più chiamarlo figlio suo, e stavolta non per dubbi
cromosomici, ma per il semplice fatto che ormai il bambino era cresciuto tanti anni distante
dal padre che lo stesso Natalino poteva affermare in tribunale:
N.M.: Ah, io, mio padre non lo conosco neanche.
A.S.: Come suo padre non lo conosce neanche?
N.M.: Cioè, nel senso che io quand'ero piccino, l'ho conosciuto in carcere praticamente, l'ho
visto, come fisionomia, così era mia madre, perché io con loro non c'ero mai
[Natale Mele - Deposizione dell' 8 luglio 1994]

Il segreto che nel 1968 andava difeso con il sangue per preservare onorabilità e famiglia, a
famiglia non più unita ed esistente non ha più alcuna necessità di continuare ad essere
taciuto.

La seconda:
la seconda arma che ha in mano il SV è quella della passata esperienza e dell'astuzia.
Il SV sa che il SM è un “buono”, un pezzo di pane.
Sa che che il SM alla Locci, comunque le vuole bene. Sa che non è geloso di lei. Sa che il SM
può benissimo continuare a volerle bene anche se lei per qualche tempo gli si nega.

Ma il SV sa anche, perché ben se lo ricorda, che la Steri Barbarina stava per andarsene
fisicamente via.
E così, conseguentemente, sa che oltre allo spauracchio che la Locci racconti in giro delle
esperienze omosessuali del SM, allo Stefano Mele può anche vendere l'idea, vera o falsa che
sia non ha importanza in quanto comunque risulta plausibile anche a noi adesso, che la Locci
avesse intenzione di andarsene fisicamente. Di abbandonare il SM per il giovane e aitante
muratore siciliano, o per il fratello o per chissà chi altro.

A quel punto, persa fisicamente per persa fisicamente, perché non ucciderla e almeno
riguadagnare una fetta di rispetto ed onore familiare?

Il SM non ha scampo davanti a simili argomentazioni.

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Il SM non ha scampo davanti a simili argomentazioni raccontategli dal suo amante, SV.

Convincerlo è un gioco da ragazzi.


Quando realmente capirà di essere finito in una trappola, sarà troppo tardi.
E di questo, pur se ancora nascosto nelle pieghe della assoluta impossibilità di ammettere in
famiglia i suoi rapporti omosessuali col SV, il Mele Stefano ne parla.
E ne parla proprio con vecchio padre, comunque sempre suo padre e comunque ancora capo-
bastone del clan Mele, dice:
• “Palmerio Mele, di 92 anni, malfermo, ma lucido (pg. 40. loc. cit.). Egli dichiara: "Mio
figlio Stefano mi ha detto di essere innocente e mi ha fatto capire che è stato attirato
in una trappola da uno dei fratelli Vinci” [Dichiarazioni di Palmerio Mele, 16 agosto 1982 –
Sentenza Rotella]
Certo, il SM non poteva raccontare al vecchio padre che andava a letto col SV e che il
SV usò quello spauracchio come stratagemma nei suoi confronti. E certo, di suo, il SM
non voleva la morte della “sua signora”.
Cosa dire di più “veritiero” quindi al padre, se non di “essere innocente ed essere stato
attirato in trappola”, visto che al padre, proprio al padre, la reale motivazione doveva
restare segreta?

Ma convincere il SM ad accettare l'idea di ammazzare la Locci, fargli ben comprendere dei


rischi che corre lui e la sua famiglia nel caso “quella” vada in giro a raccontare a tutti di cosa
combina il SM sotto le coperte con gli uomini, non basta.
Il SV lo sa benissimo.
Sa che il SM è solo l'ultima ruota del carro della famiglia Mele, del clan.

Nel clan comandano i Palmerio, i Giovanni, i Mucciarini di fiducia del Palmerio, le zie. Non il
SM di sicuro.
Zie, tra l'altro che attivamente si attiveranno nei confronti del Natalino, non affinché
ricordasse se e chi avesse visto la notte del duplice omicidio, ma che si attivarono “al
contrario”, ossia perché il Natalino non raccontasse nulla di compromettente per la famiglia,
per i parenti:
• "Dell'oggetto di questo interrogatorio, prima di essere sentito ho accennato
brevemente per telefono solo a mia zia Maria, la quale mi ha consigliato di dire che
quella notte dormivo e quindi di non essere in grado di riferire nulla" (c. 16 ss. vol. 5C,
escuss. Testi)” [Dichiarazioni di Natale Mele , il 16 agosto 1982 – Sentenza Rotella ]

• “Una telefonata intercettata (ore 7,06 del 19.8.82, brogliaccio e perizia di trascrizione
loc. cit.) ….SNIP...Maria è preoccupata. Suo fratello Giovanni, in altra telefonata,
mostra di condividerne le preoccupazioni, e afferma che bisogna stare attenti a 'non
farsi le scarpe l'uno con l'altro' e sospetta che il telefono sia controllato (ore 19,52 st.
data, loc. cit.)”. [telefonata tra Maria Mele e Teresa Mele – Sentenza Rotella]

• “ Io non ho interesse alla revisione del processo e se c'è da firmare qualcosa sul punto,
non firmo ...SNIP... del resto il bambino stava dormendo e non ha visto nulla” [Maria
Mele – Sentenza Rotella]

Ma, e lo abbiamo già detto e visto, il SV non è uno stupido, lui non è un oligofrenico; lui è
uno che pensa e che quando agisce agisce pulito.
Lui sa che il SM non può ottenere l'assenso ad un simile estremo atto dalla famiglia [ NdA:
famiglia che in otto anni non ha mai alzato un dito contro le corna della Locci ] sfruttando la semplice scusa
che la moglie lo tradisce e dunque disonora lui e tutta la famiglia.
Nessuno gli crederebbe. Nessuno accetterebbe.

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Ma il SV sa che può manovrare il SM, e con lui di rimando l'intera famiglia Mele, con la scusa
dei soldi.

La Locci, oltre il disonore che porta tradendo il SM, sta anche prosciugando i soldi di casa;
soldi che se prima erano pochi spiccioli sottratti di soppiatto, adesso sono diventati addirittura
quasi mezzo milione di vecchie Lire del 1968. Una fortuna. E soprattutto sono soldi che
servirebbero a dare un degno tetto, nel senso vero e proprio della parola, alla casa dove vive
l'adorato nipotino Natalino.
• Buon nome della famiglia

• riscatto d'onore

• orgoglio

• un futuro migliore per il nipotino

• rientrare in possesso dei propri soldi

• il figlio Stefano che finalmente diventa uomo e accetta di fare quello che doveva fare
già da tempo

Impossibile rifiutare una simile offerta per il clan Mele.

I pesi sulla bilancia sono messi; il piatto si inclina, la morte della Barbara Locci si avvicina
inesorabilmente.

Ma perché muoia, c'è bisogno di ucciderla, e per ucciderla c'è bisogno di un piano, dei
partecipanti, dei mezzi per compierlo il delitto.
Il piano, ovviamente, non può che essere deciso, così come i partecipanti, che in casa del
clan per detti e logici motivi.
L'assassinio sarà un'opera di clan, per il rispetto che il clan merita.
Il clan dunque deve decidere.

MA il Salvatore Vinci, ha un asso nella manica: il più classico dei cavalli di troia: lo Stefano
Mele, compagno di giochini sessuali omosessuali che nessun altro deve conoscere, che come
un burattino si muove al comando di come lui agita i fili.

E così, senza che il clan sospetti nulla, quando il piano è praticamente pronto ma ci si scontra
con il problema di come e dove uccidere la Locci, nessuno eccepisce quando, su
suggerimento ed induzione dello stesso SV che non vuole essere tagliato fuori dalla sua
personale vendetta, fa il SM presente che:
• SM: “... un auto... c'è bisogno di un'auto...si imbosca in campagna, fuori casa... auto
che nessuno di noi ha... ma che io conosco una persona di cui m mi fido ciecamente,
un sardo come noi, uno che capisce, uno che in Sardegna a Villacidro mi ha
raccontato che già c'è passato in mezzo ad una situazione simile... lo conoscete anche
voi... si, è vero, è stato a letto con la Locci, ma come tanti... e poi lui non è come quel
poco di buono del fratello che sta nei giri di mala... lui è uno per bene, lavora, fa il
muratore, lavoro anche per lui ogni tanto... di lui mi fido, e poi ne abbiamo bisogno,
abbiamo bisogno dell'auto per seguirla quando si va ad imboscare chissà dove con il
suo amante.... anzi, magari così con lui chiudiamo anche quella storia del debito che
abbiamo con lui....” [NdA: dialogo fittizio, inventato dall'Autore]

Quasi tutto è in ordine ormai: è risolto il problema della decisione di uccidere, è risolto il

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problema di scegliere i partecipanti, è risolto il problema di assegnare i ruoli ed è risolto


anche quello di inventarsi degli alibi.

Si apprezzi tra l'altro, la sagace differenza di capacità organizzative e “delittuose”, tra il


Salvatore Vinci e i Mele in generale:

• dal lato SV, abbiamo un alibi, falso, ma vero e proprio; nel senso dell'unico alibi che
porta dei testimoni, fasulli, a suo favore a garantire la sua presenza in mezzo ad altre
persone.
Del resto, il SV, con l'esperienza maturata a Villacidro nel 1960, sapeva bene come
comportarsi

• dal lato clan:, gli sprovveduti di “onesta famiglia di lavoratori” dei Mele, che si riducono
ad inventarsi delle fasulle malattie per chiudersi in casa da soli o delle ferie per
allontanarsi da un luogo di lavoro per starsene a casa.

Resta il grande problema della pistola.


Lo analizziamo nel prossimo capitolo:

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Il reperimento dell'arma – NOTA DI AVVERTENZA

In merito alla fondamentale ed ineludibile domanda “Ma l'arma? Da dove arriva?”, come ben
illustrato nel capitolo “Villacidro non è Fordongianus”, bisogna innanzitutto dire non vi è
alcuna prova o univoco indizio che possa legare realmente la calibro 22 L.R. a quella
scomparsa all'Aresti Franco a Villacidro [NdA: l'unico legame è il nome del Paese, Villacidro comune con
quello del Vinci; per il resto non vi è altro ], e che dunque permetta di dire che l'arma fosse
inizialmente nella logica disponibilità del SV.

Non vi è alcuna indicazione che l'arma inizialmente fosse del SV [ NdA: solo le altalenanti
dichiarazioni del Mele Stefano stesso ], esattamente come non vi è alcuna seria indicazione che
l'arma inizialmente già non fosse nella disponibilità della famiglia Mele [ NdA: magari recuperata
durante l'alluvione di Firenze e dintorni, Lastra a Signa compresa, del novembre 1966 ] o che gli stessi, alla
bisogna, non se ne siano procurati una alla bisogna sul mercato nero o già ne fossero in
possesso.

E' dunque possibile, su questo punto seguire due distinti filoni:


• l'arma venne messa a disposizione dai Mele

• l'arma venne messa a disposizione dal Vinci Salvatore

Nessuno dei due può essere scartato a ragion di onestà intellettuale e di analisi.

Ma siccome:
1. non risulterebbe pratico sdoppiare i successivi capitoli per proporre entrambe le
versioni

2. visto il ragionamento logico sviluppato nel capitolo “il passaggio di mano con
l'inganno”, in grado di legare coerentemente e plausibilmente ogni aspetto della
vicenda fornendo supporto ad ogni successivo ragionamento senza la necessità di dare
per assodate informazioni che assodate non sono

3. scelta di valutazione personale di coerenza dell'Autore

si dà priorità espositiva alla ipotetica versione che vede il clan Mele farsi carico di mettere a
disposizione l'arma.... del resto, poi, è pure il “loro delitto”.

Non dimentichi comunque il lettore, che la versione che vede invece il SV quale personaggio
che oltre l'auto fornisce il commando assassino anche dell'arma con cui sparare, verrà tratta
a se stante a fine documento di studio in apposito capitolo.
E' infatti tenere bene presente che una tale differenza non risulta assolutamente significante,
se non in minimi dettagli, per l'impianto globale di questo documento di studio e nemmeno
influisce sull'impianto specifico della ricostruzione del delitto di Castelletti di Signa del 1968,
se non per dettagli di minore importanza.

Terminata l'avvertenza, a fondamento della versione di seguito esposta, al lettore si consiglia,


se del caso, di rileggere la sezione “CORPO DI STUDIO PARTE II - una calibro 22 che passa di
mano” ed i capitoli di cui è composto.
Vero che lì, in detta parte di trattazione, il discorso è sviluppato solo ed esclusivamente sul
piano logico e del buon senso, ossia non è strettamente calato nel contingente del delitto di
Signa e sui nomi e le storie dei personaggi che abbiamo poco alla volta analizzato e meglio
conosciuto, ma è altresì vero che una completa ripetizione degli stessi, semplicemente

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aggiungendo nomi e cognomi, sarebbe di per se stessa ripetitiva e sterile.


Ma visto che comunque non ci si può sottrarre dal fornirne una ricostruzione specifica, e
soprattutto visto quanto su detto come “AVVERTENZA”, possiamo andare ad esporre
comunque la fotografia che vede l'arrivo dell'arma.

Per i noti punti esposti già esposti, siamo arrivati a determinare che l'arma “non venne
distrutta per “necessità di conservarla a fini di ricatto/pararsi la schiena”, nei confronti di chi
quell’arma l’aveva sporcata uccidendo proprio la Locci e il Lo Bianco” [NdA: citazione dal capitolo:
“Arma sporca non si tiene, arma sporca si distrugge” e in parte anche in “il passaggio di mano con
l'inganno”].

Da qui, adesso, ragionando a ritroso ma sfruttando anche le informazioni che troverete


riorganizzate nei prossimi due capitoli, per coerenza logica, tale “necessità di conservazione a
fini di ricatto/pararsi la schiena” la possiamo vedere e comprendere appieno.

E comprenderla appieno significa solo ed esclusivamente che:


• solo chi NON era “parte integrante” del clan, ossia il SV, era l'unico che necessitava di
una simile forma di “futura copertura”

Lo stesso discorso, infatti, non può valere al rovescio:


se fosse stato il SV a sparare, addirittura con un'arma “sua”, nessuna forma di ricatto e
nessuna forma di “auto-protezione” avrebbe avuto bisogno, una volta sbarazzatosi
definitivamente di un'arma che lo avrebbe e inchiodato definitivamente.
Ma l'arma non venne affatto distrutta, dunque...

Non solo, infatti il conservare l'arma “sporca” che poteva mandarlo all'ergastolo, lasciando
piena possibilità agli “estranei” del clan di accordarsi e denunciarlo, avrebbe rappresentato se
non un atto di pura demenza, almeno almeno un rischio enorme e particolarmente
inopportuno, privo di alcuna ragione particolare. Inutile e tremendamente rischioso.

Mentre il clan era legato da una linea di sangue familiare, che come abbiamo visto ha dato
espressione comune di inquinamento indiziario, inquinamento ed indottrinamento del
Natalino, assenza di ricerca del colpevole, e dunque è strettamente e rigorosamente leggibile
come un pattern di reciproca e muta copertura; il SV, segreto deus ex machina del tutto ma
fisicamente partecipe all'azione, non avrebbe potuto godere delle stesse altrettante solerti
attenzioni di copertura, visto anche e principalmente le corna messe con la Locci al figlio SM.

Principalmente per tale ragione, capirete, si è scelta come versione prima espositiva, quella
dell'arma messa a disposizione dal clan e non dal SV.

Ovviamente, visto che non ci tengo ad “inventare-per-conseguire”, e visto ovviamente che


non posseggo né una sfera di cristallo né una macchina del tempo: non mi è possibile
indicare con certezza, dove/come/quando questa arma sia entrata in possesso del clan.

Ma la cosa, a detta dello scrivente e quindi del documento di studio, non ha la minima
importanza.
In mancanza di valida presenza indiziaria, è meglio “passare la mano”, si ritiene cioè più
corretto ammettere l'ignoranza; meglio dunque semplicemente attenersi al rigore logico che
obbliga a vedere “apparire magicamente” l'arma nella disponibilità del clan su interessamento
del clan, e prenderne atto. Semplicemente.

Questo è accettabile e ragionevolmente corretto come tipo di approccio, perché rispettoso


della “regola” seguita nello studio medesimo: ossia di non forzare l'introduzione di variabili ad
hoc per spiegare un problema, ma di attenersi a logica e coerenza di buon senso: cose

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entrambe presenti per questo punto.


Infatti questo “magico apparire” dell'arma nella disponibilità del clan, per quanto
assolutamente non provato, risulta certamente:
• determinato a seguito di logico e articolato ragionamento

• non impossibile

• ipotizzabile/spiegabile semplicemente, tramite plurimi esempi pratici

• e non per ultimo, a fine lavoro viene proposta una organica versione alternativa

Vediamo comunque come, ad esempio, tale arma potesse ipoteticamente essere stata
reperita dal clan. Lo faccio solo a fini di dimostrazione che la cosa non possa essere
considerata impossibile; come un a prova del nove al rovescio quasi.
Lo ribadisco, si tratta di pure ipotesi ed illazioni; a nessuna di questa viene attribuita patente
di certezza o maggior veridicità rispetto alle altre. Sono solo esempi che spiegano come la
cosa potrebbe essere avvenuta in mondo non difforme da esperienze pratiche di buon senso.

• Arma già in possesso precedente


▪ acquistata sul mercato nero negli anni che intercorrono tra l'anno di prima
produzione dei modelli di Beretta Mod. 70, e ad esempio, e l'anno di vendita di
casa e la cacciata del SM e della Locci dall'ex tetto paterno o successivamente
alla stessa.

▪ reperimento casuale post alluvione del 1966; alluvione che interessò anche
l'area di residenza della famiglia Mele

▪ acquisto sul mercato nero in generale, portata magari in Toscana tramite parenti
in successivi viaggi post trasferimento

▪ reperimento casuale durante attività lavorative [ NdA: ad esempio il SM aveva lavorato


sia nel campo agricolo sia in quello delle costruzioni, e il fratello Giovanni lavorava come
“guardiano notturno” - Sentenza Rotella]

• Arma acquista appositamente per il delitto


▪ acquisto sul mercato nero in zona. Pur essendo distanti dal mondo della mala
sarda, erano pur sempre sardi, e a qualche altro conterraneo con differenti
agganci, avrebbero potuto chiedere

▪ acquisto sul mercato nero, fuori dall'area di residenza Toscana [ NdA: ad esempio, il
Giovanni Mele, lavorava fuori da tale area - “luogo di lavoro, nei pressi di Mantova, ove da
ultimo faceva da guardiano notturno” - Sentenza Rotella]

Questo, per fare solo alcuni esempi a dimostrazione del fatto che la possibilità di
acquisto/possesso non è cosa così implausibile.

Come altrettanto invece implausibile sarebbe che, post-delitto, chi avesse venduto loro l'arma
si fosse presentato alle Autorità a dire “gliela ho venduta io” [NdA: virgolettato dell'Autore – trattasi
di citazione ipotetica]; cosa che non avrebbe avuto alcuna ragione di essere in quanto avrebbe
solo messo nelle grane il “venditore”, senza contare che praticamente fin da subito il SM
risultò indicato anche a mezzo stampa come l'unico colpevole di un banale delitto di gelosia e
vendetta per alcuni debiti.

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Il momento dei ruoli, il momento dei nomi

Fino a questo punto, abbiamo dunque ricostruito logicamente ed indiziariamente una scena
composta di:
• premeditazione e pianificazione

• movente (tre distinti che si amalgamano l'un con l'altro, di cui almeno uno indotto
artatamente)

• numero partecipanti

• ruoli dei partecipanti

• entrata in scena dell'arma da fuoco, la famigerata calibro 22 L.R.

Dobbiamo ancora riuscire ad illustrare nel dettaglio come tale arma, a fine delitto, resti in
possesso del SV.

Per farlo, è necessario passare attraverso la lettura sintetica dello specchietto riepilogativo dei
5 punti su accennati, visto che analizzandoli saremo quindi anche in grado di mettere
“ufficialmente” i cartellini dei nomi al loro posto, e quindi riallacciandoci a quando
ordinatamente esposto nel capitolo “il passaggio di mano con l'inganno”, trarre le dovute
conclusioni.

Pianificazione:
Avviene, come spiegato precedentemente, su due livelli:

Il livello personale del SV


che è quello del vero deus ex machina. . Pianificazione che comporta:
• lo spingere il SM ad accettare l'idea che la Locci debba essere uccisa

• lo spingere il SM ad agire come inconscio “cavallo di troia” in seno al clan al fine di:
▪ convincere il clan, la brava onesta famiglia di lavoratori, ad accettare e compiere
un duplice omicidio

▪ convincere il clan a “tirare dentro” il SV medesimo dentro il piano operativo

• preparazione dell'alibi del SV

il livello di clan
livello che vede coinvolte le figure di rispetto e comando, uomini o donne che siano, della
famiglia Mele
• è a tale livello che viene dato l'assenso al delitto

• è in tale livello che vengono scelti i partecipanti

• decisi i ruoli di azione

• individuata la necessità di avere un'arma e una macchina

• la preparazione degli alibi dei singoli partecipanti, vista l'inesperienza criminale del
gruppo, evidenziata ma lasciata ai singoli soggetti, che infatti non organizzano un alibi
comune e reciproco, tipo un banale “eravamo tutti assieme ad una cena di famiglia”,

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per intendersi. [NdA: frase virgolettata dell'Autore – Dialogo fittizio ed ipotetico]

Si presti particolare attenzione di conferma alle parole del SM; parole che devono essere
prese con il bene dell'inventario che caratterizza tutte le sue cangianti versioni, ma siccome è
dato certo la mancanza di capacità inventiva del SM [NdA “Il Mele è incapace di astrazioni, e
poco versato in concatenazioni logiche di una certa complessità” - Sentenza Rotella], la
dichiarazione in oggetto del SM del 1982, “l'accordo era stato preso una settimana
prima del delitto, con il fratello che allora, lavorando a Mantova, tornava a fine settimana,
a casa di Antonietta. Gli aveva detto che non ce la faceva più (a sopportare i tradimenti della
moglie) e che il fratello aveva preso la decisione di uccidere la moglie ed un amante sorpresi
in flagrante....SNIP... G. Mele lo confermerà, aveva ricevuto la visita di suo fratello. Rivela poi
che Mucciarini prese la notte di riposo (era fornaio a Scandicci, presso il forno Buti, dalle
parti di Casellina)” [Sentenza Rotella – Dichiarazioni dello Stefano Mele] , può e deve essere letta a
conferma dell'esistenza di un dialogo “pianificatorio” e dunque premeditato, entro i membri
del clan [NdA: anche se non come piena e completa confessione dei reali dettagli]

Movente:
come per la pianificazione, anche questo è su più piani. Tre in questo caso:
il SV vuole la Locci morta, fondamentalmente per due sue ragioni
• non sopporta di essere stato rifiutato
▪ perché disprezzato per essere mezzo uomo e mezzo donna

▪ perché a lui viene preferito il fratello

▪ perché, come con la Steri Barbarina, non è in grado di accettare che una
“semplice donna” possa non sottostare alla sua volontà ed ai suoi voleri

• non vuole correre il rischio che si sappia in giro, in ambiente che non sono quelli da lui
scelti, delle sue abitudini sessuali omosessuali (siamo nel 1968 e non nel 2014, siamo
a Lastra a Signa e non al Greenwich Village di New York City)

Il SM, “illuminato” su questo dal SV, accetta la decisione di uccidere la Locci perché
• non può correre il rischio che in famiglia si venga a sapere delle sue pratiche ed
esperienze omosessuali col SV

• viene convinto dal SV che la Locci stia per abbandonarlo fisicamente per fuggire via di
casa con qualcuno dei suoi amanti, come stava per succedere a lui stesso con la Steri
Barbarina

• in questo modo, può riguadagnare un po' di stima dal clan e contemporaneamente far
riguadagnare stima al clan

Il Clan, accetta e organizza l'uccisione della Locci, perché


• indotti subdolamente e per interposta persona, a recuperare i soldi di famiglia
(necessari a riparare il tetto della casa dove vive l'adorato nipotino Natalino)

• e un po' perché comunque così facendo, lavano l'onta dei continui tradimenti e quindi
del disonore, che la Locci porta al loro figlio e/o fratello e alla famiglia tutta

numero partecipanti
numero partecipanti fisicamente all'agguato assassino:

• minimo di 3 persone

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ruolo dei partecipanti


ogni singolo partecipante ricopre un ruolo specifico durante l'azione di fuoco:
• lo “sparatore”
(che si deve incaricare di avvinarsi alla coppia e, con massima attenzione, uccidere la
Locci e l'amante con lei appartato, facendo ben attenzione a lasciare incolume il
Natalino; ed in secondo tempo, incaricarsi di cercare e se possibile recuperare i soldi
alla Locci)
Questo è un compito di massima delicatezza ovviamente, non solo per l'uccidere in
quanto uccidere, ma anche e soprattutto (dal punto di vista degli assalitori), perché
Natalino, sangue del sangue del clan, deve restare illeso.
Un simile compito, NON può essere assegnato ad un estraneo del clan
▪ perché l'onore da riguadagnare è quello del clan stesso

▪ perché Natalino è considerato ufficialmente, membro della famiglia


(nonostante ci possano essere dei sospetti sulla reale paternità)

▪ perché i soldi sono quelli del clan, e non devono finire in mano ad un
“estraneo”, soprattutto un “estraneo” che ha approfittato sessualmente ed
economicamente proprio della Locci

• il “badante”
(che deve essere persona vicina ed di fiducia del piccolo Natalino)
▪ il suo compito è accertarsi di tranquillizzare il NM subito dopo il duplice omicidio

▪ istruirlo su cosa dire e cosa non dire alle prime persone e alle prime Autorità che
lo incontreranno, dato che nessuno può permettersi di riportare il NM
direttamente a casa, pena l'auto accusarsi indirettamente

• “l'autista”
(che deve avere e fornire l'auto): il suo compito è multiplo:
▪ deve mettere a disposizione l'auto

▪ deve, coi complici a bordo, seguire l'auto del Lo Bianco fino alla incerta
destinazione

▪ deve restare di guardia accanto alla macchina, di modo da poter rapidamente


intervenire per recuperare e portare in salvo il commando, nel caso qualcosa
andasse storto

▪ deve portare via dalla scena del crimine i partecipanti il più in fretta possibile

▪ deve riportare i partecipanti ai loro luoghi di alibi

▪ deve incaricarsi di andare a distruggere l'arma ormai indelebilmente“sporca”,


come illustrato nel capitolo: “Arma sporca non si tiene, arma sporca si distrugge
▪ questo compito gli spetta di diritto per le varie e specifiche ragioni,
illustrate nel capitolo: “il passaggio di mano con l'inganno”,

▪ anche perché una simile scelta è “sponsorizzata subdolamente” dal SV


stesso, tramite il suo “cavallo di troia” SM, al fine appunto di entrare in
possesso di uno “strumento” capace di garantirlo contro eventuali
ritorsioni e/o tradimenti da parte del clan
Adesso, girando al rovescio il filmino e partendo dalla fine dell'azione omicidiaria per andare a

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ritroso, ecco arrivato il momento di mettere i nomi ai ruoli:

• Autista, palo e incaricato della distruzione fisica dell'arma del reato:


Salvatore Vinci

• Badante e accompagnatore del Natalino fino alla distante casa del De Felice:
Salvatore Mele

• Sparatore e addetto al recupero dei soldi di famiglia:


è ipotizzabile con grado di plausibilità, ila figura dell'appartenente al clan: Piero
Mucciarini [NdA: trattasi ovviamente solo di pura ragionata deduzione logica, visti taluni indizi su di lui
convergenti]
• perché uomo di fiducia del clan, nella figura del padre-padrone Palmerio Mele
▪ “Palmerio Mele, che aveva assai stima di lui. Gli affidava, lo si è visto,
l'incombenza di andare a pagare per suo conto i debiti della famiglia di
Stefano.” [Sentenza Rotella]

• perché uomo di fiducia del clan, nella figura del consorte della Antonietta
Mele
▪ “Quanto a Natalino afferma di averlo tenuto in casa dopo il delitto”
[Sentenza rotella], partecipando così fattivamente all'inquinamento
delle dichiarazioni e dei ricordi del Natalino

• perché il suo alibi è indimostrato e/o reputato nullo, come spiegato nella
Sentenza Rotella: “Non si ha un accertamento esauriente della verità in
materia di alibi, non che non si voglia credere agl'inquisiti. Non è possibile
dire che tutto sommato gli alibi reggono (ordinanza del Tribunale della
Libertà), quanto piuttosto che non sono sicuramente caducati. ...SNIP... È
infine da rimarcare che nel caso di G. Mele al più si poteva ipotizzare che
l'alibi fosse falso. Nel caso del Mucciarini, l'eventuale falsità, per quanto si è
osservato circa la documentazione scritta, fatta sulla scorta delle sue stesse
annotazioni, e lo scambio formale del giorno di riposo, avrebbe condotto a
ritenerlo addirittura precostituito” [Sentenza Rotella]

• perché appena due mesi dopo il delitto, lui che fino a prima del 21 agosto
1968 era comunque una persona tranquilla, normale e felicemente sposato,
con un regolare lavoro e senza motivi di screzio in famiglia:
▪ cade nel “vizio di bere” [Sentenza Rotella]

▪ “In effetti risulta che nel 1968, in ottobre e insomma due mesi dopo
il duplice omicidio, abbandonò il forno Buti, per un altro, e si
diede al bere”. [Sentenza Rotella]

▪ “Condusse avanti il vizio per un decennio, andando anche in cure


psichiatriche e arrivando sull'orlo della separazione dalla moglie”
[Sentenza Rotella]

• della famiglia, era l'unico con una pregressa esperienza delinquenziale, anche
se assai giovanile e dunque considerabile “veniale”: “Risulta altresì che ha
un precedente per rapina, nell'immediato dopoguerra, che pare tuttavia, e
in quei tempi, un errore di gioventù ” [Sentenza Rotella]

• era in debito col capo-famiglia Palmerio, proprio per quella vecchia rapina:
“A riparare i danni di giustizia avrebbe provveduto il suocero

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Palmerio Mele, che aveva assai stima di lui” [Sentenza Rotella]

• è lo “Zio Pieto” del famoso biglietto: “Leggendo il nome quale Pietro, il


biglietto conserva assoluta coerenza con tutte le emergenze processuali, e
insomma con la storia retrostante, alla quale Mucciarini men di ogni altro può
dichiararsi estraneo.” [Sentenza Rotella]
▪ "Lo zio Pietro è quello di Scandicci ed è quello che ha sparato, marito
della zia Antonietta" presso il quale ha abitato dopo il delitto ed ha
ricevuto visita dal m.llo Ferrero.” [Dichiarazioni di Natalino Mele - Sentenza
Rotella]

• Dopo la morte della sorella Antonietta, nel 1983, Giovanni Mele tornato ad
abitare nella casa di cui era comproprietario con sua sorella, nascono litigi
(attribuiti ufficialmente) alla coabitazione, con Mucciarini: “Solo un anno
dopo la morte della sorella Antonietta, nel 1983, andato in pensione Giovanni
Mele, e tornato perciò ad abitare continuativamente (altrimenti era a
Scandicci solo per il fine settimana) nella casa di cui era comproprietario con
sua sorella, la questione della coabitazione di lui con Mucciarini e la figlia,
farà nascere dissapori tra i cognati” [Sentenza Rotella]

• "Lo zio Pietro è quello di Scandicci ed è quello che ha sparato, marito della
zia Antonietta" presso il quale ha abitato dopo il delitto ed ha ricevuto visita
dal m.llo Ferrero.” [Sentenza Rotella]

• Pianificatori
▪ Salvatore Vinci, come “segreto” deus ex machina

▪ ipotizzabili in questo ruolo i vari membri del clan Mele, quali ad esempio con
maggior fondamento ipotizzabili:
▪ Mucciarini Pietro
▪ Mele Giovanni [NdA: possibile fornitore dell'arma, acquistata sul mercato nero, in
area distante da quella fiorentina, quindi meno sospetta, anche grazie alle conoscenze
inerenti il suo tipo di lavoro: “guardiano notturno”]
▪ Mele Antonietta
▪ Mele Maria
▪ Mele Stefano (più che altro in versione “cavallo di troia” del SV)

Ci siamo spinti troppo in là? Può darsi.


Si noti comunque come una simile ragionata ricostruzione logica, in ogni caso, nemmeno
troppo si discosti da quella proposta dal Torrisi nel suo Rapporto 311/1; dove a differenza di
questa, sono aggiunti anche i nomi del Chiaramonti Marcello, del Giovanni Mele e che vede il
SM scappare in preda al panico [NdA: “scappato via impaurito “ - Rapporto Torrisi 311/1].
Personalmente, soprattutto in un SM che scappa, non riesco a ritrovarmici più di tanto;
mentre sul numero dei partecipanti, come detto, mi sono espresso sulla ricostruzione
minima necessaria.

Ci siamo spinti troppo in là? Può darsi.


Può darsi, ma la cosa non è nata da una specifica ed apposita mirata ricerca: è arrivata da
sola, si voglia per esclusioni di differenti logiche e indizi, si voglia per consequenzialità di
indizi e ragionamenti. E così la accettiamo e proseguiamo in quanto, come scopo del
documento recita, non è occuparci del dettaglio del delitto di Castelletti di Signa del 1968, ma
fornire un lavoro di studio sulla figura e la persona del MdF; e per quanto tanto lavoro
abbiamo fatto fino ad adesso, riuscendo, a detta dello scrivente, a collocare, senza eccessiva
sorta di dubbio, la famigerata calibro 22 L.R. post delitto “finalmente” nelle mani di un nome,

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dobbiamo ancora riuscire a spiegare come questo nome, il SV, scivoli poi nel ruolo completo
di “mostro di Firenze”.

Il capitolo Signa e delitto del 1968, può essere considerato chiuso, o meglio lo si potrebbe
considerare chiuso se volessimo sottrarci a rispondere ancora qualche domanda:

infatti ormai sappiamo:


• perché la Locci dovesse morire

• chi la voleva realmente morta

• a chi tornava comodo la sua morte

• chi pianificò il delitto

• chi vi partecipò

• i ruoli dei partecipanti

• chi mise a disposizione l'arma [NOTA*1]

• chi doveva distruggere l'arma ma non lo fece

• perché conservò l'arma

[NOTA*1]: All’interno di questo documento di studio, viene anche proposta una “versione alternativa” riguardo al
pregresso possesso della calibro 22 L.R. e passaggio di arma “sporca”. Tale versione alternativa, viene esposta
come risultante logica altrettanto plausibile, e dunque non escludibile a priori. In entrambi i casi, ragione per la
quale è inclusa in questo documento anche se in sezione a sé stante, questa versione alternativa non impatta
l’impianto generale. [NdA: Vedasi Capitolo “APPENDICI / EXTRAS/ “Ripensando il 22 agosto 1968;
una variante sul passaggio d’arma”]

Dobbiamo però ancora fornire alcuni particolari ed implementarne di già noti:


• approfondire le motivazioni che indussero il SV a non distruggere l'arma

• fornire il quadro della scena primaria nel dettaglio

• perché nessuno dei soggetti mai raccontò, a serie ufficiale dei delitti del mostro in
essere, che fine veramente quell'arma aveva fatto

• perché nessuno parlò nemmeno di fronte alla possibilità di incassare la taglia da 500
milioni di Lire

• perché Natalino dovesse essere accompagnato fino alla casa del de Felice

• affrontare il dubbio della incerta e vaga dichiarazione del G.I. Rotella, circa l'abitazione
del Vargiu, come nei pressi di quella del De Felice

• scrivere il Riepilogo di sezione di studio

Solo a questo punto potremmo passare ad interessarci del mostro vero e proprio, visto e
considerato che nel 1968, di “mostro” non vi è traccia alcuna, passando attraverso al
propedeutico passo del confronto dei profili precedentemente stilati.

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Il mostro che non c'è e l'arma “sporca” che resta

In definitiva, quindi, la notte tra il 21 e 22 agosto 1968 a Castelletti di Signa, non vi è nessun
mostro in azione: né praticamente, premendo il grilletto, né idealmente, fantasticando di
escissioni e spregi vari ai cadaveri.

Non vi è nemmeno un SV assassino diretto; occulto machiavellico ispiratore sì, ma non


diretto sparatore.
Non vi è nemmeno un SV sicuro uxoricida; vi è comunque però un SV che come tale, si
vende al SM.

Vi è indubbiamente un SV che si porta appresso dentro di sé tutto quello “strano” groviglio


dell'infanzia, della gioventù e degli anni di maturità vissuti fino a quel momento.
Anni e momenti, visti già nei capitoli “Sardegna” e “Toscana” [NdA: o meglio nei loro sottocapitoli],
che non sono scivolati via come una biglia su un piano inclinato, ma piuttosto come un piede
su una buccia di banana:
vi sono trami fisici anche con plausibili ripercussioni cerebrali; vi sono maltrattamenti
familiari; ambienti al limite del borderline; esempi certi di atteggiamenti di superiorità e
sopraffazione sulle donne e sulla donna; profonde relazioni omosessuali; modalità fuori dai
comuni canoni sociali di intendere e vivere il sesso e le relazioni; momenti di alto e basso,
amore e sconforto come con le lacrime con la Massa la prima notte di nozze; momenti di
cattiveria e violenza su soggetti comunemente intesi come “deboli”. Vi è un SV che con la
morte della Locci mostra anche il lato umano del basso istinto del rancore e della vendetta.
Ma vi è anche il SV che dimostra, o conferma a seconda di come si preferisca “interpretare” la
morte della Barbarina Steri, sagace e astuto pianificatore.

Non ci stupiamo quindi a vedere dispiegarsi davanti agli occhi a questo punto una più nitida
fotografia del perché e del come il SV, autista e palo la notte del delitto di Castelletti, a fine
azione non rispetti i patti [NdA: sempre ammesso che patti in tal senso fossero stati pensati e non che la
distruzione dell'arma sporca fosse stata lasciata al caso e alla lucidità di pensiero dei partecipanti ] e non
distrugge l'arma.

Il SV non ha sangue Mele nelle vene. Il SV era uno che con la moglie del Mele ci è andato a
letto. E' uno che ha contribuito a defraudare la famiglia [ NdA: vedasi il giro di soldi riferibile
all'incidente in motorino e al pagamento delle cambiali ].
Ma è un “socio” nel delitto, perché è quello che ha messo a disposizione l'auto per il
commando. E' quello che li ha guidati fino al luogo dell'agguato. E' uno per il quale il SM è
disposto a mettere la mano sul fuoco [NdA: e il corpo sotto le coperte].
Ma, contemporaneamente, il SM è anche “l'inaffidabile” per definizione. SV di lui comunque
ne ha bisogno a tutti i costi, perché è l'unico che possa lavorarsi la famiglia dall'interno, ma è
conscio della sua minima affidabilità.
E' conscio che il SM, quale marito, sarà comunque il primo sospettato, il primo ad essere
interrogato, e probabilmente a cedere sotto le domande “degli sbirri”.
Il SM è un inetto, non sa “vivere”, non ha la stoffa per tenere testa ai Carabinieri.
Ma il SM ha ascendente sul SM, con lui condivide il “segreto indicibile dei loro rapporti
omosessuali”, il SM lo ascolta.
Son tutte cose queste, che il SV sa a priori.

E si rende conto che il SM, per lui, non è un vero problema o vero rischio: gli basta anche
solo essere messo a confronto col SM per sapere già a priori che il SM sarà quello a crollare,
a ritrattare, nel caso dovesse cedere sotto interrogatorio [NdA: o altro, tipo il guanto di paraffina].

Gli basta un occhiata per metterlo a tacere: se il SM lo tira dentro, lui racconta della relazione

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tra i due, e addio onore appena riconquistato: la famiglia sarà coperta indelebilmente
dall'onta del figlio cornuto, assassino e pure omosessuale.
Il SM non è un problema.

Il problema è il resto della famiglia.


Loro sì che sono una famiglia, sono tanti, sono uniti, alla mal parata, possono spalleggiarsi
l'un l'altro, fare gruppo, concordare una difesa comune e scaricare su di lui o al limite
sull'inetto SM le colpe.

Lo sa già appena decide di fare pressione sul SM affinché capisca la necessità della morte
della Locci.

Lo abbiamo visto anche dagli alibi fasulli precostituiti: il SV è sveglio e vede lungo, a
differenza egli inesperti Mele.
Ma un “buon” alibi, avvalorato da più voci, non è sufficiente.
Deve essere sicuro che i complici non lo tradiscano in un secondo tempo.

E cosa c'è di più sicuro che essere in possesso di “un qualcosa” che sia una tangibile prova
della colpevolezza della famiglia?
Cosa c'è di più tangibile dell'arma assassina, con su le impronte dello sparatore?

Se i Mele, non SM quello non è un problema, gli vogliono rovinare la festa, tenerlo sulle spine
per il resto dei suoi giorni, ricattarlo o peggio ancora disfarsi di lui dandolo in pasto alle patrie
galere, un alibi per quanto buono sia non serve assolutamente a niente.
Quello va bene per buttare un po' di fumo negli occhi alla Polizia, ai Carabinieri, ma di fronte
ad un clan che lo vuole incastrare, SV lo sa benissimo, il suo alibi reggerebbe meno di un
minuto.

Deve essere sicuro che i Mele non gli possano mettere i bastoni tra le ruote, che non si
mettano in testa brutte idee, tipo ad esempio rifarsi su di lui per i soldi che la Locci spendeva
coi suoi amanti, e lui e il fratello suo, la Locci eccome che ci erano andati a letto.

Entrare in possesso dell'arma, arma procurata dal clan, arma con sopra le impronte dell'uomo
di fiducia del clan: ecco quella sì che è una buona garanzia. Di migliori non ce ne sono.

Certo, tenerla e non distruggerla è un grosso rischio.


Ma non è mica che se la deve tenere in casa, non se la deve portare in tasca tutto il giorno di
tutti i giorni.
Gli basta nasconderla in un posto sicuro, e lui, muratore che fa lavori in giro per tutto il
circondario, un “buco in muro” dove nasconderla, lo conosce di sicuro.
Il rischio vale la spesa.
Non solo, così sono i Mele a poter essere ricattabili alla bisogna.

E poi, se i Mele di armi ne avessero comprate due, e con l'altra avessero intenzione di far
scomparire lui, complice e testimone scomodo?
Si, il rischio vale decisamente la spesa da correre.

Gli basta semplicemente un'altra menzogna per potersi sentire con le spalle al sicuro:
convincere i Mele [NdA: tramite la voce “ventriloqua”del SM ], che l'arma ormai “sporca” deve essere
portata il più distante possibile dalla scena del crimine ed essere distrutta.
Una norma di così banale evidenza che nessuno nel clan osa opporcisi. Tutti sono d'accordo.
Lasciarla in loco significherebbe consegnarla immediatamente nelle mani delle Autorità e,
chissà, quindi permettergli di risalire alla fonte di acquisto o reperimento, dando così agli
investigatori buone possibilità di risalire al clan [NdA: in special modo se l'arma dovesse provenire

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dall'area mantovana, dove lavora il Giovanni Mele come guardiano notturno, ad esempio ].

L'arma non può altrettanto ovviamente essere buttata vicino a casa di nessuno dei
partecipanti, né nei pressi dei loro luoghi di lavoro.
L'arma “sporca” deve scomparire in un luogo che non porti a nessuno del clan e nemmeno al
SV, con loro “momentaneo” complice.

E l'unico modo per conseguire questo risultato, è quello che di portarla in un posto distante
da tutti quei luoghi.
Ma al contempo, è altrettanto giocoforza che tutti i partecipanti, terminata l'azione, ritornino
alle loro case o ai luoghi scelti per i loro alibi. Questo è mandatario.
E lo facciano nel minor tempo possibile.

Non resta che una possibilità, proprio quella che il SV vuole:


che chi ha l'auto, dunque un mezzo veloce in grado di percorre distanze in breve lasso di
tempo, si incarichi, una volta riportati i partecipanti dove devono essere portati, di fare
ancora una cosa: allontanarsi ancora un po', distruggere l'arma e ritornare il più velocemente
possibile al suo alibi.

Non stupirà dunque più il lettore sapere che:

• a) SV era quello con l'auto a quattro ruote [NdA: cosa già ormai nota]

• b) che l'alibi del SV era fasullo [NdA: cosa già ormai nota]

• c) che il SV quella notte NON fece proprio ritorno a casa:


A.F.: “Ecco, perché lei ha detto sicuramente, stavo cercando ma non lo trovo,
però, mi vuol confermare se nel '68, il giorno in cui c'è stato l'omicidio a Lastra a
Signa...”
R.M.:” Mio marito non era a casa, quello voleva sapere?”
A.F.: “Non era a casa. E quando è rientrato suo marito a casa?"
R.M.: “Io di preciso l'orario non me lo ricordo, però non era rientrato.”
[Dichiarazioni di Rosina Massa - Deposizione del 14 luglio 1991 ]

Quella notte, riaccompagnati a casa tutti i membri del commando, SV, automunito, ha avuto
tutto il tempo per allontanarsi sufficientemente da raggiungere un posto sicuro dove
nascondere accuratamente l'arma.
Chissà, magari pure nel Mugello, area distante dalle abitazioni di tutti.

Arma “sporca”, che se prendiamo per buoni gli “innocenti” spezzoni di dichiarazioni del SM
[NdA: “Il Mele è incapace di astrazioni” -Sentenza Rotella], a fine azione omicidiaria può benissimo
essere stata velocemente (ed incautamente senza essere stata ripulita dalle impronte digitali)
buttata in una “borsa” [NdA: “Salvatore trae la pistola da una borsa” - Dichiarazioni di SM – Sentenza
Rotella], tenuta aperta proprio dallo stesso SV, che così si ritrovava in mano, o meglio “in
borsa”, l'oggetto incriminante del clan, non inquinato dalla sue impronte e non ripulite da
quello dello sparatore.
E poi era pure agosto, faceva caldo, i guanti fanno sudare le mani o non ci si pensa ad usarli,
tanto poi l'arma verrà distrutta...

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Il mostro che non c'è e l'arma “sporca” che non c'è più

Sull'altro fronte, i Mele hanno bisogno del SV, non sanno realmente quanto si possano fidare
di lui, ma il “figliol prodigo e redento che finalmente si è deciso a voler far splendere il sole
dell'onore sul nome di famiglia” [NdA: frase dell'autore - fittizia], giura e spergiura a favore suo.
I Mele, onesti lavoratori, privi della malizia che necessiterebbero, pensano che il solo fatto
che il SV venga incluso nel commando d'azione sia sufficiente a garantire il suo silenzio: “se il
SV tira dentro qualcuno di noi, noi assieme lo inchiodiamo alla sue responsabilità” [NdA: frase
dell'autore - fittizia]

Tutti si sentono con le spalle coperte, anche il SM a cui, forse, è stato anche detto di lavarsi
[NdA: ingrassarsi] per bene le mani nel caso abbia poi effettivamente il coraggio di sparare
almeno il colpo di grazia, ammesso che il clan si fidi a mettere a repentaglio la vita di
Natalino anche solo con un proiettile sparato dalla mano meno esperta del gruppo [ NdA: l'esito
del guanto di paraffina, per via della soverchia quantità di falsi positivi che crea, non può essere preso in seria
certa considerazione oggi]
Il SM ovviamente non riuscirà a compiere questa semplice operazione con pieno successo,
visto l'esito del guanto di paraffina.

E' giusto però ricordare che ci tentò: infatti le sue mani risultarono sporche di grasso di
catena di bicicletta: “alcune macchie fresche di grasso, tipico grasso di catena di bicicletta,
che il Mele presenta su ambedue le mani al mattino del 22.8.68, quando viene accompagnato
in Caserma, e per le quali, a nostra richiesta, non sa dare alcuna giustificazione” [Rapporto
Matassino]

SM che ciecamente crede ad ogni parola del suo (ex?) amante, l'unico tra i vari amanti da lui
procurati alla Locci, che realmente lo abbia fatto sentire “partecipe”.

Il SM comunque sa che come marito tradito i sospetti, primi e più forti, gli arriveranno
addosso. Incrocia le dita e spera. E spera in Natalino.

Si raccomanda per bene con il figlio di dire che “il babbo è a casa malato”, e soprattutto di
non dire il suo cognome, di non dire dove abita, di non dire nulla di lui; di dargli almeno il
tempo di poter tornare al suo “alibi”, di potersi ripulire le mani [ NdA: nel caso abbia sparato. Gli
esiti del Guanto di paraffina, come visto, sono così incerti che tale tecnica è stata vietata e sostituta con quella
dello “stub”, visti i numerosissimi casi di falsi positivi ], di prepararsi e riprendersi.

Il SM sa che il clan non farà mai il suo nome: sono la sua famiglia. Per una volta sa che il suo
destino è nelle sue mani, che è compito suo, anello debole, proteggere loro. Qualcosa gli
deve per tutto quello che loro hanno sempre fatto per lui, per come lo hanno sopportato e
aiutato negli anni. Son sangue del suo sangue. Sa già che al limite toccherà a lui pagare.

La famiglia, a sua volta, sa dell'inaffidabilità del proprio figlio oligofrenico di medio grado, sa,
come il SV e come avrebbe potuto sapere chiunque altro conoscendolo, che il SM era l'anello
debole di tutta la catena.

Ma più ancora di SM il vero anello debole, per tutti, è Natalino.

Natalino è solo un bambino.


E Natalino è il nipotino adorato dal nonno Palmerio.
E Natalino è – forse – il figlio di SM.
E Natalino è – forse – il figlio di SV.
Nessuno vuole che Natalino si faccia del male.

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E poi è un bravo bambino ubbidiente. Non si lamenta nemmeno quando la mamma lo porta a
fare le ore piccole amoreggiando in macchina, o quando il SM lo intrattiene passeggiando
mentre il SV porta la Locci a concedersi agli sconosciuti alla Cascine [ NdA: “Dichiara al g.i. di aver
avuto insieme a sua moglie rapporti omo-eterosessuali con Salvatore Vinci e di essere stato con lui, la moglie ed il
figlio alle Cascine, dove Salvatore faceva congiungere la Locci con altri uomini. Mentre lui si allontanava con il
figlio, Salvatore restava ad assistere” - Sentenza Rotella].

Ma Natalino è solo un bambino.


Ai Carabinieri potrebbe raccontare di tutto. Lo Stefano, per quanto poco affidabile, è l'unico
che può tranquillizzarlo nelle immediatezze, indirizzarlo, istruirlo. E' il padre. E poi nessuno
vuole e può accollarsi il rischio di accompagnarlo fin sotto casa del De Felice. Il nome
dell'accompagnatore ci si immagina che salterà fuori, un bambino a camminare di notte per
un'ora... nessuno se la può bere. Può essere solo il padre a farlo.

E in quell'ora si passeggio, un padre, il padre, ha tutto e solo il tempo di “istruirlo per bene”,
mentre, sempre in quell'ora, l'autista ha tempo di riaccompagnare a casa i partecipanti del
commando, accompagnatore del Natalino, momentaneamente escluso.
Probabilmente, riaccompagnato il Mucciarini, il SV torna a riprendere il SM.
Nel caso in cui il Vargiu già abitasse o avesse abitato vicino al De Felice, la strada è ben nota
al SV., visto il legame tra i due.
Nel caso il Vargiu ancora non abitasse da quelle parti, il luogo gli può essere noto per mille
ragioni o può essere stato scelto a tavolino durante la pianificazione del delitto.
Comunque, il SM è meglio non lasciarlo solo a camminare nei campi di notte. E se cade e si
rompe una gamba o si perde strada facendo, ad esempio? Addio alibi fin da subito e grandi
rischi in più per tutti. La cosa è da evitare.
Con l'auto, ce la si può fare senza problemi, il tempo è stretto, ma non manca.

Quello che la famiglia non sa e non deve sapere, e in questo il SM dimostrerà grande
attaccamento proprio alla famiglia, è la storia dei suoi rapporti sessuali col SV.
Si farà la galera come assassino, pur non avendo sparato, pur di non confessarli e far venire
un infarto al padre e disonorare la famiglia tutta.

Infatti, li confesserà solo quando ormai del clan non esiste praticamente più traccia. Il capo
famiglia è morto, Antonietta pure, i cognati sono allo sbando tra alcol e liti, Natalino quasi
nemmeno lo riconosce più.

E nel mezzo, pur da dietro le sbarre, pur tirando in ballo ogni nome di persona conosciuta,
parenti compresi, si dimostra ubbidiente e fedele al clan: adegua le versioni a ciò che è
obbligato ad adeguarsi, rimescola in continuazione le carte, riceve e si adegua agli “ordini”
ricevuti tramite “pizzino”: insomma gestisce, come meglio può, una cortina fumogena il più a
lungo possibile.

Il primo momentaneo sbandamento che lo vede fare il nome del SV come sparatore, è
immediatamente mitigato declassandolo a correo, e quindi non esita a scagionarlo
completamente tra lacrime e inginocchiamenti vari.
Bisognerà aspettare anni, e anche in questo caso lo smembramento della famiglia, prima che
il SM tiri ancora fuori il nome di SV.

Ma anche in questo caso, non si tratterà di una accusa col dito puntato in piena forma
accusatoria in quanto se pur ormai superato lo scoglio dei rapporti omosessuali, il SV resta
comunque ancora quello in grado di regalare anni di galera ai “sopravvissuti” della sua
famiglia.

E come per le lacrime il 24 agosto 68, anche a queste ultime dichiarazioni metterà rimedio:

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testimoniando a favore del SV nel processo per uxoricidio. Testimonianza, la sua, che anche
in questo caso vale un'assoluzione per il SV.

E il Natalino, nel frattempo cresciuto, anche lui “tace” o “straparla”: vittima fin dai primi
istanti di un ripetuto e continuo lavaggio del cervello e inquinamento dei ricordi, portato
sistematicamente avanti in particolar modo dalle donne del clan.

Quindi, come si è appena visto in questi ultimi due capitoli, il “gioco dei ricatti incrociati” e del
“tutti hanno qualcosa da perdere dagli altri”, è l'unica chiave di lettura valida che permette di
dare un senso ai silenzi dei partecipanti tutti, anche quando poi diverrà di dominio pubblico
che l'arma che aveva ucciso a Castelletti di Signa nel 1968 era diventata nel frattempo l'arma
d'elezione e firma del Mostro di Firenze.
Il Mucciarini, ad esempio, potrebbe scrollarsi di dosso l'accusa di essere il MdF, solo
confessando di essere l'assassino della Locci: e galera continuerebbe ad essere.

Il legame e l'esistenza stessa di una “famiglia“, e la mancata voglia di mandare qualcuno dei
propri cari direttamente in prigione, vale più dei più di 500 milioni di Lire di taglia sulla testa
del MdF [NdA: Settantadue giorni dopo l' assassinio di Nadine Mauriot e Michel Kraveichvili, ultime vittime del
mostro di Firenze, l' inchiesta arriva al traguardo di una nuova scadenza, quella della taglia, senza alcun risultato
concreto. - Fonte : La Repubblica -20.11.1985]

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la “scena primaria” vista da attraverso le canne

Giunti alla fine di questo lungo viaggio dentro il delitto di Castelletti di Signa del 1968, non ci
resta altro da fare ritornare ancora un momento sulla famosa frase di Natalino: “"Salvatore
tra le canne" [Sentenza Rotella]

Infatti, “non è solo il MELE Stefano ad indicare il nome del VINCI Salvatore, perché nell'aprile
del 1969 questo nome, anche se in modo indiretto, ed in un certo senso ancora più
attendibile, tenuto conto della persona che l'ha indottrinato e delle circostanze di tempo e di
luogo inerenti l'acquisizione della notizia, viene fatto dal figlio Natalino” [Rapporto Torrisi 311/1]

Natalino, sottratto alle pressioni familiari del Clan e ricoverato presso l'Istituto Vittorio Veneto
“posto a suo agio, mediante una costante ed appropriata azione psicologica tranquillizzatrice,
sentito dal magistrato Domenica 21 aprile 1969, dà presente sul luogo del delitto il padre e lo
zio Piero, da Scandicci (MUCCIARINI Piero)” [Rapporto Torrisi 311/1]
E “infine, aggiunge che: "LO ZIO PIERO MI DISSE DI AVER VISTO SALVATORE TRA LE
CANNE". [Dichiarazioni di Natalino Mele , 21 Aprile 1969 -Rapporto Torrisi 311/1]

Ora, come precedentemente scritto: “la notte tra il 21 e 22 agosto 1968 a Castelletti di
Signa, non vi è nessun mostro in azione: né praticamente, premendo il grilletto, né
idealmente, fantasticando di escissioni e spregi vari ai cadaveri. Non vi è nemmeno un SV
assassino diretto; occulto machiavellico ispiratore sì, ma non diretto sparatore. Non vi è
nemmeno un SV sicuro uxoricida; vi è comunque però un SV che come tale, si vende al SM.”
[NdA: citazione dal documento]

E come precedentemente esposto anche questo, abbiamo identificato nel SV, la figura dotata
di auto a quattro ruote che ha il compito di pedinare l'auto della coppia, trasportando il
commando fino nei pressi della scena del crimine; fare il palo: riportare a “casa” i
partecipanti e provvedere a distruggere l'arma [NdA: cosa, quest'ultima, che ovviamente non farà].

E allora dobbiamo porci la domanda, anzi le domande:


• perché un palo

• E soprattutto, quale è il compito di un palo

Banalmente, rispondendo alla seconda domanda, si fornisce risposta anche anche alla prima
delle due.

Il compito di un palo, in generale, è quello di prestare attenzione alle cose che succedono
attorno e nelle vicinanze di dove realmente si svolge un azione criminale, questo al fine di
poter avvisare i sodali nel caso qualcuno, qualcosa, possa mettere a rischio l'azione che
stanno commettendo.
In tal maniera, avvisati in tempo utile, i compagni del progetto delittuoso, hanno la possibilità
di darsi alla fuga (o comunque prendere le dovute precauzioni).

Nel caso specifico di un “palo” che sia anche “l'autista”, il suo compito è un po' più specifico,
in quanto alle cose su citate, è normalmente e logicamente da aggiungere che la ipotetica
“fuga” sia da attuarsi proprio col mezzo “in consegna” al palo.

Ciò, ovviamente implica che il “palo” debba restare, se non in auto già al volante e col motore
acceso, almeno nelle immediate vicinanze del mezzo, pronto alla bisogna a recuperare i suoi
sodali e quindi, tutti assieme, ad allontanarsi il più rapidamente possibile.
Nel nostro caso specifico di Castelletti di Signa però, trattandosi di un area aperta e con

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un'unica strada, non è pensabile né immaginabile che il commando sia arrivato a ridosso
della Giulietta del Lo Bianco direttamente in auto.
La posizione dei cadaveri, ignari, ce lo conferma, non bastasse la ricostruzione all'epoca
mimata dal SM durante il sopralluogo.

L'auto guidata dal SV dunque, venne parcheggiata a debita distanza. Cosi “debita” che non
doveva essere scorta dalla coppia, distratta, di amanti. Il motore spento per non far rumore,
che di notte nella campagna silente si sarebbe potuto sentire.

Ma se i due non potevano vedere la Fiat del SV, altrettanto difficilmente dalla macchina o dai
suoi immediati pressi il SV poteva vedere, bene e con attenzione, ciò che succedeva sulla
scena del crimine.

Sappiamo però per precedente analisi, che il SV fu il vero deus ex machina nella decisione di
uccidere la Locci; fu lui a tutti i costi a mettere la pulce nell'orecchio al SM. Era lui che
provava anche rancore verso la Barbara Locci per come lei aveva osato dimostrarglisi dotata
di autonoma forza di volontà al punto da estrometterlo, irridendolo, dalle sue lenzuola
solitamente disponibili ai più. E non solo, pure preferendogli il fratello, più giovane e più
maschio.
Il SM, delle notti di amore negategli per due mesi dalla moglie, era così “ dispiaciuto” che
invece subito si affrettò a presentargli il Lo Bianco.
Ma il SV non è il SM.

Ora, è immaginabile che una persona come il SV, dopo tutto quello che aveva dovuto fare per
mettere in piedi il piano per l'uccisione della Locci, non ci tenesse a “vederla effettivamente
morire”? A “vedere coi suoi occhi il suo piano realizzarsi”?

A detta dello scrivente: NO.


A detta di tutte le informazioni che sul SV abbiamo raccolto in questa prima parte di
documento di studio: NO.
A detta di logica e ragionamento: NO

Dunque dovette avvicinarsi per meglio guardare. Del resto, “guardare” era una cosa che gli
piaceva, sappiamo.

Ma il suo compito ufficiale, era quello di stare accanto all'auto, per soccorrere e portare in
salvo i suoi complici in caso di pericolo.
I complici confidavano in questo, come normale che sia.

Inoltre, avvicinarsi camminando apertamente in mezzo alla strada, avrebbe fatto saltare
l'avvicinamento silenzioso dello sparatore.

Per vedere, per essere abbastanza vicino da vedere, e senza essere visto, il SV non aveva
che una possibilità: avvicinarsi sfruttando i ben pochi ripari naturali che c'erano.
I “cespugli” di canne.

A questo punto, la frase del Natalino, benché anche forse “inquinata” dalle parole che
venivano dette in casa dello Zio Pieto, assumono tutto un altro valore, rientrando a pieno
diritto, tra quelle capaci di assumere un significativo di peso.

Abbiamo quindi così anche il “passaggio di scena primaria”.


Infatti, oltre alla calibro 22 L.R., come già visto in mano al SV a fine azione omicida, l'attuale
“Salvatore tra le canne” infatti, fornisce pieno supporto di coerenza anche al “passaggio di
scena primaria” tra il delitto di “scopo” del 1968 e i successi, “non di scopo” e maniacali, dove

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pur con le dovute differenze, tale scena veniva “riprodotta” -”rivissuta”- ”ricreata” [ NdA: vedasi
in merito Sentenza Rotella e Perizia De Fazio, ad esempio].

Possiamo adesso affrontare il problema della “mancanza di precisione” della Sentenza Rotella
circa l'abitazione del Vargiu e quindi passare al riepilogo finale di sezione.

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Il caso della casa del Vargiu

Purtroppo, a causa di una infelice ambiguità della frase scritta dal G.I. Mario Rotella nella sua
Sentenza, non risulta confermato né in un senso né in un altro, che alla data del 21-22
agosto 1968, il Vargiu amante del SV, abitasse in una casa vicina a quella del De Felice, dove
venne accompagnato il Natalino Mele.

La frase in oggetto, è: “Altra singolare circostanza è che Vargiu abbia vissuto per alcun
tempo intorno al '68, nell'edificio adiacente alla casa di De Felice, in via Vingone di S. Angelo
a Lecore (via Pistoiese), lì dove fu condotto Natalino Mele la notte del duplice omicidio (v.
cap. 1 n. 1, retro).” [Sentenza Rotella].

La circostanza, fosse realmente iscrivibile ad un periodo anteriore e/o sovrapponibile a quella


del delitto, avrebbe ovviamente valore indiziario di enorme coerenza, visti i legami tra il SV e
il Vargiu stesso; e sarebbe di ottimo supporto a spiegare perché si decise di condurre il
Natalino proprio fin laggiù.

Sfortunatamente, come su detto, la formulazione usata dal Rotella risulta essere così
ambigua da perdere ogni significato utile.
Per evitare dunque gratuite ed immeritate critiche, non ricorreremo con confidenza ad usarla
a supporto o a negazione di alcunché.

E' però di doveroso interesse notare che il fatto di essere di per se stessa citata dal Rotella, a
detta dello scrivente stia a significare come per il Rotella stesso, tale periodo abitativo in loco
del Vargiu fosse antecedente e/o sovrapponibile proprio a quello del delitto.

Ma trattandosi questa di mera supposizione dello scrivente, al fine di restare il più possibile
aderenti ad informazioni certe come da documentazioni ufficiali, in questo documento di
studio non si ricorrerà ad appoggiarsi a tale informazione. Per suffragare altri ragionamenti.
Ove citata, lo è solo in forma ipotetica.
Del resto, poi, già abbiamo visto “abbastanza” per aver nozione di una buona plausibilità
logica ricostruttiva di quella notte.

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Introduzione del lavoro post Castelletti di Signa

La vulgata e la logica della storia del MdF vuole che chi restò in possesso di quell'arma, visto
il “tentativo di ricrearne la scena nei successivi delitti maniacali”, non possa che corrispondere
proprio al MdF stesso: la legge della “medesima arma + scena primaria” è insindacabile.
E già da ora il lettore ha in mano esattamente entrambi i dati.

Il documento di studio, ufficialmente, si chiuderebbe qui, se non fosse che per compiere
un'onesta ed equilibrata analisi, è necessario oltre che “portare dati a supporto” [NdA: e quello
è ciò che fino ad adesso è stato fatto], anche andare a fare tutti i controlli di coerenza degli stessi.
Non possiamo quindi accontentarci del significativo risultato fin qui conseguito, a meno che
non ci si voglia limitare a cosa/come/chi successe a Castelletti di Signa nel 1968.
Inoltre, è di fondamentale importanza potere esprime una possibile, la più plausibile, chiave
interpretativa della insania che mosse a certi tremendi gesti. Di essa sarà compito
individuarne genesi, sviluppo e specifiche temporali connessioni: per queste ragioni le
successive sezioni di documento, ed i successivi capitoli di indagine.

Confronto di profilo psicologico a parte, i “controlli” che andremo a fare sono in buona parte
già stati evidenziati, nel capitolo “Toscana” [NdA e relativi sottocapitoli], dove si è già provveduto
a percorre le tappe della vita del SV successive al 1968.

Adesso però dobbiamo andare a verificare se il “profilo” di SV, che abbiamo visto probabile
uxoricida nel 1960, colui che a fine delitto del 1968, per logica ed esclusione e per indizi resta
in possesso della famigerata calibro 22 L.R. nonché osservatore della “scena primaria”, possa
anche e come e quanto essere assoggettabile al “profilo” di un mostro, di un serial killer in
generale e quello del Mostro di Firenze in particolare.

E soprattutto, come su detto, dobbiamo riuscire a fornire una plausibile e valida e coerente
chiave interpretativa della genesi, dello sviluppo, degli stop e delle “ri-partenze” di tale
psicopatologia.

Iniziamo innanzitutto con un “confronto” area per area tra ciò che la scienza ci dice, i rilievi e
le deduzioni ci raccontano, e le informazioni storiografiche documentate raccolte sul SV, al
fine di proporre al lettore una ampia panoramica di coerenza.

Poi, prima del capitolo riepilogativo, verrà fornita ragionata interpretativa spiegazione a
genesi e sviluppo patologico.
Si tratterà di uno dei capitoli di maggior importanza di tutto il documento di studio, valido
pre-requisito per la successiva comprensione del delitto del 1974 e quello successivo, ad anni
di distanza, del 1981 di Mosciano di Scandicci.
Non tutti forse concorderanno, e ci mancherebbe altro, ma come al solito anche questo avrà
dalla sua parte pezze d'appoggio, “medico scientifiche” questa volta, e non solo pure
speculazioni logiche e di sensibilità personale.

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Confronto profili: un vestito che calza a pennello

Ecco, come al solito già dal titolo, si è tolta ogni suspance al lettore.
Pre-requisito alla lettura e comprensione di questo capitolo è l'aver assimilato quanto
presentato nella sezione “CORPO DI STUDIO PARTE III - alla ricerca del profilo di un generico
Mostro di Firenze”, e quanto presentato in quella “CORPO DI STUDIO PARTE IV: - il lato
pubblico e quello privato di Salvatore Vinci”, che viaggia di pari passo con quella appena
terminata relativa al delitto di Castelletti di Signa del 1968.

Innanzitutto, è bene specificare che:


in campo medico psichiatrico e medico psicoanalitico, quando si parla di patologie mentali, di
psicopatologie, di raptus, di follie, di caratteropatie e quant'altro annesso a quanto afferisce o
può afferire a problemi del inconscio e del subconscio, della psiche, dell'onirico e dell'umore
in generale, per quanto la scienza medica abbia fatto passi da gigante, si è obbligatoriamente
ristretti in un campo che sempre, pur accomunato da macro categorie sempre più mirate e
specifiche, resta nell'ambito del “indeterminato fattualmente”.
Non esiste e non può esistere “prova fisica tangibile” parlando delle alchimie che nutrono
mente e pensieri.
“Pattern, frame e step”, si, ma “prove fisiche” ovviamente no.

Ci limiteremo dunque solo a notare se alcuni atteggiamenti, alcune azioni, alcune componenti
caratteriali e alcune esperienze vissute, siano compatibili con quelle caratteristiche che, la
scienza medica e criminologica riconosce come significativi indici di comune alta probabilità
per la nascita/sviluppo e/o comportamenti di un serial killer in generale e/o del MdF in
particolare per la sua tipica modalità di azione.

Il capitolo è suddiviso in sottocapitoli di specifica area di confronto

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Dell’infanzia, della famiglia e delle amicizie

Iniziamo riproponendo un “breve” estratto” di alcune citazioni già riportate in questo stesso
documento nell'area di lavoro relativa all'anonimo profilo psicologico del mostro e dei serial
killer in generale:
• a) il ruolo delle “esperienze traumatiche nello sviluppo di “carriere” criminali con
particolare attenzione alla discussa diagnosi di psicopatia” possa rivestire. [Sito:
http://www.stateofmind.it/]

b) E “Per abuso non si deve intendere necessariamente una violenza fisica, uno
stupro, o un qualche tipo di prevaricazione sessuale, ma nella maggior parte dei casi
possono essere sufficienti l’assenza di contatto sociale, di affetto o di considerazione
genitoriale, la stessa non presenza costante di un genitore, oppure delle punizioni che
vengono vissute con severità dal soggetto pur non essendo per tanti altri vessatorie,
un educazione eccessivamente rigorosa, tutti elementi che singolarmente e
congiuntamente possono contribuire a formare o determinare, dei disturbi di
personalità di vario genere e natura. Da un punto di vista statistico, circa un terzo dei
SK ha un vissuto nelle cosiddette “Broken Homes”, e un quinto ha avuto un infanzia
traumatica e/o inadeguata” [Andrea Mascia – Confidentialcrimecasebook]

c)“Diversi autori che si sono occupati dell'omicidio seriale hanno sottolineato
l'importanza delle esperienze traumatiche subite dal soggetto in ambito sia familiare
che extra familiare, durante l'infanzia e l'adolescenza, per spiegare il manifestarsi del
comportamento omicidiario seriale. (1)” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• d) “infanzia caratterizzata da violenze fisiche, psicologiche e/o sessuali, perpetrate da


uno o da entrambi i genitori.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• e) “L'infanzia è un momento fondamentale per la salute fisica e mentale del futuro


adulto” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• g) “La frantumazione o la mancata formazione del "legame di attaccamento", può


produrre un bambino - ed un futuro adulto- incapace di provare empatia, affetto o
rimorso per un altro essere umano, caratteristiche queste comuni anche agli assassini
seriali.”[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• h) “Spesso il futuro "mostro" è un bambino che maturato fantasie perverse, perché


trascurato, maltrattato o persino violentato; frustrazioni, stress, incapacità cronica di
affrontare e superare i conflitti generano nel bambino e, poi, nell'adolescente un
progressivo isolamento dalla società, percepita come entità ostile; e dunque anche
estraneità alle sue convenzioni etiche.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• i) “la personalità del fanciullo e le sue reazioni sociali si sviluppano proprio sullo sfondo
del clima generale della famiglia. Esigenza fondamentale per lo sviluppo equilibrato
della personalità del bambino, sia in senso psicologico che sociale” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• l) “Il clima che caratterizza la vita del gruppo familiare assume toni drammatici
quando si aggiunge anche la violenza: la stragrande maggioranza dei serial killer è
stata a sua volta vittima di sevizie durante l'infanzia o, comunque, proviene da una
"famiglia multiproblematica" [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

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• m) “Roger L. Depue, agente dell'F.B.I., sostiene che i "fantasmi" nel bambino


cominciano a svilupparsi quando al sesso si unisce la violenza; quando questi
due concetti si legano, è praticamente impossibile separarli di nuovo.” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• n) “il solo fatto di crescere in una famiglia di questo tipo non è, però, sufficiente per
stabilire una relazione causale con il comportamento omicidiario seriale. Quello che,
invece, si può dire è che esiste una correlazione diretta con la scelta del soggetto di
attuare un comportamento deviante, fra i quali l'omicidio seriale è solo una delle
opzioni possibili.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• o) “Le caratteristiche comportamentali e le influenze ambientali [NdA: dell'infanzia e


della gioventù] permettono ai successivi modelli, normali e patologici, di
emergere durante l'età adulta.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• p) “Stern elabora la teoria dei "sé multipli della prima infanzia" (5): esperienze molto
intense collegate ad un affetto (ad esempio, un abuso) possono contribuire alla
mancanza di integrazione fra le esperienze, che può causare la suddivisione del sé in
una parte buona e in una cattiva” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• q) “Sebbene diversi assassini seriali abbiano avuto relazioni anche di lunga


durata, nel loro interno c'è sempre un sé nascosto che evita ogni tentativo di
raggiungere una gratificazione e ciò è il frutto di modalità di relazione errate
apprese durante il periodo evolutivo.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• r) “Una nutrita serie di ricerche ha dimostrato la correlazione esistente tra


l'aggressività sessuale e la cattiva relazione bambino/padre. Questo dato è
particolarmente importante perché, spesso, si tende a focalizzare troppo l'attenzione
sulle problematiche edipiche del maschio nel rapporto con la madre, relegando in un
angolo la figura paterna. Il legame con il padre è fondamentale perché il bambino
consolidi la sua identità di genere. Il problema non è tanto come si comporti il
padre, ma qual è la percezione che il figlio ha del comportamento del
genitore” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• s) La frantumazione o la mancata formazione del "legame di attaccamento", può


produrre un bambino - ed un futuro adulto- incapace di provare empatia, affetto o
rimorso per un altro essere umano, caratteristiche queste comuni anche agli assassini
seriali.”[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• t) “Questa situazione determina così una rottura dei tabù e una serie di pulsioni
violente dirottate su vittime che interpretano un bisogno vertiginoso di rivalsa.” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• u) “attività sessuale precoce e bizzarra.” [Fonte: Gianluca Massaro su


http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• v) “Gli studiosi che si sono occupati dell'omicidio seriale hanno cercato di elencare una
serie di sintomi che, se riscontrati durante l'infanzia e l'adolescenza, possono far
presagire un futuro comportamento omicidiario seriale (sempre, però, stando attenti a
non formulare ipotesi di causalità diretta)” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

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• “sintomi di danno neurologico. Questo danno può essere provocato da una


ferita o da una malattia ...SNIP.... In taluni casi, un forte trauma alla testa
è associato all'apparizione improvvisa di un comportamento aggressivo e/o
di una personalità eccessiva” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “comportamento irregolare. È caratterizzato soprattutto da un bisogno


immotivato e cronico di mentire” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “in quanto sono vittime di violenze sia intra che extrafamiliari. Ciò li porta ad
una forma di attrazione-repulsione per il sesso, che inizia a diventare un
pensiero ossessivo nella loro mente” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• w) “anche da adulto, il comportamento sessuale sarà orientato verso livelli visuali e di


autoerotismo, con gravi problemi nello stabilire relazioni intime normali e nel
raggiungimento dell'orgasmo in attività sessuali convenzionali.” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

A fronte di quanto su citato, nella vita giovanile del SV troviamo:

• “è stato massacrato di botte dal padre all'età di dieci anni, rimanendo per quindici
giorni fasciato per le ferite riportate” – dichiarazioni di Rosina Massa ai Carabinieri - 21 giugno
1986 – Supplemento Rapporto 311/1-1]

• “durante il servizio militare [NdA: SV] ha subito un incidente e che poi durante il
ricovero in Ospedale [NdA: Ospedale Militare, come prassi vuole durante il servizio di leva] , per
ottenere un periodo di convalescenza, avrebbe subito dei rapporti carnali via anale.”
[rapporto Torrisi – Supplemento 311/1-1].

• “...manifestazioni omosessuali del Vinci Salvatore, i cui segnali già provengono


dall'epoca giovanile, risalente all'inizio della sua amicizia particolare con il suo
coetaneo e futuro cognato Steri Salvatore”. - Supplemento Rapporto 311/1-1].

• “l'atteggiamento dei due cognati, il loro modo di fare, il loro affiatamento, manifesta
chiaramente un tipo di rapporto diverso dalla comune amicizia, tanto che tra loro
giovani, più o meno seriamente, si è pensato che fossero omosessuali, soprattutto il
Vinci” [Dichiarazioni di Antonio Pili ai Carabinieri – Rapporto Torrisi 311/1 ]

• “...non fa mistero delle voci allora correnti in tal senso nel loro ambiente giovanile” –
Antonio Pili - Supplemento Rapporto 311/1-1].

• “è caduto, battendo la testa, durante il servizio militare” [ dichiarazioni di Rosina Massa ai


Carabinieri - 21 giugno 1986 – Supplemento Rapporto 311/1-1].

• “Trauma cranici”, detti anche traumi cerebrali e lesioni cerebrali, possono marciare di
pari passo, essendo uno dei due sottotipi generanti dette lesioni. Le lesioni cerebrali
infatti, sono di solo due tipi:
▪ Di tipo traumatico (lesione chiusa alla testa o lesione penetrante alla testa)

▪ Di tipo non traumatico (come ad esempio ictus, meningiti, etc)

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• Un fratello, Giovanni, “...processo per incesto con la sorella Lucia...” [NdA: “a proposito
del fratello Giovanni - Sentenza Rotella] e il fratello Francesco considerato un “balente” e un
“poco di buono” con svariate grane con la Giustizia e le “botte paterne”, sono indice di
ambito famigliare degradato

• “la Barbarina è stata violentata e messa incinta da VINCI Salvatore” [Dichiarazioni di Anna
Maria Tibet- Rapporto Torrisi 311/1]

• “La STERI racconta al PILI …SNIP... di subire maltrattamenti continui anche con pugni
al viso, da parte del suo marito” [Rapporto Torrisi 311/1]

• altamente probabile uxoricida già in giovane età [NdA: vedasi Rapporto Torrisi 311/1]

Prima di passare al capitolo successivo, si presti attenzione a questa frase:


• “Molti di loro sono stati abusati dai propri genitori e gli studi su questo tema hanno
dimostrato che tutti sono stati in qualche modo vessati nella loro infanzia. Hanno
subito una violenza, spesso sessuale, in un'età in cui non potevano ribellarsi e
questa brutalità “ [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

dove l'accento va posto sul “non potevano ribellarsi”, più ancora che sull'età, che è
esattamente quello che il SV dovette certamente vivere prima con le botte paterne ad appena
10 anni, e poi ai 21, post incidente particolarmente traumatico e doloroso durante il servizio
militare da parte di militari più alti in grado o funzioni di lui.

La figura del padre e della divisa sono infatti cerebralmente, consciamente ed inconsciamente
figure associabili, rivestendo entrambe i panni della autorità alla quale, anche solo
inconsciamente, si deve rispetto ed ubbidienza, e alle quali, per natura, si è umanamente
socialmente portati ad istintiva fiducia [ NdA: “Una nutrita serie di ricerche ha dimostrato la correlazione
esistente tra l'aggressività sessuale e la cattiva relazione bambino/padre. - Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/ ]

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Dei luoghi e dei rapporti con le vittime

Argomento “facile” e già pienamente noto al lettore:

• “In quanto vittime a basso rischio, non è verosimile che esse fossero particolare
obiettivo di un attacco da parte di un aggressore, ma che esse fossero semplicemente
vittime dell’occasione di essere casualmente disponibili all’aggressore nel momento e
nel posto che lui scelse per portare i suoi attacchi” [Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico
Manieri]
1. non sono emerse informazioni di pregressa conoscenza tra il SV e nessuna
delle vittime della serie 1974/1985

• “Non è probabile che l’aggressore conoscesse o fosse personalmente in contatto con


alcuna delle vittime”.[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]
1. non sono emerse informazioni di pregressa conoscenza tra il SV e nessuna
delle vittime della serie 1974/1985

• “Le vittime, quasi sempre, sono persone sconosciute, incontrate casualmente, e se


conoscenza c'è stata, è stata solo superficiale ed estemporanea” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]
1. non sono emerse informazioni di pregressa conoscenza tra il SV e nessuna
delle vittime della serie 1974/1985

• “Piuttosto, le vittime gli erano sconosciute e divennero vittime semplicemente perché


erano a lui disponibili quando scelse il luogo per i suoi attacchi”. [Profilo FBI – traduzione dal
sito di Enrico Manieri]
1. non sono emerse informazioni di pregressa conoscenza tra il SV e nessuna
delle vittime della serie 1974/1985

• “E’ verosimile che l’aggressore abbia familiarità con le aeree in cui questi crimini sono
stati commessi”. [Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri ] - e pure “L’aggressore è
sufficientemente familiare con queste aree da sapere che tali aree sono frequentate in
modo routinario da coppie che si possono impegnare in varie fasi di attività sessuale
nella privacy relativa che queste zone consentono loro”.
[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]
1. Il SV nel 1960 arriva in Toscana, “ ..e precisamente a Lastra a Signa
...SNIP... Dopo alcuni giorni egli fa conoscenza dei coniugi MELE Stefano e
LOCCI Barbara, abitanti a Scandicci, frazione Capannuccia ...SNIP... il primo
amante della LOCCI Barbara. Il VINCI Salvatore, accogliendo l'invito dei
coniugi MELE, si trasferisce nella loro abitazione anzidetta [Rapporto Torrisi
311/1]
1. Baccaiano (delitto firmato dalla calibro 22 L.R.- giugno 1982) rispetto
Lastra a Signa, dista nell'ordine di una quindicina di km.

2. questo ci dà indicazione di plausibile conoscenza dei luoghi di Mosciano


di Scandicci (qui avvenne un delitto firmato dalla calibro 22 L.R. -
giugno 1981)

3. questo ci dà indicazione di plausibile conoscenza dei luoghi di Via di


Giogoli (qui avvenne un delitto firmato dalla calibro 22 L.R. -
settembre 1983), che dista meno di 5km dalla via Volterrana

4. Via degli Scopeti (delitto firmato con la calibro 22 L.R. - settembre


1985) rispetto a Scandicci, dista nell'ordine di appena poco più di una

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decina di km. questo ci dà indicazione di plausibile conoscenza dei


luoghi

2. il 23 aprile 1962 “...va a trasferirsi a Calenzano...” [Rapporto Torrisi 311/1]


1. questo ci dà indicazione di plausibile conoscenza dei luoghi di Travalle
di Calenzano (qui avvenne un delitto firmato dalla calibro 22 L.R –
ottobre 1981)

3. “Il 28.7.1966 trasferisce la residenza da Calenzano a Vaiano” [Rapporto Torrisi


311/1]
1. da Vaiano a Borgo San Lorenzo (delitto della calibro 22 L.R. -
settembre 1974) ci sono meno di una quarantina di km. Distanza
abbastanza elevata per poter plausibilmente immaginare una buona
conoscenza dei luoghi

2. da Vaiano a Vicchio del Mugello (delitto della calibro 22 L.R. - luglio


1984), ci sono poco meno di una cinquantina di km. Distanza
abbastanza elevata per poter plausibilmente immaginare una buona
conoscenza dei luoghi

4. “il 1.9.1970, emigra a Firenze, sistemandosi in via Cironi n. 8, ove abita


tuttora” [Rapporto Torrisi 311/1]
1. Da Via Cironi, Firenze a Borgo San Lorenzo (delitto della calibro 22
L.R. - settembre 1974) ci sono circa trenta di km. Distanza non troppo
elevata per poter non essere plausibilmente presa in considerazione;
all'epoca ancora svolgeva l'attività di muratore, in giro nei dintorni di
Firenze, dove c'erano costruzioni da fare, e nulla esclude che abbia
partecipato a lavori proprio in tale zona.

2. Da Via Cironi, Firenze a Vicchio del Mugello (delitto della calibro 22


L.R. - luglio 1984) ci sono meno di quaranta km. Distanza non troppo
elevata per poter non essere plausibilmente presa in considerazione;
anche in virtù dell'attività lì impiantata [ NdA: PIC (Pronto Intervento Casa)],
che lo costringe a muoversi sulle esigenze dei clienti

5. praticava attività di voyeurismo, e conseguente logico ipotetico conoscimento


di aree e zone dove poter “guardare”
1. “per esempio gli oggetti pervenuti da un'ultima perquisizione tra cui
un rullino fotografico. Il processo di sviluppo/stampa ha rivelato le
immagini di una giovane coppia di sconosciuti in automobile“ -
[Sentenza Rotella]

2. “...le ha fatto capire di desiderare vedere lei congiungersi con altri


uomini...” - [Dichiarazioni di Ada Pierini – Rapporto Torrisi 311/1]

3. “....di essere stata condotta di sera, molto spesso alle Cascine, ove il
marito dopo aver adescato gli uomini, li fa congiungere con lei in sua
presenza, per avere anche lui subito dopo il suo rapporto sessuale...” -
[Dichiarazioni di Rosina Massa – Rapporto Torrisi 311/1]

4. “...è solito guardare lei quando fa all'amore con gli altri...” -


[Dichiarazioni di Rosina Massa – Rapporto Torrisi 311/1]

5. “frequentatore delle Cascine, ove molto spesso conduce ...SNIP... la

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Barbara, per farla congiungere con altri uomini in sua presenza...”


[Rapporto Torrisi 311/1]

6. “Ne ho viste, io, di coppiette. Le guardavo dal cannocchiale, dopo


essermi arrampicato sugli alberi. Chiodi così c'avevo, e li piantavo nei
tronchi per salire più in alto». Chiodi d'acciaio, quaranta cinquanta
centimetri di lunghezza. Gli inquirenti ne hanno trovato una montagna
in casa di Vinci nel corso della perquisizione seguita al suo arresto"
[Quotidiano L'Unione Sarda – Aprile 2006- Articolo trascritto sul Forum “Il Mostro di
Firenze”]

• “Colpisce, di solito, lo stesso genere di persone, che incarnano certe sue fantasie ed è
reso perciò riconoscibile proprio dalle sue vittime; le considera non come esseri umani,
ma come oggetti, ciò che conta, infatti, non è l'identità del cadavere ma quello che
rappresenta per l'assassino seriale.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]
1. vale riportare anche questa citazione qui, perché anche se non direttamente
correlata ai luoghi delle scene dei delitti, è comunque collegata
all'immaginario di luoghi di scambio coppie e sesso all'aperto.
Vedasi in merito le numerose dichiarazioni relative a momenti ripetuti e
continuativi di sesso avvenuti all'aperto e in automobile, ad esempio, alle
Cascine, o al rullino fotografico con immagini di una coppia amoreggiante in
auto rivenuto durante una perquisizione in casa del SV.

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Della cultura, del lavoro e della intelligenza

Si tenga in considerazione la voce:

• “mestieri esercitati dagli assassini seriali: si tratta di individui che, spesso, hanno un
titolo di studio basso o, al massimo, di medio livello e svolgono un lavoro modesto.”
[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]
1. Lavora come muratore, prima dipendente e poi come titolare [ NdA: prendendo
alle sue dipendenza il Biancalani Saverio con il quale intratterrà una duratura relazione
omosessuale -“il BIANCALANI lavora alle dipendenze del suo inseparabile amico
VINCI Salvatore”- Supplemento Rapporto Torrisi ], e quindi in seguito apre la sua
ditta di pronto intervento riparazioni [ NdA: “P.I.C. (Pronto Intervento Casa)” -
Rapporto Torrisi]

Si noti inoltre come l'attività lavorativa del SV, possa essere inoltre equiparata o comunque
messa in relazione con:

• “Il mestiere di camionista presenta un tipo particolare di correlazione con il


comportamento omicidiario seriale. ...SNIP... La mobilità di questi assassini è
giustificata dal mestiere, per cui, come detto in precedenza, non è sempre facile
correlare omicidi avvenuti in luoghi distanti tra loro. Oltre a ciò, questo è un mestiere
che consente al serial killer di stare molte ore da solo e di lasciarsi assorbire dal suo
mondo di fantasie mentre guida.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Dove se è pur vero che il SV non abbia mai esercito l'attività di camionista, per le
particolarità del suo lavoro, privo di sede fissa, è idealmente accostabile il concetto, in
particolare modo per il periodo successivo all'apertura della ditta di pronto intervento, che
oltre al non implicare sede fissa, è attività che nemmeno ha orari fissi e dove gli interventi
notturni sono la regola.
E' altresì nota, tramite le dichiarazioni della Rosina Massa, ad esempio, come il SV non
mettesse a conoscenza nemmeno i suoi familiari più stretti di cosa facesse in generale:
“R.M.: Avvocato io non so di tutte queste cose perché le amicizie di mio marito oltre a quelle
di Biancalani io non le conosco altre e gli spostamenti che lui faceva da casa e le amicizie
fuori casa, neanche di quelle, e mio marito non era uno che veniva a raccontarle a me,
perché sapeva che prima o poi in un litigio o altro io gliele avrei rinfacciate. Capito? Quindi,
lui con me non si confidava, se c'è qualcuno che sa qualche cosa, ma io dubito anche di
questo, perché lui era molto riservato, teneva le cose per se, magari scoppiava dal nervoso o
da qualche cosa ma non confidava mai niente della sua vita privata” [Dichiarazioni di Rosina Massa
- Deposizione del 14 luglio 1991]

• “comportamento irregolare. È caratterizzato soprattutto da un bisogno immotivato e


cronico di mentire” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]
1. capacità alla menzogna dimostrata nella mettere in piedi il piano contro la
Barbarina Steri

2. capacità alla menzogna, evidenziata dagli alibi falsi

3. capacità alla menzogna, anche se non riportate integralmente né in forma


comparativa in questo studio, le varie dichiarazioni a mezzo stampa [ NdA:
vedasi ad esempio: Intervista su La città - 31 ottobre 1985,e dichiarazioni in sede di
testimonianze e deposizioni]

• il grado di istruzione della maggior parte di loro è medio-basso.[Fonte: Gianluca


Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

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1. non risulta che il SV sia in possesso di particolari ed elevati titoli di studio

• “un assassino seriale pianifica il suo "lavoro" con la stessa cura con cui un pittore
elabora il soggetto e l'esecuzione di una tela" [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]
1. pianificazione, tra tutte le altre cose, implica intelligenza e SV non era uno
stupido. Anche solo a livello dialettico, dalle sue citazioni a mezzo stampa ed
in tribunale a Cagliari, si rileva una buona sagacia ed intelligenza

2. abbiamo notato la pianificazione sia per la denuncia della Barbarina Steri

3. abbiano notato la pianificazione nel delitto di Castelletti di Signa

4. abbiamo notato capacità e pianificazione, avendo egli stesso aperto una


attività in proprio [NdA: la P.I.C]

5. abbiamo notato intelligenza nella costruzione degli alibi falsi

6. in seguito noteremo anche intelligenza nella modalità di accertarsi di controlli


e perquisizioni o al fine di giustificare un plausibile alibi [NdA: al momento la cosa
solo è stata accennata], tramite “telefonate a vuoto” ad esempio

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Dell’egoismo e dell'empatia

• “La psicopatia è un disturbo mentale caratterizzato principalmente da un deficit di


empatia e di rimorso, emozioni nascoste, egocentrismo ed inganno. Gli
psicopatici sono fortemente propensi ad assumere comportamenti devianti e a
compiere atti aggressivi nei confronti degli altri, nonché a essere orientati alla
criminalità più violenta. Spesso sembrano persone normali: simulano emozioni che in
realtà non provano [fonte Wikipedia]
1. ad esempio, basti citare che abbiamo già visto come il SV si sia “venduto”
come uxoricida al SM, che lo sia stato veramente o meno, poco importa

2. “di aver visto l'ultima volta Salvatore VINCI per la via principale del paese a
passeggio con il bambino, circa 8-10 giorni dopo la morte della sorella e di
esserle sembrato che questi venisse meno alla riservatezza che si chiedeva a
quei tempi ad un vedov” [Dichiarazioni di Steri Giuseppina - Rapporto Torrisi 311/1 ]

• La frantumazione o la mancata formazione del "legame di attaccamento", può


produrre un bambino - ed un futuro adulto- incapace di provare empatia, affetto o
rimorso per un altro essere umano, caratteristiche queste comuni anche agli assassini
seriali.”[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]
1. ad eccezione dei legami maschili omosessuali, legami di lunga durata, quelli
femminili sono tutti di breve durata. Il più lungo, in anni, è quello con la
Rosina Massa, rapporto però interrotto e ricominciato solo per la umana
necessità di sopravvivenza economico-alimentare della Massa stessa.
I legami di carattere omosessuale sono invece da leggere, come spiegato ad
inizio sezione di documento e come in seguito verrà meglio dettagliato, in
chiave inconscia sostitutiva della figura paterna

• “società, percepita come entità ostile; e dunque anche estraneità alle sue convenzioni
etiche.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]
1. forse non si parla esattamente di “etica” ma bensì di “morale, ma le modalità di
scambio coppie, induzione alla prostituzione benché in forma gratuita, etc:
indicano una “convinzione ben personale” rispetto a quella più comunemente
accettata a livello di società. Lo stesso dicasi per il ricorso alla violenza e alle
minaccia alle sue compagne, al fine di soddisfare un suo proprio piacere.

• La terza è la proiezione; si addossa, cioè, ad altri la colpa della propria angoscia. Il


serial killer strazia ed uccide perché vede nella vittima l'origine dei propri mali.” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]
1. l'odio verso la coppia/famiglia, come spiegheremo nell'apposito capitolo di
questa sezione

• “è come se il soggetto fosse sempre in bilico fra due mondi opposti (reale ed
immaginario) che lo trascinano ognuno dalla sua parte.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]
1. questa oltre ad essere un affermazione valida anche per il mondo “fisico”, lo è
ancora d più per tutto ciò che afferisce a mente, pensiero, onirico, carattere
ossia all'immateriale che si annida in una psiche umana. Una causa genera un
effetto, ma tale causa è composta, ognuna coi propri micro pesi e micro
posizionamenti, da precedenti motivazioni.

Ad eccezione delle lacrime la prima notte di nozze con la Rosina Massa [NdA: “durante la
prima notte di matrimonio, dopo aver fatto all'amore con lei, è caduto inspiegabilmente in un

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pianto dirotto, che è durato fino al mattino successivo ed a nulla sono valsi i suoi tentativi di
farsi spiegare i motivi” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1], incontrare altri esempi di empatia
nella storia pubblica investigativa del SV, appare praticamente impossibile.
Tali lacrime infatti, durano tutta la notte; un pianto ininterrotto. E se da un lato già piangere
è un qualcosa che normalmente sfugge al controllo del sistema nervoso volontario, ancora di
più questo è vero nel caso di pianti che non si riescono fisicamente proprio a gestire e
contenere.
Lacrime dunque che sboccano negli occhi al SV sotto incontrollato,e dunque sincero a livello
inconscio, rilascio emozionale.

Nella sua storia nota vi sono:


– botte e minacce e umiliazioni alle mogli e alle compagne

– indifferenza al fornire i mezzi di sussistenza alla famiglia [NdA: vedasi Barbarina Steri]

– sfruttamento degli altri, sia a livello sessuale [ NdA: Locci, Massa, Pierini, etc], sia
economico [NdA: vedasi il giro di debiti con i Mele]

– ricorso alla menzogna [NdA: vedasi alibi falsi ad esempio]

– liti e disprezzi col fratello e col figlio [NdA: vedasi i rapporti col Francesco e con l'Antonio]

Ossia, nulla che possa illustrare un quadro di particolare empatia verso il genere umano in
generale e verso persone specifiche in particolare.

Per le lacrime, si sa, specie un tipo di lacrime che non puoi fermare per un prolungato arco di
tempo: sono chiaro esempio che non erano “artefatte”, ossia erano sincere e provenivano,
come le lacrime provengono, da un rilascio subcosciente e non da una decisione voluta.

E' ipotizzabile, e si sottolinea solo ipotizzabile, che la particolarità della notte di nozze con la
Massa, ossia diventare lui stesso “capo famiglia,e quindi in seguito dover rivestire la funzione
di padre, gli abbia fatto tornare in mente:
– o la “notte di nozze con la Steri” e la fine a cui la Steri incorse;

– o ricordi della sua infanzia relativi ai genitori e alla loro modalità di gestire i ruoli
educativi di coppia con le conseguenti possibili idiosincrasia sviluppate dallo stesso SV.

Si ricordino in merito le parole del Pallanca: “le angosce vengono trasferite nell'inconscio,
dove giacciono dimenticate, ma attivissime” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/], soprattutto in relazione a “Una nutrita serie di ricerche ha
dimostrato la correlazione esistente tra l'aggressività sessuale e la cattiva relazione
bambino/padre. [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/].

Lacrime a parte, dunque, per restare in tema ci tocca ancora ricorrere ad un pezzo di
citazione: “è come se il soggetto fosse sempre in bilico fra due mondi opposti (reale ed
immaginario) che lo trascinano ognuno dalla sua parte.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/], o meglio ancora con le parole di Douglas, che ha guidato per
quindici anni il Behavioral Science Unit di Quantico (Virginia):
“L'arma del delitto, non è il coltello, non è la pistola, ma è la mente : è lì che bisogna
scavare per catturarli. Perciò è necessaria l'analisi psicologica per identificare un assassino
seriale: bisogna capire quali sono i gusti, le abitudini, le fantasie; comprendere le motivazioni
più recondite e i fantasmi” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

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Del voyeurismo, della pornografia e della sessualità

• “E’ verosimile che l’aggressore abbia sorvegliato le sue vittime fino a che loro erano
occupati e impegnati in qualche forma di attività sessuale.” [Profilo FBI – traduzione dal sito
di Enrico Manieri]

• “Si ritiene che l’aggressore divenne specificatamente familiare con i luoghi dei singoli
attacchi in seguito ad una sorveglianza e ad una selezione dei luoghi prima
dell’aggressione.” [Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• “L’aggressore è sufficientemente familiare con queste aree da sapere che tali aree
sono frequentate in modo routinario da coppie che si possono impegnare in varie fasi
di attività sessuale nella privacy relativa che queste zone consentono loro”.
[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• “Voyeurismo. È una delle perversioni predilette dagli assassini serial” [Fonte:


Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “anche da adulto, il comportamento sessuale sarà orientato verso livelli


visuali e di autoerotismo, con gravi problemi nello stabilire relazioni intime
normali e nel raggiungimento dell'orgasmo in attività sessuali convenzionali.”
[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “attività sessuale precoce e bizzarra. Molte volte, gli assassini seriali iniziano a
masturbarsi da bambini oppure manifestano dimostrazioni di sessualità violenta e
abusiva nei confronti di altri. Anche l'utilizzo di materiale pornografico inizia in età
precoce. In particolare gli assassini seriali fanno un abbondante uso di pornografia”
[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Molti individui, prima di iniziare ad uccidere, si sono dedicati per anni al


voyeurismo, di solito accompagnato dal feticismo, attività che richiedono una
forte partecipazione dell'immaginazione e il ruolo massiccio della fantasia.
Molto spesso, si verifica un processo in base al quale il soggetto non è più in
grado di soddisfare la propria eccitazione con l'attività voyeuristica, per cui
ha bisogno di stimoli sempre più forti.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Se è errato affermare che ci sia una correlazione causale tra pornografia e
violenza, è senz'altro giusto dire, invece, che quantità e qualità degli stimoli
pornografici possono facilitare il comportamento violento. “ [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “È un dato di fatto che molti assassini seriali affermano di fare uso frequente di
materiale pornografico. Va distinta, però, la pornografia normale dalla pornografia
sadomasochista, che sembra quella più direttamente coinvolta nell'omicidio seriale.
Gli stimoli provenienti da questo materiale, non fanno altro che rafforzare le
fantasie di dominio già presenti nella mente del soggetto e dargli, in un certo
senso, una giustificazione di essere nel giusto” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Un effetto sicuramente collegato a questo tipo di pornografia è quello di


desensibilizzare il soggetto alle manifestazioni del dolore e alla visione della sofferenza
di vittime reali.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

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• “L'ossessione per il sesso del futuro serial killer ...SNIP... Possiamo concludere
affermando che in tutti gli assassini seriali si nota la presenza di problemi sessuali e di
esperienze di violenza nell'infanzia e nell'adolescenza e la presenza massiccia di
numerose fantasie sessuali.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Le perversioni sessuali (che, con termine più moderno, vengono chiamate
parafilie) difficilmente si riscontrano allo stato puro, mentre è molto più
comune che in uno stesso assassino seriale ci sia una combinazione variabile
di perversioni.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• La maggior parte degli assassini seriali mostra manifestazioni di feticismo


particolarmente spiccate. Il comportamento feticistico si presenta specialmente nella
"fase totemica", cioè nel momento in cui l'omicidio è già stato effettuato e l'assassino
sente il bisogno di rivivere l'eccitazione dell'azione omicidiaria. Quando i feticci
terminano la loro azione di soddisfazione, l'assassino entra in una "fase depressiva",
uscito dal quale si metterà alla ricerca di un'altra vittima” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Proprio la dimensione fantastica è un altro elemento fondamentale del


comportamento omicidiario seriale ed ha una fortissima valenza sessuale. Nella
maggior parte degli assassini seriali e in particolare in quelli sadici, le fantasie sono
strettamente collegate al sesso e alla violenza e rappresentano il motore scatenante
dell'omicidio ...SNIP... le fantasie, che, col tempo vengono perfezionate sempre di più,
diventando piene di dettagli ed estremamente vivide, aiutano il passaggio all'atto
omicidiario e, dopo ogni omicidio, si aggiungono nuovi elementi che incrementano la
dimensione fantastica, proprio perché le fantasie possono nutrirsi, a questo punto,
anche dei ricordi dell'uccisione, diventando così sempre più cruente” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “l'omicidio reale non è mai appagante come sa esserlo quello immaginato


nella mente del serial killer, per questo motivo il soggetto ripete più volte l'atto
omicidiario alla ricerca della perfezione che raggiunge soltanto nella sua
immaginazione. L'esperienza del ricordo, quindi, è di fondamentale importanza per
ogni assassino seriale, in quanto serve ad alimentare le sue fantasie: a questo
servono i feticci ed i "trofei" che molti soggetti conservano dopo ogni
omicidio.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “in quanto sono vittime di violenze sia intra che extrafamiliari. Ciò li porta ad una
forma di attrazione-repulsione per il sesso, che inizia a diventare un pensiero
ossessivo nella loro mente” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]
1. “Il VINCI Salvatore vive solo per il sesso e ciò che rimane nulla conta per lui”
[Rapporto Torrisi 311/1]

• “Roger L. Depue, agente dell'F.B.I., sostiene che i "fantasmi" nel bambino


cominciano a svilupparsi quando al sesso si unisce la violenza; quando questi
due concetti si legano, è praticamente impossibile separarli di nuovo.” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• quanto scritto da Paul Pollard [NdA: University of Central Lancashire, Preston, U.K.] nel suo
“Pornography and Sexual Aggression”, in merito al rapporto tra lettura/visione di scene
pornografiche (a carattere violento sadomasochista) e aumento di produzione di
fantasie morbose e di aggressività in generale, anche in soggetti privi di pregresse
motivazioni quali traumi psichici vissuti durante le fasi dell’infanzia, la pubertà,

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l’adolescenza, anche solo vissute mono-tematicamente idealmente.

Solo per brevità di scrittura, viste già le numerose citazioni, si evita di riportare, per
l'ennesima volta, ogni singola citazione che afferisce a gusti, modalità e comportamenti del
SV. Tale citazioni, possono essere facilmente consultate nella sezione: “CORPO DI STUDIO
PARTE IV: - il lato pubblico e quello privato di Salvatore Vinci”; si rimanda dunque ad essa il
lettore in caso di necessità di specifici paragoni.

Possiamo comunque manifestamente permetterci di notare come, a proposito del soggetto in


attenzione di questo studio, sia effettivamente presenti:
rapporti sessuali precoci già con lo Steri Salvatore, “contorta” sessualità a base di botte,
minacce, scambio coppie, rapporti a due, a tre a quattro, rapporti con sconosciuti, uso di
vibratori, cetrioli, zucchini, luoghi di incontro particolari, e della copiosa lettura di riviste
pornografiche, piacere del “guardare”, attività di voyeurismo.

Ci permettiamo quindi di rimarcare, visto che nello studio “La ricostruzione del profilo
psicologico-comportamentale del serial killer” massima attenzione a questo fattore giovanile
è posto, come le attività sessuali del SV siano effettivamente da leggersi come “precoci”
[NdA: e attive solo in ambito omosessuale; col maschio visto e vissuto non solo sessualmente, ma anche e
soprattutto in chiave sostitutiva della figura paterna come confermato sia dalla psicoanalisi sia dalla effettiva
profondità e durata dei legami]:
• “...manifestazioni omosessuali del Vinci Salvatore, i cui segnali già provengono
dall'epoca giovanile, risalente all'inizio della sua amicizia particolare con il suo
coetaneo e futuro cognato Steri Salvatore”. [ Supplemento Rapporto 311/1-1].

• “...non fa mistero delle voci allora correnti in tal senso nel loro ambiente giovanile”
[Antonio Pili - Supplemento Rapporto 311/1-1]

• “...manifestazioni omosessuali del Vinci Salvatore, i cui segnali già provengono


dall'epoca giovanile, risalente all'inizio della sua amicizia particolare con il suo
coetaneo e futuro cognato Steri Salvatore”. [Supplemento Rapporto 311/1-1].

• “l'atteggiamento dei due cognati, il loro modo di fare, il loro affiatamento, manifesta
chiaramente un tipo di rapporto diverso dalla comune amicizia, tanto che tra loro
giovani, più o meno seriamente, si è pensato che fossero omosessuali, soprattutto il
Vinci” [Dichiarazioni di Antonio Pili ai Carabinieri – Rapporto Torrisi 311/1 ]

Anche il connubio sesso/violenza [NdA: sia inflitta sia subita] è presente già in fase di gioventù;
due esempi su tutti:

• a 21 anni: “durante il servizio militare ha subito un incidente e che poi durante il


ricovero in Ospedale per ottenere un periodo di convalescenza, avrebbe subito dei
rapporti carnali via anale.” [Rapporto Torrisi – Supplemento 311/1-1]

• a 23 anni:“la Barbarina è stata violentata e messa incinta da VINCI Salvatore”


[Dichiarazioni di Anna Maria Tibet- Rapporto Torrisi 311/1]

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Della violenza e dell'aggressività

Vista la ridondanza di possibili citazioni sul ricorso alla violenza del SV soprattutto sulle sue
mogli e compagne, presteremo qui maggior attenzione invece nell'elencare i dati presi a
prestito dalla scienza medica, psichiatrica, psicologica e criminologica, integrandoli su alcuni
punti specifici con subitanee segnalazioni di merito, sia direttamente riferibili al SV, sia come
come ulteriori approfondimenti a livello psicologico/psicopatico.

• “Questo stile particolare di avvicinamento è generalmente indicativo di un assalitore


che ha dei dubbi sulla sua abilità nel controllare le sue vittime, che si sente
sufficientemente inadeguato nell’interagire con vittime “vive”, o che si sente
incapace di un confronto diretto.” [Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]
1. “Per tutti i serial killer, l'omicidio seriale è un modo per esercitare la
loro rivalsa sulla società e per liberare l'aggressività accumulata a
causa delle frustrazioni subite” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

2. “Spesso il futuro "mostro" è un bambino che maturato fantasie perverse,


perché trascurato, maltrattato o persino violentato; frustrazioni, stress,
incapacità cronica di affrontare e superare i conflitti generano nel bambino e,
poi, nell'adolescente un progressivo isolamento dalla società, percepita come
entità ostile” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

3. Limitazione dei rischi, e/o insicurezza/codardia


• Fase di attacco sempre a colpi di pistola (massimizzazione del
danno nel minor tempo possibile e con la minor interazione
possibile con le vittime)

• Il bersaglio maschio sempre colpito e messo fuori capacità di


risposta per primo

• Attacchi notturni, possibilmente a ridosso di noviluni (notti più buie)

• Attacchi a persone che si trovano in costrette in spazi angusti e con


ridotte possibilità di manovre evasive o di reazione

• Attacchi a persone che si trovano in stato di forte distrazione


emotiva e fisica

• “Il “senso di dominio” e il rituale sono molto importanti per questo aggressore.Ciò
spiegherebbe perché le vittime femminili erano generalmente spostate a qualche
distanza dal veicolo contenente i loro compagni maschi.”
[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

1. ”di aver tentato di allontanarsi da casa la stessa notte con il bambino, ma di


essere stata subito ripresa dal marito e costretta a chiedere scusa agli
amici” [Dichiarazioni della Rosina Massa – Rapporto Torrisi 311/1]

2. “di aver dovuto congiungersi carnalmente con altri uomini conosciuti


occasionalmente e portati in casa da Salvatore con molta frequenza”
[Dichiarazioni della Rosina Massa – Rapporto Torrisi 311/1]

3. “di essere stata frequentemente aggredita e picchiata tutte le volte che tenta
di sottrarsi a questa vita impossibile" [Dichiarazioni R Massa – Rapporto Torrisi 311/1]

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4. “di aver intuito che il Salvatore costringeva la moglie a...” [Dichiarazioni della
Spartaco Casini – Rapporto Torrisi 311/1]

5. “Si arrabbiò da far paura, mi afferrò per i capelli e mi costrinse a


inginocchiarmi davanti a quei due e a chiedergli scusa !” [Testimonianza di
Rosina Massa - 15 Aprile 1985]

• - “Nonostante l’assenza di penetrazione del pene/eiaculazione da parte


dell’aggressore, queste sono tutte offese motivate sessualmente.La mutilazione degli
organi sessuali della sua vittima rappresenta sia l’inadeguatezza sessuale
dell’aggressore, che la sua rabbia verso di loro.” [Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico
Manieri]
1. “La maggior parte dei serial killer presenta, infatti, dei problemi nella sfera
sessuale. Questo dato è valido anche per quei soggetti i cui delitti non hanno
una motivazione principalmente sessuale” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

2. “In alcuni casi, le componenti sessuali possono rivelarsi con chiari segni di
violenza sessuale o di atti sessuali compiuti dall'omicida sulla vittima, oppure
possono essere denunciate dalla particolare sede e morfologia delle lesioni
inferte ad essa, quando queste consistono in ferite a parti sessuali del corpo
o in escissione delle stesse” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

3. secondo le teorie di Glover: “Quando alcune forme di angoscia infantile


tornano alla luce nella vita adulta, un mezzo per riuscire ad avere ragione
della crisi, è il rafforzamento dei sistemi primitivi di "libidinizzazione"; e
questo dà luogo al sorgere della perversione” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

4. “Nella maggior parte degli omicidi seriali, la motivazione principale


dell'assassino è quella di ottenere il controllo del potere, anche in quegli
omicidi che, superficialmente, presentano altre motivazioni.” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

5. “La maggior parte dei serial killer presenta, infatti, dei problemi nella sfera
sessuale. Questo dato è valido anche per quei soggetti i cui delitti non hanno
una motivazione principalmente sessuale” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• quanto scritto da Paul Pollard [NdA: University of Central Lancashire, Preston, U.K.] nel suo
“Pornography and Sexual Aggression”, in merito al rapporto tra lettura/visione di scene
pornografiche (a carattere violento sadomasochista) e aumento di produzione di
fantasie morbose e di aggressività in generale, anche in soggetti privi di pregresse
motivazioni quali traumi psichici vissuti durante le fasi dell’infanzia, la pubertà,
l’adolescenza, anche solo vissute mono-tematicamente idealmente.

• “Questa situazione determina così una rottura dei tabù e una serie di pulsioni violente
dirottate su vittime che interpretano un bisogno vertiginoso di rivalsa.” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Gianfranco Pallanca, ...SNIP... La terza è la proiezione; si addossa, cioè, ad altri la


colpa della propria angoscia. Il serial killer strazia ed uccide perché vede nella vittima
l'origine dei propri mali.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

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• “Roger L. Depue, agente dell'F.B.I., sostiene che i "fantasmi" nel bambino


cominciano a svilupparsi quando al sesso si unisce la violenza; quando questi
due concetti si legano, è praticamente impossibile separarli di nuovo.” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]
1. vedasi quanto noto dell'infanzia e gioventù del soggetto in attenzione

• “Le caratteristiche comportamentali e le influenze ambientali [NdA: dell'infanzia e della


gioventù] permettono ai successivi modelli, normali e patologici, di emergere durante
l'età adulta.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Le perversioni sessuali (che, con termine più moderno, vengono chiamate parafilie)
difficilmente si riscontrano allo stato puro, mentre è molto più comune che in uno
stesso assassino seriale ci sia una combinazione variabile di perversioni .” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]
1. per il soggetto in attenzione, vedasi:
• stupro sulla Steri
• violenze e soprusi subiti nella giovane età
• violenza e botte a mogli e compagne
• induzione e costrizione a rapporti promiscui e con sconosciuti
• voyeurismo
• minacce
• letture pornografiche anche di stampo sadomasochista [ NdA: il già citato
fumetto “Jacula”]
• uso si vegetali a scopo di autoerotismo [NdA: zucchini e cetrioli]
• rapporti omosessuali e bisex, e di gruppo

• “Lo psichiatra Robert J. Stoller considera invece la perversione come:Forma erotica


dell'odio, una fantasia, che di solito viene messa in atto ma a volte rimane a livello di
un sogno diurno.”. [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Feticismo. Nel caso di questo disturbo ...SNIP... Diventa feticismo patologico quando
è totalmente assente lo stimolo a realizzare l'amplesso e l'impulso genitale riguarda
esclusivamente le attività sessuali nelle quali è implicato il feticcio. ...SNIP … La
maggior parte degli assassini seriali mostra manifestazioni di feticismo particolarmente
spiccate. Il comportamento feticistico si presenta specialmente nella "fase totemica",
cioè nel momento in cui l'omicidio è già stato effettuato e l'assassino sente il bisogno
di rivivere l'eccitazione dell'azione omicidiaria. Quando i feticci terminano la loro azione
di soddisfazione, l'assassino entra in una "fase depressiva", uscito dal quale si metterà
alla ricerca di un'altra vittima” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]
1. in relazione al modus operandi del MdF, ossia a patologia già conclamata

• “Egger sostiene che le dinamiche motivazionali dell'omicidio seriale sembrano molto


simili a quelle riscontrate nelle ricerche sullo stupro. Il bisogno di esercitare potere è
una componente fondamentale di entrambi i crimini” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]
1. “Si arrabbiò da far paura, mi afferrò per i capelli e mi costrinse a
inginocchiarmi davanti a quei due e a chiedergli scusa !” [Testimonianza di
Rosina Massa - 15 Aprile 1985]

• “Se è errato affermare che ci sia una correlazione causale tra pornografia e violenza, è
senz'altro giusto dire, invece, che quantità e qualità degli stimoli pornografici possono
facilitare il comportamento violento. “ [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

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1. “di aver visto Salvatore comprare e tenere tantissime riviste pornografiche”


[Dichiarazioni di Pierini Ada – Rapporto Torrisi 311/1]

• “È un dato di fatto che molti assassini seriali affermano di fare uso frequente di
materiale pornografico. Va distinta, però, la pornografia normale dalla pornografia
sadomasochista, che sembra quella più direttamente coinvolta nell'omicidio seriale.
Gli stimoli provenienti da questo materiale, non fanno altro che rafforzare le
fantasie di dominio già presenti nella mente del soggetto e dargli, in un certo
senso, una giustificazione di essere nel giusto” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]
1. “di aver visto Salvatore comprare e tenere tantissime riviste pornografiche”
[Dichiarazioni di Pierini Ada – Rapporto Torrisi 311/1]

Si noti che: appositamente ho tenuto fuori dai rimandi, le varie e molteplici voci e
ragionamenti che fanno riferimento alle motivazioni, strettamente collegate alla volontà di
dominio e all'incapacità di accettare che “soggetti inferiori che devono solo stare succubi”,
possano dimostrare una loro autonomia decisionale, come nel caso della Barbarina Steri e
della Barbara Locci.

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Sullo stato di salute, l'agilità e la corporatura

Qui usciamo dal discorso prettamente psicologico e psicoattitudinale, per verificare


semplicemente l'assonanza o meno sul piano fisco tra quanto a noi noto sul MdF e il soggetto
in attenzione.

• Destrimane
▪ il SV era destrimane

• Salute
▪ in buona forma fisica, come dimostrano allenamenti, tipo di attività lavorativa,
sport, ballo

• Forza
▪ in virtù dei lavori svolti [NdA: muratura e serramentistica], è possibile concludere in
senso affermativo per quanto necessario alla forza fisica per
trascinare/sollevare/spostare corpi esanimi

• Agilità
▪ anche in questo caso, il tipo di attività lavorativa, gli sport e gli allenamenti
praticati, il corso di pre-alpinismo, ballo, univocamente depongono a favore di
una buona agilità

• Vista
▪ non sono presenti indizi che possano essere letti in modo “escludente”, dato che
i colpi venivano sparati da distante particolarmente ravvicinate, nessun tipo di
“vista d'aquila” era necessario fattualmente

• Udito
▪ problemi di udito all'orecchio destro. E' da notare però come tali problemi non gli
abbiano mai causato problemi a livello lavorativo, sessuale e comportamentale
in generale. E' altresì da notare che tuttalpiù una simile menomazione, può
essere ipoteticamente associata , alla maggior vicinanza delle esplosioni dei colpi
visto l'uso della mano destra. [NdA: non risulta che le detonazioni degli spari di
una calibro 22 L.R. Siano così lesivi per l'orecchio umano, anche se esplosi senza
protezioni acustiche indossate. Va però ricordato che a militare subì un violento
trauma cranico che potrebbe aver leso tale senso del corpo umano Su un udito
debilitato, la vicinanza delle esplosioni dei colpi, non avrebbe certamente fornito
lenimento alla disfunzione, ma al limite avrebbe concorso al peggioramento
stesso del livello di percezione uditiva

• Corporatura/Altezza
▪ per quanto il SV non sia un “gigante” di statura, non sono presenti indizi che
possano essere letti in modo “escludente”, dato che non esiste alcuna certezza
supponibile tramite dati certi, in merito alla altezza del mostro [ NdA: Ciò che è più
grave è il fatto che da tali elementi poco certi sono state ricostruite le caratteristiche fisiche di un
ipotetico individuo, molto alto, non meno di mt. 1,80 di altezza e con scarpe n. 44/45. La verità è
che in una indagine seria e coerente, da elementi incerti ed approssimativi e privi di attendibilità,
per una somma di motivi che non è il caso qui di elencare, non è possibile avanzare ipotesi
meritevoli di attenzione.” - Rapporto Torrisi– 311/1]

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Degli alibi e degli indizi

• alla data in cui morì la Barbarina Steri, 1960


▪ si trovava in stato di libertà

▪ non in prigione

▪ non in ospedale

▪ non soggetto ad alcuna restrizione fisica particolare

▪ nei pressi della scena del luogo del delitto, ovvero in grado di poter raggiungere
tale luogo

▪ si trattò di un “delitto di scopo”, non maniacale

▪ aveva motivi per volerne la morte

▪ aveva pregressa conoscenza della vittima

▪ l'alibi fornito è, quantomeno, molto poco credibile e plausibile

• alla data in cui morì la Barbara Locci e Antonio Lo Bianco, 1968


▪ si trovava in stato di libertà

▪ non in prigione

▪ non in ospedale

▪ non soggetto ad alcuna restrizione fisica particolare

▪ nei pressi della scena del luogo del delitto, ovvero in grado di poter raggiungere
tale luogo

▪ si trattò di un “delitto di scopo”, non maniacale

▪ aveva motivi per volerne la morte

▪ aveva pregressa conoscenza delle vittime

▪ l'alibi fornito è dimostrato falso e precostituito

• alla data in cui morì la Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore, 1974


▪ si trovava in stato di libertà

▪ non in prigione

▪ non in ospedale

▪ non soggetto ad alcuna restrizione fisica particolare

▪ in grado di poter raggiungere tale luogo

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▪ si trattò di un “delitto non di scopo”, maniacale

▪ non aveva diretti motivi per volerne la morte

▪ non aveva pregressa conoscenza delle vittime

▪ Tenendo conto che i primi seri sospetti e le prime mirate attenzioni sul SV come
MdF nascono solo dopo il duplice omicidio del 1984 [ NdA: “i concreti sospetti su VINCI
Salvatore sorgono a partire dal duplice delitto di Vicchio del Mugello, del 29 luglio 1984 ” -
Rapporto Torrisi 311/1], non stupisce più di tanto che: Per gli alibi in riferimento a
tali duplici omicidi, non sono presenti né nella Sentenza Rotella né nel rapporto
Torrisi, elementi che permettano di esprime alcun giudizio in merito.

• alla data in cui morì la Carmela De Nuccio e Giovanni Foggi, 1981


▪ si trovava in stato di libertà

▪ non in prigione

▪ non in ospedale

▪ non soggetto ad alcuna restrizione fisica particolare

▪ in grado di poter raggiungere tale luogo

▪ si trattò di un “delitto non di scopo”, maniacale

▪ non aveva diretti motivi per volerne la morte

▪ non aveva pregressa conoscenza delle vittime

▪ Tenendo conto che i primi seri sospetti e le prime mirate attenzioni sul SV come
MdF nascono solo dopo il duplice omicidio del 1984 [ NdA: “i concreti sospetti su VINCI
Salvatore sorgono a partire dal duplice delitto di Vicchio del Mugello, del 29 luglio 1984 ” -
Rapporto Torrisi 311/1], non stupisce più di tanto che: Per gli alibi in riferimento a
tali duplici omicidi, non sono presenti né nella Sentenza Rotella né nel rapporto
Torrisi, elementi che permettano di esprime alcun giudizio in merito.

• alla data in cui morì la Susanna Cambi e Stefano Baldi, 1981/bis


▪ si trovava in stato di libertà

▪ non in prigione

▪ non in ospedale

▪ non soggetto ad alcuna restrizione fisica particolare

▪ in grado di poter raggiungere tale luogo

▪ si trattò di un “delitto non di scopo”, maniacale

▪ non aveva diretti motivi per volerne la morte

▪ non aveva pregressa conoscenza delle vittime

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▪ Tenendo conto che i primi seri sospetti e le prime mirate attenzioni sul SV come
MdF nascono solo dopo il duplice omicidio del 1984 [ NdA: “i concreti sospetti su VINCI
Salvatore sorgono a partire dal duplice delitto di Vicchio del Mugello, del 29 luglio 1984 ” -
Rapporto Torrisi 311/1], non stupisce più di tanto che: Per gli alibi in riferimento a
tali duplici omicidi, non sono presenti né nella Sentenza Rotella né nel rapporto
Torrisi, elementi che permettano di esprime alcun giudizio in merito.

• alla data in cui morì la Antonella Migliorini e Paolo Mainardi, 1982


▪ si trovava in stato di libertà

▪ non in prigione

▪ non in ospedale

▪ non soggetto ad alcuna restrizione fisica particolare

▪ in grado di poter raggiungere tale luogo

▪ si trattò di un “delitto non di scopo”, maniacale

▪ non aveva diretti motivi per volerne la morte

▪ non aveva pregressa conoscenza delle vittime

▪ Tenendo conto che i primi seri sospetti e le prime mirate attenzioni sul SV come
MdF nascono solo dopo il duplice omicidio del 1984 [ NdA: “i concreti sospetti su VINCI
Salvatore sorgono a partire dal duplice delitto di Vicchio del Mugello, del 29 luglio 1984 ” -
Rapporto Torrisi 311/1], non stupisce più di tanto che: Per gli alibi in riferimento a
tali duplici omicidi, non sono presenti né nella Sentenza Rotella né nel rapporto
Torrisi, elementi che permettano di esprime alcun giudizio in merito.

• alla data in cui morì la Jens-Uwe Ruesch e Horst Wilhelm Meyer, 1983
▪ si trovava in stato di libertà

▪ non in prigione

▪ non in ospedale

▪ non soggetto ad alcuna restrizione fisica particolare

▪ in grado di poter raggiungere tale luogo

▪ si trattò di un “delitto non di scopo”, maniacale

▪ non aveva diretti motivi per volerne la morte

▪ non aveva pregressa conoscenza delle vittime

▪ alibi che, per quanto non smentito ufficialmente da alcuna evidenza particolare,
non risulta essere nella pratica un alibi vero e proprio; non solo: “alibi” che lo
mette in diretta relazione con la Meoni Luisa, prostituta, assassinata proprio lo
stesso giorno

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• alla data in cui morì la Pia Gilda Rontini e Claudio Stefanacci, 1984
▪ si trovava in stato di libertà

▪ non in prigione

▪ non in ospedale

▪ non soggetto ad alcuna restrizione fisica particolare

▪ in grado di poter raggiungere tale luogo

▪ si trattò di un “delitto non di scopo”, maniacale

▪ non aveva diretti motivi per volerne la morte

▪ non aveva pregressa conoscenza delle vittime

▪ alibi molto probabilmente falso, non in grado di fornire garanzia di innocenza

• alla data in cui morì la Nadine Mauriot e Jean-Michl Kraveichvili, 1985


▪ si trovava in stato di libertà

▪ non in prigione

▪ non in ospedale

▪ non soggetto ad alcuna restrizione fisica particolare

▪ in grado di poter raggiungere tale luogo

▪ si trattò di un “delitto non di scopo”, maniacale

▪ non aveva diretti motivi per volerne la morte

▪ non aveva pregressa conoscenza delle vittime

▪ Alibi falso o inverificabile

• “ricovero [NdA: “il paziente si è ricoverato perché si sente "giù di nervi"] alla clinica per
Malattie Mentali dell'Arciospedale di S. Maria Nuova, dal 29 aprile al 17 maggio 1980”
[Rapporto Torrisi 311/1], dunque in un periodo antecedente il primo duplice delitto del
1981, e successivo al primo duplice delitto maniacale del 1974

• La moglie, Rosina Massa, “nella tarda primavera del 1974” [Supplemento Rapporto Torrisi
311/1-1] se ne va “via in Sardegna con i figli nel 1974, con l'intenzione di abbandonare
il marito per sottrarsi a quel genere di vita impossibile, senza riuscirvi, per la miseria,
la mancanza di lavoro” [Rapporto Torrisi 311/1], dunque a ridosso ed in periodo
antecedente il primo duplice delitto maniacale del settembre1974.

• il 30 luglio 1984: in seguito al delitto Rontini - Stefanacci viene effettuata una


perquisizione presso l'abitazione di Salvatore Vinci [ NdA: repertato lo “straccio” con macchie
ematiche e di sparo – Sentenza Rotella – NOTA BENE: tale straccio non venne praticamente preso in
seria considerazione fino all'aprile 1985, quando finalmente le analisi stabilirono appunto la certa presenza

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di macchie ematiche e di polvere di sparo – Sentenza Rotella]

• 26 giugno 1985 viene effettuata una perquisizione presso l'abitazione di Salvatore Vinci
[NdA: repertati oggetti per uso di autoerotismo, il fumetto “ Jacula” e un biglietto con appuntato
l'indirizzo, del Tenente Colonnello Torrisi “Sign. Magiore Toriso Via Colli n. 101 – 264261” – Rapporto
Torrisi 311/1] [NdA: per l'esattezza le perquisizioni son due, nella stessa data. La perquisizione del
mattino verrà ripetuta in serata]

• 1986, viene effettuata una perquisizione presso l'abitazione di Salvatore Vinci [ NdA:
repertato il “rullino fotografico ….SNIP... Il processo di sviluppo/stampa ha rivelato le immagini di una
giovane coppia di sconosciuti in automobile ” - Sentenza Rotella]

• l' 11 giugno 1986 SV viene arrestato con l'accusa di uxoricidio della ex moglie
Barbarina Steri, dunque grossomodo in una finestra temporale sovrapponibile a quella
in cui il MdF, d'estate, è solito colpire. Nel 1986 non si registrano duplici delitti
maniacali

• Nel 1987, SV è ancora in prigione in Sardegna. Quell'anno non si registrano duplici


delitti maniacali.

• Il 12 aprile 1988, dopo due anni di carcere a Tempio Pausania inizia il processo

• il 19 aprile 1988 verrà assolto con formula piena e quindi scarcerato.

• giugno 1988: a Villacidro SV compie un presunto assalto sessuale [NdA: “un pastore di 60
anni, il quale sostiene che Salvatore Vinci ...SNIP... avrebbe cercato di abusare di lui”] ai danni di un
vicino di casa. Verrà accusato di libidine violenta ed atti osceni in luogo pubblico. Nel
1988 non si registrano duplici delitti maniacali
▪ “a favore di Salvatore si è espresso il tribunale della libertà del capoluogo
sardo che ha revocato un mandato di cattura per atti di libidine, un
presunto tentativo di violenza nei confronti di un pastore commesso da Vinci
non appena uscito dal carcere” [Fonte: La Repubblica -20 ottobre 1989]

• novembre 1988: il giudice Lombardini ordina che SV venga sottoposto a perizia


psichiatrica [NdA:come quella che era stata revocata durante il processo per l'uxoricidio ].

• 30 novembre 1988: i carabinieri che dovevano prelevare SV e condurlo a Cagliari per


la perizia non lo trovano. Da questo momento non si avranno più notizie di SV.

Dunque è corretto far notare come:


▪ al momento della fuga ancora non fosse stato prosciolto da Rotella

▪ al momento della fuga ancora doveva sottoporsi a perizia psichiatrica

▪ al momento della fuga avesse sulle spalle una denuncia per molestie sessuali

▪ e che nessun altro dei nomi entrati nella vicenda MdF, in una maniera o in
un'altra, a qualsiasi titolo, in qualsiasi filone di indagine: nessuno eccetto che il
SV abbia ad un ben determinato punto fatto volontariamente perdere le proprie
tracce

• solo il 13 dicembre 1989 il G.I. Mario Rotella dichiara il non doversi a procedere nei
confronti del SV. Nel 1989 non si registrano duplici delitti maniacali

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Delle interazioni con gli inquirenti e degli indirizzi

Innanzitutto è bene specificare che qui per “interazione”, a meno che non diversamente
specificato, non mi riferisco ad una o più azioni del MdF volte a “manipolare-estorcere-
modificare-influenzare, etc” idee, pareri, opinioni, indizi in mano a inquirenti, giornalisti o
semplici cittadini. Per “interazione” faccio riferimento ad una voluta azione di contatto diretto
o indiretto tra il MdF e i soggetti su citati.

Certo è, esattamente come i duplici omicidi maniacali, che post delitto del 1985 il MdF
incontrovertibilmente inviò una missiva [NdA: contenente un lembo di pelle della vittima femminile ] alle
autorità, nella persona della (ex) sostituto procuratore Silvia Della Monica.

Un evidente e macabro modo del MdF di “diretta” interazione con le Autorità, effettuato con
una missiva però “intestata genericamente”.

Genericamente nel senso che l'indirizzo a cui la lettera doveva essere consegnato era un
indirizzo generico: alla “Procura Della Republica Firenze", ancor più “generico” tenendo
conto che la stessa già non seguiva più il caso del mostro direttamente come in passato.

Al di là della valenza di tale gesto e del suo significato [ NdA: che in apposito capitolo a se stante
verrà analizzato nello specifico] in questo momento preme segnalare come:

• il 26 giugno 1985, dunque in data antecedente il delitto di via degli Scopeti, effettuata
una perquisizione presso l'abitazione di Salvatore Vinci, viene trovato e sequestrato al
SV un biglietto recante nome e indirizzo del Te. Col. Nunziato Torrisi, che all'epoca il SV
già sapeva indagare sul suo conto: “Sign. Magiore Toriso Via Colli n. 101 –
264261” [ Rapporto Torrisi 311/1]

• che tale perquisizione, al SV, risultava nota in anticipo [ NdA: ““Le perquisizioni effettuate
nei suoi (del SV) confronti (a partire da quella assai tardiva del 1968), e quella più rilevante
suggerita da dichiarazioni della Pierini al p.m ., sono risultate vane per quanto concerne la
pistola (circa quest'ultima, come risulta da intercettazioni telefoniche , ed indirettamente da
una vicenda in cui è implicata la D'Onofrio, una sua amica ed un sottufficiale di Prato, l'uomo era
già avvertito dei controlli di P.G.)” - Sentenza Rotella]

Ossia abbiamo in casa del SV, di un indiziato, un indirizzo specifico [ NdA: per quanto errato in
qualifica, cognome e via] di riferimento di una persona delle Autorità che si occupa di indagare sul
caso del MdF.
Tale “preciso indirizzo”, viene sequestrato nel giugno 1985, sottraendolo così alla disponibilità
del SV stesso, prima del delitto degli Scopeti.

Mentre, successivamente al delitto degli Scopeti, settembre 1985, le Autorità vengono


indirizzate con una missiva, “generica come indirizzo”, ed ad un Sostituto Procuratore che
nemmeno segue più il caso.

Sul biglietto riportante il nome del Torrisi, già abbiamo visto in apposito capito [ NdA: vedasi:
“Del Biglietto”], e dunque non starò a riportare tutte quelle informazioni già scritte.

Ma per restare nel campo delle “assonanze” e dunque delle “ipotesi”, che a priori non possono
essere scartate, è importante notare alcune particolari affinità:

• San Piero a Sieve: [NdA: “Questa busta fu imbucata da San Piero a Sieve”] , da dove fu
imbucata la lettera alla Della Monica, dista appena 5 chilometri da Borgo San Lorenzo,
che automaticamente richiama alla memoria il duplice omicidio di Gentilcore Pasquale

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e Pettini Stefania.

• Via dei Colli 101, Signa, seguendo la strada, dista appena un chilometro e mezzo per
sboccare in Via Vingone, e circa tre e mezzo fino alla casa del De Felice. In Linea
d'aria, invece, dista circa due chilometri rispetto a dove venne compiuto il delitto di
Castelletti di Signa. Luoghi che automaticamente riportano alla mente il duplice
omicidio di Barbara Locci e Antonio Lo Bianco.

E altrettanto è da notare come:


– all'imprecisione sul grado del Torrisi, “magiore” e non Tenente Colonnello
segua

– “l'imprecisione” sulla Della Monica, che all'epoca già non seguiva più il caso [ NdA: “io
avevo già lasciato l'inchiesta” - Dichiarazioni di Silvia della Monica, ascoltabili in questa intervista video:
“mostro di Firenze - Silvia Della Monica - la lettera del mostro”]

E' altrettanto da notare che:


• il “30 agosto 1982” [Sentenza Rotella], SV aveva conosciuto la Dr. Silvia della Monica, che
lo aveva interrogato per la prima volta dopo il delitto del 1958

• il 26 giugno 1985 [Rapporto Torrisi 311/1], il Torrisi partecipa alla perquisizione a casa del
SV: soggetto che prima non aveva mai conosciuto (e quindi di rimando nemmeno il SV
prima aveva mai conosciuto il Torrisi) [ NdA: “Si precisa che il VINCI Salvatore ha avuto modo di
conoscere lo scrivente per la prima volta durante la perquisizione” - Rapporto Torrisi]
▪ e da quanto esposto nell'apposito capitolo, la datazione di quando il SV scrisse
quel biglietto, appare di probabile datazione intorno al 1982 altrettanto.

Altrettanto si noti:
• la sgrammaticature nel biglietto riportante il nome del Torrisi (“toriso” e “magiore”),
dove entrambe le doppie di consonante dura, son scritte in modo errato

• la sgrammaticatura nell'indirizzo della lettera inviata alla Della Monica (“Republica”),


dove anche in questo caso una consonante dura doppia, è scritta in modo errato

E' dunque adesso possibile, e solo possibile, ipotizzare, e solo ipotizzare, che:
• post delitto di Baccaiano, post interrogatorio, al SV fosse balenata in mente l'idea di
tentare una macabra interazione con gli inquirenti.

• Che in tal periodo [NdA: o post Giogoli dove il Torrisi fisicamente già anche si presento a comandare
i rilievi, si sia appuntato gli estremi del Torrisi ] e mentalmente quello della Della Monica, che è
bene sottolinearlo, era l'unica donna che lo abbia interrogato, dimostrandosi donna di
autorità e comando e il SV soggetto costretto ad ubbidire ad una donna e non a
comandarla

• che a causa della non cercata tipologia di vittime di Giogoli, entrambi maschili,
escissioni ne ne abbia potute compiere che quindi in quel frangente non abbia potuto
inviare alcuna lettera con feticcio (al Torrisi, probabilmente)

• che nel 1985, a biglietto con le coordinate del Torrisi ormai sequestrato, abbia
ripiegato sull'altro soggetto che gli si era appuntato nella mente: la donna, la
Dottoressa Silvia Della Monica, anche se ella nemmeno si occupava più delle indagini.

• resterebbe scoperto il delitto di Vicchio del Mugello, e perché in tal caso la lettera non
venne in quel frangeste spedita. Parleremo di questo in differente capitolo: sia in

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quello che analizzerà il duplice delitto di Vicchio del Mugello, sia, accorpando e
riprendendo discorsi, in quello specifico dedicato alla lettera alla Procura, spedita nel
1985.

Per chiudere il capitolo, dunque, cosa resta da dire se non che:


• almeno in un caso (1985) , una diretta interazione tra MdF e inquirenti

• che post delitto di Baccaiano [NdA: come avrete modo di leggere in quella sezione del documento
di studio], per quanto ipotesi non sposata dall'Autore, l'Alleganti ricevette una serie di
telefonate anonime dopo che tramite la stampa, proprio la Della Monica, aveva fatto
diffondere la falsa notizia che il Mainardi fosse riuscito a raccontare qualcosa prima di
spirare

• nel 1985, prima della data del duplice delitto degli Scopeti, e dunque prima dell'invio
della lettera autentica del MdF, al SV venne sequestrato in casa un appunto con il nome
e il grado (errato) del Ten, Col. Torrisi, e che il Torrisi mai prima di allora aveva avuto
modo di entrare in contatto diretto col SV

• che tale appunto è possibile datarlo ad una finestra temporale anteriore, circa del
periodo 1982-1983

e anche che:
• relativamente almeno proprio a quella perquisizione, il SV era “ era già avvertito dei
controlli di P.G” [Sentenza Rotella], come risulta da “ circa quest'ultima, come
risulta da intercettazioni telefoniche, ed indirettamente da una vicenda in cui
è implicata la D'Onofrio, una sua amica ed un sottufficiale di Prato [Sentenza Rotella]
▪ siccome le informazioni relative ad un prossima perquisizione NON possono
essere di dominio pubblico, ma sono di pertinenza e note solo a chi tali indagini
e perquisizioni deve compiere

▪ siccome non risulta che il SV facesse parte degli investigatori né che abbia
ricoperto un ruolo diverso da quello di “indiziato” in tale indagini

▪ siccome non risulta che il SV avesse accesso diretto ad informazioni riservate


degli investigatori, né si capirebbe a quale titolo

▪ siccome non risulta che la D'onofrio facesse parte degli investigatori né che
abbia ricoperto un ruolo simile nelle indagini

▪ siccome non risulta che la D'Onofrio avesse accesso diretto ad informazioni


riservate degli investigatori, né si capirebbe a quale titolo

▪ siccome non risulta che l'amica della D'Onofrio facesse parte degli investigatori
né che abbia ricoperto un ruolo simile nelle indagini

▪ siccome non risulta che l'amica della D'Onofrio avesse accesso diretto ad
informazioni riservate degli investigatori, né si capirebbe a quale titolo

▪ non fosse altro che per esclusione logica, visto il grado (sottufficiale), l'ambito
(sottufficiale), e dunque la ipotetica possibilità di aver accesso ad informazioni
riservate (magari perché comandato ad espletare compiti per essa), il fatto di
essere espressamente citato nella Sentenza Rotella documento ufficiale
(sottufficiale di Prato)

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Anche in assenza di prove dirette e fattuali, pur se non provabile come “interazione
MdF/inquirenti”, abbiamo oltre alla indubbia lettera alla Della Monica, almeno in un caso una
sicura “interazione SV/inquirenti”.

Nessuna figura estranea alle indagini o al mondo delle indagini avrebbe potuto aver accesso
ad una simile riservata informazione da passare al SV [ NdA: telefonicamente, come da intercettazioni
telefoniche come ben specificato nella Sentenza Rotella ]

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Del Norzetam

Incrociando informazioni che sembrano distanti anni luce, dall’infanzia in Sardegna fino al
delitto di Baccaiano del 1982, leggendo la Sentenza Rotella, in una piccola nota quasi a se
stante e stranamente non riferita a prima vista direttamente al SV, bensì a suo fratello
Giovanni, troviamo la seguente frase:
• “Maggior ambiguità postula il ritrovamento dell'involucro di ' Norzetam' (in luogo
prossimo, ma non sulla scena del delitto, ed a distanza di tempo), medicinale
indicato per persone che abbiano subito lesioni cerebrali . Vinci [NdA: Francesco
Vinci ] non risulta esserne affetto (lo è invece suo fratello Giovanni — cartella a fasc.
10. vol. 5/6), ma da ragazzo fu gravemente leso” [Sentenza Rotella]

Abbiamo approfonditamente visto come e quanto il periodo infantile e giovanile del SV sia
stato costellato di “botte che necessitano fasciature per 15 giorni” [NdA: su un SV bimbo di appena
10 anni], “traumi cranici”, “incidenti”, “ricoveri ospedalieri”... insomma tutta una serie di colpi,
sovente alla testa, che viaggiano paralleli a conseguenti plausibili “lesioni cerebrali” [Sentenza
Rotella]; infatti il “cerebro”, il cervello, proprio lì sta: dentro la scatola cranica. E “trauma
cranici”, detti anche traumi cerebrali e lesioni cerebrali possono marciare di pari passo,
essendo uno dei due sottotipi generanti dette lesioni.

Ora, come si legge, nel 1982 “nei pressi” della scena del delitto di Baccaiano del 1982, venne
ritrovato l’involucro di una scatola di medicinale: il Norzetam.

Medicinale che il Giudice Rotella si premura di precisare “indicato per persone che abbiano
subito lesioni cerebrali” - [Sentenza Rotella]
Il SV tale lesioni in gioventù subì.

• “Il principio attivo del Norzetam e' il piracetam, 2-Oxo-1-pyrrolidineacetamide,


appartenente alla classe dei nootropi pirrolidonici (racetam). Nella fattispecie
rappresenta un derivato ciclo lattamico dell'acido gamma ammino butirrico,
neurotrasmettitore inibitorio del CNS. Il probabile meccanismo d'azione risiede proprio
nel potenziamento della trasmissione colinergica, nonche' nella capacita' di migliorare
il metabolismo neuronale e favorire la comunicazione tra gli esmisferi
attraverso la via del corpo calloso”.[NOTA*1]

• “Il piracetam appare in letteratura a partire dal 1972 con studi sugli effetti protettivi
contro l'ipossia cerebrale. la senescenza. e l'eventuale uso in campo psichiatrico sia
adulto che infantile”. [NOTA*1]
▪ [Piracetam and senility - Graux P, Gallet Y.-Lille Med. 1973 Apr;18(4):487-8. French. No abstract
available. - PMID: 4753891 PubMed - indexed for MEDLINE]

• “Nel 1974 compare il primo studio sul recupero di funzioni corticali in soggetti
alcolizzati. A partire dal 76 iniziano gli studi nel campo che oggi viene definito delle
smart drugs, ovvero l'uso dei farmaci non a fine terapeutico ma di potenziamento di
funzioni in soggetti sani” [NOTA*1]
▪ [Usefulness of piracetam in intensive care. - Godard JP, Goerens C, Grelier C.- Acta Anaesthesiol
Belg. 1976;27 suppl:115-22. No abstract available. - PMID: 1015210 PubMed - indexed for
MEDLINE]
▪ [Increase in the power of human memory in normal man through the use of drugs.- Dimond SJ,
Brouwers EM. - Psychopharmacology (Berl). 1976 Sep 29;49(3):307-9.- PMID: 826948 PubMed -
indexed for MEDLINE]

Inoltre viene utilizzato anche nel trattamento delle schizofrenie [ NdA: “malattia psichiatrica
caratterizzata, secondo le convenzioni scientifiche, dalla persistenza di sintomi di alterazione del pensiero, del
comportamento e dell'affettività, da un decorso superiore ai sei mesi (tendenzialmente cronica o recidivante), con

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forte disadattamento della persona”]


• “Nel 78 cominciano ad apparire indicazioni nel trattamento della schizofrenia, e si
comincia a vagliarne il potenziale ansiolitico non sedativo. Sempre nel 1978 i russi
cominciano ad interessarsi a questa molecola e ai suoi effetti sull'attenzione in
condizioni di stress, e nell 81 vengono pubblicat i primi risultati”[NOTA*1]
▪ [Tranquilizing effect of n-dipropylacetate and other GABA-ergic substances in conflict situations -
Article in Russian - Kharlamov AN, Raevskiĭ KS]

Pur non esistendo alcuna certezza che l’involucro della scatola di quel medicinale possa
essere stato usato in quell’occasione dal MdF, anzi sussistendo pure posologie che ne
evidenziano tale idea come poco plausibile:
• l’assenza di effetti immediatamente successivi all’ingestione (e dunque poco si
capirebbe la necessità di una ingestione nei pressi del luogo del delitto, pur nessuno
potendo dire quanto tempo prima sarebbe stato assunto) [ NdA: “L'effetto inizia tra i 30 e i
60 minuti dopo l'assunzione” ]

• la modalità di assunzione, che non risulta conforme con un “aprire la bocca ed


inghiottire” (va sciolto e diluito in acqua. Ciò non toglie che possa essere stato versato
in una bottiglia d’acqua, agitata e quindi bevuto)

nulla vieta di ipotizzare che il medicinale possa essere stato assunto dal MdF prima di
compiere la sua azione omicidiaria, e che solo in seguito, abbandonando la scena del crimine,
l’involucro ormai vuoto gli possa essere caduto da una tasca o essere stato buttato via dallo
stesso, ritenendo di essersi sufficientemente allontanato dal luogo del delitto o
semplicemente non pensandoci affatto o nemmeno accorgendosene.

Non vi è indubbiamente nulla di “probante” in questo e anche a livello “illazione” è corretto


che lasci il tempo che trova.
Però è altrettanto utile e corretto registrare il fatto che, per quanto lo si possa considerare
aleatorio e/o indeterminato, è comunque un indizio indiretto “contro” e non “a favore” del SV.

Ossia, per quanto assolutamente non provato né raggiunto per esclusione, porta con sé, pur
nella aleatorietà, un suo grado di plausibilità coerenza probabilistica, in quanto:

1. nel caso sia effettivamente stato assunto dal MdF, il dato non sarebbe in contrasto con
quanto abbiamo saputo circa i traumi (fisici e mentali) subiti dal SV; anzi ne
aggiungerebbe coerenza e riscontro

2. Nel caso non fosse stato assunto dal MdF, non sarebbe comunque interpretabile come
valore a “discolpa” del soggetto indicato

[NOTA*1]: le citazioni sono riprese dal blog “Calibro 22 – Il Mostro di Firenze” – che riporta i link alle
documentazioni consultate sul Norzetam:
SIGMA.Aldrich.catalog
http://www.sigmaaldrich.com/catalog/ProductDetail.do?N4=33895|FLUKA&N5=SEARCH_CONCAT_PNO|
BRAND_KEY&F=SPEC
PubMed
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/portal/utils/pageresolver.fcgi?log$=activity&recordid=1238425373088032

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La chiave interpretativa: genesi e sviluppo della psicopatia del SV - MdF

Prima di procedere, è bene soffermarsi su un termine: la parola “serial killer” e il suo


significato.

Prima ancora però è doveroso tener presente che questo è un documento che si muove a
molla, cioè che noi, adesso nel 2014, abbiamo in mano già anche le informazioni relative a
periodi successivi quelli di cui trattiamo. Sappiamo già ad esempio, dello straccio sporco di
polvere da sparo che verrà ritrovato in casa del SV, e degli alibi farlocchi successivi. Piaccia o
non piaccia, son dati che abbiamo e che non possiamo far finta di dimenticarli solo perché
temporalmente successivi: la storia del MdF è unica. Non c'è bisogno di citarli in un capitolo
specifico “fuori tema”, ma non possiamo far finta di non conoscerli e non saperli.
Così, quando anche ci troveremo costretti, per varie ragioni, a ragionare più in astratto
questo “astratto” non è comunque possibile scinderlo completamente da quanto avvalorato
dalle parti successive dell'unica storia dell'unico mostro. Non ve ne dimenticate.

Il “Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità” ci informa che”


“Con il termine serial killer non si vuole indicare neppure chi compie semplicemente più
omicidi, chi uccide più persone in uno stesso momento (pluriomicidi) o in tempi successivi
(assassini recidivi), alla stregua del significato che si è imposto nel linguaggio comune e dei
media; costoro non sono in senso stretto serial killer. Gli assassini seriali sono altra cosa e
chi è "del mestiere", cioè chi si occupa di criminologia e di psicopatologia forense, ha,
tradizionalmente, usato questo termine per indicare soltanto coloro che hanno ucciso
più persone in momenti successivi, per il ripetersi di una particolare motivazione:
"la distruttiva e sadica associazione di sesso e morte". [fonte: http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Soprattutto quando specifica che: “Occorre, però, avvisare che il legame sesso-violenza
è si un movente fondamentale del meccanismo psicodinamico dell'assassino
seriale, ma è altresì soltanto una parte, seppur la più consistente, dell'ampio
ventaglio di motivazioni alla base del comportamento omicidiario seriale.” [fonte:
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Parlando del SV, si è fatto un gran parlare e un gran citare di termini quali “omosessualità”
[NdA: che comunque è nei più della sfaccettature da intendersi come bi-sessualità ] e “violenza sulle donne”
[NdA: inteso nel senso di non aver remore a picchiare persone, anche strettamente, vicine di sesso femminile ].
Si è potuto vedere immagini di rancori e volontà di dominio maschile-padronale, su figure
“deboli” che, mala tradizione vuole debbano essere “mute ed obbedienti ai voleri dell'uomo
padrone”.
Dovessimo accontentarci di questo, dovessimo in questo leggere la gestazione o il parto della
follia maniacale: saremmo fuori strada.
Non che simili nozioni non abbiano relazione alcuna nel magma della psicopatia vinciana, ma
non possono essere queste né le uniche né le principali chiavi di accesso al mistero della
psiche del MdF.

Avrete già capito, visti i plurimi pregressi esempi, che sovente, molto sovente, non è la
“mancanza d informazioni” ad ostacolare il conseguimento del risultato, ma è la mancanza
del corretto ordine di sviluppo del ragionamento (acquisizione informazioni – corretta
domanda – risposta) a distrarci, ammantando il percorso cognitivo di grigia nebbia.

Prima di iniziare, permettetemi di esplicitare una AVVERTENZA.


Siccome qui adesso andremo a parlare scivolando dentro e fuori un campo presso che
immateriale, con agganci psicologici, psichiatrici e di privata sensibilità personale, si chiede al
lettore massima elasticità ed apertura mentale nel tener presente, soprattutto per quanto

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riguarderà la mia maniera di esprimermi, che sovente i termini sono da prendere in una
accezione relativa e non assoluta.

Passata questa doverosa segnalazione, anche per questo importantissimo argomento dunque,
dovremmo innanzitutto iniziare selezionando alcuni ineludibili punti fermi tra il mare di
informazioni già note, e quindi muoverci secondo l'ordine giusto delle domande da porsi e
delle risposte da ottenere.

Punti Fermi
• 1) il MdF uccideva COPPIE. Non singole donne, non singoli uomini. Coppie. Per le
situazioni di intimità in cui venivano trovati/immaginati, visti da stampa ed
investigatori come coppiette di amanti “felici”
▪ per delitti del MdF si fa riferimento alla serie 1974/1985, ossia a quelli
“non di scopo”, maniacali a tutti gli effetti ed evidenze“

▪ “Colpisce, di solito, lo stesso genere di persone, che incarnano


certe sue fantasie ed è reso perciò riconoscibile proprio dalle sue
vittime; le considera non come esseri umani, ma come oggetti, ciò che
conta, infatti, non è l'identità del cadavere ma quello che rappresenta
per l'assassino seriale.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• 2) “La psicopatia è un disturbo mentale caratterizzato principalmente da un deficit di


empatia e di rimorso, emozioni nascoste, egocentrismo ed inganno. Gli psicopatici
sono fortemente propensi ad assumere comportamenti devianti e a compiere atti
aggressivi nei confronti degli altri, nonché a essere orientati alla criminalità più
violenta. Spesso sembrano persone normali: simulano emozioni che in realtà non
provano, o mentono sulla propria identità". [Fonte Wikipedia]
▪ “Nella maggior parte degli omicidi seriali, la motivazione principale
dell'assassino è quella di ottenere il controllo del potere, anche in
quegli omicidi che, superficialmente, presentano altre motivazioni.”
[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

▪ “Occorre, però, avvisare che il legame sesso-violenza è si un movente


fondamentale del meccanismo psicodinamico dell'assassino seriale, ma
è altresì soltanto una parte, seppur la più consistente, dell'ampio
ventaglio di motivazioni alla base del comportamento omicidiario
seriale.” [fonte: http://www.altrodiritto.unifi.it/]

▪ “La maggior parte dei serial killer presenta, infatti, dei problemi nella
sfera sessuale. Questo dato è valido anche per quei soggetti i cui
delitti non hanno una motivazione principalmente sessuale” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

▪ “Le perversioni sessuali (che, con termine più moderno, vengono


chiamate parafilie) difficilmente si riscontrano allo stato puro, mentre
è molto più comune che in uno stesso assassino seriale ci sia una
combinazione variabile di perversioni.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• 3) le patologie che affliggono le menti dei serial killer, nella stragrande per non dire
assoluta casistica psichiatrica e criminologica, hanno radici che affondano e vanno
rintracciate indietro nel tempo: fino al periodo di formazione della “socialità umana”

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▪ “la personalità del fanciullo e le sue reazioni sociali si sviluppano


proprio sullo sfondo del clima generale della famiglia. Esigenza
fondamentale per lo sviluppo equilibrato della personalità del bambino,
sia in senso psicologico che sociale” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

▪ tutti sono stati in qualche modo vessati nella loro infanzia. Hanno
subito una violenza, spesso sessuale, in un'età in cui non potevano
ribellarsi e questa brutalità “ [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

▪ “Gli studiosi che si sono occupati dell'omicidio seriale hanno cercato di


elencare una serie di sintomi che, se riscontrati durante l'infanzia e
l'adolescenza, possono far presagire un futuro comportamento
omicidiario seriale (sempre, però, stando attenti a non formulare
ipotesi di causalità diretta)” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]
▪ “sintomi di danno neurologico. Questo danno può essere
provocato da una ferita o da una malattia ...SNIP.... In taluni
casi, un forte trauma alla testa è associato all'apparizione
improvvisa di un comportamento aggressivo e/o di una
personalità eccessiva” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

▪ “comportamento irregolare. È caratterizzato soprattutto da


un bisogno immotivato e cronico di mentire” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

▪ “attività sessuale precoce e bizzarra. Molte volte, gli


assassini seriali iniziano a masturbarsi da bambini oppure
manifestano dimostrazioni di sessualità violenta e abusiva
nei confronti di altri. Anche l'utilizzo di materiale
pornografico inizia in età precoce. In particolare gli assassini
seriali fanno un abbondante uso di pornografia” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

▪ “in quanto sono vittime di violenze sia intra che extra-


familiari. Ciò li porta ad una forma di attrazione-repulsione
per il sesso, che inizia a diventare un pensiero ossessivo
nella loro mente” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• 4) “l'omicidio reale non è mai appagante come sa esserlo quello immaginato nella
mente del serial killer, per questo motivo il soggetto ripete più volte l'atto omicidiario
alla ricerca della perfezione che raggiunge soltanto nella sua immaginazione.
L'esperienza del ricordo, quindi, è di fondamentale importanza per ogni assassino
seriale, in quanto serve ad alimentare le sue fantasie: a questo servono i feticci ed i
"trofei" che molti soggetti conservano dopo ogni omicidio.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• 5) L'infanzia e la gioventù (e la storia successiva) del SV, presentano forti richiami di


assonanza e coerenza agli accennati nei punti 2-3-4 su accennati (e ad altri espressi
sempre nel documento proposto)

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Dunque prendiamo a prestito le parole di un esperto nel campo, cioè quelle di John Douglas
che ha guidato per quindici anni il Behavioral Science Unit di Quantico della FBI, facendolo
nostre:
“L'arma del delitto, non è il coltello, non è la pistola, ma è la mente: è lì che bisogna scavare
per catturarli. Perciò è necessaria l'analisi psicologica per identificare un assassino seriale:
bisogna capire quali sono i gusti, le abitudini, le fantasie ; comprendere le motivazioni più
recondite e i fantasmi che, di solito, si traducono in un rituale elaborato, al momento
dell'esecuzione del delitto o subito dopo. L'importanza fondamentale è proprio il ruolo della
fantasia”.

Quindi:
Q1: Visto che il MdF uccideva “coppie”, ossia è sulle coppie che riversava il proprio odio
assassino, possiamo trovare possibili, probabili, plausibili motivi, inconsci o consci, diretti o
nascosti, che associno una simile astrazione patologica a quanto noto della figura in oggetto
di studio?
R1: anticipo già un Si. Del resto, senza una risposta affermativa a questa domanda, tutto il
lavoro fin qui prodotto sarebbe corretto considerarlo nullo ed inutile.
• [NdA: il serial killer maniacale ] “Colpisce, di solito, lo stesso genere di persone, che
incarnano certe sue fantasie ed è reso perciò riconoscibile proprio dalle sue vittime; le
considera non come esseri umani, ma come oggetti, ciò che conta, infatti, non è
l'identità del cadavere ma quello che rappresenta per l'assassino seriale.” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Ragionamenti e Domande
1) la figura paterna – la figura autoritaria – la figura maschile
Per quanto qui solo proposto a livello di ragionamento, esistono molteplici studi e
documentazioni in campo psicologico a supporto del legame inconscio diretto tra autorità e
famiglia, tra padre e potere, tra genitori e figura di riferimento infantile, tra divisa ed autorità
e dunque tra divisa e famiglia o tra autorità e famiglia che dir si voglia.

Un simile concettuale legame è addirittura presente nel motto “Dio, Patria e Famiglia”, che
con sole tre parole semplicemente esprime tutta la carica dei concetti/valori di: Autorità e
Obbedienza.
Autorità ed obbedienza che possono a loro volta essere lette psicologicamente come cesura
insormontabile al conseguimento di un qualcosa (autorità/potere) se non tramite un atto di
sottomissione volontaria, o forzata (a seconda dei contesti e delle figure di cui si parla)
proprio a quella stessa autorità; ossia è l'autorità stessa che elargisce e dà, chiedendo in
cambio accettazione di se stessa in forma di subalternità.

Provate adesso a trasporre questo nel quotidiano della vita di un bambino.

L'Autorità abbiamo visto essere incarnata dalla figura paterna (il capo-famiglia che comanda e
porta a casa il necessario al mantenimento della famiglia, ossia che elargisce, che dà e che al
contempo un giorno il figlio incarnerà).
E il figlio nel ruolo di chi “deve accettare quello che l'Autorità passa”, in modo subalterno ma
di indubbio rispetto verso ciò e chi, che comunque è inconsciamente l'ideale da raggiungere.

Non sorprende dunque affatto quanto letto a proposito dell'importanza della figura di
riferimento paterna nell'infanzia.

Né altrettanto sorprende che se un tale rapporto fiduciario è minato nel suo essere a causa di
paterne violenze, incomprensioni, assenze, cattivo esempio e/o quant'altro dir si voglia, il
figlio, ossia la parte debole che deve obbedienza per diventare chi e come la figura del padre
quel momento gli sta usando violenza, tradendo la sua fiducia, etc, possa ritrovarsi privo dei

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naturali, ma non per questo meno certi, punti di riferimento inconsci.

E' tutto un mondo, tutta una società umana, che va in pezzi in questo modo:
a) viene minato il valore della fiducia (con consequenziale stimolo alla mancanza di empatia)
b) viene minato il concetto di merito e rispetto
c) viene minato il concetto di Autorità
La visione che accomuna gli esseri umani all'interno di una qualsiasi comune forma sociale di
rapporto ed interazione, perde il suo stesso intrinseco valore: la logica paritaria di socialità
causa/effetto, viene meno. Resa solo il germe della scaltrezza e della forza. Ossia, assenza di
empatia.
“Scaltrezza” e “forza” che in simile caso, come per l'esempio col motto “Dio, Patria e
famiglia”, diventano paraventi linguistici per “menzogna” e “violenza”, per “disprezzo” e
“sopraffazione”, per “pianificazione” e “umiliazione”

Ci si ricordi che: “il problema non è tanto come si comporti il padre, ma qual è la percezione
che il figlio ha del comportamento del genitore”, e che i serial killer “tutti sono stati in
qualche modo vessati nella loro infanzia. Hanno subito una violenza, spesso sessuale, in
un'età in cui non potevano ribellarsi e questa brutalità “, dove l'accento più che sull'età, visto
il percorso di ragionamento fin qui seguito e il soggetto del discorso, è da porre sulla fonte di
Autorità a cui il soggetto debole non abbia potuto, o inconsciamente voluto, ribellarsi: alle
violente botte inferte dal padre-Autorità, nel nostro caso di studio, è da aggiungere anche il
rapporto anale sotto costrizione subito da parte di alcuni militari-Autorità in cambio del
conseguimento di qualcosa che gli era legittimamente dovuto.

Ma siccome al contempo stesso, e specie in infanzia e gioventù ma non solo, la necessità di


una figura formativa che in-consciamente incarni il ruolo dell'Autorità che dà, che passa le
informazioni, che permette di avere un idealizzato a cui tendere è insita nell'umano stesso
così come nell'animale selvaggio, possiamo porci la prima domanda:

Q 1: è quindi possibile e plausibile immaginare che viste le botte e le violenze paterne [ NdA: e
il resto dell'ambiente famigliare da “broken homes”], e le violenze pure sessuali poi subite ad appena
21, il soggetto in attenzione abbia inconsciamente “maturato” un taglio nei confronti della
figura dell'Autorità paterna nello specifico, e idealmente dei diretti canoni societari ad esso
legati?
R 1: SI

Q 2: vista la naturalità insita nella necessità umana, specie in periodo infantile e di gioventù,
di una tale figura paterna e dunque maschile di riferimento, è possibile e plausibile che
almeno a livello inconscio una nuova simile figura possa essere stata identificata in altro/altri
soggetti, sempre di sesso maschile, in ambiti extra-familiare?
R 2: SI
Basti pensare ai giovanissimi eppure molto profondi legami con il suo coetaneo Steri
Salvatore, e anche con il padre di lui [NdA: il Francesco Steri, sarà anche parte integrante, assieme al
figlio Salvatore, all'alibi circa la morte della Barbarina – Vedasi: Rapporto Torrisi 311/1 ]

Q 3: è dunque possibile leggere le esperienze omosessuali, con lo Steri Salvatore per iniziare
ad esempio, come una distorta “applicazione” dell'affetto che un figlio deve avere per il
proprio padre, verso una figura di esso sostitutiva, anziché una dichiarazione di vera e propria
omosessualità (o bisessualità in seguito che dir si voglia)?
R 3: SI
Soprattutto in assenza (vuoi per assenza reale, vuoi per inconscio rifiuto da parte del figlio)
della reale figura paterna formativa, il compito , anche a livello di comprensione educativa
sessuale, è auto-arrogato al figlio stesso, ossia allo stesso soggetto che formazione non ha.
Un procedere a tentativi; una incondizionata fiducia verso la nuova fonte neo-paterna e di

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Autorità verso la quale in questo caso può ed effettivamente nutre fiducia; un affiatamento
che travalica: sono tutti esempi plausibili, logici, naturali si potrebbe pure dire. Un compagno
fraterno-paterno, di massima fiducia, è ciò che permette all'adolescente di superare ansie e
paure in mancanza di altre figure di riferimento.
Si tenga inoltre presente che:
• i rapporti, anche sessuali, con persone del suo stesso sesso, sono stati i rapporti di più
lunga e affidabile durata nella sua vita;

• ma anche che il SV non rifiutava a priori il rapporto sessuale con persone di sesso
femminile, al punto da sposarsi due volte e sempre convivere con una donna.

Ragionamenti e Domande
2) la figura materna – la figura di dolcezza – la figura femminile
Per i dati a disposizione [ NdA: documenti di indagine, e relative dichiarazioni di vari personaggi, nonché
interviste], non risulta mai essere citata la figura materna del SV.
Che fosse già deceduta, che avesse abbandonato il padre e la famiglia, che fosse costretta a
vivere la sua routine familiare in forma sottomessa ai voleri del capo-famiglia, etc: da questi
documenti non lo possiamo sapere.
Ma appunto, per rimando, sappiamo come tale figura essenziale anch'essa nella crescita e
sviluppo dell'adolescente: non sia mai citata, nemmeno in occasioni delle cure al piccolo
bambino di 10 anni ferito dalle botte paterne.

Q: è dunque possibile e plausibile immaginare tale assenza nelle citazioni, come il vissuto
inconscio, la percezione vera o reale che sia, di una effettiva assenza di peso del ruolo della
figura materna e quindi femminile nella infanzia adolescenza del SV?
R: La risposta è a fine capitolo.
Per il momento è lecito solo dire che pur non essendo un “assenza” mai prova specifica della
“presenza oggettiva” di un dato.

Tale silenzio, anche nelle parole del SV quando parla alla Massa raccontando circostanze gravi
e dolorose come le botte paterne, è indice di scarso o nullo interesse/fiducia/valore/presenza
[NdA: o di altro più profondo e tetro] nei confronti della stessa.
Tale immaginario è ancora più “semplice” da vedere nel momento in cui si pensa alla violenza
che il padre esercitò sul figlio: violenza che vista la gravità delle ferite, indice indiretto di
padre autoritario e dunque moglie costretta alla sudditanza [ NdA: non si dimentichino anche gli anni
di riferimento]

Sbrogliamo la matassa, dunque.

Ragionamenti e Domande
3) la figura marito/moglie – la figura uomo/donna – la figura della coppia
Pare violento, madre succube dei voleri del padre-padrone: inconsciamente come e cosa
percepisce, apprende ed interiorizza il SV da queste esperienze?

Q 1: a fronte di quanto su visto, letto, detto, è dunque plausibile e possibile immaginare che
a livello inconscio e dis-formativo, la famiglia non venga più vista come “focolare di fiduciosa
armonia”, ma come “angolo buio” all'interno del quale risiede la fonte delle “sofferenze” e dei
“problemi esistenziali”
R 1: SI
In special modo a fronte di quanto letto e appreso a livello di psiche, questo è un passaggio
che può risultare semplice da fare, in quanto abbinamento diretto A+B=C, anche nel
subconscio di un bambino, di un fanciullo, di un adolescente, e in alcuni casi pure può essere
portato avanti anche da persone già adulte.

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Q 2: in quanto su detto, a questo punto, è possibile e plausibile immaginare un senso


psicologico di “allontanamento del normale”, distacco, dal concetto-binomio padre/madre,
marito/moglie, uomo/donna?
R 2: Si
Anche in questo caso, ciò risulta essere coerente con dettami della psicoanalisi, della
psicologia e della psichiatria.

Q 3: quando dunque adesso leggiamo affermazioni come: “La psicopatia è un disturbo


mentale caratterizzato principalmente da un deficit di empatia e di rimorso, emozioni
nascoste, egocentrismo ed inganno”, possiamo o meno riconoscere tale quadro in quanto su
esposto?
R 3: Si.
Un allontanamento dalle figure “normali” di riferimento con l'introduzione di una figura
“paterna estranea sostitutiva”; la necessità di non comunicare tale “sostituzione affettiva”
proprio in seno all'ambito paterno-originale e familiare fonte conscia-inconscia dei problemi;
la necessità del “non-formato” di “auto-formarsi”, spingono nel senso dello sviluppo di “deficit
di empatia”, “egocentrismo”, “inganno”, “emozioni nascoste”.
▪ È bene ricordare come, anche più avanti negli anni, manterrà comunque tali
caratteristiche: dal non raccontare nulla della sua vita quotidiana nemmeno alla
moglie, al ricorso alla menzogna; dall'assenza di gesti di empatia specialmente
verso il nucleo familiare (mogli, figlio e fratello in particolare), alla mancanza di
rimorso o comunque di giudizio di riprovazione (per come si vende al SM a
proposito della morte della Steri Barbarina)

Non risulta quindi troppo difficile riconoscere come nell'affermazione “Sebbene diversi
assassini seriali abbiano avuto relazioni anche di lunga durata, nel loro interno c'è sempre un
sé nascosto che evita ogni tentativo di raggiungere una gratificazione e ciò è il frutto di
modalità di relazione errate apprese durante il periodo evolutivo.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/], ben si accompagni alla storia relazionale del soggetto in
attenzione:
brevissima durata del matrimonio con la Steri,
matrimonio con la Massa soggetto ad interruzioni e sopravvissuto poi ancora per un po', solo
a causa della indigenza delle condizioni economiche della stessa;
rapporto con la Pierini di breve durata, etc.
Solo i rapporti che incorporano un transfert della figura paterna, includendo quindi il
catalizzatore sessuale con figure maschili, risultano essere rapporti fiduciari di lunga durata.

Q 4: è dunque possibile, plausibile rintracciare in quanto detto una inconscia ed immateriale


“motivazione/sensibilità” di “soggezione/sottomissione/rancore/odio” nei confronti della
famiglia intesa come binomio padre-madre, e dunque nella sua accezione più ampia nel
binomio uomo-donna, ossia nel termine singolo di coppia?
R 4: Si
Valga semplicemente ad esempio notare come la “quotidianità” dei rapporti del SV,
escludendo ovviamente il mero piano formale di apparenza pubblica, siano sempre improntati
sia alla promiscuità personale sia a quella numerica dei soggetti coinvolti nei legami:
ossia, qualunque cosa va bene, ad eccezione del “ riproporre”, del “rivivere”, del “ritrovarsi
davanti” il socialmente normale, ma interiorizzato in forma negativa, rapporto famigliare
uomo/donna, padre/madre di coppia.

E' proprio la coppia, in senso stretto e lato, quello che inconsciamente rifugge andando a
“nascondersi” dentro legami multipli.

Legami multipli che, già sappiamo, sono legami “superficiali”, a base unica di quell'egoistico
cocktail esplosivo di sesso, sopraffazione, umiliazione, voyeurismo, letture pornografiche e

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violenza domestica, e che “quando al sesso si unisce la violenza; quando questi due
concetti si legano, è praticamente impossibile separarli di nuovo.” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Non per nulla, è scritto che “Le caratteristiche comportamentali e le influenze ambientali
permettono ai successivi modelli, normali e patologici, di emergere durante l'età adulta.”
[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Giunti quasi a conclusione:

• Vale la spesa ricordarlo ancora una volta: il MdF uccideva, ufficialmente e con quella
calibro 22 L.R., solo ed esclusivamente coppie.

E quindi adesso siamo obbligati a rispondere alla domanda, accennata e lasciata volutamente
senza risposta, ad inizio di questo ragionamento:

Q 5: Visto che il MdF uccideva “coppie”, ossia è sulle coppie che riversava il proprio odio
assassino,possiamo trovare possibili, probabili, plausibili motivi, inconsci o consci, diretti o
nascosti, che associno una simile astrazione patologica a quanto noto della figura in oggetto
di studio?
R 5: SI.
La risposta non può che essere una sola e questa.

Non siamo però degli “inquisitori”, degli “untori a caccia”, non partiamo col piede già
indirizzato. Seguiamo un percorso che poggia su documenti di indagine e di conoscenze
psicoanalitiche e psichiatriche.
Non possiamo quindi ancora, nemmeno da quanto appena stabilito, “appiccicare a tutti i
costi” un'etichetta.

Sappiamo infatti ad esempio che:


1. “il solo fatto di crescere in una famiglia di questo tipo non è, però, sufficiente per
stabilire una relazione causale con il comportamento omicidiario seriale. Quello che,
invece, si può dire è che esiste una correlazione diretta con la scelta del soggetto di
attuare un comportamento deviante, fra i quali l'omicidio seriale è solo una delle
opzioni possibili.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

2. “Gli studiosi che si sono occupati dell'omicidio seriale hanno cercato di elencare una
serie di sintomi che, se riscontrati durante l'infanzia e l'adolescenza, possono far
presagire un futuro comportamento omicidiario seriale (sempre, però, stando
attenti a non formulare ipotesi di causalità diretta )” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Ossia sappiamo bene che simili “scompensi”, simili transfert, simili immagini inconsce non
significano il passaggio obbligato e diretto all'evoluzione patologica in forma criminale
omicidiaria seriale.
Anche su questo vi è ampia documentazione medica di riferimento.

Ma altresì sappiamo che:


3. “Per tutti i serial killer, l'omicidio seriale è un modo per esercitare la loro
rivalsa sulla società e per liberare l'aggressività accumulata a causa delle
frustrazioni subite” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Orbene, prossimo compito di questo documento di analisi e studio sarà quindi proprio quello
di andare a scoprire se, quando, perché e dove, possano essere rintracciati per il SV in

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oggetto, extra-motivazioni che possano aver agito da catalizzatore per il palesarsi in forma
compiuta di una psicopatologia prima solo latente o manifesta in gradi di minor impatto di
efferatezza.

Non ci possiamo infatti limitare a dire che, siccome secondo le teorie di S. Glover: “Quando
alcune forme di angoscia infantile tornano alla luce nella vita adulta, un mezzo per riuscire ad
avere ragione della crisi, è il rafforzamento dei sistemi primitivi di "libidinizzazione"; e questo
dà luogo al sorgere della perversione” e che“quando l'angoscia è troppo forte, ecco che
scatta il bisogno di ricorrere alla perversione, che permette al soggetto di raggiungere una
gratificazione, anche se transitoria.”, allora ecco, questo giocoforza ci possa permettere di
indissolubilmente mettere assieme il SV al MdF, solo perché lo psichiatra Robert J. Stoller
“considera invece la perversione come:Forma erotica dell'odio, una fantasia, che di solito
viene messa in atto ma a volte rimane a livello di un sogno diurno.”. Non è così semplice.

Una patologia che nasce come seme nel periodo giovanile e non trova espressione se non a
partire dal1974, necessita di quel qualcosa in più per essere non solo spiegata, ma anche
compresa appieno:
e quel “qualcosa in più”, visto che non si trattò di un momentaneo raptus [NdA: in nessuna
perizia è suggerita una simile interpretazione ] può, ed è, il così detto “catalizzatore esterno”.

Quella “angoscia troppo forte” di S. Glover, che, “come se il soggetto fosse sempre in bilico
fra due mondi opposti (reale ed immaginario) che lo trascinano ognuno dalla sua parte” fa
pendere il piatto della immaginaria bilancia psichica e emotiva inconscia di K. Keniston, da un
lato, quello folle omicidiario, anziché verso quello – fino a quel momento bastante – del
contenimento attuato attraverso le oniriche recinzioni delle “semplici” perversioni quali il
voyeurismo, il feticismo, il sesso sfrenato e scambista e altra parafilia.

Lo psicopatico, in presenza di quel catalizzatore esterno capace di spostare i pesi sulla


bilancia emozionale dell'anima, a quel punto non riesce a contenere la propria “ansia” e
“aggressività accumulata a causa delle frustrazioni subite” e “addossa, cioè, ad altri la colpa
della propria angoscia. Il serial killer strazia ed uccide perché vede nella vittima l'origine dei
propri mali”.

In questa chiave è da leggere il delitto maniacale del 1974.

Nell'apposito capitolo, identificheremo proprio tale “catalizzatore esterno”, che come sovente
avviene, risulta pure essere polivalente, ossia derivante da una serie di concause che si
sommano in una unica irrefrenabile, ma voluta nel senso di “agognata liberazione interiore”,
spinta emozionale a travalicare un confine ideale ed fantastico, per tanti anni rimasto
nascosto e latente.

Per i successivi delitti, 1981 a seguire:


l'ormai “riconosciuta come parte di sé” la psicopatologia assassina, ormai innescata,
scoperta, e realizzata una prima volta, seguirà quel percorso a fasi alterne di pause,
accelerazioni, ripetizioni ben noto nelle esperienze criminologiche e psichiatriche, che del
resto hanno già da molto tempo catalogato e quasi codificato [ NdA: sia d'esempio il periodo di
“cooling off” tra un delitto ed un altro, e le conseguenze che da questo ne possono derivare anche in ambito legale
processuale]

Processi di tale brutale potenza e di interiore psicologica portata, volti ad “ottenere il


controllo del potere, anche in quegli omicidi che, superficialmente, presentano altre
motivazioni.”, non sono meccanismi che facilmente e da soli, possano “spegnersi o
scomparire”.
Infatti, “l'omicidio reale non è mai appagante come sa esserlo quello immaginato nella mente

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del serial killer, per questo motivo il soggetto ripete più volte l'atto omicidiario alla ricerca
della perfezione che raggiunge soltanto nella sua immaginazione”.

E l'immaginazione, perversa e onnisciente, oltre che tramite feticci, si riproduce e si alimenta


anche tramite “voyeurismo” e “pornografia”, capaci di “desensibilizzare il soggetto alle
manifestazioni del dolore e alla visione della sofferenza di vittime reali .”.
Anche in questo caso, anche nel caso del duplice delitto del 1981/1 in particolare e in quello
dell'1984 pure, “contributi catalizzanti esterni” sono rintracciabili nel solito “gioco di specchi”
delle concause concorrenti.

Sappiamo infatti, sempre ed ancora la scienza medica e criminologica a venirci in aiuto, che
molte di queste patologie, benché presenti anche in forme psicotiche estreme, possano
restare confinate entro certi limiti temporali, ben sepolte nell'inconscio e/o nell'immaginario,
o addirittura con serial killer che riescono, al di là degli attimi di brutale follia assassina, a
vivere pubblicamente una vita “pienamente normale”; ad esempio “persone che hanno
vissuto per anni normalmente, lavorando, facendosi una famiglia, comportandosi come tutti
gli altri: poi compaiono ad un certo momento alla ribalta proprio perché compiono un delitto
gravissimo, senza comprensibili ragioni o con violenza inaudita. Sono quelle persone che
vengono comunemente denominate "mostri"”. Non ci stupiamo, visto che proprio agli inizi di
questa ricerca abbiamo letto della propensione alla “menzogna” da parte di questi soggetti
psicopatici o, “per usare una categoria del DSM IV, il Manuale Statistico Diagnostico dei
Disturbi Mentali, soffrono di un disturbo antisociale della personalità”.

Si tenga dunque in conclusione presente, per quanto riguarda la possibilità di una


“interruzione casuale e/o volontaria di quanto iniziato nel 1974” quanto scritto nel “Capitolo 3
- Tecniche di investigazione relativamente a casi di omicidio seriale” dal “Centro di
documentazione su carcere, devianza e marginalità” che recita:

Le diagnosi utilizzate nei confronti degli assassini seriali sono essenzialmente due:
• psicopatia

• schizofrenia paranoide.

Nella prima, rientra la maggior parte degli assassini seriali, quelli più pericolosi per la società,
i manipolatori capaci di nascondersi per anni e anni in mezzo agli altri, mostrando un
atteggiamento inoffensivo.

Gli psicopatici in generale sono molto difficili curare; ...SNIP... In particolare, la psicoterapia
presenta scarse possibilità di successo con gli psicopatici per una serie di ragioni:
• la tipica personalità psicopatica appare particolarmente resistente ai cambiamenti;

• poiché il rapporto empatico è fondamentale per tutta la psicoterapia, la mancanze dello


psicopatico in questo campo rappresentano un serio ostacolo per il processo
terapeutico;

• lo psicopatico tipico prova scarso senso di colpa e quindi non prova pentimento per il
fatto di mancare agli appuntamenti, di aggredire il terapeuta o di interrompere
bruscamente il trattamento

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Dal '68 al '74 - Silenzio e scintilla: alla scoperta del “catalizzatore esterno”

Prima di affrontare il capitolo, dovete ancora una volta tener presente che questo è un
documento che si muove a molla, cioè che noi, adesso nel 2014, abbiamo in mano già anche
le informazioni relative a periodi successivi quelli di cui trattiamo. Sappiamo già ad esempio,
dello straccio sporco di polvere da sparo che verrà ritrovato in casa del SV, e degli alibi
farlocchi successivi.
Piaccia o non piaccia, son dati che abbiamo e che non possiamo far finta di dimenticarli solo
perché temporalmente successivi: la storia del MdF è unica.
Ci troveremo quindi magari così momentaneamente a ragionare più in astratto su dati più
vecchi, ma questo “astratto” è comunque anche avvalorato dalle parti successive dell'unica
storia dell'unico mostro. Non ve ne dimenticate.

Un probabile uxoricida nel 1960 che nel 1968 è deus ex machina e partecipa alla morte di
un'altra donna e che poi fino al 1974 tace, non è etichettabile come “serial killer”, nemmeno
secondo le definizioni ufficiali vigenti.
Del resto, lo abbiamo sostenuto fino ad ora, né nel 1960 né nel 1968 è all'opera un mostro
un maniaco, squilibrato, serial killer; o meglio non è all'opera un serial killer manifesto, o per
la precisione non è all'opera manifestamente la psicopatologia che sarà compagna del MdF.

Quindi, esattamente come non ci stupiamo di non avere omicidi seriali nel 1961 o nel 1969,
per fare degli esempi, non ci stupiamo neppure di non averne nel 1970, 1971, 1972 e 1973.
Ossia, per assurdo, dovremmo invece stupirci di averne uno nel 1974.

Infatti, che lo si voglia o meno [ NdA: e nessuno lo vorrebbe né lo avrebbe voluto ], il 1974
rappresenta qualcosa di nuovo: qualcosa con cui parzialmente siamo anche già andati a
confrontarci nel capitolo La chiave interpretativa: genesi e sviluppo della psicopatia del SV-
MdF; un “passaggio in avanti” nel senso di un manifestarsi solidamente di una determinata
forma psicopatica nella sua sua forma peggiore: quella omicida (e seriale poi).

Non stupisca un così lungo periodo di “silenzio”. La cosa non risulta inusuale per molti serial
killer. Ed è nota ai criminologi. [ NdA: subito dopo il delitto del 1974, ad esempio, un “criminologo dichiaro'
che il killer si sarebbe fatto vivo ancora, magari dopo 4-5 anni, ma certamente avrebbe ucciso di nuovo ” - FONTE:
Dichiarazione pubblicata su La Nazione del 1974 senza pero' riferimenti al nome del in questione – Calibro22
Blogspot].

Ma ci siamo già anche resi conto che per proseguire questa analisi, così come fin ora
impostata, dobbiamo andare a verificare se è possibile anche incontrare, possibilmente a
ridosso della finestra delittuosa, uno o più “catalizzatori esterni” in grado di alterare il
malfermo e deviato equilibrio dei pesi immateriali che albergavano nella psiche di un certo
soggetto. Soggetto che abbiamo visto essere plausibilmente identificabile come “a rischio” fin
dalla prima gioventù secondo la casistica psichiatrica e criminologica, capace di evolvere,
concretamente in una figura psichiatricamente etichettabile come affetto da “disturbo
antisociale della personalità”.

Anche tralasciando infanzia e il 1960, dal 1968 al 1974, sono 6 anni.


Sei anni in cui dobbiamo annoverare:

• il 21 agosto 1968, ovviamente e l' “assorbimento” della scena primaria”

• i possibili “pensieri neri” (“rimorsi”) relativi alla morte della Locci e del Lo Bianco
▪ si noti però come questi “pensieri neri” debbano essere stati sporadici o minimi,
avendo già visto come al SV sia ascrivibile, per le varie ragioni precedentemente
esposte, una componente caratteriale di “deficit di empatia e di rimorso”

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• le possibili preoccupazioni relative alle indagini sulla morte della Locci ed il Lo Bianco,
che anche in questo caso debbono ritenersi minime ed ininfluenti
▪ passata la buriana già il 24 agosto 1968 [NdA: “Nella mattina del 24 agosto davanti al
giudice istruttore, Stefano Mele, confermò le precedenti dichiarazioni ma nel primo pomeriggio,
dichiarò: “la verità è che io quella sera ero con Francesco Vinci”] non risulta più essere stato
tirato in ballo dal SM (entro la finestra temporale del 1974); Si noti anche la
condanna per calunnia proprio nei confronti di SV

▪ le dichiarazioni del Natalino Mele nell'aprile 1969, restano confinate nei rapporti
dei Carabinieri, [NdA: “Ma non è solo il MELE Stefano ad indicare il nome del VINCI Salvatore,
perché nell'aprile del 1969 questo nome, anche se in modo indiretto, ed in un certo senso ancora
più attendibile, tenuto conto della persona che l'ha indottrinato e delle circostanze di tempo e di
luogo inerenti l'acquisizione della notizia, viene fatto dal figlio Natalino” - Rapporto Torrisi 311/1],
e già nel marzo 1070 si apre il processo che vede imputato unico il SM, e il SV
addirittura parte lesa per “calunnia”.

▪ e dal marzo del 1970, per quello che riguarda la morte della Locci e del Lo
Bianco, può praticamente dormire sonni tranquilli: “Stefano Mele fu condannato,
il 25 marzo 1970, alle 15 e 15, dopo solo tre ore di consiglio per i reati di
omicidio di Barbara Locci e Antonio Lo Bianco e per le calunnie a danno di
Salvatore Vinci”

• nel 1970, coglie occasione al processo contro SM per accusare subdolamente il fratello
Francesco, col quale i rapporti non sono più buoni almeno già dai tempi della Locci,
sostenendo che il Francesco Vinci fosse stato in possesso di una pistola [ NdA: “Nel marzo
del 1970 ebbe luogo, a Firenze, il processo a Stefano Mele, indiziato d'aver ucciso la moglie e l'amante.
L'avvocato di Stefano Mele, Stefano Ricci, mostrò durante un'udienza una foto che Francesco Vinci aveva
dedicato a Barbara Locci: "Ti offro la mia fotografia in ricordo di un amore che non avrà mai fine" e chiamò
a testimoniare Salvatore Vinci che disse d'aver appreso dalla cognata, che il fratello detenesse un’arma nel
portaoggetti della sua Lambretta”.]

• due cambi di domicilio, da Vaiano “il 9.1.1969 va ad abitare in Prato” [Rapporto Torrisi
311/1] prima, e poi da Prato “il 1.9.1970, emigra a Firenze, sistemandosi in via Cironi
n. 8 [Rapporto Torrisi 311/1], che almeno allo scrivente non fanno venire in mente nulla di
particolare, se non la comune rottura di scatole del fare un trasloco, ma data la
povertà economica del Vinci, non pare che la quantità di oggetti e beni da trasferire
possa essere stata causa di particolari stress

• dal 1970 al 1974, sono quattro anni di abitazione in Firenze, Via Cironi n.8, che dista
appena poco meno di 3 chilometri e mezzo dalle “Cascine” [Rapporto Torrisi 311/1],
abituale luogo ove già portava la Barbara Locci per offrirla a sconosciuti di passaggio
[NdA: “abituale frequentatore delle Cascine, ove molto spesso conduce Stefano con il
bambino e la Barbara, per farla congiungere con altri uomini in sua presenza, e dare
sfogo alla sua innata tendenza sessuale deviante” -Rapporto Torrisi 311/1], e ancor
meno dalla “discoteca "Il Poggetto", luogo abitualmente frequentato dal VINCI
Salvatore” [Rapporto Torrisi 311/1], che dista meno di un chilometro.

• Nel 1973, c'è la conferma in appello, a Perugia, della condanna al SM [NdA: “ Nel 1973
il tribunale di Perugia confermo' la condanna per omicidio stabilendo una pena di 14
anni da espiare nel carcere di Firenze.” - Fonte: Calibro22 blogspot]. E con questo dato
in tasca, nel 1973 un anno circa appena prima del delitto del 1974, il SV rispetto a
Signa 1968, può ormai dormire sonni tranquilli (per un po').

• le pratiche sessuali “esuberanti al limite della devianza e della sottomissione” e la


violenza domestica e padronale sulla moglie Rosina Massa e le botte e i pessimi

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rapporti col figlio Antonio


▪ rapporti di sesso a tre e a quattro con i Biancalani, marito e moglie: ossia “che i
rapporti sessuali con quella coppia sono diventati a quattro e che poi i due
uomini hanno cominciato ad avere rapporti di coito anale in loro presenza”
[Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “di aver dovuto congiungersi carnalmente con altri uomini conosciuti


occasionalmente e portati in casa da Salvatore con molta frequenza” [Rapporto
Torrisi 311/1]

▪ le frequenti “visite” “di sera, molto spesso alle Cascine, ove il marito dopo aver
adescato gli uomini, li fa congiungere con lei in sua presenza, per avere anche
lui subito dopo il suo rapporto sessuale” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “di essere stata frequentemente aggredita e picchiata” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ "difesa tante volte dal figlio di Salvatore, a nome Antonio, ma che anche questi
le ha prese...” [Dichiarazioni della Rosina Massa – Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “di essere stata minacciata” [Dichiarazioni della Rosina Massa – Rapporto Torrisi 311/1 ]

▪ particolare attenzione va posta su questo punto: “di non risultarle che


Salvatore è un guardone, per non averlo mai visto fermarsi a guardare altre
coppiette perché questi è solito guardare lei quando fa all'amore con gli
altri, e ciò gli procura eccitamento, prima di congiungersi con lei.”
[Dichiarazioni della Rosina Massa – Rapporto Torrisi 311/1 ]. Vedremo in seguito quale sia
la corretta chiave di lettura di questa frase, che non è quella che a primo colpo
d'occhio può sembrare.

▪ Anche se la citazione è riferita da persona entrata nella vita del SV in una


successiva finestra temporale, visti gli interessi monotematici del SV per il sesso,
e vista la sua smania di guardare per eccitarsi, viene riportata perché
perfettamente plausibile e di probabilità così alta da poter essere data per certa:
“compra[va] e tene[va] tantissime riviste pornografiche” [Dichiarazioni della Ada
Pierini – Rapporto Torrisi 311/1]

• e infine, importantissimo, il sempre più burrascoso rapporto con la moglie Rosina


Massa, giunge ad una interruzione con abbandono del tetto coniugale da parte della
stessa “nella tarda primavera del 1974” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1], che se
ne va “via in Sardegna con i figli nel 1974, con l'intenzione di abbandonare il marito
per sottrarsi a quel genere di vita impossibile, senza riuscirvi, per la miseria, la
mancanza di lavoro” [Rapporto Torrisi 311/1]

• Inoltre, “Nel giugno del 1974 Salvatore Vinci lo denunciò [NdA: ad Antonio Vinci, suo figlio ]
per violazione di domicilio; nello stesso anno Antonio tornò a stare a Villacidro in
Sardegna”. [Fonte: Insufficienza di Prove Blogspot]
▪ “'Qualcuno ha forzato la porta del mio appartamento e mi è entrato in casa'
...SNIP... Quando i carabinieri che raccolsero la denuncia gli chiesero che cosa
gli fosse stato preso, Salvatore Vinci rispose: 'Non lo so'. ...SNIP... La denuncia
di Vinci non era contro ignoti. Lui disse di sapere chi gli era entrato in casa e
dettò ai carabinieri nome e cognome del responsabile” [da Dolci Colline di Sangue –
M. Spezi e D. Preston].
NOTA: disponibilità pubblica di tale denuncia non è stata rintracciata dallo

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scrivente. La informazione è però appunto riportata nel libro su citato, si


consiglia pertanto il lettore, di prenderla “col beneficio dell'inventario”, come è
giusto che sia citando un romanzo, e non come dato assolutamente certo.

Questo è quanto accade nella vita del SV tra il 21 agosto 1968 e il momento dell'abbandono
della Rosina Massa nella tarda primavera del 1974 e prima del 14 settembre 1974, a cui
seguirà anche quello del figlio, che addirittura avrà l'onta di preferirgli il fratello, tanto
detestato, Francesco.

A livello psichiatrico, inutile ripetersi, il solito mix di ingredienti: come si vede, c'è sempre
costantemente tutto l'ambaradan del connubio sesso, violenza e voyeurismo in primo piano;
ed in secondo piano, nascosto e covato nelle ceneri dell'inconscio: mancanza di empatia e
odio per la coppia.
Famiglia, anche la sua, sempre più allo sbando, con la Massa che se ne va e la denuncia
contro il figlio.

Impossibile non sentirsi ancora rimbombare nelle orecchie le parole:


“...il legame sesso-violenza è si un movente fondamentale del meccanismo psicodinamico
dell'assassino seriale, ma è altresì soltanto una parte, seppur la più consistente, dell'ampio
ventaglio di motivazioni alla base del comportame.” [fonte: http://www.altrodiritto.unifi.it/]

“Per tutti i serial killer, l'omicidio seriale è un modo per esercitare la loro rivalsa sulla società
e per liberare l'aggressività accumulata a causa delle frustrazioni subite” [Fonte: Gianluca
Massaro su Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità ], o che tali vengono percepite da
una mente comunque contaminata dai germi di una patologia di devianza antisociale
quand'anche non ancora sbocciata manifestamente.

E allora, grazie all'egregio lavoro reso dal Ten. Col. Torrisi, abbiamo in mano, finalmente, la
chiave per illustrare perché questi sei anni di silenzio si interrompono.

Abbiamo cioè in mano quel “catalizzatore esterno” che stavamo cercando:


il duplice delitto di Borgo San Lorenzo del 1974 non ha più l'alone di mistero che lo circonda
[NdA: se non nei dettagli spiccioli ed indeterminabili attraverso i rapporti di sopralluogo e altri particolari di
contorno].

Per una volta almeno, anche solo per una mezza pagina, forse sono riuscito a lasciarvi il
gusto di un po' di suspance... sappiate infatti che quel “catalizzatore esterno” di cui parliamo
è solo in parte rappresentato dall'abbandono della Massa, dove ovviamente senza tale
abbandono l'innesco non avrebbe potuto raggiungere e detonare l'esplosivo, ma l'esplosivo
detona per l'innesco, non per il mezzo che pone in contatto l'innesco alle polveri!

Il vero punto nodale, riportato in questo capitolo, sta in un altro punto. E' tempo di affrontare
e svelare l'arcano del primo duplice delitto maniacale.

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Borgo San Lorenzo, 1974: un mostro intero ma a metà

Anche in questo caso, si avvisa il lettore di tenere a mente i dati temporalmente raccolti in
fase e per periodi successivi a quello in oggetto, in quanto parte della unica storia del mostro
e della calibro 22 L.R..
Avendo la “fortuna” di poter analizzare la storia nel suo insieme e non solo in frazioni
specifiche contingenti, non è corretto far finta di non sapere cosa succederà dopo. Quindi,
quando anche per momenti anteriori vi possa essere una minore presenza indiziaria fisica e si
debba ricorre a più ragionamenti di carattere “astratto”, questi implicitamente poggiano
comunque su dati ufficiali, anche se temporalmente occupano una finestra posteriore.

Dunque, arma unica, mostro unico, storia unica. Non ci piove.

14 settembre 1974: il primo delitto maniacale del mostro di Firenze.


Se vi aspettate una dotta trattazione di ogni dettaglio come da risultanze dei rilievi di polizia,
perizia necroscopica, articoli di giornale, denunce forse correlate, atti di voyeurismo “oltre le
righe” in zona e quant'altro di simile, probabilmente resterete delusi. Non che non se ne farà
menzione, non che non se ne parlerà, questo ovviamente ne è il capitolo adatto, ma ai fini di
questo documento e grazie a dove questa specifica analisi già ci ha portato, come per le
domande che vanno poste nell'ordine corrette se si vuole ottenere le risposte giuste, quello
che dobbiamo andare prioritariamente a mettere al “posto giusto” per svelare questo delitto,
è qualcosa di molto più importante ed univoco di “piccoli” dettagli come i “3 paia di pantaloni,
uno da donna e due da uomo, un foglio uno da donna e due da uomo, un foglio l'intestazione
di una lavanderia, un paio di mutande femminili di colore bleu intrise di sangue e con uno
strappo” siano stati messi “sotto ad una pianta di vite distante circa mt. 3.40 dall'auto” dal
MdF, dal Pasquale o dalla Stefania; prima o dopo il delitto; contestualmente o meno.

Dalla lettura della Perizia De Fazio, infatti, apprendiamo fin da subito che: “Quanto ai reperti
necroscopici, occorre preliminarmente precisare che le descrizioni che verranno di seguiti
riportate sono state tratte dall'esame dei soli verbali di esame esterno e di autopsia, non
sempre ben leggibili, a volte incompleti e privi anche della risposta ai quesiti usuali perché
rinviato alla relazione peritale, poi non eseguita” [Perizia De Fazio].
E questo fin da subito ci fa capire come determinare una millimetrica gestualità di azioni per
quella notte sia impossibile.

Si legge però anche che: “il primo omicidio abbia in qualche modo innescato i meccanismi
psicologici che hanno in seguito condotto alla elaborazione fantastica, alla preparazione ed
alla estrinsecazione delle successive azioni delittuose con le modalità descritte.” [Perizia De
Fazio].

Quello che principalmente dovevamo sapere a proposito di questo delitto, già lo abbiamo
visto nelle parti iniziali di questo documento di studio:
• delitto “non di scopo”, maniacale

• mostro unico in azione

• stessa calibro 22 L.R. che sparò a Castelletti di Signa

• similitudine scenografica e d'ambiente con quel delitto

• stesse cartucce Winchester, marchiate “H” sul fondello, stesse pallottole camiciate in
rame

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• vittime, una giovane coppia: Stefania Pettini, 18 anni e Pasquale Gentilcore, anni 19

Adesso, a noi interessa invece sapere del “mostro”.


E a tal proposito già abbiamo raccolto, anche in questo caso, più che sufficienti e concordanti
ragionevoli e logici indizi, che ci hanno portato ad vedere con coerenza la figura del SV in
quei panni:
• calibro 22 L.R., rimasta in suo possesso dopo il delitto di Castelletti di Signa

• acquisizione “visiva e cerebrale” della scena primaria di Castelletti di Signa

• odio inconscio nei confronti della coppia/famiglia/rapporto a due

• voyeur, che trae eccitazione a guardare le sue mogli e compagne accompagnarsi con
sconosciuti [NdA: sconosciuti da lui stesso cercati ed invitati]

• embrioni plurimi di germi di disturbo antisociale della personalità

• non in stato di costrizione alla data del delitto (né in prigione né in ospedale, per fare
due esempi)

• in piena possibilità di conoscenza dell'area del Mugello

• in piena possibilità fisica di raggiungere il luogo del delitto (automunito; distanza da


casa : tragitto di poco superiore alla mezz'ora in auto)

• solito usare violenza sulle donne

• privo o comunque dotato di scarsa empatia

• probabile uxoricida

• istigatore della morte della Locci Barbara e conseguentemente di quella di Antonio lo


Bianco

• non aveva diretti motivi per volere la morte di quella coppia specifica di persone

• mancanza di pregressa conoscenza diretta biunivoca tra carnefice e vittime

• Tenendo conto che i primi seri sospetti e le prime mirate attenzioni sul SV come MdF
nascono solo dopo il duplice omicidio del 1984 [ NdA: “i concreti sospetti su VINCI Salvatore
sorgono a partire dal duplice delitto di Vicchio del Mugello, del 29 luglio 1984 ” - Rapporto Torrisi 311/1 ],
nonostante alcune ombre avrebbero già dovuto cominciare a palesarsi nel 1982 [ NdA:
“il G.I., Dott. Vincenzo TRICOMI, a seguito di sua specifica richiesta diretta al Nucleo Operativo, del
29.11.1982, acquisisce in data 16.12.1982, tramite la Tenenza Carabinieri di Villacidro, il Rapporto
Giudiziario n. 7 del 19.1.1960, della Stazione omonima, relativo al decesso di STERI Barbarina e poi
accantonato” - Rapporto Torrisi 311/1 ], non stupisce più di tanto che: per gli alibi in
riferimento a tali delitti, non siano presenti né nella Sentenza Rotella né nel rapporto
Torrisi, elementi che permettano di esprime alcun giudizio in merito.

Benché con tutte queste carte in mano, per rigore di analisi, fino al precedente capitolo non
avremmo potuto sostenere con lo stesso rigore logico-plausibile della ricostruzione di
Castelletti di Signa che le due figure, quella del MdF e quella del SV, in questo caso
coincidessero. Questo per il “banale” motivo che parlando di un delitto “non di scopo e
maniacale”, non valgono o meglio non bastano le stesse regole logiche applicabili per delitti

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“di scopo”, in cui individuato movente, possibilità fisica e temporale e falsità d'alibi il più è
ragionevolmente fatto.

Il Serial Killer, “Colpisce, di solito, lo stesso genere di persone, che incarnano certe sue
fantasie ed è reso perciò riconoscibile proprio dalle sue vittime; le considera non come
esseri umani, ma come oggetti, ciò che conta, infatti, non è l'identità del cadavere ma quello
che rappresenta per l'assassino seriale.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Per delitti maniacali, come dice John Douglas che ha guidato per quindici anni il Behavioral
Science Unit di Quantico (Virginia) della FBI, “L'arma del delitto ...SNIP...non è il coltello, non
è la pistola, ma è la mente: è lì che bisogna scavare per catturarli. Perciò è necessaria
l'analisi psicologica per identificare un assassino seriale: bisogna capire quali sono ...SNIP...
le motivazioni“ [Fonte: Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità ].

E questo è proprio quello che abbiamo fatto, determinando:


• l'inconscio e non manifesto odio per la coppia (fino a settembre 1974, solo nel deviato
vissuto sessuale quotidiano di rapporti a tre e più persone)

Ma abbiamo anche visto che, per quanto accettabile dal un punto di vista di esperienza
criminologica e medica, un “silenzio” di sei anni, dal 1968 momento di entrata in possesso
dell'arma e di acquisizione delle “scena primaria”, al 1974 delitto di Rabatta - Sagginale,
necessita di un quid specifico per il via al manifestarsi compiuto della psicopatologia deviata e
assassina.
Come nella fiaba di Pollicino, seguendo a ritroso le varie briciole disseminate lungo il
cammino della storia, siamo arrivati ad identificare la necessità di individuare tale
catalizzatore/i. Abbiamo portato sul piatto dati ed informazioni. E' tempo di tirarne le
conclusioni,e quindi, finito il riepilogo, ecco il momento di illustrare questo ultimo tassello
mancante:
il “catalizzatore esterno”.

Anche in questo caso, per venire in contro al lettore, cercherò di fornire il più possibile una
descrizione dell'ordine dei passaggi e dei concatenamenti tra i fatti:

• La Rosina Massa sta col SV, siamo ancora agli inizi del 1974, o comunque in periodo
antecedente la “tarda primavera” in cui farà le valige e se ne tornerà,
momentaneamente in Sardegna

• Il SV, anche se inconsciamente e non volutamente, riesce a “tenere a bada” e “sotto-


controllo” il suo disturbo antisociale, grazie alla possibilità di scaricare l'odio attraverso
alternative forme di potere ed appagamento, quali il sesso vissuto come sappiamo lo
vivesse, e la prevaricazione e la sottomissione umiliante della Massa (e delle altre
figure femminili prima di lei).
L'inconscio gioco di pesi e posizionamenti delle tare, per quanto possa apparire di
cattivo gusto dirlo: “regge”: il soggetto è “in bilico fra due mondi opposti (reale ed
immaginario) che lo trascinano ognuno dalla sua parte.” [concetti di K. Keniston - Centro di
documentazione su carcere, devianza e marginalità ], ma al momento quegli “sfoghi” sono in
grado, inconsciamente, di far sì che dei due mondi opposti sia quello reale a prevalere.
La “telluricità” del binomio sesso e sopraffazione famigliare è ancora bastante.
Il serial killer in potenza, in potenza resta.
Chi fa le spese di questo insano “equilibrio”, in questo momento, è “solo” la Rosina,
costretta a suon di botte e minacce ad obbedire ai suoi voleri, al suo “controllo del
potere”[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

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• con le parole stesse della Rosina: “ non risultarle che Salvatore è un guardone, per
non averlo mai visto fermarsi a guardare altre coppiette perché questi è solito
guardare lei quando fa all'amore con gli altri, e ciò gli procura eccitamento, prima di
congiungersi con lei,” [Rapporto Torrisi 311/1]; ossia:
▪ il SV si eccita a guardare la sua compagna concedersi agli altri

▪ lo stesso che con la Rosina, capitava esattamente uguale già con la Locci:
“abituale frequentatore delle Cascine, ove molto spesso conduce Stefano con il
bambino e la Barbara, per farla congiungere con altri uomini in sua presenza”
[Rapporto Torrisi 311/1]

Dunque non risulta, e del resto non ne avrebbe avuto particolare motivo, dall'arrivo in
Toscana fino alla tarda primavera del 1974, che il SV andasse a spiare coppiette di
sconosciuti appartate in macchina.

Aveva la Locci e la Massa da spiare. E da spiare “in vivo, da vicino, live”.

Ci sarà anche andato qualche volta a fare il guardone, probabile molto probabile, ma il succo
è che vi è una deposizione di peso a sostegno del fatto almeno che non fosse un guardone
abituale; che per quanto gli piacesse “guardare”, non era andare a guardare di soppiatto
qualche coppietta quello che lo eccitava veramente.

Nel campo specifico del “guardonaggio” alla E. Spalletti, per fare un esempio noto ai più,
possiamo dire fosse più un novellino, un “noob” con terminologia da internet, che un
“indiano” [NdA: termine gergale con il quale venivano indicati i guardoni ]

Infatti guardare, per eccitarsi, la propria compagna mentre la si costringe ad accoppiarsi con
sconosciuti, si badi bene, implica alcuni particolari specifici:

1. si è molto vicini all'”azione sessuale”

2. si vede bene e nel dettaglio, cosa sta succedendo

3. si possono “toccare” i partecipanti, sentirne l'odore, parlare con essi, incitarli

4. e soprattutto: si possono impartire ordini alla compagna sottomessa e dunque vedere


trasformarsi in realtà le immaginazioni, le fantasie (e dunque in un certo senso
se ne è partecipi), che altrimenti resterebbero castrate in un piano onirico ma
volontario, risultando così fonte di frustrazione
▪ Si noti la frequenza e l'importanza data alla/alle “fantasie” alle “frustrazioni”,
nel documento di analisi ricostruttiva del profilo psicologico-comportamentale
del serial killer, come scritto da Gianluca Massaro per il “Centro di documentazione su
carcere, devianza e marginalità”.

▪ Si noti l'importanza del “comando” e della “ubbidienza” come forma sia


appagante sia tipica della devianza da serial killer:
“Nella maggior parte degli omicidi seriali, la motivazione principale
dell'assassino è quella di ottenere il controllo del potere, anche in quegli omicidi
che, superficialmente, presentano altre motivazioni.” [Centro di documentazione su
carcere, devianza e marginalità ] e anche “il legame sesso-violenza è si un movente
fondamentale del meccanismo psicodinamico dell'assassino seriale, ma è altresì
soltanto una parte” [Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità]

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• Ma a “fine primavera”, qualche mese prima del duplice delitto di Rabatta - Sagginale,
la moglie Rosina Massa, se ne torna in Sardegna

• Attenzione: con questo abbandono, prima volta dal 1960 quando ha conosciuto la
Locci Barbara, il Salvatore Vinci, resta senza una moglie/compagna da a fare
accoppiare pubblicamente per soddisfare il suo piacere di “guardare” [NdA: “di
aver capito da Salvatore che soprattutto gli piace guardare” – Rapporto Torrisi 311/1]
▪ certo non ha pianto per la partenza della Massa, visto anche il deficit di empatia

▪ certo avrà approfittato distraendosi con qualche passaggio a “puttane” [NdA:


“Che il VINCI Salvatore sia un frequentatore della prostituta, lo si deduce anche dalle dichiarazioni
di CASINI Spartaco” - Rapporto Torrisi 311/1], non stupisce

▪ certo avrà sopperito un po' con qualche “lettura pornografica”, il cui effetto sulla
psiche, dopo aver letto il lavoro di Paul Pollard [NdA: University of Central Lancashire,
Preston, U.K.] “Pornography and Sexual Aggression” e quanto riportato nel trattato
presentato dal “Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità”,
abbiamo ben presente quale effetto abbia sulla fantasia dei serial killer latenti
e/o manifesti

▪ e altrettanto certamente avrà dovuto sopperire alla sua fonte visiva primaria di
eccitazione, andando a spiare coppiette imboscate

Ma qui, spiando sconosciute coppiette, sorge un grande problema, o per meglio dire:
Il Problema.

Infatti:
• spiare coppiette di sconosciuti

• normalmente “teneramente innamorate”

• mediamente di giovani che semplicemente si limitano “a fare all'amore” in forma anche


abbastanza canonica (non fosse altro perché ristretti dentro gli angusti abitacoli delle
autovetture) e non a comportarsi come perversi e navigati attori e attrici in un film
porno di serie B, come il SV era solito vivere il sesso

• dovendole guardare da “lontano”, anziché in perfetto P.O.V [ NdA: Point Of View, ossia da
distanza molto ravvicinata che permette la migliore visuale ]

• evitando di doversi fare vedere

• dovendo riuscire ad intravedere qualcosa oltre finestrini appannati e portiere chiuse


(operazione quasi impossibile alla vista)

• senza possibilità di “toccare” gli amanti

• senza possibilità a fine rapporto della coppia, di poter “avere anche lui subito dopo il
suo rapporto sessuale” [Rapporto Torrisi 311/1]

• Attenzione: e soprattutto senza possibilità di vedere le proprie “fantasie


sessuali”, i propri “sogni erotici” prendere corpo a comando

Più che “eccitazione”, facendo il guardone di ignare coppiette di innamorati, nel momento

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dell'abbandono della Massa, il SV incassa solo frustrazione.

Ma non solo, infatti:


• Frustrazione alla prima coppia che spia, frustrazione alla seconda che spia, frustrazione
alla terza che spia...

• Attenzione: ed ogni volta che è lì a spiare, che ci pensi volutamente o che sia solo un
flashback subliminale, al buio delle notti in campagna, la sagoma di un'auto davanti,
qualche gemito forse che esce dal finestrino: la “scena primaria” del 1968 gli
invade le pupille, ci si ritrova per l'ennesima volta fagocitato dentro
▪ e con essa il ricordo di:
▪ la “soddisfazione” che ha provato nel vedere morire quella “puttana”
che gli si era negata dimostrando autonoma forza di volontà e non
sottomissione ed obbedienza, che lo aveva irriso sulla sua mascolinità,
e che pure gli aveva preferito il fratello più giovane

▪ la facilità con la quale quella notte del 21 agosto, con una


pistola, si era potuto far fuori non una donnina fragile e mezzo
addormentata sul letto, ma addirittura una coppia di persone con
pure un uomo di mezzo

▪ il fatto che lui di quell'arma è ancora in possesso, nascosta e


mezzo dimenticata per manifesta inutilità per circa sei anni

La devianza psicotica seriale che ha alla base l'odio per la famiglia, dunque per la coppia,
così a lungo tenuto in “inconscio stand-by” dalle alchimie di gestione dei pesi e dei limiti nella
psiche, in bilico fra i due mondi opposti (reale ed immaginario) che lo trascinano ognuno
dalla sua parte, mantenuta fin ora in precario equilibrio attraverso il piacere conseguito ed
esplicitato attraverso la devianza dei comportamenti sessuali, ha il sopravvento:
il piatto della bilancia si è inclinato inesorabilmente.

Il SV, futuro serial killer [NdA: non siamo ancora giunti realmente a Rabatta – Sagginale, questione di giorni
o poco più, dunque ufficialmente serial killer ancora non è ] è psicologicamente e psichiatricamente
pronto per esercitare la sua “rivalsa sulla società e per liberare l'aggressività accumulata a
causa delle frustrazioni subite”.

Il MdF odia la “coppia”. Il MdF uccide coppie. Sappiamo a conferma che un serial killer
“Colpisce, di solito, lo stesso genere di persone, che incarnano certe sue fantasie ed
è reso perciò riconoscibile proprio dalle sue vittime; le considera non come esseri umani, ma
come oggetti, ciò che conta, infatti, non è l'identità del cadavere ma quello che rappresenta
per l'assassino seriale.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Il demone è libero.

Il mostro sta per fare la sua prima comparsa ufficiale.

Di lì a poco, parafrasando Roger L. Depue, agente dell'F.B.I., al sesso si unirà la violenza, e


quando questi due concetti si legano, anche materialmente, diventa poi impossibile separarli
di nuovo

Ormai mancano solo più pochi giorni o poche settimane alla funesta notte del 14 settembre
1974.

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Prima:
il futuro serial killer, deve andare a recuperare l'arma dove l'aveva nascosta [ NdA: il SV fin qui
noto, non ha alcuna ragione per portarsi appresso una pistola, né esistono testimonianze che mai gli abbiano visto
un'arma in mano], fortunatamente per lui nel 1968 a Castelletti di Signa, si era andati con un
caricatore di scorta, come confermato dalle due uniche serie di colpi entrambi tutti camiciati
ramati, e quindi non deve preoccuparsi più di tanto di trovare delle munizioni.

Poi:
c'è la parte “fantastica e fantasiosa” della caccia e della pianificazione: quelle sì che sono
“soddisfazioni”

a) Deve trovare la piazzola giusta, fare la posta., conoscere un minimo di abitudini, scegliere
la notte giusta e buia.

Il luogo gli deve ricordare quello del 1968:”la dimensione fantastica è un altro elemento
fondamentale del comportamento omicidiario seriale”, “le fantasie, che, col tempo vengono
perfezionate sempre di più, diventando piene di dettagli ed estremamente vivide, aiutano il
passaggio all'atto omicidiario e, dopo ogni omicidio, si aggiungono nuovi elementi che
incrementano la dimensione fantastica, proprio perché le fantasie possono nutrirsi, a questo
punto, anche dei ricordi dell'uccisione, diventando così sempre più cruente”.
Il ricordo della scena primaria martella le meningi.

b) Preparasi un alibi.

Non deve sbagliare.


A Castelletti di Signa ha visto quanto è facile, ma a Castelletti di Signa, erano in tre.
Nel caso fossero sorti dei problemi, in tre li avrebbero risolti.
Stavolta invece lui è da solo
Meglio abbondare con le precauzioni: meglio portarsi appresso anche un coltello, non si sa
mai, finissero i colpi o si inceppasse l'arma (arma che è rimasta nascosta ed inutilizzata sei
anni)
Stavolta invece lui è da solo. Solo a cavallo del suo personale demone.
Ma come vedremo, al momento si tratterà solo di un “mostro a metà”, sia per definizione
criminologica, sia per come la stampa si accorse del suo gesto, sia per lui stesso

I giorni e le ore passano. Il 14 settembre arriva in un lampo. Il resto, purtroppo per Stefania
Pettini e Pasquale Gentilcore, è storia di cronaca nera.

Con queste parole, termina la mia ricostruzione del duplice delitto di Borgo San Lorenzo,
Rabatta – Sagginale del 1974.

Ben poco di altro ha ancora valore comunicare, ma questo poco altro non è di così altrettanto
poco peso:
• la mancanza di escissioni vere e proprie

• l'inaudita violenza del delitto: “la forza con cui sono stati vibrati i colpi, alcuni dei quali
hanno interessato l'osso sternale. a tutto spessore” [Perizia De Fazio]

• le novanta coltellate “appena accennate”


”L'intensità dei colpi si è poi progressivamente attenuata e si è estrinsecata con le
ferite inferte in regione addominale ed agli arti inferiori, che appaiono più superficiali e
scarsamente o per nulla infiltrate. Da rilevare che all'apparente disordine delle lesioni
toraco - addominali si contrappone uno buona disposizione simmetrica di quelle inferte
a livello del pube, che sembrano delineare un'area pressoché simile a quella

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corrispondente alle mutilazioni inferte nei successivi casi” [Perizia De Fazio]

• il tralcio di vite introdotto all'imboccatura della vagina, azione compita senza eccessiva
forza e senza ripetizione

• l' interazione con gli oggetti delle vittime

• le segnalazioni di “guardoni” molesti e minacciosi in zona in una finestra temporale a


ridosso del delitto

Ad eccezione dell'ultimo punto, [NdA: argomento ancora momentaneamente controverso vista la scarsità
di informazioni nelle documentazioni ufficiali attualmente liberamente disponibili in Internet, ma degno di massima
attenzione visto quanto appena esposto e visto che numerose segnalazioni di “guardoni molesti”, a detta di notizie
riportate a mezzo stampa sono effettivamente presenti ], gli altri vedranno semplicemente trovare
coerenza con le modalità e le motivazioni tipiche dei serial killer, coma scienza criminologica e
psichiatrica ben ci spiegano.

Si tratterà dunque per il delitto del 1974, di riportare alcune ulteriori conferme all'agire a
sfondo psicopatico,e le inerenti implicazioni; e quindi di presentare una proposta di riflessione
su un argomento che mostra tutta la sua coerenza pur in assenza o contro a specifiche
citazioni nelle documentazioni ufficiali.

Sarà quindi poi tempo di affrontare l'ulteriore mistero, che ormai dovremmo già aver capito
essere molto meno misterioso di quello che sembra, ossia la successiva lunga finestra
temporale di silenzio maniacale fino al giugno del 1981.

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La mancanza di escissioni, coltellate, abiti, oggetti e tralcio in vagina

Questo documento di studio e di analisi è già abbastanza lungo di per sé, senza che debba
qui stare a riproporre integralmente quanto scritto, ad esempio, dal De Fazio nella sua
perizia. Ma ad essa, ovviamente, non si può che far riferimento e quindi citarla.

Per dovere di cronaca è però giusto rilevare, a proposito di quanto lì scritto:

• l'ammissione di “indeterminatezza” relativa alla ricostruzione che offre


[NdA: “Quanto ai reperti necroscopici, occorre preliminarmente precisare che le descrizioni che verranno
di seguiti riportate sono state tratte dall'esame dei soli verbali di esame esterno e di autopsia, non sempre
ben leggibili, a volte incompleti e privi anche” - Perizia De Fazio]

• il fatto che, a causa di quanto al punto precedente [NdA: “Prescindendo da una esatta
ricostruzione della dinamica materiale ( che appare impossibile, data la incompletezza della
documentazione)” – Perizia de Fazio]“, lo stesso de Fazio, prospetti due differenti ipotesi “
“quasi antitetiche” tra loro”:
▪ “Nel primo caso il delitto si connoterebbe...” [Perizia de Fazio]

▪ “nel secondo caso si potrebbe invece...” [Perizia de Fazio]

Quello che qui preme, ai fini di analisi, è infatti far notare come, ipotesi uno o ipotesi due del
De Fazio, nulla cambi rispetto al mero ordine di grandezza del delitto (e a quanto noi già
siamo arrivati a determinare poc'anzi):
• “Il caso in questione presenta evidenti caratteristiche connotative,molte delle quali lo
differenziano notevolmente da quello precedente”, del 1968.
Infatti qui vi è riscontrabile una “motivazione” maniacale e psicopatologica

• “segna l'esordio un simile uso dell'arma bianca da parte dell'omicida”

Ma soprattutto che:
• “Appare evidente che l'attuazione dei delitti in notti di novilunio (con una irrilevante
variante nel 4° caso: ultimo quarto di luna), non può essere un fatto casuale, ma è una
precisa scelta, dettata da cautela” [Perizia de Fazio]

• “Anche la scelta della località in cui il soggetto agisce non sembra affidata al caso,
bensì dettata da una certa cautela, volta forse ad evitare i rischi suscitati dall'effetto di
allarme” [Perizia de Fazio]

• “l'azione (specialmente se si tiene anche conto degli aspetti circostanziali e


situazionali), sembra a lungo premeditata e prefigurata, come se fosse la recita di un
copione ben noto, in cui non trovano alcuno spazio varianti dettate da istanze
'soggettive' momentanee” [Perizia de Fazio]

Ossia, per quanto non escludibili a priori [ NdA: in sintesi, le due ipotesi De Fazio ] un “impulso”, una
“passionalità”, un “adattamento”, un “coinvolgimento emotivo” o un “parossismo emozionale”,
anche dovuto al rilascio “eccessivo di endorfine” causato dall'imperizia del “primo agire” a
livello mostro manifesto:
1. non si trattò di un raptus, né ad esso alcun comportamento in quella data è
assimilabile

2. vi fu una certa qual pianificazione, non solo volta alla scelta specifica della tipologia di
bersaglio, ma anche improntata a garantire all'assalitore una buona forma di “auto-
protezione e sicurezza”

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Ciò va a pieno supporto di quanto da me esposto:


ossia, scartate motivazioni emotive contingenti e notato comunque il grado di
predeterminazione dell'azione, di una scelta omicidiaria su base maniacale, e quindi di odio
per la coppia, che prende spunto da una pregressa accumulazione di frustrazioni che fan
spostare pesi cerebrali immateriali.
Pesi che una volta mossi, portano un “contenuto” SV a varcare la soglia della malattia
conclamata.

Ma che per poter agire in senso “liberatorio” delle proprie ansie e perversioni immaginarie,
tramite la distruzione e l'abbrutimento delle sue odiate vittime, deve prima di poter agire:
• almeno andare a recuperare proprio quell'arma calibro 22 L.R., che sei anni prima
aveva nascosto da qualche parte

• e poi deve agire all'interno di una cornice rievocativa della “scena primaria”, dunque
prima localizzando e scegliendo un luogo idoneo, scartando quelli che non soddisfano i
criteri della sua “fantasia”

Se a ciò aggiungiamo quanto già noto sulla sua dimostrata capacità alla pianificazione, sulla
scelta di portarsi appresso anche una seconda arma, sugli stimoli fantastici derivantigli da
letture pornografiche oltre che dalla sua particolare fantasia, alla astuzia dimostrata nel
cercare di “pararsi la schiena” già in altre occasioni, e soprattutto che quella notte sarà la
notte del suo vero e proprio primo omicidio maniacale; non ci stupiremo affatto di vedere
come la scena del delitto sia:
• da un lato pasticciata come appunto sovraccarica di endorfine, quasi con voglia di
strafare e/o “imbarazzo della prima volta”

• dall'altro, presenti già appieno un disegno di distruzione omicidiaria, già articolato in


più fasi:
▪ omicidio del bersaglio maschile, ossia della figura paterna colpevole delle botte
che dava al bambino, nel minor tempo possibile a colpi di calibro 22 L.R., ossia
quasi in maniera fredda e distaccata
▪ sia per necessità di eliminare il più velocemente possibile l'uomo in
grado di reagire all'assalto, riducendo i rischi

▪ sia perché altrettanto avvenne a Castelletti di Signa

▪ sia come forma inconscia del fatto che il “bambino” non può essere in
grado di affrontare fisicamente a mani nude il “padre” e sia perché
senza morte del “padre” il “bambino” non può prenderne il posto

▪ omicidio del bersaglio femminile, ossia la figura materna, dopo la distruzione


della figura paterna, anche tramite l'intervento diretto con l'arma bianca. Parte
“calda” dell'azione, in cui viene fuori tutta la parte di odio represso, quasi come
sfogo, verso la famiglia e la sua figura di “naturale protezione, ma non attuata,
del bambino, dell'indifeso che adesso si vendica”
▪ sia perché altrettanto avvenne a Castelletti di Signa

▪ sia come forma inconscia del fatto che se il “bambino” prendeva botte
dirette dal padre, risulta assai probabile che lo stesso potesse capitare
anche alla madre, e dunque un'azione “fisica” sulla donna/mamma, a
livello inconscio poteva anche riaffiorare dall'ignoto dell'infanzia

▪ sia per tipica letteratura pornografica, specie sadomasochista, in cui

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alla donna nell'immaginario della trama fumettistica, vengono riservate


sevizie e sofferenze

• la “separazione” dei due corpi:


▪ da un alto quello maschile abbandonato nel luogo della morte, a
massimo rifiuto e disinteresse della fonte paterna una volta ormai
distrutta e cancellata

▪ dall'altro quello femminile, “materno”, appositamente separato da


quello del “padre”, sia per la “comodità” del praticare il successivo
scempio sul cadavere, ma soprattutto ad inconscia ma fantasticamente
elaborata distruzione della “famiglia” stessa anche a livello simbolico.

E' poi inoltre da notare, meramente a conferma della comunanza di espressione con altri
serial killer e dunque con il comune substrato patologico deviato, l'espletarsi a fine azione
omicidiaria di atti e azioni di stampo, almeno parzialmente, feticista, con la:
• ricerca e manomissione e forse appropriamento, di oggetti delle vittime.

Questo, abbiamo già visto essere un comportamento tipico del serial killer, strettamente
connesso con bisogno insito di appagare fantasie e di riproporle in seguito per prolungare il
piacere emozionale onirico. Il livello “fantasmagorico e fantastico” dell'immaginario nella
testa del maniaco, non solo trovo alimento e legante nella lettura, assidua e perversa, di
materiale pornografico [NdA: che come abbiamo visto la scienza ci dice essere di aiuto desensibilizzante
verso la sofferenza altrui, e stimolo proprio di specifici atti ], ma ha bisogno di auto perpetuarsi sia con
un “ri-vissuto” tramite feticci, sia tramite, peggio ancora, la reiterazione dei delitti.

Non staremo qui a ricordare il “giornaletto pornografico a fumetti, dal titolo "JACULA", del 24
novembre 1976” [Rapporto Torrisi 311/1], solo perché, per quanto attinente ad una finestra
temporale inerente il 1974, essendo appunto datato 1976 è posteriore a tale delitto; ci
limitiamo invece a far notare come:
• “feticismo patologico quando è totalmente assente lo stimolo a realizzare l'amplesso e
l'impulso genitale riguarda esclusivamente le attività sessuali nelle quali è implicato il
feticcio. ...SNIP … La maggior parte degli assassini seriali mostra manifestazioni di
feticismo particolarmente spiccate. Il comportamento feticistico si presenta
specialmente nella "fase totemica", cioè nel momento in cui l'omicidio è già stato
effettuato e l'assassino sente il bisogno di rivivere l'eccitazione dell'azione omicidiaria.
Quando i feticci terminano la loro azione di soddisfazione, l'assassino entra in una
"fase depressiva", uscito dal quale si metterà alla ricerca di un'altra vittima” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Se è errato affermare che ci sia una correlazione causale tra pornografia e violenza, è
senz'altro giusto dire, invece, che quantità e qualità degli stimoli pornografici possono
facilitare il comportamento violento. “[Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Un effetto sicuramente collegato a questo tipo di pornografia è quello di


desensibilizzare il soggetto alle manifestazioni del dolore e alla visione della sofferenza
di vittime reali.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Proprio la dimensione fantastica è un altro elemento fondamentale del


comportamento omicidiario seriale ed ha una fortissima valenza sessuale. Nella
maggior parte degli assassini seriali e in particolare in quelli sadici, le fantasie sono
strettamente collegate al sesso e alla violenza e rappresentano il motore scatenante

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dell'omicidio ...SNIP... le fantasie, che, col tempo vengono perfezionate sempre di più,
diventando piene di dettagli ed estremamente vivide, aiutano il passaggio all'atto
omicidiario e, dopo ogni omicidio, si aggiungono nuovi elementi che incrementano la
dimensione fantastica, proprio perché le fantasie possono nutrirsi, a questo punto,
anche dei ricordi dell'uccisione, diventando così sempre più cruente ” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Come a conferma di quanto scritto nella Perizia De Fazio: “Gli atti di ricerca si sono poi ( o
parallelamente) manifestati sotto altre forme, con attenzione rivolta agli indumenti e agli
effetti personali della coppia, ossia principalmente a quelli della ragazza, ed incidentalmente
a quelli dell'uomo. Le mutandine della ragazza (un pezzetto delle quali si è probabilmente
strappato nel corso della manovra di trasporto, impigliandosi attorno ad una sporgenza
dell'auto o della portiera) sono state trovate accanto alla vite, a qualche metro di distanza sia
dall'auto che dalla ragazza, vicino agli altri indumenti; ivi compresi quelli contenuti in un
pacco ritirato quello stesso giorno dalla lavanderia. Non è stata prestata apparentemente
alcuna attenzione ad oggetti di valore o al denaro, e ciò sarà evidente anche nei casi
successivi. ...SNIP... l'omicida ha portato con sè un maglione bianco appartenente alla
ragazza e la borsetta di quest'ultima, che ha poi abbandonato lanciandoli in un campo a 300
metri di distanza dai luogo del delitto. ...SNIP... Non si fa menzione, nella descrizione degli
indumenti rinvenuti sul luogo del delitto, del reggiseno della ragazza, nè è noto so la ragazza
fosse abituata a portarlo o meno. In linea di mera ipotesi, quindi, si può anche pensare che
l'oggetto sia stato asportato e trattenuto dall'omicida. ...SNIP... Si è usato intenzionalmente
il termine generico di orientamento feticistico, in quanto non emerge, nè in questo nè nei casi
successivi, una precisa indicazione della ricerca di un oggetto feticistico specifico da parte
dell'omicida. ...SNIP... Emerge soltanto una ricerca, forse sostanzialmente inappagata, di
qualche oggetto che possa assumere un valore feticistico... SNIP... Lo stesso reggiseno non è
stato oggetto di interesse nei casi successivi. L'unico 'oggetto feticistico' cui l'omicida si sia
'fissato' in seguito è costituito dal pube femminile, e ciò indicherebbe la presenza di un
'feticismo di parti del corpo.” [Perizia De Fazio]

A livello ricostruttivo invece, è a mio avviso lecito e importante far notare come l'azione, per
quanto pianificata, abbia risentito, come quasi logico che sia essendo specialmente ed in
particolar modo la prima azione maniacale, di un percorso come a parabola.
• CIRCOSPEZIONE: Avvicinamento con massima precauzione, vista la breve distanza
dalla quale i colpi son stati esplosi

• VERIFICA FIDUCIA IN SE STESSO E CONSEGUIMENTO DEL DOMINIO: Una volta certo


di voler agire, assalto fulmineo a colpi di arma da fuoco

• PICCO DI PAROSSISMO EMOZIONALE: subitaneo intervento selvaggio e di inaudita


brutalità con l'arma bianca, con colpi in grado di spezzare addirittura lo sterno: “alcuni
dei quali hanno interessato l'osso sternale.a tutto spessore” [Perizia De Fazio], dovuto in
parte anche a causa della mancata soppressione della vittima femminile a colpi di arma
da fuoco (mira imprecisa dovuta a inesperienza ed eccesso o deficit di fiducia in se
stesso e reazione della vittima femminile)
▪ “La disposizione delle macchie di sangue, così come emerge dai verbali e
dal materiale fotografico, l'abbondante intrisione ematica del sedile dx., la
presenza di una chiazza ematica sul terreno all'altezza dell'apertura della
portiera dx e di uno striscio da questa fino al corpo della donna,al di sotto e
intorno al quale non sembra siano state repertate tracce di sangue, se non
quelle da sgocciolanamento e decubito del cadavere, tutto ciò suggerisce che le
ferite da arma da taglio di cui si parla siano siate inferte mentre la donna si
trovava ancora nell'auto” [Perizia De Fazio]

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• LUCIDA FOLLIA E REALIZZAZIONE, parziale, DELLA FANTASIA: separazione dei corpi,


pugnalate al corpo maschile

• DOWN EMOZIONALE E RICERCA (quasi abbinato al punto precedente): mancanza di


escissioni ma numerose coltellate inferte, con ordine prima più casuale, come ancora in
preda ad un eccesso emozionale, quindi sempre più mirate, localizzate e focalizzate
(sia in forma feticista per una specifica parte del corpo), tutte prive della stessa forza
bestiale rispetto a quelle usate per realmente uccidere la donna
▪ “L'intensità dei colpi si è poi progressivamente attenuata e si è estrinsecata con
le ferite inferte in regione addominale ed agli arti inferiori, che appaiono più
superficiali e scarsamente o per nulla infiltrate” [Perizia De Fazio]

▪ “Da rilevare che all'apparente disordine delle lesioni toraco-addominali si


contrappone uno buona disposizione simmetrica di quelle inferte a livello del
pube, che sembrano delineare un'area pressoché simile a quella corrispondente
alle mutilazioni inferte nei successivi casi.” [Perizia De Fazio]

• FETICISMO DEL RICORDO: rappresentati dai momenti finali prima dell'abbandono della
scena del delitto, quando ormai il picco auto-celebativo e auto-appagante aveva già
raggiunto il suo climax.
Come casistica criminologica insegna, nella mente malata del mostro il focus onirico e
fantastico del poter prolungare l'appagamento del piacere anche in seguito, si fa avanti
portandolo a ricercare tra gli oggetti delle vittime, un “qualcosa” (forse nemmeno
preso, ma semplicemente “assorbito” per contatto manuale ed ideale) in grado di
potergli permettere, in seguito, di fantasticare sull'azione compiuta rivivendo così il
“piacere” provato nell'uccidere la coppia-famiglia.
▪ Si noti che “tale ricordo” può, specie per i primi delitti e per il primo in
particolare, potrebbe anche anche avere valenza di “calmante”.
Ossia essere in grado di calmare, all'insorgere dell'impulso di ripetere il gesto, la
spinta alla reiterazione: fino a che il ricordo è in grado di fornire sufficiente
appagamento auto-celebrativo, il ricordo stesso, rivitalizzato tramite l'uso
fantastico del ricordo, è in grado di evitare nuove manifestazioni concrete
omicidiarie maniacali.
Dal 1974 al 1981 il tempo che passa non è poco, ma nessuno a priori è in grado
di dire quanto possa durare, specie per il primo delitto, il periodo di “cooling off”
maniacale. “Quando i feticci terminano la loro azione di soddisfazione,
l'assassino entra in una "fase depressiva", uscito dal quale si metterà alla ricerca
di un'altra vittima” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/] e
anche “"effetto di sazietà", che fa si che, col passare del tempo, il soggetto
perda l'interesse per uno stimolo sempre della stessa intensità e abbia bisogno
di materiale che gli dia stimoli più forti per rafforzare le proprie fantasie” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Ognuno è libero ovviamente di leggerci quello che vuole, ma a detta dello scrivente, una
simile “onda”, ben interpreta e fotografa lo stato emozionale proprio di una “prima volta”, di
un “qualcosa” che per quanto ben fotografato a livello cerebrale, ancora non si ha la pratica
per gestirlo compiutamente.
Con un detto popolare, che in questa occasione suone particolarmente triste: “sbagliando, si
impara”.

In particolar modo, si noti poi come pur in mancanza di escissioni vere e proprie, la fantasia
di distruzione sia già strettamente legata anche alla chiave sessuale e alla/e zona/e
escissoria/e futura/e.(pube e mammella)

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La cosa non ci stupisce affatto:


• “La maggior parte dei serial killer presenta, infatti, dei problemi nella sfera sessuale.
Questo dato è valido anche per quei soggetti i cui delitti non hanno una motivazione
principalmente sessuale” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Le perversioni sessuali (che, con termine più moderno, vengono chiamate parafilie)
difficilmente si riscontrano allo stato puro, mentre è molto più comune che in uno
stesso assassino seriale ci sia una combinazione variabile di perversioni.” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “l'omicidio reale non è mai appagante come sa esserlo quello immaginato nella mente
del serial killer, per questo motivo il soggetto ripete più volte l'atto omicidiario alla
ricerca della perfezione che raggiunge soltanto nella sua immaginazione. L'esperienza
del ricordo, quindi, è di fondamentale importanza per ogni assassino seriale, in quanto
serve ad alimentare le sue fantasie: a questo servono i feticci ed i "trofei" che molti
soggetti conservano dopo ogni omicidio.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Si può, ad esempio, stare a discutere su quello che può avere o non aver rappresentato per il
Serial Killer, il mostro, l'introduzione del tralcio di vite nella vagina della ragazza, atto che
“non sembra sia stato compiuto con violenza, nè reiteramente, come sarebbe per uno stupro
simulato o di un atto compiuto con rabbia: sarebbero certamente state descritte, in tal caso,
lesioni più evidenti e macroscopiche” [Perizia D Fazio]:
• così, mentre da un lato lo si può vedere come un massimo spregio alla vittima
femminile

• dall'altro lo si può vedere come il momento di massimo “down” emozionale:


“l'incompiuto dell'incompiuto”, nel senso di “no escissioni” e nemmeno “violenza
sessuale” vera e propria

• o, forse, l'uso del tralcio e della sua introduzione, come un palliativo alla richiesta della
fantasia, non messa compiutamente in atto, di praticare l'escissione.

A detta dello scrivente, tale seconda interpretazione risulta essere quelle più di peso
all'interno delle concause che la determinarono (anche gli altri aspetti probabilmente
giocarono un ruolo), per una serie di ragioni:
• la psicopatia, sotto la pressione delle frustrazioni accumulate come scintilla, ha preso il
sopravvento”, “obbligando” ad uscire per uccidere una coppia, ossia ad andare a
“riprendersi il potere di comando sulla coppi/famiglia distruggendola”.

• L'azione viene pianificata e portata a compimento nelle sue linee principali come
elaborata fantasticamente su “sogni” cristallizzati nel cervello secondo le direttive sia
della scena primaria (auto, notte, etc), sia quelle indotte da letture sadomasochiste
(brutalità e violenza)

Ossia, il “mostro ancora a metà” ha la “forza interiore”, ossia la lucida follia di compiere il
delitto in quanto da anni e anni intimamente e inconsciamente desiderato, mentre per la
parte più “fantastica”, appresa solo attraverso letture malsane, ancora non è pronto.
• L'odio per la famiglia l'ha digerito per anni, la scena primaria sono 6 anni che la può
vedere e rivedere avendoci partecipato [ NdA: ed ad ogni “spiata” da quando la Massa se ne è
andata, gli ritorna pesantemente davanti agli occhi]

• L'escissione invece, è “solo” una fantasticheria, una immagine di fantasia indotta,

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magari più recente, e dunque per quanto cristallizzataglisi nel cervello come massimo
scempio e forse come massimo piacere conseguibile, non è completamente “farina del
suo sacco”. E' ancora qualcosa come di “estraneo. Troppo recente.

E nel 1974 infatti, non ci saranno escissioni, benché si noti il morboso interesse proprio già a
quello, con le concentrate, focalizzate e ordinate pugnalate all'area soggetta delle future
macabre escissioni.

Nel momento in cui si rende conto di “non potercela fare”, introduce il ramo, “senza
reiterazione” cioè senza “ulteriore cattiveria spregiativa”: quasi solo a scopo di evidenziare a
se stesso dove si è fermato; come a mettersi cerebralmente una nota sulla quale fantasticare
in seguito, e contemporaneamente ammettendo il suo attuale, purtroppo momentaneo,
“limite mostologico”.

In questo, ipoteticamente, si dissente dalla altrettanto ipotetica ricostruzione del de Fazio,


quando scrive: “azione portata avanti ...SNIP... fino alla completa scarica ed alla completa
soddisfazione di un coacervo di impulsi sessuali ed aggressivi” [Perizia De Fazio],
interpretando simbolicamente invece tale introduzione del tralcio di vite non come il massimo
della “soddisfazione” ma come momento di comprensione dei propri limiti momentanei
attuali.

Per lo scrivente infatti, tale azione è da interpretare esattamente alla rovescia:


come il momento di minor soddisfacimento, ossia come il momento esatto in cui il mostro si
dà conto di non essere ancora “completamente mostro”, in quanto il desiderio di realizzare la
fantasia escissoria non è stato ancora capace di trasferirlo dal piano inconscio folle ideale, a
quello pratico della azione omicida.

Trattasi ovviamente come detto, di pura supposizione dell'Autore, ma trattasi anche di una
supposizione che trova la sua sponda nel “ripiego” del “mezzo mostro” di concentrarsi sulla
ricerca e contatto degli oggetti delle vittime, ossia sulla parte “utile” a ricordare/fantasticare,
di modo da poter idealmente sopperire al successivo bisogno di rinverdire il ricordo ed
alimentare le fantasie pur in assenza dell' “agognato ed idealizzato” trofeo. Pur non essendo
stato provato a livello di indagine, per tale delitto il sospetto che il mostro si sia appropriato
di uno o più oggetti delle vittime è stato ipotizzato da più fonti.

Nel momento in cui, cioè, la “fantasia indotta” si dimostra non altrettanto momentaneamente
di peso quanto quelle che si trascina appresso dall'infanzia, il MdF “riconosce” questa
differenza e termina la sua azione di scempio e lo fa introducendo il tralcio di vite, “senza
forza e senza reiterazione”.

Ma dal 1974 al 1981, passano anni.


Passa anche il 1976. Anno di uscita del “giornaletto pornografico a fumetti, dal titolo
"JACULA", del 24 novembre 1976” [Rapporto Torrisi 311/1], sequestrato a casa del SV

Anni in cui tale, sottile, differenza verrà annullata, probabilmente proprio grazie alla
massiccia dove di letture pornografiche, che “aiuteranno” la psiche ormai indelebilmente
malata, a passare un nuovo gradino:
1. Gli stimoli provenienti da questo materiale, non fanno altro che rafforzare le fantasie di
dominio già presenti nella mente del soggetto e dargli, in un certo senso, una
giustificazione di essere nel giusto” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

2. “bisogno di stimoli sempre più forti.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

3. quanto scritto da Paul Pollard [NdA: University of Central Lancashire, Preston, U.K.] nel suo

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“Pornography and Sexual Aggression”, in merito al rapporto tra lettura/visione di scene


pornografiche (a carattere violento sadomasochista) e aumento di produzione di
fantasie morbose e di aggressività in generale, anche in soggetti privi di pregresse
motivazioni

Questa lunga disamina ci ha avvicinato al nome del soggetto in attenzione?. Si e no.


• No. nel senso che ovviamente non esistendo polaroid o video che lo ritraggano
“nell'atto di”, non possono esservi indicazioni univoche dirette.

• Si. nel senso che risultano coerenti con quanto sappiamo relativamente al nostro
soggetto di attenzione, ad esempio ed in breve:
▪ in grado di portar sulla scena del delitto la famosa calibro22 L.R

▪ dotato del “bagaglio culturale” della “scena primaria”

▪ con inconsci germi psicopatologici che lo portavano ad odiare la famiglia e


dunque la coppia

▪ mai in stato di impossibilità al commettere i delitti

▪ che mai prima aveva agito sotto il “cosciente” effetto del disturbo antisociale
assassino

Passiamo adesso all'argomento “guardoni” di Borgo San Lorenzo, in quanto di interesse – pur
se discusso - e poi a prospettare le differenti ipotesi sostenute da differenti persone
relativamente all'agguato di Borgo.

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Il guardone molesto di Borgo San Lorenzo

Abbiamo visto prima come, dal suo arrivo in Toscana nel 1960 fino alla “tarda primavera” del
1974, il SV non avesse una vera e propria “necessità” di andare a spiare coppiette in giro.
Lui portava sua moglie e le sue amanti direttamente alla Cascine, le offriva pubblicamente e
contestualmente le guardava mentre venivano possedute in chissà quali e quante maniere.
Ma lui era lì.
Vicino. Assieme praticamente.
Guardava, spiava, vedeva da ben vicino.
Poteva interagire con parole e magari anche azioni.
E soprattutto poteva “dare ordini” alla compagna su cosa voleva che facesse, su cosa lui
voleva vedere per eccitarsi.

Di spiare anonime coppiette chiuse al riparo delle portiere di un'auto e di finestrini appannati,
non se ne faceva di certo molto.

Al contempo, ben conoscendo ormai la “passione” del SV per il sesso e per il sesso in ogni
sua forma e devianza, e ben immaginando come la Locci non è che proprio tutte le notti
potesse essere disponibile per essere portata alla Cascine; e lo stesso vale per la moglie
Rosina, che comunque doveva anche gestire gravidanze, partorire e accudire i figli nati dalla
relazione col SV [NdA: “Dal loro matrimonio vengono alla luce tre figli: Marco, Giancarlo e Roberto .”],
supporre che l'attività da “guardone di coppiette in auto” gli fosse del tutto sconosciuta fino a
prima del 1974, non pare ipotizzabile. Non primaria, ma non sconosciuta.

Ma, come visto, nella tarda primavera del 74, la Massa se ne va.
SV non ha più nessuna compagna vicina da “guardare per eccitarsi”.
Per soddisfare quella pulsione, per raggiungere quella eccitazione, deve rivolgersi all'esterno .
Alle coppiette.
Ciò è altamente coerente e plausibile nelle linee generali.

Il problema però sorge quando a tutti i costi si vuole legare indissolubilmente e direttamente
tale attività di “guardonaggio” del SV, con la zona del Mugello e col “guardone molesto” come
da alcune dichiarazioni.

Che il Mugello non gli fosse sconosciuta come area, abbiamo visto essere facilmente
ipotizzabile dato il suo lavoro itinerante di muratore all'epoca; e del resto il Mugello non
distava anni luce dai suoi luoghi di residenza. Una mezz'ora abbondante di scampagnata in
macchina ed era sul luogo.
Una conoscenza del Mugello dunque, non rivestirebbe alcun tipo di mistero. Anzi.

Ma nel 1974, a settembre, il 14 per la precisione, il MdF colpisce proprio nel Mugello, tra
Rabatta e Sagginale.

Per procedere attenendoci a paletti e alla metodologia adottata in questo lavoro di studio,
dobbiamo quindi porci alcune domande:

1. ci sono tracce di “guardoni” in quell'area e quel luogo?


SI.
Il luogo per quanto “imboscato” e nascosto, era noto ai guardoni di zona.
▪ “la zona di Sagginale - Rabatta era nota per la presenze di coppie appartate
e relativi voyeur.” e per esteso: “Con queste premesse, per la prima volta, il
mondo dei guardoni del luogo entrò nel mirino degli investigatori,
considerando anche il fatto che la zona di Sagginale - Rabatta era nota per

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la presenze di coppie appartate e relativi voyeur. L'arresto dell'uomo della


127 rappresenterà il primo “approccio” fra gli inquirenti e i guardoni” [Fonte:
Cronaca-Nera.it]

▪ “fu notato con la sua auto, una Fiat 127, sul luogo del delitto a spiare
giovani coppie in atteggiamenti intimi.”

▪ “E' una zona piena di guardoni, spesso ci si ferma, ma poi bisogna cambiar
posto per evitare di essere spiati” - Citazione di Francesco Naldi su “Gente”-
articolo a firma Giuseppe Randazzo

2. esistono segnalazioni in merito?


SI.
Si veda ad esempio:
▪ articolo del La Nazione, 18 settembre 1974 settembre 1974, dove, testuali
parole, si legge: “Anche la Polizia – Squadra Mobile e la Crminalpol – sta
indagando. Gli agenti starebbero cercando una 127 e il conducente, un giovane
sardo che, dicono, potrebbe sapere molte cose sul delitto.” [La Nazione 18
settembre 1974]

▪ “Sempre il 17 Settembre, due sorelle si presentano in caserma per riferire di un


esibizionista sconosciuto che le avrebbe importunate in diverse occasioni
quando, separatamente, si trovavano appartate con i rispettivi fidanzati in zone
non troppo distanti da quella dove si era verificato il duplice omicidio” [Fonte:
Cronaca-Nera.it]

▪ -”già il giorno prima qualche anonimo doveva essersi dato da fare segnalando
un altra tipologia di persone, i guardoni, perché i giornali parlano precocemente
della ricerca di un possibile testimone: il conducente di una 127, un “giovane
sardo” che potrebbe sapere molte cose sul delitto, e che con ogni probabilità e'
la stessa persona, anche se non di origine sarda, che verrà arrestata a breve.
Secondo l'anonimo in realtà il giovane avrebbe minacciato tempo prima una
coppia appartatasi su una Ford Taunus.” [Fonte: Cronaca-Nera.it]
▪ “tempo prima”: quanto? Un giorno? Una settimana? Un mese? Un
anno? Prima che la Massa se ne andasse? Non lo sappiamo.

▪ “fu notato con la sua auto, una Fiat 127, sul luogo del delitto a spiare giovani
coppie in atteggiamenti intimi.”.
“18 Settembre pomeriggio: Il fermato arriva a Firenze dove inizia
l'interrogatorio da parte del sostituto Persiani.” [Fonte: Cronaca-Nera.it]
e “20 Settembre:l'inconsistenza degli indizi, gli avvocati di G.G., Casabianca e
Bianco, fanno istanza per la scarcerazione che arriverà in breve.” [Fonte:
Cronaca-Nera.it].
▪ Si noti che tale G.G., Guido Giovannini, era “originario di Cosenza” e
non sardo, fu in seguito riconosciuto estraneo alla vicenda e quindi
prosciolto”.

▪ vi sono poi delle citazioni riportate nelle riviste dell'epoca: “Gente” e “Oggi”.
La scansione delle pagine di interesse è consultabile al seguente link:”IL
MOSTRO DI FIRENZE - Il delitto di Borgo San Lorenzo – 1974”. In esse vi si
legge ad esempio:
▪ “E' una zona piena di guardoni, spesso ci si ferma, ma poi bisogna
cambiar posto per evitare di essere spiati” - Citazione di Francesco Naldi su
“Gente”- articolo a firma Giuseppe Randazzo

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▪ “Uno una volta era addirittura salito sul cofano della macchina di un
mio amico per pulire il vetro appannato che gli impediva di guardare.
Quando però il mio amico è sceso dalla macchina, quello è andato via
di corsa” - Citazione di Francesco Naldi su “Gente” - articolo a firma Giuseppe
Randazzo

▪ “Subito dopo la tragica fine di Stefania, i carabinieri sono venuti a


cercarmi perché in precedenza avevo denunciato di essere stata
seguita da un uomo. “Anche io in passato sono stata seguita da un
bruto. Ma non era quello che poi hanno arrestato” - Dichiarazioni di Marta ,
su “OGGI”

▪ “Stefania veniva a lezione di guida da mio figlio”, dice Alfredo


Lombardi. “Proprio il giorno prima che la uccidessero aveva dato
l'esame di teoria. La sera, mentre stava preparandosi ad affrontare
quello di pratica, notai una macchina che la seguiva” - Dichiarzioni di
Alfredo Lombardi, su “OGGI”

▪ “la sera del delitto... SNIP... un'altra coppia che parcheggiava nelle
vicinanze avrebbe riferito che un uomo armato di bastone e
punteruolo s' ero aggirato nelle vicinanze.” [Perizia De Fazio]

Come si nota, si ha conferma della presenza di guardoni in zona, anche molesti.

Nessuna conferma invece da tali articoli di giornale è possibile trarre sulla “sardità” e
sull'identità del soggetto “sardo”, che esistendo realmente, avrebbe ovviamente potuto
essere qualsiasi persona di origine sarde trapiantatosi in Toscana, o al limite anche solo di
passaggio.
Si noti inoltre come nelle precedenti affermazioni in virgolettato, qualunque sia la fonte
diretta e de relato, al “sardo” è abbinata la “Fiat 127”.
Abbiamo visto però come la Fiat 127, venne identificata e da lì si risalì al proprietario.
Proprietario che “sardo” non era (nemmeno toscano, però). Proprietario risultato poi
innocente e scagionato.

Ma tra l'annotarsi il modello di un auto e il suo numero di targa di auto (che permette di
identificare inequivocabilmente un veicolo e quindi tramite il P.R.A. Il suo proprietario) e
l'identificare un accento di fuori regione (in Italia ce ne sono 21 di regioni), non me ne si
voglia, ma risulta ovviamente più facile e probabile la prima che la seconda.

Il Giovannini infatti, sardo non era. E comunque venne completamente scagionato. Le parole
della “Marta” possono solo escludere solo che si trattasse della stessa persona che l'aveva
seguita, e non vi è prova che venisse realmente seguita e non si sia trattato di una
impressione della ragazza.
Lo stesso dicasi per le parole del Lombardi: pur esprimendo giustamente una sensazione,
solo ad una sensazione interpretata fanno riferimento.
Ciò, ovviamente, non toglie e non esclude la possibilità di una presenza “particolarmente
molesta e particolarmente attiva in zona proprio in quei giorni”. Nulla vieta di sostenere che
proprio tale presenza molesta parlasse con accento sardo, ma allo stato della
documentazione disponibile, anche quella reperita tramite emeroteca, la cosa è da
considerarsi come pure ipotesi soggettiva che ognuno è libero di formulare o meno. Questo
studio dunque, pur non negandone la possibilità, non ricorre a portare un tale dato all'arco di
quanto sostenuto in questo documento di studio.

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3. a fronte di quanto appena detto, esiste una coerenza indiziaria di peso in grado di
legare queste informazioni al SV?
NO.
▪ Il fatto che un “guardone molesto” sia stato definito con “accento sardo”, per
quanto non escludere il SV, sardo effettivamente, nemmeno può essere usato
contro lo stesso in modo indiziante univocamente.

4. Inoltre, avendo pianificato di agire in senso maniacale omicida e non avendo agito,
come sappiamo, sotto raptus, se e quale significato avrebbe avuto per il SV, recarsi
“quotidianamente” a seguire e molestare a caso (Marta?, Stefania?, gli amici col
guardone sul cofano?, ossia tutte persone distinte) persone fin nel Mugello, col rischio
di farsi riconoscere?
Nessuno.
▪ Aumentava il rischio di farsi riconoscere, dava nell'occhio, non traeva alcun
beneficio rispetto al fare la posta in un luogo, rischiava di far riconoscere il
proprio mezzo di locomozione e le proprie origini (parlando/inveendo).

5. Avendo pianificato di agire in senso maniacale omicida e non avendo agito, come
sappiamo, sotto raptus, se e quale significato avrebbe avuto per il SV il Mugello, luogo
nel quale non aveva “ufficialmente” legami diretti?
Molti.
▪ Colpendo in tale maniera aveva infatti la possibilità di abbassare sensibilmente il
rischio di poter essere riconosciuto; aumentava il margine di sicurezza di poterla
farla franca; rientrava concettualmente nei canoni precauzionali ben noti al SV
per precedenti motivi.

Quindi, come appena visto, le segnalazioni più che altro parlano di:
– un “bruto che seguiva una ragazza”, quando non si sa;

– una “macchina che ne seguiva un'altra” il giorno prima;

– “ un uomo armato di bastone e punteruolo nelle vicinanze”


– si noti, che inizialmente i segni dei colpi di arma da fuoco erano stati
scambiati per colpi di punteruolo. La cosa era anche stata riportata sui
giornali. Da questo è ipotizzabile come la testimonianza possa apparire
come “auto-suggestionata” - “In un primo momento si era pensato che il
decesso di entrambi fosse dovuto a colpi inferti con un'arma bianca, tipo
cacciavite o punteruolo” [Sentenza Ognibene ]. Lo stesso dicasi per la
“doppia impugnatura di armi”: bastone e punteruolo, che pare un
ridondante rafforzativo derivante dall'auto-suggestione sull'onda emotiva
del delitto.

e quando fanno riferimento al “giovane sardo” ne parlano come di:


– un “testimone” che potrebbe sapere qualcosa;

oppure di:

– quello che molestò le persone nella Taunus, “tempo prima”, ma senza specificare
assolutamente “quanto” tempo prima.

In realtà, a proposito del “sardo”, vi è anche una ulteriore citazione presente su “Il
Messaggero del 17 settembre 1974”:

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"La tesi del delitto passionale ad opera di uno spasimante respinto dalla ragazza va man
mano perdendo consistenza, anche se qualche voce pare insistere su questa eventualità.
Si dice, infatti, che la polizia avrebbe ricevuto una telefonata anonima che accusava della
strage un sardo respinto da Stefania. L'anonimo accusatore avrebbe fatto anche il nome
dell'assassino. Dovrebbe però trattarsi di uno scherzo di pessimo gusto, tenuto conto che il
nome fornito non è certo sardo e che è comunissimo in Toscana". [Fonte: Il Messaggero – 17
settembre 1974]

Anche in questo caso però, la citazione appare ammantata sia di ambiguità, sia di troppo
plurimo “de relato”, sia ulteriormente imprecisa nonostante l'aggiuntivo elemento introdotto
“respinto da Stefania”
• la tesi del “ spasimante respinto dalla ragazza” infatti, “va man mano perdendo
consistenza” [NdA: tratto dallo stesso articolo]

• “Si dice che … SNIP... una telefonata anonima” [NdA: tratto dallo stesso articolo]

• “ L'anonimo accusatore avrebbe fatto anche il nome dell'assassino”, e parrebbe assai


strano che tale “nome” non sia stato verificato a questo punto

Insomma, tale citazione giornalistica, appare più improntata ad un generalizzato “mix” delle
altre voci che circolavano nei primi giorni post delitto, che veramente ad apportare
informazioni fresche.
Il ripetuto uso dei condizionali, come a mettere le mani avanti, ne è chiaro segno.

In conclusione, possiamo dire a riguardo che pur non riscontrandosi motivi specifici particolari
che possano escludere una coincidenza di persona tra il guardone molesto della Taunus o
altro segnalato e la figura del SV, sardo, altrettanto non vi è alcun appiglio specifico se non
un genericissimo accento sardo, che come minimo può essere riferito ad ogni sardo che fosse
in Toscana; e di quanta immigrazione sarda in Toscana ci sia stata, è dato noto.

A detta dell'Autore dunque, tale significativa e molto interessante “opzione indiziaria”, fino a
che non potrà essere supportata da ulteriori informazioni documentali [ NdA: possibilmente con
riferimenti a documenti di indagine, denunce presentate, etc ], a fronte di quanto appena detto, non può
essere fatta rientrare in questo documento di studio, avendo soprattutto poco fa visto come
invece, una scelta “anonima”, ossia di un'area meno facilmente riconducibile al soggetto di
interesse, potesse essere miglior garanzia di successo e libertà per il soggetto in questione, e
caratterialmente meglio allo stesso si adattasse come modo di pensare.

Allo stesso tempo però, per quanto precedentemente esposto e quanto noto su tutta la
finestra temporale e casistica dei delitti del mostro, risulta in piena plausibilità una pregressa
attività di “guardonaggio” ai fini di conoscimento e preparazione del delitto, anche da parte
del soggetto in attenzione, sardo.

Nel momento in cui ulteriore documentazione sarà disponibile in merito, tale punto potrà
essere con più approfondita cognizione di causa, incluso a pieno e completo supporto, o
rigettato se del caso.

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Le divergenti opinioni ricostruttive

Dobbiamo adesso cercare di esporre le differenti ipotesi ricostruttive della modalità di assalto
e morte del delitto del 1974, e fornirne una valutazione di congruenza accettabilità o meno.

Di mio, ho già provveduto ad illustrare la chiave interpretativa con cui leggere questo delitto:
un delitto in cui l'unico rapporto che c'era tra vittime e carnefice, era appunto proprio solo
quello di vittima e carnefice.
Un delitto in cui, al di là delle azioni di ferimento e morte e scempio successivo del cadavere,
non presenta alcuna forma particolare o specifica di interazione alcuna tra carnefice e vittime,
tra mostro e la coppia: né prima, né durante né dopo.
Un delitto come saranno poi i successivi, col mostro che arriva e colta di sorpresa la coppia,
cerca di uccidere entrambi nel più breve tempo possibile, con l'arma d fuoco e che utilizza
l'arma bianca per finire i sopravvissuti e vilipendere i cadaveri.

Altre visioni, sostenuta da altre voci, ipotizzano e sostengono invece che:


• interazione tra aggressore e vittime vi fu

e/o che
:
• l'intenzione primaria dell'assalitore, del mostro, era quella di non uccidere subito la
vittima femminile tramite i colpi di arma da fuoco, al preciso scopo di poter “interagire”
[NdA: sessualmente ci si immagina] con la donna una volta messo fuori possibilità di reagire
l'uomo.

Per fornire valutazione, risposta e chiarimento a tale ipotesi, è necessario prima riportare i
risultati scritti nella perizia De Fazio e Zuntini;

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Dati dalla Perizia De Fazio e Zuntini

Lasciamo momentaneamente la parola alle perizie:

Dalla Perizia De Fazio:


Sulla scena del delitto :

• cinque bossoli cal.22.

• due fori sul sedile anteriore sx. ed una lacerazione da taglio della stoffa del sedile
dell'auto;

• all'interno dell'autovettura, sul sedile dx e sullo schienale reclinato all'indietro, si


notano abbondanti tracce ematiche.

• A circa 20 cm. dalla ruota posteriore dx ed esattamente all'altezza dell'apertura dello


sportello dx, si nota una chiazza di sangue raggrumato, da cui si diparte una striscia
evidente di sangue, che va a terminare all'altezza della mano sx del cadavere della
Pettini Stefania

Reperti necroscopici su Gentilcore Pasquale


• Il cadavere è stato rinvenuto sul sedile di guida dell'auto

• indossava soltanto le calze e gli slip.

• Più evidente, ma incompleta, è risultata la rigidità cadaverica rispetto al cadavere della


Pettini.[NdA: il cadavere della Pettini infatti si trovava all'aperto appoggiato sulla nuda terra ]

• Premesso che la descrizione delle lesioni riportate all'esame esterno è parzialmente


discordante rispetto a quella riportato nel verbale di autopsia, sembra di poter
evincere che:

• Il Gentilcore sia stato colpito da numerosi colpi di pistola in regione toraco-addominale


sinistra.

• Sono stadi repertati sei fori di entrata a sx. ed uno di uscita, al fianco dx. che
deporrebbero per l'esplosione di sei colpi di arma da fuoco, alcuni dei quali certamente
mortali perché hanno interessato il cuore ed il polmone sinistro.

• Sull' emitorace dx., antero-lateralmente in zona media inferiore, due ferite da taglio
sovrapposte che non penetrano in profondità.

Reperti necroscopici su Pettini Stefania


• Il cadavere è stato rinvenuto nudo, steso per terra dietro l'auto in posizione supina e
con gli arti inferiori divaricati.

• Presentava numerosissime ferite da taglio,nonché alcune ferite da arma da fuoco,


verosimilmente
▪ una al ginocchio dx,

▪ tre al fianco dx,

▪ una al ginocchio sx.

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• Sono state registrate 96 lesioni da punta e taglio che interessano pressoché


esclusivamente la parte anteriore del corpo della Pettini, dal volto fino al terzo
superiore delle cosce.

• Molte di esse hanno interessato in profondità organi vitali (cuore, polmoni,stomaco,


fegato, intestino) e, soprattutto, quelle toraciche, a più elevata potenzialità letale,
presentano caratteri di vitalità.

• Altre lesioni sono invece piuttosto superficiali e sono distribuite per lo più
irregolarmente sul torace, sull'addome e sulle cosce, ma in alcune sedi (parte inferiore
dell'addome e, soprattutto regione sovra pubica) sono disposte secondo un ordine che
disegna grossolanamente due curve, circoscriventi l'area del ventre e l'arco superiore
del pube, ad opposta convessità.

• Alcune ferite, s'è detto, presentano chiari segni di vitalità, mentre altre non risultano
affatto infiltrate o lo sono in misura molto modesta.

• Da rilevare che sulla bozza frontale dx. è stata riscontrata una lesione escoriativa
lineare; una area escoriata grossolanamente quadrangolare con intensi segni di
sfregamento e punteggiatura da pressione è stata rilevata al capo, probabilmente in
regione frontale sx., ma la sede non è determinabile con certezza.

• E' stato riscontrato pure "all'angolo mandibolare sx. escoriazione semilunare, convessa
in alto, trasversalmente diretta, di circa 1 cm, di colorito arancione (tipica
smagliatura)".

• In sintesi, le ferite da taglio possono essere così asseriate:


▪ una vasta ferita l.c. a forma di y, interessa la regione auricolare e temporale dx.
fino al piano osseo;

▪ un'altra, altrettanto profonda, è localizzata alla regione emi mandibolare sx. e si


estende fino a quella mentoniera, interessando anche il labbro;

▪ tre ferite a carico della regione latero-cervicale dx.. hanno andamento obliquo,
dall'alto verso il basso e da sinistra a destra ed appaiono infiltrate e con margine
inferiore ecchimotico.

▪ Numerose e con caratteristiche diverse le ferite che interessano il torace:

▪ sei, localizzate medialmente alla mammella dx., sembrano relativamente


superficiali e poco infiltrate;

▪ mentre dodici, medialmente alla mammella sx., sono quasi tutte penetranti ed
infiltrate. Da rilevare anzi che alcune di esse hanno interessato lo sterno
trapassando il tavolato osseo e disarticolato l'appendice xifoide, mentre altre
sono penetrate nelle cavità cardiache ed hanno attinto il parenchima polmonare.

▪ Anche alcune ferite addominali sono penetranti ed attingono i visceri (stomaco,


fegato, intestino) ma esse sono in genere meno infiltrate rispetto a quelle
toraciche ed il dato è concordante anche con i reperti d'organo registrati in sede
di indagine necroscopica.

▪ Cinque ferite sono localizzate in regione sovra pubica e seguono l'inserzione dei

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peli, disegnando una curva a convessità superiore.

▪ Altre due ferite interessano,invece, il margine destro del pube.

▪ Quindici ferite interessano le cosce, in corrispondenza della regione


antero~mediale, al terzo superiore, (sette a sx. ed otto a dx.); esse sono vicine
tra di loro poco profonde e non infiltrate.

▪ Sono state infine repertate ferite " da difesa" agli arti superiori ed alle mani con
caratteri di vitalità.

• In vagina è stato trovato infilato un tralcio di vite, che sembra aver provocato due
piccole lacerazioni della mucosa. Non è possibile desumere, al riguardo, altri elementi
di rilievo.

Dalla Perizia Zuntini


scena:
• poltrona di destra alla quale era stata abbattuta la spalliera

• 5 bossoli repertati

• furono esplosi in rapida successione n. 11 colpi

• L’assassino si è presentato dalla parte destra dell’autovettura ove ha trovato la


portiera aperta ed ha subito aperto il fuoco sui due

• Il corpo della V.M., come bersaglio, copriva quasi completamente quello della sua
partner; solo per tale ragione i primi 5 colpi hanno colpito il primo

Vittima maschile:
• N°. 3 al braccio sinistro e fianco sinistro (prima che avesse il tempo di muoversi) tutte
mortali

• N°. 2 alla regione ombelicale ed inguinale (durante il movimento di questi per ribaltarsi
sul sedile di guida dove è stato poi trovato, facendo una rotazione di 180 gradi sul
fianco destro)

• un 6° colpo, mancando lo stesso bersaglio, ha colpito e rotto il vetro della portiera di


sinistra sull’autovettura, contro il quale nel suo movimento incontrollato la V.M. ha poi
battuto la testa, ferendosi alla zigomo sinistro contro i vetri già in parte frantumi

• altri colpi, mancando ugualmente il bersaglio, hanno colpito il sedile di guida (1


recuperato)

Vittima Femminile:
• L’assassino ha allora avuto il libero bersaglio delle V.F. ancora indenne; aveva ancora
nell’arma 3 colpi

• ha abbassato la mira e ha colpito la base del sedile di destra (sul quale si trovava la
V.F.), il proiettile si è ivi frantumato in 5 piccoli schegge che hanno colpito la donna al
fianco destro;
• la stessa, ferita così non gravemente, ha alzato la gamba destra per difendersi e per
tentare di uscire, ma è stata raggiunta da un colpo al ginocchio destro e da un colpo

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alla gamba destra;

• L’assassino deve essersi reso conto che le cartucce erano terminate, mentre la V.F. era
ferita gravemente, ma non mortalmente, da n. 3 colpi e verosimilmente cercava
disperatamente di difendersi con le mani,

• ha estratto allora il coltello colpendo per prima le mani e le braccia della vittima (sulle
quali si notano delle ferite sanguinanti, cioè “in vita”),

• quindi alla tempia destra ed alla guancia sinistra (ampio squarcio);

• solo allora, ormai più libero, ha vibrato n. 3 colpi di coltello penetranti nella zona del
cuore, provocandone la morte pressoché istantanea.

IN CONCLUSIONE

Come si può leggere dunque:


1. la Pettini venne fatta oggetto di colpi da arma da fuoco

2. la Pettini non morì per detti colpi, e dunque era ancora viva terminata l'azione di sparo
[NdA: azione di sparo che a detta della medesima perizia, durò all'incirca “10 secondi”]

3. finita l'azione di sparo, a Pettini ancora in auto e viva, il mostro si scagliò sulla vittima
per ucciderla.
▪ “A circa 20 cm. dalla ruota posteriore dx ed esattamente all'altezza
dell'apertura dello sportello dx, si nota una chiazza di sangue raggrumato,
da cui si diparte una striscia evidente di sangue, che va a terminare
all'altezza della mano sx del cadavere della Pettini Stefania”

▪ “all'interno dell'autovettura, sul sedile dx e sullo schienale reclinato


all'indietro, si notano abbondanti tracce ematiche.”

▪ “una lacerazione da taglio della stoffa del sedile dell'auto;

▪ L'ipotesi che l' omicida abbia portato il corpo della ragazza fuori dell'auto
subito dopo aver esploso i colpi da sx. sembra contrastare con l'assenza
di rilevanti tracce di sangue che avrebbero dovuto essere presenti sul
luogo in cui la donna sarebbe stata colpito per ben 96 volte; [Perizia De
Fazio]

▪ viceversa l'ipotesi di una azione reiterata da arma bianca mentre la donna


era ancora sull'auto trova conferma nelle rilevanti tracce di sangue
presenti sul sedile anteriore destro e, alternativamente, nella assenza
(stando a quanto si può riscontrare dalle fotografie scattate in sede di
sopralluogo in ambito obitoriale) di ipostasi.[Perizia De Fazio]

4. la Pettini ancora viva dopo l'azione di sparo, cercò di difendersi dai colpi vibrati con
l'arma bianca mono-tagliente [NdA: cosa che avvenne certamente inizialmente nell'auto, visto
quanto appena ribadito nel punto precedente ]
▪ “Sono state infine repertate ferite " da difesa" agli arti superiori ed alle
mani con caratteri di vitalità.”

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▪ “Da rilevare che sulla bozza frontale dx. è stata riscontrata una lesione
escoriativa lineare; una area escoriata grossolanamente
quadrangolare con intensi segni di sfregamento e punteggiatura da
pressione è stata rilevata al capo, probabilmente in regione frontale
sx., ma la sede non è determinabile con certezza. “

A fronte di questi dati, riportati esattamente come scritti nelle perizie [NdA: corretti solo gli errori
di ortografia, ovviamente]:

• a) non vi è alcun dato che indichi, né in maniera univoca né in maniera indiretta, che il
MdF avesse intenzione di non uccidere la vittima femminile
▪ né a colpi di pistola, congiuntamente al bersaglio maschile [ NdA: come successo a
Castelletti di Signa, e come praticato noi successivi delitti ]
▪ la vittima femminile venne attinta da colpi di pistola già dentro l'auto,
congiuntamente al bersaglio maschile

▪ né, con arma bianca, solo successivamente ad atti di interazione con la stessa
[NdA: stupro o quant'altro]
▪ tracce di sangue che vanno dalla portiera fino al luogo del
rinvenimento del corpo

▪ ecchimosi e ferite da difesa

▪ abbondanti tracce ematiche nell'auto e sul sedile

▪ prime pugnalate inferte in vita, con ferocia bestiale, in grado di


spezzare lo sterno, cavità cardiaca e pachiderma polmonare

▪ L'ipotesi che l' omicida abbia portato il corpo della ragazza fuori
dell'auto subito dopo aver esploso i colpi da sx. sembra contrastare
con l'assenza di rilevanti tracce di sangue che avrebbero dovuto
essere presenti sul luogo in cui la donna sarebbe stata colpito per ben
96 volte; [Perizia De Fazio]

▪ viceversa l'ipotesi di una azione reiterata da arma bianca mentre la


donna era ancora sull'auto trova conferma nelle rilevanti tracce di
sangue presenti sul sedile anteriore destro e, alternativamente, nella
assenza (stando a quanto si può riscontrare dalle fotografie scattate in
sede di sopralluogo in ambito obitoriale) di ipostasi.[Perizia De Fazio]

• b) né è leggibile una qualsiasi azione di interazione tra assassino e vittima femminile,


che non vada oltre:
▪ l'istintiva reazione di difesa della stessa agli attacchi con l'arma bianca portati
dall'assassino

▪ un possibile tentativo di pressione della mano dell'assassino sulla cavità orale


della vittima femminile, per impedirle, logicamente, di urlare e rischiare così di
attirare attenzioni indesiderate
▪ “movimenti della parte inferiore del corpo, causato dai colpi di arma
da fuoco. E' possibile che la ragazza, sicuramente ancora viva dopo
che l'omicida smise di sparare,emettesse grida d'aiuto o di terrore, e
che l'omicida abbia in un primo tempo tentato di tapparle la bocca con
una mano (Viene descritto un segno da unghiatura, all'angolo

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mandibolare sx., in senso trasverso, che potrebbe corrispondere al


pollice della mano sx. dell'omicida).” [Perizia De Fazio]

Ognuno è libero di formulare le ipotesi che più ritiene verosimili, ma queste restano le parole
scritte nelle perizie.
Non è compito di questo documento di studio riscriverle a seconda di personali interpretazioni
o tornaconti di ragionamento.

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Della possibile conoscenza ed interazione

Siamo quasi arrivati alla fine per quello che riguarda il duplice delitto di Rabatta – Sagginale,
ma prima di procedere oltre, approfittiamo dello spazio e cerchiamo di sgombrare anche il
campo dagli argomenti
1. “possibile conoscenza” delle vittime

2. “possibile” interazione mostro – vittime sulla scena del crimine

Per il punto 1)
In questo caso il compito appare semplice da svolgere: nessuna indicazione di una pregressa,
diretta e biunivoca conoscenza tra le vittime e il SV e nemmeno nessuna conoscenza diretta e
biunivoca tra le vittime e il MdF (nel caso si trattasse di altra persona), è mai emersa; né in
sede di documenti ufficiali, né come fonte giornalistica. E le poche e dubbiose righe su Il
Messaggero, non possono essere caricate di un valore che non hanno [ NdA: “Si dice, infatti, che
la polizia avrebbe ricevuto una telefonata anonima che accusava della strage un sardo respinto da Stefania.
L'anonimo accusatore avrebbe fatto anche il nome dell'assassino Fonte: Il Messaggero – 17 settembre 1974 ].

La stessa informazione scritta nella Perizia De Fazio: “La ragazza, descritta come corretta e
riservata, nell'estate aveva avuto una "simpatia" al mare ed aveva riferito alle amiche
che in altra occasione era stata sequita da uno sconosciuto alla stazione di Firenze”
[Perizia De Fazio], appare così datata nel tempo, ossia prima delle vacanze della stessa, che non
ha motivo di essere realmente associata ad un pregresso conoscimento del MdF; anche
perché, in ogni caso, “essere seguiti” (o aver l'impressione di) non indica un tipo di relazione
biunivoca.

Tale dato di assenza di pregresso conoscimento, inoltre si concilia sia con quanto proposto
dalla FBI nel suo profilo; sia con quanto da noi elaborato come profilo anonimo del mostro;
sia con quanto proposto in documenti ufficiali e documentazioni di settore [ NdA: “Le vittime,
quasi sempre, sono persone sconosciute, incontrate casualmente, e se conoscenza c'è stata, è stata solo
superficiale ed estemporanea” ]
Un dato di pregresso conoscimento,mal si concilierebbe inoltre con quanto abbiamo raccolto
come informazioni circa il SV.

Unico punto comune al SV e alla giovane coppia assassinata, era il “ballo”.

SV era un “...amante del ballo, come VINCI Salvatore...” [Rapporto Torrisi 311/1]

Nei diari della Pettini si legge citata la discoteca “Teen Club”, che effettivamente per le
vicinanze, fa da sfondo al delitto del 1974:
• “la ragazza si appuntava con pignoleria e con sincerità gli avvenimenti quotidiani e
faceva la cronistoria del rapporto col fidanzato ...SNIP... al vigneto dove è stata
massacrata dal “mostro” si accenna spesso... SNIP... piovuto ...SNIP... abbiamo
dovuto rinunciare e siamo andati a ballare” [Citazione dai Diari - “Gente”- articolo a firma
Giuseppe Randazzo]

• “Pasquale mi aveva accompagnato a ballare al “Teen Club” [Citazione parole di


Cristina, sorella di Pasquale - “Gente”- articolo a firma Giuseppe Randazzo ]

Ma il Teen Club era una discoteca principalmente per giovani e giovanissimi, e nel 1974 SV
già era un po' “fuori età” per un simile luogo, avendo ormai 39 anni, essendo nato nel 1935.
Questo non può significare una completa esclusione di una sua frequentazione di quella
discoteca e conseguentemente anche un diretto o indiretto conoscimento della Pettini.
Ma è da far notare come vi sia una completa assenza di dichiarazioni che parlino di una

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“strana” figura di un “vecchio” frequentare quella discoteca; e meno che meno di un


“vecchio” che la abbordi in discoteca. Nulla poi di un “vecchio” e “sardo” al Teen Club.
La cosa, soprattutto post delitto, non sarebbe passate inosservata né a testimoni né ad
Autorità, né a giornalisti.
Possiamo quindi darla per esclusa, con buon limite di plausibilità.

Per il punto 2)
Anche in questo caso, possiamo con sufficiente plausibilità, escludere una articolata
interazione sulla scena del delitto tra vittime e carnefice, che non sia l'interazione necessaria
ad uccidere e vilipendere le vittime.

Pur coi limiti enunciati dal de Fazio stesso, dalle perizie non paiono emergere sufficienti basi,
nemmeno semplicemente indiziarie, che possano far ipotizzare una serie di interazioni verbali
e/o di costrizione e comando, e/o di promiscuità, e/o di rifiuto da parte della coppia nei
confronti dell'assalitore e/o viceversa.
La coppia venne aggredita nell'auto. La posizione in cui fu ritrovato il Gentilcore e le tracce
ematiche, almeno su quello, non lascino traccia di altra possibilità.
▪ “Reperti necroscopici su Gentilcore Pasquale Il cadavere è stato rinvenuto sul
sedile di guida dell'auto ed indossava soltanto le calze e gli slip” [Perizia De Fazio]

▪ “all'interno dell'autovettura, sul sedile dx e sullo schienale reclinato all'indietro,


si notano abbondanti tracce ematiche.” [Perizia De Fazio]

Usando le parole dello Zuntini per ricostruire la scena immediatamente pre delitto:
“Le 2 vittime, che indossavano le sole mutandine, si trovavano abbracciate sulla poltrona di
destra alla quale era stata abbattuta la spalliera, sotto vi era la V.F. sopra la V.M.” [Perizia
Zuntini - Trascrizione]

Scartando per un momento quanto noto tramite i successivi delitti seriali e maniacali del MdF,
delitti nei quali non è riscontrabile alcun tipo di detta interazione né conoscimento pregresso
tra vittime e assassino, ci spingiamo un momento ad immaginare che se un qualche tipo di
interazione prolungata e forzosa fosse intercorsa , questa avrebbe dovuto, a quel punto
stante le perizie, essere obbligatoriamente culminata con un ordine tipo: “entrate nell'auto
(se fuori da essa) e abbracciatevi e fate all'amore!” [NdA: virgolettato di fantasia a cura dell'Autore]

Immaginare però due ragazzi che siano in grado di fare all'amore sotto costrizione di un'arma
da fuoco, appare però alquanto difficile da immaginare, e la carica di violenza di una minaccia
a mano armata mal si concilia con la musica trasmessa dall'autoradio accesa a creare
atmosfera per momenti intimi [NdA: “Nel mangianastri ancora acceso, ritrovato sul pianale dell'auto, c'e'
una cassetta arrivata da tempo a fine corsa”]

Ma il punto sul quale sovente si legge con insistenza di una ipotesi di interazione, è più
normalmente connesso con due fatti:
• le piante dei piedi della Pettini, che si vedono in una foto in circolazione, come sporchi
per aver calpestato il terreno [NdA: per sensibilità e rispetto, ho cercato di evitare di includere
immagini, specie se di non diretta utilità comparativa]

• i vestiti rinvenuti sotto la pianta di vite [ NdA: “sotto una pianta di vite distante circa mt. 3,40
dalll'auto, vengono rinvenuti 3 paia di pantaloni, uno da donna e due da uomo, un foglio di carta da
confezione recante l'intestazione di una lavanderia, un paio di mutande femminili di colore bleu intrise di
sangue e con uno strappo; a metà strada tra l'auto e la vite viene rinvenuta una camicia da uomo;
all'altezza dello sportello dx aperto, a circa 8 mt. dalla ruota anteriore dx,un brandello di stoffa bleu,
appartenente alle mutandine strappate della donna” - Perizia De Fazio]

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Non vi è altro.
Non che sia “nulla”, ma se per un momento non consideriamo i “ 3 paia di pantaloni, uno da
donna e due da uomo, un foglio di carta da confezione recante l'intestazione di una
lavanderia”, che altrove si sostiene essere stati ritrovati “puliti e ripiegati” [ NdA: "Gli indumenti
sono ripiegati e puliti, e nelle tasche dei pantaloni del ragazzo c'e' il portafogli con 33800 lire (non ' chiaro in
realta' se detto portafogli sia stato ritrovato invece nell'auto). Sul lato sinistro dell'auto viene invece ritrovato il
giu”. Fonte Blog CALIBRO 22], quello che vediamo è quasi solo l'azione, disordinata e folle, su
impulso feticista post delitto e la concitazione del momento da parte del MdF.

In questo, come nella borsetta ritrovata un paio di centinaia di metri dopo, non vi si può
leggere altro.

Restano dunque i vestiti “ripiegati” posti fuori dall'auto e le piante dei piedi forse sporche di
terra della Pettini.

Non dispongo ovviamente né della macchina del tempo né della sfera di cristallo, e dunque
quella che fornirò qui di seguito è solo una mia pura illazione ipotetica ricostruttiva. E come
tale va letta; o meglio va letta nel suo valore intrinseco di plausibilità fattuale non per
accreditarla a tutti i costi come “quello che realmente accadde”, ma come una semplice ed
umanissima “altra” possibilità.

Ossia scopo di questa breve prossima ricostruzione è semplicemente quello di sgombrare il


campo da una domanda alla quale, secondo alcuni, è logico fornire una risposta sola e “pre-
confezionata” come se una interazione mostro vittime, un interesse dunque particolare verso
proprio quei due soggetti e proprio quei due soggetti, fosse la unica capace di spiegare il
“mistero” dei vestiti ripiegati e le piante dei piedi sporche.

Questa la mia ricostruzione, che cerca il più possibile di restare ancorata alle fisicità e alle
fisiologicità umane, dunque alla normalità di “tutti i giorni”, e che non prevede alcuna
interazione di sorta col MdF [NdA: interazione che tra l'altro, nessuno ha mai dettagliato in cosa sarebbe
corrisposta, si badi bene, e che comunque mai è stata riscontrata negli altri delitti del mostro ].

• La coppia giunge al loro nido d'amore in campagna.

• Parcheggiano l'auto continuando a chiacchierare e farsi complimenti o discutere, etc,


come hanno fatto durante il tragitto.

• Sono giovani e carichi di desiderio

• parcheggiano ed iniziano a farsi le effusioni; il climax tra i due sale, la voglia anche ed i
vestiti cominciano a scivolare via.

• La notte non è delle più calde, due gocce di pioggia pure, ma son giovani e nel pieno
delle forze, fresco e due gocce d'acqua non li infastidiscono.

• decidono comunque di non fare l'amore all'aria aperta e di restare in auto

• la musica esce dall'autoradio e aumenta il piacere dell'atmosfera e del profumo di


natura bagnata che giunge dall'esterno

• fanno un momento di pausa nelle effusioni prima di mettersi direttamente a fare


all'amore: bisogna fare un po' di spazio sui sedili su cui son stati appoggiati i vestiti
freschi di lavanderia.

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▪ Basterebbe spostarli, ad esempio nel baule per avere a disposizione tutto lo


spazio che si vuole sul sedile posteriore.

Finiscono invece fuori. Come? Perché?

Banalmente magari perché:


• prima di fare all'amore decidono (o uno solo dei due) di “svuotare la vescica”

• immaginiamo che sia lei a compiere questa operazione: apre la portiera, scende, fa i
due passi necessari ad allontanarsi dallo sportello e si sporca i piedi camminando sul
terreno.

• Lui fa lo stesso, scende dall'auto ma ha in mano il pacco dei pantaloni che voleva
spostare nel baule. Ma l'urgenza del bisogno fisiologico ha il sopravvento.

• Vicino alla macchina, ad appena 3,3 metri, c'è una pianta (richiamo maschile alla
funzione liberatoria), ci si avvicina.

• Ma lui per espletare la sua funzione ha bisogno di entrambe le mani libere per
sbottonare i pantaloni e...

• appoggia momentaneamente il pacco a terra, che in mano gli dava fastidio, con
intenzione di riprenderlo finita la minzione, per poi riporlo nel baule

• Lei intanto è già rientrata in auto. Lo chiama, gli dice “forza amore, muoviti, ho voglia
di te, vieni qui da me” [NdA: dialogo fittizio dell'Autore]

• lui termina e quando ha terminato corre da lei. Il pacco, pensa, lo riprenderà dopo aver
fatto all'amore.

• Entra in macchina, e i due, magari per la foga, magari perché gli piace inebriarsi
dell'aria fresca di fuori, nemmeno chiudono la portiera.

I vestiti son fuori dall'auto, piegati ed ordinati, i piedi sono sporchi di terra, i due sono
abbracciati sul sedile. Arriva il mostro, che li stava spiando in attesa del momento idoneo, si
avvicina e scarica i colpi in una fulminea manciata di secondi, che lo Zuntini calcola in circa
10 secondi [NdA: “che i colpi furono esplosi in uno spazio di tempo di circa 10’’ - Perizia Zuntini –
Trascrizione].

La coppia andò davvero ad espletare i suoi bisogni fisiologici?


Non lo so.
Ma so che si tratta di una azione normale ed umana, anche e soprattutto prima di fare
all'amore.
Quindi pienamente plausibile e coerente con una normale dinamica fisica.

Quello che inoltre non so, e dunque non sono assolutamente in grado di giudicare, è in cosa
sarebbe consistita una ipotetica interazione del mostro con le vittime, ammesso che questa
potesse essere accaduta.

Un uomo sconosciuto, armato, che si avvicina ad una coppia di giovanissimi amanti e li


minaccia con una pistola, non è una cosa così inimmaginabile.
Purtroppo alle volte nella vita normale succede.

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Ma quello che altrettanto normalmente non succede, è che chi si trova in questa condizione di
forza e dominio impieghi il suo potere per obbligare la gente, minacciandola, a portare dei
vestiti freschi di tintoria accanto ad una pianta che si trova nelle vicinanze.

Siamo d'accordo tutti che parlando del mostro si sta parlando di una persona affetta da
psicopatie, ma una simile azione, nemmeno nella mente più perversa e feticista, pare trovare
alcuna spiegazione.

Costringere le vittime a spogliarsi, aggredire, legare, minacciare, etc etc quello sì, è
purtroppo comprensibile.
Con una pistola in mano il mostro aveva una vastissima pletora di azioni a sua disposizione.
Dalle meno alle più sordide. Dalle meno alle più dolorose.

Ma il senso di quella di obbligare a posizionare i vestiti in quel punto, allo scrivente


completamente sfugge.

Altro è, e se ne parlato precedentemente, del frugare tra gli oggetti delle vittime post
mortem e magri abbandonarli a casaccio in giro.
Ma un simile tipo di intervento, post delitto appunto, non ha nesso con l'immaginare una
“interazione con le future vittime” prima del delitto e/o sulla scena del delitto.

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Le divergenti ipotesi ricostruttive nel dettaglio

Quando scrivo nel dettaglio, ovviamente, mi riferisco al fatto di specificarne teoria e


conseguenze, non tanto appunto di entrare nei singoli e specifici dettagli che tale ipotesi
propongono: non sarei nemmeno qualificato a farlo non essendo tesi che questo studio, e
dunque fondamentalmente i miei ragionamenti, sostengono. Questo è compito di altri, che
troveranno sempre spazio,qui, per poter aggiungere ed integrare le loro opinioni se vogliono.

Riassumendo abbiamo:

1. L'assalto si svolse esattamente come pianificato:


▪ Pasquale doveva morire crivellato di colpi d'arma da fuoco

▪ Stefania doveva morire a coltellate e doveva essere poi sfregiata in tutto il corpo
e violata nell'intimità dal tralcio vite”

2. L'assalto contemplava:
▪ l'uccisione immediata di Pasquale a colpi di arma da fuoco,

▪ Stefania, prima di essere uccisa a coltellate doveva essere violentata. La


reazione furiosa di Stefania non permise al maniaco di compiere lo stupro, che
quindi si limitò solamente all'introduzione non reiterata del tralcio di vite

3. L'assalto non contemplava l'uccisione della coppia:


▪ il maniaco si era munito di pistola e coltello (e guanti e detergenti e vestiti di
ricambio?) solo per spaventare la coppia ed ottenere lo scopo di partecipare più
da vicino al rapporto

▪ Solo in caso di reazione violenta da parte dei ragazzi avrebbe aperto il fuoco

4. l'assalto avvenne secondo le solite (future) modalità:


▪ il mostro intendeva uccidere con la coppia sparando ed uccidendo

▪ infierendo poi a colpi di arma bianca

▪ l'inesperienza della “prima volta” e la reazione della Pettini che inizialmente era
fondamentalmente coperta dal corpo maschile del Gentilcore, colse di sorpresa il
mostro che:
▪ sparò con minore precisione

▪ con pronta reazione (e ferocia per il piano che rischiava di andare in


frantumi) massacro con pugnalate di terribile forza la Pettini già
nell'auto

▪ solo dopo almeno le prime violentissime pugnalate, trascinò la Pettini


fuori dall'auto dove proseguì la sua opera folle e mortale

Dunque:
l'ipotesi 1), che prevede la specifica volontà di uccidere all'arma bianca la Pettini:
• non trova forza nei risultati delle perizie: venne attinta anche lei da colpi di arma da
fuoco

• non trova coerenza con i successivi delitti (e la storia del MdF è una storia unica, quindi

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anche i successivi delitti vanno tenuti a mente)

• rispetto ai successivi delitti non si potrebbe più parlare di “naturale” escalation


dell'orrore, ma anzi ci si troverebbe di fronte ad un “passo indietro”

• non tiene in conto che l'arma da fuoco utilizzata, fu proprio lo stessa calibro 22 L.R.
che già aveva sparato a Castelletti di Signa, dunque arma “sporca”

• se il mostro avesse voluto non sparare alla Pettini appositamente, avrebbe dovuto
scegliere un momento differente che non quello in cui i due amanti erano abbracciati
l'un sull'altro [NdA: così facendo, anche se non voleva a nessun costo sparare alla Pettini, i rischi di
colpirla e ucciderla/ferirla gravemente/ferirla sarebbero stati elevatissimi, col rischio di mandare a monte il
proprio piano]

Ipotesi 2), che prevede l'espressa volontà di conservare in vita la vittima


femminile, al fine di stuprarla:
• non risulta dalle perizie che la Pettini avrebbe potuto sopravvivere a coltellate di quella
forza, coltellate inferte nell'auto

• la Pettini risulta anche attinta da colpi di arma da fuoco

• lo stupro non è presente in nessuna delle successive azioni del mostro (che è una
storia unica), né su persone vive né su persone morte

• non tiene in conto che l'arma da fuoco utilizzata, fu proprio lo stessa calibro 22 L.R.
che già aveva sparato a Castelletti di Signa, dunque arma “sporca”

• risulterebbe non spiegato perché in seguito, per altri delitti:


▪ non abbia stuprato nessuna delle sue vittime

▪ non abbia più provveduto ad inserire oggetti nelle parti intime femminili delle
sue vittime

Ipotesi 3), che prevede che la morte dei due fu dovuta al caso e non era stata
messa in preventivo, se non come piano B in caso di problemi:
• dalle perizie risulta che l'azione di sparo fu immediata, fulminea, velocissima, di
sorpresa, e i colpi esplosi a distanza ravvicinata, cosa in netto contrasto con il
postulato dell'ipotesi.

• Non ha alcuna attinenza con i successivi delitti del mostro

• portarsi appositamente una pistola ed un coltello (guanti? Detergenti per pulirsi dal
sangue? Vestiti di ricambio?), appare ridondante per lo scopo: sotto minaccia di
un'arma da fuoco, le vittime che devono restar vive secondo il postulato, sarebbero già
sufficientemente in una situazione di inferiorità e debolezza

• in un simile postulato, l'avvicinamento fin quasi a ridosso delle vittime appare


superfluo ed inspiegabile, così come la rapidità di fuoco

• non tiene in conto che l'arma da fuoco utilizzata, fu proprio lo stessa calibro 22 L.R.
che già aveva sparato a Castelletti di Signa, dunque arma “sporca”

Ipotesi 4), che prevede il “classico” cliché di assalto del mostro, solo leggermente

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adattato a causa dell' inesperienza della “prima volta” e della reazione inaspettata
della Pettini
• coerente con il modus operandi della storia del MdF

• coerente con una inaspettata reazione della vittima

• coerente con la modalità e la distanza di avvicinamento

• coerente con l'assenza di stupro sia in questo caso sia nei successivi

• coerente con l'odio verso la coppia, come patologia a lunghissimo covata

• coerente con la mancata escissione, vista come derivante da fantasie indotte, recenti e
tramite letture pornografiche e non tramite il vissuto in infanzia e gioventù

• coerente con il presentarsi sulla scena del delitto armato sia di pistola, sia di arma
bianca

• coerente con l'uso di arma “sporca”, già utilizzata nel duplice delitto di Castelletti di
Signa

• coerente con la scena primaria di castelletti di Signa

Si tenga inoltre ben presente che le pugnalate violentissime che il mostro inflisse alla Pettini,
ancora nell'auto, pugnalate che trapassarono il cuore, spezzarono il tavolato osseo dello
sterno e bucarono i polmoni: sono tutte pugnalate inferte in vita e ad organi ben irrorati di
sangue.

Si tenga anche presente che per infliggere tali colpi, il mostro non poteva essere che a
distanza ravvicinata e vista anche la mancanza di schizzi copiosi su cruscotto e parabrezza e
interno portiera, i rigogliosi fiotti di sangue non poterono altro che colpire il mostro stesso, il
quale a fine delitto, doveva essere assolutamente molto sporco di sangue in volto, alle
braccia e al torace.
Pur con tutte le segnalazioni di anonimi guardoni, nessuno ebbe mai a dichiarare di aver
incontrato una figura imbrattata di sangue.
Questo depone a favore che il mostro dopo il delitto, si sia ripulito e probabilmente cambiato
di abiti.
Una semplice passata con un po' di acqua corrente non avrebbe potuto cancellare simili
tracce evidenti.

Questo implica una pianificazione del delitto.


Una simile premeditazione e pianificazione semplicemente confligge per logica, esperienza e
plausibilità con quella di un evento criminale avvenuto “inaspettatamente”, ossia non
premeditatamente appositamente voluto e appositamente cercato, dal mostro stesso.

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Mezzo mostro ma già mostro intero

In definitiva, nel 1974, il 14 settembre, ci troviamo di fronte ad un “mezzo mostro”


manifesto, pur già compiutamente “interamente mostro”.

1- l'odio per la coppia [NdA: vedasi traumi, violenza infantile/giovanile, rapporti mai di coppia, etc ], trova
manifestazione pratica, reale, assassina e maniacale

2- ma la fantasia malata, distorta, alimentata tramite letture devianti, non ha ancora


maturato la stessa forza di quella dell'odio per la coppia, proprio perché fantasia esterna,
indotta e più recente
• La prima infatti ha avuto tutta la vita e le dirette esperienze di vita per cristallizzarsi e
trasformarsi, alla prima “occasione buona”, ossia in presenza del catalizzatore esterno,
nella manifestazione maniacale omicida.

• La seconda, appresa tramite lettura/visione di fumetti e riviste pornografiche, è


indubbiamente più recente, meno cristallizzata, meno “potente”, meno mandataria.
Non era, ancora, un vero “inconscio desiderio personale”.

3- la reazione della Pettini e l'imperizia dimostrata al PRIMO assalto, scombussolano un


minimo il sogno pianificato iniziale del MdF; sogno e piano che comunque includono anche
l'escissione o comunque una forma violenta e “tagliente” di vilipendio delle zone erogene
della vittima femminile.

4- il MdF comunque dimostra la sua solita futura capacità di reazione agli imprevisti, e infatti
in una frazione di secondo passa dalla pistola all'arma bianca mono-tagliente, colpendo molto
violentemente la Pettini in auto.

5- uccisa anche la vittima femminile, ma con degli imprevisti cambi rispetto a quanto aveva
previsto, e soprattutto a seguito del suo primo diretto contatto con forti fiotti di sangue
umano sprizzanti dalle ferite al torace e al cuore, sangue caldo che gli schizza addosso, e che
non aveva minimamente messo in conto:
• il MdF non riesce più a trovare nella sua fantasia la "forza" per compiere l'escissione

6- il MdF prova a ri-focalizzare la fantasia con le numerose “coltellatine”.


O forse una parte di lui si rende conto di cosa ha appena fatto, come trattenendolo, ma l'altra
parte, la follia, lo spinge a continuare. Entra come in un loop, un loop fatto di continue
immersioni della punta della lama nelle carni della Pettini. Si avvicina sempre più alla zona
pubica di interesse; ma non riesce più ad avere lo stimolo conscio/inconscio, folle e animale
per trasformare la “recente fantasia a lui estranea ma ormai presente nell'immaginario” in
atto e gesto specifico concreto.

7- escissione che sostituisce con l'introduzione del ramo di vite, appena si rende conto che
può anche restare lì ore ad affondare la punta del coltello nelle carni della Pettini, ma che
quel giorno non avrà mai la “forza della follia” di strappare e portarsi via una parte di corpo
umano.

8- Nei successivi delitti, infatti, non si avranno più introduzioni di oggetti, ma invece si
avranno le asportazioni di parti (la fantasia ha avuto gli anni a disposizione per cristallizzarsi
con forza nella testa)

Quindi: nel 1974 è mentalmente già “intero mostro” per quanto riguarda le sue ossessioni più
antiche e recondite (odio e distruzione della coppia), mentre è solo “mezzo mostro” per

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quanto riguarda il realizzare quelle indotte, più fantastiche, ossia meno legate al suo reale
trascorso esistenziale (escissioni, viste e fantasticate molto probabilmente attraverso letture
deviate pornografiche).

E, si badi bene, si tratta di un mostro che ha scientemente pianificato di andare ad uccidere;


non di un raptus; non di un atto di guardonaggio finito male; non di una “molestia” tracimata
in un duplice efferatissimo e maniacale delitto condito da 90 coltellate poco profonde a
disegnare forme ed evidenziare parti di corpo umano sulla pelle della donna, pure
appositamente spostata dopo la morte.
Pianificato al punto che il mostro porta con sé due armi: una lama mono-tagliente ed una
pistola. Ma si badi bene, non una pistola qualsiasi: ma una pistola sporca di precedente
duplice omicidio. Anche detergenti e abiti d ricambio sono da ritenere essere parte della
pianificazione, e guanti per non lasciare impronte pure. E lo stesso dicasi per la “scenografia”
che alla mente richiama Castelletti di Signa: notte, buio, auto, coppia, morte.

Leggere, pur con differenti gradi di sfumatura, una azione non premeditata in tutto questo è
ad avviso dello scrivente: implausibile ed impossibile.

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Dal 1974 al 1981: il mistero del secondo silenzio

Chiuso quindi il capitolo Borgo San Lorenzo e il 1974, dobbiamo adesso percorre il cammino
del silenzio fino al 6 giugno 1981, dove a Mosciano di Scandicci, tornerà a colpire.

Come in precedenza, anche per questo capitolo, dovete tener presente che questo è un
documento che si muove a molla, cioè che noi, adesso nel 2014, abbiamo in mano già anche
le informazioni relative a periodi successivi quelli di cui trattiamo. Sappiamo già ad esempio,
dello straccio sporco di polvere da sparo che verrà ritrovato in casa del SV, e degli alibi
farlocchi successivi. Piaccia o non piaccia, son dati che abbiamo e che non possiamo far finta
di dimenticarli solo perché temporalmente successivi: la storia del MdF è unica.
Ci troveremo quindi magari così momentaneamente a ragionare più in astratto su dati più
vecchi, ma questo “astratto” è comunque anche avvalorato dalle parti successive dell'unica
storia dell'unico mostro, anche se non direttamente scritte in questa parte di documento.

Se dal 1968 al 1974 erano passati circa sei anni, adesso dobbiamo affrontare una finestra
temporale di circa sette.
Ma tempo lungo a parte, si tratta ovviamente di due tipi di “silenzio” ben differenti: nel 1968
non c'era alcun mostro, nè alcuna eclatante e manifesta patologia di devianza in atto.
Nel 1974 invece, il mostro, il maniaco, il folle, il deviato è manifesto. O per meglio dire,
“mezzo manifesto”.

Quel malato che uccide e strazia a Rabatta – Sagginale, proprio lì non ha compiuto il suo
percorso completo. Alla fine ha avuto come un freno. A borgo San Lorenzo non praticò le
bestiali escissioni alle quali, da Scandicci in avanti pur con le dovute contingenti eccezioni,
abituerà a terrorizzare la gente.

Essendo il SV entrato nell'occhio delle indagini poco alla volta, a partire molto in sordina
dall'1982, [NdA: IMPORTANTE: sia a causa che il fascicolo sulla morte della Steri, ottenuto nel 1982 viene
“accantonato”, sia perché nel 1984 il PM non manda ad analizzare lo straccio sporco di sangue e polvere da sparo ]
anche se “i concreti sospetti su VINCI Salvatore sorgono a partire dal duplice delitto di
Vicchio del Mugello, del 29 luglio 1984” [Rapporto Torrisi 311/1], essendo che i delitti maniacali
firmati della calibro 22 L.R. non vennero collegati con il duplice delitto di Castelletti di Signa
fino al 1982 [NdA: ”durante le indagini per il duplice omicidio del 1981 di Scandicci ed
escarcerato in seguito a quello di Calenzano, le indagini non avevano un filo conduttore.
Questo filo sarebbe stato offerto dal ricordo del m.llo Fiori, in servizio presso il Comando
Gruppo Carabinieri di Firenze .. .” - Sentenza Rotella], non stupisce che la raccolta di specifiche
informazioni per questa finestra temporale possa sembrare “limitata”.

Vi è comunque materiale sufficiente su cui riflettere. Purtroppo per il SV, anche in questo
caso, anche per una finestra temporale di 7 anni, nella documentazione ufficiale disponibile
non si riescono a rintracciare informazioni che, sottoposte a vaglio critico, possano risultare
“pro domo” sua.
Se ne può e se ne deve valutare il peso indiziario e accusatorio, e ognuno potrà essere di
manica più o meno larga nel leggervi un grado di coerenza accusatoria; ma in nessun caso se
ne potrà trarre comunque invece una coerenza in senso “assolutoria”.

Cominciamo con l'elenco:


• fine 1974-inizi del 1975: la Rosina torna a casa del SV. “...sottrarsi a quel genere di
vita impossibile, senza riuscirvi, per la miseria, la mancanza di lavoro” [Rapporto Torrisi
311/1]

• dal 1978 al 1980: continuano le botte e le violenze sulla Rosina Massa: “CASINI

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Spartaco ...SNIP...dichiara: − di conoscere VINCI Salvatore da vari anni, di cui è stato


anche dipendente dal 1978 al 1983,...SNIP...di aver visto spesse volte la MASSA
Rosina scendere in strada piangendo con i segni delle percosse sul corpo” [Rapporto
Torrisi 311/1] e anche “ costringeva la moglie a partecipare a delle orgie sessuali con
uomini e donne” [Rapporto Torrisi 311/1]

• dal 1978 al 1981, continua il solito noto trantran di rapporti omosessuali e scambisti,
come confermato ancora nelle parole del Casini per quella finestra temporale: “di
conoscere tra gli amici del Salvatore un certo Silvano, muratore, che ha lavorato
insieme a loro (BIANCALANI Saverio Silvano) ed un altro Silvano, di origine sarda
(VARGIU Silvano), figlioccio del VINCI” e “ riferito di aver avuto un incontro con una
prostituta” [NdA: individuata poi nella Meoni]

• dal 1978 al 1981: “il VINCI è molto attaccato ad un coltello con lama mono-tagliente
a punta, della lunghezza di cm. 10 circa, con il manico in osso, di color marrone
chiaro, dalla forma ricurva all'estremità, che ha visto spesso affilare ad una mola”,
come dichiara il Casini Spartaco [Rapporto Torrisi 311/1]

• dal 1978 al 1981: il SV si esercita a sparare alle giostre, e con buoni risultati; “di
averlo notato sparare bene e colpire il bersaglio durante le esercitazioni alle giostre”
[Dichiarazioni di Casini Spartaco – Rapporto Torrisi 311/1]

• inizi 1980: “agli inizi del 1980, Antonio, su espressa richiesta del padre, rientrato in
famiglia da Como dove si trova per motivi di lavoro, dopo qualche giorno di normale
convivenza, viene da lui sorpreso in intimità con la giovane domestica, dopo che
quest'ultima si é negata al padre” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

• aprile - maggio1980: “ricovero alla clinica per Malattie Mentali dell'Arciospedale di S.


Maria Nuova, dal 29 aprile al 17 maggio 1980” [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ “improvvisi stati di abulia” [Sentenza Rotella]

▪ “...la diagnosi trascritta nella cartella clinica del medico curante: "…scompenso
ansioso depressivo in personalità chiusa poco incline al colloquio …" [Supplemento
Rapporto Torrisi 311/1-1]
▪ “il paziente si è ricoverato perché si sente "giù di nervi " [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “è soggetto a cambiamenti improvvisi di umore, con manifestazioni depressive,


culminate, dietro suo espresso desiderio, con il ricovero presso la Clinica
Malattie nervose e mentali dell'Arcispedale di Santa Maria Nuova dal 29 aprile al
7 maggio 1980.” [Dichiarazioni di Rosina Massa -Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

• ottobre 1980: “Il 7.10.1980 la MASSA Rosina emigra a Trieste e si separa dal marito,
andando a convivere con il figlio Marco e Giancarlo” [Rapporto Torrisi 311/1],
abbandonando definitivamente il marito

• fine anno 1980: il figlio Antonio, avuto dalla Barbarina Steri e che era ritornato in
famiglia su espressa richiesta del padre,[ NdA: figlio su cui aleggia il dubbio della reale paternità,
in quanto si sospetta che sia figlio del Pili Antonio, e in tal senso dubbi li nutre pure lo stesso Antonio ]
abbandona il padre [NdA: “nel corso degli anni, ad eccezione del figlio minore Roberto, “Tutti gli
altri, che al raggiungimento della maggiore età hanno scientemente abbandonato il padre per andare a
convivere con la madre (la MASSA Rosina)” - Supplemento Rapporto Torrisi]
▪ si noti che il Vinci Antonio era particolarmente legato al fratello di SV, Francesco,
con il quale il SV non andava minimamente d'accordo [ NdA: al processo al SM del

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1970, il SV aveva addirittura direttamente accusato il fratello di possedere una pistola ]


e che nel
periodo 1972 / dicembre 1981, il Francesco Vinci, con evidente dispiacere
dell'Antonio che però conviveva in casa col padre SV, non fece altre che un via
vai di dentro e fuori dal carcere:
▪ “Nel 1972 fu condannato per furto e detenuto fino al marzo del 1973”

▪ “Contravvenne all'obbligo di residenza e fu incarcerato dal 12 aprile al


9 settembre 1974”
▪ fosse stato scarcerato solo una settimana più tardi, in
automatico avrebbero dovuto escluderlo fin da subito per il
delitto di Rabatta del 14 settembre 1974

▪ “Nel 1974 fu condannato dal tribunale di Lucca per furto e per porto e
detenzione di arma, una rivoltella a tamburo calibro 22. Contravvenne
nuovamente all'obbligo di residenza e tornò in carcere dal 10 al 27
marzo 1975”

▪ “Fu coinvolto nelle indagini su un duplice omicidio a Castel San Pietro


dove erano stati uccisi un pastore e la figlia, fu recluso dal dicembre
del 1976 al marzo del 1977 e poi rilasciato perchè risultò estraneo alla
vicenda.”

▪ “Fu ristretto, per furto, presso il carcere delle Murate a Firenze dal 14
novembre al 21 dicembre del 1981.”
▪ l'avessero arrestato solo pochi mesi prima, anche in questo
caso avrebbe dovuto già fin da subito essere escluso
relativamente ai delitti del 6 giugno e del 22 ottobre 1981

• ottobre 1980-1981: andatasene la Massa, SV si mette in casa immediatamente la


Pierini Ada, con la quale conviverà per un certo periodo - “Salvatore la sostituì, come
si fa con un abito, con Ada Pierini”. Informazione confermata ancora dalla
testimonianza di Casini Spartaco, che ebbe a frequentare il SV dal 1978 al 1983: “di
aver conosciuto una certa Ada (PIERINI Ada), in quel periodo convivente del
Salvatore,” [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ “di aver conosciuto il VINCI nell'estate del 1979 e di essere andata a convivere
con lui dal mese di ottobre 1980 ai primi di settembre 1983;” [Dichiarazioni di
Pierini Ada - Rapporto Torrisi 311/1]

• fine 1980-1981: la carica sessuale del SV è alle stelle; il suo “bisogno di sesso” è
elevatissimo al punto da far lamentare di questo la Pierini Ada: “la quale [NdA: Pierini
Ada] si è lamentata della grande carica sessuale del medesimo” [Dichiarazioni di Casini
Spartaco – Rapporto Torrisi 311/1]
▪ “che dopo un breve periodo di armonia, in cui egli ha mostrato solo una grande
carica sessuale, le ha fatto capire di desiderare vedere lei congiungersi con altri
uomini, possederla mentre un altro si congiunge con lui per via anale ed infine
prenderlo in bocca, ossia "ciucciarlo"” [Dichiarazioni di Casini Spartaco – Rapporto Torrisi
311/1]

▪ “ di aver capito da Salvatore che soprattutto gli piace guardare” [Dichiarazioni di


Ada Pierini – Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “ di avergli visto usare "un vibratore" che ha introdotto tutto nel suo ano, dopo
averlo lubrificato con sapone” [Dichiarazioni di Ada Pierini – Rapporto Torrisi 311/1]

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▪ “ di avergli visto usare un'altra volta, allo stesso modo del vibratore, un grosso
cetriolo, che gli si è rotto dentro, ed un'altra anche uno zucchino avvolto in un
preservativo” [Dichiarazioni di Casini Spartaco – Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “di aver visto Salvatore comprare e tenere tantissime riviste


pornografiche;” [Dichiarazioni di Ada Pierini – Rapporto Torrisi 311/1]

A fronte di quanto ormai noto come l'individuazione di base dell'odio inconscio verso il
rapporto padre-madre, ossia famiglia ossia coppia, e quanto appreso nel capitolo sulle
psicopatie, come ben illustrato nel documento proposto dal Centro di documentazione su
carcere, devianza e marginalità, non ci stupiamo affatto, anzi: ritroviamo alla perfezione la
fotografia della devianza psicotica antisociale che attraversa la sua prima fase di “cooling off”;
lunga. Mitigandola iconoclasticamente anche attraverso il potere desensibilizzante dell'
immaginazione pornografica.

Del resto, “quando al sesso si unisce la violenza; quando questi due concetti si legano, è
praticamente impossibile separarli di nuovo.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Schematizzato, in questa finestra temporale di sette anni abbiamo:


• abbandono momentaneo della moglie, Rosina Massa

• delitto del 1974


▪ picco emozionale post delitto al massimo

• post delitto del 1974:


▪ la possibilità di poter essere scoperto ed arrestato non poteva non esistere, visto
quanto la zona era frequentata sia da coppiette sia da guardoni. Il piacere post
delitto, venne sicuramente “toccato” da questi logici e normali pensieri.

▪ Ma il tempo passava e nessuno si degnava nemmeno di andarlo ad interrogare:


sensazione di impunità e superiorità e potere che si lega al sesso e al sangue. Il
binomio maledetto diventa trinomio di anti-socialità deviante

• fine 1974 inizio 1975, ritorno (momentaneo) della moglie, Rosina Massa
▪ ancora aumento della sensazione di potere per aver avuto “ragione” anche sulla
volontà della Massa
• 1976 – 1977 -1978 -1979: da segnalare, genericamente e specificamente, le “solite
attività” a base di:
▪ sesso estremo

▪ botte e violenza e soprusi alla Massa

▪ possibili e probabili dissapori e liti telefoniche col figlio Antonio anche a causa
dello stato giudiziario del fratello Francesco, odiato dal SV ma amato
dall'Antonio, in special modo nel periodo 1976-1977

▪ letture pornografiche. Si noti che il fumetto pornografico “JACULA”, [ NdA:


contenente la scena dove il personaggio principale “vestito con mantello che si muove di notte,
con il cavallo, alla ricerca delle sue vittime ed incontrando due giovani donne lesbiche, dopo averle
narcotizzate con un batuffolo di cotone ed una bomboletta spray, le denuda, violentandole,
brandendo in mano un acuminato coltello” - Rapporto Torrisi 311/1 ] che gli verrà
sequestrato durante la perquisizione del 26 giugno 1985, era proprio datato “ 24

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novembre 1976” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ fase centrale di “equilibrio” e piacere del ricordo, mediamente inconsciamente


favorita tramite il surrogato sesso estremo – letture pornografiche – e possibile
rievocazione tramite oggetto-feticcio-asportato e/o oggetto-feticcio-conservato
come ad esempio il coltello o la pistola

• inizi 1980: il figlio Antonio, rientrato in casa su richiesta del SV, proprio come il fratello
Francesco con la Locci, viene preferito dalla cameriera quale amante rispetto al padre
SV [NdA: sorpreso in intimità con la giovane domestica, dopo che quest'ultima si é negata al padre ”
-Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]
▪ rapporti con la Massa e Antonio, sempre più tesi

▪ umore a sbalzi, crisi depressive, abulia e scompenso ansioso depressivo in


personalità chiusa poco incline al colloquio
Quando i feticci terminano la loro azione di soddisfazione, l'assassino entra in
una "fase depressiva", uscito dal quale si metterà alla ricerca di un'altra
vittima” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

▪ Ricordi, feticci, pornografia, sesso estremo, paiono essere in grado solo a fasi
alterne di far mantenere al soggetto una certa qual forma di equilibrio. Le
pulsioni psicotiche non riescono a prendere il sopravvento se non per frazioni di
tempo così brevi che permettono al soggetto stesso di riguadagnare il minimo
equilibrio bastante a non essere “costretto” all'azione. Altalena emozionale
inconscia

• aprile - maggio1980: “ricovero alla clinica per Malattie Mentali dell'Arciospedale


di S. Maria Nuova, dal 29 aprile al 17 maggio 1980” [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ l'altalena emozionale inconscia si fa sempre più forte. La situazione, anche a
livello psichiatrico pare a fasi alterne. IL SV non è in grado di né di “passare la
linea” un'altra volta, né di non desiderarlo fare ancora. Nessuna delle due anime
è in grado di prendere il sopravento definitivo sull'altra.

• Ottobre 1980: nuova frustrazione, la Massa lo abbandona definitivamente e altrettanto


di li a poco fa il figlio Antonio, che beffa delle beffe, gli preferisce “ufficialmente”
l'odiato fratello Francesco e da lui va a vivere.
▪ Inconsciamente ed immaterialmente un'altra coppia-famiglia è stata distrutta.
• Ottobre 1980:arrivo della Pierini.
▪ Carica sessuale al massimo. Breve armonia.

• 1980-1981 “dopo un breve periodo di armonia, in cui egli ha mostrato solo una grande
carica sessuale, le ha fatto capire di desiderare vedere lei congiungersi con altri
uomini, possederla mentre un altro si congiunge con lui per via anale ed infine
prenderlo in bocca, ossia "ciucciarlo"” [Dichiarazioni di Casini Spartaco – Rapporto Torrisi 311/1]
▪ l'arrivo della Pierini non si dimostra figura sufficiente a sostituire le necessità
visuali e sessuali estreme, che inconsciamente sono la valvola di sfogo con
funzione di tampone alle frustrazioni pregresse e accumulate.

▪ L'iniziale armonia si svela per quello che è: “una menzogna priva di empatia”.
Uno sfruttamento vampiresco alla ricerca della miglior chiave per imporre alla
compagna le proprie devianze sessuali.

▪ Come nel più classico dei “serpenti che si morde la coda”, la devianza del

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comportamento sessuale e del ricorso massivo alla pornografia, è alimento


fertile al ricrescere dell'onda psicotica antisociale criminale che, col tempo non
riusciva più ad alimentarsi semplicemente del piacere del ricordo del potere
dell'uccidere per distruggere la coppia-famiglia [NdA: "furor destruendi" – Perizia De
Fazio]
L' anti-socialità si alimenta e cresce: le “pile” del ricordo auto-appagante,
vengono sostituite dalle “pile deviate” delle fantasie sotto stimolo delle perverse
letture. Nuove fantasie prendono forma, o meglio la fantasia pregressa
incompiuta a Rabatta – Sagginale, complice l'insistere e il reiterarsi delle letture
torna a premere e fremere da dentro le meningi.
▪ “Gli stimoli provenienti da questo materiale, non fanno altro che
rafforzare le fantasie di dominio già presenti nella mente del soggetto
e dargli, in un certo senso, una giustificazione di essere nel giusto”
[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

▪ “Un effetto sicuramente collegato a questo tipo di pornografia è quello


di desensibilizzare il soggetto alle manifestazioni del dolore e alla
visione della sofferenza di vittime reali.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

▪ “Ferracuti evidenza l'esistenza di una assuefazione al materiale


pornografico, che egli chiama "effetto di sazietà", che fa si che, col
passare del tempo, il soggetto perda l'interesse per uno stimolo
sempre della stessa intensità e abbia bisogno di materiale che gli dia
stimoli più forti per rafforzare le proprie fantasie” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• 1980-1981: la Pierini capisce che “gli piace guardare”; la casa si riempie anche di
letture pornografiche
▪ “Proprio la dimensione fantastica è un altro elemento fondamentale del
comportamento omicidiario seriale ed ha una fortissima valenza sessuale. Nella
maggior parte degli assassini seriali e in particolare in quelli sadici, le fantasie
sono strettamente collegate al sesso e alla violenza e rappresentano il motore
scatenante dell'omicidio ...SNIP... le fantasie, che, col tempo vengono
perfezionate sempre di più, diventando piene di dettagli ed estremamente
vivide, aiutano il passaggio all'atto omicidiario e, dopo ogni omicidio, si
aggiungono nuovi elementi che incrementano la dimensione fantastica, proprio
perché le fantasie possono nutrirsi, a questo punto, anche dei ricordi
dell'uccisione, diventando così sempre più cruente” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• Il mostro è pronto a colpire un'altra volta: deve solo, come al solito, pianificare,
controllare, studiare il territorio, prepararsi.
▪ organizzazione, controllo e pianificazione accompagnano e seguono il
comportamento del serial killer.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

▪ dal 1978 al 1981: il SV si esercita a sparare alle giostre, e con buoni risultati;
“di averlo notato sparare bene e colpire il bersaglio durante le esercitazioni alle
giostre” [Dichiarazioni di Casini Spartaco – Rapporto Torrisi 311/1]

▪ l'area di Mosciano di Scandicci la conosce bene, fin dal 1960, ma qualche


sopralluogo è pur sempre necessario, negli anni le cose e i posti e le abitudini
della gente possono essere cambiati

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▪ il senso di impunità per le morti precedenti gioca anch'esso la sua parte

▪ l'odio per la famiglia-coppia, non si è mai sopito: anzi!


Il definitivo abbandono della Massa, che per l'esattezza se ne va con un suo
dipendente;
il figlio che ufficialmente gli preferisce il fratello che odia;
il figlio che gli soffia la cameriera sotto il naso nella sua stessa casa; la fantasia
incompiuta nel 1974;

▪ gli stati ansiosi;

▪ il sesso estremo

▪ le letture pornografiche sadomasochiste stile Jacula, farcite di sesso e sangue

▪ il coltello e la pistola al quale è affezionatissimo

▪ la scena primaria che sempre si ripropone idealmente ogni volta che porta la
compagna alle Cascine o comunque ad amoreggiare con qualche sconosciuto, in
macchina

▪ la facilità sperimentata di uccidere e riprendersi in un istante tutto il potere che


vuole, che agogna

▪ il binomio sesso e violenza, ormai divenuto inscindibile


la perversione come:Forma erotica dell'odio, [Citazione: Robert J. Stoller]
Le munizioni

A fonte di quanto esposto analizzando il delitto di Castelletti di Signa e di come si ritenga il


SV essere venuto in possesso dell'arma, una simile domanda è ineludibile.
Quindi: e le munizioni?
Nessuna informazione è reperibile in tal senso.

Quello che si sa è che a Mosciano di Scandicci utilizzerà colpi a palla di piombo nudo [ NdA:”i
piombo nudo in seguito sino al 1983” - Sentenza Rotella], quindi differenti rispetto al caricatore sparato
a Castelletti di Signa e a quello, che probabilmente era il secondo caricatore, quello di scorta
a Signa [NdA: o una manciata di proiettili sciolti con la stessa funzione ], utilizzato a Rabatta [NdA: “per
quanto si sottolinei che la pistola abbia sparato esclusivamente proiettili ramati (più veloci) nel 1968 e nel 1974” -
Sentenza Rotella], che erano colpi a palla ramata.

Ma in sette anni, riuscire a recuperare una manciata di proiettili, per un arma che nessuno sa
essere quella che ha sparato e ucciso nel 1968 e nel 1974, e che nessuno sa che colpirà
ancora e ancora e ancora... in sette anni, comprare / rubare una scatola o due di colpi, non è
assolutamente da considerarsi cosa così improbabile da rappresentare una difficoltà logistica
insormontabile.
Magari bastava chiedere a qualcuno alle Cascine, o derubarlo mentre era intento ad
accoppiarsi con la moglie o la compagna di turno [ NdA: dubito che un furto subito in simili circostanze,
sarebbe stato denunciato, soprattutto nella sua reale modalità di sottrazione, rendendo così irrintracciabile l'autore
del furto]

Comunque, “l'omicidio reale non è mai appagante come sa esserlo quello immaginato nella
mente del serial killer, per questo motivo il soggetto ripete più volte l'atto omicidiario alla
ricerca della perfezione che raggiunge soltanto nella sua immaginazione.” [Fonte: Centro di

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documentazione su carcere, devianza e marginalità]

Il 6 giugno 1981 è alle porte.

Prima di passare ad analizzare il delitto del 1981 di Mosciano di Scandicci, permettetemi un


capitolo a puro scopo esemplificativo, restando ancora in tema “reperimento munizioni”. Non
è intenzione dell'Autore assegnare un valore differente dal puro titolo di esempio a quanto
riportato. Sarà comunque interessante vedere come passaggi che possono sembrare strani,
possono invece risultare molto più semplici del previsto

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Il Vargiu e il reperimento delle munizioni ? [nel dettaglio]

Come su accennato, non si intende dare a questo capitolo e alle informazioni in esso
contenute, valore di univocità. I dati indicati, pur nella loro intrinseca veridicità, vengo presi a
presti ed esposti solo allo scopo di presentare un concreto esempio, relazionato proprio con
nomi di soggetti trattati in questo documento di studio.

Italia, anni settanta. Al di là di tutto, un Paese nel quale le appartenenze politiche, sull'onda
dei fermenti “rivoluzionari” presenti un po' in tutto in mondo in quegli anni, attecchiscono e
prosperano. Tensioni e rivendicazioni sociali e istanze “rivoluzionare” a cavallo tra la fine degli
anni sessanta e i primi anni ottanta, portano ad estremismo e violenza. Scontri politici
violenti e cruenti tra opposte fazione, e alcuni personaggi che decidono di abbracciare la
scelta della lotta armata: aderendo al “progetto rivoluzionario”, sanguinario, delle Brigate
Rosse ad esempio

Fin qui, è pura storia da libri di scuola.

Ma a noi interessa del MdF, e di un MdF identificato in SV.


• Sappiamo di come il SV avesse una stretta relazione fiduciaria e di rapporti sessuali col
Silvano Vargiu [NdA: il Vargiu sarà anche la persona alla quale il SV si rivolge per avere un alibi per la
notte del delitto di Signa del 1968. Alibi come scoperto: falso ]

Sappiamo inoltre, grazie alla segnalazione di un appassionato e ricercatore che:


• un certo Massimo Lorimer Vargiu era “un nipotastro dei fratelli Vargiu” [Fonte:
Affermazione dell'utente “Ale” - Sezione Privata - “il mostro di Firenze forum” ]

• che tale Massimo Lorimer Vargiu, “negli anni '70 e '80, quando si trovava a Firenze,
viveva in via dell'Arrigo a Scandicci” [Fonte: Affermazione dell'utente “Ale” - Sezione Privata -
“il mostro di Firenze forum” ]

• che tale Massimo Lorimer Vargiu, nel 1987 venne arrestato per “un tentativo di rapina,
avvenuto a Ginestra, nel comune di Lastra a Signa” [Fonte: StampaSera 12-08-1987 -
Sezione Privata - “il mostro di Firenze forum” ]

• Sappiamo inoltre che tale Massimo Lorimer Vargiu, era un personaggio che gravitava,
o così le Forze dell'Ordine avevano motivo di ritenere, nell'area della lotta armata [ NdA:
“presunto terrorista”]
▪ il Massimo Lorimer Vargiu infatti, fin da subito dopo l'omicidio del notaio Spighi
[NdA: ucciso da un nucleo di “Lotta Armata Per il Comunismo-Dante Di Nanni”],
di Prato, avvenuto nel 1978, era attivamente ricercato, assieme ad altri nomi,
primo fra tutti quello del Elfinio Mortati esponente dell'Autonomia pratese, forse
in contatto con le Brigate Rosse.

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▪ ”Solo Rosalba Piccirilli e Massimo Vargiu, due degli imputati arrestati


recentemente, erano ricercati fin dal giorno dell'omicidio del notaio...”
[Fonte: Quotidiano Lotta Continua 10 Aprile 1980]

• Sappiamo che quando il Massimo Lorimer Vargiu venne arrestato [ NdA: inizi del 1980],
“al momento del loro arresto [NdA: Piccirilli e Massimo Lorimer Vargiu ] nei loro alloggi sono
stati ritrovati armi e documenti di gruppi terroristi" [Fonte: Quotidiano Lotta Continua
10 Aprile 1980]

• sappiamo inoltre, che il Lorimer [NdA: e altri] venne assolto dalle accuse di “banda
armata”, ossia vennero assolti dalle accuse contestategli durante il processo appunto
per l'omicidio del notaio di Prato.
▪ “E' invece caduta l'accusa di partecipazione a banda armata e associazione
sovversiva per gli altri imputati e lo stesso Mortati ...SNIP... Sono stati infatti
assolti per il fatto non sussiste … SNIP... Massimo Lorimer Vargiu” [Fonte:
quotidiano L'Unità – 6 giugno 1980]

Dunque,a fronte di queste informazioni, cosa possiamo vedere di ipoteticamente inerente con
quanto in oggetto del capitolo?

Abbiamo precedentemente detto come a Signa, quando il SV entrò in possesso dell'arma a


fine azione omicidiaria, oltre all'arma in sé non potesse essere entrato in possesso di due
differenti scatole di munizioni. Non avrebbe avuto alcun senso portare sulla scena del delitto
un centinaio di colpi.
Mentre era logico che ad inizio azione l'arma fosse carica [ NdA: di colpi a palla ramata],e al limite
è correttamente ipotizzabile che chi portò l'arma assieme alla stessa portò o un caricatore di
riserva o una manciata di colpi sciolti in tasca.
Sia quelli presenti nel caricatore inserito nell'arma, sia quelli conservati in tasca, erano
entrambi colpi a palla ramata.

Manciata o caricatore di riserva, a palla ramata, che il mostro consuma tutti col delitto del
1974.
Da lì in avanti, a parte una sporadica apparizione di un paio di proiettili mescolati a quelli a
piombo nudo, tale tipo di munizionamento non sarà più nella dotazione e possesso del
mostro.

Questo porta logicamente a pensare, visto anche il lungo silenzio tra il 1974 e il 1981, che in
detto periodo di 7 anni, il mostro debba essere ricorso ad un qualche modo di
approvvigionamento.

Adesso, sappiamo che nel 1978, il Lorimer Vargiu, “nipotastro” del Silvano Vargiu col quale il
SV aveva rapporti omosessuali e fiduciari, gravitava attorno ad ambienti quanto meno vicini a
quelli della lotta armata, e che post delitto del notaio Spighi, dovette darsi alla latitanza.

Sappiamo che nel 1980 il Massimo Lorimer Vargiu venne arrestato e processato, in relazione
al delitto del 1978[NdA: poi assolto per l'accusa di banda armata, ma visto che al momento dell'arresto gli
erano state trovate in casa delle armi, di sicuro sarà stato condannato per queste in procedimento specifico a se
stante].

Sappiamo inoltre, che ancora nel 1987, il Lorimer aveva frequentazioni e modalità di
comportamento tali da causarne un nuovo arresto per un tentativo di rapina.

Possiamo dunque ipotizzare, ad inizio capitolo ben si è evidenziato come tutto questo sia
riferito a puro scopo esemplificativo, come prima dell'inizio della latitanza del Lorimer, dunque

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in un periodo che termina nel 1978, il SV alla ricerca di munizioni per la calibro22 LR, potesse
aver chiesto al suo sodale di fiducia Silvano Vargiu, se avesse la possibilità di procurargli un
po' di munizioni, non possedendo il SV porto d'armi e non avendo quindi lecito diritto
all'acquisto di queste.
Il Silvano Vargiu però, anche lui non possedeva munizioni, ma conoscendo ovviamente il
proprio il “nipotastro”, che abitava a Scandicci, e sapendo che questi era una “testa calda”,
gravitante attorno a giri di estremismo politico, il Silvano si sia fatto carico di chiedere allo
stesso se fosse in grado di procurargli un po' di colpi.
Ricordiamolo, si trattava di colpi per una “semplice” calibro 22, non colpi parabellum o
similari. La richiesta non doveva suonare così impossibile da soddisfare; tra l'altro appunto in
quegli anni proprio a causa delle quotidiane violenze politiche, degli opposti estremismi e
della degenerazione armata di istanze politiche, soprattutto negli ambienti politicizzati, la
presenza di armi non era cosa così rara, purtroppo.

E' altresì possibile vedere come, stesso richiesta stesso passaggio, potessero essere avvenuti
in concomitanza con la latitanza stessa del Lorimer.
Lorimer che certamente non era un personaggio di spicco di nessuna formazione combattente
e che dunque non godeva di particolari appoggi e nascondigli atti a garantirgli una lunga
latitanza. Non risulterebbe fuori da mondo immaginare il Lorimer che si rivolge al Silvano,
suo parente, per aver un momentaneo primo nascondiglio, e che in cambio del favore si
sdebita assecondando la richiesta del Silvano dettata dalla richiesta del SV.

In conclusione, con questa disamina, si è solo voluto portare sul tavolo alcuni dati a
dimostrazione di come non fosse particolarmente complicato per il SV – MdF, entrare in
possesso di una o più scatole di colpi dopo il 1974.

Si ringrazia l'utente e ricercatore Ale, per la mirata segnalazione.

Adesso è tempo di affrontare il 1981

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Mosciano di Scandicci, 1981: mezzo mostro + mezzo mostro, fanno un


mostro intero

Anche per il duplice delitto di Mosciano, vista la data di riferimento rispetto quando gli
investigatori appuntarono le loro attenzioni sul soggetto di questo studio, le informazioni di
dettaglio risultano limitate.

Abbiamo già visto come nel Rapporto Torrisi 311/1 e Supplemento 311/1-1, non ci sia
menzione di dati salienti relativi ad alibi o quant'altro di particolare interesse; quindi anche
per questo delitto, delitto altrettanto importante almeno quanto quello del 1974, dovremo
“accontentarci” fondamentalmente di spulciare un po' quanto presentatoci dal De Fazio nella
sua perizia relativa ai delitti 1968-1984, e cercare di abbinarlo e vedere come si incastra con
quanto ad esempio scritto principalmente nello studio su “La figura del 'Serial Killer' tra diritto
e criminologia”.

Tra il delitto del 1974 e il primo del 1981 la principale differenza se così la posiamo chiamare,
è che a Scandicci, lo psicopatico assassino oltre ad uccidere, ancora una volta una coppia,
questa volta, per la prima volta, porterà a compimento anche lo sfregio escissorio sul corpo
della vittima femminile. Escissione per così dire “tentata” già a Borgo San Lorenzo anche se
non posta compiutamente in essere. Le ripetute ferite a punta di coltello nelle carni della
Pettini, e soprattutto quelle a delineare una linea ed una maniacale attenzione al pube della
donna, infatti, già erano presenti. E 90 colpi di punta di coltello: non sono pochi.

“Caratteristiche del luogo:Mosciano di Scandicci, in strada isolata, sterrata, in piano,


raggiungibile senza difficoltà logistiche. L'autovettura,Fiat Ritmo, ha gli sportelli chiusi e quelli
posteriori hanno la sicura inserita. Il cristallo della portiera.” [Perizia de Fazio]
• una fotocopia “perfetta” della scena primaria

All'interno dell'auto, al di là di veri oggetti che spaziano da fazzolettini di carta, monete etc.,
“sedile anteriore destro con la spalliera reclinata ...SNIP... Numerosi frammenti di vetro
ricoprono i tappetini anteriore e posteriore lato sinistro, nonché il sedile anteriore sinistro.
Bossoli e proiettili sul sedile posteriore a cm.30 dal bordo di destra ed a cm-15 da quello
posteriore” [Perizia de Fazio].
• La distanza ravvicinata degli spari, ci indica come tali colpi non vennero sparati “per
sbaglio”, per “raptus” per così dire; ma proprio con l'intenzione mirata di uccidere
entrambi i membri della coppia. La coppia da distruggere, costi quel che costi.
Concetto che immediatamente richiama alla testa: premeditazione e pianificazione.

“Antistante lo sportello anteriore sinistro: borsetta da donna di paglia con bordi di metallo e
vicino ad essa una carta d'identità, un mazzo di chiavi, 2 biglietti dell'ATAF, oggetti per il
trucco”. [Perizia de Fazio].

Il mostro dunque, in coerenza con quanto dicono psichiatri e criminologi, anche questa volta
ha probabilmente frugato tra gli oggetti delle vittime:
“La maggior parte degli assassini seriali mostra manifestazioni di feticismo particolarmente
spiccate. Il comportamento feticistico si presenta specialmente nella "fase totemica", cioè nel
momento in cui l'omicidio è già stato effettuato e l'assassino sente il bisogno di rivivere
l'eccitazione dell'azione omicidiaria. Quando i feticci terminano la loro azione di soddisfazione,
l'assassino entra in una "fase depressiva", uscito dal quale si metterà alla ricerca di un'altra
vittima” [Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità ]

Avevamo già visto lo stesso comportamento a Borgo San Lorenzo nel 1974:
“Non è stata prestata apparentemente alcuna attenzione ad oggetti di valore o al denaro, e

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ciò sarà evidente anche nei casi successivi. Come si è detto, sugli indumenti non sono state
notate tracce di sperma. Dopo averli 'passati in rassegna', l'omicida ha portato con sé un
maglione bianco appartenente alla ragazza e la borsetta di quest'ultima, che ha poi
abbandonato lanciandoli in un campo a 300 metri di distanza dai luogo del delitto”. [Perizia De
Fazio]

Comportamento, appunto, tipicamente maniacale. Principalmente inquadrabile sotto un'ottica


feticistica, onirica e fantastica volta ad alimentare ricordo e fantasia: “L'esperienza del
ricordo, quindi, è di fondamentale importanza per ogni assassino seriale, in quanto serve ad
alimentare le sue fantasie: a questo servono i feticci ed i "trofei" che molti soggetti
conservano dopo ogni omicidio” [Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità ]

E il feticismo, che va di pari passo con l'immaginazione e il fantasticare, segue il parallelo


binario del “guardare”, del “voyeurismo: “il voyeurismo. è una delle perversioni predilette
dagli assassini seriali” [Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità ]; perversioni che
“difficilmente si riscontrano allo stato puro, mentre è molto più comune che in uno stesso
assassino seriale ci sia una combinazione variabile di perversioni.” [Centro di documentazione su
carcere, devianza e marginalità].
E “guardare” è anche “fare uso frequente di materiale pornografico ...SNIP... Gli stimoli
provenienti da questo materiale, non fanno altro che rafforzare le fantasie di dominio già
presenti nella mente del soggetto e dargli, in un certo senso, una giustificazione di essere nel
giusto” [Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità].

A differenza del precedente delitto, notiamo però una “migliore” qualità di tiro: o per meglio
dire, in questo caso diciamo che gli ipotetici dubbi che le ferite da arma da fuoco sul corpo
della vittima femminile potevano lasciare adito a qualche variante sulla reale intenzione di
colpire anche lei a pistolettate, in questo caso il dubbio non sussiste proprio:
• un colpo d'arma da fuoco ha interessato, di striscio, la regione mentoniera

• Un altro colpo ha interessato la regione laterale sinistra del collo,

• Un altro colpo di arma da: fuoco all'avambraccio sx.

• Anche l'avambraccio dx. è interessato da un colpo di arma da fuoco

• in regione sotto-scapolare sx., foro d'entrata (mm.4x4) di un proiettile che, dopo aver
attraversato il lobo superiore del polmone sx., il cuore, il lobo medio del polmone dx.,

• Anche in questo caso è segnalata la presenza di affumicatura ...SNIP... per cui si può
ritenere che anche l'esplosione di questo colpo sia avvenuta a contatto o a distanza
molto ravvicinata.

In maniera che può suonare pretestuosa, potremmo richiamare qui le parole dichiarate dal
Casini Spartaco, riferite al periodo dal 1978 al 1981, a proposito delle “esercitazioni alle
giostre”.
Eppure, non vi è motivo per non riportare tale dato alla stessa maniera esattamente come
l'avremmo fatto nel caso lo Spartaco avesse dichiarato la totale incapacità di sparo alle
giostre. ai tiri a segno delle giostre invece [ NdA: relativo periodo di frequentazione dei due, sulla
finestra temporale tra i due delitti 1974-1981].
Con la stessa attinente “pretestuosità”, ci sentiamo in dovere anche di ricordare i
comportamenti sessuali ispirati e dettati al voyeurismo nei confronti della moglie costretta e
portata ad offrirsi a sconosciuti per appagare il suo piacere di “vedere”; della cospicua
collezione di letture pornografiche già abbiamo detto.

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Come al solito, ci tengo a ribadirlo, non si ha alcuna univocità probante in questi “dettagli”, se
non il fatto che sono appunto dettagli che “facilmente e linearmente si incastrano”, e/o che
“incastrandoli non stonano, non sono fuori posto”.

L'area e la zona di Scandicci non è area ignota al SV avendoci abitato anni prima [ NdA: Il SV nel
1960 si lascia alle spalle Villacidro e arriva in Toscana, “ ...e precisamente a Lastra a Signa, in via Tracoleria n. 19,
presso l'abitazione del fratello Giovanni, ivi emigrato dal 1952. Dopo alcuni giorni egli fa conoscenza dei coniugi
MELE Stefano e LOCCI Barbara, abitanti a Scandicci, frazione Capannuccia ...SNIP... il primo amante della LOCCI
Barbara. Il VINCI Salvatore, accogliendo l'invito dei coniugi MELE, si trasferisce nella loro abitazione anzidetta” -
Rapporto Torrisi 311/1], e comunque distava pochi chilometri dalla residenza fiorentina.

E pure elementi in grado di spostare nuovamente i pesi della bilancia emozionale inconscia,
abbiamo visto essercene: violenza e pesanti screzi con abbandoni famigliari, stato d'umore
alterni, con tanto pure di ricovero presso la clinica per Malattie Mentali dell'Arciospedale di S.
Maria Nuova, sesso nelle sue forme più ambigue, molte letture pornografiche, scompenso
ansioso depressivo.

Il bagaglio “culturale” e di esperienza c'è. E' stato maturato.


Le armi pure: sul campo il binomio calibro22LR e arma bianca a filo mono-tagliente, hanno
dimostrato la loro piena efficacia e affidabilità.
Come muoversi, come reagire, come ripulirsi, come “andarsene indisturbati” lo si è imparato
in prima persona.
Ma gli anni passano e l'auto-appagamento del ricordo si affievolisce.

Le vene tornano a pulsare forte nella testa. Così forte da richiedere addirittura un ricovero in
una clinica specializzata. Clinica dove però, ovviamente, non si può raccontare nulla di “quel”
passato; le cure dunque non possono che essere dei inutili palliativi.

C'è solo, anche questa volta, da mettere giù un piano che possa garantire la massima
sicurezza. Perché è vero che son passati 7 anni e nessuno sta più pensando a quel delitto, ma
è anche vero che non si ha nessuna voglia poi di passare il resto dei propri giorni in galera.
Scegliere una zona differente dalla precedente; scegliere una zona dove le odiate coppie si
imboscano a celebrare la loro felicità non è difficile: i posti abbondano.
Ma non possono andare tutti bene: il 1981 non dovrà essere la fotocopia del precedente.

Questa volta l'escissione va portata a termine.


Bisogna dunque scegliere un'area meglio conosciuta. Scandicci andrà benissimo: e porta pure
con sé qualche ricordo di anni fa, quando lì vicino andava a far sesso con il SM e la Locci.

A differenza del 1974, stavolta la “fantasia indotta” del praticare escissioni di organi sessuali,
ha avuto ben sette anni per cristallizzarsi nel cervello.
Non è più un grumo estraneo che gira e rigira tra i pensieri di una testa con personalità
chiusa poco incline al colloquio.
In più da non sottovalutare, vi è anche da tenere presente che a livello inconscio, in un simile
magma emozionale psicotico, la idealizzata mancata escissione del 1974 possa aver fatto
sentire il suo richiamo come una specie di pungolo all'autostima delle proprie capacità non
ancora pienamente espresse, anche essa col tempo essendosi cristallizzandosi nei pensieri,
diventando un tutt'uno e non più un corollario rispetto al primario “bisogno” patologico
dell'odio verso la coppia.
“le fantasie, che, col tempo vengono perfezionate sempre di più, diventando piene di dettagli
ed estremamente vivide, aiutano il passaggio all'atto omicidiario” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

L'armamentario è pronto. I giri di perlustrazione fatti. Si sa dove andare.


Quando?

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Come al solito quando la luna sarà coperta e il cielo buio. Nero. Nero come la morte, nero
come il colore del sangue nell'oscurità. Notte di “novilunio” [Perizia De Fazio]

Sempre dalla Perizia De Fazio, leggiamo:


L'autovettura, Fiat Ritmo, ha gli sportelli chiusi e quelli posteriori hanno la sicura inserita.

sedile anteriore destro con la spalliera reclinata

Il cristallo della portiera anteriore sx. è frammentato ed i frammenti si rinvengono sul terreno
a sinistra dell'autovettura ...SNIP... Numerosi frammenti di vetro ricoprono i tappetini
anteriore e posteriore lato sinistro, nonché il sedile anteriore sinistro.

Totale bossoli:3 bossoli all'interno dell'auto e 4 all'esterno + 2 proiettili nell'auto

• Bossoli e proiettili sul sedile posteriore a cm.30 dal bordo di destra ed a cm-15 da
quello posteriore:

• 1 bossolo cal.22 tipo Winchester con fondello percosso;

• sul tappetino posteriore destro altro bossolo identico al precedente.

• Rimosso il suddetto tappetino si rinviene un altro bossolo identico al precedente ed 1


proiettile deformato cal.22.

• Da un foro esistente sul bordo superiore della spalliera anteriore destra si estrae un
altro proiettile cal.22.

• Sul terreno a sinistra dell'auto, a cm.90 dal centro della ruota posteriore 1 bossolo
cal.22 tipo Winchester con fondello percosso;

• a cm.75 altro bossolo

• a cm.85 altri 2 bossoli identici al primo.

REPERTI NECROSCOPICI SU FOGGI GIOVANNI [Perizia de Fazio]


Il cadavere fu rinvenuto all'interno dell'auto sdraiato sul sedile anteriore sinistro con la testa
in direzione del montante, che poggia (con la regione temporale destra sul bordo superiore
sinistro della spalliera, occhi e bocca aperta.

Ferite da strumento da punta e taglio:


• alla regione antero-laterale sx. del collo due ferite da punta e taglio, disposte l'una
accanto all'altra, poco infiltrate quella laterale, di cm.2x1, con angolo acuto superiore,
ha inciso il sottostante muscolo sternocleidomastoideo, terminando a ridosso della VII
vertebra cervicale.

• Quella mediale, di cm.3x1,5 con tramite di cm.6,5 estremo superiore ad angolo acuto
ed estremo inferiore lineare, ha reciso il muscolo sternocleidomastoideo e la parete
esofagea a livello della I costa.

• Una terza ferita da punta e taglio, estesa cm.2,2x1,5, è localizzata all' emitorace sx. al
di sopra del capezzolo ed attraversa il lobo inferiore dei polmone, il diaframma ,
terminando nel parenchima splenico ( da rilevare che detta ferita non è infiltrata).

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Ferite d'arma da fuoco:


• In regione pettorale sx. foro di ingresso (mm.5x4) con orletto ecchimotico escoriativo,
tramite che attraversa il lobo superiore del polmone sx., l'aorta ascendente e proiettile
ritenuto nel corpo dell'ottava vertebra dorsale. la presenza di affumicatura sulla
camicia, rilevata all'esame degli indumenti, depone per un colpo sparato a contatto o
comunque a distanza ravvicinata.

• In regione nucale sinistra foro d'ingresso di colpo d'arma da fuoco, mm.6x6, con
orletto ecchimotico-escoriativo, con proiettile ritenuto nei tessuti molli nucali.

• Sopra al precedente, foro d'ingresso d'arma da fuoco di mm.10x10, con margini


escoriativi ed introflessi con proiettile ritenuto ad una profondità di cm.3 a livello
encefalico nella scissura calcarina.

REPERTI NECROSCOPICI SU DE NUCCIO CARMELA [Perizia de Fazio]


Il cadavere della donna giace sul terreno in posizione supina,

Ferite da arma da fuoco:


un colpo d'arma da fuoco ha interessato, di striscio, la regione mentoniera producendo
un'area ecchimotica escoriata di forma ovalare di mm.20,6.

Un altro colpo ha interessato la regione laterale sinistra del collo, ove si rileva un foro
d'ingresso di mm.3x4 con orietto ecchimotico escoriativo, con tramite trapassante che
attraversa la tebra e foro d'uscita alla regione laterale dx. del collo (mm. 3x5).

Un altro colpo di arma da: fuoco all' avambraccio sx., trapassante, con direzione
lateromediale.

Anche l'avambraccio dx. è interessato da un colpo di arma da fuoco che, entrato a livello
della regione laterale, ha attraversato i tessuti molli ed è uscito alla base della mano dx.,lato
palmare

Al dorso, in regione sotto-scapolare sx., foro d'entrata (mm.4x4) di un proiettile che, dopo
avere attraversato il lobo superiore del polmone sx., il cuore, il lobo medio del polmone dx.,
è ritenuto nel sottocutaneo della regione mammaria dx. Anche in questo caso è segnalata la
presenza di affumicatura ( se pur meno evidente rispetto al colpo esploso contro il Foggi, e
per cui si può ritenere che anche l'esplosione di questo colpo sia avvenuta a contatto o a
distanza molto ravvicinata.

Ferite da punta e taglio.


Si rileva l'escissione in regione pubica di una ampia area ovalare con asse longitudinale di
cm.16 ed asse trasversale di cm.10. I margini della suddetta area appaiono molto netti, non
infiltrati, con una sola incisura a lembo alle ore 9-10 e con lieve irregolarità solo nel tratto
compreso tra le ore 6 e 7.
• Risultano in sostanza asportati la cute ed i peli della regione pubica fino alle grandi
labbra, che in larga misura sono state risparmiate. La lesione ha una profondità di
circa 5 cm. con fondo modicamente irregolare.

• Sono stati escissi, infatti, con mezzo molto tagliente, con colpi precisi e con tecnica
sicura, il pube e parte della vagina; parti corporee che vengono poi portate via
dall'omicida, come avverrà in successivi casi.

• ...SNIP...interesse dell'autore per la cute e per i peli del pube rispetto alla vagina, di

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cui è parzialmente asportato solo parte del grande labbro di sinistra.

In definitiva questa volta abbiamo che il numero principale dei colpi di calibro22 LR, è stato
destinato alla donna, anziché all'uomo.

Se qualcuno aveva per il precedente delitto ipotizzato che la differenza numerica di colpi
sparati al bersaglio maschile e quello femminile, dovesse dar adito a pensar che volesse
risparmiare la vita alla donna per, probabilmente, violentarla in seguito; in questo caso allora
dovrebbe fare il ragionamento inverso e ipotizzare che il minor numero di colpi all'uomo,
benché più precisi ed in aree vitali, dovrebbe sottintendere il preservare la vita all''uomo al
fine di violentarlo a fine azione di sparo.
Come non si valutava corretta la precedente ipotesi, altrettanto non si valuta corretta questa,
che sia mai stata formulata o meno.

Come dice un detto popolare: “sbagliando si impara”. E il mostro, effettivamente ha imparato


dalla sua pregressa esperienza. Questa volta, memore dell'errore e del rischio corso per
imperizia che ha portato la Pettini a ribellarsi, privilegia [Perizia de Fazio]:
la testa come bersaglio principale

vengono esplosi due colpi a distanza molto ravvicinata, se non a contatto,


• uno sull'uomo in sede pettorale sx. con conseguente interessamento del cuore, del
polmone sx. gp dell'aorta;

• l'altro sulla donna in sede sotto-scapolare sx. con interessamento di parti vitali, quali
cuore e polmoni.

Il Foggi è stato infatti raggiunto da due proiettili in zona occipitale sx, uno dei quali penetrato
in cavità cranica e l'altro ritenuto nei tessuti molli del collo [Perizia de Fazio]

La De Nuccio è stata colpita da cinque colpi d'arma da fuoco, dei quali solo due mortali
perché diretti al collo, con interessamento della seconda vertebra cervicale, ed agli organi
toracici (cuore e polmoni) raggiunti da un proiettile sparato a contatto [Perizia de Fazio]

Anche in questo caso, comunque, come per il precedente:


la donna, colpita dopo l'uomo [Perizia de Fazio]

Il “mezzo mostro” del 1974, la notte di novilunio del 6 giugno 1981, si gradua “mostro
intero”.

Le pulsioni psicopatologiche di odio per la coppia, sbocciato nel 1974 dopo tanti anni di
gestazione, è tornato ad abbeverarsi di potere, morte e sangue: il sangue di Carmela De
Nuccio e di Giovanni Foggi.

La fantasia malata, l'immagine perversa, rinvigorita da assidue malsane letture, ormai


definitivamente cristallizzatesi in un legame perverso ed unico con la preesistente devianza
antisociale: non sono più un “sogno represso”.
Il mostro, questa volta, è riuscito a dar vita, togliendone due, anche ad essa.

Le ansie e le frustrazioni, sono state calmate. La distruzione è apice di piacere ed perversa


autostima.
“Per tutti i serial killer, l'omicidio seriale è un modo per esercitare la loro rivalsa sulla società
e per liberare l'aggressività accumulata a causa delle frustrazioni subite” [Fonte: Gianluca
Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

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“Nella maggior parte degli omicidi seriali, la motivazione principale dell'assassino è quella di
ottenere il controllo del potere, anche in quegli omicidi che, superficialmente, presentano
altre motivazioni.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Abbiamo così un SV:


passato indenne attraverso le indagini sul 1960;
passato indenne attraverso le indagini sul 1968;
nemmeno sospettato per quelle sul 1974;
nemmeno sospettato per quelle sul giugno 1981;

Inoltre, “audax fortuna iuvat”, è baciato dalla fortuna: nessuno lo vede, e se viene visto,
l'indiano preferisce tacere.

Ha nutrito “per bene” la psicopatologia primaria di odio per la coppia


Ha anche sfamato quella malsana fantasia indotta, che ormai indotta non si può più
chiamare. Se ne è appropriato definitivamente. E' cosa sua adesso. Assieme alla fidata
calibro22LR, è e sarà la sua firma. Il suo timbro di unicità; il modo, folle e criminale, per
mostrare al mondo la sua rivalsa e il suo potere.

In teoria questo è il suo momento di massimo potere.


I giorni in cui si sente in grado di fare di tutto.

Anche, follia nella follia, di poter bissare rapidamente l'azione omicida criminale.
Dal delitto del 1974 ha appreso qualcosa, dimostrando capacità di apprendimento. Adesso sa
come evitare il più possibile la reazione delle vittime; come colpire rapidamente ed
“efficacemente” per ottenere ciò che vuole: potere interpersonale tramite morte e feticci.

La superbia dell'egocentrismo e il demone ormai abituato pascersi delle carni e del sangue
delle sue vittime, sembrano innescare l'escaltion assassina della follia vera e propria.
Infatti, “l'omicidio reale non è mai appagante come sa esserlo quello immaginato nella mente
del serial killer, per questo motivo il soggetto ripete più volte l'atto omicidiario alla ricerca
della perfezione che raggiunge soltanto nella sua immaginazione. [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/].

Ma in questo caso, lo vedremo più avanti, è bene tenere in considerazione che anche “altre”
ragioni spingeranno il mostro a colpire a così breve distanza di tempo. Ragioni dove quel
termine “altre” in realtà è ancora solo proprio il desiderio di potere interpersonale, la propria
malata autostima, e dunque più che di “altre ragioni”, diventa, a detta dello scrivente, più
corretto parlare di “altre contingenze”.

- Dal 14 settembre 1974 al 6 giugno 1981, passano 2457 giorni


Ma:
- Dal 6 giugno 1981 al 22 ottobre 1981, passano appena 138 giorni
– E dal 22 ottobre 1981 al 19 giugno 1982, i giorni saranno solo 240

Ossia in appena 378 giorni, in appena 1 anno e 13 giorni, sterminerà e sfregerà ben sei vite
umane.
Una corsa contro la vita.

Prima di passare al prossimo duplice omicidio però, dobbiamo fare una digressione, ed
andarci ad occupare di un personaggio che occupò le scene investigative in coincidenza con
tale delitto: Enzo Spalletti; “l'indiano” di Montelupo Fiorentino. Non possiamo sottrarci a
questo compito proprio se vogliamo riuscire ad identificare anche quelle “altre contingenze” di
cui sopra accennavo.

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Il guardone che non guarda e il perché del delitto del 22 ottobre

“La sera del 6 giugno, in cui avvenne il duplice omicidio di Carmela De Nuccio e Giovanni
Foggi, l'auto di Enzo Spalletti, una Ford Taunus rossa targata FI 669906, fu vista nelle
immediate vicinanze del luogo del delitto.”

Mostro fortunato nel 1981, così come lo era già stato nel 1974 quando, con buona dose di
fortuna, aveva colpito in una zona assiduamente frequenta da guardoni, senza essere
ufficialmente visto, denunciato e quindi arrestato.

In quella occasione per la precisione, fu notata un “ auto, una Fiat 127, sul luogo del delitto a
spiare giovani coppie in atteggiamenti intimi.”. L'uomo venne identificato, e quindi
individuato: “18 Settembre pomeriggio: Il fermato arriva a Firenze dove inizia l'interrogatorio
da parte del sostituto Persiani.” [Fonte: Cronaca-Nera.it] e “20 Settembre:l'inconsistenza degli
indizi, gli avvocati di G.G., Casabianca e Bianco, fanno istanza per la scarcerazione che
arriverà in breve.” [Fonte: Cronaca-Nera.it].
Tale G.G., Guido Giovannini, era “originario di Cosenza” e non sardo, fu in seguito
riconosciuto estraneo alla vicenda e quindi prosciolto”.

A quella segnalazione precisa, che infatti portò al fermo di una persona, poi completamente
scagionata, le cronache affiancarono anche un mix di altre segnalazioni [ NdA: abbiamo già
trattato l'argomento nel dettaglio], tra cui una, un po' ambigua e cangiante a seconda di chi la
riportava, di un giovane sardo che, dicono, potrebbe sapere molte cose sul delitto.” [La Nazione
18 settembre 1974], di “Si dice, infatti, che la polizia avrebbe ricevuto una telefonata anonima
che accusava della strage un sardo respinto da Stefania. L'anonimo accusatore avrebbe fatto
anche il nome dell'assassino [Fonte: Il Messaggero – 17 settembre 1974], e anche “Anche la Polizia
– Squadra Mobile e la Crminalpol – sta indagando. Gli agenti starebbero cercando una 127 e
il conducente, un giovane sardo che, dicono, potrebbe sapere molte cose sul delitto.” [La
Nazione 18 settembre 1974].

”già il giorno prima qualche anonimo doveva essersi dato da fare segnalando un altra
tipologia di persone, i guardoni, perché i giornali parlano precocemente della ricerca di un
possibile testimone: il conducente di una 127, un “giovane sardo” che potrebbe sapere molte
cose sul delitto, e che con ogni probabilità e' la stessa persona, anche se non di origine
sarda, che verrà arrestata a breve. Secondo l'anonimo in realtà il giovane avrebbe minacciato
tempo prima una coppia appartatasi su una Ford Taunus.” [Fonte: Cronaca-Nera.it]

Sia quello che sia, l'uomo fermato, il G.G., non era né di origini sarde, né era il mostro, né
seppe fornire indicazioni utili.

L'ambiente dei guardoni, setacciato dalle Forze dell'Ordine, altrettanto non diede utili appigli
agli inquirenti: “la zona di Sagginale - Rabatta era nota per la presenze di coppie appartate e
relativi voyeur.” e per esteso: “Con queste premesse, per la prima volta, il mondo dei
guardoni del luogo entrò nel mirino degli investigatori” [Fonte: Cronaca-Nera.it].
Mondo dei guardoni che verrà setacciato anche inseguito, in special modo proprio dopo
l'omicidio del 1981. “Prima volta”, che non sarà quindi l'unica come vedremo.

A Rabatta – Sagginale, nel 1974, il mostro di Firenze si può dire che fosse stato baciato in
fronte dalla fortuna: altre coppiette in zona, segnalazioni precedenti, l'inaspettata reazione
della Pettini, la presenza in zona dei voyeur, e le abbondanti macchie di sangue derivanti dalle
pugnalate allo sterno e al cuore, non erano state sufficienti a rovinare il suo lugubre delitto:
né prima, né durante, né dopo.

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Stessa fortuna sembra gli toccò in sorte nel giugno 1981.


“La sera del 6 giugno, in cui avvenne il duplice omicidio di Carmela De Nuccio e Giovanni
Foggi, l'auto di Enzo Spalletti, una Ford Taunus rossa targata FI 669906, fu vista nelle
immediate vicinanze del luogo del delitto. Spalletti era un guardone, un "indiano", che con
l'amico Fosco Fabbri la sera del delitto si era incontrato alla "Taverna del diavolo", un
ristorante in località Roveta, per poi appostarsi sulla collina in attesa di una coppia da spiare.
La serata langue e Fosco Fabbri, sfiancato, prima della mezzanotte abbandona il campo”
[Fonte: Insufficienza di Prove]

“Gli inquirenti giungono a Spalletti grazie alle dichiarazioni di alcuni testimoni che avevano
notato la sua auto. [Fonte: Insufficienza di Prove]

Gli inquirenti, indagando lui e il suo compare di “girate”, Fosco Fabbri, seppero che:
"Fabbri aggiunse di essersi rivisto con Spalletti alla Taverna del Diavolo alla fine della serata,
verso le ventitré e trenta, per salutarsi.
L'autista delle ambulanze aveva preso l'auto rossa ed era ridisceso lungo via dell'Arrigo per
tornare a casa.
Era, quindi, passato a non oltre dieci metri dal campo in cui erano Carmela e Gianni e più o
meno nel momento in cui venivano massacrati. ...SNIP...
Spalletti aveva detto di essere subito rientrato a casa dopo avere lasciato Fosco Fabbri.
Ma la moglie Carla affermò che quella notte era andata a letto dopo le due e che il marito
non era ancora rientrato” [Dolci colline di sangue – M. Spezi – D. Preston]

Praticamente, era rimasto senza alibi e con un passaggio decisamente molto vicino a dove
avvenne il delitto.

In più lo Spalletti pareva“conoscere” il delitto e particolari dello stesso, prima che questi
fossero comunicati a mezzo stampa: Le cronache infatti raccontano che “avesse appreso del
delitto prima ancora che la scoperta dei due cadaveri fosse resa ufficiale”.
Lo Spalletti di dice che si discolpò dicendo che la notizia del delitto “L'avevo sentita al bar del
Turbone. Già la domenica mattina ne parlavano tutti".[Dolci colline di sangue – M. Spezi – D. Preston]

“La Polizia controllò ...SNIP... e scoprì così che al bar del Turbone, come d'altra parte in tutta
la frazione di Montelupo, la gente aveva saputo del delitto al più presto nella tarda serata di
domenica.” [ Dolci colline di sangue – M. Spezi – D. Preston]

Sabato 13 giugno, fu dichiarato in arresto, con l'accusa di reticenza.


Venne rinchiuso in carcere per 4 mesi, prima alle Murate a Firenze e poi ad Arezzo; rimase in
carcere fino al 24 ottobre 1981: ossia era in carcere quando il mostro tornò a colpire il 22 di
ottobre dello stesso anno, e praticamente per quel motivo venne scarcerato.

In definitiva per lo Spalletti, i casi potevano essere solo:


a) era lui il MdF

b) aveva visto il mostro uccidere e/o compiere le escissioni (e varie varianti annesse)

c) era arrivato sulla scena del delitto a duplice omicidio ed escissioni terminate, a mostro già
andatosene, ma si era fermato a guardare per bene la macabra scena

d) qualcuno, un altro guardone forse, gli poteva aver raccontato della scena del delitto.

e) lo Spalletti non era passato sul luogo del delitto, non aveva visto i cadaveri e non aveva
visto il mostro

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La a) ovviamente non poteva essere, come confermato dal delitto del 22 ottobre

La d) non venne mai supportata da alcuna dichiarazione in tal senso dello Spalletti (che non
avrebbe avuto motivo di tacere un simile nome ed essere scarcerato)

La c) di per sé stessa non aggiungeva e non toglieva nulla (se arrivato dopo, non sarebbe
stato a conoscenza di dati utili a tracciare un identikit e/o a riconoscere ed identificare il
mostro)

La b) per quanto affascinante è contemporaneamente la meno probabile e plausibile:

• non esiste ragione logica perché non raccontasse quello che aveva visto
▪ visto che si trattava di qualcosa di particolarmente efferato

▪ visto che se avesse visto qualcosa di utile a far arrestare il mostro, questi, una
volta arrestato, non avrebbe potuto più fargli né paura né danni a lui, alla
moglie o ai figli

▪ visto che se avesse visto solo un'ombra o una figura scura, le informazioni che
avrebbe potuto dare sarebbero state minime, il mostro non averebbe avuto
motivo di corre rischi e di conseguenza nemmeno lo Spalletti, e lui non avrebbe
dovuto passare quattro mesi in galera

▪ nemmeno ad anni di distanza, nemmeno tramite una comunicazione anonima,


mai lo Spalletti raccontò alcun particolare della scena o del mostro a nessuno,
tolto quello che disse nelle immediatezze alla moglie

• il fatto stesso che lo Spalletti, ipoteticamente presente e testimone del delitto ne fosse
uscito completamente incolume, era prova che il mostro non lo avesse visto, altrimenti
non avrebbe lasciato in vita un così pericoloso testimone
▪ se il mostro non avesse visto lo Spalletti, ma lui invece avesse visto lui, non
avrebbe avuto alcun motivo per non raccontare agli inquirenti ciò che aveva
visto, fin da subito o almeno e soprattutto per alleggerire la sua posizione

• quella notte era novilunio, e quindi ben poca luce era a disposizione per riconoscere
una persona, soprattutto al momento delle escissioni, in cui il mostro doveva
obbligatoriamente utilizzare una fonte di luce per illuminare la parte da escindere, e
dunque puntata in direzione contraria a quella del volto.

• nemmeno ad anni di distanza dopo il 1985, a “mostro” ormai scomparso dalle scene
della cronaca, e dunque senza più alcun motivo per aver paura di ritorsioni, lo Spalletti
mai raccontò alcunché

Lo stesso Spalletti, in una intervista ebbe giustamente a proporre il ragionamento:


“Ma ve lo immaginate voi uno che conosce l’assassino e non lo denuncia? Sarebbe come
girare con in tasca una bomba senza sicura” [Enzo Spalletti - Intervista su La Città - 29 ottobre 1981 ]

Lo Spalletti dunque non raccontò nulla perché nulla vide? Avvalorando così l'ipotesi esposta al
punto e)
Si direbbe di sì, anche se non venne mai particolarmente creduto:

• DOMANDA: “Veniamo alla notte dell’omicidio di Scandicci. Lei era sul posto o no?”
E.S -RISPOSTA: “No. Potevo essere a un chilometro, ma li sul posto no davvero.

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Quello dove furono uccisi Carmela De Nuccio e Giovani Foggi, non era un posto
frequentato dai guardoni. In proposito si sono scritte e dette molte sciocchezze. L’ho
detto anche al magistrato: Quello è un punto difficile da raggiungere. Per
arrivarci bisogna far manovra nell’aia di una casa di contadini. Nessun
guardone si avvicina mai ad una casa. No, io credo che l’assassino non sia passato
di lì per caso, ma abbia seguito i due fidanzati. Se è davvero meticoloso come lo
descrivono i giornali non ha certo scelto il posto senza sapere da che parte sarebbe poi
fuggito e quello, lo ripeto, è un luogo che bisogna conoscere bene per potersene
allontanare in fretta”. [Enzo Spalletti - Intervista su La Città - 29 ottobre 1981 ]
▪ si noti come queste ultime parole sottolineate, ben si sposano con quanto detto
precedentemente, sia a proposito di un generico mostro, si a proposito di un
mostro identificato nel SV

O come scrissero Spezi e Preston:


“Qualcuno, anche tra i colleghi del giovane magistrato Izzo, ebbe fin dai primi giorni non
pochi dubbi su quegli interrogatori. Non che pensasse che fossero stati falsati, ma qualche
investigatore sembrò convinto che l'inesperto inquirente avesse pasticciato e non poco.
Insomma, avrebbe capito male certe frasi e ne avrebbe, pur in buona fede, forzato
l'interpretazione.” [ Dolci colline di sangue – M. Spezi – D. Preston]

Lo stesso Spalletti, anni dopo, dichiarò al detective Davide Cannella della falco Investigazioni:
“Izzo ci vedeva doppio, aggeggiava certi casini! Mia moglie e io avremo sbagliato qualche
parola, ma che scherza davvero? Davvero crede che mi sarei fatto quattro mesi e passa di
prigione se avessi saputo qualcosa? Davvero pensa che non avrei detto niente se avessi visto
la macchina con i due ragazzi uccisi? Io non so dove sia finito Izzo, spero che non abbia
combinato altri casini e inguaiato qualcun altro!" [Registrazione realizzata dal detective Cannella, in
possesso dell'avvocato Nino Filastò che la mette a disposizione – Dolci Colline di Sangue – M. Spezi , D. Preston ]

Dunque perché non credergli, se nemmeno quando nel 1985, dopo il duplice delitto degli
Scopeti, vennero offerti 500 milioni di Lire di taglia, lo Spalletti si fece avanti in quei 72
giorni, per reclamare ed intascare “facilmente” quella montagna di soldi?

Ma a noi, di Spalletti a questo punto importa poco.


A noi importa raccogliere informazioni sul mostro, e la vicenda Spalletti, nonostante i suoi
silenzi veri o forzati, di informazioni ce ne dà alcune:
1. nelle circostanti vicinanze di dove aveva colpito, vi erano proprio quella notte degli
“indiani”

2. il mostro dunque, post delitto e lettura dei giornali, non poteva avere la certezza di non
essere stato visto, foss'anche solo come indistinta sagoma, da qualcuno

3. e così come poteva essere stato visto uccidere, poteva essere stato visto mentre
ritornava al suo mezzo di spostamento, con conseguente identificazione della targa e
quindi tramite il P.R.A. La possibilità di risalire fino a lui.

Ma soprattutto:
4. il piacere per l'appagamento dell'uccisione della coppia e per il feticcio strappato dalle
carni della donna, appena pochi giorni dopo doveva essere mitigato dalla paura di
poter essere arrestato di lì a breve

"La voce che una persona era in stato di fermo per il delitto di Scandicci raggiunse quella
mattina stessa le redazioni dei giornali", ricordò Spezi. "Ai cronisti che chiedevano conferme
alcuni funzionari di Polizia risposero di non saperne niente. Altri li pregarono di non
pubblicare la notizia per non rovinare l'indagine. Per qualche giorno il silenzio stampa

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resse.” [ Dolci colline di sangue – M. Spezi – D. Preston]


Il mostro quindi, appena pochi giorni dopo, doveva stare sul chi vive; molto probabilmente
seguire la vicenda su giornali e televisione.

Certamente gli toccava leggere sui giornali di un “semplice guardone” messo dentro al suo
posto.

Ossia: il mostro appena raggiunto il suo apogeo, il mostro che ha appena raggiunto il suo
momento di massimo potere, il mostro che proprio in quei giorni si sente onnipotente, in
grado di fare impunemente di tutto:
• è defraudato del suo “titolo” e del suo “potere”

• ancora una volta, si sente “tradito”, “defraudato”, “umiliato”

• è pure in ansia che lo possano arrestare da un momento all'altro.

Il tanto agognato “equilibrio tra i due mondi” e la tanto agognata “folle pace interiore” per la
quale lui è disposto e disponibile ad uccidere e vilipendere: gli sfugge, o gli sembra che gli
sfugga, dalle mani.
In una parola: frustrazione. Più frustrazione che piacere è lecito immaginare.
Secondo Keniston, “gli assassini seriali anche nella loro vita da adulti è contraddistinta da una
serie di frustrazioni che si accumulano ...SNIP... è come se il soggetto fosse sempre in bilico
fra due mondi opposti (reale ed immaginario) che lo trascinano ognuno dalla sua parte.”
[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Deve stare in campana adesso, quieto e buono e non correre rischi, eppure deve uscire a
colpire ancora.
Deve riprendersi quell'egocentrico potere che si è arrogato il diritto di cucirsi addosso col
sangue altrui. Ha fretta.

Non vuole che il suo egocentrico orgoglio di “imbattibile dominatore” gli venga sottratto.

• Così come, una volta, non “poteva permettere” che l'autonomia decisionale della
Barbarina Steri potesse avere la meglio sulla sua volontà di comando;

• così come, una volta, non “poteva permettere” che la scelta della Barbara Locci di
dimostrarsi autonoma rispetto ai suoi voleri e alle sue fantasie

• così , adesso, non può accettare che il suo odio e la sua capacità di tramutarlo in
potere col sangue, possa essere assegnato ad un “banale e vigliacco guardone”

Il carattere che non sopporta veder scavalcato il proprio egocentrismo impositivo decisionale,
il ricordo e averla fatta franca in passato, sull'onda iniziale del pieno successo, spingono i pesi
della bilancia già irrimediabilmente inclinata. Diventano essi stessi “catalizzatore”.

Deve essere prudente, stare fermo ma deve anche agire subito allo stesso tempo.
Un altro conflitto interiore. Un'altra frustrazione.

Ma la scelta, questa volta è semplice. Già presa fin da quasi subito.


Appena si accorge che Polizia e Carabinieri non gli vengono a bussare alla porta nei giorni
successivi all'arresto di Spalletti:
• il mostro capisce immediatamente che Spalletti non ha visto nulla, che non dirà nulla di
particolare e specifico che lo possa danneggiare. Manco si conoscono, manco sa chi sia.

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Non gli può nuocere.


Deve solo agire, uccidere e straziare, per riappropriarsi di “ciò che è suo per diritto
guadagnato nella psiche e sul campo”.
E poi, brutto a dirsi, ma comunque per lui, uccidere è (diventato) un vero piacere reale. Un
gesto che gli porta sollievo, che lo fa sentire “grande e realizzato”.
Uccidendo coppie, finalmente ottiene quello che l'infanzia e la vita gli hanno negato: prendere
il potere, potere che aveva il padre; diventare lui il “capo famiglia”. Sentirsi finalmente
“qualcuno”, quel “qualcuno” a cui nella sua testa la famiglia non riconosceva né potere né
giustizia.
E se per questo necessità uccidere le famiglie, ossia distruggere le coppie nel loro archetipo e
nella loro fisicità: questo sia. Per lui, il ruolo dell'importanza di sé è fondamentale.

Di discolpare lo Spalletti non gli importa nulla, non ha alcuna ragione di agire in tal senso:
- lo Spalletti non lo ha visto,
- non ha detto nulla in generale e meno che meno che potesse portare a lui.

E anche volendo, non potrebbe nemmeno ingraziarsi il suo silenzio.


Se quello fosse lo scopo, per essere sicuri che il patto “do ut des”, “uccido-per- scagionarti e
tu-in-cambio-mi-garantisci-che-non-parli”:
• i due dovrebbero incontrasi per accordarsi in tal senso. Ma lo Spalletti è in prigione al
momento
▪ i due dovrebbero incontrasi, con lo Spalletti in stato di detenzione, e lo Spalletti
dovrebbe pure accettare lo scambio, invece di dire : “hey, guardia, hey
secondino, venga qui, questo è il mostro, e qui! È lui!” [NdA: dialogo fittizio
dell'Autore]

Ma deve agire in fretta.


L'estate ormai è finita, la stagione dei facili amoreggiamenti in macchina approfittando del bel
tempo sta terminando. Di notte, al buio, al freddo, in aperta campagna è anche più difficile
muoversi, e meno vegetazione significa meno copertura; le foglie a terra fanno rumore
quando le calpesti, ti sentono avvicinarti; è più facile essere notati.

Il tempo stringe. Ottobre è dietro l'angolo. Poi ci si inoltrerebbe praticamente in inverno.

Travalle di Calenzano, non è distante.


L'area non gli è ignota.

Così, il 22 ottobre 1981, ad appena 138 giorni di distanza dall'ultimo duplice delitto, sia per la
spinta emozionale patologica che chiede sempre di più, sia sotto l'aspetto emozionale appena
illustrato, il mostro colpisce di nuovo.

Questo sì, un vero e proprio delitto fotocopia, seriale, maniacale.

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Travalle di Calenzano, 1981 bis – il delitto “fotocopia”

La molla, anzi la somma delle due molle, patologica e caratteriale [ NdA: che comunque sono due
aspetti indissolubili della stessa medaglia ], portano il mostro ad agire con fretta. Ma non una fretta
foriera di “errori o imprecisioni”, anzi.
Parliamo qui di una fretta intesa nel senso di rapidissima accelerazione nell'escalation
delittuosa, di un “cooling off” breve.
Ma per quanto abbiamo visto affrontando il tema E. Spalletti, adesso sappiamo che in campo
nella testa, nei pensieri e negli incubi del mostro c'era qualcosa di più della “semplice”
psicopatologia a portarlo ad uccidere dopo appena così pochi giorni. Qualcosa che lo
obbligava ad agire in fretta.

Le attenzioni della gente e dei media sullo Spalletti, dovevano cessare. A lui andavano
tributate quelle pagine di giornale, non ad un “misero semplice guardone” che non aveva le
palle di far altro se non di guardare, stando nascosto ed infrattato come un vigliacco.

La “paternità” del delitto, “paternità” che ben si riallaccia quanto visto nel dettaglio sul
rapporto padre-madre/famiglia-coppia e potere, come percepito e vissuto dal SV, andava
riacciuffata.

L'inverno si avvicinava, non si poteva aspettare fino alla prossima bella stagione.
• Si noti come questo sia l'unico e solo delitto del MdF compiuto in là coi mesi e con le
stagioni: il 22 ottobre; alcuni degli altri al massimo si spingono alla metà di settembre,
mentre qui parliamo di fine ottobre, quasi inizi di novembre

• si noti come: come questo delitto esca anche dalle “tipiche” preferenze di giorno: un
giovedì [NdA: ma il giorno successivo era Sciopero generale]

Spalletti non aveva detto nulla. E aveva taciuto fin da quando era stato messo dentro, il 13
giugno.
13 giugno, luglio, agosto, settembre, 22 ottobre: quasi 4 mesi di tempo per preparare il
delitto.
Ma anche meno, visto che almeno fino alla fine di luglio sarà sicuramente stato attento a non
dare nell'occhio e a non commettere alcun passo falso oltreché a stare ben attento a notare
ogni minimo possibile pedinamento, intercettazione o controllo che sia.
Non successe nulla e quindi la strada era marcata.

Due/tre mesi di tempo per i preparativi, magari pure con un tentativo di agguato fallito nel
mezzo, fallito per mille differenti motivi [NdA: gente nelle vicinanze, mancanza di coppie nei luoghi in cui
si nasconde ad aspettarle, etc].

Ma la pazienza alla fine lo premia. Del resto, questo, non può e non vuole che sia un
“semplice duplice omicidio con escissioni”.
Questo deve essere un delitto fatto bene. Questo delitto gli serve a ribadire che lui e solo lui
è il “padrone” di quelle morti. Gli altri devono capire, non devono più avere dubbi: il delitto di
Calenzano, deve essere “evidente”. Deve essere la fotocopia del precedente.

La zona non gli è nuova: il 23 aprile 1962 “...va a trasferirsi a Calenzano...” [Rapporto Torrisi
311/1]. Anche se qualcuno per qualche giorno lo vedesse ripassare da quelle parti [ NdA: alla
ricerca dei nuovi e vecchi posti di dove le coppie son solite appartarsi ], non darebbe troppo nell'occhio. Se
gli chiedessero qualcosa, potrebbe sempre dire che è andato a trovare vecchie conoscenze in
zona dei tempi in cui abitava lì. E forse è proprio quello che fa. Non sappiamo, visto che non

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disponiamo di ogni verbale di indagine, né sappiamo se a qualche investigatore una simile


domanda sia mai venuta in mente.

Il posto è scelto e sicuro ormai da un paio di mesi. Nessuno sa che il mostro possa colpire
nuovamente a breve e nemmeno dove. Un posto “nuovo” abbassa la possibilità di scontrarsi
con una maggior attenzione al pericolo in zona [ NdA: purtroppo non vie era ancora la psicosi di terrore
per le gesta del mostro, e quindi poco questo dato avrebbe comunque potuto influire ].

Anche in questo caso, come dicevano i latini, comunque, “la fortuna aiuta gli audaci”:
• “Nella stessa località, quella notte, una coppietta afferma di avere visto un uomo che
faceva 'il guardone', circa alle ore 22,40” [Perizia De Fazio]

• “un'altra coppia ha visto una macchina allontanarsi a forte velocità sulla strada che
porta al luogo dell'omicidio, e proveniente all'incirca da quei luogo, attorno alle ore
0;30” [Perizia De Fazio] [NdA:”La descrizione fornita corrisponde all'uomo visto dall'altra coppia”. -
Perizia De Fazio]
▪ “La sera in cui fu commesso il duplice omicidio a Calenzano (Susanna Cambi e
Stefano Baldi), Rossella Parisi e Giampaolo Tozzini videro un'auto provenire a
forte velocità dal senso opposto al loro. Dalle loro dichiarazioni fu realizzato un
identikit” [NdA: tale identikit, realizzato “agente della scientifica Giovanni Simpatia”, non venne
diffuso pubblicamente per evitare popolari cacce alle streghe, che già almeno a livello di voci
incontrollate si stavano diffondendo]; l'auto si trattava di una: “alfa GT rossa”
▪ non risulta però che il SV possedesse tale tipo di auto

▪ “Un ragazzo residente in zona, rimasto anonimo nelle cronache ma che sarebbe
stato identificato dai carabinieri, avrebbe affermato di aver notato nei giorni
precedenti l'omicidio un auto sospetta fare avanti e indietro su via dei Prati
all'altezza dalla stradina sterrata. Alla guida dell'auto, forse un alfa sud chiara,
avrebbe visto un uomo sulla cinquantina con i capelli brizzolati” [Fonte:
Calibro22 Blogspot]
▪ che tipo di auto non è specificata
.
▪ “Altri due ragazzi, appartatisi verso l'imbocco della via dei Prati verso le 22:40 di
quella stessa sera, descrissero un uomo con simili caratteristiche: occhi grandi,
carnagione scura, capelli radi, a spazzola, sale e pepe, alto 180 cm, che si
aggirava a piedi in mezzo ai campi. Ne notarono anche l'andamento goffo e
l'apparente eta' tra i 40 e 50 anni” [Fonte: Calibro22 Blogspot]
▪ capelli radi non sembrano rendere somiglianza a quelli del SV, mentre
per i capelli “ a spazzola”, nessuna conclusione si può desumere
tenendo conto che il SV portava i capelli “pettinati all'indietro”
[Rapporto Torrisi 311/1], e che quindi, al buio, di fretta, le due
pettinature possono essere tra loro confuse

“Auto Golf nera: ha le due portiere chiuse; il vetro anteriore destro parzialmente frantumato
con frammenti di vetro all'interno dell'auto”. [Perizia De Fazio]

“Il sedile anteriore dx. ha lo schienale reclinato” [Perizia De Fazio]

“Sulla portiera sx., sul vetro e sul longherone dell'auto, macchie rossastre di natura ematica”.
[Perizia De Fazio]

“La borsetta della donna ed il portafogli dell'uomo sono intatti” [Perizia De Fazio]
ma:

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“Su lato sinistro dell'auto ...SNIP... poco lontano un orologio da donna funzionante” [Perizia De
Fazio]

Totale bossoli: 7
“1 bossolo all'interno dell'auto, sul tappetino anteriore dx.” [Perizia De Fazio]

“6 bossoli all'esterno dell'auto, vicino alla ruota anteriore destra” [Perizia De Fazio]

REPERTI NECROSCOPICI SU BALDI STEFANO. [Perizia De Fazio]

“Il cadavere è stato trovato nel campo, a sinistra ed a poca distanza dall'auto, riverso sul lato
destro” [Perizia De Fazio]

Ferite da arma da fuoco (totale 4):


“un colpo ha attinto l'ala sinistra del naso ed è stato ritenuto al di sotto della branca
ascendente dell'emimandibola sx., con tramite obliquo verso il basso e verso sinistra”. [Perizia
De Fazio]

Due colpi all' emitorace destro:


• “1 in regione mammaria con tramite che attraversa il polmone destro, il cuore, il
polmone sinistro e fuoriesce in corrispondenza dal pilastro anteriore dell'ascella
sinistra”. [Perizia De Fazio]

• “Uno in regione dorsale, con tramite interessante il lobo destro del fegato, il
diaframma ed il polmone sinistro e ritenzione del proiettile sulla linea ascellare
anteriore sinistra a livello sottocutaneo”. [Perizia De Fazio]

“Un colpo all' emitorace sinistro in regione mammaria con tramite obliquo dall'alto verso il
basso ed in senso medio-laterale, interessante il polmone sinistro e con foro d'uscita al fianco
sinistro”. [Perizia De Fazio]

Ferite da punta e taglio (totale 4), per nulla o scarsamente infiltrate, che interessano le
seguenti zone:
“Una alla regione latero-posteriore dx. del collo che penetra nei tessuti molli fino al piano
muscolare, scarsìssimamente infiltrato, mentre i margini non presentano affatto fenomeni di
infiltrazione ematica.” [Perizia De Fazio]

“Un'altra in regione dorsale destra, a livello scapolare non infiltrata, poco profonda e non
penetrante in cavità toracica”. [Perizia De Fazio]

“Una terza in regione dorsale sx., in zona paravertebrale poco più in basso rispetto alla
precedente, non infiltrata e poco profonda”. [Perizia De Fazio]

“La quarta in regione scapolare sinistra che, dopo aver trapassato l'osso scapolare, penetra
nel parenchima polmonare. Anche questa lesione non presenta infiltrazione dei margini, ma
solo una tenue soffusione a livello muscolare”. [Perizia De Fazio]

REPERTI NECROSCOPICI SU CAMBI SUSANNA. [Perizia De Fazio]


“Il cadavere è stato rinvenuto sul margine di un fossato a pochi metri dal lati destro dell'auto,
in posizione supina, con le braccia rivolte verso l'alto al di sopra della testa e le gambe flesse
e divaricate.” [Perizia De Fazio]

Ferite da arma da fuoco.

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“1 all' emitorace destro, con tramite orizzontale interessante il polmone dx., il cuore, il
polmone sx., con proiettile ritenuto al 4° spazio intercostale sinistro.” [Perizia De Fazio]

“1 al fianco dx., con tramite obliquo verso l'alto e medialmente, con proiettile ritenuto a
livello della parete toracica.” [Perizia De Fazio]

“1 in regione dorsale dx., con tramite obliquo in senso lateromediale interessante l'aorta, e
con proiettile ritenuto a livello mediastinico.” [Perizia De Fazio]

“1 al braccio sx., al terzo medio della faccia laterale, con tramite obliquo dall'alto al basso in
senso lateromediale e proiettile ritenuto a livello sottocutaneo sulla faccia mediale del
braccio”. [Perizia De Fazio]

“1 al pollice destro, sulla faccia mediale, con foro d'uscita sulla faccia laterale.” [Perizia De Fazio]

Ferite da punta e taglio:


“Una ferita da punta e taglio, ovalare, di cm.2,5 x 1,5 a maggior asse obliquo dell'alto verso
il basso e verso sinistra, in regione sotto mammaria sx. Detta ferita è poco profonda,
presenta margini netti, angolo inferiore acuto, infiltrazione ematica molto scarsa o del tutto
assente.” [Perizia De Fazio]

“Un'altra ferita da punta e taglio, ovalare, di cm.3x1, a maggior asse lievemente obliquo
verso destra e verso il basso, interessa la regione scapolare sx. Anche questa ferita presenta
scarsissimi segni di infiltrazione”. [Perizia De Fazio]

Piccole escoriazioni a:
“zigomo dx., all'angolo labiale sx., alla faccia laterale dell'emitorace dx., al fianco dx. Alla
coscia px., lateralmente, ed al ginocchio omolaterale escoriazioni lineari coperte da terriccio”.
[Perizia De Fazio]

“Escissione di un'ampia zona che interessa il pube, la faccia mediale delle cosce ed il perineo
fino all'orifizio anale”. [Perizia De Fazio]

“In questo caso emerge che ...SNIP... ha sparato avvicinandosi progressivamente


all'autovettura. Oltre che da vari colpi di arma da fuoco le due vittime, in particolare l'uomo,
sono state colpite ripetutamente con uno strumento da punta e taglio, probabilmente al fine
di ottenere la certezza del risultato letale.” [Perizia De Fazio]

Dunque:
• Esplosi meno colpi delle volte precedenti [NdA: 7 o 8, di cui 6 ritenuti e 7 bossoli trovati]
• munizioni con palle tutte “a piombo nudo”
• “L'escissione dei tessuti pubici e perineali ...SNIP... presenta evidenti analogie con
quella relativa al caso precedente...SNIP...L'area escissa è però questa volta
decisamente più estesa” [Perizia De Fazio]
• “l'esame del secreto vaginale ha escluso la presenza di spermatozoi” [Perizia De Fazio]
• “assenza di impronte digitali sui cadaveri” [Perizia De Fazio]
• stessa Calibro22LR
• notte
• coppia
• escissione

Il delitto fotocopia è servito:


Con le precise parole del De Fazio: “La dinamica di questo delitto si sovrappone pressochè

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completamente a quella del delitto precedente, fatta eccezione per la rimozione dall'auto del
cadavere dell'uomo, evidentemente resasi necessaria per poter raggiungere ed asportare il
corpo della donna”

Due giorni dopo, il 24 ottobre 1981: Spalletti esce dal carcere.

Anche questa volta, l'assassino sembra/potrebbe essere baciato dalla fortuna:


• “Nella stessa località, quella notte, una coppietta afferma di avere visto un uomo che
faceva 'il guardone', circa alle ore 22,40” [Perizia De Fazio]

• “un'altra coppia ha visto una macchina allontanarsi a forte velocità sulla strada che
porta al luogo dell'omicidio, e proveniente all'incirca da quei luogo, attorno alle ore
0;30” [Perizia De Fazio] [NdA:”La descrizione fornita corrisponde all'uomo visto dall'altra coppia”. -
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▪ “La sera in cui fu commesso il duplice omicidio a Calenzano (Susanna Cambi e
Stefano Baldi), Rossella Parisi e Giampaolo Tozzini videro un'auto provenire a
forte velocità dal senso opposto al loro. Dalle loro dichiarazioni fu realizzato un
identikit” [NdA: tale identikit, realizzato “agente della scientifica Giovanni Simpatia”, non venne
diffuso pubblicamente per evitare popolari cacce alle streghe, che già almeno a livello di voci
incontrollate si stavano diffondendo]; l'auto si trattava di una: “alfa GT rossa”

• “Un ragazzo residente in zona, rimasto anonimo nelle cronache ma che sarebbe stato
identificato dai carabinieri, avrebbe affermato di aver notato nei giorni precedenti
l'omicidio un auto sospetta fare avanti e indietro su via dei Prati all'altezza dalla
stradina sterrata. Alla guida dell'auto, forse un alfa sud chiara, avrebbe visto un uomo
sulla cinquantina con i capelli brizzolati” [Fonte: Calibro22 Blogspot]
.
▪ “Altri due ragazzi, appartatisi verso l'imbocco della via dei Prati verso le 22:40 di
quella stessa sera, descrissero un uomo con simili caratteristiche: occhi grandi,
carnagione scura, capelli radi, a spazzola, sale e pepe, alto 180 cm, che si
aggirava a piedi in mezzo ai campi. Ne notarono anche l'andamento goffo e
l'apparente eta' tra i 40 e 50 anni” [Fonte: Calibro22 Blogspot]

La epopea delle gesta criminali del mostro poteva proseguire: Baccaiano 1982, e la morte di
una altra coppia erano il prossimo traguardo.

Affronteremo tale delitto e il come ci si arriva e le sue conseguenze nella prossima sezione di
studio. In questa dobbiamo ancora occuparci di fornire alcune citazioni e alcuni ragionamenti
su come si accomunano dati come “delitto maniacale a sfondo sessuale”, “mancanza di
violenze carnali, omosessualità e bisessualità” del soggetto in attenzione, escissioni come
fantasia indotta e duplici delitti come odio per la coppia, come da patologia primaria.

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Su delitti sessuali, escissioni, odio coppia, omosessualità, assenza stupri

Avendo passato il momento di iniziale “sbocco concreto” patologico nel 1974, avendo
affrontato il periodo di “cooling off” fino al 1981, avendo visto come si arriva
velocissimamente al delitto del 1981 bis, già abbiamo avuto modo di notare un “qualcosa”
che lega questi delitti, pur con le loro dovute specificità e diversità. Adesso dunque è il
momento di cercare di dare una sguardo più approfondito al filo sotteso dietro ai legami tra
escissioni, odio per la coppia, omosessualità, rapporti “multipli” e quant'altro.

Delitti sessuali, ma senza violenze sessuali?


Odio per la coppia, ma delitti sessuali?
Bisessualità e omosessualità, ma scempio escissorio solo sui corpi femminili?

Son affermazioni e dati che a prima vista appaiono come in contrasto tra loro. Vediamo
dunque come invece non lo siano affatto.
Ossia, compito di questo capitolo è appunto quello di illustrare come le tre domande su citate
non contengano in realtà motivi di esclusione né diretta né reciproca.

Più in generale, non è un discorso scritto pro o contro qualcosa o qualcuno, ma un modo per
cercare, ancora una volta, di verificare se l'equilibrio della tesi di fondo possa, e quanto,
rientrare entro parametri generali di coerenza o meno; e in seconda battuta,a fronte di
quanto determinato fino ad adesso relativamente al personaggio in oggetto di studio, se
anche su tali specifiche esigenze coerenza sia riscontrabile o meno.

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Delitti sessuali, ma senza violenze sessuali?

In simili atti non è possibile riscontrare alcun reale contrasto. Esistono molti serial killer che
pur commettendo dei delitti a sfondo sessuale, non hanno mai violentato, da vive o da morte,
le loro vittime. Vedasi ad esempio:
• “Il problema dei rapporti tra sessualità ed omicidio è indubbiamente complesso, in
quanto risulta difficile configurare e circoscrivere la nozione di delitto sessuale, per il
fatto che non è neppure facile definire l'ambito ed i limiti del concetto di "atti sessuali"
[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “in quanto sono vittime di violenze sia intra che extrafamiliari. Ciò li porta ad una
forma di attrazione-repulsione per il sesso, che inizia a diventare un pensiero
ossessivo nella loro mente” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Nella maggior parte degli omicidi seriali, la motivazione principale dell'assassino è


quella di ottenere il controllo del potere, anche in quegli omicidi che, superficialmente,
presentano altre motivazioni.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “La sessualità, infatti, ben lungi dal rispondere a motivazioni solo di ordine fisiologico,
riflette una molteplicità di fattori consci ed inconsci, che coinvolgono funzioni istintuali,
erotiche ed affettive, esprimendosi in condotte complesse che ben difficilmente
possono essere delimitate nell'ambito degli atti sessuali e, quindi, dei reati sessuali. Il
comportamento sessuale dell'uomo, infatti, è un espressione individuale soggetta ad
un enorme molteplicità di variabili, tra cui i fattori fondamentali sono riconducibili
all'assetto genetico, alle influenze ormonali e culturali in momenti critici dello sviluppo
psicosessuale, alle esperienze di vita e ad aspetti transitori dati da modificazioni
ormonali, dall'attività ideativa, dallo stato dell'umore e da eventi esterni”.[Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “La maggior parte dei serial killer presenta, infatti, dei problemi nella sfera sessuale.
Questo dato è valido anche per quei soggetti i cui delitti non hanno una motivazione
principalmente sessuale” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “È proprio la modalità di attuarsi della pulsione sessuale che è importante conoscere


ed approfondire in relazione all'argomento di cui ci occupiamo, perché essa, nelle sue
infinite sfaccettature, è ciò che caratterizza la condotta di molti serial killer. Questi
soggetti, spesso, esternano la loro aggressività nella sfera sessuale, assaltando e
stuprando estranei in attacchi brutali o esaltandosi in azioni di sadismo sessuale sulle
loro vittime. In alcuni casi, le componenti sessuali possono rivelarsi con chiari
segni di violenza sessuale o di atti sessuali compiuti dall'omicida sulla vittima, oppure
possono essere denunciate dalla particolare sede e morfologia delle lesioni
inferte ad essa, quando queste consistono in ferite a parti sessuali del corpo o
in escissione delle stesse” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Colpisce, di solito, lo stesso genere di persone, che incarnano certe sue fantasie ed è
reso perciò riconoscibile proprio dalle sue vittime; le considera non come esseri umani,
ma come oggetti, ciò che conta, infatti, non è l'identità del cadavere ma quello che
rappresenta per l'assassino seriale .” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Che componente “sessuale” nei delitti del MdF ci sia, è innegabile [ NdA: coppie in atteggiamenti
intimi come vittime; escissioni di parti erogene del corpo femminile; in un caso introduzione di un tralcio di vite in
vagina].

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Che tale componente debba obbligatoriamente marciare di pari passo con stupri e/o altra
violenza marcatamente di tipo sessuale al fine di identificare tali delitti come “con
componente sessuale”, non è invece condizione né richiesta né necessaria.

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Odio per la coppia, ma delitti sessuali?

Anche in questo caso ci troviamo davanti ad un falso problema; ossia le due motivazioni oltre
ad essere intrinsecamente e d inconsciamente legate in filiazione consequenziale, sono
perfettamente sovrapponibili e di precisa indicazione proprio per quello che riguarda i delitti
del MdF.
Se ad esempio si volesse identificare il MdF in un soggetto “solamente” affetto da una
psicopatologia che tira i fili di una componente sessuale e basta, risulterebbe infatti
inspiegato il perché sceglieva come bersagli coppie e non singole vittime [ NdA: di sesso
femminile o maschile che sia].
Il fatto proprio che tutti i delitti seriali compiuti con la calibro 22 L.R. dal MdF abbiano sempre
e solo riguardato coppie, pur con specifica attenzione e componente sessuale, non può essere
dimenticato.

“Cercare di conoscere la misteriosa ossessione che muove gli omicidi seriali, significa cercare
di comprendere i meccanismi psicologici dell'assassino seriale, il fine del suo uccidere” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]
Non siamo dunque fuori strada quando valutando congiuntamente tipologia delle vittime, e
storia e personalità del soggetto in attenzione coi suoi traumi, violenze, carattere, e
sessualità, ci ritroviamo tra le mani un filo conduttore anziché un muro di nebbie

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Omo-bisessualità , ma scempio escissorio solo sui corpi femminili?

Per meglio rispondere a questa domanda è innanzitutto bene precisare come in alcuni casi,
pur non compiendo escissioni, come ad esempio tagli ed esportazioni degli organi genitali
femminili, il MdF, abbia comunque infierito a colpi di arma bianca anche sui cadaveri delle
vittime di sesso maschile.
E' ipotizzabile che in alcuni casi tali ferite di arma bianca siano state dettate dall'esigenza
adrenalinica del momento, alcune altre forse al macabro scopo di accertarsi della reale morte
del soggetto maschile. Altre ancora, risultano prive di motivazione se non quella del vilipendio
di cadavere. Resta comunque il fatto che anche le vittime di sesso maschile, nella maggior
parte dei casi, furono oggetto di attenzione di colpi di arma bianca.

1974 – Pasquale Gentilcore:


• “Sull' emitorace dx., antero-lateralmente in zona media inferiore, due ferite da taglio
sovrapposte che non penetrano in profondità”. [Perizia De Fazio]

• “ferite da arma da punta e taglio all'uomo, piuttosto casualmente e quasi per un ultimo
sfogo, più che per accertarsi ' ad abundatiam' della sua morte” [Perizia De Fazio]

1981 - Giovanni Foggi:


• “alla regione antero-laterale sx. del collo due ferite da punta e taglio, disposte l'una
accanto all'altra, poco infiltrate quella laterale, di cm.2x1, con angolo acuto superiore,
ha inciso il sottostante muscolo sternocleidomastoideo, terminando a ridosso della VII
vertebra cervicale. Quella mediale, di cm.3x1,5 con tramite di cm.6,5 estremo
superiore ad angolo acuto ed estremo inferiore lineare, ha reciso il muscolo
sternocleidomastoideo e la parete esofagea a livello della I costa. Una terza ferita da
punta e taglio, estesa cm.2,2x1,5, è localizzata all' emitorace sx. al di sopra del
capezzolo ed attraversa il lobo inferiore dei polmone, il diaframma , terminando nel
parenchima splenico (da rilevare che detta ferita non è infiltrata) [Perizia De Fazio]

• “...potrebbero essere interpretate le tre lesioni da punta e taglio inferte al Foggi in


limine vitae o dopo la morte, quasi nel senso della ricerca della certezza di averne
provocato la morte. Le tre ferite sono infatti profonde ed attingono organi vitali, ma
l'assenza o la scarsa presenza di note infiltrativi fa attendibilmente ritenere che esse
siano state inferte dopo un certo lasso di tempo dall'esplosione dei colpi di pistola,
quasi che l'omicida fosse stato assalito da qualche dubbio circa la mancata morte della
vittima, nonostante i tre colpi al capo ed il colpo sparato a contatto in direzione del
cuore”. [Perizia De Fazio]

1981 – Stefano Baldi:


• “quattro ferite da punta e taglio, per nulla o scarsamente infiltrate, che interessano le
seguenti zone: Una alla regione latero-posteriore dx. del collo che penetra nei tessuti
molli fino al piano muscolare, scarsìssimamente infiltrato, mentre i margini non
presentano affatto fenomeni di infiltrazione ematica. Un'altra in regione dorsale destra,
a livello scapolare non infiltrata, poco profonda e non penetrante in cavità toracica.
Una terza in regione dorsale sx., in zona paravertebrale poco più in basso rispetto alla
precedente, non infiltrata e poco profonda. La quarta in regione scapolare sinistra che,
dopo aver trapassato l'osso scapolare, penetra nel parenchima polmonare. Anche
questa lesione non presenta infiltrazione dei margini, ma solo una tenue soffusione a
livello muscolare”.[Perizia De Fazio]

• “Va sottolineata di nuovo la mancanza di interesse per l'uomo, se non per quanto
concerne gli atti lesivi che rendono l'omicida certo del suo decesso.” [Perizia De Fazio]

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1982 – Paolo Mainardi:


• “Il fatto che non abbia infierito sulle vittime con l'arma da taglio neppure per
assicurarsi del loro decesso” [Perizia De Fazio], è da imputarsi prioritariamente alle
convulse e concitate e rischiose modalità in cui si è svolto il delitto, che non ha
permesso al MdF di aver tempo sufficiente per compiere il suo macabro gesto
escissorio e di vilipendio dei cadaveri.

1983 - Horst Wilhelm Meyer / Jens-Uwe Ruesch:


• “L'omicida ha operato, come in quasi tutti gli altri casi, in una notte di novilunio, in
circostanze simili (vettura in luogo appartato abitualmente frequentato a quanto è
emerso su base balistica ha da coppie) ed usato la "solita" pistola per uccidere le due
vittime, sulle quali poi non ha infierito in alcun modo, circostanza quest'ultima che da
un lato convalida l'ipotesi del costante disinteresse dell'omicida per le vittime maschili,
e dall'altro fa pensare ad un suo "errore" iniziale nella scelta delle vittime”. [Perizia De
Fazio]

In questo caso, vista la differente tipologia di coppia di vittime [ NdA: lui – lui], vedere un
gesto criminale prioritariamente “auto-appagante” nell'uccidere per uccidere, ossia che
fornisce al suo autore piacere principale più tramite il “semplice” uccidere, piuttosto
che con le escissioni che possono e debbono essere considerate come un qualcosa di
“inizialmente e patologicamente indotto” come abbiamo già visto, è ad avviso dello
scrivente limitante.
Se da un lato è vero che ciò che prioritariamente soddisfaceva il MdF era proprio
l'uccidere coppie, il distruggere la coppia, dall'altro è altrettanto “vero” [ NdA: ipotizzabile
con coerenza] che tale odio verso la coppia avesse radici nella coppia archetipo padre-
madre, dunque coppia “lui-lei”.
Nel caso del duplice delitto di Giogoli quindi, immaginare che l'azione abbia potuto
essere stata “prefigurata e ricercata” appositamente come tale [NdA: Perizia De Fazio],
appare dunque fuori luogo. Non così fuori luogo al punto da venir abortita sul momento
da parte del MdF e ancor di più da parte di un MdF solito ed uso a rapporti omosessuali
e bisessuali, per la “semplice assenza” di un soggetto femminile tra i bersagli, eppure
contemporaneamente capace di togliere al serial killer un “quid” di piacere e stimolo,
vista oltre l'assenza della figura femminile necessaria ad identificare pienamente
l'archetipo coppia, anche l'impossibilità di poter soddisfare quella vena onirico-feticista
che trova pieno compimento tramite l'escissione di parti erogene solo femminili.

1984 - Claudio Stefanacci:


• “è stato colpito con uno strumento da punta e taglio ed ha riportato numerose ferite
(10), all' emitorace sx., al fianco sx., all' ipocondrio, alla fossa iliaca dx.,
all'avambraccio dx., alla coscia sx. ed in regione lombare dx., va rilevato che tali ferite
presentano scarsi segni di vitalità, per cui si può attendibilmente presumere che esse
furono inferte in un momento successivo rispetto all'esplosione dei colpi di arma da
fuoco, o subito dopo la morte o in limite vitae” [Perizia De Fazio]

1985 - Jean-Michel Kraveichvili:


• “Dall'autopsia risulterebbero invece 13 ferite da arma bianca. Una, inferta al dorso,
localizzata a livello della 5° vertebra dorsale con direzione dall'alto in basso. Quattro in
regione precordiale, con inclinazione dall'alto verso il basso, che avevano leso pleura e
polmoni. Una all'ipocondrio destro con netta inclinazione dal basso verso l'alto, che
aveva interessato il fegato. Due simmetriche, più superficiali, in regione iliaca
(inguine).Altre quattro avevano interessato il braccio sinistro e il polso sinistro,
quest'ultima aveva intaccato in profondità il radio lasciando l'impronta a stampo della
lama. Proprio da questa ferita fu dedotta dal perito Pierini la forma e l'angolo (20°) del

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filo di taglio principale. In ultimo veniva evidenziata una ferita profonda al collo che,
pur avendo attraversato la trachea da parte a parte, aveva mancato di ledere i fasci
vascolari profondi risultando pertanto non mortale. Viene anche descritta una
soluzione di continuo sagittale di cm 1,8 posteriormente sul vertice cranico.” [NdA:
autopsia, condotta dal prof Mauro Maurri e dai colleghi Cafia, Bonelli, Borrelli, e Marini – Fonte: Calibro22
Blogspot ]
▪ E' da notare che il Kraveichvili stesse tentando di scappare; cosa che
ovviamente influisce sia sul numero sia sul tipo di ferite causate dall'arma
bianca.

• De Fazio, Galliani, Pierini, Beduschi, Luberto - Deposizione del 15 luglio 1994


G.B.: ... a conclusione dei casi quindi sette e otto, per quanto riguarda l'uomo, c'è un
incremento della lesività da punta e taglio anche sul cadavere dello Stefanacci e
Kraveichvili. Lesività da punta e taglio tutta molto profonda, tutta potenzialmente
mortale e quindi c'è una sorta di accanimento diretto, non più con colpi di arma da
fuoco, colpi di grazia; c'è una sorta di accanimento diretto sui soggetti di sesso
maschile che, nel caso ottavo, si spiegano in rapporto al documentato tentativo di fuga
che può avere esasperato quindi il reo. Nel caso settimo, comunque, di fatto ci sono
varie ferite profonde in zona toraco-addominale e anche all'inguine sinistro. “
[fonte: deposizione De Fazio – Galliani – Pierini – Beduschi- Luberto – del 15 luglio 1994 ]

Specificato questo, alla domanda adesso è possibile rispondere con una maggior specificità:

1- Se da un lato abbiamo un mostro che dà libero e pianificato sfogo all'odio ancestrale ed


inconscio nei confronti della “famiglia” idealizzata nell'unione di coppia lui-lei e dunque nella
classica coppia di amanti imboscati in camporella:
• dall'altro abbiamo un soggetto che a causa di questo tipo archetipo di coppia, nella sua
infanzia, ha dovuto patire traumi

• dall'altro abbiamo un soggetto che ha sempre vissuto il rapporto di coppia in maniera


diciamo “inusuale”, spostandolo sempre su rapporti a 3 o a 4 sovente con il ricorso alla
coercizione e alla violenza, in particolar modo nei confronti della donna della coppia

2- Se da un lato abbiamo un mostro che sfoga la follia della vena feticista, indotta o
derivante da fattori esterni legati ad una concezione del sesso differente da quella della
comune morale, con le escissioni di pube e mammella delle vittime femminili
• dall'altro abbiamo un mostro che dimostra un attaccamento morboso all'oggetto
“calibro22 L.R.”

• dall'altro abbiamo un soggetto che ha sempre fatto un reiterato e continuativo ricorso


alla pornografia, anche a tema sadico e violento

• dall'altro abbiamo un soggetto che è morbosamente affascinato dal “piacere di


guardare”

• dall'altro ancora abbiamo che “Le perversioni sessuali (che, con termine più moderno,
vengono chiamate parafilie) difficilmente si riscontrano allo stato puro, mentre è molto
più comune che in uno stesso assassino seriale ci sia una combinazione variabile di
perversioni” e che voyeurismo e feticismo sovente si mescolano a causa della relazione
diretta tra il fantasticare e il rivivere le proprie fantasie psicopatiche.

3- Se da un lato abbiamo un mostro che non disdegna, per differenti ragioni a volte più
opportunistiche che altro, di infierire anche sui corpi delle vittime maschili
• dall'altro abbiamo un soggetto che fin dalla gioventù ha sempre avuto rapporti sessuali

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anche con persone del suo stesso sesso, maschile.

• dall'altro abbiamo un soggetto che, nelle sue relazioni sessuali, ha sempre esercitato
nei confronti della donna pressioni intimidatorie, minacce, sottomissione e violenze

• dall'altro abbiamo un soggetto che, nelle sue relazioni sessuali, non risulta aver
esercitato le medesime pressioni e violenze nei confronti dei partners di sesso
maschile.

A fronte di questo sunto riepilogativo e di quanto precedentemente scritto e documentato


dunque, possiamo permetterci di esprimere la nostra differenza di pensiero con un punto
ipotizzato:
• dal Professor De Fazio: “La mancanza di interesse per l'uomo ( e l'assenza di lesioni
e di mutilazioni ai genitali maschili, in questo come negli altri casi), porterebbe ad
escludere un orientamento omosessuale dell'omicida, sia nel caso delle azioni
delittuose che al di fuori di esse” [Perizia De Fazio]
▪ più che di omosessualità, per il soggetto in attenzione di questa analisi di studio,
è infatti più corretto parlare di bisessualità e comunque di “vivere i rapporti di
coppia” in modo tale da esprime, foss'anche solo inconsciamente, rifiuto e
disprezzo per il concetto di coppia stessa, allargandola sempre ad includere più
persone

▪ pur non essendo state fatte escissioni sui corpi maschili, abbiamo visto come
comunque vilipendio di detti cadaveri ci sia stato.

▪ L'interesse nei confronti dell'uomo può in ogni caso essere letto nella scelta di
“primo bersaglio”, che se da un lato è indice di eliminazione del potenziale
pericolo primario, dall'altra è anche sintomo di precisa attenzione ad una ben
determinata tipologia di figura: quella dell'uomo/del padrone/del detentore del
potere/dell'autorità; che possono essere tutte lette come trasposizioni della
figura paterna

• e dalla FBI: “ La mutilazione degli organi sessuali della sua vittima rappresenta sia
l’inadeguatezza sessuale dell’aggressore” [Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]
▪ l'assenza di stupri, masturbazioni, eiaculazioni, interazioni sessuali vere e
proprie con le vittime, non è condizione sine qua non, in grado di fornire
esaustiva risposta ad una simile lecita ipotesi

▪ le mutilazioni e le escissioni, di organi genitali [ NdA:femminili], abbiamo visto


come possano, più facilmente connettersi a devianze feticiste [NdA: come in
moltissimi casi avviene nei delitti seriali] , probabilmente indotte da letture a tema
sadomasochista, comunque connesse con “senso di dominio” [FBI] e “rabbia
verso” [FBI] e “rivalsa sulla società e per liberare l'aggressività accumulata a
causa delle frustrazioni subite” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Ci troviamo invece perfettamente in accordo, sia col De Fazio sia con il Forensic Behavioral
Science Investigative Support Unit della FBI, quando scrivono:
• “Il “senso di dominio” e il rituale sono molto importanti per questo aggressore.Ciò
spiegherebbe perché le vittime femminili erano generalmente spostate a qualche
distanza dal veicolo contenente i loro compagni maschi.” [Profilo FBI – traduzione dal sito di
Enrico Manieri]

• “l' assenza di ferite di tal natura, cioè a tipo "mutilazioni sadiche", spoglia di contenuto

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sessuale immediato la stessa esportazione del pube, nel senso che induce a vedere in
questo atto un comportamento di per sé non istintuale, compulsivo o contestuale al
godimento sessuale, ma un atto pienamente "funzionale" al possesso dell'oggetto
feticistico.” [Perizia De Fazio]

• “il fatto che l'interesse sia rivolto ad una coppia, nell'ambito di una azione che si
connota come "lustmord" è del tutto peculiare e statisticamente eccezionale se non
unico. L' aggressione a coppiette, infatti, ha generalmente il significato di uno stupro
eterosessuale per lo più collettivo, spesso accompagnato da finalità appropriativi, oltre
che sessuali, non ha i connotati veri e propri del "lustmord", anche se si può
manifestare con modalità brutalmente aggressive a talora sadiche, quali ad es. sevizie
in vita sulle vittime,specialmente quelle femminili, e l'eventuale esito letale è
accidentale, o perseguito per assicurarsi l'impunità. ln questo caso invece la scelta
delle vittime e della situazione è tanto peculiare che deve necessariamente esserle
attribuita una importanza psicologica fondamentale.” [Perizia De Fazio]

• “il "set" omicidiario, pone inizialmente l'autore nella posizione del "voyeur": cioè nella
'posizione' di chi, per motivi inerenti in senso lato al desiderio di appagamento di una
sessualità distorta, spii ...SNIP... aspetti del suo 'habitus mentale' e del suo modo di
porsi di fronte alla sessualità ...SNIP... Vi sono però alcuni aspetti delle modalità,
dell'esecuzione dei delitti che contraddicono l'ipotesi che l'omicida sia essenzialmente
un voyeur nel senso usualmente inteso nell'ambito della nosografia delle perversioni,
vale dire in termini di struttura psicologica legata alle modalità ed abitudini per il
conseguimento dell'eccitazione della gratificazione sessuale” [Perizia De Fazio]

• “In ogni caso è più che verosimile che l'omicida sia un amatore dell'erotismo letterario
c/o pornografico, e che faccia largo consumo del relativo materiale visivo che secondo
quanto gli consentano il livello culturale, le abitudini di vita, e le circostanze familiari,
potrà consistere in riviste, film pornografici, arte o letteratura erotica, con netta
predilezione per tutto ciò che rappresenta una situazione triangolare con palesi
componenti sadiche.” [Perizia De Fazio]

In conclusione dunque, per quanto si stia parlando di psicopatie che sfuggono alla possibilità
di estremo specifico dettaglio viste le recondite e segrete connessioni mentali che possono
avere con dettagli personali ed ignoti della vita di un soggetto, risulta non solo possibile
rilevare una coerenza generale dell'agire di un singolo mostro mosso da una specifica
devianza principale, ma anche una coerenza particolare con quanto noto del SV.
Se ciò non può essere usato direttamente “a carico”, altrettanto è corretto ancora una volta
far notare, con peso, come ancor meno possa essere portato “a discolpa”, generica o
specifica che sia.

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Baccaiano, 1982

Il luogo della scena del crimine dista all'incirca una quindicina di chilometri da Lastra a Signa,
località ben nota al SV [NdA: ove aveva vissuto sia a casa del fratello Giovanni, appena arrivato dalla
Sardegna, sia in quanto aveva aveva abitato in casa della coppia Mele/Locci, coppia che negli anni fino al delitto
aveva continuato a frequentare]. Possiamo dunque fin da subito dire che l'area di riferimento dove
il duplice delitto avvenne, non era un luogo sconosciuto al SV.
Possiamo anche aggiungere che tra Via Cironi 8 e il luogo del delitto tra Certaldo e Baccaiano,
vi sono appena poco più che una trentina di chilometri: distanza assolutamente non improba
da coprire in breve lasso di tempo, tenuto conto che il SV era automunito.

Anche se verrà informalmente ascoltato dai magistrati, specificatamene relativamente però al


vecchio delitto di Signa del 1968 nel frattempo ripreso in attenzione vista la continuità d'uso
dell'armai, proprio in virtù del fatto che alla data il SV non rientrava tra la seria cerchia dei
sospetti alibi forniti dallo stesso non sono valutabili data l'assenza di specifiche informazioni.
Tenendo conto che i veri sospetti e le prime serie e mirate attenzioni sul SV come MdF
nascono solo dopo il duplice omicidio del 1984 [ NdA: “i concreti sospetti su VINCI Salvatore
sorgono a partire dal duplice delitto di Vicchio del Mugello, del 29 luglio 1984 ” - Rapporto Torrisi 311/1 ],
non stupisce più di tanto che: dette informazioni non siano presenti né nella Sentenza
Rotella né nel rapporto Torrisi.

Come per gli altri delitti comunque, il SV non si trovava né in condizioni privazione della
libertà, né in stato di ricovero ospedaliero, né in situazioni di lontananza tali da impedirgli
fisicamente di raggiungere il luogo del delitto compatibilmente con gli orari in cui esso venne
commesso

Possiamo inoltre dire che due testimoni, videro allontanarsi a piedi dal luogo del delitto un
uomo la cui descrizione fisica risulta in coerenza con quella del SV
• Una “descrizione molto attendibile di un uomo sospetto avente una statura di mt.
1,651,70 circa, dai capelli scuri, con pantaloni chiari e con maglietta fino al petto
chiara e dopo a strisce scure, è stata fatta al Giudice Istruttore il 6.1.1983 da due
testi: MANETTI Bruno e FALTERI Carlo Alberto, entrambi in atti generalizzati. Essi,
infatti, verso le ore 22,3022,45 del 19.6.1982, in concomitanza con l'ora del duplice
delitto MAINARDIMIGLIORINI, perpetrato in località Baccaiano...nel percorrere a bordo
di una motovespa la strada provinciale, proveniente da Montespertoli in direzione di
Baccaiano, all'uscita di una curva ad ampio raggio, a circa un centinaio di metri dal
posto del delitto, si sono trovati improvvisamente davanti ad un uomo sulla strada,
sopra descritto, il quale, al suono del clacson della vespa, nello spostarsi per paura, ad
un tratto è scivolato nella cunetta laterale della strada” [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ Si noti che: “Il VINCI Salvatore è alto mt. 1,65-1,70, ha carnagione scura,
capelli neri brizzolati, pettinati all'indietro, viso rotondo, corporatura media.”
[Rapporto Torrisi 311/1]

La Rosina Massa, ormai son quasi due anni che se ne è andata [NdA: “ Il 7.10.1980 la MASSA
Rosina emigra a Trieste e si separa dal marito” - Rapporto Torrisi 311/1 ], subito sostituita dalla Pierini Ada
[NdA: che col SV convive “dal mese di ottobre 1980 ai primi di settembre 1983” - Rapporto Torrisi 311/1].

Nei primi anni ottanta inoltre, il SV conosce anche la Antonietta D'onofrio in qualità di sua
donne delle pulizie [NdA: “la donna delle pulizie, la signora Antonietta“ - Rapporto Torrisi 311/1] ,
con la quale inizierà poi una convivenza, una volta andatesene anche la Pierini nel settembre
1983; tale relazione, è anch'essa di breve durata: dal 1984 al 1986.

• Si noti in proposito come dopo la Massa, ossia, temporalmente dopo che i freni della
psicopatologia antisociale andassero a briglia sciolta e la furia omicida seriale

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diventasse qualcosa di non più procrastinabile, i rapporti del SV con le sue compagne,
diventino tutti di assai breve durata.

Comunque, anche la Pierini Ada, passato il periodo iniziale del rapporto in cui si è addirittura
lamentata della “grande carica sessuale del medesimo” [Dichiarazioni di Casini Spartaco – Rapporto
Torrisi 311/1], come abbiamo letto, non subisce trattamento migliore di quello della Massa.
A riprova di questo abbiamo tra l'altro anche l'astio e il rancore che la porteranno a rilasciare
dichiarazioni, poi risultate false e/o “non provate”, contro il SV.

Il SV inoltre, come la testimonianza dello Spartaco Casini conferma, continua anche in questo
periodo a tenere viva la sua “relazione” col Silvano Vargiu e i Biancalani.

Ma di questi dettagli ormai, non abbiamo più particolare bisogno. Non c'è più un informe e
inconscio psicodramma che deve venire alla luce in primis nella mente malata del mostro
stesso.
I tarli della fantasia malata e le scintille catalizzatrici della vita reale hanno seguito il loro
corso. Nemmeno i ricoveri volontari nella “clinica per Malattie Mentali dell'Arciospedale di S.
Maria Nuova” [Rapporto Torrisi 311/1] hanno potuto sortire alcun effetto. Del resto, se il SV è il
mostro, non poteva certo dire al medico che lo visitava cosa aveva fatto.

Il “mezzo mostro” del 1974 è ormai alle spalle da tempo: la metamorfosi, nel giugno 1981, è
stata completata.
L'ottobre 1981 né ha suggellato lo stato manifesto: l'inconscio non è più relegato in meandri
oscuri, in incubi solitari, in perversioni sessuali: il mostro è mostro a tutti gli effetti.
E' pienamente conscio dei suoi “poteri” e dei suoi “voleri”: La follia psicotica antisociale, il
carattere e l'astuzia sono ormai un tutt'uno. Odio, sesso, sangue, rivalsa, potere:
un'autostrada di dolore per giovani coppie.

In appena 378 giorni, in appena 1 anno e 13 giorni, sterminerà e sfregerà ben sei vite
umane.
Dal 6 giugno 1981 al 22 ottobre 1981, passano appena 138 giorni
Ma dal 22 ottobre 1981 al 19 giugno 1982, i giorni sono 240.

Il “malato” non ha più necessità di un'alchimia esterna per tramutarsi in “mostro”.

Adesso “comandano” principalmente due aspetti:


• quello “fantastico” del piacere che può essere appagante fino a che lo si riesce a
rievocare oniricamente, cerebralmente, feticisticamente

• quello “raziocinate” ed egocentrico del “potere”, ben più tipico dell'essere umano
comunque “pensante” e “sapiens”

E così, a ridosso dell'ottobre 1981 in cui “egoisticamente” il MdF uccide, in fretta e fuori
finestra temporale classica per i suoi delitti, anche e specialmente per riappropriarsi di ciò che
sente suo e che non vuole condividere con “semplice e banale guardone”, abbiamo un MdF
che anche questa volta somma al suo proprio piacere assassino anche quello più tipicamente
umano, di senso di spavalda invincibilità. Invincibilità che anche dopo il delitto del 1981
ottobre, non può che aumentare nei suoi pensieri, visto che anche in questo caso la fa franca
e passa inosservato attraverso le indagini.
Tutte le frustrazioni sembrano di nuovo come scomparire: lui vuole. Lui può. Lui agisce e
uccide e strazia: ha finalmente raggiunto quel grado di “autorità” che sempre gli era stato
precluso fin dall'infanzia.

Il duplice delitto del 19 giugno 1982, a differenza del precedente, per quanto possa sembrare

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assurdo vista la ricostruzione della dinamica dell'assalto e soprattutto il luogo scelto, è un


delitto maniacale ma “ragionato”.
Ancora più freddo dei precedenti tutti.

Se nei precedenti era possibile identificare specifici catalizzatori esterni come “scintille
dirette”, dall'abbandono della Massa fino al desiderio egoistico auto-celebrativo di non
sopportar vedere i suoi delitti assegnati ad un “misero guardone” [ NdA: aspetto “auto-celebrativo”
che ben si sposa con aspetti “feticisti” tipici dei serial killer in generale e del MdF pure ], a partire da questo
delitto anche quel briciolo di “contingenza” sembra scompare. Comanda il desiderio.

In duecentoquaranta giorni, la carica onirica celebrativa dei feticci [ NdA: forse conservati] si
affievolisce col tempo. Il ricordo non basta più a soddisfare la fantasia. Odio, sesso e sangue
sono ormai uniti da tempo. La tensione omicida e l'aggressività si accumula. Le pratiche e i
giochi sessuali con la Pierini non sono più sufficienti a surrogare una funzione di “limite”, di
“barriera”. Il cervello questa aggressività, questo odio, questo potere e questo piacere:
adesso lo dirige pianificandolo.
• Quando i feticci terminano la loro azione di soddisfazione, l'assassino entra in una
"fase depressiva", uscito dal quale si metterà alla ricerca di un'altra vittima” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “le fantasie, che, col tempo vengono perfezionate sempre di più, diventando piene di
dettagli ed estremamente vivide, aiutano il passaggio all'atto omicidiario e, dopo ogni
omicidio, si aggiungono nuovi elementi che incrementano la dimensione fantastica,
proprio perché le fantasie possono nutrirsi, a questo punto, anche dei ricordi
dell'uccisione, diventando così sempre più cruente” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “l'omicidio reale non è mai appagante come sa esserlo quello immaginato nella mente
del serial killer, per questo motivo il soggetto ripete più volte l'atto omicidiario alla
ricerca della perfezione che raggiunge soltanto nella sua immaginazione. L'esperienza
del ricordo, quindi, è di fondamentale importanza per ogni assassino seriale, in quanto
serve ad alimentare le sue fantasie: a questo servono i feticci ed i "trofei" che molti
soggetti conservano dopo ogni omicidio.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

E se da un lato la parte “sapiens” spinge in direzione “agire con prudenza” [NdA: memore anche
della fortuna già avuta in passato ], dall'altra la parte il ribollire etereo delle folli volontà non lascia
scampo alla prossima azione.

Come si vedrà andando ad analizzare la ricostruzione specifica del delitto di Baccaiano, delitto
in cui ancora una volta il MdF verrà baciato forse come non mai dalla fortuna, questa
contrapposizione logica (pianificazione e attenzioni al non farsi prendere e non lasciare
tracce) contro “istinto” (senso di invincibilità, rischio per la località maggiormente esposta e
sangue freddo, psicopatia) risulta lampante:
infatti, non passano più solo “pochi” giorni tra un delitto ed un altro, sintomo di una maggior
attenzione logica e un minor agire sotto incontenibile impulso dettato anche da fattori
esterni; eppure si va a colpire in un luogo “nuovo”, “aperto”, “pubblico”.
Si noti che il soggetto possa “perdere” “interesse per uno stimolo sempre della stessa
intensità e abbia bisogno di materiale che gli dia stimoli più forti per rafforzare le proprie
fantasie” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/] che, per quanto riferito più
strettamente all'ambito dell'uso di materiale pornografico, può avere riflesso anche in ambito
di puro desiderio/stimolo [NdA: in questo caso, desiderio di furia omicida e auto-celebrazione egoistica della
propria “fiducia” in se stesso ]. E se a tutti gli orrori e le follie, si aggiunge il piacere della sfida,
“gusto” del piacere aumenta.

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La sensazione di invincibilità richiede di spingere i limiti un po' più in là; aggiungere sale
come condimento. Dissetare la propria sete di sangue diventa una vera e propria dipendenza;
tale quale ad una tossicodipendenza: la dose di oggi non basta più domani. Bisogna
aumentare la quantità di stupefacente o aggiungervi qualche altro additivo al fine di ottenere
lo stesso piacere. E il rischio è anche adrenalina.
Come vedremo per Baccaiano, e come sappiamo della maniera di comportarsi del SV, il
rischio per il rischio non è il suo forte. La preferenza va alla preservazione di sé, prestare
attenzione al farla franca, al coprirsi le spalle, ad andare sul sicuro [ NdA: del resto anche sparare
un caricatore intero contro due bersagli, distratti ed inscatolati in una macchina, dunque quasi impossibilitati nei
movimenti, di notte, al buio e di sorpresa, non è certo sintomo di volontà di affrontare una “preda” a viso aperto,
anzi!]. Baccaiano parrebbe in contrasto, come agito sotto irrefrenabile impulso. Ma questo, lo
vedremo, non risulta poi così certo. Anzi.

La scelta della piazzola a Baccaiano infatti, se da un lato appare una scelta dettata
dall'impulso e caratterizzata da un elevatissimo rischio di essere scoperti, dall'altro è assai
meno “rischiosa” di quello che la ricostruzione fisica del delitto ci dice.

Vedremo nella parte dedicata ai rilievi della stessa, che se non fosse stato per lo spostamento
dell'auto, dettato a detta dello scrivente e non solo, da un iniziale tentativo di fuga da parte
del Mainardi, [NdA: o semplice ed involontario rilascio della frizione a causa della perdita delle capacità viso i
colpi che lo avevano attinto incapacitandolo], il luogo offriva buone possibilità di trascinare il corpo
della donna al riparo e impossibilità, per le auto di passaggio, di determinare la presenza di
un cadavere nell'auto.
Insomma: un buon mix tra “attenzione” e “rischio”

Il luogo poi, è da sottolineare fosse, a differenza dei precedenti [ NdA: precedenti che avevano
rischiato di procurargli seri guai], a prova di “guardoni”: davanti, sulla strada non potevano stare, e
dietro c'era lui che si sarebbe accorto se qualcuno si fosse avvicinato, visto lo spazio ridotto.
A Baccaiano, alla piazzola, il MdF aveva il completo controllo di quella porzione di spazio che
aveva scelto come sua area di caccia. Mai come prima era sicuro di non rischiare di poter
essere visto da alcun “indiano”.

Certo, le cose non andarono proprio come il MdF se le era immaginate nella testa, anzi
tutt'altro! ma alla fine – adesso sì rischiando e tanto ma contemporaneamente dimostrando
sangue freddo, lucida follia e attenzione allo spirito di preservazione delle propria libertà – il
mostro riuscì ad avere quella rapidità di pensiero e di azione che gli permise di uscire indenne
dal pasticcio in cui era venuto a trovarsi.
Non portò a casa feticci, vero.
Ma assaporò anche questa volta il malato piacere privato di sterminare una coppia.
E assaporò anche il gusto adrenalinico di aver messo alla prova tutto il suo sangue freddo;
freddissimo; gelido, e di avercela fatta a tornare a casa indenne e né visto nè riconosciuto.
Al piacere del danno, involontariamente, aggiunse quello della beffa. L'egocentrismo poteva
ritenersi soddisfatto anche senza un “trofeo” materiale da portarsi via [ NdA: le chiavi dell'auto,
scagliate in un prato li vicino, potevano fungere da fantasmagorico palliativo. Con stizza, e comunque con
intelligenza, vennero buttate via e non conservate alla mercé dall prima perquisizione che gli fosse piombata in
casa: “Le chiavi, estratte dal quadro, erano poi state buttate a distanza sul lato del dosso, in un campo
prospiciente una stradina sterrata che portava verso Fezzana” – Fonte La Nazione 23 giugno 1982, come riportato
nel blog Calibro22 Blogspot].

Ma il duplice delitto di Baccaiano, non è solo questo. Siamo nel 1982, un anno denso di
eventi.
Alcuni giocheranno contro il SV, altri, al momento, saranno ancora una volta sfacciatamente
in suo favore.
Il delitto di Baccaiano e la sua finestra temporale di cornice infatti, ci mettono tra le mani un
momento topico quasi quanto quello di castelletti di Signa del 1968. Sovrapposizione di livelli

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di dati ed informazioni ed avvenimenti.


Come al solito, è dovere primo riuscire ad identificare questi, far pulizia dello spurio, capire
come si legano l'uno all'altro e soprattutto cosa implicano: sia singolarmente sia a livello di
“unica storia” del MdF e del SV.

Dopo il capitolo sulla ricostruzione della scena del delitto, annessi e connessi, affronteremo
anche questo compito.

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Baccaiano, ricostruzione e perizie

Come è noto, anche in questo delitto, duplice, non vennero compiute escissioni. Tale assenza
però non è attribuibile a precisa scelta del MdF.
A differenza dei precedenti e futuri delitti nel 1982 la coppia in intimità in un auto è
parcheggiata sul ciglio di una strada; strada abbastanza trafficata.
Come su detto, di primo acchito, la scelta può sembrare particolarmente rischiosa [ NdA: ed
indubbiamente lo fu]. Avventata. Quasi al limite di una impossibilità assoluta di contenersi da
parte del MdF di uccidere, o di un “desiderio del brivido” e “sfida” in piena escalation.

Come normale, la verità probabilmente risiede in un mix delle differenti ipotesi su


menzionate, con aspetti di una o dell'altra che possono vantare maggior peso pur non
permettendo di escludere né a priori né a posteriori gli altri.

Ma se da un lato “grosso rischio” vi fu, ed è innegabile, è altresì vero che anche altri
parametri debbono essere valutati; e una volta messi in gioco anche quelli, ci si accorgerà di
come almeno a livello iniziale, tale scelta fosse molto meno rischiosa di quella che appare e
ovviamente meno rischiosa di quello in cui si tramutò. Già l'abbiamo accennato.

A questo indirizzo:
https://www.dropbox.com/s/ofdeabvf9a4z1ie/baccaiano.skp?m=
potete trovare una ricostruzione in 3D, navigabile in prima persona e millimetrata, del luogo
del delitto.
Tale ricostruzione, che ho modellato un po' di tempo fa, contiene alcuni errori [ NdA: di poco
conto, come l'attribuzione della linea bianca ortogonale alla strada come tracciata da chi fece i rilievi, invece che
come la corretta linea di arrivo di una corsa ciclistica percorsa poco tempo prima ] nelle citazioni inserite, ma
è sufficientemente di impatto per far capire l'ambito fisico “pubblico” in cui il duplice delitto si
svolse.
Si noti che per una corretta fruizione scenica, le luci andrebbero impostate su quelle della
notte del delitto: “novilunio” [Perizia De Fazio], ossia con una oscurità quasi completa.

Guardano il “prima persona” il posto, nelle sue condizioni di oscurità, ben ci si accorge quindi
che, non fosse stato per il movimento dell'auto [ NdA: tentativo iniziale di fuga del Mainardi o semplice
ed involontario rilascio della frizione a causa dei colpi che lo avevano attinto ], anche in questo caso il MdF
avrebbe avuto tutta la possibilità e la tranquillità del caso per compiere le escissioni.
Immaginare invece che il MdF sia entrato in auto quando l'auto ancora era nella piazzola, si
ritiene invece decisamente escluso, in primis visto dove i bossoli vennero repertati sul
terreno.

NOTA: Una precisazione prima di continuare:


in merito alle possibili ricostruzioni di tale delitto, è da segnalare quella che vede il MdF, ad un
certo punto dopo che ha esploso i primi colpi, entrare nell'auto e mettersi alla guida della
stessa [NdA: leggasi in proposito il dettagliato documento “Il Rasoio di OccaM...acconi (ovvero La Notte dei
Salami)” - scritto da De Gothia].
In questo documento di studio, non mi occuperò di tale analisi in quanto indifferente alla
parte di ricostruzione di interesse di questo documento. In merito mi limito a dire che, pur
avendo anch'essa alcuni punti “incerti”, risulta essere l'unica in grado di fornire coerenza tra
alcune dichiarazioni di testimoni oculari e risultanze fisiche di dove l'auto venne ritrovata.

Ossia, a detta dello scrivente non appare scartabile per risultanze logiche, un ingresso del
MdF nell'auto [NdA: Vedasi testimonianze e reiterazione della conferma delle stesse da parte dell'Allegrati e
altri testimoni, ad esempio, in merito a dove realmente il corpo del Mainardi venne trovato: “Lorenzo Allegranti
intervista su Visto”, e Udienza del 16 dicembre 1997 - Lorenzo Allegranti ], ma con l'auto ancora nella
piazzola.

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Leggiamo qualche estratto della Perizia De Fazio:


• “La piazzola ai margine della strada è circondata da vegetazione folta.” [Perizia De
Fazio]

• “Sulla piazzola furono recuperati frammenti di vetro.” [Perizia De Fazio]

• “il vetro anteriore sx. Rotto” [Perizia De Fazio]

• “il parabrezza presentava un foro nella metà sinistra.” [Perizia De Fazio]

• “Il sedile anteriore sx era leggermente reclinato e sia su di esso che sul sedile
posteriore si repertavano larghe chiazze di sangue.” [Perizia De Fazio]
• “
• “-Bossoli: sono stati rinvenuti 9 bossoli, di cui tre sulla piazzola posta a destra della
carreggiata, due sulla strada, tre davanti all'autovettura ed uno all'interno di essa.”
[Perizia De Fazio]

• REPERTI NECROSCOPICI SU MAINARDI PAOLO [Perizia De Fazio]


▪ era ancora vivo e fu subito trasportato all'Ospedale di Empoli, ove giunse alle
ore 0,30 del 20 giugno in stato di coma profondo. [Perizia De Fazio]

▪ E' morto qualche ora dopo, alle ore 8, senza aver ripreso conoscenza.
[Perizia De Fazio]

▪ Un colpo alla tempia sx. [Perizia De Fazio]

▪ Un colpo all'orecchio sx. [Perizia De Fazio]

▪ Un colpo al di sotto dell'emimandibola sx [Perizia De Fazio]

▪ Un colpo alla spalla sx. [Perizia De Fazio]

▪ Sono state inoltre riscontrate ecchimosi periorbitarie bilaterali, più accentuate a


sx., ecchimosi alla guancia sx., due escoriazione con alone ecchimotico sulla
parete anteriore del torace e dell'addome ed agli arti superiori; segni di
agopuntura con alone ecchimotico alle regioni sottoclaveari bilateralmente ed
alle pieghe cubitali, numerose, minute escoriazioni superficiali dell'epidermide,
circondate da piccoli aloni ecchimotici, nell'area temporo-auricolare sinistra.
[Perizia De Fazio]

Si noti che dei 4 colpi di Calibro22 L.R., 3 sono stati ritenuti nel corpo della vittima

Non me ne vogliano se in questo caso eviteremo di riportare citazioni inerenti alla vittima
femminile. In questo caso, vista la mancanza di escissioni, di sfregio del cadavere con l'arma
bianca, e soprattutto a causa dello spostamento dell'auto, tali informazioni non sono di
interesse per questo studio [NdA: così come altri dettagli del sopralluogo periziale risultano bypassabili per
simili ragioni].
Scopo di questa breve disamina infatti, è solo quello di illustrare come nella mente del MdF, la
scelta pur di un'auto sul ciglio della strada, non rappresentasse inizialmente un rischio
insormontabile.
Solo il caso o una pronta reazione del Mainardi, o comunque solo il fatto che l'auto si mosse,
in retromarcia, andando almeno ad occupare parte delle carreggiate dei due sensi di marcia,
complicò la vita del piano del mostro, costringendolo a proseguire l'azione in un modo non

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precedentemente pianificato.

Infatti, il mostro arrivò accanto all'auto, lato frontale/lato guida e come suo solito sparò al
bersaglio maschile per primo.
Ma, visto che il rapporto tra i due era già stato consumato, come il profilattico attesta, è da
immaginare che il mostro, per una volta, sia arrivato “in ritardo” sulla scena del delitto, ossia
con le vittime non più in pieno stato di distrazione l'un per l'altra.

• “Nell'auto è stato rinvenuto un fazzolettino di carta che era stato usato per pulire
liquido seminale ed un profilattico usato, annodato e contenente liquido seminale.”
[Perizia De Fazio]

• “essendo l'azione attendibilmente iniziata sulla piazzola posta a destra della


carreggiata, per proseguire poi durante lo spostamento dell'auto, in retromarcia, fino
al margine opposto.” [Perizia De Fazio]

Senza star a scomodare le tre ipotesi di ricostruzione accennate nella Perizia De Fazio, e
senza nulla togliere o aggiungere alla ricostruzione proposta dal De Gothia, tenendo presente
che:
• il rapporto era già ultimato [NdA: non esistono certezze se il profilattico ritrovato facesse
riferimento ad un rapporto appena consumato o ad uno consumato da “tempo”, ma siccome è più facile
che a rapporto terminato un profilattico, usato ed annodato, venga buttato fuori dall'auto, a detta dello
scrivente, tale profilattico è da attribuire ad un rapporto consumato da poco. Anche il fatto che tempo
prima l'auto del Mainardi sia stata vista già parcheggiata in loco da suoi amici che passavano in
macchina, depone a favore del fatto che la coppia avesse avuto tempo sufficiente per vivere tale atto ].
La tempistica di questo delitto, ben nota e sicura, ci aiuta nel sostenere quanto scritto
nella nota qui sopra. Infatti:

▪ “ore 23:15: Due amici di Paolo Mainardi, passando per via Virginio Nuova,
notano la 127 Seat (targata Fi A90112) ancora parcheggiata nello spiazzo”
[Fonte: Calibro22 Blogspot]

▪ “ore 23:30 \ 23:35: Un tal Carlo Carletti testimonia contestualmente la


presenza della 127 sulla piazzolina, con la plafoniera accesa e i vetri semi
appannati. Dira' pure di aver notato il ragazzo seduto al posto di guida” [Fonte:
Calibro22 Blogspot]

▪ “Tra le 23:40 e le 23:50 : Due giovani su una fiat 128 (alcune fonti indicano
invece un motorino), Adriano P. e Stefano C., fanno un primo passaggio
davanti all'auto incastrata nel fosso”. [Fonte: Calibro22 Blogspot]

• il Mainardi risultava già rivestito [NdA: vedasi immagine: - e “Entrambi i ragazzi furono trovati
vestiti” - Fonte: Insufficienza di Prove ]
]
• al momento iniziale degli spari il Mainardi doveva obbligatoriamente essere al posto di
guida [NdA: abbondanti tracce ematiche a conferma - “ Sullo schienale del sedile di guida,
ritrovato reclinato (Fig.8A), e' presente un estesa macchia di sangue, mentre un'altra
macchia strisciata si estende lungo il lato dx del medesimo sedile.” - vedasi immagine]

• lo spostamento dell'autovettura

Sono dunque, ad avviso dello scrivente, plausibili principalmente due modalità iniziali
d'azione.

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Entrambe, a loro volta, principiano con due possibilità:

1) La prima:
Il mostro, stava percorrendo “strada provinciale Via Nuova Virgilio" [Perizia De Fazio],
probabilmente ritornando da un apposito giro a controllare uno o più luoghi, più appartati,
dove sperava di trovare una coppia da uccidere [NdA: il fatto che avesse con sé l'arma per uccidere, e
probabilmente prodotti per pulirsi, guanti per non lasciare impronte e presumibilmente anche l'arma bianca pur
non usata in questo frangente, indica in maniera univoca che quella notte il mostro usci appositamente a caccia di
una coppia da uccidere ]. La posta gli era andata male; l'orologio stava cominciando a spostare le
lancette verso un'ora in cui sapeva più difficile trovare coppie. Decise dunque di o tornare
verso il suo luogo sicuro, o di provare a dare un'occhiata presso qualche altro anfratto di
intimità a lui non ignoto.
Passando, notò il retro dell'auto del Mainardi. Avendo conoscenza della zona, e l'area
retrostante il luogo dove erano parcheggiati, ha subitaneamente deciso per la fattibilità
dell'assalto in quel luogo.

2) la seconda:
magari proprio in virtù di una festa di paese [ NdA: “La sera del delitto di Montespertoli,
Baccaiano è illuminato a giorno perché c'è una sagra ”. - Insufficienza di Prove – Dichiarazioni
dell'Avvocato N. Filastò – Ma vedasi anche “nel paese di Cerbaia è in corso la festa del Santo
patrono” - Fonte Wikipedia] e della pregressa conoscenza della zona, il mostro sapeva che lungo
la strada avrebbe potuto incontrare parecchie coppie intente in atteggiamenti intimi
• “la strada è molto trafficata quel sabato sera, ci sono coppiette appartate un pò
ovunque” [Fonte: http://confidentialcrimecasebook.wordpress.com/]

• “vicino al bivio per il castello di Poppiano era ferma un'altra auto con due fidanzati che
stavano chiacchierando e avevano lasciata accesa la luce dentro l'abitacolo” [Fonte: da
“Dolci Colline di Sangue” - M. Spezi – D. Preston]

• “una coppia di fidanzati, Graziano e Concetta, che dicono di aver sentito dei colpi poco
prima, forse degli spari di pistola, mentre stavano parcheggiati un pò più giù, a circa
800m” [Fonte: http://confidentialcrimecasebook.wordpress.com/]

• “200m più giù c’è una stradina sulla destra che porta dietro il torrente
Virginio, che a Giugno è in secca”. [Fonte: http://confidentialcrimecasebook.wordpress.com/]

Quale delle due versioni, non è dato sapere. Così come con certezza non è dato sapere quale
delle due ricostruzioni qui sotto descritte, rappresenti la realtà dell'inizio della azione
omicidiaria e del perché del movimento iniziale dell'auto:

a)Uno:
ultimato il rapporto, il Mainardi aveva appena messo in moto l'auto [ NdA: magari solo per
disappannare i vetri, aspettando che la sua compagna terminasse di rivestirsi ], ma con l'accensione
contestuale dei fari non poté non notare la figura del MdF alla sua fronte/sinistra.
Il MdF di istinto reagì sparando ed incapacitando il Mainardi stesso.
Privo ormai di conoscenza e forza, il piede del Mainardi smise di far pressione sulla frizione e
l'auto così, “involontariamente”, iniziò la sua parziale marcia all'indietro [ NdA: “retromarcia
innestata” Perizia De Fazio]. Altrettanto può essere successo col piede destro, sull'acceleratore che ricevette una
maggior pressione dovuta per inerzia al peso del corpo o ad un involontario e riflesso allungamento della gamba
sotto impulso nervoso dovuto alle ferite]

b)due:
Ultimato il rapporto, il Mainardi appena accende l'auto e dunque i fari [ NdA: erano arrivati alla
piazzola che era già buio e quindi coi fari accesi e spegnendo l'auto si spegnevano anche i fanali ], notando la

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figura del mostro, da gas al motore per scappare [ NdA: inserì la retro, o forse più probabilmente già
era inserita, ma non ebbe tempo di togliere il freno a mano - “ freno a mano inserito” - Perizia de Fazio. Pur col
freno a mano tirato, fosse anche solo a “saltelloni”, l'auto avrebbe avuto la possibilità di spostarsi all'indietro ]. Il
mostro spara incapacitandolo. Ma tra il momento in cui viene colpito la prima volta [ NdA: forse
il primo colpo è quello che lo attinge alla spalla o all' emimandibola ] e quando il corpo ormai privo di
volontà smette di far pressione col piede sull'acceleratore, l'auto già si è spostata in mezzo
alla strada. Lo sterzo già era in posizione, vista anche la manovra compiuta per entrare,e
dunque l'auto percorse la nota traiettoria.

In entrambi i casi, pur per quanto fisicamente non impossibile, è difficile immaginare che
l'auto, senza più una persona a guidarla, abbia percorso tutta la distanza fino a dove è stata
ritrovata, finendo per incastrasi nel fossato dall'altra parte della carreggiata al punto da
rendere impossibile l'apertura della portiera [NdA: lo sportello sinistro, risulterà addirittura incastrato
nel fossato, impedendo l'apertura dello stesso, segno evidente che l'auto arrivò in quel punto con una qual certa
dose di forza di movimento - “fu ritrovata sul margine sinistro della strada, con le ruote posteriori nel fossato”
-Perizia De Fazio].
• “lo sportello sinistro risulto' bloccato a causa della deformazione della scocca dell'auto
e venne conseguentemente forzato allo stesso modo (Storia delle Merende infami,
pg.393).”
▪ tale informazione a detta dello scrivente implica che l'auto nel fosso ci entrò con
una certa “forza” ed una certa “velocità”. Quindi o si presuppone che il Mainardi
sia rimasto cosciente più a lungo del previsto, o pare più logico un maldestro ma
necessario e repentino, intervento del mostro alla guida dell'auto mentre la
stessa si trovava in mezzo alla strada. La fretta, la scomoda posizione e la paura
che altre auto potessero sopraggiungere, portarono il MdF a sbagliare manovra e
a far incagliare l'auto.

Comunque, viste le incertezze impossibili da dirimere, e vista la bassa influenza che una
simile differenza di ricostruzione incide sul quanto portato avanti in questo documento di
studio, ci siamo limitati ad accennare alle varie possibilità senza la necessità di doverne
sposare con forza una rispetto ad un altra.
Sia quale sia infatti, non lo sapremo mai, quindi più di tanto non vale la spesa starci a
discutere sopra. Così come non sapremo mai se il MdF, si sia messo realmente al volante ma
che data l'incomodità della posizione di guida e la fretta, abbia lui sbagliato manovra.
Nemmeno sapremo mai, nel caso non l'avesse impantanata, se il MdF avrebbe
semplicemente voluto riportarla alla posizione in cui l'aveva trovata o avrebbe voluto guidarla
fino ad altra località [NdA: delle due, la prima opzione è certamente la più plausibile per la brevità di tragitto,
e perché già aveva deciso che quel posto andava bene per compiere il suo agguato mortale ].

Quello che è più interessante da far notare, come già accennato, è che dove era parcheggiata
la macchina inizialmente, lato muso, era presente
• “vegetazione folta” [NdA: vedasi ad esempio l'immagine]

• “la piazzola è circondata da vegetazione folta, al di là della quale potevano, in ipotesi,


essere messi in atto i rituali ormai consueti” [Perizia De Fazio]

• “La Seat entrò, ma appena per pochi metri, a destra in una specie di sentiero
protetto da alberi e rampicanti” da “Dolci Colline di Sangue” - M. Spezi – D. Preston]

• “200m più giù c’è una stradina sulla destra che porta dietro il torrente Virginio, che a
Giugno è in secca”. [Fonte: http://confidentialcrimecasebook.wordpress.com/]

Questo ad indicare che una volta uccisa la coppia a colpi di pistola, nonostante il passaggio di
auto lungo la strada fosse abbastanza frequente, al mostro sarebbe bastato aprire quel tanto

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che bastava lo sportello lato passeggero per estrarre il corpo della vittima femminile per
trascinarlo al di là della prima boscaglia per compiere le “solite” macabre escissioni.

Certo, bisogna farlo mentre non passava nessuna auto, ma per quanto trafficata la strada il
via vai non era una coda continua di auto [ NdA: vedasi il numero dei testimoni], dunque una
operazione più scomoda che rischiosa verrebbe quasi da dire.

Visto l'angusto spazio di parcheggio dell'auto, visto che la piazzola era circondata da folta
vegetazione, vista la notte di novilunio, visto che alle auto di passaggio, di sfuggita e di lato,
era a vista solo il retro dell'auto, visto che il lunotto posteriore rimase intatto, non risulta allo
scrivente improbo immaginare che:
• in assenza di fuga e movimento dell'auto, il MdF non avrebbe esitato, e senza
nemmeno rischiare più di tanto, a spostare il corpo femminile fuori dall'auto, fin dietro
la boscaglia della collinetta, e compiere le escissioni [ NdA: i alcune discussioni su forum, si
era accennato alla presenza di una piccola radura poco oltre le siepi e gli alberi che circondavano la
piazzola, all'epoca. Traccia di tale radura non l'ho però incontrata nella lettura della documentazione
ufficiale]

• nonostante il frequente passaggio di auto e motorini, l'area era abbastanza ben


coperta da sguardi indiscreti; talmente ristretta attorno all'auto, da evitare la presenza
di estranei guardoni, o almeno da renderne in automatico nota la presenza al MdF
[NdA: e coi guardoni il MdF già aveva rischiato parecchio in precedenza ]

• quand'anche un auto di passaggio, di notte, tra la vegetazione, avesse visto una figura
a lato dell'auto, questa, a meno che non fosse stata intravista in evidenti atteggiamenti
omicidiari, non avrebbe creato alcun sospetto, specie nel caso in cui una portiera
dell'auto fosse risultata anche aperta [ NdA: si sarebbe tranquillamente potuto pensare che uno
degli occupanti fosse sceso dall'auto, ad esempio per fare un bisogno fisiologico ].
▪ Ovviamente cosa diversa sarebbe stato se l'auto di passaggio avesse inquadrato
nei fari la figura di un uomo che porta di peso verso la boscaglia un corpo
inerme; ma anche questo caso è poco plausibile: di notte la luce dei fari avrebbe
avvisato il mostro dell'avvicinarsi di un auto, e gli sarebbe semplicemente
bastato lasciar cadere il corpo a terra, oppure abbassarsi con lo stesso, per
evitare di creare sospetti

• Il finestrino laterale sinistro e il foro sul parabrezza [ NdA: ipotizzandolo come primo sparo ],
non avrebbero potuto essere notati da un auto di passaggio
▪ Cosa che invece sarebbe stata molto più facilmente notata se l'auto con alla
guida il MdF avesse voluto percorre un tratto di strada per raggiungere una
diversa località.

A detta dello scrivente, tali informazioni sono utili per meglio inquadrare il profilo
“emozionale” del mostro quella notte.
Se è corretto da un lato leggervi un dato di probabile “estemporaneità”
] e “irrefrenabile pulsione”, dall'altro come visto, è altrettanto invece possibile leggervi una
buona preparazione, non meno mirata alla “protezione” di sé che puntata al gusto del rischio
puro come necessità di pulsione.

Sui dettagli ricostruttivi, ci fermiamo qui. Non per mancanza di spunti di approfondimento
[NdA: basti pensare alle differenti interpretazioni sulla posizione/sedile su cui in Mainardi venne ritrovato, per fare
un esempio], ma ben più semplicemente perché a fronte di particolari fisici contingenti che non
possono essere determinati, a livello di questo documento di studio, uno puro elenco di
possibilità più o meno logiche, più o meno probabili, non andrebbero a modificare nulla
nell'impianto di ragionamento.

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Per chi volesse comunque approfondire l'argomento, si consiglia vivamente la lettura


dell'articolo: “Il Mostro di Firenze-Baccaiano di Montespertoli-19 Giugno 1982.”, pubblicato su
http://confidentialcrimecasebook.wordpress.com, di sicuro il miglior articolo di dettaglio
leggibile in merito.

Vale solo la spesa ricordare che “Non furono fatti rilievi volti ad individuare eventuali
impronte digitali sul volante dell'auto”, e quindi anche ammesso che il MdF quella notte non
avesse indossato guanti per non lasciare impronte, ed effettivamente avesse lui manovrato
l'auto anche solo per pochi metri, questa ipotesi non potrebbe essere avallata da perizia.

Inoltre, sempre in tema Baccaiano, ci sono ancora molti altri particolari, e più significativi, da
prendere in considerazione, sia livello generico MdF, sia a livello particolare di riferimento al
SV.

Prima di passare ad affrontarli, permettetemi di chiudere questo, toccando il tema del


“tempo”, ossia di quanto durò in questo caso, l'azione assassina annessi e connessi.
Per farlo, ricorrerò a “prendere in prestito” le parole dall'articolo su citato. Inutile riscrivere
delle parole che già sono state scritte in modo egregio e limpido [ NdA: spero gli autori non me ne
vogliano per la lunga citazione]:

“Dalle diverse testimonianze raccolte risulta con certezza quanto segue:

• ore 22:30. Paolo Mainardi e Antonella Migliorini escono dall’ abitazione di un amico di
famiglia, certo Leopoldo Pescini, residente in Montespertoli, e dicono che vanno “a fare
una giratina”.

• ore 23:15. L’auto di Mainardi viene notata in sosta sullo spiazzo teatro dell’ omicidio
da alcuni amici di Paolo, che riconoscono l’auto, mentre salgono la via Virginio Nuova a
bassa velocità con una Simca Ranch in direzione Baccaiano.
▪ Questi ragazzi riferiscono anche che, giunti all’ altezza del bivio di Poppiano e
appena superato il bivio, quindi 800 metri più in alto rispetto a dove sono fermi
Paolo e Antonella, vengono sorpassati da due auto che transitavano nello stesso
senso di marcia, una Fiat 126 rosso scuro con portapacchi, con un solo
conducente, e una Fiat Ritmo di colore chiaro. La prima a velocità
normale/lenta, la seconda velocissima.

• ore 23:30. L’auto di Mainardi è ancora sullo spiazzo. Viene riferito da un conoscente
del Mainardi, titolare all’epoca della scuola guida di Montespertoli, il quale riferisce di
essere sicurissimo dell’orario perché controllava spesso l’orologio dal momento che
doveva tornare a Montespertoli a una certa ora.

• ore 23:30/23:35. L’auto di Mainardi è ancora sullo spiazzo, con la luce interna dell’
abitacolo accesa.
Lo riferisce Francesco Carletti, un amico del Mainardi, che asserisce di aver visto il
ragazzo dentro l’auto, al posto di guida, anche se a causa dei vetri appannati non può
essere sicuro al 100% sulla fisionomia.

• ore 23:40/23:45. L’auto si trova già sul lato opposto allo spiazzo, fuoristrada. Le luci
dell’abitacolo sono spente.
Viene riferito da Adriano Poggiarelli e Stefano Calamandrei, i due ragazzi di
S.Pancrazio, che passarono una prima volta mentre andavano al Bar sportivo di
Baccaiano e che poi tornarono indietro.

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• ore 23:45/23:50 Poggiarelli e Calamandrei, tornati indietro per vedere l’accaduto,


incontrano un altra coppia, anch'essa fermatasi sul luogo dell’omicidio, Graziano Marini
e Concetta Bartalesi, che riferiscono di aver sentito tre o quattro colpi di pistola
qualche minuto prima, mentre sostavano a 800 metri di distanza più giù, in direzione
Certaldo/Fornacette. Confermano l’orario di arrivo poco dopo le 23:45.

Dunque è certo che l’azione si sia svolta in un brevissimo arco di tempo, probabilmente non
più di 5 minuti.” [Fonte: http://confidentialcrimecasebook.wordpress.com/2013/03/10/il-mostro-di-firenze-la-
storia-baccaiano-di-montespertoli-19-giugno-1982/ ]

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Baccaiano: i dettagli di contorno

Come anticipato, ricostruzione fisica a parte, su Baccaiano aleggiano altri particolari degni di
nota.
1. posizione in cui venne effettivamente ritrovato il corpo del Mainardi [ NdA: sedile anteriore
o sedile posteriore], di cui però non ci occuperemo come già detto

2. diffusione del primo identikit (e conseguenze)

3. il Mainardi incontrato ancora vivo dai soccorritori e la scelta della Della Monica di
chiedere ai giornali di pubblicare che avesse o avrebbe potuto raccontare qualcosa

4. telefonate anonime all'autista dell'ambulanza che portò il corpo in limite vite del
Mainardi all'Ospedale di Empoli

5. l'involucro del medicinale Norzetam, rinvenuto nelle vicinanze del luogo del delitto

Non bastassero questi “piccoli particolari”, è bene tener presente che nel post delitto:
1. gli investigatori fecero il primo collegamento con il delitto di Castelletti di Signa

2. il G.I. Mario Rotella praticamente riaprì le investigazioni su tale delitto, riportando


all'attenzione tutti i nomi dei “sardi” già sentiti all'epoca [NdA: dunque anche il SV]

3. Il clan Mele, tramite Giovanni Mele, consegna a Stefano Mele il famoso bigliettino in cui
viene citato lo “Zio Pieto”

4. Stefano Mele, accusa apertamente ed insistentemente Francesco Vinci, e non fa parola


di Salvatore [NdA: Salvatore Vinci era stato suo amante ai tempi della Locci. Francesco no ]

5. a seguito di tale nuove attenzioni verso il delitto di Signa, il 15 agosto 1982 finì dietro
le sbarre Francesco Vinci, fratello di Salvatore [ NdA: ufficialmente fu arrestato per
maltrattamenti alla moglie: “(arresto di F. Vinci per maltrattamenti)” - Sentenza rotella]

6. Salvatore Vinci viene sentito dalla Dottoressa Silvia Della Monica e dal dottor Pier Luigi
Vigna [NdA: “30 agosto 1982” - Sentenza Rotella]

7. nel dicembre 1982, viene acquisto dal Dottor Tricomi, il fascicolo sulla morte di
Barbarina Steri: “Solo il G.I., Dott. Vincenzo TRICOMI, a seguito di sua specifica
richiesta diretta al Nucleo Operativo, del 29.11.1982, acquisisce in data 16.12.1982,
tramite la Tenenza Carabinieri di Villacidro, il Rapporto Giudiziario n. 7 del 19.1.1960,
della Stazione omonima, relativo al decesso di STERI Barbarina e poi accantonato. -
[Rapporto Torrisi 311/1]

E a tutto questo, e per anche tutto questo, dobbiamo ancora aggiungere le riflessioni sullo
“stato d'animo” del mostro.
• euforia o depressione?

• Invincibilità o paura di venir catturato?

Andiamo comunque ad affrontare i temi enunciati (escludendo il primo punto sulla posizione
del corpo del Mainardi), valutandoli nell'ottica di questa ipotesi di studio, ossia in riferimento
al SV:

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a) diffusione del primo identikit (e conseguenze)


Tale identikit venne realizzato dopo il delitto di Calenzano, dell'ottobre 1981, ma non venne
all'epoca pubblicamente distribuito per evitare inutili cacce alle streghe da parte dei cittadini.
Sulla scia dell'emozione straziante del delitto del 1982, venne pubblicato dalla stampa

Qui una immagine del SV nel 1968, età 32 anni:


LINK: http://multimedia.quotidiano.net/data/images/gallery/2013/55534/5.JPG
Qui l'immagine diffusa come identikit:
LINK: http://nottecriminale.files.wordpress.com/2011/12/identikit-mostro-1982.jpg

Come si vede facendo un raffronto tra le due immagini, la somiglianza con il SV è minima.
Non possiamo però basarci su questo dato per escludere il soggetto in attenzione.

Infatti:
– di tale identikit non si ha alcuna prova che effettivamente ritragga il mostro [ NdA:
leggasi ad esempio il titolo de l quotidiano dell'epoca “La Città”: “abbiamo un identikit, non ancora un
mostro” - 30giugno 1982]

– gli identikit sono ricostruzioni grafiche su ricordi di persone, e quindi possono essere
soggetti a mal ricordo e/o a mal raffigurazione grafica

– la diffusione di tale “anonimo” identikit” scatenerà una triste caccia alla streghe e il
sorgere delle più disparate ed infondate voci. La stessa stampa, arriverà a pubblicare
titoli come: “Troppe voci sul mostro provocate dall'identikit” [NdA: fonte - La Città 3 Luglio
1982. ]

– in merito alle testimonianze su “indiani” e “aggressivi guardoni” già abbiamo fornito


ampia discussione in merito [NdA: Vedasi capitoli: Travalle di Calenzano, 1981 bis – Il delitto
"fotocopia", nello specifico su Tarvalle, Il guardone molesto di Borgo San Lorenzo, per Borgo
San Lorenzo 1974 e Il guardone che non guarda e il perché del delitto del 22 ottobre, per il
delitto del 1981bis]

Per quanto l'identikit non assomigli al SV, dato che andrebbe annoverato a suo favore, della
reale validità di tale identikit, ossia che effettivamente rappresenti – e correttamente – volto
e capigliatura del mostro: è lecito altamente dubitarne, visto anche il numero di persone che
in quegli anni fece le spese di una popolare ed insensata caccia all'untore basata su dicerie e
vaghe somiglianze.

b) l'involucro del medicinale Norzetam, rinvenuto nelle vicinanze del luogo del
delitto
In merito a tale involucro, già ho ampiamente discusso l'argomento nell'apposito capitolo
[NdA: vedasi capitolo : Del Norzetam].
Per comodità del lettore, riporto comunque qui le conclusioni lì in merito espresse:

Ossia, per quanto assolutamente non provato né raggiunto per esclusione, che tale farmaco
sia stato assunto dal mostro, e proprio quella notte., il dato, specialmente connesso col SV
porta con sé, pur nella aleatorietà, un suo grado di plausibilità e coerenza probabilistica in
quanto:

• nel caso sia effettivamente stato assunto dal MdF, il dato non sarebbe in contrasto con
quanto abbiamo saputo circa i traumi (fisici e mentali) subiti dal SV; anzi ne
aggiungerebbe coerenza e riscontro

• Nel caso non fosse stato assunto dal MDF, non sarebbe comunque interpretabile come

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valore a “discolpa” del soggetto indicato

c) gli investigatori fecero il primo collegamento con il delitto di Castelletti di Signa

19 giugno 1982: delitto di Baccaiano

20 luglio 1982: Dopo il delitto di Baccaiano, grazie al lavoro e alla segnalazione del
Maresciallo Fiori, alla serie omicidiaria 1974-1982, viene collegato anche il delitto del 1968 di
Castelletti di Signa: per identità di arma e bossoli:
“Venuta meno la 'pista Spalletti', un portantino di Montelupo arrestato durante le indagini per
il duplice omicidio del 1981 di Scandicci ed escarcerato in seguito a quello di Calenzano, le
indagini non avevano un filo conduttore.
Questo filo sarebbe stato offerto dal ricordo del m.llo Fiori, in servizio presso il Comando
Gruppo Carabinieri di Firenze, e nel 1968 alle dipendenze della Compagnia di Signa.
Egli rammentava al comandante del Reparto Operativo, T. Col. Dell'Amico, che in quell'anno
dirigeva il Nucleo Investigativo dello stesso Gruppo, che nel 1968, appunto, era stata uccisa
una coppia in Castelletti di Signa a colpi di pistola. L'arma non era mai stata rinvenuta. Un
colpevole era stato trovato in persona del marito della donna uccisa, per quanto se ne sapeva
condannato dalla Corte d'Assise di Firenze nel 1970 (cfr.: le escussioni merito, in vol. 5/B,
fasc. 3). Effettuati opportuni riscontri, si accertava che il condannato, Stefano Mele, aveva
subito tutti i gradi di giudizio ed uno di rinvio a Perugia.
Il G.I. dell'epoca, avvertito, disponeva il recupero del fascicolo processuale. Intorno al 20 di
luglio del 1982 esso si trovava sul suo tavolo” [Sentenza Rotella]

I restanti punti successivi, come spesso accade parlando ed analizzando le vicende del
mostro di Firenze, risultano “intrecciati” e quasi inseparabili tra loro, con balzi in avanti ed
indietro nel tempo. Dati che possono sembrare “slegati” tra loro assumono invece diretta
connessione; oggetti dal futuro è come se si materializzassero nel passato. Illustrarli e
spiegarli in “poche” parole non è facile.
Facciamolo in un apposito dedicato capitolo, il successivo.

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Il 1982 come il 1968: gli anni chiave e i complessi intrecci

La riapertura delle indagini sul delitto di Castelletti di Signa del 1968, obbliga nel 1982 ad
interrogare il Salvatore Vinci, obbliga il Mele Stefano a fare nuove dichiarazioni, obbliga – a
causa di alcune incaute frasi del SM rivalutate– ad acquisire il fascicolo sulla morte di
Barbarina Steri.
Le “ferme” accuse del SM, non contro il Salvatore suo ex amante ai tempi della Locci,
porteranno all'arresto del Francesco Vinci [NdA: ufficialmente per violenze sulla moglie].
Le contemporanee indagini e scelte investigative sul delitto di Baccaiano, portano alla
pubblicazione di un identikit che seminerà più panico e fantasia che risultati concreti; verrà
messa in giro la voce che il Mainardi prima di morire avesse avuto la forza di raccontare
alcuni particolari, cosa che a sua volta pare essere causa delle anonime telefonate ricevuta
dall' Allegranti Lorenzo, che guidava l'ambulanza che portò all'ospedale il Mainardi.

Fosse solo questo, potremmo andare tranquilli, seguire una logica a scadenza temporale un
passo alla volta.
Ma anche sta volta c'è di più. E questo “di più”, arriva dal “futuro”, ossia son dati puntuali che
verranno accertati sono anni dopo ma che non possono essere visti come non connessi con
tutto ciò che riguarda la finestra temporale tra il delitto del giugno 1982 e il successivo delitto
del settembre 1983.

Per permettere una lettura priva di troppi “strappi e spiegazioni di dettaglio, dove è stato il
caso, si rimanda agli altri capitoli di pertinenza dove gli argomenti sono stati esposti nel
dettaglio;

Procediamo dunque con un “facilitante” e certo ordine cronologico:


6 giugno 1981: Mosciano di Scandicci. Il mostro uccide (ma le prime pagine gli vengono
rubate dall'arresto dello Spalletti)

22 ottobre 1981: Travalle di Calenzano. Di fretta, prima dell'arrivo dell'inverno, il mostro


colpisce nuovamente

19 giugno 1982: delitto di Baccaiano (i giornali pubblicheranno la notizia che forse il


Mainardi ha fatto a tempo a raccontare qualcosa)

20 giugno 1982: Francesco Vinci sparisce dalla sua casa di Montelupo Fiorentino, e
nasconde la propria autovettura a Civitella Marittima, in provincia di Grosseto [ NdA: per motivi
che nulla hanno a che fare coi delitti come in seguito verrà appurato: “ La Procura di Firenze pone sotto
controllo il telefono di casa Vinci [NdA: Francesco], che fa perquisire. Le intercettazioni
sembrano dimostrare che Vinci non sappia esattamente il perché delle attenzioni
degl'inquirenti (si scoprirà poi che è coinvolto in furti commessi nella zona dove ha nascosto
l'autovettura) e la perquisizione non fornisce riscontri al suo coinvolgimento negli omicidi ”.-
Sentenza Rotella]
• Francesco “Vinci è sparito dalla sua casa di Montelupo il giorno successivo alla scoperta
del duplice omicidio di Montespertoli” [Sentenza Rotella]

• “La sua auto, (un Renault 4 ne "La leggenda del Vampa", una Fiat 125 ne "Il mostro di
Firenze" di Spezi) il 20 giugno 1982, fu casualmente trovata a Civitella Marittima, in
provincia di Grosseto” [Fonte: insufficienza di prove Blogspot]

21-22 giugno 1982: i giornali, su suggerimento della Monica, dicono che il Mainardi è
arrivato ancora vivo in ospedale e che prima di morire ha fatto a tempo a riprendersi e a
raccontare qualcosa di utile alle indagini [NdA: “'Vi chiedo di scrivere, per favore, che quando il ragazzo
è stato portato in ospedale era ancora vivo. E che, forse, ha parlato. Forse, potete scrivere, ha detto qualcosa di

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utile... Lo so, magari non servirà a niente. Ma se qualcuno si spaventa e fa una mossa sbagliata, chissà.. .'" - da
“Dolci Colline di Sangue” - M. Spezi – D. Preston]
• “Dopo il duplice delitto di Montespertoli, chiese ai giornalisti di scrivere che Paolo
Mainardi, durante il trasporto in ospedale, aveva rivelato alcuni dettagli circa
l'assalitore, così da indurre il maniaco a commettere un passo falso” [Fonte: insufficienza
di Prove]
Giorni successivi al delitto, giugno 1982: telefonate anonime all' Allegranti
• “Lorenzo Allegranti riferì inoltre d'aver ricevuto alcune telefonate nei giorni successivi il
duplice delitto. "Una voce senza accento toscano, non certamente quella di Pacciani
nè di Vanni che voleva sapere se Mainardi prima di morire aveva detto qualcosa."

• Una voce che l'aveva minacciato di morte e che lo aveva tormentato anche due
anni dopo, nel luglio del 1984, mentre si trovava in vacanza a Rimini .

• “Lo ha fatto dal 1982 al 1985, poco prima dell'ultimo duplice delitto agli Scopeti. Poi è
sparito. Quando ha smesso di uccidere ha smesso anche di telefonarmi.[ Intervista a
Lorenzo Allegranti – su “CHI”]

• “Al lunedì sono stato ai funerali dei due ragazzi: li conoscevo bene. Alle due del
mattino dopo sono stato svegliato da una telefonata. Ho risposto e ho sentito quella
voce: «Allegranti, se parla lei è un'uomo morto. Farò una strage. Si ricordi: il Mostro
colpirà ancora». E ha riattacato. Una sera dopo cena, mi ha telefonato e mi ha detto:
«Sono della magistratura. Siccome lei ha messo a verbale cose diverse da quelle
riferite dagli altri testimoni, voglio che mi racconti esattamente tutto quello che sa». E
io ho risposto: se vuole questo mi convochi in Procura o dai carabinieri. Al telefono non
le racconto un bel niente." [ Intervista a Lorenzo Allegranti – su “CHI”]

• La sua testimonianza durante il processo a Pietro Pacciani fu scarsamente considerata


poichè secondo il PM Paolo Canessa, Lorenzo Allegranti era "stato vittima di una burla".

20 luglio 1982: viene segnalato il legame tra i delitti seriali 1974-1981-1981bis-1982 e


quello del 1968 (identità d'arma e munizioni) [Sentenza Rotella]
• “...ricordo del m.llo Fiori, in servizio presso il Comando Gruppo Carabinieri di Firenze, e
nel 1968 alle dipendenze della Compagnia di Signa.
Egli rammentava al comandante del Reparto Operativo, T. Col. Dell'Amico, che in
quell'anno dirigeva il Nucleo Investigativo dello stesso Gruppo, che nel 1968, appunto,
era stata uccisa una coppia in Castelletti di Signa a colpi di pistola. L'arma non era mai
stata rinvenuta. Un colpevole era stato trovato in persona del marito della donna
uccisa, per quanto se ne sapeva condannato dalla Corte d'Assise di Firenze nel 1970
(cfr.: le escussioni merito, in vol. 5/B, fasc. 3). Effettuati opportuni riscontri, si
accertava che il condannato, Stefano Mele, aveva subito tutti i gradi di giudizio ed uno
di rinvio a Perugia.” [Sentenza Rotella]

• “Il G.I. dell'epoca, avvertito, disponeva il recupero del fascicolo processuale. Intorno al
20 di luglio del 1982 esso si trovava sul suo tavolo.” [Sentenza Rotella]

27 luglio 1982: a fronte della scoperta di identità d'arma dal 1968 in avanti, i magistrati
escutono “Stefano Mele nel Veronese, prima della riapertura delle indagini circa il duplice
omicidio del 1968 (cfr. capo IV)” [Sentenza Rotella]
• “Quella notte [NdA: del 1968 a Castelletti di Signa], come si scoprirà durante l'istruzione, e
come si riscontrerà a partire dal 1982, padre e figlio hanno parlato. Ed il primo ha
ammaestrato il secondo.” [Sentenza Rotella]

• “Dopo il primo interrogatorio, gli inquirenti non si avvedono di porre le premesse di un

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primo duplice inquinamento delle indagini. Per diradare definitivamente i sospetti


contro Mele sarebbe stato necessario:
1) approfondire come Natalino fosse giunto quella notte a casa del De Felice e perché
avesse, subito e non richiesto, riferito l'alibi del padre;
2) darsi ragione della repentina scomparsa della sostenuta malattia che avrebbe
costretto Mele (che successivamente ne avrebbe dato le più diverse spiegazioni) a 'non
preoccuparsi' del mancato ritorno della moglie e del figlio e
3) del perché al mattino era completamente vestito e con le mani sporche di grasso
(vieppiù che gli si applicava un guanto di paraffina).
L'inquinamento sarebbe stato evitato sol che gli si fosse impedito di aver rapporti
colloquiali con il figlio, che avrebbe poi detto moltissime altre cose. Viceversa il
bambino veniva affidato a lui stesso per quella notte, nonostante si pensasse di
sottoporlo a nuovi interrogatori il giorno successivo.” [Sentenza Rotella]

▪ All'epoca il SM aveva:
▪ prima professato la sua innocenza
▪ poi accusato il Salvatore Vinci
▪ poi, ritrattando, aveva accusato il Francesco Vinci
▪ poi, ritrattando ancora, aveva accusato Carmelo Cutrona
▪ poi, dopo ennesima ritrattazione, era tornato ad accusare il Francesco
Vinci, “senza più recederne” [Sentenza Rotella]

▪ All'epoca il Natalino aveva detto:


▪ prima che nessuno lo aveva accompagnato
▪ poi che lo aveva accompagnato il padre
▪ e poi aveva parlato di “uno zio quale esecutore” [Sentenza Rotella]

27 luglio 1982 [esito dell'interrogatorio di SM]: il SM , proclama la sua innocenza circa il


delitto del 1968, e accusa direttamente Francesco Vinci
• “Mele nega di aver preso parte all'omicidio del 1968, riprendendo l'alibi fornito il primo
giorno d'indagini” [Sentenza Rotella]

• “Spiega di aver appreso 'dopo l'interrogatorio' da suo figlio, che gli era stato concesso
di vedere, che ad uccidere la moglie e l'amante e ad accompagnare Natalino vicino a
delle case, era stato Francesco Vinci che avrebbe minacciato di ucciderlo e con lui suo
padre se avessero parlato.” [Sentenza Rotella]

agosto 1982 [riassuntivo]: a fronte della scoperta di identità d'arma dal 1968 in avanti, “i
magistrati si recano da loro per riaprire le indagini, reputando Stefano MELE innocente,
contrariamente alle attese, i suoi familiari anziché manifestare la loro disponibilità, si
muovono in tutt'altra direzione, preoccupandosi solo di mettergli un biglietto in
tasca, in cui lo si invita, non solo a dichiararsi colpevole, ma anche a fare il nome di
Pietro (LOCCI Pietro, fratello della donna uccisa), come asseritamente avrebbe fatto
Natalino”. [Rapporto Torrisi 311/1]
• vedasi la parte inerente la pianificazione e le ragioni del delitto del 1968, per
focalizzare un tale tipo di atteggiamento

15 agosto 1982: arresto di Francesco Vinci


• “15 agosto 1982, gli agenti della squadra mobile si recarono nei pressi di Firenzuola,
sull'Appennino tosco emiliano, presso il podere Ca' Burraccia, dove nell'abitazione di
Giovanni Calamosca arrestarono Francesco Vinci per maltrattamenti alla moglie e furto
aggravato” [Fonte: Insufficienza di prove Blogspot]

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• su Francesco Vinci, totalmente estraneo alle vicende del MdF e anche al delitto del
1958, si erano appuntati “troppi” motivi di attenzione, per evitarne l'arresto [ NdA: anche
se con un'accusa minore]:
▪ le nuove accuse del Stefano Mele

▪ l'abbandono di casa e il nascondere l'auto, in concomitanza col delitto di


Baccaiano e con la falsa notizia che il Mainardi avesse raccontato qualcosa [ NdA:
“Questi fatti appaiono agl'inquirenti come il passo falso che si attendeva dall'autore del delitto (v.
r. 4.1), in conseguenza della divulgazione della notizia che il giovane Mainardi aveva fatto in
tempo a fornire indicazioni prima di morire” - Sentenza Rotella]

▪ la fedina penale sporca

▪ le precedenti accuse del SM

• Si noti, e con attenzione, che all'arresto del Francesco Vinci, concorre anche il
Salvatore Vinci grazie a quanto su di lui dichiara nell'interrogatorio del 30 agosto 1982

16 agosto 1982: la Procura prende contatto con Natalino Mele e successivamente con Maria
Mele
• “Dell'oggetto di questo interrogatorio, prima di essere sentito ho accennato
brevemente per telefono solo a mia zia Maria, la quale mi ha consigliato di dire che
quella notte dormivo e quindi di non essere in grado di riferire nulla (c. 16 ss. vol. 5C,
escuss. Testi)” [Dichiarazioni di Natalino Mele -Sentenza Rotella]

• “Maria Mele, “L'anziana sorella di Stefano Mele, che vive in casa con il padre ed è
vedova, appare ai magistrati reticente. Dopo la sua escussione, difatti il p.m. dispone
l'intercettazione delle telefonate sulla sua utenza (vo. 5/C, fasc. riun.)” [Sentenza Rotella]

17 agosto 1982: la Procura interroga Giovanni Mele

21 agosto 1982: “MELE Teresa afferma alla dott.ssa Silvia DELLA MONICA, Sostituto
Procuratore, di aver sentito delle voci secondo le quali sua cognata Barbara si è vantata in
giro, dicendo che Natalino non è figlio di Stefano, bensì del SV” [Rapporto Torrisi 311/1]

25 agosto 1982: Giovanni Mele scrive il famoso biglietto, quello con la dicitura “Zio Pieto”,
per Stefano Mele
• “il manoscritto è un pro-memoria, a lui destinato (come dirà l'imputato). Come si è
detto, dall'intercettazione telefonica del 1982, si apprende che Giovanni Mele, secondo
sua sorella Maria all'altra sorella Teresa, aveva lasciato 'tutto scritto' al fratello. Sulla
scorta delle telefonate è possibile addirittura individuare la data '25 agosto '
(v. r. 4.6 e 6.2 III — Stefano e Giovanni Mele confermeranno l'origine e
l'occasione, che sono quelle indicate — Il contenuto del biglietto, v. più avanti, ed il
numero telefonico di 'monsignore' confermano indirettamente la datazione)” [Sentenza
Rotella]

• il biglietto verrà poi trovato e sequestrato solo in data: “24.1.1984” [Sentenza rotella]

• “Adesso che faccio mente locale ho scritto il biglietto prima che, nel 1982, fosse
disposto il raffronto con Vinci“ [Dichiarazione di Giovanni Mele – Sentenza Rotella ]
▪ si noti che: è anche grazie all'imbeccata fornita con questo biglietto che il SM
spingerà le accuse verso il Francesco Vinci, estraneo al delitto e dunque non in
grado di poter coinvolgere nessuno dei partecipanti

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26 agosto 1982: la Procura interroga Piero Mucciarini

30 agosto 1982: il SV viene sentito dalla dottoressa Silvia Della Monica e dal dottor Pier
Luigi Vigna [NdA: “il VINCI Salvatore, conosce perfettamente la dott.ssa Silvia DELLA MONICA, per essere
stato sentito da lei e dal dott. Pier Luigi VIGNA, Sostituto Procuratore, in data 30 agosto 1982, proprio nel
Momento in cui i magistrati riaprono le indagini alla scoperta della notizia che anche l'omicidio di Signa ” -
Rapporto Torrisi 311/1]. Salvatore Vinci, non si fa problemi a tirare la croce addosso al fratello
Francesco
• “conferma la relazione tra suo fratello e la Locci all'epoca dei fatti” [Sentenza rotella]

• mentendo, nega di “invece di aver ripreso la sua con la stessa donna”. [Sentenza rotella]

• mentendo, “Conferma che Vitalia Melis (gia Muscas), sua cognata, gli disse che il
marito l'aveva minacciata facendo riferimento ad una pistola” [Sentenza rotella]. [NdA: la
Melis smentirà le parole del SV: “la MUSCAS, come vediamo, nega recisamente di aver detto al cognato
che il marito ha una pistola” - Rapporto Torrisi 311/1]

• “Il p.m gli rilegge i verbali di allora [NdA: interrogatorio del 24 agosto 1968] e Salvatore
...SNIP... avalla le sue indicazioni di allora contro il fratello” [Sentenza Rotella]

▪ si noti che nell'ottica di questo documento di studio, le “sottili accuse” del SV al


fratello Francesco, appaiono comprensibilissime [NdA: e solo con un SV come MdF
paiono aver senso compiuto]:
- per un SV come MdF,

- per un SV che da sempre nutre un pessimo rapporto con il concetto di


coppia padre-madre e di famiglia tutta;

- per un SV che col fratello e nemmeno col figlio va d'amore e d'accordo

- per un SV che ha appena colpito a Baccaiano, rischiando moltissimo

- per un SV a cui viene servito su un piatto d'argento l'assist, dal suo ex


amante SM

incolpare l'odiato fratello e al tempo stesso allontanare i sospetti da se


medesimo: è una occasione da non sprecare

▪ si noti che: se anche nel caso gli fosse sfuggito pure l'arresto di suo fratello,
lettura giornali e nessuno a nessun titolo gli avesse riferito alcunché rispetto alle
indagini, in questa data, 30 agosto 1982, il SV diventa automaticamente al
corrente che gli inquirenti stanno cercando di fare nuova luce sul delitto del
1968

6 settembre 1982: seconda escussione del SM


• il SM continua imperterrito ad accusare il Francesco [ NdA: “egli non si sposta dalla posizione
già assunta davanti al g.i. il 27 luglio precedente” - Sentenza Rotella]

7 settembre 1982: terza escussione del SM, con tanto di incontro col Natalino [ NdA: come
richiesto dal SM stesso, al fine di poter accordarsi su una versione comune, si sospetta, anche a causa del biglietto
inviatogli dal Giovanni Mele]
• Natalino riferisce quanto il padre gli dice, ed entrambi continuano ad accusare il
Francesco

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• nello specifico SM, ex amante del SV, precisa proprio che “Risponde che è sicurissimo
che oltre a lui e Francesco non ci fosse anche il fratello, Salvatore Vinci.” [Sentenza
Rotella]
▪ Si noti che alla data, il SM ancora non ha confessato a nessuno il suo segreto: la
relazione omosessuale e bisessuale con il SV; cosa che avverrà solo anni dopo
nel 1984.

1 e 2 ottobre 1982: Francesco Vinci, detenuto alle Murate, viene ricoverato “presso il
centro clinico della casa circondariale di Firenze per uno sciopero della fame” [Fonte:
insufficienza di prove Blogspot]

21 ottobre 1982: il SV compie un intervento con la P.I.C. presso l'abitazione della prostituta
Luisa Meoni, come da ricevuta di intervento in seguito trovata a casa del Meoni stessa[ NdA:
“si rinviene una ricevuta fiscale, per l'importo di lire 50 mila, intestata alla MEONI Luisa, datata 21 ottobre 1982,
rilasciata dalla ditta P.I.C. (Pronto Intervento Casa), di cui è titolare VINCI Salvatore, per un intervento notturno
da lui effettuato per aprire la porta dell'appartamento della donna, entrando dalla finestra, con l'ausilio di una
scala a gancio” - Rapporto Torrisi 311/1 ]
• Si noti che: in base alla testimonianza del Casini Spartaco, tale prostituta e tale
abitazione, era nota al SV. [NdA: “... dichiarazioni di CASINI Spartaco, rese in data 19.4.1985, in
cui afferma che una volta Salvatore, al rientro da un intervento in via della Chiesa (glielo ha detto
Giancarlo, figlio di Salvatore, di aspettare il padre perché era andato in via della Chiesa per un intervento)
gli è stato fatto capire che in tale occasione aveva avuto modo di conoscere una prostituta” - Rapporto
Torrisi 311/1]

• Si noti che: la Meoni viene assassinata il 13 ottobre 1984. L'omicidio resterà impunito.
[NdA: “13 ottobre 1984 , verso le ore 11,28, giunge a questa Centrale Operativa una telefonata da parte
di un certo LAMBARDI Lando, il quale riferisce che poco prima sua moglie, nel recarsi nell'abitazione della
MEONI Luisa, prostituta, sita al primo piano dello stabile contrassegnato dal civico 42 di questa via della
Chiesa, per far le pulizie, l'ha trovata cadavere” - Rapporto Torrisi 311/1]

• Si noti che: dopo il duplice omicidio di Giogoli, nel 1983, SV viene perquisito e
interrogato.
Quando richiesto di indicare cosa abbia fatto nella giornata in cui i due giovani tedeschi
son stati assassinati, il SV dice, tra l'altro, di essere stato proprio a casa della Meoni
[NdA: “La cosa che più sorprende è l'accostamento tra la ricevuta fiscale sopra richiamata e l'esame del
verbale di interrogatorio reso dal VINCI Salvatore l'11 settembre 1984, a seguito del duplice omicidio dei
due tedeschi in via dei Giogoli, in cui egli puntualizza che proprio la sera dell'omicidio, verso le ore 16,00
ha effettuato un intervento in via della Chiesa n. 42, nello stesso stabile ove abita la MEONI ” - Rapporto
Torrisi 311/1]

• Si noti che la Luisa Meoni è una abitueè della discoteca “il Poggetto”, di Firenze [ NdA:
“Nelle sue abitudini essa è ripetitiva ...SNIP... sia negli svaghi di fine settimana. ...SNIP... è un'assidua
frequentatrice del locale "Il Poggetto", luogo di convegno specie delle persone di oltre mezza età, ove si
reca in quasi tutti i fine settimana” - Rapporto Torrisi 311/1].

▪ Si noti anche che sia la Pierini Ada, sia il SV, erano soliti frequentare quella
discoteca [NdA: “ la PlERINI Ada è rintracciata presso la discoteca "Il Poggetto", luogo
abitualmente frequentato dal VINCI Salvatore” - Rapporto Torrisi 311/1]

Nota: a proposito della Meoni, del suo omicidio, di altri delitti collaterali insoluti e dei possibili legami degli
stessi col il SV, si parlerà in apposito capitolo a se stante

6 novembre 1982: A Francesco Vinci, “in carcere, gli fu notificata una comunicazione
giudiziaria per gli otto omicidi imputati al "mostro di Firenze” [Fonte: insufficienza di prove Blogspot]

29 novembre 1982: Il Dottor Tricomi, fa richiesta alla Tenenza dei Carabinieri di Villacidro

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del Rapporto Giudiziario relativo al decesso di STERI Barbarina [ NdA: “...Dott. Vincenzo TRICOMI, a
seguito di sua specifica richiesta diretta al Nucleo Operativo, del 29.11.1982, acquisisce in data 16.12.1982,
tramite la Tenenza Carabinieri di Villacidro, il Rapporto Giudiziario n. 7 del 19.1.1960, della Stazione omonima,
relativo al decesso di STERI Barbarina e poi accantonato.” - Rapporto Torrisi 311/1]
• si noti quel “accantonato”. Bisognerà quindi aspettare anni (fino al 1984) con le nuove
dichiarazioni del SM, prima che vengano svolte indagini vere sul SV

16 dicembre 1982: il dottor Tricomi, riceve il fascicolo richiesto inerente la morte della
Barbarina Steri [NdA: “...Dott. Vincenzo TRICOMI, a seguito di sua specifica richiesta diretta al Nucleo
Operativo, del 29.11.1982, acquisisce in data 16.12.1982, tramite la Tenenza Carabinieri di Villacidro, il Rapporto
Giudiziario n. 7 del 19.1.1960, della Stazione omonima, relativo al decesso di STERI Barbarina e poi
accantonato.” - Rapporto Torrisi 311/1]

16 giugno 1983: conferma della condanna per furto a Francesco Vinci


• “nel processo di appello che ebbe luogo a Firenze, gli fu ridotta la pena a due anni e
sei mesi per il furto di un autocarro "Tigrotto" e di dodici vitelli, compiuto la notte del
28 novembre 1979 con altri due complici a Civitella Marina in provincia di Grosseto”
[Fonte: Insufficienza di prove Blogspot]

9 settembre 1983: duplice delitto di Giogoli (ed automatica esclusione di colpevolezza per i
delitti del mostro per Francesco Vinci)

26 gennaio 1984: vengono arrestati Pietro Mucciarini e Giovanni Mele, “imputati di


concorso in omicidio e indiziati per i delitti avvenuti dal 1974 al 1983”

29 luglio 1984: duplice delitto di Vicchio

26 ottobre 1984: Francesco Vinci viene scarcerato, dopo aver pagato anche per altri reati
nel frattempo contestatogli [NdA: “ordine di cattura per concorso in detenzione di armi giuntogli in prigione
si era aggiunta la condanna a tre mesi di reclusione inflittagli dal tribunale di Pisa per il furto di un autocarro .” -
Fonte: Insufficienza di prove]

A tutte queste date e informazioni, dobbiamo ancora aggiungere, ma in questo caso la data è
ignota pur essendo riferita con buona approssimazione alla finestra temporale 1983 post
Giogoli come inizio e come limite un po' di tempo prima del delitto di Vicchio del 1984, quella
in cui il Salvatore Vinci venne in possesso delle informazioni e si appuntò cognome e grado
del “magiore” Torrisi [NdA: anche vedasi “Del biglietto [quando venne scritto]”].

Passiamo ora invece ad esporre un altro punto; uno più “colorato”, relativo al delitto di
Baccaiano: una “maglietta a strisce” e due testimonianze.

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Baccaiano: magliette a righe e testimonianza della Pierini Ada

E' innanzitutto bene precisare che questo particolare, questo “aneddoto” o questo “indizio” a
seconda di come lo si vuole vedere, è a detta dello scrivente un dato di cui tenere non troppo
conto, quasi nessuno, nel senso che, come vedrete, troppe variabili ipotetiche e dubitative
entrano in gioco. Inoltre pare non avere attinenza con la finestra temporale del delitto [ NdA:
evidenziando così un dato riportato nel Rapporto Torrisi 311/1, da valutare come ambiguo ].

Siccome però questo è un documento di studio, mi è sembrato corretto riportarlo ed


analizzarlo. Ognuno così potrà formarsi la propria opinione.

Anche in questo caso, dobbiamo procedere a molla, scattare in avanti di alcuni anni, leggere
e valutare alcune testimonianze ed alcune risultanze, e poi tornare indietro fino a Baccaiano
[NdA: ci toccherà fare lo stesso anche per Giogoli, visto la presenza anche i quel caso di una particolare
maglietta].

Riassumendola, per accennarne l'introduzione, la vicenda così si articola:

• 1)_la notte del delitto di Baccaiano due testimoni vedono un uomo che cammina a
piedi, non troppo distante [NdA: 100 metri circa] dal futuro luogo del delitto.

• 2)_ne notano la corporatura e che indossa una “maglietta a righe”

• 3)_anni dopo, una convivente di SV, affermerà che il SV era solito indossare proprio
quel tipo di maglietta (la corporatura anche corrisponde al SV)

• 4)_nessun tipo di maglietta simile, verrà mai trovato durante le perquisizioni a carico
del SV

Ma raccontata così, suona fin troppo lineare e quasi di grosso valore. Ma come quasi sempre
parlando delle vicende che ruotano attorno alla storia del MdF, le cose non sono mai troppo
lineari e sovente non rivestono il valore che a prima lettura parrebbero offrire.. Vediamola più
da vicino.

Nel dettaglio:
• 1) la notte del delitto di Baccaiano due testimoni [ NdA: Manetti Bruno e Falteri Carlo Alberto]
vedono un uomo che cammina a piedi, allontanandosi dal luogo del delitto e ne
descrivono abbigliamento e corporatura:
▪ Una “descrizione molto attendibile di un uomo sospetto avente una statura
di mt. 1,651,70 circa, dai capelli scuri, con pantaloni chiari e con maglietta
fino al petto chiara e dopo a strisce scure , è stata fatta al Giudice Istruttore
il 6.1.1983 da due testi: MANETTI Bruno e FALTERI Carlo Alberto, entrambi in
atti generalizzati. Essi, infatti, verso le ore 22,30 22,45 del 19.6.1982, in
concomitanza con l'ora del duplice delitto MAINARDI MIGLIORINI, perpetrato in
località Baccaiano...” [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ Si noti che: “Il VINCI Salvatore è alto mt. 1,65-1,70, ha carnagione
scura, capelli neri brizzolati, pettinati all'indietro, viso rotondo,
corporatura media.” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ ATTENZIONE: si noti la differenza temporale, secondo la ricostruzione


effettuata dai ricercatori su
http://confidentialcrimecasebook.wordpress.com
▪ “Dalle diverse testimonianze raccolte risulta con certezza quanto

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segue:
▪ ore 22:30. Paolo Mainardi e Antonella Migliorini escono dall’
abitazione di un amico di famiglia, certo Leopoldo Pescini,
residente in Montespertoli, e dicono che vanno “a fare una
giratina”.
▪ ore 23:15. L’auto di Mainardi viene notata in sosta sullo
spiazzo teatro dell’ omicidio da alcuni amici di Paolo, che
riconoscono l’auto, mentre salgono la via Virginio Nuova a
bassa velocità con una Simca Ranch in direzione Baccaiano.
Questi ragazzi riferiscono anche che, giunti all’ altezza del
bivio di Poppiano e appena superato il bivio, quindi 800 metri
più in alto rispetto a dove sono fermi Paolo e Antonella,
vengono sorpassati da due auto che transitavano nello
stesso senso di marcia, una Fiat 126 rosso scuro con
portapacchi, con un solo conducente, e una Fiat Ritmo di
colore chiaro. La prima a velocità normale/lenta, la seconda
velocissima.
▪ ore 23:30. L’auto di Mainardi è ancora sullo spiazzo. Viene
riferito da un conoscente del Mainardi, titolare all’epoca della
scuola guida di Montespertoli, il quale riferisce di essere
sicurissimo dell’orario perché controllava spesso l’orologio
dal momento che doveva tornare a Montespertoli a una certa
ora.
▪ ore 23:30/23:35. L’auto di Mainardi è ancora sullo spiazzo,
con la luce interna dell’ abitacolo accesa. Lo riferisce
Francesco Carletti, un amico del Mainardi, che asserisce di
aver visto il ragazzo dentro l’auto, al posto di guida, anche
se a causa dei vetri appannati non può essere sicuro al
100% sulla fisionomia.
▪ ore 23:40/23:45. L’auto si trova già sul lato opposto allo
spiazzo, fuoristrada. Le luci dell’abitacolo sono spente. Viene
riferito da Adriano Poggiarelli e Stefano Calamandrei, i due
ragazzi di S.Pancrazio, che passarono una prima volta
mentre andavano al Bar sportivo di Baccaiano e che poi
tornarono indietro.
▪ ore 23:45/23:50 Poggiarelli e Calamandrei, tornati indietro
per vedere l’accaduto, incontrano un altra coppia, anch'essa
fermatasi sul luogo dell’omicidio, Graziano Marini e Concetta
Bartalesi, che riferiscono di aver sentito tre o quattro colpi di
pistola qualche minuto prima, mentre sostavano a 800 metri
di distanza più giù, in direzione Certaldo/Fornacette.
Confermano l’orario di arrivo poco dopo le 23:45.
Dunque è certo che l’azione si sia svolta in un brevissimo
arco di tempo, probabilmente non più di 5 minuti.” [Fonte:
http://confidentialcrimecasebook.wordpress.com/2013/03/10/il-mostro-di-
firenze-la-storia-baccaiano-di-montespertoli-19-giugno-1982/ ]

▪ “...nel percorrere a bordo di una motovespa la strada provinciale, proveniente


da Montespertoli in direzione di Baccaiano, all'uscita di una curva ad ampio
raggio, a circa un centinaio di metri dal posto del delitto, si sono trovati
improvvisamente davanti ad un uomo sulla strada, sopra descritto, il quale, al
suono del clacson della vespa, nello spostarsi per paura, ad un tratto è scivolato
nella cunetta laterale della strada” [Rapporto Torrisi 311/1]

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▪ “all'epoca, secondo la descrizione della PIERINI Ada [NdA: il SV] dovrebbe essere
in possesso di una maglietta a fondo rosso mattone scuro, con delle
strisce chiare sul davanti di color beige-nocciola” [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ si noti che: per “all'epoca”, si intende ovviamente il 1982

▪ si noti che: la Ada Pierini ha “conosciuto il VINCI nell'estate del 1979 e


di essere andata a convivere con lui dal mese di ottobre 1980 ai primi
di settembre 1983” [Dichiarazioni di Ada Pierini - 26 aprile 1986 –
Rapporto Torrisi 311/1]

Senza considerare la testimonianza della Pierini, abbiamo comunque un dato oggettivo di una
testimonianza, duplice, che parla di una persona e che ne descrive, tra le altre cose, la
corporatura ed il vestiario.
Un vestiario abbastanza specifico: “ maglietta fino al petto chiara e dopo a strisce
scure”. Diciamo non un classico capo di abbigliamento di alta moda.

Era questa persona il mostro?


Al momento, 1982, non abbiamo ulteriori altri elementi da portare a supporto. Ne
ritorneremo a parlare nel 1983, dopo il delitto di Giogoli, assieme ad un'altra maglietta ed ad
altri testimoni.

• 2) anni dopo nel 1985, Ada Pierini, una ex convivente di SV, affermerà che il SV era
solito indossare proprio quel tipo di maglietta
▪ “La stessa, infine, a specifica domanda, passa a descrivere una serie di
magliette con i relativi colori e disegni, indossate dal VINCI, di cui: due con
strisce oblique di diversi colori; una a sfondo bleu con delle righe orizzontali solo
sul davanti, nella parte superiore della spalla sinistra; una a fondo rosso
mattone scuro con delle strisce chiare sul davanti, di color beige nocciola.”
[Dichiarazioni della Pierini Ada - 21 giugno 1985 – Rapporto Torrisi 311/1 ]

▪ “all'epoca, secondo la descrizione della PIERINI Ada dovrebbe essere in


possesso di una maglietta a fondo rosso mattone scuro, con delle strisce chiare
sul davanti di color beige-nocciola” [Rapporto Torrisi 311/1]

Le più ampie dichiarazioni rese dalla Pierini, fanno però sorgere un problema. Essa infatti,
magliette e oggetti e gusti sessuali del SV a parte, dichiara alle autorità anche che:
• “Il 21 giugno 1985, la PIERINI Ada, ...SNIP... inventa tutta una storia di violenze,
sfruttamento della prostituzione, minacce con una pistola, attribuiti a VINCI
Salvatore” [Rapporto Torrisi 311/1]

• pistola che secondo la Pierini, SV nasconde sotto una “mattonella del pavimento”
[Rapporto Torrisi 311/1]

A fronte di simili informazioni, i Carabinieri, benché e proprio perché sanno, [ NdA: “ anche se il
soggetto se lo aspetta” - Rapporto Torrisi 311/1] tramite intercettazioni telefoniche ed altri mezzi di
indagine, che il SV sa che gli verranno a perquisire la casa alla ricerca dell'arma, non possono
fare a meno di andare a perquisire l'abitazione del SV
• “ecco per cui è sorta la necessita di una verifica immediata.”

Ossia, i Carabinieri si precipitano a perquisire la casa del SV, non alla espressa ricerca delle
magliette a strisce, ma alla ricerca della pistola che la Pierini ha detto il SV conservare sotto
una mattonella [NdA: in camera da letto, sotto un tappeto]. La perquisizione, per quello che
riguarda l'arma e le magliette, dà esito negativo:

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• “La perquisizione effettuata il 26 giugno 1985, con l'ausilio di personale tecnico del 7º
Reparto Rifornimenti Misto, munito di apposita apparecchiatura per la ricerca di armi,
ha dato esito negativo, nonostante siano state sollevate, in più punti della stanza da
letto, le mattonelle del pavimento” [Rapporto Torrisi 311/1]

• “nonostante un'accurata ricerca, non è stato rinvenuto alcun tipo di maglietta,


solitamente indossate dal VINCI, così come accuratamente descritte dalla PIERINI Ada”
[Rapporto Torrisi 311/1]

Nel corso della perquisizione, verranno invece ritrovati altri oggetti, più prettamente di
stampo ed uso sessuale; questo va a conferma delle altre parti della testimonianza della
Pierini.
• La perquisizione domiciliare è effettuata presso l'abitazione del SV a Firenze, presso
l'abitazione della sua compagna, la D'Onofrio, a Prato, e anche presso una abitazione
del fratello Giovanni ma di cui ha uso il SV, a Vaiano [ NdA: “nell'abitazione del VINCI
Salvatore, sita in questa via Cironi n. 8, di quella della sua convivente, D'ONOFRIO Antonietta, sita in
Prato, via degli Organi n. 39, ed in un'altra sita a Vaiano, via Braga n. 15, di proprietà del fratello
Giovanni, ma anche nella sua disponibilità .” - Rapporto Torrisi 311/1]. Nel Rapporto 311/1, non si
fa menzione degli altri “locali lontani dal luogo di abitazione, poi risultati in stato di
abbandono (periferia Nord di Firenze)” citati nella Sentenza Rotella quando si parla di
successive perquisizioni. Si noti che né Prato né Vaiano, possono essere accomunati a
“periferia nord di Firenze”.

• “Intanto, possiamo senz'altro affermare che gli oggetti, tutti adibiti per le esigenze
erotiche del VINCI Salvatore, confermano, per quanto riguarda questo aspetto, la
veridicità delle affermazioni della donna. “ [Rapporto Torrisi 311/1]

• è nel corso di questa perquisizione che a casa del SV verrà trovato il famoso biglietto
con la scritta “magiore Toriso” [NdA: “Per quanto attiene all'appunto, il "Magiore Toriso", si
identifica con lo scrivente, perché all'epoca della verosimile trascrizione, nel grado di Maggiore,” -
Rapporto Torrisi 311/1], e anche il fumetto pornografico a sfondo sadico “Jacula” “del 24
novembre 1976” [Rapporto Torrisi 311/1]

Si sarebbe tentati di trovare la ragione di questo mancato ritrovamento (arma/magliette), nel


fatto che essendo il SV già avvertito dei controlli [ NdA: "Le perquisizioni effettuate nei suoi (del SV)
confronti (a partire da quella assai tardiva del 1968), e quella più rilevante* suggerita da dichiarazioni della Pierini
al p.m., sono risultate vane per quanto concerne la pistola (circa quest'ultima , come risulta da intercettazioni
telefoniche, ed indirettamente da una vicenda in cui è implicata la D'Onofrio, una sua amica ed un sottufficiale di
Prato, l'uomo era già avvertito dei controlli di P.G.)" - Sentenza Rotella ], lo stesso avrebbe avuto
occasione di attuare le dovute contromosse.
Non si può escludere che così sia andata con certezza matematica, ma è assolutamente
necessario tenere in conto due fattori:

il primo -arma: a logica, risulta assai strano che il SV, nel caso fosse il MdF, conservasse la
la calibro 22 LR, proprio in casa
• la casa del SV è una casa “frequentata”, con andirivieni anche di sconosciuti per
accoppiarsi con la convivente di turno

• nel 1985, SV era già entrato nell'attenzione degli inquirenti (pregresse perquisizioni), e
conservare un'arma in casa sarebbe stata una leggerezza imperdonabile

il primo -maglietta: non risulta che il SV fosse avvertito che la perquisizione era mirata alla
ricerca di “magliette”; nel Rapporto Torrisi non si fa accenno a questo dato.
• Dunque nelle intercettazioni di magliette non si parla.

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• Ma se il SV non è stato avvertito, come da intercettazione, della prossima perquisizione


alla ricerca di magliette, ovviamente non avrebbe avuto alcun motivo per disfarsene
celermente proprio in quei frangenti.

Il secondo: le accertate e confessate menzogne della Pierini in merito all'arma e alle


minacce, per consecutio, sono plausibilmente estendibili alle magliette
• “A seguito del risultato negativo della perquisizione per la ricerca dell'arma e del
nascondiglio segnalato, la PIERINI Ada viene nuovamente convocata dal magistrato in
questa caserma per dare delle spiegazioni.” [Rapporto Torrisi 311/1]

• “alle contestazioni mossele, insiste nel confermare la veridicità di quanto prima


asserito, circa il nascondiglio visto sotto la mattonella. Fattole presente che le
mattonelle ivi trovate sono diverse da quelle descritte, essa si giustifica affermando
che evidentemente il pavimento è stato rifatto dopo la sua partenza da quella
casa. La donna, inoltre, per dare credibilità alle sue affermazioni descrive altri
particolari che servono solo a dimostrare la loro falsità” [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ si noti comunque che il SV in passato aveva lavorato come muratore, rendendo
dunque tale affermazione della Pierini, in linea di principio plausibile.

• “resa edotta che nel corso della perquisizione non è stata rinvenuta alcuna maglietta,
dice che ciò le sembra strano, argomentando che l'interessato se n'è disfatto , ma
che durante la sua permanenza in quella casa ha perfettamente potuto notare che il
VINCI era solito indossare le magliette nei giorni feriali e la camicia la
domenica” [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ impossibile prendere seria posizione in merito, vista l'aleatorietà del dato. Va
comunque ricordato che effettivamente la Pierini convisse nella stessa casa col
SV per tre anni.

Visto l'esito infruttuoso della perquisizione e visto però che la Pierini insiste nel sostenere che
il SV conservasse nascosta una pistola sotto una mattonella di un pavimento, che la la Pierini
a questo punto dice essere stato rifatto, per scrupolo di indagine i carabinieri si ripresentano
nello stesso giorno alla porta di casa di SV:
• “Sulla scorta di tali dichiarazioni, alle ore 21.00 dello stesso giorno viene ripetuta la
perquisizione nell'abitazione del VINCI Salvatore, onde verificare se il pavimento della
camera da letto fosse stato realmente rifatto di recente”. [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ “ L'esame accurato anche sotto questo aspetto dà esito negativo” [Rapporto Torrisi
311/1]

A fronte di ciò, la Pierini viene interrogata un'altra volta: in data 28 giugno 1985:
• “questa volta ammette di aver detto il falso e di essersi inventata tutta la storia
relativa all'arma, per vendicarsi del VINCI per quello che le ha fatto, ma insiste di
aver detto la verità per il resto” [Rapporto Torrisi 311/1]

• “nel confermare il particolare delle magliette descritte – una di queste dice di


avergliela regalata lei” [Rapporto Torrisi 311/1]

A fronte delle reiterate calunnie dette e poi ammesse (possesso d'arma, minacce a mano
armata nei suoi confronti, induzione alla prostituzione e furti in appartamento), la Pierini
viene tratta in arresto e reclusa per un certo periodo di tempo in carcere
• “Al termine dell'interrogatorio, la PIERINI è stata tratta in arresto in esecuzione di
ordine di cattura emesso contestualmente da codeste A.G. per falsa testimonianza e
viene tradotta alla Casa Circondariale di Sollicciano” [Rapporto Torrisi 311/1]

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La Pierini verrà nuovamente interrogata, questa volta in carcere, “in data 2 luglio 1985”
[Rapporto Torrisi 311/1]
• “riferisce al magistrato di aver detto delle bugie nei confronti di Salvatore VINCI, ma
anche delle verità; che le bugie riguardano solo la storia della pistola , e che il
resto è tutta verità.” [Rapporto Torrisi 311/1]

• “conferma tutte le sue esperienze sessuali, che il VINCI l'ha sempre costretta a fare,
ora con le buone, ora con mezzi maneschi e quindi più persuasivi” [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ si noti che su questo tipo di “rapporti”, le conferme sono multiple e oggettive

Dunque, a proposito di queste dichiarazioni della Pierini e dalla possibilità che la maglietta
vista vista dai due testimoni fosse proprio quella di SV, cosa possiamo dire?

Purtroppo, a causa delle pregresse menzogne delle Pierini, non è possibile sbilanciarsi nel
prendere per buone o per menzognere le informazioni relative alle magliette.
Inoltre, a fronte della dettagliata ricostruzione temporale prodotta da Andrea Mascia su
confidentialcrimecasebook, la testimonianza di Manetti Bruno e Falteri Carlo Alberto, pare
ridimensionata nell'importanza e nell'attinenza.

Va però debitamente fatto notare che, e su questo vi è ben poco da dubitare se la Pierini
intendeva vendicarsi del SV, per le esperienze e le umiliazioni che le aveva fatto subire:
• dichiarare il falso a proposito del possesso di una pistola, risulta in linea logica con una
volontà di vendetta

• dichiarare il possesso di alcune magliette, risulta decisamente meno significativo nel


supportare la dichiarazione in senso di un rancore vendicativo [ NdA: ma visto che rispose in
merito a “specifica domanda” proprio su magliette, non si può escludere a priori che abbia preso la palla al
balzo ed abbia “spinto” le sue dichiarazioni nel senso che più agli inquirenti poteva apparire confortante e
coerente]

• le altre dichiarazioni della Pierini, in merito a pratiche e oggetti e comportamenti


sessuali del SV, corrispondono ad accertata verità

Il mio compito e quello di questo studio, in merito a questo punto “magliette”, termina qui.

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Baccaiano: stato d'animo e come si lega direttamente con Signa e i Mele

Sulla scorta delle informazioni presentate, immaginiamo adesso quale poteva essere lo stato
d'animo del mostro, e del mostro visto nei panni di SV.

Da un lato abbiamo indubbiamente un mostro che ha raggiunto un suo scopo, appagato un


suo desiderio: uccidere una coppia.
Un mostro che per un po' di tempo può baloccarsi cerebralmente rivivendo fantasticamente il
suo delitto, perpetrandone e prolungandone il piacere nel ricordo.
Un mostro che per la capacità di reazione al tentativo di fuga del Mainardi, per l'inseguirne
l'auto, sparare ai fari anteriori, romperne a forza quelli posteriori e quant'altro il tutto con
auto e moto di passaggio, non può che auto esaltarsi per il proprio sangue freddo e rapidità
decisionale di reazione.
Un mostro che si sente baciato dalla fortuna, protetto sfacciatamente dalla dea bendata,
quasi la fortuna solidarizzasse con le sue azioni omicida.
Un mostro che non finisce ammanettato e dunque libero di godersi il piacere perverso e
malato del suo “successo”.
Dunque un mostro “soddisfatto” e piano di sé, si potrebbe dire.

Ma c'è anche un rovescio della medaglia.

E dunque c'è un mostro che stavolta non è riuscito a compiere le escissioni perché si è fatto
fregare dalla imprevista, o mal calcolata, reazione del Mainardi.
Un mostro che ha fallito nel distruggere l'uomo della coppia, sopravvissuto fino in ospedale.
C'è un mostro che forse è stato visto allontanarsi a piedi dal luogo del delitto da due
testimoni (assai poco probabile la testimonianza).
C'è un mostro che deve sentirsi il fiato degli investigatori sul collo, visto che “ufficialmente” il
Mainardi qualcosa ha detto prima di spirare, in ospedale.

E soprattutto c'è un mostro che adesso sa che può essere ricollegato al delitto del 1968, sia
lui l'assassino di quel delitto o meno.

Un mostro che adesso, calibro22 L.R. collegata indissolubilmente al delitto di Signa, rischia di
trasformarsi da “cacciatore di prede”, a “mostro ricattabile”.

Seguendo il percorso fin qui analizzato, non possiamo sottrarci alla domanda:
“ma ricattabile per davvero?“
In teoria la cosa si può dire possibile.
Ma se però, come questa analisi di studio fa, mettiamo la figura del SV come complice non
sparante a Signa, e come mostro negli anni successivi, ci si accorge che il SV non correva seri
rischi da parte dei suoi ex complici: che se parlassero di SV altro non farebbero che far aprire
le porte del carcere per qualcuno del clan [ NdA: secondo quanto individuato in questo documento, molto
probabilmente il Mucciarini], e porterebbero allo sfascio della stessa famiglia.

Solo il SV mostro può dormire sonni tranquilli sotto questo aspetto.


A conferma di questa ultima frase, abbiamo che:
prima ancora che il 30 agosto il SV venga sentito dalla Della Monica, già il 25 agosto il clan
Mele, tramite il Giovanni Mele, si attiva prontamente affinché il SM non tiri in ballo il
Salvatore Vinci e scagioni il Mucciarini, imbeccandolo con le istruzioni scritte sul biglietto,
facendogli abbinare il nome dello “Zio Pieto” a quello del Pietro Locci, anche a costo di auto
accusarsi [NdA: si noti la famiglia che si dimostra ostile alla riapertura del processo che potrebbe scagionare il
SM]

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Ma c'è di più:
c'è, come già nel 1958, il SM che anche pur di non far sapere a nessuno della sua relazione
omosessuale col SV, specialmente alla famiglia, al clan, non perde occasione, esattamente
come nel 1968, per fare una “cortesia” al suo ex amante, e incastrare il Francesco Vinci,
detestato dal SV appunto. Cosa che all'insaputa del clan, si sposa perfettamente con quel
segreto legame che unisce indissolubilmente il SM al SV.

Nessuna altra chiave di lettura offre una così alta confidenza di coerenza di lettura di tutto
questo.

Lo stesso SV poi, non perderà occasione di “gettare la croce addosso” al detestato fratello,
quando lo sentono il 30 agosto, cogliendo così il più che classico “due piccioni con una fava”.

Resta da provare a fare qualche supposizione rispetto al discorso delle telefonate, prive di
accento sardo, all' Allegranti:

1 - Innanzitutto è bene precisare che non vi è alcun dato serio oggettivo che possa attribuire
tali telefonate effettivamente al MdF [NdA: o al limite ad una sua conoscenza / amicizia / complicità ]

2 - Nel caso in cui invece le telefonate, prive di accento sardo fossero veramente da attribuire
al MdF o a qualcuno a lui collegato, si aprirebbero alcuni possibili scenari:
• il SV era in grado di camuffare il suo accento
▪ opzione decisamente poco plausibile. L'accento sardo è un accento molto
marcato

• l' Allegranti mal intendette l'accento di chi parlava


▪ opzione decisamente poco plausibile. L'accento sardo è un accento molto
marcato e facilmente riconoscibile

• il mostro non era sardo, e dunque il SV non era il mostro


▪ questa è al momento la prima segnalazione a favore del SV che abbiamo
trovato.
▪ Si noti però che: essa dipende da una variabile indeterminata, al
momento indicata per forza di cosa su un valore prestabilito:
telefonate fatte dal MdF

• il mostro aveva un complice, non sardo, che fece le telefonate per lui
▪ questa opzione, in base a quanto abbiamo visto circa serial killer, psicopatologie
e mancanza di elementi che facciano supporre più di un elemento attivo sulle
scene dei delitti, appare allo scrivente molto poco ipotizzabile

▪ va altresì detto che, se ricorriamo all'aggiunta della variabile che chi informò nel
1985 il SV di una prossima e mirata perquisizione ai suoi danni, fosse già in
relazione e contatto col SV nel 1982, nulla vieta di immaginare questa figura, in
contatto di aiuto e copertura del SV, come l'autore di dette telefonate; telefonate
che a questo punto verrebbero fatte con lo stesso scopo di “aiuto” che in seguito
verrà posto in essere con l'avviso preventivo della perquisizione.
▪ Si noti che non esiste alcun serio elemento oggettivo che possa far
presupporre un simile interessamento telefonico; nondimeno, non
esistono elementi che oggettivamente possano permettere di scartare
a priori una simile illazione.
Come per il caso dell'esclusione del SV come mostro, anche in questo
è importante rimarcare che la speculazione si basa su un ipotetico e

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discrezionale valore attribuito ad una variabile [ NdA: le telefonate fatte dal


MdF o da qualcuno vicino a lui ] a puro fine speculativo di analisi delle varie
possibilità

Prima di giungere alle conclusioni che il titolo del capitolo sottendono, c'è una aspetto pratico
ed emozionale, particolarmente significativo da approfondire: quello dell'arresto del fratello
Francesco.

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Baccaiano: differenze tra Spalletti e Francesco Vinci

Trattando del primo duplice delitto del 1981, abbiamo visto come e perché il MdF torni a
colpire dopo appena 138 giorni, colpendo pure in un periodo dell'anno, prossimo all'inverno,
in cui mai più tornerà ad agire in futuro.

In quel caso, al posto suo, i titoloni sul giornale erano andati a finire ad un perfetto estraneo;
ad un “misero” e “codardo” guardone.

Al MdF, non veniva nulla in tasca dalla permanenza dello Spalletti in carcere, anzi, e abbiamo
visto anche come dopo pochissimo tempo, avesse pure capito come dallo Spalletti non avesse
nulla da temere non avendo lo Spalletti vistolo.

Dallo Spalletti in carcere, il MdF aveva tutto da perdere solo a livello di “auto potere” ed “auto
stima”.

Ma se tra 1981 e 1981bis passano appena 138 giorni, appunto, come mai tra il delitto di
Baccaiano (19 giugno 1982) e il successivo di Giogoli ( 9 settembre 1983), pur anche questa
volta con un “mostro” in carcere al posto suo, il vero MdF, SV, non torna rapidamente a
colpire ed uccidere per “scagionarlo”, ma lascia passare ben 447 giorni?

Per alcune fondamentali ragioni:

La prima:
1. SV detesta suo fratello, [NdA:“...Salvatore ce l'abbia con Francesco” -Dichiarazioni di Rosina Massa
– Rapporto Torrisi 311/1]

2. Suo fratello è quello che “gli ha traviato il figlio Antonio e gli manca di rispetto”
[Sentenza Rotella]

3. Suo fratello è quello che la Locci aveva preferito a lui, [NdA:“LOCCI, la quale, potendo
disporre di amanti più giovani e meno complessati dal punto di vista sessuale, preferisce ribellarsi a quella
vita, andando a coltivare i piaceri del sesso con gli altri, fuori di casa” - Rapporto Torrisi 311/1]

4. è proprio il SV, sia nel 1968 sia adesso nel 1982, che con le sue dichiarazioni fa di tutto
per metterlo in cattiva luce con gli inquirenti e raccontare, mentendo, che il Francesco
all'epoca possedesse una pistola

La seconda:
1. essendo che il Francesco non ha minimamente partecipato all'agguato omicida del
1968, SV sa che il Francesco non ha elementi concreti in mano che gli possano
permettere di accusare seriamente lui, Salvatore. Dunque dal fratello in carcere non
corre rischi di sorta. Nemmeno come MdF. Al limite, il fratello potrà anche sospettare,
ma cosa ha veramente da raccontare agli inquirenti? Nulla. In più la sua sarebbe
sempre e solo la parola di un “poco di buono, e pure sotto accusa”, contro quella
dell'onesto lavoratore Salvatore. Francesco, come lo Spalletti prima, non sono un serio
pericolo per il SV.

la terza:
1. il SV, mostro che ha ormai liberato la sua psicopatologia criminale abbracciandola e
mettendola al servizio del suo piacere, sa già che, prima o poi, quando ne avrà la
necessità psicologica o quando ne avrà semplicemente voglia, tornerà a colpire e ad
uccidere.

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2. Dunque che, prima o poi, il fratello verrà comunque scagionato

3. Ma siccome lo detesta, il fatto che si passi un po' di tempo in galera, è una cosa che
non gli dispiace affatto, anzi. E' dunque una cosa che fornisce al SV, mostro, una
fettina in più di quel piacere di rivalsa e potere che comunque anima la mente e lo
spirito dei serial killer psicopatologici.
▪ “Nella maggior parte degli omicidi seriali, la motivazione principale
dell'assassino è quella di ottenere il controllo del potere, anche in quegli omicidi
che, superficialmente, presentano altre motivazioni.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

▪ “Per tutti i serial killer, l'omicidio seriale è un modo per esercitare la loro rivalsa
sulla società e per liberare l'aggressività accumulata a causa delle frustrazioni
subite” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

la quarta:
• perché un detestato fratello, ed un fratello innocente per di più, in carcere al posto
suo, è leggibile in una mente malata dall'odio verso la coppia-famiglia, come
comunque un ennesimo scempio e disprezzo proprio di quello che è la famiglia; cosa
che non può che causargli piacere e soddisfazione.

la quinta:
• per un banale motivo di attenzione e protezione di se stesso
▪ il collegamento col 1968 è adesso noto agli inquirenti

▪ è appena stato sentito dalla Della Monica e da Pier luigi Vigna, e dunque da
adesso sa che può essere risentito in qualsiasi momento e che il suo nome, in un
modo o in un altro, è parte di quell'entourage di nomi che possono essere messi
in relazione coi delitti del mostro

▪ SM, per quanto il SV sia sicuro che non racconti della loro avventura
omosessuale, è da anni in carcere, e il livello di influenza su di lui potrebbe
anche essere scemato [NdA: SV capirà fin da subito che così no è, viste le reiterate accuse
del SM verso il Francesco]

▪ anche se a lui probabilmente il fatto è ignoto, e anche se poi gli inquirenti, per
un motivo poco comprensibile non svilupperanno al momento le indagini, per la
prima volta dal 1960 il suo nome adesso è abbinato anche alla morte della
Barbarina Steri

▪ avere una nome dei tempi di Signa, in galera al posto suo, gli permette una
boccata di ossigeno, ossia tempo a disposizione per vedere come si muovono gli
elementi, cosa succede e quali contromosse dover mettere in campo. Non è una
cosa definitiva, il SV lo sa; tornerà a colpire perché una psicopatia non la si
comanda a bacchetta: è lei che comanda te. Ma al momento un tempo di
garanzia e protezione, viste le novità scoperte sul collegamento con Signa, sono
necessarie.

Tenendo conto che a Baccaiano il mostro non riuscì nell'intento di strappare via il simbolo
feticista del feticcio, e che dunque la vena folle risultava monca dell'oggetto capace di far
rivere le ebbrezza del gesto e del potere più e più volte:
• il piacere derivante dall'arresto del detestato fratello
• la momentanea garanzia di impunità che ciò gli permetteva

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• il vedere comunque un danno inferto alla idea “famiglia”, anche grazie alle sue parole
contro il fratello stesso

Sono a detta dello scrivente valida spiegazione al lungo silenzio di ben 447 giorni fino al
delitto di Giogoli, nonostante a Baccaiano non sia riuscito, e dunque ne sia frustrato, a
mutilare le carni della vittima femminile.
Se a questo sommiamo la probabile incensoria auto stima per la pronta capacità di reazione,
il nuovo piacere che gli si può abbinare più propriamente come in un a caccia vera e propria,
un cooling off di 447 giorni appare su ogni piano di coerenza.

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Baccaiano, riepilogo e conclusioni

In conclusione, facendo un breve riepilogo, ci troviamo con:

01_ aver individuato un solido legame tra Baccaiano e Signa; legame che ha proprio e solo
nel SV come MdF, la figura in grado di legare il biglietto inviato dal Giovanni Mele allo Stefano
Mele

02_ una ennesima strenua copertura offerta dal SM al SV

03_ un SV che per la prima volta dal 1968, viene sentito dagli inquirenti

04_ un SV che per la prima volta, viene ricollegato alla morte della Barbarina Steri, anche se
tale informazione non verrà poi nei fatti analizzata o utilizzata ancora per anni

05_ un mostro che può essere stato riconosciuto (molto improbabile) da ben due testimoni

06_ un mostro di cui, forse, la vittima maschile, ha fatto a tempo a raccontare qualcosa agli
inquirenti

07_ un SV che si attiva a depistare le indagini sul delitto del 1968, non solo non prendendo
le difese del fratello Francesco, ma profondendosi in mezze allusioni e bugie, che
contribuiranno anche quelle a far credere agli inquirenti di essere nel giusto nel sospettare e
nell'arrestare il Francesco

08_ un MdF/SV che dal duplice omicidio di Baccaiano, pur uscendone “soddisfatto nei
meandri malati della sua psicopatia”, non può gioire più di tanto per il risultato, e che
comunque deve cominciare a stare più attento nelle sue azioni e nelle sue coperture, visto
che ormai è noto che l'arma è la stessa di Signa

09_ una possibile, anche se indimostrata, attinenza tra l'abbigliamento notato dai due
testimoni e quello descritto dalla Pierini

10_ una buona similitudine di taglia, capigliatura, corporatura tra il SV e la persona vista dai
due testimoni

11_ un MdF/SV che ha il detestato fratello in carcere, fratello detestato ed incastrato, e per
questo, a differenza che con lo Spalletti, non ha necessità di colpire nel breve tempo per
riprendere il “titolo e fregio” di mostro]

12_ un SV/mostro che pur non avendo ottenuto un feticcio per rivivere il piacere del
distruggere l'archetipo coppia-padre/madre-famiglia, riesce comunque a trarre un piacere
simile con la prigionia, ingiusta, proprio del proprio fratello, ossia di una persona che
comunque a lui rappresenta e ricorda il tanto odiato legame famigliare

E, ricorrendo ad un piano ipotetico ma che contiene una sua stretta somiglianza e coerenza,
possiamo aggiungere che:

13_ vista la scoperta da parte degli investigatori del legame con Signa, la presenza del
biglietto con “via colli”, che sbocca proprio in via Vingone, assume una significativa valenza
nell'ottica di un futuro invio di una missiva con lembo di parte umana, come poi solo nel 1985
avverrà da San Piero a Sieve, località vicino a Rabatta, pianificato per il successivo delitto.
Cosa che non avverrà per il solo banale motivo che nel successivo duplice delitto, furono per

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errore uccisi una coppia di ragazzi, e dunque il mostro non aveva pube/vagina/mammella su
cui praticare escissione.

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Giogoli: 1983

“Venerdì, novilunio” [Perizia De Fazio], “località: Galluzzo, in via Giogoli - Spiazzo erboso sulla
sinistra della strada, vicino al muro di cinta del parco di una villa” [Perizia De Fazio]: 9
settembre 1983, due vittime entrambe di sesso maschile “sulle quali poi non ha infierito in
alcun modo” [Perizia De Fazio]. La firma quella inconfondibile della calibro 22 L.R.

Come abitudine, raccogliamo un po' di informazioni e dati, ed iniziamo ad analizzare, per


quanto di competenza di questi studio, tale duplice omicidio.

Già sappiamo che il SV nel 1960 arriva in Toscana, “ ...e precisamente a Lastra a Signa, in
via Tracoleria n. 19, presso l'abitazione del fratello Giovanni, ivi emigrato dal 1952. Dopo
alcuni giorni egli fa conoscenza dei coniugi MELE Stefano e LOCCI Barbara, abitanti a
Scandicci, frazione Capannuccia ...SNIP... il primo amante della LOCCI Barbara. Il VINCI
Salvatore, accogliendo l'invito dei coniugi MELE, si trasferisce nella loro abitazione anzidetta”
[Rapporto Torrisi 311/1], e questo ci dà indicazione di plausibile conoscenza dei luoghi di Via di
Giogoli (qui avvenne un delitto firmato dalla calibro 22 L.R. - settembre 1983), che dista
meno di 5km dalla via Volterrana e che da via Cironi, Firenze comunque non dista più di una
una decina abbondante di chilometri. Una ventina di minuti più o meno scarsi di tragitto.

Alla data del delitto inoltre, anche per questo duplice omicidio, sappiamo che il SV non si
trovava né in galera, né in stato di ricovero ospedaliero, né in luoghi distanti capaci di
escluderne una possibile contestuale presenza fisica e temporale, in attinenza con il delitto.

Nella finestra 1980-1983, al tiro a segno secondo quanto ricordato dallo Spartaco casini, il SV
dimostrava di ”sparare bene e colpire il bersaglio durante le esercitazioni alle giostre”
[Dichiarazione di Spartaco Casini – Rapporto Torrisi 311/1 ], dichiarazione importante anche perché da
ritenersi riferita ad una occasione ben più che unica, dunque ripetuta, come ben si legge nel
plurale “le esercitazioni”.

Per quanto ovviamente né prove né manifesti indizi di colpevolezza, sono dati che non
possono non essere presi in considerazione.

Per quanto riguarda l'alibi fornito, il SV fornì un alibi che, per quanto non smentito
ufficialmente da alcuna evidenza particolare, non risulta essere nella pratica un alibi vero e
proprio in quanto, nella migliore delle ipotesi non in grado di coprire la finestra temporale del
delitto.

Infatti, ri-ascoltato nel 1984, parlando del delitto del 1983, specificherà che quel giorno era
andato a far un intervento in Via Chiesa 42 a Firenze, stesso stabile dove viveva la Meoni, poi
successivamente trovata assassinata [NdA: assassinata il 13 ottobre 1984 .], il SV dichiara: “di aver
eseguito un intervento con la sua ditta verso le ore 16,00 in via della Chiesa n. 42, e
successivamente, verso le ore 19,30 20,00, di aver accompagnato a Prato la donna
delle pulizie, la signora Antonietta, e di aver fatto rientro verso le ore 21,00”, [NdA:
Rapporto Torrisi 311/1], ma:
▪ il rientro alle ore 21.00, resta compatibile con la finestra oraria del delitto, così
come un tragitto Prato/Giogoli non risulta fuori possibilità

▪ a conferma che sia effettivamente rientrato a tale ora e che dopo la stessa non
sia più uscito, non ha altre voci a supporto di quelle della moglie e dei famigliari,
che ovviamente sono testi di parte [NdA: anche per le soggezioni, botte e minacce che il
SV era solito elargire in seno al nucleo famigliare, convivente in testa ]

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▪ che l'intervento svolto nel pomeriggio, risulta essere stato svolto nell'abitazione
di una prostituta fiorentina in seguito assassinata; delitto insoluto.
[“nell'abitazione della MEONI Luisa, prostituta, sita al primo piano dello stabile
contrassegnato dal civico 42 di questa via della Chiesa ...SNIP... l'appartamento
della donna si presenta nel più completo disordine, ed il corpo della vittima è
rinvenuto nella camera da letto, in posizione supina sul pavimento, con il capo
rivolto verso la finestra, ed in senso obliquo rispetto alla parete anteriore della
camera medesima, le braccia incrociate sull'addome ed accuratamente legate
con le maniche del maglione che indossa, il viso copert o da un batuffolo di
cotone idrofilo e da un lenzuolo arrotolato. Secondo le risultanze della perizia
medico-legale, la morte della donna ...SNIP... è dovuta ad asfissia meccanica,
per mancanza di ossigeno, mediante compressione delle prime vie respiratorie
L'ipotesi di un delitto a sfondo sessuale viene scartata, perché la donna non
presenta tracce di violenza, come stabilito dall'esame autoptico; anche l'omicidio
a scopo di rapina non trova alcuna spiegazione, nonostante il contenuto dei vari
cassetti dell'armadio, del comò e del comodino , è riverso sul letto e sul
pavimento, come a voler evidenziare che è stata effettuata una ricerca Infatti, la
somma di lire 400 mila in contanti contenuta in un borsellino ed alcuni oggetti di
scarso valore, vengono regolarmente rinvenuti . - Rapporto Torrisi 311/1]
▪ la modalità di soffocamento della Meoni, richiama alla mente quella di
agguato descritta nel giornaletto pornografico a fumetti “Jacula”, del
24 novembre 1976, rinvenuto in casa del SV durante la perquisizione
del 26 giugno 1985, in cui il personaggio “immobilizza le sue vittime,
proprio con un batuffolo di cotone imbevuto di sostanza narcotizzante”,
[Rapporto Torrisi 311/1]

▪ il soffocamento richiama anche alla mente la morte della Barbarina


Steri, [NdA: “che potrebbe somigliare a quella prodotta per asfissia
meccanica” - Rapporto Torrisi 311/1 in merito alla morte della Steri Barbarina ]

▪ il “rovistare” tra gli oggetti della vittima, richiama alla mente alcuni
comportamenti del MdF che, in alcuni dei delitti, ha “rovistato” tra gli
oggetti dei defunti, o meglio delle defunte, pur non portando via effetti
di valore e soldi [NdA: ad esempio: “C’erano innanzitutto parecchie cose
alla rinfusa” - Dichiarazioni del Maresciallo dei Carabinieri Michele Falcone, all'epoca
Comandante della stazione dei Carabinieri di Borgo San Lorenzo in riferimento al
delitto del 1974]

▪ L'assenza di “tracce di violenza” carnale, richiama alla mente i delitti


del MdF, dove anche per questi, mai vi è traccia di violenza sessuale
vera e propria, intesa come stupro

▪ In casa della Meoni però, non è stata rinvenuta traccia di tale


intervento per tale data. L'unica ricevuta per un lavoro effettivamente
eseguito, proprio dalla P.I.C. Di SV, è invece datato 21 ottobre 1982
[Rapporto Torrisi 311/1]. Nessuno si stupisce per un mancato rilascio di
fattura, certo è comunque che questa non è presente, facendo
pendere la veridicità dell'alibi fornito verso l'altro piatto della bilancia
[NdA: “Né, peraltro, tra il materiale cartaceo prelevato è stata
rinvenuta alcuna traccia di questo intervento. Che il VINCI Salvatore
sia un frequentatore della prostituta, lo si deduce anche dalle
dichiarazioni di CASINI Spartaco, rese in data 19.4.1985” - Rapporto
Torrisi 311/1]

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Alibi dunque come minimo non in grado di fornire valida garanzia – non verificabile

Non da ultimo è giusto ricordare che:


Il delitto di Giogoli è datato 9 settembre 1983, e proprio ai primi di settembre 1983, il SV
rompe e caccia in malo modo la Pierini Ada
• "di essere andata a convivere con lui dal mese di ottobre 1980 ai primi di settembre
1983” [Rapporto Torrisi 311/1]

La convivenza non era stata rosa e fiori, almeno per la Pierini che in seguito, ancora
incarognita per quanto il SV le aveva fatto passare, non esiterà a ricorre alla menzogna pur di
cercare di inguaiare il SV
▪ “dopo un breve periodo di armonia, in cui egli ha mostrato solo una grande
carica sessuale, le ha fatto capire di desiderare vedere lei congiungersi con altri
uomini, possederla mentre un altro si congiunge con lui per via anale ed infine
prenderlo in bocca, ossia "ciucciarlo" [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ di essere stata condotta in una circostanza nei pressi del Motel Agip del casello
autostradale di Firenze-Nord, per tentare, senza riuscirvi, di farla accoppiare con
un uomo” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “che durante un tentativo di palpeggiamento, mentre si trova al cinema a luci


rosse "Arlecchino" da parte di uno sconosciuto, il VINCI, seduto a distanza, alle
sue rimostranze, ha risposto di lasciarlo stare” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “di aver saputo da Salvatore che in una circostanza, mentre lui guidava l'Alfetta
in autostrada, la moglie si congiungeva carnalmente con un altro uomo sul
sedile posteriore” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “di aver capito da Salvatore che soprattutto gli piace guardare; − di avergli visto
usare "un vibratore" che ha introdotto tutto nel suo ano, dopo averlo lubrificato
con sapone” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “di avergli visto usare un'altra volta, allo stesso modo del vibratore, un grosso
cetriolo, che gli si è rotto dentro, ed un'altra anche uno zucchino avvolto in un
preservativo” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “di aver visto Salvatore comprare e tenere tantissime riviste pornografiche”


[Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “Il 21 giugno 1985, la PIERINI Ada...SNIP... nuovamente sentita, inventa tutta


una storia di violenze, sfruttamento della prostituzione, minacce con una pistola,
attribuiti a VINCI Salvatore” [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ “Alle contestazioni mossele dal magistrato, di fronte a tali
incongruenze, essa ritratta tutto, tranne il particolare di aver sorpreso
in una circostanza il Salvatore in possesso di una pistola” [Rapporto
Torrisi 311/1]

▪ “La PIERINI Ada, sentita ancora il 28 giugno 1985, questa volta


ammette di aver detto il falso e di essersi inventata tutta la storia
relativa all'arma, per vendicarsi del VINCI, per quello che le ha fatto,
ma insiste di aver detto la verità per il resto” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “Al termine dell'interrogatorio, la PIERINI è stata tratta in arresto in

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esecuzione di ordine di cattura emesso contestualmente da codeste


A.G. per falsa testimonianza e viene tradotta alla Casa Circondariale di
Sollicciano” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “La donna, sentita per ultimo in data 2 luglio 1985, presso la Casa
Circondariale di Sollicciano, riferisce al magistrato di aver detto delle
bugie nei confronti di Salvatore VINCI, ma anche delle verità; che le
bugie riguardano solo la storia della pistola, e che il resto è tutta
verità. La stessa si giustifica asserendo di essersi voluta vendicare del
VINCI Salvatore, per tutto il male che le ha fatto nel periodo della sua
convivenza” [Rapporto Torrisi 311/1]

Se la Pierini ha motivi così profondi per cercare di vendicarsi, anche mentendo, del SV, è dato
di fatto che passata appunto l'iniziale euforia, il rapporto non sia poi più stato vissuto in
“armonia”.
E come sempre succede, i momenti di minor armonia, per non dire litigio e scontro, sono
quelli finali della relazione.
Relazione che abbiamo visto terminare a ridosso della data del delitto di Giogoli [ NdA: 9
settembre 1983, e “i primi di settembre 1983”].

E infatti, a conferma di questo ci sono anche le parole della Pierini stessa:


• “di essersi allontanata da casa [NdA: ai primi di settembre], anche su invito categorico del
Salvatore, a seguito di una lite” [Rapporto Torrisi 311/1]

Non ci vuole un grande sforzo di fantasia dunque per immaginare lo stato nervoso alterato
del SV nei giorni a ridosso del delitto di Giogoli. Nervi tesi ma auto-compiacimento di se
stesso: lui ordina, lei ubbidisce. Lui la vuole a far sesso con sconosciuti, lei è costretta ad
ubbidire. Lui le ordina di andarsene, lei se ne va.

Possiamo dunque vedere e tracciare veramente un parallelo, come fece il Torrisi, con
l'abbandono della Massa?
L'argomento direi è controverso e meno “evidente” di quello che poteva essere stato con la
Rosina.

Sicuramente una enorme differenza di fondo è riscontrabile:


• se l'abbandono della Rosina fu “scintilla” capace di innescare il detonatore, inconscio,
delle psicopatologie, inconsce, nel caso che anche la cacciata della Pierini abbia
prodotto una “scintilla”, questa certamente non sarebbe più andata ad agire ed
influenzare un “non-ancora mostro”, ma un pluriomicida già ben conscio delle proprie
capacità omicidiarie.

Cosa significa questo?


Significa, a detta dello scrivente, che più che la mancata presenza della Pierini al fianco in sé,
quello che deve essere preso in esame è invece lo “stato alterato” che negli ultimi periodi di
quella relazione il SV stava vivendo fino alla lite finale. Non possiamo infarti dimenticare che
la Massa se ne andò sponte sue, mentre la Pierini se ne dovette andare, obbedendo ad un
“consiglio” impostole dal SV

Abbiamo visto, nella sezione su Baccaiano, come già molti pensieri nel post 1982 e
soprattutto nel post riapertura delle indagini sul 1968, si affacciassero nella testa del
soggetto in attenzione.
Abbiamo visto come, a differenza che con “lo sconosciuto ed inutile” Spalletti, il SV
subdolamente non perse occasione con gli inquirenti di gettare la croce addosso al detestato
fratello, rinunciando, SV stesso, momentaneamente sì ad un po' di attenzioni mediatiche,

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toccasana per una mente malata alla costante ricerca di “far valere il suo potere e il suo
comando” [NdA: sulle figure femminili, deboli per default secondo la sua immaginazione ], ma abbiamo
altresì visto come però una simile “rinuncia”, psicologicamente potesse e fosse compensata
dal piacere di sapere comunque il detestato fratello nelle grane ed in galera; da innocente per
di più.
Col Francesco in galera, il SV era tornato ad essere”il fratello maggiore” dei due, titolo perso
nel 1968 quando il Francesco venne preferito dalla Locci al posto suo. Locci, che morì poi nel
agosto 1968 [NdA: “Il VINCI Salvatore, quando parla del fratello Francesco in sede di interrogatorio reso al
P.M. in data 30 agosto 1982, è molto esplicito nell'affermare che "allora era fratello minore, ed oggi è fratello
maggiore" – Rapporto Torrisi 311/1]

Il SV mostro, Francesco o non Francesco, Massa o non Massa, Pierini o non Pierini inoltre,
dopo un periodo iniziale post Baccaiano in cui doveva obbligatoriamente stare sul chi vive ed
evitare passi falsi viste ad esempio le possibili dichiarazioni del Mainardi [ NdA: che se veramente
avesse parlato, non avrebbe certamente potuto accusare il fratello Francesco ], la riapertura del caso del
1968 [NdA: delitto a cui il SV aveva partecipato come autista e dove era entrato in possesso dell'arma ],
doveva anche bilanciare interiormente il successo di quel delitto con la sconfitta di non aver
praticato escissioni.
Pecca non da poco visto che appena nel delitto precedente del ottobre 1981 era riuscito a far
completamente sua questa “fantasia esterna”. Si consideri anche l'inevitabile conto alla
rovescia del “cooling off” tra un delitto ed un altro e la mancanza di feticci coi quali
prolungare la fantasia del ricordo: le lancette avevano ripreso a correre, Pierini o non Pierini.

Quindi che le liti e tensioni con la Pierini, tensioni che sfociano nella sua cacciata, più che una
vera “nuova” scintilla o catalizzatore esterno, questa volta sono da vedere come di puro
contributo emotivo generale ad uno stato pregresso di mancanza di equilibrio, e dunque fonte
di accelerazione e fretta dell'inevitabile. Ma anche, fonte di “errore” per il mostro.

“Fretta” che come si vedrà appunto la notte del 9 settembre 1983, porterà il MdF/SV ad agire
senza aver prima verificato nei dettagli le vittime obbiettivi. A Giogoli infatti, verrà
massacrata per l'ennesima volta una coppia, questo è certo.
Ma si tratterà di una coppia di persone lui-lui. Unica volta in tutta la serie maniacale dei
delitti.
Coppia lui-lui, che dunque anche questa volta non permetterà al mostro di eseguire le ormai
agognate escissioni.

Vi fu un “errore di approssimazione e di troppo a fiducia delle proprie capacità” da parte del


mostro? A detta dello scrivente, sì.
Lo stesso de Fazio, del resto, non può evitare di formulare una simile ipotesi, e si badi bene
che il de Fazio una simile idea non la ipotizzò partendo dai dati fin qui espressi in questo
documento di studio, ma deducendo secondo logica partendo da basi semplicemente più
attinenti ai rilievi e alle perizie:
• “fa pensare ad un suo "errore" iniziale nella scelta delle vittime” [Perizia De Fazio]

• “Va sottolineato in proposito che uno dei due giovani portava i capelli lunghi, con
foggia femminea, tanto da poter essere scambiato, ad uno sguardo superficiale, per
una donna”.[Perizia De Fazio]

Dal 22 ottobre 1981, Travalle di Calenzano, al 29 luglio 1984, Vicchio del Mugello, passeranno
ben 1011 giorni. 1011 giorni senza che il mostro compia escissioni.
Sarà un caso se a Vicchio, il MdF mostrerà un volto ed una mano ancora più macabra e alla
povera Pia Rontini praticò oltre la più “nota e vecchia” escissione del pube, anche, prima
volta, quella del seno sinistro?

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Giogoli: una maglietta a strisce anche qui

Sul delitto di Giogoli, per le ragioni enunciate di questo documento di studio, non abbiamo
bisogno di ricorre qui adesso alla Perizia de Fazio ad esempio, né elencare le ferite mortali dei
due giovani tedeschi. E' nota solo ricordare come entrambi non siano stati oggetto di
macabre attenzioni con la lama mono-tagliente.
Per quello che riguarda invece le risultanze peritali del sopralluogo, quanto di interesse
ricordare già è stato portato a conoscenza del lettore nel capitolo in cui abbiamo analizzato la
possibile statura del MdF [NdA: vedasi capitolo Addendum: sulla statura e la corporatura del
mostro ].

Ma c'è ancora un dato che lega il SV a Giogoli: come per Baccaiano, una maglietta a strisce
ed un testimone.
Come per Baccaiano, anche in questo caso dobbiamo ricordarci di come “magliette a strisce”
non vennero trovate in possesso del SV e di come le parole della Pierini furono, almeno in
merito al possesso di una pistola, a minaccia a mano armata e allo sfruttamento della
prostituzione, mosse e dettate da rancore e giudicate e confessate false. La Pierini però
sempre affermerà di aver detto il vero in merito alle altre informazioni, magliette comprese, e
dunque anche questo dato deve essere preso in considerazione.

Leggiamo dal Rapporto Torrisi che:


• “...a specifica domanda, passa a descrivere una serie di magliette con i relativi colori e
disegni, indossate dal VINCI, di cui: due con strisce oblique di diversi colori”;
▪ “una a sfondo bleu con delle righe orizzontali solo sul davanti, nella parte
superiore della spalla sinistra” [Dichiarazioni di Ada Pierini -Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “una a fondo rosso mattone scuro con delle strisce chiare sul davanti, di color
beige nocciola” [Dichiarazioni di Ada Pierini -Rapporto Torrisi 311/1]

Leggiamo però soprattutto che:


• “È il caso di evidenziare che, verso le ore 21,00-21,15 del 9 settembre 1983, ora in cui
può essere fatto risalire l'omicidio dei due tedeschi, di via dei Giogoli di Scandicci, la
teste SIMONCINI Laura, in atti generalizzata, percorrendo in autovettura la parallela e
sottostante via del Vingone, ha potuto distinguere sotto i fari un individuo scendere,
proveniente verosimilmente dalla zona del delitto, un uomo dall'età di 40-45 anni,
dall'altezza di mt. 1,70, indossante una maglietta celeste con delle strisce rosso
orizzontali, pantaloni scuri, capelli folti, lisci e tirati indietro. Il VINCI Salvatore, che
secondo il nostro parere potrebbe corrispondere alla descrizione della donna, avrebbe
avuto una maglietta a fondo bleu (celeste) con delle righe orizzontali.” [Rapporto Torrisi
311/1]
▪ la statura è compatibile con quella del SV

▪ la statura è compatibile coi segni dei proiettili lasciati sui vetri e sulla carrozzeria
del pulmino dei due giovani tedeschi [ NdA: vedasi capitolo: Addendum: sulla statura e la
corporatura del mostro ]

▪ nel 1983, il SV aveva 48 anni, essendo nato nel 1935; dunque la fascia di età
corrisponderebbe

▪ la pettinatura e la quantità di capelli, non è in contrasto con quelli del SV

▪ l'assonanza di disegno e di colori tra la maglietta vista dalla Simoncini Laura e


quella descritta dalla Pierini [NdA: benché mai trovata] suona invece più dubbia,

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checche ne scriva il Torrisi.

▪ “Il medico legale, prof. Mauro Maurri, datera' l'ora della morte tra le 23:00 del
venerdi 9 e l'1:00 del giorno 10 settembre.(23-26 ore dall'esame fatto alle 23 di
sabato)” [Fonte: Calibro22 Blogspot];
▪ per quanto visto che i corpi son stati scoperti solo alle “19:30” del
giorno successivo “10 settembre” una certa qual discrepanza di
finestra oraria possa essere accettabile, non pare allo scrivente che
l'orario indicato dalla Simoncini possa essere considerabile come “l'ora
in cui viene fatto risalire il delitto” come scrive il Torrisi.

A fronte di questi dati, come per la figura notata a Baccaiano, anche per quella vista nei
pressi della scena del delitto di Giogoli, non ci sentiamo di poter includere con plausibile
coerenza questo dato tra quelli indizianti.

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Giogoli: fretta causa di errori?

Altri spunti di interesse, relativamente a questo delitto possono e debbono invece essere
accennati, notati, presi in considerazione.

Primo fra tutti quello che colpendo, il mostro ovviamente “si incarica” di scagionare il
Francesco Vinci dall'accusa di essere il Mostro di Firenze. Non esistendo il dono dell'ubiquità
ed essendo il Francesco in galera al momento, un qualsiasi delitto firmato inequivocabilmente
dal mostro tramite la famigerata arma, è un insindacabile passaporto verso la libertà.
Immaginare che il SV non fosse a conoscenza di questo, sarebbe pura follia; così come
abbiamo già valutato da scartare che proprio avesse agito al fine di far liberare il fratello. SV
detestava il fratello e anche post Baccaiano fece quanto in suo possesso per metterlo in mala
luce con gli inquirenti ed ulteriormente inguaiarlo per il delitto del 1968.
Il mostro, nell'ipotesi SV, a Giogoli non colpi affatto pensando utilitaristicamente ai benefici
che il fratello avrebbe potuto ottenere. Né lo fece senza sapere che ne avrebbe tratto
vantaggio: tanto ormai almeno un po' aveva gratuitamente pagato e sofferto.

A Giogoli agì per il più banale dei motivi di un serial killer maniacale e psicotico:
perché ormai era scaduto il tempo in cui, ricordo e auto-referenzialità egocentrica e fantasia
surrogante, potevano essere sufficienti al trattenersi dal uccidere.

Notiamo in fatti innanzitutto che:


– tra il 6 giugno 1981 e il 22 ottobre 1981: passano 138 giorni
Ma questo delitto abbiamo visto avere una sua specifica motivazione per essere stato
compiuto a così breve distanza di tempo

– tra il 22 ottobre 1981 e il 19 giugno 1982: passano 240 giorni


portando il cooling off tra un delitto e un altro grosso modo su una finestra temperale
quasi annuale. Quasi 4 mesi meno di un anno. Quasi a saltare una stagione, e del
resto avendo colpito quasi a novembre la volta precedente, questo pare non stupire.

– tra il 19 giugno 1982 e il 9 settembre 1983: passano 447 giorni


restando il cooling off tra un delitto e un altro, grossomodo su una finestra annuale.
Certo, quasi tre mesi in più di un anno, ma l'aspetto di attenzione e salvaguardia
rispetto alle indagini, non può essere sottovalutato.

– tra il 9 settembre 1983 e il 29 luglio 1984: passano 324 giorni


restando il cooling off tra un delitto e un altro, grosso odo su una finestra temporale
annuale.

Anche facendo un salto nel futuro e andando a verificare quanti giorni passano tra il delitto
del 1984 e quello del 1985, ci accorgiamo che:
– tra il 29 luglio 1984 e il 8 settembre 1985: passano 406 giorni
restando anche questa volta ancorati ad una finestra temporale di cooling off tra un
delitto ed un altro, di circa un anno.

Possiamo quindi aggiungere che, delitto del 1981bis, dettato da particolari e contingenti
condizioni, come visto nella sezione attinente a quel delitto, dal 1981 in avanti il mostro
risultava essere un persona, malata, in grado di esercitare un “limite”, avere un controllo,
“vivere di rendita del piacere del ricordo”, rispetto alla psicopatologia criminale che lo
affliggeva, per un lasso di tempo non infinito e nemmeno non troppo breve [ NdA: sintomo di una
capacità di poter vivere comunque nella maggior parte del proprio tempo, una “normale” esistenza quotidiana ]:
all'incirca un anno.

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Passato questa finestra temporale, uccidere tornava diventare un'esigenza. Un obbligo da


soddisfare.
Non stupisce dunque che, non arrestato e il SV era libero alla data, il 7 settembre 1983 il
mostro torni a colpire, e torni a colpire con o senza cacciata di casa della Pierini.

Già abbondantemente abbiamo letto di:


• “l'omicidio reale non è mai appagante come sa esserlo quello immaginato nella mente
del serial killer, per questo motivo il soggetto ripete più volte l'atto omicidiario alla
ricerca della perfezione che raggiunge soltanto nella sua immaginazione. .” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Per tutti i serial killer, l'omicidio seriale è un modo per esercitare la loro rivalsa sulla
società e per liberare l'aggressività accumulata a causa delle frustrazioni subite” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Quando l'angoscia è troppo forte, ecco che scatta il bisogno di ricorrere alla
perversione, che permette al soggetto di raggiungere una gratificazione, anche se
transitoria.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Non staremo adesso ad attardarci su questi aspetti.

Forse più significativo ancora, è notare invece la differenza di azione/reazione tra l'abbandono
della Massa e il delitto del 1974, e la cacciata della Pierini e il delitto del 1983.

Innanzitutto il primo fu uno smacco, e grande, per l'orgoglio e “la volontà di dominio” del SV.
L'uscita di scena della Pierini invece è sancito proprio da un gesto di “autorità e comando” del
SV.

Quindi se nel primo caso vi leggiamo una frustrazione che accenderà una miccia a lungo
curata e srotolata, nel secondo tutto quello che ci è dato di leggere è l'umano normale stato
nervoso pre-durante-post lite; lite che si chiude con obbedienza alla propria volontà.
Dunque tuttalpiù, un senso di “aumentata importanza” e non certo una “sminuizione”; fattore
che come precedentemente visto, può indicativamente far pensare ad una sovreccitazione
capace di far passare in secondo piano la parte logica di ragionamento, inconsciamente
portando il soggetto ad agire affrettatamente. Anche da lì, il probabile sottostimare la
possibilità che nel camper vi potesse essere un coppia non lui-lei, ma una lui-lui piuttosto che
quella di leggere, erroneamente a mio avviso, un diretto e consequenziale stimolo al colpire.

L'uscita di scena della Pierini, uscita di scena avvenuta in modo “vittorioso” per il SV , no lo
porta a correre ad impugnare la pistola.
Non ce ne era bisogno. Il tempo del cooling off, stava scadendo già di suo.
Favorì ? Non favorì? Non lo sappiamo e non lo sapremo mai.
Sappiamo invece che già erano passati 447 giorni dall'ultimo delitto: eccetto che tra il 1974 e
il 1981, la più lunga finestra di silenzio della calibro 22 L.R.
Ben più probabilmente invece, come detto, la quasi concomitanza tra cacciata e delitti, e la
sicura storia di strascichi di liti, è invece identificabile in un fattore che può aver agito in
senso deconcentrante in senso generale per il SV come MdF; e questo può aver inciso
nell'uccisione, “errata”, di una coppia lui-lui e non lui-lei, come fino a quel momento aveva
sempre fatto e come in seguito continuerà a fare.

In merito al “perché” dunque dell'”errore” di vittime, questa però non vuole essere l'unica
possibilità ammissibile, ci mancherebbe altro.
Anche una ben più banale come quella che il MdF potesse essere stato scorto proprio mentre
cercava di sbirciare dai finestrini per vedere dentro chi ci fosse, e dunque che d'istinto reagì

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sparando, resta una valida opzione ricostruttiva.

In entrambi i casi però, è comunque possibile vedere un duplice fattore “troppa confidenza
nelle proprie capacità / fretta d'azione”, che comunque ben si sposano con quanto su detto.
Si deve anche poi rimarcare come nel 1983, stampa, televisioni, investigatori, cittadini, ormai
parlassero apertamente del “mostro delle coppiette”. Non pareva più sembrare una ipotetica
storia da raccontare davanti ai camini nelle notti invernali. Il panico era reale. Certo, non
aveva ancora toccato i picchi come avverrà dopo Vicchio e poi nel 1985, con tanto di
campagne pubblicitarie di “attenzione”, ma le paure erano già palpabili.
Già da dopo il delitto di Travalle di Calenzano, molti giovani e molte coppie avevano
“cambiato abitudini”: “I giovani avevano paura, le campagne di notte divennero deserte,
mentre in alcune stradine buie, specialmente attorno alla stupenda basilica di San Miniato,
appena sopra piazzale Michelangelo, e addirittura nei vicoli accanto al Duomo o a Palazzo
Vecchio, si cominciarono a vedere quelle auto che i fiorentini, quando le notavano nei campi,
scherzosamente chiamavano "in panne". Non erano più isolate, ma in gruppo, una di seguito
all'altra, i finestrini "oscurati" da pagine di giornale o da asciugamani. [NdA: da “Dolci Colline di
Sangue” - M. Spezi – D. Preston].

Anche i controlli sul campo erano maggiori di una volta. Qualche “occhio” poteva comunque
essere puntato su di lui.

Ci voleva attenzione, ma anche un pizzico di fortuna in più per trovare una coppia, appartata,
ed appartata in un luogo confacente alla possibilità di uccidere.

In più il 7 settembre 1983, erano già passati 825 giorni dall'ultima volta che il MdF era
riuscito a compiere un'escissione. Il mostro non necessitava certo di ulteriori stimoli ad agire,
mano che meno quello di essersi fatto rispettare da una “misera donnetta”.
Ne dovranno passare ancora 324 perché riesca nel suo macabro intento di scalpare pubi e
infierire bestialmente sul corpo esanime di una vittima.

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Giogoli e il biglietto “Magiore Toriso” - una ipotesi

Lo avevamo accennato nel capitolo “Del biglietto” e relativi sottocapitoli: al 1983, al 1983
post delitto di Giogoli con buona approssimazione e logica, deve essere fatta risalire la
datazione della scrittura del biglietto “Magiore Toriso” da parte del SV.

A fronte di una simile datazione, mi sono permesso di presentare una ipotesi, una pura
ipotesi, che alla scrittura del biglietto sottende l'intenzione (o il fatto) dell'invio di una missiva
da parte del SV alle Autorità, già prima del 1985.

Tenendo a mente che “lettera non ricevuta” non equivale a “lettera non spedita” e nemmeno
a “lettera mai scritta”, abbiamo quindi alcuni casi possibili: vediamone i pro, i contro, il grado
di plausibilità e coerenza.

a) biglietto scritto post delitto del 1983 – lettera da inviare senza feticci
• Il Maggiore Torrisi fu presente ai rilievi di detto delitto. Non risulta quindi azzardato
immaginare che tale informazione, tramite giornali, televisioni, radio, chiacchiere e
amicizie, o altra fonte, potesse essere diventata a conoscimento del SV

• l'esito del delitto aveva per forza di cose costretto il mostro a dover fare a meno di
poter includere nella lettera un brandello di carne, o da un altro punto di vista che pare
più corretto: al mostro in questo frangente non poteva essere venuta in mente l'idea di
inviare un brandello di carne umana agli investigatori, non avendone escissi né a
Giogoli nel 1983 né a Baccaiano nel 1982.

• con la evidente liberazione dalle accuse al Francesco a seguito del delitto medesimo, le
uniche due ipotesi che possano rivestire un senso compiuto sono:
▪ missiva, falsa e “delatoria” nei confronti del Francesco, avvalorata dalla località
di spedizione della stessa ed da un altrettanto ipotetico ma inconfondibile
messaggio allegato alla busta

▪ missiva di “minaccia” nei confronti degli ex complici: una missiva inoltrata da


vicino Signa [NdA: via dei Colli 101] può significare un tentativo di influenzare le
indagini, non tanto per gli ispettori, ma nei confronti dei vecchi ex complici,
tramite la notorietà che la lettera può avere tramite giornali e televisione.
Insomma, un po' come un indiretto messaggio che dice: “voi lo sapete che io so
cose su quella notte che non vi conviene raccontare. E come vedete non scherzo
affatto”

• Pur non impossibile nella realizzazione pratica, anche questa ipotesi appare assai poco
plausibile:
▪ mancata reale motivazione sull'insistere sul Francesco

▪ il SM non ha comunque fatto il nome del SV, e nemmeno gli altri parenti

▪ avrebbe comunque tenuto viva l'attenzione proprio sul delitto del 1968

▪ il mostro come unica altra prova certa che fosse lui a scrivere, avrebbe dovuto
allegare un bossolo sparato proprio dalla Calibro22 L.R. Ma anche in questo
caso, con tutti i bossoli mai ritrovati durante i sopralluoghi, la lettera non
avrebbe avuto garanzia al 100% di autenticità,e quindi l'ipotetico piano del
mostro avrebbe potuto essere vanificato prima ancora di iniziare.

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b) biglietto scritto post delitto del 1983 - lettera da inviare con feticci con riferimento al
prossimo delitto del 1984
• Il Maggiore Torrisi fu presente ai rilievi di detto delitto. Non risulta quindi azzardato
immaginare che tale informazione, tramite giornali, televisioni, radio, chiacchiere e
amicizie, potesse essere diventata a conoscimento del SV

• Per il SV, i Carabinieri molto più che la Della Monica e il Vigna, erano stati in passato
fonte di “guai e di tranquillità”: i Carabinieri erano quelli che avevano indagato su di lui
per le morti della Steri e della Locci Ed in entrambi i casi, “interagendo” coi Carabinieri,
il SV ne era uscito pulito. In quest'ottica la ricerca e l'annotazione di un nominativo di
un alto ufficiale dei Carabinieri, che indagava almeno sul delitto di Giogoli, poteva
apparire al SV come una buona scelta di riferimento: di sicuro migliore, in quanto
presunta più facilmente manipolabile, che quella della Della Monica o del Vigna, ossia
della Procura in generale.

• ovviamente non avendo potuto praticare escissioni a Giogoli, quand'anche avesse


avuto intenzione di inviare una prima macabra missiva adesso, come poi fece nel
1985, al momento non avrebbe potuto farlo

Il delitto del 1983 medesimo, e il SV lo sapeva a priori, si era incaricato di far scagionare il
Francesco Vinci; e fino al gennaio 1984, con l' arresto del Mucciarini e del Giovanni Mele,
riportare le attenzioni su Signa avrebbe almeno in parte riportato le attenzioni anche su di lui
[NdA: che q questa volta, dopo il delitto di Giogoli, era stato anche prontamente perquisito ].

Nel 1983 / inizi 1984, il SV ancora e soprattutto grazie alle parole e ai silenzi del SM, alla sua
fedina penale pulita e all'aurea di piena innocenza che si portava appresso per il delitto del
1968 [NdA: alibi pienamente creduto all'epoca], non doveva sentire particolari diretti fiati sul collo
nonostante la riapertura di quelle indagini. E' infatti solo nel 1985 che dall'interrogatorio “ del
30 maggio 1985 che viene fuori anche un particolare del tutto nuovo sino ad ora, e cioè che
fra Salvatore VINCI, Stefano MELE e la Barbara LOCCI, i quali dormono nello stesso letto,
sono intercorsi rapporti particolari” [Rapporto Torrisi 311/1]

Eppure, il SV si appuntò per certo su un biglietto nome e grado del Torrisi quando questi era
Maggiore [NdA: e nel 1983 il Torrisi era Maggiore, come da sue firma in calce ai Rapporti Investigativi ].

Allora, a fronte di quanto su riproposto nei punti a) e b), viene da chiedersi se nella finestra
temporale post delitto di Giogoli / arresto del Mucciarini e del Mele, non venne in mento
“solo” l'idea di inviare una lettera con un brandello di carne dentro; invio che al momento non
poteva certo essere fatto vista la mancanza di feticci, e che quindi sia da intendere come la
preparazione di un piano da attuare dopo il successivo delitto.
La presenza del feticcio darebbe assoluta autenticità alla lettera e aumenterebbe la possibilità
che la notizia venga data cn risalto sui quotidiani ed in televisione. L'effetto “minaccia”, se di
questo si trattasse, ne sarebbe amplificato.

Ma nel 1984, non pare esservi traccia di una simile macabra lettera. Cosa che invece avverrà
solo l'anno successivo.

Compito di fornire una risposta a ciò, sarà l'apposito capitolo nella sezione dedicata al delitto
di Vicchio.
Là vedremo meglio anche come, col passare del tempo e l'evolversi delle attenzioni attorno
alla sua persona, l'ipotetico piano epistolare resti ad esso attinente o subisca le necessarie e
conseguenti modifiche degli eventi, anche sul piano motivazionale.

Al momento ci accontentiamo di notare come, pur se in via totalmente ipotetica, l'idea di una

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lettera da inviare al Torrisi non possa dirsi fisicamente e motivazionalmente non possibile:
▪ Post delitto di Giogoli, il nome del Torrisi appare sulle scene

▪ Torrisi è un Carabiniere che si sta occupando delle indagini sul delitto

▪ SV coi Carabinieri se la è sempre riuscita a cavare con successo

▪ una missiva inoltrata da vicino Signa [NdA: via dei Colli 101] può significare un
tentativo di influenzare le indagini, se non tanto per gli ispettori, almeno nei
confronti dei vecchi ex complici.
Una missiva con lembo di carne acclusa, diventa firma certa di autenticità del
mittente ed è certo che diventa anche notizia per i giornali, ed altrettanto certo
è che i giornali si affretterebbero a riportare la informazione di da dove sia stata
spedita. Insomma, un po' come un indiretto messaggio che dice: “voi lo sapete
che io so cose su quella notte che non vi conviene raccontare. E come vedete
non scherzo affatto”

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Giogoli: una conferma in più

Pur senza voler essere di manica larga, il titolo del capitolo sarebbe meglio al plurale. Da tale
duplice omicidio infatti si possono determinare ulteriori conferme alla tesi di fondo e a quella
specifica di questo documento di studio.

Il brutale assassinio dei due tedeschi infatti, ci conferma che:

• 1) il MdF, il serial killer maniacale non aveva come bersagli soggetti di conoscenza.
▪ I due tedeschi pernottano su quella piazzola da solo un paio di giorni. [ NdA: “da
un paio di giorni pernottano su quella piazzola”]

▪ sono turisti, stranieri, di passaggio. Non gente che può aver conosciuto
bazzicando i bar di paese, ad esempio

▪ son turisti, stranieri, di passaggio, non possono essere stati pedinati o spiati a
lungo in precedenza

▪ questo è in sintonia sia con quanto dice la FBI, sia con quanto dice il De Fazio,
sia con quanto affermano gli studi criminologici in materia:
▪ “In quanto vittime a basso rischio, non è verosimile che esse fossero
particolare obiettivo di un attacco da parte di un aggressore, ma che
esse fossero semplicemente vittime dell’occasione di essere
casualmente disponibili all’aggressore nel momento e nel posto che lui
scelse per portare i suoi attacchi” [Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico
Manieri]

▪ “Non è probabile che l’aggressore conoscesse o fosse personalmente


in contatto con alcuna delle vittime”.[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico
Manieri]

▪ “Piuttosto, le vittime gli erano sconosciute e divennero vittime


semplicemente perché erano a lui disponibili quando scelse il luogo per
i suoi attacchi”.[Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

▪ “Si può dire, quindi, che, in diversi casi di omicidio seriale, la scelta
delle vittime è fatta in base all'opportunità che si presentano
all'assassino.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

▪ “Le vittime, quasi sempre, sono persone sconosciute, incontrate


casualmente, e se conoscenza c'è stata, è stata solo superficiale ed
estemporanea” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

2) le escissioni vengono praticate solo sul corpo femminile.


• Pur avendone la possibilità e il tempo, in mancanza di vittima femminile, le escissioni
non vengono praticate

• questo delitto, da questo punto di vista, è forse quello assieme a quello del 1974, che
maggiormente mette in luce l'interesse del mostro per alcune zone e alcune parti del
corpo femminile. Zone e parti di specifico (sub)cosciente sessuale.
▪ Ciò non di meno, non si ha traccia mai di violenza sessuale vera e propria

▪ a piena conferma che l'interesse sessuale, per quanto indubbiamente presente,


non è la ragione che lo spinge ad uccidere.

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▪ “Per tutti i serial killer, l'omicidio seriale è un modo per esercitare la


loro rivalsa sulla società e per liberare l'aggressività accumulata a
causa delle frustrazioni subite” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

▪ “Nella maggior parte degli omicidi seriali, la motivazione principale


dell'assassino è quella di ottenere il controllo del potere, anche in
quegli omicidi che, superficialmente, presentano altre motivazioni.”
[Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

▪ “La maggior parte dei serial killer presenta, infatti, dei problemi nella
sfera sessuale. Questo dato è valido anche per quei soggetti i cui
delitti non hanno una motivazione principalmente sessuale” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

3) le escissioni per quanto importanti, non sono la causa prima dell'agire criminale maniacale
e omicida
• se così non fosse, “subito” dopo Baccaiano, il mostro sarebbe dovuto tornare a colpire
per placare il folle desiderio di necessità di conseguire l'agognato feticcio

• se così non fosse, “subito” dopo Giogoli, il mostro sarebbe dovuto tornare a colpire per
placare il folle desiderio di necessità di conseguire l'agognato feticcio

• questo dato va a pieno supporto del fatto che le escissioni siano distinte dalla patologia
psicotica che desidera la distruzione della coppia, e sia invece una fantasia “esterna ed
indotta”, appresa tramite letture e fantasie varie, non strettamente relazionata coni
traumi subiti nell'infanzia e nella gioventù.

4) vista la tipologia di vittime, entrambi maschi, completamente “fuori dalla serie casistica”
che già a priori non permette il compiersi della fantasia aggiunta dell'escissione e dunque del
conseguimento del feticcio che può essere usato anche a scopo di “ricordo”, questo depone a
favore dell'assenza di specifica attività di “guardonaggio”

Ce ne sarebbe abbastanza, ma ancora una volta, c'è ancora un altro tassello che può essere
aggiunto.
Questo, ad onor del vero, è errato chiamarlo “tassello”, termine che implica un tasso di
confidenza elevato, ma sembra non risultare stonato rispetto a quanto sappiamo del soggetto
in attenzione.
Facciamo un passo indietro e torniamo a quella famosa dichiarazione della Rosina Massa che
quando compresa nella sua interezza di significato era in grado di spalancare le porte della
comprensione [NdA: stessa affermazione farà anche la Pierini Ada ad esempio,e per relato abbiamo conferme
anche riferite alla Locci ad esempio]:
▪ “di non risultarle che Salvatore è un guardone, per non averlo mai visto
fermarsi a guardare altre coppiette perché questi è solito guardare lei
quando fa all'amore con gli altri, e ciò gli procura eccitamento, prima di
congiungersi con lei.” [Dichiarazioni della Rosina Massa – Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “[NdA: SV alla Pierini Ada] le ha fatto capire di desiderare vedere lei congiungersi
con altri uomini, possederla mentre un altro si congiunge con lui per via
anale ed infine prenderlo in bocca, ossia "ciucciarlo" “ [Rapporto Torrisi 311/1]

Ho già fatto notare come esista una profonda differenza tra fare il guardone, “l'indiano alla
Spalletti”, e il guardare la propria compagna appositamente offerta per guardarla.

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a) Infatti guardare, per eccitarsi, la propria compagna mentre la si costringe ad accoppiarsi


con sconosciuti, implica alcuni particolari specifici:

1. si è molto vicini all'”azione sessuale”

2. si vede bene e nel dettaglio, cosa sta succedendo

3. si possono “toccare” i partecipanti, sentirne l'odore, parlare con essi, incitarli

4. e soprattutto: si possono impartire ordini alla compagna sottomessa e dunque vedere


trasformarsi in realtà le immaginazioni, le fantasie (e dunque in un certo senso
se ne è partecipi), che altrimenti resterebbero castrate in un piano onirico ma
volontario, risultando così fonte di frustrazione

b) invece fare il “guardone” implica:


1. guardare da “lontano”, essere distanti nel senso di separati dall'azione sessuale vera e
propria

2. vedere poco a causa di vetri appannati e portiere chiuse

3. vedere “poco” nel senso di vedere poca azione sessuale “particolare”, trattandosi per lo
più di normali coppiette di fidanzati

4. non poter né toccare né interagire con la coppia-famiglia

5. senza possibilità a fine rapporto della coppia, di poter “avere anche lui subito dopo il
suo rapporto sessuale” [Rapporto Torrisi 311/1]

6. e soprattutto senza possibilità di vedere le proprie “fantasie sessuali” , i propri


“sogni erotici” prendere corpo a comando

Risulta dunque possibile immaginare di vedere le escissioni proprio come una risposta a tutte
le negazioni che “il guardonaggio” implica:
• vetri appannati, portiere, pudicizia della coppia, hanno impedito di vedere, bene e da
vicino, la parte sessuale della donna che il soggetto, nelle occasioni abituali invece alla
sua compagna “vocalmente comanda” di usare e come,secondo le sue proprie voglie e
desideri

• Con l'escissione, tale parte non solo il mostro ha la possibilità di riappropriarsi della
forza vocale dei suoi ordini; vederla da vicino, ma anche appunto addirittura di poter
continuarla a vedere e vedere e vedere e vedere ogni volta che vuole.

Tutto questo, al di là che sia la esatta realtà, solo parte di esse, o non rappresenti altro che
una semplice ipotesi svincolata dal piano reale anche solo a livello di concause, tuttavia
risulta coerente sia con un generico profilo di mostro, sia e ben nello specifico, ancora più
attinente alle caratteristiche ormai individuate del soggetto in attenzione.

Per quanto riguarda il delitto di Giogoli, non abbiamo altro di specifico da dire, e quindi
possiamo passare e far riferimento al successivo anno della storia del mostro: un anno,
anche questo 1984, che come vedremo sarà un'ennesima pietra miliare densa di informazioni
ed avvenimenti da analizzare.

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Vicchio Del Mugello, 1984

Per quanto qualcuno possa pensare, anche forse a causa di concetti fin qui “mal” accennati in
questo documento di studio, ossia ai quali può apparire che sia stato dato dallo scrivente un
peso maggiore di quello che realmente hanno, sia in generale sia anche e soprattutto
parlando del soggetto in attenzione di riferimento, almeno fino a subito dopo il delitto di
Vicchio del 1984, le indagini sul mostro di Firenze brancolavano nel buio.

Un po' di andirivieni di differenti personaggi aveva movimentato le celle di alcune prigioni, ma


tutti questi erano sempre essere dovuti essere rilasciati per dedotta innocenza e/o manifesta
impossibilità di essere il mostro o “i mostri”.

Dal buio più assoluto allo Spalletti; dall'abbinamento con Signa al Francesco Vinci;
dall'impossibilità del Francesco al Giovanni Mele e al Mucciarini.

Ecco, questo è assai importante tenerlo a mente: fino a Vicchio e subito dopo Vicchio, le
indagini sono a zero.
Nessun elemento realmente concreto.
Nessun vero sospettato legato a filo doppio con tutta la catena di follia e morte.

L'unica cosa alla quale gli investigatori possono aggrapparsi nel 1984, è la stessa identica
informazione che erano entrati in possesso il 20 luglio 1982 grazie al Maresciallo Fiori.

Questa “mancanza di elementi” è di significativa importanza. Ne spiego l'importanza dopo


aver portato le parole del Ten. Col. Torrisi a conferma di quanto su detto:
• “In definitiva, gli elementi raccolti nel corso delle indagini sui vari delitti sono
così esigui e scarsamente indicativi circa la pista da seguire, che già
all'indomani del duplice omicidio di Vicchio del Mugello, del 29 luglio 1984,
l'attenzione è nuovamente riposta alla pistola cal. 22 L.R. ed al relativo
munizionamento recante stampigliata sul fondello la lettera "H", e
segnatamente ad un nuovo accurato esame del delitto, in cui per la prima volta essa
risulta sia stata impiegata: il duplice omicidio di LOCCI Barbara e LO BIANCO
Antonino, perpetrato in Signa il 21 agosto 1968, delitto per il quale, come è noto, solo
il marito della donna MELE Stefano è stato processato e condannato.” [Rapporto Torrisi
311/1]

Nel caso in cui non aveste già intuito il perché dell'importanza insita in questa mancanza di
elementi, eccovi la “giusta” interpretazione:
• il mostro non aveva motivi di aver specifica “paura” di essere preso.
▪ fosse egli un “emerito sconosciuto”

▪ fosse egli un qualsiasi nominativo entrato nelle indagini in ogni tempo

▪ e soprattutto: fosse egli SV

In questa articolata analisi di studio, abbiamo visto come proprio al SV ci si debba riferire
ragionando sull'identità del mostro.
E sempre in questa analisi abbiamo visto come qualche faro sul SV, gli inquirenti avessero già
se non puntato almeno provato ad accenderlo.
Ma le attenzioni, nonostante ad esempio le iniziali affermazioni del SM; nonostante ad
esempio il fascicolo dei Carabinieri di Villacidro richiesto, ricevuto e abbandonato; nonostante
qualche ulteriore accenno “astutamente sfuggito” dalla bocca del SM; nonostante la diretta
conoscenza con la Locci Barbara; nonostante alcuni slacciati indizi: non avevano posto il SV

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sotto pressione, né seriamente né sufficientemente da causargli vere preoccupazioni.

Certo, c'erano stati momenti in cui il mostro e più ancora il SV – MdF, avevano dovuto sentire
un brivido di paura sul collo, ma tale brivido ogni volta nel breve e medio periodo poteva
scomparire.
Le attenzioni non sbocciavano in nulla più che momentanee iniziali attenzioni: escussioni
quasi informali e perquisizioni di routine. Anche il vecchio alibi fasullo del 1968 continuava a
reggere. Anche il SM continuava a tenere ben custodito il segreto che condivideva col SV. E
nessuno mai lo aveva visto.

Al mostro ed al SV, o per questo documento, al “SV – mostro” bastava quel minimo di
attenzioni, quel minimo di pianificazione, quei minimi accorgimenti e quel minimo di fortuna
che già negli anni aveva avuto dalla sua parte, per “dormire sonni tranquilli” e proseguire
secondo i suoi voleri: il 29 luglio 1984 poteva arrivare quando meglio gli si confaceva.
Questo è un dato di fatto: certificato addirittura dalle stesse parole di uno degli investigatori.

Più passavano gli anni, e i giorni dopo un delitto, più svanivano le ansie di poter essere stato
visto da qualcuno.

Più passavano gli anni, e i giorni dopo un delitto, più svanivano le ansie che il carcerato di
turno potesse raccontare qualcosa in grado di legarlo alla Calibro22 L.R.

Più passavano gli anni, e i giorni dopo un delitto, più svanivano le ansie che lui e proprio lui
potesse essere finito nel mirino.

Più passavano gli anni, e i giorni dopo un delitto, più continuavano ad accumularsi nelle
fantasie le immagini delle letture pornografiche.

Più passavano gli anni, e i giorni dopo un delitto, più continuavano ad accumularsi gesti di
sopraffazione e degrado sulle sue compagne

Più passavano gli anni, e i giorni dopo un delitto, più accumulava anche liti e frustrazione
nella vita di tutti i giorni

Più passavano gli anni, e i giorni dopo un delitto, più si doveva sentire “imprendibile”, in
grado di “fregare” gli inquirenti come e quando e dove voleva.

Più passavano gli anni, e i giorni dopo un delitto, più si rafforzava in lui l'auto-convinzione
della propria “superiorità” e del proprio “diritto” ad esercitarla

Più passavano i giorni dopo un delitto, più si affievoliva il ricordo e più aumentava la
necessità di soddisfare nuovamente “l'immaginazione”

Più passavano i giorni dopo un delitto, più l'assuefazione al materiale pornografico e alle
personali esperienze sessuali, necessita di essere rinvigorito tramite uno stimolo di maggiore
intensità, in quanto sempre meno capace di avere effettuo calmante sostitutivo della
dimensione fantastica che si nutre di psicopatia e dei ricordi delle esperienze omicidiarie
passate

Ossia: più passavano i giorni dopo un delitto, più il conto alla rovescia del cooling off tra un
delitto e l'altro marciava verso una sicura prossima ora x.

Più passano i giorni dopo il delitto del 9 settembre 1983, più si avvicina quello del 29 luglio
1984.

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1984 – Mele, ancora Mele, sempre Mele [parte 1]

Passa il dicembre 1983, inizia il nuovo 1984. Ed inizia fin da subito con momenti ed
informazioni di interesse.

Infatti, già ai primi di gennaio, appena passate le feste, il SM viene nuovamente sentito.
Dettagliato resoconto di questa escussione la si trova nella Sentenza Rotella che le dedica un
capitolo tutto suo.

16 gennaio 1984: Stefano Mele, “nella caserma del Gruppo CC di Firenze, Mele viene
escusso nuovamente” [Sentenza Rotella]
▪ come da reiterato copione, il SM non perde occasione di continuare ad accusare
il Francesco Vinci, ossia il fratello che che SV detesta. [ NdA: si noti che alla data il
Francesco già risulta non poter essere il MdF, visto il delitto avvenuto mentre si trovava in carcere ]
▪ “Nella mattinata conferma le sue accuse contro Francesco Vinci,
presente il p.m.” [Sentenza Rotella]

▪ poi messo di fronte alle incongruenze del suo racconto, il SM si lancia


in una “apertura ed una confessione” che appare, e risulta, ancora più
implausibile di quelle a cui ci ha abituato:
▪ "In verità nel 1968 non mi hanno dato la possibilità di essere
sincero. Mi stavano tutti attorno e mi interrogavano per ore
ed io avevo paura. Ed insomma cercavo di cavarmela e
perciò facevo nomi non veri.
• E in questo un fondo di verità ci può anche essere, anche
se abbiamo già visto come effettivamente e realmente il
SM sapesse prima degli esiti delle perizie, proprio ad
esempio l'esatto numero di colpi sparati. Sapesse del
lampeggiante acceso e della scarpa del lo Bianco, e che
dunque tali informazioni non gli possano essere state
estorte a suon di “ceffoni” durante gli interrogatori.

▪ Non era vero neanche il nome di Francesco Vinci.


• Nome però che per anni, e quella stessa mattina continua
a fare, e che poi riprenderà a fare più tardi nella stessa
giornata

▪ Adesso non ricordo chi fosse con me. Prendo atto che
la cosa è poco credibile.
• E se lo ammette lui stesso, figuriamoci noi quanto
possiamo ritenere credibile una simile affermazione.

▪ In ogni caso non si tratta di persona a me cara I miei cari,


oltre ai miei familiari, adesso che ci penso erano anche i
parenti della Locci
• affermazione “indotta” ed implausibile: che a 20 anni di
distanza, abbia bisogno di mettersi a fare mente locale su
chi siano le persone a lui care, risulta assai poco credibile.

▪ e poi il bambino un nome lo fece. Era lo zio Pietro, il


fratello di Barbara”
• Si noti in particolar modo il tentativo, in perfetta sintonia
ed ubbidienza con quanto scritto a scopo depistatorio nel

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biglietto scritto dal fratello Giovanni, di allontanare i


sospetti dal Mucciarini, persona del clan.

▪ Poi discolpa Giovanni Mele e proprio il Mucciarini, poi ancora cerca


depistare indicando “un anonimo muratore generico siciliano, forse
Angelo, forse Salvatore, di circa 25 anni di cui fornisce anche i dati
somatici, persona che non avrebbe più visto dopo il delitto e che non
sarebbe mai stata coinvolta nelle indagini” [Sentenza Rotella]
▪ risultando ancora meno credibile.

▪ Poi, dopo un “involontario intermezzo” su SV [ NdA: “intermezzo” per noi


significativo], torna poi ad accusare il Francesco, pur scagionandolo allo
stesso tempo: “Alla domanda se con me quella sera fosse Francesco
Vinci, rispondo: NO. Alla domanda: allora chi? — rispondo: quello che
ho detto. Se però mi fate fare il confronto con Francesco Vinci gli dico
in faccia che è lui. Ho imparato a mie spese che chi vince il confronto
se la cava e chi perde paga" [Sentenza Rotella],
e quindi riprende il refrain della accusa certa ed inamovibile sempre al
Francesco: “"Se domani mi mettete a confronto con Francesco Vinci,
gli dirò ancora che è stato lui". (cfr. 145, testi, vo. 5B). L'indomani,
prima di decidere l'opportunità del confronto, richiesto dalle parti, che
intendono presenziarvi, Mele viene riudito e accusa ancora Francesco
Vinci” [Sentenza Rotella]
▪ si noti l'insistenza comunque ed ad ogni costo sul Francesco

▪ “L'indomani, prima di decidere l'opportunità del confronto, richiesto


dalle parti, che intendono presenziarvi, Mele viene riudito e accusa
ancora Francesco Vinci, “ [Sentenza Rotella]

▪ “Viene quindi posto a confronto con Vinci e, fatte le contestazioni a


quest'ultimo, Vinci nega e Mele dichiara definitivamente che, quella
sera, non era Vinci con lui, ma Carmelo Cutrona. Per inciso, nel corso
del 1989, sottoposto a perizia psichiatrica, Mele ha ripreso, con i
periti, ad indicare quale correo Francesco Vinci. “ [Sentenza Rotella]
▪ si noti con attenzione come il 1989 sia di poco successivo al
termine del processo al SV per uxoricidio. Processo al quale
partecipa anche proprio il SM per togliere le castagne dal
fuoco all'ex amante SV. La sua testimonianza verrà infatti
reputata decisiva per l'assoluzione del SV.

▪ “La nuova accusa di Mele contro Cutrona, nel gennaio 1984,


non metteva, né mette tuttora conto di essere presa in
considerazione” [Sentenza Rotella]

24 gennaio 1984: pochi giorni dopo, nel corso di una perquisizione ai danni del Giovanni
Mele e del Mucciarini [NdA: perquisizione personale, domiciliare e dei veicoli], viene trovato addosso al
SM, che era ospite “all'atto della perquisizione, nell'abitazione dei fratelli Maria e Giovanni”
[Sentenza Rotella], il noto biglietto “"RIFERIMENTO DI NATALE riguaRDOLO ZIO PIETO. Che avesti FATO il
nome doppo SCONTATA LA PENA. COME RisulTA DA ESAME Ballistico dei colpi sparati ." [ Sentenza Rotella]

“Per quanto attiene alla chiamata in correo del fratello Giovanni e del cognato Piero
MUCCIARINI, durante l'interrogatorio del 24 gennaio 1984” [Rapporto Torrisi 311/1], le accuse
del SM scaturiscono dal rinvenimento del biglietto. Non possono non essere tirati in ballo, ma
in qualche modo vanno difesi.

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Questi sono i dati salienti, che se così esposti paiono non far riferimento al SV, proprio per
questa ragione rivestono particolare importanza.

Le domande vanne poste nell'ordine corretto per poter ordinare i dati nella maniera giusta e
quindi ottenere le risposte giuste, ricordate?
Per questa ragione, ancora, al momento non ho riportato anche quanto al SM “sfuggitogli
casualmente” a proposito del SV nell'interrogatorio del 16 gennaio.
Infatti, prima di farlo, e del resto son frasi già riportate in questo documento di studio, è bene
proprio riuscire a far risaltare nella loro importanza le “depistatorie menzogne” del SM volte
ad allontanare i sospetti dai membri del clan, come suggeritogli ed impostogli dal Giovanni.

Infatti, in data 25 agosto 1982 il fratello Giovanni [ NdA: “Sulla scorta delle telefonate è possibile
addirittura individuare la data '25 agosto ' (v. r. 4.6 e 6.2 III — Stefano e Giovanni Mele confermeranno l'origine e
l'occasione” - Sentenza Rotella], gli aveva scritto e fatto pervenire il famoso biglietto con “Zio
Pieto”.
Ora, visti i sospetti che si andavano addensando sul clan, il SM doveva come da categorico
pizzino, allontanare i sospetti in primis proprio dal Mucciarini e dal clan[ NdA: Mucciarini che finirà
dietro le sbarre il 26 gennaio di quell'anno assieme al Giovanni Mele: “ il magistrato Rotella su richiesta del
sostituto procuratore Adolfo Izzo, spiccò i mandati di cattura per Giovanni Mele e Piero Mucciarini che furono
arrestati il 26 gennaio 1984, imputati di concorso in omicidio e indiziati per i delitti avvenuti dal 1974 al 1983” ].

E il SM, lo fa. Eccome se lo quel 16 gennaio 1984.

Visto che ormai non è più plausibile e comunque non basta accusare il Francesco per
difendere il clan

1) prima dice: “I miei cari, oltre ai miei familiari, adesso che ci penso erano anche i
parenti della Locci” [Sentenza Rotella]

2) poi dice: “e poi il bambino un nome lo fece. Era lo zio Pietro, il fratello di Barbara ”
[Sentenza Rotella]

3) “Subito dopo, Mele cerca di porre rimedio alla manifesta incredulità di chi lo ascolta,
significando che andava d'accordo con suoi parenti [maschi], ma che non era stato
nessuno di loro (cioè suo fratello Giovanni o Mucciarini) . E si lancia ad accusare
un anonimo muratore generico siciliano, forse Angelo, forse Salvatore, di circa 25 anni
di cui fornisce anche i dati somatici, persona che non avrebbe più visto dopo il delitto e
che non sarebbe mai stata coinvolta nelle indagini.” [Sentenza Rotella]

Solo dopo queste tre mirate frasi di seguito, il SM, come se nulla fosse, come se gli potesse
essere sfuggito involontariamente, ma di involontario non c'era assolutamente nulla, tira “di
sfuggita” in mezzo il SV.
Lo scopo è chiarissimo [NdA: visto oggi]. Di una linearità disarmante per la sua banale
semplicità logica, e dialettica.
E lo scopo è uno ed uno solo: buttare e pesantemente, la croce addosso al fratello della Locci,
per allontanare i sospetti dai membri del clan e dal Mucciarini nello specifico.

Ma per poter dar credito ad una simile affermazione, il SM ha proprio bisogno di mettere in
mezzo l'ex amante SV.
• Si noti che ovviamente il SM non vuole minimamente inguaiare il SV, suo ex amante
con il quale continua a condividere il segreto dei segreti, ossia la loro relazione
omosessuale [NdA: e lo si vede benissimo proprio dalle parole che usa nei confronti del SV, arrivando
specificatamente anche a specificare: “No, non voglio dire niente contro Salvatore. Non c'è nessuna
allusione” - Sentenza Rotella]

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Infatti, siccome “gli si è contestato che se tace ancora il vero, o protegge una persona cara o
una di cui ha tuttora paura” [Sentenza Rotella], il SM che pur deve indirizzare nei confronti del
Pietrino Locci, per poter uscire da quella logica domanda “o A o B”, preso in contropiede, non
ha potuto far altro che dire appunto che lui voleva bene a tutti, Pietrino compreso [ NdA:
ricordandosi subito immediatamente dopo comunque di tirarlo in ballo con la frase: “ e poi il bambino un nome lo
fece. Era lo zio Pietro, il fratello di Barbara ” - Sentenza Rotella].

Sul Francesco non veniva praticamente più creduto, solo dire “Giovanni e Piero non sono”
[NdA: frase ipotetica dell'Autore], non era abbastanza, indicare ignoti muratori era stato preso
dagli inquirenti per quello che era.
L'unico modo che gli restava per far puntare le attenzioni proprio su quel: “e poi il bambino
un nome lo fece. Era lo zio Pietro, il fratello di Barbara”, era smuovere un po' le acque col
Salvatore Vinci.
• Assolutamente non per accusare il SV

• Assolutamente tacendo la relazione omosessuale con il SV

perché solo citando il SV, uno ufficialmente fino a quel momento “non facente parte della
cerchia dei suoi cari”, e fino a quel momento pure considerato con alibi inattaccabile per il
delitto di Signa e già da subito dopo il primo giorno praticamente escluso dalle indagini, il SM
poteva far puntare le attenzioni sul fratello della Locci, spacciato per “caro”... ma solo dopo
un bel “ adesso che ci penso” e comunque allontanare le attenzioni proprio dal clan.

Ma il SM, al SV non lo voleva tradire. Ci mancherebbe altro.


Ed infatti, ricorre, extrema ratio, a citarlo, solo per deviare il discorso generale verso le
attenzioni che gli inquirenti avrebbero dovuto tenere verso le persone a lui “non care”: e il
Locci, per quanto annoverato tra quelle “care”, per potergli affibbiare quella qualifica, e il SM
ben lo specifica, il SM ci deve addirittura pensare su [ NdA: e pensare su a distanza di 20 anni ]
rendendo così manifesta l'implausibilità che il Pietrino Locci faccia effettivamente parte delle
persone care al SM. E del resto nemmeno perde occasione di tirargli la croce addosso
nascondendosi dietro le parole di Natalino.

Si tenga infatti inoltre ben presente che al momento di queste dichiarazioni:


1. il biglietto con l'indicazione “Zio Pieto”, ancora non gli era stata trovato addosso

2. che fin dal 1968, il SV era stato completamente scartato dalla rosa dei sospetti, oltre
che per la ritrattazione del SM, anche per la fedina penale pulita e perché in possesso
di un alibi che almeno fino al 1984, regge e pare a prova di bomba.

3. Il SM non ha ancora fatto il minimo accenno con nessuno della sua relazione segreta
omosessuale col SV

4. che comunque, immediatamente dopo aver parlato di lui, il SM si premura con


attenzione e parlo semplici e dirette, di ribadire che non lo sta accusando
minimamente [NdA: “No, non voglio dire niente contro Salvatore. Non c'è nessuna allusione” -
Sentenza Rotella]

Più di così, il SM non poteva fare per difendere la famiglia.


Più di così il SM non poteva fare per distrarre le attenzioni dal Mucciarini.
Più di cosi il SM non poteva fare per continuare a tenere il SV fuori dai guai.

Chiarito questo arcano di primaria importanza, andiamo finalmente adesso a leggere cosa il
SM è costretto a dire, parlando del SV.
Informazioni che, post delitto di Vicchio, torneranno in gioco in quanto gli inquirenti non

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avendo la memoria così corta, di tali parole si ricorderanno.

Comunque, insomma, durante l'interrogatorio il SM, è “costretto a lasciarsi sfuggire” quanto


segue sul SV:
• 1) Però è vero che a Salvatore Vinci della pistola di Francesco glielo avevo detto io
[Sentenza Rotella]

• 2) Anche Salvatore era un poco di buono. In Sardegna la moglie gli morì con il gas,
ma anche lì fu salvato il bambino. [Sentenza Rotella]

• 3) No, non voglio dire niente contro Salvatore. Non c'è nessuna allusione. [Sentenza
Rotella]

• 4) Salvatore Vinci aveva la macchina a quattro ruote" [Sentenza Rotella]

Come si vede bene, il SM pur parlando del SV [ NdA: prima volta dal 1968], non dice nulla di
particolarmente accusatorio nei confronti del SV.

Nella prima: frase, anzi, fornisce al SV una scusante alla falsa affermazione che il SV aveva
fatto in merito alla pistola in possesso del Francesco; affermazione che la Vitalia Melis aveva
categoricamente smentito e alla quale il SV si era dovuto giocoforza adeguare.

Nella terza: frase, lo aveva difeso e discolpato del tutto a prescindere

Nella quarta: non aveva fatto grandi danni, essendo che l'alibi del SV reggeva da anni.

Nella seconda: per questa, bisogna ammettere che il SM ricorse ad una citazione infelice
per il SV.

Bisogna però ricordare che tale informazione, già nel 1982 era emersa, ed infatti il Tricomi
all'epoca aveva fatto richiesta dei relativi Rapporti Investigativi dei Carabinieri a Villacidro.
Una volta ricevutili però, tale pista venne abbandonata [ NdA: 29 novembre 1982, il “...Dott.
Vincenzo TRICOMI, a seguito di sua specifica richiesta diretta al Nucleo Operativo, del 29.11.1982, acquisisce in
data 16.12.1982, tramite la Tenenza Carabinieri di Villacidro, il Rapporto Giudiziario n. 7 del 19.1.1960, della
Stazione omonima, relativo al decesso di STERI Barbarina e poi accantonato.” - Rapporto Torrisi 311/1],
fascicolo che riceverà il 16 dicembre 1982.]

Quindi in definitiva si può vedere come il SM, pur “dovendo” parlare del SV, in definitiva non
dica nulla che lui possa ritenere “pericoloso” per il suo ex amante.

Ovviamente, queste “innocue parole” del SM, assumeranno tutta altra valenza, complice
anche l'esito della perquisizione a casa del SV subito dopo il delitto di Vicchio, le future altre
perquisizione e le dichiarazioni della Pierini e della Massa: la facciata di normalità del SV
vacilla inesorabilmente.

Chiarito questo aspetto di primaria importanza che dimostra ancor più quanto il legame ed il
segreto che il SM e il SV unisce, sia stabile e forte; messo in evidenza uno dei punti che il
Rotella all'epoca non poteva cogliere e che dunque non poteva interpretare nella corretta
chiave di lettura; possiamo passare al capitolo successivo e andare a vedere più da vicino
alcuni aspetti “pratici” del delitto di Vicchio.

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Vicchio 1984: del delitto e dell'odio

Il 29 luglio 1984, (domenica novilunio) [Perizia de Fazio], nella notte, Pia Rontini e Claudio
Stefanacci vengono trucidati dal mostro.

Leggiamo dalla Perizia De Fazio:


• Auto:
▪ Fiat Panda; ferma in retromarcia sul fondo del viottolo con le portiere chiuse
(quella sinistra con la sicura inserita).

▪ Il vetro della portiera destra è frantumato ed all'interno dell'auto sono stati


trovati numerosi frammenti di vetro.

▪ I sedili sono entrambi reclinati in avanti.

▪ Sulla portiera destra, a livello del canale di scorrimento del vetro, sul montante
alla base di detta portiera e sul terreno sono state notate tracce di sangue.

• Bossoli:
▪ sono stati trovati cinque bossoli: uno all'esterno dell'auto,vicino allo sportello
destro e quattro all'interno dell'auto.

• REPERTI NECROSCOPICI SU STEFANACCI CLAUDIO


▪ Il cadavere è stato trovato sul sedile posteriore,nella parte destra prossima al
centro del sedile, rannicchiato in decubito laterale sinistro e con anche le
ginocchia flesse.

▪ Indossa le calze, gli slip e la maglietta; i pantaloni furono rinvenuti nell'auto.

▪ E' però attendibile ritenere chi il corpo dello Stefanacci abbia subito spostamenti
rispetto alla posizione iniziale, sia attivamente che passivamente a seguito del
trasporto della Rontini fuori dall 'auto.

• Ferite da arma da fuoco [NdA: sulla vittima maschile]


▪ Un colpo in regione, auricolare sinistra, penetrato Aie strutture encefatichi in
sede temporale, con proiettile ritenuto;

▪ Un colpo all' emitorace sinistro, poco penetrante e ritenuto nella cute


sottostante (probabilmente perché dotato di scarsa energia, avendo prima
frantumato il vetro).

▪ Un colpo all'ipocondrio sinistro che, con tragitto obliquo dal basso in alto e
dall'avanti all'indietro, ha interessato lo stomaco, il diaframma ed il polmone sx.
per fermarsi in regione dorsale, dove il proiettile è stato rinvenuto. L' emitorace
sinistro è stata inoltre interessato da un frammento di proiettile.

▪ Un quarto colpo ha raggiunto, perforandoli più volte, i pantaloni,determinando


probabilmente la lesione contusiva in regione- glutea.

• Ferite da punta e taglio [NdA: sulla vittima maschile]


▪ Lo Stefanacci è stato colpito con uno strumento da punta e taglio ed ha riportato
numerose ferite (10)
▪ all' emitorace sx., al fianco sx., all'ipocondrio, alla fossa iliaca dx.,

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all'avambraccio dx., alla coscia sx. ed in regione lombare dx., va


rilevato che tali ferite presentano scarsi segni di vitalità, per cui si può
attendibilmente presumere che esse furono inferte in un momento
successivo rispetto all'esplosione dei colpi di arma da fuoco, o subito
dopo la morte o in limine vitae.

• REPERTI NECROSCOPICI SU RONTINI PIA


▪ Il cadavere fu rinvenuto sul campo di erba medica a circa sei-sette metri
dall'auto, supino, con indosso vari monili e praticamente privo di vestiti.
▪ dall'auto, supino, con indosso vari monili e praticamente privo di
vestiti. Una maglietta, il reggiseno e gli slip, tutti intrisi di sangue,
sono stati rinvenuti in mano alla Rontini o sotto il suo corpo.

• Ferite da arma da fuoco [NdA: sulla vittima femminile]


▪ nella cavità cranica, ha interessato la regione sfenoidale, la massa encefalica, il
verme cerebellare per essere ritenuto a livello bulbare.

▪ Un secondo colpo avrebbe interessato l'avambraccio sinistro, ma si discute nella


relazione peritale sull'autonomia o meno di tale colpo.

• ferite da punta e taglio [NdA: sulla vittima femminile]


▪ Due ferite da punta e taglio in regione latero-cervicale destra, con
interessamento dei tessuti molli e del fascio vascolo-nervoso ma senza danno a
carico dei vasi di calibro maggiore. Dette ferite presentano fatti emorragici nei
due tramiti.

▪ Sette piccole ferite piuttosto superficiali all' emitorace sinistro, lateralmente alla
zona di escissione mammaria; esse sono vicine tra loro e non infiltrate.

▪ Sul cadavere sono state inoltre riscontrate numerose lesioni escoriative


variamente localizzate e, in particolare lesioni da probabile trascinamento al
dorso.

• Escissioni [NdA: sulla vittima femminile]


▪ In regione mammaria sinistra esportazione totale della mammella e
cruentazione di una superficie rotondeggiante del diametro di circa 18 cm.
▪ Il fondo di tale lesione è grossolanamente piano ed espone il grasso
sotto mammario per quasi tutta la superficie, ad eccezione della parte
inferiore, più profonda, che mette a nudo il piano muscolare.

▪ asportazione del pube, della regione peri-vaginale, di parte della faccia interna
delle cosce alla loro radice, e di parte della regione perianale.

▪ Da rilevare l'assenza di infiltrazione dei margini o di altri segni di vitalità delle


suddette ferite.

Da questa veloce lettura della fredda descrittiva riproposizione delle ferite e delle lesione
inferte, in special modo di quelle patite dalla Rontini, verrebbe quasi istintivo pensare ad una
sorta di aggressione sessuale attiva, ossia mirata anche ad una interazione sessuale fisica
con la vittima femminile: un solo colpo di pistola, come in un ipotetico voler ridurre i rischi di
uccider subito la vittima femminile.
Ma non è così.
Basta leggere appunto con attenzione il tipo di ferito e dove queste siano state inferte, per

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rendersi conto che, come al solito, quello che interessava al mostro, quello che soddisfaceva
il suo malato e marcio desiderio psicotico, era una ed una cosa prioritariamente soltanto:
uccidere.
Uccidere una coppia. Uccidere la coppia-archetipo. Distruggerla.
Non ha alcun interesse nel mantenere vivo nessuno.
Non è interessato al piacere del sesso contestualmente al piacere di uccidere.

Lo ripetiamo ancora una volta:


• il maniaco serial killer “Colpisce, di solito, lo stesso genere di persone, che incarnano
certe sue fantasie ed è reso perciò riconoscibile proprio dalle sue vittime; le considera
non come esseri umani, ma come oggetti, ciò che conta, infatti, non è l'identità del
cadavere ma quello che rappresenta per l'assassino seriale.” [Fonte: Gianluca Massaro su
http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Nella maggior parte degli omicidi seriali, la motivazione principale dell'assassino è


quella di ottenere il controllo del potere, anche in quegli omicidi che, superficialmente,
presentano altre motivazioni.” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• “Per tutti i serial killer, l'omicidio seriale è un modo per esercitare la loro rivalsa sulla
società e per liberare l'aggressività accumulata a causa delle frustrazioni subite” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

• In alcuni casi, le componenti sessuali possono rivelarsi con chiari segni di violenza
sessuale o di atti sessuali compiuti dall'omicida sulla vittima, oppure possono essere
denunciate dalla particolare sede e morfologia delle lesioni inferte ad essa, quando
queste consistono in ferite a parti sessuali del corpo o in escissione delle stesse” [Fonte:
Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Del resto, basta proseguire nella lettura della Perizia de Fazio, per aver conferma della totale
assenza di una supposta o pensata idea di interazione, cosa che già era intuibile dalla
distanza particolarmente ravvicinata dalla quale furono esplosi i colpi [ NdA: 4 bossoli ritrovati
all'interno dell'auto]
• L'omicida ha usato sia un'arma da fuoco che un'arma da punta e taglio, indirizzando i
proiettili al capo della vittima e vibrando successivamente colpi da punta e taglio ad
entrambe, probabilmente nell'intento di essere sicuro dell'esito letale dell'azione.
[Perizia De Fazio]

• Contro lo Stefanacci sono stati esplosi quattro proiettili, uno dei quali a vuoto perché
ha danneggiato solo i pantaloni appoggiati nell'auto; [Perizia De Fazio]

• contro la Rontini sono stati esplosi probabilmente due colpi, uno solo dei quali ha
attinto la donna al capo, mentre l'altro, oltre tutto non certo, l'ha ferita solo ad un
avambraccio. [Perizia De Fazio]

• Anche in questo caso, quindi, la manipolazione dei corpo della vittima si sarebbe
limitata al minimo indispensabile. Non sono state trovate tracce di violenza e di abuso
sessuale sulla ragazza [Perizia De Fazio]

Sparare quasi a bruciapelo un colpo di pistola, anche se “solo” di una Calibro 22, in testa ad
una persona, non può in alcuna soggettiva interpretazione possibile dar adito all'ipotesi che
non se ne volesse causare immediatamente la morte.

Questo dato, oltre che in piena attinenza con quanto abbiamo già visto per gli altri delitti;

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oltre che in piena attinenza con quanto gli studi psicocriminologici ci dicono; oltre che in
piena attinenza e sintonia con quanto esposto a livello di tesi in questo studio, è a detta detta
dello scrivente anche in piena attinenza con l'assenza di possibilità che le vittime siano state
“scelte” e non casuali.

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Vicchio, 1984: omicidio brutale per vittima casuale

Questo documento di studio parla del mostro di Firenze, nello specifico con riferimento alla
figura del soggetto in attenzione: Salvatore Vinci.
Un capitolo quindi dedicato “semplicemente” ad illustrare come non vi sia né prova, né serio
indizio, né motivazione alcuna per il quale il mostro avrebbe dovuto “conoscere”, “pedinare”,
“controllare” Pia Rontini e/o Claudio Stefanacci, può dunque sembrare “fuori tema”.
Ma non è così.
Vi sono ben chiare ragioni per la scrittura di questo capitolo e di quanto espone.

E le ragioni sono multiple:


• PRIMA: da un lato dobbiamo dunque verificare un dato in grado di gettare o meno una
luce, nuova, specifica sul modo di agire del mostro in generale; capire se una simile
modalità di azione possa essere in coerenza con quanto in linea generale psichiatri,
psicologi, criminologi, agenti specializzati della FBI ci hanno detto

• DOPO: dall'altro dobbiamo andare a verificare se in questo ipotetico pregresso


“conoscimento”, “pedinamento” o quant'altro si possano riscontrare dati in grado di
additare e/o scagionare il SV o comunque almeno di poter “giocare” a favore di una
delle due

Infatti, già sappiamo come pur non essendo particolarmente distante, il Mugello non sia un
area geografica ricca di specifiche e dirette connessioni col SV.
Certamente la zona non gli era sconosciuta; certamente vista la modesta distanza, vista
l'attività lavorativa di pronto intervento svolta nel presente dell'epoca del delitto, e viste le
pregresse attività lavorative nel campo delle costruzione, l'area gli era nota.

Reputo come certo inoltre, che almeno un minimo di “perlustrazione” venisse fatta da parte
del MdF prima di colpire le sue vittime:
• il sapersi muovere al buio quasi completo ed arrivare a contatto con le vittime dal lato
di miglior nascondiglio, senza perdersi e senza far rumore o farsi scorgere

• una buona capacità di orientamento al buio quasi completo verso la direzione di fuga

• quanto sostenuto dalle esperienze sui crimini seriali maniacali:


• “In quanto vittime a basso rischio, non è verosimile che esse fossero
particolare obiettivo di un attacco da parte di un aggressore, ma che esse
fossero semplicemente vittime dell’occasione di essere casualmente
disponibili all’aggressore nel momento e nel posto che lui scelse per portare i
suoi attacchi” [Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• “E’ verosimile che l’aggressore abbia familiarità con le aeree in cui questi
crimini sono stati commessi”. [Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• “L’aggressore è sufficientemente familiare con queste aree da sapere che tali


aree sono frequentate in modo routinario da coppie che si possono
impegnare in varie fasi di attività sessuale nella privacy relativa che queste
zone consentono loro”. [Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• “Si ritiene che l’aggressore divenne specificatamente familiare con i luoghi


dei singoli attacchi in seguito ad una sorveglianza e ad una selezione dei
luoghi prima dell’aggressione.” [Profilo FBI – traduzione dal sito di Enrico Manieri]

• “Le vittime, quasi sempre, sono persone sconosciute, incontrate

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casualmente, e se conoscenza c'è stata, è stata solo superficiale ed


estemporanea” [Fonte: Gianluca Massaro su http://www.altrodiritto.unifi.it/]

Come per il delitto del 1974 si è esposta la mancanza di dati significativi in grado di
permettere di ipotizzare sia una interazione sul luogo del delitto, sia anche e soprattutto una
pregressa conoscenza biunivoca tra vittime e mostro, anche per il delitto di Vicchio del 1984
a detta della scrivente pare risultare impossibile un conoscimento/pedinamento.

Siccome esistono più voci che fatti che cercano di avallare la tesi di un “mostro pedinatore”
che tenesse sotto sorveglianza [NdA: particolarmente stretta avrebbe dovuto essere come si vedrà ] le
proprie vittime, specie quelle femminili, ed in particolar modo proprio la Pia Rontini,
cominciamo ad elencare una serie di punti sulla vicenda:
• “Da quando Pia aveva cominciato a lavorare al Bar, Claudio passava ogni giorno a
prenderla con la sua Fiat Panda celeste per trascorrere un po' di tempo insieme [Fonte:
Confidentialcrimecasebook ]

• spesso Pia finiva molto tardi, durante il suo turno serale, e allora ci pensava qualche
amico a riaccompagnarla, [Fonte: Confidentialcrimecasebook ]
▪ se il padre era fuori per lavoro, [Fonte: Confidentialcrimecasebook ]

▪ o un fidato conoscente, come Mauro Poggiali, che due o tre volte la settimana,
di ritorno dal lavoro a Firenze, si fermava al Bar della Stazione per una partita a
carte.” [Fonte: Confidentialcrimecasebook ]

Già solo da simili informazioni, appare particolarmente difficile che una persona “X” potesse
seguire Pia con così tanta assiduità da scoprire il logo di elezione di intimità della coppia.

• “Sin dal primo giorno di lavoro Pia aveva il turno serale, dalle 19:00 alle 01:00, fino
alla chiusura del bar. Così tutti i giorni di lavoro, fino al Sabato 28 Luglio” [Fonte:
Confidentialcrimecasebook ]

• “Quel giorno Pia aveva però deciso di scambiare il suo turno con una collega, Manuela
Bazzi. Forse voleva trascorrere un tranquillo pomeriggio con Claudio, forse cominciava
a essere stanca e desiderava dormire un po' di più la sera, ma quel giorno,
diversamente dal solito, decise di fare un orario di lavoro inconsueto, dalle 9.00 alle
13.00 e dalle 17:00 alle 20:00.” [Fonte: Confidentialcrimecasebook ]
▪ nota: a conferma degli orari di lavoro come scritti nei due punti appena citati, e
del cambio turno: si legga la deposizione del 8 luglio 1997 di Manuela Bazzi; e
anche la testimonianza di Roberto Bini del 8 luglio 1997]

Già solo proprio questo “cambio turno” e dunque “ cambio orario” a cavallo tra il 28 e il 19
luglio 1984, è a detta dello scrivente sufficiente a negare ogni plausibilità ad un pregresso
conoscimento della vittima da parte del mostro.

Ma c'è di più.
Ci sono le dichiarazioni e la testimonianza addirittura della madre della Pia [ NdA: Kristensen
Winnie Dalgaard - Verbale del 06 agosto 1984, rilasciato presso la Stazione dei Carabinieri di Vicchio ]:

• “Il giorno 29.7.1984 mia figlia Rontini Pia Gilda, che lavorava presso il bar “La nuova
spiaggia” di Vicchio, ha cominciato a lavorare verso le ore 9,30 e fino alle ore 13,00”
[Fonte: verbale della Kristensen Winnie Dalgaard - 06 agosto 1984]

• “Alle 13,00 è tornata a casa ed abbiamo pranzato unitamente a marito Rontini Renzo e

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mio cognato Manetti Piero di Livorno” [Fonte: verbale della Kristensen Winnie Dalgaard - 06
agosto 1984]

• “Verso le ore 13,45 circa si è finito di mangiare. Dopo mangiato siamo rimasti tutti in
casa, io e la Pia ci siamo messe a fare le faccende” [Fonte: verbale della Kristensen Winnie
Dalgaard - 06 agosto 1984]

• “La Pia doveva ricominciare a lavorare alle 17,00. Verso le 16,00, come di consueto, la
Pia è uscita di casa dicendo che sarebbe andata a fare una giratina con Claudio
Stefanacci, il suo fidanzato” [Fonte: verbale della Kristensen Winnie Dalgaard - 06 agosto 1984 ]

• “Mio marito sentito che la Pia andava fuori le chiese se prima di andare a fare la
giratina le avesse fatto il favore di portargli una birra fresca. La Pia uscì e tornò
unitamente a Claudio, con la birra dopo circa 5 minuti” [Fonte: verbale della Kristensen
Winnie Dalgaard - 06 agosto 1984]

• “Data la birra a mio marito la Pia e Claudio andarono via, anzi ricordo che la Pia prima
di uscire chiese a mio marito quando partiva, in quanto doveva recarsi a Livorno per
accompagnare il cognato Manetti Piero, e lui gli rispose che sarebbe partito dopo che
lei sarebbe tornata a casa per poi ritornare a lavorare. Dopo di questo la Pia andò via”
[Fonte: verbale della Kristensen Winnie Dalgaard - 06 agosto 1984]

• “La Pia tornò a casa da sola alle ore 16,50 circa” [Fonte: verbale della Kristensen Winnie
Dalgaard - 06 agosto 1984]

• “Quando la Pia tornò si è cambio di vestito preparandosi per andare a lavorare, dopo
che si ebbe cambiata tutti insieme decidemmo di accompagnarla al posto di lavoro e
così facemmo si montò in auto e ci siamo portati al bar La nuova spiaggia” [Fonte:
verbale della Kristensen Winnie Dalgaard - 06 agosto 1984 ]

• “Verso le ore 20,20 circa visto che la Pia non tornava ancora da lavorare io ho cenato e
appena io ho finito di cenare è arrivata la Pia, erano circa le 20,30” [Fonte: verbale della
Kristensen Winnie Dalgaard - 06 agosto 1984]

• “Ha terminato di mangiare dopo circa 10-15 minuti. Dopo questo è rimasta a tavola a
parlare con me e mi diceva di essere stanca.” [Fonte: verbale della Kristensen Winnie
Dalgaard - 06 agosto 1984]

• “Io le dissi “Pia poiché questa sera hai finito di lavorare presto perché non vali a fare
una giratina con Claudio così lo farai contento”. [Fonte: verbale della Kristensen Winnie
Dalgaard - 06 agosto 1984]

• “La Pia sentito questo guardò l'orologio e visto che era presto disse quasi quasi ci
vado” [Fonte: verbale della Kristensen Winnie Dalgaard - 06 agosto 1984 ]

• “imboccata la porta disse: ciao mamma torno presto” [Fonte: verbale della Kristensen Winnie
Dalgaard - 06 agosto 1984]

• “Verso le 22,30 ho cominciato a preoccuparmi nel vedere che la Pia non era ancora
tornata,” [Fonte: verbale della Kristensen Winnie Dalgaard - 06 agosto 1984 ]

• A.D.R. [NdA: A Domanda Risponde]: - “Non mi hai raccontato di persone che negli
ultimi tempi l'abbiano seguita ne di avere notato individui in atteggiamento

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strano nel bar in cui lavorava”. [Fonte: verbale della Kristensen Winnie Dalgaard - 06 agosto
1984]

Come un mostro “X”, potesse sapere del cambio turno, e del fatto che la Pia, stanca, sia poi
uscita di casa su espresso consiglio della madre, è un mistero che può essere ammesso solo
ammettendo che il MdF, quella sera, stesse proprio appostato sotto casa della famiglia Rontini
in attesa della Pia.
Cosa categoricamente da escludere per tutta una serie di validissime ragioni:
• nessuno notò un auto o una persona appostata sotto casa loro

• l'appostamento non avrebbe avuto alcuna ragione logica di essere, non potendo a
priori il MdF sapere né se la Pia sarebbe uscita, né a che ora

• l'appostamento non avrebbe avuto alcuna ragione logica di essere, facendo correre al
MdF il facilissimo rischio di essere visto, ricordato, identificato, riconosciuto

Ma c'è ancora qualche particolare da fare notare:


• visto il ritardo, la madre di Pia si allarma, esce a cercare la figlia, va in piazza del
paese, contatta gli amici di lei e di lui, va a parlare coi Carabinieri, la voce comincia a
circolare. La madre Pia si mette in contatto anche coi genitori di Claudio, anche loro
preoccupati.
Tutto il paese si mobilita nelle ricerche: “I carabinieri di Borgo S. Lorenzo mandano un
auto a fare il giro della zona. Winnie e Romana chiedono ai passanti in piazza Giotto di
aiutarle a cercare Pia e Claudio, e in pochi minuti un piccolo assembramento di
persone, amici, conoscenti, amici di amici, iniziano le ricerche in paese, fuori dal
paese, dovunque. Si mettono alla ricerca anche gli amici Aldemaro Stellini, con l’amico
Vincenzo, e Lorenzo Becherini, che conosce molto bene Claudio. Si muovono anche
Andrea e Giuliano. Una, due, cinque, dieci automobili partono dal centro di Vicchio
come in una caccia al tesoro. Ma in questa caccia al tesoro non si sta divertendo
nessuno.” [Fonte: Confidentialcrimecasebook]. “Quasi tutto il paese si è mosso alla
ricerca dei due ragazzi” [Fonte: Confidentialcrimecasebook].

• “Sono le 3:00 Le prime auto cominciano a tornare, senza notizie” [Fonte:


Confidentialcrimecasebook].

• “Altre auto tornano a Vicchio, anche per loro le ricerche sono state vane” [Fonte:
Confidentialcrimecasebook].

• “Intorno alle 3:00 del mattino, quando le ricerche di Pia Rontini e Claudio Stefanacci
sono ormai iniziate da più di 4 ore, Piero Becherini, elettricista, 37 anni, amico di
Claudio, sta percorrendo in auto la strada provinciale 41, c.d. “Sagginalese”. Anche lui,
come molti altri amici e conoscenti di Claudio ha dato la sua mano di aiuto alle famiglie
Stefanacci e Rontini nelle ricerche. Nel 1984 la Sagginalese è un tratto di strada in
gran parte non asfaltata, di circa 16 km, che unisce Dicomano a Borgo San Lorenzo,
seguendo approssimativamente il corso Nord del fiume Sieve. Non è certo una strada
molto trafficata, appena qualche auto in più nel fine settimana perché costeggia una
linea di poche villette, terra-tetti, e casali di campagna, le seconde case dei Fiorentini e
di alcuni abitanti della zona. É una strada polverosa, piena di buche, e stretta al punto
che in diversi tratti due auto, accostate l’una all’altra, fanno fatica a transitare o non
transitano affatto, e di notte è completamente buia.
Ma Becherini, che è stato svegliato dalla Signora Stefanacci alle 2:00 per partecipare
alle ricerche, decide di percorrere quella strada perché conosce le abitudini dei ragazzi
della zona, e si ricorda di aver visto alcune volte delle auto parcheggiate in una

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piazzola sterrata a ridosso del bosco, a pochi metri da un ansa del fiume Sieve, che in
quel punto quasi tocca la strada Provinciale, a circa metà strada tra Vicchio e
Dicomano, e una volta di avervi visto, mentre usciva per riprendere la Provinciale,
anche la Panda di Claudio. ” [Fonte: Confidentialcrimecasebook].

Come vediamo, nemmeno gli amici sapevano dove erano soliti imboscarsi in cerca di intimità.
Ci arriverà, solo uno di essi, ore dopo e solo per tentativo.
Probabilmente si può dire che la coppia nemmeno avesse un posto specifico e routinario dove
andare ad imboscarsi.
• il mostro dunque non avrebbe proprio potuto sapere che proprio lì, dove nemmeno gli
amici sapevano, si sarebbero andati ad infrattare, nemmeno se fosse stato un “mostro
pedinatore”

• Però, “la Boschetta” di Vicchio, era comunque un luogo abitualmente frequentato dalle
coppie della zona in cerca di intimità

Anche questo dato dunque, ci porta a concludere senza esclusione di possibilità, che non
esistesse alcun tipo di pregresso conoscimento né della coppia né delle intenzioni e direzione
della stessa, da parte del MdF.

Il luogo, come specificato, per quanto appartato non risulta, specie di notte grazie alle luci dei
fari o delle luci interne delle auto, impossibile da notare semplicemente passando sulla strada
principale.
Il MdF, proprio in questo modo potrebbe essere venuto a conoscenza di una simile località, e
dopo una prima occhiata data chissà quando, aver ritenuto più che sufficientemente sicuro il
posto per una futura azione omicidiaria vista la sua topografia.

Prima quindi di passare al capitolo successivo, in cui andremo ad analizzare le congruenze e


le incongruenze dello specifico caso sulla figura del SV, invito i lettori alla lettura dei precisi
articoli scritti da Andrea Mascia i merito al duplice omicidio di Vicchio: pagina 1 e pagina 2

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Vicchio 1984: affinità e differenze con la figura del SV

A fronte di quanto esposto nel capitolo precedente, quello che si nota con evidenza è che:
1. non vi è alcuna ragione a supporto dell'idea che il mostro conoscesse né Pia né Claudio

2. non vi è alcuna ragione a supporto dell'idea che il mostro avesse nei giorni passati o in
quello del giorno del delitto, pedinato la Rontini o il Claudio [ NdA. È invece ipotizzabile che
passando a controllare il luogo, possa aver visto una auto svoltare verso la Boschetta e da lì abbia
correttamente presupposto che fosse un auto con una coppia a bordo; esattamente come è ipotizzabile
che il mostro fosse già appostato aspettando l'arrivo della prima coppia possibile ]

3. non vi è alcuna ragione a supporto dell'idea che il mostro che il mostro potesse
identificare quel luogo, come il luogo di elezione unico proprio di quella coppia

4. non vi è alcuna ragione a supporto dell'idea che il mostro potesse sapere del cambio
turno effettuato dalla Rontini proprio per quel giorno

5. non vi è alcuna ragione a supporto dell'idea che il mostro potesse sapere che Pia non
avesse intenzione di uscire quella sera

Escluse dunque tali possibilità per un mostro generico, andiamo invece adesso a vedere come
queste informazioni raccolte possano essere viste come attinenti o meno con la figura a noi
nota del SV.

• a) la mancata conoscenze pregressa del SV con le vittime, non è motivo né logico né


probante che possa permettere di escludere il SV
▪ al più invece, può essere visto come dato in linea coi pregressi delitti dove anche
in quelli nessun indizio di pregresso conoscimento era emerso

• b) che a Vicchio sia stata massacrata una coppia, risulta in linea con quanto raccolto e
postulato in merito ai traumi infantili, inconscio germe e seme di sviluppi
psicopatologici che possono aver generato nel soggetto una forma di odio, prima
inconscio e post 1974 manifesto, verso la coppia

• c) L'area del Mugello, non poteva essere area sconosciuta al SV, sia per la modesta
distanza da casa, sia per le attuali e pregresse esperienze lavorative. Anche il dato
dell'area dunque, non può rivestire a priori alcun valore discolpante nei confronti del
SV
▪ Si noti che “Nel 1984 la Sagginalese ...SNIP... che unisce Dicomano a Borgo San
Lorenzo ...SNIP...costeggia una linea di poche villette, terra-tetti, e casali di
campagna, le seconde case dei Fiorentini e di alcuni abitanti della zona.”
[Fonte: Confidentialcrimecasebook].
▪ Proprio a Firenze aveva sede la ditta di Pronto Intervento Casa del SV.

▪ Non risulta così impossibile da pensare che se uno di detti proprietari


di casa avesse mai avuto necessità di urgenza di un intervento, proprio
anche in virtù del non abitare in zona, avesse negli anni potuto far
riferimento ad una ditta fiorentina della quale magari era venuto a
conoscenza della capacità di intervento.

• d) nel caso del SV come MdF, l'area inoltre già gli era nota come minimo per via del
delitto del 1974 compiuto a assai pochi chilometri di distanza

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• e) la assenza di pregressi pedinamenti, implica ovviamente la non -necessità di


reiterate presenze del mostro nella zona.
Che non siano emerse segnalazioni indicanti una presenza “casuale e/o reiterata” per
giorni e fasce orarie differenti da quella del delitto, a Vicchio del SV dunque, non è dato
che possa essere usato né in forma indiziante né in forma scagionante.

• f) alla data del delitto, il SV non risultava in nessun stato di costrizione: né ristretto in
una prigione, né ricoverato in una struttura sanitaria, né immobilizzato per motivi di
salute, né momentaneamente impossibilitato a raggiungere il luogo del delitto in
compatibile fascia oraria, a causa di soggiorno in area troppo distante

• h) per quello che riguarda l'alibi, questo risulta essere:


▪ inattendibile e dunque probabilmente falso

▪ quando anche “veritiero”, tale alibi non è in grado di coprire la finestra oraria di
andata, uccisione e ritorno.

▪ “si dubitava anche dell'alibi” [Sentenza Rotella - CAPO IX — SALVATORE VINCI — 9.1 - LO
STRACCIO].
Vale la spesa riportare integralmente le parole del G.I. Mario Rotella: “Le
verifiche fatte intorno all'alibi fornito ai carabinieri da Salvatore Vinci, per la sera
del 29 luglio 1984, effettuate dal p.m. e poi riprese dal g.i. conducono a
conclusioni quasi simili a quelle relative al duplice omicidio di Signa. Nella
specie, sono emerse discordanze tra quanto aveva dichiarato lui stesso (circa
un'uscita alle 21,30 con la D'Onofrio e la bambina per prendere un gelato, in un
bar all'inizio di via Cerretani, facendo rientro alle 22-22,30, una nuova
estemporanea uscita sino alle 23,30 circa, per riprendere il cane, ed un'ultima
uscita notturna tra le 3 e le 3,30 del mattino per fare esercizio di corsa, nonché
gli interventi effettuati dal figlio quella notte, per conto della ditta di 'Pronto
Intervento Casa' di cui era titolare), e quanto rispettivamente dichiarato dal
figlio e dalla D'Onofrio. Il figlio quella sera ha fatto due interventi, ma Vinci e la
donna ne ricordano uno solo. Quanto a costei, probabilmente, come peraltro ha
detto, da una cert'ora in poi dormiva in camera sua. L'unico segno, della sua
consapevolezza della presenza in Firenze dell'amante quella notte, per alcun
tempo prima di addormentarsi, sarebbe quello di averne visto dalla finestra
[NdA: erroneamente nella Sentenza si parla di "quarto piano", ma così non è, in quanto tale
edificio è costituito da un piano terra, un primo piano ed un secondo piano. Resta comunque
difficile vedere in tali condizioni ] stando sul letto in camera, le gambe attraverso la
serranda semiaperta del laboratorio a livello strada, di fronte. La donna, ha poi
affermato che le uscite con Salvatore e la bambina sono state rarissime, che lei
non colloca quella di cui Vinci ha parlato, nella sera (prima parte) del 29 agosto
1984 (si sono comunque verificati, in istruttoria formale, i percorsi e i tempi con
la stessa D'Onofrio), ma in una data diversa e antecedente. Ha spiegato che al
p.m. aveva dato un'indicazione corrispondente a quella di Vinci, perché lui glielo
aveva chiesto in anticamera, ma non era, per parte sua, in grado di ricostruire
proprio quella serata. Il dettaglio di tutti gli accertamenti, degli orari, dei tempi
di percorrenza è stato minuziosamente ricostruito nel rapporto dei CC
menzionato (22.4.86). A parte il problema dell'attendibilità dei testi a
riscontro, e di alcune inverisimiglianze della narrazione dello stesso Vinci, è
giusta l'osservazione circa il fatto che, quando tutto combaci e non è così (in
un certo lasso di tempo la donna dormiva ed il figlio era fuori), Vinci avrebbe
avuto il tempo di andare a Vicchio, commettere il delitto e ritornare a
Firenze” [Sentenza Rotella].

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▪ “ l'alibi del Salvatore relativo a quella notte sul 21-22 agosto 1968, gli venga
meno a distanza di 17 anni dai fatti” [Rapporto Torrisi 311/1], e 1968 più 17, fa
1985 e non 1984.

• i) l'esito della perquisizione del 30 luglio 1984 [ NdA: ossia del giorno successivo al delitto,
giorno di ritrovamento dei corpi], pur risultando negativo per quanto riguarda evidenze
dirette con l'omicidio della Rontini e dello Stefanacci, porta alla scoperta e al sequestro
di uno straccio, nascosto [NdA: vedasi capitolo “Dello straccio” e relativi sottocapitoli], macchiato
di 38 macchie di sangue [Sentenza Rotella] e di tracce di polvere da sparo” [Sentenza
Rotella]

Un altro dato di contorno, che esula però direttamente dal contesto, ma che comunque vale
la spesa ricordare, è che nel 1984 il SV già aveva provveduto a sostituire la “litigiosa” Pierini,
con la sua ex donna delle pulizie: la Antonietta D'Onofrio.

Si noti con attenzione che:


E' importante ricordare tenere a mente che alla data del delitto di Vicchio, per quanto in
qualche maniera la figura del SV cominciasse a prendere forma nei ragionamenti degli
investigatori [NdA: “i concreti sospetti su VINCI Salvatore sorgono a partire dal duplice delitto di Vicchio del
Mugello, del 29 luglio 1984” – Rapporto Torrisi 311/1], più che altro come inscindibile dal delitto del
1968, più che altro in quanto accomunato alle parole del SM contro il Francesco: non c'era
altro.
Gli investigatori ancora avevano del SV una immagine di tranquillo ed onesto lavoratore, in
contrapposizione a quella del fratello “delinquente”, scagionato o meno che fosse per i delitti
del mostro.

Solo il 15 aprile 1985 viene escussa la Rosina Massa per la prima volta. E solo in tale data gli
inquirenti scopriranno come il SV non fosse quella persona buon padre di famiglia, onesto
lavoratore e dalla fedina penale intonsa che fino ad allora pensavano di conoscere.

Solo il 30 maggio 1985 [rapporto Torrisi 311/1] il SM confessa la relazione omosessuale col
“depravato” SV [NdA: “è la definizione che MELE Stefano fa del suo amico di avventure, dandogli l'appellativo
di "depravato" - Rapporto Torrisi 311/1 ], quando dichiara che: “invertono reciprocamente fra loro
due, le parti dell'uomo e della donna, avendo rapporto di coito anale, anche in presenza della
donna” [rapporto Torrisi 311/1]

Solo il 12 giugno 1985 poi, il SM nuovamente sentito, tirerà nuovamente in ballo il SV [ NdA:
“Il 12 Giugno 1985 il giudice Rotella ebbe l'ennesimo colloquio con Stefano Mele. Stefano , come aveva gia' fatto
per i precedenti sospettati, comincio' ad accusare Salvatore Vinci per il delitto del 68” - Fonte Calibro22 Blogspot].

Fortuna per il SV volle, che gli inquirenti in parte erano stati distratti da una nuova ipotesi:
“La Polizia intanto, a Febbraio dell'85, aveva ricevuto alcune indicazioni di sospetto su un
altra persona, Giovanni Calamosca, proprio lo stesso nella cui casa era stato arrestato
Francesco Vinci nell'Agosto dell'82. Il signor Rontini aveva infatti raccolto alcune voci che
parlavano del possesso da parte del Calamosca di una Beretta calibro 22” [fonte: Calibro22
Blogspot].
Questo fatto distolse realmente momentaneamente le poi successive attenzioni sul SV?
Impossibile dire con certezza, ma la cosa non sarebbe fonte di stupore e meraviglia.
Il tutto continuava a ruotare attorno a Signa.

Si noti dunque bene che:


non prima del 15 aprile 1985, quasi un anno dopo Vicchio, anno in cui lo straccio sequestrato
non venne preso in considerazione dal P.M., gli inquirenti hanno la nuova fotografia di SV; un
SV non più morigerato, buon padre di famiglia e semplice onesto lavoratore, ma un SV

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violento verso le donne, rancoroso, perverso, dedito a vivere il sesso al di là della comune
morale ricorrendo anche alla coercizione delle proprie partner.
Solo in questo momento, solo a partire da questa data, brandelli incomprensibili di fili
slacciati possono essere visti dagli inquirenti come una trama. E solo con le nuove
dichiarazioni del SM del 12 giugno, possono essere annodati assieme. Non prima

Ecco perché nel 1984, pur presentandosi prontamente alla porta di casa del SV, pur
procedendo alla perquisizione e alle domande di rito:
• nessuno si preoccupa più di tanto di approfondire un alibi che nei fatti non c'è
• nessuno si preoccupa di mettere sotto pressione e torchio il SV

Ed ecco anche perché, anche nel rapporto Torrisi 311/1, non è che poi si leggano molti
particolari specifici e di interesse relativi a questo delitto parlando del SV.

Comunque, riassumendo e ritornando ai punti organicamente su esposti, anche per questo


delitto, come visto non emergono dati in grado di permettere, anche solo in forma dubitativa
o per eccesso, di poter escludere il SV.

Si noti, che alla data di detto duplice delitto, erano in carcere Giovanni Mele e Piero Mucciarini
[NdA: vengono arrestati il 26 gennaio 1984 e il delitto è del 29 luglio 1984 ] proprio con l'accusa, piuttosto
blanda e mal ricevuta dal pubblico a mezzo stampa, di essere “i mostri di Firenze”.
Tale delitto, ovviamente, si incarica di smontare la diretta accusa a loro carico. Cosa questa,
come in precedenza per il Francesco Vinci e lo Spalletti, che alcuni non esitarono a ipotizzare
come un delitto volutamente perpetrato al fine proprio di scagionare i due dalle accuse.

Anche in questo caso, come per lo Spalletti e per il Francesco Vinci, non vi è alcuna ragione
pratica:
• né per immaginare un “anonimo mostro” agire in tal senso

• né per immaginare un “SV - MdF”, agire in tal senso.

Nel primo caso:


un mostro ignoto e mai entrato nelle indagini né dei delitti maniacali veri e propri, né per
quello del 1968, non avrebbe avuto proprio alcuna ragione per far scarcerare due a lui
sconosciuti e non pregressi complici.

Del resto poi, scartando la figura del SV per un attimo, sappiamo come tutti gli altri nomi,
anche solo di contorno, riferibili a Signa, siano stati passati tutti al setaccio senza che dati
significati sul loro conto siano emersi. Dunque non si capirebbe quale legame avrebbe potuto
avere questo “anonimo mostro” proprio col Mucciarini o col Giovanni Mele.

Nel secondo caso:


vale tutto quanto fin qui detto; ossia che un SV affetto da una grave forma psicopatologica di
così alta devianza, e dunque almeno in un certo senso succube, che lo porta negli anni a
sterminare coppie e mutilare carni, non è persona, malata, che smette di uccidere per
favorire/colpevolizzare qualcuno ed invece è una persona, malata, che uccide principalmente
in conformità “all'obbligo” di accondiscendere un proprio implacabile e non trattenibile
desiderio patologico. Il discorso oltre che al SV, in questo caso, si applica a qualsiasi figura si
voglia indicare: così non fosse, non esisterebbero nemmeno i serial killer appunto.

Inoltre, per quanto noto a priori a tutti, SV incluso, che un delitto firmato MdF scagiona chi al
momento è in stato di detenzione con quella accusa, non si capisce il nesso e il vantaggio che
il SV avrebbe potuto conseguire da una scelta omicidiaria voluta proprio a tal fine.

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• L'indicare i due come non colpevoli, al limite e anche senza al limite, restringeva la
cerchia dei possibili sospettati, facendogli “guadagnare attenzioni”

• se è vero come presentato in questo documento di studio che almeno uno dei due
risultava essere stato in complicità col SV ai tempi del delitto di Signa [ NdA: a differenza
del detestato fratello Francesco] e che quindi “un gesto di favore” da parte del SV nei
confronti degli ex complici potrebbe da questo punto di vista essere giustificato, è
altresì da tenere in considerazione che: il SV da nessuno dei due aveva in realtà molto
di cui preoccuparsi. Al limite potevano raccontare solo di Signa appunto, ma:
▪ come spiegato col passaggio di arma con l'inganno, non avevano prove che
l'arma il loro ex complice SV non l'avesse veramente buttata da qualche parte
come fatto credere

▪ se avessero raccontato di Signa, avrebbero, almeno uno, dovuto confessare di


essere un duplice omicida

▪ se almeno uno dei due avesse confessato di Signa, la famiglia Mele, ne avrebbe
patito pesanti ripercussioni a livello di unità, la poca rimasta, famigliare

▪ l'alibi del SV per Signa continuava, al momento, a restare sicuro

▪ il SV poteva continuare a contare sul silenzio del SM; SM, che aveva contribuito
a mettere nei guai proprio il Mucciarini e il Giovanni, e che dal 1968 in avanti,
non aveva perso occasione di difendere il SV [NdA: il Mele e il Mucciarini non sapevano
del segreto omosessuale che il SM condivideva col SV ], lasciando quindi i due privi della
“voce del sicuramente presente sulla scena di Signa” Stefano Mele a confermare
le loro accuse caso mai le avessero fatte.

Per tutte queste ragioni [NdA: e per quelle esposte nel prossimo capitolo ] e perché ad una psicopatia
non si comanda più di tanto, mi permetto di dissentire da quanto afferma il Ten. Col.
Nunziato Torrisi nel suo rapporto 311/1, quando in merito scrive:
“In questi due duplici omicidi, quindi, ci pare cogliere un elemento comune che ne
caratterizza il momento, e cioè che la loro consumazione giunge tempestiva per VINCI
Francesco e soprattutto per i due cognati, come a voler evidenziare un particolare interesse
dell'assassino a sollevare dagli impicci chi di quei delitti è accusato e detenuto in carcere . “
[Rapporto Torrisi]

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Vicchio, Giogoli, Travalle di Calenzano: nessun delitto per “scagionare”

Come accennato nel capitolo precedente, e ad esso legato, è il caso di prendere in


considerazione l'ipotesi dei “delitti per scagionare altri”:sia a livello MdF ignoto, sia a livello
SV – MdF.

Tale ipotesi è necessario innanzitutto inquadrarla nel giusto parametro: Il Tempo

a) Mosciano di Scandicci: 6 giugno 1981


a1) Spalletti: arrestato il 13 giugno 1981
a2) Travalle di Calenzano: 22 ottobre 1981
a3) Spalletti scagionato

Ossia, il MdF avrebbe agito per “scagionare” un“indiano”, che non era stato suo complice a
Signa nel 1968, dopo: 131 giorni
[NdA: comunque 131 giorni in carcere, accusati in un modo o nell'altro di essere o di avere a che fare coi delitti
maniacali e le mutilazioni del MdF , non sono pochi e continuano ad essere oltre 4 mesi abbondanti ]

b) Baccaiano: 19 giugno 1982


b1) Francesco Vinci arrestato il: 15 agosto 1982 [NdA: viene accusato di essere il mostro: il 6
novembre 1982]
b2) Giogoli: 9 settembre 1983
b3) Francesco Vinci scagionato

Ossia, il MdF avrebbe agito per “scagionare” il fratello [ NdA: detestato], che non era stato suo
complice a Signa nel 1968, dopo: 390 giorni, se partiamo dalla data dell'arresto, o 307 giorni
se partiamo dalla data di formalizzazione delle accuse
[NdA: si tratta comunque di periodi di tempo a finestra annuale: 1 anno e tre mesi o 10 mesi circa; che non sono
così pochi se uno li deve passare in galera e accusato di essere un mostro psicopatico pluriomicida ]

c) Giogoli: 9 settembre 1983


c1) Giovanni Mele e Piero Mucciarini vengono arrestati il: 26 gennaio 1984
c2) Vicchio: 29 luglio 1984
C3) Giovanni Mele e Piero Mucciarini scagionati

Ossia, il MdF avrebbe agito per “scagionare” almeno uno degli ex complici del delitti di Signa
del 1968, dopo: 185 giorni
[NdA: comunque 185 giorni in carcere, con la grave accusa di essere gli autori dei duplici delitti maniacali, non
può essere considerata una passeggiata; trattasi infatti sempre di poco più di sei mesi ]

Ora, al di là della banale considerazione che vede il mostro, chiunque esso sia, attivarsi più in
fretta per lo Spalletti che per i Francesco Vinci, i Giovanni Mele e i Piero Mucciarini, pur di
scagionarli, se andiamo a calare tali dati sulla figura di riferimento di questo studio, essi
risultano ancora meno logici e plausibili se li si vuol vedere nella prospettiva di “delitti
commessi per scagionare qualcuno”.
Al contrario, assumono diretta coerenza e plausibilità quando li si analizza in differente
prospettiva:
– lo Spalletti era sconosciuto al SV, ma il SV poteva temere che effettivamente lo
Spalletti avesse visto qualcosa, e pur avendo dedotto che cosi non era si affrettò
comunque ad agire. Ed infatti i giorni sono “solo”: 131. il periodo più corto.

– Il Francesco, il detestato fratello non partecipe al delitto di Signa e che dunque in


merito aveva ben poco da raccontare, è quello che viene lasciato a “marcire” di più in

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galera. Ed infatti i giorni sono: 307 o 390. Il periodo più lungo.

– I Mele e e Mucciarini, di cui uno almeno complice del delitto di Signa ma senza
possibilità effettiva di poter “cantare”, restano in carcere un periodo di tempo
intermedio comunque più simile a quello dello Spalletti che a quello dell'odiato fratello:
185 giorni

Ancora sull'idea, non sostenuta da questo documento di lavoro, dell' ipotesi dei “delitti per
scagionare”, è corretto far notare che se uno, innocente, sa qualcosa non è che deve
aspettare 130 o 184 o 389 giorni prima di dirla.
Questo a significare che l'ipotesi “il MdF uccise per scagionare” avrebbe un minimo appiglio
logico, solo nel caso in cui il MdF avesse colpito veramente a ridosso della data degli arresti di
chi intendeva scagionare: una settimana, un paio di settimane al massimo.
Come abbiamo visto, questo non avvenne.

Anche se in parte già accennato all'insussistenza di significato dell'alibi fornito dal SV nelle
immediatezze del dopo delitto di Vicchio, passiamo ora ad analizzarlo nel dettaglio.

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Vicchio: da SV a Shakespeare [“alibi o non alibi, questo è il problema”]

Possiamo fidarci di quanto scritto a livello riassuntivo in merito all'alibi del 1984, dal G.I.
Mario Rotella, ma dato che questo è un documento di analisi, vale quindi anche la spesa
analizzarlo nel dettaglio; dunque procediamo.
Scoperto il delitto, gli investigatori si presentano alle abitazioni di tutti nomi sulla lista: il SV
tra questi.

Dopo la perquisizione che porterà al ritrovamento e al sequestro del famoso straccio [ NdA:
vedasi “Dello straccio” e relativi sotto capitoli],

30 luglio 1984: “Il VINCI Salvatore, al termine della perquisizione , verso le ore 13,30, viene
accompagnato in questa Caserma e, sentito a sommarie informazioni testimoniali, su come
ha trascorso il pomeriggio e la notte del 29 luglio 1984, dichiara:” [Rapporto Torrisi 311/1]
• di aver effettuato un intervento alle ore 17,00-17,30 in via Costantino Nigra, presso un
certo SANTORO Duccio, per aprire una serratura di sicurezza bloccata [Rapporto Torrisi
311/1]

• al termine del quale, verso le ore 17,30, è rientrato a casa [Rapporto Torrisi 311/1]

• di essere stato in famiglia dalle ore 19,30 alle ore 21,30 a consumare la cena;[Rapporto
Torrisi 311/1]

• di essere uscito alle ore 21,30 con la sua donna, D'ONOFRIO Antonietta e la sua
bambina a nome Michela, facendo prima un giro con l'autovettura Fiat 126, targata
Firenze, di proprietà della donna, e poi andando a prendere un gelato presso il bar sito
all'inizio di via Cerretani, e proseguendo, poi, la passeggiata a piedi in via Nazionale,
facendo rientro alle ore 22,00-22,30; [Rapporto Torrisi 311/1]

• di essere giunta al suo rientro una chiamata per un intervento e di aver mandato, nella
circostanza, suo figlio Roberto data la facilità del caso [Rapporto Torrisi 311/1]

• di essere uscito dopo circa 15-20 minuti per portarsi in via Circondaria, vicino a Viale
Redi, per prendere il cagnolino che da sé era andato lì per frequentare gli altri animali,
rientrando a casa verso le ore 23,30 [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ "dopo mi sono portato ai giardini, lì nei pressi, per andare a prendere il canino.
L'ho trovato, difatti e con la bestiola sono ritornato a casa. Non ricordo se a casa
era rientrato mio figlio oppure no" [Rapporto Torrisi 311/1]

• di essersi portato con l'animale nel sottostante magazzino in laboratorio, ove si è


intrattenuto sino alle ore 00,15, andando, poi, a vedere le olimpiadi alla televisione,
con suo figlio Roberto [Rapporto Torrisi 311/1]

• di essere uscito verso le ore 03,00-03,30 col cane, per recarsi alla vasca nel giardino
della Fortezza, per fare esercizi di corsa, onde mantenersi in allenamento, fino alle ore
04,30-05,00; [Rapporto Torrisi 311/1]

• di aver incontrato, nella circostanza, una persona di origine sarda, da lui non
conosciuta, con la quale ha scambiato qualche parola di circostanza; [Rapporto Torrisi
311/1]

• di essere stato raggiunto durante gli esercizi dalla sua donna a bordo del pulmino, la
quale si è mostrata molto seccata per il fatto che lui aveva preso la sua autovettura

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che a lei serviva per recarsi al lavoro presso la sua ditta in Prato; [Rapporto Torrisi 311/1]

• di aver visto nel corso del rientro in casa, nella vicina pasticceria, due Carabinieri
intenti a far colazione e di aver chiesto ad uno di loro se il bar di via di Novoli fosse
aperto, ed avuta risposta affermativa, si sono ivi recati, rientrando alle ore 06,00
[Rapporto Torrisi 311/1]

• dopo di che la donna è partita per Prato [Rapporto Torrisi 311/1]

30 luglio 1984: sentito anche il figlio Roberto, questi dichiara che:


• di essere uscito, verso le ore 22,00-22,30, per effettuare un intervento d'iniziativa, in
via Muratti n. 14 [Rapporto Torrisi 311/1]

• di aver effettuato un secondo intervento alle ore 01,00 in via Costa San Giorgio n. 1,
per aprire una porta. [Rapporto Torrisi 311/1]

• prosegue affermando di aver seguito la televisione dalle ore 23,30 alle ore 06,00
[Rapporto Torrisi 311/1]

• che anche suo padre, pur se per poco tempo, ha assistito alla trasmissione e dopo è
uscito per andare alla vasca per fare allenamento, senza essere in grado di precisare
l'ora. Conclude, dicendo che l'Antonietta è uscita verso le ore 04,00, facendo rientro
dopo venti minuti, forse con il padre [Rapporto Torrisi 311/1]

• e la stessa, verosimilmente, alle ore 06,00 è andata a Prato [Rapporto Torrisi 311/1]

8 agosto 1984: Sentito nuovamente in tale data, il SV stavolta dichiara:


• conferma le circostanze prima riferite ai Carabinieri con la differenza che, questa volta,
omette di precisare gli orari di ogni singola operazione. [Rapporto Torrisi 311/1]

• a specifica domanda del magistrato, dichiara che suo figlio Roberto è uscito una sola
volta per effettuare un intervento. [Rapporto Torrisi 311/1]

8 agosto 1984: Sentito nuovamente il figlio Roberto stavolta dichiara:


• nel confermare le precedenti dichiarazioni, [Rapporto Torrisi 311/1]

• precisa che dopo cena si è recato a fare un intervento di iniziativa ed afferma


testualmente: "Mio padre era in casa, almeno credo". [Rapporto Torrisi 311/1]

• a specifica domanda, precisa di non aver un esatto ricordo se il padre, con la


convivente e la bambina, siano rientrati prima che arrivasse la prima richiesta
d'intervento. [Rapporto Torrisi 311/1]

• conclude, aggiungendo che il primo intervento è durato circa un'ora [Rapporto Torrisi
311/1]

• ed il secondo un po' meno. [Rapporto Torrisi 311/1]

8 agosto 1984: viene sentita dal Magistrato la D'Onofrio Antonietta che dichiara:
• di non ricordarsi se dopo cena o prima è andata a prendere un gelato [Rapporto Torrisi
311/1]

• che durante la sua convivenza con VINCI Salvatore, solo due o tre volte è andata con

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lui a prendere il gelato [Rapporto Torrisi 311/1]


▪ e precisamente in due parti, uno nella zona della Fortezza [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ e l'altro in quella di Porta al Prato [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ e di sembrarle che in quest'ultimo caso sono andati nel bar di Porta al Prato
[Rapporto Torrisi 311/1]

• di essere giunta una richiesta d'intervento, verso le ore 22,00, dopo cena, a cui è
andato Roberto [Rapporto Torrisi 311/1]

• che dopo circa una mezz'ora il VINCI Salvatore è uscito dicendo di recarsi nel
laboratorio, dove effettivamente è andato, in quanto, affacciata alla finestra, ogni
mezz'ora ha notato chiaramente le sue gambe sotto il tavolino [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ che verso l'una è salito in casa e dopo avergli dato le chiavi della sua
autovettura il VINCI ha detto che sarebbe andato a prendere il cane in Piazza
Tanucci [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ di essere ritornato dopo dieci minuti, [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ e dopo aver constatato che si era messo al tavolo del laboratorio essa è andata
a letto;[Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “verso l'una come ho controllato dalla televisione RTV 38, il VINCI è salito in
casa e mi ha chiesto le chiavi della 126”[Rapporto Torrisi 311/1]

• di essersi svegliata intorno alle ore 04,30 [Rapporto Torrisi 311/1]

• di essere andata a trovare il VINCI alla Fortezza, ove lo incontra a fare del moto;
[Rapporto Torrisi 311/1]

• di essere la prima volta che il predetto, di notte, si mette a correre e a fare ginnastica.
[Rapporto Torrisi 311/1]

• a specifica domanda, conclude affermando che l'unica richiesta d'intervento è stata


quella delle ore 22,00, a cui è andato Roberto.[Rapporto Torrisi 311/1]

29 agosto 1984: La D'onofrio viene riascoltata e lei dichiara che:


• le uscite con Salvatore e la bambina sono state rarissime [Sentenza Rotella]

• che lei non colloca quella di cui Vinci ha parlato, nella sera (prima parte) del 29 agosto
1984 ...SNIP...ma in una data diversa e antecedente. [Sentenza Rotella]

• Ha spiegato che al p.m. aveva dato un'indicazione corrispondente a quella di Vinci,


perché lui glielo aveva chiesto in anticamera, ma non era, per parte sua, in grado di
ricostruire proprio quella serata. [Sentenza Rotella]

Volete divertirvi da soli a notare le incongruenze? Volete essere aiutati da quanto scritto nel
Rapporto Torrisi? Volete che faccia io?
Non c'è che l'imbarazzo della scelta sulle cose da far notare.

Sapendo che:
• il Ten. Col. Torrisi, indica l'ora della morte tra le 21.35 e le 21.40 [ NdA: “Dalle dichiarazioni
rese dai due testi, i quali riferiscono di aver udito nella circostanza l'esplosione di colpi di arma da fuoco in

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rapida successione, si è potuto stabilire, con assoluta certezza, che l'uccisione dei due giovani in località
"Boschetta", agro del Comune di Vicchio del Mugello, è avvenuta tra le ore 21,35 e le 21,40” - rapporto
Torrisi 311/1]

• “L’ora della morte venne fatta risalire a un periodo compreso tra le 21.30 e le
21.45 del 29 Luglio 1984. Il dato è compatibile con alcune testimonianze assunte dalla
P.G., e ritenute affidabili, secondo le quali furono distintamente uditi da due persone,
uno dei quali era un esperto cacciatore, 5 colpi di pistola in prossimità del punto
dell’aggressione alle ore 21.40. L’orario della morte appare anche compatibile con
l’accertato completamento del rigor mortis, già in atto al momento del sopralluogo
della polizia scientifica, nelle prime ore del mattino del 30 Luglio.” [Fonte:
Confiddentialcrimecasebook]

• “Firenze dista da Vicchio km. 45, e tale distanza di sera, si può percorrere in
autovettura in 30-35 minuti.” [Rapporto Torrisi 311/1]

A prima lettura,le informazioni e dunque l'alibi fornito dal SV e avvalorato delle parole di:
a) la convivente
b) l'unico figlio che comunque dimostra attaccamento al padre

sembrerebbero avvalorare quanto dal SV dichiarato. Caso chiuso dunque. Fin qui abbiamo
scherzato, sprecato ore ed inchiostro, il SV non può essere il MdF non avendo potuto essere a
Vicchio quella notte.
Ma ad una più attenta lettura invece, le magagne escono fuori: vi sono incongruenze, vi sono
mancanze di certezze e vi sono alcuni dati che proprio non tornano.
L'impressione finale è dunque quella di tentativo congiunto di accreditare un alibi per una
persona cara.

Che figlio e compagna come è normale e umanamente giusto che sia tendano a difendere il
proprio padre e compagno, è indubbiamente comprensibile.
Ma se lasciamo per un momento da parte il figlio Roberto, 16 anni [NdA: si noti: essere il minore e
l'unico ad essere rimasto col padre a differenza dei fratelli che hanno seguito invece la madre Rosina Massa ben
distante dal padre], la parole della Antonietta non possiamo evitare di leggerle anche filtrate
attraverso la lente di focalizzazione di quello che sappiamo circa le modalità di
comportamento del SV verso le sue partner: sottomissione, coercizione, minacce, botte,
violenze.

Le dichiarazioni a discolpa nel dettaglio

1- l'uscita per il gelato


l'alibi vero e proprio, risiederebbe in questo fatto: l'uscita con la convivente per un gelato e
due passi.

A prima vista, la cosa sembrerebbe anche reggere, non fosse che è bene rimarcare come la
D'Onofrio dichiari che:
a) “di non ricordarsi se dopo cena o prima è andata a prendere un gelato”,
• e fin qui niente di male, anzi più che accettabile per una testimonianza, e pur tentando
di avvallare l'idea che effettivamente un gelato lo abbia preso, non si ricorda in quale:
forse, ma solo forse, in quella di Porta di Prato.

• La testimone comunque non è in grado di dire se alla gelateria siano andati “prima” o
“dopo” le 22.30; e dunque già solo questo può essere bastante a lasciare scoperto
l'orario del delitto.

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• si noti che “ da via Cerretani a Porta al Prato intercorre una distanza di più di un
chilometro, e peraltro non è che le due zone si possano facilmente confondere, perché
la prima ricade nel cuore del centro storico della città, e la seconda all'inizio dei Viali ”
[Rapporto Torrisi 311/1]

b) “La donna, ha poi affermato che le uscite con Salvatore e la bambina sono state
rarissime, che lei non colloca quella di cui Vinci ha parlato, nella sera (prima parte) del 29
agosto 1984 (si sono comunque verificati, in istruttoria formale, i percorsi e i tempi con la
stessa D'Onofrio), ma in una data diversa e antecedente.” [Sentenza Rotella]

c) la D'Onofrio, “Ha spiegato che al p.m. aveva dato un'indicazione corrispondente a quella
di Vinci, perché lui glielo aveva chiesto in anticamera, ma non era, per parte sua, in
grado di ricostruire proprio quella serata” [Sentenza Rotella]

d) “che durante la sua convivenza con VINCI Salvatore, solo due o tre volte è andata con lui
a prendere il gelato”
• Ricordiamo che la D'Onofrio rilascia questa dichiarazione il 8 agosto 1984, e che lei sta
assieme al SV da quando il SV ha cacciato la Pierini, nel 1983.

• Andare a prendere un gelato col suo convivente e la bambina dunque, non appare
attività così quotidiana e ripetitiva da poter essere dimenticata o confusa

c) si noti che il figlio non faccia menzione della presenza del padre prima della finestra 22.00
– 22-30 ora in cui asserisce di essere uscito per un intervento in via Muratti,
• “a specifica domanda, precisa di non aver un esatto ricordo se il padre, con la
convivente e la bambina, siano rientrati prima che arrivasse la prima richiesta
d'intervento. “

2- interventi
il numero ignoti di interventi e cosa implica la non conoscenza dello stesso:

a) il figlio dice di aver eseguito due interventi, uno alle 22.00 – 22.30 in via Muratti, e l'altro
01,00 in via Costa San Giorgio. E che “e in entrambe le volte la richiesta telefonica è stata
presa da lui”
• La Antonietta ne ricorda uno soltanto [NdA: “a specifica domanda, conclude affermando che
l'unica richiesta d'intervento è stata quella delle ore 22,00, a cui è andato Roberto” - Rapporto Torrisi
311/1]

• SV ne ricorda solo uno [NdA: “a specifica domanda del magistrato, dichiara che suo figlio Roberto è
uscito una sola volta per effettuare un intervento” - Rapporto Torrisi 311/1]

b) che la D'Onofrio nulla sappia a proposito del secondo intervento [ NdA: della 01.00 della notte ],
è facilmente comprensibile, essendo che, come lei stessa dichiara, poco dopo la prima
telefonata delle 22.00 / 22.30, se ne è andata in camera da letto
• ci si ricordi che la D'Onofrio doveva svegliarsi presto visto che “alle ore 06,00 è andata
a Prato”

• Ma chi dorme non sa cosa succede attorno, proprio per il fatto di star dormendo.
Ecco dunque spiegata la mancata conoscenza del secondo intervento del Roberto da
parte della D'Onofrio.
Questo però apre un altro problema di congruenza
▪ Se la D'Onofrio non sapeva del secondo intervento del Roberto all'una, perché
stava dormendo e dunque non aveva sentito la seconda telefonata di richiesta

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intervento:
▪ altrettanto non poteva sapere di dove si trovasse il SV nel cuore della
notte.

▪ Ossia anche ammesso che “verso l'una come ho controllato dalla


televisione RTV 38, il VINCI è salito in casa e mi ha chiesto le chiavi
della 126” [NdA: D'onofrio] “per riprendere il cane” [ NdA: SV], che non si
sa come il SV già potesse sapere che stava proprio “in via Circondaria,
vicino a Viale Redi” [NdA: SV] e che comunque il SV afferma essere
successo ben prima, ossia intorno alle 23.00-23.30 [ NdA: SV], non si
comprende come la D'Onofrio, dal letto e dormiente al punto da non
sentire la telefonata:
▪ possa essersi accorta che:”dopo dieci minuti, è rientrato nel
laboratorio” [NdA: D'Onofrio]

▪ possa essersi “affacciata alla finestra, ogni mezz'ora ha


notato chiaramente le sue gambe sotto il tavolino” [NdA:
D'Onofrio]
• si noti che: dalle finestre del terzo piano, riuscire a vedere
le gambe del SV attraverso la serranda semiaperta del
laboratorio a livello strada, non è cosa da poco e richiede
un buon sforzo di immotivata fiducia.
“L'unico segno, della sua consapevolezza della presenza
in Firenze dell'amante quella notte, per alcun tempo
prima di addormentarsi, sarebbe quello di averne visto
dalla finestra (quarto piano) [NdA: NOTA BENE: errore del
Rotella, la casa ha solo tre piani ] stando sul letto in camera, le
gambe attraverso la serranda semiaperta del laboratorio
a livello strada, di fronte.[Sentenza Rotella]

c) che il SV nulla sapesse di un secondo intervento; del resto non vi è nemmeno alcuna
evidenza la fatto che fosse presente alla prima chiamata:
• “precisa che dopo cena si è recato a fare un intervento di iniziativa ed afferma
testualmente: "Mio padre era in casa, almeno credo". [NdA: Roberto]
▪ che comunque significa con certezza che non è possibile essere il SV a
rispondere alla telefonata

▪ la circostanza della prima telefonata, al limite, può essere stata riferita al SV dal
figlio, nei pochi attimi che assieme, forse, passarono davanti alla televisione
[NdA: SV - “alle ore 00,15, andando, poi, a vedere le olimpiadi alla televisione, con suo figlio
Roberto” e Roberto - “ anche suo padre, pur se per poco tempo, ha assistito alla trasmissione e
dopo è uscito per andare alla vasca per fare allenamento”]

▪ il fatto che lui sia fuori al primo intervento di Roberto, lo si rileva dalle stesse
sue dichiarazioni ove afferma testualmente: "dopo mi sono portato ai giardini, lì
nei pressi, per andare a prendere il canino. L'ho trovato, difatti e con la bestiola
sono ritornato a casa. Non ricordo se a casa era rientrato mio figlio oppure no".
[Rapporto Torrisi 311/1]
▪ e del resto è proprio anche lo stesso Roberto a dire che: “a specifica
domanda, precisa di non aver un esatto ricordo se il padre, con la
convivente e la bambina, siano rientrati prima che arrivasse la prima
richiesta d'intervento. [Rapporto Torrisi 311/1]

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3- la chiave
La chiave dell'auto data dalla D'onofrio, dormiente, al SV, pone anche essa dei problemi:
• se la D'onofrio “ verso l'una come ho controllato dalla televisione RTV 38, il VINCI è
salito in casa e mi ha chiesto le chiavi della 126” dà la chiave dell'auto al SV, per
potergliela dare deve essere sveglia.
▪ Ma se è sveglia, non si capisce come non possa aver sentito la seconda
telefonata di richiesta intervento, né sapere che il Roberto sia uscito per lavoro
un'altra volta

▪ certo, si può in linea di principio ammettere che avesse il sonno pesante, che la
televisione fosse ad un volume alto e questo le abbia impedito di sentire il
telefono, ma:
▪ SV sostiene di essere rientrato dal magazzino in casa alle 00.15 circa e
di essersi messo a guardare la televisione assieme al figlio fino alle
03.00 del mattino [NdA: “di essersi portato con l'animale nel sottostante
magazzino in laboratorio, ove si è intrattenuto sino alle ore 00,15, andando, poi, a
vedere le olimpiadi alla televisione, con suo figlio Roberto; − di essere uscito verso le
ore 03,00-03,30 col cane, per recarsi alla vasca nel giardino della Fortezza”]

▪ la D'Onofrio sostiene che all'una precisa, il SV gli avrebbe chiesto le


chiavi dell'auto per uscire a riprendere il cane. [NdA: “verso l'una è
salita in casa e dopo avergli dato le chiavi della sua autovettura il
VINCI ha detto che sarebbe andato a prendere il cane in Piazza
Tanucci”]

▪ e le parole del figlio non danno ulteriore luce [ NdA: “ di aver seguito la
televisione dalle ore 23,30 alle ore 06,00; che anche suo padre, pur se per poco
tempo, ha assistito alla trasmissione e dopo è uscito per andare alla vasca per fare
allenamento, senza essere in grado di precisare l'ora”]

4- il cane
Altrettanto passibile di ben più che legittimi dubbi, è il fatto che il SV dichiari di aver dovuto
prendere l'auto della D'Onofrio, per andare in uno specifico posto, “via Circondaria, vicino a
Viale Redi” con le parole del SV, “Piazza Tanucci” con quelle della D'Onofrio per riprendere il
cane che era scappato.
• Innanzitutto è bene notare che:
▪ via Cironi 8 – piazza Tanucci, è un percorso di circa 300 metri, in una direzione

▪ via Cironi 8 - Via Circondiaria, vicino Viale Redi, è un percorso di circa 2


chilometri, in tutta altra direzione

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• quindi, mentre per raggiungere il luogo indicato proprio dalla D'Onofrio non vi è alcun
bisogno di una auto e dunque non si capisce perché lei gli avrebbe dovuto dare le
chiavi della sua vettura; per il secondo indirizzo, quello indicato dal SV, vista la
distanza un automobile risulta più consona alla bisogna.

• Resta invariato il problema inspiegato di come il SV a priori potesse sapere


esattamente dove si trovava il cane, quasi fosse un amico con cui si era dato un
preciso appuntamento, e dunque di come possa essere creduto in merito.
• Altrettanto strano è che secondo la D'Onofrio, il SV abbia impiegato solo una manciata
di minuti ad: andare, rintracciare il cane scappato, riacciuffarlo, riportarlo a casa.
▪ Per calcolo, secondo le parole del SV, il SV ci avrebbe impiegato circa una
mezzora:
▪ “ facendo rientro alle ore 22,00-22,30 ...SNIP...di essere uscito dopo
circa 15-20 minuti per portarsi in via Circondaria, vicino a Viale Redi,
per prendere il cagnolino che da sé era andato lì per frequentare gli
altri animali, rientrando a casa verso le ore 23,30 … SNIP... di essersi
portato con l'animale nel sottostante magazzino in laboratorio ove si è
intrattenuto sino alle ore 00,15” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ dunque il cane scappa verso le 22.30, il SV lo ritrova in circa 15


minuti, e lo porta nel magazzino e li restano SV e il cane fino alle
00.15

▪ SV, non fa altra menzione del cane, se non per dire “di essere uscito
verso le ore 03,00-03,30 col cane, per recarsi alla vasca nel giardino
della Fortezza, per fare esercizi di corsa” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ ma questo è in pieno contrasto con le dichiarazioni della D'Onofrio: “verso le ore


22,00, dopo cena, a cui è andato Roberto; − che dopo circa una mezz'ora il
VINCI Salvatore è uscito dicendo di recarsi nel laboratorio, dove effettivamente
è andato, in quanto, affacciata alla finestra, ogni mezz'ora ha notato
chiaramente le sue gambe sotto il tavolino” [rapporto Torrisi 311/1], e certificano
che la D'Onofrio non poteva aver visto il SV nel magazzino fronte casa.

▪ Si noti tra l'altro che secondo la D'Onofrio invece, “verso l'una è salita in casa e
dopo avergli dato le chiavi della sua autovettura il VINCI ha detto che sarebbe
andato a prendere il cane in Piazza Tanucci;” [rapporto Torrisi 311/1]
▪ ma anche questo è in pieno contrasto con le dichiarazioni di SV

5- la ginnastica notturna
Degna di attenzione deve anche essere tenuta l'affermazione, sempre del SV, di essere
andato nel cuore della notte a fare ginnastica: “ di essere uscito verso le ore 03,00-03,30 col
cane, per recarsi alla vasca nel giardino della Fortezza, per fare esercizi di corsa, onde
mantenersi in allenamento, fino alle ore 04,30-05,00” [Rapporto Torrisi 311/1]
• da via Cironi 8 ai Giardini della Fortezza, vi sono circa 2,5 km

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• Non essendo una distanza improba, essendo il cuore della notte dunque senza traffico
e smog, forse con più senso da un punto di vista ginnico sarebbe stato quello di fare
una corsa fin li e ritorno, anziché prendere l'auto per raggiungere il posto e quindi
correre per addirittura circa due ore

• due ore di corsa [NdA: 03,00-03,30 - 04,30-05,00 ], non sono poche anche per una
persona con un buon fisico; soprattutto se detta persona ha già 49;
▪ al di là di questo comunque, il dato ci conferma come il SV fosse una persona in
piena salute

▪ abituato, anche per lavoro, ad essere attivo di notte

• ginnastica, e ginnastica notturna che però, mai prima aveva fatto in vita sua:
▪ di essere la prima volta che il predetto, di notte, si mette a correre e a fare
ginnastica.[Rapporto Torrisi 311/1]

Non c'è bisogno di allungare ulteriormente questo capitolo, citando anche il casuale incontro
coi Carabinieri dentro una Pasticceria di notte aperta, per chiedere informazioni su dove poter
trovare un altro bar aperto di notte per bersi un bel caffè [NdA: vedasi se interessati in merito, lo
specifico riportato nella Sentenza Rotella e nel Rapporto Torrisi ]. Quello che c'era da capire e da notare
ormai è stato fatto.
Abbiamo insomma, un indiziato che richiesto di fornire un alibi per un delitto:
a) fornisce un alibi non capace di fissare per certo e coerentemente i suoi spostamenti.

b) tale alibi è supportato in maniera incoerente, ma comprensibile per errati umani ricordi,
dagli unici stretti familiari che ha

c) si tratta di un alibi palesemente falso, incapace di fornire copertura temporale alla finestra
delittuosa; con gli stretti familiari come voci a supporto, che almeno nel caso della D'Onofrio
, ammettono davanti al magistrato di essere state imbeccata dal SV stesso su cosa dire

Con le parole del Ten. Col. Torrisi:


“Da un esame delle dichiarazioni rese dal VINCI Salvatore, poste in relazione a quelle del
figlio e della convivente, la cui attendibilità, peraltro, è tutta da dimostrare, per le evidenti
incoerenze esistenti, emergono numerose contraddizioni, non solo riguardanti gli orari, ma
soprattutto le stesse circostanze ed i fatti richiamati dal VINCI Salvatore. Insomma, si assiste
al tentativo concorde e piuttosto evidente di tutti e tre i testi escussi di riportare gli
avvenimenti, ora procrastinandoli, ora anticipandoli, nell'arco di tempo che va dalle 20,30 del
29 alle ore 00,15 del 30. Ed in questo tentativo si intuisce che sia il figlio che la convivente
sono stati adeguatamente addestrati a riferire secondo le istruzioni ricevute, ma con risultati
non convincenti.” [Rapporto Torrisi 311/1]

Con le parole del G.I. Mario Rotella:


“Le verifiche fatte intorno all'alibi fornito ai carabinieri da Salvatore Vinci, per la sera del 29
luglio 1984, effettuate dal p.m. e poi riprese dal g.i. conducono a conclusioni quasi simili a
quelle relative al duplice omicidio di Signa ...SNIP... A parte il problema dell'attendibilità dei
testi a riscontro, e di alcune inverisimiglianze della narrazione dello stesso Vinci, è giusta
l'osservazione circa il fatto che, quando tutto combaci e non è così (in un certo lasso di
tempo la donna dormiva ed il figlio era fuori), Vinci avrebbe avuto il tempo di andare a
Vicchio, commettere il delitto e ritornare a Firenze. Ma, alla luce delle dichiarazioni della
D'Onofrio, vi è motivo di dubitare di tutto quanto dichiarato intorno a quella serata,
esattamente come circa il 21 agosto 1968 (v. capo precedente), sulla scorta del riferimento
ad avvenimenti accaduti in epoca prossima, ma diversa da quella del fatto, giuocando il Vinci
sulla memoria altrui”. [Sentenza Rotella]

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Vicchio e le perquisizioni

Per quanto è in questa occasione che al SV verrà trovato e sequestrato il famoso straccio
macchiato di sangue e di tracce di sparo, straccio di cui ampiamente si è parlato in apposito
capitolo; in questo spazio andremo invece ad affrontare l'argomento perquisizioni a carico del
SV dopo il delitto, più che altro da un punto di vista “sensoriale” che “materiale“.
Leggendolo, capirete a cosa faccio riferimento, e quale ne sia lo scopo e l'importanza.

30 luglio 1984: (prima perquisizione)


La perquisizione scattata nelle immediatezze della scoperta del delitto, il 30 luglio 1984,
termina nella tarda mattinata: un po' prima delle 13.30, ora in cui il SV è accompagnato alla
Caserma dei Carabinieri del Nucleo Operativo di Firenze in via Ognissanti, e “sentito a
sommarie informazioni testimoniali, su come ha trascorso il pomeriggio e la notte del 29
luglio 1984” [Rapporto Torrisi 311/1]

“Il 30.7.1984, all'indomani del duplice omicidio di Vicchio, che accresceva se possibile l'orrore
di quelli precedenti, si effettuavano perquisizioni presso le abitazioni di tutti coloro
che, per qualche ragione erano stati sospettati in passato.
Tra tanti, Salvatore Vinci.” [Sentenza Rotella]

Tra gli oggetti sequestrati, quello di maggior importanza, senza dubbio è:


• una borsa in paglia da donna, a forma circolare, di color beige,
▪ contenente n. 3 stracci delle medesime dimensioni, tratte da lenzuola in disuso ,
▪ di cui uno recante vistose macchie di sangue ed altre tracce nerastre,
lasciate verosimilmente a seguito della pulizia di un'arma da sparo.

• Detta borsa è custodita all'interno del guardaroba, ubicato nella camera da letto, e
nascosta sotto alcune coperte ivi tenute.

Per ogni informazione in merito a detto straccio e a detta borsa, si veda quanto già trattato
nel capitolo: “Dello straccio” e relativi sottocapitoli.

8 agosto 1984: (seconda perquisizione)


Come visto nel capitolo precedente, in tale data SV la sua compagna Antonietta D'Onofrio e il
figlio Roberto, vengono nuovamente sentiti dai carabinieri.
“A seguito delle dichiarazioni rese dal VINCI Salvatore e dai suoi familiari, ritenute tutt'altro
che convincenti, l'8 agosto 1984, verso le ore 21,30, viene ripetuta la perquisizione
nell'abitazione del medesimo” [rapporto Torrisi 311/1]

Questa volta, i Carabinieri sequestrano il seguente materiale:


• un coltello a serramanico, tipo "pattadese", con lama lunga cm. 10,5 e manico di cm.
13; [Rapporto Torrisi 311/1]

• un coltello a serramanico, con lama lunga cm. 8,5 e manico di cm. 10,5, [Rapporto
Torrisi 311/1]

• 5 paia di scarpe, di cui 3 paia in tela e 2 del tipo ginnico [Rapporto Torrisi 311/1]

Entrambi i coltelli, erano custoditi in un cassettino del comò e non erano stati rinvenuti
rinvenuti nel “corso della precedente perquisizione” [Rapporto Torrisi 311/1], ossia durante quella
svolta nelle immediatezze della scoperta dei cadaveri.

A cosa ci porta tutto questo? Che informazioni ci comunica tutto questo veramente?

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Cosa ci dice questo “punto di vista sensoriale” su accennato? Cosa c'è di così importante?

Di importante c'è che, adesso possiamo con certezza dire che fino alla data del delitto del
1984:

a) le perquisizioni che venivano fatte nei confronti del SV fino al 8 agosto 1984, anche
nell'immediato dei post delitti, erano di scarsa attenzione e routinarie nei controlli: infatti se
non vengono “trovati” due “coltelli” in un cassettino del comò, dopo che ad una donna è stata
escissa una mammella ed il pube con un'arma bianca, non possiamo certo parlare di
“meticolosità” ed “attenzione” nelle perquisizioni.

b) SV fino al post delitto del 1984, non viene “interrogato”, ma solo “ sentito a sommarie
informazioni”

c) La perquisizione immediatamente dopo il delitto, è un atto routinario, compito nei


confronti di “tanti", e non vi è al momento ancora nessuna attenzione più particolare del
solito nei confronti del SV

c) solo dopo che gli inquirenti si accorgono che le cose che il SV ha raccontato come alibi non
tornano, 8 agosto 1984, finalmente si decidono a metterlo un po' sotto torchio ed ad
appuntarsi il SV come effettivamente sospetto: un allibi fasullo, non depone mai a favore di
chi lo racconta.
Ed infatti, torneranno immediatamente a perquisirgli la casa e a sequestragli, tra le altre
cose, anche “ scarpe”, oggetto validi ai fini e solo ai fini di proprio per verificare la possibilità
di comparazione con il terreno di Vicchio e/o impronte

Se mettiamo in relazione questa perquisizione del 30 luglio 1984, e anche quella più
meticolosa del 8 agosto 1984, con quella che gli verrà riservata quando andranno a
perquisirlo dopo le dichiarazioni della Ada Pierini, poi, ci accorgiamo di come anche la
perquisizione dell'8 agosto 1984, sia stata all'acqua di rose.

Infatti nel 1984, quando i Carabinieri vanno a perquisire SV, vanno a perquisirgli: “via Cironi
8, Firenze”, mentre ad esempio:

Il 26 giugno 1985, quando i Carabinieri vanno a perquisire il SV, eseguono “un'accurata


perquisizione autorizzata, da eseguire nell'abitazione del VINCI Salvatore, sita in questa via
Cironi n. 8, di quella della sua convivente, D'ONOFRIO Antonietta, sita in Prato, via degli
Organi n. 39, ed in un'altra sita a Vaiano, via Braga n. 15, di proprietà del fratello Giovanni,
ma anche nella sua disponibilità” [Rapporto Torrisi 311/1]
• casa sua, via Cironi 8 Firenze

• casa della convivente, a Prato

• casa del fratello di cui il SV ha disponibilità, a Vaiano

• e il tutto “con l'ausilio di personale tecnico del 7º Reparto Rifornimenti Misto, munito di
apposita apparecchiatura per la ricerca di armi” [Rapporto Torrisi 311/1]

Rifacciamo allora la domanda: cosa ci comunica tutto questo?

Questi fatti concreti, ci dico che almeno fino al 30 luglio 1984 [NdA: perché comunque in quella
data gli sequestrano lo straccio] o più facilmente fino all'8 agosto 1984:
• il SV in realtà non ha nulla da temere dagli investigatori

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• Il SV, per quanto nella lista dei sospetti, è considerato solo uno dei “tanti”; nulla più di
questo.

• I controlli che fino a questo momento sono stati eseguiti su di lui, anche in precedenti
occasioni, Giogoli ad esempio, non possono essere considerati significativi di esito
discolpante per mancato materiale individuato

Quindi, a livello psicologico, il SV, nella accezione SV – MdF, almeno fino al pre delitto del
1984, non poteva trovarsi né sentire di trovarsi in una situazione particolarmente rischiosa.
Non poteva. sentirsi nell'occhio del ciclone. Non poteva sentirsi nessun cappio al collo
stringersi.

Fino dunque almeno al 8 agosto 1984: il SV – MdF, non risultava particolarmente come
sospettato.
E conseguentemente, almeno fino all' 8 agosto 1984, il SV – MdF era praticamente libero di
agire senza ostacoli e senza la necessità di particolari attenzioni.
E così si doveva sentire.

Valga ad esempio di questo proprio l'alibi, fasullo o comunque non alibi, rispetto al delitto di
Vicchio:
• richiesto di fornire un alibi, se ne esce con un banale e mezzo improvvisato: “ son
andato a mangiare un gelato con la fidanzata e la figlia e a far due passi” [NdA: frase
ipotetica dell'Autore], evidente sintomo che più di tanto non reputava necessaria la
costruzione di chissà quale articolato alibi [ NdA: si veda invece poi la quantità di attenzioni
poste quando dovrà fornire un alibi per Scopeti. Nessun luogo desolato e senza testimoni come i giardini
della Fortezza nel cuore della notte; nessun cane che in quanto animale non può parlare per confermare;
ma testimoni extra famiglia e telefonate, rintracciabili, in quantità ]

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Il pre Scopeti [di SV]

Castelletti di Signa 1968 così come Scopeti 1985, l'alfa e l'omega nella storia omicidiaria
della calibro 22 usata dal ostro di Firenze, sono i due delitti fondamentali da comprendere.
Su Castelletti di Signa, già abbiamo sviscerato l'arcano: e ci siam trovati con il nome di SV
servito come su un piatto d'argento.
Analizzando quello di Scopeti, vedrete, succederà la stessa cosa: solo ed esclusivamente una
figura con “specifiche caratteristiche e motivazioni” può essere interessato a compiere quel
delitto con quelle modalità.

Quindi, come per Castelletti di Signa, anche per Scopeti, il compito sarà riuscire a porsi le
domande giuste nell'ordine giusto; o anche più semplicemente: porsi la domanda giusta al
momento giusto.

Il delitto degli Scopeti è indubbiamente un delitto di tipo maniacale, su questo non ci piove.
Ma a differenza degli altri delitti maniacali, delitti in cui comunque attenzione e pianificazione
sono riscontrati e dunque messi in atto non sotto una mera spinta di raptus ma valutati e
studiati a tavolino, questo degli Scopeti introduce, prima ed unica volta, un particolare nuovo.
Ed un particolare di non secondario interesse, anzi.

Ci toccherà quindi il compito di identificare e capire il perché di una simile novità, rivelandone
“lo speciale perché” di questo delitto.

Questo delitto del 1985 infatti ci rivela in tutta la sua nudità come:
• il MdF sapeva di essere nella lista dei sospetti e che quindi, a delitto scoperto, gli
investigatori gli si sarebbero precipitati immediatamente a casa
▪ cosa questa che già di per sé, ci permette di escludere tutta una vasta gamma di
soggetti, e che al contempo altrettanto ci permette di meglio focalizzarci sul
soggetto in attenzione di questo studio

Per aver riscontro di questo è ovviamente necessario andare ad analizzare i particolari degli
argomenti relativi al delitto degli Scopeti; ma altrettanto importante è anche compiere il
lavoro pregresso: ossia vedere e analizzare cosa sia successo nel periodo precedente al
delitto degli Scopeti.

Tenendo dunque conto che Scopeti, ovviamente arriva dopo Vicchio, che il 1985 arriva dopo il
1984, e il 1983 dopo il 1983 e così via: iniziamo dunque con una scaletta cronologica che,
una data ed un fatto alla volta ci sveleranno un sentiero che diventa sempre più stretto,
senza quasi vie d'uscita eccetto una.
Una via d'uscita giocata sul filo della sorte. Una via d'uscita alla “o la va o la spacca”. Una via
d'uscita dove la posta è alta. Altissima. E proprio per questo da non farsela sfuggire.

20 luglio 1982: viene segnalato il legame tra i delitti seriali 1974-1981-1981bis-1982 e


quello del 1968 (identità d'arma e munizioni) [ Sentenza Rotella]. SV rientra dunque tra le
persone da sentire in quanto relazionato a quel delitto.

15 agosto 1982: viene arrestato Francesco Vinci

9 settembre 1983: delitto di Giogoli


• tale delitto, in automatico scagiona il Francesco Vinci dalla possibilità di essere il MdF,
riducendo il numero di personaggi sospetti in qualche modo connessi alla Locci Barbara
e il delitto di Castelletti di Signa, ossia legati a filo doppio alla pista sarda

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• il SV viene si sentito e perquisito, in quanto per obbligo incluso nella lista dei sospetti
relazionabili a Signa, ma nessuna vera nube di rischio si addensa sulla sua testa al
momento [NdA: “i concreti sospetti su VINCI Salvatore sorgono a partire dal duplice delitto di Vicchio
del Mugello, del 29 luglio 1984... Tuttavia, già col duplice delitto dei due tedeschi di via dei Giogoli di
Scandicci del 9 settembre 1983, in quanto facente parte di” – Rapporto Torrisi 311/1].

16 gennaio 1984: Stefano Mele, “nella caserma del Gruppo CC di Firenze, Mele viene
escusso nuovamente” [Sentenza Rotella].
• Per continuare a tenere distanti i sospetti dal Mucciarini e dagli altri famigliari, come da
ordini tramite pizzino, il SM continua comunque ad accusare il Francesco Vinci

• Poi, dopo un “involontario intermezzo” [NdA: “involontario” assai tra virgolette a detta
dello scrivente, come spiegato nel capitolo Vicchio del Mugello, 1984 – Mele, ancora Mele,
sempre Mele], anche se purtroppo all'epoca non gli verrà data l'attenzione che
meritava, fa accendere una luce su SV.
▪ Anche Salvatore era un poco di buono. In Sardegna la moglie gli morì con il gas,
ma anche lì fu salvato il bambino. [Sentenza Rotella]
▪ cosa che il SM “aveva già detto nel primo interrogatorio in cui lo
accusava, presente Mucciarini, la mattina del 23 agosto 1968”
[Sentenza Rotella]

▪ Salvatore Vinci aveva la macchina a quattro ruote" [Sentenza Rotella]

▪ si noti con attenzione come il SM, alla data, anche in questa occasione, non
faccia il minimo accenno ai suoi rapporti di tipo omosessuale con il SV

ATTENZIONE: proprio a conferma che comunque gli inquirenti almeno fino a tale
data, non prestassero attenzione più di tanto al SV [ NdA: e che dunque, il SV avesse ben poco
di cui realmente temere dalle indagini, e dunque si sentisse libero di agire a suo proprio piacimento, cn
tanto di senso di impunità], è anche specificatamente indicato dal G.I. Rotella stesso; che
infatti proprio a ripartire da quelle “involontarie” parole, conia la dicitura “la pagina
tralasciata” [sentenza Rotella]

24 gennaio 1984: nel corso di una perquisizione ai danni del Giovanni Mele e del Mucciarini
[NdA: perquisizione personale, domiciliare e dei veicoli], addosso al SM, che era ospite nell'abitazione
dei fratelli Maria e Giovanni” [Sentenza Rotella], viene trovato il noto biglietto “"RIFERIMENTO DI
NATALE riguaRDOLO ZIO PIETO. Che avesti FATO il nome doppo SCONTATA LA PENA. COME RisulTA DA ESAME
Ballistico dei colpi sparati." [ Sentenza Rotella]
• ci si ricordi che il biglietto era stato scritto in data 25 agosto 1982 il fratello Giovanni
[NdA: “Sulla scorta delle telefonate è possibile addirittura individuare la data '25 agosto ' (v. r. 4.6 e 6.2
III — Stefano e Giovanni Mele confermeranno l'origine e l'occasione” - Sentenza Rotella]

• il Giovanni Mele e il Piero Mucciarini, entrambi ovviamente facente parte della lista dei
sospetti in quanto relazionabili con Castelletti di Signa, finiscono nell'occhio del ciclone

26 gennaio 1984: vengono arrestati Mucciarini e Giovanni Mele

11 maggio 1984: confronto tra il SM e Giovanni Mele e il Mucciarini [ NdA: “data dei confronti
(11 maggio 1984) con suo fratello e Mucciarini” - Sentenza Rotella]
• SM continua a tacere della sua relazione omosessuale e bisessuale con il SV

• il SM, a causa del biglietto trovatogli addosso, non può far altro che accusare i propri
parenti [NdA: “Il MELE Stefano, successivamente, più di una volta si è posto il problema morale di aver
accusato il fratello ed il cognato, ma è stato lui stesso a dare una giustificazione al suo comportamento,

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asserendo che se non gli fosse stato trovato il biglietto non avrebbe mai fatto il nome dei familiari ”. -
rapporto Torrisi 311/1]

29 luglio 1984: delitto di Vicchio


• automaticamente anche i sospetti Mucciarini e Giovanni Mele devono ritenersi scartati.
Il cerchio attorno ai personaggi in qualunque modo connesso con Castelletti di Signa,
si fa sempre più stretto e il numero di papabili sempre minore.

30 luglio 1984: perquisizioni subito scattate dopo il rinvenimento dei corpi della Rontini e
dello Stefanacci, per tutti quei soggetti, ed erano “tanti” che stavano nella lista delle persone
che in un modo o in un altro, erano entrate negli anni nelle indagini sul MdF.
• Perquisizione routinaria della abitazione del SV “Il VINCI Salvatore, al termine della
perquisizione, verso le ore 13,30, viene accompagnato in questa Caserma e, sentito a
sommarie informazioni testimoniali, su come ha trascorso il pomeriggio e la notte del
29 luglio 1984, dichiara:” [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ in tale perquisizione, verrà sequestrato uno straccio macchiato di sangue e
tracce di sparo [NdA: “recante vistose macchie di sangue ed altre tracce nerastre, lasciate
verosimilmente a seguito della pulizia di un'arma da sparo” - rapporto Torrisi 311/1]
▪ Tale straccio verrà ritenuto ininfluente dal PM che non ne chiederà una
analisi periziale

▪ solo un anno più tardi, il G.I. Mario Rotella, si potrà attivare in tal
senso.

• Questa perquisizione, verrà espletata in modo “superficiale” [ NdA: mancato ritrovamento di


armi bianche nel cassettino del comò; mancato sequestro di scarpe per poter eseguire controlli di verifica
sul tipo di suolo calpestato, ad esempio]

• si noti che in merito allo straccio verranno sentite la Pierini, la D'Onofrio, la Massa e la
donna delle pulizie. Il SV cercherà di smentire le dichiarazioni della Pierini, ma non si
presenterà ai magistrati che quindi dovranno farlo accompagnare in modo coatto dalle
forze dell'ordine: “mandato di comparizione e poi di accompagnamento, visto che non
era comparso al confronto con la Pierini , da lui chiamata in causa circa la borsa di
paglia ed il suo contenuto.” [Sentenza Rotella]”

2 agosto 1984: SM continua ad accusare Mucciarini e suo fratello Giovanni, e continua a


tacere dei suoi rapporti omosessuali con il SV [ NdA: “nelle sue ultime dichiarazioni del 2 agosto 1984,
Mele (dopo il delitto di Vicchio), nelle quali (v. cap. II), dopo aver tentato di estraniarsi, ma invano, dai fatti del
'68, ribadiva le accuse contro i congiunti, significando che dovevan saper loro della sorte dell'arma ” - Sentenza
Rotella].

8 agosto 1984: viste le vistose falle ed incongruenze nell'alibi fornito, SV, la D'Onofrio e il
figlio Roberto, vengono nuovamente sentiti e gli investigatori procedono a nuova
perquisizione, più meticolosa [NdA: sequestro delle scarpe per paragoni coi terreni calpestati; e di due
armi bianche da taglio] nell'abitazione del SV, in via Cironi 8, Firenze
• non era mai successo prima al SV di essere perquisito una seconda volta in un così
breve lasso di tempo [NdA: succederà di nuovo dopo le parole della Pierini Ada]

• non era mai successo prima che così ufficialmente gli inquirenti mettessero in dubbio
un suo “alibi”

29 agosto 1984: La D'onofrio viene nuovamente riascoltata.


• L'alibi di SV fa acqua da tutte le parti. I suoi famigliari e compagne continuano ad
essere tenuti sotto pressione ed interrogati.

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13 ottobre 1984: viene trovata morta nel suo appartamento a Firenze, la prostituta Luisa
Meoni; La Meoni era persona nota al SV, che tra le altre cose aveva sicuramente fatto almeno
due interventi in casa sua, e che proprio uno di questi aveva citato nella ricostruzione
dell'alibi da lui fornito circa il duplice omicidio della coppia di turisti tedeschi a Giogoli

1 novembre 1984: inizio prima fase di pedinamenti [ NdA: fino al 3 giugno 1985], “con
l'espletamento di servizi saltuari a campione” [rapporto Torrisi 311/1]

Inizio anno 1985 (inverno – primavera): scaturita dalla ineludibile necessità di


approfondire le dichiarazioni del SM del 16 gennaio 1984, si iniziano le indagini, relative a
Signa 1968, sulla cosi detta “pagina tralasciata”, ossia su SV
• “Nell'inverno-primavera '85, il Procuratore della Repubblica apriva a carico di Salvatore
Vinci un'autonoma indagine, per fatti diversi, confluita assai più tardi, in questo
processo (3.3.86), e comunque intanto comunicata in copia a brani al g.i. (vol. 7/G)”
[Sentenza Rotella]

• “Essa, a mezzo dell'inquisizione di parenti, amici e conoscenti di lui, poneva in luce un


quadro quantomeno singolare della sua personalità e delle sue abitudini sessuali”.
[Sentenza Rotella]
▪ è dunque da questo momento (inizi 1985, ossia a delitto di Vicchio già
commesso) in avanti che il SV comincia veramente a doversi sentire il fiato sul
collo.

ATTENZIONE: è proprio da questo momento, ossia da quando scopre che interrogano


le sue ex e le sua amicizie chiedendo espressamente di lui, che il SV si accorge di non
aver più alcuna possibilità di azione [NdA: i duplici delitti delle coppie], a meno che non
riesca con uno stratagemma, a dimostrare che lui “non può essere il mostro di
Firenze”.
Cosa che può realizzarsi solo in presenza di un nuovo delitto del mostro, delitto per il
quale però, al quale il SV possa essere capace di risultare “estraneo”. Da qui la
necessità di un piano per “uccidere per discolparsi”, come sostenuto in questo
documento di studio

4 marzo 1985: Natalino Mele viene portato a fare un nuovo sopralluogo sulla scena del
crimine del 1968. Al termine di tale sopralluogo dirà: “Qualcuno mi disse di dire che il babbo
era malato... SNIP … Qualcuno mi disse, e mi sembra che fosse proprio il babbo, di dire in
questo modo" e “le ricordo esattamente dopo aver fatto il sopralluogo con il dottor Rotella,
col giudice istruttore. Lei fu riportato sui luoghi e dopo disse "ora mi ricordo dal frusciare
delle canne" perché c'erano delle canne lungo questo posto, "mi ricordo all'improvviso delle
cose che avevo comunque già detto" e fra l'altro disse "qualcuno mi disse, credo il babbo, di
dire che lo stesso era malato, a casa malato, ammalato." [fonte: Insufficienza di prove Blogspot ]

15 aprile 1985: viene convocata e sentita dal Sostituto Procuratore, la Rosina Massa
“sentita in merito ai suoi rapporti con il marito” [Rapporto Torrisi 311/1]
• si noti con attenzione: che alla data, per la prima volta, gli investigatori ottengono
informazioni di carattere personale del SV, capaci di farlo vedere sotto una luce nuova
e ben diversa da quella del tranquillo ed incensurato onesto lavoratore e padre di
famiglia, che fino al momento era sempre stata la sua aura

16 aprile 1985: le dichiarazioni della Rosina Massa, ex moglie del SV, sono foriere di così
alta novità, che la stessa viene risentita anche il giorno successivo.

19 aprile 1985: gli inquirenti convocano e sentono il “CASINI Spartaco, operaio, già

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dipendente del VINCI” [rapporto Torrisi 311/1], che conferma le dichiarazioni della Rosina Massa

26 aprile 1985: i Carabinieri rintracciano e viene sentita la Pierini Ada [ NdA: erroneamente nel
Rapporto Torrisi si legge la data 19 aprile 1986, ma si stratta del 1985, come in seguito nello stesso esplicitato ]

• 26 aprile 1985: nella stessa data anche ”hanno inizio le operazioni di intercettazione
telefonica sulle utenze n. 490585 e n. 496126, rispettivamente adibite a linea privata e
linea di lavoro per la Ditta P.I.C. di Salvatore VINCI” [Rapporto Torrisi 311/1]

30 maggio 1985: SM, interrogato “col pretesto” di rispondere al reato di “calunnia” [Sentenza
Rotella] per le false accuse al Francesco Vinci, afferma che “i suoi fratelli gli dicevano che
Natalino era figlio di Salvatore (quello tra i Vinci che, all'epoca del concepimento, era con lui
convivente)” [Sentenza Rotella], precisando che tale informazione gli era stata ribadita dai
famigliari “nel gennaio 84, all'epoca della ritrattazione delle accuse contro Francesco, del
riferimento a Salvatore” [Sentenza Rotella].
• “Il 30 maggio 1985, verso le ore 14,30, in Albaredo d'Adige (VR), dinanzi al Giudice
Istruttore ed al Pubblico Ministero, assistiti dallo scrivente, il MELE Stefano, alle
contestazioni mossegli perché responsabile di calunnia continuata nei confronti di
VINCI Francesco, dichiara: "effettivamente non era VINCI Francesco la persona che ha
commesso il reato. Ho accusato VINCI Francesco perché avevo dei rancori verso di lui”
[rapporto Torrisi 311/1]

• Al termine dell'interrogatorio, “il p.m. ne ha richiesto la cattura, disposta ed eseguita”


[Sentenza Rotella]. Tale nuova detenzione del SM, durerà “cinque mesi” [fonte: “Dolci Colline
di Sangue” - M. Spezi – D. Preston]

• Ma soprattutto, il 30 maggio 1985, SM per la prima volta confessa della relazione


omosessuale con il SV: “Dichiara al g.i. di aver avuto insieme a sua moglie
rapporti omo-eterosessuali con Salvatore Vinci “ [Sentenza Rotella]

• “i due uomini, invertono reciprocamente fra loro due, le parti dell'uomo e della donna,
avendo rapporto di coito anale, anche in presenza della donna” [rapporto Torrisi 311/1]

ATTENZIONE: si noti che “Mele, nell'interrogatorio del 30 maggio 1985 ...SNIP... Ha


detto che di Salvatore aveva parlato, indirizzando per la ricerca della pistola,
informalmente Valeria ed un presunto carabiniere [Valeria è stata identificata per
un'ispettrice diPolizia, realmente mandata dal dirigente della Squadra Mobile, per
conto del p.m. a contattarlo,dopo il delitto di Vicchio a Ronco all'Adige, ed escussa. Ha
confermato il riferimento a Salvatore,per quanto concerne la pistola]” [Sentenza Rotella]
• NOTA BENE: pur senza possibile risposta, è lecito domandarsi se questa
“Valeria” o ancor più questo “presunto Carabiniere”, possano essere
identificato come chi avvisò il SV della perquisizione nata su input delle
dichiarazioni della Pierini Ada.
▪ “Le perquisizioni effettuate nei suoi confronti (a partire da quella assai
tardiva del 1968), e quella più rilevante suggerita da dichiarazioni
della Pierini al p.m., sono risultate vane per quanto concerne la pistola
(circa quest'ultima, come risulta da intercettazioni telefoniche,
ed indirettamente da una vicenda in cui è implicata la
D'Onofrio, una sua amica ed un sottufficiale di Prato , l'uomo
era già avvertito dei controlli di P.G.).” [Sentenza Rotella]

3 giugno 1985: fine prima fase di pedinamenti a campione del SV [ NdA: erano iniziati il 1
novembre 1984]

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12 giugno 1985: SM interrogato in carcere dal G.I. Mario Rotella, accusa SV di essere
l'autore materiale del delitto di Castelletti di Signa, assieme al Giovanni Mele, Mucciarini
Piero, Chiaramonti Marcello
• “Egli prosegue affermando che la sera del 21, visto uscire la moglie con il figlio ed il LO
BIANCO, è uscito anche lui, trovando due autovetture ad attendere: quella di Marcello
e l'altra di Salvatore, senza essere in grado di ricordarsi su quale è salito. Egli passa a
precisare che le persone, le quali hanno partecipato al delitto, sono: VINCI Salvatore,
suo fratello MELE Giovanni, MUCCIARINI Piero e CHIARAMONTI Marcello, questi ultimi
entrambi suoi cognati. Intuito che i due sono al cinema a vedere un film, uno di loro
entra dentro per accertarsene, poi, dopo aver atteso la loro uscita, li seguono sino al
luogo del delitto.
Quindi, bloccate le autovetture, poco distanti, all'altezza di un cimitero, scendono in
cinque ed ognuno esegue il compito affidatogli.
Uno rimane a guardia degli automezzi, un altro si ferma al ponte, mentre avanti va
Salvatore, poi Giovanni e quindi lui. Egli precisa che a sparare per primo è Salvatore,
poi Giovanni e quindi lui” [Rapporto Torrisi 311/1]
▪ si noti con attenzione che il SM, l'oligofrenico di medio grado, non è persona
capace di “inventare” con coerenza di causa [ NdA: “Da persona sempliciotta il quale
egli è, Stefano è solo in grado di mentire, ma non di inventare menzogne” - Rapporto Torrisi
311/1]
Sa certamente mentire, ma il suo cervello è troppo limitato per permettergli di
immaginare particolari troppo specifici.
▪ Quindi: una simile dicitura di un piano dove ognuno dei partecipanti
“esegue” il “compito assegnatogli”, rientra a pieno diritto di coerenza
con quanto da me esposto nel capitolo: Il momento dei ruoli, il
momento dei nomi e gli altri relativi al delitto di Castelletti di Signa

19 giugno 1985 – ore 20:45: SM viene portato sulla scena del delitto di Castelletti di
Signa, accompagnato dal dott. Mario ROTELLA, G.I., il dott. Adolfo IZZO, Sost. Proc., dal Ten.
Col. Torrisi e da personale dei Carabinieri
• “l'imputato descrive brevemente le modalità di esecuzione del duplice omicidio e
simulando l'atteggiamento di persona che lui sostiene di essere Salvatore VINCI”
[Rapporto Torrisi 311/1]

21 giugno 1985: i Carabinieri sentono la Pierini Ada


• “Il 21 giugno 1985, la PIERINI Ada, rintracciata a seguito di accurate ricerche,
nuovamente sentita, inventa tutta una storia di violenze, sfruttamento della
prostituzione, minacce con una pistola, attribuiti a VINCI Salvatore, verificatisi a
seguito del suo allontanamento” [Rapporto Torrisi 311/1]

26 giugno 1985: a fronte delle dichiarazioni della Pierini Ada, “anche se il soggetto se lo
aspetta“ [rapporto Torrisi 311/1], i Carabinieri vanno a perquisire il SV, eseguendo “un'accurata
perquisizione autorizzata, da eseguire nell'abitazione del VINCI Salvatore, sita in questa via
Cironi n. 8, di quella della sua convivente, D'ONOFRIO Antonietta, sita in Prato, via degli
Organi n. 39, ed in un'altra sita a Vaiano, via Braga n. 15, di proprietà del fratello Giovanni,
ma anche nella sua disponibilità” [Rapporto Torrisi 311/1]
• casa sua, via Cironi 8 Firenze

• casa della convivente, a Prato

• casa del fratello di cui il SV ha disponibilità, a Vaiano

• e il tutto “con l'ausilio di personale tecnico del 7º Reparto Rifornimenti Misto, munito di
apposita apparecchiatura per la ricerca di armi” [Rapporto Torrisi 311/1]

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• durante tale perquisizione viene rinvenuto il biglietto con la scritta “Sign. Magiore
Toriso Via Colli n.101 — 264261”

• 26 giugno 1985 – pomeriggio: a fronte dell'esito negativo della perquisizione, la


Pierini viene nuovamente ascoltata. La Pierini ribadisce le accuse

• 26 giugno 1985 – sera, ore 21:00: i Carabinieri provvedono a ripetere la


perquisizione in casa del SV
▪ si noti che una simile duplice perquisizione nella stessa giornata, non possa non
aver fatto capire al SV di essere realmente al centro dell'attenzione

▪ si noti che “nel periodo susseguente alla perquisizione domiciliare eseguita nella
sua abitazione il 26.6.1985, diviene più cauto, sia nell'uso del linguaggio
attraverso il telefono, che nei suoi rapporti con gli amici” [rapporto Torrisi 311/1], e
“nel periodo posteriore alla perquisizione domiciliare effettuata come già detto, il
26 giugno 1985, nella sua abitazione, egli dimostra di essere più cauto, ma
soprattutto apprensivo e pauroso “ [Rapporto Torrisi 311/1] a dimostrazione che è
“solo” da questo momento che il SV capisce che deve usare attenzioni particolari
nei suoi comportamenti.

Possiamo dunque prendere questa data come data di inizio pianificazione per l'ipotesi
di “uccidere per scagionarsi” che porterà al delitto degli Scopeti.
▪ Si noti che: un paio di mesi abbondanti di preparazione sono, tra l'altro, un lasso
di tempo assai ragionevole, che non va in contrasto con anche la carica
psicopatologica del delitto.

▪ Si noti che: con la serie di delitti della serie maniacale 1974-1984 (e 1985 a
venire), il MdF ha comunque sempre dimostrato una buona capacità di gestione
dei tempi tra un delitto ed un altro; questo a dimostrazione che comunque la
pura carica psicopatologica, era comunque in grado di saperla gestire in parte
anche con “raziocinio e freddezza”, cosa che appunto non va in contrasto con
una simile ipotizzata pianificazione a scopo “scagionante”, come qui proposto
nella chiave di lettura

28 giugno 1985: ascoltata nuovamente, la Pierini confessa di aver mentito sulla pistola, ma
di aver detto la verità in merito alle altre affermazioni fatte sul SV

1 luglio 1985: inizio seconda fase di pedinamenti del SV [NdA: tale fase terminerà il 8 settembre
1985]: pedinamenti “eseguiti nei giorni di venerdì, sabato e domenica, dalle ore 20,00 alle ore
24,00” [Rapporto Torrisi 311/1]

2 luglio 1985: ascoltata nuovamente presso la “Casa Circondariale di Sollicciano” [Rapporto


Torrisi 311/1], dove è in stato di detenzione per le calunnie sul SV, la Pierini ribadisce di essersi
inventata la storia dell'arma, ma conferma anche di aver detto la verità sugli altri punti

14 agosto 1985: un cognato della Barbarina Steri, telefona al SV

6-7-8 settembre 1985: delitto degli Scopeti

6 settembre 1985 (venerdì): il SV dichiara di non essere uscito di casa, così dicasi per il
mattino del giorno dopo [rapporto Torrisi 311/1]

7 settembre 1985 (sabato): SV dichiara di:

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• essere uscito al mattino per“una breve scappatina in mattinata al vicino bar di via
Corridoni per fare colazione” [rapporto Torrisi 311/1]

• 7 settembre 1985 (sabato): “verso le ore 16,00, egli si reca alle cave di Maiano del
Comune di Fiesole, per assistere a dei corsi di prealpinismo ...SNIP... facendo rientro a
casa intorno alle ore 19,30” [rapporto Torrisi 311/1]

• 7 settembre 1985 (sabato): “Egli è rimasto in casa sino alle ore 22,00 e poi è uscito
per un intervento in via delle Casine n. 18, rincasando alle ore 23,00, senza più andare
fuori”. [rapporto Torrisi 311/1]

• si noti che: 7 settembre 1985 (sabato): “il VINCI Salvatore, alla guida del suo
furgone Fiat 850 è visto far rientro alle ore 20,35 ( non si sa quando è uscito); esce
poi alle ore 21,05, con lo stesso automezzo, recandosi in via delle Casine per un
intervento, facendo rientro a casa alle ore 23,00, senza andare fuori sino alle ore
24,00; ” [Rapporto Torrisi 311/1]

8 settembre 1985 (domenica): il SV dichiara che:


• 8 settembre 1985 (domenica): “nel corso della mattinata, ad eccezione di una
breve uscita per andare a far colazione, è rimasto in casa”. [Rapporto Torrisi 311/1]

• 8 settembre 1985 (domenica): “La sera è uscito intorno alle ore 21,30 per andare
a prendere delle sigarette ...SNIP...nella zona di Peretola, presso il bar-pizzeria "Il
Bivio", sito all'incrocio tra le vie Baracca, Gori e Pistoiese”. [Rapporto Torrisi 311/1]

• 8 settembre 1985 (domenica): “essendosi trovato casualmente nella zona, ne ha


approfittato per andare a trovare un vecchio amico, tale BIANCALANI Saverio, ove si è
intrattenuto sino alle ore 22,30” [Rapporto Torrisi 311/1]

• Si noti che: 8 settembre 1985 (domenica): “allorché alle ore 20,00 i militari
intraprendono il servizio, il VINCI Salvatore è già uscito, in quanto il furgoncino Fiat
850 non è parcato nei pressi della sua abitazione; lo stesso, verso le ore 23,00, viene
visto far rientro, senza più uscire, sino alle ore 24,00, ora in cui il servizio è stato
ultimato” [Rapporto Torrisi 311/1]

• si noti che: 8 settembre 1984, ore 24:00: termina la seconda fase dei servizi di
pedinamento del SV [NdA: iniziata il 1 luglio 1985], e gli stessi vengono sospesi

• si noti che: pur senza possibilità di risposta, vista la concomitanza con il delitto degli
Scopeti, è lecito domandarsi se, esattamente come per la perquisizione del 26 giugno
1985, anche in questo caso, “qualcuno” potesse aver “fatto la soffiata” al SV che in tale
data i servizi di pedinamento nei suoi confronti sarebbero terminati.

9 settembre 1995 (lunedì): nel cuore della notte, “dalle ore 02,24 alle ore 02,31” [Rapporto
Torrisi 311/1], il SV effettua tutta una serie di strane telefonate alla pasticceria, chiusa visto
l'orario, sita proprio davanti casa sua.

9 settembre 1985 (lunedì) ore 14:00 circa: vengono ritrovati i cadaveri dei due turisti
francesi

9 settembre 1985 (lunedì) alle ore 18,00: “l'abitazione del VINCI Salvatore viene
perquisita minuziosamente, ma con esito negativo” [Rapporto Torrisi 311/1]
• “al termine delle operazioni è accompagnato in caserma, ove il M/llo GASPERINI

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Gianluigi, della Scuola Sottufficiali Carabinieri, abilitato ai rilevamenti tecnici, gli


applica il guanto di paraffina”. [Rapporto Torrisi 311/1]

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1985 – Mele, ancora Mele, sempre Mele [parte 2]

Se da un lato questo può essere considerato come “l'anno della svolta” delle dichiarazioni del
SM nei confronti del SV, è bene evitare di fraintendere il significato, e quindi precisare meglio
la ragione per la quale, il SM giunge a simili dichiarazioni.

Che il SV fosse per il SM una importante figura affettiva di riferimento, già ci è noto:
a) il SV infatti è stato l'unico dei tanti amanti che il SM procurava direttamente alla donna,
non solo a farlo partecipare a “spiate” alle Cascine alle spalle della Locci stessa, ma
soprattutto è stato l'unico dei “maschi, nudi” che al SM piaceva vedere gironzolare per casa,
a farlo direttamente partecipare ai giochi erotici a base omosessuale.

b) il SV è l'unico dei tanti “maschi” amanti della moglie, a cui il SM regala proprio l'anello di
fidanzamento.

c) a parte un brevissimo cedimento iniziale [ NdA: cedimento di cui chiunque che avesse conosciuto il
SM, non avrebbe potuto aspettarsi che si comportasse in maniera differente, una volta messo davanti al primo
interrogatorio come sospettato della sua vita ], abbiamo anche visto come il SM, pur facendo ogni
cosa nelle sue possibilità per difendere la sua famiglia naturale e i parenti aggiunti, abbia
anche sempre protetto proprio il SV: negando agli inquirenti il fondamentale tassello della
loro relazione omosessuale, ad esempio.

Ma il SM non è un cuore di leone. E' un povero cristo.


E' uno fedele alla famiglia secondo una contorta concezione di onore e rispetto verso la
stessa.
E il SM è l'unico della famiglia che ha pagato con il carcere. Anni di carcere.

Per farlo, è dovuto ricorrere anche, ovviamente, alla calunnia [ NdA: e per iniziale “calunnia” al SV,
beffa del destino ed ennesima dimostrazione di profondo attaccamento al suo ex amante, proprio il SM aveva
dovuto sopportare anche la condanna nel 1970].

Calunnia nei confronti del Francesco Vinci [ NdA: e di Carmelo Cutrona - “Nel caso di Cutrona, pur
essendo stata esercitata azione penale, esse sono apparse inattendibili appena rese, per il modo stesso e le
circostanze in cui erano versate, e perciò ritenute inidonee a far sorgere un processo a carico dell'incolpato “ -
Sentenza Rotella], che ormai libero in quanto scontata la pena per omicidio, in questo frangente,
1985, gli inquirenti cercano di usare come grimaldello, come spauracchio, come
probabilmente poco ortodosso metodo di pressione fisico-psicologica affinché il SM si decida a
raccontare veramente tutto quello che sa circa il delitto di Castelletti di Signa [ NdA: e dunque
per proprietà transitiva dell'arma, su chi sia il mostro che continua ad uccidere con quell'arma ].

Abbiamo infatti, 1984, un SM che forzato dall'evento della scoperta del biglietto scrittogli e
datogli dal fratello Giovanni Mele, è obbligato a “scagionare” il Francesco e a tirare in ballo i
suoi famigliari [NdA: “Il MELE Stefano, successivamente, più di una volta si è posto il problema morale di aver
accusato il fratello ed il cognato, ma è stato lui stesso a dare una giustificazione al suo comportamento, asserendo
che se non gli fosse stato trovato il biglietto non avrebbe mai fatto il nome dei familiari”. - rapporto Torrisi 311/1].
Un SM che al tempo stesso per dare un alone di credibilità alle accuse ai famigliari [ NdA: ma
quindi poi per cercare di mitigarle tirando in ballo chi per lui debba essere considerato “ caro” -Sentenza Rotella]
è obbligato a buttare sul piatto della bilancia alcuni spezzoni di frase sul SV.

Ma sarà poi solo nel 1985 [ NdA: 30 maggio], e anche questa volta praticamente solo perché
“obbligato”, in quanto messo sotto la diretta pressione della prospettiva di una nuova
detenzione[NdA: prospettiva tramutatasi effettivamente in 5 mesi di realtà ], che non avendo nemmeno
più nominativi da tirare in ballo, altro non può fare se non chiamare in causa il SV [ NdA: anche
per mitigare la posizione dei propri famigliari anche se, e forse anche proprio per questo, ormai di “clan” Mele è
rimasto ben poco].

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• Si noti che:
▪ “Il Mele è incapace di astrazioni, e poco versato in concatenazioni logiche di una
certa complessità, come tutti coloro che hanno avuto una scolarità assai
modesta e particolari limitazioni nell'acquisizione delle strutture logiche del
linguaggio. Ma la sua stessa ostinazione nelle posizioni assunte, invero
abbandonata di fronte all'evidenza, non è apparsa minimamente un fenomeno
isolato, a fronte della sua cultura sociale.” [Sentenza Rotella]

▪ “Ciò lascia intendere che la disfunzione non è nelle capacità intellettive del Mele
(più che degli altri menzionati, ed hanno la stessa origine e presso che la stessa
esperienza umana, fuori del crimine), pur nella mancata fruizione, da parte sua,
degli strumenti-chiave del linguaggio colto (inteso come struttura logica e
rappresentativa della cultura dominante e del costume ufficiale)”. [Sentenza
Rotella]

▪ “Mele, viceversa, è sempre apparso capace di rapida intuizione, e di efficace


simulazione di atteggiamenti emotivi, al momento, convincenti.” [Sentenza
Rotella]

▪ “si è inteso che egli ha una rilevantissima attitudine a secondare le altrui


tendenze, forse anche per paura” [Sentenza Rotella]

Ecco, si faccia attenzione quindi al fatto che, sì il SM ormai vecchio e solo e abbandonato e
con la famiglia e il “clan” già allo sbando, fa il nome del SV [ NdA: 30 maggio 1985], ma anche in
questa occasione, non stupidamente ricicla il solito cliché di fare nomi ma non di raccontare
“fatti” [NdA. Bisognerà aspettare il 12 giugno 1985, perché il SM si ingegni a fornire anche un quadro
ricostruttivo delle azioni del 1968; quadro che, come sempre, avrà modo di adattare ancora, secondo le esigenze
e le conferme dei momenti (ad esempio: sopralluogo del 1985 e interrogatorio del Natalino Mele del 1985) ].
Cosa della quale anche il G.I. Rotella si lamenta, ricordando le testuali parole dette dal SM
alla fine di quell'interrogatorio: “La SS. Vostra mi contesta che il problema non è quello di
fare dei nomi,ma di dimostrare come effettivamente si sono svolte le cose nel 1968, e che la
nuova versione resa non appare credibile …". [Sentenza Rotella]

Abbiamo quindi dunque un SM che, dal 1985 in poi fino al processo del 1988 per uxoricidio a
carico del SV [NdA: in cui con la sua testimonianza contribuirà in maniera determinante a cagionare
l'assoluzione dell'ex amante], non potrà fare altro che sposare le nuove accuse al Salvatore Vinci.
Accusa al SV che però “non è di chiara decisa ed esclusiva accusa contro Salvatore Vinci (a
differenza che in passato), sembrando piuttosto preoccupato dell'inquisizione”. [Sentenza
Rotella]

Ci si ricordi infatti che il SM poi, nel 1989, tornerà ancora ad accusare il Francesco Vinci,
quindi scagionando ancora l'ex amante SV:
• “Nel caso di Cutrona, pur essendo stata esercitata azione penale, esse sono apparse
inattendibili appena rese, per il modo stesso e le circostanze in cui erano versate, e
perciò ritenute inidonee a far sorgere un processo a carico dell'incolpato (v. r. 6.1).
Mele ha, a suo tempo, ritrattato, confessando il reato di calunnia (rispett. 16-17
gennaio 1988 — v. r. 5.8 e int. cit. del 30.5.85). È stato sottoposto a perizia
psichiatrica. Nel corso dell'esame (uno dei periti era il medesimo del 1969) ha ripreso
le accuse contro F. Vinci.” [Sentenza Rotella]

• “Nel corso del 1989, sottoposto a nuova perizia psichiatrica, Mele ha ripreso, con i
periti, ad indicare quale correo Francesco Vinci. “ [Sentenza Rotella]
▪ si noti con attenzione come il 1989 sia di poco successivo al termine del

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processo al SV per uxoricidio. Processo al quale partecipa anche proprio il SM


togliendo le castagne dal fuoco all'ex amante SV. La sua testimonianza verrà
infatti reputata decisiva per l'assoluzione del SV.

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Scopeti, 1985

Come per gli altri delitti del mostro, non staremo a fare una disamina completa di ogni
particolare di dettaglio delle ricostruzioni o delle autopsia o quant'altro.
Ci sono già a disposizione egregi e ben documentati lavori che trattano questi punti.

Ma al contempo, non possiamo sottrarci da trattare alcuni di questi punti, perché in


connessione specifica e diretta sia con quello che può riguardare la veridicità dell'alibi fornito
dal SV in merito; sia con altri aspetti anche essi collegati con una possibile esclusione del SV
dalla lista dei possibili mostri.

Come per i casi precedenti, forniamo quindi innanzitutto qualche dato risultante dai
sopralluoghi, in merito alle due vittime:

a) Vittime:
• “vittima la coppia francese Nadine Mauriot e Jean-Michel Kraveichvili” [Fonte:
http://mostro-di-firenze.blogspot.com/]
▪ si noti che: già solo per il fatto che i due fossero stranieri, questo depone in
senso concordante con quanto sempre affermato, ossia che non vi sia traccia
ipotizzabile di pregressa conoscenza biunivoca e reale, tra carnefice e vittime

• “La ragazza, colpita al capo, sarebbe morta sul colpo o sarebbe stata comunque
gravemente ferita, al punto da non potersi più difendere, mentre il ragazzo, ferito
lievemente, riuscì a uscire dalla tenda e a scappare, nudo e nel buio, verso il bosco.
Inseguito e raggiunto dall'omicida, il ragazzo venne successivamente ucciso a colpi di
coltello.” [Fonte: http://mostro-di-firenze.blogspot.com/]

• “tutti i colpi erano stati esplosi da distanza ravvicinata, nell'ordine di poche decine di
centimetri, ma non a bruciapelo, parte fuori e parte all'interno della tenda, con
direzione dall'esterno verso l'interno e dal lato anteriore della tenda verso quello
posteriore” [NdA: tratto dalla Perizia Maurri – Monelli Cafaro]

• “All'interno della canadese giace, come diranno i periti, il cadavere cereo, mutilato, in
stato di media putrefazione di Nadine Jeanine Mauriot, del '49, cittadina francese
che presentava la asportazione completa del seno sinistro e della regione pubica.
...SNIP... Più in là, viene rinvenuto il cadavere del compagno di questa donna, nato
nel '60, freddo, cereo, emanante cattivo odore, in posizione supina e sollevato
leggermente, con i piedi leggermente sollevati dai cespugli, da terra, perché poggiava
su un cespuglio” [NdA: Fonte: udienza del 17 maggio 1999 – Processo ai Compagni di Merende ]

• la Mauriot è stata rinvenuta in uno stato di “putrefazione ormai abbondantissima”


[NdA: dichiarazione del Professore mauro Maurri in aula – 3 maggio 1994]

• “non si sono riconosciute, eventuali macchie di sperma sulle suppellettili, sul


materassino e sulla coperta” [NdA: dichiarazione del Professore mauro Maurri in aula –
3 maggio 1994]

a.1) Jean-Michel Kraveichvili (25 anni)


• “il corpo del ragazzo era a circa 14 metri dalla tenda, parzialmente coperto con rami e
rifiuti presenti sul posto in quella che era una sorta di discarica abusiva” [Fonte:
http://mostro-di-firenze.blogspot.com/]

▪ “a circa 13 metri dalla tenda, viene rilevato sul terreno un consistente

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versamento ematico, all'altezza di un anfratto prodotto artificialmente dal


passaggio di una o più persone. All'interno di detto anfratto, 1.5 metri oltre il
ciglio, e' disteso in posizione supina il corpo della vittima maschile .” [Fonte:
http://calibro22.blogspot.com/]

▪ P.M.: “Quindi i piedi verso la parte libera…”


G.A.: “Libera non direi perché… perché è molto intricato di vegetazione tutta
l'area.”
[Fonte: insufficienza di prove – Testimonianza dell'Ispettore Giovanni Autorino - Deposizione del 3
maggio 1994 ]

• il ragazzo, ferito lievemente, riuscì a uscire dalla tenda e a scappare, nudo e nel buio,
verso il bosco. Inseguito e raggiunto dall'omicida, il ragazzo venne successivamente
ucciso a colpi di coltello.” [Fonte: http://mostro-di-firenze.blogspot.com/]

• ”giaceva in posizione supina ed innaturale, come un manichino gettato dall'alto, caduto


al suolo del tutto inerte” [Fonte: http://mostro-di-firenze.blogspot.com/]

• il corpo “si trovava in una depressione profonda circa un metro e mezzo rispetto al
livello della piazzola” [Fonte: http://mostro-di-firenze.blogspot.com/]

▪ “All'interno di detto anfratto, 1.5 metri oltre il ciglio, e' disteso in posizione
supina il corpo della vittima maschile”. [Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

• “con le gambe parallele e appoggiate su un cespuglio, poste ad una altezza di circa 50


centimetri dal suolo” [Fonte: http://mostro-di-firenze.blogspot.com/]

▪ “Quelli inferiori stesi in avanti che poggiano su di un cespuglio, sopraelevati a


circa 50 centimetri dal terreno” [Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

• “le braccia erano allungate oltre la testa, leggermente piegate, col busto orientato in
direzione della piazzola.” [Fonte: http://mostro-di-firenze.blogspot.com/]

▪ “Ha gli arti superiori ruotati verso l'alto e piegati sopra la testa” [Fonte:
http://calibro22.blogspot.com/]

• “Sia sul lato sinistro che su quello destro e' circondato da bidoni di vernice di medie
dimensioni (15\20 Lt), con un coperchio in plastica che ne copre parzialmente il capo”
[Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

▪ G.A.: “Cosa molto importante è che a ridosso del cadavere erano rovinati dei
contenitori di vernice, contenitori di vernice che occupavano sia il lato destro del
cadavere, sia la testa - uno dei coperchi era appoggiato quasi sulla regione
parietale - e l'altro contenitore mi sembra che poggiasse sul lato sinistro, quasi
a mo’ di occultamento del cadavere”.
P.M.: “Quindi secondo quello che sembrò a lei le posizioni erano tali che prima
c'è stato messo il cadavere e sopra questi barattoli?”
G.A.: “Senz'altro, cioè è impossibile portare il cadavere se c'erano questi cosi,
questi contenitori l'avrebbero scansati e invece sembrano buttatici proprio
addosso al cadavere”.
[Fonte: Deposizione dell'Ispettore Giovanni Autorino, presente ai rilievi - 3 maggio 1994

▪ “ho visto un corpo coperto di sangue fino al collo. Sulla testa c'era una specie di

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coperchio.” [Deposizione di Luca Santucci – Fonte: insufficienzadiprove.blogspot ]

▪ "i cadaveri non furono comunque abbandonati dove le vittime erano state
uccise, come nei precedenti duplici omicidi, ma si cercò intenzionalmente di
nasconderne la presenza” [Fonte: http://mostro-di-firenze.blogspot.com/]

▪ Ferite di arma da fuoco:


▪ “Una al labbro sinistro che aveva frantumato un dente” [Fonte:
http://calibro22.blogspot.com/]

▪ “Una o forse 2 alle dita della mano destra” [Fonte:


http://calibro22.blogspot.com/]

▪ “Una al gomito destro con disintegrazione dell'articolazione” [Fonte:


http://calibro22.blogspot.com/]

▪ “Una all'eminenza tenar della mano sinistra” [Fonte:


http://calibro22.blogspot.com/]

▪ “Dall'autopsia risulterebbero invece 13 ferite da arma bianca.


▪ Una, inferta al dorso, localizzata a livello della 5° vertebra dorsale con
direzione dall'alto in basso. [Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

▪ Quattro in regione precordiale, con inclinazione dall'alto verso il basso,


che avevano leso pleura e polmoni. [Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

▪ Una all'ipocondrio destro con netta inclinazione dal basso verso l'alto,
che aveva interessato il fegato. [Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

▪ Due simmetriche, più superficiali, in regione iliaca (inguine). [Fonte:


http://calibro22.blogspot.com/]

▪ Altre quattro avevano interessato il braccio sinistro e il polso sinistro,


quest'ultima aveva intaccato in profondità il radio lasciando l'impronta
a stampo della lama. Proprio da questa ferita fu dedotta dal perito
Pierini la forma e l'angolo (20°) del filo di taglio principale. In ultimo
veniva evidenziata una ferita profonda al collo che, pur avendo
attraversato la trachea da parte a parte, aveva mancato di ledere i
fasci vascolari profondi risultando pertanto non mortale. [Fonte:
http://calibro22.blogspot.com/]

▪ Viene anche descritta una soluzione di continuo sagittale di cm 1,8


posteriormente sul vertice cranico.” [Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

• Da un estratto della Perizia De Fazio per il delitto degli Scopeti,si legge:


“Lo studio delle sedi e della direzionalità dei tramiti delle lesioni da taglio
autorizza a ritenere che in primis la vittima sia stata raggiunta a tergo
dall'aggressore che impugnava il coltello con la mano dx e colpita al dorso da
una prima coltellata (senza esito tuttavia, avendo attinto la 5° vertebra
dorsale ). Successivamente, aiutato eventualmente dalla retroflessione
alogena del collo da parte della vittima, nella medesima posizione da tergo,
l'aggressore può aver agito afferrando il collo della vittima col braccio sx e
affondando la lama del coltello- impugnato con la dx- in regione cervicale

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(trapassandovi la trachea, senza colpire, a quanto sembra, il fascio vascolare


relativamente retro-posto su piani tissutali più laterali e più profondi) con un
colpo vibrato quindi da destra a sinistra. E' verosimile che a questo punto la
vittima, ormai esausta, sia stramazzata supina al suolo offrendo il petto
all'aggressore che nel frattempo si sarebbe posto vis a vis con essa. Il
cambiamento di piano dei rapporti tra aggressore e vittima spiegherebbe
l'opposta direzionalità dei colpi inferti al torace rispetto a quelli vibrati al
dorso e al collo." [Fonte: Perizia De Fazio, come riportato nel libro “Compagni di Sangue” -
M. Giuttari – C. Lucarelli ]

a.2) Nadine Mauriot (36 anni)


• “La ragazza, colpita al capo, sarebbe morta sul colpo o sarebbe stata comunque
gravemente ferita, al punto da non potersi più difendere” [Fonte: http://mostro-di-
firenze.blogspot.com/]

• “E' stata attinta da 3 colpi di cal 22.LR al capo che ne hanno causato il decesso in
pochi minuti, e da un quarto che ha attinto l' emitorace sinistro in corrispondenza del
seno che verrà mutilato successivamente.” [Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

• colpi di arma da fuoco:


▪ “Un colpo transfosso alla fronte, superficiale” [Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

▪ “Un colpo alla fronte con passaggio in cavità e con esito mortale” [Fonte:
http://calibro22.blogspot.com/]

▪ “Altro colpo alla guancia destra (in dibattimento il perito parla invece di zona
latero cervicale sx non penetrato in cavità. Pare pero' evidente che abbia
confuso le varie ferite nell'esposizione verbale del dibattimento)” [Fonte:
http://calibro22.blogspot.com/]

▪ “Ultimo colpo all' emitorace sinistro, superficiale” [Fonte:


http://calibro22.blogspot.com/]

• arma bianca, lividi escissioni:


▪ “Sul collo presenta una profonda ferita d'arma bianca probabilmente inferta in
limine vitae” [Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

▪ “asportazione del seno sinistro mediante un movimento rotatorio della lama in


senso orario che lascia un numero esiguo di segni da interruzione e ripresa”
[Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

▪ “escissione del pube sempre con la medesima tecnica ed in modo analogo al


caso precedente” [Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

▪ “Sul corpo della giovane verrebbero rinvenute anche strane lesioni contusive alla
faccia e alla testa, tanto da indurre il perito a porsi alcuni quesiti sulla loro
genesi senza riuscire a darsi peraltro una risposta” [Fonte: estratti Perizia de Fazio,
come riportato su http://calibro22.blogspot.com/], infatti:
▪ “nell'interno della tenda e nelle immediate vicinanze di essa non e'
stato trovato alcun mezzo capace di produrre tali lesioni” [Fonte: estratti
Perizia de Fazio, come riportato su http://calibro22.blogspot.com/]

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Scopeti: bossoli, tenda, acqua, chiavi, cartina stradale, ricostruzioni

Per una lettura più dettagliata dei resoconti peritali, è possibile fare riferimento ai corposi
estratti presenti nel libro “Delitto degli Scopeti - Giustizia mancata. ”Proseguendo comunque
con una breve e spicciola raccolta dati, abbiamo di che parlare di:

a) Tenda
• “secondo la ricostruzione elaborata dagli investigatori: i due francesi erano
campeggiati nella piazzola sopraelevata rispetto alla strada che conduce a San
Casciano Val di Pesa, in una tendina a pianta trapezioidale, piantata davanti al muso
della propria automobile Golf, una vettura di colore bianco e con targa francese, in
località bosco degli Scopeti.” [Fonte: http://mostro-di-firenze.blogspot.com/]
▪ si noti che: già solo per il fatto che i due fossero oltre che stranieri, turisti e di
passaggio, depone in senso concordante con quanto sempre affermato, ossia
che non vi sia traccia ipotizzabile di pregressa conoscenza biunivoca e reale, tra
carnefice e vittime

• sempre secondo la ricostruzione degli inquirenti, “l'omicida ha dapprima operato un


taglio del telo esterno posteriore della tenda, trovandosi però davanti al telo interno
che non venne tagliato, quindi avrebbe girato intorno alla tenda e l'avrebbe aperta,
sparando immediatamente all'interno”. [Fonte: http://mostro-di-firenze.blogspot.com/]
▪ si noti che non vi è, né del resto vi potrebbe essere, prova fisica che il taglio al
telo esterno sia effettivamente compiuto dal MdF.

▪ Si noti che: in nessun modo ed in nessuna forma, un essere umano avrebbe


potuto passare attraverso quel telo tagliato per entrare nella tenda, essendo il
telo interno intatto

▪ si noti che secondo il Perito Mauro Maurri invece: “non è affatto provato e anche
poco ipotizzabile che l'omicida prima di sparare abbia lacerato la facciata
posteriore dell'involucro esterno della tenda” [NdA: Estratto della Perizia Maurri – citata
nel libro: “Delitto degli Scopeti - Giustizia mancata” ]

• la “tenda da campeggio, alta 140 cm su un lato , 110 cm sul lato opposto e larga 185
cm” [Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]
▪ vista espressamente l'altezza, e come normale che sia, è dato certo che nessun
essere umano adulto, ad eccezione di una persona affetta da nanismo, possa
entrare in tale tenda senza doversi chinare e abbassare

• “La tenda mostra due ingressi. Uno principale orientato approssimativamente verso la
strada e uno posteriore orientato verso la radura” [Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]
▪ “La cerniera di quest'ultimo viene ritrovata chiusa, ma sulla meta' destra si
apprezza un taglio di 40 cm inferto con andamento dall'alto verso il basso”
[Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]
▪ anche in questo caso e anzi ancora più evidentemente, risulta
fisicamente impossibile ad un essere umano adulto entrare nella tenda
passando da detto lato; meno che meno facendolo senza nemmeno
doversi chinare.

• “La tenda monta un telo impermeabile esterno di colore grigio e un igloo interno di
colore giallo. Sul fondo e' adagiato un materassino gonfiabile su cui e' stato ricavato il
giaciglio” [Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

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• “L'apertura anteriore della tenda e' sormontata da una retina zanzariera sulla quale si
apprezzano 5 fori di proiettile.” [Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

b) bossoli
• “Furono rinvenuti alcuni bossoli all'esterno della tenda e uno all'interno di essa, in
prossimità dell'ingresso.” [Fonte: http://mostro-di-firenze.blogspot.com/]
▪ “1 bossolo all'interno della tenda quasi sul bordo esterno” [Fonte:
http://calibro22.blogspot.com/]

▪ “6 davanti all'entrata” [Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

▪ “2 sul lato destro della tenda, sempre guardando l'apertura, di cui uno in
posizione arretrata vicino al tronco dell'albero” [Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

▪ per l'esattezza, i due sul lato destro della tenda vicino all'albero e quello dentro
la tenda, vennero trovati subito, mentre i sei restanti, tutti antistanti l'apertura
della tenta, vennero ritrovati il giorno successivo dalla Polizia Scientifica grazie
all'uso di metal detector

c) presenza di zinco e gesso sui bossoli


[NdA: fonte: queste informazioni sono citate nel libro: “Delitto degli Scopeti - Giustizia mancata” ]
• presenza di “zinco” e di “solfato di calcio” [NdA: gesso], sui bossoli
▪ Fonte: estratti della relazione stilata dal professor Iadevito in risposta ai terzi
questi postagli dalla Procura di Firenze il 28 novembre 1985 [NdA:“Ricerca peritale
di natura fisico-chimica sulla superficie dei bossoli calibro 22 L.R. rinvenuti sul luogo del duplice
omicidio in danno di Kraveichvili Jean Michel e Mauriot Nadine” ]
▪ si noti che: “l'esistenza dello zinco è un fatto di per sé difficile da
motivare”; ossia lo zinco non fa parte dei residui di sparo

▪ si noti che: “non è possibile … trascurare la presenza di particelle di


solfato di calcio, e cioè di gesso..."; anche il gesso non fa parte dei
residui di sparo

▪ a) lo zinco:
▪ “La necessità di doverlo considerare parte di matrici organiche può far
ipotizzare la presenza, sui bossoli, di collanti a base di zinco, quali, ad
esempio, quelli utilizzati nel campo ortopedico.”

▪ “L'esame di un campione di zinco colloidale, gentilmente fornito dalla


Clinica Ortopedica dell'Università “La Sapienza” di Roma, ha fornito
risultati non contraddittori di questa ipotesi”

▪ b) il gesso:
▪ per restare in tema “ortopedico”, possiamo dire che tali tracce di gesso
ovviamente richiamano alla mente i gessi che si usano in ortopedia per
fasciare e/o ingessare arti

Si noti però che: quando nel 1987 ulteriore perizia in merito venne assegnata ad “altro
perito”, costui ben specifichi che
1. si tratti di “composti contenenti zinco, di natura diversa, colloidali o grassi”

2. nessuna indagine merceologica per spiegare la presenza di zinco e gesso è stata fatta,
perché tale tipo di analisi avrebbe potuto comportare la distruzione, foss'anche solo

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parziale, del reperto.

Si noti con attenzione che:


a) il SV lavorava nel campo dei pronti interventi e nelle ristrutturazioni, immaginare che
possa essere venuto in contatto con elementi quali zinco e gesso per motivi lavorativi, non è
possibile da scartare a priori come informazione

b) il SV, anche direttamente a causa del tipo di attività svolta, era soggetto più
casisticamente portato a piccoli incidenti che avrebbero potuto portare al ricorso a
medicamenti, fasciature e/o ingessature.
• “Il VINCI Salvatore ha il gruppo sanguigno "0" Rh positivo. L'accertamento viene
espletato il 2 maggio 1986 dal maresciallo CONGIU Salvatore presso l'unità sanitaria
locale (U.S.L.) n. 10 di Careggi, il Centro Traumatologico Ortopedico, ove l'interessato
si è recato per togliersi il gesso applicatogli nel mese precedente, avendo subito una
lesione alla mano destra, durante il maneggio di un attrezzo di lavoro .” [Supplemento
Rapporto Torrisi 311/1-1]

c) Il 28 novembre 1986 fu effettuata una perquisizione presso l'abitazione di Salvatore Vinci.


Il verbale si conclude con:
• “Si da atto che durante le operazioni di perquisizione, nel sotterraneo è stato trovato
del gesso, il quale è stato fotografato, come tutto il resto.” [NdA: Fonte: Verbale di
detta perquisizione non nella disponibilità di verifica dell'Autore – Citazione riportata
come citata sul forum, area privata, “il Mostro di Firenze” dall'utente Flanz]

d) chiazze di sangue
• “Sul terreno, ad 80 cm c.a. dall'entrata anteriore della tenda, viene rilevata una
consistente gora di sangue approssitivamente di 20 cm di diametro” [Fonte:
http://mostro-di-firenze.blogspot.com/]
▪ tale gora di sangue, “Risulterà poi essere sangue dello stesso gruppo della
ragazza” [Fonte: http://mostro-di-firenze.blogspot.com/]

• “5 mt oltre l'ingresso del secondo spiazzo ovoidale, e a circa 13 metri dalla tenda,
viene rilevato sul terreno un consistente versamento ematico, all'altezza di un anfratto
prodotto artificialmente dal passaggio di una o piu' persone.” [Fonte: http://mostro-di-
firenze.blogspot.com/]

• c.1) differenze periziali sulle chiazze di sangue in relazione all'escissione della


mammella
▪ c.1.1) ipotesi ricostruttiva Maurri: “estratto parzialmente il corpo fuori dalla
tenda afferrandolo per i piedi, compatibilmente con il sanguinamento presente
sul terreno a 80 cm dall'apertura, ed ha compiuto l'escissione del pube sempre
con la medesima tecnica ed in modo analogo al caso precedente.” [Fonte:
http://calibro22.blogspot.com/]

▪ c.1.2) ipotesi ricostruttiva De Fazio: “le mutilazioni sarebbero avvenute


all'interno della tenda:"...Non vi sono segni di trascinamento del cadavere,
essendo tutte le macchie di sangue riferibili a scolatura e imbrattamento dalla
fonte principale. A tal proposito e' da sottolineare come sul dorso della donna
siano evidenti tracce di scolatura di sangue come per materiale caduto dall'alto:
esse sono state probabilmente prodotte dal seno oramai prelevato e tenuto
sollevato dall'aggressore con una o entrambe le mani al termine dell'operazione
asportativa. Vi e' anzi da ritenere che, al termine di questa prima fase
dell'esecuzione delittuosa, l'attore abbia appoggiato tale primo feticcio fuori

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dalla tenda, dove appunto in sede di indagine di sopralluogo era stata descritta
una piccola ma consistente gora di sangue” [Fonte: Perizia De Fazio, come riportato in
http://calibro22.blogspot.com/]

▪ NOTA: [NdA: vedasi immagine a seguire] a giorni di distanza dalla morte delle
vittime, tale gora di sangue, a detta dello scrivente, pare essere di dimensioni e
colori eccessivi per un “semplice” momentaneo appoggio sulla nuda terra della
mammella escissa. Anche perché il tempo in cui dovrebbe essere rimasta lì
appoggiata, non poteva essere che “breve” vista la macabra situazione in corso
d'opera. Vero indubbiamente è che essendo stata duplice l'escissione, terminata
la prima macabra operazione, la prima parte escissa da qualche parte è
obbligatorio dedurre che debba essere stata appoggiata per poter consentire la
successiva operazione.

▪ Si noti però che nel caso di Vicchio, in cui anche in questo caso è presente una
duplice escissione, nella parte di Perizia De Fazio che tratta nello specifico di quel
documento, non venga citata la presenza di alcuna gora di sangue, come a
questo punto invece si saremo dovuti aspettarci di trovarci per assonanza con
quanto ipotizzato con Scopeti.

▪ si noti inoltre, come in nessun caso si possa dire se ad essere escissa sia stata
prima la mammella o il pube:
▪ testimonianza del Perito Mauro Maurri:
Presidente: Allora, è stata e scissa prima la mammella o il
pube?
...SNIP...
M.M.: No, non lo so dire con sicurezza. Se ho scritto
qualcosa di questo genere evidentemente era sotto l'azione
della impressione diretta dei reperti di allora. Posso solo dire
che entrambe sono post mortali e pochissimo tempo dopo la
la morte. Il sanguinamento che c'è sul materassino potrebbe
provenire e dall'una e dall'altra
[Fonte: testimonianza del professor Mauro Maurri - 3 maggio 1994]

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e) ricostruzione generale inquirenti


• Estratto perizia necroscopica Maurri, Marello, Marini in merito alla dinamica della
possibile successione dei colpi d'arma da fuoco sul ragazzo:
“...Il K deve trovarsi supino sul materasso, sotto il corpo della M. e cosi' in posizione
tale da offrire tutto il lato sx all'omicida. A prescindere dalla ferita al labbro, di cui e'
stata ora tentata un'interpretazione*, il K.,in questo momento, non può' essere colpito
che a sinistra, ma ovviamente non al bersaglio maggiore, cioè la testa e il tronco, sia
perché egli si trova troppo basso sul materassino, sia perché il corpo della ragazza lo
copre e lo protegge parzialmente, solo da questo lato. Se si ammette che la ragazza
sia prona su di lui e' logico pensare che egli l'abbracci; in questo modo l'arto superiore
sinistro di lui passa intorno alla meta' destra del tronco della M. e si offre
completamente libero alla bocca dell'arma e per di più ad un'altezza compatibile con la
posizione dell'omicida piegato in avanti. In tal modo si possono spiegare sia il colpo
trasversale dell'eminenza tenar, sia quello latero-laterale da destra verso sinistra delle
ultime dita lunghe. Se si suppone poi che in quel momento la mano de K fosse
poggiata sulla testa o sul collo della ragazza si può anche ipotizzare che uno dei due
colpi che hanno trapassato la mano del K abbiano poi secondariamente e del tutto
superficialmente la fronte della M. con tramite brevissimo e superficialissimo
interessante solo i tessuti molli” [Fonte: Perizia necroscopica Maurri – Marello – Marini; come
riportata su http://calibro22.blogspot.com/]

▪ Secondo invece la ricostruzione presente nella Perizia De Fazio, esposta nel


processo d'Appello ai “compagni di merende”, le ferite a gomito e dito
potrebbero essere interpretate come: “"...Al tentativo del maschio di fuggire
verso la macchina il reo deve aver reagito immediatamente, esplodendo altri
colpi verso di lui che oramai gli volgeva il dorso: a questo momento e'
possibilmente riferibile il colpo rinvenuto sulla parte posteriore del gomito
dell'uomo (causativo e con-causativo della frattura comminuta dell'omero)".
[Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

• “Le modalità con cui vengono eseguite le mutilazioni sono del tutto simili a quelle
viste nell'omicidio di Vicchio, anche se questa volta viene notata una differenza
di efficacia del filo della lama tra l'escissione del pube e quella del seno, risultando
quest'ultima meno netta”[Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]
▪ si noti che: in data 8 agosto 1984 [Rapporto Torrisi 311/1], ossia in data successiva
al delitto di Vicchio, durante la seconda perquisizione ai danni di SV, vennero
sequestrate due armi bianche in suo possesso. Tali armi bianche, non erano
state notate durante la prima perquisizione del 30 agosto 1984 immediatamente
dopo la scoperta dei corpi delle vittime. Per l'esattezza:
▪ “vengono rinvenuti nella camera da letto e sottoposto a sequestro il
seguente materiale:
▪ − un coltello a serramanico, tipo "pattadese", con lama
lunga cm. 10,5 e manico di cm. 13;

▪ − un coltello a serramanico, con lama lunga cm. 8,5 e


manico di cm. 10,5,

▪ entrambi custoditi in un cassettino del comò e non rinvenuti nel corso


della precedente perquisizione” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ SI NOTI CON ATTENZIONE CHE: non si vuol dire con questo che quelle
due armi bianche avrebbero potuto essere le “solite” armi bianche
usate dal mostro. Contro una simile opzione, gioca innanzitutto il fatto

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che trattandosi di armi “a serramanico”, ossia di armi a lama mobile e


con blocco “a dente” che assai improbabilmente avrebbe resistito, ad
esempio, agli impatti necessari alla rottura del tavolato osseo dello
sterno nel caso del duplice omicidio di Borgo San Lorenzo.
Ciò non toglie che se effettivamente nel 1985 la l'arma bianca
utilizzate è differente dalle precedenti, una delle motivazione per tale
cambio potrebbe appunto essere quella o di un precedente sequestro
di detta arma intercorso tra Vicchio e Scopeti, o che il mostro in detto
periodo di tempo, magari anche a causa di perquisizioni, abbia ritenuto
più saggio disfarsene.
E se due armi bianche non furono viste/trovate nella perquisizione del
30 agosto 1984, nulla vieta di immaginare che non ne venne vista,
sempre in quella data, anche una terza [ NdA: fatta poi scomparire prima
dell'8 agosto 1984]

• “Il corpo e' stato quindi spinto all'interno della tenda in modo da nasconderlo alla vista,
come dimostra la posizione del cadavere che certamente e' stato riposizionato dopo
l'esecuzione delle mutilazioni quantomeno in ragione della posizione sul fianco
sinistro”.[Fonte: http://calibro22.blogspot.com/]

f) durata dell'azione omicidiaria


• Duplice omicidio, escissioni, spostamento corpi: “Il tutto, secondo i periti, potrebbe
essersi svolto in un arco temporale non superiore ai 9 minuti .” [Fonte:
http://calibro22.blogspot.com/]

g) chiavi dell'auto
• G.A.:" Successivamente ricordo che ufficiali dei Carabinieri prelevarono da una borsa,
che si trovava poi all'interno della tenda, le chiavi dell'autovettura. Abbiamo aperto e
abbiamo effettuato un'ispezione interna al autovettura."
[Fonte: ispettore Giovanni Autorino - Deposizione del 3 maggio 1994]

h) cartina stradale
• G.A.: "Abbiamo visto che sul sedile destro c'era una cartina stradale"
[Fonte: ispettore Giovanni Autorino - Deposizione del 3 maggio 1994]

i) acqua
• G.A.: "...sul cruscotto poggiava una scatola di Algersol… una cosa del genere… vari
fogli, una bottiglia contenente del liquido grigio e poi c'era una bottiglia d'acqua
minerale"
[Fonte: ispettore Giovanni Autorino - Deposizione del 3 maggio 1994]

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Scopeti: perché occultare i cadaveri?

A fronte di quanto appena visto nel capitolo precedente, possiamo notare che:

a) un'azione che dura circa 10 minuti, necessità di una copertura temporale a livello di alibi,
di finestra ridotta, facendo tuttalpiù cadere l'accento sulla ipotetica distanza da percorre che
sull'azione in sé.

b) che l'azione criminale maniacale, è in sintonia con le precedenti sia a livello di “obiettivo-
desiderio” e dunque di genesi e devianza psicopatologica, sia con il lato criminale narcisista
che include la “firma” di unicità. Anche a macro livello generale, tale delitto risulta in sintonia
con il modus operandi già noto del mostro.

c) che, la scelta delle vittime non fu specificatamente pianificata, ossia il fatto che fossero
stranieri non può essere fatto ricadere come una voluta scelta premedita con alla base uno
scopo preciso [NdA: lo vedremo nel dettaglio nel prossimo capitolo], essendo gli stessi arrivati appena
il venerdì 6 settembre 1985 in quella piazzola.

d) e soprattutto che a differenza di tutte le altre volte, il mostro autore del duplice mostruoso
delitto, volutamente e per deliberata scelta, decise di occultare alla vista i cadaveri delle
vittime, per quanto possibile in dette condizioni
• Questo fatto porta obbligatoriamente con sé una domanda: “perché lo fece?”

Chiediamocelo dunque:
D1: “perché volutamente e per la prima volta, nascose i cadaveri?
La risposta diretta è ovvia:
R1: per far sì che i cadaveri non venissero ritrovati a troppo breve distanza temporale dal
momento del delitto.

Abbiamo già visto e capito però, che solo ponendosi le domande corrette si possono ottenere
le risposte giuste, e quindi adesso non possiamo fermarci ad una risposta così generica e
ambigua.
Dobbiamo quindi porci la conseguente domanda perché la distanza temporale tra delitto e
scoperta dei cadaveri, questa e solo questa volta, doveva essere prolungata.
In questo caso, purtroppo, a differenza della domanda D1, la risposta non è e non può essere
così evidente; e soprattutto, al momento almeno, non può essere indicata in forma univoca.

Più fattori infatti possono essere chiave di lettura e risposta.


E tali molteplici fattori, inoltre, possono anche essere, in toto o almeno in parte, coincidenti:
ossia concorrere uniti al medesimo disegno e scopo.
Andiamo quindi a vedere nel dettaglio quali questi fattori possano essere:

D2: perché questa volta, prima ed unica volta, il mostro non voleva correre il rischio che i
cadaveri potessero essere scoperti a breve distanza temporale da quando il delitto era stato
commesso?

R1: senza al momento ordinare le risposte in alcuna scala di priorità e verosimiglianza,


abbiamo:
1. duplice omicidio commesso in fascia oraria diversa dal solito [ NdA: ossia non di sera tarda –
notte ], possibilmente a ridosso delle prime luci dell'alba, con conseguente rischio che i
corpi potessero venir ritrovati nelle quasi immediatezze e con il mostro ancora non a
debita distanza di sicurezza di allontanamento

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2. Duplice omicidio commesso ad una distanza tale dal luogo di abitazione, che richiedeva
un tempo assai più lungo per poter tornare a casa [ NdA: magari dopo essere dovuto prima
passare a nascondere armi e feticci in altro luogo ], tempo che, in caso di subitanea scoperta dei
cadaveri e dunque di allarme delle FF.OO, non sarebbe stato sufficiente al mostro a
tornare a casa prima che i controlli scattassero

3. duplice omicidio commesso da persona già soggetta ad indagini sui delitti del mostro, e
a cui dunque a priori già era noto che appena scoperti i cadaveri, gli investigatori si
sarebbero precipitati [NdA: come almeno una volta in precedenza ] direttamente a casa sua,
tra le altre, a perquisirlo e a fargli domande

4. duplice omicidio commesso secondo il solito modus operandi, e l'occultamente dei


cadaveri non deve essere letto come un gesto pre pianificato, ma semplicemente come
un gesto dovuto alla “estro del momento”

5. Duplice omicidio pianificato e commesso, con già la precisa idea di inviare la lettera
con feticcio alla Della Monica, e dunque per aumentare l'effetto dirompente della
messaggio e permettere l'arrivo della stessa prima della scoperta dei cadaveri,
l'occultamento si rendeva necessario. Nessuna necessità dunque di dilatare la finestra
temporale delitto – alibi e/o delitto – controlli

6. Simile al precedente, ma: duplice omicidio pianificato e commesso, con già la precisa
idea di inviare la lettera con feticcio alla Della Monica, ma senza necessità per la lettera
di arrivare a destinazione a corpi non ancora scoperti. Azione però che per il buon fine
della stessa richiedeva anche appunto l'allargamento della indeterminatezza della
finestra temporale delitto – alibi e/o delitto – controlli

7. Scelta pianificata di occultare i cadaveri, in un modo qualsiasi, semplicemente al fine di


ritardare l'inizio delle indagini, forse magari anche al di aumentare lo stato di sicurezza
nel tragitto di ritorno a casa e/o invio della lettera

8. Scelta pianificata di occultare i cadaveri, in un modo qualsiasi, al fine di ritardare


l'inizio delle indagini per guadagnare prezioso tempo a fini di alibi, aumentando al
contempo anche lo stato di indeterminatezza investigativa

Prima di fornire un grado di valutazione a questi punti, è bene ricordare [ NdA: anche anticipando
informazioni che verranno presentate nei successivi capitoli ] che:
a) la coppia dei francesi arrivò alla piazzola il venerdì 6 settembre 1985

b) la loro auto portava in evidenza la targa francese

c) anche solo al momento di primo avvistamento della coppia e di arrivo sulla prossima e
futura scena del delitto dunque, il mostro con una semplice occhiata, anche o avesse mai
sentito parlare la coppia, avrebbe avuto facile lavoro cerebrale a capire che si trattava di una
coppia di stranieri e che dunque, pur uccidendoli, nessun veloce allarme sarebbe potuto
scattare, come a Vicchio ad esempio, per il mancato rientro a casa la notte-giorno stesso.

d) Tale identica deduzione, ancora più velocemente a livello cerebrale, la avrebbe colta dal
semplice fatto che i due avessero proprio montato una tenda, cosa che indubbiamente indica
che i due non avrebbero dovuto rincasare a breve la notte stessa e che dunque, al meno fino
al giorno successivo, nessuno avrebbe notato la loro assenza.

Notato questo,andiamo ad aggiungere alcune note specifiche ai punti su elencati.


Punto 4): per quanto questo a prima vista possa sembrare indubbiamente il meno

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plausibile, a fronte di quanto fatto notare sull'impossibilità del MdF di rendersi conto che nelle
immediatezze del delitto nessun allarme sarebbe potuto scattare per il mancato rientro a
casa della coppia: anche grazie alle doti di lucidità d'azione e prontezza di reazione già
dimostrate dal mostro, non è possibile escludere che tale scelta di occultamento sia sorta in
situ e non specificatamente pre pianificata

Punto 2): questo risulta fin troppo debole anche ad una veloce analisi di ragionamento, e
dunque da ritenere quello di minor plausibilità. Il mostro infatti in zona aveva, e purtroppo,
già colpito altre volte e in nessuno di questi casi una simile attenzione era stata applicata
dallo stesso.

Punto 5): tale risposta a detta dello scrivente, appare riduttiva e contrassegnata da un
livello di indeterminatezza tale da rendere un simile piano altamente improbabile. Inoltre
avrebbe significato solo ed esclusivamente per un MdF effettivamente sconosciuto e mai
entrato nelle indagini [NdA: che per quanto abbiamo visto trattando dell'arma e di Signa, appare
decisamente fuori insieme di plausibilità ]

Punti 1 – 3 – 6 -7 -8): pur ognuno con le proprie specificità, tutte queste altre risposte,
risultano accomunate da un unico filo conduttore: tempo - alibi e/o tempo – controlli [ NdA:
siano i controlli presso le abitazioni o come posti di blocco e controlli volanti per strada ]; quindi tutti
strettamente connessi proprio con la possibilità di “giustificazione” di qualcosa [ NdA: luogo,
posto, ora, oggetti, movimento, etc]

A questo coacervo di punti 1-3-6-7-8 faremo dunque riferimento come serie di plurime
concause tutte mosse da un comune obiettivo e tutte facenti parti di un medesimo
conoscimento pre duplice omicidio

Nello specifico poi, il punto 1 e il punto 3, paiono essere quelli di maggior peso specifico, e
anche maggiormente strettamente connessi, quasi in forma inscindibile.

Il punto 3) infatti, anche e soprattutto tenendo conto che siamo alla data nel 1985, non
pare minimamente scartabile, anzi; a meno di non voler introdurre la variabile [ NdA: che
abbiamo già per varie e documentate ragioni scartato in questo documento ] che il mostro potesse essere
svincolato dal delitto di Signa e che fosse entrato in possesso dell'arma tramite una delle
modalità che abbiamo escluso

Il punto 1), come vedremo in seguito, ha al suo arco inoltre una buona dose di logica e
coerenza che parte da documentazioni peritali e rilievi.

Ricordando che questi punti e queste deduzioni sono al momento fatte su una figura
“generica” ed “ignota” e non ancora messi in relazione con dati specifici di specifici
personaggi noti, passiamo adesso a portare sul piatto dati ed informazioni che ci
permetteranno di meglio e specificatamente datare, giorno e fascia oraria del delitto

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Scopeti: i francesi prima di Scopeti [e dopo]

Come, da dove, perché e quando la coppia arrivò a quella piazzola? E anche quali erano i loro
piani nell'immediato futuro?
A differenza di “coppiette di amanti” che uscivano qualche ora una notte in cerca di un attimo
di tenerezza e gioia, la presenza della coppia di francesi a Scopeti merita un maggior
approfondimento. Certo, si tratta di un discorso più generale e non strettamente legato al
soggetto di attenzione di questo studio, ma siccome il campo di analisi abbraccia, e come non
potrebbe, la storia della vicenda del mostro, oltre che focalizzarci semplicemente su quanto
contenuto nei rapporti dei Carabinieri e degli investigatori in merito al SV, dobbiamo anche
ovviamente fare digressioni di carattere più generale. Sappiamo comunque che anche queste
digressioni hanno un impatto, più o meno diretto, con aspetti che questa indagine non può
permettersi di tralasciare.

Partendo da ritroso, possiamo dire con certezza che:


• Lunedì 9 Settembre: scoperta dei corpi [NdA: “I cadaveri furono scoperti nel primo
pomeriggio del 9 settembre 1985 dal giovane Luca Santucci”, alla ricerca di funghi - insufficienza di prove
Blogspot - “I corpi furono rinvenuti lunedì 9 settembre attorno alle ore 14 da un cercatore di funghi ” - il
mostro di Firenze Blogspot]

• Domenica 8 – Sabato 7 – Venerdì 6 settembre: la data del delitto, è ovviamente


da far risalire ad un periodo antecedente tale Lunedì 9 Settembre.
Siccome in merito proprio alla data e all'ora del delitto vi sono versioni discordanti e
dubbi, e in apposito capitolo saranno trattati, non indicherò al momento qui una data
specifica per il delitto, limitandomi a fornire genericamente al momento le date della
Domenica 8 [NdA: domenica notte su Lunedì] , del sabato 7 [NdA: sabato notte su domenica]e
del venerdì 6 settembre [NdA: venerdì notte su sabato]. Ossia a segnalare la finestra più
ampia possibile

Torniamo adesso agli inizi e ripercorriamo gli ultimi gironi di vita della coppia.
Per farlo, ci baseremo principalmente sui dati neutri riportai nel libro “Delitto degli Scopeti -
Giustizia mancata”, in quanto tra i suoi autori vi è, oltre al Francesco Cappelletti e Salvatore
Maugeri, anche il Vieri Adriani che “fra il 2007 ed il 2008 ha rappresentato, quale difensore di
parte civile, alcuni familiari delle vittime del delitto degli Scopeti”.

Come scritto in una avvertenza generale ad inizio documento [ NdA: vedasi capitolo “Avvertenze”],
che parole di questi autori siano citate in questo documento, non indica in nessuna forma che
tali Autori sostengano o meno quanto analizzato ed esposto in questo documento di studio.
Del resto a detto libro qui facciamo riferimento solo per quello che sono dati neutri e, a
nostra volta, non ci sentiamo obbligati a doverne sposare le conclusioni, anche e soprattutto
vista la differenza di impostazione di tipologia di ricerca specifica e indagine.

Dunque:
• Jean Michel, residente a Besacon, decide di raggiungere la sua compagna, Nadine, a
Montbeliard, e da lì, assieme, partire poi per una breve vacanza in Italia che aveano
programmato per “prima settimana di settembre”, 1985.

• Tale viaggio che aveva per scopo primario quello di “visitare una fiera di scarpe” che
“si teneva a Bologna fra il 6 e il 9 settembre” del 1985 [NdA: Naudine Mauriot era infatti una
“commerciante di calzature”], la coppia lo pianificò con la durata di “quattro cinque giorni al
massimo” [NdA: dichiarazioni della sorella della defunta, Maryse Mauriot al legale – aprile 2002 ]
abbinando al motivo lavorativo anche pochi giorni a scopo turistico.

• Lunedì “2 settembre 1985” - Francia: Jean Michel è ancora a Besancon, in quanto

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si è dovuto fermare per aiutare la sorella a fare un trasloco

• Martedì 3 settembre 1985 - Francia: ossia il “pomeriggio del giorno successivo” al


trasloco, parte da casa e arriva a Montbeliard dalla Mauriot Nadine.

• Mercoledì 4 settembre 1985 – mattina presto - Francia: al mattino, partirono


per l'Italia.
▪ Si noti che da Montbeliard al confine italiano, ci sono circa due ore, due ore e
mezza di viaggio.

• Mercoledì 4 settembre 1985 - tarda mattinata – Italia: la coppia già era in Italia,
come attestato dagli scontrini dei biglietti dell'autostrada [ NdA: conservati meticolosamente
dalla Nadine a scopo di deduzione dalle tasse molto probabilmente ]
1. entrata autostradale 201 (Milano Ovest) ed uscita 201 (Binasco)
2. entrata autostradale 205 (Casei Gerola) ed uscita 263 (Rapallo)

▪ il dato è confermato ed avvalorato, da altri due scontrini, come da consumazioni


effettuate in due bar di Binasco [NdA: il Coki Bar di Binasco e il Charlie Bar di Binasco
anch'esso]

• Mercoledì 4 settembre 1985 – Italia: lasciata Binasco, la coppia imbocca la A7 al


casello di Casei di Gerola e poi dalle parti di Alessandria [ NdA: Castelnuovo di Scrivia], si
frema a fare rifornimento presso il distributore della AGIP, impianto 1417

• Mercoledì 4 settembre 1985 – Italia: la coppia finito di fare rifornimento, prosegue


il suo viaggio in autostrada fino all'uscita di Rapallo.
▪ Si noti che dal casello di Milano Ovest, fino a quello di Rapallo, su tratto
autostradale, si tratta di un tragitto di circa 170 km, percorribili dunque
approssimativamente in circa un paio di ore.

Prima di proseguire è bene segnalare che nel libro citato, sono presenti le scansioni di tali
biglietti autostradali e di consumo. [NdA: anche se solo parzialmente fuori tema qui adesso, questi
scontrini concorrono a smentire le affermazioni del G. Lotti circa la ricostruzione da lui fornita degli eventi, anche
pregressi, del delitto degli Scopeti. Secondo il Lotti, infatti, la coppia di francesi sarebbe stata avvistata agli
Scopeti, e dunque scelta, 3 o 4 giorni prima della data del delitto: “ Tre o quattro giorni prima di questo delitto, mi
trovavo al bar Centrale di San Casciano e sentii gli avventori che parlavano di una tenda e di una macchina che si
trovavano nella piazzola degli Scopeti” - Dichiarazioni di G. Lotti del 11 marzo 1996. .Avremo modo in apposito
capitolo di ritornare anche su questo aspetto ]

S noti inoltre, che tali biglietti, furono ritrovati “il 10 settembre 1985”, dal fratello del Jean
Michel, una volta restituitagli l'auto posta sotto sequestro per le indagini dalle autorità di P.G.,
e da lui consegnati all'avvocato.

• Mercoledì 4 settembre 1985 – notte – Italia: dove abbiano pernottato tale notte,
risulta ignoto. Non essendo stati rinvenuti scontrini che attestino un pernotto in un
albergo – pensione – campeggio - ostello, è da supporre che la coppia, probabilmente
ormai giunta ai confini tra Liguria e Toscana, abbia semplicemente deciso di
accamparsi per la notte proprio sfruttando la tenda che avevano portato con sé allo
scopo

• Giovedì 5 settembre 1985 – Italia: la coppia è a “Forte dei Marmi”


▪ vi sono ben 6 scontrini che attestano in loco la loro presenza.
▪ Tenendo conto della tipologia di scontrini [ NdA: generi alimentari acquistati in una
“drogheria-salumeria”, ad esempio] e del fatto che Forte dei Marmi sia una località

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balneare, e del fatto che i due avessero avessero nel loro piano di viaggio
incluso la possibilità di godersi qualche giorno di vacanza, non pare fuori luogo
immaginare che abbiano trascorso la giornata al mare e che, sfruttando un'altra
volta la loro tenda, abbiano deciso di pernottare proprio a Forte dei Marmi.
▪ Si noti che la ricevuta della drogheria-salumeria, riporta l'ora delle
“18.30” come ora di emissione dello scontrino; dunque in orario pre
serale

• Venerdì 6 settembre 1985 – mattina -Italia: in questa giornata la coppia è


sicuramente prima a “Tirrenia” e poi a “Pisa”, come incontrovertibilmente indicano gli
scontrini ritrovati
▪ interrogato il titolare dell'esercizio commerciale di Pisa che ha rilasciato la
ricevuta fiscale, questi afferma che tale ricevuta è stata rilasciata “fra le ore
12:00 e le 15:00 del 6 c.m.”

• Venerdì 6 settembre 1985 – viaggio - Italia: non essendo all'epoca in funzione il


collegamento S.G.C. Firenze – Pisa – Livorno, da Pisa fino agli Scopeti, la coppia
dovette o percorrere la normale strada provinciale o imboccare l'autostrada A11 ed
uscire a Firenze Certosa.
Vista però l'assenza di ritrovamento di scontrini di detto tratto autostradale, è da
ritenersi da escludere tale tipo di percorso.

• Venerdì 6 settembre 1985 – ore 14.00 – Scopeti: “circa alle 14:00”, il testimone
A.B. [NdA: vedasi allegato 57 del Rapporto di P.G. Del 14 settembre 1985 ] riferisce che passando
proprio in Via degli Scopeti, notò una coppia di persone, un uomo ed una donna per l a
precisione, mentre stavano montando una tenda proprio nella radura che diventerà
scenda del crimine.

• Venerdì 6 settembre 1985 – ore 20:30 – Cerbaia – Italia: al “festival dell'Unità”


che era in corso a Cerbaia, uno degli organizzatori di tale festa, “A.C.”, riconobbe la
coppia.
▪ Si noti che tale A.C. dichiara:
▪ di aver visto, “verso le 20:30”, una “Golf bianca” dalla quale “ho visto
scendere due persone, un uomo ed una donna, che hanno ottenuto
cibo che hanno consumato sul posto, sedendosi al tavolo. Non so cosa
abbiano mangiato né bevuto, in quanto a servire non ero io... non ho
visto quando i due sono andati via... i due parlavano francese” [NdA:
Dichiarazione di A.C.]

▪ e soprattutto, sempre lo stesso A.C., aggiunge che:


“ho visto la fotografia apparsa sul giornale e mi è sembrato di
riconoscere, non con certezza, i due che erano venuti a mangiare al
Festival de L'Unità. La differenza è che la donna da me notata aveva i
capelli più lunghi di quella raffigurata nel giornale... capelli di media
lunghezza” [NdA: Dichiarazione di A.C.]
▪ si noti che sia l'immagine pubblicata sui giornali, sia quella
usata dagli investigatori nelle indagini per essere mostrata a
possibili testimoni [NdA: come effettivamente avvenne con “il
proprietario della locanda "Ponte dei Scopeti", P.B., e suo suocero, I.B.” -
fonte Il Mostro di Firenze Blogspot ], ritraeva la Nadine Mauriot con
un taglio ed un colore di capelli che la Nadine non portava
più da tempo.

Inserisco alcune immagini a conferma di appena detto:

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▪ foto pubblicata sui giornali [NdA: La Nazione – 10 settembre 1985]

▪ foto usata per i riconoscimenti

▪ Nadine Mauriot nel aprile 1985

Venerdì 6 settembre 1985 – post ore 20:30 e uscita dal Festival dell'Unità: dopo
questo avvistamento delle 20:30 al Festival dell'Unità di Cerbaia e fino al ritrovamento dei
cadaveri, della coppia non si avrà più notizia:
• non esistono ulteriori scontrini conservati o annotati dalla coppia

• non esistono né prove né testimonianza che si recarono alla fiera espositiva delle
calzature a Bologna, come da intento specifico del viaggio [NdA: sulla limitatezza degli
accertamenti investigativi svolti in tal senso svolti presso l'organizzazione e gli altri espositori, vedasi in
merito i dettagliati virgolettati presenti nel libro “Delitto degli Scopeti - Giustizia mancata” ]

• non esistono ulteriori testimonianze degne di plausibilità che possano essere tenute in
conto
▪ come appena accennato su innanzi, il riconoscimento della coppia la domenica
mattina 8 settembre 1985, come da testimonianza del “proprietario della
locanda "Ponte dei Scopeti", P.B., e suo suocero, I.B.” [NdA: fonte Il Mostro di Firenze

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Blogspot] non può in alcun modo essere ritenuta plausibile.

▪ NOTA: non vi è bisogno qui di riportare la puntuale ricostruzione fatta dal Enrico
Manieri, sul suo blog: “il mostro di Firenze Blogspot”. Per chi volesse
approfondire l'argomento e l'impossibilità che il Paolo Bonciani e il Igino Borsi,
potessero aver visto e riconosciuto la coppia, si consiglia dunque vivamente la
lettura dell'articolo: “Nadine Mauriot, l'ultima vittima del "Mostro di Firenze"”,
oltre che, ovviamente, il libro “Delitto degli Scopeti - Giustizia mancata”, di Vieri
Adriani, Francesco Cappelletti e Salvatore Maugeri.

Basti quindi citare le testuali parole del Igino Borsi, come da verbale dei
Carabinieri della Stazione di Impruneta, n°49046: “la donna era di statura
media, corporatura snella, capelli corti scuri” e paragonarle alle fotografie su
proposte per essere certi che la donna che vide non era e non poteva essere la
Mauriot [NdA: per non parlare poi della Golf che si trasforma in una R4, di una acqua brillante
che diventa un panino e altre piccole differenze a seconda di chi le racconta dei due e quando ]

Prima di concludere questo capitolo possiamo ancora riportare alcune informazioni, a


riguardo dei resti di digestione trovati durante l'autopsia
• “l'esame del contenuto gastrico delle vittime permise di accertare la presenza dei resti
semi-digeriti di un pasto di pappardelle con sugo di carne e pomodori (probabilmente
lepre o cinghiale).” [fonte: il mostro di Firenze Blogspot]

• “Morte avvenuta a non più di tre ore dall'ultimo pasto, pasta al sugo di pomodoro e
forse carne, i cui resti liquefatti vennero ritrovati nello stomaco delle vittime.” [fonte:
calibro22 Blogspot]

• E a proposito di digestione, leggiamo parte della deposizione del 3 maggio 1994 del
professor Mauro Maurri:
A.B.: Senta professore, le chiedo scusa, io le domando due o tre cose. Lei ha
parlato poc'anzi, rispondendo ad una domanda della parte del difensore di parte
civile, a proposito dei fenomeni putrefattivi che normalmente l'ansia, la paura
blocca un po' la digestione.
M.M.: Sissignore
...SNIP...
A.S.F.: Lei dice che non vi sono stati fattori emotivi che possano avere inciso, poi,
nei fenomeni della digestione. Questo lo dice: “La morte si svolse in maniera assai
rapida”, pagina 26.
M.M.: Scusi, assai?
A.S.F.: Rapida. Ora, per quanto riguarda la donna è più che ipotizzabile questa
rapidità, ma non per quanto riguarda l'uomo. Cioè, conferma anche che per l'uomo
è stata talmente rapida da evitare uno shock che abbia potuto impedire, cioè
fermare quei fenomeni?
M.M.: Ho capito cosa vuol dire.
...SNIP...
M.M.: In certi particolari stati ricchi di emotività, di ansia, di paura, anche di gioia,
la digestione si rallenta.
[Fonte: Deposizione del professor Mauro Maurri -3 maggio 1994 – parte 3 e parte 4]

Visto dunque quale ultimo tipo di cibo sia stato ingerito dalle vittime prima di morire, visto
che al limite lo stato emotivo della coppia all'arrivo del mostro ed all'assalto omicida possa
aver “bloccato” la digestione [NdA: si ricorda che gli stessi periti valutano in circa 10 minuti il tempo
necessario al compimento di tutta l'azione delittuosa ], visto che una simile dieta alimentare non
rappresenta una normale colazione, visto che certamente il mostro non colpì la coppia dopo il

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pranzo e dunque in pieno giorno: non resta che attribuire quel rimasuglio gastrico alla fascia
serale della cena.

Visto che in definitiva abbiamo notizie certe della coppia solo fino alla notte del Venerdì 6
settembre 1985 sul sabato 7 settembre 1985, visto che i residui gastrici sono in coerenza con
una cena serale, visto che l'ultimo certo avvistamento degli stessi è avvenuto proprio in
occasione di una cena, il venerdì 6 settembre 1985: la notte tra il venerdì 6 e il sabato 7
dunque, non può essere esclusa come date del delitto.

Ma c'è di più a conferma di un simile dato.


Due punti almeno:
a) assenza di materiale idoneo atto a cucinare al campo
• vedasi in merito il Rapporto 248/58 firmato dal Maggiore dei Carabinieri Vincenzo
Rosati che elenca il materiale repertato in possesso della coppia dei francesi [ NdA:
“Legione dei Carabinieri di Firenze - Oggetto: Deposito corpo di Reato – Numero di Protocollo: 248/58” -
tale documento è incluso nel libro “Delitto degli Scopeti - Giustizia mancata” ] e nel quale nessun
oggetto atto a preparare alcun cibo, cucinato in particolare, risulta presente.
A causa di questo non è possibile sostenere la tesi che detti rimasugli di cibo possano
essere stati da loro stessi cucinati e consumati nella piazzola in data successiva al 7
settembre, venerdì.
Cosa che se vista in abbinamento con la mancanza di scontrini ed avvistamenti
successivi al 6 settembre, venerdì, altro non fa che confermare quanto prima detto.

b) testi di medicina legale, citazioni da precedenti perizie, rigor mortis, stato cadaverico, e
colonie di larve che naturalmente avevano invasi i corpi,
• univocamente concordano a ritenere la data del decesso ufficialmente formulata, come
profondamente implausibile e dunque da retrodatare.

Affrontiamo nel prossimo capitolo, proprio questo aspetto nel dettaglio.


Riuscire a stabilire con la massima approssimazione possibile la data e la fascia oraria del
delitto è infatti condizione primaria per la verifica di alibi e testimonianze [ NdA: e altrui
“confessioni”].

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Scopeti, una data molto controversa. Quale allora?

Un capitolo, forse noioso inizialmente, ricco di citazioni e inseguito di qualche calcolo


“matematico”, di utilità per ogni ricercatore, in quanto in grado di trovare accomunati dati ed
informazioni di interesse, che ci permetterà di farci una migliore idea di quando il duplice
omicidio degli Scopeti avvenne.

Iniziamo col dire che esistono differenze ricostruttive, non di data però, tra la perizia eseguita
dal professor Mauro Maurri e quella svolta dal professor De Fazio e la sua equipe.

Proseguiamo col dire che tra le prime dichiarazioni, la perizia, e successive dichiarazioni del
professore Mauro Maurri, si colgono anche in questo caso alcune differenze.

Aggiungiamo che testi e manuali di patologia forense codificano tempi differenti come metri
di calcolo nella metodologia morfologica e fisica

Aggiungiamo che questi metri sono noti ed applicati dagli stessi medesimi periti per altri casi
di delitti del MdF

Proseguiamo col dire che gli investigatori presenti ai primi rilievi, di primo acchito, basandosi
sulle loro pregresse esperienze, notando lo stato dei cadaveri rimarcarono come tale stato
“conservativo” era indice di morte avvenuta da tempo.

Proseguiamo ricordando che nel prossimo capitolo avremo conferma anche a livello forense
entomologico

Proseguiamo ricordando l'assenza di scontrini e testimonianza affidabili e credibili della coppia


in vita in data successiva a quella del venerdì 7 settembre

Ed ecco che gli ingredienti per approfondire l'argomento ci sono tutti.


Seguiamo dunque il filo delle dichiarazioni e delle documentazioni e vediamo dove ci porta.
Per farlo, suddividiamo l'argomento in due parti:
1. la raccolta di dati
2. i calcoli orari

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Scopeti: una data controversa – [citazioni e dati]

Suddiviso per argomento, ecco una raccolta di informazioni utili alla verifica della data
presunta di morte della coppia francese.

A) stato putrefattivo dei cadaveri


• 3 maggio 1994 -Deposizione di Mauro Maurri
P.M.: Vediamo un attimo la didascalia è la foto 38, insieme del cadavere di
Kraveichvili Jean eseguito dal lato destro…
Presidente: Volevo dire una cosa, scusi, qui mi pare di vedere… se non ricordo
male… sono già iniziati i fenomeni putrefattivi…
M.M.: Si abbastanza evidenti.
[Fonte: insufficienza di prove – Deposizione di M. Maurri – 3 maggio 1994]

• 3 maggio 1994 -Deposizione di Mauro Maurri


M.M.: Alla faccia esterna della coscia destra, quella zona bianca che si vede,
sicuramente è un fatto putrefattivo post-mortale, ecco, questo, questa è
sicuramente putrefazione.
[Fonte: insufficienza di prove – Deposizione di M. Maurri – 3 maggio 1994]

• 3 maggio 1994 -Deposizione di Mauro Maurri


P.M.: Andiamo avanti, grazie, sono sempre… ecco visto da sinistra, il rilievo 39…
M.M.: Anche qui quelle chiazze biancastre che si vedono sullo sfondo bruno
sono da tanatologia, post-mortali, putrefazione.
[Fonte: insufficienza di prove – Deposizione di M. Maurri – 3 maggio 1994]

• 3 maggio 1994 -Deposizione di Mauro Maurri


P.M.: La 41, è una veduta posteriore del cadavere del ragazzo. Proviamo a fare
degli ingrandimenti.
M.M.: Anche qui le macchie biancastre sono distacco della cute da fatti post
mortali. Ecco questa è sicuramente una ferita da punta e taglio fra le due
macchie bianche
[Fonte: insufficienza di prove – Deposizione di M. Maurri – 3 maggio 1994]

• 3 maggio 1994 -Deposizione di Mauro Maurri


P.M.: Benissimo, molto chiaro, andiamo avanti. Scusi, vabbè, qui mi sa che
purtroppo vediamo poco, è inutile.
M.M.: Si c'è la putrefazione che maschera moltissimo.
[Fonte: insufficienza di prove – Deposizione di M. Maurri – 3 maggio 1994]

• 3 maggio 1994 -Deposizione di Mauro Maurri


M.M.: Questo è proprio un gigantismo della faccia da fatti putrefattivi.
[Fonte: insufficienza di prove – Deposizione di M. Maurri – 3 maggio 1994]

• 3 maggio 1994 -Deposizione di Mauro Maurri


M.M.: Credo che lo si possa confermare, sia pure con i limiti in difetto ed in
eccesso che dà il calcolo cronologico della tanatologia, perché è vero che i
fenomeni putrefattivi sono molto diversi sul cadavere della donna, rispetto a
quello dell'uomo.

...SNIP...

M.M.: ...questo dipende dalle circostanze del micro ambiente in cui poi sono

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rimasti i cadaveri dopo la morte.


L'uomo è rimasto all'aperto; per di più in parte, non poggiante completamente a
terra sul prato, con tutto il corpo; in una zona direi discretamente fresca, in una
nottata di settembre. Quindi processi tanatologici discretamente rallentati
rispetto, anzi, notevolmente rallentati...
P.M.: Più rallentati di quelli della donna.
M.M.: ... rispetto a quelli della donna che è rimasta chiusa in questa tenda, in
questo ambiente quindi confinato e limitatissimo, sicuramente surriscaldato e
attraverso il quale non c'è stato per forza che una, forse, insensibile ricambio di
aria. Tutto questo quindi, facilita i processi putrefattivi e li rende molto più
evidenti, anche se, ripeto, credo di poterli collocare - le due morti - credo di
poterle collocare nello stesso arco di tempo, a distanza di pochi minuti.
[Fonte: insufficienza di prove – Deposizione di M. Maurri – 3 maggio 1994]
▪ si noti che, come abbiamo visto fino alle dichiarazioni precedenti a
questa, per stesse parole del Maurri, i segni putrefattivi sul cadavere
della vittima maschile, non si potessero affatto indicare come minimi,
anzi!

• 3 maggio 1994 -Deposizione di Mauro Maurri


M.M.: Non mi ricordo se è stato fatto un esame vaginale della donna, che però
comunque avrebbe avuto scarsi risultati, vista la putrefazione ormai
abbondantissima
[Fonte: insufficienza di prove – Deposizione di M. Maurri – 3 maggio 1994]

• 3 maggio 1994 -Deposizione di Mauro Maurri


M.M.: Quelle aree bianche che abbiamo visto sui fianchi della donna e, in
misura minore, anche su quelle dell'uomo, non sono pergamenacee. Sono aree
epidermolitiche, cioè l'abituale sollevamento degli strati superficiali della pelle.
A.S.F.: Quindi non sono aree pergamenacee.
M.M.: Non sono, sono aree epidermolitiche: la pelle che si solleva e si stacca.
Addirittura alle mani si stacca a quanto. Ma non pergamenaceo, è proprio
epidermolitiche: la cosiddetta putrefazione umida. Mentre la...

...SNIP...

M.M.: Si in quel punto lì perché la pelle un pochino più sottile, perché è esposta
gli attriti inevitabili di un corpo che giace, anche immobile. Mentre gli aspetti
pergamenacei sono quelli della putrefazione secca che qui non c'è. Specialmente
in un cadavere in questa situazione, chiuso in quell'ambiente caldo, è l'umido
che l'ha fatta, direi - permettetemi la parola - putrefare rapidamente. Quindi
non pergamenaceo, ma epidermolitico.
[Fonte: insufficienza di prove – Deposizione di M. Maurri – 3 maggio 1994]

• 17 maggio 1999 – Relatore del Processo


R: “All'interno della canadese giace, come diranno i periti, il cadavere cereo,
mutilato, in stato di media putrefazione di Nadine Jeanine Mauriot”
[fonte: insufficienza di prove Blogspot – udienza del 17 maggio 1999 ]

• 17 maggio 1999 – Relatore del Processo


R: “Più in là, viene rinvenuto il cadavere del compagno di questa donna, nato
nel '60, freddo, cereo, emanante cattivo odore”
[fonte: insufficienza di prove Blogspot – udienza del 17 maggio 1999 ]

• 3 maggio 1994 - Ispettore Giovanni Autorino

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“intanto il corpo era già… diciamo ad un livello medio di decomposizione perché


appariva molto gonfio, spellature diffuse, il viso era quasi irriconoscibile, aveva
solo l’occhio - non vorrei sbagliarmi - l'occhio destro aperto… sia l'occhio sinistro
che la bocca si rinvennero chiusi. I capelli erano intrisi completamente di sangue
e il colorito del cadavere assumeva quella tipica del cuoio bagnato, dunque era
molto nero, o quantomeno quel marrone molto scuro”
[fonte: insufficienza di prove: udienza del 3 maggio 1994]

B) dichiarazioni e percezioni a caldo sulla scena del delitto


• 9 settembre 1985, lunedì: - Commissario Sandro Federico, all'epoca capo
della S.A.M.
“...il commissario Sandro Federico alzò stizzito le spalle: "Ma quale ieri sera?
Non vedete che razza di larve ci sono sul corpo?"
[fonte: “Dolci Colline di Sangue” - M. Spezi / D. Preston]

• 9 settembre 1985, lunedì – professor Mauro Maurri


“Alle ore 17:30 il professor Mauro Maurri esegue l'ispezione cadaverica sul luogo
(La Nazione 10 settembre), ma non e' in grado di affermare con certezza
l'ora della morte a causa dell'avanzato stato di decomposizione del corpo della
donna chiuso nella tenda. Pur propendendo per la domenica sera, non si esclude
che l'omicidio sia potuto avvenire il sabato notte precedente (si parla
esplicitamente di un margine di errore di 20 ore su 60)”
[fonte: calibro22blogspot]
▪ si noti bene che: “La successiva autopsia, condotta dal prof
Mauro Maurri e dai colleghi Cafia, Bonelli, Borrelli, e Marini, farà poi
affermare che l'ora più probabile sia quella della notte tra
domenica e lunedì, 16\18 ore prima dell'esame necroscopico”
[fonte: calibro22blogspot]
▪ ore 17:30 del lunedì meno 16/18 ore = 22:00/24:00 della domenica

▪ si noti però anche la copiosa documentazione che evidenza lo stato


putrefattivo di entrambi i cadaveri, sia quello della donna, più
comprensibile in quanto chiuso nella tenda, sia quello della vittima
maschile invece rimasto all'aperto.

• 3 maggio 1994 - Ispettore Giovanni Autorino, presente ai rilievi del 9


settembre 1985
G.A.: “intanto il corpo era già… diciamo ad un livello medio di decomposizione
perché appariva molto gonfio, spellature diffuse, il viso era quasi irriconoscibile,
aveva solo l’occhio - non vorrei sbagliarmi - l'occhio destro aperto… sia l'occhio
sinistro che la bocca si rinvennero chiusi. I capelli erano intrisi completamente di
sangue e il colorito del cadavere assumeva quella tipica del cuoio bagnato,
dunque era molto nero, o quantomeno quel marrone molto scuro”
[fonte: insufficienza di prove: udienza del 3 maggio 1994]

• 3 maggio 1994 - Ispettore Giovanni Autorino, presente ai rilievi del 9


settembre 1985
G.A.: “Anche questo cadavere si trova… era nudo e senz'altro – almeno
all'apparenza e dall'odore - si doveva presupporre che era uno stato medio di
decomposizione”.
[fonte: insufficienza di prove: udienza del 3 maggio 1994]

• 22 aprile 1986 – Ten. Col. Nunziato Torrisi


• “Se è consentito esprimere delle opinioni – lo scrivente non ha potuto

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presenziare al sopralluogo perché fuori Firenze, ma ha visionato il fascicolo


fotografico relativo ai rilievi e agli esami autoptici – non pare che dalle
condizioni dei due cadaveri, da cui si notano segni dell’incipiente fenomeno
putrefattivo, la morte dei due possa risalire a poche ore prima, ed è lecito
ipotizzare, o quanto meno non poter escludere che i fatti si siano potuti
verificare anche 24 ore prima. Del resto, onde avvalorare meglio questa
ipotesi, basta fare un raffronto fra questo duplice omicidio e quello dei due
tedeschi, i cui cadaveri sono stati rinvenuti proprio nello stesso mese e
giorno, 9 settembre 1983. Si ipotizza che nel caso dei due francesi lo stato di
degenerazione dei due cadaveri è stato accelerato dalle condizioni climatiche
e dal fatto, specie per la donna, che il corpo è chiuso dentro la tenda. Si può,
invece, obiettare che proprio la posizione della radura ove sono stato
rinvenuti i cadaveri, ben ventilata e coperta in parte dall’ombra degli alberi,
avrebbe dovuto consentire una migliore conservazione dei corpi. E’ da notare
che i cadaveri dei due tedeschi, invece, sono rimasti dentro il furgone chiuso,
sotto i raggi del sole per diverse ore, e la morte dei due giovani è fatta
risalire alla sera prima, e pure i loro corpi si presentano in tutt’altre
condizioni.”
[Rapporto Torrisi 311/1]

C) perizie
• Maurri ( Cafia – Bonelli – Borrelli - Marini)
▪ “La successiva autopsia, condotta dal prof Mauro Maurri e dai colleghi Cafia,
Bonelli, Borrelli, e Marini, farà poi affermare che l'ora più probabile sia quella
della notte tra domenica e lunedì, 16\18 ore prima dell'esame necroscopico.
Morte avvenuta a non più di tre ore dall'ultimo pasto”
[Fonte Calibro22Blogspot]

▪ Mauro Maurri scrisse nella sua perizia che il delitto avvenne “nettamente prima
di mezzanotte”
[fonte: perizia Maurri – citazione estratta da “Delitto degli Scopeti - Giustizia mancata]

▪ Mauro Maurri scrisse nella sua perizia che la valutazione [NdA: domenica notte su
lunedì] "è soggetta a un'ampia varietà di possibili fonti di errore"
[fonte: “Dolci Colline di Sangue” - M. Spezi / D. Preston]
▪ si noti che il professor Maurri giunse a determinare la fascia di data e
ora della domenica notte sul lunedì, basandosi sui resti di digestione,
collocando grazie ad essi, la morte a tre ore di distanza dall'ultima
cena effettuata dalla coppia, assunta a detta del Maurri intorno alle
21:00 di sera
▪ P.M.: E come mai allora, una volta stabilito che i fenomeni
putrefattivi sono diversi, sono dovuti a queste diverse
circostanze, come possiamo risalire alle 16-18 ore? Sulla
base di quali altri elementi?
M.M.: Ora non mi ricordo quale fosse il contenuto gastrico
di quei cadaveri.
P.M.: Ecco, voi fate una lunghissima descrizione e
comparazione in letteratura su questi argomenti, per cui
arrivate a fare delle conclusioni di questo tipo. Cioè, il
ragionamento si basa su questo tipo di elementi: il contenuto
gastrico...
M.M.: Sì, sì.
[fonte: deposizione del professor Maurri - 3 maggio 1994 ]

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▪ “Morte avvenuta a non più di tre ore dall'ultimo pasto, pasta


al sugo di pomodoro e forse carne, i cui resti liquefatti
vennero ritrovati nello stomaco delle vittime.”
[Fonte Calibro22Blogspot]

• De Fazio (Luberto – Galliani – Pierini – Beduschi )


▪ Il professor Luberto dell'Università di Modena annotava che "la morte dei due
giovani debba essere collocata nella notte tra sabato e domenica e non piuttosto
in quella immediatamente successiva".
[fonte: “Dolci Colline di Sangue” - M. Spezi / D. Preston]

▪ “le due relazioni, inoltre, contrastano tra loro su aspetti fondamentali quali: data
della morte, successione dei colpi, dinamica”
[Fonte: “Delitto degli Scopeti - Giustizia mancata]

D) luce lunare
• la notte della domenica sul lunedì, non era novilunio, e la luna sorgeva alle ore 22:14
[NdA: per l'esattezza alle 23:14, per via dell'ora legale]
▪ FIRENZE-PERETOLA ( 43.8N - 11.2E )
Domenica, 8 Settembre 1985
L SOLE sorge 05:45 tramonta 18:41
LA LUNA sorge 23:14 ( azimuth 50.4° ) - tramonta 14:52 ( azimuth 309.1° )
Fuso orario: GMT+1
[Fonte Calibro22Blogspot]

▪ si noti che: appena sorta dunque, intorno alla mezzanotte, e per almeno un paio
di ore se non di più, la luna essendo ancora troppo bassa, non è in grado di
fornire un supporto luminoso sufficiente ad illuminare lo spiazzo degli Scopeti,
ricco di alberi.

E) Rigor Mortis [nozioni di cultura generale]


• la rigidità cadaverica, o rigor mortis, “è identificata dalla rigidità muscolare del
cadavere. È causato da una modificazione chimica dei muscoli e si manifesta circa
tre ore dopo la morte.” [fonte: wikipedia]

• “La rigidità interessa pressoché contemporaneamente tutti i muscoli ma si completa


più lentamente nelle grandi masse muscolari che nelle piccole, inizia a manifestarsi da
prima (dopo 2 - 3 ore dalla morte) ai muscoli masticatori e quindi si apprezza a livello
degli arti, ivi completandosi nel volgere di 12 - 24 ore. Dopo un periodo di
stazionarietà, di circa 36 - 48 ore, si ha la risoluzione - da autolisi - che ricalca l'ordine
di comparsa.” [Fonte: “Medicina Legale e delle Assicurazioni – dalle lezioni tenute dal Professor M.
Fallani della Facoltà di Medicina e Chirurgia - Edizioni Società Editrice Esculapio ]
▪ contato il ciclo in parole povere:
1. morte del soggetto = ora 0h

2. inizio rigor mortis = ora 0h + (2-3) h


[NdA = 2h min - 3h max]

3. completamento rigor mortis = ora 0h + (2-3h) +( 0h + (2-3)h + (12-24)h +


(36-48)h
[NdA = 14h min -27h max]

4. stazionarietà rigor mortis = 0h + (2-3)h + (12-24)h + (36-48)h


[NdA: 50h min - 75h max]

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5. scioglimento del rigor mortis = 0h + (2-3)h + (12-24)h + (36-48)h + (12-


24)h
[NdA: 62h min – 99h max]

• si noti che nella “Perizia Medico-Legale a firma Cucurnia / Marello / Maurri”, stilata
analizzando il delitto del MdF compiuto a Mosciano di Scandicci nel 1981, gli stessi e lo
stesso Maurri parlando di rigor mortis espressamente scrivono:
“la rigidità cadaverica segue nella sua insorgenza l'ordine progressivo dalla testa ai
piedi e , schematizzando, i tempi della sua comparsa sono: inizio da 1 a 4 ore dopo
la morte con raggiungimento della fase di massima intensità entro le 12-24 ore; si
mantiene stazionaria per un periodo che oscilla dalle 36 alle 50 ore, per risolversi
completamente entro le 70-80 ore”
[Fonte: perizia Cucurnia / Marello / Maurri per il delitto del MdF di Mosciano di Scandicci – Estratto
riportato nel libro “Delitto degli Scopeti - Giustizia mancata ]

• secondo altre fonti, pur restando validi i valori orari su indicati, la risoluzione del rigor
mortis invece, si completa in circa 72 ore [Fonte : Medicina Legale – Compendio – Autori
Macchiarelli, Arbarello, Bondi, Di Luca, Feola – come citato in “Delitto degli Scopeti - Giustizia mancata],
valore in generale coerenza con quanto calcolato tra un minimo di 62 ore ed un
massimo di 99 ore.

F) Rigor Mortis [vittima femminile - Scopeti -Naudine Mauriot]


• presenza di rigor mortis alle ore “17:00” del 9 settembre, lunedì, 1985
[fonte: pagina 21 della relazione del professor Maurri – citazione da “Delitto degli Scopeti - Giustizia
mancata]

• risoluzione del rigor mortis, alle ore 24:00 [ NdA: 17:00 + 7h] del 9 settembre 1985:
“dopo sette ore esso è risolto”
[fonte: pagina 21 della relazione del professor Maurri – citazione da “Delitto degli Scopeti - Giustizia
mancata]

G) Rigor Mortis [vittima maschile - Scopeti -Jean-Michel Kraveichvili]


• presenza di rigor mortis alle ore 17:00 del 9 settembre, lunedì, 1985
[fonte: pagina 25 della relazione del professor Maurri – citazione da “Delitto degli Scopeti - Giustizia
mancata]

• risoluzione del rigor mortis, alle ore 24:00 del 9 settembre 1985: “alla mezzanotte”
[fonte: pagina 25 della relazione del professor Maurri – citazione da “Delitto degli Scopeti - Giustizia
mancata]
▪ “la rigidità è risolta anche agli arti superiori ed alle anche; e parzialmente alle
ginocchia, alle caviglie e alle dita dei piedi”
[fonte: pagina 25 della relazione del professor Maurri – citazione da “Delitto degli Scopeti -
Giustizia mancata]
H) generico
• “ I cadaveri furono scoperti nel primo pomeriggio del 9 settembre 1985 ” [Fonte:
insufficienza di prove Blogspot]

• “gli operatori di Polizia sono intervenuti sul luogo del delitto tra le ore 15:00 e le ore
22:00” per eseguire i rilevi tecnici [Fonte: “Delitto degli Scopeti - Giustizia mancata]

• “Alle ore 17:30 il professor Mauro Maurri esegue l'ispezione cadaverica sul luogo (La
Nazione 10 settembre)” [Fonte calibro22blogspot – La Nazione 10 settembre 1985]
▪ affermando che “si ritiene che fossero passate 16/18 ore dalla morte di
entrambe le persone” [Fonte: “Delitto degli Scopeti - Giustizia mancata]

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• la morte ufficialmente è fatta risalire alla “notte tra il 7 e l'8 settembre 1985 (perizia
del medico legale Mauro Maurri ed equipe De Fazio)”, ossia alla notte tra il sabato e la
domenica; per comodità di calcolo indicheremo in seguito le 24:00 del giorno
precedente tra i due di riferimento

• che il 9 settembre era: lunedì,

• che l' 8 settembre era : domenica ,

• che il 7 settembre era: sabato

• che il 6 settembre era: venerdì

A fronte di tutte queste informazioni, passiamo adesso a fare di conto e calcolare la finestra
temporale.

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Scopeti una data controversa [calcoli diari e orari]

Ricordando che ovviamente condizioni fisiche e/o esterne particolari possono influire su
queste indicazioni di calcolo per insorgenza, sviluppo, mantenimento e risoluzione del rigor
mortis, e ricordando comunque che le condizioni climatiche erano stabili e non erano
particolarmente né calde né fredde, come si può verificare dalla tabella sotto riportata,
presente su Calibro22blogspot

andiamo a vedere a quale finestra temporale il delitto possa essere ascritto.


Prima, come al solito, un breve riepilogo per avere tutti i dati a portata di mano.

1: ore 14:00 circa del lunedì 9 settembre 1985: scoperta dei cadaverica

2: ore 15:00 circa del lunedì 9 settembre 1985: arrivo delle autorità per i rilievi

3: ore 17:00 circa del lunedì 9 settembre 1985, inizio dei rilievi necroscopici da parte del
professor Maurri

4: ore 17:00 circa del lunedì 9 settembre 1985: entrambi i corpi in stato di rigor mortis

5: ore 24:00 circa del lunedì 9 settembre 1985: risoluzione praticamente completata del rigor
mortis di entrambi le vittime

6: pre rigor mortis_versione_1: 3h [NdA: fonte Wikipedia]

7: pre rigor mortis_versione_2: min. 2h – max 3h [ NdA: fonte”Medicina Legale e delle Assicurazioni”
di M. Fallani]

8: pre rigor mortis_versione_3: min.1h – max. 4h [ NdA: fonte perizia Cucurnia, Marello, Maurri
delitto MdF del 1981]

9: Rigor mortis_versione 1: min. 62h / max. 99h [ NdA: fonte”Medicina Legale e delle Assicurazioni” di
M. Fallani]

10: Rigor mortis_versione 2: min. 70h / max. 80h [ NdA: fonte perizia Cucurnia, Marello, Maurri
delitto MdF del 1981]

11: Rigor mortis_versione 3: max 72h [ NdA: fonte “Medicina Legale – Compendio” di Macchiarelli,
Arbarello, Bondi, Di Luca, Feola]

per pura comodità di calcolo, stimiamo una media di questi valori ed otteniamo:
1. pre rigor mortis, tempo all'insorgenza: Min. 2H – Max 4h

2. risoluzione completa rigor mortis: Min. 65h – Max. 80h

Ovviamente, visto che a noi interessa l'ora della morte, ai tempi di durata del rigor mortis,

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dobbiamo aggiungere quelli di insorgenza dello stesso; e dunque otteniamo:


• pre rigor mortis + risoluzione dell o stesso: Min. 67H – Max.84

Vista l'aleatorietà dell'approssimazione qui fatta, e vista la coerenza di somiglianza temporale


con quanto dallo stesso Maurri scritto nel 1981, per comodità di calcolo adotteremo dunque
proprio la fascia oraria utilizzata per datare l'ora della morte per il delitto di Mosciano di
Scandicci: 70h Min. – 80h Max.

Quindi:
1) se alle 24:00 del lunedì 9 settembre, andiamo a sottrarre 70h (finestra minima),
otteniamo:
• le 03:00 del sabato 7 settembre 1985 – valore minimo

2) se alle 24:00 del lunedì 9 settembre, andiamo a sottrarre 80h (finestra massima),
otteniamo:
• le 17:00 del venerdì 6 settembre 1985 – valore massimo

Ovviamente, le ore 17:00 del pomeriggio del venerdì, valore massimo, non possono essere,
visto che ci sono testimoni che hanno visto la coppia, ovviamente viva, al Festival dell'Unità
alle 20:30.
Concedendo anche solo 1 ora alla coppia per mangiare, e proprio alle 20:30, e sapendo che
che il cibo mostrava un percorso digestivo di appena 3 ore circa, anche questo calcolo porta il
risultato ad una coerenza con:
la mezzanotte circa del venerdì 6 settembre sul sabato 7 settembre 1985 come valore
indicativo massimo

Altrettanto simile può essere fatto il ragionamento sulla finestra minima, semplicemente
immaginando che la coppia abbia poi in effetti finito di mangiare semplicemente un paio di
ore più tardi. Una cena che termina verso le 23:00 [ NdA: magari prima han fatto un giro per il
Festival, e magari han dovuto aspettare un po' per il loro turno di essere serviti ] sposterebbe
compatibilmente con le tre ore di digestione, l'ora della morte in coerenza con l'orario
calcolato sulla finestra oraria minima, e dunque un'ora di poco successiva alla mezzanotte del
venerdì 7 settembre 1985 risulterebbe in piena coerenza e plausibilità [ NdA: si noti che la luna
sorgeva alle 23:14 e che essendo appena sorta intorno alla mezzanotte, per almeno un paio di ore se non di più,
la luna ancora troppo bassa, non poteva essere in grado in grado di fornire un supporto luminoso sufficiente ad
illuminare lo spiazzo degli Scopeti, ricco di alberi ].

3) Ma anche volendo ricorrere al computo con la fascia oraria più stretta, ossia quella che
indica in 72 ore il tempo massimo per la risoluzione completa del rigor mortis, e ad esso
aggiungendo le 3 ore di rito pre insorgenza dello stesso, arrivando così ad un intervallo di 75h
ore tra risoluzione del rigor mortis e ora della morte, si ottiene:
• le 22:00 del venerdì 6 settembre 1985

4) anche volendo ulteriormente accorciare tale intervallo, riducendolo tra le 70 e le 65 ore, si


continuerebbe ad ottenere un valore che continua a far riferimento alla notte tra il venerdì 6
settembre e il sabato 7 settembre 1985, semplicemente spostato nella fascia di primo
albeggiare [NdA: il sorgeva alle 5 del mattino].

Si noti come un attacco alle prime luci dell'alba del sabato 7 settembre 1985, come anche per
teorizzato dal Manieri in questo suo articolo, risulti:
1. in sintonia con la finestra temporale di risoluzione del rigor mortis

2. in sintonia con un 3 4 ore di digestione [NdA: o magari digestione un po' rallentata dovuta alla
stanchezza del viaggio e alla posizione supina e al sonno ]

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3. avrebbe garantito al MdF una miglior visuale dovuta ai primi deboli raggi di sole,
permettendogli quindi una maggior facilità di individuazione ed inseguimento della
vittima maschile mentre fuggiva; individuazione ed inseguimento non altrettanto facile
nel buio della notte

4. avrebbe garantito al MdF un minimo rischio di incappare in posti di blocco visto che i
delitti precedenti sempre erano avvenuti in fasce orarie tra le 21:30 e le 24:00 circa, e
dunque alle prime luci dell'alba, anche gli eventuali posti di blocco precauzionali
sarebbero già stati smontati da un pezzo

5. avrebbe reso se non necessario almeno consigliato, l'occultamento dei cadaveri a


differenza delle volte precedenti, in quanto al mattino presto già poteva arrivare
qualcuno a scoprire i cadaveri nelle vere immediatezze del delitto; magari nemmeno
dando tempo al MdF di poter far ritorno a casa sua prima che i controlli e le
perquisizioni ai sospetti scattassero
• [NdA: e se il MdF fosse effettivamente nella rosa dei sospetti, una immediata perquisizione
era certo che l'avrebbe ricevuta nelle immediatezze della scoperta dei cadaveri ]

6. un delitto compiuto con lo stesso modus operandi e la ferocia di sempre, ma


semplicemente su una finestra temporale differente dalle precedenti azioni delittuose,
avrebbe abbassato il rischio di poter essere scoperto nelle fasi di pre e subito post
delitto dagli investigatori
• [NdA: e questo varrebbe ancora di più nel caso di un MdF presente nella lista dei sospettati
da controllare nelle immediatezze della scoperta di cadaveri]

7. un delitto compiuto con lo stesso modus operandi e la ferocia di sempre, ma


semplicemente su una finestra temporale differente, le prime luci dell'alba, avrebbe
abbassato il rischio di dover fornire un alibi falso se richiesto in tal senso, essendo
quella un'ora in cui “essere a dormire” è difficilmente possibile contestare
• [NdA: e questo varrebbe ancora di più nel caso di un MdF presente nella lista dei sospettati
da controllare nelle immediatezze della scoperta di cadaveri]

8. un delitto compiuto con lo stesso modus operandi e la ferocia di sempre, ma


semplicemente su una finestra temporale differente, le prime luci dell'alba, avrebbe
abbassato il rischio di poter essere seguito o pedinato dagli investigatori, nel caso in
cui il MdF facesse già parte di una lista di sospettati tenuti sotto controllo nelle fasce
giornaliere e orarie in cui il MdF era solito compiere i suoi delitti
• [NdA: questo ovviamente vale solo nel caso di un personaggio che sappia di essere
sospettato e sappia che almeno saltuariamente viene controllato e pedinato ]

Pur non trovandoci concordi ed in linea con altre parti presenti nel Rapporto 311/1, anche
inerenti il delitto di Scopeti, non possiamo non trovarci invece in sintonia col il Ten. Col.
Torrisi quando nel suo Rapporto 311/1, proprio in riferimento all'occultamento dei cadaveri,
ipotizza che tale occultamente potesse avere come fine quello di “disporre ancora del tempo
per effettuare le operazioni connesse alla asportazione ed al perfezionamento del suo
alibi, qualora venga subito visitato dagli inquirenti” [Rapporto Torrisi 311/1]; dove noi poniamo
marcatamente l'accento proprio sulla parte riportata in grassetto.
Resta, volendo, ancora al momento indeterminata la pregressa volontà del gesto, argomento
che affronteremo nel dettaglio inseguito.
Certo è che gli “alibi”, perché siano buoni, sono strumenti a cui, saggiamente normalmente,
si deve pensare prima di compiere i crimini; quindi in questo caso specifico non pare aver
motivo ipotizzare che l'occultamento dei corpi, finalizzato al poter “perfezionare”, e dunque
migliorare, proprio “l'alibi”, possa essere considerato come un qualcosa di non espressamente
pianificato.

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In conclusione:
anche a fronte di tutti gli altri dati raccolti circa l'assenza di scontrini e testimoni per date
successive a quella del venerdì 6 settembre, e senza nemmeno aver fatto ricorso ai risultati
della perizia Introna basati su calcoli di entomologia forense, ci sentiamo pienamente
legittimati ad affermare che il duplice delitto degli Scopeti, venne compiuto dal MdF:
o
• nella notte del venerdì 6 settembre 1985 sul sabato 7 settembre 1985
o, ancor più probabilmente
• al terminare della notte tra il venerdì 6 e il sabato 7 settembre 1985, alle
prime luci o quasi dell'alba del sabato 7 settembre 1985

Una simile data, non è ovviamente cosa di secondaria importanza.


Esattamente come non è di secondaria importanza un delitto compiuto, volutamente, in una
fascia oraria: differente rispetto a quella dei precedenti delitti

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Scopeti, addendum di entomologia e genetica forense

Al fine di evitare di riproporre in forma integrale la documentazione e lo studio che il Manieri


Enrico ha pubblicato sul suo blog, consiglio la lettura degli articoli:
• Entomologia forense

• Entomologia forense: il duplice omicidio degli Scopeti

In questi, son ben illustrati i basilari di entomologia forense, ossia di quella scienza che
tramite lo studio dei cicli vitali di talune famiglie di insetti che normalmente colonizzano i
corpi post mortem, è in grado di poter fornire valido e specifico supporto alla corretta
identificazione della data e della fascia oraria della morte di una persona.

“La colonizzazione di un cadavere avviene per ondate successive ("successional waves") di


insetti, ciascuna delle quali è strettamente legata all'evoluzione dello stato del corpo e da
specifiche fasi di decomposizione dello stesso” e dunque, tramite il riconoscimento degli
stessi e il conoscimento della presenza o assenza di cause esterne che possano alterare
accelerando o rallentando questi cicli, la entomologia forense è valido e scientifica strumento
alla determinazione, tra l'altro, della datazione della morte del soggetto esaminato.

Con le parole della Università degli Studi di Pavia - Sezione di Scienze Forensi, Bioetica e
Diritto Sanitario:
“L’Entomologia Forense studia i cicli vitali e l’etologia di quegli insetti che, sviluppandosi su
resti organici in decomposizione, sono utilizzabili ai fini della determinazione di diversi aspetti
di interesse medico-legali tra i quali spiccano la datazione della morte e le sue cause.

È quindi una disciplina di importanza rilevante nel rispondere ai quesiti giudiziali nel caso di
morti violente, di rinvenimento di corpi non identificabili o in avanzato stato di
decomposizione.

Le tecniche dell’Entomologia Forense si applicano come utili complementi, e talora come


essenziali fonti di informazione, rispetto alle ordinarie risorse della patologia forense.”
[Fonte: Università degli Studi di Pavia - Sezione di Scienze Forensi, Bioetica e Diritto Sanitari ]

In caso di analisi di patologia forense su cadaveri in avanzato stato putrefattivo, i normali


metodi morfologici [NdA: “basati sulle variazioni subite da determinati organi nel decorso post-mortale “] e
quelli fisici [NdA: “fra cui l'analisi dei fenomeni cadaverici (abbassamento di temperatura, presenza di macchie
ipostatiche, rigor mortis)”], hanno scarsa capacità di poter giungere ad un concreto e coerente
risultato proprio a causa dello stato conservativo particolarmente degradato dello stato del
corpo.
Quelli afferenti alle metodologie chimiche [ NdA: “come l'osservazione delle macchie di putrefazione,
dell' acidificazione del corpo e, più in generale, ogni analisi istologica e istochimica dei tessuti ”], per quanto di
valore in detti casi che presentano un grado elevato di stato putrefattivo, sono [ NdA: o meglio,
“erano” all'epoca dei delitti del MdF ] spesso per complessità e costi, fuori dalla portata quotidiana
dei laboratori forensi.

Che nel caso del duplice delitto di Scopeti, i periti si trovarono innanzi ad evidenti e avanzati
stati decompositivi, non è mistero alcuno:
• “...come diranno i periti, il cadavere cereo, mutilato, in stato di media
putrefazione di Nadine Jeanine Mauriot ...SNIP... il cadavere del compagno di
questa donna, nato nel '60, freddo, cereo, emanante cattivo odore...” [NdA: Fonte:
udienza del 17 maggio 1999 – Processo ai Compagni di Merende ]

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• la Mauriot è stata rinvenuta in uno stato di “putrefazione ormai abbondantissima”


[NdA: dichiarazione del Professore Mauro Maurri in aula – 3 maggio 1994 ]

Ecco dunque perché il ricorso al metodologia entomologica, per tale delitto, abbia o almeno
dovrebbe avere, a pieno titolo voce in capitolo.

Altresì vero è che alla data del delitto, tale metodologia non venne utilizzata nella
determinazione della data e dell'ora della morte della coppia, e che le successive analisi
compiute dal professor Introna dell'Istituto di Medicina Legale dell'Università di Bari, vennero
eseguite non tramite controllo diretto e perizia su corpi ed insetti, ma solo tramite analisi
comparativa del materiale fotografico dell'epoca, o meglio solo su parte del materiale
fotografico dell'epoca: ossia tramite una prassi di analisi che ha potuto basarsi più sulla
notevole esperienza in detto campo del professore, che sulla reale osservazione di specie e
sfarfallio degli insetti veri e propri.

Dunque:
• anche a fronte delle differenze tra dichiarazioni iniziali e perizie e dichiarazioni
successive

• anche a fronte dell'osservazione diretta dei cadaveri da gente che loro malgrado
aveva maturato lunga esperienza di vista di cadaveri

• anche a fronte di dissonanze tra perizie distinte

• anche a fronte della assenza di scontrini ed avvistamenti della coppia in data


successiva al 7 settembre 1985, venerdì

• anche a fronte dei residui gastrici incontrati a livello autoptico

• non essendo qui in una aula di Tribunale ma bensì in un semplice documento di analisi
e studio

non risulta possibile non tenere anche in considerazione quanto scritto dal professor Introna:
se non nella sua interezza, almeno nelle sue linee più generali che comunque suggeriscono
una data anteriore a quella accettata a livello di Sentenze.

Vista l'impossibilità per il professor Introna di lavorare in tempo reale all'epoca ai corpi e alle
larve e agli insetti, e visto quanto precedentemente esposto, ci sentiamo quindi confortati nel
legittimo indicare come dato sicuro la morte di Nadine Mauriot e Jean-Michel Kraveichvili,
come avvenuta su finestra temporale antecedente quella della domenica notte su lunedì.

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Scopeti: dei controlli e delle intercettazioni a carico di SV

Abbiamo visto nel capitolo che tratta della situazione indiziaria del SV nel pre Scopeti, come il
personaggio, dopo la scoperta di identità di arma col delitto del 1968, venne sentito
informalmente nel 1982. Abbiamo visto come dopo tale data, di routine venisse ascoltato in
ogni occasione delittuosa firmata MdF, e abbiamo visto come subito dopo Vicchio, non
soddisfatti della pochezza delle risposte fornite ad alibi, la casa del SV venne ripetutamente
perquisita.
E abbiamo anche visto come a seguito delle nuove dichiarazioni del SM, e delle informazioni
che tramite le escussioni della Pierini e della Massa gli investigatori andavano accumulando
sul SV, questi ormai nel 1985, fosse realmente al centro delle attenzioni di indagine.

Così al centro che:


• 1) Intercettazioni telefoniche
▪ Il 26 aprile 1985 hanno inizio le operazioni di intercettazione telefonica sulle
utenze n. 490585 e n. 496126, rispettivamente adibite a linea privata e linea di
lavoro per la Ditta P.I.C. di Salvatore VINCI [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ in questa prima fase sono state sospese il 19 settembre 1985. [Rapporto Torrisi
311/1]

▪ Dette operazioni riprendono il 16 ottobre 1985 e sono tuttora in corso. [Rapporto


Torrisi 311/1] [NdA: quel tuttora in corso fa riferimento alla data di stesura del Rapporto: il 22
aprile 1986]

• 2) pedinamenti
▪ I pedinamenti hanno avuto il seguente andamento:
▪ − prima fase:
dal 1º novembre 1984, al 3 giugno 1985, con l'espletamento di servizi
saltuari a campione; [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ − seconda fase:
dal 1º luglio 1985 all'8 settembre 1985, eseguiti nei giorni di venerdì,
sabato e domenica, dalle ore 20,00 alle ore 24,00; [Rapporto Torrisi
311/1]

▪ − terza fase:
dal 4 novembre 1985 al 12 febbraio 1986, in maniera continuativa
nell'arco delle 24 ore [Rapporto Torrisi 311/1]

si noti che:
a) solo da aprile, per l'esattezza dal 26 aprile 1985, il SV viene intercettato telefonicamente

b) Come ben si legge a proposito della prima fase di pedinamenti, che iniziano il 1º
novembre 1984, e che si interrompono il 3 giugno 1985 per poi riprendere un mese più
tardi, questi controlli e pedinamenti venivano svolti in modo saltuario e a campione

c) sulla finestra del delitto di Scopeti, il SV era pedinato solo: nei giorni di venerdì, sabato e
domenica, dalle ore 20,00 alle ore 24,00

d) proprio sulla finestra temporale del delitto di Scopeti, i pedinamenti cessarono proprio in
data: domenica 8 settembre 1985

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e) controlli e pedinamenti svolti invece in maniera continuativa nell'arco delle 24 ore,


iniziarono solo, 2 mesi circa dopo il delitto degli Scopeti, il 4 novembre 1985

Cosa ci racconta questa fotografia di informazioni è chiara:


• il SV era oggetto di attenzioni investigative già prima di Scopeti [ NdA: però solo da mesi
dopo Vicchio]

• il SV era oggetto, già prima di Scopeti, di attenzioni investigative particolari, ma nella


pratica quasi solo a livello routinario, [NdA: controlli saltuari, a campione, ristretti a determinati
giorni e a determinate e circoscritte fasce orarie ]
▪ veniva si controllato, ma non in maniera così stretta ed asfissiante come se
effettivamente gli inquirenti fossero sicuri che fosse lui il mostro

▪ vi erano molteplici ragioni per considerare il SV un personaggio sospetto, anche


se al quadro ancora mancavano alcune pennellate

• il SV non poteva non sapere e non essersi accorto [ NdA: complice anche le continue
escussioni] che rispetto a prima del delitto, duplice, di Vicchio, le attenzioni nei suoi
confronti erano mutate e che dunque lui adesso era considerato come probabile
principale indiziato

• il SV non poteva non sapere e non essersi accorto [ NdA: complice anche le continue
escussioni] che, dagli inizi del 1985 [NdA: fine aprile, inizi di maggio], il livello di attenzione
nei suoi confronti da parte degli inquirenti era salito di scala, facendolo ogni giorni di
più al centro del bersaglio.
▪ Il SV - MdF, in caso di correttezza di analisi di questo documento di studio, passa
in questa fase temporale dalla condizione di cacciatore a quella di preda. Pur non
avendo gli investigatori accumulato nessun dato incontrovertibile sul suo conto
[NdA: ma c'era il mezzo problema straccio, anche se al tempo non era stato analizzato ancora,
come abbiamo visto], son stati tra l'altro proprio i suoi “non-alibi” a ridestare i
sospetti degli investigatori

▪ “Quindi, non si hanno dubbi di sorta circa la consapevolezza del soggetto di


essere sotto osservazione particolare, proprio in virtù dei sospetti nutriti nei suo
confronti” [rapporto Torrisi 311/1]

▪ “la perquisizione domiciliare nei confronti di Salvatore VINCI effettuata il 26


giugno 1985 gli dà questa piena consapevolezza di essere al centro
dell'attenzione” [rapporto Torrisi 311/1]

• il SV contemporaneamente, non poteva non sapere e non essersi accorto di come


nonostante il maggior livello di attenzioni a lui dedicate, i controlli ed in particolar
modo i pedinamenti venissero espletati esclusivamente su finestra temporale
giornaliera e oraria parziale

Prima di proseguire, lasciatemi aggiungere un nota in merito agli effettivi giorni di


pedinamento di cui il SV era oggetto.

Abbiamo infatti letto nel Rapporto 311/1, che:


• dal 1º luglio 1985 all'8 settembre 1985, eseguiti nei giorni di venerdì, sabato e
domenica, dalle ore 20,00 alle ore 24,00;“, che a prima lettura parrebbe indicare che
fossero tre i giorni in cui fisicamente veniva pedinato.

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Ma si badi bene, che non è così:


• infatti tale dicitura significa che “le notti “ controllate erano solo 2:
▪ quella del venerdì sul sabato
▪ quella del sabato sulla domenica

A riprova di questo, c'è una ulteriore citazione sempre dallo stesso Rapporto 311/1, e sempre
riferita alla stessa fascia luglio-settembre 1985, che ben chiarisce il concetto:“...si precisa
che, nel corso dei servizi di osservazione eseguiti da militari del dipendente Nucleo Operativo,
dalle ore 20,00 alle ore 24,00, dei giorni di sabato e domenica, nei pressi dell'abitazione dello
stesso, per controllare i suoi movimenti, con l'ausilio dell'ufficiale di p.g. che segue le
operazioni di intercettazione, in atto sin dal 27 aprile 1985...”

Quindi, è bene ribadirlo:


1. il SV veniva controllato dalle 20:00 alle 24: nella notte tra il venerdì e il sabato

2. il SV veniva controllato dalle 20:00 alle 24: nella notte tra il sabato e la domenica

Significativo e di importanza, è anche ricordare che visto il tipo di attività svolta dal SV,
attività che spesso e volentieri si basava su chiamate di urgenza a qualsiasi ora del giorno e
della notte, a volte quando i militari alle 20:00 iniziavano il turno di controllo presso la sua
abitazione, il SV non era nemmeno presente, e ai militari di turno toccava star lì
semplicemente ad aspettare che il SV rincasasse per poterlo controllare.
• Valga ad esempio proprio quanto accaduto in data sabato 7 settembre 1985: “ sabato
7.9.1985, il VINCI Salvatore, alla guida del suo furgone Fiat 850 è visto far rientro
alle ore 20,35 (non si sa quando è uscito)” [rapporto Torrisi 311/1]

Chiariti questi due punti, si prosegue, ricordando che, in una data compresa tra il venerdì 6 e
il lunedì 9 settembre, ma che a nostro avviso debba essere ristretta solo alla tarda nottata
del venerdì 6 – prime luci dell'alba del sabato 7 settembre 1985, e dunque pure fuori dalla
fascia di copertura oraria dei controlli, il MdF torna a colpire.

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Scopeti: di SV, della perquisizione e della paraffina

Come da specifica routine investigativa e da apposito piano predisposto, alla scoperta dei
cadaveri il lunedì 9 agli Scopeti, le FF.OO. si attivano: i nomi presenti nella lista dei sospetti,
chi più chi meno indiziariamente connesso al caso MdF, vengono immediatamente perquisiti
ed ascoltati come persone informate sui fatti.

Il SV, non fa ovviamente eccezione, e i Carabinieri infatti, vanno a bussare alla sua porta.
1) ore 14 circa del lunedì 9 settembre 1985:
scoperta dei cadaveri

2) ore 15 circa del lunedì 9 settembre 1985:


arrivo dei primi agenti sulla scena del crimine

3) ore 17 circa del lunedì 9 settembre 1985:


inizio dei controlli da parte dei medici legali

4) ore 18:00 del 9 settembre 1985:


perquisizione in casa di SV: ad appena un paio di ore abbondanti da quando i primi militari
hanno potuto vedere coi loro occhi la scena del crimine, era dunque già pronto, firmato ed
eseguito il mandato di perquisizione nei confronti del SV:
• “alle ore 18,00 del 9 settembre 1985, l'abitazione del VINCI Salvatore viene perquisita
minuziosamente, [rapporto Torrisi 311/1]
▪ si noti quel “minuziosamente” che sta espressamente ad indicare l'alto grado di
attenzione che gli inquirenti appuntavano sul sospetto

• tale perquisizione, dà “esito negativo” [rapporto Torrisi 311/1]


▪ Si noti che il SV sa benissimo di essere tra i sospettati [ NdA: è almeno dalla
perquisizione del 26 giugno 1985 che ne ha certezza, e del resto non potrebbe non averne proprio
in virtù di quella perquisizione e di quegli interrogatori ], ed altrettanto benissimo sa di
essere controllato: “non si hanno dubbi di sorta circa la consapevolezza del
soggetto di essere sotto osservazione particolare, proprio in virtù dei sospetti
nutriti nei suo confronti” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ si noti con attenzione che: il controllo del soggetto avveniva in forma limitata sia
a livello di giorni, sia a livello di ore :
▪ “servizi di osservazione eseguiti da militari del dipendente Nucleo
Operativo, dalle ore 20,00 alle ore 24,00, dei giorni di sabato e
domenica” [Rapporto Torrisi 311/1], ossia lo controllavano per 4 ore la
notte del venerdì sul sabato e per 4 ore la notte del sabato sulla
domenica; e che questa seconda fase di pedinamenti, cessò di essere
eseguita proprio la domenica 8 settembre 1985 [ NdA: “dal 1º luglio 1985
all'8 settembre 1985,”]

5) un po' di tempo dopo le 18:00 del lunedì 9 settembre 1985:


Terminata la perquisizione, il SV viene accompagnato in caserma per essere sentito come
persona informata sui fatti [ NdA: delle dichiarazioni del SV parliamo nel prossimo capitolo ] e per
sottoporlo all'esame del guanto di paraffina.
• “al termine delle operazioni è accompagnato in caserma, ove il M/llo GASPERINI
Gianluigi, della Scuola Sottufficiali Carabinieri, abilitato ai rilevamenti tecnici, gli
applica il guanto di paraffina.” [Rapporto Torrisi 311/1]

• l'esame del guanto di paraffina [NdA: tecnica che come già abbiamo avuto modo di specificare non
riveste prova di garanzia, al punto che negli anni è stata abbandonata e sostituita con nuovi tipi di

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analisi],
dà esito negativo:
▪ “L'esame effettuato al Centro Carabinieri Investigazioni Scientifiche ha
consentito di rilevare solo apprezzabili quantità di antimonio nelle soluzioni
relative ai tamponi dorso e palmo della mano destra, e siccome non è stata
rinvenuta traccia di bario, l'altro elemento indispensabile per la determinazione
dei residui carboniosi della polvere da sparo, l'esame stesso ha dato esito
negativo” [Rapporto Torrisi 311/1]

Nonostante l'esito sia negativo [NdA: e nonostante la mancanza di certezza che tale tipo di esame
fornisce a prescindere ], e dunque almeno in apparenza scagionante per il SV, tale esame è
segnato da un elemento che lo rende sospetto.
Sospetto al punto da lasciare “notevoli dubbi e perplessità” [Rapporto Torrisi 311/1]

infatti, riporto integralmente dal Rapporto Torrisi 311/1:


▪ “Come è noto, il metodo consiste nel liquefare in un pentolino della paraffina
pura, che viene poi spalmata con un pennello sulle mani, allo scopo di
conglomerare al suo interno eventuali residui della combustione della polvere da
sparo.”

▪ “Le mani del VINCI, così come descrive il sottufficiale [NdA: il Maresciallo Gasperini ]
nella sua relazione di servizio (allegato n. 6), si presentano”
▪ “arrossate nella zona dorsale e nelle dita”

▪ “con una elevata sensibilità”

▪ “e ad ogni applicazione l'interessato si lamenta dell'eccessivo


calore”.

▪ “Questo comportamento è sembrato strano al sottufficiale, in quanto prima di


applicare la paraffina egli prova la temperatura nella parte interna del suo polso”
▪ “Tuttavia, lasciata raffreddare la paraffina più del dovuto, fino a farla
quasi rapprendere e lamentandosi ancora il VINCI”

▪ “il M/llo GASPERINI gli chiede con che cosa si fosse lavato le
mani, per ridurle con quell'arrossamento e stato di sensibilità”
▪ “ed il medesimo, senza rispondere o dare giustificazioni
di alcun tipo, da quel momento smette di lamentarsi”

Dell'esito pratico della perquisizione a carico del SV, cioè dell'esito “negativo”, possiamo dire
che la cosa non ci lascia minimamente stupefatti. Al limite lo saremmo stati del contrario.
Dell'esito “negativo” dell'esame del guanto di paraffina, altrettanto possiamo disinteressarci,
vista anche la nota ambiguità che tale tipo di esame comporta.

Non possiamo invece disinteressarci dello stato delle mani del SV.
• Così come nel 1968 ”l'oligofrenico” Stefano Mele, nelle immediatezze del post delitto di
Lastra a Signa venne trovato con le mani “sporche di grasso”

• così nel 1985, il “furbo” Salvatore Vinci, nelle immediatezze del post delitto degli
Scopeti viene trovato con le mani “arrossate nella zona dorsale e nelle dita”,
sofferenti “con una elevata sensibilità” al calore.

E nemmeno possiamo disinteressarci del silenzio opposto alla domanda su “con che cosa si
fosse lavato le mani”

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Non possiamo farlo perché sia lo stato fisico delle mani sia il comportamento ispirato alla
“non collaborazione”, sono indice di “qualcosa di sospetto” e dunque già solo per questo degni
di attenzione.
E sospetti lo sono ancora di più una volta messi sia in relazione con “ l'alibi”, o meglio il “non
– alibi” fornito dal SV proprio per il delitto del settembre 1985, sia quando messi in relazione
coi dati pregressi già in nostro conoscimento del SV.

Per quanto riguarda “guanto di paraffina” e perquisizione del 9 settembre 1985, ci rimane
ben poco altro da dire, quindi possiamo passare analizzare le dichiarazioni del SV e il suo
“alibi”.

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Scopeti, il non alibi di SV

Alibi o non alibi, questo punto ovviamente non può essere letto separatamente dalla
domanda su quando realmente la coppia di francesi venne brutalmente massacrata.
E altrettanto, non può essere letta separatamente dal conoscimento del tipo, qualità, e
limitatezza di fascia diaria e oraria dei controlli di cui il SV era oggetto [ NdA: 4 ore dalle 20:00
alle 24:00 del venerdì sul sabato, e 4 ore dalle 20:00 alle 24:00 del sabato su domenica ].

Le cose evidentemente marciano di pari passo. Non ci fossimo arrivati da soli, ci avrebbero
pensato il Torrisi ed il Rotella stessi a ricordarcelo:
• “né peraltro è da scartare la possibilità, salvo obiettivi elementi di riscontro, che la
morte dei due francesi risalga alla notte sul 7 settembre” [rapporto Torrisi 311/1] , ossia
alla notte tra venerdì 6 e sabato 7

• ed ancora più specifico il G.I. Mario Rotella con il suo scrivere: “Anche in quella
circostanza (supponendo che si tratti della domenica sera), a voler credere a tutti i
riscontri (forniti dall'intera famiglia Biancalani, di cui si è detto nel capo precedente),
gli restava il tempo sufficiente per recarsi a consumare il delitto e tornare in luogo ove
potesse esser fissato un orario (e riuscire quella stessa notte). Ma non mette contro di
parlarne, per la ragione semplicissima che non si è in grado di stabilire con certezza
l'ora e nemmeno il giorno esatto della consumazione” [Sentenza Rotella]

Precisato questo punto, a noi tocca però lo stesso analizzare quanto il SV fornisce come
“alibi”.
E ovviamente ci interessa leggere quanto dice, frazionandolo sulle diverse finestre temporali:
• notte del venerdì sul sabato
• notte del sabato sulla domenica
• notte della domenica sul lunedì

Ovviamente, viste le conclusioni alle quali siamo precedentemente giunti circa la data, e l'ora,
più plausibili visto lo stato in cui i cadaveri son stati ritrovati il lunedì 9 settembre alle 14:00
circa, le risposte per noi di maggior interesse saranno quelle che riguardano la fascia
temporale venerdì 6 – sabato 7.
In seconda battuta quelle inerenti la finestra sabato 7 – domenica 8.
Ed in ultimo la molto meno plausibile fascia che copre il periodo tra la domenica 8 e il lunedì
9 settembre 1985.

Per fare questo, suddividiamo quanto messo a rapporto nel documento redatto dal Ten. Col.
Torrisi 311/1 dal SV, in tre appositi capitoli:
• “Alibi” per domenica 8 su lunedì 9 settembre 1985

• “Alibi” per sabato 7 su domenica 8 settembre 1985

• “Alibi” per venerdì 6 su sabato 7 settembre 1985

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“Alibi” per venerdì 6 su sabato 7 settembre 1985

SV, sentito a “sommarie informazioni testimoniali” in merito a come ha trascorso i giorni


precedenti, dichiara che:
• “il venerdì 6.9.1985 non è uscito di casa” [NdA: SV- rapporto Torrisi 311/1]

• “così dicasi per il mattino del giorno dopo, sabato 7.9.1985, salvo una breve
scappatina in mattinata al vicino bar di via Corridoni per fare colazione” [NdA: SV
-rapporto Torrisi 311/1]

• “La D'ONOFRIO Antonietta, relativamente ai giorni 6 ...SNIP... conferma quanto


dichiarato dal VINCI Salvatore” [NdA: D'Onofrio - rapporto Torrisi 311/1]

• “VINCI Roberto conferma in parte le dichiarazioni fornite dal padre” [NdA: Roberto Vinci -
rapporto Torrisi 311/1]

Quindi possiamo notare che:


a) “non essere uscito di casa il venerdì” non è un alibi capace di poter fare escludere la sua
presenza sulla scena del delitto. Per vari motivi:
1. assenza di testimoni terzi e super partes in grado di confermare il dato [NdA: convivente
e figli non possono essere presi a “voce della verità”, visto il tipo di legami famigliari ]

2. quand'anche controllato dall'esterno di casa dai militari, nella fascia di osservazione


20:00-24:00 del venerdì sul sabato, sfuggire a tale controllo per il SV sarebbe stato
semplice, possibile, e il SV ne aveva le capacità richieste:
▪ ricordiamo infatti che al SV non erano ignote le tecniche per calarsi da tetti e
finestre con una fune, come dallo stesso asserito:
▪ “ secondo le sue motivazioni egli è interessato ad apprendere in modo
particolare le tecniche di discesa con la fune, per poterla poi applicare
negli interventi della sua ditta per calarsi da un appartamento all'altro
sottostante” [NdA: SV - rapporto Torrisi 311/1]

▪ al SV quindi sarebbe bastato calarsi dalla parte retrostante della casa,


per potersi allontanare senza essere visto dai militari di guardia.
Ricordiamo inoltre che il SV, la PIC e la D'onofrio, possedevano diversi
mezzi di trasporto: sarebbe quindi stato sufficiente lasciarne uno
parcheggiato non esattamente nei pressi di casa, per potersi poi anche
allontanare automunito, non visto dai militari preposti al suo controllo,
anche nella fascia oraria 20:00 – 24:00. Lo stesso dicasi per
l'operazione di rientro, se eseguita nella medesima fascia oraria.
Nessuna ulteriore accortezza avrebbe dovuto prendere in caso di
rientro dopo la mezzanotte del venerdì 6 settembre

3. in caso poi di delitto commesso nella tarda nottata tra il venerdì 6 e il sabato 7, o per
meglio dire, a ridosso con le prime luci dell'alba del sabato 7:
▪ il SV non avrebbe avuto nemmeno di che preoccuparsi di come poter
evadere i controlli, in quanto inesistenti a quell'ora

▪ e nemmeno avrebbe rischiato di incontrare controlli lungo la strada o al


rientro a casa

b) non essendo dettagliata nell'orario,“la breve scappatina del sabato mattina al bar”, che
comunque visto che è riferita al “fare colazione” si desume sia avvenuta in fascia oraria di

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mattina presto
1. può non risultare incompatibile con un delitto compiuto nella tarda nottata tra il
venerdì 6 e il sabato 7, o per meglio dire, a ridosso con le prime luci dell'alba del
sabato 7

2. si noti che una conferma “super partes”, il personale del bar, della presenza il
mattino presto nel “vicino” bar di Via Corridoni [ NdA: il SV abita in Via Cironi che incrocia
proprio via Corridoni] può, in chiave ipotetica, essere letta come ulteriore elemento
studiato a tavolino a supporto di alibi precostituito capace di garantire al soggetto
una parvenza di estraneità con un delitto che il mostro tipicamente ha sempre
compiuto di notte

Venerdì 6 su sabato 7:
Alibi dunque e comunque: inesistente

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“Alibi” per sabato 7 su domenica 8 settembre 1985

SV, sentito a “sommarie informazioni testimoniali” in merito a come ha trascorso i giorni


precedenti, dichiara che:
• sabato 7 settembre nel “pomeriggio, verso le ore 16,00, egli si reca alle cave di Maiano
del Comune di Fiesole, per assistere a dei corsi di prealpinismo” [NdA: SV - rapporto Torrisi
311/1]

• “facendo rientro a casa intorno alle ore 19,30, in quanto avrebbe dovuto effettuare un
intervento poi disdetto” [NdA SV - apporto Torrisi 311/1]

• poi, una volta rientrato,“Egli è rimasto in casa sino alle ore 22,00 e poi è uscito per un
intervento in via delle Casine n. 18, rincasando alle ore 23,00,” [NdA: SV - rapporto Torrisi
311/1]
▪ via delle Casine si trova dalle parti di Lungo Arno della Vecchia Zecca, e non
dista da casa del SV più di 5 km, anche 10 minuti

▪ via Cironi 8 dista da via degli Scopeti, circa una ventina di chilometri, passando
per via Senese / via Cassia, raggiungibile in circa 25 minuti di guida
▪ in via puramente teorica, ed indubbiamente da scartare visto che in
detto lasso di tempo era pedinato e dunque i militari effettivamente
certificano che il SV si sia recato in via delle Casine [ NdA: che comunque
avrebbe potuto avere una seconda uscita e il SV aver predisposto nelle vicinanze una
delle tante auto in dotazione], il soggetto comunque avrebbe avuto, seppur
al limite, il tempo per andare fino agli Scopeti, compiere il delitto [ NdA:
“Il tutto, secondo i periti, potrebbe essersi svolto in un arco temporale non superiore
ai 9 minuti.].
A conferma nel Rapporto Torrisi c'è scritto che i “militari del
dipendente Nucleo Operativo ...SNIP... sabato 7.9.1985, il VINCI
Salvatore, alla guida del suo furgone Fiat 850 è visto far rientro alle
ore 20,35 (non si sa quando è uscito); esce poi alle ore 21,05, con lo
stesso automezzo, recandosi in via delle Casine per un intervento,
facendo rientro a casa alle ore 23,00, senza andare fuori sino alle ore
24,00” [NdA: Carabinieri - Rapporto Torrisi 311/1]

• “ senza più andare fuori.” [NdA : SV -rapporto Torrisi 311/1]


▪ vale in questo caso quanto fatto notare nel capitolo precedente:
▪ non sarebbe stato impossibile al SV uscire senza essere visto dai
militari a controllo

▪ non sarebbe stato impossibile al SV uscire dopo che i militari a


controllo terminavano il turno, alla mezzanotte, e infatti proprio i
Carabinieri hanno specificato come il SV a loro non risulti essere più
uscito “sino alle ore 24,00”, ora in cui hanno staccato il servizio.

• Per la domenica 8, al mattino: “Lo stesso prosegue affermando che domenica


8.9.1985, nel corso della mattinata, ad eccezione di una breve uscita per andare a far
colazione, è rimasto in casa” [NdA : SV -rapporto Torrisi 311/1]
▪ vale in questo caso quanto fatto notare nel capitolo precedente:
▪ non incompatibilità con un delitto compiuto alle prime luci dell'alba
della domenica mattina

▪ possibilità di lettura della conferma “super partes” del personale del


bar come parte di un piano volto ad avvalorare un “alibi” che se non

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non avrebbe testimoni a supporto, eccetto gli stretti familiari

• “La D'ONOFRIO Antonietta, relativamente ai giorni ...SNIP... 7, conferma quanto


dichiarato dal VINCI Salvatore” [NdA: D'Onofrio – Rapporto Torrisi 311/1]

• “VINCI Roberto conferma in parte le dichiarazioni fornite dal padre” [NdA: Roberto Vinci -
rapporto Torrisi 311/1]

Sabato 7 su domenica 8:
Alibi dunque e comunque: inesistente

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“Alibi” per domenica 8 su lunedì 9 settembre 1985

Se per le due giornate precedenti, e anche più distanti dal giorno di sicura timbratura della
lettera alla Della Monica [NdA: argomento trattato nei capitoli successivi], le risposte del SV erano
state tutte un “semplicemente ero casa” [NdA: frase dell'Autore], e quindi in definitiva un vago
parlare di “niente”, per questa finestra temporale invece, il discorso si arricchisce di molti
particolari.
Troppi particolari.
A nostro avviso, e lo vedremo ancora poi trattando della lettera ricevuta dalla Della Monica, ci
sono specifiche ragioni alla base di questi dettagli.

Iniziamo mettendo in evidenza che per questa finestra, il SV non era più soggetto a controlli,
nemmeno quelli dalle 20:00 alle 24:00.
• “servizi di osservazione eseguiti da militari del dipendente Nucleo Operativo, dalle ore
20,00 alle ore 24,00, dei giorni di sabato e domenica” [Rapporto Torrisi 311/1], ossia lo
controllavano per 4 ore la notte del venerdì sul sabato e per 4 ore la notte del sabato
sulla domenica; e che questa seconda fase di pedinamenti, cessò di essere eseguita
proprio la domenica 8 settembre 1985 [NdA: “dal 1º luglio 1985 all'8 settembre 1985,”]

Siccome per la domenica ci sono dichiarazioni di più soggetti da analizzare ed anche diverse
intercettazioni telefoniche da tenere in conto, queste verranno trattate alla fine
dell'esposizione delle dichiarazioni.

SV sentito a “sommarie informazioni testimoniali” in merito a come ha trascorso i giorni


precedenti, dichiara che:
• "domenica 8.9.1985” [NdA : SV -Rapporto Torrisi 311/1]
▪ “nel corso della mattinata, ad eccezione di una breve uscita per andare a far
colazione” [NdA : SV -Rapporto Torrisi 311/1]
▪ fatto che non sarebbe in grado di poter escludere un delitto commesso
alle prime luci del terminare della notte tra il sabato 7 e la domenica 8

▪ una volta rientrato dalla colazione al bar, “ è rimasto in casa” [NdA : SV -Rapporto
Torrisi 311/1]
▪ a conferma solo le testimonianze della famiglia che non può essere
considerata super partes [NdA: si pensi anche a quanto dagli stessi dichiarato
nel 1984]

▪ “La sera è uscito intorno alle ore 21,30 per andare a prendere delle sigarette”
[NdA : SV -Rapporto Torrisi 311/1]
▪ “poiché, secondo lui, tutti i locali delle vicinanze sono chiusi” [NdA : SV
-Rapporto Torrisi 311/1]
▪ “si è dovuto portare nella zona di Peretola, presso il bar-
pizzeria "Il Bivio", sito all'incrocio tra le vie Baracca, Gori e
Pistoiese”.[NdA : SV -Rapporto Torrisi 311/1]
[NdA: a circa 5 km di distanza da casa sua. Vale la spesa ricordare che
nel 1985 i distributori automatici di sigarette erano inesistenti in Italia, e
per comprare sigarette di notte normalmente si ricorreva ai pochi bar
notturni aperti che le vendevano]

▪ “essendosi trovato casualmente nella zona, ne ha approfittato per andare a


trovare un vecchio amico, tale BIANCALANI Saverio, ove si è intrattenuto sino
alle ore 22,30, facendo da lì una telefonata a casa, prima del suo rientro” [NdA :
SV -Rapporto Torrisi 311/1]

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▪ i Biancalani abitano “in via de' Vespucci” [Rapporto Torrisi 311/1], che dall'
“incrocio tra le vie Baracca, Gori e Pistoiese “ approssimativamente
dista circa 300 metri in linea d'aria.

▪ ci si ricordi che con il Biancalani il SV intratteneva una relazione omo e


bi sessuale
▪ “i rapporti omosessuali tra i due uomini [NdA: Salvatore Vinci e
Biancalani Saverio], divenuti a tre [NdA: con la moglie del Biancalani,
Gina Acciaioli] ed infine a quattro con l'entrata nel sodalizio di
MASSA Rosina” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

▪ Ci si ricordi che il Biancalani Saverio ha lavorato "alle dipendenze del


suo inseparabile amico VINCI Salvatore” [Supplemento Rapporto Torrisi
311/1-1]

▪ ci si ricordi che i Biancalani, assieme al figlio Roberto, siano stati gli


unici prendere fino alla fine le difese del SV [ Supplemento Rapporto Torrisi
311/-1].

▪ ci si ricordi che nel “1983, dopo il duplice omicidio di Giogoli” [Sentenza


Rotella], sentito dagli inquirenti a proposito del delitto del 1968, il SV
aveva chiamato in causa proprio il Biancalani per l'alibi del delitto del
1968: “Salvatore ricordava di essere stato a giuocare a biliardo, ma
non chiamava più a riscontro l'Antenucci, bensì, fermo Silvano Vargiu,
Saverio Biancalani.” [Sentenza Rotella]

▪ il figlio Roberto, conferma le affermazioni del padre per la giornata, ma non per
quello che riguarda l'orario serale:
▪ “VINCI Roberto conferma in parte le dichiarazioni fornite dal padre,
aggiungendo che domenica 8 corrente il VINCI Salvatore è uscito di
casa intorno alle ore 20,00, facendo rientro alle ore 22,30” [NdA:
Roberto Vinci – Rapporto Torrisi 311/1]
▪ ossia, secondo il Roberto, il SV sarebbe uscito 1 ora e mezza
prima di quanto dichiarato dallo stesso SV

▪ la D'onofrio, conferma le affermazioni del SV per la mattinata e per l'orario di


rientro, ma nulla può dire in merito al resto della giornata e serata, in quanto si
trovava fuori Firenze
▪ “La D'ONOFRIO Antonietta, ...SNIP... quanto dichiarato dal VINCI
Salvatore, precisando che domenica 8 corrente” [NdA: Antonietta
D'Onofrio – Rapporto Torrisi 311/1]
▪ “nel primo pomeriggio, si è recata a Prato per incontrare una
sua conoscente, a nome Maria Teresa, lasciando in casa il
padre ed il figlio.” [NdA: Antonietta D'Onofrio – Rapporto Torrisi
311/1]

▪ “La stessa prosegue affermando di aver fatto rientro a


Firenze intorno alle ore 22,15, trovando ad attenderla solo
Roberto.” [NdA: Antonietta D'Onofrio – Rapporto Torrisi 311/1]

▪ “Essa conclude precisando che, verso le ore 22,45, il VINCI


ha telefonato da fuori, senza precisare da dove, per chiedere
novità, facendo poco dopo rientro intorno alle ore 23,00,

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senza più uscire.“ [NdA: Antonietta D'Onofrio – Rapporto Torrisi


311/1]

▪ I Biancalani, sentiti a loro volta, confermano la visita del SV a casa loro.


▪ “Il BIANCALANI Saverio, la moglie ACCIAIOLI Gina e la figlia Sandra,
tutti concordemente affermano che VINCI Salvatore, dalle ore 21,30
alle ore 22,30 dell'8.9.1985, si è intrattenuto con loro a conversare,
anche se la visita non è attesa, in quanto, a loro avviso, non si
frequentano da diverso tempo.” [NdA: Biancalani e Acciaioli – Rapporto Torrisi
311/1]

Nulla di particolarmente grave, ma comunque si nota come:


• il SV non specifichi a che ora sia uscito la domenica sera “per andare a prendere le
sigarette”, e dopo l'acquisto delle sigarette sarebbe andato dai Biancalani, parlando
solo dell'ora di rientro alle “22:30”

• il figlio dica che il SV sarebbe uscito“circa alle 20:00”, con rientro alle “22:30”

• la D'Onofrio non possa dire nulla in quanto assente, circa l'ora di uscita, ma che il SV
invece sarebbe rientrato “circa alle 23:00”, avendo telefonato a casa da fuori alle
“22:45” circa

• e per i Biancalani, il SV sarebbe arrivato a casa loro alle “21:30 circa”

Tra le 20:00 circa e le 21:30 circa, passa una ora e mezza.


Una ora e mezza priva di “copertura”.

Sappiamo e si noti con attenzione, che però il SV uscì di casa prima delle 20:00 come detto
dal figlio Roberto.
Infatti:
• “domenica 8.9.1985, allorché alle ore 20,00 i militari intraprendono il servizio, il
VINCI Salvatore è già uscito, in quanto il furgoncino Fiat 850 non è parcato nei pressi
della sua abitazione” [NdA: Carabinieri di servizio – Rapporto Torrisi 311/1]

▪ si noti che i militari addetti al controllo, lo vedono poi rientrare in coerenza


temporale con quanto dichiarato dalla D'Onofrio: “lo stesso, verso le ore 23,00,
viene visto far rientro” [NdA: Carabinieri di servizio – Rapporto Torrisi 311/1]

• “In ogni caso il suddetto non spiega come esattamente abbia trascorso il tempo
antecedente alle ore 21,30.” [ Rapporto Torrisi 311/1]

Una ora e mezza abbondante se non di più, della domenica 8 settembre 1985, di “buco”.

Una ora e mezza abbondante se non di più, che è un tempo decisamente superiore al
necessario per andare in macchina a comprare un pacchetto di sigarette in un bar che dista
grosso modo 5km da casa.
Una ora e mezza abbondante se non di più che è però sufficiente
• a) sia ad andare e tornare fino a via degli Scopeti

• b) sia, e soprattutto, ad andare e tornare fino a San Piero a Sieve.

Per quanto detto analizzando la data di morte della coppia dei francesi, l'ipotesi a) appena
proposta, pare destituita di ogni significato.

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Non altrettanto invece si può dire per l'opzione b), che tra le altre cose risulterebbe anche
coerente con una lettera raccolta dalla postina signora Camiciottoli, come nel dettaglio
vedremo nel capitolo Scopeti, la lettera alla Della Monica.
E quand'anche, invece, fosse corretta la datazione della morte proposta dal Maurri,
antecedente di appena “16\18 ore prima dell'esame necroscopico” delle 17:30 [NdA: “Alle ore
17:30 il professor Mauro Maurri esegue l'ispezione cadaverica sul luogo (La Nazione 10 settembre)”] del lunedì
9 settembre, facendo scorrere a ritroso le lancette si otterrebbe comunque una morte della
coppia avvenuta in una fascia oraria non incompatibile con il rientro a casa del SV dopo la
visita ai Biancalani, ed una sua successiva nuova uscita di casa non notato dai famigliari
[NdA: e ovviamente non notata dai militari che già avevano staccato il turno e terminato come da ordini di
controllare il SV].

Come detto però, la data della morte della coppia appare da retro datare, e sensibilmente,
dunque questa possibilità la si ritiene priva di sufficiente valore. Ciò non toglie che venga sia
necessaria segnalarla, non fosse altre altro che al fine di evidenziare come, anche in questo
caso, il soggetto in attenzione avrebbe avuto la possibilità fisico-temporale di compiere il
delitto anche in questa circostanza, e che dunque nemmeno in questo caso di alibi si possa
parlare.

Ma c'è di più, perché ci sono ancora le intercettazioni telefoniche da analizzare.


E c'è di più perché non bisogna dimenticarsi quanto visto nel capitolo: “Scopeti: perché
occultare i cadaveri?”, ossia che solo una persona che rientrava tra i sospetti già noti agli
investigatori, poteva avere il reale interesse e necessità di occultare i cadaveri.
E c'è di più, come vedremo nel capitolo: “Scopeti, la lettera alla Della Monica” ed in parte già
precedentemente indicato quando abbiamo parlato di “uccidere per crearsi un alibi” come
piano studiato a tavolino per il delitto di Scopeti.

Ma prima evidenziare ancora e più nel dettaglio ed in forma eterogenea come questi fili
slacciati si leghino assieme, occupiamoci appunto delle intercettazioni.

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“Alibi” e intercettazioni telefoniche

a) Telefonate entro le ore 24:00 della sera/notte di domenica 8 settembre 1985

Iniziamo col dire che i tabulati delle intercettazioni telefoniche “in partenza ed in arrivo alla
utenza telefonica n. 496126, linea Pronto Intervento Casa, intestata al VINCI Salvatore,
regolarmente registrata” [rapporto Torrisi 311/1], danno piena ragione alla D'Onofrio che
affermava“ che, verso le ore 22,45, il VINCI ha telefonato da fuori”.
Infatti:
• “alle ore 22,42 dell'8.9.1985, giunge una chiamata da parte di VINCI Salvatore, il
quale chiede novità circa eventuali richieste di intervento” [rapporto Torrisi 311/1]

• alla telefonata, è proprio la D'Onofrio che risponde, e proprio come da lei affermato, il
SV, durante la telefonata, si rifiuta di dirle da dove chiama:
▪ “La D'ONOFRIO Antonietta, nel dargli la risposta negativa, gli chiede più di una
volta dove si trovi ed il VINCI risponde che non vuole dirglielo” [rapporto Torrisi
311/1]
▪ i militari addetti alle intercettazioni notano che: “La telefonata è
disturbata da rumori di sottofondo, come se egli stesse chiamando da
un bar o da un posto molto affollato” [rapporto Torrisi 311/1], e così
all'elenco di luoghi posti di quel giorno, possiamo aggiungere che verso
le 22:45, il SV si trova in un “locale pubblico” in presenza di altre
persone.

▪ si noti però che: il SV di lì a poco sarà a casa [NdA: dai militari “verso le
ore 23,00, viene visto far rientro” - Rapporto Torrisi]

▪ si noti però che: non vi è dunque l'urgenza di detta telefonata e


nemmeno quella di farsi passare anche il figlio pe porre la medesima
domanda

▪ si noti però che: il SV non telefona da casa dei Biancalani e che


dunque l'affermazione che il SV abbia trascorso detto tempo coi
Biancalani, poggia solo ed esclusivamente sulla conferma che la
coppia, di intimi e di lunghissima data fidati amici, fornisce.

• il SV dopo aver parlato con la D'onofrio, si fa passare anche il figlio, a cui pone la
stessa domanda, ossia se ci fossero “ eventuali richieste di intervento”
▪ si noti che: è giusto far notare che il SV sapeva che la compagna era stata tutto
il giorno a Prato, e dunque la persona maggiormente informata rispetto ad
eventuali interventi era appunto a pieno diritto il figlio Roberto. La richiesta
dunque, a detta dello scrivente, non deve essere interpretata come una forma di
escamotage per aver “registrata” la presenza dei due ad una certa ora a casa.
[NdA: ci si ricordi sempre che alla data, il SV era in piena conoscenza di aver la linea sotto
controllo e di essere controllato anche fisicamente con appostamenti e pedinamenti ]

Non risulta pertanto, nemmeno dalle bobine delle intercettazioni telefoniche, essere possibile
garantire la presenza di SV in un determinato luogo fino al suo ritorno a casa.

Non risulta pertanto possibile, visti gli strettissimi e fiduciari legami che uniscono i Biancalani
al SV [NdA: ci si ricordi che il SV ricorse anche proprio al Saverio Biancalani quale testimone per l'alibi del delitto
di Signa], considerare la loro testimonianza come “super partes” al punto da poter essere
accettata a scatola chiusa

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Non risulta pertanto plausibile al cento per cento, leggere nella telefonata delle 22:42, una
semplice telefonata per accertarsi sullo stato delle richieste di intervento [ NdA: che comunque
avrebbero potuto essere svolte dal figli Roberto].

Una simile telefonata, a fronte di quanto ormai noto e documentato, pare assai più una
telefonata di vago interesse lavorativo, ma piuttosto una mirata più all'indiretto conoscimento
del “se fosse successo qualcosa a casa”; un po' come un informarsi, ad esempio e per puro
esempio ci mancherebbe altro, se investigatori, Polizia o Carabinieri si fossero presentati a
casa.
• Ricordiamo che alla data, i corpi ancora non erano stati scoperti

• Ricordiamo che almeno per la perquisizione del 26 giugno 1985: Le perquisizioni


effettuate nei suoi confronti (a partire da quella assai tardiva del 1968), e quella più
rilevante suggerita da dichiarazioni della Pierini al p.m., sono risultate vane per quanto
concerne la pistola (circa quest'ultima, come risulta da intercettazioni telefoniche ,
ed indirettamente da una vicenda in cui è implicata la D'Onofrio, una sua amica ed un
sottufficiale di Prato, l'uomo era già avvertito dei controlli di P.G.” [Sentenza Rotella]

b) Telefonate dopo le ore 24:00 della notte di domenica 8 settembre su lunedì 9 settembre
1985

Si noti come tutte queste telefonate siano state fatte in una fascia oraria, diciamo “non tipica”
per delle comunicazioni telefoniche che non siano di urgenza: le 2 e mezza di notte infatti,
non sono un classico e normale orario per effettuare chiamate telefoniche. E se tra le 02:24 e
le 02:31 di telefonate ne vengono fatte ben 7, non risulta possibile non chiedersene la
ragione.

• “Il 9.9.1995, dalle ore 02,24 alle ore 02,31, dalla medesima utenza telefonica del
VINCI Salvatore, sono state effettuate le chiamate, secondo la seguente progressione
oraria” [rapporto Torrisi 311/1]
▪ 1) ore 02,24: “ore 02,24: è formato il numero 486 e la cornetta è riattaccata”
[rapporto Torrisi 311/1]

▪ 2) ore 02,24: “subito dopo è formato il n. 489563, intestato a PESCIULLESI A.,


forniture pasticceria e bar, sito in via Cironi n. 9-11/b, proprio di fronte
all'abitazione del VINCI; il chiamante riattacca la cornetta; “ [rapporto Torrisi
311/1]
▪ cosa possa spingere il titolare di un a ditta di pronto intervento casa a
chiamare alle 02:24 del mattino, nella notte tra sabato e domenica, un
ditta di “ forniture pasticceria e bar”, che per giunta ha pure sede
“proprio di fronte all'abitazione del VINCI”, sarebbe, normalmente, un
mistero.

▪ 3) ore 02,25: “ore 02,25: il n. 489563 viene rifatto, ma risulta occupato”


[rapporto Torrisi 311/1]
▪ lo stesso numero di prima, della ditta di forniture pasticceria e bar

▪ 4) ore 02:26: “ore 02,26: viene formato il n. 489 863, intestato a certo
FIESOLI Vittorio, abitante in questa via Bini n. 21; il telefono squilla ma non
risponde nessuno” [rapporto Torrisi 311/1]
▪ si noti che il numero differisce solo di una cifra rispetto a quello della
pasticceria; un 8 al posto di un 5. E' plausibile immaginare un errore di
formazione del numero.

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▪ 5) ore 02,27: “ore 02,27: è formato il n. 489564, utenza intestata a GIANASSI


Vasco, abitante in questa via Bolognese n. 4/b r., mesticheria” [rapporto Torrisi
311/1]
▪ si noti che il numero differisce solo di una cifra rispetto a quello della
pasticceria; un 4 al posto di un 3. E' plausibile immaginare un errore di
formazione del numero.

▪ 6) ore 02:28: “ore 02,28: viene formato il n. 489563, intestato alla pasticceria
di via Cironi, e dà occupato” [rapporto Torrisi 311/1]
▪ cosa possa spingere il titolare di un a ditta di pronto intervento casa a
chiamare alle 02:28 del mattino, nella notte tra sabato e domenica, un
ditta di “ forniture pasticceria e bar”, che per giunta ha pure sede
“proprio di fronte all'abitazione del VINCI”, sarebbe, normalmente, un
mistero.

Si noti come i numeri delle telefonate possano tutti essere ricondotti a quello del laboratorio
della pasticceria, a causa di semplici e normali errori di digitazione dei numeri.

Si noti anche che “la pasticceria è chiusa e del resto, affacciandosi alla finestra può
rendersene conto personalmente” [Rapporto Torrisi 311/1]

Si noti che non sembrano esistere motivi logici normali per chiamare alle due e mezza del
mattino un “laboratorio di pasticceria” [Rapporto Torrisi 311/1], specialmente per una persona
che si occupa di tutto altro campo di attività

▪ 7) ore 02:31: “ore 02,31: l'utente alza e riattacca la cornetta, ed in sottofondo


si sente la voce di VINCI Salvatore che parla con Roberto o con Antonietta”
[rapporto Torrisi 311/1]
▪ si noti che “sollevando il ricevitore dall'altra parte tutto è registrato
egualmente se si parla nell'ambiente” [rapporto Torrisi 311/1] e che il fatto
era noto al SV
▪ “altre volte ha lasciato il ricevitore staccato, attivando
automaticamente il registratore posto nella sala
intercettazioni sino a far esaurire la bobina” [rapporto Torrisi
311/1]; e del resto il SV è pienamente a conoscenza di essere
sotto controllo sia di pedinamento sia di intercettazioni delle
comunicazioni, ed almeno in caso specifico, è addirittura a
conoscenza di quando [NdA: 26 giugno 1985] gli andranno
ad effettuare una perquisizione domiciliare.

Dall'esame delle finestre temporali delle intercettazioni telefoniche e dei controlli, per la
domenica 8 sul lunedì 9, dunque, otteniamo che:
• alle 22:45 della domenica 8 settembre, il SV era in un locale affollato

• alle 23:00 circa della domenica 8 settembre, il SV è rientrato a casa

• alle 24:00 della domenica 8 settembre, i controlli dei Carabinieri si sono interrotti

• dalle 02:24 del lunedì 9 settembre, fino alle 02:31 del lunedì 9 settembre, il SV era a
casa.

Di certo per quella sera, altro non si può dire. Si può invece notare come la serie di telefonate
notturne all'utenza di una pasticceria, chiusa, così come il sollevare il ricevitore senza

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telefonare, abbiano tutto il sapore appunto di una specifica e voluta operazione volta a
segnalare appositamente la propria presenza in casa nel cuore della notte.

Così come notiamo che la telefonata fatta alle 22:45, più che dettata da veri motivi lavorativi,
appaia più che altro come una telefonata di “indiretto controllo” sulla situazione a casa e/o
nei pressi della stessa.
• I militari infatti, erano arrivati sotto casa sua dopo che il SV era già uscito, che si può
leggere anche alla rovescia: ossia che i SV fosse appositamente uscito prima dell'inizio
turno dei militari. Una simile situazione, voluta o meno in questo momento non
importa, ha di certo causato la mancata possibilità per gli stessi di verificare e
certificare dove il SV si astato in quel lasso di tempo.
▪ Nel caso la scelta dell'uscita prima dell'arrivo dei militari sia da ritenersi
“involontaria”, questo comunque non permette di dire dove fosse andato,
lasciandogli come minimo tutto il tempo per andare e tornare fino a San Piero a
Sieve, ad esempio

▪ Nel caso la scelta dell'uscita prima dell'arrivo dei militari sia da ritenersi
“volontaria”, questo non solo non permette di dire dove fosse andato,
lasciandogli come minimo tutto il tempo per andare e tornare fino a San Piero a
Sieve, ad esempio; ma data la volontà di scelta di eludere i controlli, diventa
motivo in più di attenzione.

Possiamo quindi infine ed in conclusione, retoricamente (?), domandarci :

D1: dato che i corpi verranno scoperti ufficialmente solo in seguito, alle 14:00 del lunedì, se
il SV non avesse avuto pre cognizione di Scopeti (delitto), e di San Piero a Sieve (lettera), per
quale motivo avrebbe dovuto sentire la necessità di “far sapere” agli inquirenti che proprio
quella notte lui era a casa?
Per quale ragione avrebbe dovuto uscire “subito prima” dell'inizio turno dei militari addetti a
controllarlo?
• Si noti che: “subito prima”, non è un dato che possa essere certificato ed infatti il SV
potrebbe essere uscito anche ore prima, ma è di sicuro quello che il SV cerca di far
intendere, facendosi confermare nell'orario di uscita alle “20:00”, non provato, dal figlio
Roberto.

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Scopeti nel post Vicchio: la cal.22 non buttata, l'idea della lettera e il piano
[salvezza]

Non possiamo avvicinarci alla conclusione del delitto degli Scopeti senza riagganciarci e
terminare un discorso interrotto nel capitolo “Un mostro unico in tutti i sensi”.
Abbiamo infatti lasciato indietro una domanda senza risposta: perché il MdF non cambiò mai
l'arma da fuoco?
Ho lasciato la risposta per il capitolo relativo all'ultimo delitto del MdF per una duplice
specifica ragione:
1- la prima: ovviamente banalmente cronologica (bisognava arrivare fino ad analizzare
l'ultimo per aver la certezza che l'arma non fosse stata cambiata)
2- la seconda: per le implicazioni che la risposta porta con sé

Ragionando infatti sui punti proposti nel titolo del capitolo, ci accorgiamo come alla fine della
storia tutti i fili slacciati, che lo si voglia o no, semplicemente avendoli seguiti, da soli si
riallaccino nell'unica trama capace di accomunare tutti gli aspetti della vicenda “mostro di
Firenze” senza dover introdurre variabili esterne, personaggi ignoti e/o multipli, silenzi e
depistaggi altolocati, sette e stregonerie, miti di infallibilità, compiacenze particolari o, peggio
ancora, ignorando dati di fatto emersi.
Restiamo nel campo indiziario? Sicuramente sì, ma ragionamento, plausibilità, coerenza e
logica non sono così facili da ignorare.

Da un lontano capitolo, dicevo, eravamo rimasti come in sospeso su un aspetto, un


argomento di primario interesse:
• “perché il mostro, e perché il SV – mostro, non cambiò mai l'arma che identificava i
delitti come delitti del mostro?”

La domanda, che sembra semplice e banale, vedrete, risulterà essere meno semplice e meno
banale di quello che sembra e, soprattutto se formuliamo le domande nel corretto ordine,
sarà in grado di fornirci preziose risposte e preziose conferme.
Iniziamo col dire che tale domanda deve fin da subito essere scissa in due:
1. la prima: “perché il MdF mai cambiò l'arma?”
2. la seconda: “perché il SV – MdF mai cambiò l'arma?”

che per esattezza, deve essere riformulata nella domanda corretta: ossia “il mostro, pensò
mai di cambiare la calibro 22 L.R. ?”

Sembra una sottigliezza da poco, ma vedrete, non lo è affatto per la capacità di livello di
conferma di quanto fin qui scritto e per quanto scritto poi.

Prima di iniziare a dare risposta alla prima domanda, è comunque bene tenere sottomano
uno specchietto cronologico delle date dei delitti:

• 1968, Signa – 1974, Borgo San Lorenzo: 2215 giorni


• 1974, Borgo San Lorenzo – 1981, Mosciano di Scandicci: 2457 giorni
• 1981, Mosciano di Scandicci – 1981, Travalle di Calenzano: 138 giorni
• 1981, Travalle di Calenzano – 1982, Baccaiano: 240 giorni
• 1982, Baccaiano – 1983, Giogoli: 447 giorni
• 1983, Giogoli – 1964, Vicchio del Mugello: 324 giorni
• 1984, Vicchio del Mugello – 1985, Scopeti: 406 giorni

Iniziamo quindi chiedendoci:


a) “il mostro, pensò mai di cambiare la calibro 22 L.R. ?”

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Elenchiamo le possibili risposte:


• A1) si
• A2) no
• A3) forse

A3): questa risposta è ovviamente una non risposta rispondendo alla quale non si fa altro
che ricadere in uno dei due casi precedenti, e quindi possiamo non prenderla in
considerazione.
A1): è da differenziare sulla finestra temporale:
• 1) “il mostro, in tutta la finestra 1968-1985, pensò mai di cambiare la calibro
22 L.R. ?” e conseguentemente: “il mostro, in tutta la finestra temporale
avrebbe potuto o non avrebbe potuto cambiare arma?”
▪ Visto che tale finestra è di ben 6227 giorni, ossia 17 anni, risulta quindi
impossibile che un assassino che non si fa scrupoli ad uccidere e mutilare, né
pensi né riesca a trovare il mezzo e il modo per entrare in possesso di una
“nuova” arma da fuoco [ NdA: gli sarebbe bastato uccidere una persona che per mestiere era
obbligata a portare armi, per entrare in possesso di un nuovo strumento di morte senza che
alcuno potesse poi ricollegarlo a tale arma].
Se non lo fece, se non la cambiò, fu perché o non voleva o non poteva.

• 2) “il mostro, pensò in un determinato momento e dunque per una ben


determinata ragione, di cambiare la calibro 22 L.R. ?”
▪ No
▪ si ricade però così nell'implausibilità della domanda madre e di
conseguenza ricadendo nella risposta iniziale a2): no.

▪ Si
▪ Ma se il MdF, per una ben specifica ragione, ad un certo punto pensò di
cambiare arma, dobbiamo a questo punto porci la domanda che
consequenzialmente e logicamente ne scaturisce, e quella che a sua
volta ne è filiazione:
▪ cosa spinse il MdF a pensare di cambiare arma?
• Sapendo ed avendo le prove fisiche e tangibili che tale
cambio di arma, almeno fino al 1985 non ci fu, dobbiamo
escludere che la motivazione fosse dovuta ad una rottura
dell'arma fino alla data.

• l'unica altra opzione di senso logico compiuto che resta, è


quella che vede il “voler cambiar l'arma”, come una
“necessità imposta”.
Ossia, vi era una ragione così forte e così necessaria, che
il MdF pensò di cambiare arma.

• per rispondere dunque correttamente a questa domanda


è dunque obbligatorio riuscire a rispondere a quale questa
“ragione” potesse essere.
E di”ragione”, ve ne poteva essere una ed una sola:

1. quell'arma, quella firma e le connessioni che


appresso si portava, cominciava a “scottare” troppo
e per quella ragione pensò di sostituirla.
Se questo è vero, è altrettanto vero che un simile
problema non poteva essere sorto che solo dopo
che la connessione col delitto di Signa era stata

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fatta, dunque dopo Baccaiano.


Prima del 1982, dato anche il “minore” numero di
delitti, a cui quello di Signa è da togliere per il
mancato abbinamento, e soprattutto data l'assenza
di vere piste che all'epoca esisteva, la ragione
stessa per un cambio di arma, viene a mancare.

▪ Quando il MdF pensò di cambiare arma?


• Come su già proposto, questo deve fatto risalire ad una
data posteriore alla scoperta del Maresciallo Fiori,
dell'unicità di arma tra Signa ed il resto della serie
maniacale omicidiaria

• risposta più specifica, non può qui per adesso, essere


fornita

Quindi: nel caso in cui, un “anonimo MdF” avesse avuto intenzione di cambiare
arma, questo ci darebbe una specifica e completamente autonoma conferma che:
▪ il MdF, “l'anonimo” MdF, fosse comunque legato al delitto di Signa

Al contempo però, ci darebbe anche indicazione che:


▪ il MdF non provava per l'arma un vero e proprio attaccamento morboso feticista.
▪ Questo è in contrasto con quanto stimato dai periti della FBI; e dal De
Fazio,a d esempio

▪ Questo è in contrasto col fatto che l'arma non sia mai stata sostituita
per una di potenza maggiore

▪ questo è in contrasto col fatto che a differenza dell'arma bianca e/o


delle escissioni, l'arma da fuoco sia invece sempre stata usata e
sempre con la medesima modalità di rapido conseguimento della
superiorità di dominio

▪ questo ipotizzato mancato particolare attaccamento primario feticista


all'arma, potrebbe indicare un mostro che pone maggiore attenzione al
lato “materiale” di salvaguardia della propria sicurezza, rispetto al lato
“immateriale” affettivo-feticista

▪ nel caso in cui questa indicazione di mancato attaccamento


feticista all'arma sia corretto, questo potrebbe
tranquillamente portare a presupporre che il MdF possa
anche aver ucciso altre persone, con altre armi e modalità.

A2) nel caso in cui invece un anonimo mostro mai pensò a cambiare l'arma da fuoco:
▪ questo sarebbe in accordo con:
▪ il feticismo per l'oggetto arma

▪ sarebbe in accordo con quanto detto da FBI, De Fazio, psichiatri e


criminologhi come da casistica sui serial killer

▪ sarebbe in coerenza con il non essere passato ad un arma di maggior


potenza o cadenza di fuoco

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▪ sarebbe in coerenza con col fatto che la stessa arma sempre venne
utilizzata per tutti i delitti e sempre con la medesima modalità e scopo

▪ al tempo stesso però indicherebbe:


▪ o che non si sente realmente nel mirino delle indagini

▪ o che non teme di essere scoperto e catturato

▪ o che non è finito nel mirino delle indagini

▪ o che si reputa più in gamba degli investigatori

▪ o che è certo che l'arma non possa essere trovata, se non in


concomitanza con un arresto in flagranza di reato, ma a quel
punto, l'arma diventa il minore dei problemi.

Prima di passare alla domanda calata sul personaggio oggetto di attenzioni, preferisco però
introdurre il lettore “all'atmosfera”dell'immagine che questa risposta fornirà.

Focalizzate dunque un mostro che per anni, per attaccamento feticista all'oggetto-feticcio-
pistola, non gli passa nemmeno per la testa anche solo di pensare di potersi separare da
essa.
Il tempo a disposizione l'avrebbe e le occasioni con esso, ma il filo di sangue che lo lega
all'arma non gli permette nemmeno di immaginare una simile idea.

Quella è la sua firma.


Il suo nome.
Il suo ego.
Il suo potere nelle notti di novilunio e il suo potere i giorni a seguire sui giornali e alla
televisione.

Ma quando poi invece, anni e delitti dopo, si rende conto dei rischi che adesso sta correndo
continuando utilizzare la sua firma, anche scagionando persone arrestate al posto suo e
quindi auto stringendosi il cappio attorno, ecco in questo momento l'idea di spirito di
autoconservazione gli può anche balenare nella mente ed avere la superiorità rispetto a
quella narcisista-feticista del ricordo del primo possesso.

Ma ormai è tardi.
Gli occhi e le orecchie degli investigatori sono puntati su di lui.
Non è più libero di procurasi un'arma e altre differenti munizioni senza veramente rischiare di
brutto.
Deve uccidere per soddisfare le sue deviate psicotiche fantasie, ma è anche una persona
raziocinante, sicura di sé anche grazie ad avercela sempre fatta.
E' lucido.
Sa ragionare in fretta, adattarsi alle situazioni e rivolgerle a suo favore.
Sa cosa può e sa fare e cosa non può e non sa fare.

Sa uccidere.
Ma non sa andare in giro a comprare armi e munizioni senza lasciare tracce e senza correre il
rischio che chi gliele venda non lo tradisca.

Sa uccidere.
Ma da codardo.

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Assalendo inaspettato povere coppie di fidanzatini inscatolati in auto al buio e distratti dalla
gioia dell'amore.

Sa essere violento, sì, ma con deboli e sottomesse donne.

Non si sente e non è quindi in grado di uscire di casa per andare ad ammazzare una persona
che per mestiere è obbligato ad andare in giro armato, e dopo averlo ucciso, e ovviamente
non con la famosa calibro22LR, derubarlo dell'arma.

Non è uno capace di assalire una persona armata.


E nemmeno se ne trovano tante di persone armate di pistola a passeggio per i campi di
notte.

E poi, diciamocelo, un briciolo di rischio ci sta tutto [ NdA: si noti il parallelo con la frase pronunciata
dal SV “,alle ore 10,45 del 9.12.1985, dinanzi allo scrivente [Ten. Col. Torrisi] ed al Comandante del Nucleo
Operativo ...SNIP... "se non c'è errore non ci può essere rischio” - Rapporto Torrisi 311/1]
Anche quello è adrenalina pura.
Rinunciare ai titoloni sui giornali? NO. Non se ne parla proprio.

La scelta è fatta.

Non bisogna cambiare l'arma.


La firma, il nome, l'ego sono parte del gioco e del piacere. Irrinunciabili. E poi non ne sarebbe
capace.

Quello che deve cambiare, quello che deve sparigliare, sono le carte in mano agli
investigatori.

Il mostro non è stupido.


Deve ritorcere contro gli investigatori esattamente quello che gli investigatori hanno ritorto
contro di lui.
Ecco il piano.
Ecco il delitto di Scopeti.

Il mostro deve dimostrare la propria estraneità ai delitti esattamente come,


involontariamente, ha dimostrato quella di Spalletti, di Francesco Vinci, di Giovanni Mele e di
Mucciarini.
Uccidendo.
Ma uccidendo con un alibi a prova di bomba.

E chi meglio dei suoi stessi controllori gli può offrire una simile opportunità?
Nessuno.

Il mostro sa di essere controllato, ascoltato e pedinato [NdA: saltuariamente]


• il mostro sa che può colpire in determinate fasce orarie senza problemi

• MA: Il mostro deve trovare un sistema per avvalorare l'idea però, che il delitto sia
avvenuto in giorni e fasce orarie nelle quali è controllato [ NdA: ci si ricordi la dichiarazione
del Perugini in merito]

• il mostro altrettanto sa che ovviamente i cadaveri non devono essere scoperti nelle
immediatezze del delitto. I cadaveri andranno dunque nascosti.

Il mostro ai Carabinieri li ha già “fregati” altre volte: nel 1960 e nel 1968 [ NdA: e anche nel 1982

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e nel 1983, visto che non hanno insistito ] si son bevuti quello che gli ha raccontato, gli alibi fasulli
che gli ha propinato.
Non c'è ragione perché anche questa volta non gli debba andare bene.
La fortuna è sempre stata dalla sua parte e le sue “capacità di scaltrezza” sono ormai
leggenda.

Lui non è più “lui” da un pezzo.


Lui è già entrato nella Storia.
E' imprendibile. E' un fantasma nelle notti buie. Un astuto demone assetato di sangue. Il
narcisismo è alle stelle. Lui è il Mostro. Il Mostro di Firenze.

Ecco, provate adesso a rileggere questa ultima parte di documento sostituendo il termine
“mostro” con l'acronimo SV, e adesso, se ancora volete, andiamo pure ad affrontare la
domanda: “perché il SV - MdF non cambiò arma?”

Ma preparatevi perché prima di fine capitolo, ci sono ancora delle “sorprese” capaci di
riallacciare fili dati per puramente ipotetici fino ad alcuni capitoli fa. Ma ne riparliamo dopo.
Prima rispondiamo alla domanda:

b) “perché il SV - MdF non cambiò arma?”


• 1968 – 1974: perché quando ne entrò in possesso, con l'inganno, a Signa, per 6 anni
non la usò;
▪ e dunque non aveva motivo reale di cambiarla

• dal 1974 al 1981,


▪ forse in quei 7 anni, magari nemmeno sapeva se avrebbe ucciso ancora;

▪ Perché in quel periodo nessuno sospetta di lui, né del legame col 1968

▪ In più, dal 1974, quell'arma diventa un qualcosa di tutt'uno con lui. L'oggetto
inizia a ad avere una propria anima, indissolubilmente legata alla mano del suo
padrone.
La pistola è “viva” solo quando Lui la impugna.
E lui è “vivo” solo quando impugnandola, spara per placare il suo odio verso le
coppie

▪ e dunque non aveva motivo reale di cambiarla

• dal 1981 al 1981bis,


▪ sa esattamente che avrebbe ancora ucciso, e che avrebbe ucciso esattamente
ancora con quell'arma

▪ perché in quel periodo nessuno sospetta di lui, né del legame col 1968

▪ perché in quella occasione sfoggia il suo attaccamento egocentrico e narcisista


usandola appositamente come strumento per rivendicare il proprio “titolo” sui
giornali [NdA: involontariamente scagionando Spalletti], legandosi ancora di più
all'oggetto-arma-feticcio

▪ e dunque non aveva motivo reale di cambiarla


• dal 1981bis al 1982:
▪ perché ormai all'arma è legato in forma patologica ed indissolubile

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▪ perché alla data del delitto nessuno sospetta di lui, né del legame col 1968

▪ perché nel post delitto, scoperto il legame con Signa e ascoltato dalla Della
Monica e da Vigna, si accorge in un attimo di non essere nelle attenzioni degli
inquirenti [NdA: arresto del Francesco, SM che non fa il suo nome, ad esempio ]

▪ e dunque non aveva motivo reale di cambiarla

• dal 1982 al 1983:


▪ perché c'è l'odiato fratello a farsi la galera al posto suo, anche grazie proprio a
quella specifica arma connessa con Signa.

▪ perché nessuno continua a sospettare di lui; il suo vecchio alibi su Signa


continua a reggere, perché SM continua a tacere i segreto che li accomuna;
perché la sua facciata di onesto e pulito incensurato lavoratore, continua a
reggere tranquillamente

▪ perché la perquisizione e l'interrogatorio subito post delitto, sono “roba di


routine” e nessuno insiste su di lui, anzi.

▪ Perché nonostante l'involontario scagionamento del detestato fratello e dunque


del possibile stringersi di un cerchio attorno, anche stavolta le attenzioni vanno
verso altri

▪ e dunque non aveva motivo reale di cambiarla

• dal 1983 al 1984 pre delitto:


▪ perché il SM continua a tacere il segreto che li accomuna

▪ perché al momento in carcere ci sono i Giovanni Mele e i Mucciarini

▪ perché ancora non gli hanno sequestrato nulla di compromettente

▪ perché al momento non c'è segno che lui sia veramente nel mirino
▪ ma qui è anche il momento in cui può, forse, aver cominciato a
pensare di sostituirla. Uccidendo sarebbero stati scarcerati Piero
Mucciarini e Giovanni Mele. Lo sapeva. Non poteva non saperlo.

▪ Ma un arma e le relativa munizioni, non è che la trovi girato l'angolo.


Soprattutto se ne devi entrare in possesso nella massima sicurezza e
anonimità possibile. Non puoi delegarne l'acquisto a qualcuno; non
puoi sperare che chi te la vende non vada in giro a raccontare di
saperne qualcosa, appena nuovamente colpirai come maniaco.
Ci vuole tempo. Ma il tempo del cooling off, arriva prima.
E col delitto arriva la scarcerazione dei sospetti, ed anche l'immediata
perquisizione: e con essa la scoperta dello straccio.

▪ E dunque nel pre delitto non aveva motivo pressante di cambiarla, e nel caso ci
abbia pensato, questo è senz'altro uno dei momenti di attenzione specie se
messo nel post delitto. Altrettanto vero che avrebbe dovuto porre prudenza nella
ricerca e nel cambio e questo può aver dilatato i tempi.

• post 1984 e pre 1985:

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▪ anche se l'alibi del 1968 ancora reggeva

▪ anche se il SM ancora non aveva raccontato il segreto dei loro rapporti


omosessuali, il SM questa volta aveva dovuto, giocoforza, “parlare” del SV

▪ anche se la Massa e la Pierini ancora non avevano fatto piena luce sul carattere,
le violenze e la personalità “complessa” del SV, anche se ancora una volta le
indagini rischiavano di imboccare la strada di un nome che non era quello del SV
[NdA: il Chiaramonti e il Calamosca, ad esempio ], il SV non può non accorgersi che
comunque le attenzioni lo stanno cominciando a riguardare in una maniera, con
una frequenza e con una pressione diversa da prima.
▪ È almeno dal 8 agosto 1984 che lo sa. [NdA: vedasi capitolo “Vicchio e le
perquisizioni”]

▪ infatti la immediata perquisizione del 30 luglio 1984 di cui è oggetto,


non è roba seria, non gli trovano dei coltelli nel comodino, non
sequestrano scarpe per confronti ed analisi, ad esempio; ma appena si
accorgono che l'alibi fornito fa acque e puzza, già l' 8 agosto 1984 gli
sono di nuovo addosso. E ben più seriamente.
▪ la immediata perquisizione dà comunque i suoi frutti: uno
straccio sporco di sangue e tracce di sparo

▪ E il 26 giugno 1985, dunque prima del delitto del settembre 1985, quando
nuovamente lo andranno a perquisire, con duplice perquisizione mattina e sera,
la perquisizione sarà roba particolarmente seria: non solo casa sua in via Cironi
a Firenze, ma anche la abitazione della compagna a Prato e una casa del
fratello, a Vaiano, nelle sue disponibilità [NdA: “abitazione del VINCI Salvatore, sita in
questa via Cironi n. 8, di quella della sua convivente, D'ONOFRIO Antonietta, sita in Prato, via
degli Organi n. 39, ed in un'altra sita a Vaiano, via Braga n. 15, di proprietà del fratello Giovanni,
ma anche nella sua disponibilità” - Rapporto Torrisi 311/1].
E alla perquisizione gli investigatori si presenteranno pure accompagnati dal
“personale tecnico del 7º Reparto Rifornimenti Misto, munito di apposita
apparecchiatura per la ricerca di armi” [Rapporto Torrisi 311/1]

▪ E ha conferma di essere ormai il bersaglio nel mirino, quando il 26 giugno 1985 i


Carabinieri non si accontentano più di controllargli casa sua, ma cacciano il naso
anche in quella della sua compagna e quella che ha a disposizione a Vaiano. Lì
capisce che i Carabinieri hanno raccolto molte informazioni su di lui. Tante. E' lui
che sta nel mirino adesso.

▪ Ed in effetti, lo intercettano e lo pedinano. Lo controllano.

▪ Cambiare arma adesso non servirebbe più a distogliere i sospetti, oltre ad


essere assurdamente rischioso procurarsene una nuova adesso come adesso.

▪ C'è solo una cosa che può fare [NdA: vedremo tra poco, che in effetti che lo cose che farà
saranno due]: pensare ad un piano che gli possa permettere di “fottere gli sbirri”
un'altra volta.
▪ Deve essere un qualcosa di astuto, che gli permetta di “toglierseli dalle
scatole” una volta per tutte

▪ Non può che trattarsi di un alibi.


Un alibi a prova di bomba.
▪ E gli unici che gli possono garantire un alibi di questo tipo,

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sono proprio “gli sbirri stessi”, a loro insaputa ovviamente

E poi, vi ricordate del biglietto con la scritta “Magiore Toriso” [ NdA: sequestrato al SV nel 1985, ma
scritto sicuramente prima di quella data]?
Vi ricordate che fino a questo momento gli impliciti ed espliciti significati connessi a quel
biglietto son stati trattati come mere e pure ipotesi, dunque come fili sciolti non in grado di
legarsi veramente alla trama del tessuto fino al pre Vicchio?
[NdA: nel caso, per i dettagli, si consiglia la rilettura del capitolo Giogoli e il biglietto “Magiore Toriso” - una
ipotesi ]

Bene, se riguardiamo adesso quel filo ci accorgiamo di come quel colore non stoni nel disegno
della stoffa, eppure non ne faccia parte, non ne sia un ricamo.

Ma con un piccolo “semplice” ritocco, con una piccola semplice variazione, si tramuti come
magicamente da una mera pura ipotesi, come ripetutamente segnalato dallo scrivente, in una
chiave interpretativa capace di aprire più serrature contemporaneamente.

Il biglietto, col “Magiore Toriso”, dicevamo:


• è certamente antecedente la data di sequestro

• da far risalire al 1983 abbiamo visto

• e a questo periodo abbiamo ipotizzato il sorgere dell'idea del SV di “interagire” con una
missiva (con o senza feticcio).

• Abbiamo visto come l'indirizzo riportato sul biglietto, crei una evidente ed immediata
connessione con il delitto di Signa del 1968

• abbiamo da questo dedotto una duplice possibilità di funzione di una lettera “inviata”
da Via dei Colli, Signa:
▪ o/e rivendicazione di tutta una scia di sangue e morte fin dal 1968 in avanti

▪ o/e una possibile azione di depistaggio caluniatorio ai danni del Francesco in


particolare

• sia come sia, né dopo Baccaiano né dopo Giogoli, il SV avrebbe potuto inviare una
lettera “anonima” con certezza di garanzia che fosse stata inviata dal mostro, se
questa non avesse contenuto un lembo di carne di una delle vittime [ NdA: un bossolo non
sarebbe bastato tenendo conto di tutti quelli non ritrovati negli anni, e nemmeno un oggetto preso dalla
scena del crimine avrebbe potuto avere certezza assoluta essendo potuto essere stato sottratto da altri
dopo il delitto]

• per inviare la lettera con feticcio, il SV doveva colpire nuovamente. Ciò accadde nel
1984 a Vicchio, ma la immediata perquisizione e la puerilità di alibi [ NdA: a riprova che più
di tanto fino all'epoca non si aspettava che lo mettessero sotto torchio ], forse lo obbligò a dover
rinunciare all'invio della lettera, o forse l'ipotesi era proprio solo una ipotesi.
Comunque:
▪ non poteva essere sicuro che i Carabinieri, durante una perquisizione, non
avessero notato il biglietto che aveva conservato in casa, pur non avendolo
sequestrato

▪ il lembo di carne andava spedito al massimo uno o due giorni dopo l'escissione,
causa putrefazione, ma fin da subito dopo la perquisizione, il SV poteva già
essere pedinato, lui in quel momento non poteva ancora saperlo, e dunque

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avrebbe corso un rischio enorme e recarsi fin proprio in quella specifica via.
Anzi, più che un rischio, si sarebbe tratta di una pubblica confessione.

• In più, se lo scopo originale era depistare cercando di incastrare il detestato fratello,


adesso tale obiettivo era veramente difficile da raggiungere e assai poco credibile per
gli inquirenti. Dunque superato nei fatti e nei tempi

• Se lo scopo invece era soprattutto e/o anche, un ennesimo gesto di folle egocentrismo
e narcisismo deviato rivendicativo, nella testa di uno psicopatico assassino questo
“desiderio” obbligato dalle circostanze ad essere represso per anni, era ancora ben
presente.
▪ Si trattava solo di adattarsi alle circostanze, accomunargli e aggiungergli anche
un altro significato e rimandare ancora un po'.

▪ Prima c'erano cose più importanti da fare; post Vicchio, non si poteva rischiare
senza dire “hey, sono io, venitemi a mettere i ferri ai polsi” [NdA: frase ipotetica
dell'Autore]. Prima c'era da pianificare come riuscire a conseguire l'alibi perfetto.

▪ Poi, anzi assieme, avrebbe colto quattro piccioni con una fava:
▪ avrebbe ucciso, godendo della distruzione che portava ad una nuova
coppia

▪ uccidendo, avrebbe costruito il suo alibi

▪ avrebbe spedito la lettera, rivendicando tutto il sangue innocente che


aveva versato, dal 1974 al 1985

▪ si sarebbe fatto beffe degli inquirenti

• certo, c'era qualche dettaglio ancora da studiare, qualche particolare da cambiare,


qualche attenzione da porre e qualche rischio da correre, ma il gioco ne valeva la
candela (e poi, del resto, quali altre possibilità gli restavano?)
▪ la lettera ad esempio:
▪ non avrebbe più avuto senso inviarla ai carabinieri, al Torrisi. Anzi,
inviarla proprio a lui sarebbe stato un vero inutile rischio. Un attirare
inutili attenzioni

▪ Di Via dei Colli, Signa, poi non ce ne era proprio più bisogno. Anzi,
anche in questo caso la cosa sarebbe stata controproducente.
Adesso dal 1968 era meglio “allontanarsi”, visto che il SM ora lo aveva
tirato in ballo per quel delitto [NdA: dichiarazioni del 30 maggio 1985 del SM ]

▪ la rivendicazione del titolo e la beffa, doveva riguardare solo le


“imprese” del mostro.
Signa non andava bene, ci voleva una località più prossima a Borgo
San Lorenzo.
San Piero a Sieve, andava benissimo.

▪ la rivendicazione del “titolo” e la beffa, doveva riguardare solo le


“imprese” del mostro.
Chi meglio di uno di quei due “sbirri” che per primi erano venuti a
disturbare la sua tranquillità fin dal lontano 1982, come destinatario?
Nessuno prima era venuto a fargli domande sul mostro.

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Chi meglio addirittura di una donna?


Chi meglio dunque della Della Monica?

Adesso bisognava solo accertarsi di essere seguito, capire come lo controllavano. “Controllare
i controllori”
Poi bastava prendere le giuste accortezze, colpire o far credere che il mostro avesse colpito
mentre potevano certificare che lui era a casa o comunque sorvegliato e dunque
impossibilitato ad essere sul luogo del delitto [ NdA: Perugini, come abbiamo visto, proprio questo
dedurrà dai controlli dei Carabinieri, escludendolo de facto dalla lista dei sospetti ]

Bastava che i cadaveri non venissero trovati immediatamente.


Un giorno, due al massimo e due era già impensabile.
Un giorno, aveva solo bisogno di un giorno di ritardo nella scoperta dei corpi.
E aveva bisogno di una lettera [NdA: il perché nello specifico verrò illustrato nella sezione di Scopeti ]

Come avrebbe fatto?


Li avrebbe chiusi nel bagagliaio?
Avrebbe spostato l'auto?
Avrebbe coperto l'auto con un telone?
Li avrebbe coperti con rami e frasche?

Non lo sappiamo. Forse non lo sapeva per certo nemmeno lui. Forse avrebbe semplicemente
improvvisato.

Anche questa volta la fortuna gli venne in aiuto.


A Scopeti, c'era una tenda, montata.
E due turisti, pure stranieri, dentro.

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Scopeti, la lettera alla Della Monica [dati e fatti]

Da un embrione ideale di lettera non spedita, a quella invece macabramente inviata con
certezza alla Della Monica: è tempo di confrontarci con questo innegabile fatto e scoprire
cosa da esso si può determinare.

venerdì 6 settembre 1985, ore 20:30 circa:


ultimo avvistamento della coppia di francesi in vita, al Festival dell'unità di Cerbaia

notte tra venerdì 6 settembre 1985 e sabato:


data delitto secondo quanto esposto in questo documento di Studio

sabato 7 settembre 1985, ore 12:


ora in cui viene effettuato l'ultimo prelievo dalla cassetta delle lettere di San Piero a Sieve,
prima di quello del lunedì mattina.
• “Il precedente prelievo era stato fatto il sabato 7 settembre sempre tra le ore 10 e le
ore 12 e la posta era stata regolarmente timbrata”. [fonte: testimonianza del Maresciallo Pietro
Frilici come da indagini svolte con il direttore dell'ufficio postale e la postina addetta al prelievo della
posta]

notte tra sabato 7 settembre 1985 e domenica:


data delitto secondo la perizia dell'equipe del dottor De Fazio

notte tra domenica 8 settembre e lunedì:


data delitto secondo la perizia dell'equipe del dottor Maurri
e
data delitto secondo le dichiarazioni del “collaboratore di Giustizia” G. Lotti

lunedì 9 settembre 1985, tra le 10:00 e le 12:00


al massimo con la levata mattutina della posta che avveniva di norma tra le 10:00 e le
12:00, in una cassetta delle lettere di San Piero a Sieve, a circa una quarantina di chilometri
di distanza da Via degli Scopeti [ NdA: una cinquantina se si prende l'autostrada ], viene prelevata
dalla postina signora Camiciottoli, da una cassetta delle Poste anche una lettera anonima.

Tale lettera, prelevata assieme alla corrispondenza ordinaria, finisce ovviamente all'ufficio
delle Poste di San Piero a Sieve, per essere smistata.
• “la busta portava il timbro di provenienza datato 9 settembre 1985 dell'ufficio postale
di S. Piero a Sieve”. [Fonte: deposizione del Maresciallo Pietro Frilici]

• “detto ufficio aveva giurisdizione su un territorio molto vasto che comprendeva undici
cassette postali” [Fonte: deposizione del Maresciallo Pietro Frilici]

• “che la posta veniva raccolta giornalmente dai portalettere dalle ore 10 alle ore 12 di
ogni giorno feriale e portata all'ufficio postale” [Fonte: deposizione del Maresciallo Pietro Frilici]

• “veniva accatastata alla rinfusa su un tavolo e timbrata singolarmente dall'impiegato


addetto dalle ore 12 in poi.” [Fonte: deposizione del Maresciallo Pietro Frilici]

• La portalettere addetta, certa signora Camiciottoli “Aveva altresì ricordato che era
stata l'ultima a versare la posta sul mucchio e che la lettera era sulla parte superiore
dello stesso” [Fonte: deposizione del Maresciallo Pietro Frilici]

lunedì 9 settembre 1985, ore 12:00 circa:

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il direttore dell'Ufficio Postale, addetto alla timbratura e allo smistamento manuale delle
lettere, nota la lettera anonima tra la corrispondenza in entrata: la lettera è particolarmente
difforme per intestazione dalla comune corrispondenza che è facile notarla.
• “secondo quanto riferito dal teste Frillici, era stato il direttore che timbrava la posta ad
accorgersi della presenza della busta, che aveva visto in cima al mucchio, per la
particolare maniera con cui era stato redatto l'indirizzo.” [Fonte: deposizione del Maresciallo
Pietro Frilici]

• La portalettere addetta, certa signora Camiciottoli “Aveva altresì ricordato che era
stata l'ultima a versare la posta sul mucchio e che la lettera era sulla parte superiore
dello stesso” [Fonte: deposizione del Maresciallo Pietro Frilici]
▪ si noti con attenzione però che se la lettera rimane “in cima al mucchio”,
significa che doveva trovarsi al “fondo del sacco” usato dalla porta lettere per
raccogliere la posta in arrivo dalle buche delle lettere, così che una volta
svuotato questo rigirandolo sul tavolo, risultasse in cima a quelle imbucate dopo
di lei.

Lunedì 9 settembre 1985 alle 14:00 circa:


i corpi delle vittime vengono scoperti nella piazzola su via degli Scopeti

martedì 10 settembre 1985, fra le 10:00 e 11:00:


la lettera fra le “10: e 11” del martedì mattina, viene quindi consegnata al “destinatario”: la
Procura della “Republica” di Firenze; all'attenzione della Dottoressa Silvia Della Monica [NdA:
la lettera “il 10 settembre 1985 giunse in Procura”], che fino al gennaio 1984 si era occupata
direttamente dei casi dei delitti del MdF
• si noti che la Della Monica, assieme al dottor Pier Luigi Vigna, erano stati i primi
inquirenti ad ascoltare il SV nel 1982, dopo la scoperta della connessione col delitto di
Signa del 1968

Sull'involucro della lettera, affrancata, quand'anche presenti, non vengono rilevate impronte
digitali utili alle indagini: principalmente per la quantità di mani che hanno effettivamente
manipolato l'involucro prima della sua apertura e analisi.
• “indirizzata alla "Dott. Della Monica Silvia Procura Della Republica Firenze"”

• “l'indirizzo era stato composto mediante accoppiamento di lettere dell'alfabeto


ritagliate da riviste, e dove la parola "Repubblica" era scritta con una "b" sola”

Nell'involucro è contenuto un lembo di carne, che verrà incontrovertibilmente associato alla


Nadine Mauriot.
• “al cui interno era contenuto un lembo di pelle cm 2,8 x 2 e mm 2/3 di spessore, della
vittima femminile dell'omicidio di Scopeti.”

• “La parte escissa era stata


▪ avvolta dentro del cellophane

▪ chiusa dentro un foglio di carta piegato ed incollato lungo i margini. “

• “Nella busta, ...SNIP... vi era un foglio di carta ripiegato in due ed incollato lungo i
margini: all'interno di questo vi era un sacchetto di polietilene contenente un
frammento di tessuto mammario umano”

• “La perizia medico-legale esperita su incarico del PM dai periti dott. Franco Marini,
prof. Riccardo Cagliesi Cingolani, prof. Francesco Bartoloni di Saint Omer, affermava

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che il frammento di tessuto contenuto nella busta apparteneva a tessuto ghiandolare


e tessuto adiposo che l'indagine ematologica indicava come facente parte di tessuto
mammario umano, di un soggetto avente il gruppo sanguigno dei tipo A del tutto
analogo, per caratteristiche morfologiche e strutturali, a quello prelevato dai periti dal
cadavere della Mauriot, per cui i periti stessi concludevano concordemente nel ritenere
ammissibile l'appartenenza del reperto al corpo della ragazza uccisa”

Le indagini sui materiali con cui è composta la lettera, non hanno sortito utili indicazioni:
• “L'agente del Centro di Polizia Scientifica di Roma, Giorgio Trinca, tecnico incaricato dal
Procuratore della Repubblica di Firenze di eseguire analisi chimico merceologiche, in
dibattimento:
▪ "ha ribadito che sia la busta da lettera, sia i collanti (destrina e UHU) usati per
incollare busta, francobollo e caratteri dell'indirizzo, erano materiali comuni di
uso assolutamente corrente, commercializzati dovunque, come tali pertanto
privi di possibili caratteristiche individualizzanti.

▪ "Le lettere erano state ritagliate, poi, non da quotidiani ma da riviste periodiche
meno quotate, come dimostravano il minor grado di lucentezza e il minor
spessore della carta rispetto a quelle più quotate...SNIP... che, comunque, non
era stato possibile individuare.”

Ragioniamo dunque su queste informazioni, puntuali e precise, e vediamo quanto possibile


sia riuscire a determinare una corretta finestra oraria di spedizione della lettera da parte del
mostro.

1) la lettera non può essere stata imbucata né il venerdì notte, né il sabato mattina entro
le 12:00, né il lunedì dopo le ore 10 circa [ NdA: si tenga presente che comunque la lettera è
successiva al delitto]

2) la lettera può dunque essere stata inviata:


▪ sabato dopo le ore 12:00

▪ domenica, tutto il giorno

▪ lunedì, entro le ore 10:00-12:00 del mattino


▪ si noti che: per nessuna di queste tre fasce temporali, come
precedentemente visto, il SV è in grado di fornire indicazioni che ne
possano fisicamente e categoricamente escludere l'invio

3) per quanto la busta con l'indirizzo in caratteri ritagliati, possa anche essere stata
preparata precedentemente al delitto, l'operazione di ripulitura del lembo di seno di
parte del grasso mammario per evitarne una veloce putrefazione, l'inserimento e la
chiusura con colla nel duplice materiale plastica e carta:
▪ non può essere stato fatto contestualmente al delitto, né tanto meno sul luogo
stesso del delitto

Si noti che: questo dunque non risulta in contrasto con la tesi del delitto commesso tra il
venerdì 6 settembre e il sabato 7 settembre, o alle prime luci dell'alba del sabato stesso;
anzi:
• immaginando un delitto compiuto in tale fascia diaria/oraria, subito successivamente al
delitto:
▪ a) al mostro sarebbe rimasto sia il tempo per “ripulisci” e sistemare [ NdA:
nessuno sa cosa ci facesse effettivamente coi feticci una volta poi asportati ] i feticci asportati,

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sia preparare la lettera e quindi andare a spedirla il prima possibile: ossia già
nella stessa giornata di sabato. Tali operazioni richiedono un minimo di tempo,
ed ecco cosi arrivare le lancette a dopo il mezzogiorno, viaggio compreso.
▪ si noti che: non si ha certezza alcuna se il MdF effettivamente
conoscesse gli orari di levata della posta e quindi abbia provveduto ad
inviarla appositamente dopo l'ultimo passaggio di raccolta prima del
Lunedì, o per mera ignoranza sugli orari di detti passaggi, il suo scopo
non fosse stato quello di spedirla prima dell'ultima raccolta del sabato
mattina, di modo da far recapitare nel più breve tempo possibile la
lettera in Procura

• b) il “liberarsi” di una simile compromettente lettera era una operazione che i


il MdF avrebbe per logica dovuto compiere in fretta. Nel caso in cui, anche
solo casualmente, un simile documento gli potesse essere rinvenuto tra le
mani, anche non contestualmente al porto o al possesso dell'arma, era già
condizione più che evidente e sufficiente ad incastrarlo in maniera univoca
per tutte le serie di delitti compiute con la Calibro 22 L.R.

4) si noti che se come detto e confermato, la lettera anonima, allo svuotamento del sacco
sul tavolo dell'ufficio postale, rimase “in cima” alle altre, questo sta ad indicare che nel
sacco che la conteneva stava al fondo.
▪ Ossia che era stata raccolta:
▪ a) ad inizio giro,e dunque su una fascia oraria più prossima alle 10:00
che alle 12:00

▪ b) che anche all'interno della cassetta la lettera doveva a occupare


mediamente una posizione “in basso”, e dunque risultare imbucata
come una delle prime lettere dopo il passaggio di raccolta del sabato 7
mattina, fascia oraria 10-12

Come si vede dunque, a parte la determinazione degli estremi temporali della finestra di
spedizione, di concreto e sicuro resta ben poco da dire.
Ma se di concreto e sicuro c'è poco da dire, c'è invece molto da dire a livello di particolari,
significativi o meno che siano, che possono essere notati:
1) la dottoressa Silvia Della Monica era l'unico inquirente donna

2) la dottoressa Della Monica, nel 1982 aveva “sentito come persona informata dei fatti”,
il SV, prima volta che il Vinci veniva ascoltato dalle Autorità a partire dal lontano 1968

3) la dottoressa Silvia Della Monica era da circa un anno che non seguiva più
direttamente il caso del MdF [NdA: si occupava più che altro di mafia all'epoca]

4) la lettera è stata spedita da una cassette delle lettere, distante dal luogo del delitto
[NdA: distanza di circa 40-50 km]

5) il SV non è stato in grado, non solo per le finestre temporali possibili del delitto vero e
proprio, ma nemmeno per quelle relative alla spedizione della missiva, raffronti e
azioni capaci di poter fisicamente escludere che abbia avuto modo di recarsi fino a San
Piero a Sieve.

6) la lettera è stata spedita da una cassette delle lettere nei pressi di Borgo San Lorenzo,
dove nel 1974 il mostro e maniaco, colpì per la prima volta [ NdA: distanza di circa 5 km]
▪ un obbligato abbinamento con Scopeti, visto il lembo di carne incluso, ed una
ideale richiamo a Borgo San Lorenzo, visto il luogo di spedizione, sono

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idealmente la “a” e la “z” delle azioni delittuose del MdF alla data

7) l'intestazione della lettera, ha un forte richiamo con le informazioni scritte dal SV sul
biglietto sequestratogli in casa il 26 giugno 1985, ossia in data anteriore a quella del
delitto degli Scopeti [NdA: entrambe “formali” con quei Sign. E Dott.; entrambe con una doppia
scritta in modo errato; entrambe con nominativi venuti in contatto col SV per motivi investigativi connessi
ai delitti della Calibro22 L.R., ad esempio]
▪ “Dott. Della Monica Silvia Procura della Republica 50100 Firenze”

▪ “Sign. Magiore Toriso Via Colli n. 101 – 264261”

Possiamo inoltre notare che una lettera contenente un brandello di carne di una delle vittime
era indubbiamente:
1. l'unico modo certo ed univoco di identità del mittente

2. di alto impatto sia umano sia mediatico

3. capace di obbligare gli investigatori a dirottare attenzioni e sforzi investigativi e di


risorse umane su tale particolare

Ma c'è a mio avviso di più.


Infatti, se non consideriamo per buona la possibilità di un mostro che “sbaglia” e arriva
“tardi” a San Piero a Sieve per imbucare la lettera perdendosi l'ultima levata del sabato [ NdA:
ipotesi effettivamente di poco valore visto il rischio che avrebbe comportato per il mostro andare ad imbucare in
pieno giorno tale missiva, col rischio evidente di poter essere notato lui o il suo mezzo di trasporto ]
• 1) un invio indeterminabile nella sua fascia tra il sabato dopo le 12 e il lunedì prima
delle 10, risulta foriero di ricercato e voluto effetto di incertezza; cosa che ben si
sposa con la plausibile necessità di sapere a priori che, una volta ricevuta la lettera
[NdA: a cadaveri scoperti o meno che possa essere], si possa essere interrogati in merito
▪ si noti, assai importante, che: tutti i soggetti entrati nelle indagini, anche negli
anni precedenti, ogni volta che veniva scoperto un nuovo delitto del mostro,
venivano sentiti in merito e perquisiti

• 2) un simile intento di “incertezza” dunque, sarebbe stato utile solo ed


esclusivamente ad una persona già nota e sospettata dagli inquirenti
▪ ricordiamo appunto come il SV già lo fosse

▪ ricordiamo come con il delitto degli Scopeti la cerchia dei sospetti


MdF, collegabili direttamente con Signa 1968, fosse ormai quasi
praticamente ridotta a ben pochi nomi: SV in primo piano tra questi
[NdA: visto il non alibi fornito per il delitto di Vicchio, visto lo straccio sequestratogli,
e visto le nuove dichiarazioni del SM]

▪ si noti che se ti accusano di essere il mostro, gli inquirenti devono a


questo punto, non solo riuscire a metterti fisicamente sul luogo del
delitto, Scopeti, ma devono anche riuscire a metterti fisicamente sul
luogo della spedizione, San Piero a Sieve.
▪ Lo sforzo è maggiore per provare una simile duplice cosa

▪ se si è in grado di avere un “alibi” che regge per uno dei


due punti, giocoforza fa scartare anche l'altro
• a meno che la sola lettera non sia stato qualcun altro, di
estrema fiducia, a spedirla per te.

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Una lettera dunque con intento di sfida alle Autorità?


Una lettera dunque con intento di beffa e scherno alle Autorità?
Una lettera dunque con intento di depistaggio delle Autorità?
Una lettera dunque con intento di rivendicazione dei delitti dal 1974 al 1985?
Una lettera dunque con intento di meglio garantirsi un alibi ed una via d'uscita con le
Autorità?

Genericamente parlando, tutte queste opzioni sono valide. E probabilmente, come sempre,
non sono nemmeno da prendere come esclusive ma bensì come tutte partecipanti all'unico
piano, al disegno complessivo vero e proprio.

Si noti però che quando si esce dal piano generico di un mostro anonimo, e lo si deve fare
proprio per la aleatorietà che l'invio della lettera ha generato non permettendo di comprimere
la fascia oraria in cui è stata spedita, non si può non riconoscere in questa aleatorietà ed
incertezza, una pre pianificata scelta ben precisa da parte del mostro.

Questo dunque, rende esplicito l'implicito.

Ossia, questo mette definitivamente a nudo che il mostro, necessitando di quella fascia di
incertezza temporale, era una persona che già a priori sapeva che di lì a breve, Carabinieri ed
investigatori si sarebbero precipitati a fargli delle domande.

Solo ad un nome già presente nella lista dei sospetti faceva comodo un simile gioco.

Il mostro dunque non poteva che essere che una persona già oggetto di attenzioni, e
abbastanza specifiche si potrebbe dire vista la necessità di organizzare e realizzare un simile
piano.

Quindi:

1. Visto il legame con il delitto di Signa del 1968 tramite l'arma da fuoco,
2. visto che lo Stefano Mele, il mostro non lo poteva essere
3. visto che il Francesco Vinci, il mostro non lo poteva essere,
4. visto che il Piero Mucciarini, il mostro non lo poteva essere
5. visto che il Giovanni Mele, il mostro non lo poteva essere
6. visto che altri nomi connessi a Signa, sono stati esclusi categoricamente dagli
inquirenti

7. visto quanto a noi ormai noto del Salvatore Vinci


▪ traumi infantili
▪ violenze e soprusi
▪ alibi falsi e alibi inconsistenti
▪ oggetti di interesse specifico sequestrati nelle sue pertinenze
▪ legame diretto con Castelletti di Signa
▪ assenza di alibi anche per le fasce di possibile invio della lettera
▪ conoscenza diretta della Della Monica [ NdA: e pregresso biglietto con il nome del Ten.
Col. Torrisi]
▪ soggetto già in attenzione come sospetto e a conoscenza che in caso di nuovi
delitti la sua abitazione sarebbe immediatamente stata perquisita

Visto tutto questo, adesso, un “colpire per crearsi un alibi”, come accennato nel capitolo
Scopeti nel post Vicchio: cal.22 non buttata, l'idea della lettera e il piano [salvezza], suona
ancora così strano?

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Visto tutto questo, adesso, un “colpire per crearsi un alibi”, come accennato nel capitolo
Scopeti nel post Vicchio: cal.22 non buttata, l'idea della lettera e il piano [salvezza], un
pianificare un delitto, che comunque si vuole compiere, cercando di massimizzare “l'utile” e
nel piano del delitto stesso cercare la propria possibilità di “salvezza” futura, suona ancora
così strano?

E se “tutto questo” ancora non basta, eccoci pronti per il prossimo capitolo:

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Scopeti: il piano come conferma

I dati ormai ci son tutti, e anche in questo caso quindi non avremo bisogno di ricorrere alla
necessità di introdurre “indeterminate variabili esterne” per far tornare i conti: basterà il
buon senso, la plausibilità e la logica ad evidenziare il filo, unico, che fa da comune legante.
Anche in questo caso, la “coperta - SV” sarà larga a sufficienza da coprire tutto il “letto-storia
del mostro”.

Guardiamo, o meglio riguardiamo, i dati che abbiamo per le mani:

1. 1968-1982: fino al 20 luglio 1982, la calibro 22 LR non era nemmeno stata messa in
relazione con il delitto di Castelletti di Signa, e dunque i sardi e SV tra loro, nemmeno
era stato preso in considerazione per le indagini
▪ Il che significa che fino a quella data il SV aveva potuto agire impunemente
[NdA: unici momenti di rischio, quelli connessi a possibili testimoni, sempre rivelatisi però
inesistenti, o al tentativo di dire che il Mainardi fosse riuscito, cosa non vera, a parlare prima di
spirare]

2. 1983-1984: a connessione scoperta tra il delitto del 1968 e i successivi, per il 1983
e fino a quello del 1984: il SV non rientra se non in forma puramente routinaria tra i
sospetti, ed è libero di agire impunemente.
▪ È solo dopo il delitto di Vicchio del Mugello che il SV gli investigatori lo
cominciano a vedere come soggetto degno di reali attenzioni
▪ l'alibi che fornisce è “misero”

▪ gli viene sequestrato uno straccio sporco di sangue e di polvere da


sparo [NdA: si noti con attenzione che il SV ufficialmente non abbia mai posseduto
armi, né mai abbia posseduto la licenza di possesso e/o porto d'armi: e e che quindi
tali macchie sono ben difficili da poter essere spiegate ]

▪ ma comunque il SV non viene visto fin dal subito dopo delitto, come un
serio indiziato. Deve passare un po' di tempo.

3. 1984 post Vicchio: riunendo assieme un po' di fili rimasti sparsi dal passato, gli
inquirenti cominciano a valutare differentemente alcune dichiarazioni passate quasi
inosservate sul SV da parte del SM ad esempio. L'attenzione sul SV aumenta in
maniera esponenziale col passare del tempo, fino al culminare agli inizi dell'anno
successivo.
▪ Figlio e compagna del SV vengono ri ascoltati dagli inquirenti

▪ a ottobre viene trovata morta la prostituta Meoni Luisa, che il SV aveva citato
nell'alibi per il delitto del 1983

▪ a novembre, iniziano i primi pedinamenti del soggetto

4. inizi 1985: tra fine 1984, e inizi e l'estate 1985, l'escalation di attenzioni sul SV è
vertiginosa:
▪ pedinamenti (1 novembre 1984)

▪ vengono sentite le ex compagne e vecchie amicizie (metà aprile)

▪ intercettazioni telefoniche (26 aprile 1985)

▪ le sue case e pertinenze e quelle delle persone a lui collegate, vengono passate

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al setaccio, proprio alla ricerca della pistola (26 giugno 1985)

▪ alla stessa data, 26 giugno 1985, gli viene sequestrato il famoso biglietto con le
indicazioni del “magiore Toriso”

▪ Stefano Mele racconta dei loro legami omosessuali (30 maggio 1985)

▪ Stefano Mele accusa direttamente SV per il delitto della moglie Barbara Locci (12
giugno 1985)

▪ la Procura direttamente apre un fascicolo a suo carico (primavera 1985)

▪ i pedinamenti si intensificano (1 luglio 1985)

SV si sente le manette ai polsi. Non può non sentirle. Non può non sapere che i ferri per
stringergli i polsi son pronti.

Ma il SV, già lo abbiamo visto e detto, non è uno stupido. E' astuto e di pronta reazione.

Del resto, ha già anche iniziato a prendere alcune contromisure:


▪ “nel periodo susseguente alla perquisizione domiciliare eseguita nella sua
abitazione il 26.6.1985, diviene più cauto, sia nell'uso del linguaggio attraverso
il telefono, che nei suoi rapporti con gli amici” [rapporto Torrisi 311/1], e “nel
periodo posteriore alla perquisizione domiciliare effettuata come già detto, il 26
giugno 1985, nella sua abitazione, egli dimostra di essere più cauto, ma
soprattutto apprensivo e pauroso “ [Rapporto Torrisi 311/1]

Ma delle semplici precauzioni non bastano.


Non possono bastare.
E non possono bastare per almeno due ragioni:

a) che lo voglia o meno, a Signa SV è comunque legato a filo doppio, non fosse altro che per
la sua diretta conoscenza sia con le vittime sia coi soggetti attenzionati per quel delitto, e
quindi non può uscirsene di scena facilmente

b) e poi perché non ha alcuna possibilità di poter smettere di uccidere.

Certo è un mostro, maniaco e deviatamente psicopatico che uccide, che è anche un mostro
ben capace di gestire periodi di tempo tra un delitto ed un altro. Un mostro assassino che,
per mille ragioni alcune ipotizzabili altri ignote come la psiche umana, non vive la sua
psicopatologia assassina come in una corsa frenetica contro il tempo. Il piacere che lo
soddisfa nella sua azione di distruzione della coppia, uccidendo, è un piacere che riesce a
perdurare nei suoi ricordi. Non scompare a brevissimo termine.
Ma resta pur sempre uno psicopatico affetto da grave devianza antisociale. Non è lui che
realmente può decidere di smettere o continuare ad uccidere. Lui ci può mettere solo un pò
più di attenzioni, di pianificazione, di precauzione: ma al dare la morte non può rinunciare.
Infatti, per quanto sia dimostrato che il MdF avesse un buon grado di gestione della spinta
psico patologica omicidiaria, cosa che gli consentiva una una gestione dei delitti su finestra
temporale ampia, questa era comunque esistente e non bastava certo la preoccupazione di
poter essere arrestato a bloccarla, se non di fatto non avrebbe mai colpito.

Ma, come detto, sappiamo che il SV non è uno stupido e assai trasparentemente, complice
l'altrimenti inspiegabile [NdA: e del resto non spiegato dal SV ] biglietto sequestratogli con le
indicazioni del Ten. Col. Torrisi sequestratogli, a qualcosa il SV già aveva iniziato a pensare da

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un po' di tempo a questa parte.


Che l'idea di tale biglietto, originalmente, fosse già quella di allontanare i sospetti da sé non
lo possiamo sapere.
Ma del MdF sappiamo che era uno in grado, molto ben in grado, di adattarsi alle situazioni ed
all'evolversi delle stesse; prudente e pronto di riflessi e di ragionamento.

E così, proprio come il fatto stesso che per il delitto degli Scopeti il MdF abbia avuto la
necessità di dover ritardare la scoperta dei cadaveri ci serve su un piatto d'argento la
conferma che, alla scoperta dei corpi, gli investigatori gli sarebbero immediatamente
piombati in casa [NdA: permettendoci così definitivamente di escludere un MdF come soggetto estraneo mai
entrato nelle indagini]; così altrettanto quel biglietto, biglietto sequestrato proprio a casa di SV e
non di altri, ci dà coerenza di legame sia con la lettera effettivamente inviata alla Della
Monica, sia con l'elaborazione di un piano, per Scopeti, dal marcato sapore depistatorio.

Abbiamo visto che dopo Vicchio al MdF, mostro obbligatoriamente a questo punto da
ricercarsi tra i nomi dei soggetti all'epoca attenzionati, non fosse più possibile disfarsi della
Calibro 22 LR per passare ad una nuova arma.
Del resto, attaccato feticisticamente con legame indissolubile di sangue a quella pistola, e
comunque soggetto all'impossibilità di interrompere da sé la catena omicidiaria come da
psicopatia che lo affliggeva, probabilmente nemmeno mai ci pensò; nemmeno quando
cominciò realmente a sentirsi la pressione degli investigatori addosso.
Quella era la sua arma; la sua firma; il suo strumento che gli permetteva di raggiungere il
piacere di massacrare e distruggere le odiate coppie.

No. Il MdF, per quanto nell'occhio del ciclone, non aveva alcuna intenzione [ NdA: e del resto
nemmeno proprio avrebbe potuto ] di smettere. Non voleva disfarsi dell'arma; non cercava una
“nuova vita”. Il mostro era il mostro e voleva continuare ad abbeverarsi di morte.

Solo che, stavolta, non poteva semplicemente accontentarsi di riuscire a non farsi cogliere sul
fatto.
Il mostro vuole continuare a colpire, del resto se non lo volesse, che mostro sarebbe?
Solo che stavolta sa che gli inquirenti son lì che lo controllano; che non gli basta riuscire a
non farsi prendere in flagrante per togliersi le rogne di dosso e poter continuare ad uccidere.

Stavolta: deve riuscire a ritorcere contro gli investigatori esattamente quello che gli
investigatori hanno ritorto contro di lui.

Ossia, il mostro deve dimostrare la propria estraneità ai delitti del mostro, esattamente
come, involontariamente, ha dimostrato quella di Spalletti, di Francesco Vinci, di Giovanni
Mele e di Mucciarini.

E' la sua unica possibilità.


Sa che “il trucco” funziona: l'ha già fatti, indirettamente, scarcerare almeno 4.
Questa volta e a se stesso che deve fare una “cortesia”

Deve quindi: uccidere per scagionarsi.


Ma uccidendo con un alibi a prova di bomba.
E nessuno meglio che i suoi stessi controllori gli può offrire un simile alibi.

Lui, come al solito, parte avvantaggiato rispetto ai suoi inseguitori.


Lui che decide il dove e il quando, in base all'occasione propizia
Lui decide la modalità
Lui sa che e come lo controllano [NdA: intercettato le 24h, ma pedinato saltuariamente solo nei fine
settimana e solo in certi orari: seconda fase di pedinamenti “eseguiti nei giorni di venerdì, sabato e domenica,

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dalle ore 20,00 alle ore 24,00” - Rapporto Torrisi 311/1] e dunque sa quando può agire.

Prima di dettagliare il delitto vero e proprio, elenchiamo i punti basilari del piano:

a) uccidere nel momento X


b) fare tutto il possibile affinché il delitto venisse datato almeno al giorno X+1 [ NdA: o
retrodatato allo stesso giorno X, ma in orario antecedente, compatibile con la fascia oraria in cui era controllato ]

Ossia:
1. colpire il primo giorno di inizio controlli (venerdì)

2. colpire in un orario che non gli impedisse gli spostamenti (dopo le 24:00)

3. colpire in un orario ben differente rispetto a quelli degli altri delitti


▪ maggiore libertà d'azione

▪ minori rischi di posti di blocco e controlli sulle strade

▪ creare dubbio negli inquirenti: per quanto dalle autopsie si possa risalire all'ora
della morte, anche altri elementi possono essere tenuti in conto nel valutare il
momento del delitto

▪ colpire al sorgere del sole anziché la notte al fine, anche in questo caso al fine di
“ingarbugliare” l'ora del delitto e dunque la data, viste le differenti temperature
a cui i corpi sarebbero stati esposti

4. occultare i corpi al fine di guadagnare almeno 1 giorno di tempo

5. inviare la lettera, successivamente al delitto, in data compatibile come se si trattasse di


una “rivendicazione/beffa” e dunque da leggersi da parte degli inquirenti come inviata
nelle immediatezze (o quasi) del post delitto
▪ inoltre, inviando la lettera nel fine settimana, questa non avrebbe potuto
fisicamente essere consegnata se non al più presto il lunedì, lasciando anche in
questo caso gli inquirenti privi di dato certo su cui lavorare

6. avere un alibi a prova di bomba per l'ipotetica data del delitto


▪ per il sabato su domenica, il SV ha l'intervento in via delle Casine 18, Firenze,
con tanto di Carabinieri appresso a certificare detto intervento

▪ si noti che effettivamente il sabato su domenica, è proprio l'unico giorno dei tre
in cui era controllato, che almeno per la fascia oraria serale l'alibi effettivamente
regge con buona certezza [NdA: almeno fino alle ore 23:00]

Visto che ormai le informazioni le abbiamo tutte, vediamo di esporre “il” delitto nel dettaglio.

1. Durante la settimana, e pure il venerdì di giorno, il SV non è pedinato e può andare in


giro quanto vuole
▪ si noti che la coppia dei francesi, arrivò agli Scopeti solo nel primo pomeriggio
del venerdì 6 settembre 1985
▪ si noti che logica viole che il giorno seguente se ne sarebbero andati, e
che dunque il MdF ebbe a disposizione per il delitto: solo la frazione di
tempo del pomeriggio del venerdì 6 settembre 1985 – sera del
venerdì 6 settembre 1985 – sabato mattina ante alba del sabato 7

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settembre 1985, per attivarsi e colpire.

▪ si noti che: l'alibi di tutta la giornata del SV per tale data è: “il venerdì 6.9.1985
non è uscito di casa” [NdA: SV- rapporto Torrisi 311/1]; ossia non è per nulla un alibi

▪ si noti che: il venerdì, durante la giornata, non era soggetto a controlli di


pedinamento e che la sera, i francesi per vederli al Festival dell'Unità , avrebbe
potuto essere notato dai carabinieri addetti al pedinamento: cosa che non risulta
agli atti.

Quindi, visto il non alibi, è lecito ipotizzare che, dato l'arrivo dei francesi nel primo pomeriggio
sulla piazzola, il SV nel pomeriggio con rientro prima delle ore 20:00, o nel cuore della notte
dopo le ore 24:00, abbia percorso “a caso” quel tratto di strada e notata la coppia, l'abbia
scelta a perfetto bersaglio per il suo piano.

Visto il forte rischio di controlli e posti di blocco, è difficile pensare che il MdF sia uscito “di
casa” con arma da fuoco e da taglio appresso [ NdA: ed il resto dell'armamentario suo tipico per i
delitti], ma senza sapere dove andare a colpire.
Per questa ragione e per il fatto che la coppia nel pomeriggio già aveva la tenda montata, è
più facile immaginare che appunto siano stati notati dal MdF, disarmato e pulito, nel
pomeriggio. Cosa che gli avrebbe permesso data la presenza della tenda che implica
permanenza almeno per una notte, di poter tornare a colpo sicuro poi dopo la mezzanotte
una volta che i suoi controllori avessero smontato dal turno.
Inoltre, quando anche qualcuno lo avesse visto transitare nel pomeriggio in via degli Scopeti,
la cosa non avrebbe dovuto insospettire nessuno vista la tipologia del suo lavoro “itinerante”
e presso il cliente, quando anche gliene avessero chiesto spiegazioni.

E' presumibile che proprio nel pomeriggio, data la presenza della tenda, il mostro si sia reso
conto che scegliendo proprio quella coppia, avrebbe potuto massimizzare la possibilità di
occultamento dei cadaveri, nonostante la coppia si fosse fermate in un'area soggetta a
frequenti passaggi di persone.

E' possibile immaginare che la lettera, senza il suo contenuto, sia stata preparata in tale
frangente.

2. Il SV lascia trascorrere il resto della giornata e poi la notte, dopo mezzanotte, esce di
casa, si reca nel luogo dove tiene nascosto arma coltello e gli altri oggetti, si reca agli
Scopeti e massacra la coppia
▪ non ci sono ovviamente controlli a quell'ora e può andare e tornare indisturbato

▪ anche in questo caso, l'alibi fornito dal SV è un “non-alibi”, ossia non è


realmente in grado di dimostrare alcunché, e del resto, gli inquirenti nemmeno
si degnano di fare domande specifiche per un simile orario o comunque si
accontento delle vaghe risposte: a casa, a dormire si suppone

▪ la data del delitto risulterebbe compatibile con quanto visto e dedotto in merito
in merito allo stato conservativo

▪ dato che il lembo di carne non può essere stato messo nella busta
contestualmente al delitto, questo deve essere stato messo nell'involucro della
lettera in un tempo successivo:
▪ può essere stato fatto contestualmente al momento in cui il soggetto è
tornato a riporre al sicuro l'arma e il resto dei suoi oggetti

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▪ può essere stato fatto nel pomeriggio del sabato [ NdA: essendo
pomeriggio, non era pedinato] tra le ore 16:00 e le 19:30, orario in cui
sostiene di essersi recato presso le Cave di Maiano

▪ anche se propendo per la data successiva, la lettera stessa avrebbe


potuto essere stata inviata in questo lasso di tempo. Viste le
innumerevoli possibilità, non è possibile esprimersi con solidità. Resta
comunque il fatto che se la lettera fosse stata imbucata il sabato
pomeriggio, questa non avrebbe potuto essere prelevata prima del
lunedì mattina come appunto avvenne. [ NdA: il servizio di levata, terminava
con la raccolta tra le 10:00 e le 12:00 del sabato mattina ]

3. nel caso in cui la lettera non sia stata imbucata il sabato pomeriggio, questa può
tranquillamente essere stata spedita la domenica. Vi sono infatti elemento che
depongono in questo senso.
▪ Da un lato SV dice che sarebbe rimasto a casa tutto il pomeriggio, uscendo solo
la sera verso le “21:30”. Ma al contrario depongono i Carabinieri addetti al suo
controllo, che certificano che alle ore 20:00, ora in cui iniziavano il servizio di
controllo, il SV non si trovava in casa: “domenica 8.9.1985, allorché alle ore
20,00 i militari intraprendono il servizio, il VINCI Salvatore è già uscito, in
quanto il furgoncino Fiat 850 non è parcato nei pressi della sua abitazione” [NdA:
Carabinieri di servizio – Rapporto Torrisi 311/1 ], e quindi di quella giornata è “certificato”
solo il suo rientro circa alle 23:00.

▪ a detta dello scrivente, è in questa finestra temporale che deve ascriversi il


confezionamento della lettera con il suo contenuto e il breve viaggio fino a San
Piero a Sieve per imbucarla. La domenica infatti, c'è meno traffico e meno
persone in giro; i negozi che possono esserci vicino alla buca sono chiusi e
quindi sarebbe stato più difficile che qualcuno lo potesse vedere mentre
imbucava una lettera.
Inoltre, dato che non possiamo sapere se il SV sapesse dell'orario di prelievo
della posta, la scelta della domenica risulta più in linea di coerenza con la scelta
di inviare una missiva ben sapendo che prima almeno del lunedì pomeriggio gli
investigatori non avrebbero potuto averne conoscenza, non solo allargando di
fatto così la forbice temporale che avrebbero dovuto controllare, ma soprattutto
portando a segno il “depistaggio” capace di “anticipare” il delitto al sabato su
domenica [NdA: gli inquirenti, per tutti altri motivi, opteranno poi addirittura per la domenica
sul lunedì, regalando così di fatto al SV una “imperfetta” impunità ]

E' un piano ambizioso?


Si.

E' un piano perfetto?


No.

Ma è l'unico piano e l'unica speranza: un “o la va o la spacca”; dove “se la va”, il mostro si


toglie gli investigatori dalle costole per tutti i delitti della serie maniacale: ecco perché la
viene imbucata in una località che, in automatico vista la vicinanza, richiama alla mente il
primo delitto della serie maniacale.

Con il “piano” del delitto di Scopeti, il mostro facente parte della cerchia dei sospettati, tenta
di guadagnarsi “l'assoluzione” per tutta la serie maniacale dei delitti.

Il SV - mostro ai Carabinieri li ha già “fregati” altre volte: nel 1960 e nel 1968 [ NdA: e anche nel

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1982 e nel 1983, visto che non hanno insistito ] si son bevuti quello che gli ha raccontato, gli alibi
fasulli che gli ha propinato.
Non c'è ragione perché anche questa volta non gli debba andare bene.
La fortuna è sempre stata dalla sua parte e le sue “capacità di scaltrezza” sono ormai
leggenda, e poi: "se non c'è errore non ci può essere rischio” [Rapporto Torrisi 311/1]

E' dunque un “gioco” che vale la spesa giocare; del resto, con il volume di attenzioni di cui è
attualmente soggetto, è anche ben lecito dire che quand'anche gli investigatori non
abboccassero all'amo del suo piano, non ci rimetterebbe nulla; mentre al contrario sarebbe
come avere tra le mani il classico cartoncino del Monopoli “esci gratis di prigione”.

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Scopeti: un piano andato male? [dubbi e criticità]

Certo, bisogna ammetterlo, visto a posteriori il piano non ha funzionato come pianificato e
nemmeno ha raggiunto il 100% dello scopo prefissato; ma è comunque stato in grado di
evitare le immediate manette al mostro ed è stato in grado, depistaggio questo si, di
introdurre nelle indagine un fattore tempo indeterminato capace di portare dubbio nelle
indagini.

Scopeti, proprio per la peculiarità della data dell'arrivo della coppia di francesi e per quella
che avrebbe dovuto essere la loro successiva ripartenza il giorno successivo, è e resta il
grande mistero, il punto debole: ossia, fece, e come, realmente a tempo il SV a notare la
coppia e conseguentemente ad agire?

Ci sono indubbiamente dei punti che devono essere approfonditi.


Guardiamo dunque i seguenti dubbi,e dove possibile, svisceriamoli:

a1) SE: il MdF è soggetto tra quelli attenzionati come sospetti, e ne è pure a conoscenza di
questo, è difficile, altamente difficile, immaginare che potesse andarsene a zonzo la notte con
tutto il suo armamentario per uccidere, alla ricerca di una coppia senza sapere dove ne
avrebbe potuto trovata una
• l'obiezione ha senso; MA:
1. bisogna tenere presente che la coppia montò la tenda agli Scopeti già nel primo
pomeriggio [NdA: 14:00 circa, come notato e riferito da testimoni]
E che dunque la sequenza
▪ “individuazione casuale dei bersagli” nel pomeriggio

▪ “allontanamento e ritorno sulla scena in un secondo temo”

▪ “duplice delitto commesso alle prime luci dell'alba”

a) è pienamente coerente con quanto sempre detto del MdF ossia che le vittime era
scelte in base all'opportunità di colpire

b) è pienamente coerente con quella che avrebbe potuto mettere in atto un di un


soggetto controllato, e che sa di essere controllato in un certo intervallo di tempo

c) è pienamente coerente con quanto sappiamo circa lo stato dei cadaveri, l'unico
sicuro riconoscimento il venerdì sera al festival dell'Unità, la mancanza di scontrini
successivi al venerdì, gli impegni dei giorni successivi della coppia

d) è pienamente coerente anche con la necessità da parte del MdF di dover prima,
andare a recuperare armi dal luogo ove le teneva nascoste, e quindi solo in seguito,
ma stavolta vista la tenda a colpo sicuro, tornare agli Scopeti per colpire

e) nel caso del SV abbiamo contemporaneamente coincidenti le seguenti


informazioni:
▪ alibi non certificato per il pomeriggio
▪ soggetto in attenzione agli inquirenti
▪ soggetto che sapeva di essere controllato
▪ alibi non certificato per il cuore della notte
▪ certezza che on deteneva l'arma da fuoco presso i suoi domicili e gli
altri noti nelle sue disponibilità

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a2) SE: se il MdF avesse ucciso la coppia alle prime luci dell'alba, come avrebbe potuto
sperare di trovare una ignara coppietta in auto ad amoreggiare ad una ora così insolita?
• Questa obiezione ha senso solo ed esclusivamente se si ammette che il MdF non
avesse avuto precedente conoscimento della presenza della tenda e dei suoi occupanti
▪ cosa che poteva avere solo se nel pomeriggio/sera fosse passato da via degli
Scopeti

◦ a) si tenga presente che il SV non dispone di alibi certificato anche per detto lasso
di tempo

a3) SE: il MdF non avesse colpito una coppia che dormiva fuori casa, in tenda, come avrebbe
potuto porre in atto il suo piano?
• Questa è indubbiamente l'obiezione di maggior senso relazionata al “piano”
ma per rispondere a questa è necessario aprire un lungo discorso di opportunità ed
ipotesi.
Iniziamolo.

Iniziamolo ponendo nel modo giusto la domanda:


Q1: Se il MdF non avesse colpito una coppia che dormiva fuori casa, in tenda, come avrebbe
potuto porre in atto il suo piano che prevedeva determinare un ritardo nella scoperta dei
cadaveri di modo da poter dimostrare la sua estraneità con un “finto” alibi che faceva leva
proprio sulle testimonianze di chi lo controllava?

R1:per rispondere stiliamo una serie di idee, ma iniziamo prima con due punti che non
possono essere dimenticati
1. il MdF era controllato in determinate fasce orarie e diarie, e sapeva di esserlo, e
dunque se voleva sfruttare a suo favore proprio la certificazione di alibi che i suoi
controllori, ignaramente, gli potevano offrire, avrebbe dovuto obbligatoriamente colpire
in un giorno in cui era controllato, ma in una fascia oraria in cui non lo era

2. i corpi vennero in proposito nascosti

Solo a questo punto si può ragionare su alcune idee:


1. non vi è alcuna prova che il MdF avrebbe comunque ed in ogni caso colpito proprio
quella notte se non avesse trovato le condizioni a lui favorevoli
▪ Ossia, il MdF avrebbe potuto aspettare un'altra occasione propizia (altra tenda?
Altro furgone? Altro tipo di coppia?)

2. non vi è alcuna prova che il MdF non avesse pianificato un'altra modalità di
occultamento dei cadaveri (Vanga e badile? Telone? Tenda? Occultamento dei cadaveri
nel bagagliaio; Rimozione dei corpi tramite spostamento in macchina?) e che non abbia
optato per come le cose andarono solo per un motivo di comodità, trovandosi una
tenda già pronta e montata
▪ un mancato rientro puntuale a casa di una coppia, avrebbe fatto scattare le
ricerche della stessa, non le perquisizioni domiciliari a casa dei sospettati, o
almeno così fino a quel momento era sempre, giustamente, avvenuto.
Quindi un semplice “ritardo di rientro a casa” di una coppia, non sarebbe stato in
automatico così rischioso, lasciando comunque spazio ad una finestra di alcune
ore in cui muoversi più o meno liberamente

3. non vi è alcuna prova che il MdF non cercasse appositamente una coppia di stranieri,
per evitare anche i pochi rischi connessi con la risposta fornita al punto 2)
▪ per quanto la fobia e il panico per il mostro avesse giustamente contagiato una

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buona fetta di persone, è plausibile pensare che turisti stranieri, e la Toscana e i


dintorni di Firenze son meta rinomata turistica, fossero meno propensi a
conoscere i dettagli della triste vicenda e più portati a prestar meno attenzione
ad un simile pericolo

4. non sappiamo da quanto tempo effettivamente il MdF uscisse a cercare vittime “ideali”
per questo delitto
▪ abbiamo visto parlando del SV, che un ipotetico riferimento in tal senso non
debba essere anteriore al 26 giugno 1985: cosa che lascerebbe comunque al
soggetto due mesi e mezzo abbondanti di tempo per “trovare” la situazione
ideale

Non da ultimo, anzi, è doveroso far notare come l'handicap della brevissima finestra
temporale tra l'arrivo della coppia dei Francesi agli Scopeti (venerdì 6 settembre 1985; ore
14:00 circa) e la loro morte avvenuta la stessa notte tra il venerdì e il sabato o alle prime luci
del sabato stesso, avrebbe comportato lo stesso problema “logistico di individuazione e
assalto” per chiunque.

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Addendum - Scopeti: il secondo identikit

Dopo il delitto degli Scopeti, comparve un nuovo identikit del MdF; il secondo.

Può tale identikit fornici indicazioni, pro o contro, il soggetto in attenzione di questo studio?

Iniziamo col dire che la somiglianza fisica è minima, per non dire assente.
Questo dunque risulterebbe un punto a favore del SV.

MA:

1 - L'identikit non venne prodotto dalle forze di Polizia, specializzate.

2 - L'identikit non venne prodotto sulle indicazioni di un testimone accertato ed interrogato


sui fatti.

3 – L'identikit venne inviato il “12 novembre 1985” [NdA: quindi pure con un paio di mesi di ritardo ],
ad alcuni giornali [NdA: “La Nazione, La Città ed Il Paese Sera”], per lettera, ed in forma anonima

4 – anche a voler prendere per buona la lettera e l'identikit in esso contenuto, in essa l'autore
esplicitamente fa riferimento ad un “un uomo alto vestito con un giubbotto da cacciatore di
tela verde scuro, senza maniche, che guardava verso la tenda”, ben specificando che vide
quest'uomo il “pomeriggio di domenica 8 settembre 1985 verso le ore 19”; orario
incompatibile con giorno e ora del delitto, come visto dallo stato dei cadaveri, dalle
testimonianze, dagli scontrini e dagli appuntamenti della coppia.

Qui di seguito, il contenuto dello scritto allegato alla lettera:


"Firenze 11/9/1985 COMUNICAZIONE
Nei pomeriggio di domenica 8 settembre 1985 verso le ore 19, mi trovavo con mia moglie nei
pressi della località che poi risultò essere quella del duplice omicidio. Ritornavamo da una
passeggiata e nel nel rincasare passammo con la nostra auto da San Casciano, scendendo da
Spedaletto lungo la strada di S. Andrea. Mi sono portato sullo spiazzo dello Scopeto. Abbiamo
visto la tenda sullo spiazzo e la Golf bianca, senza pere notare che era straniera. Ho fermato
l’auto e lo visto queste cose:
A circa 2 metri dall’auto Golf bianca c’era un uomo alto vestito con un giubbotto da
cacciatore di tela verde scuro, senza maniche, che guardava verso la tenda. Lo vedevo bene
di profilo. Ho pensato che fosse l’occupante dell'auto bianca. Non era così. Infatti, quando ci
ha sentiti, si è voltato di scatto e l'ho visto bene in faccia. Si è affrettato verso dei cespugli di
fronte e non lo abbiamo più visto. Ho detto a mia moglie: Quello è un guardone di certo. Hai
visto che faccia? Andiamocene. Ebbene, quell’uomo poteva essere l’assassino che era venuto
per controllare gli occupanti della tenda.
Fornisco i particolari, che ricordo perfettamente: alto circa 1,80, di circa 45—50 anni,
leggermente curvo sulle spalle, di complessione robusta, con un naso direi aquilino,
sopracciglia folte, capelli corti sul castano. L’espressione del volto e i lineamenti mi hanno
colpito. Ho cercato d farne un disegno di profilo, che accludo, ed è proprio somigliante
all’uomo che abbiamo visto. Aggiungo che ha gli avambracci abbastanza robusti e mi è
sembrato un pò pesante nei fianchi. Si è però mosso con rapidità quando è sparito nei
cespugli. Lo sguardo era come di persona sorpresa che non voleva farsi vedere. Spero che
questi elementi possano essere di aiuto alle indagini. Non firmo questa mia dichiarazione per
ragioni comprensibili di prudenza (almeno per me) ma assicuro che quanto da me scritto
risponde a verità. Del disegno ho fatto tre fotocopie che fanno risultare meglio i lineamenti.
Non deve far meraviglia lo schizzo del profilo da me fatto che è somigliantissimo, in quanto

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sono disegnatore e pittore anche di ritratti." [Fonte: Insufficienza di Prove Blogspot]

Dicevamo dunque che l'identikit non assomigliava al SV e che questo dunque poteva essere
un punto a suo favore, ma siccome non vi è alcuna certezza in merito all'identikit, nemmeno
ad esempio che non sia stato lo stesso MdF a disegnarlo e ad inviarlo, non vi è ragione alcuna
perché un simile disegno possa essere ritenuto di valenza alcuna: “accusante” e/o
“discolpante” che si preferisca.

Al limite, volendo immaginare che tale lettera e tale ritratto sia stato inviato dal MdF stesso, e
più nello specifico dal SV – MdF stesso, il fatto che le due figure non si assomiglino dovrebbe
essere letto secondo un evidente atto di depistaggio del MdF, e dunque rimarcare un
aggiuntivo aspetto di colpevolezza.

Non ci spingiamo così in là ovviamente.

Ci limitiamo però a far notare come anche questo particolare, questo identikit, in nessun
modo possa essere portato a menzione di ipotesi di discolpa del SV.

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Lotti libera tutti?

Per terminare l'analisi delle possibilità di esclusione del SV come MdF in azione a Scopeti
[NdA: e Vicchio e Giogoli e Baccaiano], è necessario ancora affrontare un punto.

Un punto che volutamente ho lasciato in coda ai capitoli dei singoli delitti.

Non si può infatti far a meno di ricordare che per Scopeti, 1985, come per Vicchio, 1984,
Giogoli, 1983, e Baccaiano, 1982, teoricamente esisterebbe una voce in grado di discolpare e
nella maniera più completa possibile, il SV quale mostro ed autore di tali delitti.

Tale voce ha un nome ed un cognome: Giancarlo Lotti [NdA: GL in acronimo]

Teoricamente di cosa il GL ci dice a proposito dei delitti, dovremmo tenere massima fede,
visto che con le sue “confessioni”, il GL si guadagnò la patente di “collaboratore di Giustizia”
[NdA: “la Procura della Repubblica richiese, al capo della Squadra mobile, l'attuazione di misure di protezione nei
confronti di Giancarlo Lotti, che divenendo formalmente "collaboratore di giustizia" era soggetto allo
speciale programma di protezione gestito dal Servizio Centrale di Protezione, istituito presso la Direzione Centrale
della Polizia Criminale, un programma solitamente applicato nei processi di mafia e terrorismo e che prevede un
modesto stipendio ed una abitazione.” - Fonte: Insufficienza di prove Blogspot]

Purtroppo, un discorso specifico sul GL, su tutta la sua storia e sul perché delle sue
“confessioni” è discorso troppo lungo per essere affrontato in questa sede.

Ma due punti fermi è bene specificarli:


1. GL oltre a raccontare di detti duplici omicidi, “confessa” di avervi addirittura preso
parte

2. il GL venne sentito la prima volta il 19 luglio 1990 [NdA: a ben 5 anni di distanza dall'ultimo
delitto del 1985]. “Confermò la sua conoscenza e frequentazione con Pietro Pacciani e
Mario Vanni senza fornire ulteriori motivi di indagine ed il Pubblico Ministero non lo
inserì tra i testi da ascoltare al dibattimento” [Fonte: insufficienza di prove Blogspot]

3. il GL solo l'11 febbraio 1996 [NdA: ben 11 anni dopo l'ultimo delitto del MdF agli Scopeti ] dinanzi
a P.M, procuratori, e dirigenti squadra mobile di Firenze, interrogato confermò e poi
ampliò le precedenti parole dell'amico Pucci [ NdA: che aveva detto che lui e il GL si erano
fermati alla piazzola degli Scopeti la domenica sera ]

4. il GL divenne formalmente indagato il 12 marzo 1996, dopo il sopralluogo al casale di


Badia Bovino dove sarebbe stata nascosta la pistola dopo l'omicidio di Vicchio

Seppur nel limite del brevemente/lungamente che il documento permette, è necessario fin da
subito far notare che:
• a) se una persona afferma [NdA: e da alcuni viene creduto] di essere stato presente e in
alcuni casi parte attiva in ben 4 duplici omicidi, assieme a dei complici che indica, ci si
aspetta almeno che:
1. sia in grado di raccontare particolari inediti di quello che avvenne in quelle
circostanze [NdA: ad esempio: abbigliamento completo dei partecipanti, modalità di pulizia,
discorsi tra i partecipanti, etc]

2. che anche in assenza di particolari inediti, i dettagli che racconta siano almeno
coerenti
▪ sia con la fisica meccanica e con le leggi del tempo e della logica
▪ sia con i risultati delle perizie

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• b) se una persona, assunta pure a ruolo di “collaboratore di Giustizia”, fa le


affermazioni che fa, non debba essere costretto ad aggiustarle, in un senso o in un
altro, ogni volta viene fatta presente l'incongruità e l'impossibilità delle sue
affermazioni

Analizzando le dichiarazioni del GL, potremmo cominciare col dire che se il GL parla di 4
delitti, è condizione sufficiente anche solo portare alla luce impossibili incongruenze su una
sola ricostruzione per poter dire, e con forza, che anche le altre perdono il loro “valore” di
testimonianza granitica.
Stiamo parlando infatti delle dichiarazioni di una persona che vestirà i panni di “collaboratore
di Giustizia”, e quindi è più che naturale pretendere che le sue affermazioni siano riscontrabili
e veritiere.
Tutte; e non solo alcune.

Ma accontentarci di “un” caso, sarebbe addirittura fin troppo poco e facile per riuscire a
vedere come le “confessioni” del GL non possano essere prese in serio conto per scagionare il
SV, proprio perché finitamente minate nella loro stessa fondatezza.
Siccome però, già lo abbiamo detto, non è compito di questo documento “fare le pulci” al GL,
e siccome contemporaneamente questo documento copre tutta la serie delittuosa del MdF,
prenderemo in esame le dichiarazioni del GL per i casi di Baccaiano, Giogoli, Vicchio e
Scopeti.

Nota: per brevità di esposizione mi limiterò a citare alcuni “momenti” significativamente


eclatanti. Il Lettore comunque tenga presente anche la totale assenza didascalica di
particolari inediti.

a) 1982 – Baccaiano

• 1) Incidente probatorio -19 Febbraio 1997 –


PM:"Dove venivano sparati i colpi?"
Lotti: "Sul davanti della macchina"
PM: “Sul Vetro?"
Lotti: "Sul Vetro. poi dopo gli spari mi allontanai, non stessi li..."

Lotti: "Di li' la macchina si sposto' e venne verso la parte opposta di qua. E poi
credevano che non avesse sparato... eppoi si sposto' la macchina e li ripresero per
bene"
PM: "Cosa vuol dire per bene, spararono ancora?"
Lotti: "Aspettavano andar via la macchina...a muoversi la macchina...e allora
andettero di la' e di li'. Li fermarono li...non si mossero più"

Avvocato Colao: "Sulla strada fu continuata l'azione di sparo dopo la retromarcia?"
Lotti: "Si"
Avvocato Colao: "Ai fari della macchina anche?"
Lotti: "Sul davanti"
GIP: "Ai fari della macchina fu..."
Lotti: "Al vetro della macchina, non ai fari..."
[Fonte: Incidente Probatorio – 19 febbraio 1997]

Invece, il parabrezza venne colpito da un solo colpo, e la calibro 22 LR sparò ad entrambi i


fanali anteriori

• 2) Dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997


Lotti:"Mi dicevano di sta li che nun passasse macchine"

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Avvocato Mazzeo:"e se le macchine passavano?"


Lotti:"E che dovevo fa? Le vedevano anche loro le macchine... era una strada di
coso..."

Lotti:"Io ero li perche' non si fermasse macchine in quel punto li'"
Presidente:"E se passava una macchina della polizia lei che faceva?"
Lotti:" 'un lo so mica icche' facevo io. Ero fermo lì... icche' facevo? Oh un l'ho detto
innanzi? Di avvertirli se passava qualche macchina che si fermasse"
[fonte: dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997]

Ma ci sono testimoni che passarono sia in macchina sia in moto prima che il delitto giungesse
a conclusione, e risulta quindi impossibile per il GL che era lì proprio con funzione di “palo”
non vederli o non ricordarli [ NdA: si noti che i testimoni non vedono affatto il GL “in mezzo alla strada” o da
nessuna altra parte, e nemmeno le auto del commando parcheggiate ]

• [sunto] Poi Lotti spiega la dinamica dell'omicidio raccontando di come Pacciani avesse
attraversato la strada e, arrivato presso l'auto dei ragazzi, avesse cominciato ad aprire
il fuoco, correggendo la versione data precedentemente per cui i colpi venivano portati
sul vetro davanti.
[fonte: dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997]

Ecco, vista l'impossibilità fisica di quanto precedentemente confessato, il GL è costretto ad


adeguare, cambiandole, le sue parole di “testimone oculare”

Conclusione:
Per Baccaiano, il GL è sicuramente “testimone” non attendibile e le sue dichiarazioni lasciano
trasparire pieno convincimento che il GL non fosse affatto sulla scena del delitto.
Quindi, per il 1982, le sue parole non possono essere usate a “discolpa” dal SV

b) 1983 – Giogoli
• 1) Dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997
PM:"Erano sdraiate, sedute?"
Lotti:"Mha, io le ho viste dopo quando gli ha aperto lo sportello, e l'uno era piegato in
qua e uno in là verso il coso. Uno era morto così da una parte, verso lo sportello, e
l'altro... che gli hanno aperto e quell'altro vorsano, quell'altro sportello di là..."
PM: "Verso il dietro del furgone?
Lotti:"No dalla parte di là, dalla parte del volano".
PM: "Dalla parte del furgone dove c'è il volano?"
Lotti:"Si".
PM:"Ma dietro o sul posto di guida?"
Lotti:"No, dalla parte della guida".

PM:"Queste due persone erano coricate? Lei le vide bene?"
Lotti:"Si”
[fonte: dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997]

Ma ovviamente i due poveri corpi non sono affatto nella posizione in cui “li ha visti bene” il
GL: infatti si trovano entrambi sdraiati sul materasso nel vano posteriore.

2) Dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997


Il giorno dopo, il GL chiede di modificare la testimonianza:
Lotti:"Li ho visti da una parte, no davanti dove c'e' la guida, dalla parte dietro. Mi ero
espresso male, eran di dietro"
Presidente: "No io ho capito che ieri ha detto una cosa ed oggi ne ha detto un'altra,

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solamente questo ho capito io. Lei ha detto ieri che uno era sulla destra un pò rigirato,
l'altro era sull'altra parte verso il volante. Questo ha detto lei"
[fonte: dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997]

Ecco, vista l'impossibilità fisica di quanto precedentemente confessato, il GL è costretto ad


adeguare, cambiandole, le sue parole di “testimone oculare”

3) Dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997


• Avvocato Mazzeo : "Ma quando Pietro aprì lo sportello, sparò altri colpi?"
• Lotti : "No in quel momento lì non ho sentito dei colpi, li ho sentiti quando gli è
andato dalla parte opposta"
• Avvocato Mazzeo:"Poi non ha più sparato?"
• Lotti:"No"
• Avvocato Mazzeo: "Sa perché glielo dico? Perché sotto il sedile anteriore sono stati
trovati due bossoli sicchè anche dentro sono stati sparati dei colpi".
[fonte: dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997]

Il GL, testimone oculare e partecipe all'azione, non azzecca nemmeno questa.

Conclusione:
Per Giogoli, il GL è sicuramente “testimone” non attendibile e le sue dichiarazioni lasciano
trasparire pieno convincimento che il GL non fosse affatto sulla scena del delitto.
Quindi, per il 1983, le sue parole non possono essere usate a “discolpa” dal SV

c) 1984 – Vicchio del Mugello

• 1) Incidente probatorio - 19 Febbraio 1997


GIP:"E lei dove era?"
Lotti:"Li vicino la strada...a due, tre metri. Piero gli spara alla cosa... e l'altro tira fuori
la donna, e sulla stra... sul coso... sulla piazza... nel coso, li'. E vedo che comincia a
tagliarlo, e sento dei lamenti della donna."
GIP:"Gridava o si lamentava?"
Lotti:"No... si lamentava...”.

Lotti:" Piero sparo' solo all'uomo... la donna la portarono fuori"
Avvocato S Franchetti: "Le spararono dopo?"
Lotti:"No... comincio' col coltello a tagliare..."
Avvocato S. Franchetti:"Quindi lei non ricorda se spararono alla donna?"
Lotti:" No no... alla donna no..."
Avvocato S. Franchetti:"Quindi la uccisero col coltello?"
Lotti:"Si..."
[Fonte: Incidente Probatorio – 19 febbraio 1997]

Riuscendo così a contraddire ogni aspetto periziale: la donna venne attinta da colpi di arma
da fuoco [NdA: “Un colpo alla regione zigomatico-mascellare destra che, penetrato nella cavità cranica, ha
interessato la regione sfenoidale, la massa encefalica, il verme cerebellare per essere ritenuto a livello bulbare. Un
secondo colpo avrebbe interessato l'avambraccio sinistro” - Perizia De Fazio]; le escissioni furono compiute
a vittima ormai deceduta; e la plausibilità che la donna, secondo il GL non attinta da colpi di
arma da fuoco, mentre le tagliavano ed asportavano le carni semplicemente “ si lamentasse”,
oltrepassa la soglia del ridicolo

• 2) Dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997


Avvocato:"Ma era buio?"
Lotti:"Mha...dopo cena, anche se era estate era buio"

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Avvocato: “Ma uno dei due aveva qualche luce?"


Lotti:"Ma se gli avevano una luce e' una cosa un po' difficile ora...non..."

il giorno dopo, cambia versione:
Lotti:"S'avra' avuto qualcosa per arrivare li, per fare un po di luce, senno' come si fa a
arrivare li ' al buio?"
Avvocato:"E per sparare?”
Lotti:"Ma io qualcosa avevo visto... una luce. No luce dei fari delle macchine , una di
queste cose per fare luce"
[fonte: dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997]

Ecco, visto che quanto precedentemente confessato mal si incastrava con la storia, il GL è
costretto ad adeguare, cambiandole, le sue parole di “testimone oculare”

• 3) Dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997


Avvocato:"Vanni ce l'aveva una pila elettrica quando compiva le escissioni?"
Lotti:"E di notte qualcosa gli avrà avuto"
Avvocato:"Ma come la teneva la pila elettrica?"
Lotti: “Cosi'...in mano” (mimando con gesto esplicativo che indica Vanni che con una
mano usa il coltello e con l'altra tiene la pila elettrica!)
[fonte: dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997]

Peccato però che sia fisicamente impossibile compiere quelle escissioni con una mano sola,
senza che l'altra intervenga a sollevare le carni.

• 4) Dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997


Lotti: "Mha... di colpi n'è' partiti diversi. Li avra' presi di certo tutti e due"
Bertini:"Quando fu trascinata fuori la ragazza era ancora viva?"
Lotti:"E l'aveva ferita... non l'era proprio morta in quel momento li '"
[fonte: dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997]
...
Mazzeo:"In che modo fu uccisa la ragazza?"
Lotti:"Da principio con la pistola...Gli hanno sparato e hanno preso anche lei"
[fonte: dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997]

Il giorno prima il GL, testimone oculare che si trovava a “tre quattro metri di distanza”, aveva
appena sostenuto che alla ragazza non avessero sparato, che fosse stata estratta viva e
vegeta dall'auto e che le escissioni sul sul suo corpo le fossero state praticate con lei,
perfettamente sana, che solo si “lamentava”

• 5) Giancarlo Lotti - Dichiarazioni dell' 11 marzo 1996 -


GL: “ La sera successiva andai all’appuntamento che mi era stato dato per le ore 22 al
piazzone di San Casciano e, prima di partire, Mario mi disse che si andava a Vicchio
per un lavoro che lui e Pietro avrebbero dovuto fare nella piazzola.”
[fonte: dichiarazioni di GL – 11 marzo 1996]

GL: “Lungo il tragitto ci fermammo al bar di Galluzzo, che ho già detto, e tutti e tre
scendemmo per prendere un caffè. Poi proseguimmo sino alla piazzola facendo
l'itinerario che ho già spiegato al P.M”
[fonte: dichiarazioni di GL – 11 marzo 1996]

Queste ultime dichiarazioni, non bastassero le precedenti, pongono un serio problema


all'attendibilità del GL., o per meglio dire, lo sbugiardano completamente con le sue stesse
parole, visto che il delitto avvenne inequivocabilmente attorno, e con pochissimo scarto, alle

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21:45, ora in cui il GL e i suoi “complici”, nemmeno avrebbe potuto ancora essere arrivato nei
pressi di Vicchio.
Riassumendo:
*1) i tre si incontrano a San Casciano alle 22:00

*2) alle 22 +X minuti (fosse anche solo 1), partono per andare a La Boschetta ( passando da
Girone e da Pontassieve, come precedentemente dichiarato sempre dallo stesso GL)

*3) la distanza tra il piazzalone di San Casciano e Vicchio, località La Boschetta, è poco
superiore ai 50 km:
• che se guidati sempre ai 100kmh/h, ci si impiegherebbe 1/2 h
• che guidati ai 50kmh, ci si impiegherebbe 1 h,
• che facendo un'onorevole via di mezzo, è percorribile in 45 min)

*4) ma lungo il tragitto si fermano a bere un caffè, impiegandoci Y minuti (fossero anche
solo 5, tra parcheggiare scendere ordinare bere pagare rientrare in macchina)

*5) quindi sommando i tempi: h. 22:00 + 1 minuto + 45 minuti + 5 minuti


• uguale arrivo a La Boschetta alle h. 22:51 nella media delle ipotesi
• uguale arrivo a La Boschetta alle h. 22:36 nella migliore
• uguale arrivo a La Boschetta alle h. 23:06 nella peggiore

*6) La madre di Pia Rontini, però dichiara che: "Non aveva intenzione di uscire, - aggiunge
la signora Winnie - fui io a dirle di andare un pò fuori e così alle 21 uscì, dicendomi che
sarebbe tornata dopo un'ora. [Fonte: intervista al quotidiano La Città, 1 agosto 1984 ], e anche
“ "ciao mamma torno presto. Verso le 22,30 ho cominciato a preoccuparmi nel vedere che la
Pia non era ancora tornata, in quanto il suo orario di rientro era sempre dopo un'ora da
quando erano usciti" [Fonte: verbale del 6 agosto 1984]

*7) Sapendo che la distanza tra la piazza del paese dove Pia lavorava (Piazza Giotto) e la
località La Boschetta è di circa 4-5 km, raggiungibile in approssimativamente un 10 minuti in
auto, e sapendo che i giovani partirono poco dopo le 21 (esageriamo e diciamo le 21:30
immaginando un sosta al bar a salutare gli amici) a cui sommiamo il tempo del percorso di
circa 10 min, possiamo con buona certezza dire che erano già in piazzola al massimo alle
21:40, con rientro programmato a casa per le 22:00 / 22:30

*8) "ore 21:45: Due diverse persone, da posizioni differenti (uno sarebbe un uomo che con
la moglie transitava in auto sulla sagginalese) odono 5 colpi d'arma da fuoco all'altezza della
Boschetta.A costoro sembro' che i colpi fossero stati esplosi in due seri" [Fonte:
Calibro22Blogspot];
e anche
"L'ora della morte viene fatta risalire tra le 21:30 e le 22:00 del giorno 29 Luglio 1984"
[Fonte: Calibro22Blogspot], e "Ed è anche questo l’orario al quale, secondo le perizie mediche,
potrebbe essersi effettivamente consumato il delitto" [fonte: insufficienza di prove Blogspot]

A fronte di questi fatti, risulta fisicamente impossibile che il GL e i suoi “complici” possano
aver ucciso con la Calibro 22 LR che avevano con loro, i due giovani, uccisi effettivamente da
quella Calibro 22 LR in Località la Boschetta prima ancora che il GL lì arrivasse.

Conclusione:
Per Vicchio del Mugello, il GL è sicuramente “testimone” non attendibile e le sue dichiarazioni
lasciano trasparire pieno convincimento che il GL non fosse affatto sulla scena del delitto.
Quindi, per il 1984, le sue parole non possono essere usate a “discolpa” dal SV

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d) 1985 – Scopeti

• 1) Incidente probatorio – 19 febbraio 1997


PM:"Come mai ci andò con il Pucci?"
Lotti:"Il Fernando non ci credeva"
...
PM:"Cioe' lei gli disse... stasera ci vediamo. Quei due ammazzano qualcuno. Gli fece
un discorso cosi'?"
Lotti:"Si un discorso fatto cosi'"
[Fonte: Incidente Probatorio – 19 febbraio 1997]

La cosa di per sé non è fisicamente impossibile, ma certamente oltrepassa la soglia della


plausibilità credere che si porti un “estraneo” [NdA: nel senso di non facente parte il sodalizio di
assassini] sulla scena di un delitto che di li a breve sarà umanamente noto a tutti come uno dei
tanti delitti compiuti dal “famoso” mostro di Firenze.

• 2) Incidente probatorio – 19 febbraio 1997


Lotti:"...Io vo' su', e lui (Pucci)' rimane un po' più' in giù'. E poi sento tagliare la
tenda, li'...sul davanti che viene dalla strada andando in su'... Dalla strada no?
C'era...dove c'era la tenda sento tagliare la tenda”.
….
Lotti:"Poi si sente intrare dentro. Entro' da dietro... sento dei lamenti e basta... e
tagliare roba...Sentii' spari anche più' di due... o più”

[sunto] Lotti asserisce che il ragazzo fosse vestito. A contestazione Lotti si difende:
Lotti:"Al buio o come si fa' a vedere bene"

Lotti: "No io sparare alla donna non l'ho sentito sparare alla donna"
...
Avvocato S. Franchetti:"Lei non ha visto o sentito spari verso la tenda?"
Lotti:"Io ho sentito gli spari quando e' fuori... quando c'era quell'altro, il ragazzo che
scappava"
[Fonte: Incidente Probatorio – 19 febbraio 1997]

Ricostruzione così raffazzonata che molto seriamente si stenta a credere possa essere il
racconto di un “testimone oculare”: Nadine Mauriot fu ovviamente attinta da colpi di arma da
fuoco; non era possibile entrare dal “retro della tenda” come indicato dal GL; impossibile non
notare la differenza tra un corpo vestito ed uno nudo visto che ci si dilunga a spiegare come il
Pacciani lo raggiunge gli sparò lo accoltellò, da dietro o da davanti, lo afferrò al collo oppure
no, e quant'altro.

• 3) Dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997


Avvocato Bertini:"Aveva un appuntamento?"
Lotti:"Si il giorno stesso, la sera..."
Avvocato Bertini:"Per che ora?"
Lotti:"Le undici"
Avvocato Bertini:"E il compito?"
Lotti:"Io gli dovevo stare sulla strada, e guardare 'un venisse nessuno"
[fonte: dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997]

Un GL di piena fiducia come palo, visto che:


a) non resta sulla strada a fare il palo ma si avvicina alla tenda, mettendo così a rischio tutti i
“compagni di merende”.
b) ha come compito controllare che nessuno si avvicini e lui cosa fa? Porta un “estraneo al

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sodalizio” a fare da testimone di un barbaro duplice omicidio

• 4) Dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997


[Sunto] Quando gli si chiederà a che distanza si trovavano lui e Pucci dal Pacciani,
Lotti:"Io ho detto alla distanza di 12 metri"
[Sunto] si noti che: gli e' stato appena contestata la dichiarazione dell'incidente
probatorio dove aveva detto 4\5 metri

PM:"Lei questa scena da dove la vide? A che distanza si trovava?"
Lotti:"Io ero un pochino...insomma...Non tanto, un 4, 5 metri"
[fonte: dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997]

Al di là della differenza significativa di metri, è lecito domandarsi se simili continui cambi di


versioni possano essere realmente sinonimo di “testimone oculare”

• 5) Dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997


PM:"Io voglio sapere dopo che usci' dalla tenda"
Lotti:"L'era vicino a i'bosco... lo prese per la gola, per qui, poi veddi che l'aveva un
coltello e lo cosava davanti...qui"
PM:"Aveva un coltello?"
Lotti:"Intravidi un coltello..."
PM:"E lo colpi' col coltello?"
Lotti:"Si...diverse... "
PM: "Lo colpi' al petto o al..."
Lotti:"Qui davanti"

Filastò':”pregherei presidente che si desse atto che l'imputato nel dire dove e' stato
colpito il giovane ha fatto un gesto indicando il proprio petto, vero? “
Lotti:"Si, qui davanti, davanti ni petto...cosi', e lo prese per cosi'..."
[fonte: dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997 ]

Si noti che a differenza di quanto asserisce il “testimone oculare” GL, le ferite al petto hanno
un senso solo come ultime ferite e non come iniziali come asserisce il GL; ossia possono
essere state inferte alla vittima solo quando questa era ormai caduta a terra:
Da uno stralcio della perizia De Fazio che fa una ricostruzione dettagliata della dinamica di
accoltellamento, si legge infatti:
"Lo studio delle sedi e della direzionalità dei tramiti delle lesioni da taglio autorizza a ritenere
che in primis la vittima sia stata raggiunta a tergo dall'aggressore che impugnava il coltello
con la mano dx e colpita al dorso da una prima coltellata (senza esito tuttavia, avendo attinto
la 5° vertebra dorsale ).
Successivamente, aiutato eventualmente dalla retroflessione alogena del collo da parte della
vittima, nella medesima posizione da tergo, l'aggressore può aver agito afferrando il collo
della vittima col braccio sx e affondando la lama del coltello- impugnato con la dx- in regione
cervicale (trapassandovi la trachea, senza colpire, a quanto sembra, il fascio vascolare
relativamente retro posto su piani tissutali più laterali e più profondi) con un colpo vibrato
quindi da destra a sinistra.
E' verosimile che a questo punto la vittima, ormai esausta, sia stramazzata supina al suolo
offrendo il petto all'aggressore che nel frattempo si sarebbe posto vis a vis con essa.” [fonte:
citazione dalla Perizia De Fazio, come riportata nel Libro “Compagni di sangue” - Giuttari-Lucarelli – come riportato
su Calibro22Blogspot]

• 6) Dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997


Presidente:" Il coltello ce lo aveva con la mano sinistra o con la destra?"
Lotti fa un gesto, e il Presidente lo sottolinea:"Con la mano sinistra"

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[fonte: dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997 ]

Anche questo è in contrasto con quanto asserito in perizia dal dottor De Fazio [ NdA: “Lo studio
delle sedi e della direzionalità dei tramiti delle lesioni da taglio autorizza a ritenere che in primis la vittima sia
stata raggiunta a tergo dall'aggressore che impugnava il coltello con la mano dx e colpita al dorso da
una prima coltellata (senza esito tuttavia, avendo attinto la 5° vertebra dorsale ). Successivamente, aiutato
eventualmente dalla retroflessione alogena del collo da parte della vittima, nella medesima posizione da tergo,
l'aggressore può aver agito afferrando il collo della vittima col braccio sx e affondando la lama del coltello-
impugnato con la dx- in regione cervicale (trapassandovi la trachea, senza colpire, a quanto sembra, il fascio
vascolare relativamente retro posto su piani tissutali più laterali e più profondi) con un colpo vibrato quindi
da destra a sinistra.” - fonte: citazione dalla Perizia De Fazio, come riportata nel Libro “Compagni di sangue”
- Giuttari-Lucarelli – come riportato su Calibro22Blogspot]

• 7) Dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997


Avvocato: “e nel momento in cui il giovane scappa Vanni dove era?”
Lotti: “dentro la tenda, io l'ho visto... gli era dentro certamente”

[Sunto]poi all'udienza successiva, cambia versione.
...
Lotti:"Ma io credo dentro non c'era. No gli era fori la tenda. Ma se era rimasto dentro
come fo a vedere io. Sara' risortito quando gli e' sortito il coso. O non gli era sortito da
una parte?!"

Avv. Mazzeo:"Dopo che era uscito il francese e' uscito anche il Vanni?"
Lotti:"Si"
[fonte: dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997 ]

Cosa semplicemente impossibile, o anche il Vanni sarebbe stato attinto dai colpi di arma da
fuoco. Non risultano inoltre orme di scarpa intrise di sangue nella tenda, che il Vanni
obbligatoriamente avrebbe dovuto a tal punto lasciare. Ma il meglio della sua “testimonianza
oculare” il GL la deve ancora fornire...

• 8) Dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997


Lotti:"Poi sono entrati dentro tutti e due"
...
Filastò':"Ma come sono entrati? Camminando come?"
Lotti:"Camminando, come una persona che cammina normale"
Filastò': "Ma normalmente?"
Lotti: "Si, non andavano mica a forza!"
Filastò':" In piedi dritti?"
Lotti:"L'avro' visto bene! La vista l'ho ancora bona!!"
...
Filastò':"Non sono entrati abbassandosi?"
Lotti:"No. Io l'ho visti in piedi... cosi'"
[fonte: dibattimento - udienze del 27-28 Novembre 1997, 5-9 Dicembre 1997 ]

Semplicemente un'altra impossibilità fisica, visto che la tenda non supera i 140 cm di altezza;
ancora più impossibile visto che secondo il GL, sarebbero entrati attraverso il taglio sul telo
esterno. Eppure il GL, “testimone oculare”, la “vista ce l'ha ancora bona!” e dunque bene
dovrebbe avere visto!

• 9) data delitto
e poi ovviamente c'è la data del delitto che il GL colloca come avvenuto nella notte tra
domenica e lunedì, cosa che abbiamo visto non corrispondere a nessuna coerenza

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logica e documentale visto lo stato dei cadaveri, la assenza di testimonianze che


vedano la coppia viva dopo il venerdì; la mancanza di scontrini; la mancanza di logica
nel proseguire lo scopo del viaggio, per determinare la non veridicità delle dichiarazioni
del GL.

Quindi, in conclusione di capitolo, possiamo tranquillamente affermare che le parole del


Giancarlo Lotti, non possono in alcun modo rivestire i panni di un dato “a favore” del SV, visto
che le sue dichiarazioni, per quanto accettate in aula di tribunale ed in sentenze, non paiono
essere capaci di passare nemmeno il più che minimo test di veridicità e plausibilità.

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Il post Scopeti: dal 1985 al 1986

Per iniziare, un sunto cronologico di riepilogo delle informazioni salienti di questa finestra
temporale, che tra le altre cose vede:
1. l'arresto del SV [NdA: con l'accusa di uxoricidio]
2. l'assenza di nuovi delitti del Mostro di Firenze
3. le parole “di accusa” dello Stefano Mele
4. la taglia da 500 milioni

18 settembre 1985: viene istituita la taglia di 500 milioni di lire

18 settembre 1985: sui giornali trapela la notizia che il SM era nuovamente stato arrestato
un paio di mesi prima [NdA: “La notizia dell' arresto di Mele è trapelata ieri mattina” - Fonte La Repubblica –
19 settembre 1985]

18 settembre 1985: il SM “ ribadisce le accuse contro il fratello Giovanni e VINCI


Salvatore, ma non fa più menzione dei due cognati, MUCCIARINI Piero e CHIARAMONTI
Marcello” [Rapporto Torrisi 311/1]

• 18 settembre 1985: il SM, nuovamente sentito, dichiara che “ad accompagnare


Natalino con l'autovettura, e forse anche un po' a piedi, è stato Salvatore” [rapporto
Torrisi 311/1]

19 settembre 1985: le operazioni di intercettazione telefonica sulle utenze n. 490585 e n.


496126, rispettivamente adibite a linea privata e linea di lavoro per la Ditta P.I.C. di Salvatore
VINCI vengono “sospese” [rapporto Torrisi 311/1]

autunno 1985: il PM richiede la formale istruzione a carico di Salvatore Vinci per il delitto
Rontini – Stefanacci [NdA: “Il p.m., dubitando anche dei riscontri all'alibi di Vinci, intanto effettuati,
richiedeva, nell'autunno 85, la formale istruzione a suo carico per l'omicidio duplice del 1984 ” - Sentenza Rotella]

8 ottobre 1985: “il dott. Adolfo IZZO, Sostituto Procuratore, accompagnato dallo scrivente e
dal M/llo CONGIU Salvatore, del dipendente Nucleo Operativo, si portano in Sardegna, nel
Comune di Villacidro, ed in altre località, allo scopo di approfondire le indagini in merito alla
morte di STERI Barbarina ed alla ricerca della pistola calibro 22 L.R” [Rapporto Torrisi 311/1]

10 ottobre 1985: viene messo sotto controllo il telefono della madre di Barbarina Steri,
“TIBET Anna Maria, telefono n. 070/832371” [Rapporto Torrisi 311/1]; tali intercettazioni
termineranno il 30 novembre 1985

16 ottobre 1985: “riprendono” [rapporto Torrisi 311/1] le operazioni di intercettazione


telefonica sulle utenze n. 490585 e n. 496126, rispettivamente adibite a linea privata e linea
di lavoro per la Ditta P.I.C. di Salvatore VINCI
• tali intercettazioni risultano essere ancora in corso alla stesura del Rapporto Torrisi
311/1: 22 aprile 1986 [NdA: “e sono tuttora in corso” - rapporto Torrisi 311/1]

17 ottobre 1985: vengono sentiti i coniugi Biancalani Saverio e Acciaioli Gina in merito
all'alibi di SV per il delitto di Castelletti di Signa; “Nella circostanza, il BIANCALANI Saverio
Silvano, sorretto dal caparbio comportamento della moglie, insiste nel suo atteggiamento
falso e reticente, tanto da essere tratto in arresto” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

23 ottobre 1985: primi risultati dell'analisi dello straccio sequestrato al SV, in merito alle
tracce di sparo: “Il predetto Centro Investigazioni Scientifiche, con nota del 23 ottobre 1985,

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diretto a questo Gruppo, ha riferito che le analisi chimico-microscopiche condotte su una


ristretta porzione della stoffa lasciano supporre che i residui nerastri possano riferirsi a quelli
di un'arma da fuoco” [Rapporto Torrisi 311/1]

4 novembre 1985: inizia la terza fase di pedinamenti del SV [ NdA: fase che si concluderà il 12
febbraio 1986]; i pedinamenti in questo caso verranno svolti in maniera “continuativa nell'arco
delle 24 ore” [rapporto Torrisi 311/1]

5 novembre 1985: “il dott. Mario ROTELLA, G.I., ed il dott. Adolfo IZZO, Sostituto
Procuratore ...SNIP... si portano in Lecco per sentire nuovamente le tre sorelle” della
Barbarina Steri [Rapporto Torrisi 311/1]
• 5 novembre 1985: viene messo sotto controllo il telefono della sorella di Barbarina
Steri, “STERI Anna Maria, telefono n. 031/850467” [Rapporto Torrisi 311/1]; tali
intercettazioni avranno termine il 30 novembre 1985

• 5 novembre 1985: viene messo sotto controllo il telefono della sorella di Barbarina
Steri, “STERI Giuseppina, telefono n. 0341/371754” [Rapporto Torrisi 311/1]; tali
intercettazioni avranno termine il 30 novembre 1985

9 novembre 1985: lo Steri Salvatore, fratello della Barbarina Steri, si presenta


“spontaneamente dal magistrato” [Rapporto Torrisi 311/1]
• si noti che: la ricostruzione che in data fornisce risulta piena zeppa di incongruenze, al
punto che il magistrato è costretto più volte a chiedergliene conto:
▪ “...Fattogli rilevare la difformità delle dichiarazioni... SNIP... Contestatogli,
ancora ...SNIP... Fattogli, ancora, notare la diversità delle sue dichiarazioni
...SNIP... Contestatogli che anche questi due particolari non sono stati, a suo
tempo, da lui menzionati....” [Rapporto Torrisi 311/1]

22 novembre 1985: le dichiarazioni dello Steri Salvatore il 9 novembre 1985, sono così
piene di incongruenze che il Giudice Istruttore del Tribunale di Cagliari interrogano
nuovamente “lo STERI Salvatore, ulteriormente sentito” [Rapporto Torrisi 311/1]
• la versione che adesso fornisce, è dissimile da quella fornita nelle immediatezze della
morte della Barbarina, facendo seriamente traballare l'alibi di SV di quella notte.
▪ “Chiestogli, allora, i motivi per cui non abbia detto queste circostanze nel
verbale reso il 19.1.1960 ai Carabinieri di Villacidro, allorché i fatti erano
recentissimi, egli non è stato in grado di dare alcuna spiegazione” [rapporto Torrisi
311/1]

▪ “Lo STERI ha, infine, concluso affermando che nella circostanza in cui è stato
chiamato in Caserma dai Carabinieri, il VINCI ebbe ripetutamente a
raccomandargli di ricordarsi di dire agli inquirenti che quella sera erano
stati sempre assieme.” [rapporto Torrisi 311/1]

30 novembre 1985: termina il servizio di intercettazione telefonica sulle utenze della madre
e delle sorelle della Barbarina Steri

fine dicembre 1985: SV riprende i contatti coi coniugi Biancalani, e le altre amicizie, che
aveva interrotto a causa delle attenzioni degli inquirenti [ NdA: “Il "silenzio" dura sino al mese di
dicembre, e poi, verso la fine, contatta i vecchi amici e "partners" BIANCALANI Saverio e la moglie ACCIAIOLI
Gina” - Rapporto Torrisi 311/1]

12 febbraio 1986: terminano i pedinamenti, della terza fase, a carico del SV

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30 aprile 1986: controlli a casa del SV da parte dei carabinieri “maggiore ROSATI Vincenzo
ed il maresciallo CONGIU Salvatore, mentre si trovano in casa del VINCI Salvatore per
accertamenti, sentono suonare il campanello e subito notano entrare nell'abitazione il
BIANCALANI Saverio, che alla loro vista impallidisce, dimostrando evidenti segni di
imbarazzo.” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

2 maggio 1986: i Carabinieri espletano presso “l'unità sanitaria locale (U.S.L.) n. 10 di


Careggi“ [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1] l'analisi del gruppo sanguigno di SV

11 giugno 1986: SV viene arrestato con l'accusa di uxoricidio

21 giugno 1986: i Carabinieri escutono nuovamente la Rosina Massa [ NdA: “in data 21 giugno
1986, in questo ufficio e solo dopo l'arresto del marito, avvenuto da qualche giorno, riferisce verbalmente allo
scrivente che ...” - Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

26 giugno 1986: i carabinieri ascoltano nuovamente il figlio di SV, Antonio [ NdA: già
precedentemente escusso, in data che però non sono riuscito a rintracciare specificatamente nel rapporto 311/1
né nel suo supplemento]

20 agosto 1986: come per il SV, i Carabinieri provvedono a far espletare l'analisi del gruppo
sanguigno anche al Biancalani Saverio, presso presso “il medesimo Centro Traumatologico
Ortopedico dell'Ospedale di Careggi” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

probabilmente post 14 ottobre 1986 (data sconosciuta allo scrivente,


probabilmente successiva alla stesura del supplemento 311/1-1 visto che in esso
non se ne fa menzione): ultima perquisizione a casa del SV: “il seguito delle investigazioni
ha dato spazio ad altri aspetti misteriosi [per esempio gli oggetti pervenuti da un'ultima
perquisizione tra cui un rullino fotografico. Il processo di sviluppo/stampa ha rivelato le
immagini di una giovane coppia di sconosciuti in automobile, quest'ultima verosimilmente di
origine piemontese — le indagini non sono giunte mai a conclusione — in vacanza all'Elba
(?)]” [Sentenza Rotella]

Di quanto succede in questo periodo, come accennato ad inizio capitolo, le tre cose che prima
di altre saltano agli occhi, sono appunto l'arresto del SV e la mancanza di nuovi delitti firmati
dal mostro di Firenze e le nuove “accuse” del SM.

I primi due punti sono ovviamente strettamente legati tra di loro e dunque assieme vanno
affrontati.
Li affrontiamo nel prossimo capitolo, come è giusto che sia assieme a quanto scritto dal
professor Cesare Marchetti e allo scrittore Mariano Tomatis, basandosi sull'equazione di
Volterra e quanto postulato ne “L'ordine nel caos: strutture semplici nei sistemi economici,
sociali e individuali e loro uso per la previsione”

Per quanto riguarda invece le accuse del SM, tale analisi è rimandata a dopo aver illustrato
anche il prossimo, ed ultimo, blocco temporale di informazioni; questo perché in detto
successivo periodo vi sono, ovviamente, dati che ad questo si riallacciano.

Passiamo adesso a parlare un momento della famosa e famigerata taglia da 500 milioni

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500 milioni di assordante silenzio

Il 19 settembre 1985: sui giornali appare la notizia che “per non "privarsi di una via per
accertare la verità". La somma è stata stanziata dal ministro dell' Interno Scalfaro che
martedì si era incontrato con il procuratore della Repubblica di Firenze, d' intesa con il
presidente del Consiglio Craxi” [fonte : La Repubblica – 19 settembre 1985 ], è stata istituita una
taglia di 500 milioni di lire, pagabili a chi fornirà informazioni utili alla cattura del Mostro di
Firenze.

L'idea di istituire una pubblica taglia non piace a molti per gli evidenti rischi che comporta un
incentivo alla delazione, e quindi la Procura decide di fissare dei rigidi paletti per la stessa.

a) La taglia sarà in vigore per un breve lasso di tempo [ NdA: due mesi – Fonte: La Repubblica 20
novembre 1985]

b) Gli eventuali informatori non dovranno essere anonimi [ NdA: “eventuali informatori, ma non
anonimi” - Fonte La Repubblica 19 settembre 1985]

c) gli informatori dovranno mettersi in contatto con la procura tramite telefono [ NdA: “la
questura ha attivato una linea telefonica (055/476262).” - fonte: La Repubblica 19 settembre 1985]

Il 19 Novembre 1985: la taglia verrà revocata. Esito: nessuno.


O peggio.
Infatti, come molti già sospettavano all'ora, tale incentivo economico portò ad una serie di
segnalazioni che:
1) non portarono all'individuazione del mostro

2) coinvolsero una cospicuo numero di ignari ed innocenti cittadini [ NdA: 1500 – 2000 persone –
Fonte: “I Delitti del Mostro Di Firenze, Forum”], che poi “che furono poi considerati persone offese per
il reato di calunnia da parte di chi aveva fatto i loro nomi unicamente perché interessato ai
soldi della taglia” [Fonte: “I Delitti del Mostro Di Firenze, Forum”].

A livello di questo documento di studio non abbiamo bisogno di metterci a ragionare sui pro e
i contro “personali, etici e morali” che una simile modalità di “delazione” comporti.
Quello che ci importa notare, e con gran interesse viste le conferme che appresso si porta, è
che tale ingentissima remunerazione economica: non sia stata riscossa da nessuno
Su questo sì che dobbiamo formulare qualche ragionamento.

Infatti, una taglia non riscossa può significare solo due situazioni [ NdA: e due situazioni che
possono anche sovrapporsi]:
1. nessuno aveva realmente informazioni certe da comunicare
2. nessuno poteva permettersi il lusso di comunicare informazioni

Nella prima categoria:


qui di sicuro possiamo includere tutte quelle persone che:
a) non erano state direttamente partecipi al delitto di Castelletti di Signa [NdA: leggasi ad
esempio Francesco Vinci]

b) non erano effettivamente state testimoni oculari di uno o più delitti del MdF [NdA: leggasi ad
esempio Enzo Spalletti]

Chiudendo così definitivamente il cerchio sulle illazioni, ad esempio, sullo Spalletti e/o altri
guardoni come possibili testimoni silenziosi e reticenti.

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E con buona logica, viene anche da domandarsi come mai nessuno dei poi “futuri testimoni a
dieci e più anni di distanza” alla Pucci, alla
, alla Ghiribelli o alla Nesi, per fare qualche esempio, abbia colto quella occasione per farsi
avanti e mettersi in tasca anche un bel sacco di soldi.

Nella seconda categoria:


qui, con buona logica, possiamo includere tutte quelle persone che:
a) erano connesse in prima persona con il duplice omicidio della Locci e del Lo Bianco [NdA:
leggasi ad esempio i Piero Mucciarini]

b) ipoteticamente avrebbero potuto essere complici del mostro per i successivi delitti [NdA: la
teoria che i delitti maniacali dal 1974 al 1985 siano stati commessi da più soggetti complici, è per ragioni già
illustrate, completamente scartata in questa analisi di studio ]

Chiudendo così definitivamente il cerchio delle possibilità di pervenire a soluzione del caso
tramite delazione.
E' infatti evidente che :
• i soggetti complici e sodali tra loro, che avevano partecipato all'uccisione della
Barbara Locci e del Antonio Lo Bianco per poter fornire informazioni credibili e
concretamente riscontrabili circa il mostro, avrebbero dovuto autodenunciarsi di
duplice omicidio, rendendo così indubbiamente molto meno appetibile incassare la
somma offerta.

• il SM, unico ad aver scontato integralmente la pena inflittagli per il duplice omicidio
del 1968, solo di quel delitto avrebbe potuto parlare e così facendo “regalare” la
galera ai suoi famigliari e congiunti [NdA: cosa che il SM fino all'ultimo ha sempre cercato di
evitare]

• il SV, per le stesse ragioni che stanno alla base di questo documento, non avrebbe
avuto motivo alcuno di auto accusarsi e consegnarsi sponte propria all'ergastolo

Altrettanto evidente, oltre a tutto il supporto documentale e logico già presentato in questo
lavoro di studio, che la non esistenza di complici nei delitti della serie 1974 – 1985, non
poteva sortire alcun risultato vista proprio la mancanza stessa di “complici”.

Significativo poi, è anche notare come invece, per tutte le altre teorie sul campo che invece
ipotizzano presenze plurime in legame di complicità omicidiaria ed escissoria: nessuno di
questi “presunti complici”, sia sia fatto avanti:
• cosa da un lato comprensibile sul piano ipotetico, in quanto confessare la complicità
avrebbe portato ad una condanna anche per il delatore stesso

• cosa molto meno incomprensibile quando poi invece si vanno a vedere i “personaggi
proposti a sodali” e le “ragioni per le quali” avrebbe ucciso e fatto scempio di cadaveri
▪ nella ipotesi “sette” più o meno potenti poi, il numero di persone coinvolte anche
lontanamente ma comunque in grado di poter fornire informazioni precise,
sarebbe così elevato che non si capisce come sia stato possibile che nessun
personaggio di “secondo o terzo o quarto livello”, abbia approfittato della
lautissima ricompensa

▪ ancora minore è la possibilità di comprensione del “silenzio”, nel caso in cui si


ricorra all'ipotesi, sostenuta in diversi scenari, che i delitti avvenissero su
commissione, ossia venissero commessi dietro pagamento.
Infatti, 500 milioni di lire erano una cifra così elevata che nessuna “setta
satanica, o di borghesi medici o farmacisti di paese o congrega di potenti di alto

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livello” avrebbe mai potuto pagare, e dunque di certo da far gola a persone
disposte ad uccidere e/o anche solo a fiancheggiare persone che uccidevano e
mutilavano; specie per quelle “meno forti caratterialmente” dedite anche al vizio
del “bere”

Una taglia dunque che, andando a vuoto, fornisce certo non un nome ma comunque molte
altre informazioni utili.

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Un SV in prigione, un 1986 senza delitti e l'equazione di Volterra

L'11 giugno 1986 SV viene arrestato con l'accusa di uxoricidio.


E dal duplice delitto degli Scopeti del settembre 1985 in poi, non ci sono e non ci saranno più
altre coppie assassinate con modalità e calibro 22 LR del mostro.

Non avessimo portato in evidenza tutta la cospicua serie di informazioni presentata in questo
articolato documento, la “coincidenza” tra il due fatti sarebbe da prendere con le molle, non
significativa.
E nonostante tutto quanto qui presentato, a questa “coincidenza” non vogliamo comunque
assegnare un peso maggiore di quello che ha.
Questo perché il legame biunivoco che inscindibilmente lega i due fattori, è tale proprio solo
ed esclusivamente nel caso in cui quanto precedentemente sostenuto sia corretto [ NdA:
almeno nelle sue linee generali nell'identificare il SV come soggetto MdF ], e dunque nulla aggiungerebbe al
ragionamento vero e proprio.

Però qualcosa in merito va detta:


a) ossia che effettivamente la “coincidenza” esiste
b) e soprattutto il fatto che con il SV in galera, per la prima volta dal 1982 non ci siano stati
altri omicidi della Calibro 22 LR a scadenza grosso modo annuale, non è una informazione
che possa essere utilizzata “ad innocenza” SV

Ricordando dunque che SV venne arrestato l' 11 giugno 1986 e sapendo che venne assolto e
scarcerato il 19 aprile 1988, prima di archiviare questo spunto informativo, è giusto però far
notare che in merito ad un possibile silenzio omicida post 1985, parlò anche il matematico e
fisico professor Cesare Marchetti.
“Nel 1985, dopo il duplice omicidio di Nadine Mauriot e Jean Michel Kravechvili, il Comando
generale dell'Arma dei Carabinieri di Roma gli chiese una consulenza sul "mostro di Firenze"
[Fonte: insufficienza di prove Blogspot].

Il professor Marchetti infatti, applicando i parametri della vicenda del Mostro di Firenze al
modello dell'equazione di Volterra, nota anche come “equazione preda-predatore” [NdA:
normalmente usata nella valutazione della stima della determinazione della durata di fenomeni economici e
sociali], avrebbe potuto essere in grado di fornire informazioni, secondo logica, logistica e
calcolo, su eventuali future azioni del MdF.

“Con l'applicazione delle "equazioni di Volterra", Marchetti era riuscito a determinare quando
un'industria automobilistica avrebbe dovuto cambiare un modello, quando una certa bibita
sarebbe sparita inevitabilmente dal mercato, quando il gas metano avrebbe piano piano
preso il posto del petrolio, oppure - era riuscito a stabilire su richiesta del ministero degli
Interni - quando le Brigate rosse avrebbero smesso la loro attività.
Gli speciali e complessi calcoli di Marchetti erano normalmente prestati al servizio di grandi
industrie, di Stati, di importanti istituzioni per scoprire i comportamenti apparentemente
caotici nel tempo di fenomeni economici e sociali, di prodotti industriali, di gruppi politici e,
persino, di singole persone.
Era inutile chiedere a Marchetti i motivi all'origine di certi cambiamenti: lui diceva di ignorarli
e che non aveva interesse a conoscerli.
Sapeva solo che i suoi calcoli non potevano sbagliare.
Scoprire l'ordine nel caos era il suo mestiere, che si trattasse di caos in sistemi economici o
sociali, ma anche in comportamenti individuali. Sosteneva che in ogni fenomeno c'è una
sorta di DNA che ne determina ferreamente lo sviluppo.” [fonte: “Dolci Colline di Sangue” - M. Spezi,
D. Preston]

Nel libro appena citato, si trova anche il proseguo della storia, ossia cosa e quando il

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professor Marchetti giunse a determinare.


Leggiamo:
Il Marchetti giunse alle conclusioni “poche settimane dopo il delitto degli Scopeti del
settembre 1985” [fonte: “Dolci Colline di Sangue” - M. Spezi, D. Preston].

E secondo quanto riportato nel libro citato, le sue parole, in virgolettato, furono: "State
tranquilli, non colpirà più." [fonte: “Dolci Colline di Sangue” - M. Spezi, D. Preston].

Effettivamente, dal settembre 1985 in avanti, delitti ufficialmente firmati dal MdF non se ne
avranno più.

In realtà però, la risposta del Marchetti fu più articolata: e in base alle stime introdotte e ai
calcoli svolti, “non prevedeva che il mostro smettesse definitivamente dopo Scopeti come
riporta Spezi, ma [NdA: che vi fosse] una pausa per il 1986, con un successivo possibile delitto
previsto per il febbraio 1987” [fonte: Il Mostro di Firenze Forum], come ben specificato nel libro
“Numeri Assassini” scritto da Mariano Tomatis.

Più nel dettaglio, Tomatis ci racconta e ci spiega che:


• a) 1984 – 7 duplici omicidi - base 11
nel 1984, dopo il delitto di Vicchio e prima di quello degli Scopeti, scegliendo come
base di proiezione “di un tetto arbitrario di 11 duplici omicidi” [fonte: “Numeri Assassini” -
Mariano Tomatis], di cui 4 ancora da compiere dunque, “disponendo su un grafico la
curva la curva dell'equazione e i sette punti corrispondenti ai delitti” [fonte: “Numeri
Assassini” - Mariano Tomatis], era possibile matematicamente prevedere che il mostro
avrebbe nuovamente colpito e che la data prevista avrebbe dovuto essere collocata tra
“il settembre 1985 e l'agosto 1986” [fonte: “Numeri Assassini” - Mariano Tomatis]
▪ tale proiezione indicativa, per quanto specifica e corretta vista a posteriori, era
indubbiamente troppo vaga perché potesse essere usata con successo a fini di
prevenzione da parte degli inquirenti nel 1984-1985.

• b) 1985 – 8 duplici omicidi -base 12


nel 1985, dopo il delitto di Scopeti, gli inquirenti si ricordarono di quanto era stato
previsto e segnalato dal matematico e quindi il Comando Generale dell'Arma dei
Carabinieri lo contattò e “lo incaricarono di estendere il modello ad una successiva
eventuale aggressione” [fonte: “Numeri Assassini” - Mariano Tomatis].
I punti sul grafico venivano aggiornati con anche il delitto degli Scopeti e il tetto di
proiezione a base 11 veniva incrementato di una unità, portandolo così a “base 12”.
Rifacendo su questi dati i calcoli, il risultato che il matematico ottenne:
▪ “consentiva di prevedere un nuovo delitto nel febbraio 1987” [fonte: “Numeri
Assassini” - Mariano Tomatis].

Quindi, con un MdF in condizione di agire, secondo i calcoli del Marchetti, si ci sarebbe dovuti
aspettare un delitto nel 1987.

Nel settembre 1985, un duplice omicidio del MdF effettivamente vi fu.

Nel 1986, non vi furono delitti del MdF, e dunque arresto di SV o meno, secondo tale
equazione non siamo autorizzati a notare alcunché in merito.

Nel 1987 però anche in questo caso delitti del MdF non vi furono, mentre secondo i calcoli del
Marchetti uno avrebbe dovuto esserci.

Dobbiamo quindi chiederci perché nel 1987 delitto maniacale non vi fu.

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Ovviamente non è possibile rispondere con precisione, esattezza e oggettività [ NdA: il MdF
avrebbe potuto essere malato, morto, in galera per altri motivi, ricoverato in ospedale , etc ]; è però giusto da
far notare che:
a) l' 11 giugno 1986, SV venne arrestato
b) che il SV venne (assolto e) scarcerato solo il 19 aprile 1988
c) che questo lasso di detenzione, ovviamente, include sia il 1986 sia il 1987 [ NdA: due anni
senza delitti del MdF]

Sarà un caso?
Come detto non è possibile rispondere in piena onestà e trasparenza;
certo è che il dato avvalora e non sminuisce quanto esposto in questo documento di studio in
merito alla identificazione del MdF nella figura del SV

Ossia, anche in questo caso dunque ci troviamo di fronte ad una coerenza che, se pur non
rivendibile come prova, risulta in piena sintonia con quanto illustrato in questo documento di
studio; e, ancora una volta, ci troviamo di fronte ad un dato che anche se preso nella sua
forma più “garantista”, non può essere speso a favore di una ipotesi “assolutoria” del SV.

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Il post Scopeti: dal 1986 al 1989

Cronologicamente parlando, questo periodo di tempo riporta pochi fatti ma tutti sensibili;
infatti:

12 aprile 1988: inizia il processo a SV [NdA: “il 12 aprile 1988 Salvatore Vinci comparve davanti ai
giudici della Corte d'Assise di Cagliari” - da “Dolci colline di sangue “ - M. Spezi – D. Preston]

18 aprile 1988: SM, testimone al processo, discolpa SV [ NdA: “L' attesissimo confronto tra l'
imputato e Stefano Mele, suo ex amico, divenuto poi il principale accusatore, non ha dato alcun risultato
...SNIP... Nel confronto Stefano Mele un vecchio che da anni vive in uno ospizio ha sempre parlato dell'
uccisione di Barbarina Steri come di una disgrazia. Per un attimo si è tradito quando, rispondendo al
presidente ha accennato alla confidenza avuta da Vinci. Ma subito s' è corretto e ha ripreso a parlare di disgrazia,
avallando così la tesi del suicidio con la quale, ventotto anni fa, il caso fu archiviato” - fonte: La Repubblica 19
aprile 1988]

18 aprile 1988: l'accusa, rappresentata dal PM Enrico Altieri chiede una perizia psichiatrica
per SV; la difesa insorge e chiede che la richiesta non venga accolta. “ Dopo una breve
camera di consiglio, il presidente della Corte d' Assise Carlo Piana ha comunicato che la
richiesta del Pm non era stata accolta” [Fonte: La Repubblica 19 aprile 1988]

19 aprile 1988: SV viene assolto dall'accusa di uxoricidio e scarcerato

giugno 1988: da poco scarcerato, a Villacidro SV compie un presunto assalto sessuale [NdA:
“un pastore di 60 anni, il quale sostiene che Salvatore Vinci ...SNIP... avrebbe cercato di abusare di lui”] ai
danni di un vicino di casa. Verrà accusato di libidine violenta ed atti osceni in luogo pubblico
• “I carabinieri stanno svolgendo accertamenti per stabilire la veridicità del racconto
della presunta vittima, che appare, secondo gli inquirenti, non completamente
credibile”. [Fonte: La Repubblica – 5 giugno 1988]

• “a favore di Salvatore si è espresso il tribunale della libertà del capoluogo sardo


che ha revocato un mandato di cattura per atti di libidine, un presunto
tentativo di violenza nei confronti di un pastore commesso da Vinci non appena
uscito dal carcere” [Fonte: La Repubblica -20 ottobre 1989]

novembre 1988: il giudice Lombardini ordina che SV venga sottoposto a perizia psichiatrica
[NdA: come quella che era stata revocata durante il processo per l'uxoricidio ].

dicembre 1988: i carabinieri che dovevano prelevare SV e condurlo a Cagliari per la perizia
non lo trovano. Da questo momento non si avranno più notizie di SV.
Si noti che:
▪ al momento della fuga ancora non fosse stato prosciolto da Rotella

▪ al momento della fuga ancora doveva sottoporsi a perizia psichiatrica

▪ al momento della fuga avesse sulle spalle una denuncia per molestie sessuali

1989 (prima della scrittura della Sentenza Rotella): “Nel corso del 1989, sottoposto a
nuova perizia psichiatrica, Mele ha ripreso, con i periti, ad indicare quale correo Francesco
Vinci. “ [Sentenza Rotella]

13 dicembre 1989: il G.I. Mario Rotella dichiara il non doversi a procedere nei confronti
del SV [NdA: e altri nominativi]

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Del non doversi a procedere firmato dal G.I. Mario Rotella, già si è accennato ad inizio lavoro
di studio e dunque possiamo sorvolare sul punto che altro non fa, semplicemente, che
mettere la parola fine alla storia analizzata in questo documento di studio.

Prima di addentraci nel processo per uxoricidio, scarcerazione e fuga però, abbiamo da
affrontare il capitolo annunciato nella precedente cronologia 1985 – 1986 relativo alle accuse
mosse dal SM al SV nel 1985 [ NdA: che come già sapete il SM per l'ennesima volta mitigherà durante il
processo per uxoricidio, partecipando attivamente e de facto all'assoluzione del suo ex amante SV ]

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Il processo per uxoricidio

Il 12 aprile 1988, dopo due anni circa di carcerazione preventiva, inizia il processo a SV
accusato di uxoricidio nel 1960 della moglie Barbarina Steri.

Sarebbe pura ipocrisia sostenere che l'arresto di SV, con detta accusa, non sia stato un
escamotage, anche se comunque dovuto a livello penale e legale.
Del resto è innegabile che una condanna del SV per quel “vecchio” omicidio avrebbe
spalancato la porta delle accuse anche per tutta la serie omicidiaria della Calibro 22 LR e
dunque del mostro di Firenze.
Già nell'autunno del 1985 il SV era stato formalmente sospettato ed inquisito per il delitto del
mostro del 1984 [NdA: “Il p.m., dubitando anche dei riscontri all'alibi di Vinci, intanto effettuati, richiedeva,
nell'autunno 85, la formale istruzione a suo carico per l'omicidio duplice del 1984 ” - Sentenza Rotella],e poi
onestamente indizi a suo carico di certo non mancavano.

Lo stesso arresto del SV l'11 giugno 1986, è chiaramente leggibile come una forma di
“intervento preventivo”: un arresto per un motivo, ma nei fatti volto ad evitare il ripetersi di
un altro tipo di fatto delittuoso.
Una maniera, poco ortodossa a livello di diritto se vogliamo, volta al conseguimento di un
obiettivo di maggior importanza: ossia gli inquirenti, quella parte di inquirenti, convinti della
colpevolezza del SV decidono di “agire comunque”, quasi con un pretesto, pur di evitare che
con l'arrivo dell'estate 1986, il mostro possa tornare ad uccidere coppie e mutilarne e
straziarne le carni alle vittime femminile.

Non è compito di questo documento esprime giudizi legali, etici o morali sul comportamento
tenuto da alcune figure istituzionali in questo caso, così come ben ci guardiamo da esprime
giudizi di ordine legale, etico o morale sulle scelte e le azioni di altri soggetti istituzionali su
altri momenti e/ aspetti investigativi e processuali.

In questo caso però, ossia per quanto riguarda il processo al SV per uxoricidio, la cosa non
può non essere fatta notare, anche e soprattutto perché fu proprio uno dei cavalli di battaglia
della difesa del SV.

Altra cosa importante e da sottolineare è come il SM sia stato portato ad essere presente in
quel processo dall'accusa.
Era stato infatti proprio lui a mettere la pulce nell'orecchio agli investigatori su quella morte
quando, il 16 gennaio 1984 “nella caserma del Gruppo CC di Firenze" [Sentenza Rotella], per
continuare a tenere distanti i sospetti dal Mucciarini e dagli altri famigliari, come da ordini
tramite pizzino, pur continuando ad accusare il Francesco Vinci, aveva “involontariamente”
detto: “Salvatore era un poco di buono. In Sardegna la moglie gli morì con il gas, ma anche lì
fu salvato il bambino [Sentenza Rotella] [NdA: riferimento che il SM “aveva già detto nel primo
interrogatorio in cui lo accusava, presente Mucciarini, la mattina del 23 agosto 1968” -Sentenza Rotella].

Adesso, al processo, il SM aveva “il compito” di ripetere pubblicamente quella accusa; cosa
che con buona pace dei difensori del SV, avrebbe rappresentato una pietra tombale per il loro
cliente.

Infatti, giudizi, perizie, stime, rapporti dei Carabinieri e quant'altro si voglia, ma quel
processo, e dunque la possibilità di condanno o di assoluzione per il SV, si basava più che
altro proprio su due testimonianze:
1. quella del SM

2. quella del fratello della Barbarina Steri, Salvatore Steri [ NdA: con il quale in gioventù il SV

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aveva intrattenuto una solida amicizia ed una relazione omosessuale ]

12 aprile 1988: si apre il processo, che durò appena “6 udienze” [fonte: “Dolci Colline di Sangue”
- M. Spezi – D. Preston].

Di tale processo, i punti di interesse sono rappresentati da:


a) deposizione del Salvatore Steri,
b) deposizione dello Stefano Mele,
c) richiesta e rifiuto di sottoporre il SV a perizia psichiatrica
d) le incongruenze ed errori presenti nel Rapporto Torrisi 311/1 evidenziati dall'avvocato del
SV, “Nicola Madia e Aldo Marongiu” [Fonte: Il Messaggero – 20 maggio 1988 ] e le loro critiche alle
motivazioni processo
f) e soprattutto alcune dichiarazioni di SV

iniziamo:

a) Salvatore Steri
• “Salvatore Steri si è rifiutato di rispondere alle domande del Presidente” [Fonte:
Il Messaggero – 20 maggio 1988]

• “Tutte le testimonianze dalle quali ci attendevano pesanti accuse contro l'imputato


sono cadute” [Fonte: Il Messaggero – 20 maggio 1988]

• “Salvatore Steri, che nel corso delle prime indagini sostenne di aver trascorso tutta la
sera in compagnia del cognato Salvatore Vinci, negli interrogatori ai quali venne
sottoposto 25 anni dopo i fatti, dichiarò che non era certissimo che per tutta la serata
del 14 gennaio 1960 Vinci fosse stato sempre con lui.” [Fonte: Il Messaggero – 20 maggio
1988]

▪ “il 19 gennaio 1960 dice che il cognato è stato con lui a passeggiare dalle ore
20,00 alle 22,30, e poi al bar "Cadoni", e che alle 23,45 si sarebbero diretti nelle
rispettive abitazioni” [rapporto Torrisi 311/1]

▪ “nell'interrogatorio del 10 ottobre 1985 afferma che solo Salvatore era andato
da "Carroga", mentre lui si è provvisoriamente allontanato per 10 minuti, il
tempo di fare un salto a casa” [rapporto Torrisi 311/1]

▪ “nel successivo interrogatorio dinanzi al G.I. del 9.11.1985, in cui afferma


questa volta di non essersi mai staccato da Salvatore, di essere passati insieme
dal "Carroga", trovandolo chiuso, e di avere incontrato l'amico Felice CANNAS, e
quindi di essersi portato ai biliardi, ivi intrattenendosi prima di recarsi al bar
"Cadoni" alle ore 22,30” [rapporto Torrisi 311/1]

▪ “il 22 novembre 1985, in sede di interrogatorio da parte del Giudice Istruttore


del Tribunale di Cagliari, cambia nuovamente versione in modo inopinato,
affermando di non essersi accorto se Salvatore è stato con lui nella sala dei
biliardi, ma di essere certo solamente che se lo è visto accanto non appena
usciti per andare al bar "Cadoni" [rapporto Torrisi 311/1]

b) Stefano Mele [NdA: il SM depone il 18 aprile 1988]


• “Stefano Mele si è dimostrato così confusionario e incerto da risultare del tutto
inattendibile” [Fonte: Il Messaggero – 20 maggio 1988]

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• “L' attesissimo confronto tra l' imputato e Stefano Mele, suo ex amico, divenuto poi il
principale accusatore, non ha dato alcun risultato ...SNIP... Nel confronto Stefano Mele
un vecchio che da anni vive in uno ospizio ha sempre parlato dell' uccisione di
Barbarina Steri come di una disgrazia. Per un attimo si è tradito quando, rispondendo
al presidente ha accennato alla confidenza avuta da Vinci. Ma subito s'è corretto e ha
ripreso a parlare di disgrazia, avallando così la tesi del suicidio con la quale, ventotto
anni fa, il caso fu archiviato” [Fonte: La Repubblica 19 aprile 1988]

• “L' avvocato di parte civile ha detto che non esistono elementi per sostenere l' accusa,
il pubblico ministero ha rinunciato a pronunciare la requisitoria, il supertestimone s' è
rimangiato tutto” [fonte: La Repubblica – 19 aprile 1988]

c) perizia psichiatrica
• Il 18 aprile 1988 l'accusa, rappresentata dal PM Enrico Altieri chiede una perizia
psichiatrica per SV; la difesa insorge e chiede che la richiesta non venga accolta.
“Dopo una breve camera di consiglio, il presidente della Corte d' Assise Carlo Piana ha
comunicato che la richiesta del Pm non era stata accolta” [Fonte: La Repubblica 19 aprile
1988]

• “il Pubblico Ministero Enrico Altieri, dopo essersi vista respinta dalla Corte la
sua richiesta di perizia psichiatrica sull'imputato, il 18 aprile si è rifiutato di
svolgere la sua requisitoria; l'avvocato di parte civile, per parte sua, che
rappresentava gli interessi della madre di Barbarina Steri, si è ritirato quando avrebbe
dovuto fare le sue richieste” [Fonte: Il Messaggero – 20 maggio 1988]

d) perizie, rapporti, errori, supposizioni e critiche


• “Dalla lettura delle centinaia di pagine degli atti istruttori su questa misteriosa morte di
quasi trenta anni fa, di cui è incolpato adesso Salvatore Vinci, l'avvocato difensore Aldo
Marongiu ha tratto una convinzione grave e clamorosa” [fonte: L'Unità – 10 aprile 1988]
▪ “Questo processo – accusa il legale – è stato letteralmente inventato da quei
magistrati che sospettano che Salvatore Vinci possa essere coinvolto negli
omicidi del cosiddetto Mostro di Firenze. Con un solo evidente motivo: tenere
l'imputato in galera per cercare di giungere nel frattempo a delle prove concrete
sulla sua presunta partecipazione agli altri omicidi compiuti in Toscana.” [fonte:
Dichiarazione dell'Avvocato Marongiu - L'Unità – 10 aprile 1988]

▪ “Marongiu, parlando contro la richiesta di perizia psichiatrica, ha ricordato che il


rinvio a giudizio di Vinci fu presentato nel ultimo giorno utile. Ciò fu fatto con lo
scopo ha detto di prolungare in modo ingiusto una ingiusta carcerazione” [Fonte:
La Repubblica – 19 aprile 1988]

• “dalle nuove analisi non emerge emerge alcun dato certo e sicuro. La relazione
conclusiva è piena di “sembra, forse, è possibile ..SNIP... questo non è neppure un
processo indiziario: intera inchiesta è fondata solo su congetture ed illazioni ” [Fonte:
dichiarazioni dell'Avvocato Marongiu – L'unità 10 aprile 1988].

• “la difesa dell imputato ha intanto o un nuovo punto a proprio favore ...SNIP... Si
tratta di una lettera, alquanto sgrammaticata, con la quale la direzione di un
brefotrofio confermava a Barbarina Steri, proprio alla vigilia del suo suicidio,
l'assunzione come «donna di fatica» a 50mila lire al mese
Per accusa sarebbe la prova che la donna non pensava affatto al suicidio, ma piuttosto
ad andarsene di casa assieme al figlioletto di undici mesi.
Ma dalle prime ricerche compiute in tutta Italia, del brefotrofio in questione

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nessuna traccia. Qualcuno ha confezionato «a posteriori» la lettera per


incastrare Vinci?” [Fonte: L'Unità – 15 aprile 1988]
▪ Marongiu: “A pagina venti del suo rapporto lei parla di un sequestro di
documentazione alla Pretura di Villacidro in cui era inserita una lettera. Una
missiva in cui si invitava Barbarina Steri a recarsi in un brefotrofio di Cagliari
come donna di fatica. Avete svolto indagini sull'autenticità della lettera?”
Torrisi: “No”
[Fonte: quotidiano La Città – 15 aprile 1988 ]

• “Nel suo rapporto, prosegue il difensore, lei accenna ad avvelenamento da monossido


di carbonio' riguardo alla morte della Barbarina Steri. Nella perizia non se ne parla. Lei
da dove lo ha tratto?. Il Colonnello si agita. Non risponde” [Fonte: quotidiano La Città –
15 aprile 1988 ]

• a proposito della telefonata descritta come “14 agosto 1985, alle ore 11,30, giunge
all'utenza privata del VINCI una chiamata da parte del cognato STERI” [Rapporto Torrisi
311/1], ecco lo scambio di battute durante l'udienza:
▪ Marongiu: “come mai lei parla proprio di Salvatore Steri?”
Torrisi: “Abbiamo avuto questa impressione, la voce diceva 'cognato' e visto
che il Vinci era circospetto su questo particolare, pensavamo che fosse il
cognato Steri Salvatore”
Presidente: “ma lei, Vinci, ha altri cognati?”
S. Vinci: “si, Antonio Steri, mi telefona spesso, ogni tanto viene anche in
vacanza”
[Fonte: quotidiano La Città – 15 aprile 1988]

• “molte delle frasi contenute nel Rapporto, sono state definite come “elucubrazioni
gratuite” dal difensore di Vinci” [Fonte: quotidiano La Città – 15 aprile 1988]

• Presidente: “Ci parli della personalità del Vinci,che cosa avete accertato?”
Torrisi: “Dai nostri accertamenti posso dire che la personalità del Vinci è molto
complessa”
Marongiu: “Si limiti ai dati, Colonnello, non dia giudizi”
[Fonte: quotidiano La Città – 15 aprile 1988]

e) le dichiarazioni di SV
In aula il SV parla in maniera forbita di argomenti interessanti e in linea di principio
condivisibili [NdA: argomenti principe l' habeas corpus e la la libertà di sessualità].

Ma parla anche di altro:


1. Della Barbarina Steri e di come lui si comportava con lei
2. Dello straccio sporco di polvere da sparo

Non vi è tema di smentita nel dire che le sue affermazioni in questo frangente altro non sono
che interessate menzogne [NdA: vista la situazione processuale che viveva al momento, al limite anche
comprensibili, ma pur sempre menzogne restano ]

• 1) dichiarazioni sulla Steri Barbarina


▪ S. Vinci: “Non avevo motivo di uccidere mia Salvatore Vinci in aula durante la
sua deposizione moglie, non credo neppure adesso che ci fosse con Pili più
di una semplice amicizia”. [Fonte: L'unità – 13 aprile 1988]
▪ la menzogna è evidente. Tra la Barbarina e il Pili era, e da tempo, in
atto una relazione sentimentale e sessuale. Rileggasi in proposito la

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Sentenza Rotella, la denuncia e i rapporti dei Carabinieri di Villacidro e


il Rapporto Torrisi 311/1, dove sono citate fonti distinti e concordanti in
tal senso

▪ Cronista -domanda: “è vero che la maltrattava?”


S. Vinci - risposta: “No, c'erano tutto al più dei litigi un po' violenti”.
[Fonte: L'unità – 13 aprile 1988]
▪ anche in questo caso, la menzogna è evidente. Come per il punto
precedente, basta rileggersi la Sentenza Rotella e il rapporto Torrisi
311/1, per avere multiple e concordanti dichiarazioni di differenti
soggetti che smentiscono la versione dei “litigi un po' violenti”, per
riportare in luce la realtà delle violente botte e dei soprusi

• 2) dichiarazioni sullo straccio


▪ Cronista - domanda: “in casa sua è stato ritrovato uno straccio intriso di
sangue e polvere da sparo...”
S. Vinci - risposta: “No, non c'era polvere da sparo , è impossibile. E poi
non ho mai usato una pistola: le uniche che ho visto da vicino sono quelle nelle
fondine dei carabinieri”
[Fonte: L'unità – 13 aprile 1988]
▪ anche in questo caso si tratta di una evidente menzogna, come
certificato da più perizie, su tale straccio, oltre a tracce ematiche,
erano presenti anche quelle di combustione di polvere da sparo: sullo
straccio di cotone bianco, macchiato, infatti erano presenti anche
“inequivocabilmente tracce di polvere da sparo, come accertato
più volte pertialmente” [Sentenza Rotella]

▪ Ci si ricordi che: dopo un primo tentativo di dire che dello straccio e


delle macchie di sangue nulla sapesse, il SV accettò come dato di
fatto che su di esso vi fossero tracce ematiche ma si imputò a negare
l'evidenza periziale che riscontrava quelle di sparo [ NdA: la gravità della
presenza di dette traccie, resta a tuttora il più “inspiegato” ed il più pesante indizio di
colpevolezza del SV]: “Il problema è stato avvertito dallo stesso imputato.
Mentre è disposto a far concessioni, per quanto concerne la
provenienza delle macchie di sangue , nonostante le emergenze peritali
esclude apoditticamente che sullo straccio possano esservi tracce di
polvere da sparo. Il che lascia perplessi,vistocchè afferma di non aver
nulla a che fare con la borsa” [Sentenza Rotella].

▪ “un accertamento del C.I.S., a Roma, informava il p.m. che sullo


straccio oltre alle macchie di sangue, vi erano tracce di polvere da
sparo” [Sentenza Rotella]

▪ “nella perizia del 16.5.86 (la prima), i periti concludono:"allo stato


attuale delle conoscenze scientifiche non è possibile stabilire il tipo di
munizionamento dal quale [i residui di polvere da sparo] provengono"
[Sentenza Rotella]

• NOTA: ulteriori informazioni in merito a tale straccio
sequestrato il 30 luglio 1984 [Sentenza Rotella] a casa sua;
perquisizione che appunto che “portava al rinvenimento
in camera da letto, in un armadio secondario, sotto
alcune coperte invernali, di una borsa di paglia
contenente tre stracci di tela, verosimilmente di cotone”

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[Sentenza Rotella]; tali stracci sono ricavati “da lenzuola in


disuso” [Rapporto Torrisi 311/1], si riveda il capitolo Dello
straccio e seguenti

19 aprile 1988: SV viene assolto dall'accusa di uxoricidio e scarcerato


• per l'esattezza: “è stato assolto dall' accusa di uxoricidio con la formula più ampia
perché il fatto non sussiste” [fonte: La Repubblica – 20 aprile 1988]

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Stefano 1986 -1989: Mele, ancora Mele, sempre Mele [parte 3]

Visto l'esito del processo e il tenore della testimonianza del SM, dobbiamo quindi, ancora una
volta tornare a parlare del vecchio amante di SV.

Siamo all'epilogo della vicenda e complice anche una minor disponibilità di chiara
documentazione specifica in merito, il compito di questo capito praticamente si riduce solo a
quello appunto di far notare come, ancora una volta, nonostante precedenti accuse, il SM nei
confronti del SV sia sempre nella pratica disposto “a chiudere un occhio” e a venirgli in
soccorso.

Che con le sue dichiarazioni il SM abbia giocato anch'egli a favore della assoluzione per il SV
è cosa evidente e ormai nota; quindi è meglio concentrare l'attenzione sulle conferme
indirette che tale “aiuto” mette o può mettere in luce.

Infatti un simile atteggiamento, al di là del fatto specifico in sé, ben rimarca come:
a) il SM non abbia mai indicato il nome del SV, se non per “motivi di causa di forza
maggiore”:
• (1968): la pressione del primo impatto con un interrogatorio [ NdA: supportato dall'esito del
guanto di paraffina]

• (1984): dove, per allontanare i sospetti dai suoi parenti, tira in ballo il fratello della
Locci e giocando con il valore delle persone a lui “care” [Sentenza Rotella] (1984)
[NdA: per approfondimento, si rilegga il capitolo: 1984 – Mele, ancora Mele, sempre Mele [parte 1]]

• (1985): perché sotto rischio di essere nuovamente incarcerato per calunnia [ NdA: cosa
che effettivamente avviene, con l'ovvio scopo di tenerlo sotto pressione per fargli raccontare quello che
realmente sa sul delitto del 1968]

b) abbia sfruttato tutte le occasioni in sua possibilità per discolpare il SV


• (1968): nella immediatezza del dopo accusa

• (1984): come a mettere le mani avanti dopo aver dovuto inserire nel discorso il nome
del SV per avvalorare la tesi a discolpa dei suoi parenti che stava portando avanti
[NdA: “No, non voglio dire niente contro Salvatore. Non c'è nessuna allusione" - Sentenza Rotella]

• (1985): l'accusa“non è di chiara decisa ed esclusiva accusa contro Salvatore Vinci (a


differenza che in passato) [NdA: contro il fratello Francesco], sembrando piuttosto
preoccupato dell'inquisizione”. [Sentenza Rotella]

• (1988): in tribunale “ ha sempre parlato dell' uccisione di Barbarina Steri come di una
disgrazia. Per un attimo si è tradito quando, rispondendo al presidente ha accennato
alla confidenza avuta da Vinci. Ma subito s'è corretto e ha ripreso a parlare di
disgrazia, avallando così la tesi del suicidio con la quale, ventotto anni fa, il caso fu
archiviato” [Fonte: La Repubblica 19 aprile 1988]

• (1989): SM scagiona un'altra volta il SV e torna ad accusare il fratello di lui, Francesco


Vinci [NdA: “Nel corso del 1989, sottoposto a nuova perizia psichiatrica, Mele ha ripreso, con i periti, ad
indicare quale correo Francesco Vinci. “ - Sentenza Rotella]

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Scarcerazione, nuovi guai e fuga

1 giugno 1988: da poco scarcerato, a Villacidro SV compie un presunto assalto sessuale


[fonte: L'Unità – 7 dicembre 1988] ai danni di un vicino di casa.
Fonte che un po' più si dilunga a fornire particolari, è però il quotidiano La repubblica, del 5
giugno 1988; vale la spesa leggere l'articolo perché da questo si evince come tale “presunto
assalto” sia da ritenere molto più “presunto” che “assalto”.
Nell'articolo infatti si legge:
• “I carabinieri di Villacidro stanno indagando su un episodio denunciato cinque giorni fa
(ma che è stato reso noto solo oggi) da un pastore di 60 anni, il quale sostiene che
Salvatore Vinci ...SNIP... avrebbe cercato di abusare di lui.” [Fonte: La Repubblica – 5
giugno 1988]

• “Il pastore, nella querela, che successivamente ha ritirato, afferma che Vinci gli
avrebbe fatto delle proposte e che al suo rifiuto avrebbe cercato di mettere in atto i
suoi propositi”. [Fonte: La Repubblica – 5 giugno 1988]

• “Il pastore, secondo il suo racconto, si sarebbe salvato con la fuga” [Fonte: La
Repubblica – 5 giugno 1988]

• “All' episodio, secondo quanto si è appreso, non avrebbero assistito testimoni”. [Fonte:
La Repubblica – 5 giugno 1988]

• “I carabinieri stanno svolgendo accertamenti per stabilire la veridicità del racconto


della presunta vittima, che appare, secondo gli inquirenti, non completamente
credibile”. [Fonte: La Repubblica – 5 giugno 1988]

Verrà comunque accusato, dal G.I. Lombardini, di libidine violenta ed atti osceni in luogo
pubblico, e prosciolto:
• “a favore di Salvatore si è espresso il tribunale della libertà del capoluogo sardo
che ha revocato un mandato di cattura per atti di libidine, un presunto
tentativo di violenza nei confronti di un pastore commesso da Vinci non appena
uscito dal carcere” [Fonte: La Repubblica -20 ottobre 1989]

• “doveva sottoporsi ad una perizia psichiatrica ordinata dal Giudice Istruttore


Lombardini, che aveva emesso nei suoi i un mandato di comparizione. Il Magistrato
indaga su una presunta violenza subita da un e sessantenne” [Fonte : L'Unità – 7 dicembre
1988]

Al di là della veridicità o meno della accusa, quello che è significativo notare [ NdA: ammesso che
vi possa essere qualcosa di significativo in un fatto “non commesso”], è come gli “atti osceni” e la
“libidine violenta”, sarebbero stati commessi dal SV, uomo, non nei confronti di una donna ma
di un uomo.
Questa pare essere l'unica parte della notizia degna di correlazione con quanto noto del SV.

luglio 1988: SV, convocato dal giudice istruttore Lombardini, si avvale della facoltà di non
rispondere.
• “Alla fine di luglio Salvatore Vinci, convocato dal giudice istruttore per essere
interrogato, si era presentato al palazzo di giustizia ma non rispose alle contestazioni
avvalendosi della facoltà prevista dal codice”. Le successive ricerche, poi estese in tutta
la Sardegna” [Fonte: La Stampa -9 dicembre 1988]

20 agosto 1988 - mattina: SV si reca dal suo avvocato [NdA: Aldo Marongiu], per informarsi

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se sia libero di muoversi o meno.


• “Venne da me la mattina del 20 agosto. Era sconvolto. Mi chiese se c'erano ragioni
legali che gli impedissero di muoversi liberamente.
La risposta fu no.
E sparì” [fonte: La Stampa – 4 gennaio 1991]

21 agosto 1988: SV parte dall' aeroporto di Cagliari [ NdA: direzione Roma]. Da qui in avanti
non si hanno altre tracce ufficiali degli spostamenti di SV
• “Il 21 agosto del 1988 si fece accompagnare all'aeroporto di Cagliari - Elmas e si
imbarcò, sembra, su un jet diretto a Roma”. [Fonte: La Stampa – 4 gennaio 1991]

novembre 1988: il giudice Lombardini ordina che SV venga sottoposto a perizia psichiatrica
[fonte: L'Unità – 7 dicembre 1988], praticamente il giudice Lombardini ordina che il SV venga
sottoposto a quella stessa perizia che era già stata chiesta dal PM Enrico Altieri durante il
processo per uxoricidio, e all'epoca negata [NdA: “quella che era stata revocata durante il
processo per l'uxoricidio” - Fonte: La Repubblica – 20 aprile 1988].
• si noti che alla data, il SV ancora non è stato prosciolto dal G. I. Mario Rotella e
dunque fosse anche solo formalmente, ancora inquisito dalla magistratura fiorentina
nel ambito dell' inchiesta sul mostro di Firenze

30 novembre 1988: i carabinieri che dovevano prelevare SV e condurlo a Cagliari per la


perizia non lo trovano. Da questo momento non si avranno più notizie di SV.
• “Vinci è scomparso da 10 giorni Deve essere sottoposto a perizia psichiatrica … SNIP...
si è reso irreperibile.”[Fonte: La Stampa -9 dicembre 1988]

• “La scomparsa dell'uomo è stata accertata dai carabinieri che una decina di
giorni fa erano andati a cercarlo nella sua abitazione a Villacidro: volevano condurlo a
Cagliari per la perizia psichiatrica disposta dal giudice istruttore dott. Luigi Lombardini”.
[Fonte: La Stampa -9 dicembre 1988]

• “Le successive ricerche, poi estese in tutta la Sardegna” [Fonte: La Stampa -9 dicembre
1988]

25 aprile 1989: SV è irreperibile: “l' uomo si è reso irreperibile da alcuni mesi ed inutili sono
risultate le ricerche compiute in Sardegna anche di recente dai carabinieri.
Già alla fine dello scorso novembre Salvatore Vinci era introvabile: senza esito, anche allora,
era stato il tentativo di rintracciarlo.” [Fonte: La Repubblica – 26 aprile 1989]
Si noti che:
▪ al momento della fuga ancora non fosse stato prosciolto da Rotella

▪ al momento della fuga ancora doveva sottoporsi a perizia psichiatrica

▪ al momento della fuga avesse sulle spalle una denuncia per molestie sessuali

20 ottobre 1989: SV è scagionato dall'accusa di atti di libidine violenta: “a favore di


Salvatore si è espresso il tribunale della libertà del capoluogo sardo che ha revocato
un mandato di cattura per atti di libidine, un presunto tentativo di violenza nei
confronti di un pastore commesso da Vinci non appena uscito dal carcere” [Fonte: La Repubblica
-20 ottobre 1989]

13 dicembre 1989: il G.I. Deposita la sua sentenza. Da questo momento il SV non ha più
obblighi di legge nei confronti delle vicende che lo hanno visto fin qui coinvolto.

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3 gennaio 1991: la sorella di SV lancia un appello su “Chi l'ha visto”:


• “Per lei il fratello è scomparso inspiegabilmente e non ha più dato notizie: dall'agosto
di tre anni fa suo fratello si è come volatilizzalo.” [Fonte: L'Unità – 4 gennaio 1991]
▪ si noti che solo da dopo la chiusura dell'indagine ed il proscioglimento da parte
del G.I. Rotella e la revoca del mandato di cattura per i presunti atti di libidine, il
SV è a tutti gli effetti un libero cittadino che può andare dove gli pare e piace
senza dover rendere conto a nessuno

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Conclusioni

Prima di tutto, un qualche concetto di stampo generale è bene ancora rimarcarlo:


• si è provveduto a portare fonti “certificate” a supporto delle affermazioni

• si è fatto ricorso alla logica consequenziale e non a “voli pindarici” o alla introduzione di
“variabili ignote” per spiegare concetti e/o passaggi logici

• tutta la finestra temporale della vicenda è stata abbracciata ed analizzata, e senza


appunto mai dover ricorre con ratio di obbligata necessità all'introduzione di “agenti
esterni” per avvalorare o escludere

• tale informazioni e ragionamenti formano “indizi”

• gli “indizi” non sono “prove”

E, come ovvio, questo è solo un documento di studio e non un processo.


Processo, che si badi bene e ben ci si ricordi, sarebbe a termini normativi e legali comunque
ammesso anche su base indiziaria [NdA: il processo a Pietro Pacciani, ad esempio, ne è un esempio ].

Le conclusioni
E giunti alla fine del documento di studio, come da comune prassi sarebbe quindi tempo di
tirare le somme e giungere alle conclusioni.

Ma a differenza di quello che il lettore si può aspettare, mi limiterò invece a lasciarVi “carta
bianca” su quali conclusioni si possano / debbano trarre dalla lettura di questo documento di
studio.

Del resto, proprio questa è la funzione sottesa a qualsia documento informativo:


• portare il lettore a conoscenza dei dati informati, senza manipolarlo o distorcerli

• citarne le fonti

• escludere le informazioni non supportate da fonti attendibili e verificabili

• mettere in luce le incongruenze e le informazioni pro e contro

• indicarne i possibili legami logici che tali dati possono tenere assieme

• indicare un percorso

Il resto, il giudizio, è invece compito altrui: Il giudizio, spetta a voi.

Una speranza
Questo documento comunque, al di là del giudizio che ogni singolo lettore potrà fornire, per
gli argomento specifici trattati e documentati ognuno con la propria fonte verificabile, spero
possa essere considerato solida base per evitare il proseguire del diffondersi di informazioni
inesatte, imprecise, non documentate e/o distorte che capita sovente di dover leggere qua e
là.

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EXTRAS - Ripensando il 22 agosto 1968; una variante sul passaggio d’arma

Come anticipato in diversi capitoli [NdA: vedasi Un'arma che passa di mano? - Arma sporca non si tiene,
arma sporca si distrugge - Il passaggio di mano con l’inganno – e conseguentemente la sezione inerente il delitto
di Castelletti di Signa ed in particolar modo i capitoli Il reperimento dell'arma – NOTA DI AVVERTENZA e Il
momento dei ruoli, il momento dei nomi ] è adesso il momento di proporre la “versione alternativa”
rispetto alla provenienza e quindi al passaggio di mano della Calibro 22 LR dopo il delitto di
Signa del 1968

Vi ricordo infatti, che per ragionamento si era arrivati a determinare due sole possibilità in
merito a chi mise a disposizione l'arma per il delitto di Castelletti di Signa: il clan Mele o il SV.

Per non dover essere costretti a sdoppiare ogni frase e ogni ragionamento nel corso del
documento di studio, avevo optato arbitrariamente per la prima [ NdA: l'arma messa a disposizione
dal Clan], ben specificando però che tale scelta era appunto un puro artificio dialettico per
facilitare la lettura del documento e non un negare l'altra possibilità.
Scegliere una o l'altra opzione infatti, ai fini della ricostruzione della storia del MdF, e del SV
come MdF, non sposta il risultato.

E' tempo di prospettare nel dettaglio anche questa versione; per farlo ovviamente faremo
riferimento a frasi e concetti già espressi, apportando le dovute modifiche dove necessario, e
quindi andando a verificare se il cambio apportato avrebbe potuto essere in grado di
“cambiare determinati equilibri o meno”.

Eravamo partiti ponendoci l'essenziale domanda:


“Compiuta l’azione omicidiaria, la calibro 22 L.R., che fine fa?”

e la risposta non aveva potuto essere altra che:


“terminato il duplice omicidio di Castelletti di Signa, nel momento in cui l’arma doveva essere
distrutta [NdA: come buon senso e prassi delinquenziale vuole] , chi ne aveva compito invece non lo
fece [NdA: la cosa è ovviamente certa visti i successivi delitti]”

prima di porci la conseguente domanda, cioè perché non la distrusse, ci siamo accertati del
perché una arma che normalmente è da distruggere, possa non subire detta sorte.
Abbiamo visto infatti che “arma sporca non si tiene; arma sporca si distrugge” [NdA: vedasi
capitolo: Arma sporca non si tiene, arma sporca si distrugge ]:
• 1) O per piena “stupidità”(disinteresse/errore/etc) tua e dei tuoi complici;
[NdA: Ma nel caso del MdF e di Signa, di tutto si può parlare ma non certo di “stupidità” viste tutte le
attenzioni nella pianificazione dei delitti e nella riuscita dello e degli stessi senza lasciare tracce ]

• 2) O perché, per una ragione particolare, l’esserne in possesso ti garantisce qualcosa.


▪ E questo “qualcosa” è così importante per cui vale la pena correre il rischio di
conservarla.

La prima, per la storia in generale del MdF e del delitto di Signa [ NdA: ed i suoi reiterati e studiati
silenzi attorno] risultava ovviamente da scartare in questo caso, e dunque le nostre attenzioni si
sono focalizzate sulla unica altra risposta possibile: che l'arma non venne distrutta per una
“particolare e specifica ragione”.

Avevamo quindi stilato l'elenco delle macro categorie di tali “particolari e specifiche ragioni”
• 1) Ti serve per ricattare gli autori/complici del delitto.

• 2) Ti serve per evitare che gli autori/complici del delitto possano cercare di “fregarti”.

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• 3) Ti serve per difesa personale, nel breve periodo, contro gli autori/complici del
delitto, che pensi potrebbero farti fuori per eliminare una scomoda voce a loro contra

• 4) Non hai alcuna altra maniera di entrare in possesso di un’arma da fuoco, ma vuoi a
tutti i costi possederne una, ma già hai pianificato di usarla in altro momento a breve
termine).

A controprova, siamo andati a stilare anche le macro categorie delle posizioni che permettano
di immaginare la conservazione dell’arma “sporca”, anziché la sua distruzione.

In tal senso, scartata per ovvietà storica del caso l’organizzazione mafiosa e quella
terroristica che con le armi hanno altri rapporti, abbiamo visto che 5 e solo 5 distinte
posizioni potevano essere:
• - La prima: la piena stupidità del possessore, autore del delitto, che se ne frega dei
rischi [NdA: e/o dei complici che non gli dicono di distruggerla]

• - La seconda: la necessità di conservarla a fini di ricatto/pararsi la schiena, nei


confronti di chi quell’arma l’ha sporcata (risultando però così anch’egli complice)

• - La terza: che il possessore, consapevole di quali reati l’arma si è sporcata, sia in


grado esaurientemente e in maniera incontrovertibile, di poter dimostarne la sua
estraneità, nel caso in cui gli venisse trovata

• - La quarta: che il possessore non sia minimamente a conoscenza che l’arma sia
“sporca”

• - La quinta: che fosse necessaria conservarla per compiere a breve, giro di tempo,
uno o più ulteriori crimini e/o omicidi (possessore indifferentemente omicida o
complice)

Rispondendoci che:
• - La quinta: deve essere scartata.
non risultando altri delitti commessi imputati alla stessa calibro 22 L.R. nelle
immediatezze dopo il 22 agosto 1968 [NdA: “Il g.i. prosegue le verifiche minuziosissimamente,
senza tralasciare piste diverse... quella relativa a Trentacosti Ciro, ferito a colpi di pistola cal. 22, a Lastra
a Signa, tempo dopo i fatti, legato al Lo Bianco e non ignoto al Vinci” – Sentenza Rotella]
Anche nel caso questi altri (ipotetici) delitti non fossero avvenuti per intercorsa
cessazione della necessità/volontà di essere compiuti, il fatto conclamato e certo è che
l’arma non venne affatto distrutta, obbligando il ragionamento a scartare tale opzione
n°5, o al limite facendola ricadere in una delle restante opzioni.

• - La quarta: deve essere scartata


ovviamente, non può essere chiamata in causa per la notte del 21 agosto 1968. Chi
era lì sapeva benissimo di cosa e come si era sporcata quell’arma.

• - La terza: deve essere scartata.


anche questo caso, non è di pertinenza con il duplice delitto di Castelletti di Signa. Può
benissimo darsi che sull’arma non ci siano le sue impronte, non avendo magari lui
direttamente sparato, ma la sua complicità è indiscussa e la possibilità di dimostrare la
sua estraneità per nulla evidente o garantita. Al limite, a cascata, rientra nella prima
opzione.

• - La prima: deve essere scartata


questa opzione, se pur dotata già di una maggior confidenza rispetto alle precedenti,

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proprio per la storia dei delitti del MdF, risulta anch’essa da prendere molto con le
molle, e alla fine scartarla.
▪ - Architettazione, sviluppo e conduzione dell’azione omicida del delitto di Signa
(e/o pianificazione, sviluppo e conduzione dei successivi delitti del MdF), non
lasciano trasparire un grado di così eclatante oggettiva “stupidità”.

▪ - Scelta di un gruppo di complici fidati, preparazione di alibi per ogni


partecipante, utilizzo di un mezzo di trasporto per pedinare l’auto del Lo Bianco,
precauzione nel non lasciare impronte digitali o nel cancellarle, imbeccate al
Natalino affinché ritardasse la partenza delle indagini [NdA: ad esempio: avvisare il
De Felice alle due in punto; non dire come madre e zio siano morti; non dire “il suo cognome” -
Sentenza Rotella];

Nulla di tutto questo depone a favore dell’ipotesi “manifesta stupidità eclatante”


in merito al conservare l’arma “sporca”.

• - la seconda: deve essere accettata


Per esclusione, non resta che prendere in considerazione, e per buona, tale seconda
voce: ossia la necessità di conservarla a fini di ricatto/pararsi la schiena, nei confronti
di chi quell’arma l’ha sporcata, risultando però così anch’egli complice.

Si noti che la necessità di conservarla a fini di ricatto/pararsi la schiena, nei confronti di chi
quell’arma l’ha sporcata (risultando però così anch’egli complice), ci riporta e ci avvalora il
punto iniziale, ossia:
• non distruggerla [NdA: per la ragione specifica appena determinata ] implica di fatto un
“inganno” nei confronti dei propri complici

Dove quello che è importante intendere è che “l'inganno” ha il suo significato primario
nell'ingannare i complici relativamente alla distruzione della stessa
▪ menzogna che dunque, al momento al meno, risulta totalmente “completamente
svincolata” dalla provenienza della arma stessa.

Ossia è dato di fatto svincolato dal sapere se l'arma sia stata messa a
disposizione da chi aveva anche il compito di distruggerla o da uno o più degli
altri complici.
▪ Si noti che: Anche provando ad immaginare che l'arma fu messa a
disposizione [NdA: e anche usata al limite] dalla stessa persona che visto
che era la sua a fine azione omicidiaria ne rimase in possesso, non
cancella la normale regola di prudenza che vede il piano ed i complici
chiedere, immaginare, pretendere a gran voce la distruzione della
prova regina, ossia dell'arma stessa.
Quindi, anche a tale condizione, “inganno” ci fu.

In quei capitoli, tra le altre cose, un passaggio di mano dell’arma “sporca” verso un soggetto
non direttamente sparatore a Castelletti di Signa [NdA: ma comunque attivamente lì presente], era
dunque quello che conseguentemente, genericamente, si era determinato.
E avevamo visto poi [NdA: in special modo nei capitoli di dettaglio sul delitto specifico di Castelletti di Signa ]
come una tale ipotesi molto bene si confacesse al ruolo preciso che “l'autista e il palo” devo
rivestire durante l'azione omicidiaria.

Per disperdere ogni dubbio sull'entrata in possesso [ NdA: per il post delitto dell'arma], ci siamo
anche interrogati sul grado di “consapevolezza” dell'entrata in possesso dell'arma “sporca”.
Domanda che comportava due macro possibilità di risposta [ NdA: vedasi Il passaggio di mano con
l’inganno]:

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1. entrata in possesso “consapevole” di arma “sporca”

2. entrata in possesso “inconsapevole” di arma “sporca”

La seconda opzione non portava ovviamente a rivestire alone di plausibilità;


mentre della prima, tra tutte quelle presentate, le uniche due risposte che seguivano dettami
di coerenza, erano quelle che indicavano:
una entrata in possesso “consapevole” di arma “sporca” PREGRESSO o CONTESTUALE al
delitto di Signa

Ossia chi a fine delitto è incaricato di portare via e distruggere l'arma:


a) può essere anche il soggetto che ha messo a disposizione l'arma del e per il
delitto

b) può anche non essere il soggetto che ha messo a disposizione l'arma del e per il
delitto

Nel caso specifico di questo documento di studio, in definitiva, si trattava di analizzare la


possibilità che:
a) l'arma del delitto, fosse stata originalmente già in possesso al SV che la mise a
disposizione per il delitto [NdA: a prescindere da chi premette il grilletto o meno]

b) l'arma del delitto fosse stata procurata dal Clan per il delitto; delitto al quale il SV
partecipò [NdA: a prescindere da chi premette il grilletto o meno]

Nessuna delle due opzioni è scartabile a priori. E nemmeno a fine analisi di tutte le fonti
documentali è lecito scartarne categoricamente una o l'altra.

Come detto, per comodità di scrittura ed esposizione dei ragionamenti, ho scelto di sviluppare
il lavoro ricorrendo ad appoggiarmi alla seconda di queste due possibili modalità, ben
specificando che anche ricorrendo all'altra opzione nulla sarebbe cambiato in merito alla tesi
proposta in questo studio.

Infatti, così forti di questo discorso più generale, se e quando lo andiamo a calare sulla realtà
dell'agosto 1968 a Signa, entrambe le possibilità ci restituiscono lo stesso grado di coerenza
pur modificando un dettaglio.

Prendendo spunto dal capitolo La cornice per il quadro del 1968, riguardiamolo adesso
secondo l'ottica della opzione a) e vediamo se cambierebbe qualcosa:

SV e SM hanno una relazione omosessuale ignota a tutti eccetto che a loro due e alla Locci
[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

la famiglia, il Clan Mele, in particolare, è allo oscuro di questa “preferenza” sessuale del figlio
SM
[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

la Locci, con la manifesta complicità del SM, ha numerosi amanti


[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

la Locci, spende e sperpera con i suoi amanti, soldi del SM (dunque soldi di famiglia)
[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

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i Mele sono una famiglia povera ma fondamentalmente onesta


[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

i Mele, eccetto SM, sono infastiditi delle relazioni extra coniugali della Locci e così anche dello
sperpero di denaro che fa coi soldi del figlio, ma mai e poi mai, in almeno 8 anni, si
permettono alcunché nei di lei confronti. Tutto quello che fanno, è quasi mettersi il cuore in
pace cacciando, il figlio e lei dalla casa paterna, dopo il tentativo di limitare gli amanti alla
Locci ponendo grate alle finestre
[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

il SM, in famiglia, non conta nulla: non è il primogenito; è un oligofrenico; un sempliciotto;


uno incapace a cui mai viene affidato alcun ruolo di responsabilità, nemmeno sul lavoro
[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

Il SM addirittura presenta il Lo Bianco alla Locci


[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

il SM non ha alcuna ragione per uccidere la Locci, nemmeno quando questa per un paio di
mesi gli si nega, dopo aver rifiutato il remake del rapporto a tre col SV
[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

tra i Vinci e i Mele ci sono comunque piccole storie di debiti


[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

La Locci si è imboscata, e forse già spesa, dei soldi in parte contesi tra i due cognomi
[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

La Locci, con disprezzo scarica il SV e in parte il SM, accusandoli di essere mezze donne e
mezzi uomini
[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

Il SM se ne frega abbondantemente, ed infatti le presenta il Lo Bianco


[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

il SV, memore di come si comportò la Barbarina Steri (fare le valige per andarsene), mette
sotto pressione il SM, mettendogli la (forse) falsa pulce nell'orecchio che la Locci volesse
andarsene di casa assieme al Lo Bianco
[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

Persa per persa, il SV spiega al SM che con la morte di lei, almeno il SM riguadagnerà stima
da parte della famiglia, e lo esorta ad ottenere l'assenso del clan
[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

E soprattutto, lo avvisa e lo preoccupa dicendogli che la Locci, fuori dalla stretta cerchia
sarda, al Lo Bianco, siciliano, rischia di raccontare in giro che il SM è omosessuale e va a letto
con il SV medesimo
[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

il SM, capisce il pericolo: la famiglia lo cancellerebbe completamente se sapessero una cosa


cosi. Al vecchio Palmerio gli verrebbe un infarto e alla sorella Antonietta, pure. Non se lo può
permettere
[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

Il SM, su consiglio del SV, ne parla in famiglia, ovviamente non può parlare dell'

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omosessualità e nemmeno delle corna. Il primo è il segreto da mantenere a tutti i costi, e sul
secondo punto, più di tanto non verrebbe creduto: la leva però può essere quella economica
(abbinata comunque a quella del riguadagnar un po' di onore verso una moglie fedifraga)
[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

il delitto viene quindi pianificato in casa Mele, con l'ausilio esterno e subdolo del SV che parla
tramite la bocca del SM
[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

il delitto è quindi un delitto che da parte clan è volto a riguadagnare onore familiare e
riprendersi i soldi che la Locci ha sottratto (e infatti pare che l'auto verrà perquisita alla
ricerca di soldi), a cui gioco forza sono i sardi del clan Mele che devono partecipare.
[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

ATTENZIONE: la vecchia dicitura “Ma il SV viene tirato in ballo, grazie alla perorazione del
SM indotta dallo stesso SV, in quanto il SV è l'unico che ha l'auto a quattro ruote quella sera”,
con questa nuova opzione scelta, è da aggiornare in un:
Ma il SV viene tirato in ballo, grazie alla perorazione del SM indotta dallo stesso SV, in quanto
il SV è quello che può mettere a disposizione l'arma per compiere il delitto, e anche l'auto
[NdA: il cambio come si vede non incide sulla storia]

questo permette di vedere sulla scena del delitto:


1. SV nella qualità di fornitore dell'arma e autista e non in quella di assassino (è un
delitto d'onore e non può sparare chi ha altamente contribuito ad infangarlo)
[NdA: il cambio come si vede non incide sulla storia]

2. il SM perché deve occuparsi del piccolo Natalino, rincuorandolo,


tranquillizzandolo e istruendolo su cosa dire e cosa no, nelle immediatezze del
delitto. Ma il SM, vista la scarsa fiducia di cui gode, e viste le evidenti incapacità,
non può essere la persona che spara: il rischio che mandi tutto a monte e faccia
arrestare tutti, è troppo elevato. Il suo compito può essere solo quello
dell'accompagnatore
[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

3. almeno un'altra persona di fiducia del clan Mele, nel ruolo di sparatore: ossia
uno del clan, che ufficialmente si incarica di riscattare l'onore appunto del clan
[NdA: nulla è cambiato per le due opzioni]

Come si vede, anche solo ragionando sulle linee generali, i punti chiave non si spostano.
Il delitto di Clan, resta un delitto di Clan, e SV estraneo al Clan, estraneo al Clan resta: e
dunque il SV come “sparatore” continua risultare di minor logicità rispetto ai meccanismi di
accettazione, fosse anche solo formale da parte del Clan, del delitto.

Non solo, abbiamo visto nel capitolo Villacidro non è Fordongianus, che non vi è ragione
certificata alcuna per poter affermare con sufficiente fermezza che quella pistola calibro 22
fosse veramente quella dell'Aresti Franco, lasciando così campo libero alla ipotesi che l'arma
possa essere stata reperita dal Clan.
Ma se andiamo a cambiare questo presupposto e diciamo che l'arma era invece proprio quella
dell'Aresti? Cambierebbe qualcosa? NO. E dunque, anche su questo punto vediamo che un
differente approccio su un dettaglio, non è in grado di modificare un quadro che si è formato
da solo.

In definitiva, è bene ripeterlo: che la calibro 22 LR sia rimasta in possesso del “primo”
proprietario o abbia “cambiato di mano” dopo il delitto della notte del 21 agosto 1968, non

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incide sulle dinamiche di scelta, pianificazione e realizzazione del delitto del 1968.

E non incide nemmeno sul fatto che una parte dei partecipanti a tele delitto, sia stata
ingannata da un loro complice, in merito alla distruzione della stessa.

Non basta immaginare: l'arma con cui, in sodale complicità tra più persone, si uccisero due
persone era di X, per cui dopo il delitto mister X poteva farci quello che voleva con
quell'arma, e anzi, visto che già da prima era sua è logico e normale che se la sia tenuta.
NO. Questo non può essere detto.
Infatti, quell'arma con il delitto si era “sporcata” di un sacco di anni di galera, ed era dunque
interesse del proprietario dell'arma ma anche dei complici del delitto, che tale arma venisse
distrutta.
Distrutta non lo fu.
E quindi “inganno” dei complici invece si.

Se l'arma poi fosse stata veramente messa a disposizione dal SV anziché dal Clan, la cosa
addirittura avrebbe facilitato il compito occulto del SV di manipolare le scelte del Clan stesso,
permettendogli di avere più voce in capitolo nella parte di pianificazione
Ad esempio:
• avrebbe dovuto faticare di meno a manipolare la scelta del gruppo su chi dovesse,
terminato il delitto, incaricarsi di distruggere l'arma: “è mia, l'ho portata io, ci penso io
a distruggerla” [NdA: frase ipotetica dell'Autore]

• avrebbe facilitato il compito al suo cavallo di Troia, SM, nel farsi tirare in ballo nel
delitto: “uffa... ma lui è l'unico che ha una pistola !!! Noialtri che siamo una famiglia
perbene di onesti lavoratori, dove l'andiamo a trovare un'arma? Dobbiamo per forza
rivolgerci a lui, anche se non ha il nostro stesso sangue Mele nelle vene ” [NdA: frase
ipotetica dell'Autore]

Calibro 22 LR messa a disposizione dal SV o no, non cambia il fatto che il SV mai avrebbe
potuto compiere quel delitto senza l'assenso preventivo del SM; assenso del SM che
significava per diretta filiazione di grado di importanza decisionale, quello del Clan [ NdA: e
dunque la complicità al silenzio di SM e del clan tutto ]. SM da solo non poteva prendere alcuna
decisione.

Inoltre, dal 1968 al 1974 o meglio al 1982 dopo la scoperta del legame con Signa, che di
quell'arma non si senta più parlare, da un punto di vista ex complici, è “sicurezza” o meglio
“presunzione” che nessuno ci abbia fregato; e quindi, a bubbone ormai scoppiato e messi
anche loro sotto la lente di ingrandimento delle indagini, a distanza di così tanti anni convinti
ormai di averla fatta franca e di non correre rischi, il rischio di vedersi le vite bruciate da un
vecchio delitto altro non può aver fatto che compattare l'unione a difesa dello status quo
familiare ormai raggiunto; motivo in più per tacere quello che sanno sul delitto, sulle loro
dirette responsabilità e su chi l'arma li ingannò con un a finta distruzione che all'epoca gli
aveva messo il cuore in tranquillità e pace.

In conclusione quindi, come detto e ridetto, che si scelga di leggere la storia secondo
l'opzione del SV che mette a disposizione l'arma omicida nel 1968, o che detta arma venga
messa a disposizione dal Clan: nulla cambia:
a) A fine delitto chi aveva il compito di distruggerla, lo stesso ingannò i suoi complici.

b) lo stesso il delitto non poteva essere commesso senza l'assenso del SM e del Clan [ NdA:
altrimenti il colpevole sarebbe stato identificato in 5 minuti]

c) lo stesso chi conservò l'arma aveva partecipato al delitto e lo stesso gli altri complici non

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potevano parlare di lui senza finire a loro volta condannati

e) lo stesso che conservò l'arma, lo fece inizialmente per una specifica ragione particolare

f) lo stesso una volta venuta meno l'urgenza di quella specifica ragione particolare, non si
decise a distruggere l'arma

g) lo stesso quella stessa arma, sei anni dopo iniziò ad essere usata per brutali ed efferati
delitti maniacali [NdA: fino almeno al 1985]

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EXTRAS - Sugli omicidi collaterali e i delitti mancati

Capitolo diviso in tre sezioni: gli omicidi collaterali, i delitti mancati, una tabella riassuntiva

Parte 1: gli omicidi collaterali


Mi spiace per il lettore, ma questa sezione probabilmente gli lascerà l'amaro in bocca.
Infatti, al di là dello stilare un “breve ma purtroppo comunque sempre troppo lungo” elenco
di persone assassinate, a livello propriamente documentale esiste disponibile scarsa o nulla
documentazione e quindi qualsiasi discorso andrebbe a ricadere più che altro in un piano
meramente soggettivo: cosa che cerco, volentieri, di evitare in generale ed in questo
documento in particolare

Affrontando il discorso da un punto di vista più ampio e generale però, alcuni ragionamenti
possono e debbono essere fatti: e da qui dunque cominciamo.

Partiamo con una premessa che ci faccia da cornice, così già da poterci aiutare nel valutare la
coerenza delle domande che ci possiamo porre, ed entro la quale, poi, collocare le risposte.
Come vedremo dunque, più un discorso metodologico che di analisi di specifici casi.

a) premessa
il MdF, in generale e il SV – MdF nel particolare, era un “mostro unico”, affetto da una
psicopatologia che gli faceva scatenare il suo “odio omicida sulla coppia”, con particolare
attenzione macabra e feticista verso la donna, o parti di essa; e che egocentricamente
“rivendicava” i suoi delitti con il tramite della pistola Calibro 22 LR

b) domande
Domanda_1- è possibile escludere che un soggetto affetto da una psicopatologia anti-
sociale di detta fatta, che in un largo periodo di tempo sempre ufficialmente e con
“rivendicazione” uccise la stessa tipologia di persone, ricorresse ad altre modalità per colpire
altre tipologia di vittime?

Risposta_1: a stretto giro di logica, la risposta è “NO”, ma solo a certe condizioni


1. che si tratti di delitti commessi “prima” della degenerazione in forma patologica
omicidiaria della psicopatologia che lo affliggeva

2. che, durante il suo percorso patologico formato, siano delitti compiuti per motivazioni
totalmente distinte da quelle inerenti alla malattia mentale
▪ a) salvaguardia della propria incolumità [NdA: omicidio per legittima difesa]

▪ b) attacco d'ira e/o motivazioni banali di ordine comune: es: una che degenera,
etc

▪ c) salvaguardia del proprio anonimato come “mostro di Firenze”

3. ulteriore ma parallela e differente forma patologica omicidiaria presente tra le turbe


psichiche emozionali del mostro

Il punto 1)
Se così fosse, il discorso già di per sé cadrebbe, in quanto si dovrebbe far riferimento solo a
delitti “pre” duplici omicidi maniacali,e dunque non collaterali a tutta la storia delittuosa del
MdF
E' comunque accettabile l'ipotesi che prima dell'inizio dell'agire conclamato in forma
maniacale, il MdF possa aver già vissuto una o più esperienze omicidiarie.

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• NOTA: SV – MdF
▪ ciò non andrebbe in contrasto con la storia del personaggio preso in esame in
questo documento di studio: il riferimento sarebbe ovviamente da leggeri nella
morte della Barbarina Steri [NdA: e anche nel delitto di Castelletti di Signa, anche se a
livello di questo documento si sostiene il ragionamento che a Signa nel 1968 non fu il SV a
sparare]

Il punto 2a) e 2b)


In entrambi questi casi, oltre a perdersi qualsiasi tipo di connessione patologica
motivazionale, si perde anche qualsiasi possibilità di ricerca effettiva di informazioni in
merito: una qualsiasi morte irrisolta, fosse anche solo per un investimento per la strada con
fuga dell'investitore, potrebbe quindi essere “appioppato” al MdF.
Queste due ipotesi dunque, pur non potendo essere scartate in quanto facenti purtroppo
parte della realtà quotidiana della vita, nulla aggiungono al discorso “delitti collaterali del
MdF” e dunque non può e non deve essere presa in considerazione

il punto 3)
Anche in questo caso, pur non potendosi escludere a priori che il MdF traesse appagamento
anche dall'uccidere altre tipologie di vittime e con altre modalità, sotto il malato impulso di
una ulteriore degenerazione psicopatologica, risulta impossibile poter tracciare una qualsiasi
linea capace di legare le due o più serie delittuose.

Anche solo per poter iniziare un ragionamento che possa poggiare su almeno solide basi,
sarebbe prima necessario riuscire a leggere in alcuni dei delitti insoluti scopo di attenzione,
una univoca serie di indizi capaci di legarli indissolubilmente gli uni agli altri, un po' appunto
come con quelli ufficiali del MdF.
Poi, e solo poi, dopo aver identificato senza ombra di dubbio una “altra” mano maniacale
assassina, mettere a paragone le due differenti indagini e scoprire se, come, dove e quando
possano le due avere punti in comune sovrapponibili al punto da render lecito che non si
trattasse di sue o più differenti maniaci, ma dello stesso che a seconda delle “occasioni” agiva
in un modo o in un altro

Di fatto, nell'elenco delle morti collaterali, al di là di un fin troppo generico contenitore-serie


“prostitute uccise e assassini mai identificati”, non è possibile scorgere legami di univocità.

All'interno dello stesso generico contenitore-serie “prostitute uccise e assassini mai


identificati” poi, bisognerebbe che tali morti fossero avvenute con modalità così similari da
farne reputare unica la mano assassina; cosa che non risulta essere

Di fatto quindi , un simile approccio risulta vano a prescindere, e anche in questo caso non
pare allo scrivente degno di nota impegnarci sopra energie, che è meglio concentrare su altri
aspetti della vicenda MdF

il punto 2c)
Assieme al punto 1) con la sua specificità temporale, questo risulta essere l'unico altro caso
degno di attenzione su cui concentrare attenzioni.
Questo per una molteplice serie di ragioni:
• è un modello plausibile di “cose” che possono accadere anche al di là dei propri voleri e
dunque anche al di là degli input malati di una psicopatologia anti-sociale

• è più facile da restringere, e dunque valutabile, come campo di indagine

• è in piena sintonia con il modo “attento” di agire del MdF e con le precauzioni che lo
stesso prendeva [NdA: niente impronte, indizi nulli sulle scene dei crimini, uso di guanti, colpire in

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notti buie, colpire in luoghi abbastanza isolati, etc]

Non bastassero questi motivi a ritenere non scartabile questa opzione, possiamo dire inoltre
dire che una simile ipotesi non risulta scartabile a priori proprio in virtù del fatto che almeno
in un caso certo, sicuro e documentato le indagini sul MdF hanno messo in evidenza lo
stretto, anzi strettissimo almeno a livello orario, legame tra “una prostituta assassinata” con
ignoto colpevole e un soggetto pesantemente sospettato proprio di essere il MdF.
• NOTA MdF -SV.
▪ Come avrete capito, si tratta in primis dell'omicidio della prostituta Luisa Meoni

▪ ma, visto che dalle indagini è emerso che il SV era solito frequentare luoghi di
scambio coppie all'aperto, come Le Cascine, ad esempio, per completezza di
indagine sarebbero da includere nella lista degli ipotetici delitti collaterali del
MdF, anche quelli riferibili a tale luogo o a luoghi ad esso similari, e/o le morti di
guardoni che potrebbero aver notato il soggetto magari mentre si accingeva a
preparasi per colpire [NdA: indossando un passamontagna, estraendo la pistola,
etc etc.]. Si tratta ovviamente in questo caso di supposizioni, ma supposizioni
che figliano da un ragionamento che si basa, a livello generale, su dati certi.

Per l'omicidio della Luisa Meoni, innanzitutto si consiglia una rilettura del rapporto Torrisi
311/1, della Sentenza Rotella, degli articoli di giornale dell'epoca e non per ultimo quanto da
me scritto nel capitolo: Giogoli, 1983

Riascoltato nel 1984, parlando del delitto del 1983, SV specificherà che quel giorno era
andato a far un intervento in Via Chiesa 42 a Firenze, stesso stabile dove viveva e lavorava la
prostituta Luisa Meoni, poi successivamente trovata assassinata il 13 ottobre 1984.: “di aver
eseguito un intervento con la sua ditta verso le ore 16,00 in via della Chiesa n. 42, e
successivamente, verso le ore 19,30 20,00, di aver accompagnato a Prato la donna
delle pulizie, la signora Antonietta, e di aver fatto rientro verso le ore 21,00”, [NdA:
Rapporto Torrisi 311/1].
“nell'abitazione della MEONI Luisa, prostituta, sita al primo piano dello stabile contrassegnato
dal civico 42 di questa via della Chiesa ...SNIP... l'appartamento della donna si presenta nel
più completo disordine, ed il corpo della vittima è rinvenuto nella camera da letto, in
posizione supina sul pavimento, con il capo rivolto verso la finestra, ed in senso obliquo
rispetto alla parete anteriore della camera medesima, le braccia incrociate sull'addome ed
accuratamente legate con le maniche del maglione che indossa, il viso copert o da un
batuffolo di cotone idrofilo e da un lenzuolo arrotolato.
Secondo le risultanze della perizia medico-legale, la morte della donna ...SNIP... è dovuta ad
asfissia meccanica, per mancanza di ossigeno, mediante compressione delle prime vie
respiratorie
L'ipotesi di un delitto a sfondo sessuale viene scartata, perché la donna non presenta
tracce di violenza, come stabilito dall'esame autoptico;
anche l'omicidio a scopo di rapina non trova alcuna spiegazione , nonostante il
contenuto dei vari cassetti dell'armadio, del comò e del comodino , è riverso sul letto e sul
pavimento, come a voler evidenziare che è stata effettuata una ricerca Infatti, la somma di
lire 400 mila in contanti contenuta in un borsellino ed alcuni oggetti di scarso valore,
vengono regolarmente rinvenuti. - Rapporto Torrisi 311/1]
• la modalità di soffocamento della Meoni, richiama alla mente quella di
agguato descritta nel giornaletto pornografico a fumetti “Jacula”, del 24
novembre 1976, rinvenuto in casa del SV durante la perquisizione del 26
giugno 1985, in cui il personaggio “immobilizza le sue vittime, proprio con un
batuffolo di cotone imbevuto di sostanza narcotizzante”, [Rapporto Torrisi 311/1]

• il soffocamento richiama anche alla mente la morte della Barbarina Steri,

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[NdA: “che potrebbe somigliare a quella prodotta per asfissia meccanica” -


Rapporto Torrisi 311/1 in merito alla morte della Steri Barbarina ]

• il “rovistare” tra gli oggetti della vittima, richiama alla mente alcuni
comportamenti del MdF che, in alcuni dei delitti, ha “rovistato” tra gli oggetti
dei defunti, o meglio delle defunte, pur non portando via effetti di valore e
soldi [NdA: ad esempio: “C’erano innanzitutto parecchie cose alla rinfusa” -
Dichiarazioni del Maresciallo dei Carabinieri Michele Falcone, all'epoca Comandante della
stazione dei Carabinieri di Borgo San Lorenzo in riferimento al delitto del 1974 ]

• L'assenza di “tracce di violenza” carnale, richiama alla mente i delitti del MdF,
dove anche per questi, mai vi è traccia di violenza sessuale vera e propria,
intesa come stupro

A rendere più interessante il discorso inoltre, è da ricordare che:


▪ In casa della Meoni però, non è stata rinvenuta traccia di tale intervento per tale
data.

▪ L'unica ricevuta per un lavoro effettivamente eseguito, proprio dalla P.I.C. Di SV,
è invece datato 21 ottobre 1982 [Rapporto Torrisi 311/1].
Nessuno si stupisce per un mancato rilascio di fattura, certo è comunque che
questa non è presente, facendo pendere la veridicità dell'alibi fornito verso l'altro
piatto della bilancia [NdA: “Né, peraltro, tra il materiale cartaceo prelevato è
stata rinvenuta alcuna traccia di questo intervento” - Rapporto Torrisi 311/1]

E soprattutto il fatto che il SV frequentasse o avesse in passato frequentatola Meoni proprio


in virtù della sua di lei “attività mercenaria”
▪ "Che il VINCI Salvatore sia un frequentatore della prostituta, lo si deduce anche
dalle dichiarazioni di CASINI Spartaco, rese in data 19.4.1985” - Rapporto Torrisi
311/1]

Ecco quindi che non risulta scartabile a priori [ NdA: ma comunque indimostrabile allo stato dell'arte
delle indagini, si badi bene] l'ipotesi della possibilità che durante uno dei suoi incontri,
possibilmente avvenuto per logica pochi giorni o magari solo ore prima, al SV in sua presenza
sia scappato di dire o di inavvertitamente mostrare “qualcosa” che se la Meoni ci avesse
ragionato su, avrebbe potuto farle sospettare o avere la certezza che il SV fosse il MdF.
Accortosi della “imprudenza”, il MdF, il MdF – SV, altro non avrebbe potuto fare che ricorrere
ad uccidere la stessa al fine di prevenire la possibilità che la Meoni andasse in giro a
raccontare ciò che aveva “visto o sentito”.
Ovviamente, sempre per prudenza, il MdF non avrebbe potuto ricorrere all'uso dell'arma da
fuoco, visto che il delitto è avvenuto in un appartamento e il rumore degli spari avrebbe
potuto allertare i vicini [NdA: e questo spiegherebbe anche l'assenza di “firma” del mostro. ].
Altrettanto di poco buon senso sarebbe stato uccidere una “potenziale scomoda testimone del
MdF” con una modalità che istantaneamente avrebbe collegato la sua morte al mostro stesso,
perché questo avrebbe indubbiamente fatto puntare le indagini degli inquirenti proprio tra i
suoi clienti, mettendo a rischio anche in questo caso il mostro stesso che invece era proprio
ricorso a quel omicidio perché nessuno di lui sospettasse [ NdA: e questo ad esempio spiegherebbe il
perché della mancanza di escissioni].

Inoltre, a differenza di altre morti insolute in questa sono presenti, con le dovute differenze
come su appena spiegato, anche elementi che accomunano “l'ambito del decesso” con alcune
circostanze rilevate sulle scene dei delitti del mostro di Firenze. Non si tratta ovviamente
nemmeno in questo caso di dati probanti, ma al contempo son pur sempre dati che possono
essere letti in sintonia anziché in dissonanza con le azioni del MdF [ NdA: oggetti rovistati,

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mancanza di stupro della vittima, assenza di furto di soldi ]

Come detto, non vi è alcuna prova fisica che l'omicidio della Luisa Meoni sia da imputare al
Mostro di Firenze [NdA: e se nel caso “si”, la figura del SV ne sarebbe ancor più in imprescindibile
attenzione], ma almeno a differenza di altre “morti collaterali” vi sono sufficienti e plausibili e
logici indizi su cui poter ragionare.

Vista la mancanza invece di significativi dati su cui ragionare nel caso dei “guardoni” uccisi,
per questi esempi preferisco limitare l'analisi di questo documento a quanto su brevemente
accennato.

In conclusione dunque per quello che riguarda le morti collaterali, ad avviso dello scrivente
solo quello della Meoni e altamente probabilmente solo nel caso di un MdF identificato nella
figura del SV, è degno di nota e da prendere in seria considerazione, anche e soprattutto per
via della mole di indizi certi noti e documentati.

Parte 2: i delitti mancati


Come per la parte 1, anche questa sezione probabilmente lascerà l'amaro in bocca al
lettore; probabilmente anche di più della precedente.
.
Infatti, al di là dello stilare un “breve” elenco di notizie spesso poco o nulla documentate
estrapolate da articoli di giornale ben poco altro può essere detto o fatto; rischiando così di
ridurre l'analisi ad una “scelta di fede di campo” sui singoli episodi.

Ma se anche questa volta andiamo invece ad affrontare il discorso da un punto di vista più
ampio e generale, alcuni ragionamenti possono rivelarsi di interesse.

Domanda_1: è lecito immaginare che il MdF sia uscito di casa per uccidere coppie solo ed
esclusivamente le volte in cui poi vennero effettivamente compiuti i delitti firmati con la
Calibro22 LR?

Risposta_1: “No”.
Semplicemente anche solo a livello statistico, la cosa suona altamente improbabile.
Se così fosse infatti, come minimo si dovrebbe parlare non del Mostro di Firenze ma del
“mostro della fortuna sfacciata”, o in alternativa essere costretti ad immaginare che il MdF
riuscisse ad avere una conoscenza “istantanea” della presenza, momentanea e per breve
tempo, delle coppie future vittime nelle località future scene del crimine.

Se si prende per buono che il MdF possa essere stato un soggetto qualsiasi tra tutti quelli
entrati nelle indagini come sospetto, in qualunque tempo e qualunque pista investigativa,
risulta obbligatorio dover accettare il fatto che:
• il mostro non conservasse in casa propria o nelle proprie pertinenza né l'arma da fuoco
assassina, né altri “strumenti” utilizzati per i delitti [ NdA: vestiti di ricambio? Maschera?
Guani? Contenitori per feticci? Etc] e che dunque dovesse obbligatoriamente disporre di un
“altro” locale dove obbligatoriamente passare sia prima sia dopo i delitti.
Se così non fosse infatti, nel corso delle perquisizioni svolte dagli investigatori presso
residenze, auto, pertinenze e disponibilità dei vari sospetti succedutisi nel corso delle
indagini, tali oggetti o parte di essi sarebbe stato rinvenuto e il caso definitivamente
chiuso

Quindi, anche a fronte di questo obbligatorio, doppio, passaggio extra in un qualche luogo per
poter colpire, risulta ancora più improbabile che ad ogni uscita abbia potuto corrispondere un
“sicuro incontro con delle vittime”.
Così come il fatto che proprio la tipologia delle vittime, dei luoghi in cui si andavano ad

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appartare e dello scopo per il quale si appartavano, rendesse la presenza dei bersagli
“incerta”, “indeterminata”, “aleatoria”, “casuale” e particolarmente “estemporanea”, ci obbliga
ad immaginare un MdF che debba aver dovuto procedere tramite tentativi di ricerca andati a
vuoto.

Andati a vuoto, il più delle volte è facile immaginare per mancanza di incontro con possibili
bersagli.

Ciò non toglie però che in alcuni casi sia anche accettabile l'ipotesi che, fondamentalmente
sempre a causa dell'aleatorietà temporale della durata degli arrivi e delle ripartenze delle
coppie, il MdF possa essersi trovato nella condizione di fallire degli agguati per frazioni di
secondo o perché inaspettatamente scorto dalle future vittime [ NdA: il caso del duplice delitto di
Baccaiano, pur conclusosi in maniera luttuosa, può benissimo essere assimilato ad uno di questi casi, con un
mostro che arriva pronto a sparare e ad uccidere quasi fuori tempo massimo rispetto ai momenti di massima
distrazione della coppia, rischiando di trasformare un duplice delitto in un delitto mancato, ossia in un assalto
interrotto]

E' quindi dunque corretto immaginare che:


• il MdF sia uscito a caccia di coppie da sterminare, molte più volte di quelli che
effettivamente furono i suoi delitti

• che talune di queste volte non abbia proprio incontrato coppie da uccidere

• che in talune altre occasioni, gli assalti siano dovuti essere stati abortiti sul nascere, a
causa dell'insorgere di inaspettate ed impreviste complicazioni

Se tutto questo è vero, e non vi è ragione alcuna perché non dovrebbe esserlo, è doveroso
però anche tenere in considerazione un dato di fatto che praticamente quasi sempre è stato
una costante nei suoi assalti:
• il MdF, per protezione di sé, per paura di poter essere visto da “estranei”, per facilitare i
suoi agguati, per prudenza: colpiva in notti di novilunio o in notti vicine allo stesso, e
fondamentalmente mai in periodi pienamente invernali [ NdA: in autunno ed in inverno, a
parte il freddo notturno e la maggior possibilità di pioggia e dunque di lasciare impronte sul terreno, è
anche il periodo dell'anno in cui la vegetazione se non di sempreverdi è spoglia, e dunque meno capace di
offrire nascondiglio al mostro stesso ]: ossia colpiva o cercava di colpire sfruttando il massimo
della oscurità delle fasi lunari [NdA: o almeno generalmente così si è accettata l'opzione]
▪ questo fatto, ovviamente, ci costringe a limitare il numero di ipotizzate uscite a
caccia di coppia da ammazzare; il MdF no avrebbe avuto motivo alcuno di uscire
di casa, passare a recuperare la Calibro 22 LR e armamentario vario, quindi
andare in giro a cercare coppie, in una notte di luna piena. Le avrebbe scartate
proprio per ridurre i rischi. Ma scartando le notti troppo luminose, ovviamente si
riducono anche i giorni a disposizione, e dunque le uscite e dunque le possibilità
di poter incontrare dei bersagli vittime

▪ questo fatto permette quindi al ricercatore di poter, almeno genericamente,


circoscrivere e ridurre le segnalazioni di agguati falliti, suddividendole
innanzitutto per “probabili – possibili” e “non probabili – non possibili” proprio in
base alla quantità di luce disponibile per le date di segnalazione. Solo i seguito
poi dette segnalazioni debbono essere vagliate per luogo, orario, periodo
dell'anno, dichiarazioni dei testimoni, etc.

Ma anche passati questi scogli “logici”, resta ad avviso dello scrivente una fetta di aleatorietà
ed indeterminatezza così grande nel valutare gli esempi a disposizione che tale lavoro, in
mancanza della disponibilità dei rapporti e delle denunce originali delle ipotetiche vittime su

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cui ragionare, corre il serio rischio di rivelarsi più fuorviante che indicativo di alcunché,
lasciando ognuno padrone della propria insindacabile ragione che non può essere contro
ribattuta se non con argomentazioni dello stesso valore logico di chi sostiene la tesi rovescia.

Per questo motivo, come per il punto sulle morti collaterali, mi astengo in questo documento
di studio ad addentrarmi nell'analisi dei, “pochi”, casi segnalati che possono, o no, avere
attinenza e relazione con il mostro di Firenze.

c) tabella riassuntiva
Per dovere di cronaca e per fornire spunto di interesse al lettore ecco un breve sunto
cronologico dei delitti ufficiali, di quelli mancati e degli omicidi collaterali di interesse

21 agosto 1968. LASTRA A SIGNA

22 maggio 1972: Firenze – omicidio collaterale


[NdA: “22 maggio 1972: Firenze, via Bolognese, viene trovata morta sulle macerie di uno scarico Miriam Ana
Escobar, 19 anni, nata a El Salvador, in Italia da 3 mesi. La giovane donna, strangolata con un foulard, viene
trovata senza scarpe. Nessun segno di violenza sessuale. Non sembrò un delitto a scopo di rapina, nonostante la
mancanza della borsetta. Lavorava a Firenze come baby sitter, abitava nel quartiere di San Jacopino ”. - fonte: Il
mostro di Firenze Forum]

14 settembre 1974. BORGO SAN LORENZO

agosto (?) 1976: Firenze – omicidio collaterale


[NdA:” Roberto Lupini, assassinato sei anni prima, nel 1976. Anche Lupini era omosessuale ed era stato
assassinato nel suo appartamento. Si parlò di un maniaco. Ma i due omicidi non hanno mai trovato soluzione
nonostante gli sforzi di polizia e carabinieri” - fonte: La Repubblica – 9 aprile 1985]

06 giugno 1981. MOSCIANO DI SCANDICCI

22 ottobre 1981. TRAVALLE DI CALENZANO

11 febbraio 1982: Firenze – omicidio collaterale


[NdA: “Giuliana Monciatti - Prostituta, un passato da ballerina, viveva con la madre, Olga, e la zia in Via dell'
Anconella, 46 a Firenze. L'11 febbraio 1982, a 41 anni, fu uccisa in un pied a terre, in Via del Moro, 27 a Firenze,
con numerose coltellate al seno, all'inguine, al collo. Fu trovata distesa sul pavimento della camera da letto, da
Roberta, un'amica con cui divideva il pied a terre. Indossava un maglione ed un paio di pantaloni abbassati e
lacerati sul davanti lasciando scoperte la regione pubica, quella ipogastrica e la radice delle cosce. Il professor
Maurri, che eseguì l'autopsia, escluse collegamenti con gli omicidi del "mostro di Firenze". L' assassino aveva
simulato un furto prelevando la borsetta della vittima, ma in un cassetto erano state trovate alcune banconote . -
Fonte: Insufficienza di Prove Blogspot]

19 giugno 1982. BACCAIANO

20 luglio 1982. Cascine Del Riccio – agguato fallito


[NdA: “Il fatto è stato segnalato da un uomo e da una donna che si trovavano fermi su un'automobile nei pressi
dell'abitato di 'Cascine del Riccio, piccola frazione ad alcuni chilometri dal capoluogo. «Era da poco passata la
mezzanotte quando abbiamo visto un'ombra avvicinarsi — hanno raccontato ai carabinieri —. Era un uomo sui 40-
50 anni, aveva una mano in tasca, dove forse stringeva una pistola. Ricordando gli omicidi avvenuti in questa
zona abbiamo subito pensato al maniaco e siamo fuggiti». Secondo la coppia, l'uomo somigliava all'unico
«identikit» del maniaco diffuso ai primi di luglio dai carabinieri e pubblicato dai giornali, L'uomo, che era al posto
di guida, ha avviato il motore e, innestata la marcia, è partito immediatamente. «Ci siamo rifugiati in una vicina
Casa i del popolo»-. Secondo i fidanzati, lo sconosciuto si sarebbe rifugiato in un casolare abbandonato nei campi
circostanti. Nel frattempo sono arrivati i carabinieri che hanno fatto irruzione dell'edificio, ma non hanno trovato
nessuno” - Fonte: Emoroteca – La Nazione – Luglio 1982]
• NOTA: si tratta del novilunio successivo rispetto alla data del delitto di Baccaiano
[NdA: delitto compiuto ma in cui in MdF non poté compiere le escissioni]

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agosto 1982: Firenze – omicidio collaterale


[NdA:” Non è mai stato scoperto l' assassino di Angelo Carboni, un cameriere omosessuale brutalmente torturato
e ucciso nella sua abitazione. L' omicidio risale all' agosto del 1982” - fonte: La Repubblica -9 aprile 1985]

22 agosto 1982: Sampieri, Sicilia– omicidio collaterale


[NdA: “Elisabetta Ciabani - Aveva 22 anni quando il 22 agosto 1982, fu trovata morta nella lavanderia della
Baia Saracena, a Sampieri. Il corpo, completamente nudo, fu trovato con un coltello conficcato nella regione
mammellare sinistra. Il cadavere presentava altre ferite intorno all'ombelico ed un taglio di 12 centimetri che
giungeva fino al pube. Non furono rilevate nè tracce di violenza nè di colluttazione. Il caso fu archiviato come
suicidio. Nel 1996 la riapertura del caso Lama e manico erano ficcati in profondità dentro il pube. Avvenne 14 anni
fa. Malgrado tutto, nessuno allora cerco' un assassino. Una su tutte: quella del maniaco, come del resto suggeriva
il macabro rito delle parti intime sfregiate. Elisabetta Ciabani, la ragazza trovata morta, aveva ventidue anni,
studiava architettura a Firenze, la sua città , ed era amica di Susanna Cambi, una delle vittime del mostro.” -
fonte: RagusaNews]

09 settembre 1983. GIOGOLI

14 dicembre 1983: Firenze – omicidio collaterale


[NdA: “Clelia Cuscito - Prostituta, ex infermiera, il 14 dicembre 1983 fu trovata morta nella sua abitazione in via
G.P. Orsini, 64 a Firenze, dal fratello Bruno.. Il cadavere fu rinvenuto nella camera da letto con le gambe
divaricate, indossava una maglia che era stata sollevata fino alle spalle ed un paio di scaldamuscoli . Era stata
torturata con un'arma da taglio che aveva provocato ferite al collo e al ventre ed infine era stata soffocata con il
filo del telefono. Nel pugno del cadavere fu trovato un ciuffo di capelli "strappati e non caduti di colorito
castano tagliati recentemente all'apice, abbastanza robusti, con bulbo sottile, allungato e circondato da
numerose fibre" appartenenti ad una persona con gruppo sanguigno di tipo B. La perizia rivela: "Hanno i
caratteri morfologici indicativi di un loro brusco distacco dal cuoio capelluto ed è pertanto possibile che si siano
trovati nella mano della vittima perché strappati dalla capigliatura dell'aggressore in un ipotetico e disperato
tentativo di difesa". Tutti i reperti furono distrutti e non fu possibile compararli successivamente con eventuali
indagati.” - fonte: Insufficienza di Prove Blogspot]
• NOTA: “Il VINCI Salvatore ha il gruppo sanguigno "0" Rh positivo. L'accertamento
viene espletato il 2 maggio 1986 dal maresciallo CONGIU Salvatore presso l'unità
sanitaria locale (U.S.L.) n. 10 di Careggi” [Supplemento Rapporto Torrisi 311/1-1]

29 febbraio 1984: Firenze – omicidio collaterale


[NdA:“29 febbraio scorso, in un campo lungo una via periferica della città, viene ritrovato il cadavere di Gabriella
Caltabellotta, una ragazzina di 17 anni tutta casa e scuola, che risulta uccisa con dieci coltellate al collo e alla
schiena” - fonte: il mostro d Firenze Forum - e “Proprio un anno fa fu assassinata a coltellate e gettata in un
campo una ragazza di diciotto anni, Gabriella Caltabellotta. Allora si disse che era rimasta coinvolta,
inconsapevolmente, in una storia di droga. Che aveva visto qualcosa o qualcuno che non doveva vedere e che per
questo era stata uccisa. Di questo omicidio è stato indiziato un giovane trafficante di stupefacenti, ma il caso
appare tutt' altro che chiuso” - fonte: La Repubblica – 9 aprile 1985]

2 marzo 1984: Firenze – omicidio collaterale


[NdA:”2 marzo 1984, Firenze, via Bolognese, in un campo ai margini della strada, bocconi sull'erba, tra gli ulivi,
viene trovato il cadavere di Gabriella Caltabellotta, di 18 anni, studentessa presso un istituto per estetiste e
abitante del quartiere di San Jacopino. La ragazza è stata strangolata e ripetutamente colpita alla schiena con un
pugnale. Gabriella manca della pelliccia, della borsetta e delle scarpe” - fonte: Il mostro di Firenze Forum]

30 giugno 1984. Tavarnelle Val di Pesa/Poggibonsi - agguato fallito


[NdA: “il 1 Luglio tenta di uccidere la coppia nella campagna tra Poggibonsi e Tavarnelle Val Di Pesa, all'estremità
sud della provincia di Firenze ”- Fonte: il Mostro di Firenze Forum – e anche: il mostro spara un colpo ai vetri che
però sono anti proiettile e la coppia scappa “vetri infrangibili respingere il proiettile” - fonte: il mostro di Firenze
Forum – e Emeroteca - La città - 30 Giugno 1984]
• NOTA: prima notte dopo il novilunio

luglio 1984: Firenze – omicidio collaterale


[NdA: “Nel luglio dell' 84 è la volta di Tina Bassi, 55 anni, anche lei prostituta: strangolata nella camera da letto”
- fonte La Repubblica -6 settembre 19858]

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7 ottobre 1984. Cave di Maiano - omicidio collaterale


[NdA: “In Toscana torna la paura per il maniaco ...SNIP... dopo la morte del cercatore di funghi. L'anziano
pensionato che si aggirava nella boscaglia di notte è stato ucciso perché ha visto qualcuno o qualcosa? ...SNIP...
Mercoledì notte... SNIP... in località Le Cave di Maiano, una zona di "boscaglia è anfratti al confine tra i comuni di
Fiesole e Firenze, frequentata da coppiette e conseguentemente da guardoni, un pensionato di 69 anni è stato
ucciso a coltellate. Si chiamava Bruno Borselli, e alla moglie aveva detto, uscendo di casa in compagnia del cane
Snoopy, che andava a cercare funghi. In realtà il Borselli pare fosse un assiduo frequentatore delle Cave” - fonte:
La stampa – 8 ottobre 1986 ]
• NOTA: SV frequentava le cave di Maiano, per corsi di pre alpinismo.
▪ 7 settembre 1985 (sabato): “verso le ore 16,00, egli si reca alle cave di Maiano
del Comune di Fiesole, per assistere a dei corsi di prealpinismo ...SNIP...
facendo rientro a casa intorno alle ore 19,30” [rapporto Torrisi 311/1]

13 ottobre 1984: Firenze – omicidio collaterale


[NdA “L' ha trovata la donna delle pulizie. Era distesa per terra, in camera, accanto al letto. Le braccia bloccate
dalle maniche del golf annodate sul davanti, le vesti scomposte, un batuffolo di cotone in bocca che l' assassino
aveva usato per soffocarla. Luisa Meoni, 46 anni, prostituta, sposata con una figlia, non è riuscita a chiedere aiuto.
Da tempo aveva paura. Ai vicini diceva che qualcuno voleva ammazzarla. Per Firenze è un nuovo delitto
misterioso. Luisa Meoni è la quarta prostituta che viene ammazzata nel tiro di due anni ...SNIP... La sequenza
degli omicidi è cominciata nel febbraio del 1982 quando in via del Moro fu scoperto il cadavere di Giuliana
Monciatti. Il primo delitto irrisolto. La donna era stata uccisa con sedici coltellate nel suo appartamento. L'
assassino aveva simulato un furto ma in un cassetto c' era ancora l' incasso della giornata. Dopo poco più di un
anno toccò a Clelia Cuscito, anche lei uccisa nel suo appartamento, a coltellate e sgozzata. Il terzo omicidio è del
mese di luglio: Giuseppina Bassi, detta Pinuccia, soffocata e strangolata nella sua abitazione . L' ultimo delitto è
stato scoperto ieri mattina. Anche Luisa Meoni è stata assassinata nel suo appartamento, in via della Chiesa. Due
sole stanze, camera e cucina, dove la prostituta riceveva i clienti su appuntamento. Il delitto forse risale alla
mezzanotte dell' altra sera. L' omicida ha usato un batuffolo di cotone che ha infilato a forza nella bocca della
donna. Tutti i cassetti dei mobili della camera erano aperti come se l' assassino avesse tentato una rapina.” -
Fonte: La Repubblica -14 ottobre 1984]
• NOTA: SV conosceva e frequentava la Luisa Meoni; aveva anche fatti interventi in casa
sua. Proprio un interventi nel suo appartamento è indicato dal SV quale alibi per il
delitto di Giogoli dell'anno prima

29 luglio 1984. VICCHIO DEL MUGELLO

1984 - 1985 : San Casciano Val di Pesa – agguato fallito


[NdA:”Luca Iandelli - Originario di San Casciano Val di Pesa, oggi è titolare di una agenzia immobiliare a Firenze.
Tra il 1984 ed il 1985, si trovava con la sua fidanzata di allora , Salvadori Antonella, nello spiazzo antistante il
cimitero di S.Casciano Val di Pesa, mentre "stavano intrattenendosi intimamente sul sedile anteriore lato guida
della Volkswagen Passat familiare del ragazzo, si erano accorti che all'esterno dell'auto abbarbicato al parabrezza
vi era un individuo il quale, con le braccia allargate, quasi abbracciava l'auto. Costui impugnava nella mano destra
una pistola, tanto che lo landelli aveva udito il rumore di un urto metallico su un finestrino ed aveva riconosciuto,
assieme all'uomo, la canna dell'arma, che descriveva simile nella forma a quella in dotazione ai CC, ma di
dimensioni più piccole. L'uomo era rimasto in quella posizione per 30/40 secondi, incurante dei pugni che lo
landelli dava dall'interno contro il vetro del parabrezza per cercare di farlo staccare. Alla fine lo Iandelli, sia pure
con qualche difficoltà, era riuscito a rimettere in moto: ma, privo com'era dell'appoggio dello schienale, essendo i
sedili abbassati, aveva perso l'equilibrio e l'auto era andata sottosterzo facendo dei giri su se stessa, mentre
l'uomo si era staccato dalla macchina." fonte: insufficienza di prove Blogspot]

08 aprile 1985: Firenze / Fiesole – omicidio collaterale


[NdA: “vittima è una ragazza di ventiquattro anni, Carla Fantoni. L' hanno trovata abbandonata in un campo, al
confine tra Firenze e Fiesole, irriconoscibile, con il volto sfigurato e la testa fracassata, probabilmente a colpi di
pietra. … SNIP...La signora Maria Grazia Tilli insieme all' agnello vuol servire a tavola insalata e radicchio
selvaggio e così con il marito imbocca una strada, via del Palmerino, che porta in aperta campagna. I due
passeggiano e raccolgono verdura. La donna passa vicino a quello che gli pare un "mucchio di stracci". "In un
primo momento non ci ho fatto caso - racconta - poi mi sono accorta che era un cadavere, aveva la faccia piena di
sangue". Accanto al cadavere due borsette. Una con gli effetti personali, l' altra con i documenti e qualche
spicciolo. Arrivano i carabinieri della stazione di Fiesole, il sostituto procuratore Antonio Grassi. Per identificare
quel corpo straziato non ci vuol molto. La donna assassinata si chiama Carla Fantoni, ha ventiquattro anni. Si è
sposata quattro anni fa, dopo due si è separata. Ha un figlio che vive con il padre. E' residente in via Palazzo dei

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Diavoli ma in realtà dorme dove capita. Frequenta l' ambiente dei tossicodipendenti ma non è mai stata arrestata.
Durante l' autopsia i medici trovano i segni di un' iniezione non troppo recente. Ed è nel giro della droga che i
carabinieri stanno indagando. Ma di certo c' è ben poco. Carla Fantoni è stata sicuramente uccisa nel campo dove
è stata trovata. L' assassino gli ha spaccato la testa nella notte tra venerdì e sabato. Per uccidere ha usato un
grosso corpo contundente, forse una pietra che, nonostante un meticoloso sopralluogo, non è stata trovata. Ha
colpito con furia, forsennatamente. Ma il movente di questo brutale delitto è ancora da scoprire.” - Fonte: La
Repubblica – 9 aprile 1985]

05 settembre 1985: Le cascine – Firenze – Omicidio collaterale


[NdA: “ ...Giovanni Milianti, il funzionario di banca di Pontedera assassinato martedì notte fra i cespugli delle
Cascine, a quella coltellata ha sopravvissuto non più di un minuto, un minuto e mezzo. La lama del coltello da
macellaio lunga quindici centimetri, è entrata tutta nella sua schiena e gli ha spaccato l' aorta , provocando un'
emorragia interna di due litri almeno. Quel minuto e mezzo, Milianti lo ha passato scappando fuori dalle piante,
barcollando verso la strada in cerca di un aiuto che solo troppo tardi qualcuno gli ha dato. ...SNIP... Cosa ha detto
l' autopsia, effettuata ieri mattina, al di là delle risposte tecniche? Che probabilmente Milianti è stato ucciso dalla
persona con cui si era incontrato fra gli alberi. L' assassino, quasi certamente, era davanti a lui quando gli ha
inferto il colpo. "Il taglio della lama è rivolto verso il collo della vittima - dice il professor Mauro Maurri, medico
legale anche per tutti gli omicidi del mostro che uccide le coppiette - quindi l' assassino non doveva essere alle
spalle di Milianti, che è stato colpito mentre era in posizione flessa". Un delitto maniacale? "Direi di sì per il luogo
dove è successo - dice il professor Maurri - ma con questa ipotesi contrasta il fatto che è stata data una sola
coltellata. Di solito un maniaco infierisce più volte contro la sua vittima". Gli investigatori nemmeno si provano a
fare delle ipotesi. Molti travestiti sono stati ascoltati, ma niente di utile sembra sia venuto fuori. ...SNIP... E le
Cascine ne sono il cuore. Sono centinaia i travestiti che la notte scendono per i viali del parco, e centinaia le auto
impegnate in caroselli che si prolungano fino all' alba. Milianti è stato ucciso qui, in mezzo a questo festival del
sesso che si accende tutte le notti, dentro una piccola area di vegetazione bassa e fitta, quasi un naturale separé
per amori fugaci.“. Fonte La Repubblica – 6 settembre 1985]
• NOTA: SV era un abituale frequentatore de Le cascine, già fin dai tempi della sua
relazione con la Locci Barbara. A Le cascine, era solito portare oltre che la Locci anche
la Massa e la Pierini.

06-07-08 settembre 1985. SCOPETI

20 agosto 1993: Poneta di Barberino Val D'Elsa – omicidio collaterale


[NdA:”Milva Malatesta -Nella notte tra il 19 ed il 20 agosto 1993 fu uccisa e bruciata con il figlio Mirko di 3 anni.
Fu trovata carbonizzata, all'interno della sua Fiat Panda (FI F08335) in una scarpata a Poneta di Barberino Val
D'Elsa. Nei pressi dell'auto fu trovata una tanica di plastica sporca di sangue, sul cui manico, furono rilevate delle
impronte digitali. Le indagini si orientarono sul marito, Francesco Rubino, che venne arrestato, processato e
assolto nel 1995, per non aver commesso il fatto” - fonte: Insufficienza di Prove Blogspot]

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