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IL CONFRONTO DI LEONARDO MESSINESE CON EMANUELE SEVERINO IN VISTA

DELLA RIGORIZZAZIONE DELLA METAFISICA CLASSICA

In G. Goggi, I. Testoni (edd.), All’alba dell’eternità. I primi 60 anni de ‘La Struttura originaria’,
Atti del Convegno, Padova University Press, 2018

Il contributo intende mettere in evidenza la rilevanza del confronto di Leonardo Messinese con il
discorso filosofico severiniano, tenendo presente soprattutto l’esito cui Messinese è pervenuto negli
ultimi anni relativamente al suo tentativo di rigorizzazione della metafisica classica.
L’intento di Messinese si costituisce come prosecuzione della rigorizzazione metafisica
operata da Gustavo Bontadini, in vista di una sua ulteriore puntualizzazione, operata principalmente
sulla scorta del magistero severiniano, che Messinese ha sempre considerato come un punto di
riferimento irrinunciabile per raggiungere l’obiettivo da egli perseguito.
L’opera principale in cui Messinese si confronta con il pensiero di Severino, ed in particolare
con La struttura originaria (1958, = SO) è L’apparire del mondo (2008): in questo fondamentale
testo (a cui ne sono seguiti altri che ne esplicitano ulteriormente gli esiti) egli intende valorizzare il
contributo offerto da Severino in merito alla rigorizzazione della metafisica classica, intento che
trova il suo esito compiuto appunto in SO, sulla scia di quanto già stava facendo da alcuni anni il
suo maestro Bontadini. L’itinerario speculativo di SO termina proprio con il cap. XIII (2a ed.)
intitolato appunto “La metafisica originaria”, in cui Severino pone fondamentalmente il principio di
Creazione: l’essere immutabile acquista i tratti del Creatore essendo non solo ciò senza di cui la
totalità diveniente non è, ma ciò per cui quella totalità è: affermazione che esprime la dipendenza
ontologica del diveniente dall’intero immutabile.
Inoltre, prosegue Severino, dal momento che la totalità diveniente non appartiene
necessariamente all’essere immutabile, il fatto che questa sia, è una decisione dell’immutabile, con
il che si viene ad affermare anche la libertà dell’atto creatore. Messinese specifica che, benché in
questo fondamentale passaggio non sia presente il termine “creazione” ne è tuttavia espressa la
“res”. L’intero immutabile è ciò che positivamente pone, fa essere la realtà diveniente volendola
liberamente, decidendo appunto che essa sia.
È questa la metafisica originaria di Severino che Messinese intende valorizzare tenendo
comunque sempre presenti, e in parte accogliendole, le “autocorrezioni” che Severino ha apportato
al suo discorso, soprattutto in Ritornare a Parmenide (1964, = RP) e nel relativo Poscritto (1965, =
RPP). È in quest’ultimo lavoro che Severino afferma la non evidenza fenomenologica del divenire
ontologico, cosa da lui affermata in precedenza fino a RP: l’esperienza non attesta la
produzione/annullamento degli enti ma solo il loro apparire/scomparire, e questo deve dirsi poi
anche del loro apparire: anche l’apparire dell’ente che appare e scompare non è sottoposto al
divenire ontologico, ma appare e scompare dall’orizzonte totale dell’apparire, l’apparire
trascendentale. Nell’opera del 1958, invece, si affermava l’attestazione immediata del divenire
ontologico, corretta poi dalla L-immediatezza che portava alla modificazione di quanto attestato a
livello F-immediato, e quindi ad intendere correttamente il divenire come apparire e scomparire
degli enti.
Se però non si dà più opposizione tra versante logico e fenomenologico della struttura
originaria, non sembra essere più necessario quel trascendimento dell’esperienza che Bontadini
riteneva dovesse condurre ad affermare il Dio creatore, come questi indicava nella seconda
inferenza della trascendenza dell’Assoluto da egli formulata (la prima è del 1952), ed enunciata
nell’articolo del 1965 intitolato Sull’aspetto dialettico della dimostrazione dell’esistenza di Dio. In
uno studio dedicato appunto a Bontadini dal titolo Il cielo della metafisica (2006) Messinese
proponeva una sua rigorizzazione della metafisica sostanzialmente concorde con quella dell’ultimo
Bontadini.
Ne L’apparire del mondo invece, Messinese, rigorizzando la sua posizione, accoglie l’esito
di RPP relativamente alla F-immediatezza, ma non per questo egli ritiene che non sia più necessaria
una mediazione metafisica come invece potrebbe sembrare dall’eliminazione dell’opposizione tra
esperienza e logo, che per Bontadini era il “trampolino di lancio” per affermare la Trascendenza
dell’assoluto, anzi proprio questa acquisizione permette una migliore ripresa del discorso
metafisico.
Il divenire attestato dall’esperienza, quindi non va più inteso in senso ontologico, cosa che
oltretutto porterebbe la metafisica a cadere nella critica mossa dal “secondo” Severino alla
metafisica - in questo concorde con le più rigorose dimostrazioni dell’inesistenza dell’Immutabile -
nel suo intero percorso storico, per cui questa sarebbe essenzialmente una fisica; questo
convincimento espresso in RP, ha portato Severino ad un allontanamento sempre più marcato dalla
metafisica classica proprio perché ogni immutabile affermato a partire dall’essere diveniente – e
come giustificazione di tale divenire - sarebbe inevitabilmente destinato ad essere “eliminato”
dall’evidenza del divenire medesimo, come ha dimostrato ogni pensiero nichilistico pienamente
coerente con se stesso, vanificando così ogni sforzo speculativo.
Ma, sostiene Messinese, “questo esito critico nei confronti della teologia filosofica… non è
necessario allorquando… si affermi che il divenire delle cose attestato dall’esperienza non deve
essere inteso come provenire dal nulla e tornare nel nulla dell’essere degli enti” (Stanze della
Metafisica, p. 172 = SDM). Quindi da una parte la concezione non nichilistica del divenire inteso
come variazione, non è in conflitto con la possibilità dell’inferenza metafisica, allo stesso tempo
però anche questo variare, sostiene Messinese, deve essere giustificato, ovverosia egli sottolinea
“l’esigenza di non lasciare la manifestazione dell’essere, in quanto “processuale”, alla sua semplice
dimensione di attestazione fenomenologica, ma di assumerla anche nella sfera del logo e, in questo
senso, di fondarla, di mostrarne la “ratio” essendi in modo determinato» (Severino e la metafisica,
in Il destino dell’essere, p. 49).
Infatti, ciò che per Messinese rimane ancora da spiegare, e che lascia spazio all’inferenza
della trascendenza dell’assoluto è appunto il fatto del variare dell’esperienza, che non fa perfetta
equazione con l’essere stesso come esso è affermato a livello di immediatezza logica: la vera
domanda metafisica per Messinese è “perché [ci sono] gli enti (la molteplicità e il divenire) e non
solo l’essere (= l’Essere)?” (Id., Metafisica): è la molteplicità e la variazione dell’esperienza l’
“inaspettato” dal pensiero che afferma la verità dell’essere che esige di essere giustificato; cioè
quello che Messinese chiede a Severino è di rendere ragione in modo più determinato del variare
dell’apparire, soluzione che secondo Messinese va individuata nella determinazione più concreta
del Principio di Parmenide, che è il Principio di Creazione: l’essere dell’esperienza che si presenta
molteplice e variante, implica l’Essere. La creazione non assume quindi l’aspetto nichilistico che
Severino scorgeva in questa, intesa come produzione del mondo da parte di Dio, che trae gli enti dal
proprio non essere, ma consente invece di rendere concretamente ragione del “non” - quel “non”
irriducibile di cui anche Bontadini continuava a chiedere ragione a Severino - che gli enti molteplici
e divenienti (non ontologicamente) sono rispetto all’essere nella sua pienezza, cioè della
disequazione tra l’essere e il suo apparire. L’integrazione metafisica dell’esperienza si ottiene
appunto con l’introduzione del Dio creatore come giustificazione più completa dell’essere
dell’esperienza.
La rigorizzazione della metafisica fatta da Messinese si costituisce grazie all’accoglimento
di alcuni guadagni speculativi di Severino, benché questi sia giunto a criticare la metafisica classica:
ciò è in linea con il magistero bontadiniano per cui la metafisica, proprio grazie al confronto col
pensiero contemporaneo può riformulare in modo più rigoroso il suo risultato.

BIBLIOGRAFIA
E. Severino, La struttura originaria, Milano, Adelphi, 1981.
Id., Essenza del nichilismo, Milano, Adelphi, 2005
Id., Destino della necessità, Milano, Adelphi, 1980
L. Messinese, Il cielo della metafisica, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2006
Id., L’apparire del mondo, Milano, Mimesis, 2008
Id., Il paradiso della verità, Pisa, ETS, 2010
Id., Metafisica, Pisa, ETS, 2012
Id., Stanze della metafisica, Brescia, Morcelliana, 2013.
Id., Severino e la metafisica, in D. Spanio, Il destino dell’essere, Brescia, Morcelliana, 2014, pp. 29-
55
Id. L’apparire di Dio, Pisa, ETS, 2015

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