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CredOg 32 (1/2012) n.

187, 7-18
A. Toniolo

Ricerca di Dio e ateismo,


due aspetti costitutivi
dell’esperienza religiosa?

1. L’intreccio tra cristianesimo e ateismo

«L’ateismo va annoverato fra le realtà più gravi del nostro tempo»:


la Gaudium et spes ha considerato l’ateismo come uno dei fenomeni
«più gravi» del nostro tempo, a cui dedicare particolare attenzione e
discernimento, data la molteplicità di forme con cui si manifesta (cf.
Gs 19-21); il Vaticano II aveva in mente l’ateismo moderno nei suoi
esiti nichilistici. Ma l’ateismo e il cristianesimo non sono così contrap-
posti, come si pensa. La chiesa degli inizi è stata accusata di ateismo:
Di qui ci è anche derivata l’accusa di atei. Certo ammettiamo di essere
tali rispetto a questi supposti dèi, ma non certo rispetto a Dio verissimo,
padre di giustizia e di sapienza e di ogni virtù, e immune da malvagità1.

Il confine fra tradizione mistica e ateismo, inteso come negazione


di un determinato concetto di Dio oppure esperienza dell’assenza di
Dio o della non-distinzione rispetto a Dio, è piuttosto sottile, come
emerge nel pensiero di M. Eckhart o dei mistici: «Qualsiasi media-
zione è estranea a Dio»2. Oppure in una sua predica:
Certuni però vogliono guardare a Dio con gli stessi occhi con cui guar-
dano una mucca, e vogliono amare Dio come amano una mucca. Tu ami
la mucca per il latte, per il formaggio e per la tua utilità. Così fanno tutti
coloro che amano Dio per la ricchezza esteriore o per la consolazione
interiore: essi non amano Dio, ma il loro utile3.

1
Giustino, Apologia prima, VI, 1 (anno 155 d.C.).
2
Maestro Eckhart, Trattati e prediche, Rusconi, Milano 1988, p. 163.
3
Ibid., p. 263.
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Lo stesso dicasi ai nostri giorni di alcune poesie di D.M. Turol-


do («Oh, le attese al colloquio impossibile! / Le tue labbra sigillate
sono la lapide sulla mia preghiera»4). La teologia negativa o apofa-
tica ha sempre avuto un peso maggiore rispetto a quella positiva;
infatti si afferma abitualmente che tra Creatore e creatura «maior sit
dissimilitudo»5. La biografia di molti santi attesta stati interiori di
aridità spirituale, di assenza di Dio.
Lo stesso fenomeno dell’ateismo moderno, considerato nei suoi
rappresentanti più autorevoli (L.A. Feuerbach e i «maestri del sospet-
to»), non nasce fuori dal cristianesimo, ma in seno ad esso: l’antropo-
logia è l’essenza della teologia, secondo Feuerbach. Il senso originario
dell’«etsi Deus non daretur», assunto a fondamento dell’ateismo meto-
dico, non era stato formulato dal suo autore, Grotius, contro l’esistenza
di Dio ma a favore dell’autonomia del diritto naturale rispetto alla
religione. Si è trasformato successivamente in formula sintesi di un pen-
siero auto-fondantesi, in reazione polemica alla religione e come rigetto
di un’immagine di Dio mediata dal pensiero filosofico occidentale.
E l’ateismo contemporaneo, dei nostri giorni? La forma di ateismo
che oggi fa più rumore ha i suoi cavalieri principali in R. Dawkins, S.
Harris, C. Hitchens6, una forma che appare solo per certi versi nuova
rispetto a quella moderna; in realtà si presenta in continuità con le argo-
mentazioni atee della filosofia, anche se di spessore certamente minore.

2. La “fede” dell’ateismo scientista

Questa tipologia di ateismo assume come unico quadro giustifica-


tivo il «naturalismo scientifico»: tutto può essere spiegato all’interno

4
D.M. Turoldo, O sensi miei…, BUR, Milano 20063, p. 318.
5
Lateranense IV, 1215, in H. Denzinger - P. Hünermann (edd.), Enchiridion
symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, EDB, Bologna
1995, 806: «Inter Creatorem et creaturam non potest tanta similitudo notari, quin inter
eos maior sit dissimilitudo notanda».
6
Cf. R. Dawkins, L’illusione di Dio. Le ragioni per non credere, Mondadori, Milano
2007; S. Harris, La fine della fede. Religione, terrore e il futuro della ragione, Nuovi
Mondi Media, San Lazzaro di Savena 2006; C. Hitchens, Dio non è grande. Come la reli-
gione avvelena ogni cosa, Einaudi, Torino 2007. A questi hanno risposto alcuni teologi: G.
Lohfink, Dio non esiste! Gli argomenti del nuovo ateismo, San Paolo, Cinisello B. 2010;
R. Schröder, Liquidazione della religione? Il fanatismo scientifico e le sue conseguenze,
Queriniana, Brescia 2011; J.F. Haught, Dio e il nuovo ateismo, Queriniana, Brescia 2009.
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della natura, con lo strumento della scienza, e assumendo come pa-


radigma principale l’evoluzionismo. La coscienza, la moralità come
ogni altra realtà spirituale o interiore sono frutto dell’evoluzione,
sono meccanismi spiegabili perfettamente dal punto di vista scienti-
fico naturale, fisico. L’altruismo umano, per fare un esempio, è frutto
dell’evoluzione naturale, ed è presente anche nel regno animale. J.F.
Haught sintetizza in maniera molto chiara i principi su cui si costru-
isce il nuovo ateismo e si chiede, nell’analisi precisa di tali principi,
quanto di nuovo ci sia rispetto all’ateismo moderno7. Ci sono, infatti,
molti aspetti di continuità: l’atteggiamento aggressivo nei confronti
della religione e della fede, considerate le cause principali dei ma-
li dell’umanità (a motivo dell’integralismo e del fondamentalismo),
come pure alcune argomentazioni. I nuovi atei da questo punto di
vista utilizzano le argomentazioni non solo di carattere scientifico, ma
anche filosofico-moderno: la fede come proiezione, la religione come
alienazione, la questione della teo-dicea. È nuovo rispetto alla moder-
nità il contesto culturale, non solo prettamente scientifico, in cui si
colloca l’ateismo degli autori citati. Come ricorda Ch. Taylor nella sua
opera monumentale, L’età secolare8, in Occidente si percepisce la fine
dell’ovvietà del cristianesimo, e si fa avanti la convinzione dell’im-
manentismo morale (un buon comportamento etico non ha bisogno
della fede). A questo si aggiungano il fenomeno del fondamentalismo
religioso, nella forma successiva all’11 settembre 2001 – da notare che
anche l’ateismo illuministico si è senza dubbio sviluppato nel contesto
e come reazione alle guerre confessionali dell’Europa – e il pensiero
post-moderno con l’avversione totale verso ciò che è assoluto, soprat-
tutto per la pretesa di assolutezza veritativa delle religioni.
«Il modo per evitare oggi la sofferenza umana inutile è abolire la
fede dalla faccia della terra»9, così Haught stigmatizza il programma
del nuovo ateismo, che, vedendo nella religione e non nella povertà o
nell’ingiustizia la vera causa della violenza e dei conflitti tra i popoli,
si impegna a combattere non solo il fanatismo religioso, ma la fede
e la religione in quanto tali. Sempre Haught pone una seconda inte-
ressante domanda: «Quanto è ateo il nuovo ateismo?»10. Smaschera

7
Cf. Haught, Dio e il nuovo ateismo, cit., pp. 19-20.
8
Cf. Ch. Taylor, L’età secolare, Feltrinelli, Milano 2009.
9
Haught, Dio e il nuovo ateismo, cit., p. 30.
10
Ibid., p. 41.
10 CredOg n. 187

così l’ideologia dell’ateismo contemporaneo: viene condannata la fede


religiosa, in nome della fede scientista, che in fondo giustifica tutto,
fuorché la religione:
Questo approccio all’ateismo, naturalmente, è dello stesso tipo che nau-
seava Nietzsche e faceva sprofondare Camus e Sartre nei loro caffè lette-
rari parigini. L’ateismo che disturbi il meno possibile la mediocrità della
cultura occidentale non è affatto ateismo11.

A Dawkins venne fatta l’obiezione che nel suo testo non c’è il
minimo confronto con i grandi teologi del XX secolo, ma solo con
la fede popolare; e la sua risposta è semplice:
Se la religione sottile e raffinata dei Tillich o dei Bonhoeffer predominasse,
il mondo sarebbe sicuramente un posto migliore e io avrei scritto un altro
libro. La triste verità è che quella religione pacata e onesta è numerica-
mente trascurabile12.

Ancora una volta questo dimostra che la genesi dell’ateismo con-


temporaneo non è solo esterna (lo scientismo o la nuova cultura), ma
anche interna alla religione, e dipende dall’immagine di Dio e di fede
che una tradizione religiosa veicola.

3. Il fascino degli ateismi non dogmatici

Ma non esiste solo l’ateismo di stampo scientista e di impatto me-


diatico forte, che del resto appare molto ideologico; difende, infatti,
come una tesi già precostituita, il naturalismo scientista e combatte
in maniera preconcetta la fede e la religione, considerate mali sempre
e comunque. Esiste anche un ateismo meno arrogante13, seppur ma-
nifesto, più disposto al confronto e ben più affascinante, sano anche
11
Ibid., p. 49.
12
Dawkins, L’illusione di Dio, cit., p. 5.
13
Tra i rappresentanti di questo ateismo possiamo citare J. Kristeva, Bisogno di
credere. Un punto di vista laico, Donzelli, Roma 2006; A. Comte-Sponville, Lo spirito
dell’ateismo. Introduzione a una spiritualità senza Dio, Ponte alle Grazie, Milano 2007;
A. De Botton, Del buon uso della religione. Una guida per i non credenti, Guanda, Mi-
lano 2011; D. Demetrio, La religiosità degli increduli. Per incontrare i «gentili», EMP,
Padova 2011. Per certi versi anche: M. Recalcati, Cosa resta del padre? La paternità
nell’epoca ipermoderna, Raffaello Cortina, Milano 2011; S. Natoli, Il cristianesimo di
un non-credente, Qiqajon, Magnano 2002. Cf. anche il numero monografico di «Con-
cilium» 4 (2010): Atei: di quale Dio?.
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per la fede e la teologia. Evoca l’intreccio, potremmo dire originario,


tra ateismo e cristianesimo, come ricordano già la metafora moderna
della morte di Dio (G.W.F. Hegel, F. Nietzsche) e la theologia crucis
contemporanea (D. Bonhoeffer, J. Moltmann, E. Jüngel, H.U. von
Balthasar). Quando ci si confronta con i suoi rappresentanti, nasce
spontanea la domanda: sono atei di quale Dio? La loro incredulità
professata, infatti, è nei confronti di una certa immagine di Dio e di
una certa fede in Dio, intesa spesso come una sorta di auto-assicura-
zione nella vita presente o la risposta già definitiva a tutte le questioni,
come a quella più spinosa della teo-dicea (la giustificazione di Dio di
fronte al male), quasi una forma di possesso sicuro di Dio, come se
l’avessimo sul tavolo o in tasca.
La giornata di riflessione, di dialogo e di preghiera per la pace e
la giustizia, rinnovata ad Assisi il 27 ottobre 201114 ha avuto come
novità, per desiderio di Benedetto XVI, la presenza non solo di rap-
presentanti di altre religioni, ma anche di persone non credenti, che
sono in ricerca.
L’intervento di Benedetto XVI ha richiamato le due fonti di vio-
lenza a cui assistiamo oggi: religiosa (che va contro la natura della
religione) e non religiosa (che deriva dall’assenza di Dio e porta alla
decadenza spirituale dell’umanità). La strada indicata da Ratzinger
è quella del dialogo e della «purificazione, sempre necessaria, della
religione vissuta». Il pontefice, inoltre, precisa che «accanto alle due
realtà di religione e anti-religione esiste, nel mondo in espansione
dell’agnosticismo, anche un altro orientamento di fondo: persone alle
quali non è stato dato il dono del poter credere e che tuttavia cercano
la verità, sono alla ricerca di Dio»15.
Come testimone di questo «orientamento di fondo» era presente
ad Assisi la nota filosofa e psicanalista francese di origine bulgara,
J. Kristeva. La sua testimonianza è stata un forte appello rivolto ai
rappresentanti delle religioni, perché possa instaurarsi una «compli-
cità» tra l’umanesimo non credente e l’umanesimo cristiano e delle
religioni, affinché l’appartenenza religiosa non alimenti la pretesa di

14
Per maggiori e dettagliate informazioni relative alla giornata cf. www.vatican.va/
holy_father/benedict_xvi/travels/2011/index_assisi_it.htm (11.1.2012).
15
Benedetto XVI, Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la
giustizia nel mondo «Pellegrini della verità, pellegrini della pace», Intervento del Santo
Padre, Assisi - Basilica di Santa Maria degli Angeli, 27 ottobre 2011.
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possedere Dio, ma sia sempre accompagnata dalla ricerca e dal rin-


novamento attento alla storia16.
La Kristeva, in altri interventi raccolti in Bisogno di credere, ri-
badisce il fallimento dell’umanesimo razionalista, fondazionista, sfo-
ciato nei totalitarismi del secolo scorso, e riconosce il contributo del
cristianesimo nella comprensione dell’umano:
La mia lettura della passione di Cristo mi conduce a un sogno: che le
vere alleanze, necessarie contro la barbarie in aumento, potrebbero essere
strette non solo, e probabilmente non tanto tra il cristianesimo e le altre
religioni oggi tentate dall’integralismo, ma tra il cristianesimo e la visione
della complessità umana alla quale io aderisco, derivata dal cristianesimo,
benché ormai distaccata da esso, e che coltiva l’ambizione di spiegare le
strade rischiose della libertà17.

Ed è in particolare sul tema della sofferenza che la Kristeva si


sente maggiormente in sintonia con il cristianesimo, non certo con
la deriva doloristica del patire:
La sofferenza fino alla morte è dovuta solo all’umanità di Cristo, o col-
pisce la natura della sua stessa divinità? E quindi della Divinità?... Ecco
perché dico che anche Dio è «in sofferenza» nella sofferenza di Cristo, e
che questo scandalo, che la teologia esita ad affrontare, prefigura i tempi
moderni messi a confronto con la «morte di Dio»18.

Sulla stessa lunghezza d’onda si muovono anche D. Demetrio


e M. Recalcati. In La religiosità degli increduli, Demetrio spiega i
motivi della sua incredulità, anche se afferma di non avere «certezze
atee»19. L’incredulità è nei confronti di un Dio già stabilito, definito,
catturato, non nei confronti di tutta la carica spirituale nascosta nella
ricerca di Dio. Conclude, forse con troppa rassegnazione:
Ma Dio, colui che avrei voluto incontrare e riconoscere come tale, si
è fino a oggi avvicinato alla soglia, questo sì, senza varcarla. Vivo Dio
solamente come una problema insoluto, che non voglio, né ho voluto
mai districare20.

16
Per leggere il discorso integrale tenuto da J. Kristeva cf. www.asianews.it/
notizie-it/Julia-Kristeva:-L%E2%80%99umanesimo-illuminista-deve-dialogare-con-
l%E2%80%99umanesimo-cristiano-23031.html (11.1.2012).
17
Kristeva, Bisogno di credere, cit., p. 114.
18
Ibid., p. 135.
19
Demetrio, La religiosità degli increduli, cit., p. 8.
20
Ibid., pp. 146-147.
CredOg n. 187 13

Si tratta di una spiritualità incredula vicina a quella di R.M. Rilke


e di A. Camus.
Ho letto, in alcuni interventi sull’educazione, la pagina d’esor-
dio del volume dello psicanalista lacaniano Recalcati, Cosa resta del
Padre?:
È giusto insegnare ai nostri figli a pregare se Dio è morto? Mi pongo questo
problema come padre prima che come psicanalista. Ma cosa significa prega-
re? Significa alimentare nei nostri figli l’illusione di un Dio che non esiste
più, in un mondo dietro al mondo?... Eppure ho deciso, con il consenso di
mia moglie, di insegnare ai miei figli che è ancora possibile pregare, perché
la preghiera preserva il luogo dell’Altro come irriducibile a quello dell’io21.

Recalcati riconosce la necessità, e non solo per la dinamica edu-


cativa, di un orizzonte più ampio del nostro io, un orizzonte che ci
precede e ci costituisce, riconosce l’importanza di una «dipendenza
strutturale dall’Altro», anche se questo Altro non è il Dio cristiano
o della religione.
Una giustificazione più esplicita e argomentata della posizione
atea si trova, invece, nel filosofo francese A. Comte-Sponville. Si
definisce un ateo «non dogmatico», perché riconosce l’impossibilità
di fondare scientificamente l’esistenza o la non esistenza di Dio, ma
allo stesso tempo si professa un ateo «fedele» perché si sente profon-
damente legato «a un certo numero di valori che sono stati forgiati e
trasmessi, per lo meno in parte, nelle grandi tradizioni religiose»22, tra
cui quella giudaico-cristiana. Quello di Comte-Sponville è un ateismo
mite e pacifico, senza odio o polemica:
L’importante non è credere o non credere in Dio. L’importante è non tra-
dire questo potere in noi di pensare, di giudicare e di amare: l’importante
è lo spirito, che è tutto di grazia e di misericordia23.

Rimane comunque un ateismo dichiarato, con l’affermazione


dell’impossibilità e non volontà di credere in Dio, in nome della
verità. Sono diverse le argomentazioni che presenta in Lo spirito
dell’ateismo a favore del diritto di non credere:
Sei argomenti fondamentali mi portano a non credere in Dio (per i primi
tre) e credere che non esista (per gli altri tre): la debolezza degli argomenti

21
Recalcati, Cosa resta del padre?, cit., pp. 11-12.
22
A. Comte-Sponville, Salvare lo Spirito, in «Concilium» 4 (2010) 47.
23
Ibid., p. 51.
14 CredOg n. 187

addotti (le pretese «prove» dell’esistenza di Dio); l’esperienza comune (se


Dio esistesse, dovrebbe vedersi o comunque essere percepibile dai sensi);
il rifiuto di spiegare ciò che non comprendo con qualcosa che compren-
do ancora meno; la grandezza del male; la mediocrità dell’uomo; infine,
il fatto che Dio corrisponde talmente bene ai nostri desideri che ci sono
tutti i motivi per pensare che sia stato inventato per soddisfarli, almeno a
livello illusorio (cosa che fa della religione un’illusione, nel senso freudiano
del termine)24.

Nessuno di questi argomenti è una dimostrazione inconfutabile,


per cui l’autore stesso riconosce la possibilità della fede come pure
della non fede, il diritto all’una e all’altra.
Questo significa, anche, che le argomentazioni portate rimango-
no perennemente ambivalenti e che nessuna ha una forza cogente in
una direzione o nell’altra. Analizzate dal punto di vista teologico, si
rivelano interessanti perché confermano che la verità di fede poggia
su una razionalità non riconducibile/riducibile alla dimostrazione
scientifica o alla verificazione empirica (l’atto di fede non sarebbe
più libero), ma più comprensiva, che tuttavia offre una sua coerenza
interpretativa del reale. Del resto il cristianesimo, come ribadiva R.
Guardini nella sua operetta: L’essenza del cristianesimo, non è né
una dottrina, né una morale, né una religione, ma una persona, Gesù
Cristo, e la verità di fede non può essere pensata a prescindere dalla
relazione con quella persona.
L’ateismo di Comte-Sponville rimane comunque «fedele» alla
tradizione spirituale dell’Occidente; se non è più possibile una «fede
comune», è necessaria «una fedeltà comune, cioè un attaccamento
condiviso a quei valori che abbiamo ricevuto, un attaccamento che
presuppone o implica, per ciascuno di noi, la volontà di trasmetterli»25.
Si tratta di un atto di riconoscimento del patrimonio di valori rice-
vuti (lo «spirito di Cristo», la giustizia e la carità), senza i quali non
è possibile un autentico processo di educazione: senza una storia,
senza un passato, non si costruisce alcun futuro, senza un quadro di
valori, senza una morale, si cade nella «tentazione del nichilismo»26,
uno dei pericoli della post-modernità. Da questo punto di vista ciò
che unisce atei e credenti è più grande di ciò che divide, si può infatti

24
Comte-Sponville, Lo spirito dell’ateismo, cit., p. 122.
25
Ibid., p. 32.
26
Ibid., p. 44.
CredOg n. 187 15

«fare a meno della religione; ma non di senso della comunione, né


della fedeltà, né dell’amore»27.
È la professione di un ateo che non può fare meno della vi-
ta spirituale. Ma è possibile una spiritualità senza Dio? A questa
domanda è dedicata l’ultima parte del saggio del filosofo francese,
dove i punti di contatto tra «fede atea» e fede credente sono anco-
ra più evidenti, ma dove si coglie anche la differenza. Siamo degli
«esseri effimeri aperti all’eternità; degli essere relativi aperti all’as-
soluto. Quest’apertura è appunto lo spirito»28. Al centro dell’essere
e della vita non vi è, dunque, il naturalismo o il materialismo, ma
la spiritualità, l’apertura al tutto, la consapevolezza di far parte di
qualcosa di più grande che unisce. Si tratta sempre e comunque di
una spiritualità senza religione, e quindi senza Dio, una spiritualità
che afferma l’assoluto, ma ne nega la trascendenza: «Significa negare
che l’assoluto sia Dio»29.
La posizione del filosofo francese è molto in sintonia con quella
dello scrittore e filosofo svizzero, A. De Botton30, dichiaratamente
ateo («Nessuna religione è vera nel senso di “mandata da Dio”»31).
Egli riconosce il ruolo, l’utilità delle religioni, soprattutto per il con-
tributo morale, spirituale, sociale; hanno delle intuizioni che sono
utili alla vita laica:
La saggezza delle fedi religiose appartiene all’umanità, anche ai più ra-
zionali di noi, e merita di essere assimilata, seppure con giudizio, perfino
dai più grandi nemici del sovrannaturale. A volte le religioni sono troppo
utili, efficaci e intelligenti per essere lasciate solo a chi crede32.

4. Qualche conclusione

Per un credente è difficile pensare una spiritualità senza Dio, o


ridurre la fede solo a un’emozione conveniente. Lo stesso L. Wittgen-
27
Ibid., p. 61.
28
Ibid., p. 116.
29
Ivi.
30
Cf. De Botton, Del buon uso della religione: simpatica e intelligente disanima
del contributo delle religioni, in particolare cristianesimo ed ebraismo, a proposito della
comunità, della gentilezza, dell’educazione, della tenerezza e dell’arte.
31
Ibid., p. 9.
32
Ibid., p. 274.
16 CredOg n. 187

stein non sarebbe proprio d’accordo, anche solo esaminando i giochi


linguistici legati all’esperienza della fede. Lo stesso M. Eliade, nella
scia della fenomenologia contemporanea della religione, ribadisce il
carattere irriducibile a qualcos’altro (come la psiche o la società) del-
la «ierofania», dell’esperienza del sacro nelle religioni. L’esperienza
religiosa, dunque, ha una sua peculiarità, originalità, intrecciata con
la psiche, la società, la cultura, ma non solo come prodotto o in fun-
zione di queste.
È altresì vero che per tutti, credenti o non credenti, rimane diffici-
le sia distinguere che separare la spiritualità da Dio: Dio è la sorgente
della spiritualità oppure è il prodotto o la proiezione della propria
spiritualità? Il confine è molto labile: potremmo riconoscere il tu di
Dio senza una dinamica spirituale? Ma ci sarebbe una tale dinamica
spirituale senza il tu di Dio?
La forma cristiana della fede, guardando alla testimonianza bi-
blica, non è un atto o un’azione spirituale chiusa in se stessa, auto-
giustificativa, ma è segnata dal para-dosso, da un nucleo spiritual-
mente o razionalmente non ovvio, non scontato che chiede all’umano
di uscire da sé, di cambiare mentalità, di credere nella possibilità
dell’impossibilità. Da questo punto di vista la fede è sempre accom-
pagnata dall’incredulità («Credo, aiutami nella mia incredulità», Mc
9,17), intesa come «sottrazione di sicurezza» (E. Jüngel); è un atto di
fiducia che non poggia primariamente su se stessi, ma sulla relazione
con Dio, che nasce dall’ascolto («fides ex auditu»).
L’affinità tra mistica e ateismo consiste nel fatto che Dio non viene
mai ridotto a oggetto, nel primo caso perché c’è una purificazione
tremenda dell’idea di Dio, nel secondo caso perché Dio viene negato.
Ma tale affinità non può nascondere la diversità: nei mistici cristiani
l’assenza di Dio non è il punto di arrivo; lo stato mistico della morte
di Dio non è pace dell’anima, ma è prova, sofferenza, notte, purifi-
cazione dell’anima.
Bonhoeffer – uno dei teologi che ha elaborato per il secolo XX
la metafora moderna della morte di Dio (ovvero l’annuncio che Dio
è morto, formulato in maniera così drammatica da Nietzsche nella
Gaia scienza33) – aveva intuito, addirittura visto come una necessità,
il legame tra il mondo moderno non religioso, ateo, e il cristianesimo:

33
F. Nietzsche, La gaia scienza, Rusconi Libri, Santarcangelo di Romagna (RN)
2010.
CredOg n. 187 17

Come parliamo di Dio, senza religione, cioè senza i presupposti storica-


mente condizionati della metafisica, dell’interiorità ecc.? [...] Come siamo
cristiani «non-religiosi-mondani», come siamo ek-klhsía, cioè chiamati-
fuori, senza considerarci religiosamente privilegiati, ma piuttosto in tutto
e per tutto appartenenti al mondo?34.

L’uomo non religioso è in grado di riconoscere autenticamente e


liberamente, non per necessità dell’apriori religioso, il Dio di Gesù
Cristo, Dio non dell’onnipotenza ma della debolezza. L’affinità tra
«fede» atea e fede cristiana non può anche in questo caso celare la
diversità: per Bonhoeffer il venir meno della necessità aprioristica di
Dio non è il motivo per la negazione di Dio, ma per la sequela auten-
tica di Gesù Cristo, e il cristianesimo senza Cristo, ma solo come spi-
ritualità o saggezza, diventa incomprensibile, è svuotato dall’interno.
La contingenza della vita «costringe» a una scelta, a percorrere un
sentiero, senza per questo sentirci meno liberi o dialoganti. L’espe-
rienza del credere è come quella dell’amore: la disposizione all’amore
non basta a realizzare l’esistenza di una persona; questa si realizza,
o cerca di farlo, nella scelta contingente, ma attuata, di amore verso
quelle persone concrete, quell’uomo, quella donna.
Il cristianesimo attesta, perciò, una fede che non cattura Dio, ma
che allo stesso tempo non è generica, indefinita, astratta, non si lascia
ridurre nella sua essenza a filosofia di vita, né a morale, né a sapienza;
è anche tutto questo, ma non è questo il suo nucleo. Ciò non vuol
dire nemmeno che la fede cristiana sia autoritaria o dogmatica, perché
si fonda sulla Bibbia o sull’autorità della chiesa. La Dei Verbum al
n. 5 e la Dignitatis humanae al n. 10 affermano con chiarezza che la
fede è sempre un atto intrinsecamente libero, e quindi sempre aperto,
sottoposto alle condizioni della libertà situata. Le fonti o riferimenti
autorevoli della fede (come la Bibbia o la chiesa) sono quell’autorità
che come dice l’etimologia (augere) permettono alla fede di crescere
in maniera autenticamente libera.

Andrea Toniolo
preside della Facoltà teologica del Trive-
neto e docente di Teologia fondamentale

34
D. Bonhoeffer, «Resistenza e resa - 1944/1951», in R. Gibellini (ed.), Anto-
logia del Novecento teologico, Queriniana, Brescia 2011, p. 73.
18 CredOg n. 187

Sommario
Non esiste solo l’ateismo di stampo scientista e di impatto mediatico forte, che
del resto appare molto ideologico. Esiste anche un ateismo meno arrogante, seppur
manifesto, più disposto al confronto e ben più affascinante, sano anche per la fede e
la teologia. Evoca l’intreccio, potremmo dire originario, tra ateismo e cristianesimo,
come ricordano già la metafora moderna della morte di Dio (Hegel, Nietzsche) e la
theologia crucis contemporanea (Bonhoeffer, Moltmann, Jüngel, von Balthasar, Barth).
Quando ci si confronta con i suoi rappresentanti, nasce spontanea la domanda: sono
atei di quale Dio? C’è anche un’affinità tra mistica e ateismo, in quanto Dio non
viene mai ridotto a oggetto: nel primo caso perché c’è una purificazione tremenda
dell’idea di Dio, nel secondo caso perché Dio viene negato. Ma tale affinità non può
nascondere la diversità: nei mistici cristiani l’assenza di Dio non è il punto di arrivo;
lo stato mistico della morte di Dio non è pace dell’anima, ma è prova, sofferenza,
notte, purificazione dell’anima.

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Due visioni dell’uomo
«senza Dio» a confronto
EMP, Padova 2011, pp. 96
edizione speciale per «CredereOggi»
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