Sei sulla pagina 1di 150

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI

DI MODENA E REGGIO EMILIA

Dipartimento di Economia
“Marco Biagi”

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN


ANALISI, CONSULENZA E GESTIONE FINANZIARIA

IL CREDITO COMMERCIALE:
IL CASO ITALIANO DAL 2004 AL 2013

Relatore: Candidato:

Prof. Giuseppe MAROTTA Luca DE PALMA

Anno Accademico 2014-2015


Roma, I novembre 1786

“… Poter contemplare coi propri occhi tutto un


complesso, del quale già si conoscevano interiormente
ed esteriormente i particolari, è, direi quasi, come in
cominciare una vita nuova. Tutti i sogni della mia
giovinezza ora li vedo vivi; le prime incisioni di cui mi
ricordo (mio padre aveva collocato in un’anticamera le
vedute di Roma), ora le vedo nella realtà e tutto ciò che
da tempo conoscevo in fatto di quadri e disegni, di rami
o di incisioni in legno, di gessi o di sugheri, tutto ora mi
sta raccolto innanzi agli occhi, e dovunque io vada, trovo
un’antica conoscenza in un mondo forestiero. Tutto è
come lo immaginavo, e tutto è nuovo. Altrettanto posso
dire delle mie osservazioni e delle mie idee. Non ho avuto
nemmeno un pensiero completamente nuovo, non ho
trovato nulla di completamente estraneo a me, ma i
pensieri antichi mi sono diventati così precisi, così vivi,
così concatenati l’un l’altro, che veramente posson
passare per nuovi.

[…]

E quanto è anche moralmente salutare per me, il vivere


fra un popolo dotato di tanta sensibilità, sul quale si è
tanto parlato e tanto scritto, e che ogni straniero giudica
secondo il criterio ch’egli porta con sé! Io perdono tutti
quelli che criticano o condannano questo popolo, esso è
troppo lontano da noi; e al forestiero costa troppa fatica
e troppa spesa, l’aver contatto con lui. …”

Johann Wolfgang von Goethe

da “Viaggio in Italia”, 1813-1817


Sommario
PREMESSA .......................................................................................................................... 1

INTRODUZIONE .......................................................................................................................... 7

1. Definizioni e cenni sul credito commerciale ................................................................... 7

2. Tipologie di credito commerciale.................................................................................... 8

3. Il costo del credito commerciale ..................................................................................... 9

4. L’uso del credito commerciale come garanzia................................................................ 9

MODELLI TEORICI ALLA BASE DEL CREDITO COMMERCIALE ...................................................... 12

1. Teoria del vantaggio finanziario .................................................................................... 12

2. Teoria della discriminazione del prezzo e motivi commerciali ..................................... 15

3. Teoria del costo transazionale e motivi gestionali ....................................................... 17

RASSEGNA DELLA LETTERATURA EMPIRICA ............................................................................... 20

1. Basi di dati, periodi, paesi e contesti istituzionali ......................................................... 20

1.1 Demirguc-Kunt & Maksimovic (2001) ............................................................................ 22

1.2 Petersen & Rajan (1997) ................................................................................................ 27

1.3 Alphonse et al. (2003) .................................................................................................... 29

1.4 Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a) ..................................................................... 31

1.5 Niskanen & Niskanen (2006) .......................................................................................... 33

1.6 Delannay & Weill (2004) ................................................................................................ 35

1.7 Marotta (2005) ............................................................................................................... 39

2. Metodi econometrici utilizzati in letteratura................................................................ 43

2.1 Pooled Ordinary Least Squares ...................................................................................... 44

2.2 Generalized Least Squares ............................................................................................. 44

2.3 Generalized Method of Moments ................................................................................. 45

3. Variabili considerate ed esiti delle stime nelle equazioni di regressione ..................... 46


3.1 Fattori macroeconomici ................................................................................................. 47

3.2 Determinanti microeconomiche dei crediti commerciali .............................................. 48

3.3 Determinanti microeconomiche dei debiti commerciali ............................................... 52

IL CASO ITALIANO DAL 2004 AL 2013 .......................................................................................... 55

1. Banca dati ed estrazione del campione ........................................................................ 58

2. Metodologia di controllo ed eliminazione dei microdati errati.................................... 60

3. Statistiche descrittive del campione ............................................................................. 61

4. Le crisi finanziarie e il credito commerciale .................................................................. 92

5. Determinanti dei debiti commerciali e verifica delle ipotesi di ricerca ........................ 95

6. Determinanti dei crediti commerciali e verifica delle ipotesi di ricerca ..................... 112

CONCLUSIONI ...................................................................................................................... 125

BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................... 129

APPENDICI ...................................................................................................................... 134

1. Gli schemi di bilancio e il contenuto informativo minimo dello Stato Patrimoniale e del
Conto Economico................................................................................................................... 134

2. L’algoritmo di controllo formale e il punteggio sintetico di errore ............................ 140

3. Valori dei percentili delle variabili utilizzate nelle regressioni ................................... 143
PREMESSA

Contemporaneamente al corso di laurea specialistica ho avuto l’opportunità di iniziare


il praticantato necessario all’abilitazione all’esercizio della professione di esperto
contabile e revisore legale. Svolgendo questo lavoro non ho potuto non notare i
problemi derivanti dai mancati pagamenti dei crediti vantati dai fornitori nei confronti
dei clienti, problemi ai quali si aggiungono gli adempimenti prescritti dalla normativa
fiscale, la quale spesso esige il pagamento delle imposte anche su prestazioni a fronte
delle quali non è stato (e forse non sarà mai) corrisposto il pagamento pattuito.

Secondo i dati di Atradius1 (2014), l’incertezza derivante dai mancati o ritardati


pagamenti preoccupa il 21,7% delle aziende italiane. I dati mettono in luce che tra le
imprese intervistate il saldo delle fatture avviene mediante pagamento immediato per
il 60,1% e a credito per il restante 39,9%. Riguardo ai crediti, solo il 57,7% viene pagato
alle scadenze pattuite e il restante 42,3% viene pagato oltre i termini. I sondaggi rilevano
che le imprese concedono una dilazione media di pagamento pari a 48 giorni a decorrere
dalla fattura. Coloro i quali pagano oltre la scadenza pattuita accumulano mediamente
un ritardo di 23 giorni. La perdita per crediti inesigibili ammonta nel 2014 ad una media
del 2,6%. La maggiore causa di ritardo dichiarata è la mancanza di liquidità.

1
Il “Barometro dei Pagamenti” di Atradius e l’”European Payment Index” di Intrum Justitia sono rapporti
pubblicati periodicamente. Scopo di questi bollettini è illustrare le abitudini di pagamento delle imprese
europee e monitorarne l’evoluzione. L’indagine consiste nel sottoporre ai responsabili aziendali un
questionario contenente richieste di informazioni circa le abitudini di pagamento dell’azienda medesima
e dei rispettivi partner commerciali. I dati esposti nei rapporti sono la media dei valori dichiarati dai
responsabili aziendali. Le indagini non distinguono tra transazioni con controparti domestiche o
internazionali.
Con riguardo al rapporto di Atradius, il numero di imprese italiane considerate è pari a 221 a fronte di un
campione europeo pari complessivamente a 2.969. I paesi considerati appartengono all’Europa
occidentale, con ciò intendendo Regno Unito, Germania, Danimarca, Svezia, Austria, Paesi Bassi, Svizzera,
Belgio, Irlanda, Francia, Turchia, Spagna, Italia e Grecia. Le imprese intervistate appartengono per il 32,5%
alla categoria delle micro imprese, per il 56,2% alla categoria delle PMI e per l’11,3% a quella delle grandi
imprese.

1
I dati aggregati sino ad ora esposti possono variare sensibilmente in relazione alla
controparte (privato, impresa o pubblica amministrazione) e al settore merceologico di
appartenenza.

Stando ai dati di Intrum Justitia (2014), il più alto tasso di perdite su crediti si registra tra
i liberi professionisti con un valore pari al 4,4%: questa categoria concede nella maggior
parte dei casi una dilazione di pagamento di 30 giorni. Qualora il pagamento non
avvenga alla scadenza pattuita, il ritardo medio è rispettivamente di 13 giorni se la
controparte è un privato, 15 giorni nel caso di imprese e 22 giorni per la PA.

Con riguardo al settore dell’edilizia, i dati non sono dissimili: 4% di perdita su crediti,
tempo di dilazione prevalentemente concesso di 30 giorni a cui si aggiunge – nel caso di
pagamenti oltre la scadenza - un ritardo medio di 19 giorni per i privati, 26 giorni per le
imprese e 35 per la PA.

Leggermente migliore si prospetta la situazione del settore manifatturiero, per il quale


la perdita su crediti si attesta al 2,3% a fronte il ritardo medio su una dilazione di 30
giorni pari a 15 giorni per i privati, 29 per le imprese e 24 per la PA.

Ciò premesso, i dati italiani appaiono disallineati rispetto a quanto messo in luce dalle
stesse statistiche condotte negli altri paesi europei: in generale – considerata anche la
grande variabilità tra paese e settore - gli operatori italiani mostrano un maggiore
ricorso al credito commerciale rispetto alla media dell’Europa occidentale e un tempo
di attesa nettamente superiore: in media, nell’Europa occidentale si ricorre al credito
commerciale nel 42,4% delle transazioni, concedendo in media 32 giorni di dilazione.
Inoltre, sul totale dei crediti commerciali, il 62,4% viene pagato alla scadenza e il tasso
di perdite su crediti si attesta al l’1,7%.

Dal punto di vista normativo, in merito ai ritardi di pagamento si sono susseguiti nel
tempo numerosi provvedimenti da parte delle autorità europee.

Già con la raccomandazione del 12 maggio del 1995 la Commissione Europea constatava
che “I periodi di pagamento eccessivi e i ritardi di pagamento impongono pesanti oneri
amministrativi e finanziari alle imprese, ed in particolare a quelle di piccole e medie
dimensioni. Inoltre tali problemi costituiscono una tra le principali cause d'insolvenza e

2
determinano la perdita di numerosi posti di lavoro”, che “In alcuni Stati membri i termini
contrattuali di pagamento differiscono notevolmente dalla media comunitaria”, che “le
differenze tra le norme in tema di pagamento e le prassi seguite negli Stati membri
costituiscono un ostacolo al buon funzionamento del mercato interno” e che “tale
situazione limita notevolmente le transazioni commerciali tra gli Stati membri, ciò in
contrasto con l'articolo 14 del trattato [di Maastricht, ndr], secondo il quale gli operatori
economici dovrebbero essere in grado di svolgere le proprie attività in tutto il mercato
interno in condizioni che garantiscano che le operazioni transfrontaliere non comportino
rischi maggiori di quelle interne. L'applicazione di norme sostanzialmente diverse alle
operazioni interne e a quelle transfrontaliere comporterebbe la creazione di distorsioni
della concorrenza”. Tale raccomandazione invitava gli Stati Membri ad “adottare i
provvedimenti giuridici e pratici necessari per far rispettare i termini di pagamento
contrattuali nelle transazioni commerciali” al fine anche di armonizzarli all’interno della
stessa Comunità Europea.

Altro importante provvedimento normativo è la Direttiva CE 2000/35/CE. Il legislatore


comunitario - preso atto che “stando alle statistiche più recenti in molti Stati membri,
nel migliore dei casi, non si è avuto alcun miglioramento nella situazione dei ritardi di
pagamento dopo la raccomandazione del 12 maggio 1995”, che “l'obiettivo della lotta
contro i ritardi di pagamento nel mercato interno non può essere sufficientemente
realizzata dagli Stati membri separatamente e può pertanto essere meglio realizzato a
livello comunitario”, che “i ritardi di pagamento costituiscono una violazione
contrattuale resa finanziariamente attraente per i debitori nella maggior parte degli
Stati membri per i bassi livelli dei tassi degli interessi di mora e/o dalla lentezza delle
procedure di recupero” e che “le conseguenze del pagamento tardivo possono risultare
dissuasive soltanto se accompagnate da procedure di recupero rapide ed efficaci per il
creditore” – ha tentato di imporre per via normativa quei provvedimenti che i singoli
stati non erano stati in grado di attuare autonomamente a seguito della precedente
raccomandazione. Tale direttiva è stata successivamente integrata e rivista con la più
recente direttiva 2011/7/UE.

Al riguardo, lo Stato Italiano ha recepito la Direttiva 2011/7/UE attraverso il Decreto


Legislativo n. 192/2012 in vigore il 30 novembre 2012. Esso va a modificare il precedente

3
Decreto Legislativo n. 231/2002, il quale a propria volta recepiva la Direttiva
2000/35/UE. Il decreto si applica - a partire dal 1 gennaio 2013 - ai “contratti, comunque
denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che
comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi
contro il pagamento di un prezzo”2.

Con riguardo alla pubblica amministrazione, il decreto stabilisce che gli stati membri
dell’unione devono pagare la somma pattuita entro 30 giorni dal ricevimento della
fattura. Nel caso in cui la data di ricezione della fattura fosse incerta, il termine decorre
a far data dalla recezione della merce o del servizio. Sono tuttavia previste particolari
eccezioni in cui il termine può essere aumentato fino a 60 giorni.

Con riguardo invece alle transazioni tra privati, il decreto prescrive che il pagamento
debba avvenire entro il limite massimo di 60 giorni. Il limite di 60 giorni può tuttavia
essere superato attraverso un accordo tra le parti.

Nel caso invece di ritardati pagamenti, il decreto sancisce che si applichi – “a partire dal
giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento e senza che sia necessaria
la costituzione in mora del debitore” – un interesse moratorio determinato nella misura
di 8 punti percentuali oltre il tasso di rifinanziamento principale della Banca Centrale
Europea.

Inoltre, qualora il creditore avesse sostenuto spese per il recupero del credito, il debitore
è tenuto a corrispondere “un importo forfettario di 40 euro a titolo di risarcimento del
danno” quale “rimborso dei costi sostenuti per il recupero delle somme non
tempestivamente corrisposte”. L’indennizzo è dovuto “senza che sia necessaria la
costituzione in mora” ed “è fatta salva la prova del maggior danno”.

Al momento sono trascorsi circa due anni dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo
n. 192/2012 e gli effetti dell’introduzione di questa normativa sembrano essere stati
modesti: l’80% delle imprese intervistate da Intrum Justitia (2014) dichiara di conoscere
la direttiva europea sui ritardi di pagamento, Il 77% ritiene che essa non abbia avuto
nessun impatto e il 14% non sa esprimersi al riguardo. Agli intervistati è stato inoltre

2
Gli esercenti libera professione sono inclusi nella definizione di imprenditore.

4
chiesto se, in caso di ritardo di pagamento, rivendicassero il loro diritto a ricevere 40
euro di risarcimento per le spese e gli interessi moratori: il 75% ha risposto di non
avvalersi della normativa, il 5% ha dichiarato di avvalersene sempre, il 20% se ne avvale
solo in alcuni casi. Risulta inoltre che il 45% degli intervistati ha dichiarato che
l’applicazione della normativa potrebbe compromettere seriamente o rovinare le
relazioni con i propri clienti e che il 40% ritiene che tali importi aggiuntivi non sarebbero
pagati in ogni caso.

Da questo contesto generale muove la curiosità di approfondire le tematiche inerenti i


fattori alla base del credito commerciale e dei ritardi nell’ottenere i pagamenti. Spero il
lettore troverà questa tesi non solo interessante, ma anche utile ai fini delle
problematiche che quotidianamente affliggono imprenditori e professionisti.

Tutto ciò premesso, la tesi si articola come segue:

- il capitolo introduttivo è volto a definire il fenomeno del credito commerciale, le


sue differenti tipologie e i suoi principali usi;
- il primo capitolo espone in rassegna le motivazioni dottrinali alla base
dell’esistenza del credito commerciale e i conseguenti modelli teorici emersi in
letteratura;
- il secondo capitolo presenta la rassegna della letteratura empirica. Qui si mette
in luce come e in quale intensità i modelli teorici abbiano trovato riscontro nei
diversi periodi storici e nei diversi contesti istituzionali. Il capitolo termina
esaminando le metodologie statistiche e la definizione delle variabili della
letteratura empirica esaminata;
- il terzo capitolo espone l’indagine econometrica di questo lavoro. L’indagine
analizza il fenomeno del credito commerciale italiano attraverso le crisi
finanziarie dell’ultimo decennio. Particolare rilievo viene dato alle differenze tra
settori e alla differenze tra età, dimensione e collocazione geografica d’impresa.

In conclusione, desidero esprimere un sincero ringraziamento al Prof. Giuseppe Marotta


per il suo approccio maieutico, il quale è stato per me fonte inestinguibile di crescita e
approfondimento. Lo ringrazio inoltre per essere riuscito a catturare la mia attenzione e
per avermi fatto comprendere la necessità di questa tesi.

5
6
INTRODUZIONE

1. Definizioni e cenni sul credito commerciale

Il credito commerciale è un accordo tra cliente e fornitore in cui si stabilisce l’esecuzione


del pagamento in un momento successivo al tempo della fornitura di una merce o di un
servizio.

Così come affermato da Brennan (1988), le dilazioni di pagamento sono una forma di
finanziamento esterno a breve termine. Lo strumento del credito commerciale è un
sostegno particolarmente importante per la piccola e media impresa (Boyert & Gobert,
2007) e per i soggetti che sperimentano fenomeni di razionamento di credito bancario
(Guariglia & Mateut, 2006).

È stato asserito che imprese che dipendono fortemente dal credito commerciale
crescono più velocemente delle loro concorrenti che non si avvalgono di questo
strumento (Fishman & Love, 2003). In aggiunta, il credito commerciale sarebbe
ulteriormente preferito da imprese le quali crescono velocemente ma sono affette da
problemi nella struttura finanziaria (Wilson & Summers, 2002).

Così come messo in luce dai lavori di Demirguc-Kunt & Maksimovic (2001), Biais & Gollier
(1997), Frank e Maksimovic (2004), l’uso del credito commerciale è influenzato dallo
sviluppo del settore finanziario e dall’affidabilità ed efficienza del sistema giudiziario di
un paese.

Esistono infatti sistemi economici finanziari, dominati dal canale bancario, nel quale
sono poco sviluppate le altre forme di finanziamento esterno (Garcia-Teruel & Martinez-
Solano 2007).

Nei paesi dove vi è un avanzato ed efficiente sistema giudiziario - nel quale gli operatori
ritengono di godere di una efficace protezione legale nei confronti dei debitori
inadempienti – si osserva un minore ricorso da parte delle imprese allo strumento del
credito commerciale.

7
Atteso che il credito commerciale non viene fornito da intermediari specializzati del
settore bancario, esso non rientra nel campo d’azione della vigilanza bancaria
(Nieuwkerk, 1979).

2. Tipologie di credito commerciale

Così come descritto nei lavori di Ng et al. (1999) e Smith (1987), vi sono due
fondamentali tipologie di credito commerciale.

La prima tipologia – più semplice – consiste nello stabilire un intervallo temporale entro
il quale l’acquirente deve saldare il proprio debito, generalmente a far data dalla
consegna della merce o dall’invio della fattura. Questa modalità prende nome – nella
terminologia anglosassone – di net terms.

La seconda tipologia – più articolata – prevede che l’acquirente possa scegliere tra più
possibilità. Le parti possono concordare che – qualora il pagamento avvenga entro un
breve termine dalla consegna della merce o dall’emissione della fattura – il compratore
possa pagare un prezzo scontato in ragione della celerità del pagamento. Se invece il
pagamento avviene successivamente, il compratore è tenuto a corrispondere il prezzo
pieno della merce o del servizio e - in alcuni casi – può anche essere previsto un tasso di
interesse aggiuntivo per pagamenti eseguiti oltre una determinata scadenza temporale.
Questa modalità prende nome – nella terminologia anglosassone – di two-part terms.

Le condizioni del two-part terms sono applicate in una quota minoritaria di transazioni.
In particolare, esaminando i dati di Ng et al. (1999) emerge che la pratica di offrire sconti
in cambio di un pagamento in tempi brevi è in uso solo in alcuni settori merceologici.
Complessivamente, i contratti two-part terms sono circa il 25% del totale dei crediti
commerciali.

8
3. Il costo del credito commerciale

Indagini condotte nell’ambito statunitense da Petersen & Rajan (1994, 1997) indicano
che il credito commerciale è assai più costoso del normale credito bancario.

Da questi studi emerge come il costo medio di un prestito concesso da un intermediario


finanziario sia pari a un tasso di interesse annuo del 11,3%. Di contro – con riguardo ai
contratti cd two-part – le condizioni prevalentemente praticate dai fornitori del “2/10
net 30” (con ciò intendendosi uno sconto del 2% per i pagamenti effettuati entro 10
giorni e il pagamento del prezzo pieno entro una scadenza di 30 giorni) risultano molto
più costose del credito bancario risultando essere equivalenti a un tasso di interesse
annuo pari a circa il 44%.

Indagini condotte invece in ambito italiano non confermano l’esistenza di una definita
gerarchia di costo tra il finanziamento commerciale e il finanziamento bancario a breve
termine (Marotta, 2000). Le ragioni di questa atipicità italiana sono da rinvenire “nella
bassa quota di fornitori che propongono sconti per pagamenti a breve termine, negli
ampi termini di pagamento contrattuali, nella scarsa rilevanza di forme di penalizzazione
per i ritardati pagamenti, soprattutto a causa di un assetto giuridico-istituzionale che di
fatto non rende possibile la protezione effettiva dei diritti dei creditori”.

4. L’uso del credito commerciale come garanzia


I crediti nei confronti dei clienti costituiscono una delle più importanti forme di garanzia
utilizzate dalle imprese per ottenere credito bancario a breve scadenza. Sono inoltre il
punto di partenza per le operazioni di factoring3. Sarà immediatamente chiaro al lettore

3
Con il termine factoring si indica un particolare tipo di contratto con il quale un imprenditore
(denominato "cedente") si impegna a cedere tutti i crediti presenti e futuri scaturiti dalla propria attività
imprenditoriale ad un altro soggetto professionale (denominato factor) il quale, dietro un corrispettivo
consistente in una commissione, assume l'obbligo a sua volta a fornire una serie di servizi che vanno dalla
contabilizzazione, alla gestione, alla riscossione di tutti o di parte dei crediti che quest'ultimo vanta in
relazione alla propria attività, fino alla garanzia dell'eventuale inadempimento dei debitori, ovvero al
finanziamento dell'imprenditore cedente sia attraverso la concessione di prestiti, sia attraverso il
pagamento anticipato dei crediti ceduti. I crediti affidati in amministrazione al factor non devono di norma
essere ceduti allo stesso, tuttavia nella maggior parte dei casi dietro il contratto di factoring si cela
un'operazione di finanziamento dell'impresa cliente. È prassi comune infatti che il factor conceda

9
che in un ambiente come quello italiano – dove vi è in partenza ampio ricorso al credito
commerciale – il factoring possa trovare grandi potenzialità di sviluppo.

È appena il caso di ricordare che nel 2005 il turnover del factoring italiano si attestava al
secondo posto su scala globale per dimensioni assolute e in cima alla classifica per
rapporto tra turnover e prodotto interno lordo.

Sulla base dei dati del 2013, come evidenziato nella tabella 1, il mercato italiano del
factoring – con un turnover di 178 miliardi di euro - è sceso al quarto posto al mondo
per dimensioni dopo Cina, Regno Unito e Francia. Tale discesa nelle classifiche si deve –
da un lato – alla prepotente ascesa della Cina – e dall’altro – dalla circostanza che il
mercato italiano del factoring ha smesso di crescere a causa della crisi del debito
sovrano.

Tabella 1: Turnover del factoring per paese, dati in milioni di dollari

2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013


China 32.976 55.000 67.300 154.550 273.690 343.759 378.128
United Kingdom 286.496 188.000 195.613 226.243 268.080 291.200 308.096
France 121.660 135.000 128.182 153.252 174.580 186.494 200.459
Italy 122.800 128.200 124.250 143.745 175.182 181.878 178.002
Germany 89.000 106.000 96.200 129.536 158.034 157.420 171.290
Spain 83.699 100.000 104.222 112.909 122.125 124.036 116.546
United States 97.000 100.000 88.500 95.000 105.000 77.543 83.739

Fonte: Factors Chain International 2013

Ciò posto, la decisione di avvalersi o meno dello smobilizzo di crediti – sia essa factoring
o tradizionale smobilizzo - si pone come il raggiungimento di un compromesso tra i
minori tassi di interesse ricavabili dalla fornitura alla banca del collaterale e i costi di
“information disclosure” (Omiccioli, 2004).

Lo smobilizzo del credito risulta ceteris paribus meno costoso rispetto al semplice
affidamento perché – dal punto di vista del prestatore di fondi - esso riduce
sensibilmente il rischio di insolvenza. Questo perché il prestatore non recupererà il

all'impresa cliente anticipazioni sull'ammontare dei crediti gestiti. La cessione può avvenire in due modi
differenti: pro soluto, il factor si assume il rischio di insolvenza dei crediti ceduti ed in caso di
inadempimento di questi ultimi non potrà richiedere la restituzione degli anticipi versati al cliente; pro
solvendo, lasciando al cliente il rischio dell'eventuale insolvenza dei crediti ceduti.

10
proprio credito solo nel caso in cui risultino insolventi sia l’acquirente che il fornitore,
usufruendo indirettamente inoltre delle prerogative di enforcement, monitoring e
screening del fornitore nei confronti del cliente.

D’altro canto, quando il fornitore utilizza estesamente i crediti commerciali come


garanzia, la banca ha accesso a un continuo flusso di informazioni sulle relazioni
commerciali e finanziarie del cliente. Consentire l'accesso a queste informazioni
rappresenta un costo implicito sia per il fornitore sia per i suoi clienti. Si supponga, per
esempio, che un cliente non sia in grado di pagare puntualmente il proprio debito
commerciale. Se è la banca a essere incaricata di incassare il pagamento, come avviene
di norma quando il credito commerciale è usato come garanzia, l'informazione sul
ritardato pagamento danneggerà la reputazione dell'acquirente e indirettamente anche
quella del suo fornitore.

Insieme allo smobilizzo dei crediti, il factoring rappresenta uno degli strumenti di cui
l'impresa dispone nell'ambito della politica di gestione del credito commerciale.

Ricorrendo al factoring, attraverso lo smobilizzo di una quota del capitale circolante, le


imprese più rischiose, più opache o di minore dimensione riuscirebbero a finanziare il
proprio sviluppo, superando vincoli di liquidità eventualmente connessi con la scarsità
di garanzie reali. Sotto questo profilo il factoring rappresenta, per l'impresa che vi
ricorre, un possibile sostituto delle usuali anticipazioni bancarie (Benvenuti e Gallo,
2005). Rispetto a queste ultime, il factoring risulta meno rischioso per il factor di quanto
lo sarebbe a parità di altre condizioni un affidamento per un istituto bancario dal
momento che in presenza di un contratto di factoring la cessione dei crediti è opponibile
al fallimento dell'impresa cedente.

11
MODELLI TEORICI ALLA BASE DEL CREDITO COMMERCIALE

Così come classificate da Petersen & Rajan (1997) – le motivazioni teoriche alla base
dell’uso del credito commerciale possono essere ricondotte a tre filoni principali:

- Teoria del vantaggio finanziario


- Teoria della discriminazione di prezzo e motivi commerciali
- Teoria del costo transazionale e motivi gestionali

1. Teoria del vantaggio finanziario


Petersen & Rajan (1997) e Huyghebaert (2006) affermano che imprese che
sperimentano fenomeni di razionamento4 bancario possono almeno in parte
compensare ricorrendo all’uso del commerciale. Secondo quanto affermato dagli studi
di Emery (1984), Petersen & Rajan (1997), Demirguc-Kunt & Maksimovic (2001) e Garcia-
Teruel & Martinez-Solano (2010a) i fornitori di beni e servizi godono di una serie di
vantaggi comparati nei confronti degli intermediari finanziari tradizionali nel fornire
credito commerciali ai propri clienti. Questi vantaggi consistono in:

- Facilità nel valutare la performance finanziaria del compratore e il suo merito


creditizio avvalendosi delle informazioni privilegiate derivanti dal rapporto
commerciale intrattenuto. Da ciò discende un minore rischio implicito nella
concessione del credito rispetto alle valutazioni possibili da un tradizionale
intermediario finanziario (Petersen & Rajan, 1997; Garcia-Teruel & Martinez-
Solano, 2010a). A tal proposito si osserva che – in settori produttivi in cui vi sono
grossi operatori che godono di una buona trasparenza finanziaria – le banche
tendono a fornire liquidità al sistema per il tramite dei grossi operatori (Jain,

4
Per razionamento del credito si intende una situazione nella quale gli operatori economici non riescono
ad ottenere la quantità di credito bancario che desiderano. Il razionamento del credito è una conseguenza
della imperfezione dei mercati finanziari, nei quali il livello di prestiti bancari non discende da un
meccanismo di asta, ma piuttosto dalla contrattazione tra banca e cliente. Il razionamento nasce a causa
delle asimmetrie informative di cui soffrono le banche circa la rischiosità dei clienti. In queste condizioni,
ogni volta che la domanda di credito eccede l'offerta, le banche non aumenteranno il tasso d'interesse
ma piuttosto tenderanno a selezionare i clienti escludendo quelli più rischiosi. Un aumento dei tassi,
infatti, produrrebbe fenomeni di selezione avversa dei clienti - favorendo quelli più rischiosi - e
incentiverebbe alcuni risparmiatori ad intraprendere progetti più rischiosi con conseguenti fenomeni di
azzardo morale.

12
2001). Questo è vantaggioso per la banca, la quale risparmia il costo del
monitoraggio diretto di molti piccoli compratori. Al contrario, in mercati con
pochi compratori le banche tenderanno a finanziare direttamente gli acquirenti
non trovando attrattivo il risparmio derivante dall’esternalizzazione del
monitoraggio del credito;
- Facilità da parte dei fornitori nell’avvalersi di efficaci “metodi di persuasione” in
risposta a mancati pagamenti da parte dei clienti. Con ciò si intende – per
esempio – la minaccia di interrompere le forniture di beni e servizi. Questa
minaccia può essere tanto più credibile nel caso in cui non vi sia concorrenza dal
lato dall’offerta e il compratore abbia forte dipendenza dal proprio fornitore. Al
contrario, un tradizionale intermediario finanziario non potrebbe credibilmente
minacciare un cliente prospettandogli una richiesta di fallimento. Questo perché
le operazioni concorsuali pongono generalmente pesanti limitazioni al recupero
del credito sia sul versante temporale che del cd quantum (Emery, 1984;
Demirguc-Kunt & Maksimovic, 2001);
- Facilità da parte dei fornitori di beni nel rientrare in possesso dei beni venduti
qualora il debitore non possa pagare l’importo spettante. I beni così recuperati
possono essere rivenduti ad altri acquirenti.

Secondo Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a), la decisione di concedere o meno


credito commerciale dipenderà anche dalla affidabilità creditizia del compratore e dalla
sua abilità di comunicarla ai propri fornitori. Biais & Gollier (1997) sostengono che le
imprese che ottengono credito commerciale devono questa concessione alla buona
reputazione della quale godono presso i propri fornitori, i quali concedono il credito
perché nutrono fiducia nelle imprese finanziate. Tutto ciò appare di assoluta importanza
in quei settori in cui sia molto costoso sostituire clienti e fornitori: trovandosi in queste
condizioni, i fornitori che riconoscano nei propri debitori soggetti affidabili saranno
disponibili ad allungare i termini di pagamento qualora questi dovessero sperimentare
problemi di mancanza di provvista liquida. Questa fiducia costituisce inoltre un segnale
per gli altri operatori in relazione con le imprese finanziate.

A tal proposito si argomenta che grandi imprese possano concedere credito in


sostituzione del credito bancario che può essere difficile ottenere da parte delle piccole

13
(Meltzer, 1964). Esiste tuttavia anche l’ipotesi contraria secondo cui le grosse imprese -
da cui i piccoli fornitori risultano essere fortemente dipendenti - siano portate a sfruttare
il proprio potere contrattuale nei confronti della controparte. Queste imprese
pretendono credito commerciale dai propri fornitori invece che ricorrere direttamente
credito bancario tradizionale (Wilner, 2000). Questo, con riferimento al caso italiano,
risulta trovare riscontro nel caso dei debiti della pubblica amministrazione verso i propri
fornitori.

Le argomentazioni esposte sopra hanno raccolto le seguenti critiche:

- Burkart & Ellingsen (2004) in primo luogo non concordano con la tesi secondo
cui i fornitori possano valutare meglio il rischio di credito rispetto agli
intermediari finanziari, i quali - essendo specializzati nella gestione della
tesoreria oltre che nella valutazione dei prenditori di fondi - dovrebbero
logicamente essere i favoriti in questo compito. In altre parole, quale sarebbe
l’informazione privilegiata che le banche non sarebbero in grado di acquisire? In
secondo luogo, qualora fosse vero che i fornitori fossero in possesso di
informazioni precluse agli intermediari finanziari, perché essi stessi non prestano
il denaro ai clienti anziché finanziarli indirettamente sotto la forma di dilazioni di
pagamento?
- Frank & Maksimovic (2004) sostengono che – in caso di default del debitore –
l’impresa può riappropriarsi e rivendere solo i beni che non siano già stati
consumati o trasformati. In quest’ultimo caso – infatti - l’azione di rivendicazione
non è consentita. Da questo discende che il valore della merce stessa – qualora
considerata come garanzia – diminuisce con il trascorrere del tempo. Fishman &
Love (2003) proseguono affermando inoltre che la probabilità di rivendere un
prodotto è determinata dalle caratteristiche stesse della merce come – ad
esempio – la sua velocità di deprezzamento e la sua specificità. Da ciò discende
che – ad esempio – industrie che svolgono attività di lavorazione di materiale
grezzo dovrebbero in teoria poter godere di un più ampio livello di credito
commerciale, attesa la possibilità di rivendere immediatamente la materia
grezza che non si deperisce al trascorrere del tempo;

14
- Nilsen (2002) osserva che il credito commerciale non è un perfetto sostituto al
credito bancario: se il credito bancario può essere richiesto senza un vincolo con
riguardo alla destinazione, lo stesso non si può dire per il credito commerciale, il
quale può essere concesso solo a fronte dello specifico acquisto di beni o servizi.
Inoltre, il credito commerciale viene normalmente concesso solo a fronte di un
regolare contratto di vendita (Emery, 1984). Oltre a ciò, il credito commerciale
non può essere considerato un buon sostituto del credito bancario atteso il breve
termine con il quale esso deve essere ripagato (negli USA, in media 30gg). Al
contrario, il credito bancario consente di norma scadenze meno incalzanti.
Ultima osservazione: i debitori che non pagano solertemente le proprie scadenze
arrecano pregiudizio al creditore, il quale può decidere di punire il debitore
moroso non concedendo nuovo credito. Vi è di più: questa inadempienza può
dare luogo a un danneggiamento della relazione commerciale, che richiederà
una lunga serie di nuovi comportamenti virtuosi per essere ripristinata.
- Con riguardo all’atipicità italiana, dai lavori di Marotta (2000) – i quali si basano
sui dati dell’Indagine del Mediocredito Centrale per l’anno 1994 – emerge che
“non vi sono elementi a conforto della tesi che le imprese razionate siano quelle
che si rivolgono all’alternativa del credito commerciale”;

2. Teoria della discriminazione del prezzo e motivi commerciali


A seguito delle loro indagini, Wilson & Summers (2002) sostengono che siano i termini
di pagamento a determinare il reale costo della merce o dei beni forniti dall’impresa:
supponendo di finalizzare un ordine di acquisto con la formula del two-part terms,
l’impresa venditrice riesce a imporre un prezzo diverso ai diversi acquirenti per la
vendita dello stesso bene o servizio.

Questa pratica costituisce una discriminazione di prezzo.

Brennan et al. (1988) mettono in risalto come imprese con forte potere di mercato
tendano a offrire ceteris paribus maggiore credito commerciale. Operando con grandi
margini di profitto, esse avranno interesse a perseguire grandi volumi di vendita
offrendo diverse soluzioni di pagamento.

15
In queste condizioni – supponendo che vi sia una gerarchia nel costo del credito dove il
credito bancario risulta più economico al confronto di quello commerciale - i clienti che
godranno di un buon accesso al credito bancario avranno interesse a pagare
rapidamente e a beneficiare del conseguente sconto sul prezzo della merce. Al contrario,
i clienti razionati pagheranno il prezzo pieno, sforzandosi inoltre di non ritardare al fine
di non incorrere in interessi di mora.

Ciò premesso, Fishman & Love (2003) chiariscono che il credito commerciale può essere
usato come strumento di discriminazione solo al verificarsi delle seguenti condizioni:

- L’elasticità della domanda di beni o servizi (o il prezzo di riserva) dei clienti che
comprano a credito è minore dell’elasticità dei clienti che comprano pagando
immediatamente. Infatti, una minore elasticità significa una domanda costante
di beni e di conseguenza uno stabile flusso di forniture da cui consegue una
stabile relazione venditore-cliente;
- L’esistenza di asimmetrie informative nel mercato del credito, con conseguente
fenomeno di selezione avversa. In questa circostanza una impresa venditrice che
godesse di una buona trasparenza finanziaria potrebbe raccogliere denaro con
facilità e usare il credito commerciale al fine di aumentare le vendite;
- La possibilità di usare il credito commerciale nella competizione con i propri
concorrenti avvantaggiandosi su quelli che – ad esempio – non sono in grado di
offrirlo.

Esistendo una forte gerarchia nel costo del debito, l’impiego di liquidità nella
concessione di crediti commerciali risulta essere una operazione profittevole. Questa
ipotesi di fondo non sembra tuttavia potersi riscontrare nel caso italiano. “Imprese più
redditizie o con una migliore posizione di liquidità tendono a non destinare fondi a un
investimento relativamente poco remunerativo sotto il profilo finanziario come il credito
commerciale” (Marotta, 2001).

Inoltre, fenomeni di discriminazione di prezzo non possono avere luogo in un mercato


concorrenziale (Burkart & Ellingsen, 2004). In questo scenario la funzione del credito
commerciale deve essere relegata a solo strumento di marketing finalizzato all’aumento
delle vendite.

16
Un’altra tesi a favore dell’uso del credito commerciale è che una dilazione di pagamento
concede all’acquirente il tempo di verificare la qualità della merce acquistata prima di
effettuare il pagamento (Garcia-Teruel & Martinez-Solano, 2010a; Smith, 1987). Questi
autori asseriscono che, nel caso in cui le merci necessitino di più tempo al fine di essere
adeguatamente valutate, le imprese produttrici concederanno più lunghi tempi di
pagamento ai propri clienti al fine di consentire agli stessi di verificare della qualità della
merce fornita. Pertanto, ci si attende che imprese produttrici di merci di alta qualità
concedano ceteris paribus dilazioni di pagamento più lunghe, in particolare quelle
imprese da poco entrate sul mercato.

3. Teoria del costo transazionale e motivi gestionali


La teoria del costo transazionale - citata anche da Emery (1984) e Franck & Maksimovic
(2004) – viene considerata una spiegazione di tipo gestionale, soprattutto se confrontata
con le teorie esposte in precedenza. Vi sono indicativamente due varianti di questa
teoria.

La prima variante – enunciata da Kohler et al. (2000) – afferma che la scissione del
momento della consegna della merce rispetto al momento dell’esecuzione del
pagamento produce una riduzione di costi amministrativi sia per il venditore che per
l’acquirente. Questo viene a verificarsi – ad esempio – nel caso in cui l’acquirente si
avvalga di una sola disposizione di pagamento per saldare più forniture, al contrario di
quanto potrebbe essere nel caso in cui ogni singola consegna di merce venga liquidata
individualmente. Schwartz (1974) chiarisce come – nell’eventualità di un pagamento
cumulativo – il cliente abbia il tempo necessario all’ottimizzazione dei flussi di cassa e
quindi all’implementazione di efficace piano di pagamento e – nel caso di sopravvenuti
acquisti imprevisti – abbia il tempo necessario ad accumulare il denaro richiesto per
l’esborso inatteso.

La seconda variante considera inoltre il caso di imprese aventi flussi di vendita a


carattere stagionale: nel caso di beni, gli amministratori si trovano a dover far fronte
generalmente a ingenti costi di stoccaggio. Sostengono Bougheas et al. (2009) che
l’utilizzo del credito commerciale può portare a vendere oggi la merce che diversamente

17
sarebbe andata venduta in un periodo successivo, con ciò conseguendo un risparmio nei
costi di magazzino. A ben vedere, l’operazione di vendita anticipata ottenuta con
dilazione del termine di pagamento altro non è che un ulteriore allungamento dei
termini: questo perché la merce venduta al tempo successivo avrebbe potuto essere
comunque venduta a credito. L’esito finale di queste strategie è la regolarizzazione dei
flussi stagionali delle vendite attraverso lo strumento del credito commerciale, tradotto
nella formula “prendi ora, paghi poi”. In sintesi, questa strategia consiste nella
sostituzione da parte dell’impresa fornitrice del costo del magazzino con il costo del
credito commerciale.

Emery (1984) sostiene che le motivazioni cd operative trovano riscontro solo nel caso in
cui la domanda di merci da parte dei clienti sia irregolare nel tempo. A causa
dell’incertezza derivante dalle fluttuazioni legate alla stagionalità e alle variazioni di
prezzo, le quali impedirebbero una esatta previsione della domanda futura, i fornitori
dovrebbero reagire variando continuamente il prezzo di vendita e la quantità prodotta.
La continua modulazione di prezzo e quantità avrebbe come conseguenza un aumento
dei costi per il produttore e di riflesso per il compratore. Meglio per entrambi sarebbe
allora utilizzare il credito commerciale al fine di regolarizzare i flussi di merci. In sintesi,
Wilson & Summers (2002) ritengono che lo scopo del credito commerciale non sia di
realizzare un profitto immediato da parte del venditore ma di conseguire un vantaggio
di lungo periodo combinando i benefici derivanti dal piano finanziario a quelli ottenuti
sul piano della relazione commerciale.

Fishman & Love (2003) – in aggiunta alle quattro ragioni già esposte precedentemente
– asseriscono che la quantità di credito commerciale che i fornitori sono disposti a
concedere è influenzata anche dalla prassi osservata nei regolamenti dei debiti da parte
dei compratori e dalla personalizzazione del prodotto fornito.

Con riguardo ai comportamenti dei compratori, più il venditore ritiene di poter essere
verosimilmente pagato con puntualità e più sarà disposto a concedere credito al
compratore, così come sarà più incline a concedere credito se ritiene di poter
verosimilmente rivendere il prodotto fornito una volta reimpossessatosene a seguito di
un mancato pagamento del compratore.

18
Con riguardo alla personalizzazione del prodotto, la relazione consolidatasi nella fase di
studio e realizzazione del prodotto personalizzato può condurre a protratti rapporti
commerciali. A fronte di tale relazione privilegiata, il fornitore sarebbe portato ad offrire
maggiore credito commerciale.

Infine, si consideri che – secondo quanto sostenuto da Danielson & Scott (2004) – il
credito commerciale deve essere tendenzialmente considerato più flessibile rispetto al
prestito bancario dal momento che la quantità di credito commerciale concesso varia in
sincronia con le attività del settore merceologico. Gli stessi autori inoltre sostengono
che un eventuale ritardo di pagamento di un credito commerciale sia meno costoso
rispetto a un ritardo di pagamento verificatosi nei confronti di un intermediario
finanziario tradizionale, dal momento che quest’ultimo applicherebbe interessi che un
normale fornitore raramente pretende.

19
RASSEGNA DELLA LETTERATURA EMPIRICA

Dal momento che la letteratura sul credito commerciale si basa prevalentemente su


studi empirici, si rende indispensabile una contestualizzazione più approfondita. In
particolare, occorre presentare i diversi lavori chiarendo quali sono le domande di
ricerca a cui cercano di dare risposta, spiegare su quali basi di dati – periodi, paesi e
contesti economico-istituzionali – e attraverso quali metodi econometrici gli autori
forniscono verifiche empiriche alle proprie questioni di ricerca.

Ciò premesso, questo capitolo è organizzato come segue: il primo paragrafo tratterà
delle basi statistiche e dei contesti economico-istituzionali osservati; il secondo è
dedicato ai metodi econometrici impiegati; seguirà il terzo con una breve panoramica
dei fattori macroeconomici alla base dei crediti e debiti commerciali; il quarto e il quinto
si concentreranno sugli esiti delle stime relativamente ai fattori individuali di impresa
alla base rispettivamente dei crediti e dei debiti commerciali.

1. Basi di dati, periodi, paesi e contesti istituzionali


I crediti commerciali – rimanendo al di fuori del perimetro della vigilanza bancaria - non
vengono rilevati con sistematicità come può avvenire – ad esempio - per le altre forme
di credito a cura di archivi privati oppure delle banche centrali dei singoli paesi. A ciò si
aggiunge che la maggior parte delle informazioni sui crediti commerciali – ad esempio
la controparte, la scadenza dei singoli crediti, il costo implicito del credito, le clausole
pattuite, etc - non sono visibili dai comuni dati di bilancio delle imprese.

Molte indagini – come nel caso di Niskanen & Niskanen (2006), Huyghebaert (2006) e
Rodriguez-Rodriguez (2006) - si basano su questionari formulati specificatamente per
l’occasione. Lo svantaggio di questo approccio è che nella maggior parte dei casi si hanno
una forte localizzazione geografica delle imprese intervistate, un campione poco
numeroso e una serie storica limitata; il vantaggio è di poter ottenere informazioni sui
comportamenti degli operatori e altra soft information non desumibile dalla
documentazione resa pubblica dalle imprese.

20
Alternativamente – avendo come riferimento l’ambiente statunitense - ci si può avvalere
di indagini governative quali la National Survey of Small Business Finance (NSSBF), la
quale – oltre ad avere il pregio di rivolgersi a un’ampia popolazione di imprese
geograficamente distribuita sull’intero territorio nazionale - comprende i dati di bilancio
e le abitudini finanziarie delle piccole imprese americane. Questo avviene nel caso di
Petersen & Rajan (1997) e Alphonse et al. (2003).

Con riguardo invece al caso europeo, i database più utilizzati sono quelli forniti dal
Bureau van Dijk: AMADEUS, usato da Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a) e
Delannay & Weill (2004), riguarda tutta l’Europa; FAME, utilizzato da Cunat (2007) e
Bougheas et al. (2009), considera il solo Regno Unito; AIDA l’Italia e via discorrendo.
Questi ultimi database riportano tuttavia solo dati di bilancio di imprese con
determinate caratteristiche di cui si dirà in seguito.

I tipi di dati utilizzati sono i Panel e le Cross-Section.

Con il termine cross-section si intende una base statistica basata su un campionamento


trasversale. Cross-section è quindi un campionamento che si riferisce a un determinato
momento temporale, prendendo una porzione dell’intero (una sezione incrociata).
Difetto degli studi basati su cross-section è che forniscono solo indirettamente
un'evidenza circa gli effetti nel tempo.

La definizione di dati panel - anche detti serie storica di dati longitudinali - si riferisce a
un tipo di base statistica contenente un insieme di osservazioni ripetute nel tempo su
un campione di unità che rimane invariato nel corso della raccolta dei dati. I dati panel
sono utilizzati in molti lavori (Niskanen & Niskanen, 2006; Ono, 2001; Demirguc-Kunt &
Maksimovic, 2001; etc) perché questo tipo di dati può diminuire l’influenza delle singole
variabili, quindi eliminare problemi di eterogeneità non osservabili. Serie storiche o
semplici dati sezionali possono incorrere in problemi di inattendibilità delle stime.
Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2007) affermano che i dati panel indicano più
informazioni sulle variabili e che in questo tipo di base statistica le variabili soffrono di
minore collinearità.

21
1.1 Demirguc-Kunt & Maksimovic (2001)
Il lavoro di Demirguc-Kunt & Maksimovic (2001) comprende un campione di dati panel
contenente 45.598 osservazioni annuali per un periodo che va dal 1989 al 1996. Il
database è stato fornito da Worldscope e prende in esame le più grandi imprese
manifatturiere quotate di 40 paesi nel mondo, siano essi paesi sviluppati o in via di
sviluppo.

I contesti economici e istituzionali risultano essere i più disparati. Ad esempio, la media


della serie storica dei periodi esaminati mostra un valore massimo di prodotto interno
lordo pro capite per la Svizzera di 27.127 dollari contro uno minimo di 302 per il Pakistan.
Allo stesso modo il livello di inflazione minimo è stato registrato in Giappone con un 2%
contro un 234% nel caso del Brasile.

Al fine di descrivere lo sviluppo finanziario dei paesi esaminati è stato calcolato il


rapporto tra l’ammontare dei depositi bancari e il prodotto interno lordo. La Svizzera
mostra il valore più alto, con un valore di depositi pari a 1,63 volte il proprio prodotto
interno lordo, mentre il Perù chiude la classifica con un valore del 6%. Tra i paesi dove si
osserva uno sviluppato settore bancario si registra il Giappone, La Germania e Hong
Kong. Al contrario Messico, Turchia e Colombia hanno un basso coefficiente di
depositi/PIL.

Al fine di descrivere meglio la natura del sistema bancario, è stata inclusa la quota del
valore degli assets delle dieci più grandi banche statali di ogni paese. Questo descrittore
è importante perché – come osservato nel lavoro di Laporta et al. (1999) – istituti di
credito controllati dallo stato possono agire secondo logiche diverse dalla normale
ricerca dell’impiego più redditizio, generando quindi successivi fenomeni di riallocazione
efficiente del denaro mediante credito commerciale. Secondo invece un’altra teoria, le
politiche creditizie delle banche statali – guidate da ragioni politiche in luogo di quelle
meramente economiche – possono portare alla concessione di prestiti ad imprese non
meritevoli, le quali – potendo disporre di quantità di credito bancario precluse alle altre
aziende - ricomporranno la propria struttura finanziaria facendo minore ricorso al
credito commerciale. Il valore massimo di questo rapporto si registra in Indonesia con
0,8, il minimo in Belgio e Australia con valori prossimi allo 0.

22
Un altro importante parametro nella definizione di un sistema finanziario è la
concentrazione bancaria, la quale viene misurata come la quota del valore degli assets
delle tre più grandi banche rispetto al totale del settore bancario. Questo è rilevante
perché - ad esempio - in un mercato con poca concorrenza le banche possono usare il
proprio potere contrattuale al fine di far lievitare il costo del credito. Secondo un’altra
teoria, invece, in un ambiente con alta concentrazione bancaria gli istituti di credito
coltivano rapporti privilegiati con i propri prenditori di fondi e sono pertanto in grado di
valutarli meglio, con conseguente riduzione del costo del denaro. Il più alto tasso di
concentrazione bancaria pari a 0,89 si registra in Svezia mentre quello più basso pari a
0,18 negli USA.

L’efficienza del sistema legale di un paese è un altro importante fattore alla base delle
decisioni di credito degli operatori economici. L’indicatore – fornito dalla International
Country Risk rating agency – quantifica la disponibilità da parte dei cittadini a rivolgersi
agli apparati dello stato al fine di risolvere le dispute giuridiche e fare applicare le leggi.
Misurato su una scala da 1 a 6, un alto valore descrive un sistema forte ed efficiente
delle istituzioni mentre un basso valore sta ad indicare la consuetudine di avvalersi della
violenza e di mezzi illegali ai fini della risoluzione delle controversie.

A completamento della descrizione del sistema legale, è stata inserita una dummy che
assume valore 1 nel caso in cui nel paese sia applicata la common law. La tabella
seguente mostra come vi siano sistemi di common law ritenuti efficaci – come nel caso
di USA e Canada – così come sistemi di common law ritenuti inefficienti – come ad
esempio nel caso dell’India e del Pakistan. Parimenti vi sono paesi con buone istituzioni
di civil law – ad esempio la Svizzera – così come vi sono paesi in cui la civil law non sembra
essere applicata in maniera efficace – ad esempio Colombia e Perù.

La tabella seguente riassume le caratteristiche economico istituzionali dei paesi


esaminati.

23
Tabella 2: Demirguc-Kunt & Maksimovic (2001), caratteristiche economico istituzionali dei paesi esaminati

Le tabelle da 2 a 4 di seguito riportano rispettivamente il rapporto tra totale vendite e


crediti commerciali, il rapporto tra totale vendite e debiti commerciali e il rapporto tra
debiti a breve termine e i debiti commerciali.

24
Tabella 3: Demirguc-Kunt & Maksimovic (2001), Turnover dei crediti commerciali

Tabella 4: Demirguc-Kunt & Maksimovic (2001), turnover dei debiti commerciali

25
Tabella 5: Demirguc-Kunt & Maksimovic (2001), rapporto tra debito a breve termine e debiti commerciali

Come mostrato dalla tabella 2, le imprese di Pakistan, Brasile e Perù hanno il più alto5
turnover di crediti commerciali, mentre Italia, Grecia, Francia e Giappone hanno il più
basso. Questa circostanza sembrerebbe non supportare l’idea che il finanziamento
commerciale venga usato come sostituto di altri tipi di finanziamento in quei paesi con
un sistema bancario arretrato. Questa impressione trova ulteriore conferma da quanto
esposto in tabella 3: le imprese in Italia, Giappone, Lussemburgo e Francia sono tra le
più grandi utilizzatrici di crediti commerciali. Al contrario, il Brasile, la Malesia e il
Pakistan hanno il più alto coefficiente di turnover di debito commerciale. Inoltre, la
tabella 4 indica che paesi come il Canada, gli Stati Uniti, l’Irlanda e il Regno Unito sono
grandi utilizzatori di credito commerciale quale forma di debito a breve termine, mentre
paesi in via di sviluppo quali Tailandia, Corea, Indonesia e Pakistan si affidano
maggiormente ai finanziamenti bancari per scadenze a breve termine.

Sulla base di quanto esposto nelle tabelle da 2 a 4, Demirguc-Kunt & Maksimovic (2001)
sostengono che il credito commerciale non sia una forma di finanziamento sostitutivo

5
L’indicatore in tabella 2, ponendo al numeratore il totale vendite e al denominatore i crediti commerciali,
associa ad un più basso valore un maggior uso di credito e vice versa.

26
del credito bancario al verificarsi di fenomeni di razionamento delle imprese da parte
del sistema finanziario. Al contrario, i prestiti da imprese non finanziarie possono essere
un efficiente sistema di allocazione del credito anche in paesi in via di sviluppo.

1.2 Petersen & Rajan (1997)


Lo studio di Petersen & Rajan (1997) si basa su un database compilato negli USA in
occasione della National Survey of Small Business Finance (NSSBF) condotta tra il 1988
e il 1989 con dati relativi all’esercizio 1987. Questo dataset si concentra su piccole
imprese, le quali sono più soggette a incontrare difficoltà nel reperire liquidità bancaria.
I dati sono di tipo sezionale.

Il dataset raccoglie le informazioni di imprese non finanziarie e non agricole, con ciò
intendendosi che sono state escluse dal campione imprese le cui attività avevano
attinenza con l’agricoltura, la silvicoltura, la pesca, col ramo finanziario-assicurativo, etc.
Il campione è stato ulteriormente suddiviso sulla base della localizzazione geografica
dell’impresa (nord-est, centro-nord, sud e ovest), sulla base del tipo di zona (urbana o
rurale) e per numero di dipendenti (meno di 50, tra 50 e 100, tra 100 e 500).

Il campione comprende complessivamente 3404 imprese. A ulteriore riprova della


piccola dimensione delle imprese considerate, si pensi che il valore mediano del book
value degli assets dell’impresa è di 130.000$ e quello delle vendite di 300.000$. Circa il
90% di queste imprese sono a conduzione familiare. Nel campione, il 28% delle imprese
è nel settore dei servizi e questo tipo di impresa risulta avere il minore book value of
assets medio. Il 27% del campione rappresenta imprese nel settore del commercio al
dettaglio. Il 12% sono imprese manifatturiere e questa categoria ha il valore medio più
alto di book value of assets.

Di sotto si riporta la tavola tratta dall’articolo con le statistiche descrittive del campione.
Nella tabella 6 viene proposto un confronto tra le stastistiche delle piccole imprese del
NSSBF e il dataset COMPUSTAT6 che invece è caratterizzato dalla presenza di grandi
imprese.

6
Il database COMPUTAST è largamente utilizzato in lavori quali – ad esempio – NG et al. (1999) e riporta
i dati di aziende quotate.

27
Tabella 6: Petersen & Rajan (1997), rapporto tra debiti e crediti commerciali e ricavi delle vendite, valori in %

La tabella 6 riporta debiti e crediti commerciali in rapporto alle vendite relativi all’anno
1987 per sette diversi settori merceologici, sia per il campione delle piccole imprese
(NSSBF) sia per quelle grandi (Compustat). Da precisare che queste stime sono state
ricavate includendo anche le imprese che dichiarano di non servirsi affatto di crediti e
debiti commerciali (la percentuale di imprese che non si avvale del credito commerciale
è riportate pure in tabella).

Da questi coefficienti si deduce che generalmente le piccole imprese usano meno


credito di quelle grandi: le imprese della NSSBF hanno un coefficiente medio di debiti
commerciali pari al 4,4% delle vendite contro un 11,6% da parte di quelle del Compustat.
Lo stesso si può dire per i crediti: 7,3% per la NSSBF da confrontarsi con un 18,5% per il
Compustat. La differenza mediana è inoltre simile a quella media (3,8% contro 16,1%).
Le differenze riscontrate tra i valori medi e mediano sembra persistere anche al variare
del settore merceologico. Parimenti la frazione di imprese che dichiara di non avvalersi

28
di debiti e crediti commerciali è molto maggiore tra le imprese di piccole dimensioni
(30,9 e 26,5% contro 0,7 e 2,3%).

In sintesi, ciò che si osserva in questa tabella – posto che a parità di settore il coefficiente
di payables è sempre maggiore di quello dei receivables (ad eccezione dell’industria
estrattiva e del commercio al dettaglio) – è che il credito commerciale non è una fonte
di finanziamento netto per le imprese di piccole dimensioni. Al contrario, il ciclo
combinato di crediti e debiti comporta disponibilità di liquidità per le imprese di grandi
dimensioni.

1.3 Alphonse et al. (2003)


La National Survey of Small Business Finance (NSSBF) è stata ripetuta a distanza di dieci
anni avendo come riferimento dati sezionali di bilancio relativi all’esercizio chiuso il 31
dicembre del 1998. L’indagine continua a rivolgersi a imprese con meno di 500
dipendenti con esclusione di quelle aventi attività senza scopo di lucro, finanziarie,
agricole e subsidiary businesses. A differenza di quanto fatto da Petersen & Rajan (1997),
Alphonse et al. (2003) hanno deciso di non considerare le imprese più piccole (“micro-
enterprises”, con ciò intendendosi quelle con meno di 20 lavoratori. Si consideri che –
dati ISTAT del 2010 – il 96% delle imprese italiane figura avere meno di 4 unità e un
fatturato medio inferiore ai 2 milioni di euro). Questa decisione è stata indotta dalla
constatazione che – come osservato ad esempio da Woodruff (2001) - le micro-imprese
hanno scarso accesso a forme di credito “regolare” (ad esempio prestiti bancari) e di
contro si avvalgono in larga misura di presti definiti “informali” (quali ad esempio prestiti
forniti da membri della propria famiglia o amici). Attesa l’impossibilità di includere nelle
regressioni variabili descrittive dei fattori alla base delle decisioni delle micro-imprese,
includerle nel dataset avrebbe portato a stime distorte sul piano statistico. Sono
ulteriormente state escluse quelle imprese dove il ramo d’attività non risultava
identificabile e quelle appartenenti al settore estrattivo-minerario. Tolte anche tutte le
imprese con dati incompleti il campione finale comprende 654 unità.

Una prima ricognizione del campione così ottenuto indica che il 91% delle imprese
considerate sono corporations e il 69% sono a conduzione familiare. La mediana del
campione indica un valore di 62 dipendenti e 18 anni di anzianità dell’impresa. Le

29
vendite risultano avere una mediana di 6 milioni di dollari e un book value di 2.4 milioni
di dollari.

Tabella 7: Alphonse et al. (2003), struttura finanziaria per dimensione ed età d'impresa

Osservando la tabella 7 si nota che – preso il campione nella sua interezza (21-500) – il
credito commerciale rappresenta il 12% del totale degli asset. Al contempo il capitale
rappresenta il 51% e i prestiti bancari il 27%. A distanza di 10 anni da Petersen e Rajan
(1997) – sebbene il confronto non sia del tutto omogeneo data l’esclusione del
campione delle micro imprese – gli autori fanno notare che l’85% delle imprese dichiara
di utilizzare debito commerciale.

Con una certa sorpresa si può osservare che non sembra esserci una sostanziale
modificazione nella struttura finanziaria al variare della dimensione delle imprese. Al
contrario, l’età sembra essere un fattore rilevante nel determinare la struttura

30
finanziaria atteso che le imprese fino a 20 anni di età paiono essere meno capitalizzate
rispetto a quelle di più lunga data. La connessione tra l’età e la struttura finanziaria
potrebbe risiedere nel fatto che tra le imprese di più recente costituzione vi potrebbero
essere imprese con alti tassi di crescita che fanno maggiore ricorso al debito (bancario o
commerciale) al fine di far fronte alle proprie necessità finanziarie. Fatto salvo il caso
delle imprese fino al quinto anno dalla costituzione, ai soli fini dell’incidenza dei debiti
commerciali, l’età non sembra essere un fattore determinante.

1.4 Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a)


Il lavoro di Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a) utilizza un database di dati di
piccole e medie imprese. Esso prende in esame sette paesi europei (Belgio, Finlandia,
Francia, Grecia, Spagna, Svezia e Regno Unito) e si prefigge di fornire la prova
dell’importanza del ruolo del credito commerciale nella piccola e media impresa
europea e – attesa la grande variabilità nei livelli di credito commerciale tra i paesi
europei - di indagare in merito alle ragioni che inducono simili differenze nel ricorso ai
crediti commerciali.

Il dataset utilizzato in questo lavoro è una estrazione di dati panel dal database
AMADEUS. Questo database è stato sviluppato dal Bureau van Dijk su base pan-europea
e contiene complessivamente un milione e mezzo di imprese europee. Al fine di essere
inclusa nel database AMADEUS una impresa deve possedere almeno uno tra i seguenti
requisiti: avere un giro d’affari maggiore di 10 milioni di euro, un numero di dipendenti
maggiore di 150 e assets per un valore maggiore di 10 milioni di euro. Da ciò discende
che in realtà il database AMADEUS non considera imprese propriamente piccole (questa
affermazione è particolarmente appropriata se si pensa al caso italiano).

I periodi esaminati vanno dal 1996 al 2002. Le imprese sono state selezionate
conformemente ai requisiti stabiliti dalla raccomandazione della commissione europea
n. 96/280/CE del 3 aprile 1996, la quale prevede che – al fine di poter rientrare nella
categoria delle piccole e medie imprese – una azienda debba soddisfare per tre anni
consecutivi le seguenti tre condizioni: avere meno di 250 dipendenti, un giro d’affari
inferiore a 40 milioni di euro, un valore di assets complessivamente non superiore a 27

31
milioni di euro. Stante questa prima cernita, sono state eliminate anche tutte quelle
imprese che avessero dati mancanti o non coerenti e sono state ulteriormente escluse
quelle imprese con valori estremi (primo e novantanovesimo percentile).

Stante l’applicazione di tutti questi filtri, il campione così costituito conta un panel di
47.197 imprese e 185.157 osservazioni.

Di sotto si riporta la tavola tratta dall’articolo con le statistiche descrittive del campione.

Tabella 8: Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a), crediti e debiti commerciali per paese e settore

Le statistiche illustrate nella tabella 8 indicano che i livelli di credito offerto/domandato


differiscono notevolmente tra i paesi esaminati. Si noti che i paesi della cd “area
continentale” (Belgio, Francia, Grecia e Spagna) spiccano per livelli più alti crediti
(spaziando dal 35,42% del Belgio al 39,28% della Spagna) rispetto ai paesi scandinavi e

32
anglofoni (i quali spaziano dal 19,18% della Finlandia al 25,58% del Regno Unito). Questa
circostanza si spiega – al riguardo si veda Marotta (2005) – considerando che nei paesi
mediterranei la dilazione di pagamento concessa è nettamente più alta rispetto a
quanto avviene nei paesi cd “nordici” e non solamente a causa dei ritardi di pagamento
(evenienza in ogni caso assai frequente, dato che la maggior parte delle imprese non
applica le penalità previste dalla normativa per i ritardati pagamenti). Come in Petersen
e Rajan (1997), i valori medi dei debiti eccedono i valori medi dei crediti commerciali in
rapporto al totale attivo.

1.5 Niskanen & Niskanen (2006)


I dati panel utilizzati nel lavoro di Niskanen & Niskanen (2006) sono il frutto di un
questionario rivolto tra il 1994 e il 1996 alle piccole imprese di una regione centro-
occidentale della Finlandia.

I dati sono relativi a imprese che non superavano il milione di FIM di fatturato (circa
166.000 euro). Nel campione gli autori hanno deciso di non prendere in considerazione
le imprese di costruzione, hotel e ristoranti a causa della particolare attività svolta. La
numerosità complessiva è stata di 840 piccole imprese, per un totale di 2.714
osservazioni.

Questo lavoro risulta – a parere di chi scrive – particolarmente interessante perché


descrive un contesto economico-istituzionale particolarmente atipico se confrontato –
ad esempio - con quello americano. Questo contesto - che gli autori definiscono Bank
Dominated o Bank Based – spicca per un elevato livello di concentrazione bancaria e si
discosta dal modello americano per tre motivi fondamentali:

- gli istituti di credito monitorano i prenditori di fondi molto più da vicino rispetto
a quanto accade per i contesti finanziari market-based (quali ad esempio gli
USA);
- gli istituti di credito hanno spesso una parte attiva nella gestione delle imprese,
ad esempio fornendo direttamente servizi di consulenza;

33
- le banche detengono sovente quote del capitale nelle società e provvedono a
nominarne i membri del consiglio di amministrazione.

Stante queste condizioni, appare evidente che gli istituti di credito - spesso agendo quali
insiders - possiedono informazione privilegiata in merito all’andamento dell’impresa e
godono - rispetto ai fornitori e ai clienti della stessa società – di un vantaggio comparato
nella valutazione del rischio dell’attività. Questo porta a differenti politiche nel
finanziamento e nella concessione di credito alle società da parte degli istituti di credito
e quindi un differente uso del credito commerciale.

Oltre a ciò, la Finlandia gode di un sistema di pagamenti molto efficiente: basti pensare
che la quasi totalità dei pagamenti avviene elettronicamente e che – qualora il
destinatario della disposizione di pagamento abbia il conto all’interno dello stesso
gruppo bancario – l’accredito è immediato. I comportamenti delle imprese sono inoltre
virtuosi atteso che il 97% delle fatture è puntualmente regolato alla scadenza.

Di seguito alcune statistiche descrittive del campione tratte da Niskanen & Niskanen
(2006).

Tabella 9: Niskanen & Niskanen (2006), rapporto crediti e debiti commerciali e ricavi delle vendite, per anno e settore

34
Tabella 10: Niskanen & Niskanen (2006), valori mediani del rapporto tra crediti e debiti commerciali su ricavi delel
vendite, per dimensione e settore

La tabella 9 mostra le percentuali medie e mediane di crediti e debiti commerciali in


rapporto alle vendite. I valori sono suddivisi per anno e settore. La percentuale mediana
dei crediti osservata nel triennio è di 8,4, valore che risulta essere più del doppio di
quanto osservato nel lavoro di Petersen e Rajan (1997). La percentuale mediana dei
debiti – pari a 4,6 – è anch’essa sensibilmente più alta rispetto a quanto osservato nei
dati delle piccole imprese statunitensi.

Nella tabella 10, le percentuali mediana dei debiti e crediti commerciali in rapporto alle
vendite sono suddivise per industria e dimensione dell’impresa. Come in Petersen e
Rajan (1997), si osserva che le imprese più grandi tendono ad offrire ai propri clienti più
crediti di quanto ne offrano le piccole imprese. Il fenomeno non è costante al variare del
settore. Tuttavia, incoerenze rispetto ai trend generali si possono spiegare alla luce del
fatto che alcune categorie dimensionali sono inverosimili per alcuni settori e che
comunque il campione osservato è molto limitato numericamente e geograficamente.

1.6 Delannay & Weill (2004)


Particolarità del lavoro di Delannay & Weill (2004) è il suo indagare in merito al credito
commerciale nei paesi in via di sviluppo dell’est Europa. I paesi selezionati (Bulgaria,
Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia, Romania e Slovacchia)
erano al tempo di questo studio candidati ovvero in attesa di entrare a far parte
dell’Unione Europea.

35
Il lavoro si avvale del database Amadeus a cura del Bureau van Dijk del quale si sono già
esposte le caratteristiche. Il campione comprende complessivamente 9.273 imprese e i
dati sono relativi agli anni 1999 e 2000.

I paesi dell’est Europa rappresentano uno scenario peculiare e atipico, per certi versi
opposto a quello appena esposto della Finlandia.

In primo luogo si osserva un limitato accesso al credito bancario da parte delle imprese,
al quale si aggiunge un basso livello di intermediazione finanziaria. Il rapporto tra crediti
al settore privato e prodotto interno lordo – così come indicato nella seguente tabella -
mette in evidenza questa circostanza, la quale può trovare due spiegazioni principali:

Tabella 11: Delannay & Weill (2004), indicatori del settore bancario

- la prima coinvolge il bassissimo livello di depositi bancari rapportati al PIL, il quale


risulta essere mediamente circa un terzo rispetto alla media degli altri paesi
europei. L’abitudine di non depositare i soldi in banca si ritiene derivi in larga
parte dalle abitudini acquisite dalla popolazione durante il precedente regime
comunista;
- la seconda coinvolge le politiche bancarie che dimostrano una spiccata
avversione al rischio da parte degli operatori finanziari. Così come evidenziato da
Riess et al. (2002), le banche immobilizzano più fondi di quanti ne prestino con
conseguente scarsa concessione di credito complessiva. Una giustificazione di
questo comportamento può trovarsi nelle esperienze storiche, quali l’alto
volume di crediti in sofferenza registrato negli anni novanta. In aggiunta, un altro
ordine di giustificazioni si può rinvenire nella debole protezione del creditore da

36
parte del sistema istituzionale e nella pratica poco consolidata di garanzie a
fronte del credito concesso, in particolare per i mutui a lungo termine. Per una
maggiore descrizione dei comportamenti bancari avversi al rischio in Ungheria,
Polonia e Repubblica Ceca si veda Hersch et al. (1997) e Bratkowski et al. (1998).

In secondo luogo, in questi paesi si osserva un livello di equity in rapporto al totale attivo
con valori che vanno dal 35 fino al 50 per cento, comparabile con i dati del USA di
Petersen e Rajan (1997).

Tabella 12: Delannay & Weill (2004), indicatori della struttura finanziaria delle imprese

Questo livello così alto di capitale di rischio trova giustificazione nella impossibilità di
trovare fonti di finanziamento esterno nel debito.

In questo scenario il credito commerciale gioca un ruolo molto importante: malgrado


sul totale attivo i crediti commerciali rappresentino una percentuale compresa tra il 12
e il 25 percento, essi assumono invece quote molto rilevanti che vanno dal 30 al 50 per
cento se confrontati col totale crediti. Alla base di tali circostanze non mancano alcune
ragioni di ordine storico-politico:

- la consuetudine affermatasi durante il regime comunista e diffusa ancora oggi


nella popolazione di consentire un persistente ritardo nei pagamenti a causa
anche dell’inefficienza del sistema economico-istituzionale;
- l’uso distorto del credito commerciale da parte delle imprese quale mezzo di
sopravvivenza al persistere di condizioni di “soft budget constraint”, con ciò

37
intendendosi la pratica di tenere in vita artificialmente un’impresa - malgrado
essa si trovi in una condizione di insolvenza tecnica - attraverso l’uso scorretto
dei debiti commerciali (Kornai, 2001). Sebbene questo fenomeno sia conosciuto
anche nei paesi avanzati, negli stati dell’ex blocco sovietico il fenomeno era
largamente diffuso. Basti pensare che lo stato – oltre a non tutelare i creditori,
non potendosi permettere il fallimento di imprese non profittevoli ma
considerate a vario titolo di importanza strategica – spesse volte interveniva con
elargizioni di vario tipo (ad esempio tassazione privilegiata, credito agevolato,
etc) al fine di impedire ristrutturazioni e riallocazioni.

Di seguito si propongono le statistiche descrittive dei singoli paesi all’interno del


campione analizzato.

Tabella 13: Delannay & Weill (2004), statistiche descrittive delle variabili

Dalla lettura dei coefficienti si notano alcune particolarità:

- I coefficienti medi dei crediti commerciali in rapporto al turnover spaziano


dall’8,65% dell’Estonia al 17,72% in Lituania. Al contempo il coefficiente dei
crediti varia tra il 15,11% dell’Ungheria al 29,04% della Repubblica Ceca.
L’osservazione di questa circostanza rileva in primo luogo una grande varietà
nell’uso dei crediti e debiti commerciali all’interno del campione dei paesi
osservato. Questi coefficienti risultano inoltre abbastanza simili a quelli osservati
da Petersen e Rajan per le piccole imprese americane: basti ricordare che negli
USA il coefficiente dei crediti era il 7,3% per le piccole imprese e il 18,5% per le
grandi;

38
- Come già fatto notare, la struttura finanziaria delle imprese mostra un alto livello
di capitalizzazione e un basso livello di indebitamento bancario a breve termine;
- I coefficienti di profittabilità sono tendenzialmente bassi, sebbene vi siano grandi
differenze tra paesi (con addirittura coefficienti medi negativi per Bulgaria e
Lituania);
- I valori medi dei tassi di crescita sono tendenzialmente elevati. Tuttavia questi
valori vanno rapportati all’alto livello di inflazione tipico dei paesi in via di
sviluppo, la quale trova il suo massimo nel 45,8% della Romania per l’anno 2000.
In tutto questo giocano un ruolo anche le ampie fluttuazioni dei tassi di cambio
tra le valute dei singoli stati e il dollaro, moneta nella quale tutte le valute locali
sono state convertite ai fini di questo studio.

1.7 Marotta (2005)


Il lavoro di Marotta (2005) sfrutta i dati dell’indagine del Mediocredito Centrale per
l’anno 1994, la quale si rivolge a una campione di 5000 imprese con un numero di
dipendenti compreso tra 11 e 500 rappresentativo del settore manifatturiero italiano.
Particolarità di questa banca dati è di includere un questionario a domande aperte
contenente informazioni specifiche riguardo crediti e debiti commerciali.

La numerosità del campione di imprese considerate ai fini di questo studio è stato di


circa 1900. Tale riduzione si è resa necessaria al fine di eliminare dal campione imprese
per le quali risultassero dati mancanti o incoerenti. Va rilevato inoltre che questo dataset
– non rivolgendosi ad imprese con meno di 10 dipendenti - non considera
adeguatamente la piccola impresa italiana atteso che – come già detto nelle pagine
passate – più del 95% del totale delle imprese risulta avere meno di 5 dipendenti.

Ogni domanda del questionario sui crediti e debiti commerciali contiene tre risposte
differenti sulla base della natura della controparte (imprese dello stesso gruppo
dell’intervistata, imprese terze italiane, imprese terze estere).

Di seguito le tabelle delle statistiche descrittive.

La tabella mostra i risultati dell’indagine suddivisi in quintili sulla base del totale assets,
ulteriormente classificati sulla base della controparte domestica ovvero estera (a causa

39
della sua rarità, il caso dell’impresa appartenente allo stesso gruppo non è stato preso
in considerazione). Di seguito le osservazioni:

- Quasi tutte le transazioni di acquisto domestiche sono effettuate a credito, le


transazioni estere sono regolate a credito mediamente per circa i tre quarti dei
casi. Con riguardo alle transazioni estere, la quota di transazioni regolate a
credito diminuisce al diminuire della dimensione dell’impresa;
- La durata media del debito tra parti italiane risulta essere mediamente più lunga
di 10 giorni rispetto a quella verso l’estero. Inoltre, i dati medi (ma non quelli
mediani) sulla durata del debito hanno una correlazione positiva con la
dimensione dell’impresa;
- La possibilità di beneficiare di uno sconto in ragione di un pagamento immediato
è una possibilità che viene offerta in una stretta minoranza di casi: nel 7% delle
transazioni nel caso di parti italiane e 4% per transazioni con l’estero, inoltre il
valore mediano risulta sempre essere 0;
- Il tasso di sconto implicito nel caso di contratti two parts risulta essere pari in
media al 19% su base annua e il dato è abbastanza uniforme sia tra controparti
domestiche che estere. Il tasso di interesse bancario medio a breve termine per
prestiti non garantiti ammontava nello stesso periodo considerato al 11,2%. A tal
proposito si veda la tabella 2 di sotto;
- Penalità e sanzioni sono raramente applicate nel caso di pagamenti oltre la
scadenza pattuita (3% nel caso di transazioni domestiche e 1% nel caso di
transazioni estere). La quota di pagamenti tardivi nel caso di transazioni estere è
la metà rispetto al caso domestico. Essa cresce inoltre al crescere della
dimensione dell’impresa. In tal senso si può ipotizzare che le imprese di grandi
dimensioni sfruttino il proprio potere di mercato al fine di ottenerne dei
vantaggi;

40
Tabella 14: Marotta (2005), crediti e debiti commerciali delle imprese manifatturiere italiane per controparte
italiana ovvero domestica

41
Tabella 15: Marotta (2005), risposte selezionate delle imprese manifatturiere italiane al questionario

- Qualora vengano imposte sanzioni, queste vengono applicate a partire da un


ritardo di pagamento di un mese. In considerazione degli ultimi due punti, un
eventuale ritardo di pagamento non appare essere penalizzante nei confronti
dell’impresa ritardataria;
- La connessione enfatizzata nel lavoro di Petersen e Rajan (1997) - secondo cui le
piccole imprese razionate dal sistema bancario ricorrono al finanziamento
commerciale sopportando un costo del credito commerciale sensibilmente
superiore a quello bancario – trova debole riscontro nei dati risultanti
dall’indagine del Mediocredito. Al fine di indagare in merito al razionamento
creditizio il questionario chiede se l’impresa ha chiesto ma non ottenuto
maggiori crediti bancari e se avrebbe accettato condizioni più onerose (tassi
d’interesse più elevati o maggiori garanzie) per ottenere maggiori crediti bancari.
Suddividendo le imprese sulla base del dichiarato razionamento e indagandone
le caratteristiche appare chiaro che le caratteristiche individuali non sono
dissimili. A tal proposito si osservi la tabella 3 di sotto;

42
Tabella 16: Marotta (2005), indicatori delle imprese manifatturiere razionate e non razionate

2. Metodi econometrici utilizzati in letteratura


La tavola seguente riassume i metodi econometrici utilizzati in letteratura e i lavori nei
quali sono stati applicati.

Tabella 17: Metodi econometrici utilizzati in letteratura

Metodi econometrici Applicazione in letteratura


Petersen & Rajan (1997)
Delannay & Weill (2004)
Pooled Ordinary Least Marotta (2005)
Squares (OLS) Huyghebaert (2006)
Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2007)
Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a)

Generalized least
Rodriguez-Rodriguez (2006)
squares (GLS)

Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010b)


General method of
Bougheas et al. (2009)
moment (GMM)
Cunat (2007)

43
2.1 Pooled Ordinary Least Squares
Il modello dei Pooled Ordinary Least Squares (Pooled OLS, breviter) è il modello
econometrico più semplice e più usato in letteratura. Il metodo degli OLS minimizza la
somma dei quadrati dei residui ed è matematicamente definita come

𝑦𝑖𝑡 = 𝛽0 + 𝛽1 𝑥𝑖𝑡 + 𝜀𝑖𝑡

Dove 𝑦𝑖𝑡 rappresenta la variabile dipendente (quale ad esempio debiti e crediti


commerciali), 𝛽0 l’intercetta, 𝛽1 il coefficiente della variabile indipendente 𝑥𝑖𝑡 (variabili
indipendenti possono essere ad esempio età e dimensione dell’impresa, etc) e 𝜀𝑖𝑡 è un
termine stocastico di errore. I e t indicati al pedice delle variabili significano
rispettivamente la singola impresa e il tempo di osservazione.

Questo modello, così come esemplificato nell’equazione precedente, viene applicato


negli studi di Petersen & Rajan (1997), Delannay & Weill (2004), Marotta (2005),
Huyghebaert (2006), Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2007;2010a).

Il principale limite del metodo Pooled OLS è che non restituisce stime attendibili nel caso
in cui vi sia correlazione tra il termine stocastico 𝜀𝑖𝑡 e la variabile indipendente 𝑥𝑖𝑡 .
Questo è noto in letteratura come problema di endogeneità ed esso è considerato il
principale limite applicativo di questo metodo ai fini delle indagini sui crediti
commerciali (Ono, 2001; Huyghebaert, 2006).

Il metodo dei Pooled OLS presenta anche problemi di eteroschedasticità nel caso in cui
il termine stocastico abbia differenti varianze in relazione ai campioni. Il questo caso il
metodo dei pooled OLS non garantisce più la minore varianza e non è pertanto
efficiente.

2.2 Generalized Least Squares


Il modello dei minimi quadrati generalizzati (GLS, breviter) viene efficacemente
applicato nel caso in cui vi siano problemi di endogeneità. L’equazione è simile a quella
presentata per gli OLS e questo modello risolve inoltre i problemi derivanti da
eteroschedasticità e autocorrelazione del termine stocastico.

Tra i motivi che hanno indotto a scegliere questa metodologia, Rodriguez-Rodriguez


(2006) indica la capacità di compiere stime efficienti nel caso in cui gli effetti individuali

44
non siano correlati con le variabili indipendenti. In questo caso risulta un modello ad
effetti casuali (random effect model) dove gli effetti individuali diventano parte del
termine di errore. Questo sebbene negli altri modelli ad effetti fissi gli effetti individuali
vengano catturati dal coefficiente β analogamente a quanto avviene con il modello del
pooled OLS.

2.3 Generalized Method of Moments


Il metodo generalizzato dei momenti (GMM, breviter) è stato adottato in molti recenti
lavori (Garcia-Teruel & Martinez-Solano, 2010b; Cunat, 2007; Bougheas et al., 2009)
perché con esso si può facilmente generalizzare passando ai modelli non lineari.

Sostiene Cunat (2007) che il GMM può risolvere i problemi di correlazione tra variabili
indipendenti oltre ai prevedibili problemi di endogeneità. Questo non è possibile con il
modello degli OLS (Rodriguez-Rodriguez, 2006).

Prendendo ad esempio la ricerca di Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010b) – dal


momento che questa si svolge a partire da dati panel dinamici (dynamic panel data) –
gli autori sostengono che vi sia autocorrelazione tra gli errori casuali. Per questa ragione
non si possono applicare gli stimatori OLS. Pertanto, il metodo dei GMM sarebbe il
metodo ottimale. Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010b) sostengono ulteriormente
che qualora i residui siano omoschedastici un solo stadio di GMM sia sufficiente. Se
invece si ritiene sussistere eteroschedasticità nei residui, un secondo stadio aggiuntivo
sia da preferirsi al fine di migliorare l’efficienza dopo il primo stadio.

45
3. Variabili considerate ed esiti delle stime nelle equazioni di
regressione

Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a)

Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a)


Demirgüc-Kunt and Maksimovic (2002)

Demirgüc-Kunt and Maksimovic (2002)


Niskanen & Niskanen (2006)

Niskanen & Niskanen (2006)


Delannay & Weill (2004)

Delannay & Weill (2004)


Petersen & Rajan (1997)

Petersen & Rajan (1997)


Alphonse et al. (2003)
Marotta (2005)

Marotta (2005)
Variable Receivables Payables Type
FIRM AGE log(1+firm age) + log(1+firm age)^2 X X X X X X X firm
SIZE total assets/gdp X X firm
SIZE log of book value of assets X X X X X X X X X X X firm
SIZE incorporated dummy X firm
SIZE log of total income X firm
DEBT agreed average debt period X firm
COST OF DEBT cost of external finance excluding trade creditors X X X X firm
COST OF DEBT implied borrowing cost in trade credit/debit X X firm
COST OF DEBT early payment discount X X firm
LEVEL OF DEBT total loans/total assets X firm
LEVEL OF DEBT current liabilities/sales X X X firm
LEVEL OF DEBT equity/total assets X firm
LEVEL OF DEBT trade debt/purchase X firm
LEVEL OF DEBT trade credit/sales X firm
LIQUIDITY log(net profits plus depreciations/sales) X X firm
LIQUIDITY current assets/total assets X X X X firm
PURCHASES log(purchases/supplier) X firm
STOCK % of inventory which is finished goods X firm
SALES net sales/net fixed assets X X X X firm
SALES % sales growth X X X X X X X X X X firm
SALES export/sales X firm
PROFITABILITY (gross profit margin/sales)+(gross profit margin/sales)^2 X X X X firm
PROFITABILITY net profit/assets X X X firm
PROFITABILITY net profit/sales X X X firm
PROFITABILITY roi X X firm
PROFITABILITY roe X X firm
PROFITABILITY earnings before tax/total assets X firm
PROFITABILITY earnings before tax/turnover X X firm
CREDIT AVAILABILITY available line of credit/asset X firm
CREDIT AVAILABILITY firm applied for bank loan dummy X firm
CREDIT AVAILABILITY bank denied credit to firm X firm
CREDIT AVAILABILITY log(1+longest relationship with bank lender) X X firm
CREDIT AVAILABILITY non used line of credit/total assets X firm

geographical dummy X X X X country


growth (growth rate of GDP pro capita) X X country
inflation X X country
GDP per capita X X country

PRIVATE/GDP (bank credit to the private sector/GDP) X X banking


PUBLIC (% of assets of the 10 largest banks in each banking
country owned by the government as a share of total X X
assets of these banks)
CONCENTRATION (ratio of the three largest banks' banking
X X
assets to total banking sector assets)

LAW, ORDER ET AL X X legal


COMMON LAW DUMMY X X legal

Tabella 18: Variabili esplicative del livello di crediti e debiti commerciali riscontrate nella letteratura esaminata

46
Nella tabella 18 si espone una matrice che riporta le variabili considerate nei lavori sino
ad ora esposti nella rassegna della letteratura. Le variabili sono state raggruppate sulla
base del tipo e – nel caso di rapporti – sulla base del fattore a numeratore. Dal
momento che tutti i lavori considerati sono scritti in lingua inglese, ai fini di una
maggiore accuratezza si è ritenuto di mantenere le definizioni originali.

3.1 Fattori macroeconomici


Dalla prospettiva macroeconomica, le determinanti del credito commerciale sono
influenzate dagli obiettivi di politica monetaria di un paese, dallo sviluppo del sistema
finanziario e dall’efficienza del sistema delle protezioni legali.

Infatti, come confermato da Nilsen (2002), al sopravvenire di periodi di restrizione


monetaria, le piccole e medie imprese – che a causa dell’opacità dei propri bilanci
risultano essere più facilmente soggetti a fenomeni di razionamento del credito – si
affidano al credito commerciale al fine di garantirsi le liquidità necessaria al proprio
funzionamento. Niskanen & Niskanen (2006) propongono un modello che suggerisce
una relazione diretta tra il tasso di interesse di riferimento e lo stock dei crediti
commerciali delle imprese: al crescere del tasso di interesse bancario, vi sarebbe
maggiore incentivo alla sostituzione del credito bancario con credito commerciale.

Allo stesso modo, Demirguc-Kunt & Maksimovic (2001) sostengono che, in un paese con
un sistema economico-istituzionale più efficiente, gli intermediari finanziari dovrebbero
riuscire a monitorare con facilità i prenditori di fondi. Al contrario, in sistemi finanziari
ritenuti inefficienti, l’opacità dei bilanci influisce negativamente sulla capacità degli
intermediari creditizi di valutare la qualità degli attivi delle piccole e medie imprese. In
queste condizioni le PMI facilmente subiscono fenomeni di razionamento da parte degli
intermediari e reindirizzano le propria ricerca di liquidità verso soggetti non finanziari.

Inoltre, Huyghebaert (2006) e Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010b) sostengono che


un peggioramento nella situazione macroeconomica di un paese riduca la capacità delle
imprese di ottenere credito dagli istituti bancari con la conseguenza di un complessivo
aumento dei crediti commerciali. Di contro, Niskanen & Niskanen (2006) fanno notare
come i crediti commerciali aumentino anche in situazioni di espansione economica. La
motivazione è che – in periodi di espansione – vi possano essere maggiori possibilità di

47
investimento e che pertanto le imprese si avvalgano del credito commerciale al fine di
portare a compimento le proprie strategie di crescita.

3.2 Determinanti microeconomiche dei crediti commerciali


La tavola seguente riassume le previsioni e i risultati dei principali lavori empirici
riguardo alla relazione tra la variabile specificata e il livello di crediti commerciali
(accounts receivable).

Tabella 19: Relazione tra fattori determinanti di impresa e crediti commerciali

Determinanti Segni attesi Risultati Empirici


(+) Niskanen & Niskanen (2006) (+) Petersen & Rajan (1997)
Petersen & Rajan (1997) Niskanen & Niskanen (2006)
Age
(Not significant) Garcia-Teruel &
Martinez-Solano (2010a)
Creditworthiness (+) Petersen & Rajan (1997) (+) Petersen & Rajan (1997)
Marotta (2005) Marotta (2005)
Size Garcia-Teruel & Martinez- Garcia-Teruel & Martinez-Solano
Solano (2010a) (2010a)
Bougheas et al. (2009)
(+) Garcia-Teruel & Martinez- (+) Garcia-Teruel & Martinez-
Internal cash generation
Solano (2010a) Solano (2010a)
Financial debt Niskanen & Niskanen
(+) Petersen (2006)
& Rajan (1997) (Not significant)
(+) Petersen Niskanen
& Rajan &
(1997)
Cost of financial debt (-) Petersen & Rajan (1997) (-) Petersen & Rajan (1997)
(+) Petersen & Rajan (1997) (+) Petersen & Rajan (1997)
Marotta (2005) Marotta (2005)
Sales growth
Garcia-Teruel & Martinez- (-) Garcia-Teruel & Martinez-
Solano (2010a) Solano (2010a)
Turnover (-) Garcia-Teruel & Martinez- (+) Garcia-Teruel & Martinez-
Solano,&(2010a)
(+) Petersen Rajan (1997) Solano,&(2010a)
(+) Petersen Rajan (1997)
Marotta (2005) Marotta (2005)
Gross profit margin
Garcia-Teruel & Martinez- Garcia-Teruel & Martinez-Solano
Solano (2010a) (2010a)

La affidabilità creditizia viene misurata in letteratura attraverso l’età di una impresa e la


sua dimensione. A questo proposito, Schwartz (1974) asserisce che grandi storiche
imprese sono considerate - a parità di altre condizioni - più affidabili sul piano creditizio
in forza della conoscenza che gli operatori dispongono di essa e della propria solidità

48
dimensionale. Proseguono Petersen & Rajan (1997): in virtù della facilità di accesso al
mercato finanziario oltre che dell’età e della dimensione, le grandi imprese concedono
maggiore credito commerciale ai propri clienti rispetto a quanto fanno in genere le altre
imprese. A tal proposito, sebbene anche imprese più piccole possano avere un buon
accesso al mercato finanziario, queste comunque non potranno offrire le stesse
condizioni di credito delle imprese grandi a causa del mancare delle economie di scala
proprie di queste ultime. Sulla base di queste premesse, il merito creditizio è attenso
avere una relazione di segno positivo con la quantità di credito commerciale concesso.
Questo è statisticamente evidenziato nei lavori di Petersen & Rajan (1997), Garcia-
Teruel & Martinez-Solano (2010a), Bougheas et al. (2009), Niskanen & Niskanen (2006)
e Marotta (2005). Nel caso di Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a), la relazione tra
età dell’impresa e credito commerciale erogato non è tuttavia significativa ad eccezione
alcuni paesi del campione (Belgio e Svezia). La ragione si può rinvenire nel fatto che la
loro indagine prende in esame paesi europei, mentre tutti gli altri si riferiscono agli USA.
In questo caso i risultati della ricerca appaiono essere influenzati dal sistema e dal
contesto finanziario dei paesi in esame.

Con riguardo alla generazione interna di flussi di cassa, prendendo ad esempio il lavoro
di Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a), questa variabile viene definita come
profitto netto aumentato del valore della svalutazione sui crediti. In generale ci si
aspetta che un parametro di questo tipo abbia una correlazione positiva con i crediti
commerciali di una impresa. Questo perché una impresa che genera flussi di cassa
positivi non avrà bisogno di ricorrere all’indebitamento e anzi – con riguardo ai propri
clienti – potrà invece usare la propria liquidità per offrire loro credito. Con riguardo ai
crediti, i lavori di Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a) e Niskanen & Niskanen (2006)
hanno risultati in linea con le aspettative positive. Tuttavia, le stime di Niskanen &
Niskanen (2006) non sono statisticamente significative. In particolare, trovando non
significativo il coefficiente dell’internal cash generation – definito come il rapporto tra
profitto netto e vendite – viene fatta una successiva prova separando in due campioni
distinti le imprese che conseguono profitti positivi da quelle che conseguono perdite.
L’esito è ancora una stima non significativa. A commento di questo si può osservare che
questo studio parte da premesse diverse rispetto agli altri: l’indagine viene svolta nel

49
contesto finlandese definito dagli autori stessi “bank dominated” e pertanto non può
essere del tutto assimilato agli altri paesi esaminati.

La leva finanziaria viene determinata come rapporto tra debito finanziario e totale
attivo. Coerentemente con quanto argomentato da Petersen & Rajan (1997), le
aspettative sono che ad una più alta quota di debito finanziario in azienda si associ un
più alto livello di credito commerciale. Questo perché a fronte di una maggiore capacità
di indebitamento finanziario si associa la possibilità di impiegare il credito ottenuto
trasferendolo ad altre imprese sotto forma di credito commerciale. Le attese sono
confermate nei risultati dell’indagine econometrica.

Il costo implicito del debito finanziario, prendendo come esempio Garcia-Teruel &
Martinez-Solano (2010a), è definito come interessi passivi in rapporto al totale dei debiti
diminuito per il valore dei debiti commerciali. A tal riguardo, Petersen & Rajan (1997) si
attendono che ad un maggiore costo del debito finanziario corrisponda una minore
concessione di credito commerciale. Questa aspettativa rispecchia l’idea che imprese
che sostengono un maggior costo per l’approvvigionamento sul mercato finanziario
saranno meno disposte a fornire credito ai propri clienti. Anche in questo caso le attese
sono confermate.

Un altro fattore preso in esame è la crescita delle vendite. Nei lavori esaminati questa
variabile viene calcolata come variazione delle vendite tra gli esercizi esaminati diviso le
vendite dell’esercizio precedente. Emery (1984) sostiene che il credito commerciale può
essere usato quale leva del marketing al fine di promuovere un più alto livello di vendite.
Secondo quanto sostenuto da Niskanen & Niskanen (2006), le imprese che mettono in
atto politiche di penetrazione di mercato offrirebbero maggiore credito ai clienti e al
tempo stesso periodi di pagamento più lunghi rispetto ai concorrenti. Parimenti, aziende
che sperimentano riduzioni nelle vendite dovrebbero – sempre al fine di risollevare le
vendite – concedere maggiore credito commerciale. Pertanto – argomentano Petersen
& Rajan (1997) – la correlazione attesa potrebbe essere sia positiva che negativa. Gli
esercizi statistici di Petersen & Rajan (1997) e Marotta (2005) confermano alla fine
l’ipotesi di una correlazione positiva. Di contro, Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a)
trovano una relazione negativa tra una crescita delle vendite positiva e una maggiore

50
concessione di credito, confermando invece una correlazione positiva tra credito
concesso e tassi di crescita delle vendite negativi.

Con riguardo all’indice di rotazione - definito come il rapporto tra le vendite e il totale
attivo meno i crediti - Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a) si aspettano una
correlazione negativa rispetto al credito concesso. Questo perché un minore valore
nell’indice di rotazione si assocerebbe a un ciclo produttivo più lungo e quindi a un
prodotto di migliore qualità. Ciò premesso, un’impresa che asserisce di offrire un
prodotto di migliore qualità dovrebbe concedere maggiore credito al fine di consentire
la verifica della qualità da parte del cliente. Il risultato dell’indagine econometrica
tuttavia contraddice queste supposizioni: sembrerebbero essere le imprese con il più
alto turnover ad offrire la maggiore quantità di credito commerciale. Il risultato
sembrerebbe invece avallare l’idea che le imprese con minore rotazione sono quelle che
forniscono i prodotti più facili da valutare e che – al contrario – sono quelle col maggiore
turnover e con un prodotto di presumibile minore qualità a dare il tempo al cliente di
valutare bene la reale bontà della merce.

Uno dei fattori maggiormente citati dalla letteratura è il margine di profitto lordo, inteso
come profitto lordo su vendite. Emery (1984) sostiene che imprese con alti margini di
ricarico tendono a massimizzare il profitto massimizzando le quantità vendute. Per
questa ragione, i produttori incoraggerebbero la clientela ad acquistare merce
concedendo maggiore credito e dilazioni di pagamento più lunghe. Inoltre, un maggiore
ricarico rende più facilmente assorbibili eventuali perdite derivanti da mancati
pagamenti. I risultati di Petersen & Rajan (1997), Marotta (2005) e Garcia-Teruel &
Martinez-Solano (2010a) convalidano questa teoria.

Niskanen & Niskanen (2006) e Petersen & Rajan (1997) concludono che la quantità di
credito commerciale non è solo determinata da caratteristiche da lato venditore ma
anche dalla domanda da parte dei clienti. A tal proposito si rimanda al prossimo
paragrafo.

51
3.3 Determinanti microeconomiche dei debiti commerciali

Tabella 20: Relazione tra fattori determinanti di impresa e debiti commerciali

Determinanti Segni attesi Risultati Empirici


(-) Petersen & Rajan (1997) (+) Petersen & Rajan (1997)
Niskanen & Niskanen (2006) Garcia-Teruel & Martinez-Solano
Age (2010a)
(-) Niskanen & Niskanen (2006)
Rodriguez-Rodriguez (2006)
(+) Petersen & Rajan (1997) (+) Petersen & Rajan (1997)
Creditworthiness
Marotta (2005) Marotta (2005)
Garcia-Teruel & Martinez- Niskanen & Niskanen (2006)
Size Solano (2010a) Bougheas et al. (2009)
Rodriguez-Rodriguez (2006) Garcia-Teruel & Martinez-Solano
(2010a)
(-) Rodriguez-Rodriguez (2006)
(-) Garcia-Teruel & Martinez- (-) Garcia-Teruel & Martinez-
Internal cash Solano (2010a) Solano (2010a)
generation Atanasova (2007)
Niskanen & Niskanen (2006)
(-) Petersen & Rajan (1997) (-) Petersen & Rajan (1997)
Rodriguez-Rodriguez (2006) Rodriguez-Rodriguez (2006)
Financial debt Niskanen & Niskanen (2006)
Demirguc-Kunt & Maksimovic
(2001)
(+) Garcia-Teruel & Martinez- (+) Garcia-Teruel & Martinez-
Solano (2010a) Solano (2010a)
Cost of financial debt
Rodriguez-Rodriguez (2006) Rodriguez-Rodriguez (2006)
Niskanen & Niskanen (2006)
(+) Marotta (2005) (+) Petersen & Rajan (1997)
Garcia-Teruel & Martinez- Marotta (2005)
Solano (2010a) Garcia-Teruel & Martinez-Solano
Sales growth
(2010a)
(No relation) Niskanen &
Niskanen (2006)
Current assets ratio (+) Alphonse et al. (2003); (+) Alphonse et al. (2003)
Purchase (+)Niskanen & Niskanen (2006) (+)Niskanen & Niskanen (2006)

Il primo fattore considerato con riguardo ai debiti commerciali è il merito creditizio,


suddiviso in dimensione ed età.

Gli studi di Niskanen & Niskanen (2006) e Rodriguez-Rodriguez (2006) restituiscono


stime secondo cui vi sarebbe una correlazione negativa tra età e livello di debiti

52
commerciali in bilancio. Secondo Rodriguez-Rodriguez (2006), le imprese più giovani –
non potendo contare su relazioni di lunga data con gli intermediari – hanno difficoltà ad
accedere al mercato finanziario tradizionale e si avvalgono di conseguenza di maggiori
quantità di debiti commerciali. Al contrario – in linea con le proprie aspettative – altri
ricercatori hanno osservato relazioni positive tra età e crediti commerciali ricevuti
(Petersen & Rajan, 1997; Garcia-Teruel & Martinez-Solano 2010a). Ciò si spiega secondo
la logica che imprese più anziane – che godono di una migliore reputazione – riescono
ad ottenere maggiori crediti rispetto alle concorrenti di più recente costituzione.

Considerando invece la dimensione dell’impresa - dal momento che imprese più grandi
godono di maggiore robustezza sul piano finanziario e patrimoniale - ci si aspetta una
correlazione positiva tra dimensioni dell’impresa e livello di indebitamento
commerciale. Questa aspettativa è coerente con le stime dei lavori di Petersen & Rajan
(1997), Marotta (2005), Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a), Niskanen & Niskanen
(2006) e Bougheas et al. (2009). Al contrario Rodriguez e Rodriguez (2006) – ottenendo
un coefficiente negativo – spiegano i loro risultati affermando che le imprese più piccole
ricorrono al debito commerciale a causa delle limitazioni incontrate nella raccolta di altri
tipi di finanziamento.

Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a) sostengono che le imprese che hanno


maggiore capacità di generare internamente flussi di cassa si indebitano meno nei
confronti dei fornitori. Questa supposizione trova riscontro nei risultati empirici ed è
confermata anche da altri studi (Niskanen & Niskanen, 2006; Atanasova, 2007).

Per quanto riguarda l’indebitamento finanziario delle imprese, ci si aspetta che questo
abbia una relazione negativa col livello di indebitamento commerciale. Questo si
giustifica con l’ipotesi che, qualora dispongano di altri canali di raccolta finanziaria a un
costo minore, le imprese tendano a ridurre il ricorso all’indebitamento commerciale. Le
stime dei lavori di Petersen & Rajan (1997), Rodriguez-Rodriguez (2006), Niskanen &
Niskanen (2006) e Demirguc-Kunt & Maksimovic (2001) sono coerenti con questa
aspettativa.

Con riferimento al costo del debito finanziario, la relazione attesa è positiva. La logica
sottostante prevede che, all’aumentare del costo dell’indebitamento finanziario, lo

53
strumento del credito commerciale – ritenuto più costoso rispetto all’indebitamento
bancario – diventi una fonte di finanziamento a breve termine maggiormente
competitiva. Alle aspettative corrispondono le stime dei lavori di Petersen & Rajan
(1997), Rodriguez-Rodriguez (2006), Niskanen & Niskanen (2006) e Demirguc-Kunt &
Maksimovic (2001).

Dal punto di vista teorico, è discusso l’argomento secondo cui imprese in crescita si
avvalgano di un maggior livello di debiti commerciali. Secondo tale logica ci si attende
una correlazione positiva tra l’indice di crescita delle vendite e il livello di debiti
commerciali. L’evidenza empirica dei lavori di Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a),
Marotta (2005) e Petersen & Rajan (1997) conferma questa ipotesi. Al contrario, le stime
di Niskanen & Niskanen (2006) mettono in luce una relazione statisticamente non
significativa. Ancora una volta, questo risultato può essere ricondotto alle circostanze
specifiche del paese finlandese e al suo ambiente bank dominated.

Alcune teorie pongono l’accento sul fatto che attività correnti o a breve termine siano
finanziate tramite debiti correnti o a breve termine (Alphonse et al., 2003; Niskanen &
Niskanen, 2006). Entrambe queste voci di attivo e passivo a breve termine possono
essere facilmente liquidate e regolate in compensazione. Secondo queste ipotesi un
maggior livello di assets a breve termine dovrebbe portare a un maggior livello di
indebitamento commerciale e pertanto ci si attende una correlazione positiva. Sia i
lavori di Alphonse et al. (2003) che quelli di Niskanen & Niskanen (2006) si rifanno a
questa logica e la provano con le loro stime empiriche.

Niskanen & Niskanen (2006) hanno ulteriormente teorizzato che un maggior livello di
credito commerciale concesso da parte dell’impresa porterebbe la stessa ad accettare
di riflesso un maggior livello di indebitamento commerciale. Considerando gli acquisti
come una misura del credito commerciale concesso, questo dovrebbe avere una
relazione positiva con il livello di debito commerciale. L’esercizio empirico è in linea con
le aspettative.

54
IL CASO ITALIANO DAL 2004 AL 2013

Sulla base della letteratura esaminata, in riferimento al caso europeo di Garcia-Teruel &
Martinez-Solano (2010a), vi sono in sintesi tre fattori chiave alla base della pratica del
credito commerciale: primo, la capacità dell’impresa di accedere a fonti di
finanziamento esterno e la sua capacità di generare flussi di cassa positivi; secondo,
l’affidabilità creditizia dell’impresa, prevalentemente espressa in termini di età e
dimensione; terzo, il costo del credito e il tasso di crescita dell’impresa. Questa sintesi è
coerente con gli altri studi con gli altri studi esaminati (Delannay & Weill, 2004; Marotta,
2005; Niskanen & Niskanen, 2006; Garcia-Teruel & Martinez-Solano, 2010b).

Tuttavia, la letteratura sino ad ora esaminata si rivolge a contesti diversi rispetto a quello
italiano: i lavori di Petersen & Rajan (1994), Petersen & Rajan (1997), Alphonse et al.
(2003) sono basati su imprese statunitensi, i lavori di Wilson & Summers (2002), Garcia-
Teruel & Martinez-Solano (2010b) sono basati sulle imprese del Regno Unito e i lavori di
Delannay & Weill (2004), Huyghebaert, 2006 e Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a)
sono basati su imprese di altri stati europei. Ciò premesso, le diversità degli ambienti
economici e istituzionali (soprattutto se confrontati con quello italiano) fanno sì che i
risultati trovati non siano ugualmente estendibili a tutti i contesti. In generale -
tralasciando l’Italia per un attimo - si pensi ad esempio a Petersen & Rajan (1997): il loro
studio mostra che il livello di credito commerciale è positivamente correlato con l’età
dell’impresa e la crescita delle vendite. Gli autori interpretano questa evidenza
argomentando che le imprese più vecchie – dato il loro capitale relazionale da cui
consegue un miglior accesso al credito commerciale e bancario - avrebbero una
maggiore possibilità di offrire credito commerciale ai clienti e che – inoltre - le imprese
concedono maggiore credito commerciale al fine di perseguire maggiori volumi di
vendita. Al contrario, il lavoro di Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a) – che si basa
su dati europei – giustifica l’evidenza opposta affermando che le imprese più anziane –
proprio in virtù del proprio capitale relazionale e del fatto di essere già conosciute – non
hanno nessuna ragione di offrire maggiore credito commerciale al fine di acquisire nuovi
partners commerciali ed aumentare i volumi di vendita. Inoltre, gli stessi Garcia-Teruel
& Martinez-Solano (2010a) – indagando in differenti paesi europei – arrivano a

55
conclusioni differenziate sulla base dei diversi sistemi finanziari, condizioni economiche
del singolo paese e specifiche peculiarità a livello di impresa.

Ciò posto, appare chiaro che le teorie sviluppate a partire da campioni di imprese di altri
paesi non sono sufficienti ad esaurire la specificità del caso italiano. Si sente pertanto la
necessità di una indagine particolare e mirata per un paese i cui tempi di pagamento si
discostano sensibilmente dalla media dei paesi dell’Europa Occidentale.

Inoltre, i lavori sino ad ora esaminati sono per lo più condotti su ristrette categorie di
impresa: Petersen & Rajan (1997), Alphonse et al. (2003), Niskanen & Niskanen (2006),
Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2007), Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010b)
indagano esclusivamente la piccola e media impresa; Delannay & Weill (2004), Garcia-
Teruel & Martinez-Solano (2010a) indagano una dimensione di impresa superiore ai 10
milioni di attivo e Demirguc-Kunt & Maksimovic (2001) considerano solo imprese
quotate. A differenza degli altri, Marotta (2005) esamina trasversalmente le varie classi
dimensionali, sebbene con dati talvolta qualitativi e con riferimento a un campione
limitato di imprese. Si sente quindi la necessità di un’analisi i cui orizzonti siano più ampi,
in modo tale da coinvolgere tutta la scala dimensionale dell’impresa e catturare le
differenze da essa derivanti.

Ciò posto, data l’importanza del credito commerciale nel funzionamento delle imprese
italiane e della relazione che lo lega alle altre forme di finanziamento esterno, i fattori
che nel tempo hanno influenzato la concessione di credito commerciale sono meritevoli
di ulteriore approfondimento.

Petersen & Rajan (1997) e Emery (1984) affermano che sono necessarie ulteriori
ricerche al fine di chiarire il ruolo nel tempo dei fattori alla base dei crediti commerciali.

Per quanto a conoscenza di chi scrive, non vi sono studi condotti in ambito italiano che
approfondiscano i mutamenti avvenuti nel mercato dei crediti e debiti commerciali
durante le crisi finanziarie del decennio 2004-2013.

56
Alla luce di quanto sopra, scopo di questa tesi è indagare i fattori decisionali alla base
dei crediti e dei debiti commerciali delle imprese italiane e i mutamenti intervenuti
attraverso le due crisi, quella finanziaria e quella del debito sovrano. Al tal fine vengono
impiegati i micro dati di bilancio relativi a singole imprese appartenenti a specifici settori
merceologici.

Gli obiettivi di questa indagine sono molteplici:

- in primo luogo fornire evidenza dell’importanza e della pervasività dei crediti e


debiti commerciali nel tessuto produttivo delle imprese italiane;
- in secondo luogo fornire stime il più possibile accurate sui tempi di pagamento
medi, con riferimento ai diversi settori merceologici;
- in terzo luogo – date le sostanziali differenze nell’uso dei crediti e debiti
commerciali tra i diversi settori merceologici – analizzare quali siano le ragioni
alla base delle diversità nell’uso e nel livello dei debiti e dei crediti commerciali
nei diversi rami industriali;
- in ultima istanza, valutare l’effetto delle crisi finanziarie sui debiti e crediti
commerciali delle imprese italiane.

Questo lavoro può contare su un’analisi statistica basata su dati panel. Questa
metodologia consente di osservare le determinanti dei debiti e crediti commerciali
considerandone l’evoluzione nell’arco del tempo. Questa ultima circostanza risulta
essere di particolare interesse consentendo di catturare i mutamenti occorsi nel periodi
della crisi economico-finanziaria dell’ultimo decennio.

La metodologia dei dati panel consente inoltre di temperare gli effetti distorsivi derivanti
da problemi di eterogeneità non osservabile (Baltagi, 2001; Wooldridge, 2009).

57
1. Banca dati ed estrazione del campione
Il dataset impiegato è estratto dalla banca dati Aida (Analisi Informatizzata delle
Aziende) realizzata e distribuita dal Bureau van Dijk, contenente i bilanci riclassificati di
oltre 1.200.000 società italiane. Per ciascuna Società, Aida offre il bilancio dettagliato
secondo lo schema completo della IV direttiva CEE7, la serie storica a ritroso fino a 10
anni e la scheda anagrafica completa della descrizione dell'attività svolta.

Aida si basa sui dati di bilancio depositati presso le Camere di Commercio e quindi il
database contiene solo società cui la legge prescrive di depositare il bilancio presso il
Registro Imprese. I soggetti tenuti a depositare il bilancio di esercizio sono le società a
responsabilità limitata, le società per azioni, le società in accomandita per azioni, le
società cooperative, le società estere con sede in Italia, i geie8, i consorzi con qualifica di
confidi, le aziende speciali e Istituzioni di Enti Locali e le startup innovative. Non sono
ricomprese in Aida le società di persone e i professionisti.

Ai fini dell’estrazione dalla banca dati sono state considerate solo le imprese
regolarmente attive, escludendo quindi quelle in liquidazione, in concordato, in
fallimento, inattive, etc. Sono inoltre state escluse quelle imprese di cui non fossero
disponibili i dati degli ultimi tre esercizi annuali.

7
lo Stato italiano ha dato attuazione alla IV Direttiva CEE (e alla VII) con il Decreto Legislativo 9 Aprile
1991, n. 127, modificando l'intero assetto normativo contenuto nel Codice Civile (che risulta ora ad essa
conforme) in materia di bilancio di esercizio delle società.
8
Un Gruppo europeo di interesse economico, in acronimo GEIE, è una figura creata nell'ordinamento
europeo con il regolamento comunitario n.2137 del 25 luglio 1985. Si tratta di una figura giuridica
proposta dall'Unione europea avendo come riferimento il francese GIE (groupement d'intérêt
économique) con lo scopo di unire le conoscenze e le risorse di attori economici di almeno due paesi
appartenenti all'Unione. Nelle intenzioni dei legislatori europei, questo dovrebbe permettere a piccole e
medie imprese di poter partecipare a progetti più grandi di quanto le loro dimensioni permetterebbero.
Tuttavia il fine del GEIE non è quello di ottenere un profitto, per quanto questo non sia vietato, quanto
piuttosto fornire un ausilio alle attività delle imprese europee che lo costituiscono. Caratteristica
principale di un GEIE è che deve essere costituito da aziende di almeno due paesi appartenenti all'Unione
europea mentre non è permesso ad aziende di paesi terzi di partecipare; inoltre, al momento della
costituzione, si può decidere se dare o meno una scadenza predeterminata al GEIE. In Italia, il regolamento
2137/85 è stato assorbito ed integrato dal decreto legislativo n.240 del 23 luglio 1991 e non è stato
istituito nessun nuovo soggetto a cui fare riferimento. La soluzione proposta dal legislatore è stata quella
di considerarla una società di persone anche se questa scelta è stata spesso criticata a causa della
somiglianza dei GEIE alle cooperative.

58
Sono state considerate solo imprese non finanziarie appartenenti ai seguenti settori
merceologici:

- Estrattivo (cod. Ateco con cifre iniziali da 05 a 09);


- Costruzioni (cod. Ateco con cifre iniziali da 41 a 43);
- Manifattura (cod. Ateco con cifre iniziali da 10 a 33);
- Trasporti (cod. Ateco con cifre iniziali da 49 a 53);
- Commercio all’ingrosso (cod. Ateco con cifre iniziali da 45 a 46);
- Commercio al dettaglio (cod. Ateco con cifre iniziali 47);
- Servizi (cod. Ateco con cifre iniziali da 55 a 56, da 58 a 63, da 69 a 75 e da 77 a
82);

Poste queste condizioni, il campione comprendeva un numero di imprese pari a 559.819


unità.

A questo punto ci si è scontrati col problema che non tutte le società sono tenute a
esporre in bilancio il dettaglio dei crediti e dei debiti.

In particolare, alle società che redigono il bilancio in forma abbreviata ex art. 2435bis
(tipicamente piccole imprese) è data facoltà di raggruppare le voci relative al dettaglio
dei crediti e dei debiti senza distinguerne la natura. Per maggiore dettaglio, in appendice
1 si riportano le tabelle contenenti il contenuto informativo minimo degli schemi di
bilancio, riportanti le differenze tra gli schemi di bilancio redatti in forma abbreviata e
quelli in forma ordinaria.

Non fornendo dati utili ai nostri fini, le società che hanno depositato bilanci in forma
abbreviata e che raggruppano debiti e crediti sono state escluse dall’ estrazione dalla
banca dati.

Questa ulteriore selezione ha comportato una modifica della composizione del


campione rispetto alla popolazione inziale, questo perché esclude quella maggioranza
costituita da imprese piccole che – a scopo di semplificazione, non ritenendo il
contenuto informativo rilevante - non distinguono nel bilancio la natura dei propri
crediti e debiti.

59
Ciò posto, l’estrazione dalla banca contiene i dati di quelle imprese che:

- Redigono il bilancio in forma ordinaria


- pur redigendo il bilancio in forma abbreviata, dichiarano comunque il dettaglio
dei crediti e dei debiti.

Così composto, il campione così estratto comprende un numero di imprese pari a


249.873 unità, di cui 31.449 redigono il bilancio in forma ordinaria.

Inoltre, l’esercizio più recente considerato nel dataset è stato quello conclusosi al
31/12/2013, che viene eletto momento zero della serie storica.

2. Metodologia di controllo ed eliminazione dei microdati errati


Così come estratto sulla base dei criteri esposti al paragrafo precedente, il dataset
presentava notevoli criticità in ordine alla plausibilità dei dati: calcolato il rapporto tra
crediti commerciali su totale attivo, il valore medio risultava essere un multiplo
dell’unità.

Fatta una prova di winsorizzazione dei valori esterni all’intervallo 5°- 95° percentile, il
valore medio dell’indice del campione - pari a 0,95 - risultava ancora una volta non
plausibile. In particolare, si notava negli indici delle singole osservazione una nutrita
presenza di valori negativi e valori pari a diecine o centinaia di volte l’unità.

Preso atto di ciò, è stato chiaro che le normali tecniche di eliminazione dei valori estremi
non sarebbero state sufficienti a restituire una massa di dati coerente.

Si è posta quindi la necessità di elaborare un processo di valutazione dei microdati che


distinguesse i valori errati da quelli semplicemente estremi ma plausibili: ciò avrebbe
consentito di ottenere un dataset affidabile e di eliminare eventualmente i valori
estremi con una successiva winsorizzazione.

Ciò è stato ottenuto con la creazione di un algoritmo che – alla fine del processo di
valutazione del singolo microdato – restituisse uno punteggio sintetico espressione del
livello di errore dello stesso. In appendice 2 viene esposto l’algoritmo impiegato.

60
Successivamente, il dataset è stato epurato di quei microdati ai quali fossero stati
attribuiti punteggi di errore superiori alla soglia stabilita.

Tolti i dati errati sul piano formale, il campione si è ridotto da 249.873 a 166.090.

Detta circostanza risulta impressionante se si considera che circa il 35% del campione di
partenza è risultato affetto da palesi vizi di forma.

3. Statistiche descrittive del campione


Nella sezione DEBITI, la tabella 21 espone il rapporto tra debiti verso fornitori da saldare
a fine esercizio 2013 e l’ammontare degli acquisti per materie prime e servizi effettuate
nell’arco dello stesso esercizio. Nella sezione CREDITI viene specularmente esposto il
rapporto tra crediti verso clienti da riscuotere al termine dell’esercizio 2013 sul volume
dei ricavi delle vendite del periodo.

Ai fini di una maggiore descrittività, le righe bianche riportano i dati così come calcolati
a partire dal campione di partenza. Nelle righe grigie vengono invece riportate le stesse
elaborazioni a seguito della correzione dei valori estremi eseguiti tramite una
winsorizzazione 1° - 99° percentile: in questo caso, valori inferiori al primo percentile
sono stati sostituiti col valore del primo percentile e valori superiori al novantanovesimo
percentile sono stati sostituiti col valore del novantanovesimo percentile. Una
winsorizzazione “leggera” 1° - 99° percentile è stata scelta – in luogo di una più incisiva
5° - 95° - stante la precedente eliminazione di dati formalmente errati con il metodo
algoritmico.

La dicitura “fornitori e-o” e “clienti e-o” sta a significare che il valore di debiti verso
fornitori e crediti verso clienti è calcolato come sommatoria dei valori indicati in
separata indicazione sulla base della scadenza. In altre parole:

- “fornitori e-o” = debiti verso fornitori scadenti entro l’esercizio successivo +


debiti verso fornitori scadenti entro l’esercizio successivo;
- “clienti e-o” = crediti verso clienti scadenti entro l’esercizio successivo + crediti
verso clienti scadenti oltre l’esercizio successivo.

61
Tabella 21: statistiche descrittive del campione, livelli di debiti e crediti commerciali su flussi d'esercizio 2013

ESERCIZIO 2013 DEBITI CREDITI


WINSOR 1°- 99° IN GRIGIO fornitori e-o/(mat. prime + servizi) clienti e-o/ricavi delle vendite
SETTORE ATECO n. oss media mediana n. oss media mediana
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 572 78,95% 40,82% 578 75,22% 49,44%
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 572 70,99% 40,82% 578 66,33% 49,44%
COSTRUZIONI 41-43 22.506 137,14% 39,12% 21.280 99,07% 37,44%
COSTRUZIONI 41-43 22.506 72,58% 39,12% 21.280 53,73% 37,44%
MANIFATTURA 10-33 42.264 48,17% 31,87% 42.496 44,26% 32,92%
MANIFATTURA 10-33 42.264 42,19% 31,87% 42.496 38,50% 32,92%
TRASPORTI 49-53 7.663 66,58% 30,21% 7.787 45,38% 31,23%
TRASPORTI 49-53 7.663 51,32% 30,21% 7.787 41,18% 31,23%
COMMERCIO ALL'INGROSSO 45-46 23.710 41,64% 27,18% 23.600 43,74% 29,95%
COMMERCIO ALL'INGROSSO 45-46 23.710 37,06% 27,18% 23.600 36,17% 29,95%
COMMERCIO AL DETTAGLIO 47 10.976 48,95% 25,91% 9.090 21,55% 6,62%
COMMERCIO AL DETTAGLIO 47 10.976 38,55% 25,91% 9.090 16,76% 6,62%
SERVIZI 55-82 41.131 75,41% 27,16% 38.574 132,18% 32,60%
SERVIZI 55-82 41.131 51,74% 27,16% 38.574 44,23% 32,60%
TOTALE 05-82 148.822 69,24% 30,45% 143.405 74,70% 31,51%
TOTALE 05-82 148.822 48,92% 30,45% 143.405 40,80% 31,51%

Fonte dati: elaborazione propria

I rapporti sopra esposti coinvolgono al numeratore valori di stato patrimoniale e al


denominatore valori di conto economico. Questo implica che – mentre i valori di stato
patrimoniale accolgono complessivamente tutti gli acquisti e le vendite afferenti
l’attività di impresa – i valori di conto economico accolgono solamente acquisti e vendite
aventi utilità corrente, escludendo le operazioni aventi utilità pluriennale che – in
quanto tali – non transitano da conto economico finendo direttamente a patrimonio.

Ciò significa che debiti e crediti commerciali di stato patrimoniale considerano – a


differenza delle voci di conto economico considerate – anche l’indebitamento afferente
l’attività di investimento dell’impresa. Al contrario, acquisti e vendite considerano solo
i costi e gli introiti afferenti la gestione corrente.

Dal lato delle vendite, il fenomeno può essere considerato trascurabile: gli importi
ricompresi nei ricavi delle vendite sono per definizione i beni o servizi prodotti dalla
società, dei quali si compongono quasi esclusivamente i crediti dell’impresa nei
confronti dei propri clienti.

Dal lato acquisti, la situazione risulta essere più articolata. Gli acquisti di una impresa
risultano essere di due tipi: la spesa corrente, considerata sia a numeratore che a

62
denominatore, e la spesa per investimento, considerata a numeratore ma non a
denominatore.

Per questi motivi e a parità di altre condizioni, è ragionevole che il rapporto debiti su
materie prime e servizi sia sistematicamente maggiore di quello crediti su ricavi delle
vendite. Quanto questo rapporto sia maggiore, dipende dallo specifico mix di acquisti
correnti e per investimento dell’impresa. In altre parole, la discrepanza tra i rapporti sarà
influenzata dalla struttura dei costi dell’impresa, direttamente discendente dal modello
di business e quindi dal settore merceologico dell’impresa.

Il settore merceologico dell’impresa influisce anche relativamente all’andamento di


quello specifico mercato ovvero delle consuetudini del settore stesso. In tal senso,
l’appartenenza a un certo settore cattura l’insieme di una molteplicità di effetti il cui
esito finale non è del tutto prevedibile. A tal proposito, sarebbe stato interessante poter
compiere analisi differenziali su imprese multi attività, tuttavia ciò non è stato possibile
atteso che la banca dati riporta solo il codice attività principale.

Moltiplicando i rapporti di cui alla tabella 21 per 360 si ottengono i tradizionali indici dei
giorni di pagamento e dei giorni di incasso. Si espone di sotto la tabella 22 con il calcolo
degli indici, suddivisi per settore merceologico.

Tabella 22: statistiche descrittive, giorni di pagamento e di incasso, esercizio 2013

ESERCIZIO 2013 GIORNI DI PAGAMENTO / 1,22 GIORNI DI INCASSO / 1,22


WINSOR 1°- 99° IN GRIGIO fornitori*(360/1,22)/(mat. prime + servizi) clienti*(360/1,22)/ricavi delle vendite
SETTORE ATECO n. oss media mediana n. oss media mediana
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 572 233 120 578 222 146
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 572 209 120 578 196 146
COSTRUZIONI 41-43 22.506 405 115 21.280 292 110
COSTRUZIONI 41-43 22.506 214 115 21.280 159 110
MANIFATTURA 10-33 42.264 142 94 42.496 131 97
MANIFATTURA 10-33 42.264 125 94 42.496 114 97
TRASPORTI 49-53 7.663 196 89 7.787 134 92
TRASPORTI 49-53 7.663 151 89 7.787 122 92
COMMERCIO ALL'INGROSSO 45-46 23.710 123 80 23.600 129 88
COMMERCIO ALL'INGROSSO 45-46 23.710 109 80 23.600 107 88
COMMERCIO AL DETTAGLIO 47 10.976 144 76 9.090 64 20
COMMERCIO AL DETTAGLIO 47 10.976 114 76 9.090 49 20
SERVIZI 55-82 41.131 223 80 38.574 390 96
SERVIZI 55-82 41.131 153 80 38.574 131 96
TOTALE 05-82 148.822 204 90 143.405 220 93
TOTALE 05-82 148.822 144 90 143.405 120 93

Fonte dati: elaborazione propria

63
L’indice dei giorni medi di credito dai fornitori (o tempo medio di pagamento) fornisce
una stima dei giorni di dilazione di pagamento dei fattori produttivi acquistati.

L’indice dei giorni di credito ai clienti (o tempo medio di incasso) fornisce specularmente
una stima dei giorni di dilazione di incasso dei prodotti venduti.

Ciò detto, i valori in tabella 22 – oltre a essere stati moltiplicati per 360 – sono stati
ulteriormente divisi per 1,22. Questo perché il valore dei crediti e debiti a stato
patrimoniale include il debito/credito complessivo nei confronti del fornitore/cliente
mentre a conto economico figura solo il costo/imponibile dei beni o servizi
acquistati/venduti.

In altre parole, il valore a numeratore include anche l’imposta sul valore aggiunto (IVA)
che invece non viene considerata a denominatore. L’implicazione immediata è che i
rapporti sovrastimano la durata della dilazione di una percentuale pari all’aliquota
media IVA applicata. Approssimando l’aliquota media applicata all’aliquota ordinaria
IVA – pari al 22% - si può affermare che – qualora non rettificati – i giorni di credito
debito risulterebbero sovrastimati del 22%. Per questa ragione i giorni di credito/ debito
ottenuti sono stati rettificati in diminuzione dividendo per 1,22.

Si consideri che in ogni caso tale rettifica è una approssimazione: sulla base dei dati a
nostra disposizione non è possibile conoscere né le aliquote IVA applicate dalle singole
aziende per la vendita dei propri prodotti né l’aliquota media derivante dall’effettivo mix
di aliquote per i prodotti acquistati. A tal proposito, basti pensare a titolo di esempio
che – oltre all’applicazione di aliquote ridotte per specifiche categorie di merci – le
imprese che vendono prodotti a soggetti esteri non applicano l’imposta sul valore
aggiunto. Pertanto, l’ipotesi di un’aliquota al generale al 22% risulta essere un correttivo
grossolano. A tal proposito si è ritenuto di presentare sia il dato non corretto alla tabella
21 sia i giorni di credito “rettificati” di cui alla tabella 22.

Ciò posto, ciò che è veramente interessante osservare (oltre ai valori assoluti della
tabella 22) è l’analisi della differenza tra gli indici dei debiti e dei crediti, i quali si possono
trovare in tabella 23.

64
Tabella 23: statistiche descrittive, analisi differenziale su coefficienti di crediti e debiti commerciali

ESERCIZIO 2013 CREDITI NETTI


WINSOR 1°- 99° IN GRIGIO (clienti e-o - fornitori e-o)/ricavi
SETTORE ATECO n. oss media mediana
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 551 25.31% 23.21%
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 551 26.19% 23.21%
COSTRUZIONI 41-43 21,150 -55.91% 9.17%
COSTRUZIONI 41-43 21,150 10.98% 9.17%
MANIFATTURA 10-33 41,330 12.69% 10.96%
MANIFATTURA 10-33 41,330 12.62% 10.96%
TRASPORTI 49-53 7,543 8.65% 10.32%
TRASPORTI 49-53 7,543 13.64% 10.32%
COMMERCIO ALL'INGROSSO 45-46 23,210 10.50% 6.97%
COMMERCIO ALL'INGROSSO 45-46 23,210 9.62% 6.97%
COMMERCIO AL DETTAGLIO 47 10,605 -14.14% -9.77%
COMMERCIO AL DETTAGLIO 47 10,605 -10.97% -9.77%
SERVIZI 55-82 40,158 60.04% 10.66%
SERVIZI 55-82 40,158 15.14% 10.66%
TOTALE 05-82 144,547 13.32% 8.33%
TOTALE 05-82 144,547 10.97% 8.33%

Fonte dati: elaborazione propria

Nella tabella 23 si espone la posizione netta tra debiti e crediti commerciali in rapporto
ai ricavi delle vendite. Un segno positivo indica che la gestione dei crediti e debiti
commerciali genera un fabbisogno di liquidità mentre – al contrario - un valore negativo
indica una complessiva generazione di cassa. In un certo senso, la misura
dell’indebitamento netto può essere – a parità di altre condizioni – un indicatore della
struttura di costo dell’impresa. In particolare, un elevato indebitamento netto
commerciale può dipendere – oltre che dal grado di integrazione verticale (quindi da
minore costo per semilavorati e prodotti intermedi) - da una maggiore incidenza dei
costi per beni di investimento (ovvero da una maggiore proporzione di immobilizzazioni)
rispetto ai costi per acquisto di materie prime e servizi.

Considerando maggiormente attendibili i valori winsorizzati (le righe grigie), l’unico


indice negativo risulta essere quello del commercio al dettaglio. Questo sulla base del
fatto che – come è facile intuire – il commercio al dettaglio è un business in cui i tempi
di incasso sono molto brevi (media 50, mediana 20). Infatti – incassando rapidamente -

65
il dettagliante offre in modo limitato dilazioni di pagamento ai clienti, pagando al
contempo - come avviene per gli altri settori - i fornitori a 30, 60, 90 gg. Da notare che
la complessiva generazione di cassa da parte della gestione di debiti e crediti
commerciali nel settore del commercio al dettaglio comporta anche un accorciamento
dei tempi di pagamento: con un numero di giorni di pagamento pari a 114, il commercio
al dettaglio si attesta secondo posto dopo i 109 giorni del commercio all’ingrosso. Ciò
premesso, è facile immaginare che disponendo di liquidità (essendo la mancanza di
liquidità la prima causa di ritardo di pagamento, come messo in evidenza da Atradius, di
cui si è discusso nell’introduzione) il dettagliante possa pagare i propri fornitori
celermente, senza dover ricorrere ad altre forme di indebitamento.

Il livello più alto viene invece registrato dall’attività estrattiva. Ciò posto, questo è
giustificabile secondo l’idea che una compagnia estrattiva impieghi le proprie risorse
finanziarie – tolti i costi per il personale (in questo caso non considerati) -
prevalentemente per investimenti in beni strumentali e solo marginalmente per beni
intermedi.

Le tabelle 24 e 25 presentano un maggior dettaglio di quanto già riassunto in tabella 22:


così come in Alphonse (2003), le imprese vengono suddivise sulla base della dimensione
(calcolata come numero di addetti) e per età (calcolata come differenza tra il
31/12/2013, data di riferimento dei valori di bilancio utilizzati, e la data di costituzione
della società). I dati sono ulteriormente suddivisi sulla base del settore e su tutti è stata
applicata la winsorizzazione 1°-99° percentile.

Osservando i dati totali – ovvero quelli senza distinzione di settore - ciò che si coglie
dall’osservazione della tabella 23 è che i valori medi dei giorni di pagamento mostrano
un trend discendente all’aumentare della dimensione mentre – per quanto attiene i
valori mediani – il trend appare grosso modo costante intorno ai 90 giorni. Nel
complesso, sembrerebbe pertanto che imprese più grandi concedano meno credito
rispetto alle categorie più piccole.

Scendendo invece nel dettaglio dei singoli settori, vi sono casi in cui al crescere della
dimensione non vi sono significativi mutamenti nei giorni di pagamento, altri in cui si

66
assiste a una riduzione dei giorni di pagamento, altri in cui si assiste ad un aumento ed
altri in cui l’evolvere dei giorni di pagamento delinea una forma a campana.

Tabella 24: statistiche descrittive, giorni di pagamento per numero di addetti e settore, esercizio 2013

GIORNI DI PAGAMENTO, PER NUMERO DI ADDETTI E SETTORE


SETTORE ATECO VALORE <20 21-50 51-100 101-250 >250
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 medio 215 191 131 155 77
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 mediano 116 138 130 92 86
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 n.oss 475 68 14 14 5
COSTRUZIONI 41-43 medio 213 179 177 165 148
COSTRUZIONI 41-43 mediano 110 134 138 137 134
COSTRUZIONI 41-43 n.oss 20,927 1,428 379 173 62
MANIFATTURA 10-33 medio 134 107 95 93 86
MANIFATTURA 10-33 mediano 96 93 88 86 79
MANIFATTURA 10-33 n.oss 29,312 7,501 3,100 1,792 767
TRASPORTI 49-53 medio 154 122 143 145 155
TRASPORTI 49-53 mediano 88 84 90 99 108
TRASPORTI 49-53 n.oss 5,902 999 398 302 169
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 medio 112 79 71 65 64
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 mediano 82 69 61 57 60
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 n.oss 21,357 1,697 471 245 137
COMM. AL DETTAGLIO 47 medio 117 83 72 87 65
COMM. AL DETTAGLIO 47 mediano 78 65 59 62 57
COMM. AL DETTAGLIO 47 n.oss 9,778 777 236 156 139
SERVIZI 55-82 medio 152 128 137 134 144
SERVIZI 55-82 mediano 77 85 87 96 112
SERVIZI 55-82 n.oss 36,803 2,911 1,021 674 416
TOTALE 05-82 medio 149 115 109 107 106
TOTALE 05-82 mediano 89 91 88 87 85
TOTALE 05-82 n.oss 124,554 15,381 5,619 3,356 1,695

Fonte dati: elaborazione propria

Inoltre, il confronto tra l’andamento complessivo tra valori medi e mediani può restituire
osservazioni contraddittorie. In particolare:

- Osservando i valori medi, in tutti i settori (ad eccezione di quello dei trasporti e
dei servizi, dove l’andamento è discontinuo) l’aumento della dimensione
comporta una riduzione più o meno significativa dei giorni di pagamento;
- Osservando i valori mediani, i settori della manifattura, del commercio
all’ingrosso e del commercio al dettaglio confermano il trend discendente
osservato per i valori medi. I settori dei servizi e dei trasporti mostrano

67
complessivamente un allungamento dei tempi di pagamento all’aumentare della
dimensione e i settori e i settori edile ed estrattivo mostrano un andamento
incostante.

In generale, Il valore medio più alto si registra nella categoria delle imprese estrattive
con meno di 20 dipendenti, ancora una volta probabilmente a causa degli investimenti
in beni durevoli, a cui si associano più lunghe scadenze nei pagamenti. Il tempo di
pagamento più breve è conteso tra il settore del commercio al dettaglio e quello del
commercio all’ingrosso, entrambi nella categoria di impresa tra 51 e 100 dipendenti.
Questo si può ricondurre alla disponibilità di liquidi tipica dei settori del commercio.

Tabella 25: statistiche descrittive, giorni di pagamento per età e settore, esercizio 2013

GIORNI DI PAGAMENTO, PER ETA' E SETTORE


SETTORE ATECO VALORE 0-5 6-10 11-20 >20
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 medio 387 307 233 191
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 mediano 338 127 138 112
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 n.oss 5 32 118 421
COSTRUZIONI 41-43 medio 181 206 211 215
COSTRUZIONI 41-43 mediano 101 104 114 118
COSTRUZIONI 41-43 n.oss 1,400 5,033 8,651 7,885
MANIFATTURA 10-33 medio 173 149 133 114
MANIFATTURA 10-33 mediano 112 97 99 91
MANIFATTURA 10-33 n.oss 773 3,308 13,526 24,865
TRASPORTI 49-53 medio 219 175 150 131
TRASPORTI 49-53 mediano 122 100 89 82
TRASPORTI 49-53 n.oss 371 1,296 2,804 3,299
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 medio 133 120 111 102
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 mediano 82 76 83 78
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 n.oss 770 2,878 8,284 11,975
COMM. AL DETTAGLIO 47 medio 101 110 115 112
COMM. AL DETTAGLIO 47 mediano 72 71 77 77
COMM. AL DETTAGLIO 47 n.oss 502 1,747 4,158 4,679
SERVIZI 55-82 medio 145 155 147 151
SERVIZI 55-82 mediano 76 75 79 81
SERVIZI 55-82 n.oss 2,317 9,496 17,097 12,915
TOTALE 05-82 medio 156 159 146 132
TOTALE 05-82 mediano 89 86 91 88
TOTALE 05-82 n.oss 6,138 23,790 54,638 66,039

Fonte dati: elaborazione propria

68
Nella tabella 25 sono presentate le suddivisioni sulla base dell’età. Per quanto attiene il
valor medio del campione complessivo, all’aumentare dell’età si assiste a una riduzione
nei tempi di pagamento mentre – relativamente al valore mediano – il numero di giorni
di pagamento è pressoché costante al variare dell’età. Combinando le due constatazioni,
sembrerebbe che i tempi di pagamento siano trasversalmente omogenei sebbene
l’essere sul mercato da più tempo – beneficiando magari di una maggiore capacità di
finanziamento – dia origine a fenomeni particolari di accorciamento delle dilazioni
concesse che fanno discostare il valor medio da quello mediano.

Rispetto a quanto osservato per la suddivisione su base dimensionale, nelle suddivisioni


sulla base dell’età gli andamenti tra valori medi e mediano sono tra loro coerenti (ad
eccezione del valor medio dei servizi e del valor mediano del commercio all’ingrosso, in
cui gli andamenti risultano grosso modo stabili.

I settori che registrano una complessiva diminuzione dei giorni di pagamento


all’aumentare dell’età di impresa sono quello estrattivo, quello della manifattura, dei
trasporti e del commercio all’ingrosso. Registrano al contrario un trend positivo quello
delle costruzioni, del commercio al dettaglio e dei servizi.

Il valor medio più alto è quello della industria estrattiva di più recente costituzione.
Premesso che il numero di osservazioni risulta essere molto limitato, detta circostanza
si spiega col fatto che un’impresa estrattiva con meno di 5 anni di età è ancora nelle fasi
di investimento iniziale e non è pertanto ancora in grado di generare cash flow; da ciò
discende il lunghissimo tempo di pagamento. Il tempo medio più breve è mostrato dalla
giovane impresa di commercio al dettaglio. In questo caso si può pensare che i fornitori
considerino pericoloso fare credito a esercizi aperti da poco e che – pertanto –
desiderino essere pagati celermente al fine di minimizzare i rischi.

Specularmente a quanto mostrato nelle tabelle 24 e 25 per i giorni di pagamento, nelle


tabelle 26 e 27 vengono indicati i giorni di incasso. In queste ultime due tabelle non si
registrano differenze tra gli andamenti mostrati dai valori medi e quelli indicati dai valori
mediani.

69
Con riguardo alla tabella 26 – ad eccezione dei settori edile e dei servizi, gli andamenti
mostrano una generale riduzione dei tempi di incasso all’aumentare della dimensione
specifica d’impresa. Detta constatazione sembrerebbe suggerire che le imprese più
grandi siano disposte a concedere complessivamente meno.

Tabella 26: statistiche descrittive, giorni di incasso per numero di addetti e settore, esercizio 2013

GIORNI DI INCASSO, PER NUMERO DI ADDETTI E SETTORE


SETTORE ATECO VALORE <20 21-50 51-100 101-250 >250
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 medio 205 156 124 124 54
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 mediano 148 152 123 82 53
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 n.oss 477 70 14 14 5
COSTRUZIONI 41-43 medio 149 166 156 169 166
COSTRUZIONI 41-43 mediano 99 139 137 140 114
COSTRUZIONI 41-43 n.oss 20,311 1,447 384 171 63
MANIFATTURA 10-33 medio 120 101 92 86 70
MANIFATTURA 10-33 mediano 101 93 86 80 63
MANIFATTURA 10-33 n.oss 29,728 7,560 3,110 1,795 767
TRASPORTI 49-53 medio 125 101 101 87 81
TRASPORTI 49-53 mediano 94 87 85 69 70
TRASPORTI 49-53 n.oss 6,053 1,024 400 306 170
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 medio 106 89 83 75 64
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 mediano 87 87 81 67 57
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 n.oss 21,572 1,706 473 244 138
COMM. AL DETTAGLIO 47 medio 42 33 24 34 14
COMM. AL DETTAGLIO 47 mediano 12 10 8 10 7
COMM. AL DETTAGLIO 47 n.oss 9,785 796 236 155 139
SERVIZI 55-82 medio 122 97 105 108 106
SERVIZI 55-82 mediano 86 82 89 95 96
SERVIZI 55-82 n.oss 36,953 2,933 1,038 685 416
TOTALE 05-82 medio 117 102 96 92 78
TOTALE 05-82 mediano 89 91 87 81 65
TOTALE 05-82 n.oss 124,879 15,536 5,655 3,370 1,698

Fonte dati: elaborazione propria

Il settore delle costruzioni sembra invece mostrare una singolare forma discontinua:
osservando i valori mediani si nota come le imprese più piccole, le medie e le più grandi
abbiano tempo di incasso inferiore rispetto alla seconda e alla quarta classe.

Il settore dei servizi – se tolta la prima classe dimensionale – mostra un andamento


pressoché crescente. Il fatto che la prima classe dimensionale indichi un tempo di
incasso più lungo potrebbe dipendere dal fatto che lo strumento del credito

70
commerciale possa essere usato quale leva del marketing al fine della promozione delle
vendite.

Con riguardo alla tabella 27, valori medi e mediani presentano ovunque (ad eccezione
del settore della manifattura e dei trasporti) andamenti crescenti dei giorni di incasso
all’aumentare dell’età.

Tabella 27: statistiche descrittive, giorni di incasso per età e settore, esercizio 2013

GIORNI DI INCASSO, PER ETA' E SETTORE


SETTORE ATECO VALORE 0-5 6-10 11-20 >20
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 medio 150 187 189 197
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 mediano 168 109 139 149
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 n.oss 6 32 118 424
COSTRUZIONI 41-43 medio 108 126 156 166
COSTRUZIONI 41-43 mediano 72 82 111 119
COSTRUZIONI 41-43 n.oss 1,335 4,948 8,483 7,610
MANIFATTURA 10-33 medio 107 107 118 110
MANIFATTURA 10-33 mediano 87 89 101 95
MANIFATTURA 10-33 n.oss 820 3,568 13,682 24,890
TRASPORTI 49-53 medio 103 112 125 118
TRASPORTI 49-53 mediano 87 87 95 90
TRASPORTI 49-53 n.oss 390 1,376 2,869 3,318
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 medio 94 96 106 106
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 mediano 68 72 89 89
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 n.oss 787 2,994 8,370 11,982
COMM. AL DETTAGLIO 47 medio 27 27 40 47
COMM. AL DETTAGLIO 47 mediano 4 5 11 15
COMM. AL DETTAGLIO 47 n.oss 510 1,801 4,139 4,661
SERVIZI 55-82 medio 89 105 123 132
SERVIZI 55-82 mediano 61 74 92 93
SERVIZI 55-82 n.oss 2,326 9,733 17,126 12,840
TOTALE 05-82 medio 92 103 118 117
TOTALE 05-82 mediano 65 73 93 92
TOTALE 05-82 n.oss 6,174 24,452 54,787 65,725

Fonte dati: elaborazione propria

I settori della manifattura e dei trasporti – non in contrasto con il generale trend
crescente del totale – sono però anomali per specifiche classi di impresa: la manifattura
tra i 10 e i 20 mostra tempi più lunghi rispetto alle altre classi mentre il settore dei
trasporti mostra una quarta classe con tempi di incasso più brevi.

71
A questo punto – sebbene consapevoli che i dati sono calcolati con metodologie molto
diverse9 - vale la pena di fare un confronto tra i giorni di incasso così ottenuti relativi
all’esercizio 2013 e i dati sui giorni di incasso rilevati da Atradius (2014) (per quanto
attiene il valore aggregato) e Intrum Justitia (2014) (per quanto attiene ai singoli settori)
relativamente alla primavera del 2014.

Atradius e Intrum Justitia ricavano le conclusioni intervistando i propri clienti in merito


alle condizioni prevalentemente praticate sul mercato. Supponendo che le imprese che
hanno esigenze di gestione del credito tali da rivolgersi a società specializzate siano
quelle di dimensioni medio grandi, pare logico confrontare i dati di Atradius e Intrum
Justitia con le imprese della quarta e quinta classe della dimensione per addetto, ovvero
quelle con più di 100 addetti. In particolare:

- Considerando i dati aggregati, i dati esposti in tabella 26 mostrano un valor


medio winsorizzato pari a 78 giorni e un valor mediano pari a 65, contro un valor
medio della durata degli incassi10 dichiarato da Atradius pari a 64;
- Considerando il settore della manifattura, il dato medio winsorizzato ottenuto è
pari a 70 giorni e il valore mediano è pari 63 giorni mentre – secondo le
statistiche di Intrum Justitia (2014) – il tempo medio di incasso è pari a circa 60
giorni;
- Considerando il settore dell’edilizia, il dato medio winsorizzato ottenuto è pari a
166 giorni e il valore mediano è pari 114 giorni. Al contrario – secondo Intrum
Justitia (2014) – il tempo medio di incasso è pari a circa 63 giorni;
- Considerando il settore dei servizi, il dato medio winsorizzato ottenuto è pari a
106 giorni e il valore mediano è pari 96 giorni. Al contrario – secondo Intrum
Justitia (2014) – il tempo medio di incasso è pari a circa 45 giorni;

A seguito del confronto dei valori appena sopra – prendendo come più omogeneo il
valore mediano – i valori relativi ai dati aggregati e al settore della manifattura appaiono
pienamente assimilabili.

9
Per le modalità di calcolo dei giorni di incasso di Atradius e Intrum Justitia si rimanda a quanto detto
nell’introduzione.
10
Il tempo medio di incasso dichiarato da Atradius e Intrum Justitia comprende sia i tempi
contrattualmente concordati che l’effettivo ritardo

72
Con riguardo invece ai servizi e all’edilizia sarà chiaro al lettore che vi è un totale
scollamento tra i dati rilevati Intrum Justitia e quanto emerso dalle statistiche di questo
lavoro. Con riguardo all’edilizia – dato il forte periodo di crisi che il settore sta
attraversando – lo scollamento appare imputabile alla condizione patologica in cui
versava nel 2013 il mercato degli immobili.

Con riguardo invece al settore dei servizi - non riuscendo a trovare una rilevazione terza
al fine di ulteriore confronto, chi scrive ritiene che detta differenza sia probabilmente
riconducibile a un campione non sufficientemente grande nell’elaborazione delle
statistiche di Intrum Justitia. Inoltre, il mercato potenziale di una grande multi-utility è
tipicamente il territorio italiano: pare quindi plausibile che imprese che non competono
sui mercati internazionali - rivolgendosi quasi esclusivamente al mercato interno italiano
– scontino un generale allungamento nei tempi di incasso.

Tanto premesso, passiamo ora con la tabella 28 a una analisi statistica descrittiva sulla
composizione delle fonti e degli impieghi delle imprese del campione, relativamente
all’esercizio 2013.

I primi due prospetti mostrano inoltre il variare della composizione di fonti e impieghi
sulla base della dimensione d’impresa. Per dimensione d’impresa si è preso a
riferimento il numero di dipendenti alla chiusura dell’esercizio. I secondi due prospetti
della tabella mostrano invece il variare della composizione al variare dell’età
dell’impresa. Vengono riportati nella prima colonna i valori medi assoluti e nella seconda
i valori medi in proporzione al totale attivo.

In questa statistica non è stata applicata la winsorizzazione, ritenuta in questo caso non
necessaria stante l’applicazione del metodo algoritmico.

Venendo ora alla definizione degli indicatori esposti, il “patrimonio netto” consiste della
voce “A” del passivo di stato patrimoniale, secondo gli schemi civilistici che il lettore può
trovare in appendice 1. I “debiti bancari” corrispondono alla voce “D.4” (così come
ottenuti dalla sommatoria delle voci d.4 in separata indicazione), i “debiti commerciali”
alla voce “D.7”, con “altri debiti” si intende la differenza “D-D.4-D.7” (tipicamente
obbligazioni oltre che - ad esempio - debiti nei confronti di imprese controllate,

73
controllanti e collegate). Con “altre voci del passivo” si intende infine la sommatoria
“B+C+E”, costituita da fondi per rischi ed oneri, trattamento di fine rapporto e ratei e
risconti passivi.

Passando ora all’attivo patrimoniale, con “immobilizzazioni immateriali” si intende il


valore della voce “B.II” dell’attivo, al lordo del fondo di ammortamento (ovvero al costo
storico). Con “altre immobilizzazioni” si intende la differenza “B-B.II”, valore che risulta
essere indicato al netto del fondo di ammortamento, contenente immobilizzazioni
immateriali e finanziarie (tipicamente quote di capitale di imprese controllate,
controllanti o collegate). Con “rimanenze” si intende la voce “C.I”, composta da materie
prime, prodotti in corso di lavorazione, prodotti finiti, etc. Con “disponibilità liquide” si
intende la voce “C.IV” contenente i depositi bancari o postali, portafoglio assegni e cassa
contanti. Con “altre voci dell’attivo” si intende residualmente tutto ciò che non è stato
considerato nelle voci precedenti.

La prima cosa che balza all’occhio è la numerosità delle diverse classi: l’83,10% delle
imprese ha meno di 20 dipendenti, il 10% tra 21 e 50 dipendenti, etc.

Stando ai dati Istat relativi al 2013 – i quali considerano tuttavia anche professionisti e
società di persone (i quali non sono tenuti a depositare il bilancio al registro imprese,
quindi non venendo considerati dalla banca dati AIDA) - il 96% delle imprese italiane ha
meno di 4 dipendenti dichiarati. Al contrario, il dataset impiegato mostra una quota di
imprese con numero di addetti fino a 4 pari al 42,53%. In tal senso, la differenza tra 96
e 42,53% lascia intuire quante piccole imprese – non depositando il bilancio in camera
di commercio o non indicando il dettaglio di debiti e crediti – siano state escluse dal
campione. Ciò premesso - per le motivazioni sopra indicate - questo studio non
considera una considerevole quota di piccola impresa, rivolgendosi piuttosto a quella
media e grande.

74
STRUTTURA FINANZIARIA PER DIMENSIONE DI IMPRESA, VALORI MEDI IN MIGLIAIA DI EURO

N. DIPENDENTI <20 21-50 51-100 101-250 251-500 >500 TOT


N.OSSERVAZIONI 131.505 15.947 5.708 3.391 959 745 158.254
% SUL TOTALE 83,10% 10,08% 3,61% 2,14% 0,61% 0,47% 100%
PATRIMONIO NETTO 882,73 37% 3.571,14 36% 8.110,53 36% 18.567,42 36% 56.263,97 35% 283.355,90 35% 3.457,89 35%
DEBITI BANCARI 397,37 16% 1.793,34 18% 3.848,30 17% 7.623,26 15% 22.492,88 14% 65.232,89 8% 1.288,51 13%
DEBITI COMMERCIALI 342,97 14% 1.743,02 18% 4.279,13 19% 8.800,07 17% 23.519,20 14% 81.998,80 10% 1.369,21 14%
ALTRI DEBITI 657,19 27% 2.046,21 21% 5.250,15 23% 13.662,32 26% 52.365,97 32% 323.663,50 40% 3.175,68 32%
ALTRE VOCI DEL PASSIVO 132,25 5% 713,91 7% 1.274,68 6% 3.343,38 6% 7.819,22 5% 58.418,78 7% 621,74 6%
TOTALE 2.412,50 100% 9.867,62 100% 22.762,79 100% 51.996,45 100% 162.461,24 100% 812.669,87 100% 9.913,03 100%

Fonte dati: elaborazione propria


STRUTTURA DELL'ATTIVO PER DIMENSIONI DI IMPRESA, VALORI MEDI IN MIGLIAIA DI EURO

IMM. MATERIALI 549,21 23% 2.213,99 22% 4.747,73 21% 11.295,38 22% 24.521,25 15% 188.731,10 23% 2.129,44 21%
ALTRE IMMOBILIZZAZIONI 559,07 23% 1.618,10 16% 3.516,25 15% 7.750,60 15% 53.531,03 33% 277.366,50 34% 2.549,65 26%
RIMANENZE 372,87 15% 1.636,40 17% 3.785,60 17% 10.257,96 20% 18.350,66 11% 62.667,50 8% 1.237,08 12%
CREDITI COMMERCIALI 449,68 19% 2.409,61 24% 5.872,51 26% 11.417,17 22% 26.442,62 16% 81.061,05 10% 1.645,80 17%
DISPONIBILITA' LIQUIDE 163,87 7% 678,23 7% 1.514,36 7% 3.502,55 7% 8.330,04 5% 29.012,53 4% 521,16 5%
ALTRE VOCI DELL' ATTIVO 317,80 13% 1.311,30 13% 3.326,33 15% 7.772,80 15% 31.285,65 19% 173.831,19 21% 1.829,89 18%
TOTALE 2.412,50 100% 9.867,62 100% 22.762,79 100% 51.996,45 100% 162.461,24 100% 812.669,87 100% 9.913,03 100%

STRUTTURA FINANZIARIA PER ETA' DI IMPRESA, VALORI MEDI IN MIGLIAIA DI EURO

N. DIPENDENTI 0-5 6-10 11-20 >20 TOT


N.OSSERVAZIONI 6.587 26.004 57.263 68.400 158.254
% SUL TOTALE 4% 16% 36% 43% 100%
PATRIMONIO NETTO 289,89 30% 828,25 28% 2.186,85 29% 5.826,77 38% 3.457,89 35%
DEBITI BANCARI 65,85 7% 136,28 5% 1.014,77 13% 2.044,07 13% 1.288,51 13%
DEBITI COMMERCIALI 247,55 26% 541,81 18% 1.039,49 14% 2.044,61 13% 1.369,21 14%
ALTRI DEBITI 307,05 32% 1.293,00 44% 2.760,23 37% 4.464,88 29% 3.175,68 32%
Tabella 28: composizione delle fonti e degli impieghi per dimensione ed età d'impresa

ALTRE VOCI DEL PASSIVO 51,54 5% 159,35 5% 523,65 7% 934,55 6% 621,74 6%


TOTALE 961,87 100% 2.958,69 100% 7.525,00 100% 15.314,88 100% 9.913,03 100%

STRUTTURA DELL'ATTIVO PER ETA' DI IMPRESA, VALORI MEDI IN MIGLIAIA DI EURO

IMM. MATERIALI 168,99 18% 796,66 27% 1.423,64 19% 3.415,81 22% 2.129,44 21%
ALTRE IMMOBILIZZAZIONI 202,16 21% 509,19 17% 2.405,11 32% 3.672,45 24% 2.549,65 26%
RIMANENZE 149,17 16% 302,42 10% 855,71 11% 2.016,46 13% 1.237,08 12%
CREDITI COMMERCIALI 203,00 21% 538,33 18% 1.180,45 16% 2.587,08 17% 1.645,80 17%
DISPONIBILITA' LIQUIDE 91,80 10% 237,01 8% 356,87 5% 808,07 5% 521,16 5%
ALTRE VOCI DELL' ATTIVO 146,75 15% 575,07 19% 1.303,22 17% 2.815,01 18% 1.829,89 18%
TOTALE 961,87 100% 2.958,69 100% 7.525,00 100% 15.314,88 100% 9.913,03 100%

75
Passando ora al commento della tabella 29, si osserva come il livello di
patrimonializzazione sia pressoché costante al variare della dimensione, con un valore
che oscilla nell’intorno del 36% del totale passività.

L’incidenza dei debiti bancari e commerciali è invece proporzionalmente decrescente


all’aumentare della dimensione d’impresa, sebbene la classe delle imprese con meno di
20 addetti appaia meno indebitata sul piano bancario e commerciale rispetto alle classi
successive. Questo può trovare giustificazione nel fatto che la piccola impresa può
risultare colpita da fenomeni di razionamento a causa dell’asimmetria informativa tipica
della propria dimensione.

Gli altri debiti sembrano invece essere discretamente rilevanti nella classe della piccola
impresa (probabilmente a causa dei finanziamenti degli stessi soci), meno importanti
nella fascia media e di nuovo cospicui nella grande impresa (questa volta a causa delle
obbligazioni).

Riguardo invece all’attivo, la voce immobilizzazioni materiali appare discendente


all’aumentare della dimensione, salvo poi risalire per l’ultima classe dimensionale. La
voce “altre immobilizzazioni” risulta sostenuta nella piccola impresa e nella grande, oltre
a mostrare un basso livello nelle classi intermedie. Va precisato che – tuttavia – il valore
delle immobilizzazioni iscritte a bilancio può essere falsato dalla presenza di beni in
leasing: la disciplina civilistica – al contrario dei principi contabili internazionali (nello
specifico lo IAS 17, il quale prescrive la contabilizzazione secondo il metodo
patrimoniale) – prevede la contabilizzazione del leasing secondo il metodo patrimoniale.
Detto metodo comporta che – non rientrando nella proprietà dell’impresa – il valore di
acquisto del bene oggetto del leasing non venga esposto a patrimonio, limitandosi a
considerarne i canoni corrisposti in conto economico.

Al contrario, il principio contabile internazionale – considerando il contratto di leasing


alla stregua di un contratto di finanziamento – prevede la contabilizzazione a patrimonio
del valore di acquisto del bene (costo pagato materialmente dalla società di leasing) e la
contestuale iscrizione della quota capitale da pagarsi alla società di leasing tra i debiti
tra le fonti.

76
Ciò premesso, la risalita del livello di immobilizzazioni per le ultime classi dimensionali
di impresa si può spiegare col fatto che – al superamento di certe soglie dimensionali e
in presenza di certi fattori istituzionali11 – le imprese redigono i bilanci secondo i
dettami dei principi contabili internazionali, esponendo quindi anche il valore de i beni
nella disponibilità dell’impresa a seguito di contratti di locazione finanziaria.

Il livello delle rimanenze – mostrando complessivamente un andamento a campana -


appare stabile intorno al 17% per imprese fino a 250 addetti, per poi crollare al
superamento di tale soglia. In relazione al campione nel complesso, il valore delle
rimanenze risulta essere composto per il 67% da prodotti finiti e la restante parte da
materie prime e prodotti semilavorati. Il livello dei prodotti finiti è tuttavia alquanto
variabile e incostante al variare della dimensione di impresa: esso si attesta – in rapporto
al totale rimanenze – pari mediamente al 24% per le imprese fino a 20 addetti, al 57%

11
Si ricorda che gli IAS/IFRS sono principi contabili approvati dall’International Accounting Standard Board
(IASB), adottati ai sensi del regolamento (CE) n. 1606/2002. L’applicazione dei principi contabili
internazionali in ambito europeo è volta ad armonizzare l’informativa finanziaria presentata dalle società,
garantendo per questa via un maggior livello di trasparenza e comparabilità dei bilanci. Sul piano
nazionale, i principi contabili internazionali sono stati recepiti nel nostro ordinamento con il D.Lgs. n.
38/2005, contenente una serie di disposizioni tese ad armonizzare l’applicazione dei principi in oggetto
con la normativa fiscale interna in materia di reddito d’impresa. Il provvedimento, in particolare, ha
distinto tra soggetti obbligati a redigere il bilancio d’esercizio e consolidato sulla base dei principi contabili
internazionali e soggetti cui è attribuita la facoltà di applicare gli IAS/IFRS per la redazionale del bilancio.
Più precisamente, l’applicazione dei principi contabili internazionali è obbligatoria per i seguenti soggetti:
società quotate, società aventi strumenti finanziari diffusi tra il pubblico, istituti di credito e intermediari
finanziari sottoposti a vigilanza della Banca d’Italia, società finanziarie capogruppo dei gruppi bancari,
società di intermediazione mobiliare (SIM) e capogruppo dei gruppi di SIM, società di gestione del
risparmio (SGR), intermediari finanziari disciplinati dal TUB e istituti di moneta elettronica (IMEL) e di
pagamento. Per le imprese di assicurazione l’obbligo è limitato alle sole società emittenti strumenti
finanziari quotati e che non redigono il bilancio consolidato. L’applicazione degli IAS/IFRS è invece
possibile, su base facoltativa, per le società incluse in un bilancio consolidato redatto secondo tali principi,
nonché per le società che redigono il bilancio consolidato. Sono invece escluse dall’applicazione degli
IAS/IFRS le società di capitali ammesse alla redazione del bilancio in forma abbreviata (ex. art. 2435-bis
c.c.), le società di persone e le imprese individuali. Per le società diverse da quelle indicate, l’art. 4 comma
6, D.Lgs. n. 38/2005, consentiva di fruire di tale facoltà a decorrere dall’esercizio che sarebbe stato
individuato con un apposito decreto interministeriale. Tuttavia, tale decreto (di competenza congiunta
dei Ministeri dell’Economia e della Giustizia) non è stato mai emanato, con conseguente inoperatività
della disposizione. Ciò premesso, l’art. 20, comma 2, del D.L. 91/2014, con una modifica del citato art. 4,
comma 6, elimina il riferimento al previsto decreto interministeriale, consentendo pertanto alle società
diverse da quelle obbligate o che possono applicare i principi contabili internazionali, non incluse in un
bilancio consolidato, di redigere il bilancio d’esercizio in conformità agli IAS/IFRS senza dover attendere
la relativa disposizione autorizzativa.

77
per le imprese tra 21 e 50 addetti, al 36% tra 51 e 100 addetti, al 27% tra 101-250, al 37
tra 251 e 500 addetti e pari al 46% oltre 500.

Per quanto riguarda i crediti commerciali, l’andamento si configura discontinuo: la classi


estreme sono quelle che concedono minore credito mentre – al contrario – i maggiori
utilizzatori di crediti commerciali si attestano essere le classi dimensionali intermedie.
Ciò farebbe pensare – posto che le imprese di grandi dimensioni mostrano un pari livello
di crediti commerciali – che esse si avvalgano della propria forza contrattuale al fine di
convenire pagamenti più rapidi. Al contempo, le imprese più piccole concedono credito
commerciale per 5 punti percentuali in più di quanto ricevano crediti commerciali. In
questo caso, dati anche i livelli di indebitamento bancario, si può pensare che la
concessione di credito commerciale sia vincolato alla gestione della tesoreria della
piccola impresa.

Le disponibilità liquide – così come le altre voci dell’attivo – risultano stabili al variare
della dimensione di impresa, attestandosi rispettivamente in un intorno del 5% e del
13%. Le disponibilità liquide risultano essere composte per oltre il 90% da depositi
bancari e solo e solo in maniera residuale da cassa contanti e cassa assegni. Ciò posto,
dal momento che i depositi bancari vanno iscritti nell’attivo o nel passivo a seconda che
presentino un saldo a credito o a debito, un indicatore più efficace in merito al
complessivo indebitamento bancario dell’impresa può essere ricavato dall’osservazione
della differenza tra indebitamento bancario e disponibilità liquide. Così facendo si nota
che - risultando il livello di disponibilità liquide di molto inferiore al debito bancario – la
posizione complessivamente esposta deve considerarsi a debito.

Con riferimento alla terza parte della tabella 24 che espone la composizione delle fonti
per classi di età, non si riscontra un trend costante nel livello di patrimonio netto al
variare dell’età dell’impresa.

Il debito bancario pare invece crescere proporzionalmente all’allungarsi della storia


dell’impresa. Quest’ultima osservazione è coerente con la teoria che presuppone lo
sviluppo del rapporto bancario a partire dall’acquisizione di informazione nel tempo da
parte dell’intermediario, il quale riesce pertanto a valutare meglio il rischio del
prenditore concedendo maggiore finanziamento.

78
Pare invece scendere il livello del debito commerciale all’aumentare dell’età
dell’impresa, la qual cosa sembra suggerire che vi possa essere sostituibilità tra prestito
bancario e prestito commerciale, suggerendo una preferenza – avendo opportunità di
scegliere - nei confronti del debito bancario. Il che sembrerebbe suggerire ulteriormente
una sorta di gerarchia di costo tra debito commerciale e debito bancario al variare
dell’età dell’impresa. Non si ravvisa invece un trend univoco nelle variazioni interclasse
del livello degli altri debiti. Le altre voci del passivo si attestano stabili al variare dell’età
dell’impresa.

Per quanto attiene invece la composizione degli impieghi al variare dell’età di impresa,
le immobilizzazioni materiali – ad eccezione della classe 6-10 anni - si attestano stabili in
un intorno del 20%. Lo stesso dicasi per le altre immobilizzazioni, le quali rivelano un
picco al ribasso nella classe 6-10 e uno al rialzo nella classe 11-20. Inoltre, le rimanenze
si mostrano piuttosto stabili, sebbene le imprese più giovani sembrino possederne un
livello complessivamente maggiore.

Con riferimento ai crediti commerciali, essi sembrano avere una maggiore incidenza
nella prima classe di età. Questa circostanza sembrerebbe confermare l’idea che
imprese più giovani concedano più credito con finalità di espansione sul mercato e per
consentire la verifica della qualità del proprio prodotto.

Le disponibilità liquide – fatto salvo un picco positivo sulla impresa fino a 10 anni – si
mostrano piuttosto stabili al variare dell’età.

Le altre voci dell’attivo sono complessivamente stabili.

Le tabelle da 29 a 31 ripropongono – con specifico riferimento al settore manifatturiero,


edile e dei servizi - quanto fatto in tabella 28 sul campione complessivo.

La prima cosa che si può notare è la diversa distribuzione delle imprese sulla base della
dimensione per numero di addetti: si osserva infatti che il settore edile e dei servizi è
costituito rispettivamente dal 91,35% e dall’88,10% di imprese con meno di venti
addetti, con percentuali minime per le classi di imprese al di sopra di tale soglia. Al
contrario, la manifattura ha una percentuale di imprese al di sotto dei venti dipendenti
pari a meno del 70%, con quote rilevanti di imprese tra i 21 e i 250 addetti.

79
STRUTTURA FINANZIARIA PER DIMENSIONE DI IMPRESA, MANIFATTURA, VALORI MEDI IN MIGLIAIA DI EURO

80
N. DIPENDENTI <20 21-50 51-100 101-250 251-500 >500 TOT
N.OSSERVAZIONI 30.908 7.728 3.118 1.799 467 303 44.322
% SUL TOTALE 69,74% 17,44% 7,03% 4,06% 1,05% 0,68% 100%
PATRIMONIO NETTO 796,94 35% 3.181,18 36% 8.111,25 39% 19.387,55 38% 54.638,03 41% 200.519,10 37% 4.411,71 37%
DEBITI BANCARI 404,15 18% 1.653,67 19% 4.011,54 19% 8.669,79 17% 20.196,08 15% 45.806,47 8% 1.776,05 15%
DEBITI COMMERCIALI 391,10 17% 1.654,58 19% 3.711,89 18% 9.061,02 18% 20.887,41 16% 80.012,80 15% 2.010,36 17%
ALTRI DEBITI 514,96 23% 1.563,43 18% 4.040,28 19% 10.765,65 21% 29.551,29 22% 170.130,00 31% 2.908,42 24%
ALTRE VOCI DEL PASSIVO 169,72 7% 699,02 8% 1.178,07 6% 2.840,36 6% 7.327,05 6% 45.599,26 8% 826,93 7%
TOTALE 2.276,86 100% 8.751,89 100% 21.053,02 100% 50.724,37 100% 132.599,86 100% 542.067,63 100% 11.933,47 100%

Fonte dati: elaborazione propria


STRUTTURA DELL'ATTIVO PER DIMENSIONI DI IMPRESA, MANIFATTURA, VALORI MEDI IN MIGLIAIA DI EURO

IMM. MATERIALI 553,24 24% 2.081,45 24% 4.750,76 23% 11.050,59 22% 27.785,56 21% 90.538,10 17% 2.441,81 20%
ALTRE IMMOBILIZZAZIONI 389,88 17% 869,51 10% 2.537,24 12% 6.541,63 13% 25.586,90 19% 142.802,20 26% 2.109,74 18%
RIMANENZE 288,11 13% 1.738,50 20% 4.409,79 21% 10.719,03 21% 24.700,04 19% 83.884,80 15% 2.082,27 17%
CREDITI COMMERCIALI 557,97 25% 2.380,86 27% 5.429,60 26% 12.267,16 24% 24.659,29 19% 73.682,84 14% 2.491,76 21%
DISPONIBILITA' LIQUIDE 172,06 8% 697,21 8% 1.595,36 8% 3.591,35 7% 6.970,64 5% 19.489,90 4% 705,92 6%
ALTRE VOCI DELL' ATTIVO 315,61 14% 984,36 11% 2.330,28 11% 6.554,61 13% 22.897,43 17% 131.669,79 24% 2.101,97 18%
TOTALE 2.276,86 100% 8.751,89 100% 21.053,02 100% 50.724,37 100% 132.599,86 100% 542.067,63 100% 11.933,47 100%

STRUTTURA FINANZIARIA PER ETA' DI IMPRESA, MANIFATTURA, VALORI MEDI IN MIGLIAIA DI EURO

N. DIPENDENTI 0-5 6-10 11-20 >20 TOT


N.OSSERVAZIONI 849 3.730 14.132 25.611 44.322
% SUL TOTALE 2% 8% 32% 58% 100%
PATRIMONIO NETTO 294,79 30% 978,20 35% 2.659,21 30% 6.015,27 39% 4.411,71 37%
DEBITI BANCARI 31,43 3% 60,11 2% 1.073,98 12% 2.440,56 16% 1.776,05 15%
DEBITI COMMERCIALI 307,27 31% 520,75 19% 1.313,59 15% 2.640,58 17% 2.010,36 17%
ALTRI DEBITI 269,50 27% 962,18 35% 3.278,19 37% 3.048,25 20% 2.908,42 24%
ALTRE VOCI DEL PASSIVO 89,74 9% 241,02 9% 553,03 6% 1.087,84 7% 826,93 7%
TOTALE 992,74 100% 2.762,25 100% 8.878,00 100% 15.232,49 100% 11.933,47 100%

STRUTTURA DELL'ATTIVO PER ETA' DI IMPRESA, MANIFATTURA, VALORI MEDI IN MIGLIAIA DI EURO

IMM. MATERIALI 203,11 20% 436,71 16% 1.396,45 16% 3.384,88 22% 2.441,81 20%
ALTRE IMMOBILIZZAZIONI 109,79 11% 599,30 22% 1.958,08 22% 2.479,70 16% 2.109,74 18%
RIMANENZE 153,30 15% 418,69 15% 1.706,08 19% 2.596,08 17% 2.082,27 17%
CREDITI COMMERCIALI 280,53 28% 557,39 20% 1.590,32 18% 3.336,51 22% 2.491,76 21%
Tabella 29: composizione delle fonti e degli impieghi per dimensione ed età d'impresa, settore manifatturiero

DISPONIBILITA' LIQUIDE 116,68 12% 243,38 9% 391,36 4% 966,39 6% 705,92 6%


ALTRE VOCI DELL' ATTIVO 129,32 13% 506,79 18% 1.835,72 21% 2.468,94 16% 2.101,97 18%
TOTALE 992,74 100% 2.762,25 100% 8.878,00 100% 15.232,49 100% 11.933,47 100%
STRUTTURA FINANZIARIA PER DIMENSIONE DI IMPRESA, EDILIZIA, VALORI MEDI IN MIGLIAIA DI EURO

N. DIPENDENTI <20 21-50 51-100 101-250 251-500 >500 TOT


N.OSSERVAZIONI 22.326 1.488 389 173 33 30 24.439
% SUL TOTALE 91,35% 6,09% 1,59% 0,71% 0,14% 0,12% 100%
PATRIMONIO NETTO 901,41 27% 4.589,39 29% 6.893,61 23% 14.169,62 12% 58.880,58 23% 149.821,40 21% 1.576,36 24%
DEBITI BANCARI 775,53 24% 3.417,57 22% 4.056,94 14% 12.542,68 11% 28.637,22 11% 97.812,57 13% 1.247,21 19%
DEBITI COMMERCIALI 342,46 10% 2.452,55 15% 5.562,60 19% 20.816,95 18% 33.016,53 13% 124.533,80 17% 920,61 14%
ALTRI DEBITI 1.142,08 35% 4.748,02 30% 11.660,38 39% 63.098,20 55% 112.732,70 43% 330.534,20 45% 2.589,38 39%
ALTRE VOCI DEL PASSIVO 121,73 4% 674,19 4% 1.399,07 5% 4.019,32 4% 26.299,12 10% 26.862,73 4% 271,46 4%
TOTALE 3.283,20 100% 15.881,72 100% 29.572,60 100% 114.646,77 100% 259.566,15 100% 729.564,70 100% 6.605,02 100%

Fonte dati: elaborazione propria


STRUTTURA DELL'ATTIVO PER DIMENSIONI DI IMPRESA, EDILIZIA, VALORI MEDI IN MIGLIAIA DI EURO

IMM. MATERIALI 904,92 28% 2.823,97 18% 4.967,11 17% 9.760,59 9% 57.783,18 22% 80.052,13 11% 1.323,07 20%
ALTRE IMMOBILIZZAZIONI 250,18 8% 3.061,46 19% 2.915,71 10% 5.916,44 5% 39.427,09 15% 185.220,60 25% 783,85 12%
RIMANENZE 1.252,46 38% 4.298,05 27% 9.050,79 31% 63.788,95 56% 70.778,85 27% 143.737,00 20% 2.273,50 34%
CREDITI COMMERCIALI 393,51 12% 2.964,15 19% 6.853,21 23% 22.052,75 19% 27.036,85 10% 125.621,00 17% 1.012,73 15%
DISPONIBILITA' LIQUIDE 130,43 4% 814,72 5% 1.400,99 5% 5.679,88 5% 13.021,21 5% 31.054,40 4% 286,97 4%
ALTRE VOCI DELL' ATTIVO 351,70 11% 1.919,37 12% 4.384,79 15% 7.448,17 6% 51.518,97 20% 163.879,57 22% 924,90 14%
TOTALE 3.283,20 100% 15.881,72 100% 29.572,60 100% 114.646,77 100% 259.566,15 100% 729.564,70 100% 6.605,02 100%

STRUTTURA FINANZIARIA PER ETA' DI IMPRESA, EDILIZIA, VALORI MEDI IN MIGLIAIA DI EURO

N. DIPENDENTI 0-5 6-10 11-20 >20 TOT


N.OSSERVAZIONI 1.517 5.542 9.152 8.228 24.439
% SUL TOTALE 6% 23% 37% 34% 100%
PATRIMONIO NETTO 204,78 16% 444,78 22% 804,72 19% 3.449,70 26% 1.576,36 24%
DEBITI BANCARI 179,76 14% 325,78 16% 1.008,32 24% 2.287,96 17% 1.247,21 19%
DEBITI COMMERCIALI 308,17 24% 297,83 15% 667,76 16% 1.704,91 13% 920,61 14%
ALTRI DEBITI 550,36 42% 890,94 44% 1.413,45 34% 5.327,70 40% 2.589,38 39%
ALTRE VOCI DEL PASSIVO 56,03 4% 69,10 3% 240,94 6% 481,43 4% 271,46 4%
TOTALE 1.299,09 100% 2.028,42 100% 4.135,20 100% 13.251,69 100% 6.605,02 100%

STRUTTURA DELL'ATTIVO PER ETA' DI IMPRESA, EDILIZIA, VALORI MEDI IN MIGLIAIA DI EURO
Tabella 30: composizione delle fonti e degli impieghi per dimensione ed età di impresa, settore edile

IMM. MATERIALI 259,07 20% 449,82 22% 1.055,03 26% 2.405,55 18% 1.323,07 20%
ALTRE IMMOBILIZZAZIONI 75,77 6% 115,80 6% 277,96 7% 1.927,06 15% 783,85 12%
RIMANENZE 443,80 34% 802,75 40% 1.269,16 31% 4.718,60 36% 2.273,50 34%
CREDITI COMMERCIALI 209,69 16% 260,07 13% 703,56 17% 2.003,52 15% 1.012,73 15%
DISPONIBILITA' LIQUIDE 91,86 7% 130,79 6% 219,02 5% 503,72 4% 286,97 4%
ALTRE VOCI DELL' ATTIVO 218,90 17% 269,19 13% 610,47 15% 1.693,24 13% 924,90 14%
TOTALE 1.299,09 100% 2.028,42 100% 4.135,20 100% 13.251,69 100% 6.605,02 100%

81
STRUTTURA FINANZIARIA PER DIMENSIONE DI IMPRESA, SERVIZI, VALORI MEDI IN MIGLIAIA DI EURO

82
N. DIPENDENTI <20 21-50 51-100 101-250 251-500 >500 TOT
N.OSSERVAZIONI 38.764 3.059 1.064 696 215 204 44.002
% SUL TOTALE 88,10% 6,95% 2,42% 1,58% 0,49% 0,46% 100%
PATRIMONIO NETTO 1.275,43 46% 4.508,85 47% 8.502,12 32% 18.045,44 40% 40.384,95 32% 131.980,10 32% 2.737,29 39%
DEBITI BANCARI 274,20 10% 1.021,79 11% 3.036,60 11% 4.362,72 10% 8.727,43 7% 37.218,26 9% 681,04 10%
DEBITI COMMERCIALI 208,01 8% 882,58 9% 5.758,00 22% 5.367,10 12% 8.474,16 7% 49.680,83 12% 754,55 11%
ALTRI DEBITI 860,25 31% 2.445,32 26% 7.954,86 30% 12.211,38 27% 61.905,27 49% 166.172,90 40% 2.436,67 35%
ALTRE VOCI DEL PASSIVO 125,23 5% 686,66 7% 1.442,93 5% 4.905,97 11% 6.214,01 5% 31.919,25 8% 448,90 6%
TOTALE 2.743,13 100% 9.545,19 100% 26.694,52 100% 44.892,62 100% 125.705,81 100% 416.971,34 100% 7.058,44 100%

Fonte dati: elaborazione propria


STRUTTURA DELL'ATTIVO PER DIMENSIONI DI IMPRESA, SERVIZI, VALORI MEDI IN MIGLIAIA DI EURO

IMM. MATERIALI 484,16 18% 1.908,00 20% 3.489,09 13% 9.212,20 21% 13.588,80 11% 90.445,31 22% 1.274,97 18%
ALTRE IMMOBILIZZAZIONI 1.290,57 47% 3.521,50 37% 6.879,13 26% 12.887,62 29% 60.228,43 48% 167.896,90 40% 2.824,63 40%
RIMANENZE 58,23 2% 400,39 4% 1.231,60 5% 1.641,62 4% 3.387,12 3% 12.163,30 3% 207,82 3%
CREDITI COMMERCIALI 286,81 10% 1.265,00 13% 6.807,09 25% 7.514,48 17% 14.612,70 12% 54.291,17 13% 962,83 14%
DISPONIBILITA' LIQUIDE 190,38 7% 571,49 6% 1.734,63 6% 3.772,27 8% 8.385,51 7% 11.725,11 3% 404,39 6%
ALTRE VOCI DELL' ATTIVO 432,99 16% 1.878,81 20% 6.552,98 25% 9.864,43 22% 25.503,25 20% 80.449,55 19% 1.383,80 20%
TOTALE 2.743,13 100% 9.545,19 100% 26.694,52 100% 44.892,62 100% 125.705,81 100% 416.971,34 100% 7.058,44 100%

STRUTTURA FINANZIARIA PER ETA' DI IMPRESA, SERVIZI, VALORI MEDI IN MIGLIAIA DI EURO

N. DIPENDENTI 0-5 6-10 11-20 >20 TOT


N.OSSERVAZIONI 2.447 10.239 17.887 13.429 44.002
% SUL TOTALE 6% 23% 41% 31% 100%
PATRIMONIO NETTO 398,44 46% 818,44 42% 2.618,16 34% 4.785,17 42% 2.737,29 39%
DEBITI BANCARI 26,04 3% 55,46 3% 763,28 10% 1.149,78 10% 681,04 10%
DEBITI COMMERCIALI 154,29 18% 237,19 12% 904,35 12% 1.044,46 9% 754,55 11%
ALTRI DEBITI 237,48 28% 687,39 35% 2.862,86 38% 3.553,60 31% 2.436,67 35%
ALTRE VOCI DEL PASSIVO 41,77 5% 149,07 8% 448,83 6% 751,77 7% 448,90 6%
TOTALE 858,03 100% 1.947,54 100% 7.597,47 100% 11.284,78 100% 7.058,44 100%

STRUTTURA DELL'ATTIVO PER ETA' DI IMPRESA, SERVIZI, VALORI MEDI IN MIGLIAIA DI EURO

IMM. MATERIALI 104,77 12% 231,00 12% 1.370,41 18% 2.157,05 19% 1.274,97 18%
ALTRE IMMOBILIZZAZIONI 384,65 45% 710,59 36% 3.334,02 44% 4.202,60 37% 2.824,63 40%
Tabella 31: composizione delle fonti e degli impieghi per dimensione ed età di impresa, settore dei servizi

RIMANENZE 18,58 2% 36,90 2% 214,15 3% 364,18 3% 207,82 3%


CREDITI COMMERCIALI 150,04 17% 288,11 15% 1.064,19 14% 1.485,65 13% 962,83 14%
DISPONIBILITA' LIQUIDE 76,68 9% 246,63 13% 329,62 4% 683,98 6% 404,39 6%
ALTRE VOCI DELL' ATTIVO 123,31 14% 434,31 22% 1.285,09 17% 2.391,34 21% 1.383,80 20%
TOTALE 858,03 100% 1.947,54 100% 7.597,47 100% 11.284,78 100% 7.058,44 100%
Considerando la composizione delle passività, il settore con maggiore percentuale di
patrimonio netto sul totale – con una media del 39% - è il settore dei servizi, il cui il
livello di patrimonializzazione si attesta pari a quasi il 50% per le imprese di piccole
dimensioni, calando fino al 32% all’aumentare della dimensione di impresa. Riguardo al
settore manifatturiero ed edile, il livello di patrimonializzazione risulta essere
abbastanza stabile al variare della dimensione, con una media che si attesta
rispettivamente al pari al 37% e al 24%.

Con riferimento all’indebitamento bancario, il settore dei servizi risulta essere quello
meno indebitato, seguito dal settore della manifattura e infine da quello dell’edilizia.
Quest’ultimo ha un valor medio pari al 19%, con un trend – che va dal 24% all’11% -
discendente all’aumentare della dimensione. Lo stesso trend discendente si registra per
la manifattura. Al contrario il settore dei servizi mostra un livello di indebitamento
bancario costante pari ad una media del 10%.

Con riferimento all’indebitamento commerciale, il settore meno indebitato risulta


essere – con una media pari al 11% - il settore dei servizi. Detto valore si mostra
abbastanza stabile al variare della dimensione, con eccezione della classe con numero
di addetti compresa tra 51 e 100 che riporta una proporzione pari al 22%. Il settore
manifatturiero mostra un livello di indebitamento commerciale stabile al variare della
dimensione, con un valor medio che si attesta al 17%. Il settore edile mostra un livello
medio stabile pari al 14%, con un picco minimo pari al 10% nella classe con numero di
addetti fino a 20.

Con riferimento agli altri debiti, la media dei settori manifatturiero, edile e dei servizi si
attesta pari rispettivamente al 24%, al 39% e al 35%. In tutti e tre i settori si registrano
livelli fortemente crescenti al crescere della dimensione.

Le altre voci del passivo si mostrano abbastanza stabili al variare della dimensione, con
valori ad una cifra per tutti e tre i settori di impresa.

Passando ora al lato attivo, il livello medio di immobilizzazioni materiali dei tre settori
appare molto vicino al 20%. Nel settore della manifattura, la dimensione relativa delle
immobilizzazioni materiali si mostra leggermente discendente all’aumentare della

83
dimensione. Con riferimento agli altri due settori, il trend non è univoco: nel settore
edile, dopo una prima fase discendente, la proporzione risale per le ultime due classi del
campione; nel settore dei servizi, il livello di investimento in immobilizzazioni materiale
si presenta letteralmente “a macchia di leopardo” al variare della gamma dimensionale.

Con riferimento alle altre immobilizzazioni, il settore manifatturiero presenta una media
del 18%, dove la prima classe si attesta al 17%, le classi da 2 a 4 si attestano stabili
intorno al 12% e le ultime due classi risalgono fino al picco massimo del 26% per l’ultima
classe dimensionale. Con riguardo al settore edile – il quale mostra una media
complessivamente pari al 12% - i valori per le prime quattro classi non hanno un trend
univoco, salva la consueta risalita per le due ultime classi dimensionali. Per il settore dei
servizi, le altre immobilizzazioni presentano una media pari al 40%, la quale si attesta la
più elevata tra i settori esaminati. Il trend si attesta discendente per le prime quattro
classi dimensionali, salvo poi risalire per le ultime classi dimensionali.

Per quanto attiene ai crediti commerciali, la proporzione tra settore edile e dei servizi si
attesta molto prossima, pari rispettivamente al 15 e al 14%. In questi settori il trend
sembra variare secondo il modello della “forma a campana”, con ciò intendendosi più
bassi livelli per le classi dimensionali estreme e un più alto livello per le classi centrali. Il
settore manifatturiero si rivela invece maggiormente esposto con una media pari al 21%,
con un trend – fatta salva la prima classe dimensionale – che si rivela essere leggermente
discendente.

Con riguardo alle disponibilità liquide, l’indicatore medio è compreso tra il 4 e il 6% per
tutti e tre i settori. Nei settori della manifattura e dei servizi di mostra una sensibile
discesa per le ultime classi dimensionali.

Con riferimento infine alle altre voci dell’attivo, gli indicatori medi per i tre settori sono
ricompresi tra il 10 e il 20%. Per il settore della manifattura, il trend mostra una forma a
campana rovesciata, per il settore dei servizi mostra invece una campana dritta ed infine
per il settore dell’edilizia – fatta salva la quarta classe dimensionale – il profilo si mostra
crescente al crescere del numero di addetti.

84
Passando ora ad osservare le variazioni sulla base dell’età dell’impresa, si osserva che –
con riferimento al settore manifatturiero – il 90% delle imprese risulta avere più di 10
anni di età, con il 60% delle imprese collocato nella categoria con più di venti anni. Con
riferimento all’edilizia, la numerosità risulta essere grosso modo uniformemente
distribuita tra le ultime due classi di età, con una buona seconda classe. Al contrario, per
il settore dei servizi, la maggior parte delle imprese si colloca nella classe tra 11 e 20, con
una buona numerosità nella seconda e nella terza classe.

Ciò posto, il livello medio di patrimonializzazione per i settori della manifattura e


dell’edilizia si attesta pari in media al 37 e al 24%. Per questi ultimi, il profilo della
variazione in funzione dell’età si mostra con una forma a “dente di sega” il cui significato
non è del tutto univoco. Con riguardo invece al settore dei servizi – posto un livello
medio pari al 39% e fatta salva l’ultima classe dimensionale – il livello di patrimonio netto
mostra un trend discendente.

Con riguardo ai debiti bancari, relativamente al settore manifatturiero e dei servizi, per
imprese fino a 10 anni di vita il livello si mostra prossimo allo zero con valori compresi
tra il 2 e il 3%. Solo al superamento della soglia dei dieci anni il valore risale entro un
intervallo compreso tra il 10 e il 20%. Diversa situazione vale per il settore edile, dove i
valori si aggirano – ad eccezione della terza classe – intorno al 15%. La circostanza che
le imprese edili riescano a contrarre debito bancario fin dai primi anni dalla costituzione
si può spiegare in funzione delle garanzie reali che esse possono fornire agli intermediari
bancari, riferendosi con ciò alle ipoteche e più in generale ai diritti reali di garanzia sugli
immobili costruiti e costruendi.

Osservando ora i debiti commerciali, il livello medio per i tre settori manifatturiero, edile
e dei servizi si attesta rispettivamente al 15, al 14 e all’11%. In tutti e tre i casi il trend è
discendente. Ciò sembrerebbe ancora una volta confermare quanto già notato col
campione intero, relativamente a una possibile sostituibilità tra debiti commerciali e
bancari in funzione dell’età.

Con riguardo agli altri debiti, il livello medio dei settori manifatturiero e dei servizi si
attesta pari rispettivamente al 24 e al 35%, con un trend a campana. Per quanto attiene

85
invece il settore edile – il quale presenta una media del 39% - la presenza di un picco
negativo sulla terza classe di età impedisce la lettura di un trend univoco.

Con riferimento alle altre voci del passivo, esse rimangono su valori stabili su tutta la
gamma delle classi di età, riportando valori medi compresi tra il 4 e il 7% per tutti e tre i
settori esaminati.

Passando ora al lato attivo, il livello medio di immobilizzazioni materiali si attesta su


livelli prossimi al 20% per tutti e tre i settori. Per il settore manifatturiero il trend mostra
un profilo a campana inversa, nel settore edilizio il profilo della campana è invece
regolare, infine nel settore servizi il trend è crescente.

Il livello medio delle altre immobilizzazioni – per i settori manifatturiero ed edile – risulta
pari rispettivamente al 18 e al 12%. Relativamente al settore manifatturiero, il trend
risulta essere quello della campana, il quale – se confrontato con quello a campana
inversa delle immobilizzazioni materiali – sembrerebbe suggerire una qualche forma di
relazione complementare. Con riferimento invece al settore edile, il trend si mostra
crescente. Venendo ora al settore dei servizi, il livello medio si attesta un valore
decisamente più alto pari al 40%, con un profilo altalenante.

Le rimanenze – mostrando livelli stabili al variare dell’età dell’impresa - non riservano


particolari sorprese: il livello medio si attesta pari al 17, al 34 e al 3% rispettivamente
per il settore manifatturiero, edile e dei servizi.

Per quanto attiene invece i crediti commerciali, i livelli medi tra settori non riportano
significativi scostamenti. Essi si attestano pari rispettivamente al 21, al 15 e al 14%
rispettivamente per i settori manifatturiero, edile e dei servizi. Con riferimento ai settori
edile e dei servizi, il trend appare discendente all’aumentare dell’età dell’impresa. In
riferimento invece al settore manifatturiero, pur confermando una discesa
all’aumentare dell’età, mostra però una risalita sull’ultima classe di anzianità. Questo si
può interpretare alla luce del fatto che – godendo le imprese più anziane di più facile
accesso al credito bancario (come messo in evidenza nei paragrafi precedenti), esse
abbiano maggiore possibilità di concedere credito rispetto a quelle di più recente
costituzione.

86
Le disponibilità liquide non riservano particolari anomalie, stante un livello di giacenza
media abbastanza stabile in proporzione al totale attivo e così pure le altre voci
dell’attivo.

Nelle tabelle da 32 a 33 si possono trovare i giorni di incasso calcolati secondo la


metodologia di cui alla tabella 22 (ovvero applicando una deflazione del 22% pari al
valore dell’aliquota ordinaria IVA, dati winsorizzati 1° - 99° percentile) relativamente
all’esercizio 2013, suddivisi per macroregione.

Tabella 32: giorni di incasso medi nell'esercizio 2013, dati per macroregione

GIORNI DI INCASSO, PER MACROREGIONE E SETTORE


SETTORE ATECO VALORE Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud Isole
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 medio 174 187 256 175 218
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 mediano 131 145 195 133 177
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 n.oss 167 141 90 131 51
COSTRUZIONI 41-43 medio 127 125 184 164 183
COSTRUZIONI 41-43 mediano 96 97 125 110 114
COSTRUZIONI 41-43 n.oss 6.623 4.507 3.976 5.599 1.670
MANIFATTURA 10-33 medio 106 101 152 116 162
MANIFATTURA 10-33 mediano 96 93 114 97 123
MANIFATTURA 10-33 n.oss 17.535 12.755 4.111 7.323 1.236
TRASPORTI 49-53 medio 107 104 135 133 139
TRASPORTI 49-53 mediano 85 89 104 93 99
TRASPORTI 49-53 n.oss 2.510 1.851 1.337 1.701 554
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 medio 101 97 117 109 117
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 mediano 88 84 89 87 84
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 n.oss 9.242 6.061 2.723 4.831 1.276
COMM. AL DETTAGLIO 47 medio 39 32 49 41 42
COMM. AL DETTAGLIO 47 mediano 13 10 11 10 12
COMM. AL DETTAGLIO 47 n.oss 3.025 2.099 1.898 3.189 900
SERVIZI 55-82 medio 113 111 145 123 133
SERVIZI 55-82 mediano 89 86 92 82 78
SERVIZI 55-82 n.oss 15.641 9.070 4.411 10.839 2.063
TOTALE 05-82 medio 106 102 141 119 136
TOTALE 05-82 mediano 89 87 97 86 87
TOTALE 05-82 n.oss 54.743 36.484 18.546 33.613 7.750

Fonte dati: elaborazione propria

Con riguardo alla numerosità delle classi, il nord accoglie complessivamente il 60% delle
imprese considerate nel campione (rispettivamente 36 e 24% per il nord-ovest e per il
nord-est). Il centro accoglie il 12% delle imprese, il sud il 22% e le isole il 5%.

87
Dal momento che i dati sviluppati per i singoli settori non esprimono peculiarità diverse
da quelle già evidenziate nel commento delle tabelle precedenti, ci si limiterà al
commento delle statistiche relative ai valori aggregati.

Complessivamente si osserva che il nord-est e il nord-ovest hanno – relativamente ai


giorni di incasso - valori decisamente comparabili (rispettivamente media pari a 102 e
106) e un basso scarto media-mediana (pari rispettivamente a 15 e 17). Il centro e le
isole risultano essere simili sul piano dei giorni di incasso. Essi hanno rispettivamente
valori medi pari a 141 e 136. Rispetto alle regioni del nord lo scarto media mediana è
decisamente più ampio, pari rispettivamente a 44 e 49. A metà strada tra il nord e il
centro-isole sta il sud. Il sud ha un numero di giorni di incasso medio pari a 119 con uno
scarto media-mediana pari a 33.

Tabella 33: giorni di pagamento medi nell'esercizio 2013, dati per macroregione

GIORNI DI PAGAMENTO, PER MACROREGIONE E SETTORE


SETTORE ATECO VALORE Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud Isole
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 medio 174 200 274 201 249
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 mediano 117 108 148 118 145
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 n.oss 168 142 85 131 50
COSTRUZIONI 41-43 medio 175 169 268 223 265
COSTRUZIONI 41-43 mediano 101 100 151 117 145
COSTRUZIONI 41-43 n.oss 6698 4641 4075 5775 1779
MANIFATTURA 10-33 medio 111 107 196 132 191
MANIFATTURA 10-33 mediano 91 90 121 96 120
MANIFATTURA 10-33 n.oss 17322 12646 4055 7240 1209
TRASPORTI 49-53 medio 130 117 190 170 183
TRASPORTI 49-53 mediano 81 79 109 96 96
TRASPORTI 49-53 n.oss 2472 1812 1306 1649 531
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 medio 97 95 139 122 138
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 mediano 75 74 92 87 95
COMM. ALL'INGROSSO 45-46 n.oss 9193 6009 2669 4777 1259
COMM. AL DETTAGLIO 47 medio 99 90 132 126 121
COMM. AL DETTAGLIO 47 mediano 72 68 80 83 83
COMM. AL DETTAGLIO 47 n.oss 3020 2108 1863 3205 890
SERVIZI 55-82 medio 129 123 211 167 207
SERVIZI 55-82 mediano 72 72 106 85 99
SERVIZI 55-82 n.oss 15553 9054 4423 10754 2040
TOTALE 05-82 medio 122 117 201 159 195
TOTALE 05-82 mediano 84 84 113 93 108
TOTALE 05-82 n.oss 54.426 36.412 18.476 33.531 7.758

Fonte dati: elaborazione propria

88
Osservando complessivamente le variazioni su base geografica, si ha l’impressione che i
valori mediani del sud siano abbastanza prossimi ai valori del nord-ovest e del nord-est.
Al contrario, i valori medi risultano sensibilmente più elevati rispetto alle regioni del
nord. Riunendo le due risultanze in un pensiero unificante, sembrerebbe che i tempi di
pagamento del sud siano comparabili a quelli del nord, sebbene il sud mostri
un’eterogeneità nei comportamento di pagamento che fa spostare molto sopra il valore
medio.

Nella tabella 34 e 35 vengono riportati i giorni di incasso e i giorni di pagamento, anche


questa volta aggiustati per il 22% così come fatto in tabella 22, esponendo questa volta
le medie calcolate al variare degli esercizi su un intervallo temporale di 10 anni che parte
a ritroso dal 31/12/2013. Ulteriore differenza sta nel metodo di calcolo del numeratore
dell’indice: mentre nella tabella 21 il numeratore era calcolato semplicemente come
valore stock di debiti e crediti commerciali alla fine dell’esercizio esaminato, in questo
caso viene invece calcolato come media aritmetica tra il valore di fine esercizio e il valore
di inizio esercizio12. Questa modalità di calcolo ha il pregio di considerare in un qualche
modo la variazione dello stock di debiti e crediti avvenuta durante l’esercizio. Tuttavia –
essendo i dati relativi sempre nello stesso mese di chiusura dell’esercizio - ha il difetto
di non considerare eventuali ciclicità aventi periodicità annuale i cui effetti si
manifestano nel corso dell’anno.

Nelle tabelle da 34 a 35 vengono riportati i valori medi nelle righe bianche e i valori
mediani nelle righe grigie. I valori sono stati winsorizzati secondo lo schema 1° - 99°
percentile.

Osservando i giorni di incasso sul totale del campione di cui alla tabella 30, si nota come
nell’anno 2005 lo scarto tra valori medi e mediani fosse pari a 9, 10 nel 2006 e 2007,
balza a 17 nel 2008, 18 nel 2009, 19 nel 2010, 23 nel 2011, 22 nel 2012 e infine sale
ancora a 27 nel 2013. Anche sul piano dei valori assoluti, osservando i valori medi si
assiste a un trend complessivamente crescente dei giorni di incasso.

12
Come valore di inizio esercizio viene preso il valore dei debiti e crediti commerciali alla fine dell’esercizio
precedente.

89
Tabella 34: giorni di incasso per settore, serie storica

GIORNI DI INCASSO / 1,22


[crediti commerciali(t)/2 + crediti commerciali(t-1)/2]*(360/1,22)/ricavi vendite
SETTORE ATECO 2013 2012 2011 2010 2009 2008 2007 2006 2005
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 199 180 166 149 135 132 125 125 119
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 149 143 133 123 112 110 113 114 112
COSTRUZIONI 41-43 156 147 142 135 122 121 112 111 116
COSTRUZIONI 41-43 107 104 102 100 91 90 91 90 93
MANIFATTURA 10-33 114 111 115 116 96 101 104 105 100
MANIFATTURA 10-33 96 97 102 106 85 91 98 100 95
TRASPORTI 49-53 119 111 120 116 102 105 100 100 94
TRASPORTI 49-53 89 87 92 94 81 84 86 87 82
COMMERCIO ALL'INGROSSO 45-46 106 102 105 106 93 94 93 94 90
COMMERCIO ALL'INGROSSO 45-46 87 86 88 91 80 82 84 85 83
COMMERCIO AL DETTAGLIO 47 40 38 40 39 36 36 33 34 34
COMMERCIO AL DETTAGLIO 47 12 10 11 11 11 10 10 10 10
SERVIZI 55-82 121 114 120 116 110 110 102 100 102
SERVIZI 55-82 87 84 88 89 84 86 85 84 83
TOTALE 05-82 116 110 114 112 99 101 97 98 96
TOTALE 05-82 89 88 91 93 81 84 87 88 87

Fonte dati: elaborazione propria

Il settore che registra il maggior divario tra valori medi e valori mediani è quello
dell’edilizia. I valori di scarto, partendo dal 2003, sono rispettivamente: 23 nel 2005, 21
nel 2006 e 2007, 31 nel 2008 e 2009, 35 nel 2010, 40 nel 2011, 43 nel 2012 e 49 nel
2013. Questa circostanza conferma l’idea che – a fronte di un mercato immobiliare
sempre più stagnante – il settore edile stia sperimentando sempre maggiori costrizioni
sul piano della liquidità.

Sebbene il settore del commercio al dettaglio sia quello con i minori valori in termini
assoluti, lo scarto medio sul decennio si attesta pari a 26 giorni.

Con riguardo invece al settore della manifattura, lo scarto al 2005 era pari a 5 mentre
nel 2013 si attesta a 18. La media del decennio si attesta pari a 10. Se complessivamente
osservata, tanto la media quanto la mediana del settore manifatturiero mostrano due
picchi di rialzo a cui segue un periodo di complessiva discesa: si ha un aumento di cinque
giorni dal 2005 al 2006, al quale segue una discesa di alcuni giorni all’anno sino al nuovo
picco al rialzo dal 2009 al 2010, al quale segue ancora una discesa leggera fino al
momento presente.

90
Tabella 35: giorni di pagamento per settore, serie storica

GIORNI DI PAGAMENTO / 1,22


[debiti commerciali(t)/2+debiti commerciali(t-1)/2]*(360/1,22)/mat. prime e servizi
SETTORE ATECO 2013 2012 2011 2010 2009 2008 2007 2006 2005
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 223 215 204 207 210 188 186 190 216
ATTIVITA' ESTRATTIVA 05-09 132 137 138 139 141 135 132 141 155
COSTRUZIONI 41-43 183 177 167 173 174 161 166 166 281
COSTRUZIONI 41-43 84 85 82 85 89 86 93 96 129
MANIFATTURA 10-33 123 124 120 121 138 120 120 120 140
MANIFATTURA 10-33 98 101 99 99 115 103 104 103 119
TRASPORTI 49-53 327 319 324 345 365 348 353 357 639
TRASPORTI 49-53 124 120 120 131 144 138 148 152 244
COMMERCIO ALL'INGROSSO 45-46 88 88 84 85 93 86 87 87 96
COMMERCIO ALL'INGROSSO 45-46 66 68 67 68 73 71 73 74 75
COMMERCIO AL DETTAGLIO 47 76 77 74 75 79 77 77 76 91
COMMERCIO AL DETTAGLIO 47 52 55 55 56 59 59 61 62 66
SERVIZI 55-82 170 166 166 176 185 178 181 182 371
SERVIZI 55-82 54 53 53 56 60 59 64 66 109
TOTALE 05-82 147 145 142 146 156 144 145 145 217
TOTALE 05-82 76 78 77 79 87 83 86 88 107

Fonte dati: elaborazione propria

Quanto osservato con riguardo ai giorni di incasso, viene specularmente riproposto per
i giorni di pagamento: premesso che osservando i dati relativi all’anno 2005 sorge
qualche dubbio in merito all’attendibilità dei dati originali (e che pertanto ci si asterrà
dal commentarli), lo scarto tra valori medi e mediani per la totalità del campione era
pari a 57 nel 2006, 59 nel 2007 a 61 nel 2008, 69 nel 2009, 67 nel 2010, 65 nel 2011, 67
nel 2012 e infine sale ancora a 71 nel 2013. Con riguardo al settore dell’edilizia si assiste
a una complessiva crescita che parte da 70 nel 2006 e arriva a 99 nel 2013. Per la
manifattura si assiste pure ad una crescita, seppur non altrettanto rilevate sul piano
assoluto atteso un valore di partenza pari a 17 nel 2006 e pari a 25 nel 2013. Da notare
il settore dei servizi: sebbene lo scostamento media-mediana si attesti abbastanza
stabile nell’arco del tempo, con un valore pari a 116 sia nel 2006 che nel 2013, il valor
medio dello scostamento sul decennio si attesta comunque pari a 133, nettamente
superiore a tutti gli altri settori.

91
4. Le crisi finanziarie e il credito commerciale

La crisi finanziaria mondiale (seguita al fallimento di Lehman Brothers) e la crisi del


debito sovrano nell’eurozona (iniziata nel 2011) hanno avuto importanti ripercussioni,
in primo luogo sul canale del credito bancario.

In particolare, le turbolenze sul mercato del debito sovrano nazionale e l’incertezza


politica hanno avuto come conseguenza la riduzione dei prestiti da parte degli istituti di
credito a imprese e famiglie.

Il razionamento selettivo da parte degli intermediari finanziari nei confronti delle


imprese ha messo in luce l’importanza delle fonti finanziarie alternative quali in
particolare il canale dei debiti e crediti commerciali.

Il canale di finanziamento esterno del credito commerciale risulta ancora più importante
se si considera che la crisi finanziaria e del debito sovrano non hanno colpito solo il
settore bancario ma anche gli altri canali di raccolta quale - ad esempio - il mercato dei
capitali: essendo il rendimento dei titoli di stato il riferimento dei bond corporate, un
aumento del tasso di interesse sul debito sovrano comporta l’innalzamento dei
rendimenti sulle obbligazioni emesse dalle imprese che – seppur queste ultime siano
appannaggio di un limitato numero di operatori italiani (tra cui le banche) – hanno
ulteriormente limitato le possibilità di finanziamento esterno.

Come se ciò non bastasse, le difficoltà finanziarie sopra esposte incidono sulla generale
solvibilità delle imprese e degli individui, con immediate conseguenze in merito al saldo
dei crediti in essere e quindi alla concessione di nuovo credito commerciale.

Tuttavia, a dispetto di un generale peggioramento, sembra ragionevole supporre che


non tutte le imprese siano state ugualmente colpite dalla crisi: richiamando quanto
sostenuto da Meltzer (1960), potrebbe essere che le imprese con un miglior accesso al
mercato bancario e finanziario possano aver provveduto a redistribuire la liquidità alle
imprese più deboli finanziariamente per il tramite dei crediti commerciali, contribuendo
così alla conservazione dei rapporti cliente-fornitore; al contrario, riferendosi
all’esperienza di Wilner (2000) e Klapper et al. (2012) sembrerebbe plausibile

92
l’evenienza che siano le imprese più grandi e forti sul piano contrattuale a farsi finanziare
dalle controparti più deboli.

Questo lavoro - anche se fornisce un’analisi descrittiva di tutti i settori produttivi non
finanziari – rivolge la propria indagine econometrica al solo settore dell’impresa
manifatturiera. La decisione di dedicarsi esclusivamente alla manifattura nasce dal fatto
che tale settore – esportando sul mercato estero una quota rilevante dei propri prodotti
- ha il pregio di risultare un contesto abbastanza omogeneo relativamente alla struttura
dei costi delle imprese con riguardo sia al piano nazionale che internazionale.

Tutto ciò premesso, supponendo di poter approssimare la resilienza, la forza


contrattuale di un’impresa e la sua qualità creditizia con la dimensione e l’età, formulo
le seguenti ipotesi da sottoporre a verifica empirica.

Relativamente ai debiti commerciali:

1) Il livello di debito commerciale in rapporto al costo di materie prime e servizi


delle grandi imprese manifatturiere è stato più ridotto dalla crisi economica
rispetto a quello delle imprese di piccole dimensioni. Questa ipotesi sottende che
durante la crisi - facendo leva sulla maggiore resilienza e su una maggiore
capacità di finanziamento esterno – la grande impresa abbia contrastato con
maggiore facilità il calo della fiducia da parte dei prestatori di fondi pagando con
maggiore celerità;
2) Il livello di debito commerciale in rapporto al costo di materie prime e servizi
delle imprese da più lungo tempo sul mercato è stato più ridotto dalla crisi
economica rispetto a quello delle imprese di più recente costituzione. Questa
ipotesi sottende che durante la crisi - facendo leva sulla maggiore capacità di
finanziamento esterno derivante dall’essere sul mercato da più lungo tempo –
l’impresa più anziana abbia contrastato con maggiore facilità il calo della fiducia
da parte dei prestatori di fondi pagando con maggiore celerità.

Relativamente ai crediti commerciali:

1) il livello di credito commerciale in rapporto ai ricavi delle vendite concesso da


parte delle grandi imprese manifatturiere è diminuito meno di quanto sia

93
diminuito quello concesso dalle imprese più piccole. Questa ipotesi sottende che
la grande impresa – disponendo di una relativa maggiore possibilità di
finanziamento – abbia redistribuito la maggiore liquidità di cui dispone al fine di
conservare i propri clienti durante l’incedere delle due crisi;
2) il livello di credito commerciale in rapporto ai ricavi delle vendite concesso da
parte delle imprese manifatturiere da più tempo sul mercato è diminuito meno
di quanto sia diminuito quello concesso dalle imprese più giovani. Questa ipotesi
sottende che la impresa più anziana – avendo maggiore possibilità di
approvvigionamento di liquidità grazie al proprio capitale relazionale e alla
propria conoscibilità - abbia redistribuito la maggiore liquidità di cui dispone al
fine di conservare i propri clienti durante l’incedere delle due crisi;

94
5. Determinanti dei debiti commerciali e verifica delle ipotesi di
ricerca

Al fine di testare le ipotesi 1 e 2 si è ritenuto opportuno suddividere le imprese


manifatturiere in diverse sottoclassi dimensionali e anagrafiche su cui eseguire
parallelamente l’equazione di regressione. Così come mostrato nelle statistiche
descrittive della tabella 25 e seguenti, le classi dimensionali sono quelle già utilizzate in
Alphonse et al. (2003).

L’inclusione di un’impresa all’interno della specifica classe è stata effettuata sulla base
dei dati rilevati nell’ultimo esercizio disponibile (2013). Una volta assegnata ad una
specifica classe, essa è rimasta invariata per tutto il periodo. Ad esempio: se un’impresa
aveva numero di addetti pari a 110 nel 2013 e 90 nel 2010, essa è stata considerata
appartenere alla categoria 101-250 lungo tutto il decennio. Questo è stato necessario al
fine di rendere comparabili le stime lungo il periodo temporale senza generare fenomeni
di imprese che migrassero da una classe all’altra.

Le classi dimensionali, individuate sulla base del numero di addetti, sono così
determinate:

1. Numero di addetti minore di 20;


2. Numero di addetti compreso tra 21 e 50;
3. Numero di addetti compreso tra 51 e 100;
4. Numero di addetti compreso tra 101 e 250;
5. Numero di addetti maggiore di 251.

Le classi anagrafiche, individuate sulla base della differenza in numero di anni


arrotondata all’unità tra la data di costituzione e la data di chiusura dell’esercizio 2013,
sono così determinate:

1. Età inferiore a 10 anni;


2. Età compresa tra 11 e 20 anni;
3. Età maggiore di 20 anni.

95
Il metodo statistico utilizzato è il metodo panel con stimatore ad effetti fissi. Particolare
vantaggio di questa scelta è la robustezza dello stimatore all’omissione di variabili non
osservate.

Ciò premesso, si espone di seguito l’equazione di regressione per il caso relativo al test
sui debiti:

𝑑𝑐𝑣𝑤𝑖,𝑡 = 𝛽0 + 𝛽1 𝑠𝑎𝑙𝑒𝑠𝑔𝑟𝑜𝑤𝑡ℎ𝑤𝑖,𝑡−1 + 𝛽2 𝑐𝑐𝑣𝑤𝑖,𝑡 + 𝛽3 𝑝𝑏𝑛𝑤𝑖,𝑡−1 + 𝛽4 𝑙𝑜𝑔𝑎𝑔𝑒𝑖,𝑡


+ 𝛽5 𝑙𝑜𝑔𝑎𝑔𝑒2𝑖,𝑡 + 𝛽6 𝑙𝑜𝑔𝑡𝑎𝑤𝑖,𝑡 + 𝛽7 𝑜𝑓𝑑𝑏𝑤𝑖,𝑡 + 𝛽8 𝑟𝑜𝑖𝑤𝑖,𝑡−1
+ 𝛽9 𝑝𝑛𝑡𝑎𝑤𝑖,𝑡 + 𝛽10 𝑖𝑚𝑎𝑡𝑡𝑎𝑤𝑖,𝑡 + 𝛽𝑛 𝑡𝑎𝑢𝑡 + 𝜀𝑖,𝑡

In cui il significato delle variabili e i segni attesi per quelle indipendenti sono così
sintetizzabili:

- dcvw è definita come debiti verso fornitori entro-oltre / costo per materie prime
e servizi13;
- salesgrowthw è definita come [totale valore della produzione(t-1) – totale valore
della produzione(t-2)] / totale valore della produzione(t-2).
Questa variabile ha segno atteso incerto. La ragione dell’incertezza risiede nel
fatto che la variabile dipendente risulta essere determinata come punto di
incontro tra domanda e offerta di credito commerciale. Non riuscendo il modello
a separare i due effetti, si tratta – in buona sostanza – di formalizzare le ragioni
determinanti da parte dell’offerta e della domanda, tentando successivamente
di stabilire quale dei due effetti sarà dominante sull’altro. Di seguito alcune
possibilità:
- A favore del segno negativo, motivazione dal lato offerta, l’idea che il
prestatore di fondi non considera la crescita delle vendite un segnale di
qualità creditizia del debitore. Al contrario, potrebbe essere che un
aumento delle vendite di prodotti – magari attraverso crediti che

13
A tutte le variabili il cui nome termina per “W” è stata applicata la winsorizzazione 1°-99° percentile

96
divengono inesigibili – è considerata un elemento di fragilità. Questa
ipotesi può essere appropriata per un periodo di crisi economica;
- A favore del segno negativo, motivazione dal lato domanda, l’idea che
imprese che hanno un’alta crescita delle vendite - e magari un buon cash
flow – pagano subito e così facendo riducono i debiti. Questo è coerente
con i lavori di Petersen & Rajan (1997), Marotta (2005), Garcia-Teruel &
Martinez-Solano (2010a);
- A favore del segno positivo, motivazione dal lato offerta, l’idea che
imprese con maggiore tasso di crescita delle vendite vengano percepite
come soggetti maggiormente solvibili, riuscendo a convincere i propri
fornitori a concedere maggiore credito;

Dal momento che si discute di debiti, l’inserimento di un ritardo temporale si


rende opportuno atteso che il tasso di crescita delle vendite di un’impresa può
essere conoscibile dalla controparte che concede il credito solo a seguito
dell’approvazione e del deposito del bilancio d’esercizio, ovvero nell’anno
successivo;
- ccvw è definita come crediti verso clienti entro-oltre / ricavi delle vendite e delle
prestazioni.
La ragione sottostante l’inserimento di questa variabile esplicativa risiede nel
fatto che, se un’impresa detiene un alto livello di credito commerciale nei
confronti dei propri clienti ovvero crediti scaduti che non riesce ad incassare,
avrà incentivo a chiedere maggiore credito ai propri fornitori ovvero a ritardare
a propria volta il saldo delle partite in essere. Questa motivazione si colloca dal
lato della domanda di debito commerciale;
- pbnw (posizione bancaria netta) è data dalla differenza tra il totale disponibilità
liquide e i debiti bancari entro-oltre sul totale attivo. Questo indicatore –
coerentemente con quanto già affermato nelle statistiche descrittive – mostra
complessivamente la reale situazione di indebitamento bancario al momento t
atteso che – essendo il conto corrente sul piano contabile un tipico conto bifase
e le disponibilità liquide composte quasi esclusivamente da conti corrente

97
bancari – il conto corrente è suscettibile di cambiare collocazione negli schemi di
bilancio per il solo fatto di essere a debito o a credito.
Variabili proxy del livello di indebitamento bancario sono già state impiegate in
varie formulazioni nei lavori di Petersen & Rajan (1997), Rodriguez-Rodriguez
(2006), Niskanen & Niskanen (2006), Demirguc-Kunt & Maksimovic (2001). In
ogni precedente ricerca il segno è sempre risultato negativo. Alla base di questa
evidenza vi possono essere più possibili ragioni:
- prima possibilità, nel caso in cui la posizione bancaria sia fortemente
negativa l’impresa tenderà ad accumulare un maggior numero di partite
scadute da saldare e quindi richiederà maggiore credito commerciale ai
propri fornitori; al contrario, qualora vi sia una posizione bancaria netta
positiva (la quale comporta una disponibilità di liquidi) l’impresa sarà più
verosimilmente incline a pagare i debiti ovvero a non accumulare partite
scadute. Questa motivazione si colloca sul versante della domanda di
debito commerciale.
- Seconda possibilità, un alto livello di indebitamento bancario ha un
effetto segnaletico ai fini della comunicazione della qualità del prenditore
di fondi e pertanto le altre imprese saranno portate a concedere
maggiore credito. In questo caso il fattore agisce sul lato della offerta;
Si precisa che si è inserito il valore ritardato al tempo t-1 al fine di ridurre
problemi di endogeneità;
- logage e logage2 sono definite rispettivamente come log(data fine esercizio
bilancio - data costituzione impresa) e come [log(data fine esercizio bilancio -
data costituzione impresa)]^2. Se la data di costituzione è anteriore
all’01/01/1900, allora essa viene sostituita con 01/01/1900.
Scopo di queste variabili è misurare la quantità di “capitale relazionale” acquisito
dall’impresa durante la sua vita. In altre parole, ci si aspetta che una impresa sul
mercato da più tempo sia meglio conosciuta dagli istituti di credito e dalle altre
imprese sul mercato. Così facendo, in virtù dell’informazione acquisita, gli altri
operatori dovrebbero essere in grado di valutare correttamente il rischio del
prenditore quindi di concedere una maggiore quantità di credito commerciale.
Questo fattore agisce tipicamente dal lato dell’offerta di debito commerciale.

98
Questa coppia di variabili è già stata impiegata nei lavori di Petersen & Rajan
(1997) e Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a) ottenendo segno positivi e in
Niskanen & Niskanen (2006) e Rodriguez-Rodriguez (2006) ottenendo segni
negativi.
Questa variabile viene omessa nei modelli in cui le imprese vengono suddivise in
subset sulla base del criterio discreto dell’età.
Ciò posto, ci si aspetta che ad una maggiore età dell’impresa corrisponda una
maggiore quantità di credito commerciale ricevuto;
- logtaw è definita come logaritmo del totale attivo. Essa è una approssimazione
della affidabilità creditizia: un prestatore di fondi ritiene – a parità di altre
condizioni – che il prenditore sia più resiliente agli stress derivanti dall’ambiente
esterno se può contare su una maggiore dimensione. Agendo sul versante
dell’offerta, ci si aspetta che a fronte di una maggiore dimensione d’impresa
venga concessa una maggiore quantità di credito commerciale.
Questa variabile è già stata impiegata nei lavori di Petersen & Rajan (1997),
Marotta (2005), Niskanen & Niskanen (2006), Bougheas et al. (2009) e Garcia-
Teruel & Martinez-Solano (2010a) risultando con segno positivo e nel lavoro di
Rodriguez-Rodriguez (2006), con segno negativo.
Questa variabile viene omessa nei modelli in cui le imprese vengono suddivise in
subset sulla base del criterio dimensionale discreto;
- ofdbw, definita come oneri finanziari del periodo / media aritmetica dei debiti
bancari entro-oltre del periodo e del periodo precedente. Essa rappresenta una
approssimazione del costo del credito bancario. Ci si aspetta che ad un maggior
costo del credito bancario corrisponda una maggior quantità di credito
commerciale domandato dall’impresa. Questa variabile è stata utilizzata in
letteratura nei lavori di Niskanen & Niskanen (2006) e Garcia-Teruel & Martinez-
Solano (2010a), risultando un segno negativo;
- roiw è il tradizionale ROI. Ci si aspetta che ad un maggior ROI corrisponda una
maggiore affidabilità creditizia dell’impresa contraente, pertanto – considerando
il lato offerta - ci si aspetta un segno positivo. Dal versante della domanda, ci si
aspetta tuttavia che un’impresa con un roi più elevato (a cui corrisponde un
maggiore cash flow) – disponendo di maggiore liquidità – sia portata a pagare i

99
propri debiti commerciali più rapidamente. In questo caso il segno atteso
sarebbe negativo.
È stato introdotto un ritardo temporale perché il prestatore di fondi può
conoscere il ROI dell’impresa contraente solo al periodo t successivo. Il ROI è
stato usato in letteratura da Marotta (2005) ottenendo un segno negativo. Altri
indicatori proxy del cash flow sono state utilizzate nei lavori di (-) Garcia-Teruel
& Martinez-Solano (2010a), Atanasova (2007) e Niskanen & Niskanen (2006)
ottenendo segni negativi;
- pntaw è definita come patrimonio netto / totale attivo. Detta variabile
rappresenta il livello di capitalizzazione dell’impresa, al cui aumentare si
dovrebbe associare una maggiore resilienza e quindi una maggiore affidabilità
creditizia. Considerando il versante dell’offerta, il segno atteso è pertanto
positivo. Al contrario – dal lato della domanda – un’impresa maggiormente
capitalizzata potrebbe disporre di maggiore liquidità e quindi saldare più
rapidamente i propri debiti. In questo caso il segno atteso sarebbe negativo. In
letteratura, questa variabile non è stata usata per stimare il versante debiti;
- imattaw è definita come immobilizzazioni materiali / totale attivo. Come già
esposto nelle statistiche descrittive, dal momento che il livello dei debiti
commerciali include anche una quota derivante dai debiti per immobilizzazioni
immateriali, ci si aspetta che a fronte di un maggior valore di immobilizzazioni
immateriali vi sia anche un più alto livello di debiti commerciali. Il segno atteso è
pertanto positivo. In letteratura non viene usata;
- gli effetti fissi temporali tau sono variabili dummy che assumono valore 1 quando
l’osservazione ricade nell’anno solare indicato nel nome della variabile. Scopo di
queste variabili temporali è di osservare le variazioni dovute al contesto
macroeconomico comuni a tutte le imprese del campione.
In questa serie di variabili dummy si omette l’anno 2009. Questa decisione si basa
sull’idea che il 2009 rappresenti uno spartiacque tra la crisi finanziaria – i cui
effetti si sono manifestati nel 2008 – e la crisi del debito sovrano
successivamente intervenuta. In tal senso, escludere la variabile tau2009
consentirà di apprezzare le differenze tra le due crisi;

100
Nella tabella 36 si espongono le statistiche descrittive delle variabili.

Tabella 36: statistiche Panel del campione utilizzato

Variable Mean Std. Dev. Min Max Observations

dcvw overall .3874871 .31241 0 2.285989 N = 365454


between .2607231 0 2.285989 n = 44248
within .1924722 -1.644503 2.4294 T-bar = 8.25922

lagsal~w overall .0701505 .408395 -.6953667 2.479527 N = 410934


between .1664099 -.635468 2.479527 n = 44322
within .3893706 -2.046445 2.660426 T-bar = 9.27156

ccvw overall .3454714 .2148632 0 1.325359 N = 369065


between .1811762 0 1.325359 n = 44257
within .1251213 -.8445454 1.538294 T-bar = 8.33913

lagpbnw overall -.0878105 .2570834 -.6507916 .5801083 N = 366299


between .207624 -.642451 .5801083 n = 44316
within .1528121 -1.159018 .9503358 T-bar = 8.26562

logage overall 2.733961 .8991718 -5.899897 4.736847 N = 426309


between .8942173 -.542909 4.696226 n = 44321
within .3743173 -3.85724 4.664534 T-bar = 9.61867

logage2 overall 8.283053 4.070737 0 34.80879 N = 426309


between 4.044466 .7584186 22.05522 n = 44321
within 1.149483 .5975165 37.37354 T-bar = 9.61867

logtaw overall 7.577348 1.546621 4.343805 11.81618 N = 419088


between 1.537591 4.343805 11.81618 n = 44322
within .3080556 1.17246 11.71252 T-bar = 9.45553

ofdbw overall .2246355 .886159 0 7.668279 N = 260884


between .7812627 0 7.668279 n = 39394
within .6016192 -6.649882 7.102004 T-bar = 6.62243

lagroiw overall .1464736 .1287616 -.2269 .2891 N = 443219


between .0739754 -.1421 .2891 n = 44322
within .1053911 -.3179264 .5613136 T-bar = 9.99998

pntaw overall .2918454 .2190286 -.0736196 .8712121 N = 419088


between .1976249 -.0736196 .8712121 n = 44322
within .0960263 -.4915288 1.101701 T-bar = 9.45553

imattaw overall .2287915 .2028129 0 .8409986 N = 419051


between .1843801 0 .8409986 n = 44322
within .085208 -.5281073 .9755382 T-bar = 9.4547

Fonte dati: elaborazione propria

101
Riguardo al numero di osservazioni per impresa, il dataset ha come presupposto di
partenza la condizione che ogni impresa possegga almeno le osservazioni degli ultimi tre
anni. Ciò detto - andando a ritroso - il numero di osservazioni su base annua è
decrescente perché la banca dati AIDA non ha sempre avuto la stessa numerosità,
ampliandosi di anno in anno comprendendo imprese via via sempre più piccole.
Ciò posto, vale la pena di osservare il valore della variabile “ofdbw”. Essa rappresenta
una stima del costo del credito bancario. Per come è definito, esso non rappresenta il
costo esatto del credito bancario, ma una sua stima assumendo che il livello di
indebitamento nel corso dell’anno sia costante e pari alla media del valore di inizio e
fine periodo. Il costo del credito bancario così calcolato – riferito al campione
complessivo - risulta essere pari circa al 22%, tasso che sembra essere a prima vista
molto alto.
Un problema di questo indice potrebbe essere che - mentre a denominatore sono
considerati solo i prestiti bancari, la voce C.17 del conto economico considera anche gli
interessi generati da obbligazioni, ad esempio quelle verso i soci o emesse sui mercati
finanziari.

Tuttavia, dal momento che i finanziamenti da parte dei soci delle piccole imprese sono
spesso infruttiferi e che l’emissione di obbligazioni sui mercati finanziari è prerogativa
solamente di una nicchia di pochissime imprese, chi scrive ritiene che quest’ultima
inclusione degli interessi da obbligazioni possa essere considerata trascurabile.

Si ritiene allora utile confrontare il tasso desunto dalla variabile ofdbw con i tassi medi
rilevati da Banca d’Italia nei periodi corrispondenti, relativamente alle forme tecniche
delle aperture in conto corrente oltre 5.000 e a sconfinamenti senza affidamento oltre
1.500 euro.

Tabella 37: tasso di interesse dal 2004 al 2013, confronto tra dati Banca d'Italia e dati rilevati

tasso di interesse\anno 2004 2005 2006 2007 2008 2009


2010 2011 2012 2013
AP. C/C OLTRE 5.000 - TEGM BDI 9,46 9,48 9,56 9,94 9,92 8,64
9,43 9,14 9,65 10,16
AP. C/C OLTRE 5.000 - SOGLIA USURA 14,19 14,21 14,34 14,91 14,88 12,96
14,14 15,42 16,06 16,69
SCOPERTI. SENZA AFF - TEGM BDI 13,22 13,73 14,27 15,14
SCOPERTI. SENZA AFF - SOGLIA USURA 19,83 21,17 21,83 22,92
ofdbw 21,08 28,05 24,35 25,46 25,88 20,65 18,45 20,15 20,95 22,42
n.oss per ofdbw 13.745 12.224 27.501 29.127 27.810 27.149 28.098 30.266 32.904 32.060

Fonte dati: elaborazione propria

102
Figure 1: tassi di interesse della tabella 34 su grafico a dispersione

Fonte dati: elaborazione propria

Premesso che la rilevazione dei tassi medi praticati sugli scoperti di conto corrente senza
affidamento è cominciata nel 2010 e che il calcolo del tasso soglia è coerente con le
modificazioni introdotte a partire dal maggio 201114, dall’osservazione del grafico
soprastante emerge che sino al 2009 il tasso derivante dal calcolo della media annuale
della variabile ofdbw – seppur con ampie oscillazioni – segue l’andamento dei tassi
rilevati da Banca d’Italia. Successivamente al 2009 si riconduce al di sotto della soglia di
usura relativa agli scoperti di conto corrente senza affidamento.

14
Dal 14 maggio 2011 il limite oltre il quale gli interessi sono ritenuti usurari è calcolato aumentando il
Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM) di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti
percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali
(vedi Comunicato del Dipartimento del Tesoro del 18 maggio 2011). Tale metodo di calcolo è stato
introdotto dal d.l. 70/2011, che ha modificato l'art. 2, comma 4 della legge 108/96, che determinava il
tasso soglia aumentando il TEGM del 50 per cento.

103
Tabella 38: tavola della covarianza Dal momento che i tassi ottenuti nella variabile
“ofdbw” risultano seguire gli andamenti dei tassi
imattaw

1.0000
rilevati da Banca d’Italia (soprattutto nel periodo
successivo al 2010), chi scrive ritiene che tale
pntaw

1.0000
0.2208
valore possa comunque essere considerato una
proxy accettabile del costo del credito e possa
lagroiw

1.0000
0.0072
-0.2195 essere ammesso all’interno delle equazioni di
regressione.
ofdbw

1.0000
0.0899
0.0797
-0.0650

Con riguardo alle altre variabili, dal momento che


logtaw

1.0000
0.0719
-0.1603
0.2239
0.1034

si è già provveduto a descrivere i dati nella parte


relativa alle statistiche, non si forniranno ulteriori
logage2

1.0000
0.3984
-0.0060
-0.1782
0.2331
0.1392

commenti.

Con riferimento alla tabella 38, la tavola non


logage

1.0000
0.9839
0.3915
-0.0112
-0.1792
0.2298
0.1387

mostra valori che indichino correlazioni troppo


lagpbnw

1.0000
-0.0343
-0.0248
-0.0704
0.2176
0.3150
0.4139
-0.1637

elevate. Si ritiene pertanto che le variabili possano


essere ammesse nel modello.
ccvw

1.0000
-0.1137
-0.0118
-0.0194
-0.0255
-0.0436
-0.0996
-0.0504
-0.1119

La tabella 39 riassume il quadro dei segni attesi.


dcvw lagsal~w

1.0000
-0.0596
0.0508
-0.1275
-0.1077
-0.0086
0.0212
0.1690
-0.0335
-0.0273

Si riportano in tabella 40 e 41 gli esiti delle stime.


La colonna “tot” si riferisce al campione
1.0000
-0.0187
0.3626
-0.0054
-0.1011
-0.0999
-0.0707
-0.0120
-0.0484
-0.1696
0.0943

complessivo, senza operare alcuna suddivisione.

A fini di dare significato economico agli esiti della


dcvw
lagsalesgr~w
ccvw
lagpbnw
logage
logage2
logtaw
ofdbw
lagroiw
pntaw
imattaw

regressione, si precisa che una variazione di un


punto percentuale delle variabili ccvw e dcvw si
traduce in una variazione dei tempi di
Fonte dati: elaborazione propria incasso/pagamento di circa 3 giorni
(1%*360/1.22). Inoltre, al fine di dare al lettore il
maggior numero possibile di strumenti per una lettura compiuta delle stime, si riportano
in appendice 3 le tavole con i valori dei percentili delle variabili.

104
Tabella 39. Debiti commerciali: riepilogo dei segni attesi delle variabili indipendenti

TIPO VARIABILE NOME VARIABILE LAG SEGNO ATTESO


DIPENDENTE dcvw
salesgrowthw X +/-
ccvw +
lagpbnw X +/-
logage -
logage2 +
INDIPENDENTE
logtaw +/-
ofdbw +
roiw X +/-
pntaw +/-
imattaw +
Fonte dati: elaborazione propria

Dall’osservazione della tabella 40 e 41 si osserva quanto segue:

- La variabile salesgrowth mostra ovunque coefficienti significativi negativi. Detta


circostanza risulta coerente con l’idea che imprese che hanno un’alta crescita
delle vendite - e magari un buon cash flow – pagano subito e così facendo
riducono i debiti. Questo risultato – coerente con le aspettative secondo le
motivazioni dal lato domanda di debito - è in contrasto con tutta la letteratura
esaminata. Tuttavia, una variazione della crescita delle vendite dal secondo al
terzo quartile (variazione pari a circa il 15%) – dato il coefficiente “tot” pari a
circa il 2,5% - si traduce in una variazione praticamente impercettibile sul
versante dei tempi di pagamento. In tal senso, il risultato appare compatibile con
il lavoro di Niskanen & Niskanen (2006), il quale trova una assenza di relazione;

105
Tabella 40: esiti delle stime di regressione per i debiti su subset in base dimensionale, settore manifatturiero

<20 21-50 51-100 101-250 >251 tot


b/(se) b/(se) b/(se) b/(se) b/(se) b/(se)
lagsalesgro~w -0.030*** -0.022*** -0.016*** -0.024*** -0.019*** -0.026***
(0.001) (0.002) (0.002) (0.003) (0.004) (0.001)
ccvw 0.462*** 0.416*** 0.372*** 0.303*** 0.234*** 0.442***
(0.004) (0.006) (0.007) (0.009) (0.014) (0.003)
lagpbnw 0.086*** 0.061*** 0.042*** 0.029*** -0.014 0.070***
(0.004) (0.005) (0.005) (0.006) (0.011) (0.003)
logage -0.097*** -0.104*** -0.063*** -0.063** -0.046*** -0.084***
(0.012) (0.009) (0.010) (0.020) (0.013) (0.007)
logage2 0.025*** 0.023*** 0.012*** 0.007 0.008 0.019***
(0.004) (0.003) (0.003) (0.007) (0.005) (0.002)
ofdbw 0.005*** 0.002** 0.000 -0.001 -0.000 0.002***
(0.001) (0.001) (0.001) (0.001) (0.001) (0.001)
lagroiw 0.014* 0.010 -0.010 0.022* -0.012 0.013**
(0.006) (0.007) (0.007) (0.010) (0.014) (0.004)
pntaw -0.341*** -0.289*** -0.187*** -0.204*** -0.087*** -0.300***
(0.006) (0.008) (0.008) (0.010) (0.014) (0.004)
imattaw 0.253*** 0.197*** 0.138*** 0.121*** 0.199*** 0.223***
(0.006) (0.008) (0.008) (0.012) (0.021) (0.004)
tau2004 -0.004 0.002 -0.007+ -0.021*** -0.005 -0.004
(0.005) (0.004) (0.004) (0.006) (0.007) (0.003)
tau2005 0.008+ -0.001 -0.009* -0.021*** -0.016* -0.002
(0.005) (0.004) (0.004) (0.005) (0.007) (0.002)
tau2006 -0.000 0.000 -0.008** -0.018*** -0.002 -0.003+
(0.003) (0.003) (0.003) (0.004) (0.006) (0.002)
tau2007 -0.007** -0.012*** -0.021*** -0.026*** -0.009 -0.011***
(0.003) (0.003) (0.003) (0.004) (0.006) (0.002)
tau2008 -0.018*** -0.025*** -0.035*** -0.038*** -0.031*** -0.023***
(0.002) (0.002) (0.003) (0.003) (0.005) (0.001)
tau2010 -0.013*** -0.012*** -0.011*** -0.010** -0.007 -0.012***
(0.002) (0.003) (0.003) (0.003) (0.005) (0.001)
tau2011 -0.012*** -0.018*** -0.021*** -0.016*** -0.014* -0.013***
(0.003) (0.003) (0.003) (0.004) (0.006) (0.002)
tau2012 -0.015*** -0.017*** -0.020*** -0.011** -0.009 -0.014***
(0.003) (0.003) (0.003) (0.004) (0.006) (0.002)
tau2013 -0.012** -0.014*** -0.017*** -0.008 -0.011+ -0.010***
(0.004) (0.003) (0.003) (0.005) (0.006) (0.002)
Constant 0.345*** 0.363*** 0.336*** 0.408*** 0.295*** 0.342***
(0.014) (0.019) (0.021) (0.029) (0.038) (0.010)

N 151549 53017 26217 15307 6459 252549


Sigma e 0.1860 0.1229 0.0886 0.0893 0.0916 0.1588
df_a 26065 7342 3064 1762 750 38987
df_r 125465 45656 23134 13526 5690 213543
F(df_a,df_r)= 8.60 9.70 12.14 12.29 11.72 9.65
Prob>F 0.0000*** 0.0000*** 0.0000*** 0.0000*** 0.0000*** 0.0000***

+ p<.10, * p<.05, ** p<.01, *** p<.001

Note: LAGSALESGROWTHW è il tasso di crescita delle vendite ritardato, CCVW è il livello di crediti commerciali
sulle vendite, LAGPBNW è la differenza tra disponibilità liquide e debiti bancari in rapporto al totale attivo,
LOGAGE è il logaritmo dell’età dell’impresa, LOGAGE2 è il logaritmo dell’età dell’impresa elevato al quadrato,
OFDBW è il rapporto tra oneri finanziari e debiti bancari, LAGROIW è la variabile ritardata del roi, PNTAW è il
rapporto tra patrimonio netto e totale attivo, IMATTAW è il livello di immobilizzazioni materiali sul totale attivo,
TAU2004-TAU2013 sono variabili temporali dummy.

Fonte dati: elaborazione propria

106
Tabella 41: esiti delle stime di regressione per i debiti su subset in base all’età, settore manifatturiero

0-10 11-20 >20 tot


Note:
b/(se) b/(se) b/(se) b/(se) LAGSALESGROWTHW è il
lagsalesgro~w -0.015** -0.028*** -0.030*** -0.028*** tasso di crescita delle
(0.005) (0.002) (0.001) (0.001) vendite ritardato,
ccvw 0.612*** 0.500*** 0.387*** 0.436***
CCVW è il livello di crediti
(0.023) (0.006) (0.004) (0.003) commerciali sulle vendite,
lagpbnw -0.027 0.091*** 0.063*** 0.072***
(0.024) (0.005) (0.003) (0.003) LAGPBNW è la differenza
tra disponibilità liquide e
logtaw 0.046*** 0.027*** 0.024*** 0.025***
debiti bancari in rapporto
(0.013) (0.003) (0.002) (0.001) al totale attivo,
ofdbw 0.005 0.005*** 0.001* 0.002***
(0.004) (0.001) (0.001) (0.001) LOGTAW è il logaritmo del
totale attivo,
lagroiw 0.032 0.013+ 0.009+ 0.010*
(0.030) (0.008) (0.005) (0.004) OFDBW è il rapporto tra
pntaw -0.305*** -0.336*** -0.279*** -0.300*** oneri finanziari e debiti
(0.040) (0.009) (0.005) (0.004) bancari,

imattaw 0.357*** 0.237*** 0.192*** 0.213*** LAGROIW è la variabile


(0.046) (0.009) (0.005) (0.004) ritardata del roi,
tau2004 -0.129 0.022*** -0.009*** -0.002
PNTAW è il rapporto tra
(0.154) (0.004) (0.002) (0.002)
patrimonio netto e totale
tau2005 -0.036 0.006 -0.004* -0.002 attivo,
(0.216) (0.004) (0.002) (0.002)
tau2006 -0.074 0.003 -0.007*** -0.004* IMATTAW è il livello di
immobilizzazioni materiali
(0.154) (0.003) (0.002) (0.001)
sul totale attivo,
tau2007 -0.007 -0.010*** -0.015*** -0.013***
(0.024) (0.003) (0.002) (0.001) TAU2004-TAU2013 sono
tau2008 -0.041** -0.021*** -0.027*** -0.025*** variabili temporali
dummy.
(0.015) (0.003) (0.002) (0.001)
tau2010 -0.027* -0.015*** -0.012*** -0.013***
(0.012) (0.003) (0.002) (0.001)
tau2011 -0.023* -0.017*** -0.011*** -0.014***
(0.011) (0.003) (0.002) (0.001)
tau2012 -0.023+ -0.017*** -0.010*** -0.013***
(0.012) (0.003) (0.002) (0.001)
tau2013 -0.017 -0.011*** -0.007*** -0.008***
(0.013) (0.003) (0.002) (0.001)
Constant -0.015 0.078*** 0.080*** 0.076***
(0.080) (0.019) (0.015) (0.011)

N 6817 80217 165529 252563


Sigma e 0.2029 0.1784 0.1464 0.1587
df_a 2484 12802 23700 38988
df_r 4315 67397 141811 213557
F(df_a,df_r)= 5.52 9.14 10.05 9.74
Prob>F 0.0000*** 0.0000*** 0.0000*** 0.0000***

+ p<.10, * p<.05, ** p<.01, *** p<.001

Fonte dati: elaborazione propria

107
- la variabile ccvw ha coefficienti significativi e positivi. In ciò si conferma che le
imprese che vantano un maggiore livello di crediti nei confronti dei propri clienti
(magari difficilmente esigibili) tendono ad avere un maggior livello di debiti dal
saldare (debiti dei quali magari ritardano il pagamento). Tale risultato appare
coerente con il lavoro di Petersen & Rajan (1997). Ciò posto - dato un coefficiente
pari a circa 0,5 – un allungamento di 3 giorni sul lato incassi si traduce in un
allungamento di 1,5 giorni sul lato pagamenti. La forte influenza dei tempi di
incasso sui tempi di pagamento – configurabile come un vero e proprio
trascinamento - lascia intendere che la velocità nei pagamenti è per buona parte
determinata della velocità degli incassi. Supponendo una stima costante al
variare del valore assoluto del fattore esplicativo si può ipotizzare che, se ad
esempio la pubblica amministrazione riducesse i ritardi nei pagamenti ai fornitori
privati, questo cambiamento avrebbe ricadute positive a catena;
- la variabile pbnw ha coefficienti significativi positivi; non risultano tuttavia
significativi per la maggiore classe dimensionale né per quella di minore
anzianità. La possibile interpretazione è che ad alti livelli di indebitamento
bancario corrisponde un minor livello di debiti commerciali, il che
confermerebbe – per le classi dimensionali per cui il coefficiente è significativo -
la sostituibilità tra crediti commerciali e bancari. I coefficienti positivi –
considerato che l’indicatore è costruito (al contrario di quanto avviene in
letteratura) come differenza tra disponibilità liquide e debiti bancari - risultano
in linea con i lavori di Petersen & Rajan (1997), Demirguc-Kunt & Maksimovic
(2001), Rodriguez-Rodriguez (2006) e Niskanen & Niskanen (2006). Con riguardo
alla rilevanza economica degli esiti - essendo il coefficiente pari al 7% - al
passaggio dal valore del secondo a quello del terzo quartile della variabile
(variazione nell’ordine dei 20 punti percentuali) si associa una variazione nei
tempi di pagamento di circa 5 giorni in diminuzione;
- La variabile logtaw è sempre significativa con segno positivo decrescente
all’aumentare dell’età d’impresa. Questo conferma la previsione per cui imprese
più grandi riescono ad ottenere maggiore credito, soprattutto se più giovani.
Detta evidenza è coerente con i lavori di Petersen & Rajan (1997), Marotta

108
(2005), Niskanen & Niskanen (2006), Bougheas et al. (2009) e Garcia-Teruel &
Martinez-Solano (2010a);
- La variabile ofdbw risulta essere significativa solo per le classi dimensionali più
piccole sebbene con valori trascurabili: un salto tra i valori dei quartili genera una
variazione del tutto impercettibile. Questo implica che – tutto sommato – il costo
del credito bancario è abbastanza ininfluente. Questo risultato è coerente con
Marotta (2005);
- La variabile roiw risulta essere per lo più non significativa; ove significativa,
risulta avere segno positivo. Dato tuttavia il coefficiente molto ridotto
(nell’ordine di circa un 2%), un passaggio dal 50° al 75° percentile (differenza pari
a circa il 15%) genererebbe un mutamento impercettibile nei tempi di
pagamento. La variabile è pertanto poco influente. In tal senso, il risultato di
questo lavoro si colloca in contrasto con la letteratura esaminata, nella quale si
ottengono univocamente segno negativi;
- La variabile pntaw è sempre significativa con segno negativo. Ciò si può spiegare
con l’idea lato domanda che le imprese con maggiore capitalizzazione –
disponendo di maggiore liquidità o fonti alternative di finanziamento - risultano
richiedere minore credito commerciale. La variabile risulta essere molto incisiva:
con un coefficiente del 30%, una variazione dal secondo al terzo quartile (pari a
circa il 20%) si traduce in quasi 18 giorni di pagamento. Il risultato è coerente con
il lavoro di Alphonse (2003);
- La variabile imattaw risulta essere sempre positiva e significativa coerentemente
col fatto che investimenti in capitale fisso fanno aumentare in media la durata
complessiva dei pagamenti. Anche in questo caso – dato un beta pari a circa il
20% -la variabile è molto rilevante. Tuttavia, essendo essa più che altro una
variabile di controllo, essa è poco interessante ai fini della gestione caratteristica
di una impresa. La variabile non ha riscontro nella letteratura esaminata;

Con riguardo alle variabili temporali si osserva quanto segue:

- Nel caso delle regressioni su base dimensionale – prendendo come base l’anno
2009 – si nota che la grande impresa attraversa praticamente indisturbata tutto
il decennio (salvo un coefficiente di -3% al 2008). Ciò premesso - per le restanti

109
classi - la situazione si può distinguere in due periodi diversi aventi come
spartiacque la fine del 2006. Fino a detto momento, l’impresa fino a 50 addetti
mostra coefficienti non significativi. Al contrario, l’impresa oltre 100 addetti
mostra coefficienti significativi nell’ordine di grandezza dei 2 punti percentuali,
ciò significando una stabile durata dei pagamenti inferiore di 6 giorni rispetto al
2009. Col sopraggiungere della crisi finanziaria, a partire dal 2007 i coefficienti
sono ovunque significativi e negativi. Le imprese risultano tanto più colpite tanto
più sono grandi. Il maggiore effetto si manifesta nel 2008. Nel 2010 si assiste a
una generale normalizzazione che tuttavia viene interrotta nel 2011 col
sopravvenire della crisi del debito sovrano. Questa seconda crisi lascia
praticamente intoccata l’impresa al di sopra dei 100 addetti sebbene - al pari
della crisi precedente - la crisi colpisca maggiormente le rimanenti classi di
impresa di maggiori dimensioni. La crisi del debito sovrano mostra di aver colpito
con minore intensità rispetto alla crisi finanziaria dei sub-prime;
Complessivamente, questo indica che la classe d’impresa con numero di addetti
superiore a 250 è stata toccata in maniera del tutto marginale sul versante debiti
durante l’evoluzione delle crisi, che l’impresa tra 21 e 250 addetti è quella che
ha risentito maggiormente degli effetti della crisi tra il 2007 e 2008 manifestando
una complessiva riduzione nei tempi di pagamento e che la piccola impresa ha
sperimentato una marginale riduzione dei tempi di pagamento a partire dal
2007. Sulla base di queste constatazioni, l’ipotesi secondo cui Il livello di debito
commerciale in rapporto al costo di materie prime e servizi delle grandi imprese
manifatturiere è stato più ridotto dalla crisi economica rispetto a quello delle
imprese di piccole dimensioni risulta trovare parziale conferma nell’analisi
empirica.
- Sul versante dell’età, dal 2004 al 2006 si osservano coefficienti o non significativi
o dal valore trascurabile. L’anno 2007 – col sopravvenire della crisi finanziaria -
si rivela essere lo spartiacque con l’inizio della riduzione dei crediti. A partire dal
2008 si registrano riduzioni generalizzate nei tempi di pagamento la cui intensità
va via via diminuendo fino al 2013. Quanto alla diversa riduzione dei debiti sulla
base dell’età, nel 2007-2008 è l’impresa oltre i venti anni ad avere una maggiore
riduzione mentre – successivamente – è l’impresa tra i 10 e 20 anni a sopportare

110
le maggiori riduzioni. Si precisa inoltre che la crisi del debito sovrano mostra una
marginale influenza solo nell’impresa tra 10 e 20 anni di età.
In tal senso, l’ipotesi secondo cui il livello di debito commerciale in rapporto al
costo di materie prime e servizi delle imprese da più lungo tempo sul mercato è
stato più ridotto dalla crisi economica rispetto a quello delle imprese più giovani
è parzialmente riscontrabile negli esiti dell’esercizio empirico.

Tanto premesso, sul piano degli effetti temporali le riduzioni percentuali della variabile
indipendente non sono mai superiori al valore negativo del 4% annuo rispetto ai valori
del 2009. Questo significa che – a fronte di una forte riduzione dei volumi nell’arco della
crisi - la durata dei pagamenti si è accorciata di un numero di giorni pari a circa 10.

111
6. Determinanti dei crediti commerciali e verifica delle ipotesi
di ricerca

Così come per il test delle ipotesi 1 e 2 riguardanti i debiti commerciali, anche per i crediti
di cui ai test delle ipotesi 3 e 4 le imprese manifatturiere sono state suddivise in subset
per dimensione (sulla base del numero di addetti) ed età. Le classi sono le stesse desunte
da Alphonse et al. (2003).

Si espone di seguito l’equazione di regressione per l’analisi empirica relativa al test sui
crediti:

𝑐𝑐𝑣𝑤𝑖,𝑡 = 𝛽0 + 𝛽1 𝑝𝑠𝑎𝑙𝑒𝑠𝑔𝑟𝑜𝑤𝑡ℎ𝑤𝑖,𝑡−1 + 𝛽2 𝑛𝑠𝑎𝑙𝑒𝑠𝑔𝑟𝑜𝑤𝑡ℎ𝑖,𝑡−1 + 𝛽3 𝑑𝑐𝑣𝑤𝑖,𝑡


+ 𝛽4 𝑝𝑏𝑛𝑤𝑖,𝑡−1 + 𝛽5 𝑡𝑜𝑡𝑟𝑖𝑚𝑡𝑎𝑤𝑖,𝑡−1 + 𝛽6 𝑙𝑜𝑔𝑎𝑔𝑒𝑖,𝑡 + 𝛽7 𝑙𝑜𝑔𝑎𝑔𝑒2𝑖,𝑡
+ 𝛽8 𝑙𝑜𝑔𝑡𝑎𝑤𝑖,𝑡 + 𝛽9 𝑜𝑓𝑑𝑏𝑤𝑖,𝑡 + 𝛽10 𝑟𝑜𝑖𝑤𝑖,𝑡−1 + 𝛽11 𝑝𝑛𝑡𝑎𝑤𝑖,𝑡 + 𝛽𝑛 𝑡𝑎𝑢𝑡
+ 𝜀𝑖,𝑡

In cui:

- ccvw è definita come crediti verso clienti entro-oltre / ricavi delle vendite e delle
prestazioni15;
- salesgrowthw è definita come [totale valore della produzione(t) – totale valore
della produzione(t-1)] / totale valore della produzione(t-1).
Questa variabile ha segno atteso incerto. Le ragioni possono essere diverse:
- a favore del segno negativo con fattore lato offerta di credito, l’idea che
un’impresa che sperimenta una riduzione delle vendite usi lo strumento
del credito commerciale quale leva di marketing al fine di ottenere un
aumento delle vendite. Questa ipotesi può essere appropriata per un
periodo di crisi economica;
- a favore del segno positivo con fattore lato offerta, l’idea che imprese con
tasso di crescita positivo – non sazie della propria crescita delle vendite –
tentino di stimolare ulteriormente i compratori con ulteriore offerta di

15
A tutte le variabili il cui nome termina per “W” è stata applicata la winsorizzazione 1°-99° percentile

112
credito. entrambe le possibilità sono coerenti con i lavori di Petersen &
Rajan (1997), Marotta (2005) e Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a).
-
Si precisa che si è inserito il valore ritardato al tempo t-1 al fine di ridurre
problemi di endogeneità;
Dal momento che un tasso di crescita positivo potrebbe avere effetti non diversi
da uno negativo (ovvero in entrambi i casi ci potrebbe essere un incentivo a
fornire maggiore credito) si è deciso – riprendendo quanto già fatto da Garcia-
Teruel & Martinez-Solano (2010a) – di dividere il tasso di crescita delle vendite
in due variabili distinte (psalesgrowthw e nsalesgrowthw) a seconda che esso sia
positivo o negativo. Tassi di crescita negativi vengono riportati in valore assoluto;
- dcvw è definita come debiti verso fornitori entro-oltre / costo delle materie
prime e servizi. L’idea sottostante questa variabile risiede nel fatto che, se
un’impresa ha un alto livello di debito commerciale nei confronti dei propri
fornitori ovvero debiti scaduti che non riesce ad pagare, avrà incentivo a
preferire il pagamento immediato piuttosto che concedere credito ai propri
clienti. Al contrario, se un’impresa riesce a farsi accordare ampi livelli di debiti
commerciali potrebbe essere che – disponendo di una maggiore liquidità – possa
estendere a propria volta crediti ai propri clienti. Il segno atteso è pertanto
incerto;
- totrimtaw è definita come totale rimanenze su totale attivo. In luogo del totale
rimanenze sarebbe stato preferibile impiegare il totale prodotti finiti. Questa
possibilità non è stata tuttavia percorribile perché le informazioni in merito alla
composizione analitica delle rimanenze sono prerogativa dei soli schemi di
bilancio ordinario e che – pertanto - dette informazioni sarebbero risultate non
disponibili per la maggior parte delle imprese del campione.
Il ragionamento sottostante l’inclusione di questa variabile è che un’impresa che
accumula grandi quantità di merci a magazzino è portata a stimolare le vendite
offrendo credito commerciale. Un’ipotesi di questo tipo è coerente con le
motivazioni di carattere gestionale proposte da Emery (1984) e Fishman e Love
(2003). Il segno atteso è positivo.

113
Si precisa che si è inserito il valore ritardato al tempo t-1 al fine di ridurre
problemi di endogeneità;
- pbnw (posizione bancaria netta) è data dalla differenza tra il totale disponibilità
liquide e i debiti bancari entro-oltre sul totale attivo.
Variabili proxy del livello di indebitamento bancario sono già state impiegate in
varie formulazioni nei lavori di Petersen & Rajan (1997) riportando come esito
un segno positivo. L’idea alla base è che un’impresa che dispone di liquidità (o di
un minor indebitamento bancario) si trova nella condizione di poter concedere
maggior credito ai propri clienti.
Si precisa che si è inserito il valore ritardato al tempo t-1 al fine di ridurre
problemi di endogeneità;
- logage e logage2 sono definite rispettivamente come log(data fine esercizio
bilancio - data costituzione impresa) e come [log(data fine esercizio bilancio -
data costituzione impresa)]^2.
In questo caso ci si aspetta che una impresa sul mercato da più tempo - meglio
conosciuta dagli istituti di credito e dalle altre imprese sul mercato – riesca ad
ottenere maggior credito (sia bancario che commerciale) quindi ad erogarne a
propria volta nei confronti dei clienti.
Questa coppia di variabili è già stata impiegata nei lavori di Petersen & Rajan
(1997) e Niskanen & Niskanen (2006) ottenendo segno positivi. Al contrario,
Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a) – indagando in ambito europeo –
trovano coefficienti per lo più non significativi ad eccezione di particolari paesi
quali Belgio e Svezia.
Questa variabile viene omessa nei modelli in cui le imprese vengono suddivise in
subset sulla base del criterio discreto dell’età;
- logtaw è definita come logaritmo del totale attivo e rappresenta una
approssimazione della affidabilità creditizia. Il segno atteso di questa variabile è
negativo: Schwartz (1974), Meltzer (1960) e Petersen & Rajan (1997)
propendono per l’ipotesi che – analogamente a quanto potrebbe accadere per
l’età – una impresa di grandi dimensioni possa avere un più facile accesso al
mercato del credito e pertanto redistribuire credito ai propri clienti,
contribuendo al fabbisogni di liquidità di piccoli clienti in periodi di crisi (Meltzer,

114
1960). Questa ipotesi è inoltre in linea con i lavori di Marotta (2005), Garcia-
Teruel & Martinez-Solano (2010a) e Bougheas et al. (2009);
Questa variabile viene omessa nei modelli in cui le imprese vengono suddivise in
subset sulla base del criterio dimensionale discreto;
- ofdbw, definita come oneri finanziari del periodo / media aritmetica dei debiti
bancari entro-oltre del periodo e del periodo precedente. Essa rappresenta una
approssimazione del costo del credito bancario. Ci si aspetta che ad un maggior
costo del credito bancario corrisponda una minor quantità di credito
commerciale concesso da parte delle imprese, atteso che un costoso
approvvigionamento del credito renderebbe poco attraente redistribuirlo ad
aziende terze. Il segno atteso è pertanto negativo, coerentemente con quanto
ottenuto da Petersen & Rajan (1997);
roiw è rappresenta il tradizionale ROI. Ci si aspetta che ad un maggior ROI
corrisponda un maggiore cash-flow nella gestione caratteristica dell’impresa e
quindi maggiori disponibilità liquide. Un’impresa che dispone di maggiore
liquidità ci si aspetta che si trovi nelle condizioni di poter concedere maggiore
credito commerciale ai propri clienti. Oltre a ciò, un’impresa che dispone di un
alto roi – e quindi di un buon margine di profitto sulle vendite – sarebbe portata
inoltre a massimizzare il volume delle vendite in modo da conseguire maggiori
profitti (Emery, 1984). In aggiunta, un buon margine di profitto rende anche più
sopportabili eventuali perdite derivanti da crediti inesigibili e pertanto esso
dovrebbe portare a una maggiore facilità nella concessione di credito. Il segno
atteso è pertanto positivo, coerentemente con quanto emerso nei lavori di
Petersen e Rajan (1997), Marotta (2005) e Garcia-Teruel & Martinez-Solano
(2010a).
Si precisa che si è inserito il valore ritardato al tempo t-1 al fine di ridurre
problemi di endogeneità;
- pntaw è definita come patrimonio netto / totale attivo. Detta variabile
rappresenta il livello di capitalizzazione dell’impresa, al cui aumentare si
dovrebbe associare una maggiore resilienza e quindi una maggiore affidabilità
creditizia. Pertanto, ci si aspetta che un’impresa resiliente – che quindi dispone

115
di maggiori possibilità di approvvigionamento di liquidità - sia nelle condizioni di
concedere maggiore credito commerciale;
- tau2004-tau2013. In questa serie di variabili dummy – come nel caso precedente
- si omette l’anno 2009.

Di seguito la tabella riassuntiva dei segni attesi:

Tabella 42. Crediti commerciali:riepilogo dei segni attesi delle variabili indipendenti

TIPO VARIABILE NOME VARIABILE LAG SEGNO ATTESO


DIPENDENTE ccvw
psalesgrowthw +/-
nsalesgrowthw +/-
dcvw +/-
pbnw X -
totrimtaw X +
INDIPENDENTE logage +
logage2 -
logtaw +
ofdbw -
roiw X +
pntaw +
Fonte dati: elaborazione propria

Nella tabella 43 si espone la statistica descrittiva delle variabili.

Riguardo al numero di osservazioni per impresa e al commento degli esiti delle


statistiche descrittive del campione si rimanda a quanto già detto per il test delle ipotesi
sui debiti commerciali.

116
Tabella 43: statistiche Panel del campione utilizzato

Variable Mean Std. Dev. Min Max Observations

ccvw overall .3454714 .2148632 0 1.325359 N = 369065


between .1811762 0 1.325359 n = 44257
within .1251213 -.8445454 1.538294 T-bar = 8.33913

psales~w overall .1529041 .3472789 0 2.479527 N = 410935


between .1879254 0 2.479527 n = 44306
within .3180812 -1.660951 2.384478 T-bar = 9.27493

nsales~w overall .0767256 .1407781 0 .6953667 N = 443220


between .0408381 0 .4058619 n = 44322
within .1347248 -.3291363 .7025556 T = 10

dcvw overall .3874871 .31241 0 2.285989 N = 365454


between .2607231 0 2.285989 n = 44248
within .1924722 -1.644503 2.4294 T-bar = 8.25922

lagpbnw overall -.0878105 .2570834 -.6507916 .5801083 N = 366299


between .207624 -.642451 .5801083 n = 44316
within .1528121 -1.159018 .9503358 T-bar = 8.26562

lagtot~w overall .1622637 .1502439 0 .67011 N = 419069


between .1236896 0 .67011 n = 44322
within .0847592 -.4408353 .7653626 T-bar = 9.4551

logage overall 2.733961 .8991718 -5.899897 4.736847 N = 426309


between .8942173 -.542909 4.696226 n = 44321
within .3743173 -3.85724 4.664534 T-bar = 9.61867

logage2 overall 8.283053 4.070737 0 34.80879 N = 426309


between 4.044466 .7584186 22.05522 n = 44321
within 1.149483 .5975165 37.37354 T-bar = 9.61867

logtaw overall 7.577348 1.546621 4.343805 11.81618 N = 419088


between 1.537591 4.343805 11.81618 n = 44322
within .3080556 1.17246 11.71252 T-bar = 9.45553

ofdbw overall .2246355 .886159 0 7.668279 N = 260884


between .7812627 0 7.668279 n = 39394
within .6016192 -6.649882 7.102004 T-bar = 6.62243

roiw overall .1464733 .1287616 -.2269 .2891 N = 443220


between .0797197 -.17189 .2891 n = 44322
within .101116 -.3179267 .5828733 T = 10

pntaw overall .2918454 .2190286 -.0736196 .8712121 N = 419088


between .1976249 -.0736196 .8712121 n = 44322
within .0960263 -.4915288 1.101701 T-bar = 9.45553

Fonte dati: elaborazione propria

117
Tabella 44: tavola della covarianza Con riferimento alla tabella 44, la tavola non mostra
valori che indichino correlazioni troppo elevate. Si
pntaw

1.0000
ritiene pertanto che le variabili possano essere
ammesse nel modello.
roiw

1.0000
-0.0286
Si riportano nelle tabelle 45 e 46 gli esiti delle stime,
ofdbw

1.0000
0.0920
0.0779
da cui si osserva quanto segue:

- La variabile psalesgrowth – ad eccezione


logtaw

1.0000
0.0702
-0.1707
0.2234

dell’ultima classe dimensionale - mostra ovunque


coefficienti significativi e negativi. Il valore dei
logage2

1.0000
0.4059
-0.0096
-0.1893
0.2336

coefficienti aumenta di valore all’aumentare


dell’età. Sembrerebbe che le imprese che hanno
logage

1.0000
0.9811
0.3992
-0.0160
-0.1925
0.2285

un’alta crescita delle vendite (in particolar modo


quelle anziane) – considerando già soddisfacente la
lagpbnw lagtot~w

1.0000
0.1149
0.1132
0.0897
-0.0120
-0.0940
-0.1431

propria condizione – non siano interessate ad


1.0000
-0.1522
-0.0476
-0.0345
-0.0768
0.2176
0.2210
0.4099

esporsi sul versante creditizio nel tentativo di


perseguire maggiori vendite. Detto risultato –
dcvw

1.0000
-0.0051
-0.0554
-0.1022
-0.1016
-0.0708
-0.0112
-0.0453
-0.1701

trascurando per un attimo il debole valore assoluto


- risulta coerente con il lavoro di Garcia-Teruel &
ccvw psales~w nsales~w

1.0000
0.1228
0.0220
0.0168
-0.0139
-0.0115
-0.0527
-0.0089
-0.1647
0.0266

Martinez-Solano (2010a), unico riferimento esatto.


In senso lato, sebbene la diversa formulazione della
1.0000
-0.2589
0.0335
0.0393
-0.0354
-0.1478
-0.1199
-0.0219
0.0244
0.1273
-0.0581

variabile, può essere invece coerente con quanto


trovato da Petersen & Rajan (1997) e Marotta
1.0000
-0.0049
0.1173
0.3610
-0.1141
-0.1484
-0.0071
-0.0161
-0.0224
-0.0435
-0.1283
-0.0497

(2005);
- La variabile nsalesgrowthw risulta essere –
ad eccezione delle categorie dimensionali più
ccvw
psalesgrow~w
nsalesgrow~w
dcvw
lagpbnw
lagtotrimtaw
logage
logage2
logtaw
ofdbw
roiw
pntaw

grandi – ovunque significativa e positiva nell’ordine


di grandezza del 6-7%.

Fonte dati: elaborazione propria

118
Tabella 45: esiti delle stime di regressione per i crediti su subset in base dimensionale, settore manifatturiero

<20 21-50 51-100 101-250 >251 tot


b/(se) b/(se) b/(se) b/(se) b/(se) b/(se)
lagpsalesgr~w -0.011*** -0.016*** -0.016*** -0.016*** -0.004 -0.013***
(0.001) (0.002) (0.002) (0.003) (0.004) (0.001)
lagnsalesgr~w 0.077*** 0.047*** 0.024*** 0.015* 0.022* 0.063***
(0.003) (0.004) (0.005) (0.007) (0.010) (0.002)
dcvw 0.198*** 0.211*** 0.263*** 0.244*** 0.178*** 0.205***
(0.002) (0.003) (0.005) (0.008) (0.012) (0.001)
lagpbnw -0.051*** -0.048*** -0.038*** -0.012* 0.007 -0.046***
(0.003) (0.003) (0.004) (0.006) (0.010) (0.002)
lagtotrimtaw -0.173*** -0.121*** -0.093*** -0.090*** -0.069*** -0.147***
(0.005) (0.006) (0.007) (0.010) (0.016) (0.003)
logage -0.086*** -0.063*** -0.037*** -0.090*** -0.015 -0.068***
(0.008) (0.007) (0.009) (0.018) (0.012) (0.005)
logage2 0.041*** 0.025*** 0.016*** 0.031*** -0.005 0.039***
(0.003) (0.003) (0.003) (0.006) (0.004) (0.002)
ofdbw -0.005*** -0.003*** -0.001 -0.001 -0.002* -0.003***
(0.001) (0.001) (0.001) (0.001) (0.001) (0.000)
lagroiw -0.023*** -0.036*** -0.035*** -0.047*** -0.023+ -0.028***
(0.004) (0.005) (0.006) (0.009) (0.013) (0.003)
pntaw -0.077*** -0.056*** -0.043*** -0.059*** -0.019 -0.068***
(0.004) (0.006) (0.007) (0.009) (0.013) (0.003)
tau2004 -0.015*** -0.005+ -0.001 0.017** -0.016* 0.010***
(0.003) (0.003) (0.003) (0.005) (0.006) (0.002)
tau2005 -0.009** -0.006* -0.003 0.016** -0.012* 0.005**
(0.003) (0.003) (0.003) (0.005) (0.006) (0.002)
tau2006 -0.010*** -0.006** 0.000 0.011** -0.006 -0.001
(0.002) (0.002) (0.003) (0.004) (0.005) (0.001)
tau2007 -0.017*** -0.013*** -0.008*** -0.003 -0.017*** -0.011***
(0.002) (0.002) (0.002) (0.004) (0.005) (0.001)
tau2008 -0.024*** -0.022*** -0.015*** -0.014*** -0.022*** -0.020***
(0.002) (0.002) (0.002) (0.003) (0.005) (0.001)
tau2010 -0.011*** -0.013*** -0.010*** -0.012*** -0.015** -0.014***
(0.002) (0.002) (0.002) (0.003) (0.005) (0.001)
tau2011 -0.013*** -0.015*** -0.015*** -0.016*** -0.019*** -0.018***
(0.002) (0.002) (0.002) (0.003) (0.005) (0.001)
tau2012 -0.009*** -0.018*** -0.020*** -0.028*** -0.021*** -0.019***
(0.002) (0.002) (0.003) (0.004) (0.005) (0.001)
tau2013 -0.013*** -0.024*** -0.030*** -0.040*** -0.028*** -0.026***
(0.003) (0.003) (0.003) (0.005) (0.006) (0.002)
Constant 0.237*** 0.261*** 0.222*** 0.228*** 0.347*** 0.172***
(0.009) (0.014) (0.018) (0.026) (0.034) (0.007)

N 151554 53017 26217 15307 6459 252554


Sigma e 0.1252 0.0900 0.0763 0.0820 0.0826 0.1109
df_a 26065 7342 3064 1762 750 38987
df_r 125469 45655 23133 13525 5689 213547
F(df_a,df_r)= 10.88 14.58 19.65 20.40 17.09 12.69
Prob>F 0.0000*** 0.0000*** 0.0000*** 0.0000*** 0.0000*** 0.0000***

+ p<.10, * p<.05, ** p<.01, *** p<.001

Note: LAGPSALESGROWTHW è il tasso di crescita delle vendite quando esso è positivo altrimenti è zero,
LAGNSALESGROWTHW è il valore assoluto del tasso di crescita delle vendite quando esso è negativo altrimenti è zero,
DCVW è il livello di debiti commerciali sul costo di materie prime e servizi, LAGPBNW è la differenza tra disponibilità liquide
e debiti bancari in rapporto al totale attivo, LAGTOTRIMTAW è il totale rimanenze in rapporto al totale attivo, LOGAGE è il
logaritmo dell’età dell’impresa, LOGAGE2 è il logaritmo dell’età dell’impresa elevato al quadrato, OFDBW è il rapporto tra
oneri finanziari e debiti bancari, LAGROIW è il roi, PNTAW è il rapporto tra patrimonio netto e totale attivo, TAU2004-
TAU2013 sono variabili temporali dummy.
Fonte dati: elaborazione propria

119
Tabella 46: esiti delle stime di regressione per i crediti su subset in base all’età, settore manifatturiero

0-10 11-20 >20 tot Note:


b/(se) b/(se) b/(se) b/(se)
lagpsalesgr~w -0.001 -0.013*** -0.019*** -0.016*** LAGPSALESGROWTHW
è il tasso di crescita
(0.003) (0.002) (0.001) (0.001)
delle vendite quando
lagnsalesgr~w 0.110*** 0.083*** 0.072*** 0.076*** esso è positivo
(0.016) (0.004) (0.003) (0.002) altrimenti è zero,
dcvw 0.221*** 0.211*** 0.190*** 0.199***
LAGNSALESGROWTHW
(0.009) (0.002) (0.002) (0.001)
è il valore assoluto del
lagpbnw 0.026+ -0.043*** -0.041*** -0.041*** tasso di crescita delle
(0.015) (0.004) (0.002) (0.002) vendite quando esso è
lagtotrimtaw -0.160*** -0.174*** -0.121*** -0.136*** negativo altrimenti è
zero,
(0.030) (0.006) (0.004) (0.003)
logtaw 0.083*** 0.055*** 0.045*** 0.050*** DCVW è il livello di
(0.008) (0.002) (0.001) (0.001) debiti commerciali sul
ofdbw -0.007** -0.003*** -0.003*** -0.003*** costo di materie prime
e servizi,
(0.003) (0.001) (0.000) (0.000)
lagroiw -0.002 -0.037*** -0.024*** -0.027*** LAGPBNW è la
(0.019) (0.005) (0.003) (0.003) differenza tra
pntaw -0.090*** -0.057*** -0.074*** -0.072*** disponibilità liquide e
debiti bancari in
(0.025) (0.006) (0.003) (0.003)
rapporto al totale
tau2004 0.008 -0.014*** -0.019*** -0.017*** attivo,
(0.095) (0.003) (0.001) (0.001)
tau2005 -0.082 -0.028*** -0.017*** -0.018*** LAGTOTRIMTAW è il
totale rimanenze in
(0.134) (0.003) (0.002) (0.001)
rapporto al totale
tau2006 0.023 -0.023*** -0.020*** -0.021*** attivo,
(0.095) (0.002) (0.001) (0.001)
tau2007 -0.031* -0.028*** -0.024*** -0.025*** LOGTAW è il logaritmo
del totale attivo,
(0.015) (0.002) (0.001) (0.001)
tau2008 -0.030** -0.030*** -0.030*** -0.030*** OFDBW è il rapporto
(0.009) (0.002) (0.001) (0.001) tra oneri finanziari e
tau2010 -0.004 -0.006*** -0.013*** -0.011*** debiti bancari,
(0.007) (0.002) (0.001) (0.001)
LAGROIW è il roi,
tau2011 -0.011 -0.000 -0.009*** -0.006***
(0.007) (0.002) (0.001) (0.001) PNTAW è il rapporto
tau2012 -0.002 0.010*** -0.003** 0.001 tra patrimonio netto e
totale attivo,
(0.007) (0.002) (0.001) (0.001)
tau2013 -0.001 0.013*** -0.006*** 0.001 TAU2004-TAU2013
(0.008) (0.002) (0.001) (0.001) sono variabili
Constant -0.252*** -0.088*** -0.042*** -0.077*** temporali dummy.
(0.049) (0.013) (0.011) (0.008)

N 6817 80220 165531 252568


Sigma e 0.1258 0.1187 0.1055 0.1104
df_a 2484 12802 23700 38988
df_r 4314 67399 141812 213561
F(df_a,df_r)= 5.89 10.97 14.74 12.87
Prob>F 0.0000*** 0.0000*** 0.0000*** 0.0000***

+ p<.10, * p<.05, ** p<.01, *** p<.001

Fonte dati: elaborazione propria

120
Con questa osservazione – contrariamente a quanto osservato per il tassi di
crescita positivi, la cui rilevanza era marginale - si constata che - in presenza di
una decrescita delle vendite - il credito commerciale diviene un importante
strumento di incentivazione delle vendite. Si noti inoltre che l’incidenza è tanto
maggiore tanto più l’impresa è piccola. Il coefficiente della categoria più giovane
di impresa risulta di modesto valore a causa del fatto che la giovane impresa può
risultare ancora in fase iniziale di investimento. Detta osservazione risulta in
contrasto col lavoro di Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a) ma coerente –
secondo le stesse precisazioni fatte per psalesgrowthw – con i lavori di Petersen
& Rajan (1997) e Marotta (2005);
- la variabile dcvw ha coefficienti significativi, positivi e grosso modo stabili tra le
classi di impresa. In ciò si conferma – coerentemente a quanto risultato a
Petersen & Rajan (1997) - la forte relazione che esiste tra crediti e debiti
commerciali, ovvero il fabbisogno complessivo di liquidità derivante dalla
complessiva gestione dei debiti e crediti commerciali;
- la variabile pbnw – ove significativa - ha coefficienti negativi. In ciò si conferma
l’ipotesi che la maggiore disponibilità di liquidità comporti una maggiore
disponibilità dell’impresa nella concessione di credito commerciale. A proposito
del valore assoluto dei coefficienti, si conferma quanto già detto per i debiti
commerciali. Si osserva inoltre che i coefficienti non sono significativi per le classi
dimensionali massime. A tal proposito si può pensare che i crediti commerciali
erogati da quest’ultima categoria di impresa, potendo essa disporre di fonti di
finanziamento esterno alternative al canale bancario, siano insensibili alla
complessiva posizione bancaria. Il coefficiente risulta inoltre scarsamente
significativo per la categoria di impresa la cui anzianità non supera i dieci anni.
Quest’ultima constatazione si spiega alla luce del fatto che – come messo in luce
nelle statistiche descrittive della tabella 29 – i prestiti bancari in detta categoria
di impresa sono pressoché inesistente ed anzi prevalgono le disponibilità liquide.
I coefficienti negativi – considerata la definizione della variabile- risultano in linea
con i lavori di Petersen & Rajan (1997);
- La variabile totrimtaw mostra ovunque coefficienti negativi. Questa evidenza si
può spiegare pensando che le imprese – temendo di esporsi – preferiscono

121
tenersi i prodotti a magazzino piuttosto che concedere crediti commerciali.
Questa ipotesi è ancor più ragionevole se si pensa che il settore manifatturiero –
producendo tipicamente prodotti non deteriorabili col passare del tempo – non
hanno fretta di collocarli sul mercato. Il coefficiente non è significativo per la
categoria dimensionale massima. Riguardo ai coefficienti, essi sono circa pari al
14% che - se combinato con un salto tra il secondo e terzo quartile pari al 12% -
fanno si che detta variazione incida in media per 5 giorni di credito. Seppur non
un valore molto alto, detta variazione è comunque significativa;
- La variabile ofdbw risulta essere significativa solo per le classi dimensionali più
piccole e con valori molto piccoli. Risulta inoltre essere significativa – sempre con
valori minimi – su tutta la gamma dell’età. Questo implica che il costo del credito
bancario – a conferma di quanto già osservato per i debiti - rimane ininfluente
coerentemente con quanto affermato da Marotta (2005);
- La variabile roiw è ovunque significativa e presenta un valore assoluto rilevante,
pari circa al 28%. Presa la differenza tra secondo e terzo quartile del roiw – pari
a circa il 15% - questo incide sulla durata complessiva dei crediti per circa 12
giorni. Questo è interpretabile con l’intuizione che le imprese che godono di una
buona generazione di flussi di cassa da parte della gestione caratteristica –
godendo magari di forte potere di mercato - sono anche quelle che
generalmente incassano più rapidamente. Questo risultato è coerente con le
risultanze empiriche dei lavori di Petersen & Rajan (1997), Marotta (2005) e
Garcia-Teruel & Martinez-Solano (2010a);
- La variabile pntaw – ove significativa - mostra sempre un segno negativo in
contraddizione con le aspettative. I coefficienti sono decrescenti in valore e
significatività all’aumentare della dimensione e a partire dall’impresa con 251
addetti non sono più significativi. Ciò si può spiegare con l’idea imprese con
maggiore livello di patrimonio netto (quindi con minore livello complessivo di
debito) mostrano un comportamento relativamente più avverso al rischio, ciò
comportando anche una minore esposizione su crediti commerciali. Con
riguardo alla tabella 46, i coefficienti hanno valore assoluto decrescente
all’aumentare dell’età. In ciò si ravvisa un comportamento più concessivo da
parte delle imprese con età compresa tra 10 e 20 anni. Sebbene i valori dei

122
coefficienti non siano alti come quelli dei debiti, un livello pari al 7% per il
campione complessivo è in qualche modo rilevante.

Con riguardo alle variabili temporali si osserva quanto segue:

- Nel caso delle regressioni su base dimensionale – preso come anno base il 2009
– si registra sino al 2006 un tempo di incasso superiore per la categoria d’impresa
con numero di addetti tra 100 e 250. Al contrario, si registra tempo inferiore per
l’impresa sino a 50 addetti e oltre i 250.
Al sopravvenire della crisi finanziaria, dall’anno 2007 si registra una diminuzione
nei tempi di incasso più significativa per le classi di impresa fino a 50 e oltre i 250
addetti. L’impresa media sembra risentire meno della crisi finanziaria. La crisi
manifesta i suoi effetti con maggiore intensità nel 2008 mentre nel 2010 si assiste
a una tendenziale stabilizzazione. A partire dal 2011 – con l’avvento della crisi
del debito sovrano – inizia di nuovo una sostanziale riduzione dei tempi di incasso
per le imprese la cui dimensione supera i 20 addetti. La riduzione è massima per
l’impresa tra 100 e 250 addetti. La riduzione aumenta al trascorrere del tempo.

Complessivamente, questo indica che le imprese con numero di addetti inferiore


a 50 e superiore a 250 sono quelle che hanno ridotto maggiormente il tempo di
incasso durante l’evoluzione delle crisi finanziaria, che l’impresa tra 50 e 250
addetti è quella che ha concesso maggiori dilazioni di pagamento. Stante queste
constatazioni, l’ipotesi secondo cui il livello di credito commerciale in rapporto
ai ricavi delle vendite concesso da parte delle grandi imprese manifatturiere è
diminuito meno di quanto sia diminuito quello concesso dalle imprese più
piccole è riscontrabile parzialmente negli esiti dell’esercizio empirico.

- Per quanto invece attiene alle regressioni in base all’età, la categoria 0-10 anni
risulta avere quasi esclusivamente valori non significativi. Questo si giustifica
pensando che imprese ancora così vicine all’inizio dell’attività mostrano
situazioni ancora in forte evoluzione e come tali non del tutto attendibili.

123
Dal 2007 al 2009 i coefficienti si fanno significativi e si assiste a una riduzione nei
tempi di incasso abbastanza omogenea su tutte le classi di impresa con più di 10
addetti. Il 2010 si configura come un anno di sostanziale stabilizzazione mentre
all’arrivo del 2011 – a causa del sopravvenire della crisi del debito sovrano si
assiste a una nuova fase di accorciamento dei tempi di incasso. A partire dal 2011
l’impresa più interessata sembra essere quella tra 10 e 20 anni di età mentre
quella più anziana viene toccata solo marginalmente.
Stante queste constatazioni, l’ipotesi secondo cui il livello di credito commerciale
in rapporto ai ricavi delle vendite concesso da parte delle imprese manifatturiere
da più tempo sul mercato è diminuito meno di quanto sia diminuito quello
concesso dalle imprese più giovani trova conferma nell’analisi empirica.

124
CONCLUSIONI

Scopo di questa tesi è indagare i fattori decisionali alla base dei crediti e dei debiti
commerciali delle imprese italiane e i mutamenti intervenuti attraverso le due crisi,
quella finanziaria e quella del debito sovrano.

Conformemente alla letteratura precedente sono state compiute due indagini parallele,
una per i debiti commerciali e una per i crediti commerciali.

A tal fine è stato impiegato un dataset contenente dati di bilancio di imprese italiane
non finanziarie per un intervallo temporale dal 2004 al 2013.

Passando in rassegna le statistiche descrittive è stata in primo luogo fornita evidenza


dell’importanza dei crediti e debiti commerciali nel tessuto produttivo delle imprese
italiane, successivamente si è provveduto a fornire stime sui tempi di pagamento medi
e mediani, con riferimento ai diversi settori merceologici, alle varie classi dimensionali e
di anzianità di impresa e della collocazione geografica delle stesse.

Constatato che i tempi di pagamento e incasso sono sostanzialmente diversi da quelli


rilevati per gli altri paesi europei, si è cercato di capire quali siano i fattori
microeconomici di impresa alla base di tali comportamenti. In tal senso si è provveduto
a compiere una accurata analisi delle fonti e degli impieghi nei bilanci delle aziende
italiane, avendo cura di scendere nel dettaglio dei singoli settori merceologici.

Fatto ciò, si è provveduto a osservare quali fossero state le dilazioni di pagamento


praticate in Italia nell’ultimo decennio, avendo cura di scendere nel dettaglio dei singoli
settori merceologici.

Ultimata questa ricognizione panoramica, l’indagine empirica si è dedicata


esclusivamente all’industria manifatturiera. Tale decisione muove dal fatto che il settore
della manifattura – esportando sul mercato estero una quota rilevante dei propri
prodotti - ha il pregio di risultare un contesto abbastanza omogeneo relativamente alla
struttura dei costi delle imprese, sia con riguardo al piano nazionale che internazionale.

Le ipotesi di ricerca sottoposte a verifica mediante l’esercizio empirico sono le seguenti:

125
- Il livello di debito commerciale in rapporto al costo di materie prime e servizi
delle grandi imprese manifatturiere è stato più ridotto dalla crisi economica
rispetto a quello delle imprese di piccole dimensioni.
In relazione a questa ipotesi si è riscontrato che la classe d’impresa con numero
di addetti superiore a 250 è stata toccata in maniera del tutto marginale sul
versante debiti durante l’evoluzione delle crisi, che l’impresa tra 101 e 250
addetti è quella che ha risentito maggiormente degli effetti della crisi finanziaria
tra il 2007 e 2008, che l’impresa tra 51 e 100 addetti è stata quella che ha più
risentito della crisi del debito sovrano tra il 2011 e il 2013 e che la piccola impresa
ha sperimentato una generalizzata e omogenea riduzione dei tempi di
pagamento attraverso le due crisi. Sulla base di queste constatazioni, l’ipotesi
secondo cui Il livello di debito commerciale in rapporto al costo di materie prime
e servizi delle grandi imprese manifatturiere è stato più ridotto dalla crisi
economica rispetto a quello delle imprese di piccole dimensioni risulta trovare
parziale conferma nell’analisi empirica;
- Il livello di debito commerciale in rapporto al costo di materie prime e servizi
delle imprese da più lungo tempo sul mercato è stato più ridotto dalla crisi
economica rispetto a quello delle imprese di più recente costituzione.
In relazione a questa ipotesi, l’anno 2007 – col sopravvenire della crisi finanziaria
- si rivela essere lo spartiacque con l’inizio della riduzione nella durata dei
pagamenti. A partire dal 2008 si registrano generalizzate riduzioni nei tempi di
pagamento la cui intensità va via via diminuendo fino al 2013. Quanto alla diversa
riduzione dei debiti sulla base dell’età, nel 2007-2008 è l’impresa oltre i venti
anni ad avere una maggiore riduzione mentre – successivamente – è l’impresa
tra i 10 e 20 anni a sopportare le maggiori riduzioni. Si precisa inoltre che la crisi
del debito sovrano mostra una marginale influenza solo nell’impresa tra 10 e 20
anni di età.
In tal senso, l’ipotesi secondo cui Il livello di debito commerciale in rapporto al
costo di materie prime e servizi delle imprese da più lungo tempo sul mercato è
stato più ridotto dalla crisi economica rispetto a quello delle imprese di più
recente costituzione è riscontrabile parzialmente negli esiti dell’esercizio
empirico;

126
- il livello di credito commerciale in rapporto ai ricavi delle vendite concesso da
parte delle grandi imprese manifatturiere è diminuito meno di quanto sia
diminuito quello concesso dalle imprese più piccole.
In relazione a questa ipotesi è emerso che al sopravvenire della crisi finanziaria,
dall’anno 2007 si registra una diminuzione nei tempi di incasso più significativa
per le classi di impresa fino a 50 e oltre i 250 addetti. L’impresa media sembra
risentire meno della crisi finanziaria. La crisi manifesta i suoi effetti con maggiore
intensità nel 2008 mentre nel 2010 si assiste a una tendenziale stabilizzazione. A
partire dal 2011 – con l’avvento della crisi del debito sovrano – inizia di nuovo
una sostanziale riduzione dei tempi di incasso per le imprese la cui dimensione
supera i 20 addetti. La riduzione è massima per l’impresa tra 100 e 250 addetti e
l’andamento è crescente al trascorrere del tempo. Stante queste constatazioni,
l’ipotesi secondo cui il livello di credito commerciale in rapporto ai ricavi delle
vendite concesso da parte delle grandi imprese manifatturiere è diminuito meno
di quanto sia diminuito quello concesso dalle imprese più piccole è riscontrabile
parzialmente negli esiti dell’esercizio empirico;
- il livello di credito commerciale in rapporto ai ricavi delle vendite concesso da
parte delle imprese manifatturiere da più tempo sul mercato è diminuito meno
di quanto sia diminuito quello concesso dalle imprese più giovani.
In relazione a questa ipotesi, durante l’analisi empirica è emerso che dal 2007 al
2009 si assiste a una riduzione abbastanza omogenea dei tempi di incasso su
tutte le classi di impresa con più di 10 anni di età. Il 2010 si configura come un
anno di sostanziale stabilizzazione mentre all’arrivo del 2011 – a causa del
sopravvenire della crisi del debito sovrano si assiste a una nuova fase di
accorciamento dei tempi di incasso. A partire dal 2011 l’impresa più interessata
sembra essere quella tra 10 e 20 anni di età mentre quella più anziana viene
toccata solo marginalmente.
Stante queste constatazioni, l’ipotesi secondo cui il livello di credito commerciale
in rapporto ai ricavi delle vendite concesso da parte delle imprese manifatturiere
da più tempo sul mercato è diminuito meno di quanto sia diminuito quello
concesso dalle imprese più giovani trova conferma nell’analisi empirica;

127
Durante l’analisi empirica sono emersi anche altri aspetti interessanti:

- la quota di debito bancario nei bilanci delle imprese mostra di crescere


proporzionalmente all’allungarsi della storia dell’impresa. Quest’ultima
osservazione è coerente con la teoria che presuppone lo sviluppo del rapporto
bancario a partire dall’acquisizione di informazione nel tempo da parte
dell’intermediario, il quale riesce pertanto a valutare meglio il rischio del
prenditore concedendo maggiore finanziamento. Pare invece scendere il livello
del debito commerciale all’aumentare dell’età dell’impresa, la qual cosa sembra
suggerire che vi possa essere sostituibilità incrociata tra prestito bancario e
prestito commerciale, suggerendo una preferenza – avendo opportunità di
scegliere - nei confronti del debito bancario. Ciò sembrerebbe suggerire
ulteriormente una sorta di gerarchia di costo tra debito commerciale e debito
bancario al variare dell’età dell’impresa. In tal senso, questa evidenza
meriterebbe ulteriore approfondimento futuro.

Sarebbe inoltre auspicabile che indagini di questo tipo esaminassero anche la micro-
impresa che – con particolare riferimento al caso italiano – rappresenta il vero motore
dell’economia. Sotto questo punto di vista, questa ricerca vi si rivolge solo in parte.

128
BIBLIOGRAFIA

Alphonse P, Ducret J & Severin E, 2003. When trade credit facilitates access to bank
finance: evidence from US small business data. Working paper, 1-29. ESA, University of
Lille2 and IAE, University of Valenciennes.

Atanasova C, 2007. Access to institutional finance and the use of trade credit. Financial
Management 36 (1), 49-67.

Atradius, Barometro sui comportamento di pagamento aprile 2014 – Italia e paesi


dell’Europa Occidentale in http://www.atradius.it/pubblicazioni/barometropagamenti/
(Consultato agosto 2014).

Baltagi NH, 2001. Econometric Analysis of Panel Data, 2nd edn, Wiley, New York.

Benvenuti, M. & M. Gallo, 2005. Il ricorso al “factoring” da parte delle imprese italiane,
in “Imprese o intermediari? Aspetti finanziari e commerciali del credito tra imprese in
Italia”, a cura di L. Cannari, S. Chiri e M. Omiccioli, il Mulino, Bologna.

Biais B & Gollier C, 1997. Trade credit and credit rationing. The Review of Financial
Studies 10 (4), 903-937.

Bougheas S, Mateut S & Mizen P, 2009. Corporate trade credit and inventories: new
evidence of a trade-off from accounts payable and receivable. Journal of Banking and
Finance 33 (2), 300-307.

Boyery MM & Gobert K, 2007. The impact of switching costs on vendor financing.
Finance Research Letters 6 (4), 236-241.

Bratkowski A, Grosfeld I & Rostowski J (1998), Investment and Finance in De Novo


Private Firms: Empirical Results from The Czech Republic, Hungary, Poland’, Working
Paper No. 21, Warsaw Center for Social and Economic Research Central European
University.

Brennan MJ, Maksimovic V & Zechner J, 1988. Vendor financing. The Journal of Finance
43 (5), 1127-1141.

129
Burkart M & Ellingsen T, 2004. In-kind finance: a theory of trade credit. The American
Economic Review 94 (3), 569-590.

Cuñat V, 2007. Trade credit: suppliers as debt collectors and insurance providers. The
Review of Financial Studies 20 (2), 491-527.

Danielson MG & Scott JA, 2004. Bank loan availability and trade credit demand. The
Financial Review 39 (4), 579-600.

De Bondt G, 1998. Financial structure: theories and stylized facts for six EU countries. De
Economist 146 (2), 271-301.

Delannay A & Weill L, 2004. The determinants of trade credit in transition countries.
Economics of Planning 37 (3), 173-193.

Demirgüç-Kunt A & Maksimovic V, 2001. Firms as financial intermediaries: evidence


from trade credit data. World Bank Policy Research, working paper 2696.

Emery GW, 1984. A pure financial explanation for trade credit. The Journal of Financial
and Quantitative Analysis 19 (3), 271-285.

Fisman R & Love I, 2003. Trade credit, financial intermediary development and industry
growth. The Journal of Finance 58 (1), 353-374.

Frank MZ & Maksimovic V, 2004. Trade credit, collateral, and adverse selection.
University of Maryland, College Park, USA, working paper MD 20742.

Garcia-Teruel PJ & Martinez-Solano P, 2007. Short-term debt in Spanish SMEs.


International Small Business Journal 25 (6), 579-602.

Garcia-Teruel PJ & Martinez-Solano P, 2010a. Determinants of trade credit: a


comparative study of European SMEs. International Small Business Journal 28 (3), 215-
233.

Garcia-Teruel PJ & Martinez-Solano P, 2010b. A dynamic perspective on the


determinants of accounts payable. Review of Quantitative Finance and Accounting 34
(4), 439-457.

130
Guariglia A & Mateut S, 2006. Credit channel, trade credit channel, and inventory
investment: evidence from a panel of UK firms. Journal of Banking and Finance 30 (10),
2835-2856.

Hersch P, Kemme D & Netter J, 1997. Access to bank loans in a transition economy: the
case of Hungary, Journal of Comparative Economics 24, 79–89.

Huyghebaert N, 2006. On the determinants and dynamics of trade credit use: empirical
evidence from business start-ups. Journal of Business Finance and Accounting 33 (1) and
(2),305-328.

Intrum Justitia, European Payment Report 2014 – Italia e paesi dell’Europa Occidentale
in http://www.intrum.com/Press-and-publications/European-Payment-Report (ultima
consultazione agosto 2014).

Jain N, 2001. Monitoring costs and trade credit. The Quarterly Review of Economics and
Finance 41 (1), 89-110.

Klapper L, Laeven L & Rajan R, 2012. Trade Credit Contracts, Review of Financial Studies,
vol. 25(3), 838-867.

Kohler M, Britton E & Yates T, 2000. Trade credit and the monetary transmission
mechanism. Working paper, Bank of England.

Kornai J, 2001. Hardening the budget constraint: the experience of the post-socialist
countries, European Economic Review 45, 1573–1599.

Laporta R, Lopez-de-Silanes F, Shleifer A & Vishny RW, 1999. The Quality of Government,
1 999, Journal of Law, Economics, and Organization 15, 222-279.

Marotta G, 2001. Is trade credit more expensive than bank loans? Evidence from Italian
firm-level data. Working paper, Università di Modena e Reggio Emilia.

Marotta G, 2005. When do trade credit discounts matter? evidence from Italian firm-
level data. Applied Economics 37: 403–416.

Meltzer AH, 1960. Mercantile Credit, Monetary Policy, and Size of Firms, The Review of
Economics and Statistics 42 (4), 429-437.

131
Ng CK, Smith JK & Smith RL, 1999. Evidence on the determinants of credit terms used in
interfirm trade. The Journal of Finance 54 (3), 1109-1129.

Nieuwkerk M van, 1979. Domestic and foreign trade credit in the Netherlands. Journal
of Banking and Finance 3 (1), 83-105.

Nilsen JH, 2002. Trade credit and the bank lending channel. Journal of Money, Credit
and Banking 34 (1), 226-253.

Niskanen J & Niskanen M, 2006. The determinants of corporate trade credit policies in
a bank-dominated financial environment: the case of Finnish small firms. European
Financial Management 12 (1), 81-102.

Omiccioli M, 2004. Il credito commerciale: problemi e teorie, Temi di discussione


(Economic working papers) 494, Bank of Italy, Economic Research and International
Relations Area.

Omiccioli M, 2005. Trade Credit as Collateral, Temi di discussione (Economic working


papers) 553, Bank of Italy.

Ono M, 2001. Determinants of trade credit in the Japanese manufacturing sector.


Journal of the Japanese and International Economies 15 (2), 160-177.

Petersen MA & Rajan RG, 1994. The benefits of lending relationships: evidence from
small business data. The Journal of Finance 49 (1), 3-37.

Petersen MA & Rajan RG, 1997. Trade credit: theories and evidence. The Review of
Financial Studies 10 (3), 661-691.

Riess A, Wagenwoort R & Zajc P, (2002). Practice makes perfect: a review of banking in
Central and Eastern Europe, EIB Central Papers, 7(1), 31–53.

Rodriguez-Rodriguez OM, 2006. Trade credit in small and medium size firms: an
application of the system estimator with panel data. Small Business Economics 27 (2/3),
103-126.

Schwartz RA, 1974. An economic model of trade credit. The Journal of Financial and
Quantitative Analysis 9 (4), 643-657.

132
Smith JK, 1987. Trade credit and informational asymmetry. The Journal of Finance 42
(4), 863-872.

Wilner BS, 2000. The exploitation of relationships in financial distress: the case of trade
credit. The Journal of Finance 55 (1), 153-178.

Wilson N & Summers B, 2002. Trade credit terms offered by small firms: survey evidence
and empirical analysis. Journal of Business Finance & Accounting 29 (3) & (4), 317-351.

Wooldridge JM, 2009. Introductory econometrics, a modern approach, 4th edition,


South-Western, Ottawa.

133
APPENDICI

1. Gli schemi di bilancio e il contenuto informativo minimo dello


Stato Patrimoniale e del Conto Economico

Lo schema di bilancio cd. "in forma abbreviata" è una facoltà concessa dall'art. 2435bis
del Codice civile. Essa permette - alle società che rispettano determinati parametri
dimensionali - di usufruire di una serie di semplificazioni nella redazione del bilancio,
riducendo il contenuto informativo obbligatorio richiesto nella redazione dello stato
patrimoniale, del conto economico e della nota integrativa.

Le società che possono avvalersi della facoltà di redigere il bilancio in forma abbreviata
ex art. 2435bis sono quelle che:

- non abbiano emesso titoli negoziati in mercati regolamentati;


- nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi consecutivi, NON
abbiano superato 2 dei seguenti limiti:
- Totale attivo Stato patrimoniale: € 4.400.000;
- Ricavi delle vendite e delle prestazioni: € 8.800.000;
- Dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 50 unità.

Nella tabella che segue si mette a confronto il contenuto informativo minimo


obbligatorio degli schemi di bilancio ordinario e in forma abbreviata.

Tabella 47: Confronto tra Stato Patrimoniale redatto in forma ordinaria e in forma abbreviata

Stato Patrimoniale in forma ordinaria Stato Patrimoniale in forma abbreviata


ATTIVO ATTIVO
A) CREDITI VERSO SOCI per versamenti ancora
dovuti, con separata indicazione della parte già
richiamata.
B) IMMOBILIZZAZIONI, con separata indicazione di B) IMMOBILIZZAZIONI:
quelle concesse in locazione finanziaria:
I − Immobilizzazioni immateriali: I − Immobilizzazioni immateriali:
1) costi di impianto e di ampliamento; Valore lordo
2) costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità; − Fondi ammortamento immobilizzazioni immateriali
3) diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione − Fondi svalutazione immobilizzazioni immateriali
delle opere dell’ingegno;
4) concessioni, licenze, marchi e diritti simili; Totale immobilizzazioni immateriali nette

134
5) avviamento;
6) immobilizzazioni in corso e acconti;
7) altre.
Totale immobilizzazioni immateriali.
II − Immobilizzazioni Materiali: II – Immobilizzazioni Materiali:
1) terreni e fabbricati; Valore lordo
2) impianti e macchinario; − Fondi ammortamento immobilizzazioni materiali
3) attrezzature industriali e commerciali; − Fondi svalutazione immobilizzazioni materiali
4) altri beni; Totale immobilizzazioni materiali nette

5) immobilizzazioni in corso e acconti.


Totale immobilizzazioni materiali.
III −Immobilizzazioni Finanziarie III − Immobilizzazioni Finanziarie
con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti,
degli importi esigibili entro l’esercizio successivo:
1) partecipazioni in:
a) imprese controllate;
b) imprese collegate;
c) imprese controllanti;
d) altre imprese
2) crediti:
a) verso imprese controllate;
b) verso imprese collegate;
c) verso controllanti;
d) verso altri;
3) altri titoli;
4) azioni proprie, con indicazione anche del valore
nominale complessivo.
Totale immobilizzazioni finanziarie.
Totale immobilizzazioni Totale immobilizzazioni
C) ATTIVO CIRCOLANTE: C) ATTIVO CIRCOLANTE:
I − Rimanenze: I − Rimanenze
1) materie prime, sussidiarie e di consumo;
2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3) lavori in corso su ordinazione;
4) prodotti finiti e merci;
5) acconti.
Totale rimanenze.
II − Crediti, II − Crediti,
con separata indicazione, per ciascuna voce, degli con separata indicazione,
importi esigibili oltre l’esercizio successivo:
1) verso clienti; − crediti entro l’esercizio successivo
2) verso imprese controllate; − crediti esigibili oltre l’esercizio successivo
3) verso imprese collegate; (fra cui: Crediti verso soci per versamenti ancora
4) verso controllanti; dovuti e Ratei e risconti, con separata indicazione del
disaggio su prestiti.)
4 bis) crediti tributari;

135
4 ter)imposte anticipate;
5) verso altri.
Totale crediti.
III − Attività finanziarie che non costituiscono III − Attività finanziarie che non costituiscono
immobilizzazioni: immobilizzazioni
1) partecipazioni in imprese controllate;
2) partecipazioni in imprese collegate;
3) partecipazioni in imprese controllanti;
4) altre partecipazioni;
5) azioni proprie, con indicazione anche del valore
nominale complessivo;
6) altri titoli.
Totale attività finanziarie che non costituiscono
immobilizzazioni.
IV − Disponibilità liquide: IV – Disponibilità liquide
1) depositi bancari e postali;
2) assegni;
3) danaro e valori in cassa.
Totale disponibilità liquide.
Totale attivo circolante Totale attivo circolante
D) Ratei e risconti, con separata indicazione del
disaggio su prestiti.
TOTALE ATTIVO TOTALE ATTIVO

PASSIVO PASSIVO
A) PATRIMONIO NETTO: A) PATRIMONIO NETTO:
I Capitale I Capitale
II Riserva da sopraprezzo delle azioni II Riserva da sopraprezzo delle azioni
III Riserve di rivalutazione III Riserve di rivalutazione
IV Riserva legale IV Riserva legale
V Riserve statutarie V Riserve statutarie
VI Riserva per azioni proprie in portafoglio VI Riserva per azioni proprie in portafoglio
VII Altre riserve, distintamente indicate VII Altre riserve, distintamente indicate
VIII Utili (perdite) portati a nuovo VIII Utili (perdite) portati a nuovo
IX Utile (perdita) dell’esercizio. IX Utile (perdita) dell’esercizio.
Totale Totale
B) FONDI PER RISCHI E ONERI: B) FONDI PER RISCHI E ONERI
1) per trattamento di quiescenza e obblighi simili;
2) per imposte, anche differite;
3) altri.
Totale fondi per rischi e oneri
C) TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DI C) TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DI
LAVORO SUBORDINATO LAVORO SUBORDINATO
D) DEBITI, con separata indicazione, per ciascuna D) DEBITI, con separata indicazione,
voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio
successivo:
1) obbligazioni; − debiti esigibili entro l’esercizio successivo
2) obbligazioni convertibili; − debiti esigibili oltre l’esercizio successivo

136
3) debiti verso soci per finanziamenti; (fra cui: Ratei e risconti, con separata indicazione
4) debiti verso banche; dell’aggio su prestiti).
5) debiti verso altri finanziatori;
6) acconti;
7) debiti verso fornitori;
8) debiti rappresentati da titoli di credito;
9) debiti verso imprese controllate;
10) debiti verso imprese collegate;
11) debiti verso controllanti;
12) debiti tributari;
13) debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza
sociale;
14) altri debiti.
Totale debiti (D)
E) Ratei e risconti, con separata indicazione dell’aggio
su prestiti.
TOTALE PASSIVO TOTALE PASSIVO

Tabella 48: Confronto tra Conto Economico redatto in forma ordinaria e in forma abbreviata

Conto economico (art. 2425 c.c.) Conto economico in forma abbreviata (art. 2435 bis
c.c.)
A) Valore della produzione A) Valore della produzione
1) ricavi delle vendite e delle prestazioni; 1) ricavi delle vendite e delle prestazioni;
2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di 2-3) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di
lavorazione, semilavorati e finiti; lavorazione, semilavorati e finiti e variazioni dei lavori
3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione; in corso su ordinazione;
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni; 4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;
5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei 5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei
contributi in conto esercizio. contributi in conto esercizio.
Totale. Totale.

B) Costi della produzione B) Costi della produzione


6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di 6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di
merci; merci;
7) per servizi; 7) per servizi;
8) per godimento di beni di terzi; 8) per godimento di beni di terzi;
9) per il personale; 9) per il personale;
a) salari e stipendi; a) salari e stipendi;
b) oneri sociali; b) oneri sociali;
c) trattamento di fine rapporto; c,d,e) altri costi del personale;
d) trattamento di quiescenza e simili;
e) altri costi;
10) ammortamenti e svalutazioni: 10) ammortamenti e svalutazioni:
a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali; a,b,c) ammortamenti e svaluta-
b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali; zioni delle Immobilizzazioni;

137
c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni
d) svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo d) svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo
circolante e delle disponibilità liquide; circolante e delle disponibilità liquide;
11) variazioni delle rimanenze di materie prime, 11) variazioni delle rimanenze di materie prime,
sussidiarie, di consumo e merci; sussidiarie, di consumo e merci;
12) accantonamento per rischi; 12) accantonamento per rischi;
13) altri accantonamenti; 13) altri accantonamenti;
14) oneri diversi di gestione. 14) oneri diversi di gestione.
totale. totale.
Differenza tra valore e costi della produzione (A–B) Differenza tra valore e costi della produzione (A–B)

C) Proventi e oneri finanziari: C) Proventi e oneri finanziari:


15) proventi da partecipazioni, con separata 15) proventi da partecipazioni, con separata
indicazione di quelli relativi ad imprese controllate e indicazione di quelli relativi ad imprese controllate e
collegate; collegate;
16) altri proventi finanziari: 16) altri proventi finanziari:
a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con
separata indicazione di quelli da imprese controllate e separata indicazione di quelli da imprese controllate e
collegate e di quelli da controllanti; collegate e di quelli da controllanti;
b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non b,c) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni e nell’attivo
costituiscono partecipazioni; circolante che non costituiscono partecipazioni;
c) da titoli iscritti nell'attivo circolante che non
costituiscono partecipazioni;
d) proventi diversi dai precedenti, con separata d) proventi diversi dai precedenti, con separata
indicazione di quelli da imprese controllate e collegate indicazione di quelli da imprese controllate e collegate
e di quelli da controllanti; e di quelli da controllanti;
17) interessi e altri oneri finanziari, con separata 17) interessi e altri oneri finanziari, con separata
indicazione di quelli verso imprese controllate e indicazione di quelli verso imprese controllate e
collegate e verso controllanti. collegate e verso controllanti.
17-bis) utili e perdite su cambi 17-bis) utili e perdite su cambi
Totale (15+16–17+/- 17 bis) Totale (15+16–17+/- 17 bis)

D) Rettifiche di valore di attività finanziarie D) Rettifiche di valore di attività finanziarie


18) rivalutazioni: 18) rivalutazioni
a) di partecipazioni;
b) di immobilizzazioni finanziarie che non
costituiscono partecipazioni;
c) di titoli iscritti all'attivo circolante che non
costituiscono partecipazioni;
19) svalutazioni: 19) svalutazioni
a) di partecipazioni;
b) di immobilizzazioni finanziarie che non
costituiscono partecipazioni;
c) di titoli iscritti nell'attivo circolante che non
costituiscono partecipazioni.
Totale delle rettifiche (18–19). Totale delle rettifiche (18–19).

E) Proventi e oneri straordinari E) Proventi e oneri straordinari

138
20) proventi, con separata indicazione delle 20) proventi,
plusvalenze da alienazioni i cui ricavi non sono
iscrivibili al n. 5);
21) oneri, con separata indicazione delle minusvalenze 21) oneri.
da alienazioni, i cui effetti contabili non sono iscrivibili
al n. 14), e delle imposte relative a esercizi precedenti.
Totale delle partite straordinarie (20–21). Totale delle partite straordinarie (20–21).
Risultato prima delle imposte (A–B±C±D±E) Risultato prima delle imposte (A–B±C±D±E)
22) Imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, 22) Imposte sul reddito dell'esercizio, correnti,
differite, anticipate differite, anticipate
23) Utile (perdite) dell'esercizio 23) Utile (perdite) dell'esercizio

139
2. L’algoritmo di controllo formale e il punteggio sintetico di
errore

In questa appendice viene esposto l’algoritmo originale di controllo formale impiegato


per l’eliminazione dei microdati formalmente errati. L’algoritmo è stato implementato
su foglio di Microsoft Excel e successivamente trasferito su Stata.

L’indicatore finale ricomprende i test effettuati su tutti gli anni di osservazione


disponibili per la singola impresa, ciò significando che quando il test restituisce un
punteggio favorevole questo significa che l’impresa presenta dati formalmente corretti
su tutti i periodi per cui l’osservazione risulta disponibile. Ciò detto, sono state scartate
tutte quelle imprese che non avessero dati corretti su tutti i periodi disponibili di
osservazione. Questo ha consentito di preservare un dataset panel bilanciato.

L’indicatore complessivo di errore del microdato è stato ottenuto come sommatoria


degli esiti di numerose funzioni logiche, le quali effettuano controlli incrociati sui dati
dei singoli bilanci annuali. Detti controlli vengono esposti nella tabella seguente. Per
motivi di brevità si riportano le voci di bilancio indicandole secondo la numerazione delle
poste valida ai fini civilistici di cui agli artt. 2424 e susseguenti del codice civile. A tal
proposito, il lettore che non abbia dimestichezza con gli schemi di bilancio si può aiutare
con le tabelle fornite in precedenza in appendice 1. Di seguito la tabella.

Tabella 49: controlli formali eseguiti sui dati di bilancio di una singola impresa per un singolo anno

N. SCHEMA TEST SE VERO SE FALSO


1 SP totale attivo = totale passivo (TA - TP)^2 (TA - TP)^2
2 SP - ATTIVO totale attivo = A + B + C + D (TA - A - B - C - D)^2 (TA - A - B - C - D)^2
3 SP - ATTIVO B >= B.II - F.DO AMM. B.II 0 (B - B.II + F.DO AMM. B.II)^2
4 SP - ATTIVO C >= C.I + C.II + C.IV 0 (C - C.I - C.II - C.IV)^2
5 SP - ATTIVO C.I >= C.I.4 0 (C.I - C.I.4)^2
6 SP - ATTIVO C.II >= C.II.1 0 (C.II - C.II.1)^2
7 SP - ATTIVO C.IV >= C.IV.1 0 (C.IV - C.IV.1)^2
8 SP - PASSIVO totale passivo = A + B + C + D + E (TP - A - B - C - E)^2 (TA - A - B - C - E)^2
9 SP - PASSIVO D >= D.4 + D.7 0 (D - D.4 - D.7)^2
10 CE risultato prima delle imposte = A - B + C + D + E 0 (RPDI - A + B - C - D - E)^2
11 CE A >= A.1 0 (A - A.1)^2
12 CE B >= B.6 + B.7 0 (B - B.6 - B.7)^2
TOTALE PER L'ANNO i

140
L’indicatore di errore finale è dato dalla sommatoria di tutti gli indicatori annuali della
singola impresa. Alla fine dei test, sono state scartate tutte le osservazioni di quelle
imprese aventi un indicatore sintetico di errore superiore a 200.

Altre precisazioni in merito alla formulazione dei controlli:

- I test numero 1, 2 e 8 verificano che la sommatoria delle voci fornisca realmente


il totale. In questi test, la restituzione di un valore elevato al quadrato (in luogo
di un più semplice numero in valore assoluto) ha due funzioni: la prima è che –
ai fini della determinazione del punteggio finale tramite sommatoria - si desidera
avere un numero positivo, la seconda attiene gli arrotondamenti che vengono
effettuati dai redattori nella stesura dei bilanci. È infatti assai frequente che i
bilanci abbiano piccole incongruenze derivanti da errori di arrotondamento
all’unità di euro (o di migliaia di euro, come in questo caso). Succede che –
essendo le poste di bilancio ricavate da bilanci di verifica aventi le cifre decimali
– durante il passaggio alle poste senza decimali - i valori vengano adattati
generando piccole discrasie, derivanti solamente da banali arrotondamenti
all’unità più vicina. Pertanto, l’operazione di elevamento a potenza del risultato
del test di controllo ha il pregio di diminuire le differenze inferiori all’unità,
lasciare invariate le differenze pari ad uno, rendere subito visibili grosse
incongruenze moltiplicando esponenzialmente le grosse differenze;
- I restanti test verificano che le poste esaminate o la loro sommatoria non sia
maggiore del valore dei relativi capiconto. Questo tipo di test si è reso necessario
– in luogo dei test del primo tipo – atteso che (per chiari motivi di opportunità)
dalla banca dati sono state estratte solo le poste ritenute pertinenti con
l’indagine econometrica effettuata. Questo tipo di test non è stato effettuato
con sistematicità su tutte le poste estratte atteso che alcune sottovoci possono
ragionevolmente essere maggiore dei propri capiconto, essendo i capiconto
ottenuti per sommatoria anche di ulteriori poste con valore negativo;
- L’indicatore finale considera di uguale peso l’esito di ogni singolo controllo;
- Il valore soglia di 200 è stato così determinato pensando che – dato il numero
complessivo di 120 test (12 test per 10 anni) – ogni test potesse assumere un
valore di poche unità senza per questo significare un’anomalia. Dove vi è invece

141
una vera anomalia – dato l’elevamento a potenza - il test assume rapidamente
valori nell’ordine delle 10 cifre, comportando l’immediata esclusione
dell’osservazione. Ciò premesso, come si può osservare in tabella 27, una
variazione della soglia dell’indicatore sintetico a un valore pari a 100 o 300 non
comporta una variazione relativamente significativa della numerosità del
campione.

Tabella 50: Analisi di sensibilità del numero di imprese scartate al variare della soglia dell'indicatore sintetico

SOGLIA N. OSS. SCARTATE N. OSS. CAMPIONE


- - 249.873
50 96.619 153.254
100 88.066 161.807
200 83.783 166.090
300 80.626 169.247
500 76.395 173.478

142
3. Valori dei percentili delle variabili utilizzate nelle regressioni

Tabella 51: valore dei percentili delle variabili utilizzate nella regressione sui debiti

Variable Obs Percentile Centile [95% Conf. Interval]

dcvw 365454 5 .0989011 .0978261 .1


25 .236246 .2356688 .2368421
50 .3246365 .3240741 .3252102
75 .4324597 .4316652 .4333806
95 .8761757 .8698226 .8833127
lagsalesgr~w 410934 5 -.4092785 -.4116669 -.4069606
25 -.1128209 -.1136951 -.1118644
50 .0196078 .0189345 .0203074
75 .1616317 .1604938 .1626157
95 .6511099 .6443305 .6577885
ccvw 369065 5 .0554428 .0543619 .0565764
25 .2154866 .214754 .2161539
50 .321307 .3207001 .3218981
75 .4276063 .4268509 .4283892
95 .7216487 .7179487 .7247257
lagpbnw 366299 5 -.497844 -.4991708 -.4965315
25 -.2826206 -.2837609 -.2814371
50 -.0794621 -.0808081 -.078178
75 .0808356 .079794 .0818713
95 .3487991 .3466236 .3508422
ofdbw 260884 5 .0123972 .0121759 .012605
25 .0349113 .0347826 .0350661
50 .0570139 .0568052 .0571429
75 .1002969 .1 .1009269
95 .5361338 .5212766 .5503569
lagroiw 443219 5 -.0604 -.0615 -.0593
25 .0473 .0469 .0477
50 .1362 .1354 .137
75 .2891 .2891 .2891
95 .2891 .2891 .2891
pntaw 419088 5 .0217391 .0213762 .0220277
25 .1129585 .1123188 .113593
50 .2473947 .2464971 .2483415
75 .4360902 .4348149 .4372857
95 .7163193 .714789 .7179239
imattaw 419051 5 .0101106 .0099361 .0102825
25 .0636591 .0632227 .0640892
50 .1682692 .1674528 .1690837
75 .3474074 .3461078 .3486699
95 .6450122 .6430678 .6471208

Note: LAGSALESGROWTHW è il tasso di crescita delle vendite ritardato, CCVW è il livello di crediti commerciali
sulle vendite, LAGPBNW è la differenza tra disponibilità liquide e debiti bancari in rapporto al totale attivo,
OFDBW è il rapporto tra oneri finanziari e debiti bancari, LAGROIW è la variabile ritardata del roi, PNTAW è il
rapporto tra patrimonio netto e totale attivo, IMATTAW è il livello di immobilizzazioni materiali sul totale attivo,

Fonte dati: elaborazione propria

143
Tabella 52: valori dei percentili delle variabili utilizzate nella regressione sui crediti

Variable Obs Percentile Centile [95% Conf. Interval]

ccvw 369065 5 .0554428 .0543619 .0565764


25 .2154866 .214754 .2161539
50 .321307 .3207001 .3218981
75 .4276063 .4268509 .4283892
95 .7216487 .7179487 .7247257
psalesgrow~w 410935 5 0 0 0
25 0 0 0
50 .0196078 .0189345 .0203082
75 .1616314 .1604938 .1626156
95 .6511084 .6443281 .6577881
nsalesgrow~w 443220 5 0 0 0
25 0 0 0
50 0 0 0
75 .0992618 .098319 .1001513
95 .3952801 .3926297 .3977993
dcvw 365454 5 .0989011 .0978261 .1
25 .236246 .2356688 .2368421
50 .3246365 .3240741 .3252102
75 .4324597 .4316652 .4333806
95 .8761757 .8698226 .8833127
lagpbnw 366299 5 -.497844 -.4991708 -.4965315
25 -.2826206 -.2837609 -.2814371
50 -.0794621 -.0808081 -.078178
75 .0808356 .079794 .0818713
95 .3487991 .3466236 .3508422
lagtotrimtaw 419069 5 0 0 0
25 .0416667 .0412804 .0420725
50 .124197 .1236119 .1248056
75 .241863 .2410436 .2427191
95 .4671003 .4652436 .4688852
ofdbw 260884 5 .0123972 .0121759 .012605
25 .0349113 .0347826 .0350661
50 .0570139 .0568052 .0571429
75 .1002969 .1 .1009269
95 .5361338 .5212766 .5503569
roiw 443220 5 -.0604 -.0615 -.0593
25 .0473 .0469 .0477
50 .1362 .1354 .137
75 .2891 .2891 .2891
95 .2891 .2891 .2891
pntaw 419088 5 .0217391 .0213762 .0220277
25 .1129585 .1123188 .113593
50 .2473947 .2464971 .2483415
75 .4360902 .4348149 .4372857
95 .7163193 .714789 .7179239

Note: PSALESGROWTHW è il tasso di crescita delle vendite quando esso è positivo altrimenti è zero, NSALESGROWTHW
è il valore assoluto del tasso di crescita delle vendite quando esso è negativo altrimenti è zero, DCVW è il livello di debiti
commerciali sul costo di materie prime e servizi, LAGPBNW è la differenza tra disponibilità liquide e debiti bancari in
rapporto al totale attivo, LAGTOTRIMTAW è il totale rimanenze in rapporto al totale attivo, OFDBW è il rapporto tra oneri
finanziari e debiti bancari, ROIW è il roi, PNTAW è il rapporto tra patrimonio netto e totale attivo.

Fonte dati: elaborazione propria

144

Potrebbero piacerti anche