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30 12
Sala Verdi del Conservatorio
Trio di Parma
Alberto Miodini pianoforte
Ivan Rabaglia violino
Enrico Bronzi violoncello
Nei primi anni a Vienna, tra il 1792 e il 1795, Beethoven rivolse le proprie ener-
gie in primo luogo all’attività concertistica, cercando di consolidare la sua posi-
zione come pianista e improvvisatore. Aveva già pubblicato qualche lavoro nel
periodo di Bonn, ma per il momento preferiva mettere da parte la composizione,
almeno fino a quando fosse in grado di pubblicare lavori importanti nei generi
maggiori. Era una decisione presa in maniera pienamente consapevole, come
dimostra una lettera piuttosto seccata del 1794 all’amico editore e stampatore di
musica Nikolaus Simrock, suo ex-collega nell’orchestra di Bonn come cornista,
che all’insaputa di Beethoven stava per pubblicare delle sue vecchie Variazioni
per pianoforte a quattro mani su un tema del conte Waldstein: «Del resto, non
avevo l’intenzione di pubblicare ora delle Variazioni, volendo prima aspettare di
avere dato via libera ad alcune mie opere più importanti, che usciranno presto».
Il mercato della Hausmusik era invaso da variazioni per pianoforte, alla portata
di qualunque dilettante. Beethoven invece desiderava distinguersi sin dall’inizio
come autore e pubblicare solo lavori di livello artistico superiore. La distinzione
tra professionisti e dilettanti, in una città come Vienna, è ancora labile in questo
scorcio di Settecento e passava spesso attraverso l’estrazione sociale. I musi-
cisti di professione non erano gli unici in grado di interpretare le partiture più
moderne, molte persone dell’alta società avevano una preparazione tecnica e
una sensibilità musicale assolutamente analoghe. Proprio per questo Beethoven
viene accolto in maniera benevola e generosa nei palazzi più importanti, dove
vivono persone in grado di apprezzare e riconoscere il talento fuori dal comune
del giovane pianista di Bonn. Il primo patrono e amico di Beethoven a Vienna
è stato il principe Carlo di Lichnowsky, un tempo allievo e mecenate di Mozart.
Il Principe e la moglie, principessa Christiane, figlia del Conte von Thun, accol-
sero in casa Beethoven come un figlio, curandosi forse fin troppo della sua con-
dizione, tanto da indurlo alla fine a prendere un appartamento indipendente in
città. Franz Gerhard Wegeler, rettore dell’Università di Bonn, fuggito a Vienna
nel 1794 dopo l’occupazione francese del Rheinland, nei suoi ricordi su Beetho-
ven rivela la fama di compositore difficile e innovatore che già circondava l’ami-
co a Vienna: «Il Principe era un grande appassionato e connoisseur di musica.
Suonava il pianoforte, e studiando i pezzi di Beethoven e suonandoli più o meno
bene, cercava di convincerlo che non c’era alcun bisogno di cambiare niente nel
suo stile di composizione, malgrado l’attenzione del compositore fosse spesso
richiamata sulle difficoltà dei suoi lavori». La prima composizione pubblicata
ufficialmente da Beethoven, i Trii con pianoforte op. 1, recano infatti la dedica
al principe Lichnowsky. Non erano affatto lavori di routine, e Beethoven ne era
perfettamente cosciente. «Sinceramente, caro Streicher – scriveva nel 1796 al
pianista Johann Andreas Streicher – mi sono per la prima volta azzardato ad
ascoltare una esecuzione del mio terzetto [probabilmente il Trio in mi bemolle
maggiore n. 1] e ciò mi indurrà veramente a scrivere di più per il pianoforte di
quanto non abbia fatto finora, anche se solo pochi mi capiscono, sono già conten-
to. È certo che il modo di suonare il pianoforte è ancora molto primitivo rispetto
a tutti gli altri strumenti, sovente sembra di udir suonare un’arpa e mi fa piacere
che Lei sia dei pochi che comprendano e sentano che si può far cantare anche
il pianoforte, basta sentirlo, spero che verrà il tempo in cui arpa e pianoforte
saranno due strumenti del tutto diversi».
Allo stesso modo, anche il pubblico del tempo percepiva l’originalità e finan-
co la bizzarria del suo stile, fin dalla prima audizione dei suoi lavori in casa di
Lichnowsky, spesso alla presenza dei due lari della musica viennese, Haydn e
Salieri. Beethoven in sostanza si presentava con l’Opus 1 come uno spirito nuo-
vo, non solo nelle vesti di virtuoso, ma anche in quelle di compositore, forse an-
che oltre le aspettative dei numerosi connoisseurs che lo consideravano l’erede
di Mozart. Del resto, anche a Vienna spirava il vento del rinnovamento e serpeg-
giavano sentimenti giacobini, tenuti a bada dal governo col pugno di ferro. Nel
luglio 1794, un gruppo di studenti viennesi aveva preparato una rivolta, sventa-
ta all’ultimo momento dalla polizia, con il progetto di assassinare l’Imperatore
e arrestare gli aristocratici più in vista. Beethoven descrive nelle sue lettere
una città in assetto di guerra, la repressione poliziesca per la minima protesta,
il coprifuoco nei quartieri di periferia. Persino certi ambienti dell’alta nobiltà
viennese manifestavano un’insospettabile simpatia per le idee radicali e la Rivo-
luzione francese. Secondo la Baronessa du Montet, la principessa Lichnowsky
e la contessa Kinsky odiavano gli émigrés e gli aristocratici francesi. Wegeler
notava invece come a palazzo Lichnowsky dopo il concerto anche i musicisti
si fermassero a cena, e che il Principe “radunava artisti e intellettuali senza
riguardo alla posizione sociale”. In questo ambiente aristocratico e democratico
(“la nostra democratica epoca”, si legge in una lettera del 1794), i nuovi lavori di
Beethoven venivano eseguiti e discussi da un gruppo di artisti e connoisseurs
scelti. Nel laboratorio foraggiato dalla generosa borsa di Lichnowsky, Beetho-
ven era libero di sviluppare uno stile nuovo e radicale, al riparo dalla crescente
ostilità del giornalismo musicale e dalla sostanziale incomprensione del pubblico
comune.
Questo non significa tuttavia che Beethoven ignori a bella posta il linguaggio
degli strumenti in nome di un astratto ideale musicale. Il “Presto” finale del
Trio in sol maggiore n. 2 nasce per esempio da un tema assolutamente idioma-
tico per gli strumenti ad arco, ma praticamente ineseguibile sul pianoforte. Una
decina di note ribattute a quella velocità erano di fatto impossibili da suonare su
un pianoforte dell’epoca, privo della tastiera con la meccanica a doppio scappa-
mento. Ecco dunque che Beethoven trasforma la risposta del pianoforte in un
trillo misurato, che a sua volta viene inglobato anche nella parte violinistica nei
momenti di serrato dialogo imitativo. L’apertura del Trio in sol maggiore mette
in luce una vivacità di spirito davvero degna di Haydn. Dopo il grande “Adagio”
introduttivo, infatti, l’“Allegro vivace” inizia con il tema esposto nella “falsa”
tonalità di do maggiore dal pianoforte, mentre la giusta tonalità di sol maggiore
viene procrastinato di una ventina di battute. La dignità del tema principale
è sottolineata anche dalla veste sonora ampia e corposa, con il pianoforte che
sostiene la voce del violino ad accordi pieni e organistici e il violoncello con un
basso albertino. Il secondo tema, in re maggiore, ha un carattere lezioso e ci-
vettuolo, anche in questo caso incarnato dal pungente colpo d’arco del violino.
L’aspetto frivolo di questo “Allegro vivace” tuttavia non deve ingannare, perché
nasconde una scrittura ricca di sapiente contrappunto e ingegnose armonie. La
scoperta più sorprendente però, al momento della ripresa, è che l’ingannevole
tema in do maggiore dell’inizio non era un miraggio passeggero, bensì parte in-
tegrante dell’idea tematica principale. Sebbene lo stile di Haydn abbia lasciato
l’impronta maggiore, Beethoven quando vuole sa calarsi perfettamente anche
nel mondo di Mozart. Il successivo “Largo con espressione” inizia con una frase
dolcissima e struggente del pianoforte solo, che potrebbe aver rubato il colo-
re della melodia a un personaggio del teatro mozartiano colto in un accesso di
melanconia. La lontana armonia di mi maggiore contribuisce a creare una sen-
sazione di estraneità e smarrimento, che culmina ancora una volta su una tesa
cadenza, che squarcia la tela per mostrare per un attimo un etereo sfondo in
do maggiore. Questa improvvisa parentesi mozartiana depone, per paradosso,
a favore dell’originalità di Beethoven. Il fatto di trovare così poche copie dello
stile di Mozart nei primi lavori di Beethoven, che pure sarebbe stato in grado
d’imitare alla perfezione il suo grande predecessore, testimonia con quanta de-
terminazione l’artista perseguisse mire più ambiziose.
Oreste Bossini
Il Trio con pianoforte: breve storia di un genere
Fondamentale nella storia della musica è stato il ruolo del trio per violino, violon-
cello e pianoforte, genere cameristico secondo per importanza solo al quartetto
d’archi. Il percorso che portò alla piena definizione delle sue caratteristiche fu
tuttavia lungo e complesso; l’accostamento di uno strumento a tastiera alle cor-
de strofinate poneva infatti problematiche maggiori rispetto ad altre formazioni
cameristiche. Se ad esempio nei quartetti di Haydn l’indipendenza tra le parti
è pienamente raggiunta, altrettanto non si può affermare per quanto riguarda
i suoi trii con pianoforte; in queste composizioni l’autore mostra infatti ancora
uno stretto legame con il modello della sonata accompagnata. In quest’ultimo
genere gli strumenti ad arco o a fiato erano nettamente subordinati rispetto
a quello a tastiera, limitandosi perlopiù a raddoppiarne le note più gravi o più
acute. Suo iniziatore è considerato Jean-Joseph Cassanéa de Mondonville, il
quale pubblicò nel 1734 sei Pièces de clavecin en sonates avec accompagna-
ment de violon. La sonata accompagnata ebbe grandissima diffusione nella se-
conda metà del Settecento; tale genere rispondeva con facilità alle richieste di
un pubblico di nobili e borghesi dilettanti in costante crescita e trovò terreno
fertile soprattutto a Parigi dove il mercato editoriale era assai vitale. Il giovane
Mozart ne fu senza dubbio influenzato durante la lunga tournée che intraprese
con la famiglia in giro per l’Europa tra il giugno del 1763 e il novembre del 1766.
A Parigi ebbe infatti sicuramente modo di ascoltare le opere di Johann Scho-
bert e a Londra quelle di Johann Christian Bach. Il primo brano per strumento
a tastiera, violino e violoncello del compositore di Salisburgo risale al 1776 e
significativamente è classificato non come “trio”, bensì come “divertimento”.
Quest’opera mostra ancora una sproporzione nella suddivisione del materiale
tematico e nell’indipendenza tra le parti; a farne le spese è soprattutto il violon-
cello, cui tocca prevalentemente il compito di raddoppiare i bassi del pianoforte.
Questo fatto non deve stupirci: le note dello strumento ad arco supplivano alla
mancanza di volume nel registro grave dei fortepiani dell’epoca, nonché alla loro
possibilità limitata di tenere il suono. Presupposto fondamentale per l’afferma-
zione di tutta la musica da camera con pianoforte fu proprio lo sviluppo delle
caratteristiche tecniche dello strumento a tastiera. Nella nota lettera inviata
al padre il 17 ottobre 1777 Mozart non celava la sua grande ammirazione per i
nuovi fortepiani costruiti da Johann Andreas Stein ad Augusta. Tale rivelazione
mutò profondamente il modo di scrivere del giovane compositore per questo
strumento non solo in veste solistica, ma anche in ensemble. Nel 1778 scrisse ad
esempio le sei sonate K 301-306 per violino e pianoforte. Al 1786 risale invece
il suo secondo trio K 496 in sol maggiore, questa volta non più indicato gene-
ricamente come “divertimento”, al quale seguirono a breve distanza gli altri
quattro (K 502, K 542, K 548 e K 564). È con Beethoven tuttavia che le caratte-
ristiche del trio con pianoforte giunsero a piena maturazione e si pervenne ad
un vero equilibrio tra le parti. Chiaro indizio dell’importanza che il compositore
di Bonn attribuiva a questo genere fu la sua scelta di far pubblicare tre trii nel
1795 come op. 1. Destinatari di questi brani erano ormai sempre più spesso i
professionisti; ad esempio per l’esecuzione di questi tre trii in casa del principe
Lichnowsky tra la fine del 1793 e l’inizio dell’anno seguente il compositore fu
affiancato da grandi interpreti quali Ignaz Schuppanzigh al violino e Nikolaus
Kraft al violoncello. Mettendo a confronto i trii di Beethoven è possibile osser-
vare i progressi tecnici del pianoforte; se nell’op. 1 l’estensione è ancora quella
del tempo di Mozart (fa0-fa5), nel primo trio dell’op. 70 è richiesta una quinta in
più all’acuto e nel secondo addirittura un’ottava (fa6), mentre con l’op. 97, l’Ar-
ciduca, si scende fino al mi bemolle0. Da quest’ultimo brano, composto nel 1811,
bisognò aspettare sedici anni prima di trovare nuovamente nel genere del trio
con pianoforte esempi di livello comparabile. Tra l’ottobre del 1827 e il gennaio
del 1828 Schubert scrisse infatti il Trio in si bemolle maggiore (D 898) e quello
in mi bemolle maggiore (D 929). In questi due capolavori il peso dell’esempio
beethoveniano è evidente già dall’adozione dell’articolazione in quattro tempi,
tuttavia la strada percorsa da Schubert è assolutamente personale. Inoltre nei
due trii, tra loro complementari per carattere, il livello di equilibrio strumentale
è assoluto e sarà difficilmente eguagliato dalla generazione romantica succes-
siva. Importante fu il contributo di Johannes Brahms che già nel 1854, poco
dopo che il suo talento fu stato “rivelato” al mondo da Schumann con il suo noto
articolo Nuove Vie, fece pubblicare il Trio n. 1 in si maggiore op. 8. L’opera, già
matura nonostante la giovane età dell’autore, fu ripresa più di trent’anni dopo;
nel 1891 Brahms infatti ne pubblicò una seconda versione nella quale alcune
sezioni vennero notevolmente ridimensionate.
Così come per il quartetto, anche nell’ambito del trio con pianoforte l’inizio del
Novecento vide l’istituzione delle prime formazioni stabili, tra le quali vi fu ad
esempio il Trio Thibaud-Casals-Cortot, fondato nel 1905. Il genere entrava dun-
que in una fase nuova, ormai assai lontana dalla dimensione occasionale e dilet-
tantesca degli esordi.
Lorenzo Paparazzo
Diplomato in Musicologia al Conservatorio “G. Verdi” di Milano
Trio di Parma
1947 .2017
70 ANNI DI TEATRO
Francesco Granata Damiano Afrifa Elisa Balbo Salvatore Castellano Luigi Denaro Francesco Ronzio
pianoforte flauto soprano saxofono pianoforte saxofono
Mozart - Sonata in si bemolle Ilaria Ronchi Davide Cavalli Luigi Palombi Schubert - Sonata Daniele Bonini
maggiore K 333 pianoforte pianoforte pianoforte in la minore op. 42 D 845 pianoforte
Beethoven - Sonata n. 31 in Chopin - Berceuse op. 57
Schubert - Introduzione Arie di Bellini, Tosti, Liszt, Desenclos - Prelude, in fa bemolle maggiore Ravel - Sonatina in fa diesis
la bemolle maggiore op. 110
e Variazioni sul Lied “Trockne Verdi e Puccini Cadence et Finale - Barcarola op. 60 minore M. 40 arr. per sax
Schubert - Wanderer
Blumen” D 802 Villa-Lobos - Fantasia in fa diesis maggiore soprano e pianoforte
Fantasie in do maggiore
Reinecke - Sonata per flauto Schulhoff - Hot-Sonate Poulenc - Sonata per oboe
op. 15 D 760
e pianoforte “Undine” 20 aprile 2017 Françaix - Cinq Danses e pianoforte FP 185 arr. sax
op. 167 Exotiques 2 novembre 2017 soprano e pianoforte
Casella - Sicilienne
Giuseppe Grosso Jolivet - Fantaisie Impromptu Albright - Sonata per sax alto
16 febbraio 2017 fisarmonica
et Burlesque per flauto Woods - Sonata (I mov.) Caterina Piva e pianoforte
Valentina Vanini e pianoforte Pachelbel - Ciaccona mezzosoprano Decruck - Sonata in do diesis
mezzosoprano Martin - Ballade in fa minore per sax alto e pianoforte
11 maggio 2017 Yuka Godha
Angelis - Impasse
Giuseppina Coni (I e II movimento)
pianoforte
pianoforte 23 marzo 2017
Davide Ranaldi 23 novembre 2017
Voitenko - Revelation pianoforte Arie di Bellini, Bizet,
Arie di Quilter, Castelnuovo- Semionov - Divertimento Saint-Saëns, Verdi, Barber,
Francesca Marini Pozzoli - danza fantastica Haydn - Sonata n. 62 in mi Mozart, Tosti, Massenet, Riccardo Zangirolami
Tedesco, Tosti, de Falla, Berio arpa pianoforte
bemolle maggiore Hob.XVI.52 Fauré
Tournier - Sonatine Brahms - Variazioni sul tema
27 aprile 2017 di Paganini op. 35, vol. I Rachmaninov - Preludi op. 23
2 marzo 2017 pour Harpe op. 30 n. 2, 4 e 5
de Falla - Danza spagnola Liszt - Rapsodia spagnola giovedì 9 novembre 2017
Chiara Borghese n. 1 dall’opera La Vida breve
Isa Trotta S. 254 Liszt - Ballata n. 2 in si minore
violino Patterson - The Red-backed
pianoforte Prokof’ev - Sonata n. 7 op. 83 Guido Orso Coppin Brahms - Variazioni su un
pianoforte tema di Paganini op. 35, vol. II
Yoko Kimura Spider Mozart - Sonata Gershwin - Three Preludes
pianoforte - The Black Widow in re maggiore K 576 Prokof’ev - Sonata n. 2 op. 14 Skrjabin - Sonata n. 2 op. 19
Chertok - Around the Clock Beethoven - Sonata n.15 18 maggio 2017 Beethoven - Sonata n. 8 in Kapustin - Toccatina op. 40
Elgar - Sonata in mi minore in re maggiore op. 28 Oliviya Antoshkina do minore op. 13 “Patetica”
per violino e pianoforte op. 82 Schumann - Papillons op. 2 soprano Schubert - Wanderer
Wieniawski - Capricci op. 18 30 marzo 2017 Chopin - Notturno n. 2 Fantasie in do maggiore
n. 3 e 4 per violino solo
Diego Petrella in sol minore op. 37 Michele Varriale op. 15 D 760 Dopo i concerti si può
Paganini - Capriccio Mendelssohn - Variations pianoforte Liszt - Studio in sol diesis partecipare alla visita
in si bemolle maggiore op. 1 pianoforte
sérieuses op. 54 minore S. 141 n. 3 guidata della cripta e delle
n. 13 per violino solo Arie di Händel, Purcell, “La campanella” sale museali di Casa Verdi
Brahms - Sonata n. 3
Sarasate - Zigeunerweisen Bellini, Donizetti, Massnet,
in fa minore op. 5
per violino e pianoforte op. 20 Saint-Saëns, Mahler, Hahn,
Rachmaninov - Selezione
Rachmaninov, Williams Biglietti
di Preludi e Studi
in vendita presso
9 marzo 2017 Società del Quartetto
in orari di ufficio e, nei giorni
Danilo Mascetti di concerto a partire
pianoforte dalle 16.30, a Casa Verdi.
nel tennis
Quartetto Noûs
2017
Sabato 28 gennaio 2017 ore 17.30 Sabato 4 febbraio 2017 ore 17.30
Leonardo Colafelice
Sabato 11 febbraio 2017 ore 17.30
Marco Gialluca
Tiziano Baviera violino pianoforte violino
Alberto Franchin violino
Sara Dambruoso viola Beethoven - Sonata n. 5 in do minore Annalisa Orlando
Tommaso Tesini violoncello op. 10 n. 1 pianoforte
Schubert - Moments musicaux
Dvořák - Quartetto n. 10 in do diesis minore op. 94 n. 4 D 780 Brahms - Scherzo in do minore
in mi bemolle maggiore op. 51 Beethoven - Sonata n. 26 in mi bemolle dalla Sonata F.A.E.
Mendelssohn - Quartetto n. 6 maggiore op. 81a “Les Adieux” Schubert - Sonatina in re maggiore
in fa minore op. 80 Mendelssohn - Variations sérieuses op. 137 n. 1 D 384
ROMANTICISMO!
in re minore op. 54 Schubert - Rondò brillante in si minore
Čajkovskij-Pletnev - Lo Schiaccianoci, Suite op. 70 D 895
Brahms - Sonata n. 3 in re minore op. 108
Sabato 18 febbraio 2017 ore 17.30 Sabato 11 marzo 2017 ore 17.30 Sabato 25 marzo 2017 ore 17.30
Biglietti
Interi: € 10
Ridotti: € 5, riservati a chi è Socio o della Società del Quartetto
o dei FAI, su prenotazione, sino a esaurimento dei posti.
Gratuiti: riservati a chi è Socio sia della Società del Quartetto,
sia del FAI, su prenotazione, sino a esaurimento dei posti.
Il biglietto dà diritto di visitare la Villa il giorno del concerto
o in altra data entro il 31 marzo 2017 con prenotazione
obbligatoria al n. 02 76340121 (da mercoledì a venerdì).
Informazioni e prenotazioni
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