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Paradigmi della legalità (Acocella)

1. Premessa

La legalità sembra andare in crisi sotto due punti di vista fondamentali:

1 crisi pratica della legge;

2 crisi del formalismo giuridico.

Se per il primo punto l’evidenza è certa, per il secondo punto sono nati numerosi
dibattiti. Il formalismo giuridico (diritto posto) ha permesso di liberarci dalla tirannia
e dagli arbitri dei sovrani. Con la creazione dello Stato di diritto, la legalità è affidata
alla certezza del diritto.

L’esperienza totalitaria ha mandato in crisi lo Stato di diritto trascinando nella crisi


anche il principio di legalità. Dworkin ammette che in alcuni casi, come quelli
totalitari, dove la legge non rispetta i valori morali e i principi di uguaglianza, i
cittadini hanno l’obbligo morale di disobbedire alle leggi.

Superata l’esperienza totalitaria, il concetto di legalità è stato ridiscusso. Habermas


afferma che la legalità è garantita dall’intreccio di morale e diritto e Viola,
rifacendosi al primo, continua dicendo che la legge deve avere un ruolo di supplenza
morale.

La legalità non può rinunciare né alla certezza garantita dalla generalità e né


all’applicazione al caso singolo perseguita dall’interpretazione giuridica. Infine, con
mancanza di etica pubblica e l’aumentare della diseducazione civile, si ha l’aumento
dell’illegalità.

2. Legalità e Costituzione nell’età contemporanea

Con la rivoluzione francese si ha la distruzione della volontà assoluta del sovrano.


Nasce una visione della legalità consacrata nel 1804 col Code Civil dove Weber non
vi vede elementi non giuridici e Grossi ci vede una riduzione di droit a lois. Lo Stato
di diritto appena nato godeva di regole che assoggettavano anche il Re.

Con il ventennio 1800-1820 vi è la critica di Constant fatta a Rousseau e al suo


Contratto Sociale. In questo ventennio vediamo come nasce la dittatura giacobina
che scaturisce dalla volontà generale (la volontà generale prima chiede democrazia
e poi permette la tirannia?!). la volontà generale richiesta da Rousseau (Costituzione
Democratica) non è ben accetta da Constant (Costituzione Liberale) che è
preoccupato dalla rinuncia dei diritti individuali per favorire la comunità. Per
Constant, inalienabilità e indivisibilità del sovrano vanno a sparire quando il Re, per
amministrare, ricorre a delle deleghe. Inoltre, quando i cittadini donano i propri
diritti a favore della comunità, permettono ad alcuni di prevalere sugli altri. Per
Rousseau, invece, la sovranità deve restare inalienabile e indivisibile e la
conseguenza più ovvia porta poche persone ad esercitarla ed avranno potere
assoluto (ecco la condanna di Constant della dittatura giacobina). Il Contratto
Sociale, a detta di Constant, non solo permette al sovrano di esercitare il suo potere
con la scusante della volontà generale ma fa si che la libertà individuale cessi di
esistere. Il pericolo della volontà generale sta nel fatto che se viene accreditato ad
un gruppo di legislatori un potere tale da realizzare la sovranità popolare secondo il
proprio arbitrio senza possibilità di opposizione dell’individuo, ne deriva una legalità
frutto della volontà del legislatore. Con la proclamazione della caduta di Napoleone
da parte del Senato nel 1814, viene dichiarata illegale la violazione della
Costituzione dell’anno VIII: in primis venne deciso che il Re fosse chiamato al trono
dal popolo. Constant afferma che la Costituzione non va fatta dal popolo ma dal
tempo che lima, insieme all’esperienza, i poteri già costituiti. Per Constant se la
volontà generale supera il confine di quella individuale, si arriva alla violenza. Deve
essere limitata la sovranità politica a favore della sfera della soggettività. Ora
emerge il problema della rappresentanza che, secondo Constant, si supera con la
partecipazione politica da parte degli individui che devono essere formati dai
Parlamenti e dai movimenti. Questo nuovo assetto costituzionale è l’assetto dello
Stato di diritto dove la libertà va salvaguardata con l’osservanza del principio di
legalità. Si può arrivare a dire che la libertà individuale è la libertà dei moderni, la
libertà politica la garantisce. La Costituzione per Constant non solo deve essere
mobile per rispondere alle evoluzioni storiche ma deve dare certezza nel suo ruolo
di garanzia.

3. Legalità e scienza del diritto

Con il Code Civil del 1804, la figura dello scienziato del diritto (e la scienza del diritto
stessa) perde di valore. Questa figura però, cerca di rimettersi in gioco e Lopez
dedica i suoi studi a questa scienza e al suo peso nella vita del diritto. Lopez
analizza: 1 la scienza del diritto come vera conoscenza; 2 scienza del diritto ed
esperienza giuridica. Per Lopez, la scienza giuridica deve ridurre le leggi a logica
unità, cioè a sistema. La razionalizzazione dell’esperienza è uno degli elementi
principali della scienza del diritto. La scienza prende in esame l’oggetto della norma
e permette di arrivare fino alla realtà giuridica della norma stessa: in breve,
permette di arrivare dalla sua astrattezza universale (legge in quanto tale) alla sua
certezza individuale (il caso singolo). Quando la scienza dalla norma passa al caso
singolo, la norma non deve essere pura astrazione ma deve essere un universale del
particolare.
Per Lopez, nel sapere scientifico ci sono tante nozioni pensate in unità come se
derivassero da un unico pensiero e tutto ciò corrisponde ad una realtà che possiede
razionalità. L’unità ha, inoltre, chiarito il rapporto tra la filosofia e le scienze anche
se è la scienza che tramite delle costruzioni arriva a conoscere la realtà. L’indagare la
realtà accade, in genere, nelle scienze dello spirito che si servono dell’astrazione
(l’astrazione coglie la natura razionale della realtà). Lopez affida alla filosofia il
compito di recepire e chiarire quel che è implicito nel lavoro delle scienze. L’unione
tra il lavoro dei giuristi e la ricerca filosofica sul diritto è possibile: l’idea è quella di
una filosofia che coglie i risultati unificanti della scienza giuridica. Il problema del
diritto naturale è di ribadire la certezza che deriva dalla verità, che caratterizza la
razionalità del reale, all’esperienza. La crisi della certezza porta Lopez a negare la
specificità delle diverse esperienze giuridiche. L’eterno ritorno del diritto naturale da
l’impossibilità di considerare la realtà solo come essere. La realtà non si muoverebbe
mai se l’idea non fosse nello stesso realizzarsi della realtà. Lopez sostiene che il
diritto soddisfa le esigenze del diritto naturale. Quando Lopez ripercorre il passaggio
dell’azione da oggettivo a soggettivo, lo fa con l’etica ed afferma che la certezza si
realizza se non si cade nei particolarismi. Infine, chiarisce il rapporto tra generalità
della norma e concretezza dell’individuale: in breve, una legge contiene più azioni
possibili che si ottengono ritagliando le azione a cui la norma si riferisce nella realtà.
La crisi della legalità, in questo contesto, nasce a causa di un’incertezza: se non si
riesce a dare garanzia alle azioni che derivano dalla generalità, non si può avere
alcuna garanzia dal caso singolo. Per garantire il singolo caso, bisogna ricostruire
tutto il percorso che parte dalla realtà dell’esperienza giuridica ed arriva alla realtà
legislata. La scienza giuridica deve trovare realtà sulle quali il legislatore ha già
operato.

4. Legalità e stato sociale di diritto

Forsthoff ci parla di uno Stato di diritto in trasformazione andando, da un lato, a


denunciare il rischio di deformalizzazione dello Stato e, dall’altro, a porre il
problema sul contenuto materiale del diritto.
Weber diceva che il criterio materiale per decidere ciò che è legittimo per il diritto
naturale è fornito dalla natura e dalla ragione;

Habermas invece definisce il principio di legalità:

- Subordinazione dei poteri pubblici alla legge


- Legalità in senso formale (atto determinato dall’organo competente)
- Legalità in senso materiale ( norma dotata di qualità che la differenziano dal
finto comando)

Ora facciamo una piccola distinzione:

- Weber riteneva che il diritto era solo quello formale, vale a dire quello che
veniva posto e non aveva alcun tipo di contatto con la morale;
- Habermas pensava che Weber aveva errato nella sua affermazione. Infatti, il
diritto non solo non poteva essere solo formale ma dopo gli anni ’50, il diritto
materiale penetrava del diritto formale distruggendolo.

Forsthoff aveva già capito tempo prima la situazione e cerca di salvaguardare


entrambi i diritti andando a fondere Stato di diritto e Stato Sociale (appena emerso)
senza distruggere il primo. Questa fusione è resa possibile quando lo Stato, da
ordinatore, diventa regolatore della vita associata. La deformalizzazione del diritto
mostra l’importanza della connessione tra Stato di diritto e Stato Sociale (bisogna
ricordare che il mutamento del diritto porta ad una giuridificazione sempre più
ampia). Questa connessione è ancorata alla legge di Bonn: la Costituzione costituisce
lo stato di diritto, e l’attività politica diventa rilevante se interviene sulla libertà e
proprietà (è nell’intervento che si ha questa connessione).

N.B. Possiamo dire che una situazione analoga avveniva nell’area della Common Law
dove vi era connessione tra legge ordinaria e legge costituzionale.

Secondo Puchta la produzione del diritto non va affidata solo ai legislatori ma


questo va esteso e perfezionato anche dalla giustizia.

Una critica mossa in finale da Habermas (verso Dworkin) è la seguente: anche se è


garantita una razionalità procedurale ricca di contenuti morali, le leggi non possono
raggiungere una forma tale da essere applicate così come sono ma le interpretazioni
necessarie per poter applicare leggi già stabilite richiedono la costruzione di un
ulteriore diritto.
In sintesi: la legalità deve essere garantita dallo Stato Costituzionale.

5. Il principio di legalità e l’interpretazione costruttiva

Secondo Dworkin esiste una categoria di norme (diritti morali) alle quali devono
attenersi le leggi. Egli, ne “I diritti presi sul serio”, afferma che ,all’interno della
prassi giuridica, la corte suprema ha il potere di dichiarare una legge statale nulla se
questa lede i diritti morali. Nei sistemi dove l’individuazione della norma applicabile
è affidata al potere giudiziario tramite l’interpretazione, la legalità è garantita dalla
corte Costituzionale (anche se l’applicazione del diritto, il tale realtà, è molto
complesso).

Kagan ci parla della legalità nell’Adversarial Legalism dicendo che l’eccesso di


contraddittorio porta:

- Da un lato può avvantaggiare anche un singolo rispetto alla collettività in


tema di giustizia;
- Dall’altro l’applicazione della norma può essere a scapito della legalità.

Dopo la seconda guerra mondiale, con l’Economic Analysis of Law, il diritto è ridotto
a fenomeno economicamente quantificabile (la legalità è determinata dai
mercati?!).

Dwirkin (riprendendo Kant) afferma che ogni persona è fonte di valore morale a sé,
affermazione che vuole negare il principio di libertà come oggetto principale per la
tutela dei diritti degli individui. Infatti, il cittadino ha il dovere morale di rispettare le
leggi (anche quelle non apprezzate che vorrebbe cambiare) perché ci sono altri
cittadini a cui non piacciono determinate leggi ma le rispettano a favore di tutti.

Ci sono casi in cui il cittadino può disobbedire ad una legge (se ledono i suoi principi
morali e etici) ma deve assumersi le giuste responsabilità. Dworkin ci pone un
esempio in tema di finanziamento dei sistemi di welfare:

un uomo non paga le imposte sul proprio reddito perché pensa che i sussidi ai
poveri sono sbagliati e distruggono l’iniziativa privata. A questo punto, il governo ha
tutto il diritto di muoversi contro costui per mantenere efficiente il funzionamento
del sistema fiscale.

N.B. l’interpretazione salvaguardia i diritti dei singoli di fronte all’invadenza


dell’organizzazione pubblica.
Dworkin parla di:

- Diritti individuali: affermano la forza della tradizione liberale come mezzo di


difesa contro gli aspetti deteriori dello statalismo;
- Diritti concorrenti: diritti di altri membri della società in quanto individui.

Nel rapporto individuo-Stato, la legalità deve preservare il cittadino dalla tirannide


della maggioranza (come affermato da Tocqueville).

Ecco una breve parentesi sull’etica pubblica americana: la teoria di Rawls, “teoria
della Ragione pubblica”, afferma che quando la cittadinanza esercita il controllo sui
politici (ad esempio col voto) deve farlo per l’interesse della società e non personale.

Per Dworkin, il problema della legalità è quello della legittimità dell’ordinamento


giuridico (considerando che la legalità entra in gioco quando i funzionari politici
impiegano un potere coercitivo direttamente contro le persone).

Tornando all’interpretazione (elemento comune tra common law e civil law), Lopez
vede l’interpretazione della norma giuridica come base per la certezza del diritto.
Per Dworkin, invece, l’interpretazione cognitiva è frutto di esperienza, formazione e
istruzione del giurista e, in questo caso, l’interpretazione resta tale e non viene
scambiata per invenzione. Per concludere, l’interpretazione dà maggiore
universalità e certezza ad ogni norma che nel loro insieme completano
l’ordinamento giuridico (altro elemento in comune tra common law e civil law). Per
Lopez, non devono esserci lacune nella legge e queste lacune vanno a mancare
proprio grazie all’interpretazione.

6. Certezza del diritto e legalità

La legalità, per Carnelutti, era ciò che dice la legge (giuspositivismo).

La crisi del diritto (e della sua certezza) si è avuta nei primi del ‘900 a causa della
riduzione della norma giuridica a puro mezzo. Lopez pensa che la “crisi di certezza”,
intesa come garanzia della legge, si ha con la frattura tra la legge stessa e un diritto
che viene legittimato solo dal comando arbitrario dello Stato. Le critiche mosse alla
legge colpiscono l’astratto e il generale a favore dell’individuale. Lopez dice che le
basi della crisi risiedono nell’incertezza di queste critiche (che colgono gli errori da
quando si passa dal generale al caso singolo) e le ribalta. In breve, l’ordinamento
andava verso la distruzione e Lopez, consapevole dell’importanza di tale crisi, vuole
risollevare la certezza del diritto. La crisi della certezza del diritto porta due
conseguenze:

- Le troppe leggi fatte dallo Stato porta alla mancata conoscenza di tutte e ad
una gestione sempre più complicata;
- Il diffondersi del diritto libero (dove ne parliamo in seguito).

Il diritto libero comporta la separazione tra la società e Stato che avviene in questo
modo: il singolo si scioglie dallo Stato negando la norma e va ad isolarsi nella società
e, di conseguenza, negando la norma, nega lo Stato. Di conseguenza, l’individuo
penserà di poter fare a meno della norma ed è portato a rinunciare anche la società.

Per salvaguardare la libertà del singolo, Lopez pone il problema della trascendenza
della norma rispetto alla società, trascendenza garantita dalla scienza del diritto che
coglie i mutamenti della realtà e orienta le norme verso questa nuova realtà. Lopez
afferma che la crisi del diritto diventa crisi della libertà come può mostrare
l’esperienza totalitaria che proclama una nuova legalità e mette in pericolo il diritto
individuale. La scienza del diritto è la sola che può garantire la legalità a detta di
Lopez e il compito di tale scienza è di eliminare l’arbitrio. Infine, la certezza del
diritto è collegata alla scienza giuridica e al suo lavoro tramite giudici.

7. Per non concludere. Critica alla legalità

Aristotele prediligeva il governo delle leggi con norme astratte e generali. Inoltre,
sosteneva che le leggi dovevano quanto più una minore discrezionalità. Platone
aggiunse che anche i sovrani dovevano essere soggetti alle leggi.

La legalità è stata messa in rischio dall’illuminismo giuridico e dalle Costituzioni.


Grossi sostiene che un finto legalismo può ridurre le leggi ad una semplice funzione
formale.

Un’ulteriore crisi c’è stata con la caduta della repubblica di Weimar a favorire il
nazismo (sostenuto dal popolo). In questo contesto, il rispetto delle leggi saranno
pur garantite ma si può delineare la differenza tra rispetto della legge e rispetto
della legalità (un esempio sono le leggi razziali che non hanno nulla di legale).

Sempre con Grossi, vi è la tesi secondo cui più si è incline ad un pluralismo giuridico
e più la legalità è difficile da garantire per le troppe norme da conoscere, seguire,
applicare e tutelare. Ragionando per assurdo, vi è illegalità quando non si rispetta
(escludendo i regimi totalitari) una norma ed il mancato rispetto può diventare
abitudinale al punto che le norme assumono un carattere solamente simbolico.

Altro problema legato alla legalità è dovuto dal problema di equità di giustizia (per
Kant ed Hobbes se tutti si sottomettessero alle stesse leggi non vi sarebbe
insicurezza).

N.B. un dubbio permane laddove non si sa se obbedire ad una legge che non rispetta
i valori etici o trasgredirla in nome della legalità.

Ancora, ulteriori problemi sono legati all’interpretazione (ci rifacciamo a cose già
dette come il rischio del libero arbitrio), all’aumentare delle norme (mancata
conoscenza di queste e ordinamenti sempre più complessi).

Bauman dice che le regole sono dettate spesso dai mercati (Rogoff aggiunge che la
struttura sempre più complessa della finanza porta a regole più complicate).

Per quel che riguarda l’abuso di diritto, il nostro Codice Civile dà un limite: nessuno
può esercitare il proprio diritto in contrasto con lo scopo per il quale quel diritto è
stato riconosciuto. L’abuso di diritto viene compiuto anche dall’amministrazione
quando agisce a fini fiscali più convenienti tralasciando gli altri aspetti.

Ritornando all’interpretazione, bisogna dire che i giudici, oggi, hanno capacità


interpretativa pari a quella di un legislatore. Importante l’esempio di Dworkin il
quale dice che l’interpretazione è un romanzo a catena dove ogni scrittore riprende
il romanzo precedente aggiungendoci qualcosa di nuovo. McMormick afferma,
invece, che il giudice deve avere una discrezionalità limitata (Grossi propone, come
soluzione a tali problemi, la Costituzione in ruolo centrale cercando aiuto nelle
revisioni).

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