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Antonio Zacara da Teramo e il suo tempo

Antonio Zacara da Teramo


e il suo tempo
In copertina: Maestro del Codice Squarcialupi,
a cura di Francesco Zimei iniziale miniata raffigurante Antonio Zacara da
Teramo. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana,

LIM
€ 50,00 Libreria Musicale Italiana ms. Med. Pal. 87 (“Codice Squarcialupi”), c. 175v.
Istituto Abruzzese di Storia Musicale

Documenti di storia musicale abruzzese


2
Questo volume è stato pubblicato con il contributo della Giunta Regionale
dell’Abruzzo, della Provincia di Teramo e del Comune di Teramo

Layout, grafica e copertina: Ugo Giani.


Editing degli esempi musicali: Antonio Marcotullio.
Hanno collaborato: Marilde Cavuto ed Elisa Cerasoli.

Referenze fotografiche:
Copertina: Lim Editrice, Lucca.
Tavole a colori: 1, 2 Public Record Office, London; 3: Archivio Generale degli Ago-
stiniani, Roma (per gentile concessione); 4, 4a: Fondazione Giorgio Cini, Venezia; 5: Archi-
vio di Stato di Roma (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali); 6,
6a: The J. Paul Getty Museum, Los Angeles; 7, 8, 10, 11, 12: Lim Editrice, Lucca; 9: Isti-
tuto Abruzzese di Storia Musicale, L’Aquila; 13: Dr. Michael Scott Cuthbert, Cam-
bridge MA; 14: Prof. Francesco Facchin, Padova.
Illustrazioni in bianco e nero a piena pagina nel testo: pp. 112-3:Bodleian
Library, University of Oxford (per gentile concessione); pp. 114-5, 124-5, 128-9, 132-3:
Museo “Castello del Buonconsiglio” di Trento, Provincia Autonoma di Trento (per gen-
tile concessione); pp. 116-7,130-1: Seminario Maggiore di Aosta (per gentile concessione);
pp. 118-21, 126-7: Civico Museo Bibliografico di Bologna (per gentile concessione); pp.
122-3: Cambrai, Médiathèque Municipale (per gentile concessione); p. 167: Lim Editrice,
Lucca; pp. 389-90: Archivio di Stato di Macerata (su concessione del Ministero per i
Beni e le Attività Culturali).

© Istituto Abruzzese di Storia Musicale - Lim Editrice, 2004


Tutti i diritti riservati
Lim Editrice srl, Via di Arsina 296/f
I-55100 Lucca Italy
www. lim.it * lim@lim.it
ISBN 88-7096-398-5
Antonio Zacara da Teramo
e il suo tempo

a cura di
Francesco Zimei

Libreria Musicale Italiana


In memoria di Kurt von Fischer
(1913–2003)
SOMMARIO

Introduzione IX

Principali manoscritti citati XI

Bibliografia XV

AGOSTINO ZIINO
«Magister Antonius dictus Zacharias de Teramo»: 1950-2000 3

RAFFAELE COLAPIETRA
Teramo negli anni di Zacara 27

GIULIANO DI BACCO – JOHN NÁDAS


Zacara e i suoi colleghi italiani nella cappella papale 33

DAVID FALLOWS
Zacara’s voice ranges 55

JAN HERLINGER
Nicolaus de Capua, Antonio Zacara da Teramo, and musica ficta 67

MARGARET BENT
Divisi and a versi in early fifteenth-century mass movements 91

MARCO GOZZI
Zacara nel Codex Mancini: considerazioni sulla notazione
e nuove attribuzioni 135

LUCIA MARCHI
La recezione fiorentina di Zacara da Teramo e il codice Squarcialupi 169
SOMMARIO

MARIA CARACI VELA


Dall’arte allusiva all’intertestualità ‘fisiologica’:
aspetti del processo compositivo in Zacara da Teramo 187

ANNE HALLMARK
Rhetoric and Reference in Je suy navvrés tan fort 213

FRANCESCO ZIMEI
Variazioni sul tema della Fortuna 229

GIANLUCA D’AGOSTINO
Le ballate di Zacara 247

THOMAS SCHMIDT-BESTE
Aer ytalicus - aer gallicus?
Text setting and musical rhythm in sacred compositions
of Antonio Zacara da Teramo and his contemporaries 279

PEDRO MEMELSDORFF
‘Vilage’: fortuna e filiazione di un Credo di Zacara 301

MICHAEL SCOTT CUTHBERT


Zacara’s D’amor languire and strategies for borrowing
in the early fifteenth-century Italian Mass 337

FRANCESCO FACCHIN
Stili vaganti! 359

PAOLO PERETTI
«Antonius de Eugubio»: un altro nome per Zacara? 383

FRANCESCO ZIMEI
Catalogo delle opere di Zacara 391

GIANLUCA TARQUINIO
Discografia di Antonio Zacara da Teramo 421

Indice analitico 435

VII
Introduzione

Questo volume, che raccoglie e sviluppa i temi affrontati in occasione del


Convegno internazionale di studi “Antonio Zacara da Teramo e il suo tempo”,
tenuto a Teramo tra il 6 e l’8 dicembre 2002, rappresenta per l’Istituto Abruzzese
di Storia Musicale – che ne è stato il promotore e l’organizzatore – un significa-
tivo traguardo esegetico ed editoriale. L’obiettivo era quello di riunire, nella città
che gli diede i natali, i principali esponenti della musicologia medievistica e fare
così il punto su un compositore che le fondamentali scoperte degli ultimi
decenni hanno degnamente consacrato tra i grandi maestri dell’ars nova europea
attivi a cavallo fra Tre e Quattrocento.
Una figura così cospicua, ormai familiare a esperti e appassionati di musica in
molte parti del mondo, era per contro abbastanza negletta nella sua terra d’ori-
gine, che dell’illustre concittadino aveva sinora – per così dire – vissuto di luce
riflessa al punto da annoverarne l’esistenza sotto una dicitura impropria e scien-
tificamente obsoleta quale Zaccaria (come attesta perfino una via intitolata a
questo nome). Di qui l’idea di ‘restituirlo’ simbolicamente a Teramo, anche con
l’intento di indagarne le ascendenze culturali e familiari, che proprio a partire
dall’appellativo di Zacara si colorano immancabilmente di trascorsi locali, rico-
noscibili in un epiteto fulmineo e irriverente il quale doveva scaturire, all’epoca,
da un’espressione tipo Antonio lu zàcchero (con le vocali dopo la tonica indistinte,
secondo l’uso teramano, donde lo ‘Zàccara’, o Zàcara, poi accreditatosi a Roma),
allusiva ai suoi gravi handicap fisici, ben ‘fotografati’ d’altronde nel capolettera
che lo ritrae a c. 175v del codice Squarcialupi: piccolo, storpio, gobbo e focome-
lico.
Eppure, proprio con quelle mani mutile e deformi, egli riuscì, per aspera ad
astra, a riscattarsi dal rischio di una vita di stenti eccellendo in modo davvero
sorprendente nella Roma post-avignonese come abile miniaturista, divenendo
poi scriptor litterarum apostolicarum e frattanto alimentando il suo genio fertile e
proteiforme attraverso la coltivazione della musica, della retorica e della poesia
sino a raggiungere le più alte vette artistiche e professionali, ben sintetizzate dal-
l’incarico magistrale presso la cappella pontificia. Proprio da questa forte ascesa
sociale potrebbe anzi essergli derivato l’altro appellativo di Magister Zacharias,
INTRODUZIONE

alle radici di un equivoco onomastico curiosamente nato, forse per volontà dello
stesso titolare, attraverso la latinizzazione – per ragioni di prestigio – dell’ormai
abusato soprannome.
Attraverso questi brevi cenni si spera di aver suscitato, in chi legge, un’istin-
tiva curiosità nei confronti del personaggio. Addentrandosi nelle pagine che
seguono si avrà poi modo di coglierne appieno la complessa vicenda umana e la
straordinaria esperienza artistica, inquadrate al cospetto della Storia in un conte-
sto politico e culturale suggestivo come quello del Grande Scisma (1370-1417).
Con ciò il proposito iniziale non solo può dirsi pienamente conseguito, ma
vieppiù onorato da un sensibile aumento delle conoscenze su Antonio Zacara
da Teramo grazie alle sapienti e appassionate ricerche degli studiosi che hanno
contribuito a questo volume, ai quali si deve la più profonda e affettuosa
gratitudine.
Si coglie inoltre l’occasione per ringraziare, per l’insostituibile supporto scien-
tifico, Agostino Ziino, che già nel nome di Zacara tenne a battesimo – sempre a
Teramo – le attività dell’Istituto in un’apposita Giornata di studi il 10 dicembre
1997 e tuttora, con paterna cura, gratifica chi scrive della sua grande esperienza e
dei suoi premurosi consigli, John Nádas, che fin dalle fasi preparatorie ha soste-
nuto questo lavoro con generosa disponibilità ed entusiasmo, Margaret Bent per il
costante e gentile ausilio nella ricerca bibliografica e David Fallows, per i provvidi
suggerimenti e la pronta adesione all’intento commemorativo del volume, dedi-
cato a Kurt von Fischer. Per la cortese collaborazione o l’autorizzazione all’uso
delle immagini si ringrazia la Dr. Julia Craig-McFeely e il progetto DIAMM
(Digital Image Archive of Medieval Music), Don Franco Lovignana e il Semina-
rio Maggiore di Aosta, la dott. Jenny Servino e il Civico Museo Bibliografico
Musicale di Bologna, Mme Annie Fournier e la Médiathèque Municipale di
Cambrai, la Bodleian Library, University of Oxford (ms. Canon. Misc. 213, cc.
104v-105r), il Museo “Castello del Buonconsiglio” di Trento (Monumenti e col-
lezioni provinciali, ms. 1374, cc. 88v-89r, 152v-153r, ms. 1379, cc. 4v-5r, 74v-75r), il
dott. Pasquale Chistè, la dott. Maria Cristina Bettini e la Provincia Autonoma di
Trento. Un sentito grazie, infine, agli ottimi amici e interpreti dell’Ensemble
Micrologus, che al progetto hanno conferito una mirabile dimensione artistica –
destinata poi alla discografia – e, dulcis in fundo, alla collega Carla Ortolani, con la
quale chi scrive si onora di condividere, in seno allo IASM, il pesante ma talvolta
grato fardello dell’organizzazione e della ricerca di fondi.

L’Aquila, 8 dicembre 2004


Francesco Zimei

X
Principali manoscritti citati

Abbreviatura Sigla RISM Collocazione


*
Ambr [I-Ma ] Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms. E. 56 sup.
Ao [I-AOs15] Aosta, Biblioteca del Seminario Maggiore, ms. 15 (olim A 1°
D 19).
Atri [I-Atri] Atri, Archivio Capitolare, Sala Innocenzo IV, teca A, fram-
mento n. 5.
BU [I-Bu2216] Bologna, Biblioteca Universitaria, ms. 2216.
Ca11 [F-CAm11] Cambrai, Médiathèque Municipale, ms 11.
Chig 266 [I-Rvat*] Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Vat. Chig. L. VII
266.
Cil [I-PEciliberti] Perugia, Biblioteca privata Galliano Ciliberti (“frammento
Ciliberti”).
Civ98 [I-CFm98] Cividale del Friuli, Museo Archeologico Nazionale, ms.
XCVIII.
Egidi [I-MFAegidi] Olim Montefiore dell’Aso, Biblioteca privata Francesco
Egidi (“frammento Egidi”). Attualmente disperso.
Fa [I-FZc117] Faenza, Biblioteca Comunale Manfrediana, ms. 117.
Fp [I-Fn27] Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, ms. Panciatichi 26.
Fsl [I-Fl2211] Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Arch. Cap. di S.
Lorenzo, ms. 2211 (palinsesto).
Grot [I-GR197] Grottaferrata, Biblioteca dell’Abbazia di S. Nilo, ms. segn.
provv. Kript. Lat. 224 (olim collocazione provvisoria 197)
[US-HA002387] + Dartmouth, College Library,ms.002387 (olim US-SBam).
Ivrea [I-IV115] Ivrea, Biblioteca Capitolare, ms. 115.
Kk 17.1 [DK-Kk17.1] København, Det Kongelige Bibliotek, ms. frag. 17.I.
Kras [PL-Wn52] Warszawa, Biblioteka Narodowa, ms. III. 8054 (olim Krasin-
ski 52).
Lo [GB-Lbl29987] London, British Library, ms. Add. 29987.

* Mss. letterari, non contemplati in RISM.


ANTONIO ZACARA DA TERAMO E IL SUO TEMPO

Abbreviatura Sigla RISM Collocazione


Lu [I-La184] Lucca, Archivio di Stato, ms. 184
[I-PEc3065] + Perugia, Biblioteca Comunale «Augusta», ms. 3065 (“co-
dice Mancini”).
Melk 749 [A-M749] Melk, Stiftsbibliothek, ms. 749.
ModA [MOe568] Modena, Biblioteca Estense e Universitaria, ms. !.M.5.24
(Lat. 568).
ModB [MOe471] Modena, Biblioteca Estense e Universitaria, ms. !.X.1.11
(Lat. 471).
MuEm [D-Mbs14274] München, Bayerische Staatsbibliothek, Clm. 14274 (“co-
dex St. Emmeram”).
Nst [D-Nst9a] Nürnberg, Stadtbibliothek, ms. lat. 9a (olim Centurio III,
25).
OH [GB-Lbl57950] London,British Library,ms.Add.57950 (“codex Old Hall”).
Ox [GB-Ob213] Oxford, Bodleian Library, ms. Canon. Misc. 213.
P 4379 [F-Pn4379] Paris, Bibliothèque Nationale, ms. fonds nouv. acq. frç.
4379.
P 4917 [F-Pn4917] Paris, Bibliothèque Nationale, ms. fonds nouv. acq. frç.
4917.
PadA [I-Pu1475] Padova, Biblioteca Universitaria, mss. 684+1475
[GB-Ob229] + Oxford, Bodleian Library, ms. Canon. Pat Lat. 229.
PadD1225 [I-Pu1225] Padova, Biblioteca Universitaria, ms. 1225.
Pit [F-Pn568] Paris, Bibliothèque Nationale, ms. fonds it. 568.
Q1 [I-Bc1] Bologna, Civico Museo bibliografico musicale, ms. Q 1.
Q15 [I-Bc15] Bologna, Civico Museo bibliografico musicale, ms. Q 15
(olim Liceo Musicale 37).
Reina [F-Pn6771] Paris, Bibliothèque Nationale, ms. fonds nouv. acq. frç. 6771
(“codex Reina”).
Sas 326 [I-Sas326] Siena, Archivio di Stato frammenti musicali, 207a (olim ms.
326).
Sas 327 [I-Sas327] Siena, Archivio di Stato frammenti musicali, 207b (olim ms.
327).
Sorb [F-Pim] Paris, Institut de Musicologie de l’Université, frammenti
senza segnatura.
Sq [I-Fl87] Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, ms. Mediceo Pa-
latino 87 (“codice Squarcialupi”).
Str [F-Sm222] Strasbourg, Bibliothèque municipale, ms. M 222 C 22 (di-
strutto in un incendio nel 1870). Copia parziale di
[B-Bc56286] Ch.-E.-H.-de Coussemaker in Bruxelles, Bibliothèque du
Conservatoire Royal de Musique, ms. 56.286.

XII
PRINCIPALI MANOSCRITTI CITATI

Abbreviatura Sigla RISM Collocazione


Tr 87 [I-TRbc87] Trento, Castello del Buonconsiglio, Monumenti e Colle-
zioni Provinciali, ms. 1374 (olim 87).
Tr 90 [I-TRbc90] Trento, Castello del Buonconsiglio, Monumenti e Colle-
zioni Provinciali, ms. 1377 (olim 90).
Tr 91 [I-TRbc91] Trento, Castello del Buonconsiglio, Monumenti e Colle-
zioni Provinciali, ms. 1378 (olim 91).
Tr 92 [I-TRbc92] Trento, Castello del Buonconsiglio, Monumenti e Colle-
zioni Provinciali, ms. 1379 (olim 92).
Tr 93 [I-TRbc93] Trento, Castello del Buonconsiglio, Monumenti e Colle-
zioni Provinciali, ms. 1380 (olim 93).
Tr 1563 [I-TRc1563] Trento, Biblioteca Comunale, ms. 1563 (foglio di guardia).
TU [I-Tn] Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, ms. T. III. 2
(“codice Boverio”).
W 3121 [A-Wn*] Wien, Österreichische Nationalbibliotek, ms. 3121.
Wn 378 [PL-Wn378] Warszawa, Biblioteka Narodowa, ms. lat. F. I. 378 (olim St
Petersburg, attualmente disperso).
ZW [A-Z] Zwettl, Zisterzienserstift, ms. senza segnatura.

XIII
Bibliografia

I. Repertori e dizionari
CCMS Census-Catalogue of Manuscript Sources of Polyphonic Music, 1400-1550, 4 vols.,
American Institute of Musicology, Hänssler-Verlag, Neuhausen – Stuttgart
1979-1988 (Renaissance Manuscript Studies 1).
2
GROVE The New Grove Dictionary of Music and Musicians. Second Edition, ed. Stanley Sadie,
29 vols., Macmillan, London 2001.
2
MGG Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Zweite, neubearbeitete Ausgabe, hrsg.
Ludwig Finscher, 27 Bände, Bärenreiter, Kassel 1994-(in corso).
MMDB John A. Stinson, Medieval Music Database, <lib.latrobe.edu.au/MMDB/>, La
Trobe University, Melbourne.
RISM B IV, 3-4 Répertoire International des Sources Musicales, B IV, 3-4: Handschriften mit meherstim-
migen Musik des 14., 15. und 16. Jahrhunderts, hrsg. Kurt von Fischer – Max Lütolf,
2 Bände, Henle, München 1972.
RISM B IV, 5 Répertoire International des Sources Musicales, B IV, 5: Manuscrits de musique polypho-
e e
nique, XV et XVI siècles, éd. Nanie Bridgman, Henle, München 1991.

II. Monumenti musicali (sigle)

AMP Antiquitates Musicae in Polonia, PWN-Polish Scientific Publishers – Akademi-


sche Druck- und Verlagsanstalt, Warszawa – Graz, 1963-1976.
CMM Corpus Mensurabilis Musicae, American Institute of Musicology – Hänssler-Ver-
lag, Rome – Neuhausen – Stuttgart, 1959-(in corso).
DTÖ Denkmäler der Tonkunst in Österreich, Österreichischer Bundesverlag, Wien
1894-1938 [reprint Akademische Druck- und Verlagsanstalt, Graz 1959-(in
corso)].
PMFC Polyphonic Music of the Fourteenth Century, ed. Leo Schrade, Editions de L’Oiseau
Lyre – Les Remparts, Monaco 1956-1991.
ANTONIO ZACARA DA TERAMO E IL SUO TEMPO

III. Riproduzioni di codici in facsimile


BOLOGNA [BU] Il Codice Musicale 2216 della Biblioteca Universitaria di Bologna,
a c. di F. Alberto Gallo, 2 voll., Forni Editore, Bologna
1968-1970 (Monumenta Lyrica Medii Aevi Italica 3.3).
FAENZA [Fa] An Early Fifteenth-Century Italian Source of Keyboard Music.
The Codex Faenza, Biblioteca Comunale, 117, ed. Armen Ca-
rapetyan, American Institute of Musicology, [n.p.] 1961
(Musicological Studies and Documents 10).
LONDON [Lo] The Manuscript London, British Museum, Additional 29987, ed.
Gilbert Reaney, American Institute of Musicology, [n.p.]
1965 (Musicological Studies and Documents 13).
LUCCA [Lu] The Lucca Codex; Codice Mancini: Lucca, Archivio di Stato, MS
184 · Perugia, Biblioteca Comunale ‘Augusta’, MS 3065, ed.
John Nádas – Agostino Ziino, Libreria Musicale Italiana,
Lucca 1990 (Ars nova 1).
MODENA [ModA] Il codice a.M.5.24 (ModA), a c. di Anne Stone, Libreria Mu-
sicale Italiana, vol I, Lucca 2003 (Ars Nova – Nuova serie
1).
OXFORD [Ox] Oxford, Bodleian Library MS. Canon. Misc. 213, ed. David Fal-
lows, 2 vols., University of Chicago Press, Chicago – Lon-
don 1995 (Late Medieval and Early Renaissance Music in
Facsimile 1).
SQUARCIALUPI [Sq] Il codice Squarcialupi: ms. Mediceo Palatino 87, Biblioteca Medi-
cea Laurenziana di Firenze, a c. di F. Alberto Gallo, 2 voll.,
Giunti Barbèra – Libreria Musicale Italiana, Firenze –
Lucca 1992.
STRASBOURG [Str] Le Manuscrit musical M 222 C 22 de la Bibliothèque de Strasbo-
urg, XVe siècle, éd. Albert Vander Linden, Office Internatio-
nal de Librairie, Bruxelles 1979 (Thesaurus Musicus 2).
TORINO [TU] Il Codice T. III. 2. Torino, Biblioteca Nazionale Universita-
ria, a c. di Agostino Ziino, Libreria Musicale Italiana, Lucca
1994 (Ars Nova 3).
TRENTO [Tr87] Codex Tridentinus 87, Vivarelli e Gullà, Roma 1969.
WARSZAWA [Kras+Wn 378] Sources of Polyphony up to c. 1500, ed. Miroslaw Perz, AMP 13
(1973).

XVI
BIBLIOGRAFIA

IV. Edizioni musicali

AMP 14 Sources of Polyphony up to c. 1500: Transcriptions, ed. Miroslaw Perz, AMP 14


(1976).
CMM 11/6 Early Fifteenth-Century Music, ed. Gilbert Reaney, CMM 11/VI (1977).
CMM 46 The Old Hall Manuscript, ed. Andrew Hughes – Margaret Bent, 3 vols.,
CMM 46/I-III (1969–1973).
CMM 53/3 French Secular Compositions of the Fourteenth Century, ed. Willi Apel, text
ed. Samuel N. Rosenberg, CMM 53/III (1972).
CMM 57 Keyboard Music of the Late Middle Ages in the Codex Faenza 117, ed. Dra-
gan Plamenac, CMM 57 (1972).
DTÖ 61 Sechs Trienter Codices: Geistliche und weltliche Compositionen des XV. Jah-
rhunderts, hrsg. Rudolf von Ficker, DTÖ XXXI/61 (1924).
MARROCCO 1942 Fourteenth-Century Italian Cacce, ed. W. Thomas Marrocco, The Mediae-
val Academy of America, Cambridge MA 1942.
PMFC 10 Italian Secular Music, ed. W. Thomas Marrocco, PMFC X (1977).
PMFC 11 Italian Secular Music, ed. W. Thomas Marrocco, PMFC XI (1978).
PMFC 12 Italian Sacred Music, ed. Kurt von Fischer – F. Alberto Gallo, PMFC XII
(1976).
PMFC 13 Italian Sacred and Ceremonial Music,ed. Kurt von Fischer – F. Alberto
Gallo, PMFC XIII (1987).
RAMSBOTHAM 1933 The Old Hall Manuscript, ed. Alexander Ramsbotham, 3 vols., Plainsong
and Medieval Music Society, Nashdom Abbey, Burnham 1933-1938.
WOLF 1955 Der Squarcialupi-Codex Pal. 87 der Biblioteca Medicea Laurenziana zu Flo-
renz, hrsg. Johannes Wolf, Kistner & Siegel, Lippstadt 1955.

V. Edizioni di testi poetici

CARBONI 2003 Simone de’ Prodenzani, Rime, a c. di Fabio Carboni, 2 voll., Vecchiarelli
Editore, Roma 2003.
CORSI 1969 Giuseppe Corsi, Rimatori del Trecento, UTET, Torino 1969.
CORSI 1970 Giuseppe Corsi, Poesie musicali del Trecento, Commissione per i testi di
lingua, Bologna 1970 (Collezione di opere inedite e rare 131).
DEBENEDETTI 1913 Il “Sollazzo” e il “Saporetto” con altre rime di Simone Prudenzani d’Orvieto, a
c. di Santorre Debenedetti, «Giornale storico della letteratura italiana»,
Supplemento n. 15, Loescher, Torino 1913.

XVII
BIBLIOGRAFIA

VI. Letteratura critica

ANGERER 1972 Joachim F. Angerer, Die Begriffe “Discantus”, “Organa”


und “Scolares” in reformgeschichtlichen Urkunden des 15.
Jahrhunderts, «Anzeiger der philosophischen-histori-
schen Klasse der Österreichischen Akademie der Wis-
senschaften», CIX 1972, pp. 146-70.
BAUMANN 1978 Dorothea Baumann, Some extraordinary forms in the Ita-
lian secular Trecento repertoire, in L’Ars nova italiana del
Trecento, IV, a c. di Agostino Ziino, Centro di studi
sull’Ars nova italiana del Trecento, Certaldo 1978, pp.
45-63.
BAUMANN 1978 Dorothea Baumann, Die dreistimmige italienische Lied-
Satztechnik im Trecento, Valentin Körner, Baden-Baden
1979 (Sammlung musikwissenschaftlicher Abhandlung
64).
BAUMANN 1984 Dorothea Baumann, Silben- und Wortwiederholungen im
italienischen Liedrepertoire des späten Trecento und frühen
Quattrocento, in Musik und Text in der Mehrstimmigkeit
des 14. und 15. Jahrhunderts, hrsg. Ursula Günther – Lud-
wig Finscher, Bärenreiter, Kassel 1984 (Göttinger mu-
sikwissenschaftliche Arbeiten 10), pp. 77-92.
BELLOSI 1992 Luciano Bellosi, Il Maestro del Codice Squarcialupi, in
SQUARCIALUPI, II, pp. 145-57.

BENT 1980 Margaret Bent, New Sacred Polyphonic Fragments of the


Early Quattrocento, «Studi Musicali», IX/2 1980, pp.
171-89.
BENT 1984 Margaret Bent, Text Setting in Sacred Music of the Early
15th Century: Evidence and Implications, in Musik und
Text in der Mehrstimmigkeit des 14. und 15. Jahrhunderts,
hrsg. Ursula Günther – Ludwig Finscher, Bärenreiter,
Kassel 1984 (Göttinger musikwissenschaftliche Arbei-
ten 10), pp. 291-326.
BENT 1987 Margaret Bent, A Contemporary Perspective of Early Fifte-
enth-Century Style: Bologna Q15 as a Document of Scribal
Editorial Initiative, «Musica Disciplina», XLI 1987, pp.
183-201.

XVIII
BIBLIOGRAFIA

BENT 1990 Margaret Bent, Manuscripts as Repertoires, Scribal Perfor-


mance and the Performing Scribe, in Trasmissione e recezione
delle forme di cultura musicale, a c. di Lorenzo Bianconi, F.
Alberto Gallo, Angelo Pompilio, Donatella Restani,
EDT, Torino 1990, vol. I (“Round Tables”), pp.
138-52.
BENT 1995 Margaret Bent, Lo stile del primo Quattrocento nella co-
scienza dei contemporanei: Bologna Q15 come documento
dell’iniziativa editoriale del copista, in La critica del testo
musicale. Metodi e problemi della filologia musicale, a c. di
Maria Caraci Vela, Libreria Musicale Italiana, Lucca
1995, pp. 111-27.
BENT 1998 Margaret Bent, Early Papal Motets, in Papal music and
musicians in late Medieval and Renaissance Rome, ed. Ri-
chard Sherr, Clarendon Press, Oxford 1998, pp. 5-43.
CARACI VELA 1997 Maria Caraci Vela, Una nuova attribuzione a Zacara da un
trattato musicale del primo Quattrocento, «Acta Musicolo-
gica», LXIX 1997, pp. 182-5.
CARACI VELA – TAGLIANI 2003 Maria Caraci Vela – Roberto Tagliani, Dedutto sei: al-
cune osservazioni e una nuova proposta di edizione, in «Et
facciam dolçi canti». Studi in onore di Agostino Ziino in occa-
sione del suo 65° compleanno, a c. di Bianca Maria Antoli-
ni – Teresa Maria Gialdroni – Annunziato Pugliese, Li-
breria Musicale Italiana, Lucca 2003, I, pp. 263-94.
CARBONI – ZIINO 1996 Fabio Carboni – Agostino Ziino, Un elenco di composi-
zioni musicali della seconda metà del Quattrocento, in Musi-
ca franca. Essays in Honor of Frank A. D’Accone, ed. Irene
Alm, Alyson McLamore, Colleen Reardon, Pendragon
Press, Stuyvesant NY 1996, pp. 425-87.
CILIBERTI 1990 Galliano Ciliberti, Diffusione e trasmissione del Credo
nelle fonti mensurali del tardomedioevo, «Musica Discipli-
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XXVI
Antonio Zacara da Teramo
e il suo tempo
Francesco Zimei

Variazioni sul tema della Fortuna*

Frutto di quella sublime contraddizione – tipicamente medievale – con il con-


cetto cristiano di Provvidenza destinata a sortire alti esiti letterari,1 la Fortuna,
arbitro crudele e ineluttabile delle umane vicende, occupa, anche nei brani di
recente attribuzione, un posto particolare fra i tÒpoi del repertorio zacariano.
Indifferentemente collocata, con il suo ricco corredo allegorico (dove si ricono-
scono la cornucopia, dono augurale di Giove alla sua nutrice Amaltea, il timone,
per navigare attraverso le onde e i pericoli della vita, e la ruota, che ancor oggi
viene considerata il suo attributo antonomastico), fra le realtà antropomorfe e le
categorie dello spirito, essa aleggia inquieta in almeno otto componimenti del

*. Questo saggio, non previsto nel piano editoriale del volume (cui va ad aggiungersi in extremis durante
l’ultimo giro di bozze), raccoglie una serie di riflessioni maturate in sede di curatela e destinate inizial-
mente all’Introduzione. Poi, come spesso accade, quelli che dovevano essere dei semplici spunti d’inda-
gine sono confluiti, strada facendo, in un discorso senza dubbio più ampio e organico, ma meno adatto a
un indirizzo proemiale. Quanto in tal sede si propone non è sfuggito, tuttavia, alla morsa dell’urgenza, e
nella consapevolezza che una diversa disponibilità di tempo avrebbe potuto sortire risultati migliori si
rimandano ulteriori approfondimenti a un’eventuale prossima occasione.
1. Tra le innumerevoli testimonianze dell’età di mezzo basti citare, nell’ordine in cui si affacciano alla me-
moria, il De remediis ustriusque Fortunae di Francesco Petrarca, Le Livre de mutacion de Fortune di Christine
de Pisan, l’Elegia di Madonna Fiammetta del Boccaccio, Les fortunes et adversitéz di Jean Régnier, il De di-
versitate Fortunae di Arrigo da Settimello, il VII canto dell’Inferno dantesco – dove tuttavia, più coerente-
mente, la Fortuna è presentata come esecutrice della volontà divina – e la Ballade au nom de la Fortune di
François Villon. Sul versante musicale il pensiero corre invece a Le Remède de Fortune di Guillaume de
Machaut e ad alcuni titoli dell’ars nova italiana, come ad esempio le ballate Fortuna ria, Amor e crudel don-
na e Se la nimica mie Fortuna more di Francesco Landini, Fortuna avversa, del mio cor nimica di Donato da
Firenze (su testo di Franco Sacchetti), oppure Ben di fortuna non fa ricch’altruy di Niccolò da Perugia. Al
tema della Fortuna e alle sue molteplici applicazioni letterarie sono stati dedicati importanti studi; limi-
tandoci agli aspetti generali e senza alcuna pretesa di esaustività possiamo qui ricordare: ALFRED DOREN,
Fortuna in Mittelalter und in der Renaissance, «Bibliothek Warburg», I/1 1922-1923, pp. 71-144; HOWARD
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teraria del Cinquecento, Liguori, Napoli 1966; AA.VV., Il tema della Fortuna nella letteratura francese e italiana
del Rinascimento. Studi in memoria di Enzo Giudici, Olschki, Firenze 1990.
FRANCESCO ZIMEI

2
maestro teramano, riflettendone istanze poetiche e frammenti biografici alla
stregua di un vero e proprio referente esistenziale.
Avverso una Fortuna tanto «falsa» (Dime Fortuna, Spesso Fortuna cridote) e
«importuna» (Plorans ploravi), cui ben si attagliano precise allusioni gnomiche
(valga al riguardo l’intero incipit di Ad ogni vento volta come foglia), l’atteggiamento
di Zacara appare tuttavia in costante evoluzione, altalenando dalla consapevo-
lezza di essere stato da lei «spogliato» (Nuda non era) e gettato «in gran profondo»
(Deducto sei, ma anche Dime Fortuna) allo scongiuro per tornare a «spriçar come
ranochia» (D’amor languire), dal lacerante dubbio se «resurgere, o stare pur così»
(Spesso Fortuna cridote) alla stoica accettazione dell’avvenire, «poy que ay proues /
de le Fortune ne plus lamenter» (Le temps verrà). Purtroppo, allo stato delle attuali
conoscenze, non ci sono elementi sufficienti per stabilire l’esatta successione
cronologica di tali brani, ma, così come forse non è un caso che nelle fonti da cui
provengono si trovino spesso raggruppati,3 almeno una parte di essi potrebbe
essere unita da un sottile fil rouge, utile a chiarire in qual misura interagiscano ele-
menti retorici e vicende personali. Ferma comunque restando, per valori asso-
luti, la difficoltà di scremare l’arte dalla memoria, il confronto tra alcune opere
ha messo in luce analogie motiviche e differenze narrative, consentendo in que-
sta sede di formulare nuove ipotesi e, fors’anche, di trarre conclusioni di qualche
utilità.

Uno degli esempi più interessanti al riguardo è costituito dalla ballata a due
voci Dime Fortuna, tramandata in unicum dal frammentario codice T. III. 2 della
Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino e attribuita a Zacara dal suo edi-
tore Agostino Ziino.4 Qui la tipicità del tema è infatti esaltata da un linguaggio
acceso e risentito, che l’uso del discorso diretto e il riferimento a fatti e figure
della realtà storica permettono di contestualizzare nella sfera del vissuto perso-
nale. Una simile coerenza poetica, in cui il tono, la logica interna e la scelta dei

2. Si tratta delle ballate Ad ogni vento, D’amor languire, Deducto sei, Dime Fortuna, Nuda non era e Spesso Fortu-
na cridote, del madrigale Plorans ploravi e del mottetto Le temps verrà, la cui paternità è sostenuta con dovi-
zia di argomenti da MARCHI – DI MASCIA 2001. E il numero è destinato a crescere ancora qualora si inclu-
da tra le opere autentiche il rondeau Se je ne suy si gay come soloie, che in questo stesso volume Marco
Gozzi assegna a Zacara proprio per le particolari affinità tematiche (il testo prosegue infatti così: «c’est
pour Fortune, que tant m’est contraire»); cfr. MARCO GOZZI, Zacara nel Codex Mancini: considerazioni
sulla notazione e nuove attribuzioni, supra, pp. 135-67: 157. Impliciti riferimenti alla Fortuna potrebbero
inoltre cogliersi nella ballata Benché lontan mi trovi, dove l’autore sembrerebbe anche ammettere la sua
particolare predilezione per l’argomento affermando di essere stato abbandonato da colei del cui «bel
nome empiendo vo le carte».
3. Si consideri al riguardo in TU la sequenza formata da Plorans ploravi (c. 1r), D’amor languire (cc. 1v-2r),
Dime Fortuna (c. 2r) e Se je ne suy si gay (c. 2v) e in Lu la posizione di Ad ogne vento e Spesso Fortuna cridote,
che addirittura occupano le stesse carte (65v-66r).
4. Cfr. TORINO, pp. 47-9.

230
VARIAZIONI SUL TEMA DELLA FORTUNA

termini si accordano perfettamente alle ragioni addotte dall’autore, farebbe pen-


sare, sul piano dell’ispirazione, che il brano scaturisca da un’idea completamente
originale. Si è invece potuto notare come esso presenti notevoli affinità idioma-
tiche e formali con un sonetto trecentesco il cui incipit suona esattamente allo
stesso modo: Dime Fortuna, opera di un poeta minore padovano, Matteo Cor-
reggiaio, del quale si ricorda soprattutto l’amicizia con Antonio da Tempo, testi-
moniata anche da una vivace corrispondenza letteraria.5
6
La seguente sinossi, ordinata a un opportuno approccio intertestuale, per-
metterà di cogliere appieno il forte legame ‘ideologico’ tra i due componi-
menti:7

Matteo Correggiaio: Dime Fortuna Antonio Zacara: Dime Fortuna

Dime, Fortuna, tu che regi el mondo Dime, Fortuna, poi che tu parlasti,
volgendo pur la rota al tuo volere, ò dicto o facto nulla contra de te?
onde ti vien tal voglia o tal podere De’, parla, dime el vero, per tua fé:
che tu fai triste l’un, l’altro giocondo? perché surgendo la rota voltasti?

Tu mostri il vento prospero e secondo Di quel profundo dove me lasciasti


di fare onore altrui, bene e piacere, i’ era quasi per uscirne fore;
poscia subito lo fai giù cadere subito, fals’a tucte recordasti,
e senza rilevar lo tieni al fondo. videndome per trarme fuore,
[d]e la promissione facta de cuore
Pensar non so, se tu fussi a la prova, se Alexandro a Roma gito fosse.
di quel ch’io ti ragiono che diresti Fortuna, al tuo despecto uscia de fosse:
altro che tua natura è così nova. or scia maledicta, tanto mal pensasti.
Or maladetto il punto che nassesti
e maladetta tu che regni sola,
che qual più t’ama impicchi per la gola.

5. Delle assai scarne notizie biografiche e della limitata produzione poetica di Matteo Correggiaio – che
oggi si tende a circoscrivere a una dozzina di componimenti – si sono occupati in particolar modo
FRANCESCO ROEDIGER, Due epistole poetiche di Matteo Correggiaio in ternari trilingui, «Rivista critica della
letteratura italiana», V 1888, pp. 122-5, Le rime di Matteo Correggiari, a c. di Ernesto Lamma, Romagnoli,
Bologna 1891 (Scelta di curiosità letterarie inedite o rare dal secolo XIII al XIX, vol. 94, disp. 241), ed.
anastatica Commissione per i testi di lingua – Forni Editore, Bologna 1969, ACHILLE TARTARO, Per Mat-
teo Correggiaio, «Cultura Neolatina», XXV 1965, pp. 176-93, GIUSEPPE CORSI, Matteo Correggiaio, in CORSI
1969, pp. 141-54. Interessanti novità potrebbero inoltre venir fuori dal convegno di studi La cultura vol-
gare padovana nell’età del Petrarca, recentemente tenuto a Padova e Monselice in occasione delle celebra-
zioni petrarchesche, del quale si auspica di veder presto pubblicati gli atti.
6. Sul concetto di ‘intertestualità’, sulle sue differenti tipologie e su alcune suggestive applicazioni alla po-
esia zacariana si veda senz’altro il saggio di MARIA CARACI VELA Dall’arte allusiva all’intertestualità ‘fisiolo-
gica’: aspetti del processo compositivo in Zacara da Teramo, in questo stesso volume (supra, pp. 187-211).
7. Per il sonetto di Matteo Correggiaio si è fatto riferimento all’edizione di CORSI 1969, p. 152, per la bal-
lata di Zacara a quella di Giuseppe Tavani in TORINO, p. 121.

231
FRANCESCO ZIMEI

Come si può notare nei passi evidenziati, oltre a cominciare in modo assolu-
tamente identico i due brani – mutatis mutandis – condividono sia dal punto vista
semantico che retorico le medesime ‘strutture portanti’:
- l’exordium, centrato sull’apostrofe iniziale, ove una plastica metafora gestuale
inquadra la Fortuna nell’atto di volgere la ruota in senso evidentemente contra-
rio alle aspettative degli autori. È interessante qui notare come la ripresa della
ballata di Zacara sia perfettamente simmetrica rispetto alla prima quartina del
sonetto di Matteo, ripetendone anche il generale andamento interrogativo;
- la narratio, in cui assai simile è la distribuzione di concetti e strutture tra la
seconda quartina del sonetto e il primo piede della ballata, entrambi caratteriz-
zati da una forte tensione gravitazionale: l’obiettivo è quello di evocare nel let-
tore un improvviso senso di caduta verso il basso – significativamente rappresen-
tato dai due rimatori con termini omologhi («fondo» e «profundo») – quale
conseguenza ineluttabile del destino cinico e baro;
- infine la peroratio, che integra e ‘cristallizza’ il parallelismo logico-formale tra
i due componimenti con una decisa equiparazione fra la sirma del sonetto e la
volta della ballata, accomunate, anche sul piano espressivo, dal medesimo
approdo tematico: la maledizione della Fortuna, introdotta in entrambi i casi da
un’identica soluzione avverbiale («or»), quasi a sottolinearne l’attualità e l’im-
mediatezza.

Questa marcata coincidenza di schemi, figure retoriche e scelte lessicali


postula, al di là di ogni possibile casualità, che la ballata Dime Fortuna sia stata
espressamente ricalcata sull’omonimo sonetto del Correggiaio, suggerendo utili
spunti d’indagine circa le ascendenze e i modelli letterari della poesia zacariana,
sui quali – come si sa – c’è ancora molto da chiarire. Nel caso del testo di Matteo,
la cui circolazione all’epoca doveva essere limitata a un ambito piuttosto locale,8
l’ipotesi più plausibile è che Zacara ne sia venuto a conoscenza proprio a
Padova, dove infatti verosimilmente può fissarsi la composizione della ballata.
Ciò si desume da una serie di indizi cronologici contenuti nel secondo e terzo
piede, in cui l’autore motiva il disinganno nei confronti della Fortuna con quella
digressione, dal forte sapore autobiografico, sulla quale sapientemente Agostino

8. Delle tre fonti – tutte quattrocentesche – che lo tramandano, due sono infatti localizzabili nell’area di
composizione: il ms. 541 della Biblioteca Universitaria di Padova e il ms. Urb. Lat. 697 della Biblioteca
Apostolica Vaticana, che secondo il Lamma «presenta un substrato dialettale veneto che si fa troppo fa-
cilmente sentire» (Le rime di Matteo Correggiari, p. xx); della terza – il ms. 1103 della Biblioteca Riccardia-
na di Firenze, su cui si basa peraltro l’edizione del Corsi – la provenienza invece non è nota.

232
VARIAZIONI SUL TEMA DELLA FORTUNA

9
Ziino ha fondato l’attribuzione del brano: il rimpianto di veder sfumare «la
promissione» ricevuta «se Alexandro a Roma gito fosse», dove in «Alexandro» si
riconosce l’antipapa Pietro Filargo, eletto dal Concilio di Pisa il 26 giugno 1409
con il nome di Alessandro V, mentre la «promissione» – legata al suo progettato
insediamento a Roma – era evidentemente la garanzia per Zacara di essere rein-
tegrato fra i cantori della cappella papale, incarico a suo tempo abbandonato
insieme con l’obbedienza a Gregorio XII.10 Ma Alessandro, mentre era in pro-
cinto di partire per Roma, morì improvvisamente a Bologna il 3 maggio 1410,
vanificando così le attese professionali di Antonio. Per queste ragioni la compo-
sizione della ballata dev’esser fatta risalire a un momento di poco successivo a
tale data, in un periodo cioè abbastanza prossimo alla cerimonia per il conferi-
mento della laurea in decretis al teramano Simone de Lellis, avvenuta proprio a
Padova l’8 dicembre 1410 e alla quale, come è noto, prese parte un «Anthonio de
Teramo» che si tende ormai a identificare con Zacara.11
Uno schema sostanzialmente analogo a quello di Dime Fortuna s’incontra nel
testo di un’altra ballata a due voci, Spesso Fortuna cridote, tramandata in forma

9. Altri plausibili elementi a supporto della paternità zacariana del brano si rinvengono, sempre secondo
Ziino, nello stile musicale: «in particolare i passaggi sillabici a note ribattute e le sezioni a canone tra le
due voci» (TORINO, p. 48).
10. Ciò avvenne probabilmente a Lucca tra la fine di maggio e i primi di luglio del 1408, quando a dispetto
degli accordi presi con la controparte ‘avignonese’ Gregorio creò quattro nuovi cardinali, causando non
solo la rottura dei negoziati, ma anche ampie defezioni all’interno della propria curia. A quest’ipotesi,
formulata in ZIINO 1979, pp. 327-8, si contrappone NÁDAS 1986, pp. 177-8, secondo cui la permanenza di
Zacara nella cappella ‘romana’ sarebbe invece provata dall’esistenza di sue composizioni liturgiche nei
frammenti conservati a Siena e Cividale, sedi nelle quali in effetti il papa soggiornò, dopo Lucca, duran-
te il suo viaggio verso il Nord. Tuttavia, come osserva anche BENT 1998, p. 27, la trasmissione di un de-
terminato repertorio non presuppone necessariamente la presenza fisica di chi lo ha composto: può
dunque darsi che tali brani, come spesso avviene, fossero rimasti in uso nella cappella papale anche dopo
l’eventuale allontanamento di Zacara; il quale, anzi, sembra lasciare tracce dell’episodio proprio nel te-
sto della ballata Dime Fortuna, in particolare nel primo piede, alludendo alla precarietà delle sue attuali
condizioni professionali e all’opportunità – purtroppo sfumata – di modificarle in melius: «Di quel pro-
fundo dove me lasciasti / i’ era quasi per uscirne fore», dove se la speranza era quella di rientrare nella
cantoria papale vuol dire che a quel tempo l’autore non ne faceva più parte.
11. Cfr. NÁDAS 1986, p. 178 (che trae la notizia da GASPARE ZONTA – GIOVANNI BROTTO, Acta Graduum Acade-
micorum Gymnasii Patavini ab anno 1406 ad annum 1450, cum aliis antiquioribus in appendice additis iudicio hi-
storico collecta ac digesta, Tip. Seminarii, Patavii 1922, editio altera, Antenore, Padova 1970) e, più specifica-
mente, l’ipotesi formulata nelle pagine che precedono da ANNE HALLMARK, Rhetoric and Reference, a pro-
posito di un possibile collegamento tra quest’episodio e la ballata Je suy navvrés tan fort/Gnaff’a le guagne-
le. Dal momento che già a quel tempo Simone de Lellis faceva parte della curia di Giovanni XXIII e
che, non a caso, al suo conferimento dottorale parteciparono altri importanti membri di quella corte –
primo fra tutti l’eminente canonista Francesco Zabarella – tale cerimonia potrebbe aver costituito anzi
per Zacara l’occasione ideale per stringere tutti quei rapporti necessari a procurargli – così come in ef-
fetti avverrà – l’ambito incarico di magister capellae che la «Fortuna» e la morte di Alessandro V gli aveva-
no in precedenza strappato. La prova della sua ‘disoccupazione’ all’epoca dei fatti narrati potrebbe al ri-
guardo essere proprio il fatto che nella cerimonia padovana egli venga ricordato semplicemente come
«Anthonio de Teramo» e non con l’appellativo, ben altrimenti ‘ufficiale’, di Magister Zacharias.

233
FRANCESCO ZIMEI

adespota dal Codice di Lucca e assegnata a Zacara da Nino Pirrotta. Oltre a


12

condividere con la precedente la decisa impostazione ‘monografica’ e il tono


declamatorio e personale, l’opera risulta infatti sintomaticamente proiettata
verso lo stesso esito sentenziale: la maledizione della Fortuna. Variano tuttavia
sensibilmente le dinamiche interne: l’anatema, benché ripetuto due volte («mal-
decta si’» e «ognor pur maledicote» al verso successivo, proprio come nel sonetto
del Correggiaio), non è sorretto da ragioni particolarmente circostanziate; pre-
vale anzi una scrittura piuttosto di maniera, in cui il leit-motiv della sorte avversa
è giocato in modo abile, ma generico, su polarità ossimoriche («se io in terra tu
ad astra», «de’, dime no o sì») dalle quali non si riesce a trarre alcun preciso indi-
zio biografico. Solo nella seconda strofa sembra farsi strada un nesso di causalità
più concreto, ma è interamente rivolto al passato; vi si potrebbe soltanto leggere
un accenno alle gravi menomazioni fisiche dell’autore e alle immaginabili
difficoltà incontrate, durante l’infanzia, nel cammino verso un’esistenza nor-
male:
Nella mia gioveneza
nocte e dì seguitasteme,
sempre con grande aspreza
d’ogni bene privasteme,
in terra collocasteme.
Però maldecta si’,
ognor(a) pur maledicote,
mentre che sto così.13

Sembra insomma che in Spesso Fortuna cridote Zacara abbia ricercato una pre-
cisa continuità tematica e stilistica con Dime Fortuna, ma, a differenza di questa,
venuto ormai meno l’impeto del momento, l’unico significato ‘attuale’ del
brano risieda nella disillusa aspettativa del responso della Fortuna, condizione
ancora una volta connessa alle sue vicissitudini lavorative e ben sintetizzata dalla
volta della prima strofa: «[De’, dime no o sì:] / se deb’io resurgere / o stare pur
così». Un concetto ribadito anche in Nuda non era, altra ballata di probabile col-
locazione padovana,14 la cui peroratio – sempre sulle stesse corde – è condotta
addirittura per absurdum: «Se per gran pianto voltasse la rota / gyamay non finiria

12. Cfr. PIRROTTA 1971, p. 157, ripreso da John Nádas e Agostino Ziino in LUCCA, p. 46. Alcuni interessanti
rilievi sullo stile musicale dell’opera si trovano in GIANLUCA D’AGOSTINO, Le ballate di Zacara, infra, pp.
247-77: 265-6.
13. Nella presente trascrizione si è preferito uniformare l’oscillazione rimica ì/è attestata dalla grafia del te-
stimone. Per l’edizione letteraria della ballata cfr. PIRROTTA – LI GOTTI 1950, p. 128.
14. L’opera è infatti attestata nel ms. Canon. Misc. 213 della Bodleian Library di Oxford, compilato in area
veneta nel terzo decennio del Quattrocento. Sulla provenienza e la datazione del codice si veda il saggio
introduttivo di David Fallows in OXFORD, pp. 4-5 e 19-20.

234
VARIAZIONI SUL TEMA DELLA FORTUNA

15
de lagrimare», dove oltre a combinare, secondo il solito, espedienti retorici
(l’immagine della ruota che gira al contrario già adoperata in Dime Fortuna) e
ragioni esistenziali, con quel ripetuto «lagrimare» l’autore parrebbe alludere alla
sua stessa cifra poetica, mostrandosi evidentemente ben consapevole del fatto
che – si passi il calembour – presso i contemporanei le sue composizioni sulla For-
tuna dovevano avere particolare fortuna.16
Da siffatti rilievi si possono trarre alcune interessanti conclusioni. L’attestata
sequenza di motivi biografici e stilistici lascia supporre che le tre ballate sin qui
esaminate non solo siano originate nel medesimo contesto, ma vieppiù facciano
parte di un vero e proprio ciclo, il quale avrebbe come evento ‘scatenante’ il sup-
posto licenziamento di Zacara, nel 1408, dalla cappella papale e come tratto
comune quell’equazione tra Fortuna e status professionale sulla quale, con buona
dose di autoironia, egli fonda il suo studiato sarcasmo; ed è un colore che ben si
attaglia al genere della ballata. Ora, il favore goduto da questi brani da un lato raf-
forzerebbe la logica del ciclo, dall’altro fornirebbe validi argomenti a sostegno
del notato ‘sfruttamento’ in chiave letteraria che l’autore fa delle sue vicende
personali: il filone, evidentemente fecondo, potrebbe insomma scaturire proprio
dal successo iniziale di un’opera autobiografica sul tema della Fortuna.
Un plausibile ‘archetipo’, maturato senz’altro in un momento precedente
rispetto alle urgenze occupazionali del maestro teramano, sembra in tal senso
potersi individuare nell’unico suo madrigale, l’intenso e dolente Plorans ploravi,
ove detti elementi, adeguati alla maggior ‘serietà’ del genere, concorrono a deli-
neare un clima assai diverso da quello delle ballate, collocando il brano in una
luce più intima e grave. Il testo, strutturalmente dilatato rispetto ai parametri
canonici, con due quartine con schema ABBA ACCA in luogo delle usuali ter-
zine e una coppia di duetti a rima baciata (DD EE) così strettamente connessi
sotto il profilo logico e discorsivo da formare quasi un corpo unico, si avvale di
un linguaggio elevato, cui l’inserimento di suggestive formule latine – secondo

15. È da osservare al proposito che nel testimone la consistenza della strofa si limita a quest’unico distico, il
quale oltretutto è completamente irrelato alla ripresa.
16. Sul medesimo concetto Zacara tornerà a breve, stavolta per antifrasi, nel mottetto Le temps verrà, pro-
mettendo «de le Fortune ne plus lamenter». Oltre a quest’evidente analogia tematica il brano divide con
Nuda non era significativi spunti musicali: il rilievo va ascritto a MARCHI – DI MASCIA 2001, che a p. 18 no-
tano la sorprendente somiglianza dei rispettivi incipit e l’identico contrasto ritmico fra le due voci (tem-
po imperfetto al cantus, perfetto al tenor), inducendo a pensare che il mottetto – che esse datano plausi-
bilmente tra il gennaio e il febbraio 1413 – abbia preso direttamente a modello la ballata. Non è nean-
che da escludere che, a sua volta, Nuda non era reimpiegasse materiali musicali – o letterari – precedenti:
tale eventualità sembra infatti potersi cogliere proprio nel verso iniziale, «Nuda non era, preso altro ve-
stito», ove lo si interpreti secondo il consueto virtuosismo polisenso dell’autore.

235
FRANCESCO ZIMEI

17
un uso notoriamente congeniale all’autore – conferisce un’aura sacrale ma al
tempo stesso arcana ed enigmatica, pertanto refrattaria a interpretazioni lette-
rali.18
19
Appositamente evidenziate nella seguente edizione semidiplomatica, tali
espressioni contribuiscono a definire il quadro intertestuale del brano fornendo
spunti utili a una lettura retoricamente orientata:
Plorans ploravi perché la Fortunaa
pur sopr’ad meb diriça sua potença,
ploraboque, ché a ley forç’ec prudença
resistere non li vale, tant’èd inportuna.

Maldetta quella che ’l mondo raduna,


quella nutrice e l’ora che me ’l tolse:
nature debitum in unda persolse,
suspiri a lo mio cor sempre s’aduna.

In ulnis patris expiròe cum pianto,


per rinovarf le peng fih questo canto.

Martiro fo ne la sua puericia


quel che per nome avea quel de Galicia.

Apparato critico: a cantus: «la mia fortuna»; b cantus: «sopra me»; c tenor: «forçA»; d cantus-te-
nor: «tantO»; e cantus: «expirAo»: tenor: «espiro»; f cantus: «per innovar»; g cantus-tenor: «le penE»; h
TU: «fey».

17. Si pensi alla ballata Deus deorum Pluto, per la quale si rinvia ancora a CARACI VELA, Dall’arte allusiva all’in-
tertestualità ‘fisiologica’. Altri significativi casi di ibridismo linguistico si registrano nella ballata Je suy nav-
vrés tan fort/Gnaff’a le guagnele (testo francese-italiano per cantus e tenor e francese-italiano-latino per il
contratenor) e nel già citato mottetto Le temps verrà (testo francese-italiano).
18. Per quanto si sappia, a parte il motivo iniziale, caratterizzato dalla deplorazione della Fortuna, il signifi-
cato di questo madrigale non è stato ancora interamente chiarito. Nelle note illustrative dell’unica edi-
zione discografica, contenuta nel CD Zachara, cantore dell’antipapa, registrato nel 1992 dall’Ensemble
“Sine Nomine” (Quadrivium, SCA 027), Alessandra Fiori si limita al riguardo a parlare di «un testo
piuttosto oscuro». Per ulteriori dettagli sull’incisione cfr. GIANLUCA TARQUINIO, Discografia di Antonio
Zacara da Teramo, infra, pp. 421-35: 430.
19. Il testo si basa su Lu, cc. 61v-62v (facsimile in LUCCA, pp. 150-2), in particolare – considerati i guasti della
parte del cantus – sulla lezione del tenor e sul sottostante residuum, che contiene la seconda quartina e il
distico finale. Dell’altro testimone (TU, c. 1r, secondo la numerazione moderna; facsimile in TORINO, p.
137), fortemente frammentario e limitato al solo tenor, sono state segnalate in apparato le varianti signi-
ficative. Sul piano ecdotico si è scelto di mantenere inalterati i grafismi conservativi e i gruppi di valore
etimologico con l’unica funzionale distinzione di u e v, mentre sono stati adottati criteri moderni relati-
vamente ai segni diacritici, all’uso delle maiuscole e alla punteggiatura.

236
VARIAZIONI SUL TEMA DELLA FORTUNA

Come si evince già dalla dittologia iniziale, centrata con grande efficacia
drammatica sul motivo del pianto,20 il testo del madrigale mostra anzitutto stretti
legami con le Sacre Scritture. Il pensiero corre immediatamente al famoso passo
delle Lamentazioni di Geremia in cui il profeta, «suspirans» secondo la descri-
zione del Prologo (che richiama assai da vicino l’immagine del verso 8 «suspiri a
lo mio cor sempre s’aduna»),21 piange dinanzi alle rovine di Gerusalemme:
Plorans ploravit in nocte,
et lacrymae eius in maxillis eius;
non est qui consoletur eam,
et omnibus charis eius…22

L’autore, nel senso più esplicito del termine, si ‘lamenta’ dunque della For-
tuna23 citando un testo emblematico, la cui collocazione nella liturgia cattolica
del tempo di Passione – nella fattispecie per il Primo Notturno della Feria V “In
Coena Domini” – finisce per evocare, attraverso il pianto, quell’idea della morte
ribadita al verso 3 dal correlato «ploraboque», tratto anch’esso da un brano di
Geremia significativamente inserito nel Breviario tra i responsori della Setti-
mana Santa:
Quis dabit capiti meo aquam,
et oculis meis fontem lacrymarum,
et plorabo die ac nocte interfectos filiae populi mei?24

In quest’uso mirato del linguaggio biblico, estraniato dal contesto originale e


reimpiegato nel registro dei sentimenti terreni, Zacara dà prova di una notevole
arte retorica, mostrando ad esempio di conoscere e applicare perfettamente i
modelli teorizzati nella Rota Veneris di Boncompagno da Signa,25 celebre pron-
tuario di eloquenza della fine del dodicesimo secolo sui temi dell’epistolografia
20. L’espressione, da tradurre appunto con «ho pianto, ho pianto», non fa che confermare l’accezione zaca-
riana del verbo «lagrimare» impiegato in Nuda non era.
21. Si noti anche l’analogia con l’incipit della ballata D’amor languire, suspirare e piangere, dove non a caso è ti-
rata ancora in ballo la Fortuna.
22. Thren. 1, 2.
23. Il che sembrerebbe dare un significato ancor più stringente al passo di Le temps verrà citato in preceden-
za: «poy que ay proues de le Fortune ne plus lamenter».
24. Ier. 9, 1.
25. Su Boncompagno (ca. 1165 – post 1240) e sulla Rota Veneris si veda in particolare: VIRGILIO PINI, Boncom-
pagno da Signa, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. II, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma
1969, s.v.; ERNSTPETER RUHE, De amasio ad amasiam. Zur Gattungsgeschichte des mittelalterlichen Liebesbrie-
fes, Fink, München 1975; JOSEF PURKART, Boncompagno da Signa and the Rhetoric of Love, in Medieval Elo-
quence. Studies in the Theory and Practice of Medieval Rhetoric, ed. John J. Murphy, University of California
Press, Berkeley – Los Angeles – London 1978, pp. 319-31; PURKART, Spurious Love Letters in the Manu-
scripts of Boncompagno’s ‘Rota Veneris’, «Manuscripta», XXVIII 1984, pp. 45-55; PAOLO GARBINI, Introduzio-
ne a BONCOMPAGNO DA SIGNA, Rota Veneris, a c. di Paolo Garbini, Salerno Editrice, Roma 1996, pp. 7-24.

237
FRANCESCO ZIMEI

amorosa ove il poliptoto «Plorans ploravi» / «ploraboque», sebbene in forma


variata, ricorre infatti integralmente: «Plorans ploravi nec plangere desistam et in
tenebris meum stravi lectum».26
Nella stessa ottica, che è quella – tutta medievale – dell’artificium, del gusto
per l’osservazione, del virtuosismo ‘immaginifico’, si arriva a cogliere anche il
senso di certe soluzioni musicali, ottenute per mezzo di una scrittura veramente
‘subtilior’, caratterizzata da frequenti episodi in color e dalla diffusa presenza di
sincopi e alterazioni.27 Basti considerare al riguardo il lungo melisma iniziale, dal
ritmo fortemente instabile – verrebbe da dire ad andamento ‘singhiozzante’ –
attraverso il quale, in piena aderenza alle parole, Zacara fornisce una stupefa-
cente imitazione del pianto:
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28
Antonio Zacara, Plorans ploravi, bb. 1-14.

Nella seconda stanza, mentre la dimensione allegorica del testo giunge a


compimento con l’annunciata maledizione della Fortuna – raffigurata ai versi
6-7 nella pienezza dei suoi attributi, come suggeriscono il riferimento metoni-

26. BONCOMPAGNO DA SIGNA, Rota Veneris, p. 60.


27. Sui principali aspetti notazionali del madrigale si sofferma GOZZI, Zacara nel Codex Mancini, p. 148, al
quale si rinvia per ogni necessario approfondimento.
28. Dall’edizione di John Nádas e Agostino Ziino in LUCCA, pp. 101-4.

238
VARIAZIONI SUL TEMA DELLA FORTUNA

29
mico alla «nutrice», dispensatrice della cornucopia augurale, e l’allusione alle
onde del mare («in unda»),30 da ricollegare invece alla simbologia del timone – il
vissuto dell’autore, lentamente, comincia a prendere forma; anticipata dall’ince-
dere mesto e presago del motivo iniziale e dal tono fosco e inquietante delle
profezie di Passione, emerge così memoria di un inedito evento luttuoso,
occorso improvvisamente all’interno della sua cerchia familiare: la perdita di un
figlio, morto piangendo fra le braccia del padre («in ulnis patris31 expirò cum
pianto», v. 9). È lo stesso Antonio, nel verso successivo, a chiarire umori e finalità
del brano: si tratta di un canto commemorativo, composto «per rinovar le pene»
dell’occorsa disgrazia. Ciò, oltre a motivare – stavolta sul terreno dei sentimenti
più profondi – il suo disperato sfogo contro l’avversa sorte, permette di svelare
chi si celasse dietro il pronome formulato al verso 6 ([maldetta] «l’ora che me ’l
tolse»): la battuta trova infatti naturale risposta, sia sul piano rimico che logico,
nel naturae debitum persolvere del verso 7, che a prima vista sembrerebbe riferito
alla Fortuna,32 ma in realtà è locuzione tecnica di ambito giuridico e agiografico,
usata proprio col significato di ‘morire’,33 e ha dunque valore prolettico rispetto
alla situazione descritta nel primo ritornello.
Ma non basta. Altri importanti particolari vengono alla luce nel distico finale
(vv. 11-12), la cui presenza – ‘fuori misura’, come già notato, rispetto ai consueti
parametri madrigalistici – pare destinata espressamente alla funzione di epitaffio:
quivi l’autore tiene non solo a precisare che suo figlio era morto durante la fan-
ciullezza («ne la sua puericia»),34 ma si preoccupa anche di tramandarne il nome,
mutuato dal martire «de Galicia», cioè Giacomo.

29. Un espediente analogo s’incontra nella sirma del sonetto Quante dirne si de’ non si può dire di Michelan-
gelo Buonarroti: «Ingrata, dico, e della suo fortuna / a suo danno nutrice; ond’è ben segnio / ch’ a’ più
perfecti abonda di più guai». Cfr. MICHELANGELO BUONARROTI, Rime e lettere, a c. di Paola Mastrocola,
UTET, Torino 1992 (Classici Utet), pp. 257-8.
30. Allo stesso modo nel Prologo dei Libri Familie, risalente al 1432, Leon Battista Alberti scorge molti «bia-
simarsi della fortuna e dolersi d’essere agitati da quelle fluttuosissime sue unde, nelle quali stolti sé stessi
precipitorono». Cfr. LEON BATTISTA ALBERTI, I Libri della Famiglia, a c. di Ruggiero Romano e Alberto
Tenenti, Einaudi, Torino 19803, p. 4.
31. Cfr. Is. 49, 22: «Et afferent filios tuos in ulnis».
32. Cfr. in tal senso i vv. 7-8 di Spesso Fortuna cridote: «Se io in terra tu ad astra / per non volermi sciogliere».
33. Cfr. EGIDIO FORCELLINI, Totius Latinitatis Lexicon, Typis Aldinianis, Prati 1858-1875. s.v. ‘debitum’: «Tran-
slate. Morbo naturae debitum reddiderunt; h.e. mortui sunt».
34. Dunque in un’età che, secondo la classificazione di Isidoro di Siviglia, era compresa tra i 7 e i 14 anni:
«Prima aetas infantia est pueri nascentis ad lucem, quae porrigitur in septem annis. Secunda aetas pueri-
tia, id est pura et necdum ad generandum apta, tendens usque ad quartumdecimum annum» (Etymolo-
giae, XI, II, 2-3). Cfr. ISIDORO DI SIVIGLIA, Etimologie o Origini, a c. di Angelo Valastro Canale, UTET, To-
rino 2004 (Classici Utet), vol. I, pp. 912-3.

239
FRANCESCO ZIMEI

Restituita così a una compiuta esistenza, l’identità di Giacomo di Antonio di


Berardo da Teramo35 consente da un lato d’incrementare in linea retta l’ampia
genealogia ricavata da Giuliano di Bacco e John Nádas in questo stesso
volume,36 dall’altro riesce a stabilire un preciso nesso causale tra due risultanze
decisive per la biografia del musicista teramano, ma sino ad ora difficilmente
conciliabili:
- lo ‘stato civile’ di Zacara al momento della nomina a scriptor litterarum aposto-
licarum presso la curia di Bonifacio IX (primo febbraio 1391), allorché egli stesso
si dichiara «uxoratus»;37
- il fatto che a succedergli in qualità di «heres universalis» e «proximior in
gradu», nel settembre 1416, sia soltanto un nipote;38 tra i due episodi, ora è evi-
dente, intercorre dunque la premorienza di almeno un figlio (oltre che della
moglie).

Restano tuttavia da chiarire le circostanze del decesso. Non si capisce infatti


se, al di là dell’associazione onomastica con il santo di Compostela, l’epiteto
«martiro» – collocato oltretutto in posizione preminente all’inizio del ritornello
– sia da considerare metaforicamente come un infausto ‘tributo’ pagato alla For-
tuna o alluda piuttosto a un effettivo caso di morte violenta. Pur mantenendo –
come cautela impone – il beneficio del dubbio, alcuni indizi, esaminati in con-
troluce, sembrerebbero privilegiare proprio questa seconda ipotesi. Soccorre
anzitutto un’ulteriore concordanza biblica, tratta questa volta dal Vangelo di
Matteo:
Tunc Herodes videns quoniam illusus esset a Magis, iratus est valde, et mittens occi-
dit omnes pueros, qui erant in Bethlehem, et in omnibus finibus eius, a bimatu et infra
secundum tempus, quod exquisierat a Magis. Tunc adimpletum est quod dictum est
per Ieremiam prophetam dicentem:

Vox in Rama audita est


ploratus, et ululatus multus:

35. Che non può essere ovviamente il Giacomo di Antonio da Teramo attivo nel capoluogo aprutino in
qualità di regio e apostolico notaio tra il 1402 e il 1434, per il quale ZIINO 1979, p. 345, aveva valutato la
possibilità di un’agnizione zacariana.
36. Cfr. GIULIANO DI BACCO – JOHN NÁDAS, Zacara e i suoi colleghi italiani nella cappella papale, supra, pp. 33-54:
43.
37. Il documento, conservato nell’Archivio Vaticano (Reg. Lateran. 12, c. 270), è edito in FRANCESCO SAVI-
NI, Septem dioeceses Aprutienses Medii aevi in Vaticano tabulario. Notitiae ad dioeceses Adriensem, Aprutinam,
Aquilensem, Marsicanam, Pennensem, Theatinam et Valvensem pertinentes ex Vaticano tabulario excerptae, Ex
Officina Typographica Senatus, Romae 1912, pp. 467-8.
38. Si tratta del ciabattino Lello di Biagio di Pietro. I passi citati sono tratti dall’inventario dei beni di Zaca-
ra, datato 21 novembre 1416 (Archivio di Stato di Roma, Not. Capitolini 1163, cc. 611v-615r); cfr. DI
BACCO – NÁDAS, Zacara e i suoi colleghi italiani, p. 41, nota 24, nonché la tavola 5.

240
VARIAZIONI SUL TEMA DELLA FORTUNA

Rachel plorans filios suos,


et noluit consolari, quia non sunt.39

Dal testo in esame, concernente un episodio già di per sé molto significativo


come la Strage dei martiri innocenti, emergono, quasi in filigrana, termini in
stretta relazione semantica e retorica con alcuni passi-chiave del madrigale zaca-
riano: la citazione del profeta Geremia, figura referenziale e sintomatica di ogni
catastrofe biblicamente intesa, il caratteristico participio «plorans», qui usato con
espresso riferimento alla morte dei propri figli, infine l’appartenenza degli stessi
all’età della pueritia.
Si potrebbe tuttavia eccepire, anche ove se ne accertasse l’intenzione, che il
paragone col massacro perpetrato da Erode sia eccessivo e poco adatto a rappre-
sentare la realtà storica: l’eventuale uccisione di Giacomo andrebbe infatti con-
testualizzata in un quadro di forte violenza sociale, genericamente compatibile
con la quotidiana precarietà di quei tempi ma senz’altro poco usuale per un
ambiente onorato e temuto come la curia pontificia. Rileggendo però attenta-
mente il verso 7, «nature debitum in unda persolse» (e non semplicemente
«unda», come proposto in CMM 11/6),40 il sospetto finisce per assurgere a tragica
evidenza: impiegata fin dal latino classico quale sinonimo di rivolta di popolo,
ossia di ‘tumulto’,41 la parola unda riesce qui a sprigionare significati ben più
scottanti della sfumata suggestione ‘marittima’ notata in precedenza. È come, in
altri termini, se a un livello di testo più profondo l’autore avesse voluto rivelarci
che suo figlio perì durante una sommossa.
Ovviamente le nostre deduzioni non possono spingersi oltre. Ma c’è almeno
una pagina della Roma di Zacara in cui i fatti ipotizzati sembrano acquisire una
dimensione concreta; si tratta peraltro di una vicenda consumatasi, molto proba-
bilmente, sotto i suoi stessi occhi. Giovedì 6 agosto 1405 quattordici deputati
popolari, scelti fra illustri famiglie romane, si recarono in Vaticano e, in modo
piuttosto acceso, accusarono Innocenzo VII di non aver fatto nulla per com-
porre lo Scisma. Ma mentre si accingevano a tornare in città, proprio dinanzi a
Santo Spirito in Sassia vennero aggrediti dal nipote del pontefice, Ludovico
Migliorati, che li passò a fil di spada e li fece precipitare dai finestroni dell’Ospe-
dale. La notizia del barbaro eccidio si propagò rapidamente in tutta Roma: il

39. Mt. 2, 16-18.


40. Gilbert Reaney, a p. xxxvii, ritenendo la preposizione «in» ipermetra erroneamente la espunge. Al con-
trario, nella metrica latina l’incontro di -m + vocale crea una sinalefe. Sul punto si veda ALFONSO TRAI-
NA – GIORGIO BERNARDI PERINI, Propedeutica al latino universitario, Pàtron Editore, Bologna 19823, in par-
ticolare il capitolo VII (“Fondamenti di metrica”), pp. 201-41: 207-8.
41. Cfr. FERRUCCIO CALONGHI, Dizionario Latino-Italiano, Rosenberg & Sellier, Torino 19503, s.v.; cfr. anche
FORCELLINI, Totius Latinitatis Lexicon, s.v.: «unda dicitur de re quacumque, quae motu suo undam simu-
lat, imprimis de turba seu multitudine hominum».

241
FRANCESCO ZIMEI

popolo infuriato si riversò nelle strade assalendo molti curiali, mentre i palazzi di
alcuni cardinali furono dati alle fiamme. Il papa e la corte, nottetempo, si rifugia-
rono precipitosamente a Viterbo, ma durante la fuga accaddero altri disordini,
causando più di trenta morti, gran parte dei quali rimasti abbandonati lungo la
strada.42
Un simile scenario, denso di risvolti macabri e cruenti, fornirebbe valide
ragioni al concetto di «martiro» espresso da Zacara per circostanziare il suo com-
pianto. Comunque siano andate le cose – questo appare chiaro – la perdita del
figlio dovette lasciare in lui un segno profondo, la cui scia, in termini letterari,
sembra intuirsi anche al di là del madrigale analizzato. In tal senso – mettendo
per un momento da parte l’uso ‘topico’ della Fortuna – si potrebbe ad esempio
interpretare l’allusione contenuta nella terza strofa della ballata Amor né tossa, ove
con estrosa allegoria zoomorfa l’autore individua una figura («la vaccha»), evi-
dentemente già defunta, che ebbe appunto pietà del suo dolore:
El bove già coll’ale et colle penne
in ciel salìo, dov’è
la vaccha ch’ebe al mio dolor mercé.43

L’affianca nel testo un altro personaggio, passato frattanto anch’egli a miglior vita
e analogamente caratterizzato («el bove»), a indicare forse una relazione paren-
tale con la precedente: alcuni anni fa John Nádas e Giuliano di Bacco proposero
di riconoscervi l’arme gentilizio della potente famiglia Miccinelli (un bue ram-
pante), la quale annoverava tra i propri membri un Giovanni Battista sepolto a
Santa Maria in Trastevere nel 1408 (tavola 9).44 Ora, si tratterà magari di una
coincidenza, ma la fonte della versione in parola, il ms. E 56 sup. della Biblioteca
Ambrosiana di Milano, risulta compilata esattamente nello stesso anno.45 Ciò –
sempre che si riesca a dimostrare l’archetipìa del testimone – potrebbe dunque
suonare come una conferma, sia pur indiretta, all’ipotesi formulata dai due stu-
diosi. A meno che l’«ale» e le «penne» servite a salire «in ciel» non siano da inten-
dere come attributi del bue alato, simbolo dell’evangelista Luca, e vadano per-
tanto a identificare qualcuno con questo nome.

42. Si veda al riguardo FERDINAND GREGOROVIUS, Geschichte der Stadt Rom im Mittelalter vom V. bis zum
XVI. Jahrhundert, Cotta, Stuttgart 1859-1872, trad. it. Storia della Città di Roma nel Medioevo, Einaudi, To-
rino 1973, vol. III, pp. 1752-3.
43. Ambr, c. 69v (solo testo). Edizione in CORSI 1970, p. 323. La lezione di Lu, a c. 59v, provvista anche di no-
tazione, si limita invece alla ripresa e al primo piede della prima strofa: il residuum doveva senz’altro figu-
rare alla c. 60r, che però è mancante. Cfr. LUCCA, p. 148.
44. Cfr. NÁDAS – DI BACCO 1994, pp. 28-9 e nota 53.
45. Cfr. ANTONIO CERUTI, Inventario dei manoscritti della Biblioteca Ambrosiana, Editrice Etimar, Trezzano sul
Naviglio, 1973-1979 (Fontes Ambrosiani), vol. III, p. 350: «anno 1408 (fol. 1)».

242
VARIAZIONI SUL TEMA DELLA FORTUNA

La questione ovviamente resta aperta, ma il discorso offre lo spunto per rial-


lacciarsi, ancora una volta, al tema del nostro saggio. Atteso infatti che, in piena
sintonia con l’immaginario medievale, le rappresentazioni tetramorfe siano
effettivamente parte del ricco repertorio iconografico zacariano, quanto dianzi
osservato potrebbe costituire l’ideale chiave di lettura di un’altra ricorrente alle-
goria: la visione dell’aquila, in procinto di spiccare il volo nella volta di D’amor
languire, ove l’autore invoca l’aiuto della Fortuna per tornare a «spriçar come
ranochia / quando el gran becho l’al’ comença a spandere», maestosa e trion-
fante invece in Sol me trafige ’l cor l’aquila bella, allorché, con abile captatio benevo-
lentiae, Zacara palesa la sua brama di tornare a «costey servire». Dopo gli anni del-
l’incertezza e del disagio questi passi sembrano dunque esprimere rinnovate
aspirazioni professionali. Ma chi si celerà dietro l’augusto emblema? Accanto ai
riferimenti araldici ipotizzati da Nádas e Ziino46 si potrebbe insomma cogliere,
nell’aquila, un espresso richiamo a quella simbologia ‘giovannea’ in grado di
dare subito un nome e un volto a un plausibile destinatario dei due componi-
menti: Giovanni XXIII.
Concepito attraverso un sottile gioco di omonimie – capace oltretutto di
conferire un valore quasi ‘profetico’ all’elezione di questo papa, maturata in
tempi che, nella Chiesa, erano davvero considerati ‘apocalittici’ – un simile
omaggio spiegherebbe ad esempio l’inclusione di Sol me trafige in una raccolta di
provata ascendenza filopapale come il Codice Squarcialupi, fatto invece difficil-
mente conciliabile con un’eventuale origine viscontea del brano.47 Non a caso,
poi, proprio da Baldassarre Cossa, conosciuto molto probabilmente alla corte di
Bonifacio IX quando era protonotario apostolico (una ragione in più per ipo-
tizzare, col nostro, pregressi rapporti di servizio), Antonio riuscirà a ottenere
quell’incarico di magister capellae già mancato, per ragioni contingenti, al tempo
di Dime Fortuna. Inquadrate in tale dimensione allegorica, sia D’amor languire che
Sol me trafige potrebbero dunque datarsi tra la fine del 1410 e i primi mesi del
1412.
Spingendosi un poco oltre, gli stessi presupposti consentirebbero anche di
puntualizzare la cronologia di un’altra importante pagina sul tema della Fortuna,
mettendone meglio a fuoco ambito e ragioni: si tratta della ballata Deducto sei,
che approfondite ricerche svolte in questi anni soprattutto da Maria Caraci Vela
hanno restituito prima alla paternità zacariana e quindi a una convincente

46. In LUCCA, p. 46, nota 85, essi propongono infatti di associare Sol me trafige ’l cor l’aquila bella a Francesco
Novello o a Giovanni Maria Visconti.
47. Cfr. LUCIA MARCHI, La recezione fiorentina di Zacara da Teramo e il codice Squarcialupi, supra, pp. 169-86: 179
e nota 34. Per le stesse ragioni il collegamento con Giovanni XXIII sarebbe pienamente compatibile
anche con le altre due attestazioni della ballata (Lu e ModA).

243
FRANCESCO ZIMEI

48
lezione. Il testo, incentrato sul rimpianto per l’ennesima occasione lavorativa
perduta, è scritto interamente in seconda persona; ma a parlare stavolta non è
l’autore, il quale anzi si finge segno degli ammonimenti di un ipotetico interlo-
cutore, che i recenti editori identificano nella voce della sua propria coscienza.49
A giudicare dal tono sprezzante e beffardo, difficilmente interiorizzabile, vi si
potrebbe al contrario riconoscere la Fortuna stessa, a lungo invocata da Zacara e
giunta finalmente a replicare.50 Qui, lungi da ogni contesto celebrativo, l’imma-
gine dell’aquila appare ormai dispregiativamente ridotta a mero ‘uccello’:
havisti ulcello in mano e no ’l piumasti:
socco me par(i) s’aspecti che retorni.

Come si può notare il senso della frase, di evidente gusto proverbiale, è da ricer-
carsi nel mancato sfruttamento, da parte dell’autore, di una posizione di vantag-
gio poi venuta improvvisamente a cadere. Alla luce di quanto osservato il primo
verso si potrebbe dunque interpretare come un riferimento alla supposta inter-
ruzione del rapporto tra Zacara e la cappella di Giovanni XXIII, desumibile in
base alla scomparsa del suo nome, dopo il maggio 1413, dalla contabilità papale.51
Ciò avvalorerebbe l’ipotesi che la mattina dell’8 giugno il compositore – per
ragioni a noi sconosciute – non abbia seguito la corte, incalzata dalle truppe di
Ladislao di Durazzo, nell’improvvisa fuga dall’Urbe;52 il che, per quanto si evince
dal verso successivo, sembrerebbe essere quasi l’effetto di una scelta: donde la
consapevolezza di non farsi poi soverchie illusioni che Giovanni «retorni». E
infatti il pontefice non tornò più a Roma. Stando a tali considerazioni Deducto
sei diverrebbe insomma il brano zacariano più tardo fra quelli attualmente noti,
risalendo già a un periodo di totale vuoto documentale.
Ci si è spesso chiesti, al riguardo, come e dove l’autore abbia trascorso i circa
tre anni che separano il momento narrato dall’exitus, avvenuto in data impreci-

48. Cfr. rispettivamente CORNAGLIOTTI – CARACI VELA 1998 e CARACI VELA – TAGLIANI 2003, cui si rimanda
per l’accurata edizione e per ogni opportuno approfondimento ecdotico e stilistico.
49. Cfr. CARACI VELA – TAGLIANI 2003, p. 282.
50. L’idea d’una Fortuna adusa a trascinare l’autore sempre più in basso, come recita l’incipit, ribadendo
quanto già osservato in altri testi («Deducto sei a quel che mai non fusti / in gran profondo, e vidite gir
più sotto»), potrebbe ad esempio contribuire a spiegare, sotto il profilo musicale, l’ambitus sorprendente-
mente grave della ballata. Si veda in merito il saggio di DAVID FALLOWS, Zacara’s voice ranges, supra, pp.
55-65: 60-1, e D’AGOSTINO, Le ballate di Zacara, pp. 259-61.
51. Cfr. NÁDAS 1986, pp. 178-9.
52. L’episodio è narrato sempre in GREGOROVIUS, Storia della Città di Roma, vol. III, pp. 1777-8. La sera pre-
cedente la partenza, a tal proposito, «il papa lasciò con tutta la curia il Vaticano, si recò nel palazzo del
conte Orsini di Manupello in città, e vi pernottò, per mostrare al popolo la sua fiducia nella vittoria».
Altra suggestiva coincidenza: il palazzo si trovava nel Rione Ponte, proprio nei pressi dall’abitazione di
Zacara.

244
VARIAZIONI SUL TEMA DELLA FORTUNA

53
sata prima del 17 settembre 1416. Un’interessante indicazione in tal senso pare
giungere proprio dal prosieguo del brano:
ver’ la calcosa tira, e per là pista
verso el paese dove tu nascisti,

da intendersi, coerentemente, come un invito a “prendere la via” e tornarsene in


fretta54 al paese d’origine. Ovviamente non sappiamo se Zacara abbia seguito il
‘consiglio’ della Fortuna. Tuttavia l’ipotesi che egli sia ritornato a Teramo per
finirvi i suoi giorni appare confortata da due indizi:
- i «discipulos» attestati da Giovanni Antonio Campano,55 che postulano l’esi-
stenza di una ‘scuola’ zacariana ancora attiva a Teramo nel 1463; ora, se l’appren-
distato fosse avvenuto prima della partenza di Antonio per Roma (ossia, al più
tardi, nella seconda metà degli anni Ottanta del Trecento), essi si troverebbero
adesso ad avere più di novant’anni, il che sembra poco credibile;
- l’inclusione stessa di Zacara nel Necrologio Aprutino.56 Dal momento che i
necrologi registrano solitamente i nominativi dei morti legati a una determinata
comunità, o a una chiesa, è altamente probabile, a giudicare anche dal titolo, che
il documento – il cui originale è andato purtroppo disperso – non fosse altro che
l’obituario della Cattedrale teramana. Se ne dovrebbe dedurre non solo che egli
vi esercitasse, al momento della scomparsa, un ruolo all’altezza della sua reputa-
zione (viene naturale pensare a quello di maestro di cappella),57 ma che vi sia
stato addirittura sepolto.

53. Cfr. NÁDAS – DI BACCO 1994, p. 28 e nota 48.


54. A differenza di CARACI VELA – TAGLIANI 2003, pp. 288-9, che considerano «calcosa» e «pista» come ele-
menti d’una dittologia, si ritiene più conforme al senso generale della frase intravvedere nel secondo
termine un uso verbale figurato, mirato evidentemente a rappresentare un’andatura veloce. Il distico,
caratterizzato a questo punto da un forte enjambement, potrebbe dunque rendersi così: «prendi la strada,
e per essa corri verso il paese dove nascesti». Il verbo ‘pistà’ nell’accezione di ‘calpestare’ è attestato in
FERNANDO RAVARO, Dizionario Romanesco, Newton Compton Editori, Roma 20013, s.v.
55. Per la nota lettera del vescovo teramano al cardinale Jacopo Ammannati Piccolomini e le sue importan-
ti implicazioni musicologiche si rinvia senz’altro a PIRROTTA 1971, pp. 153-4.
56. Citato in ALESSIO TULLII, Catalogo di uomini illustri per santità, dottrina e dignità usciti in diversi tempi dalla
città di Teramo, Pel Consorti e Felcini, Teramo 1766, pp. 92-3, da cui PIRROTTA 1971, pp. 165-6 e ZIINO
1979, p. 314 (testo integrale con acclusa bibliografia).
57. Ciò darebbe oltretutto un senso e una precisa collocazione all’attività musicale degli allievi, secondo
quanto riportato dal Campano. Peraltro, durante gli ultimi anni di vita di Zacara, alla guida della diocesi
aprutina si trovava Stefano da Carrara, membro della potente famiglia padovana con la quale il compo-
sitore potrebbe aver avuto rapporti fin dai tempi del suo soggiorno nella città veneta.

245
Francesco Zimei

Catalogo delle opere di Zacara

Giunti ormai al termine di questo appassionante viaggio sulle tracce di


Antonio Zacara da Teramo e attraverso i molteplici contesti storici, stilistici,
sociali e culturali in cui egli ebbe a vivere e operare, non si poteva ovviamente
rinunciare al tentativo di riformulare il catalogo delle sue opere sulla base delle
novità – spesso cospicue – emerse in questo volume a proposito di datazioni,
analisi dei brani e, soprattutto, attribuzioni.
Come già accaduto per le precedenti compilazioni in materia, in particolare
quelle pubblicate nelle ultime due edizioni del Grove, dovute rispettivamente a
Gilbert Reaney e a David Fallows,1 anche la presente stesura può senz’altro defi-
nirsi un work-in-progress, essendo legata a doppio filo ai continui aggiornamenti
della ricerca. Per averne un’idea tangibile basterà volgere lo sguardo indietro al
catalogo del 1980, dove la figura di Zacara non era stata ancora del tutto messa a
fuoco rispetto al quasi omonimo Nicolaus Zacharie da Brindisi dal momento
che Reaney gli assegnava 13 composizioni sacre e soltanto 9 profane, esclu-
dendo in pratica l’intera sezione Squarcialupi. Nella versione del 2001, rece-
pendo le decisive conquiste guadagnate dagli studi arsnovistici negli ultimi ven-
t’anni, Fallows ha poi portato i brani sacri a 16 e i profani a 21, più 3 pagine
dubbie e un’operetta teorica, l’Ars contrapuncti secundum magistrum Zachariam,
pubblicata già tempo addietro da Agostino Ziino.2
Oggi, dopo altri tre anni, e soprattutto dopo l’importante Convegno mono-
grafico teramano, mentre si può sostanzialmente confermare il dato relativo alla
produzione sacra (9 Gloria e 7 Credo), quella profana arriva a contare complessi-
vamente ben 35 occorrenze, di cui 19 ascritte a Zacara direttamente dalle fonti e
le restanti 16 – adespote o diversamente rubricate – frutto invece delle attribu-
zioni degli studiosi. Considerata dunque la ‘fisiologica’ provvisorietà di molti
dei dati qui riportati, e confidando anzi di vederli presto superati grazie a nuove,
significative scoperte, la ratio principale di questo catalogo – e forse, in fin dei

1. Cfr. REANEY 1980 e FALLOWS 2001.


2. Cfr. ZIINO 1979, pp. 347-8.
FRANCESCO ZIMEI

conti, la sua effettiva utilità – risiede piuttosto nell’aver cercato di compendiare


in uno schema di facile lettura una serie di informazioni essenziali sul corpus
musicale e letterario zacariano, fornendo al contempo elementi di concordanza.
Le composizioni, raggruppate per generi ed elencate in ordine alfabetico,
sono state ripartite in campi evidenziando nelle sacre il titolo della sezione di
messa e nelle profane l’incipit secondo la lezione fornita da ciascuna fonte.
Seguono il numero delle voci, l’organico (specificando tra parentesi quadre le
eventuali parti mancanti), l’indicazione dei testimoni con la cartulazione com-
pleta e la rispettiva rubrica, le note d’apparato, integrate all’occorrenza da osser-
vazioni e citazioni e, infine, le edizioni moderne dei brani, distinguendo rispetto
alle musicali quelle in facsimile (facs.) e quelle relative al solo testo letterario
(testo). A differenza del presente schema, per quanto concerne le composizioni
profane adespote – o altrimenti rubricate – attribuibili a Zacara si è dato il
necessario risalto agli argomenti a sostegno di ciascuna attribuzione fornendone
la fonte e le relative coordinate bibliografiche.
Nel caso di opere tràdite da più testimoni, questi sono stati elencati tenendo
conto, nell’ordine, del valore ‘gerarchico’ di ciascuna fonte, della completezza o
meno dell’attestazione e dell’attribuzione eventualmente rubricata. Si è inoltre
provveduto a specificare quali siano stati, di volta in volta, i testimoni adoperati
per le varie edizioni moderne, collegando gli uni e le altre attraverso il richiamo
in apice di lettere dell’alfabeto. Per tali ragioni la presenza di più lettere, unite dal
segno + nella prima colonna a destra, servirà a identificare, in termini bibliogra-
fici, un’edizione sinottica integrale o, quantomeno, con sinossi delle varianti
indicate.
Venendo ora agli incipit delle composizioni profane, basati preferenzialmente
sulla parte del cantus salvo diversa indicazione, si è optato per una trascrizione
semidiplomatica mirata a conciliare aspetti formali originari e usi moderni:
sotto il primo profilo sono stati mantenuti inalterati i grafismi conservativi e i
gruppi con valore etimologico, operando soltanto la distinzione tra u e v e quella
– necessaria soprattutto sul piano fonetico – tra i- e j- nei testi in lingua francese.
Per contro, in omaggio a consolidati parametri ecdotici e di ‘repertorio’ – adot-
tati ormai uniformemente sia dai musicologi che dagli interpreti – si è provve-
duto a introdurre moderni segni diacritici e a normalizzare l’uso delle maiuscole
e della punteggiatura; interventi, questi ultimi, esclusi invece per le rubriche dei
brani (riportate tra virgolette basse), trattandosi di citazioni documentali prive di
qualsiasi valore letterario. Sempre nel rispetto delle fonti si è scelto inoltre di
non integrare in alcun modo gli incipit lacunosi inserendo in sostituzione, tra
parentesi quadre, spazi vuoti adattati graficamente all’esatta misura del verso.

392
CATALOGO DELLE OPERE DI ZACARA

Sotto la voce ‘note’ sono state invece riportate, nell’ordine: le osservazioni sui
singoli testimoni, sugli organici e sulla datazione delle fonti, complementari
rispetto ai campi precedenti e da leggere dunque in senso orizzontale; alcune
notizie sui brani in genere, sulla loro origine o contestualizzazione e su questioni
testuali e attributive; i rimandi interni tra le composizioni profane e le relative
parodie sacre, nonché – sempre in riferimento alle sezioni di messa – gli abbina-
menti Gloria-Credo secondo la lezione di Q15 o le proposte degli studiosi; le
eventuali destinazioni laudistiche di alcune opere, richiamate in fonti specifiche
dalla formula ‘cantasi come’; infine, le citazioni letterarie dei brani (sette in tutto
quelle finora identificate) contenute nel Saporetto di Simone de’ Prodenzani, per
il quale, così come nella numerazione dei sonetti, si è fatto riferimento alla
recente edizione critica curata da Fabio Carboni.3
L’ultimo campo del catalogo riguarda, come già accennato, le edizioni
moderne, le quali sono state elencate in ordine cronologico secondo le formule
riportate in bibliografia e localizzate all’interno di ciascun volume per pagina
iniziale o numero progressivo, eccettuati quelle edizioni in facsimile che ripe-
tono la foliazione della fonte originale e nei quali dunque ogni ulteriore indi-
cizzazione sarebbe superflua. Sempre sotto il profilo bibliografico, nel caso di
riferimenti ai saggi contenuti in questo volume la citazione è stata di regola
effettuata – qui come nella precedente colonna – associando al nome dell’autore
la dicitura supra.
A completare il quadro degli strumenti catalografici si è pensato di allegare,
qui di seguito, un’appendice riservata alle quattro differenti numerazioni comu-
nemente utilizzate per il codice Q15, fonte principale delle composizioni sacre
di Antonio Zacara: due di esse attengono alla cartulazione, effettuata una prima
volta in caratteri romani (ed è quella seguita nella presente compilazione), poi,
con diverso computo dei fogli, in arabi; le altre due sono invece di tipo inventa-
riale e si riferiscono, rispettivamente, alla vecchia indicizzazione vergata da Gio-
vanni Battista Martini accanto ai singoli brani,4 e al repertorio curato, in tempi
molto più vicini a noi, da Guillaume de Van.5 Di qui l’idea, nata da un gradito
suggerimento di Margaret Bent,6 di realizzare un’apposita tabella di conver-
sione, in modo da evitare ogni possibile confusione nella localizzazione dei
dodici brani zacariani tramandati dal manoscritto.
3. CARBONI 2003.
4. Ciò avvenne presumibilmente subito dopo l’acquisto del codice, avvenuto a Piacenza nel 1757.
5. Cfr. DE VAN 1948.
6. Che si coglie l’occasione per ringraziare sentitamente, avendo messo a disposizione dello scrivente per
tutte le necessarie verifiche il catalogo, le concordanze e gli indici del manoscritto bolognese sul quale
sta da anni lavorando. Egual gratitudine si intende qui esprimere a John Nádas e ad Agostino Ziino per
il generoso e costante supporto bibliografico, nonché a Maria Caraci Vela e a Michael Scott Cuthbert
per il gentile controllo effettuato su alcune fonti.

393
FRANCESCO ZIMEI

TABELLA di conversione delle numerazioni del ms. Q15

Titolo Martini de Van num. romana num. araba


Gloria ‘Micinella’ 18 17 16v-17r 18v-19r
Credo ‘Cursor’ 19-20 18 17v-19r 19v-21r
Gloria ‘Rosetta’ 68-69 56 66v-68r 67v-69r
Credo ‘Scabioso’ 70-72 57 68v-71r 69v-72r
Gloria ‘Fior gentil’ 73-74 58 71v-73r 72v-74r
Credo ‘Deus deorum’ 75-77 59 73v-76r 74v-77r
Gloria ‘Gloria, laus et honor’ 88-89 69 86v-88r 87v-89r
Credo (III) 90-91 70 88v-90r 89v-91r
Gloria (III) 108 83 106v-107r 107v-108r
Credo ‘du vilage’ (108)-109 84 106v-108r 107v-109r
Gloria ‘Ad ongni vento’ 177-178 143 154v-156r 177v-179r
Gloria ‘Anglicana’ 179 144 156v-157r 179v-180r

394
SCHEDE
FRANCESCO ZIMEI

COMPOSIZIONI SACRE

a. Gloria

TITOLO VOCI ORGANICO TESTIMONI

Gloria (I) 3 C T Ct Wn 378, cc. 14v-15v

Gloria (II) 3 C T Ct Lo, cc. 82v-83r A

3 C T Ct Str, cc. 39v-40r B

Gloria (III) 4 CI CII T Ct MuEm, cc. 35v-36r A

4 CI CII T Ct BU, cc. 8v-9r B

4 CI CII [T Ct] Q15, cc. 106v-107r C

Gloria ‘Ad ongni vento’ 4 CI CII T Ct Q15, cc. 154v-156r A

4 CI CII T Ct Kras, cc. 196r, 198r-200r B

4 CI CII T Ct Wn 378, cc. 12v-14r C

4 CI CII T Ct Melk 749, cc. Ar-Bv D

396
CATALOGO DELLE OPERE DI ZACARA

RUBRICA NOTE EDIZIONI

– C con passaggi divisi WARSZAWA, p. 130 (facs.)


AMP 14, n. 7
Attrib. a Zacara da LAYTON PMFC 13, n. 10
1960, AMP 14 e VON FISCHER
1987, che ne propongono
l’abbinamento al Credo (II).
– Attrib. a Zacara da REANEY REANEY 1958, p. 88 (facs.) A
1980, che riscontra elementi LONDON (facs.) A
«Zeltenpferd» in comune con il Gloria ‘Mici- PMFC 12, n. 8 A
nella’. CMM 11/6, n. 23 A
STRASBOURG (facs.) B
Cit. nel trattato De minimis no-
tulis dell’Anonimo X (1411),
ed. COUSSEMAKER, Scriptorum
de musica medii aevi, III.
«Bosquet» BOLOGNA, p. 16 (facs.) B
CMM 11/2, p. 4 A
«Nicolaus de Capoa» Ct differente, Amen più lungo. PMFC 23, n. 45 A

«Zacar» (nell’indice)
Abbinato al Credo ‘du vilage’.
«Zacar [ad ongni vento]» ANGERER 1972, tav. (facs.) D
(aggiunto successivamente) WARSZAWA, p. 83 (facs.) B
«O Czakaris magistri WARSZAWA, p. 126 (facs.) C
Anthonij» AMP 14, n. 27 B
– CMM 11/6, n. 19 A
PMFC 13, n. 8 A
– Incompleto

Incipit a 2 voci. Tra Jesu Christe


e Cum sancto spiritu inserito
«valeamus».

Forse parodia della sua omo-


nima ballata. Di avviso contra-
rio PMFC 13.

397
FRANCESCO ZIMEI

TITOLO VOCI ORGANICO TESTIMONI

Gloria ‘Anglicana’ 3 C T Ct Q15, cc. 156v-157r A

3 C T Ct Wn 378, cc. 16v-17v B

Gloria ‘Fior gentil’ 3 C T Ct Q15, cc. 71v-73r A

3 C T Ct Sas 326, c. 2r-v B

Gloria ‘Gloria, laus, honor’ (tropato al Ct) 3 C T Ct Q15, cc. 86v-88r A

3 C T Ct MuEm, cc. 37v-38v B

3 C T Ct Wn 378, cc. 18r-19r C

3 [C] T Ct PadD1225, c. 2r D

3 C T [Ct] Sas 326, c. 1v E

3 [C] T Ct OH, c. 28v F

398
CATALOGO DELLE OPERE DI ZACARA

RUBRICA NOTE EDIZIONI

«Zacar anglicana» Origine del titolo non chiara. WARSZAWA, p. 134 (facs.) B
AMP 14, n. 9 B
– Le ripetizioni della parola CMM 11/6, n. 20 A
«pax» lo assimilano al Gloria di PMFC 13, n. 9 A
Ciconia ed. PMFC 24, n. 1
(FALLOWS 2001).
«Zacar Fior gentil» NITSCHKE 1968, II, p. 16 A
CMM 11/6, n. 14 A
– Incompleto PMFC 13, n. 6 A

Parodia della sua omonima


ballata.

Abbinato al Credo ‘Deus deo-


rum’.
«Zacar» CMM 46/1, n. 33 A+F
WARSZAWA, p. 134 (facs.) C
«Zacharie maius 3» AMP 14, n. 10 C
CMM 11/6, n. 16 A
– PMFC 13, n. 7 A

«Dominus Çacharias» T incompleto

– Incompleto

– Ct incompleto e senza tropo.

Abbinato al Credo (III).

399
FRANCESCO ZIMEI

TITOLO VOCI ORGANICO TESTIMONI

I II
Gloria ‘Micinella’ 4 C C T Ct Q15, cc. 16v-17r A

3 C T Ct BU, c. 4v B

4 [CI] CII [T] Ct Atri (r) C

4 [CI] CII [T] Ct Grot, c. 4v D

4 [CI] CII [T] Ct Q1 (r) E

Gloria ‘Rosetta’ 3 C T Ct Q15, cc. 66v-68r

b. Credo

TITOLO VOCI ORGANICO TESTIMONI

Credo (I) ? C Civ98, c. 2v

Credo (II) 3 C T Ct Kras, cc. 193v-195r A

3 C T Ct Wn 378, cc. 2v-4r B

3 C T Ct Tr 1563 (r-v) C

3 C T Ct Grot, cc. 7v-8v D

3 C T Ct TU, cc. 9v-10r E

3 [C T] Ct Sas 327, c. 1r F

400
CATALOGO DELLE OPERE DI ZACARA

RUBRICA NOTE EDIZIONI

«Z. Micinella» NITSCHKE 1968, II, p. 27 A


BOLOGNA, p. 8 (facs.) B
– C con passaggi divisi. Amen GÜNTHER 1970, p. 360 A+B+D
molto più breve. ZIINO 1973, p. 240 (facs.) C
– CMM 11/6, n. 10 A
PMFC 13, n. 3 A
– CII incompleto

– Ct incompleto

Introduzione a 2 voci

Titolo probab. riferito alla fa-


miglia Miccinelli di Roma.

REANEY 1980 riscontra ele-


menti in comune con il Gloria
(III).

Abbinato al Credo ‘Cursor’.


«Zacar Rosetta» Parodia della sua omonima HUESTIS 1973, I, p. 177
ballata. CMM 11/6, n. 12
PMFC 13, n. 5
Abbinato al Credo ‘Scabioso’.

RUBRICA NOTE EDIZIONI

«M. A. dictus Ç.» Passaggi divisi CMM 11/6, n. 22


PMFC 13, n. A6

«Opus Zacharie» GÜNTHER 1970, p. 379 D


WARSZAWA, p. 78 (facs.) A
«slowye szacharie mneysche» WARSZAWA, p. 106 (facs.) B
AMP 14, n. 27 A
– Incompleto BENT 1980, pl. 1 (facs.) C
CMM 11/6, n. 21 A
– Incompleto PMFC 13, n. 23 A
TORINO, p. 154 (facs.) E
– Incompleto

– Incompleto

LAYTON 1960, AMP 14 e VON


FISCHER 1987 ne propongono
l’abbinamento al Gloria (I).

401
FRANCESCO ZIMEI

TITOLO VOCI ORGANICO TESTIMONI

Credo (III) 3 C T Ct Q15, cc. 88v-90r A

3 C T Ct ModA, cc. 23v-25r B

3 C T Ct Wn 378, cc. 6v-9r C

3 C T [Ct] PadD1225, c. 2v D

3 C T [Ct] Grot, c. 6v E

3 [C T] Ct TU, c. 9r F

Credo ‘Cursor’ 4 CI CII T Ct Q15, cc. 17v-19r A

4 CI [CII T Ct] Nst, c. 4v B

Credo ‘Deus deorum’ 3 C T Ct Q15, cc. 73v-76r A

3 C T Ct TU, c. 14r-v B

Credo ‘Scabioso’ 3 C T Ct Q15, cc. 68v-71r A

3 C T Ct TU, cc. 10v-11v B

3 C T [Ct] Sas 327, c. 1v C

Credo ‘du vilage’, o ‘Dominicale’ 4 CI CII T Ct Q15, cc. 106v-108r A

4 CI CII T Ct Tr 87, cc. 164v-165r, 156r B

4 CI CII T [Ct] Kk 17.1, pp. 8-11 C

402
CATALOGO DELLE OPERE DI ZACARA

RUBRICA NOTE EDIZIONI

«Zacar» 1970, pl. V (facs.) E


GÜNTHER
1970, p. 376 E
GÜNTHER
«Zaccharias» C più ornato (Matteo da Pe- WARSZAWA, p. 314 C
rugia? Cfr. LAYTON 1960). AMP 14, n. 4 C
– CMM 11/6, n. 17 A+B
PMFC 13, n. 21 A+B
«M. Antonius» Incompleto TORINO, p. 153 (facs.) F
MODENA (facs.) B
– Incompleto

– Incompleto

Abbinato al Gloria ‘Gloria,


laus, honor’.
«Z. Cursor» CMM 11/6, n. 11 A
PMFC 13, n. 4 A
– Incompleto

Abbinato al Gloria ‘Micinella’.


«Zacar deus deorum» C con passaggi divisi HUESTIS 1973, I, p. 73 A
CMM 11/6, n. 15 A
– Frammento PMFC 13, n. 20 A
TORINO, p. 163 (facs.) B
Parodia della sua omonima
ballata.

Abbinato al Gloria ‘Fior gentil’.


«Zacar Scabioso» CMM 11/6, n. 13 A
PMFC 13, n. 19 A
– Incompleto TORINO, p. 156 (facs.) B

– Incompleto

Noto anche come ‘Scabroso’.


Parodia della sua ballata D’amor
languire, suspirare e piangere.

Abbinato al Gloria ‘Rosetta’.


«Patrem du vilage Zacar» CI e CII parafrasano il Credo I DTÖ 61, p. 16 A
gregoriano intonando il testo GLAHN 1962, p. 86 C
«dominicale zach de Teramo» alternatim. Ct forse strumenta- TRENTO, p. 316 (facs.) B
le. CMM 11/6, n. 18 A
– PMFC 13, n. 22 A
MEMELSDORFF , supra, p. 327 A
Abbinato al Gloria (III).

403
FRANCESCO ZIMEI

COMPOSIZIONI PROFANE

I – OPERE ATTRIBUITE A ZACARA DALLE FONTI

a. ballate

INCIPIT VOCI ORGANICO TESTIMONI

Ad ogne vento volta come foglia 3 C T Ct Lu, cc. 65v-66r

Amor né tossa non se pò celare 3 C [T] Ct Lu, c. 59v-[60r] A

Amor né tossa non se pò celare – testo Ambr, c. 69v B

Benché lontan me trov’innaltra parte 2 CT Sq, c. 176r A

Benché lontan me trove in altra parte 2 CT ModA, c. 22r B

Benché lontan me trovi in altra parte – testo Ambr, c. 69r C

Ciaramella, me dolçe ciaramella 3 C T Ct Lu, cc. 63v-64r

404
CATALOGO DELLE OPERE DI ZACARA

RUBRICA NOTE EDIZIONI

«zacharias de teramo» Ct incompleto PIRROTTA – LI GOTTI 1950, p.


127 (testo)
Forse parodia nel suo Gloria CMM 11/6, n. 7
‘Ad ongni vento’. PMFC 10, p. 137
WILLIAMS 1983, II, p. 71
Cit. in Saporetto, XLI. LUCCA, p. 158 (facs.)

«Magister antonius Çachara» Ct e testo incompleti GHISI 1942 2 p. 43 A


PIRROTTA – LI GOTTI 1950, p.
– Ms. datato 1408 124 (testo) A
CORSI 1970, p. 323 (testo) B
NÁDAS – DI BACCO 1994 ipo- CMM 11/6, n. 4 A
tizzano un riferimento allo PMFC 10, p. 139 A
stemma araldico della famiglia WILLIAMS 1983, II, p. 58 A
Miccinelli («El bove già coll’ale LUCCA, p. 148 (facs.) A
et colle penne»).

Il motto proverbiale dell’incipit


utilizzato anche in un sonetto
di Pietro Iacopo De Jennaro.
Cfr. D’AGOSTINO, supra.
«M. Çacherias Chantor Testo incompleto WOLF 1955, p. 326 A
Domini Nostri Pape» CORSI 1969, p. 800 (facs.) C
«M. Zacharias» Testo incompleto CORSI 1969, p. 1082 (testo) C
CORSI 1970, p. 309 (testo) C
– Ms. datato 1408. Al testo se- CMM 11/6, p. 121 A
gue un dialogo tra due amanti, PMFC 10, p. 115 A
Piagnendo et lagrimando, rubri- SQUARCIALUPI (facs.) A
cato a c. 69v come «Responsio MODENA (facs.) B
ad benché lontan».

CORSI 1970 rileva nel testo


tratti dialettali romaneschi.
«Magister antonius zachara de In Un fiore gentil m’apparse PIRROTTA – LI GOTTI 1950, p.
teramo» (rifilata) compare analogamente, sotto 126 (testo)
forma di rebus, il senhal «Cha- PIRROTTA 1971, p. 172
ramilla». CMM 11/6, n. 5
PMFC 10, p. 104
WILLIAMS 1983, II, p. 67
LUCCA, p. 154 (facs.)

405
FRANCESCO ZIMEI

INCIPIT VOCI ORGANICO TESTIMONI

D’amor languire, suspirare e piangere 2 C [T] Lu, cc. 56v-[57r] A

[ ] piangere 2 CT TU, c. 1v-2r B

Deduto sey a quel che may non fusti 3 C T Ct BU, cc. 49v-50r A

Deduto sey a quel che may non fusti 2 CT P 4917, cc. 25v-26r B

– 2 intavolatura Fa, cc. 46v-48r C

Deducto sei a quel che mai non fusti – testo W 3121, c. 188v D

Deus deorum Pluto, or te regratio 2 CT Lu, cc. 58v-59r A

Deus deorum Pluto, or ti ringratio 2 CT TU, c. 8r B

Dicovi per certança 2 CT Sq, c. 176r A

(Dicovi per certanza)* 3 C T Ct Fsl, c. Ar B

406
CATALOGO DELLE OPERE DI ZACARA

RUBRICA NOTE EDIZIONI

«[Çachara]»? p. 19 (testo) A
LUCCA,
(persa per rifilatura) LUCCA,
p. 144 (facs.) A
Frammento TORINO, p. 138 (facs.) B
– CUTHBERT 2003 (ricostruz.)
Nel testo riferimenti al Canto CUTHBERT, supra, p. 352 A+B
XXIX dell’Inferno. Cfr. CU-
THBERT, supra, da Nádas.

Cit. in Saporetto, XXVI.

Parodia nel suo Credo ‘Scabio-


so’.
– Attrib. «de Zachara» a c. 178r FAENZA, p. 37 (facs.) C
del Trattato musicale di Vercelli PLAMENAC 1964, p. 152
– (ed. CORNAGLIOTTI – CARACI (facs.) B+C
VELA 1998) In PMFC 24 opus PLAMENAC 1964, p. 157 B+C
– dubium di Ciconia. BOLOGNA, p. 98 (facs.) A
CMM 57, n. 15 B + C
– Cit. in Saporetto, XXVI. PMFC 11, n. 19 A
PMFC 24, n. 42 A
In Chig 266, cc. 32v e 126v, PMFC 24, p. 190 C
‘cantasi come’ per la lauda No- CARACI VELA – TAGLIANI
stra avocata se’ et sempre fosti. 2003, p. 276 A+D
«Çachara de teramo» GHISI 1942 2, p. 42 A
PIRROTTA – LI GOTTI 1950, p.
– 124 (testo) A
11/6, n. 3 A
CMM
Forse in origine a 3 voci. PMFC 10, p. 106 A
WILLIAMS 1983, II, p. 56 A
Citazione del Salmo 132 («bar- LUCCA, p. 146 (facs.) A
bam, barbam Aaron»), pre- TORINO, p. 151 (facs.) B
scritto per la cerimonia della
tonsura. Cfr. ZIINO, supra e CA-
RACI VELA, supra, da Gozzi.

Parodia nel suo Credo ‘Deus


deorum’.
«M. Çacherias Chantor WOLF 1955, p. 326 A
Domini Nostri Pape» CORSI 1970, p. 310 (testo) A
– * Incipit non disponibile per la CMM 11/6, p. 121 A
difficoltà di lettura del palinse- PMFC 10, p. 124 A
sto. Inserita nella sezione de- SQUARCIALUPI (facs.) A
dicata a Landini.

ZIINO 1979 rileva nel testo


tratti dialettali romaneschi.

407
FRANCESCO ZIMEI

INCIPIT VOCI ORGANICO TESTIMONI

Ferito già d’un amoroso dardo 2 CT Sq, c. 175v

Je suy navvrés tan fort, o dous amy/Gnaff’ a 3 C T Ct Lu, cc. 64v-65r


le guagnele et io anch’ to’ togli (Ct)

Movit’a pietade 2 CT Sq, c. 176v

Non voler, donna, me di morte cruda 2 CT Sq, c. 175v

Nuda non era, pres’altro vestito 2 CT Ox, c. 100v

Rosetta che non canbi may colore 2 CT Lu, cc. 55v-56r A

Roseta che non cançi mai colore 2 CT P 4917, cc. 20v-21r B

– 2 intavolatura Fa, cc. 50v-52r C

– 2 intavolatura Fa, cc. 82v-83v D

408
CATALOGO DELLE OPERE DI ZACARA

RUBRICA NOTE EDIZIONI

«M. Çacherias Chantor T: «Ferito m’à» WOLF 1955, p. 325


Domini Nostri Pape» CORSI 1970, p. 310 (testo)
CMM 11/6, p. 119
PMFC 10, p. 125
SQUARCIALUPI (facs.)

«Magister antonius de Nel testo di C-T presente il PIRROTTA – LI GOTTI 1950, p.


teramo» (parzialmente rifilata) senhal rovesciato «Aitnerolf» 126 (testo)
(= Florentia) CMM 11/6, n. 6
PMFC 10, p. 108
Composta forse per il dottora- WILLIAMS 1983, II, p. 69
to di Simone de Lellis a Pado- LUCCA, p. 156 (facs.)
va nel 1410 (HALLMARK, su- HALLMARK, supra, p. 217 (te-
pra). sto)

REANEY 1980 rileva la presen-


za di elementi stilistici france-
si.

Cit. in Saporetto, XXVI.


«M. Çacherias Chantor Testo incompleto WOLF 1955, p. 327
Domini Nostri Pape» CORSI 1970, p. 320
Prob. integrazioni dell’ incipit: CMM 11/6, p. 123
[Mo’]/[De’] movit’a pietade. PMFC 10, p. 126
SQUARCIALUPI (facs.)

«M. Çacherias Chantor Do- Testo incompleto WOLF 1955, p. 325


mini Nostri Pape» CMM 11/6, p. 120
Le 2 voci in dialogo. PMFC 10, p. 127
SQUARCIALUPI (facs.)

«M. Antonius çachara» MARCHI – DI MASCIA 2001 CMM 11/6, n. 8


rilevano analogie musicali con PMFC 10, p. 110
Le temps verrà tan toust aprés. OXFORD (facs.)

«Magister Antonius çachara Varianti nel testo tra Lu e P PIRROTTA – LI GOTTI 1950, p.
[de Teramo]» (rifilata) 4917. 123 (testo) A
– FAENZA, p. 45 (facs.) C
Cit. nella ballata Spinato intor- FAENZA, p. 90 (facs.) D
– no al cor come spinoso e in Sapo- PIRROTTA 1971, p. 167 B
retto, XXVI. CMM 57, n. 20 B+C
– CMM 57, n. 39 B+D
Parodia nel suo Gloria ‘Roset- KUGLER 1972, p. 124 B+C+D
ta’. CMM 11/6, n. 1 B+C+D
PMFC 10, p. 112 B
WILLIAMS 1983, II, p. 49 A
LUCCA, p. 142 (facs.) A

409
FRANCESCO ZIMEI

INCIPIT VOCI ORGANICO TESTIMONI

Sol me trafige ’l cor l’aquila bella 3 C T Ct Lu, c. 63r A

Sol mi trafigge ’l cor l’aquila bella 2 CT Sq, c. 177v B

Sol me trafiçe ’l cor l’aquila bella 2 CT ModA, cc. 13v-14r C

Un fiore gentil m’apparse 3 [C I] C II T Lu, cc. [57v]-58r A

– 2 intavolatura Fa, c. 82r-v B

b. ballades

INCIPIT VOCI ORGANICO TESTIMONI

Sumite, karissimi, capud de Remulo, patres 3 C T Ct ModA, cc. 11v-12r

410
CATALOGO DELLE OPERE DI ZACARA

RUBRICA NOTE EDIZIONI

«Magister zacharias» (rifilata) Nádas e Ziino in LUCCA ipo- WOLF 1904, III, p. 151 B
tizzano riferimenti allo stem- PIRROTTA – LI GOTTI 1950, p.
«M. Çacherias Chantor ma araldico visconteo. 125 (testo) A
Domini Nostri Pape» WOLF 1955, p. 325 B
«Magister Zacharias» CORSI 1970, p. 311 (testo) B
CMM 11/6, p. 124 A
PMFC 10, p. 128 B
WILLIAMS 1983, II, p. 64 A
LUCCA, p. 153 (facs.) A
SQUARCIALUPI (facs.) B
MODENA (facs.) C

«de teramo» Nel testo, sotto forma di re- GHISI 1942 2, p. 41 A


bus, compare il senhal «Chara- PIRROTTA – LI GOTTI 1950, p.
– milla» (STROHM 1993). 124 (testo) A
FAENZA, p. 89 (facs.) B
Cit. in Saporetto, XXVI. NITSCHKE 1968, II, p. 12 A
CMM 57, n. 38 B
Parodia nel suo Gloria ‘Fior CMM 11/6, n. 2 A+B
gentil’. PMFC 10, p. 143 A
WILLIAMS 1983, II, p. 54 A
LUCCA, p. 145 (facs.) A

RUBRICA NOTE EDIZIONI

«Magister Zacharias» Il testo nasconde la parola «re- WOLF 1904, III, p. 169
conmendatione». Nell’ultimo CMM 53/3, n. 303
verso: «Zacharias salutes» CMM 11/6, p. 133
PMFC 13, n. 45
LUCCA ipotizza riferimenti al- LARSSON 1998, p. 10 (testo)
la corte di Pavia. MODENA (facs.)

411
FRANCESCO ZIMEI

c. cacce

INCIPIT VOCI ORGANICO TESTIMONI

Cacciando per gustar di quel tesoro/Ai cenci, 3 C T Ct Sq, cc. 176v-177r A


ai toppi, ai vetro (T)
Caciando per gustar de quel tesoro/Ay cinci, 3 C T Ct ModA, cc. 16v-17r B
ay toppi, ay bretti (T)
[ ]/Ay cinci, 3 [C] T [Ct] Egidi, c. 1r C
ay top[ ](T)
Salve mater Jesu Christi (= Cacciando per gu- 3 C [T Ct] Str, c. 2r D
star)

d. madrigali

INCIPIT VOCI ORGANICO TESTIMONI

Plorans ploravi perché la Fortuna 2 CT Lu, cc. 61v-62v A

Plo[ ] 2 [C] T TU, c. 1r B

412
CATALOGO DELLE OPERE DI ZACARA

RUBRICA NOTE EDIZIONI

«M. Çacherias Chantor WOLF 1902, n. 1A


Domini Nostri Pape» EGIDI 1925, tav. 1 (facs.) C
«Magister Z.» MARROCCO 1942, pl. 2 (facs.) B
– MARROCCO 1942, p. 6 A
WOLF 1955, p. 328 A
CORSI 1969, p. 1100 (testo) B
Mottetto (contrafactum). Solo CORSI 1970, p. 312 (testo) B
incipit. CMM 11/6, p. 126 B
PMFC 10, p. 117 A
NÁDAS – DI BACCO 1998 rile- STRASBOURG (facs.) D
vano nel testo del T tratti dia- SQUARCIALUPI (facs.) A
lettali romaneschi. MODENA (facs.) B

RUBRICA NOTE EDIZIONI

«çachara de teramo» PIRROTTA– LI GOTTI 1950, p.


(parzialmente rifilata) 125 (testo) A
– Frammento CMM 11/6, n. 9 A
PMFC 10, p. 141 A
ZIMEI, supra, ritiene il brano WILLIAMS 1983, II, p. 61 A
un compianto scritto da Zaca- LUCCA, p. 101 A
ra per la morte di suo figlio LUCCA, p. 150 (facs.) A
Giacomo. TORINO, p. 137 (facs.) B
ZIMEI, supra, p. 236 A

413
FRANCESCO ZIMEI

II – OPERE ADESPOTE, O DIVERSAMENTE RUBRICATE, ATTRIBUIBILI A ZACARA

a. ballate

INCIPIT VOCI ORGANICO TESTIMONI

Aymè, per tutto l’or una da undici 2 CT Lu, cc. 87v-88r

Dime, Fortuna, poy che tu parlasti 2 CT TU, c. 2r

Donna, posso io sperare 2 CT Lu, c. 55r

Fugir non posso dal tuo dolçe volto 2 CT Lu, cc. 89v-90r A

Fugir non posso dal tuo dolze volto 2 CT BU, c. 49r B

Fugir non poso dal tuo dolce volto 2 [C] T P 4379, c. 63r C

I’ ardo in un fuogo e bruso d’ogni hora 2 CT Str, c. 91v

[I]n e[…] carnal […] 2 [C] T Lu, cc. [60v]-61r

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CATALOGO DELLE OPERE DI ZACARA

NOTE ATTRIBUZIONE EDIZIONI

GOZZI, supra, rileva forti so- PIRROTTA – LI GOTTI 1951, PIRROTTA – LI GOTTI 1950, p.
miglianze ritmico-melodiche GOZZI, supra, D’AGOSTINO, su- 137 (testo)
con Rosetta che non canbi may pra. PMFC 11, n. 9
colore. WILLIAMS 1983, II, p. 128
LUCCA, p. 186 (facs.)
GOZZI, supra, pp. 150 (testo)
D’AGOSTINO, supra, p. 270 (te-
sto)
Il testo contiene riferimenti TORINO, BENT 1998 TORINO, p. 49
all’antipapa Alessandro V. ZI- TORINO, p. 121 (facs.)
MEI, supra, lo data al 1410 rile-
vando analogie tematiche e
formulari con il sonetto Dime,
Fortuna, tu che regi el mondo di
Matteo Correggiaio.
Nella rubrica, «Magister ça- LUCCA, GOZZI, supra LUCCA, p. 141 (facs.)
charias» eraso e sostituito con
«Ser Niccholay Prepositi».

Le 2 voci in dialogo
Il medesimo testo più tardi GOZZI, supra PIRROTTA – LI GOTTI 1950, p.
musicato anche da Philippe 139 (testo) A
Caron (F-Pn, ms. fr. 15123). Finora attribuita a Ciconia. BOLOGNA, p. 97 (facs.) B
PMFC 11, n. 39A
WILLIAMS 1983, II, p. 136 A
LUCCA, p. 190 (facs.) A

Nella rubrica, «Anthonius NÁDAS 1986, STROHM 1992 STRASBOURG (facs.)


Clericus apostolicus»
L’attribuzione a Zacara prob. LUCCA LUCCA, p. 20 (testo)
persa per la rifilatura del mar- LUCCA, p. 149 (facs.)
gine superiore della carta

415
FRANCESCO ZIMEI

INCIPIT VOCI ORGANICO TESTIMONI

Non credo, donna, che la dolçe fiamma 2 CT Lu, cc. 88v-89r A

[ ] la dolze fiamma 3 C T Ct TU, c. 12v B

O bella rosa, o perla angelichata 2 CT BU, c. 50r

Spesso, Fortuna, cridote 2 CT Lu, cc. 65v-66r

Spinato intorno al cor come spinoso 2 CT Lu, cc. 96v-97r

b. ballades

INCIPIT VOCI ORGANICO TESTIMONI

J’aym la plus belle dame, la plus souveraine 3 C T Ct TU, c. 3r

416
CATALOGO DELLE OPERE DI ZACARA

NOTE ATTRIBUZIONE EDIZIONI

GOZZI, supra. PIRROTTA – LI GOTTI 1950, p.


138 (testo) A
Frammento In PMFC 24 opus dubium di Ci- PMFC 11, n. 50 A
conia. PMFC 24, n. 40 A
Cit. in Saporetto, XXVI. LUCCA, p. 188 (facs.) A
TORINO, p. 160 (facs.) B
In Chig 266, c. 284r, ‘cantasi
come’ per la lauda Non creder,
alma, che·lla dolce fiamma.

Cit. forse in un repertorio di


brani musicali a c. 34r del ms.
Ottob. Lat. 251 (cfr. CARBONI
– ZIINO 1996).
GOZZI, supra, rileva analogie GOZZI, supra BOLOGNA, p. 100 (facs.)
con l’incipit nel Gloria ‘Spiri- PMFC 11, n. 55
tus et alme’ attrib. a «N. Zaca- Finora attribuita a Ciconia. LUISI, Laudario Giustinianeo, II,
rie» (Q15, cc. 145v-147r). Testo pubblicato come opera p. 259
di Leonardo Giustinian nel
Fiore dele elegantissime cancionet-
te…, [Venetiis,] Bertholameus
de Vercellis, 1474, p. 8.
Nel ms. collocata sotto Ad PIRROTTA 1971, LUCCA PIRROTTA – LI GOTTI 1950, p.
ogne vento volta come foglia 128 (testo)
PMFC 11, n. 73
WILLIAMS 1983, II, p. 74
LUCCA, p. 158 (facs.)

Nel testo sono citate le ballate VON FISCHER 1956, PMFC 11, PIRROTTA – LI GOTTI 1950, p.
Un fiore gentil m’apparse e Ro- GOZZI, supra, e D’AGOSTINO, 144 (testo)
setta che non canbi may colore supra. PMFC 11, n. 74
WILLIAMS 1983, II, p. 156
Secondo LUCCA e ZIINO, su- LUCCA, p. 200 (facs.)
pra, potrebbe anche trattarsi di GOZZI, supra, pp. 140
un omaggio a Zacara da parte D’AGOSTINO, supra, pp. 270
di un più giovane composito-
re.

NOTE ATTRIBUZIONE EDIZIONI

Alternanza 1 / 4 GOZZI, supra TORINO, p. 122 (testo)


TORINO, p. 141 (facs.)

417
FRANCESCO ZIMEI

c. mottetti

INCIPIT VOCI ORGANICO TESTIMONI

Le temps verrà tan toust aprés 2 CT TU, cc. 24v-25r

d. rondeaux

INCIPIT VOCI ORGANICO TESTIMONI

Ay las, quant je pans la biauté de m’amour 3 C T Ct Lu, cc. 87v-88r

I’ sentî matutino sonar dopo le squille 2 CT Lu, cc. 89v-90r

Si fort nafrés sui, dame gratieuse 3 C T Ct TU, c. 3r

Se je ne suy si gay come soloie 3 C T Ct TU, c. 2v

Opere teoriche

EXPLICIT TESTIMONE

Ars contrapuncti secundum magistrum Zachariam I-Fl, ms. Plut. XXIX, 48, cc. 89v-90v

418
CATALOGO DELLE OPERE DI ZACARA

NOTE ATTRIBUZIONE EDIZIONI

MARCHI – DI MASCIA 2001 ri- MARCHI – DI MASCIA 2001 TORINO, p. 124 (testo)
levano analogie con Nuda non TORINO, p. 184 (facs.)
era, preso altro vestito e datano il MARCHI – DI MASCIA 2001, p. 26
brano al 1413.

NOTE ATTRIBUZIONE EDIZIONI

GOZZI, supra, rileva nel testo GOZZI, supra PIRROTTA – LI GOTTI 1950, p.
riferimenti ad aspetti nota- 137 (testo)
zionali («souvent cangie co- CMM 53/3, n. 238
lour»: cfr. il «non canbi may PMFC 22, n. 24
colore» di Rosetta). LUCCA, p. 186 (facs.)
GOZZI, supra, p. 153 (testo)
«D’Andrea Stephani» nel mar- GOZZI, supra PIRROTTA – LI GOTTI 1950, p.
gine sin. di c. 89v. 139 (testo)
CMM 8/5, n. 43
LUCCA, p. 190 (facs.)
GOZZI, supra, rileva nel testo la GOZZI, supra TORINO, p. 121 (testo)
presenza di analogie con Je suy TORINO, p. 141 (facs.)
navvrés tan fort, o dous amy.
Alternanza 1 / 4 GOZZI, supra TORINO, p. 121 (testo)
TORINO, p. 140 (facs.)

NOTE EDIZIONI

Breve scritto di carattere scolastico dedicato al- ZIINO 1979, p. 347


le sette specie di consonanze e alla loro confor-
mazione sui gradi dell’esacordo.

DI BACCO, De Muris e gli altri, esclude la pater-


nità di Zacara.

419
1. Bolla di papa Bonifacio IX all’arcidiacono di Sudbury, nella diocesi di Norwich, datata Roma,
9 novembre 1389. London, Public Record Office, SC 7/41/7, recto.
2. Sottoscrizione autografa («A. de Teramo») dello scriptor papale estensore della bolla riprodotta nella tavola 1. London, Public Record Office,
SC 7/41/7, verso (particolare).
3. Particolare del contratto di appalto datato Roma, 5 gennaio 1390, tra l’Ospedale di Santo Spirito in Saxia e Zacara per la redazione e
miniatura di un antifonario. Roma, Archivio Generale degli Agostiniani, S. Agostino, perg. C. 5, n. 65.
4. Berardo da Teramo, Visione dell’Avvento di Cristo, prima carta dello smembrato Antifonario della
Chiesa di San Benedetto a Gabbiano. Venezia, Fondazione Giorgio Cini, Inv. min. 84, recto.
4a. Visione dell’Avvento di Cristo (particolare). Nel margine superiore si può leggere un’annotazio-
ne autografa del miniatore: «Dompnus Berardus de Teramo fecit hoc opus».
5. Particolare dell’inventario dei beni del defunto Antonio Zacara datato Roma, 21 novembre
1416. Roma, Archivio di Stato, Not. Capitolini 1163, cc. 611v-615r.
6. Maestro delle Iniziali di Bruxelles (Italia, ca. 1389-1410), L’elevazione dell’Ostia. Los Angeles,The
J. Paul Getty Museum, ms. 34 (c.d. “Messale di Giovanni XXIII”), c. 130r.
6a. L’elevazione dell’Ostia (particolare). Alla sinistra del papa – che in realtà è Innocenzo VII – la
cappella musicale intona un Sanctus polifonico.
7. Rappresentazione miniata dell’incipit della ballata di Zacara Ferito già d’un amoroso dardo, a c.
175v del codice Squarcialupi.
8. Primo piano di Antonio Zacara da Teramo nell’iniziale miniata a c. 175v del codice Squarcialupi
(particolare).
9. Lastra tombale di Giovanni Battista Miccinelli (1408). Roma, Basilica di Santa Maria in
Trastevere.
10. Codice di Lucca, c. 87v con la parte del cantus e l’inizio del tenor della ballata Aymè per tutto
l’or, attribuita a Zacara.
11. Parte del cantus della ballata di Zacara D’amor languire a c. 56v del codice di Lucca.
12. Frammenti delle parti del cantus e del tenor della ballata di Zacara D’amor languire a cc. 1v-2r del
ms. T. III. 2 della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino.
13. Sinossi delle possibili attribuzioni a Zacara presenti nel codice di Lucca.
14. Guariento di Arpo, Battesimo e ordinazione di sant’Agostino (particolare). Padova, Chiesa degli
Eremitani.

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