29-1-2009
Questo libro contiene 3 novità sostanziali rispetto alla visione canonica del sim-
bolismo dei numeri. E sostanzialmente sono una filosofica, una simbolica ed una
matematica.
Il Capitolo a mio avviso più interessante, almeno da un punto di vista simbolico
è il quarto, relativo al simbolismo dello 0, dell’1 e dell’Infinito. Perchè è il più
interessante perchè in questo capitolo si usa un approccio nuovo per sistemare un
punto che è sempre rimasto abbastanza indeterminato nel simbolismo dei numeri
ed è quello di quei numeri che possiamo chiamare acromatici quali lo zero, l’1 e
l’infinito.
Per capirci meglio, quando si parla di numeri in questo ambito simbolico si fa ri-
ferimento a qualità ben precise. Questo è ciò che caratterizza il simbolismo numerico
cioè lo studio dei numeri sotto forma di qualità invece che di quantità (ad esempio il
6 = la bellezza).
Per cui ogni numero ha come un suo colore, cioè esprime una sua qualità precisa
che lo contraddistingue, una qualità spirituale che l’uomo può acquisire o con la
quale può entrare in contatto e farsi ricettivo. Tutti i numeri dunque costituiscono
delle qualità rivelate, delle qualità precise come fossero diversi raggi colorati che
possono essere visti. Fanno cioè parte di quella filosofia che si chiama catafatica in
cui vengono affermate certe qualità e certi attributi.
Quando invece si parla dell’1 dello zero e dell’∞la faccenda cambia: questi 3
simboli non hanno tradizionalmente un valore perfettamente chiaro ed univoco. Lo
zero, infatti, rappresenta tradizionalmente l’assenza di numero, mentre l’1 è il loro
principio. L’∞ d’altro canto nemmeno adesso rappresenta propriamente un numero,
ma generalmente viene associato ad una quantità indistinta ed indifferenziata.
Quindi è chiaro che quando si parla di questi simboli si entra in un altro regno in
cui non vale più il discorso di prima relativo ad una qualità specifica, cioè relativa al
regno della catafasi. Entriamo invece in un altro regno teologico e filosofico quello
della teologia apofatica in cui l’asceta che sperimenta la divinità non ha modo per
descriverla perchè comincia la sperimentazione dell’essenza divina in un qualche
modo.
E’ come se fosse andato oltre la luce che rappresenta la rivelazione delle qualità
e degli attributi divini e sperimenta quelle che vengono chiamate le tenebre divine.
1
Non è numero, né ordine,
né grandezza, né piccolezza,
né uguaglianza, né disuguaglianza,
né dissomiglianza;
non sta ferma, né si muove, né rimane quieta,
né possiede una forza, né è una forza,
non è luce;
non vive e non è vita;
non è né essenza, né eternità né tempo;
non può essere intelletta;
non è né scienza, né verità, né regno,
né sapienza;
non è né uno né unità,
né divinità né bontà;
non è neppure spirito,
per quanto ne sappiamo;
non è né figliolanza, né paternità
[...]
A proposito di essa non esistono né discorsi,
né nomi, né conoscenza;
non è né tenebra né luce;
né errore né verità ...
E’ chiaro dunque che quando si parla di simboli come l’1 lo 0 e l’∞ si fa riferi-
mento ad elementi tipici di questo genere di Teologia apofatica, tuttavia non è chiaro
quale debba essere l’attribuzione. Lo 0 fa riferimento all’assenza di ogni qualità e di
ogni luce, con l’1 si fa riferimento all’unità di tutte queste qualità che vivono però
ancora inespresse, ma non è chiaro in questo contesto cosa rappresenti l’∞ come si
inserisca etc.
L’idea del libro è stata quella di applicare a questo contesto le dottrine filosofiche
sviluppate da tre teologi contemporanei che pur essendo poco conosciuti si sono rive-
lati fondamentali per sciogliere il discorso in questione. I tre teologi sono Florenskij,
Palamidessi e Benassai.
Tutti e tre questi autori sono fondamentali per farsi un’idea chiara sull’argomen-
to, però fondamentalmente l’idea chiave per risolvere la situazione teologica viene
fuori da Palamidessi. In pratica Palamidessi riprende un’idea che in un qualche modo
si ritrova nel grande mistico Jakob Bohme, personaggio eccezionale, e la specifica.
(Aneddoto su Jakob Bohme che rimane folgorato da questo raggio di luce)
Non è altro che quiete senza essenza.
Non ha niente che possa dare.
E’ eterna pace senza uguali,
abisso senza inizio nè fine.
Non è scopo nè luogo,
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non è cercare nè trovare,
nè niente dove sia possibilità.
E’ simile a un occhio,
suo proprio specchio.
Jakob Bohme1
Quindi questo mistico tedesco distingue due aspetti fondamentali della divinità: uno
che è l’occhio di Dio quello che lui chiama il fondo della Divinità, senza origine
che comprende se stesso in se stesso. E l’altro aspetto invece che è lo specchio in
cui la divinità si vede. Qui arriva l’opera di Palamidessi che precisa questo discorso
introdotto dal Bohme in un modo particolare distinguendo due aspetti della divinità
trascendente:
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non essere. Non è una forza, una energia o vita, ma ne è l’origine perché
è la Radice senza radice, radice di ogni esistenza.»
Alessandro Benassai
Quando Dio vuole portare all’essere la creazione circoscrive una zona del proprio
essere e si ritira da questa lasciando un vuoto di potere. Una zona dove non c’è
Nulla, il nulla da cui viene tratta la creazione. La creazione avviene dal nulla cioè
da questo nulla qui. Nel creare questa Potenza Cosciente che non ha nome si rivela
come Principio ed origine di tutta la Creazione istituendo dentro di sè un centro di
Volontà che sarà l’origine di tutta la Creazione.
Traducendo questo contesto teologico e filosofico in linguaggio numerico pos-
siamo dire che esistono 4 realtà fondamentali.
• l’Essere, il primo vestimento della Potenza Cosciente che crea ovvero l’1
Quindi questo è il punto chiave di questi 4 numeri intesi nel loro aspetto teologico
cosmogonico. Poi è chiaro che ciascuno di questi numeri ha vari significati a seconda
del contesto a cui si applica. Ad esempio l’infinito ha generato tanti problemi perchè
in matematica può essere riferito a tre realtà concettuali diverse ed irriducibili che
però spesso vengono confuse. L’infinito infatto può essere:
4
• Le 7 Luci ovvero l’Intera gamma cromatica spirituale ovvero L’Emanazione
con poi i sette spiriti di Luce etc...