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1. INTRODUZIONE
Nei casi reali non è sempre possibile effettuare queste indagini dirette, in quanto, quan-
2-2 Ÿ Parte I Ÿ Caratteristiche e trattamento delle acque reflue civili
Il refluo di origine civile, nonostante i diversi usi ed abitudini delle varie popolazioni,
presenta una composizione abbastanza costante; la contenuta variabilità di caratterizzazione
del liquame domestico fa sì che i dati di progettazione siano facilmente estrapolabili da una
situazione all'altra.
Sulla base delle sostanze inquinanti presenti nei liquami sia domestici che industriali,
questi possono essere suddivisi e classificati in base alle loro caratteristiche fisiche, chimiche
e biologiche, come descritto nei paragrafi seguenti.
La più importante caratteristica fisica del refluo è il suo contenuto di solidi totali, ovve-
ro materiale in sospensione, materiale sedimentabile, materiale colloidale e materiale in solu-
zione. Altre caratteristiche fisiche importanti sono odore, temperatura, densità, colore e tor-
bidità.
Analiticamente il contenuto di solidi totali del refluo è definito come tutto il materiale
che rimane come residuo dopo evaporazione ad una temperatura compresa tra 103° e
105°C. Il materiale che ha una tensione di vapore elevata viene perso durante l’evaporazione
e non è definito come un solido.
I solidi sedimentabili sono quelli che sedimentano sul fondo di un contenitore a
forma di cono (cono Imhoff, della capacità di 1 litro ed altezza di 40 cm) in un periodo di 2
ore. I solidi sedimentabili, espressi su base volumetrica come ml/l, sono una misura appros-
simata della quantità di fango che verrà rimossa dalla sedimentazione primaria.
Cap. 2 Ÿ Caratteristiche delle acque reflue Ÿ 2-3
SS solidi sospesi
TS solidi totali
VSS solidi sospesi volatili
FSS solidi sospesi fissi
TVS solidi volatili totali
FS solidi filtrabili
VFS solidi filtrabili volatili
FFS solidi filtrabili fissi
TFS solidi fissi totali
I solidi totali possono poi essere classificati come non filtrabili (sospesi) o filtrabili,
facendo passare un volume noto di liquido attraverso un filtro. Il filtro più usato per questa
separazione è quello a fibre di vetro (Whatman GF/C) con un diametro nominale dei pori
di circa 1,2 µm [Metcalf & Eddy, 1991] possono essere usate anche membrane di policarbo-
nato. È necessario notare che i risultati ottenuti con i due tipi di filtri, pur con lo stesso
diametro nominale dei pori, possono essere differenti a causa della loro diversa struttura.
Secondo le norme italiane invece si considerano per definizione solidi sospesi quelli tratte-
nuti da una membrana filtrante di porosità pari a 0,45 µm (Figura 2.2).
La frazione di solidi filtrabili è costituita da solidi colloidali e solidi disciolti. La fra-
zione colloidale è composta da particelle con dimensione approssimativa tra 0,001 e 1 µm,
mentre i solidi disciolti consistono di molecole e di ioni, sia organici che inorganici, real-
mente presenti in soluzione. La frazione colloidale non può essere rimossa per sedimenta-
zione; generalmente per rimuovere queste particelle dalla sospensione è richiesta una ossida-
zione biologica seguita da sedimentazione.
La classificazione dei solidi filtrabili e non filtrabili è riportata in Figura 2.2 con la loro
dimensione approssimativa.
Ciascuna delle categorie di solidi può essere inoltre classificata sulla base della volatilità a
550±50°C. A questa
temperatura la frazione
organica viene ossidata e
allontanata come gas, altri processi coagulazione decantazione
rimozione
mentre la frazione inor-
ganica rimane come ce- definizione
solidi filtrabili solidi sospesi
Solidi
Totali
720 mg/l
Sospesi Filtrabili
220 mg/l 500 mg/l
solidi sospesi. Infatti in un forno a muffola alla temperatura di 550°C la decomposizione dei
sali inorganici è ristretta al carbonato di magnesio (MgCO3), che si decompone in ossido di
magnesio (MgO) e anidride carbonica (CO2) a 350°C; il carbonato di calcio (CaCO3), il mag-
gior componente dei sali inorganici, è stabile invece fino alla temperatura di 825°C.
L’analisi dei solidi volatili è applicata comunemente ai fanghi per misurare la loro stabi-
lità biologica.
Per quanto riguarda i solidi filtrabili, è interessante notare che una notevole quantità di
materiale è raggruppata nell’intervallo tra 0,1 e 1 µm. Recenti studi suggeriscono che il dia-
metro di 0,1 µm rappresenterebbe un limite migliore dei solidi filtrabili. In futuro la cono-
scenza della distribuzione delle dimensioni dei solidi giocherà un ruolo cruciale nel progetto
sia del sistema di conferimento sia del trattamento dei reflui.
2.2. ODORI
2.3. TEMPERATURA
La temperatura del refluo è di solito maggiore di quella del corpo idrico ricettore, a
causa dello scarico di acqua più calda dalle case e dalle industrie. Poiché il calore specifico
dell’acqua è molto maggiore di quello dell’aria, la temperatura del refluo risulta più alta di
quella dell’ambiente durante la maggior parte dell’anno, tranne che nei mesi estivi. In dipen-
denza dalla localizzazione geografica, la temperatura media annuale del refluo varia da circa
10 a 21°C (essendo 16°C un valore rappresentativo).
La temperatura dell’acqua è un parametro molto importante per i suoi effetti sulle re-
azioni chimiche e le loro velocità di reazione, sulla vita acquatica e sulla idoneità di utilizzo.
Ad esempio, l’aumento di temperatura può determinare un cambiamento nelle specie di pe-
sci esistenti nel corpo idrico ricettore. Gli stabilimenti industriali che utilizzano acque di su-
perficie come acque di raffreddamento devono essere particolarmente attenti alla tempera-
tura degli scarichi.
Inoltre la solubilità dell’ossigeno diminuisce con l’aumentare della temperatura
dell’acqua. Quindi l’intensificarsi delle reazioni biochimiche dovute all’innalzamento della
temperatura, combinato con la ridotta quantità di ossigeno solubile nell’acqua, può spesso
determinare una grave carenza di ossigeno durante i mesi estivi. La situazione diventa anco-
ra più problematica quando la portata dello scarico sia significativa rispetto a quella del cor-
po idrico oppure l’incremento di temperatura sia improvviso; temperature superiori alla
normalità possono inoltre produrre la proliferazione di piante o funghi indesiderati.
La temperatura ottimale per l’attività batterica è compresa tra i 25 e i 35°C; la digestione
aerobica e la nitrificazione si interrompono sopra i 50°C. Quando la temperatura scende
sotto i 15°C i batteri produttori di metano cessano la loro attività e così fanno anche i batte-
2-6 Ÿ Parte I Ÿ Caratteristiche e trattamento delle acque reflue civili
ri autotrofi nitrificanti sotto i 5°C. A 2°C perfino i batteri chemioeterotrofi che agiscono sul
carbonio diventano dormienti.
2.4. DENSITÀ
La densità del refluo ρw è definita come la sua massa per unità di volume espressa in
kg/m3. La densità è un’importante caratteristica fisica perché può determinare la formazione
di correnti di densità nelle vasche di sedimentazione e in altre unità di trattamento.
La densità del refluo civile che non contiene quantità significative di scarichi industriali
è essenzialmente la stessa dell’acqua alla stessa temperatura. In alcuni casi viene utilizzata la
densità relativa sw=ρw/ρo, essendo ρo la densità dell’acqua. Sia la densità, che la densità relati-
va sono funzioni della temperatura e variano con la concentrazione di solidi totali nel refluo.
2.5. COLORE
L’età del refluo può essere determinata qualitativamente per mezzo dell’odore e del
colore. Il refluo fresco è di solito di colore marrone-grigio; poi, durante la permanenza nel
sistema di raccolta e lo svilupparsi di condizioni anaerobiche, il colore varia da grigio a grigio
scuro ed infine a nero. Quando il refluo diventa nero viene spesso indicato come settico.
Gli scarichi industriali possono modificare il colore e in molti casi il colore scuro è do-
vuto alla formazione di solfuri metallici, poiché il solfuro prodotto in condizioni anaerobi-
che reagisce con i metalli presenti.
La colorazione è dovuta a sostanze sospese (colorazione apparente) o a sostanze disciolte.
Nel caso dei reflui, essendo elevata la presenza di sostanze sospese, il colore viene espresso
mediante il numero di diluizioni necessario a non renderlo più percettibile su uno spessore
d’acqua prefissato (10 cm secondo la normativa italiana).
2.6. TORBIDITÀ
In un refluo medio circa il 75% dei solidi sospesi ed il 40% dei solidi filtrabili sono co-
stituiti da sostanza organica. La frazione organica dei solidi può avere origine vegetale o
Cap. 2 Ÿ Caratteristiche delle acque reflue Ÿ 2-7
animale, o essere prodotta dalle attività dell’uomo collegate alla sintesi di composti organici.
I composti organici sono normalmente costituiti da elementi quali carbonio, idrogeno,
ossigeno e, in alcuni casi, azoto; possono anche essere presenti altri importanti elementi
come zolfo, fosforo e ferro.
I principali tipi di composti organici presenti nei reflui sono proteine (40÷60%), car-
boidrati (25÷50%), oli e grassi (10%). Un altro composto organico importante è l’urea, co-
stituente principale dell’urina, riscontrabile solo nei reflui molto freschi a causa della sua ra-
pida decomposizione.
Assieme a questi composti, i reflui contengono anche piccole quantità di un gran nu-
mero di molecole organiche di sintesi, dalle più semplici alle più complesse. Esempi tipici
sono i tensioattivi dei detergenti, i principali inquinanti organici, i composti organici
volatili e i pesticidi. Inoltre la varietà dei composti sta crescendo di anno in anno, a causa
della sempre più vasta quantità di molecole organiche sintetizzate.
La presenza di queste sostanze può rendere più complesso il trattamento dei reflui,
poiché molti composti non possono, o possono solo molto lentamente, essere decomposti
biologicamente.
3.1.1. Proteine
Le proteine sono fra i principali costituenti dei tessuti animali, mentre sono meno pre-
senti nei vegetali. Tutti gli alimenti grezzi contengono proteine, in piccola quantità nei frutti
acquosi come i pomodori e nei tessuti grassi della carne, in concentrazione maggiore nei fa-
gioli e nella carne magra.
Le proteine sono molecole a struttura complessa e instabile, essendo soggette a molte
forme di decomposizione; alcune sono solubili in acqua, altre insolubili. I pesi molecolari
sono molto alti, da circa 20.000 a 20 milioni (espressi in u.m.a.).
Tutte le proteine contengono carbonio, comune a tutte le sostanze organiche con
idrogeno e ossigeno. In più contengono un’alta percentuale di azoto, circa il 16%(1) , e in
molti casi zolfo, fosforo, ferro. Le proteine, assieme all’urea, costituiscono la fonte primaria
di azoto nel refluo. Quando sono presenti in grande quantità, la loro decomposizione pro-
duce odori molto sgradevoli.
3.1.2. Carboidrati
I carboidrati, molto diffusi in natura, comprendono zuccheri, amidi, cellulosa e fibre le-
gnose; si trovano nei reflui in tutte queste forme. Alcuni sono solubili in acqua, come gli
zuccheri; altri sono insolubili, come gli amidi.
Gli zuccheri tendono a decomporsi in seguito all'attività enzimatica batterica, produ-
cendo, con la fermentazione, alcol e anidride carbonica. Gli amidi, d’altra parte, sono più
stabili, e possono essere convertiti in zuccheri dall'attività microbica.
Gli oli e i grassi sono il terzo maggior componente degli alimenti. Il loro contenuto nei
reflui si determina attraverso l’estrazione per mezzo del tricloro-trifluoro-etano, nel quale
sono solubili. Altre sostanze estraibili includono oli minerali, come kerosene e oli lubrifican-
(1)
Una formula chimica rappresentativa della proteina può essere indicata come C4H6ON; poiché il peso
atomico dell'N è pari a 14, messo in relazione al peso molecolare della proteina pari a 84, indica proprio
che la quantità di N presente è circa il 16%.
2-8 Ÿ Parte I Ÿ Caratteristiche e trattamento delle acque reflue civili
ti.
I grassi e gli oli sono miscele di esteri della glicerina con acidi grassi. I gliceridi degli
acidi grassi che sono liquidi a temperatura ordinaria sono detti oli, quelli che sono solidi so-
no chiamati grassi, anche se chimicamente sono simili, essendo composti da carbonio,
idrogeno e ossigeno in varie proporzioni. I grassi sono tra i più stabili composti organici e
sono molto lentamente biodegradabili.
Possono derivare dalla normale attività domestica (sono presenti nel burro, grassi ve-
getali, oli, nella carne, nei semi), dal traffico motorizzato (superfici stradali, autorimesse, sta-
zioni di servizio) e da molte attività industriali.
Per la maggior parte galleggiano sul refluo, sebbene una frazione venga trasportata nel
fango dei solidi sedimentabili. In misura perfino maggiore di grassi, oli e saponi, gli oli mine-
rali tendono a ricoprire le superfici dei manufatti, interferiscono con l’azione biologica e
determinano problemi operativi.
3.1.4. Tensioattivi
I tensioattivi sono grandi molecole organiche, poco solubili in acqua, che producono
schiuma negli impianti di trattamento e nei corpi idrici nei quali vengono scaricati. Tendono
ad accumularsi in corrispondenza dell’interfaccia tra le diverse fasi non miscibili, determina-
no modifiche delle proprietà chimico-fisiche della superficie (diminuzione della tensione su-
perficiale, potere schiumogeno e imbibimento) e dimostrano capacità di stabilizzare le emul-
sioni oleose.
Le molecole di tensioattivi sono composte da una catena con caratteristiche idrofobe,
ma solubile in olio, e da un gruppo idrofilo. A seconda della natura di questo gruppo i ten-
sioattivi si dividono in anionici, cationici e non ionici.
I primi rappresentano la grande maggioranza dei prodotti usati nei detergenti; sono co-
stituiti da sali di sodio che ionizzano con formazione di ioni Na+, assumendo carica negativa
sulla parte organica della molecola.
Quelli cationici, costituiti da sali di ammonio quaternario, possiedono uno o più gruppi
funzionali che in acqua si caricano positivamente; poco usati come detergenti, hanno pro-
prietà disinfettanti e germicide (industria tessile).
I tensioattivi non ionici non si ionizzano in soluzione acquosa, ma la loro solubilità è
dovuta alla presenza di gruppi funzionali polari aventi una forte affinità con l'acqua. Sono
utilizzati soprattutto nei processi produttivi (industria tessile, metallurgica, farmaceutica) e
nelle polveri di bucato a basso potere schiumogeno.
Durante l’aerazione del refluo questi composti si dispongono sulla superficie delle bolle
d’aria e creano una schiuma molto persistente, con problemi estetici e rischio di dissemina-
zione di batteri e virus; per formare schiuma stabile sono sufficienti concentrazioni di 0,3
mg/l. Inoltre, anche in assenza di schiuma, viene rallentato il trasferimento dell’ossigeno, per
effetto della concentrazione che si determina sull'interfaccia acqua-aria.
La determinazione analitica dei tensioattivi anionici è compiuta per via colorimetrica
attraverso la reazione con il blu di metilene. Per tale proprietà i detergenti anionici sono
anche talvolta indicati con la sigla MBAS (Methylene Blue Active Substance).
Va tenuto presente che comunque questa procedura non consente di stimare i tensio-
attivi cationici e non-ionici.
Prima del 1965 il tipo di tensioattivo presente nei detergenti di sintesi, chiamato alchil-
benzene-solfonato (ABS), causava particolari problemi a causa della sua resistenza ai metodi
biologici di depurazione. Dopo un intervento legislativo, l’ABS è stato sostituito nei deter-
genti da composti a catena lineare, linear-alchil-solfonato (LAS) che risulta rapidamente bio-
Cap. 2 Ÿ Caratteristiche delle acque reflue Ÿ 2-9
degradabile in condizioni aerobiche (ma più resistente alla degradazione in ambiente anae-
robico). Poiché i tensioattivi vengono principalmente dai detergenti di sintesi (che hanno
sostituito i saponi, poiché hanno il vantaggio di non formare precipitati insolubili in presen-
za di durezza dell’acqua), il problema della schiuma è stato assai ridimensionato.
Nei liquami urbani non trattati la concentrazione di tensioattivi risulta generalmente
dell’ordine di alcuni mg/l.
I composti organici che hanno un punto di ebollizione ≤ 100°C e/o una tensione di
vapore > 1 mm Hg a 25°C sono generalmente indicati come composti organici volatili
(VOCs). Rivestono un grande interesse per vari motivi:
1. una volta che questi composti sono in fase di vapore sono molto più mobili e quindi è
più probabile che vengano rilasciati nell’ambiente;
2. la presenza di alcuni di questi composti in atmosfera può determinare un significativo ri-
schio per la salute pubblica;
3. contribuiscono ad un generale aumento degli idrocarburi reattivi in atmosfera, che può
condurre alla formazione di ossidanti fotochimici.
Il rilascio di questi composti nelle fognature e negli impianti di trattamento è di parti-
colare rilevanza soprattutto per la salute dei lavoratori negli impianti stessi.
Tracce di sostanze organiche come pesticidi, erbicidi e altri prodotti chimici utilizzati in
agricoltura sono tossiche per la maggior parte delle forme viventi e quindi possono essere
importanti inquinanti delle acque di superficie. Questi composti non sono costituenti co-
muni dei reflui civili, ma derivano dal runoff superficiale di terreni agricoli e di parchi.
La presenza di questi prodotti chimici può determinare la morte dei pesci, la contami-
nazione della carne della fauna ittica e il progressivo deterioramento del corpo idrico. Molte
di queste sostanze sono classificate come inquinanti principali.
2-10 Ÿ Parte I Ÿ Caratteristiche e trattamento delle acque reflue civili
A causa della variabilità dei componenti presenti in un refluo, non risulta in generale
possibile ottenere un'analisi chimica completa, salvo che per taluni casi di scarichi industriali
ben caratterizzati in funzione delle lavorazioni che li hanno prodotti. Si utilizzano invece
metodi di valutazione globale che prescindono dalla determinazione analitica dei diversi co-
stituenti.
Negli anni, differenti test sono stati proposti per determinare il contenuto organico
nelle acque reflue. In generale i test possono essere divisi tra quelli che misurano concentra-
zioni di sostanza organica superiori a 1 mg/l e quelli che ne analizzano le tracce tra 10-12 e 10-
3
mg/l. I metodi del primo tipo comunemente usati in laboratorio sono: domanda biochi-
mica di ossigeno (BOD, Biochemical Oxygen Demand), domanda chimica di ossigeno
(COD, Chemical Oxygen Demand), carbonio organico totale (TOC, Total Organic Carbon).
Complementare a questi test di laboratorio è la domanda teorica di ossigeno (ThOD, Theo-
retical Oxygen Demand), determinata attraverso le formule chimiche della sostanza organica.
Metodi usati nel passato per la quantificazione della sostanza organica includevano la
determinazione dell'azoto totale, azoto albuminoide, azoto organico e ammoniacale e ossi-
geno consumato. Queste determinazioni, con l’eccezione dell’azoto albuminoide e
dell’ossigeno consumato, sono ancora incluse nelle analisi complete del refluo, ma il loro si-
gnificato è cambiato: mentre prima venivano usate quasi esclusivamente per determinare la
sostanza organica, ora sono usate per indicare la disponibilità di azoto per sostenere l’attività
biologica nei processi di trattamento o per il controllo dei processi di eutrofizzazione nel
corpo idrico ricettore.
La presenza di sostanza organica nel range tra 10-12 e 10-3 mg/l viene determinata usan-
do metodi strumentali come la gascromatografia e la spettrometria di massa. Negli ultimi
anni la sensibilità dei metodi è migliorata ed ora la determinazione di concentrazioni fino a
10-9 mg/l è compresa tra le analisi di routine.
Il parametro più usato come indicatore di inquinamento organico sia nei reflui sia nelle
acque di superficie è il BOD della durata di 5 giorni (BOD5).
Questa determinazione coinvolge la misura dell’ossigeno disciolto usato dai microrgani-
smi nell’ossidazione biochimica della sostanza organica. Dire cioè che un determinato li-
quame presenta, ad esempio, un BOD di 500 mg/l significa che per ottenere la stabilizzazio-
ne per via aerobica delle sostanze organiche biodegradabili contenute in 1 litro di tale liqua-
me, è necessario che vengano messi a disposizione della popolazione batterica 500 mg di os-
sigeno. Essendo i fenomeni biologici fortemente influenzati dalla temperatura, le relative
determinazioni sono convenzionalmente condotte a 20°C.
Malgrado la sua ampia diffusione, questo test ha alcuni limiti, discussi nei paragrafi suc-
cessivi. Nonostante si stia cercando di sostituirlo, viene ancora usato per molti scopi:
1. determinare la quantità approssimata di ossigeno che sarà richiesta per stabilizzare biolo-
gicamente la materia organica presente;
2. effettuare un pre-dimensionamento delle alternative di trattamento;
3. valutare l’efficienza di alcuni processi di trattamento;
4. determinare la compatibilità con i limiti previsti per lo scarico.
dove Lt è la porzione di BOD residuo al tempo t e k (con dimensioni t-1) è la costante di re-
azione. Questa reazione può essere integrata:
t
lnL t 0
= −k t
e quindi
(2)
Questa può essere talvolta un'approssimazione grossolana ed una più corretta rappresentazione del
processo può ottenersi attraverso la cinetica di Monod.
2-12 Ÿ Parte I Ÿ Caratteristiche e trattamento delle acque reflue civili
Lt
L = exp(−k t ) = 10−Kt
L-y
BOD rimosso tra 0 e t
L
dove L è il BOD presente all’inizio
per t=0.
La relazione tra k (in base e)
y e K (in base 10) è K=k/2,303.
Quindi il valore Lt di BOD al tem-
Lt po t e la quantità rimossa yt sono
BOD rimanente al tempo t
dati da
0
tempo L t = L exp( −k t )
Per acque inquinate e liquami, un valore tipico di k (in base e, a 20°C) è 0,23 giorni-1 (K
in base 10 è pari a 0,10 giorni-1), anche se è soggetto a forti variazioni a seconda del tipo di
scarico, passando da 0,05 a 0,3 giorni-1 (in base e).
Come menzionato, la temperatura alla quale viene usualmente misurato il BOD è pari a
20°C; è però possibile deter-
minare il valore della costante BOD [mg/l]
k di reazione ad una tempera- 300
k T = k 20 θ ( T − 20 ) 150
stato osservato come non sia Figura 2.5. Effetto della costante k sul BOD (per un dato valore di
adatto alle basse temperature L).
(sotto i 20°C).
Tra le sostanze non carboniose, l’ammoniaca viene prodotta durante l’idrolisi delle
proteine. Due gruppi di batteri autotrofi sono in grado di ossidare l’ammoniaca a nitrito e
successivamente a nitrato. Le reazioni informa sintetica sono:
(a) NH3 + 1,5 O 2 batteri
→ HNO 2 + H2 O
produttori di nitriti
L’interferenza causata dalla presenza di batteri nitrificanti può essere eliminata effet-
tuando un pretrattamento del campione o dosando opportuni agenti inibitori.
Le procedure per il pretrattamento includono la pastorizzazione, la clorazione e il trat-
tamento con acidi (acid treatment).
Gli agenti inibitori sono normalmente di natura chimica e comprendono composti
come blu di metilene, tiourea e alliltiourea, 2-clor-6 (triclorometile) piridina.
I risultati di un test del BOD realizzato con la soppressione della nitrificazione dovreb-
bero essere riportati come CBOD; questo test sta progressivamente sostituendo il BOD per
quanto riguarda la verifica dei limiti allo scarico, specialmente per i casi in cui è probabile
avvenga la nitrificazione.
dy
= k (L − y n )
dt t =n
In questa equazione sono incognite sia k sia L. Se si assume che dy/dt rappresenti il
valore della derivata della curva che si vuole adattare a tutti i punti per dei valori dati di k e di
L, i due membri dell’equazione differiranno di un termine R a causa degli errori sperimentali.
dy dy
R = k (L − y)− = kL − ky −
dt dt
Sostituendo kL con a e k con -b (e indicando dy/dt con y’) si ottiene
R = a + by − y l
Per trovare il minimo della somma dei quadrati degli scarti si deve scrivere il sistema
∂ ∂R ∂ ∂R
∂a ∑ R = ∑ 2R ∂a = 0
2
∂b ∑ R = ∑ 2R ∂b = 0
2
y n+1 − y n−1
dove n è il numero di dati, a=-bL, b=-k (base e), L=-a/b, y=yt [mg/l], y l = .
2∆t
Nel metodo di Fujimoto si disegna un grafico dei punti di BODt+1 in funzione dei va-
lori di BODt . Il valore individuato dall'intersezione con la bisettrice del 1° quadrante corri-
sponde al valore totale L del BOD, dal quale si ricava la costante k.
La determinazione del valore del BOD e della corrispondente costante k può essere
realizzata in modo alternativo in laboratorio utilizzando una cella elettrolitica di volume pari
ad 1 litro o un respirometro da laboratorio. All’interno della cella la pressione dell’ossigeno
nella porzione d'aria sovrastante il campione è mantenuta costante attraverso la continua
fornitura di ossigeno progressivamente utilizzato dai microrganismi. L’ossigeno necessario è
prodotto nell'apparecchiatura per mezzo di una reazione di elettrolisi che varia in risposta ai
cambiamenti di pressione.
Il valore di BOD viene determinato valutando l'intervallo temporale di produzione di
ossigeno e correlandolo con la quantità di ossigeno prodotta dalla reazione elettrolitica. I
vantaggi della cella elettrolitica rispetto ad un respirometro convenzionale da laboratorio ri-
siedono nel fatto che si dispone di un grande volume di campione (con riduzione di errori
dovuti al campionamento e alla diluizione per mezzo di pipette) e che il valore del BOD
viene fornito in modo diretto.
5. per ottenere il risultato del test è necessario attendere un periodo di tempo piuttosto lun-
go.
Tra questi, la limitazione forse più importante risiede nel fatto che il periodo di 5 giorni
può non corrispondere al momento in cui tutta la sostanza organica biodegradabile presente
è stata consumata. La mancanza di validità stechiometrica riduce l’utilità dei suoi risultati.
La scarsa significatività del BOD, la sua difficile riproducibilità e la lunghezza delle de-
terminazioni rendono sempre più frequente l'uso di misure chimiche della domanda di ossi-
geno, basate cioè non più su reazioni biologiche, ma sull'ossidazione chimica diretta per
mezzo di un energico ossidante.
Il test del COD viene usato per misurare il contenuto di sostanza organica sia negli sca-
richi sia nelle acque naturali. L’ossigeno equivalente alla sostanza organica che può essere os-
sidata è misurato per mezzo di un forte agente ossidante chimico in un mezzo acido. La
determinazione è oggi standardizzata secondo il metodo al bicromato di potassio (K2Cr2O7):
questo reattivo in ambiente acido, ad elevata temperatura ed in presenza di catalizzatori (sol-
fato d'argento, Ag2SO4) ossida la sostanza organica del campione, con riduzione del bicro-
mato a cromo trivalente, seconda la reazione non bilanciata:
catalizzatore + calore
7 + H → Cr3+ + CO2 + H2O
+
materia organica (CaHbOc) + Cr2 O 2−
Il test del COD viene usato anche per misurare la sostanza organica negli scarichi indu-
striali e civili che contengono composti tossici per la vita biologica.
Il COD di un liquame è, in generale, più alto del BOD poiché per via chimica si riescono
ad ossidare un numero maggiore di composti rispetto alla via biologica; del resto per molti
tipi di reflui, soprattutto se di origine civile, è possibile correlare il COD con il BOD. Questa
possibilità può risultare operativamente molto utile poiché il test del COD ha una durata di 3
ore, a fronte dei 5 giorni necessari per il test del BOD.
Alcuni composti organici resistenti possono comunque non essere ossidati e il TOC misu-
rato può quindi risultare leggermente inferiore a quello realmente presente nel campione.
La possibilità di stabilire relazioni costanti tra le varie misure del contenuto organico
dipende essenzialmente dalla natura del refluo e dalla sua origine.
Nessuno dei metodi porta alla completa ossidazione di tutti i composti organici; per
tale motivo il ThOD, valutato attraverso la stechiometria delle reazioni, non è mai uguagliato.
Il COD, basato su una reazione di ossidazione particolarmente energica, porta in genere a
valori pari all'80-85% del ThOD. Assai più basso il valore del TOC (attorno al 50% del ThOD)
per la resistenza all'ossidazione di numerosi composti organici.
Tra tutte le misure la più difficile da correlare è il BOD5, a causa dei problemi già discus-
si. Comunque, valori tipici del rapporto BOD5/COD per scarichi civili non trattati oscillano
tra 0,4 e 0,6, mentre il rapporto BOD5/TOC è solitamente compreso tra 1,0 e 1,6.
È opportuno notare che questi rapporti dipendono molto dal grado di trattamento su-
bito dallo scarico. In futuro è prevedibile una crescente diffusione di test quali COD e TOC
grazie alla rapidità con cui vengono realizzati.
COD
in ingresso
Sti
COD COD
biodegradabile non biodegradabile
Sbi Sui
Dopo aver stimato la quantità di COD totale in ingresso (Sti) si identificano le entità
delle sottofrazioni (Figura 2.7):
q Sui = porzione non biodegradabile; non è attaccata dall’azione biologica. Essa si
suddivide in due porzioni:
Susi = si ritrova nell’effluente allo scarico (il pedice s significa solubile);
Supi = viene inglobato nel fango, e lascia il sistema attraverso la massa di fango
scaricata giornalmente (il pedice p indica particolato).
L’entità di queste porzioni si valuta attraverso l'introduzione dei parametri fus e fup
che rappresentano rispettivamente la frazione di COD solubile non biodegradabile
e la frazione di COD particellato non biodegradabile, entrambi rispetto al COD to-
tale.
Susi = f us · Sti
Supi = f up · Sti
La componente Supi è generalmente espressa anziché in termini di COD, in termini
di SSV: in tal caso si introduce la grandezza Xii = Supi /fcv , dove fcv indica il rapporto
COD/SSV, assunto pari a 1,48 mg COD/mg SSV.
2.1:
Yh = coefficiente di crescita specifica [mg SSV/mg COD];
f = frazione non biodegradabile della massa attiva;
f cv = rapporto COD/SSV;
bh = velocità specifica di perdita di massa endogena; dipende dalla temperatura secondo
un'espressione del tipo: bhT = bh20 α(T− 20) in cui si è assunto α=1,029.
Poiché l’azoto e il fosforo sono elementi essenziali alla crescita degli organismi, essi so-
no conosciuti come nutrienti o biostimolanti. Anche altri elementi in tracce sono indispensabili,
come ad esempio il ferro, ma azoto e fosforo sono nella maggior parte dei casi i nutrienti
più importanti.
I dati sulla concentrazione dell'azoto sono necessari al fine di valutare la trattabilità di
un refluo con un processo biologico: se l’azoto è insufficiente si rende necessaria l’aggiunta
esterna al fine di rendere possibile il processo di biodegradazione del liquame. Ove sia ne-
cessario controllare la crescita algale e l'eutrofizzazione del corpo idrico ricettore si dovrà
prevedere una rimozione o una riduzione dell’azoto contenuto nel refluo ivi scaricato.
Per valori di pH superiori a 7 l’equilibrio tende a spostarsi verso sinistra, mentre per
valori inferiori è predominante lo ione ammonio. L’ammoniaca viene determinata in labo-
ratorio, innalzando il pH, distillando l’ammoniaca con il vapore prodotto quando il campio-
ne viene portato ad ebollizione, e condensando il vapore che assorbe l’ammoniaca gassosa.
La misura può essere effettuata o per via colorimetrica o per titolazione o con elettrodi a
ione specifico.
I nitriti (azoto nitroso) sono relativamente instabili e facilmente ossidati a nitrati: rara-
mente superano 1 mg N/l nei reflui o 0,1 mg N/l nelle acque di superficie e di falda. Sebbene
presenti in basse concentrazioni, lo studio dell’inquinamento da nitriti è molto importante a
causa della loro estrema tossicità per i pesci e le altre specie acquatiche. La loro determina-
zione analitica si effettua per via colorimetrica.
I nitrati (azoto nitrico) sono la forma di azoto con il più alto numero di ossidazione. I
nitrati sono in genere quasi assenti nei liquami urbani freschi, anche in seguito all'ambiente
Cap. 2 Ÿ Caratteristiche delle acque reflue Ÿ 2-19
anossico che si instaura nelle reti di fognatura; la loro concentrazione aumenta man mano
che procedono i fenomeni di nitrificazione. La rimozione dei nitrati dagli scarichi trattati
prima dello sversamento nei corsi d'acqua, costituisce un obiettivo fondamentale per evitare
fenomeni di eutrofizzazione e per preservare l'uso idropotabile dell'acqua; a questo propo-
sito si accenna al fatto che i nitrati, riducendosi a nitriti nell'apparato digerente e combinan-
dosi con l'emoglobina del sangue vi bloccano il meccanismo di trasporto dell'ossigeno (ciano-
si infantile o metaemoglobinemia). La determinazione della concentrazione di nitrati viene di so-
lito condotta con metodi colorimetrici.
Le varie forme di azoto presenti in natura e le trasformazioni che le correlano sono raf-
figurate in Figura 2.8.
L'azoto molecolare (N2) può essere direttamente utilizzato solo da alcuni tipi di batteri e
di alghe (oltre che dalle leguminose); più spesso è suscettibile di un'utilizzazione indiretta,
dopo essere stato ossidato ad anidride nitrica (N2O5) per effetto delle scariche elettriche
prodotte durante i temporali.
Combinandosi con l'acqua, l'anidride nitrica forma acido nitrico (HNO3) e sotto tale
forma perviene sulla superficie terrestre. Una seconda fonte di nitrati è data da alcuni pro-
cessi industriali (ad esempio produzione di fertilizzanti).
I nitrati sono utilizzati dai vegetali per produrre composti organici azotati (proteine ve-
getali); per tale funzione i vegetali possono anche utilizzare direttamente l'azoto ammonia-
cale. Gli animali non sono in grado di utilizzare direttamente l'azoto; per essi la fonte di
azoto è costituita dalle proteine vegetali. Attraverso questi processi, il metabolismo animale
e vegetale sottrae l'azoto dall'ambiente, restituendolo poi per i fenomeni di morte e decom-
posizione batterica. Questi fenomeni portano alla produzione di ammoniaca (NH3), a partire
dall'azoto organico delle proteine.
2-20 Ÿ Parte I Ÿ Caratteristiche e trattamento delle acque reflue civili
L'azoto ammoniacale può essere direttamente utilizzato dai vegetali o può subire
un'azione ossidativa in ambiente aerobico, da parte dei batteri nitrificanti autotrofi, con
formazione di nitriti e quindi di nitrati. Con questo processo il ciclo si chiude, mettendo a
disposizione dei vegetali l'azoto nitrico per la produzione di nuovo materiale proteico. Poi-
ché l’azoto in forma di nitrato può essere usato da alghe e altre piante per produrre protei-
ne, si evidenzia come sia necessario rimuovere o ridurre la presenza dell’azoto per prevenire
i fenomeni di eutrofizzazione.
In condizioni di anossia, molti batteri eterotrofi sono in grado di utilizzare l'ossigeno
contenuto nelle molecole dei nitrati e dei nitriti. Tali processi determinano la riduzione fi-
nale ad azoto gassoso che, liberandosi nell'atmosfera, viene sottratto all'ambiente acquatico.
L’azoto nei liquami urbani è presente principalmente sotto forma organica nelle pro-
teine e nell’urea; la decomposizione operata dai batteri produce rapidamente ammoniaca, la
cui quantità relativa è un indice dell’età del refluo.
TKN in ingresso
Nti
L’azoto presente nel liquame viene misurato in termini di TKN (azoto in forma ammo-
niacale e azoto organico).
Nell’ambito di questa trattazione si considera da un punto di vista fisico-chimico la
suddivisione del TKN riportata in Figura 2.9.
totale.
La componente Npi viene espressa come frazione dei solidi particolati non biodegrada-
bili in ingresso (Xii):
Npi=fn · Xii
con fn = frazione di azoto nel materiale particellato non biodegradabile dell'influente.
A seguito di quanto finora scritto si ha che la componente biodegradabile è:
fn ⋅ fup ⋅ S ti
Noi = N ti ⋅(1 − fna − fnu )−
f cv
3.4.4. Fosforo
Anche il fosforo costituisce un elemento essenziale per la crescita delle alghe e degli al-
tri organismi biologici. Un apporto eccessivo può condurre ad una proliferazione indeside-
rata della fioritura algale e quindi assume grande rilevanza il controllo nelle acque superficiali
dei composti del fosforo, provenienti dagli scarichi civili, industriali e dallo scorrimento su-
perficiale.
Generalmente i reflui civili possono contenere dai 4 ai 15 mg/l di fosforo come P; a
questo riguardo, l'attuale concentrazione di fosforo nei reflui civili è inferiore a quella che si
riscontrava negli anni passati in seguito alla nuova legislazione che limita la presenza di poli-
fosfati nei detersivi.
Le forme usuali di fosforo rintracciabili nei liquami urbani comprendono ortofosfati,
polifosfati e fosforo organico.
−
Gli ortofosfati ( PO 3−4 , HPO 4 , H 2 PO 4 , H3 PO 4 ) sono disponibili per il metabolismo
2−
Molti componenti inorganici dei reflui e delle acque naturali sono importanti nel con-
trollo della qualità dell’acqua. La loro concentrazione nell’acqua è incrementata sia dal con-
tatto con le formazioni geologiche nelle quali scorre, sia dallo scarico nei corpi idrici dei re-
flui, trattati o non trattati.
I liquami, con l’eccezione di alcuni scarichi industriali, vengono raramente trattati per
rimuovere i costituenti inorganici aggiunti durante il ciclo di utilizzo; tuttavia la presenza di
tali composti può esercitare una notevole influenza sui possibili usi dell’acqua.
Per valutare il livello di sostanze inorganiche presenti si può utilizzare la misura della
conducibilità, definita come la conduttanza di una colonna d'acqua compresa tra due elet-
2-22 Ÿ Parte I Ÿ Caratteristiche e trattamento delle acque reflue civili
trodi metallici da 1 cm2 di superficie e distanziati di 1 cm. Essa permette di valutare rapida-
mente la mineralizzazione globale di una soluzione mediante la sua capacità di trasportare
una corrente elettrica che varia con la concentrazione e con la natura degli ioni in soluzione.
Largamente applicata nel campo delle acque potabili, risulta poco significativa nel caso degli
effluenti anche per la possibile interferenza di composti organici e di colloidi caricati elettri-
camente.
La determinazione dei composti inorganici viene pertanto condotta attraverso la misu-
ra degli anioni e cationi più significativi, che variano a seconda della provenienza dello scari-
co. Si considerano di seguito i principali parametri, maggiormente caratterizzanti i reflui ci-
vili.
3.5.1. pH e pOH
Definendo il pOH in modo analogo per lo ione ossidrile, per l’acqua a 25°C vale la rela-
zione pH + pOH =14.
Il pH di un sistema acquatico può essere misurato con vari tipi di cartine e soluzioni in-
dicatrici, che cambiano colore a valori noti di pH.
Il pH di un liquame urbano si mantiene in genere in campo debolmente alcalino
(7,2÷7,3).
3.5.2. Alcalinità
L’alcalinità nei reflui deriva dalla presenza di idrossidi, carbonati e bicarbonati di ele-
menti come calcio, magnesio, potassio e ammoniaca. Tra questi i più comuni sono i bicar-
bonati di calcio e magnesio. Anche borati, silicati, fosfati e composti simili possono contri-
buire all’alcalinità. I reflui presentano quasi sempre un certo grado di alcalinità, e questo fatto
limita le variazioni di pH causati dall’aggiunta di acidi.
L’alcalinità viene determinata per titolazione con un acido standard (abitualmente
H2SO4) ai punti finali di pH 8,3 e 4,5. La titolazione viene condotta in presenza di indicatori
che hanno la proprietà di mutare colore al variare del pH: la fenolftaleina che vira dal rosso
all'incolore appunto a pH=8,3 ed il metilarancio che vira dal giallo all'arancio a pH=4,5. I ri-
sultati sono espressi in termini di carbonato di calcio CaCO3.
La misura dell’alcalinità è importante per i reflui sottoposti a trattamenti chimici, nella
rimozione biologica dei nutrienti e dove l’ammoniaca viene rimossa per strippaggio.
Cap. 2 Ÿ Caratteristiche delle acque reflue Ÿ 2-23
3.5.3. Cloruri
Lo ione solfato è presente come elemento naturale nella maggior parte delle risorse
idriche ed è pure un componente dei reflui. Esso è uno dei costituenti delle proteine e viene
rilasciato al momento della loro degradazione. Il solfato viene ridotto a solfuro in condizioni
anaerobiche per via biologica, ed il solfuro combinato con l’idrogeno forma acido solfidrico
(H2S):
Sostanza organica + SO 2− batteri
→ S 2− + H2 O + CO 2
solfatoriduttori
4
S 2− + 2 H+ → H2 S
Quest'ultima reazione di equilibrio è regolata dal pH. In campo alcalino, per valori di pH
superiori a 8, quasi tutto lo zolfo si trova sotto forma di ioni HS- e S2- ; conseguentemente la
presenza di H2S è molto piccola, la sua pressione parziale è molto bassa, e quindi non inter-
vengono problemi di cattivi odori connessi al rilascio nell'atmosfera. Per pH inferiori ad 8,
l'equilibrio si sposta decisamente a destra; già a pH=7 l'80% dello zolfo è presente in forma
non ionizzata.
L’acido solfidrico, rilasciato nelle fognature dai reflui che vi scorrono, tende ad accu-
mularsi nella parte superiore delle condotte, dove può essere ossidato biologicamente in aria
ad acido solforico
H 2 S + 2 O 2
→ H2 SO 4
batteri
Problemi analoghi possono verificarsi nella digestione anaerobica dei fanghi: i solfati
vengono ridotti a solfuri e possono bloccare l’attività biologica se la concentrazione di solfu-
ro supera i 200 mg/l; fortunatamente queste concentrazioni si verificano raramente. Il gas
H2S prodotto durante la digestione, insieme ad altri gas quali CH4 e CO2 , risulta corrosivo
per le tubazioni di trasporto del gas e, se bruciato in un motore, i prodotti della combustio-
ne possono danneggiare il motore stesso e corrodere lo scambiatore di calore dei gas esau-
sti, specialmente se viene consentito il raffreddamento sotto il punto di rugiada.
Presenti in forma di anioni o cationi rivestono una notevole importanza nel tratta-
mento dei reflui a causa della loro tossicità. Molti di questi composti sono classificati come
inquinanti principali. Tra i cationi, il rame, il piombo, l'argento, il cromo, l'arsenico ed il bo-
ro sono tossici in vari gradi per i microrganismi e devono quindi essere presi in considera-
zione nel progetto del trattamento biologico. Per esempio, nel digestore dei fanghi il rame è
tossico a concentrazioni di 100 mg/l, cromo e nichel a 500 mg/l, il potassio e lo ione ammo-
nio a 4000 mg/l. L’alcalinità presente nel digestore fa invece precipitare gli ioni calcio prima
che raggiungano la soglia di tossicità.
Negli scarichi industriali sono pure presenti anioni tossici, tra i quali cianuro e cromati;
essi dovrebbero essere rimossi con un pretrattamento prima di essere mescolati con i reflui
civili. I fluoruri, altri anioni tossici, sono di solito presenti negli scarichi di industrie di com-
ponenti elettronici.
Anche certi composti organici presenti in alcuni scarichi industriali possono risultare
tossici.
In molte acque sono rintracciabili tracce di metalli, come nickel (Ni), manganese (Mn),
piombo (Pb), cromo (Cr), cadmio (Cd), zinco (Zn), rame (Cu), ferro (Fe) e mercurio (Hg).
Molti di questi metalli sono stati già ricordati nel paragrafo precedente e classificati come in-
quinanti, mentre altri sono necessari per la crescita biologica e la loro scarsità può agire co-
me fattore limitante. La presenza in eccesso di alcuni, d’altra parte, interferisce con l’utilizzo
dell’acqua a causa della loro tossicità.
Se presenti in forma di ioni metallici, essi mostrano la proprietà di precipitare sotto
forma di idrossidi o di carbonati in campi di pH ben definiti e specifici per ciascuno di essi.
In un liquame urbano con pH neutro o debolmente alcalino, la precipitazione è solo parzia-
le.
I metodi per determinare la concentrazione dei metalli in un refluo variano in comples-
sità a seconda delle sostanze presenti che possono agire come interferenti. Concentrazioni
anche molto basse di molti di questi metalli possono essere misurate con metodi come la
polarografia e la spettroscopia ad assorbimento atomico.
Cap. 2 Ÿ Caratteristiche delle acque reflue Ÿ 2-25
Fra i parametri che caratterizzano la qualità delle acque rivestono particolare importan-
za quelli che uniscono ad un marcato effetto tossico la possibilità di accumularsi negli orga-
nismi e di trasferirsi da un livello trofico al successivo. Per tale comportamento essi sono
assoggettati a limitazioni rigorose; la legislazione nazionale considera come particolarmente
pericolosi per la loro tossicità, persistenza e bioaccumulabilità elementi quali arsenico, cad-
mio cromo in forma esavalente, mercurio, nichel, piombo, rame, selenio, zinco, nonché i
seguenti composti organici: fenoli, solventi organici aromatici, solventi organici azotati, oli
minerali, solventi clorurati, pesticidi clorurati, pesticidi fosforati.
3.6. GAS
I gas comunemente presenti nei reflui sono azoto (N2), ossigeno (O2), anidride carboni-
ca (CO2), acido solfidrico (H2S), ammoniaca (NH3) e metano (CH4). I primi tre sono gas co-
muni dell’atmosfera e si possono trovare in tutte le acque a contatto con l’aria. Gli altri tre
derivano dalla decomposizione della materia organica.
Sebbene non rintracciabili in reflui non trattati, altri gas rilevabili sono il cloro (Cl2) e
l’ozono (O3), provenienti da processi di disinfezione o da stadi di deodorizzazione, e gli os-
sidi di zolfo e azoto derivanti dai processi di combustione.
L’acido solfidrico deriva dalla decomposizione anaerobica della materia organica con-
tenente zolfo o dalla riduzione di solfiti e solfati minerali; non si forma quando è disponibile
un’abbondante quantità di ossigeno. Questo gas è incolore, infiammabile, dal caratteristico
odore di uova marce. L’annerimento dei liquami e dei fanghi è dovuto normalmente alla
formazione di solfuro di ferro (FeS), sebbene possano formarsi anche altri solfuri di vari
metalli. Nonostante l’acido solfidrico sia il gas più importante dal punto di vista degli odori,
possono formarsi durante la decomposizione anaerobica anche altri composti volatili, come
scatolo, mercaptani, che possono peggiorare sensibilmente le condizioni olfattive.
3.6.3. Metano
metano, gas incolore, inodore, idrocarburo combustibile con elevato potere calorifico.
Normalmente nei reflui non trattati è riscontrabile in quantità modeste poiché la presenza
anche minima di ossigeno impedisce l'attività degli organismi responsabili della sua produ-
zione. Occasionalmente può essere osservata una certa produzione di metano in depositi
accumulati sul fondo.
Dal momento che il metano è altamente combustibile e il rischio di esplosione è ele-
vato, i pozzetti e le camere di giunzione delle fognature, dove esiste la possibilità di accu-
mulo di questo gas, dovrebbero essere ventilati prima e durante gli interventi operativi.
Negli impianti di depurazione, il metano è prodotto dalla digestione anaerobica utiliz-
zata per stabilizzare i fanghi. Ove ci sia produzione di gas infiammabili è necessario prestare
attenzione ai rischi di esplosione e prevedere misure di sicurezza sul lavoro.
I principali tipi di microrganismi rintracciabili nelle acque superficiali e nei reflui sono
classificati come eucarioti, eubatteri (eubacteria), archeobatteri (archaebacteria).
La maggior parte dei batteri rientra nel gruppo degli eubatteri; la categoria dei protisti,
contenuta nella classificazione degli eucarioti, comprende alghe, funghi e protozoi. Le pian-
te, includendo piante da seme, felci e muschi, sono classificate come organismi eucarioti
pluricellulari.
4.1.1. Batteri
I batteri sono per lo più eubatteri procarioti unicellulari dell'ordine di grandezza dei micron,
peso 10-6 µg, in numero di 1010 per ml di colonia. In linea generale possono essere raggrup-
pati in quattro grandi categorie: sferici, cilindrici, ad elica e filamentosi.
I batteri sferici, noti come cocchi, hanno diametro variabile tra 1 e 3 µm; i batteri a
forma cilindrica, conosciuti come bacilli, sono di dimensione piuttosto variabile (tra 0,3 e
1,5 µm di larghezza e tra 1 e 10 µm di lunghezza). L’Escherichia coli, un organismo comune
nelle feci umane, tipicamente misura 0,5 µm di larghezza e 2 µm di lunghezza. I batteri a
forma cilindrica ricurva, noti come vibrioni, variano in larghezza (o diametro) da 0,6 a 1
µm e da 2 a 6 µm in lunghezza. I batteri ad elica, noti come spirilli, possono raggiungere
lunghezze di 50 µm. I batteri filamentosi, conosciuti con vari nomi, possono superare i 100
µm.
I batteri possiedono un ruolo fondamentale nella decomposizione e nella stabilizzazio-
Cap. 2 Ÿ Caratteristiche delle acque reflue Ÿ 2-27
ne della materia organica, sia in natura sia negli impianti di depurazione, e quindi è opportu-
no conoscere le loro caratteristiche, funzioni, metabolismo e sintesi. I coliformi vengono
utilizzati anche come indicatori di inquinamento di origine umana.
4.1.2. Funghi
4.1.3. Alghe
4.1.4. Protozoi
Le piante e gli animali variano in dimensione dai microscopici rotiferi e vermi ai macro-
scopici crostacei. Una conoscenza di questi organismi è utile nella valutazione della qualità
delle acque, nella determinazione della tossicità degli scarichi e nell’osservazione degli effetti
della vita biologica sul processo di depurazione naturale delle acque.
4.1.6. Virus
I virus sono parassiti endocellulari obbligati, costituiti da una striscia di materiale gene-
tico, acido desossiribonucleico (DNA) o acido ribonucleico (RNA) con un rivestimento pro-
teico. Non sono in grado di sintetizzare nuovi composti, ma invadono la cellula vivente
ospite, dove il materiale genetico virale modifica l’attività cellulare per la produzione di nuovi
organismi virali a spese della cellula ospite. Quando questa muore, viene rilasciato un gran
numero di virus che infettano altre cellule.
I virus eliminati dagli esseri umani possono essere una fonte di rischio per la salute
pubblica. Per esempio, da ogni grammo di feci di un paziente affetto da epatite vengono ri-
lasciate da 10.000 a 100.000 dosi infettive del virus. Alcuni virus riescono a vivere più di 40
giorni nei reflui a 20°C e 6 giorni in un fiume normale. Molti casi di diffusione dell’epatite
sono riconducibili alla trasmissione attraverso il ciclo dell’acqua.
Gli organismi patogeni nei reflui possono provenire da esseri umani infettati dalla ma-
lattia o portatori sani. Le principali categorie di organismi patogeni sono batteri, virus, pro-
tozoi. I batteri patogeni usualmente espulsi dall’uomo possono determinare disturbi del
tratto gastrointestinale come febbre tifoide e paratifoide, dissenteria, diarrea e colera.
Poiché gli organismi patogeni presenti negli scarichi e nelle acque inquinate sono in
numero ridotto e poiché sono difficili da isolare ed identificare, vengono usati come organi-
smi indicatori i coliformi, che sono molto più numerosi, diffusi e semplici da misurare.
Ogni persona scarica dai 100 ai 400 miliardi di coliformi al giorno, in aggiunta agli altri tipi di
batteri. Quindi la presenza di coliformi viene presa come indicatore della presenza di organi-
smi patogeni, mentre l’assenza di coliformi viene assunta come indice che l'acqua è esente
da organismi portatori di possibili malattie.
I batteri coliformi comprendono i generi Escherichia a Aerobacter. L’utilizzo dei coliformi
Cap. 2 Ÿ Caratteristiche delle acque reflue Ÿ 2-29
come indicatore è reso più complesso dal fatto che l’Aerobacter e certi tipi di Escherichia pos-
sono crescere nel terreno; così la presenza di coliformi non significa necessariamente con-
taminazione da scarichi umani. L’Escherichia coli è esclusivamente di origine fecale, ma la sua
determinazione analitica è piuttosto laboriosa; per questo motivo viene utilizzato come indi-
catore di inquinamento fecale l’intero gruppo dei coliformi.
Recentemente sono state sviluppate delle tecniche che distinguono tra coliformi totali,
coliformi fecali e streptococchi fecali. L’uso di tali metodiche, basate sul rapporto tra co-
liformi fecali e streptococchi fecali viene discusso in seguito.
Il test standard per il gruppo dei coliformi può essere condotto utilizzando o la tecnica
della fermentazione in tubi multipli o quella del filtro a membrana. Il primo tipo di procedu-
ra prevede tre fasi, indicate come test presuntivo, di conferma e completo. Una procedura
analoga è disponibile per il gruppo dei coliformi fecali e per gli altri gruppi di batteri.
Il test presuntivo è basato sulla capacità dei coliformi di utilizzare un supporto nutritivo
specifico producendo gas; il test di conferma consiste nel far crescere colonie di batteri coli-
formi su un mezzo che sopprime la crescita degli altri organismi. Il test completo è basato
sulla capacità delle colture del test di conferma di degradare nuovamente il terreno di coltu-
ra. Per molte analisi di routine è sufficiente il solo test presuntivo.
La tecnica della fermentazione in tubi multipli è basata sul principio della diluizione fi-
no ad estinzione. Viene condotto diluendo più volte il campione, e per ogni passo si predi-
spongono cinque provette, contenenti un opportuno terreno di coltura; dopo aver atteso
un tempo adeguato si registra il numero delle provette che sono risultate positive, ovvero
che hanno prodotto un accumulo di gas.
La stima della concentrazione di coliformi viene spesso riportata come il numero me-
dio più probabile per 100 ml (MPN/100 ml, Most Probable Number); pertanto questo metodo
non garantisce una precisione assoluta, ma fornisce una stima statistica.
La tecnica del filtro a membrana implica una filtrazione di un volume noto di campione
d’acqua attraverso una membrana filtrante con una porosità molto ridotta, che non con-
senta il passaggio dei batteri. Questi vengono incubati ad adatta temperatura su un terreno
ricco di nutrienti e quindi vengono contate le colonie batteriche sviluppate. Questa tecnica
ha il vantaggio di essere più rapida della procedura MPN e di fornire una stima diretta del
numero di coliformi.
Le quantità relative di coliformi fecali (FC) e di streptococchi fecali (FS) rilasciati da-
gli esseri umani sono molto differenti da quelle degli animali. Si deduce quindi, come il rap-
porto tra FC e FS possa essere d’aiuto nel determinare se una contaminazione sospetta de-
rivi da scarichi umani o animali: infatti il rapporto FC/FS per gli esseri umani supera 4,
mentre per gli animali domestici è inferiore a 1: esso può variare da 0,04 per i suini a 0,2 per
i bovini. Benché tali rapporti possano venire alterati dalle diverse velocità di scomparsa nel-
l'ambiente, valori inferiori ad 1 stanno ad indicare un inquinamento animale e valori superio-
ri a 4 un inquinamento umano. L’analisi deve essere compiuta seguendo le opportune indi-
cazioni e si rivela utile soprattutto nelle aree rurali dove si utilizzano fosse settiche. In molti
casi di contaminazione da coliformi è possibile infatti stabilire se un ampliamento della rete
fognaria convenzionale potrebbe migliorare la situazione ovvero se l’inquinamento deriva
dagli animali.
2-30 Ÿ Parte I Ÿ Caratteristiche e trattamento delle acque reflue civili
Il saggio di tossicità fornisce una misura diretta degli effetti sulla vita acquatica
globalmente dovuti agli inquinanti presenti in uno scarico. Esso viene condotto osservando
la mortalità, su periodi prestabiliti, di adatte specie animali, poste in una serie di acquari di
laboratorio in cui lo scarico da esaminare sia presente in diversi rapporti di diluizione con
acqua pulita. Negli acquari deve essere assicurata sufficiente concentrazione di ossigeno
disciolto, che non deve comunque influenzare la mortalità degli animali.
Come indice della tossicità acuta dello scarico viene abitualmente assunto il limite me-
dio di tolleranza (TLm), inteso come il rapporto di diluizione tra lo scarico e l’acqua pulita
cui corrisponde una mortalità pari al 50% durante il periodo preso in considerazione (abi-
tualmente 24 o 48 ore).
La composizione si riferisce alle quantità reali dei costituenti fisici, chimici e biologici
presenti nel refluo, nonché al calcolo delle portate, delle concentrazioni dei composti inqui-
nanti.
(3)
L'azoto totale presente nei liquami si trova, in modo del tutto indicativo, sotto forma di ammoniaca
(70%), azoto organico (25%) e solo il 5% in forma di nitriti e nitrati. La concentrazione di nitriti e nitrati può
generalmente essere trascurata, visto l'esiguo valore e considerando che probabilmente può verificarsi la
riduzione dei nitrati in seguito alle condizioni settiche che si sviluppano nella rete di fognatura.
Cap. 2 Ÿ Caratteristiche delle acque reflue Ÿ 2-31
n
α ind (Q a ) j
q ∑
j =1
g j ⋅ hj
=(q 24 )ind espressa in m3·h-1, dove:
Portate di pioggia:
Dati tipici sui costituenti individuali trovati negli scarichi domestici sono riportati in
Tabella 2.3. In dipendenza dalle concentrazioni dei costituenti il refluo viene classificato
come a forte, medio o debole carico.
Sia i costituenti, sia le concentrazioni variano con l’ora, il giorno, il mese e altre condi-
zioni locali; i dati in tabella servono quindi solo come guida e non come base per la proget-
Tabella 2.3. Composizione tipica di reflui civili non trattati.
Contaminanti Carico
procapite
Unità Concentrazioni
[g/(ab·die)] debole c medio d forte e
a
I valori devono essere incrementati per aggiunte negli scarichi di acque domestiche.
b
Vedi tabella 2.5 per valori tipici degli altri microrganismi.
c
Si intende la concentrazione relativa alla dotazione idrica di circa 550 l/(ab·die) al netto delle perdite.
d
Si intende la concentrazione relativa alla dotazione idrica di circa 270 l/(ab·die) al netto delle perdite.
e
Si intende la concentrazione relativa alla dotazione idrica di circa 150 l/(ab·die) al netto delle perdite.
2-34 Ÿ Parte I Ÿ Caratteristiche e trattamento delle acque reflue civili
Dati rappresentativi sul tipo e numero di microrganismi comunemente presenti nei re-
flui sono riportati in Tabella 2.5.
La variazione relativamente Tabella 2.5. Tipi e numeri di microrganismi presenti in
grande nei range di valori è legata alla reflui civili non trattati.
variabilità nelle caratteristiche dei li- Organismi Concentrazione, N°/ml
quami. È stato stimato che il patoge- Coliformi totali 105-106
Coliformi fecali 104-105
no E. coli costituisce fino al 3 o 4% dei Streptococchi fecali 103-104
coliformi totali. Alcuni organismi Enterococchi 102-103
(Shigella, uova di elminti, cisti di pro- Shigella presentea
tozoi) non vengono individuati nelle Salmonella 100-102
Pseudomonas aeroginosa 101-102
analisi di routine. Clostridium perfringens 101-103
Grande attenzione va posta nei Mycobacterium tuberculosis presentea
valori riportati per i virus: negli ultimi Cisti di protozoi 101-103
anni i miglioramenti nei metodi di in- Cisti di Giardia 10-1-102
Cisti di cryptosporidium 10-1-101
dividuazione ed enumerazione hanno Uova di elminti 10-2-101
comportato alcuni dubbi sui risultati Virus enterici 101-102
precedenti. Per questo motivo la data a
I risultati di questi test vengono di solito riportati come
dello studio è importante tanto positivo o negativo, piuttosto che essere quantificati.
quanto i valori di concentrazione ri-
portati.
In generale, i costituenti riportati nella Tabella 2.3 sono quelli che vengono analizzati
abitualmente. In generale essi forniscono informazioni fondamentali per caratterizzare un
refluo per un trattamento biologico, ma non esaurienti: i continui progressi hanno suggerito
la realizzazione di ulteriori analisi specifiche.
Gli ulteriori costituenti che vengono attualmente analizzati includono molti dei metalli
necessari per la crescita dei microrganismi, come calcio, cobalto, rame, ferro, magnesio,
manganese e zinco. La presenza di acido solfidrico deve essere attestata per valutare se pos-
sono prodursi ambienti corrosivi o se alcuni dei metalli utili possono precipitare. La con-
centrazione di solfati può essere utile per valutare la possibilità di un trattamento anaerobi-
co. Anche la presenza di organismi filamentosi deve essere considerata, specialmente se si
Cap. 2 Ÿ Caratteristiche delle acque reflue Ÿ 2-35
I dati sull’incremento del contenuto minerale nel refluo in seguito all’uso dell’acqua so-
no importanti in particolar modo se si prevede un potenziale riutilizzo dell’acqua.
L’aumento del contenuto minerale deriva dall’uso domestico, dal conferimento di acque al-
tamente mineralizzate provenienti da pozzi privati di falda, e dall’uso industriale; anche gli
addolcitori domestici ed industriali possono contribuire, ed in alcuni casi possono costituire
la fonte principale.
Gli studi per la caratterizzazione del refluo vengono condotti per determinare: le ca-
ratteristiche fisiche, chimiche e biologiche, e la concentrazione dei costituenti; i mezzi mi-
gliori per ridurre la concentrazione degli inquinanti.
6.1. CAMPIONAMENTO