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Il simbolismo del Nove: dai Templari a…Rennes-le-Chateau (parte terza).

Abbiamo parlato in precedenza di come il numero ‘nove’, ed i simbolismi ad esso connessi, siano stati accostati ad una
serie impressionante di tematiche correlate ad argomenti religiosi, ma anche con risvolti teologici, architettonici, storici,
geometrici, alchemici. Il collegamento poteva riguardare le varie lingue ed idiomi dell’antichità, ma anche le possibili
valenze calendariali, secondo letture kabbalistiche o gematriche. Curiosamente, talora in forma diretta, talora in forma
indiretta, alcuni di questi aspetti possono aggregarsi alla vasta e poliedrica realtà della “querelle” di Rennes-le-Château.

Gli strani messaggi di Rennes-le-Chateau.


Nella vicenda di Rennes-le-Château e del suo parroco Berenger Sauniére, infatti, davvero molto è stato scritto, ma non
sempre gli elementi di analisi ed i dati di fatto, realmente presenti sul luogo, sono stati considerati nel loro contesto dagli
autori che hanno parlato degli enigmi del piccolo paesino, arroccato sulle pendici dei Pirenei.
Uno di questi reperti, quasi completamente misconosciuto, è lo strano simbolo ricamato sulla parte posteriore di un
piviale appartenuto a Sauniére, che fa tuttora bella mostra di sé nel Museo della Sacrestia di Rennes-le-Château.
Si tratta di un triangolo equilatero a base inferiore, circondato da una corona di
raggi, delicatamente posato su una nuvola biancastra, simile ad un nembo. All’interno del triangolo
equilatero compaiono 4 simboli che, ad una analisi accurata, sia personale, che di un esperto di scrittura ebraica, hanno
mostrato di essere lettere ebraiche.
Per la precisione si tratta delle lettere ‫“ =יחחי‬Iod”, “Chet”, “Chet”, “Iod ”,

Lo strano simbolo ricamato sul piviale appartenuto a Berenger Sauniére, e visibile attualmente nel presbiterio del
paesino francese. Si tratta di un triangolo equilatero a base inferiore, posto sopra una nuvola bianca, interamente
circondato da una corona di raggi. All’interno del triangolo compaiono quattro simboli che corrispondono a 4 lettere
dell’alfabeto ebraico. Si tratterebbe di 2” Iod”, poste agli estremi e di 2 “Chet”, collocate centralmente, disposte secondo
una simmetria precisa.
vergate con modalità palindromica, tali cioè da essere lette sia da sinistra verso destra, che da destra verso sinistra, con
un ipotetico piano verticale, o speculare, di simmetria centrale.
Se consideriamo la valutazione numerologica di queste lettere, in ambito gematrico, abbiamo che la ‫“ = י‬Iod” ha valore
10, mentre la ‫“ = ח‬Chet” ha valore 8.
La loro somma dà quindi 18; ma, se consideriamo che esse sono presenti due volte, abbiamo che la somma globale
delle quattro lettere all’interno del
Nell’immagine di sinistra si nota il primo piano delle quattro lettere ebraiche, ove la linea rossa identifica un possibile
piano di ribaltamento di tipo speculare o di rotazione dell’immagine. In pratica, se noi poniamo uno specchio sulla linea
rossa, ciò che vediamo è l’immagine posta dall’altro lato.
A destra vediamo, invece l’immagine che ci saremmo aspettati di vedere sul piviale di Sauniere. Si tratta di una
frequente raffigurazione delle quattro lettere che compongono il “Tetragrammaton” o nome divino secondo gli ebrei,
fonetizzato in “Jahvè”, posto all’interno di un triangolo equilatero a base inferiore.

triangolo equilatero, ricamato sul piviale dà 36, che, guarda caso, è un multiplo di ‘nove’ così come, peraltro, lo era
anche il 18.

Nell’iconografia classica di matrice ebraica il ‘Tetragrammaton’, qui raffigurato in quattro varianti pittoriche, dato
dall’unione delle quattro lettere (Iod, Hey, Vau, Hey) che compongono il nome di Jahvè, viene molto spesso associato al
triangolo equilatero con base inferiore. Talora esso è associato ad una corona di raggi dorati, in una sorta di similitudine
con il Sole. Molto spesso, poi, con una rivisitazione cristiana della simbologia ebraica, come appare nell’immagine in
basso a sinistra, il ‘Tetragrammaton’ compare quasi interamente circondato da nuvole, o da Angeli, raffigurati, dal
periodo rinascimentale in poi, come teste di putti, molto spesso in numero di ‘nove’ o di ‘nove’ gruppi. Si tratterebbe di
un chiaro riferimento alla “nove” Gerarchie Angeliche che circondano il Trono di Dio.

A sinistra particolare dell’immagine centrale dell’Arithmologia di Athanasius Kircher, che avavamo già visto in
precedenza (“Archeomisteri” nr. 36) , nel nostro studio. Nei tre riquadri rossi, posti all’interno dei tre angoli che formano
il triangolo equilatero, che mostra l’occhio al centro, compaiono le lettere ebraiche “Iod” e “Cheth”. A destra, per
confronto, il triangolo equilatero ricamato sul piviale di Berenger Sauniére. Le lettere contenute al suo interno, riprodotte
superiormente in giallo, in grafia normale, sono proprio due “Iod” e due “Cheth”.

Nell’ambito dell’iconografia di stampo ebraico, poi trasmigrata nella cultura europea, cristiana prima ed esoterica e
massonica poi, il triangolo equilatero a base inferiore, dalla valenza apotropaica positiva, associato o meno all’occhio
centrale, è generico emblema della divinità.
Il triangolo equilatero circondato o no da nubi, che lo incastonano, è infatti emblema di ‫ = יהוה‬Jahvè e, come tale,
compare molto frequentemente anche nell’iconografia a sfondo religioso.
Tuttavia è da sottolineare come, in ambito ebraico e cristiano, Dio o Jahvè sono “globalmente” circondati dalle nuvole,
mentre, in accordo con la tradizione evangelica, Gesù Cristo, in qualità di Redentore e di Figlio di Dio, viene spesso
descritto e raffigurato pittoricamente “sopra” le nubi.
Infatti in Matteo 24, 30, leggiamo: “vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo”, ribadito in 26, 64: “vedranno
il figlio dell’uomo sedere alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo”.
In Marco 13, 26 abbiamo: “si vedrà il Figlio dell’uomo giungere tra le nuvole”, ed in 14, 62 si legge: “vedrete il Figlio
dell’uomo, seduto alla destra della Potenza, venire con le nubi del cielo”.
Nella 1a lettera ai Tessalonicesi 4, 17 invece abbiamo uno strano ed inquietante: “noi, i viventi, i superstiti, insieme con
essi, saremo rapiti sulle nubi per incontrare il Signore nell’aria”.
Infine in Apocalisse 1, 7 leggiamo: “viene tra le nubi”, mentre in 14, 14 è scritto: “sopra la nuvola uno stava seduto
simile a Figlio d’uomo”.
D’altro canto, già in Daniele 7, 13, il profeta cui talora fa riferimento Gesù nei Vangeli, era comparso: “ecco sulle nubi
del cielo venire uno simile a Figlio d’uomo”.
La raffigurazione del “Figlio dell’uomo sopra le nubi” diviene così un’ipostasi di Gesù Cristo in chiave escatologica e
soteriologica, talora in funzione di un’aspettativa cosmica di stampo millenaristico.

Le lettere ‫“ = יחחי‬Iod”, “Chet”, “Chet”, “Iod” del piviale di Sauniére erano, peraltro, già presenti nella simbologia sottesa
dal frontespizio della Arithmologia di Athanasius Kircher, di cui abbiamo diffusamente parlato in precedenza.
Qui, il simbolo del triangolo equilatero centrale, che contiene la “Iod”, la “Cheth” e l’occhio, risulta inscritto entro 3
triangoli equilateri, tra loro ruotati di 40°, che identificano nove vertici, presso cui, non a caso, sono poste nove teste
d’angelo, in forma di putto, quale simbolo delle ‘nove’ Gerarchie Angeliche.
All’interno dei 3 angoli del triangolo equilatero centrale dell’Arithmologia compaiono proprio le lettere ‫“ = יח‬Iod” e
“Cheth”.
Ecco quindi che, secondo varie modalità, le lettere “Iod” e “Cheth“, sia dell’Arithmologia di Kircher, che del piviale di
Berenger Sauniére, sono connesse al numero ‘nove’, corrispondente al ‫“ = תשעה‬Teshaw”, il “nove” in ebraico, la cui
somma gematrica delle lettere che lo compongono, come già detto in precedenza, dà il numero 775.

Ma strani riferimenti diretti o simbolici agli Angeli, come accade per i quattro che sovrastano l’acquasantiera della chiesa
di Rennes-le-Château, o quelli che sorreggono lo scudo su cui si erge la statua di S. Antonio da Padova, non sono solo
prerogativa del piccolo paesino arroccato sulle pendici dei pirenei francesi.
Interessi verso l’Angelologia e le preoccupazioni millenaristiche che traspaiono da alcuni passi dei Vangeli, da alcuni
brani dei Libri dei Profeti Daniele, Ezechiele, e, soprattutto dall’Apocalisse giovannea, emergono anche dal ‘background’
culturale e religioso transalpino che permeava gli ambienti clericali, o laici di impostazione cattolica, dell’epoca in cui
visse Sauniére.
Grazie all’interessantissimo libro di Mariano Bizzarri (Rennes-le-Chateau: dal Vangelo perduto dei Cainiti alle sette
segrete), apprendiamo come un particolare interesse verso tematiche di matrice millenaristica era proprio di
un’organizzazione, formalmente cattolica, che si occupava di esoterismo in chiave cristiana, durante la seconda parte
del XIX° secolo, senza, peraltro, essere stata mai troppo ben vista dagli ambienti vaticani: lo “Hieron du Val d’Or”.
Fondato nel 1877 a Paray-le-Monial da Victor Devron (1820-1880) e da Alexis de Sarrachaga (1841-1918), lo Hieron
diede infatti vita, dal 1883, ad una rivista sociale che variava tematica e titoli ogni sei anni, forse riferimento ai sei Eoni o
cicli od età storiche-religiose della vita umana. Vi era, da parte dei redattori, un’attenzione per la ri-lettura di certi simboli
e per il recupero dei messaggi sottesi dalla Kabbalah. Come afferma l'ermetista Pierre Dujols, l’’entourage’ dello Hieron
prevedeva la fine del ‘quarto ciclo del Graal’ intorno all’anno 2000 della nostra epoca, comunque più di 110 anni dopo la
redazione del testo stesso.
Particolarmente sentito dagli adepti dello Hieron era la "seconda venuta del Messia”, riverberata da temi propri
dell’Apocalisse giovannea, che li impegnava in modo attivo e che faceva definire i propri affiliati “apostoli degli ultimi
tempi”. Essi erano costantemente alla ricerca di un Grande Monarca, che, sulla falsariga di molte tematiche proposte
dalle Centurie di Nostradamus, da loro apprezzato, doveva ergersi a paladino del potere politico e spirituale in Francia
prima, ed in Europa poi.
In effetti, tra l’altro, esiste una Quartina di Nostradamus, la 16a della 8a Centuria, che nomina esplicitamente il termine
Hieron, peraltro in caratteri maiuscoli, degno quindi di un attenzione particolare. Eccone il testo:
Au lieu que HIERON feit sa nef fabriquer, si grande deluge sera et si subite qu’on n’aura lieu ne terres s’ataquer, l’onde
monter Fesulan Olympique. Ciò corrisponde all’italiano: “Al luogo dove HIERON (Gerone?) fece costruire la sua nave,
così grande e fulmineo sarà il diluvio, che nessuno avrà luogo o terra cui aggrapparsi, l’onda monterà (su) Fiesolano
Olimpico”.
Al di là del consueto ermetismo di Nostradamus, sembra di assistere qui alla descrizione di un cataclisma che
riecheggia temi dell’Apocalisse giovannea, lo stesso tipo di evento che i membri dello Hieron du Val d’Or temevano ed
auspicavano all’unisono.
Inoltre come affermava Felix de Rosnay, collaboratore di Alexis de Sarrachaga, scopo dello Hieron era: “dimostrare la
realtà del Regno di Cristo, misconosciuto fino ad allora, così da proclamare e preparare il suo avvento per la fine di
questo ciclo”.
Un ulteriore impulso agli approfondimenti culturali dello Hieron in chiave esoterica, fu recato, successivamente, da Paul
Lecoeur, meglio conosciuto come Le Cour (1861-1954).
Anch’egli era particolarmente attirato dalle spasmodiche tematiche millenaristiche, culminate con il suo “L’Ere du
Verseau, le secret du Zodiaque”, del 1937, ove si legge: “La nostra società…deve essere arsa dal fuoco, ed un’altra
deve nascere dalle ceneri di questa”; e con “L’Evangile ésotérique de Saint Jean”, del 1950, in cui troviamo: “E’ in
Francia che avverrà il ritorno di Cristo… è in Francia …che Nostradamus fissa la venuta del Grande Monarca del nostro
universo, che regnerà per un millennio secondo l’Apocalisse, cioè nei duemila anni dell’era dell’Acquario”.
D’altro canto lo stesso Guénon (il Re del mondo) riporta ansie e sentori millenaristici di quell’epoca, riferite qui
enfaticamente da Joseph de Maistre: “Bisogna tenerci pronti per un avvenimento immenso dell’ordine divino, verso il
quale procediamo a velocità accelerata, che deve colpire tutti gli osservatori. Temibili oracoli annunciano che i tempi
sono giunti”.
In piena sintonia con lo spirito del ‘messianismo’ propugnato dallo Hieron erano sia il curato Louis Roca (1830-1893),
che nel suo “Monde Nuveau, Nouveaux cieux, Nouvelle Terre” (1889) parla nuovamente ed enfaticamente degli
“apostoli degli ultimi tempi”, che la marchesa di Pomar, alias Lady Caithness, che annunciava ed auspicava la venuta di
una nuova rivelazione di un “Messia collettivo, o nuovo” così come le definisce Renè Guénon, di cui doveva essere
preparata la via, sia spiritualmente, che logisticamente, che il movimento degli Eletti Cohen istituiti a Parigi nel 1754 da
Martines de Pasqually.
Inoltre, particolari interessi verso l’Angelologia, che a vario titolo abbiamo trovato finora nella numerologia di stampo
Kabbalistico connessa alle ‘Nove’ Gerarchie Angeliche, e strane invocazioni angeliche a funzione evocativa ed
apotropaica, erano invero famigliari con l’opera del priore Polycarpe de la Riviére (Angélique. Des excellences et
perféctions del’âme).
Ma ne ritroviamo traccia anche in Maurice Barrés (Le Mystére en pleine lumière) che collega il tema degli Angeli ad uno
dei letterari tipici della
‘querelle’ di Rennes-le-Château, quello della chiesa parigina di Saint Sulpice, abbinata alla frase “et in Arcadia ego…”
usata da Nicolas Poussin nelle sue due versioni dei “Pastori d’Arcadia”.
Egli così riferisce: “Da vent’anni non c’è stato mese ch’io non abbia visitato Saint Sulpice, la Cappella degli Angeli, per
osservarvi il famoso affresco di Delacroix, Giacobbe che lotta con l’Angelo…La grandezza suprema è vincere l’Angelo,
strappargli il suo segreto…Noi dobbiamo sempre, in qualche angolo della nostra opera, collocare una pietra tombale in
cui sia riportata la famosa iscrizione: “Et in Arcadia ego”.”
Occore ricordare che una certa qual attrazione per gli Angeli, infine, era già stato appannaggio, nella Francia del XVII° e
XVIII° secolo, di una strana associazione, detta Société Angélique, che raccoglieva letterati ed uomini di arte tra le sue
file, quali Rabelais, Nerval, Verne, Sand, e lo stesso Poussin, che si ispiravano concretamente ai messaggi criptici del
Songe de Poliphile, francesizzazione dell’Hipnerotomachia Poliphili, testo criptico-allegorico del 1467, attribuito a
Francesco Colonna, ed edito a Venezia da Aldo Manuzio nel 1499, di cui parla altresì Fulcanelli a proposito della sua
inquietante appendice a “Il mistero delle cattedrali”: la “Croce ciclica di Hendaye”

Nella Cappella dgli Angeli della chiesa di Saint Sulpice a Parigi, è custodito il celebre quadro di Eugene Delacroix
(1798-1863), che tanto ha fatto parlare gli appassionati dell’’affaire’ di Rennes-le-Château. A sinistra vediamo il dipinto
nella sua interezza, a destra il particolare sulla posa plastica della lotta tra i due personaggi, con Giacobbe raffigurato di
spalle.

Ma, degna conclusione, un particolare interesse per gli Angeli, era un elemento coagulante gli interessi di un’altra
società, volutamente ed intenzionalmente auto-circondata da molto riserbo, che coinvolgeva diversi sacerdoti francesi,
davvero vicini al parroco di Rennes-le-Château: l’”Amitiés Angéliques”, nata dalle ceneri della Compagnie du Saint-
Sacrement de l’Autel, molto attiva, peraltro, nella Francia meridionale.
Tra i suoi fondatori si annoverano figure quali San Vincenzo dè Paoli, la cui misteriosa permanenza per due anni a
Tripoli, dopo essere stato catturato dai musulmani, trascorsa presso un medico arabo esperto di esoterismo, destava
qualche perplessità negli stessi ambienti clericali. Ma vi appartenevano anche Jean-Jacques Olier, fondatore della
chiesa parigina di Saint Sulpice e l’inquietante, discussa ed enigmatica figura di Nicolas Pavillon (1597-1677), vescovo
di Alet-le-Bains.

La crittografia del “Sot Pecheur” e la sua strana interpretazione.


Fra i vari misteri dell’’affaire’ di Rennes-le-Château spicca anche la strana crittografia di stampo enigmistico, che, nel
corso degli anni, ha scatenato, senza risultati dirimenti, moltissimi esperti di decodifica.
Si dice che questo documento sia stato scritto dallo stesso abate Sauniére, ma non vi sono prove conclusive a riguardo.
La crittografia prende usulamente il nome dalle prime due parole che ne compongono il testo: “Sot pecheur”. Vediamo
di definire come essa apparve sulla scena delle vicende del paesino dei Pirenei.
Henri Buthion (ma secondo altri autori era stato il proprietario precedente, Noel Corbu, già nel 1963, a compiere la
scoperta) proprietario dei possedimenti che erano stati dell’Abate Sauniére a Rennes-le-Château, era solito consultare
una ‘medium’ una volta al mese per avere qualche suggerimento sul luogo dove effettuare qualche scavo
‘archeologicamente’ interessante nelle vicinanze dei luoghi che erano sati dell’Abate.
Un giorno del 1966 egli ricevette un messaggio che diceva: “La verità è nel Tabernacolo”. Poiché a Rennes-le-Château
vi erano il Tabernacolo della Chiesa e quello di Villa Bethania, Buthion, insieme a Gerard Dutriat, scelse quest’ultimo, e,
l’11 Aprile, dopo aver esplorato e sfondato con un piccolo martello, il fondo del tabernacolo, estrasse un cilindro di
legno, avvolto in un foglio del giornale cattolico “La Croix”.

Lo strano manoscritto ritrovato, a quanto si dice, dietro il tabernacolo di Villa Bethania, a Rennes-le-Château, e
denominato, dalle prime due parole che ne compongono la trama, “Sot Pecheur”.

Esso conteneva un documento conosciuto appunto con le prime due parole che lo compongono: “Sot Pecheur”.
Questo insolito documento viene citato per la prima volta da Gerard de Sede, nel 1967 in “L’or de Rennes, ou la vie
insolite de Berenger Sauniére, curè de Rennes-le-Château”, e, lievemente modificato dallo stesso De Sede, presso un
altro editore, con il titolo di “Le Tresor maudit de Rennes-le-Château”.
Le parole citate nella griglia del documento, pur avendo tra loro strane interpunzioni (con punti o crocette), virgole ed
apostrofi, hanno un loro senso logico, che però, nulla ha di apparentemente collegabile alla vicenda di Rennes-le-
Château.
La frase in francese è così articolata: “Sot pecheur a l’embouchure du Rhone, son poisson sur le gril deux fois le
returna. Un malin survint et XXV fois le gouta cuit., Il ne lui resta que l’arete. Un ange veillait et en fit un peigne d’or. B.
S. Cur.”
La traduzione in italiano così recita: “Sciocco pescatore all’imboccatura del Rodano. Il suo pesce sulla griglia due volte
rivolta. Un furbone sopraggiunge e 25 volte lo gusta cotto. Non resta a lui che la lisca. Un angelo sorveglia e di questa
fa un pettine d’oro. “
Pur nell’ambito di un linguaggio allegorico mitologico criptato, che risente di influssi della saga arthuriana del Graal (il
Re Pescatore compare infatti in Chretien de Troyes (Le roman du Perceval ou le conte du Graal), in Robert de Boron
(Giuseppe d’Arimatea), Wolfram von Eschembach (Parzival), e Thomas Mallory (Le mort d’Arthur)), unita a sentori
alchemici (trasformazione della lisca in in pettine d’oro), occorre porre in risalto la presenza, nella crittografia, delle
“Bocche del Rodano”, luogo della Provenza carico, già di per se stesso onusto di storia e leggenda, sia in chiave
cristiana che pagana.
Tuttavia questo luogo sembrerebbe apparentemente estraneo alla vicenda di Rennes-le-Château, anche perché
lontano circa 210 Km in linea d’aria, e 230 su strada, dal paesino affastellato sulle prime pendici dei Pirenei francesi.
Come riferito nel mio libro (Rennes-le-Château, Porta dei Misteri, Mediterranee, pag. 131-132) la frase del “Sot
pecheur…” presenta strane analogie con una Quartina di Nostradamus, la 91a della 8a Centuria, tanto da apparirne
quasi un libero adattamento.
Il medico di Salon de Provence afferma infatti in questa Quartina: “Parmy les champs des Rodanes entrees, ou les
croysez seront presque unis, le deux brasiers en pisces rencontres, et un grand nombre par deluge punis”; che in
italiano diviene: “Nei pressi dei campi delle “Bocche” del Rodano, dove i crociati (letteralmente ‘le cose che si
incrociano’) saranno quasi uniti, due bracieri nei pesci si ri-incontrano; ed un gran numero puniti dal diluvio”.
Vediamo i punti di contatto tra le due frasi: le “Bocche” del Rodano, il vocabolo “deux”, il concetto di “pesce”, quello di
arnesi per cuocerlo: “griglia” in un caso e “bracieri” nell’altro, l’uso del prefisso reiterativo “re-“ di “re-tourna” per
avvicinare l’assonanza del “rencontres” di Nostradamus. Inoltre il riferimento al “diluvio”, , peraltro assai
frequente nella tematica di Nostradamus, riprende quello usato a proposito dello Hieron, della Quartina 1a della 8a
Centuria.
Tuttavia, il manoscritto del “Sot pecheur” è stato oggetto di ulteriori svariati tentavi di ulteriore decodifica dei potenziali
segreti che cela.
Infatti, mediante complicate, se non addirittura cervellotiche, applicazioni di improbabili codici di decifrazione, ma, forse,
direttamente inserite dagli autori come risultato conclusivo, l’intero documento forma una chiave di 64 lettere che
costituiscono parole francesi di senso compiuto, non in grado, peraltro, di dare interamente vita ad una frase di senso
compiuto:

MLL SALUT LES RENNES DARQUES, RAPT LE GOUFFRE EN NID, PLAN TE SERT, DANGER LXXV FTT.

La sua traduzione italiana sarebbe:


MLL SALVEZZA LE ” RENNES DARQUES”, RAPIMENTO IL GORGO (L’ABISSO) NEL NIDO (ASILO) TI SERVE UN
PIANO (MAPPA), PERICOLO 75 FTT.

Poiché, normalmente, quasi ogni riferimento a documenti criptati, veri o falsi, nella ‘querelle’ di Rennes-le-Château, ha a
che fare con tesori nascosti o più o meno improbabili riferimenti alla dinastia dei “Rex Deus”, od alla Maddalena,
restiamo interdetti.
Le parole comparse nella decifrazione, perquanto difficili da cogliere in una lettura organica, testimoniano una
potenziale situazione di minaccia o di pericolo.
Le parole SALVEZZA, GORGO (ABISSO), PERICOLO, infatti, non lasciano dubbi in questo senso. E’, inoltre, rilevante
che il vocabolo PERICOLO, sia unito al numero, espresso in cifre romane, di 75.
Perché c’è un “pericolo” legato al 75? A che cosa serve una “mappa”? Forse per raggiungere la “salvezza”, ma da
cosa?
Un dato di fatto è che nella 10a stazione della Via Crucis, all’interno della chiesa di Rennes-le-Château compare
l’episodio in cui i soldati romani (come romane sono le cifrfe che componevano, in precedenza, il numero 75) che hanno
arrestato Gesù, si contendono ai dadi le vesti del Redentore. Normalmente i dadi usati sono due, ma qui, anche se
molto piccoli da essere notati, sono invece tre, posti nell’angolo inferiore sinistro.
Due appaiono sul lato sinistro, si presentano esattamente accostati e sovrapposti in verticale, e mostrano i numeri 3,
sopra, e 4, sotto. A destra compare invece un dado su cui appare il numero 5. Se guardassimo queste

La 10a stazione della Via Crucis a Rennes-le-Château mostra l’episodio in cui Gesù è arrestato dai soldati romani.

Questi si giocano a dadi le sue vesti. I dadi usati, visibili all’interno del riquadro rosso, in basso a sinistra, tuttavia. sono
tre. Nel dettaglio in alto a destra, si notano come vi siano due dadi esattamente accostati e sovrapposti in verticale che
mostrano i numeri 3, sopra, e 4, sotto. A destra, nettamente separato dagli altri due, vi è il terzo dado, che mostra il
numero 5. L’intento dell’artista sembra quello di suggerire il numero 7, dato dalla somma dei due dadi che recano i
numeri 3 e 4, associato al 5, per formare il numero 75.
In basso a destra compare un riquadro del frontespizio del Triompho di Fortuna del ferrarese Sigismondo Fanti, datato .
1526, di cui avevamo parlato nel precedente numero di “Archeomisteri”. Il voluminoso dado retto dall’uomo nudo,
sfruttando la visione prospettica, mostra tre facce. Due sono in penombra, giacciono sul piano orizzontale e mostrano il
numero 1, a sinistra, ed il numero 6 a destra. Questo assetto del dado, pittoricamente corretto, non corrisponde a verità,
in quanto in realtà le facce di qualsiasi dado, che mostrano i numero 1 e 6, non sono mai adiacenti. Questo apparente
errore tradisce un intento criptico segreto. Nella faccia superiore del dado del Triompho di Fortuna compare, illuminato
dalla luce, il numero 5. Anche qui la somma dei numeri, proposti in questo specifico modo, fa dedurre il numero 75.

cifre in senso numerologico, potremmo dire che si potrebbe trattare della triade pitagorica, ma la disposizione dei dadi
sovrapposti fa pensare che essi esprimano il numero 7, il cui unico modo di rappresentazione, richiede, logicamente,
proprio la presenza di due dadi. Ecco così che i tre dadi presentano il numero 75, lo stesso che era risultato dalla
decrittazione della pergamena del “Sot Pecheur”.
Ci può essere qualche imprevedibile collegamento con il numero 75 che si deduce, in base alla nostra interpretazione in
chiave calendariale, dal frontespizio dell’opera Il Triompho di Fortuna del ferrarese Sigismondo Fanti, risalente ad oltre
350 anni prima il rimodernamento della chiesa di Rennes-le-Château, così come avevamo ipotizzato nello scorso
numero di “Archeomisteri” (nr. 36)?
Nel frontespizio del Triompho di Fortuna compare nuovamente un dado, che sfruttando la visione prospettica, mostra,
allo spettatore, tre facce. Due sono in penombra ed evidenziano il numero 1, a sinistra, ed il numero 6, a destra. Come
già detto nello scorso articolo, questa posizione è solo virtuale, in quanto il numero 1 ed il numero 6 non compaiono mai
su di un dado reale, avvalorando l’intenzionalità criptica e misteriosa di questa rappresentazione.
Superiormente compare invece il numero 5. Se sommiamo i due numeri in penombra otteniamo il 7, che associato al 5
soprastante, forma, anche qui, il numero 75.
E’ possibile quindi che vi siano intenti nascosti, di gruppi di esoteristi od iniziati, a reiterare nel tempo, la presenza
immanente, forse con valenze calendariali, del numero 75?

Ma torniamo alla pergamena del “Sot Pecheur”.


Il fatto che la decodifica della frase del manoscritto “Sot pecheur” testimoni una certa latente e generica
preoccupazione, è altresì riverberata da un enfatico riferimento fatto dall’ora defunto Pierre Plantard (1920-2000),
segretario del fantomatico Priorato di Sion, nonchè personaggio chiave nelle trame oscure ed artificiose e di molte
mistificazioni che ancora ruotano intorno alla ‘querelle’ di Rennes-le-Château.
Plantard era molto attirato dai misteri delle Quartine di Nostradamus, e, soprattutto, dall’atmosfera che permeava molti
degli enigmatici riferimenti al mitico Chyren, il condottiero che salvava la Francia, prima, e, di riflesso, l’Europa, dalla
guerra contro gli orientali.
Nel 1982 egli diede alle stampe un dossier, sul numero speciale della rivista ‘Nostra’, che, già dal titolo, rivelava il
sentito desiderio di collocare cronologicamente i versi del medico di Salon-de-Provence: “L’Horloge sacrèe qui permet
décoder les Quatrains”.
Inoltre, nel nr. 5 della rivista “Circuit”, del Novembre 1959, da lui curata, Plantard scrive, in forma apparentemente
enigmatica, ma sicuramente enfatica: “Uomini responsabili di tutte le nazioni, è con voi che riposano le decisioni che
decideranno la vita di migliaia di persone durante gli anni a venire: voi vi prenderete delle responsabilità mai così grandi
prima d’ora. Questo è il messaggio che i cieli vi indicano – per coloro che comprendono il linguaggio dei simboli tutto è
apparente. Lo Zodiaco nasconde qualcosa oltre il semplice disegno ed i volgari segni astrologici -. Qual è la fonte dello
Zodiaco?”
Quanto contano, in questo senso, le ansie millenaristiche di rinnovamento di adepti e simpatizzanti postumi dello Hieron
du Val d’Or, e degli aderenti alle Amitiés Angeliques?
Vedremo tra poco come una sorta di strano e criptico segmento di ‘zodiaco’ faccia capolino tra le pieghe dei molti
misteri di Rennes-le-Château.
La diffusione all’estero del tentativo di decrittazione della crittografia del “Sot Pecheur”, da parte di autori transalpini, si
deve ad Alain Chatillon, studioso da molti anni delle complesse sfaccettature dell’’affaire’ di Rennes.
Nel giugno del 2000 Alain Chatillon, nume tutelare delle ricerche archeologiche,
documentali, e di decrittazione, rilascia a Jean-Patrick Pourtal (disponibile al sito http//www.rennes-le-
chateau.org/rlctoday/int-chatillon.asp) una “tranquilla”
intervista a tutto campo sulla variegata situazione delle ricerche inerenti i molti enigmi della “querelle” di Rennes-le-
Chateau. Quasi al termine, però, a seguto
dell’innocente domanda di Pourtal sui suoi progetti futuri, Chatillon fa alcune affermazioni bizzarre, se non sconcertanti,
che riporto nel testo originale, in francese.
“…J’y ai toujours un lopin de terre sous forme d’une concession au cimetière,

Due rare immagini di Alain Chatillon.

juste au-dessus de moi je pourrai voir les étoiles défiler dans leur course incessante hors du temps et surveiller de près
la constellation du Centaure… Tonne le ciel ou brille le soleil, là je serai”

Ed ecco la traduzione italiana: “Ho sempre un appezzamento di terreno sotto forma di una concessione al cimitero,
precisamente al di sopra di me potrò vedere sfilare le stelle nel loro spostamento incessante fuori dal tempo e
sorvegliare da vicino la costellazione del Centauro... Che tuoni il cielo o brilli il sole, là io sarò.”

Restiamo del tutto interdetti!! Alain Chatillon è colto da un efflato di puro lirismo, si è bevuto qualche “pastis” di troppo, o
ci vuol dare qualche informazione criptata nel consueto linguaggio mitico che ammanta l’’affaire’ di Rennes-le-Château?
Perché Chatillon pensa al futuro ed alla sua morte, con sepoltura nel cimitero di Rennes-le-Château, parlando delle
stelle visibili nel cielo e dei loro tragitti? Perché occorrerebbe sorvegliare con attenzione la costellazione del Centauro,
che, peraltro, essendo estremamente bassa sull’orizzonte di Rennes-le-Château, non è realmente osservabile
dall’osservatore, che per una scarna porzione superiore, e quindi, non può affatto passare sopra le teste di chi giace al
cimitero?
Forse casualmente rammentiamo che Robert Harrington dell’United States Naval Observatory aveva ipotizzato, sulla
base di calcoli teorici, la collocazione dell’ipotetico 10° Pianeta da tutti cercato, ma non ancora avvistato con sicurezza,
proprio nella costellazione del Centauro. E’ forse questo oggetto che deve essere controllato e che costituisce un
“danger” connesso con il “75”, per cercare una “salut”?
Se, tuttavia, pensiamo che Chatillon avesse parlato della costellazione del Centauro in termini allegorici, e si riferisse ad
una costellazione che effettivamente può transitare sopra le teste degli occupanti del cimitero, ci viene in mente che
esiste un altro Centauro nei nostri cieli, anche se munito di arco e frecce: asterisma che noi tutti chiamiamo Sagittario.
Forse accidentalmente ricordiamo che questa costellazione giace in direzione del centro galattico, e, dalla “punta della
freccia del Sagittario”, secondo Paul La Violette (Earth under fire), potrebbe giungere, verso il sistema solare, una
superonda galattica di ampie ed imprevedibili proporzioni, evento che, peraltro, periodicamente si è già verificato.
Altrettanto casualmente ricordiamo che Giorgio de Santillana ed Hertha von Dechend (Il Mulino di Amleto) ci ricordano
come le regioni mitiche dell’Ade e della Palude Acherusiade od Acherontica, proverbialmente luogo dove riposano le
anime dei trapassati, (cui si potrebbe aggiungere, nel futuro, quella di Chatillon, come afferma lui stesso!) siano in realtà
regioni del cielo, poste proprio in contiguità con la parte occidentale della costellazione dello Scorpione, quasi in
vicinanza della “punta della freccia del Sagittario”.
Fantascienza, fantasie, mere ipotesi?
Certo è che, in questo caso, le strane parole “Salut”, “gouffre”, “danger” non sarebbero forse campate per aria!
Ora, ci chiediamo: esiste un elemento comune che possa unire il “75” e le stelle, con la costellazione del Centauro
(effettivo, od il Sagittario, in quanto “Centauro armato di arco e freccia”), indirette protagoniste del nostro futuro?
Di sicuro vi è un’altra stranezza a Rennes-le-Château, praticamente del tutto ignorata dalla quasi totalità dei ricercatori.

La strana “meridiana” di Rennes-le-Château.


Sulla parete di una casa, a meno di 30 metri dalla chiesa di Sauniére, vi è una strana “meridiana”, attualmente
mancante, peraltro, del pignone centrale, se
mai esso era stato presente, costruita con, guarda caso, ‘nove’ simboli astronomico-zodiacali che giammai vengono
usati su questi orologi solari.
Si tratta dei glifi di 5 costellazioni: da sinistra verso destra, Bilancia, Vergine, Leone, Cancro e Gemelli e di 4 corpi
celesti: da sinistra verso destra Saturno,
Luna, Mercurio, e Sole, anche se, talora, questo glifo viene correlato alla Terra. Il fatto invero indicativo è che le
costellazioni raffigurate siano adiacenti nel
cielo. Vi sarebbe, pertanto, un possibile settore di cielo, visibile all’ipotetico osservatore, che le conterrebbe tutte.
I corpi celesti presenti sulla “meridiana” consentirebbero, vista la presenza del più lento (Saturno) e del più veloce
(Luna), di identificare, mediante il calcolo delle effemeridi, se esistesse, una data cronologica in cui tutti i 4 corpi celesti
si proiettino nel cielo sulle sfondo di queste costellazioni.
In base ad una complessa ed articolata analisi, che non cito in questa sede per ragioni di tempo, ho verificato come, in
questa pseudo-meridiana, vi siano

A Rennes-le-Château, lungo la strada che porta alla chiesa, nella foto visibile sullo sfondo, solo ad una ventina di metri
ed a pochi metri dal bivio a siinistra che conduce a Villa Bethania, è presente una casa sulla destra dell’osservatore, in
posizione lievemente obliqua rispetto alla via, che presenta, sulla faccciata, la strana meridiana.
Ecco come si presenta la ‘meridiana’, posta subito sopra l’architrave di un uscio di una casa estremamente vicina alla
chiesa di Rennes-le-Château. Da sinistra a destra compaiono i glifi di Saturno, Bilancia, Luna, Vergine, Mercurio,
Leone, Cancro, Sole (?), Gemelli.
Vi sono così comprese 5 costellazioni adiacenti nel cielo: Bilancia, Vergine, Leone, Cancro, Gemelli, e 4 corpi celesti:
Saturno, il più lontano ed il più lento, Mercurio, il più veloce ed il più vicino, ed i due “luminari” il sole e la Luna.

numerosi simbolismi di tipo astromitologico, talora di tipo alchemico, talora di tipo religioso cattolico, che consentono di
valutare come invero significativa la disposizione dei corpi celesti e delle costellazioni citate.
Chissà se esiste una eventuale data reale, che corrisponde alla disposizione di questa pseudo-meridiana?
Forse, se esistesse, non ci stupiremmo davvero troppo se, alla luce di questa

nostra lunga ed articolata ricerca, l’anno in questione fosse proprio il 5-775 del calendario ebraico, l'anno che
corrisponde alle lettere ‫“ = תשעה‬Teshaw”, corrispondenti alla parola “Nove”, il numero che costituisce l’inizio e la fine
delle nostre ricerche.
Incredibilmente questa data, se fosse reale, sarebbe determinata, in forma tanto ricorrente, quanto impensata, proprio
dal simbolismo del ‘nove’, che ci ha accompagnato come una presenza discreta, ma costante ed immanente, attraverso
i millenni, mediante la numerologia e la kabbalah ebraica, talora applicata in funzione calendariale.
Questo numero, davvero dalle caratteristiche divine, potrebbe essere stato scelto, con una sorta di determinismo
trascendente, che agli occhi di noi mortali, apparirebbe del tutto impossibile, ed alieno da ogni comprensione, per
scandire, da moltissimo tempo, le vicende umane.
Sarebbe possibile che i “Creatori” o gli ‫“ = אלהים‬Elohim” della Bibbia erano stati, già dalla loro comparsa, artefici del
nostro destino, codificando gli eventi umani secondo la chiave del ‘nove’?.
Certo è che Zecharia Sitchin (Le astronavi del Sinai, pag. 340 ed Il pianeta degli Dei, pag. 108) afferma che la gli
Annunaki, versione sumera degli Elohim ebraici, erano in possesso della “Tavola dei Destini” che consentiva loro di
conoscere in anticipo lo sviluppo delle orbite di tutti i pianeti, ed indirettamente, degli eventi umani, custodita nel Dir.Ga,
una “camera scura a forma di anello”, posta all’interno dell’E.Kur, la “grande casa” di Sippar.

Al termine di questa nostra lunga ricerca, non abbiamo una soluzione certa, ma si fa strada in noi, come una sorta di
personale cammino iniziatico intrapreso, che ci ha davvero cambiato dal momento in cui ci siamo accinti a queste
ricerche sul ‘nove’, una serie di dubbi, più che di certezze, sulle tre fatidiche domande, anima da sempre
dell’esoterismo, e della filosofia umana: Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?
Parafrasando le tematiche di Sigismondo Panvini, e del suo strano ed inquietante libro, semplice, ma anche
incredibilmente complesso, “Il tempo della fine: codice Archer”, si potrebbe così inferire che in periodo medievale, già
dai tempi dei cavalieri Templari, si sapeva che il numero ‘nove’, oltre ad avere particolari valenze numerologiche, aveva
rilevanze calendariali, strettamente connesse, per volere divino, al divenire dell’Uomo, scandendo le tappe nella Storia
dell’Uomo.
Sulla falsariga del solo titolo del libro “Il codice del quattro” di Ian Caldwell e Dustin Thomason, potremmo, in tal modo,
forse affermare, con stile letterario alla Dan Brown, che “Il codice del nove”, ispirato a queste nostre analisi sul ‘nove’,
potrebbe eventualmente essere lo spunto od il titolo di un avvincente ed appasionante romanzo di successo, del genere
“thriller” o “fantasy’ o “science-fiction”.
Ma questo non è e non sarà compito nostro, … e, forse, sarebbe davvero tutta un’altra Storia!!!

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