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zioni – Milán, Sor, Boccherini, Giuliani, Weiss, base dei suoi allievi, ma posso affermare che il
Da Milano – opere che spesso, dopo una pri- lavoro di Ruggero regge bene, anche nel caso
ma lettura, rimasero nei miei scaffali per anni, dei peggiori allievi, a questo tipo di impropria
ma che in me avevano lasciato una curiosità de- valutazione.
stinata a svilupparsi a distanza di tempo. Ero Per il suo lavoro di musicologo Ruggero
all’epoca un classico chitarrista allievo proveniente Chiesa godeva di grande stima, da me più vol-
dalla scuola di Segovia – che non conobbi per- te constatata, presso i più grossi concertisti del-
sonalmente – e di Alirio Díaz – con il quale ef- la sua epoca, primo fra tutti Segovia. Ricordo a
fettivamente studiai. Dunque repertorio rigoro- questo proposito uno dei rari aneddoti che Ruggero
samente segoviano con qualche cedimento ai la- raccontava sul maestro andaluso (l’aneddotica
tino-americani tollerati dal maestro andaluso e segoviana, così amata dai suoi colleghi, sem-
travolgentemente promossi da Alirio Díaz. brava non toccarlo molto): era il 1980 e si tro-
L’Ottocento chitarristico era completamente igno- vava a Venezia in occasione del premio “Una
rato, ad eccezione degli Studi di Sor revisionati vita per la musica” che quell’anno veniva con-
nel 1945 da Segovia e delle Variazioni op. 9, segnato appunto a Segovia. Appena arrivato nel-
sempre di Sor. la sua stanza d’albergo, Ruggero sentì in lonta-
Il seme lasciato da quelle letture cresceva e nanza qualcuno che suonava molto lentamente
mi rendeva sempre più urgente trovare una via la prima Rossiniana di Giuliani, allora appena
di sviluppo. Nel 1978 Ruggero Chiesa venne a pubblicata; divorato dalla curiosità, si avvicinò
Torino, la città dove vivevo, e fece una confe- alla porta della stanza dello sconosciuto chitar-
renza su Giuliani e Sor, illustrata da Wladimir rista, origliando l’esecuzione. Per apprendere
Mikulka che suonò il Gran solo e le Variazioni l’identità dell’esecutore fu sufficiente una telefo-
op. 9 di Sor, la Sonata op. 15 e le Variazioni nata: l’ospite di quella stanza era nientemeno
su un tema di Haendel op. 107 di Giuliani. È che Andrès Segovia. Che soddisfazione per Ruggero:
difficile oggi immaginare come questo reperto- la curiosità per quel repertorio dimenticato era
rio potesse essere considerato ancora una novità riuscito a suscitarla anche nel primo dei chitar-
negli anni Settanta da parte di molti chitarristi. risti, quello che gli era stato maestro anni pri-
Le novità, sul repertorio, erano scandite in quel ma all’Accademia Chigiana.
periodo da tre persone: Ruggero Chiesa, con le Dunque, quello che mi attraeva in Ruggero
sue pubblicazioni, Pepe Romero, con i suoi di- Chiesa era la sua capacità di portare vive novità
schi che seguivano spesso a ruota le pubblica- nel repertorio; anche se lui personalmente non
zioni di Ruggero Chiesa, e Julian Bream, che in teneva concerti, era facile constatare che le per-
autonomia riuscì a cogliere
i valori di quelle musi-
che. La conferenza tori-
nese del 1978 fu la pri-
m a oc c as io n e i n c u i
ascoltai una “lezione” di
R u g g e ro Chiesa, e ne
uscii molto soddisfatto. A
convincermi dell’oppor-
tunità di andare a lezio-
ne da lui fu invece
l’ascolto di alcuni suoi al-
lievi, in particolare Elena
Càsoli, che soprattutto
nel repertorio dell’Otto-
cento mi aveva partico-
larmente convinto; oggi
inorridisco all’idea di giu- Venezia 1980. L’inedito quartetto (Díaz, Ghiglia, Chiesa, Amato) ha appena finito di suo-
dicare un maestro sulla nare; dal palco Segovia applaude.
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sone della sua cerchia avevano un approccio – copia di una Julian Gómez Ramírez “torinese”
particolare, direi “distinto”, a qualunque tipo di che divenne mia anni dopo – un’immancabile
repertorio. José Ramírez III sgangheratissima – con la qua-
L’insegnamento di Ruggero Chiesa ha rappre- le Ruggero non doveva avere molto feeling a
sentato per me qualcosa che va ben oltre il clas- giudicare dalle condizioni in cui si trovava – e
sico rapporto maestro-allievo: significò infatti en- una Kohno 50. In genere mi recavo in quella
trare a far parte, a volte in maniera del tutto in- casa la domenica mattina e, cosa che oggi mi
consapevole, di un laboratorio di ricerca: Il la- sconcerta, non portavo mai la mia chitarra: pre-
boratorio di Ruggero Chiesa. ferivo usarne una del maestro.
Ma andiamo per ordine: dove si trovava il la- In un laboratorio normalmente si sperimenta
boratorio di Ruggero Chiesa? A Milano, in Corso e il laboratorio di Ruggero aveva precisamente
Plebisciti 9, nel suo grande salotto dominato da questa caratteristica: non era un luogo di verità
un lunghissimo tavolo su cui erano accatastati assolute distribuite a mo’ di doni a pochi eletti,
tutti i libri, manoscritti, dischi e fotocopie su cui ma un luogo dove ognuno partecipava, con i
egli in quel momento stava lavorando. Fu su propri mezzi e con le proprie disposizioni, a un
quel tavolo che lessi, per la prima volta con lui, progetto di ricerca che Ruggero costruiva intor-
alcuni brani originali per chitarra di Paganini che no alla personalità di ogni allievo con metico-
stava revisionando e che da poco erano stati li- losa precisione e dedizione. Centro di questa ri-
berati dal vincolo di Stato che ne rendeva im- cerca era la musica; ma non quella con la em-
possibile la pubblicazione; e da quella lettura me maiuscola che certi chitarristi usano come
doveva nascere il grande interesse verso quei paravento del loro complesso di inferiorità, de-
brani, interesse che mi avrebbe portato anni do- rivato dall’essere chitarristi piuttosto che pianisti
po alla loro registrazione integrale. o violinisti, ma semplicemente la musica come
Era anche il laboratorio dove, dal 1972 al letteratura chitarristica còlta nella sua interezza
1993, nacque e si sviluppò “il Fro n i m o ” . culturale e sociale, cioé nel contesto e nel rap-
Contrariamente a quello che si potrebbe imma- porto con i fenomeni e l’evoluzione del linguaggio
ginare a proposito di un uomo che è stato col- musicale generale nelle varie epoche.
to prematuramente dalla morte nel giugno del In qualche modo si può dire che l’atteggia-
1993, non vi era in quella stanza un computer mento di Ruggero Chiesa come didatta si avvi-
e neanche una macchina da scrivere: Ruggero cinasse straordinariamente a quello descritto da
scriveva tutto a mano, dalle lettere private ai suoi Arnold Schönberg nella Prefazione del suo Manuale
articoli più vasti. Ricordo una volta in cui, con di armonia (Milano, il Saggiatore, 1963); ovve-
mio grande stupore e nel tentativo (fallito) di ro un atteggiamento che lega in un tutt’uno l’at-
convincermi a partecipare a un concorso, mi co- tività di ricerca con l’attività didattica. È oppor-
piò a mano tutto il bando e me lo spedì a ca- tuna dunque una citazione un poco estesa dal
sa. In realtà vi era pure un secondo laboratorio, celebre testo di Schönberg:
che era la sua aula in Conservatorio, ma quel-
lo io l’ho frequentato poco essendo stato prin- “Quando insegnavo, non cercavo mai di dire
cipalmente un allievo privato; ve n’era pure un all’allievo solo quello che sapevo, ma semmai
terzo, quello più pubblico e formale dell’aula dei quello che lui non sapeva. E tuttavia neppure
corsi di trascrizione delle intavolature antiche questa era la cosa principale, anche se mi co-
dell’Accademia Chigiana a Siena, dove Ruggero stringeva a trovare per ogni allievo qualcosa di
lasciò sempre più spazio negli ultimi anni alla nuovo: ma mi sforzavo soprattutto di mostrargli
letteratura chitarristica dell’Ottocento. Il labora- l’essenza delle cose alla radice. Perciò non os-
torio di Corso Plebisciti aveva anche un picco- servavo mai quelle rigide regole che tendono i
lo pianoforte verticale (sempre rigorosamente scor- loro lacci intorno alle menti dei giovani, e tut-
dato) al quale volentieri Ruggero si sedeva per to si risolveva in indicazioni o suggerimenti che
controllare un testo musicale svicolandosi dagli non vincolavano l’allievo così come non vinco-
automatismi meccanico-chitarristici che poteva- lavano il maestro. Se poi l’allievo poteva fare
no, a suo dire, indurlo a una “falsa lettura”. Poi ancor meglio senza di esse, ne faceva a meno.
c’erano le sue chitarre: una bellissima Gallinotti Ma il maestro deve avere il coraggio di com-
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promettersi, non deve mostrarsi come un indi- tro nel tempo furono accorciati, poiché molti au-
viduo infallibile che sa tutto e non sbaglia mai, tomatismi sul piano del bagaglio meccanico era-
ma come l’instancabile che è sempre alla ricer- no già acquisiti e nel giro di poco tempo riu-
ca e qualche volta riesce anche a trovare qual- scii a rinnovare le mie interpretazioni come mai
cosa. […] Gli errori che i miei allievi commet- mi sarei aspettato di poter fare sotto la guida di
tevano a causa di mie indicazioni insufficienti o un maestro che interprete non era. Questo fat-
sbagliate mi hanno insegnato a dare indicazio- to mi diede molto da pensare, perché mi ero
ni esatte, mentre le soluzioni giuste hanno con- reso conto di non seguire più un modello o un
fermato l’esattezza del mio metodo, senza per esempio ma semplicemente di compiere una ri-
questo indurmi all’eresia di credere di aver real- cerca intorno a quelle che erano le mie più na-
mente risolto il problema. Penso che tale me- turali disposizioni e affinità musicali, un percor-
todo sia stato utile per i miei allievi e per me. so che aveva curiose affinità con il lavoro di psi-
Se avessi loro detto solo quello che so, ora sa- canalisi che avevo iniziato nello stesso periodo.
prebbero quello e nient’altro. Può darsi che sap- Un percorso che aveva come centro la lettera-
piano ancor meno, ma sanno di certo qual è la tura chitarristica e come scopo la sua realizza-
cosa che veramente conta: la ricerca!” zione concertistica nella maniera il più possibi-
le completa sul piano stilistico.
Esattamente questo era il modo di procedere La mia ultima visita al laboratorio di Corso
di Ruggero, e il fatto che sia possibile ritrovare Plebisciti avvenne l’8 aprile 1993: fu un incon-
il suo metodo nelle parole di Schönberg è già t ro, sul piano umano, per me molto forte.
da solo indicativo della sua lungimiranza e acu- Sempre impeccabile nello stile, nel modo di ve-
tezza nell’ambito, sempre troppo dogmatico, del- stire, Ruggero mi parlò esplicitamente della sua
la chitarra. morte e mi disse che pensava di vivere ancora
Anche nei miei confronti Ruggero seppe usa- un anno – gli rimanevano invece poco più di
re questa lungimiranza. Quando lo conobbi, all’età due mesi. Fece anche un bilancio della sua vi-
di vent’anni, già tenevo dei concerti e la mia ta professionale e per la prima volta mi parlò
prima lezione con lui si svol-
se pochi giorni dopo che
avevo vinto il secondo pre-
mio al concorso di Alessandria.
Dopo il primo ascolto Ruggero
mi fece una proposta per
certi versi sconcertante: rico-
minciare tutto da capo. Una
sottile intuizione mi fece ac-
cettare di buon grado e alla
mia prima lezione gli suonai
dei piccoli studi elementari di
Carcassi, Sor, Giuliani e lo
Studio n. 1 di Leo Brouwer.
Questa sorta di revisione dei
miei primi passi nel mondo
della musica per chitarra fu
per me fondamentale non
solo per i benefici che ne eb-
bi come esecutore, ma per-
ché mi diede l’occasione di
acquisire un bagaglio di cui
sono oggi beneficiari i miei
stessi allievi. Naturalmente i
tempi di questo ritorno indie- D. Aguado, Studio. Frammento di una pagina del manoscritto di Ruggero Chiesa
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esplicitamente, lui che era sempre così riserva- A dieci anni di distanza dalla sua scompar-
to sulle questioni private, anche dei suoi affet- sa Ruggero mi manca certamente sul piano
ti. Il suo principale pensiero era rivolto natural- umano; su quello professionale manca poi la
mente a quelli famigliari, ma subito dopo veni- possibilità di un confronto per uno scambio di
vano i suoi allievi, soprattutto i più giovani. In opinioni, un parere telefonico, come spesso ac-
quell’anno, che sarebbe stato inevitabilmente scan- cadeva negli ultimi anni della sua vita. Tutto
dito dai ritmi del suo male, i progetti non man- ciò è comunque compensato dalla ricca ere-
cavano e ricordo in particolare il suo desiderio dità che ci ha lasciato: il mio laboratorio, co-
di affrontare l’edizione critica degli studi di Dionisio me ad esempio quello di Massimo Lonardi,
Aguado. Non fu la nostra ultima conversazione, quello di Elena Càsoli, di Paolo Cherici o di
perché ci sentimmo per telefono fino a pochi Emanuele Segre, forse non si assomigliano nei
giorni prima della sua scomparsa, ma doveva ri- loro progetti e nei loro contenuti; funzionano
manere certamente l’incontro con Ruggero che però secondo i medesimi principi di quello di
ricordo con più emozione. Corso Plebisciti 9.
di Roberto Pinciroli
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RICORDO DI RUGGERO CHIESA
di Adriano Vignola
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CARISSIMO RUGGERO,
L’EREDITÀ
di Marco Mustardino
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scrivermi quest’uomo tanto innamorato del suo ti al nome del Maestro, forse si è già creata, gra-
lavoro e del suo strumento. Si tratta di un pa- zie ad una spontanea idea di “appartenenza” che
trimonio che contiene l’enorme lavoro di ricer- vede persone di diversa età e provenienza (dal
ca e revisione di decine di opere, l’amore di- giovane allievo all’esperto concertista, dall’inse-
sinteressato per la chitarra, attente intuizioni di- gnante al musicologo o al “semplice appassio-
dattiche e, non di meno, una grande cultura ar- nato”) condividere un comune tesoro.
tistica. Ora, spinto da grande entusiasmo, nella mia
Solo con il passare degli anni ho intuito che piccola realtà spero di riuscire, già nel presente
anche a me è stata tramandata questa eredità, di giovane musicista e giovane insegnante di chi-
facendomi sentire un nuovo pezzo di un im- tarra, ad applicare quello che ho appreso e che
portante mosaico cominciato da Chiesa. Credo cerco di apprendere, “formando” nel migliore dei
che una seconda generazione di musicisti, lega- modi altri pezzi per il grande mosaico.
Con questo numero, ultimo del 2003, si conclude la pubblicazione dei contributi inviatici in ricordo di Ruggero
Chiesa. Questi testi verranno inseriti nel sito Internet della rivista nelle pagine dedicate a Ruggero Chiesa,
sotto il titolo “Testimonianze”. Eventuali altri contributi che dovessero pervenire in futuro potranno essere ac-
colti nello stesso spazio.
Con l’uscita dell’indice analitico è possibile rilegare i due volumi relativi ai numeri 101-
120 (anni 1998-2002). Chi volesse acquistare le due copertine è pregato di comunicarlo
alla Redazione in modo da poter procedere all’ordinazione del materiale necessario in quan-
tità sufficiente. La prenotazione non comporta alcun obbligo all’acquisto.
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