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PICCOLO MANUALE 

DI APPROCCIO AL
 RICONOSCIMENTO DELLE PIANTE
INTRO

“...Ma perché andarsene in giro a riconoscere, raccogliere e  
mangiare verdure selvatiche?”.
Per la bellezza del superfluo e la necessità di liberarsi.
Camminare,   vivere   il   tempo   invece   di   risparmiarlo, 
guardare l'insieme e i dettagli degli altri, animali umani­ 
non umani ­ piante ­ funghi ­ minerali, che esistono con 
noi, respirare profondamente, odorare una radice, lisciare 
una foglia, mangiare un fiore. 
A   cosa   serve   tutto   ciò?   A   niente,   se   non   a   liberare 
endorfine e serotonina, abbassare la pressione sanguigna 
e il livello di corticosteroidi nel sangue: benessere. 
Risvolti più pratici invece: finché si è dipendenti da risorse 
gestite da chi si pone al di sopra di noi si è ricattabili. 
Così accettiamo lavori che non ci appassionano, ritmi che 
ci   disumanizzano,   case   squadrate   e   in   serie,   alimenti 
preconfezionati e senza nutrienti. 
Iniziamo   a   procurarci   il   nostro   cibo   raccogliendo   e 
coltivando, costruiamo con la nostra famiglia e gli amici le 
case con i materiali e le forme che vogliamo, con gli altri 
scambiamo orizzontalmente beni e saperi. 
Avremo meno bisogno di soldi, meno bisogno di lavorare, 
più amiche e amici, più consapevolezza di quanto nessun 
bene materiale valga la svendita e la mortificazione della 
nostra libertà. 
E inizieremo a difenderla. 
« Le strategie "dal basso verso
l'alto" più rilevanti partono
dall'individuo e si sviluppano
attraverso l'esempio e l'emulazione fino
a generare cambiamenti di massa.
La permacultura - per quanto complementare
a molti approcci "dall'alto verso il
basso" all'interno del movimento
ambientalista - non ha come obiettivo
principale quello di far pressione su
governo e istituzioni per cambiare la
politica, ma quello di permettere a
individui, famiglie e comunità locali
di accentuare la loro autosufficienza e
autoregolazione. [...]
Tale approccio si basa sulla
consapevolezza che una parte della
società è pronta, disponibile e in grado,
sostanzialmente - questo è ancora più
significativo - di cambiare il
proprio comportamento, se crede che
ciò sia possibile e rilevante.
Questa minoranza socialmente ed
ecologicamente motivata rappresenta la
chiave di volta di un cambiamento su
larga scala. »
(David Holmgren, Permacultura, dallo sfruttamento
all'integrazione. Progettare modelli di vita
etici, stabili e sostenibili)
Come è nato il nome scientifico delle piante? 
Prima del caro naturalista svedese Linneo (metà del '700), 
se   avessi   voluto   scrivere   una   lettera   ad   un   collega 
naturalista   per   parlare   del   geranio   invece   di   scrivere 
Geranium   robertianum  avrei   dovuto   scrivere   una 
settantina   di   parole   ("sai   ieri   ho   raccolto   una   di   quelle 
piante con 5 petali rosati, alta circa 20 cm con le foglie 
seghettate... "). Questa lunga descrizione per nominare le 
piante   veniva   detta   polinomio.   Non   vi   erano   regole 
precise.   Oltre   ad   essere   di   difficile   memorizzazione,   i 
polinomi   differivano   talvolta   da   un   autore   all'altro   e   a 
causa   della   continua   scoperta   di   nuove   specie,   erano 
destinati   ad   aumentare   sproporzionatamente   di 
lunghezza.   L'idea   di   Linneo   fu   semplice   ed   efficace. 
Propose di assegnare ad ogni specie vegetale (e poi pure 
animale), due soli nomi: il binomio. Una sorta di nome e 
cognome. 
Tornando   all'esempio   di   prima,  Geranium  è   il   genere 
("cognome"   comune   a   più   piante   con   caratteristiche 
simili),  robertianum  è   l'epiteto   specifico   ("nome")   che 
assieme al genere indica un'unica specie botanica. 
Una   definizione   semplice   di   specie   è   "popolazione   di 
organismi   con   molti   caratteri   simili   che   in   condizioni 
naturali  sono  in grado  di fecondarsi  per  produrre prole 
fertile". La realtà è più complessa, come in tutti i sistemi 
biologici. 
Noi umani cerchiamo però comprensibilmente di definire 
e classificare perché abbiamo capacità intellettive limitate 
che possono afferrare solo pezzi di esistente. 
Nulla   di   male   quindi   nel   ricercare,   approfondire, 
curiosare, porci domande e scrivere risposte,  è anzi una 
delle   caratteristiche   più   interessanti   della   nostra   specie, 
ma   non   dimentichiamo   che   sono   risposte   provvisorie, 
parziali e antropocentriche per cui nè le religioni, nè le 
filosofie, nè le scienze ci daranno verità assolute. 
Tornando   alla   botanica   sistematica   (cioè   il   tentativo 
umano di dare un ordine alle piante dentro un sistema), 
dicevamo   che   più   specie   simili   sono   raggruppate   in 
generi. 
Più generi simili costituiscono le famiglie. 
Ed   è   sulla  descrizioni   di  queste  che  ci   soffermeremo   in 
questo manuale casalingo sul riconoscimento delle piante 
spontanee commestibili (eduli) e medicinali.
Seguirà una seconda edizione con approfondimento delle 
specie.
Specie della stessa famiglia hanno in comune i caratteri 
sessuali,  cioè  quelli  legati   al  fiore,  ed   hanno   una  storia 
evolutiva simile. 
Immaginando un albero genealogico, potremmo dire che 
queste   specie   hanno   un   parente   comune,   da   cui 
discendono tutte quante, non troppo remoto, per esempio 
una bisnonna. 

Evoluzione 
Che   cos'è   questa   evoluzione?   Ed   essere   più   evoluti 
significa   essere   superiori?   E   cosa   significa   essere 
superiori? 
Che   confusione   a   causa   della   tendenza   alla 
gerarchizzazione che abbiamo! 
L'evoluzione è la semplice trasformazione degli organismi 
per potersi meglio adattare all'ambiente in cui vivono. 
E se davanti ad un computer l'essere umano è più evoluto 
di   una   spugna   di   mare,   a   6.000   metri   di   profondità 
nell'Oceano   Pacifico   è   la   spugna   ad   essere   più   evoluta 
dell'uomo,   semplicemente   perché   vi   sopravvive   al 
contrario di noi. 
Per cui non esistono piante o animali più evoluti o meno 
evoluti di altri in termini assoluti ma solo relativamente 
all'ambiente in cui vivono. 
Il   merito   culturale   maggiore   che   hanno   avuto   le   teorie 
evoluzionistiche è quindi quello di avere dato una spallata 
a   quell'essere   umano   che   si   era   messo   in   cima   ad   una 
piramide con una corona in testa per regnare su tutto il 
resto   del   "creato"   per   scaraventarlo   dentro   una   rete 
orizzontale   di   cui   lui   è   un   nodo   nè   più   nè   meno 
importante   di   tutti   gli   altri   (orchidee,   lucertole,   acari, 
cavolo vecchio...). 

Ecotipi 
E non solo per adattarsi all'ambiente si differenziano le 
specie ma dentro le specie si differenziano gli individui. 
Accenno al "polimorfismo" delle piante perchè è una delle 
caratteristiche che più possono portare confusione a chi 
inizia   ad   approcciarsi   al   riconoscimento   delle   piante   in 
campo. Se un seme di cicoria selvatica cade su un terreno 
assolato   e   compattato   per   il   frequente   passaggio   di 
mucche ecco come si presenterà da grande: 
se cade in un soffice terreno ombreggiato così ci apparirà: 
Questi   due   individui   rappresentano   ecotipi   della   stessa 
specie (Cichorium intybus) cioè aspetti particolari di una 
specie dovuto al diverso ambiente di sviluppo. 
E come si fa? 
Guardare,   guardare,   guardare...   esperire,   esperire, 
esperire... 
E   non   avremo   più   dubbi   così   come   di   fronte   ad   un 
africano alto 2 metri per 120 chili e ad un cinese alto 1,60 
metri per 45 chili riconosciamo l'essere umano.

IL REGNO VEGETALE 

Le   piante   sono   distinte   in   quattro   grandi   divisioni: 


tallofite, briofite, pteridofite e spermatofite. Le prime tre 
sono anche denominate crittogame, con “nozze” (gámos) 
“nascoste”   (kryptós)    cioè   piante   dotate   di   organi 
riproduttori   non   visibili.   Le   spermatofite,   invece,   sono 
anche   chiamate   fanerogame,   con   “nozze”   (gámos) 
“manifeste”  (phanerós)  ovvero   piante   aventi   organi 
riproduttori visibili ossia i fiori.
TALLOFITE ­ Raggruppano le piante più semplici , ovvero 
quelle   il   cui   corpo   è   un   «tallo»,   privo   di   ogni 
differenziazione tra radici, fusto e foglie. Tra le tallofite 
troviamo le alghe. 
BRIOFITE ­ Anch'esse sono piante il cui corpo è un «tallo», 
di modeste dimensioni e privo di un sistema vascolare. Il 
loro   ciclo   vitale   è   caratterizzato   dall'alternarsi   di   due 
generazioni:   il   gametofito,   pianta   produttrice   di  gameti 
(generazione   sessuata)   e   lo   sporofito,   parassita   del 
gametofito e produttore di spore (generazione asessuata). 
Alle briofite appartengono i muschi e le epatiche. I muschi 
sono   piante   che   vivono   nelle   paludi   o   su   terreni   molto 
umidi   e   che   possiedono   una   resistenza   molto   elevata 
all'essiccamento. Le epatiche sono simili ai muschi ma di 
dimensioni più piccole.
PTERIDOFITE   ­   Le   pteridofite,   comparse   sulla   Terra   in 
epoche   molto   remote,   sono   considerate   l'anello   di 
congiunzione   definitivo   fra   le   piante   acquatiche   e   le 
piante di terraferma. Presentano, come le briofite, un ciclo 
riproduttivo   alternato   ma   con   uno   sviluppo   nettamente 
predominante della fase sporofitica. Sono dotate di vere 
radici, fusto e foglie e, come le spermatofite, sono piante 
vascolari cioè provviste di vasi per trasportare le sostanze 
e i prodotti della fotosintesi.  Le pteridofite si distinguono 
in felci, equiseti e licopodi. 
SPERMATOFITE   ­   Sono   le   piante   a   struttura   più 
complessa, in cui, come si è detto, gli organi riproduttori 
sono   visibili   e   producono   semi.   Esse   comprendono   due 
gruppi:  quello   delle   gimnosperme   e   quello   delle 
angiosperme.   Le   gimnosperme,   piante   a   semi   nudi 
(gymno­ e ­spermae)  cioè visibili, sono formate da sette 
classi, di cui tre fossili. La classe più comune è quella delle 
conifere (Pinophita), alla quale appartengono pini, abeti, 
larici,   cipressi,   ginepri   ecc.   Le   angiosperme   (aggheion 
"vaso, recipiente" e sperma "seme") sono tutte le piante 
che   hanno   gli   ovuli   chiusi   dentro   l'ovario,   e 
conseguentemente   i   semi,   che   da   essi   provengono, 
contenuti dentro la cavità del frutto; sono le piante più 
diffuse   sulla   superficie   terrestre(se  ne   conoscono   più   di 
250 mila specie diverse): a partire dalla loro comparsa, 
circa 150 milioni di anni fa, le angiosperme hanno infatti 
via   via   sostituito   tutte   le   altre   specie.   Le   caratteristiche 
fondamentali   di   queste   piante   sono   i   fiori   dai   quali   si 
formeranno i frutti contenenti semi.
FIORE­IMPOLLINAZIONE­FRUTTO­SEME
Ogni   fiore,   per   assicurare   la   prosecuzione   dell'esistenza 
della   propria   specie,   deve   passare   attraverso   due   fasi: 
l'impollinazione e la fecondazione.
Generalmente   le   Angiosperme   hanno   fiori  ermafroditi 
(fiori che hanno contemporaneamente organi maschili e 
femminili).
Solo nelle dioiche i sessi sono separati (es. ortica, luppolo, 
kiwi): i fiori maschili e femminili sono portati da individui 
diversi;   nelle   monoiche   la   stessa   pianta   porta 
separatamente fiori maschili e femminili.
Tutte   le   diverse   parti   che   compongono   il   fiore   sono   in 
realtà   foglie   variamente   modificate   in   modo   tale   da 
svolgere compiti diversi.
Osservando attentamente la struttura di un fiore completo 
possiamo   distinguere   diverse   parti:   talamo,   perianzio, 
gineceo e androceo.
Il talamo è un ingrossamento al di sopra del gambo sul 
quale è inserito il fiore (il gambo può anche mancare e in 
tal caso il fiore viene definito sessile).
Il   perianzio   costituisce   la   parte   esterna   del   fiore   e 
comprende calice e corolla.
Il   calice   si   compone   di   foglioline,   dette   sepali,   che 
proteggono le parti interne del fiore in boccio. Quando i 
sepali   sono   distinti   tra   di   loro   il   calice   viene   detto 
dialisepalo   se   sono   saldati   tra   loro   il   calice   viene   detto 
gamosepalo. 
La   corolla   è   costituita   dai   petali.   Quando   i   petali   sono 
distinti la corolla viene chiamata dialipetala al contrario 
viene definita gamopetala.
Nel caso in cui non vi sia distinzione apparente tra calice 
e corolla il perianzio prende il nome di perigonio mentre 
le foglie fiorali vengono dette tepali (caso più frequente 
tra le monocotiledoni come giglio e aglio).
L'apparato   riproduttore   maschile   del   fiore   (androceo)   è 
costituito   da  stami   formati   da   un   peduncolo   sterile 
(filamento) che sorregge la sommità fertile (antera).
L'antera è un rigonfiamento che contiene il polline.
Il  gineceo  (apparato  riproduttore femminile)  è costituito 
dai   pistilli   (uno   o   più   di   uno)   formatisi   dalla 
modificazione   di   foglie   speciali   della   pianta   chiamate 
carpelli.
Di ogni pistillo possiamo distinguere una parte inferiore 
cava e rigonfia (ovario, contenente uno  o più ovuli) ed 
una parte superiore, filamentosa (stilo). L'estremità dello 
stilo (stimma) assume la funzione di catturare, trattenere 
e alimentare il polline.
I fiori possono essere portati dalla pianta isolati, all'apice 
o   all'ascella   dei   rami   ma   spesso   riuniti   in   gruppi 
(infiorescenze).
Il   polline   può   essere   portato   allo   stimma   dal   vento 
(anemogamia),   dagli   animali   (zoogamia),   dall'acqua 
(idrogamia).
Solo   le  zoogame  producono  nettare,   un   sostanza 
zuccherina   che   ha   il   compito   di   attirare   l'insetto 
impollinatore   e   per   lo   stesso   motivo   presentano   fiori 
appariscenti e profumati.
Le  anemogame,   viceversa,   sviluppano   fiori   spesso 
piccoli, insignificanti e talora apetali (privi di corolla)
Le  idrogame  sono   esclusivamente   piante   acquatiche 
come le Ninfee e la Posidonia
Avvenuta la fecondazione le pareti dell'ovario diventano 
legnose o carnose formando il frutto (pericarpo), il quale 
ha   la   funzione   di   proteggere   l'ovulo   che,   una   volta 
fecondato, si trasformerà in seme; 
Se il frutto è dolce e colorato la disseminazione è affidata 
agli animali che ne sono attratti (zoocoria). Diversamente, 
la   disseminazione   può   essere   affidata   al   vento 
(anemocoria) o all'acqua (idrocoria – es. noce di cocco).
Il seme ospita al suo interno l'embrione che altro non  è 
che   la   futura   piantina.   A   determinate   condizioni   di 
substrato,   temperatura,   umidità,   ore   di   luce/die 
(condizioni edafo­climatiche) il seme abbandona lo stato 
di   quiescenza,   in   cui   può   sussistere   per   diversi   anni,   e 
inizia a germogliare.

FORMULA FIORALE 

E'   una   convenzione   adottata   per   schematizzare   la 


descrizione   di   un  fiore  utilizzando   sigle   e   numeri   che 
indicano le sue diverse parti e la loro disposizione.
Le sigle convenzionali adottate sono le seguenti:
• * =  fiore actinomorfo (simmetria radiale) 
• X = fiore zigomorfo (simmetria bilaterale) 
• K = calice (a cui viene fatto seguire il numero dei 
sepali) 
• C = corolla (numero dei petali) 
• P = perigonio (numero dei tepali) 
• A = androceo (numero degli stami) 
• G = gineceo (numero dei carpelli) 
• ∞ = numero superiore a 10 
Inoltre  se  l'ovario   è  esterno al ricettacolo  (supero, I) la 
sigla è G, se è interno Ḡ (infero, III)

Come esempio, la formula del fiore delle Lamiaceae  che 
ha   simmetria   bilaterale,   cinque   sepali,   cinque   petali, 
quattro   stami   e   un   ovario   supero   a   due   carpelli,   è   la 
seguente:
X K 5, C 5, A 4, G 2

F. ZIGOMORFO(Lathyrus odoratus)  F. ACTINOMORFO(Cistus creticus)

Il   fiore   è   quindi   l'elemento   fondamentale   per   il 


riconoscimento e la sistematica delle famiglie botaniche.
Ma anche altri aspetti della pianta sono importanti:

FORMA DELL'INFIORESCENZA

Spiga= i fiori sono legati all'asse centrale direttamente, 
senza peduncolo
Spadice= è una spiga con l'asse ingrossato
Racemo= i fiori sono peduncolati
Ombrella=   i   peduncoli   partono   da   uno   stesso   punto   e 
portano i fiori alla stessa altezza
Corimbo= i peduncoli portano i fiori alla stessa altezza 
ma partono da punti diversi dell'asse centrale
IL FRUTTO

Frutti carnosi:
Bacca= l'intero frutto è carnoso (vite, kiwi, pomodoro)
Drupa=   la   parte   più   interna   del   frutto,   endocarpo,   è 
lignificata, contiene cioè un nocciolo (albicocco, ciliegio, 
ulivo, alloro)
Citrus spp.                                       Persea americana (avocado)
Frutti secchi indeiscenti (a maturità non si aprono):
Cariosside= il seme è fuso con le pareti del frutto (grano 
e tutte le Graminaceae)
Noce= la parete del frutto è lignificata (noce, castagno, 
quercia)
Achenio=   parete   del   frutto   cuoiosa   (girasole).   Alcuni 
frutti   sono   formati   da   più   acheni   che   si   distaccano   a 
maturità
• diachenio (Ombrellifere come il finocchio)
• tetrachenio (Labiate come il basilico, Boraginaceae 
come la borragine)
• poliachenio (Malvaceae)
 
Samara=   achenio   avvolto   da   un'ala   membranosa 
(frassino). La disamara è costituita da due samare che si 
separano a maturità (aceri)

Frutti  secchi deiscenti  (si aprono a maturità liberando i 


semi):
Legume o baccello= frutto costituito da due valve al cui 
interno si sviluppano i semi (Leguminose come i piselli)
Siliqua= frutto costituito da due valve con all'interno un 
setto (replo) che porta i semi (Crucifere come il cavolo). 
Viene chiamato siliquetta se corta e larga (Crucifere come 
la borsa del pastore)
Capsula=   frutto   secco   deiscente   con   diverse   forme   e 
modalità di apertura (papavero, iris)
LA FOGLIA
SISTEMATICA

Le   angiosperme   si   suddividono   in   due   grandi   classi:   le 


dicotiledoni,   ovvero   quelle   piante   che   hanno   due 
cotiledoni   (due   foglioline   embrionali   dalle   quali   si 
sviluppa poi la pianta), foglie con nervature ramificate e i 
fiori   presentano   4­5   petali   o   loro   multipli;   le 
monocotiledoni, invece, hanno un solo cotiledone, foglie 
con nervature parallele e fiori con 3 petali o multipli di 3; 

DICOTILEDONI

RANUNCULACEAE

* K3 C∞ A∞ G∞ (genere Ranunculus)

Frutto: acheni spesso con pappi piumosi.

Tutti   i   ranuncoli   contengono   il   glicoside   tossico 


ranuncolina, che per distruzione dei tessuti vegetali (ad 
esempio   stropicciando   o   masticando   foglie),   viene 
degradata   a   protoanemonina   che   si   inattiva 
spontaneamente   nel   tempo   per   dimerizzazione   ad 
anemonina,   un   composto   innocuo.   Il   pericolo   sussiste 
quindi solo con la pianta fresca. 
Se   ingeriti   in   grandi   quantità,   i   ranuncoli   provocano 
quindi   irritazione   della   bocca   e   del   tratto   esofageo.   In 
individui   sensibili,   il   contatto   può   scatenare   dermatite 
anche grave, con arrossamento della pelle e comparsa di 
bolle. 

Ranunculus ficaria:  3 sepali bianco­verdastri, corolla con 
più di 10 petali gialli, con pagina inferiore bruna, foglie 
intere. Predilige luoghi umidi.
E'   la   sola   specie   commestibile   se   raccolta   prima   della 
fioritura.
In  questa   fase  è   ricca  di   vitamina C  e  le giovani   foglie 
possono   essere   utilizzate   cotte;   è   durante   e   dopo   la 
fioritura che sviluppa la ranuncolina.

PAPAVERACEAE

* K2 C4 A∞ G∞

Piante ricche di laticiferi contenenti oppio, che si estrae 
per incisione della capsula ancora immatura.
Papaver   rhoeas:  pianta   infestante   i   campi   di   grano.   Le 
giovani foglie sono commestibili. Con i petali essiccati si 
preparano infusi  sedativi, emollienti, espettoranti.

Fumaria officinalis: presenta fiore zigomorfo. Si preparano 
infusi   con   le   piantine   fiorite,   che   presentano   proprietà: 
antispasmodiche,   sedative,   diuretiche,   colagoghe,   anti­
eczematose.
Chelidonium majus: presenta petali gialli lunghi meno di 1 
cm, foglie pennatosette, presenta un latice giallo usato per 
seccare le verruche. Da qui il nome di erba porretta.

CARYOPHYLLACEAE

* K5 C5 A10 G3

Silene   spp.:  presenta   5   sepali   largamente   concresciuti   a 


formare un calice rigonfio, 5 petali bidentati ed un fusto 
articolato,   cioè   ad   ogni   nodo   presenta   un   piccolo 
ripiegamento a ginocchio.
Alcune specie come la S.vulgaris sono eduli.
URTICACEAE

P4 A4  G1 

E'   una   famiglia   nitrofila.   Del   genere  Urtica  abbiamo   3 


specie   annuali   e   2   perenni.   Le   annuali   sono:  U. 
membranacea  con   il   picciolo   ≥   lamina,  U.   urens  con 
piccioli più corti della lamina e U. pilulifera.
Le 2 specie perenni sono: Urtica ruprestris e Urtica dioica.  
Quest'ultima,   nel   periodo   della   pre­fioritura,   può   essere 
utilizzata,   fresca   o   secca,   per   infusi   con   proprietà 
antiemorragiche   (contiene   vitamina   K)   diuretiche, 
remineralizzanti, ipo­glicemizzanti.

U.pilulifera

U.dioica
Parietaria officinalis:  pianta monoica, perenne, con foglie 
alterne.   E'   presente   in   Sicilia   con   2   sottospecie:  P. 
officinalis erecta  e  P. officinalis judaica.  La prima ha una 
taglia maggiore e cresce in boschi e siepi. La seconda ha 
rami prostrati o diffusi e lignificati e cresce su muri, rupi e 
macerie.
L'infuso   con   le   foglie   prima   della   fioritura   ha   proprietà 
diuretiche,   antireumatiche,   antiartritiche,   bechiche, 
emollienti.  

ROSACEAE

* K5 C5 A∞ Ḡ5

Vi   appartengono   molte   specie   legnose   con   frutti   eduli 


come il melo (Malus spp.), il pero (Pyrus spp.) il susino, il 
ciliegio e l'albicocco (Prunus spp.), ecc.

Crataegus   monogyna  (Biancospino):   alberello   che 


normalmente non supera i 5­6 metri, spinescente, tra le 
prime essenze a germogliare a febbraio.
Con i fiori appena sbocciati e seccati si prepara un infuso 
ipotensivo   e   sedativo   che  può   essere  usato   anche  come 
colluttorio antiinfiammatorio

Rosa   canina:    arbusto   caducifoglio   con   le   cui   bacche   si 


possono   preparare   marmellate   previa   eliminazione   dei 
semi che contengono una peluria irritante.
L'infuso   di   bacche,   foglie   e   fiori   è   invece   un 
decongestionante   oculare   e   del   cavo   orale   oltre   che   un 
diuretico e un vitaminizzante (soprattutto vitamina C, che 
essendo   però   termolabile,   viene   persa   se   l'acqua   di 
infusione va a bollore)
Rubus ulmifolius (Rovo): oltre alle più note more, del rovo 
sono   commestibili   anche   le   giovani   foglie   prima   della 
fioritura   che   cotte   hanno   anche   proprietà   diuretiche, 
antiinfiammatorie e alleviano i casi di emorroidi.

Sanguisorba minor (Pimpinella): pianta erbacea con calice 
a   quattro   lacinie   verdi   con   margine   bianco   ripiegato   a 
formare una stella, stami sporgenti, stimmi rosso vivo. Il 
frutto è un achenio a quattro spigoli.
Le giovani foglie sono eduli sia crude che cotte.
Con   l'intera   pianta   fiorita   si   può   preparare   un   decotto 
aperitivo,   digestivo,   detergente   e   lenitivo   per   cute   e 
mucose

  
APIACEAE (ombrellifere)

* K5 C5 A5 Ḡ2

Caratteristici della famiglia sono i fiori disposti a ombrella 
(spesso composte) e il frutto che è un diachenio.
Il calice è ridotto a 5 dentelli, oppure è assente.
Ne   fanno   parte   molte   specie   aromatiche   come   il 
prezzemolo, il sedano, il cumino, il coriandolo, l'anice. 
Molte altre specie, però, sono tossiche o persino mortali 
come la cicuta.

Daucus   carota:  fusti   eretti   e   ispidi,   rossastri   vicino   alle 


ramificazioni. Infiorescenza con fiori bianchi ad eccezione 
di   quello   centrale,   porpora   scuro,   atto   ad   imitare   un 
insetto   per   richiamarne   altri.   Le   giovani   piante   sono 
commestibili.

FABACEAE (leguminose)

* K5 C5 A10 G1

Caratteristici   della   famiglia   sono   il   fiore   ed   il   frutto.   Il 


primo   è   un   particolare   fiore   zigomorfo,   detto 
papilionaceo, costituito da 1 petalo vistoso, il vessillo, 2 
petali laterali, le ali, e 2 petali concresciuti la carena. Il 
frutto   caratteristico   della   famiglia   è   il   legume,   ad 
eccezione   di   poche   specie   come  Ceratonia   siliqua, 
(carrubo), e il genere Coronilla.

Fave, piselli, ceci, lenticchie, fagioli, soia sono attualmente 
alla   base   dell'alimentazione   umana,   secondi   solo   ai 
cereali.

BRASSICACEAE (crucifere)

* K4 C4 A6 G2

Frutto: siliqua e siliquetta

Sinapis alba (Senape bianca): dai semi si ricava quella che 
vine chiamata senape anche comunemente. Rispetto alle 
altre   due   specie   riportate   sotto   ha   le   foglie   più 
profondamente   incise,   è   molto   ramificata   e   il   frutto, 
spinuloso, presenta delle strozzature tra un seme e l'altro.
Sinapis nigra (Senape nera – Sanapo): è la più glabra tra 
le tre, sviluppo più verticale che orizzontale rispetto alla 
S.alba, fusto e gambi delle foglie rossastri.

Sinapis   incana  (Senape   canuta   –   Lassini):   ha   un 


portamento a rosetta (foglie appressate sul terreno) dal 
cui centro si eleva tra febbraio e aprile lo stelo fiorale, che 
ancora in boccio viene considerata la parte pregiata della 
pianta.
TUTTE LE SENAPI VANNO CONSUMATE COTTE PER EVITARE 
INFIAMMAZIONI DELLA MUCOSA GASTRO­INTESTINALE.

Capsella   bursa­pastoris:   calice   verde,   foglie   dentellate   e 


amplessicauli,   corolla   bianca   grande   pochi   millimetri, 
siliquetta cuoriforme.
L'infuso con la pianta intera ha effetti ipotensivi.

MALVACEAE

* K5 C5 A∞ G5

Caratteristica è la presenza di un tubo colonnare formato 
dai numerosi filamenti degli stami concresciuti.
Il frutto è una capsula o un poliachenio

Malva silvestris: frutto a forma di disco.
L'infuso di foglie e fiori libera mucillagini con proprietà 
espettoranti, lassative, antiinfiammatorie, lenitive.
PLANTAGINACEAE

K3 (4) C3 (4) A1 (4) G1 (4)
 
Plantago spp.  (Piantaggine): portamento a rosetta, foglie 
parallelinervie, fiori di pochi millimetri riuniti in spighe, il 
frutto è una capsula.
Le   foglie   sono   eduli,   crude   e   cotte,   e   possono   anche 
utilizzarsi fresche da strofinare su ferite, ustioni, punture 
d'insetto, infiammazioni. 
LAMIACEAE (Labiate)

X K5 C5 A4 G2

Il   tipico   fiore   bilabiato   presenta   un   labbro   superiore 


costituito da 2 petali e uno inferiore costituito da 3.

Fanno  eccezione  Salvia spp.  e  Rosmarinus officinalis  con 


solo due stami  e i generi Teucrium e Ajuga che presentano 
solo un labbro.

Caratteristica   della   famiglia   è   il   frutto   che   è   un 


tetrachenio, in Sicilia presente solo in un'altra famiglia, le 
Boraginaceae,   che   però   non   presenta   fiore   bilabiato   e 
soprattutto ha 5 stami e non 4.
Il   riconoscimento   delle   due   famiglie   è   quindi   molto 
semplice   se   sono   presenti   frutti   e   fiori 
contemporaneamente.
 
Ne fanno parte moltissime specie aromatiche e medicinali:
Thymus   spp.  (timo),  Ocinum   spp.  (basilico),  Origanum  
spp. (origano)... 

Salvia officinalis: oltre all'utilizzo aromatico in cucina, le 
foglie,   fresche   o   secche,   possono   essere   utilizzate   per 
infusi digestivi, disinfettanti e disinfiammanti (soprattutto 
del cavo orale).
BORAGINACEAE

* K5 C5 A5 G2

Famiglia   che   presenta   anche   alcune   specie   con   fiore 


zigomorfo (Echium spp.).
Gli stami sono saldati alla corolla gamopetala, il frutto è 
un tetrachenio (riscontrabile anche solo nelle Lamiaceae) 
e   le   infiorescenze   si   dispongono   a   formare   cime 
scorpioidi.
Spesso presenta setole pungenti su foglie e fusto.

Cerinthe   major  (erba   vaiola):   corolla   >   15   cm.   (C.  


auricolata  <   15   cm.),   tubulosa,   giallastra   con   anello 
rosso­marrone.
Foglie con tubercoli spinosi e macchie bianche.
SOLANACEAE

* K5 C5 A5 G2

Fiore gamopetalo, il frutto è una bacca o una capsula.
Il gen. Hyoscyamus presenta fiore zigomorfo.
Famiglia   caratterizzata   dalla   produzione   di   molte 
molecole   velenose   (solanina,   atropina,   nicotina, 
iosciamina ecc.) che hanno però trovato uso in medicina 
(Atropa  belladonna  es.)   e  in  rituali  con  uso   di   sostanze 
stupefacenti (Datura stramonium, Mandragora spp., etc.).

Physalis   peruviana  (alchechengi):   arbusto   perenne 


coltivato, ma in alcune zone naturalizzato, per i suoi frutti 
eduli,   ricchi   di   vitamina   C,   diuretici,   antigottosi, 
antireumatici.
Usati anche in pasticceria per guarnire torte o ricoperti di 
cioccolato.

VALERIANACEAE

X K4 C5 A1­4 Ḡ3

Frutto achenio.

Centranthus ruber (Valeriana rossa): specie perenne, rupicola,


con fusto alla base legnoso, fiore rosso-violetto con lungo
sperone, 1 stame.
Il frutto è un achenio con pappo.
Le foglie e le infiorescenze possono consumarsi crude e cotte.
Le radici raccolte in tarda estate ed essiccate possono essere
usate per decotti con proprietà antinevralgiche,
antispasmodiche, sedative (più blande del gen. Valeriana).
ASTERACEAE (composite)

K0 C5 A5 G2

Non è specificata la simmetria del fiore data la sua


particolarità:
si tratta di un'infiorescenza chiamata capolino con fiori
actinomorfi, tubulosi, e zigomorfi ,ligulati.
Più precisamente l'infiorescenza può avere solo fiori tubulosi
(Helycrisum, Artemisia), tubulosi al centro, disco, e ligulati
alla periferia, raggio, (Calendula), oppure solo ligulati
(Cichorium).
I frutti sono acheni dotati di pappi (anemocoria) o uncini
(zoocoria).

Silybum marianum (Cardo mariano)


Grande pianta erbacea biennale con foglie larghe tipicamente
venate di bianco.
I frutti contengono una sostanza, la silimarina, che ha
potentissimi effetti epatoprotettori.

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