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La scelta del prodotto: emozioni, decisioni e neuro estetica

Teresa Marzi

Spesso capita di pensare: “Mi piace, lo voglio, lo compro e non so perché…”, e viene da chiedersi
quali possono essere i processi mentali e cerebrali che sono posti in atto nelle scelte e nelle
decisioni che quotidianamente ci troviamo a prendere.
Immaginate di dover comprare una nuova automobile e di trovarvi di fronte a una quantità
incredibile di modelli diversi. Sicuramente, in una decisione del genere saranno presi in
considerazione gli aspetti di funzionalità, economici, di utilizzo, ma non solo. Spesso, infatti, ciò
che ci fa decidere è quello che un prodotto ci evoca a livello emotivo. Una particolare forma ci può
piacere maggiormente, ci diverte, ed ecco che forse la decisione finale è aggiunta proprio grazie
alla guida delle emozioni suscitate. Qual è dunque il ruolo delle emozioni nei processi decisionali?
Di fronte all’enorme scelta di prodotti che abbiamo a disposizione, è possibile che l’emozione e il
piacere verso un particolare oggetto indirizzino e guidino le nostre preferenze? Quanto di ciò che
decidiamo è realmente consapevole e quanto invece è dettato da processi impliciti?
È evidente che le emozioni sono cruciali per la sopravvivenza, ma le interazioni tra emozioni e
cognizione, tra emozione e processi visivi sollevano molte questioni interessanti: in che modo il
cervello elabora le bellezza?
Quali sono i processi che ci fanno provare il piacere dell’esperienza estetica di fronte a un’opera o
a un oggetto di design?
Queste sono alcune delle questioni che saranno qui prese in esame, allo scopo di approfondire il
ruolo dell’emozione nei processi di decisione e di esperienza estetica.

La nuova scienza della mente: immagini del cervello


L’impostazione che sarà seguita è quella delle neuroscienze cognitive. Si tratta di una disciplina
che integra approcci diversi (neuroscienze, psicologia cognitiva, scienze cognitive, neuropsicologia)
e che si occupa del rapporto mente-cervello con le nuove tecniche di neuro visualizzazione
(neuroimaging). L’importanza rivoluzionaria di questi strumenti sta nel fatto che essi rendono
possibile indagare il cervello umano nella sua assoluta integrità, visualizzando le risposte celebrali
durante lo svolgimento delle attività mentali, senza alcuna invasività.
Comprendere quali siano i correlati neurali della mente e delle sue funzioni è una delle sfide
scientifiche più rilevanti dell’ultimo secolo. Si vuole far luce sulle basi neurali e biologiche delle
emozioni. Oggi tutto ciò è possibile grazie agli spettacolari sviluppi delle nuove e potenti
tecnologie di visualizzazione funzionale dei processi cerebrali. Lo scopo principale delle tecniche di
neuro immagini, tra cui la risonanza magnetica funzionale (fMRI), è di individuare le aree che si
attivano selettivamente durante lo svolgimento di un compito.
La logica sottostante a questi studi è che le funzioni mentali dipendono da particolari strutture
cerebrali che in parte sono localizzabili e visualizzabili dopo complicate analisi statiche, agli atti più
creativi del linguaggio e dell’arte, è eseguita da circuiti di neuroni specializzati che hanno sede in
differenti regioni cerebrali.
Il principio di base i tali tecniche è che – quando un determinato processo mentale viene messo in
atto – l’area o le aree cerebrali in esso coinvolte si attivano. Ad esempio, se guardiamo un album
fotografico e riconosciamo le foto di un nostro amico, si attiverà un’area nel lobo temporale
responsabile del riconoscimento visivo di volti. Quindi a un processo mentale, il riconoscimento
visivo di un volto, corrisponde l’attivazione di una particolare area cerebrale. Però si attiveranno
pure altre aree, come la corteccia visiva per l’elaborazione delle caratteristiche fisiche, la parte
anteriore del lobo temporale, in cui sono immagazzinati i ricordi che abbiamo di quella persona, e
se poi pronunciamo anche il nome di quella persona si attiverà pure l’area del linguaggio. Questa
attivazione è dovuta al fatto che un’area implicata in una data funzione richiede un maggior
afflusso di sangue. Il maggior afflusso sanguigno in una particolare area coinvolta è poi visualizzato
dopo l’implementazione di procedure statistiche e costituisce l’evidenza che quella particolare
area è coinvolta nel processo mentale posto in atto dal soggetto (ad esempio, riconosco un volto e
l’area maggiormente attivata è “l’area delle facce”, nel lobo temporale).

Il potere delle emozioni nel design


L’importanza di valutare il contenuto emotivo e di rispondere alle emozioni sta aumentando
sempre più anche nel design. A ognuno di noi è capitato di avere in casa oggetti che ci divertono e
ci fanno sempre sentire positivi: magari non sappiamo bene perché li abbiamo acquistati, ma sono
capaci di evocare delle emozioni. Proprio di emozioni tratta Donald Norman nel suo libro
Emotional design del 2004. Seguendo un percorso di ricerca e di pensiero, nuovo e stimolante,
dopo essersi battuto per un design pratico e funzionale, Norman approda a un nuovo concetto di
design, nel quale la funzionalità dev’essere integrata con la capacità di evocare emozioni. Gli
oggetti rappresentano qualcosa che va oltre anche alla loro funzione; possono essere considerati
delle opere d’arte capaci di divertire ed emozionare. In questa nuova prospettiva viene dunque
messa in evidenza una notevole componente emotiva, nel modo in cui i prodotti sono progettati e
utilizzati.
La psicologia cognitiva applicata allo studio del design ha sempre accentuato l’importanza della
funzionalità, della usabilità, della forma e della funzione. Usabilità e utilità rimangono dei punti
fermi, ma sono affiancate dal piacere e dall’emozione che alcuni prodotti possono suscitare. Infatti
le emozioni giocano un ruolo fondamentale nella vita quotidiana, nelle nostre scelte a decisione,
nell’aiutarci a valutare le situazioni e, perché no, anche a scegliere o a progettare un prodotto di
design. Norman, addirittura, arriva a sostenere che gli oggetti piacevoli possono svolgere meglio la
loro funzione. Alcuni esempi possono servire a inquadrare meglio questo nuovo approccio. Due
ricercatori giapponesi (Kurosu e Kashimura, 1995) hanno mostrato come gli sportelli automatici
per il prelievo di soldi (Bancomat) progettati in maniera più piacevole e curata sotto il profilo
estetico, siano considerati anche più facili da usare. L’utilizzo di un dispositivo risulta più
immediato e facile se viene considerato bello e piacevole da parte dell’utente, a dimostrare
appunto, di una diretta relazione tra estetica e usabilità. Una spiegazione possibile, come
sostengono Alice Isen e collaboratori, è che gli oggetti che piacciono inducano uno stato d’animo
positivo che favorisce il pensiero creativo e la soluzione cognitiva di problemi.
Quando siamo in negozio, esposti e sovrastimolati da una vasta gamma di prodotti disponibili, è
possibile che l’emozione e il piacere abbiano un ruolo- chiave nella scelta del prodotto. Norman
distingue tre livelli di elaborazione, corrispondenti a tre diversi tipi di design: viscerale,
comportamentale e riflessivo. Il livello viscerale ci permette di valutare in maniera rapida e
automatica, inconscia, ciò che è positivo o negativo, inviando segnali al sistema motorio e
allertando il resto del cervello. Tale, più primitivo, livello di elaborazione ci consente di vivere in
modo viscerale (“di pancia”) le emozioni; un esempio potrebbe essere dato dal brivido e
dall’eccitazione provati durante un volo in deltaplano. Il design viscerale si basa completamente
sull’impatto viscerale, quando vediamo qualcosa e subito diciamo “Lo voglio”, solo in seguito
chiedendoci “A che serve?” e, per ultimo, “Quanto costa?”. Questo livello è quello che ci fa
provare piacere o disgusto per un certo sapore o per un certo odore, ci fa provare freddo o caldo.
Sono sensazioni ed emozioni rudimentali che ci aiutano a interpretare il mondo.
La Apple, quando introdusse sul mercato i computer iMac colorati, sebbene essi contenessero le
stesse caratteristiche tecniche degli altri modelli registrò un netto incremento delle vendite. Nel
design viscerale, dell’oggetto contano moltissimo la forma, la bellezza, la piacevolezza e l’aspetto
innovativo, creativo e divertente.
Il livello comportamentale, invece, è associato al piacere di usare efficacemente uno strumento
ben costruito: esempio rappresentabile da un cuoco che taglia con un ottimo coltello
professionale. Il design adatto per stimolare questo tipo di elaborazione si basa così sull’utilizzo:
contano la prestazione, la funzione, la comprensibilità, l’usabilità e la sensazione fisica. Anche il
livello comportamentale agisce in maniera subconscia, spiegando come riusciamo a guidare
l’automobile in maniera automatica mentre, consciamente, ascoltiamo la radio o pensiamo.
Il terzo livello di elaborazione proposto da Norman, nel volume Emotional design, è stato definito
riflessivo. È un genere di elaborazione dove entrano in gioco la cognizione, il pensiero e la
conoscenza del mondo. Come esempio si può pensare all’esperienza di piacere provata di fronte a
un’opera d’arte o nella lettura di un bel libro. Questo tipo di design è legato al significato di un
prodotto, al suo impiego e alla sua bellezza estetica. In tal caso la bellezza deriva dalla riflessione,
dalla conoscenza e dall’esperienza cosciente. Ora, laddove a livello viscerale possiamo essere
attratti a livello inconsapevole da un prodotto, a livello riflessivo, invece, diamo una valutazione
estetica consapevole e ponderata. La pubblicità, secondo Norman, può funzionare a livello sia
viscerale che riflessivo: il primo viene “stuzzicato” da immagini accattivanti e attraenti; il secondo
si basa più su aspetti come il prestigio, l’esclusività, la buona qualità e la conoscenza.
In generale, dunque, per “emoziona design” (design emozionale) possiamo intendere un design
che ha quale obiettivo il coinvolgimento emotivo, inducendo ad attribuire un valore speciale
all’oggetto oltre la sua reale utilità o funzionalità.

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