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C’è, poi, un nuovo standard descritto che amplia le potenzialità dell’ISAD e dell’ISAAR
ovvero l’ISDF (International Standard for Describing Functions) il cui obiettivo è costituire “una
linea guida per l’elaborazione di descrizioni di funzioni degli enti associati con la creazione e la
conservazione degli archivi”, perché giustamente “l’analisi delle funzioni degli enti è fondamentale
come base per molte attività di archiviazione. Generalmente le funzioni sono riconosciute essere più
stabili rispetto alle strutture amministrative, che spesso sono fuse o scisse durante le fasi di
riorganizzazione.”
La soluzione di “estrarre” le funzioni dall’ente e classificare gli enti secondo le loro
funzioni è particolarmente utile nel caso di enti che si articolano in unità territoriali o
circoscrizioni che applicano le stesse leggi, eseguono gli stessi atti, rispettano le stesse norme
ma in un ambito – per esempio territoriale – più ristretto come può essere il caso di province,
regioni, dipartimenti, comarche, diocesi, distretti e così via. È anche possibile e, forse, utile,
poi, raggruppare tutti gli enti prodotti da una stessa norma che declinano a livello
territoriale una stessa funzione in un gruppo omogeneo. Secondo questi criteri è forse il caso
di delineare la storia e la normativa del ‘dipartimento’ come entità amministrativa astratta
e di come sia stata concretamente realizzata e abbia funzionato negli anni 1797-1814 nel
periodo cosiddetto napoleonico o francese nell’Italia preunitaria.
Praticamente 18 anni (interrotti due volte nel 1799-1800) di “governo francese” che
pongono fine a 300 anni di “governo pontificio” a cui seguono, comunque, dopo un anno di
transizione, altri 44 anni di restaurazione pontificia prima dell’unificazione italiana.
Se dal punto storico-politico o, se si vuole, dal punto di vista storico-amministrativo o
ancora di storia delle istituzioni questi 18 anni sono stati estremamente fluidi e creativi, i
continui aggiustamenti territoriali e di confini non mettono in ombra quella che è,
comunque, la maggiore innovazione del periodo: l’istituzione del dipartimento. L’idea di
base del dipartimento è quella della regolarità e uniformità della gestione del territorio. Il
fine è quello del livellamento delle differenze specifiche (tipiche del regime feudale) e delle
peculiarità locali. Il dipartimento nella sua concezione originaria intende a replicare a livello
locale e amministrativo le forme del governo a livello statale o nazionale. Il successo
dell’iniziativa è tale che la successiva restaurazione pontificia in Romagna rielabora
l’esperienza del Dipartimento trasformandolo in Governo Distrettuale e, assimilando, il
Governatore del Distretto al Prefetto, ma soprattutto sarà l’Amministrazione del Regno
d’Italia unitario dal 1861 in poi replicherà con precisione l’esperienza napoleonica con
l’istituzione delle Prefetture, disegnando una trama amministrativa territoriale tuttora
valida nella compagine statale odierna con pochissimi ritocchi (Provincia/Prefettura di
Isernia del 1970, le otto nuove Province/Prefetture del 1992: Biella, Crotone, Lecco, Lodi,
Prato, Rimini, Verbania e Vibo Valentia, le 4 nuove province della Sardegna nel 2002:
Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra ed Olbia-Tempio).
L’art. 5 recita, poi: “I confini de’ dipartimenti possono essere mutati, o rettificati dal corpo
legislativo.” E l’art. 6 specifica: “Ciascun dipartimento è diviso in distretti, ciascun distretto
in comunità. Le comunità conservano la loro attuale circoscrizione. Il corpo legislativo potrà
nondimeno cambiarla”. Il Titolo VII, poi, è denominato “Corpi amministrativi e municipali”
e molto semplicemente all’art. 174 recita: “Vi sarà in ciascun dipartimento
un’amministrazione centrale, ed in ciascun distretto almeno un’amministrazione
municipale.” E l’art. 177 specifica: “Ciascuna amministrazione di dipartimento è composta
di cinque membri, e sarà rinnovata per quinto in tutti gli anni.”
Facile dedurre che l’idea è chiaramente quella di ricreare a livello di dipartimento la
struttura centrale: come a capo della Repubblica Cisalpina il potere esecutivo è esercitato da
un Direttorio (sul modello francese) di 5 membri, a capo di ogni dipartimento vi è
un’“Amministrazione Centrale” di 5 membri. Particolarmente interessante è l’art. 199: “Le
amministrazioni così del dipartimento che del distretto non possono tra loro corrispondere
che sopra gli affari loro indicati dalla legge, e non sugl’interessi generali della repubblica.”
Essenziale alla concezione del dipartimento (e della prefettura) è che il Prefetto (o qui
l’Amministrazione Centrale) sia l’unico accreditato a comunicare col Governo nazionale:
tutti gli agenti governativi sul territorio fanno a capo a lui. Il Prefetto è, pertanto, l’unico
organo a rilevanza esterna all’interno del Dipartimento. Questa è l’impostazione di base
dell’amministrazione di tipo francese (ancora abbastanza ben conservata in Francia), ma
abbandonata, per esempio, in buona parte nel sistema italiano, dove la proliferazione dei
centri decisionali territoriali produce un flusso di comunicazione amministrativa non
strettamente gerarchica e policentrica.
Il 3 novembre 1797 (13 brumaio anno VI) una nuova legge modifica il numero dei
dipartimenti (in seguito all’annessione definitiva delle Legazioni), portandoli a 12, ed elenca
anche per ciascuno di essi i relativi distretti. L’articolo unico recita: “La Repubblica è divisa
in 12 dipartimenti secondo le unite tabelle e cioè: Agogna, Lario, Olona, Serio, Mella, Alto
Po, Mincio, Crostolo, Panaro, Basso Po, Reno e Rubicone”. All’indomani del trattato di
Tolentino compare finalmente negli elenchi il dipartimento del Rubicone; il capoluogo è
Cesena ed è diviso in sei distretti: Faenza, Forlì, Ravenna, Cesena (capoluogo), Rimini e
Pesaro. Nelle tabelle successive sono elencati tutti i comuni del dipartimento e le località; gli
elenchi del Rubicone sono particolarmente dettagliati, nominando, per esempio, per Cesena
Ponte Abbadesse, Lizzano, Paderno etc. ovvero quelle che adesso sono semplici frazioni.
Il 1 settembre 1798 (15 fruttidoro anno VI), dato il notevole aumento di popolazione
e di territorio, al fine di determinare il numero di rappresentanti ai due Consigli (240
membri divisi in due assemblee di 160 e 80 membri) da eleggere in ogni dipartimento in
proporzione alla loro popolazione è pubblicato il seguente elenco:
3.239.572 240
256.723
da cui si evince che la scelta del capoluogo chiaramente non era determinata affatto dalla
popolazione, ma dalla posizione geografica ‘baricentrica’ di Forlì; anzi, proprio Forlì e
Ravenna sono i distretti meno popolosi, mentre Cesena è più popolosa di Forlì e Ravenna e
Faenza ha ceduto per la prima volta il primato fra le città della Romagna a Rimini.
Il decreto, il cui dettato legislativo, è finalmente chiaro e limpido descrive
minuziosamente la ripartizione territoriale del Regno, elenca composizioni e attribuzioni di
Prefetti, Vice Prefetti, Consigli di Prefettura e di Dipartimento, stabilendone composizione
e struttura. Stabilisce altresì compensi ed indennità dei Funzionari, organizza le
circoscrizioni giudiziarie e di polizia. Si tratta di un testo definitivo che rimarrà in vigore
fino alla caduta del Regno di Italia e le cui modifiche dipendono solamente dall’istituzione
di nuovi dipartimenti a mano a mano che le conquiste napoleoniche ampliano il territorio
del Regno (e dell’Impero) a spese soprattutto degli Stati preunitari superstiti e dell’Impero
d’Austria.
Se nel 1805 i Dipartimenti, mutuati dalla Repubblica Italiana sono:
1 Adda (capoluogo: Sondrio)
2 Adige (capoluogo: Verona)
3 Agogna (capoluogo: Novara)
4 Alto Po (capoluogo: Cremona)
5 Basso Po (capoluogo: Ferrara)
6 Crostolo (capoluogo: Reggio nell'Emilia)
7 Lario (capoluogo: Como)
8 Mella (capoluogo: Brescia)
9 Mincio (capoluogo: Mantova)
10 Olona (capoluogo: Milano)
11 Panaro (capoluogo: Modena)
12 Reno (capoluogo: Bologna)
13 Rubicone (capoluogo: Forlì)
14 Serio (capoluogo: Bergamo).
già l’anno dopo nel 1806, con la pace di Presburgo del 26 dicembre 1805, l'Austria cede
Gorizia e la Provincia Veneta (che aveva acquisito con la pace di Campoformio). Vengono
costituiti altri sette nuovi dipartimenti, portando il totale a ventuno:
Nel 1809, però, il Dipartimento d’Istria, che comprendeva i territori già veneziani
dell’Istria e della Dalmazia a prevalente popolazione italiana, ma anche i territori dell’ex-
Repubblica di Ragusa (per la prima e unica volta riuniti all’Italia) viene perso. Va a costituire
con altri territori sottratti all’Impero d’Austria le cosiddette Province Illiriche, che sono
annesse all’Impero Francese.
Sempre nel 1809 dopo l’ennesima soppressione dello Stato della Chiesa, spartito fra
Impero Francese e Regno di Italia nel 1808, le Marche sono annesse al Regno. Sono, pertanto,
aggiunti altri tre dipartimenti: