ISSN 0021-3268
SOMMARIO
EDITORIALE
Giovanni Giacobbe, Che cosa aspettarsi da questo governo sul tema famiglia?
DOTTRINA
Marta Cartabia, Gli strumenti di tutela dei diritti fondamentali
Paolo Cavana, Laicità dello Stato: da concetto ideologico a principio giuridico
FORVM
Istituzioni pubbliche e garanzie del cittadino
Gianfranco Gaffuri, Garanzie di giustizia e diritto tributario: la capacità contributiva
Gianfranco Garancini, Le garanzie del giusto procedimento amministrativo
Bassano Baroni, Il silenzio della pubblica amministrazione
RECENSIONI
60
anni
Sale G., Il Vaticano e la Costituzione (M. Ferrero); Palazzani L. (a cura di), Le nuove tecnologie,
biodiritto e trasformazioni della soggettività (F. Zini); Casalone C.-Foglizzo P. (a cura di), Volare alla
4
giustizia senza schermi (G.M. Zanardi); Bruno R., Nietzsche e Pirandello. Il nichilismo mistifica gli
atti nei fatti (F. Chizzola); Pasquale G., Il principio di non-contraddizione in Aristotele (G. Tracuzzi) RIVISTA TRIMESTRALE DI CULTURA GIURIDICA FONDATA NEL 1948
ASTERISCHI ANNO LXI, OTTOBRE-DICEMBRE 2008
a cura di Caterina Villa
Cosa ci riserva il futuro politico? … la sorte dei cristiani in “questo” tempo … laici seguaci del
dubbio metodico?
OSSERVATORIO
Giorgio Floridia, Relazione di sintesi in conclusione del convegno celebrativo dei 60 anni di Iustitia
TESORI DI CASA NOSTRA
L’Unione Giuristi Cattolici Italiani: memoria delle origini - di Fabrizio Ciapparoni
L’incontro nazionale dei giovani Giuristi Cattolici a Maiori dal 3 al 5 ottobre 2008 - a cura di Antonio
Angelucci e Mattia Ferrero
TESTIMONIANZE
Domenico Coccopalmerio, Laudatio di Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca ecumenico
PANORAMA
Andrés Ollero, Laicità spagnola
LIBRI RICEVUTI
SUL WEB
- Corte Costituzionale n. 103 del 23 marzo 2007 (citata in questo fascicolo; cfr. G. Garancini, Le
garanzie del giusto procedimento amministrativo, p. 457)
- Testo latino originale di “Adoro Te devote”
4/08
2008
GIUFFRÈ
Unione Giuristi Cattolici Italiani EDITORE PUBBL. TRIM. - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB (VARESE)
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MANZIONNA, DAMIANO NOCILLA, POMPEO PITTER, GUIDO ROMANELLI, SALVATORE
SFRECOLA, PASQUALE STANZIONE
Redazione di Milano: GIANFRANCO BUSETTO, FRANCO BUZZI, NERIO DIODÀ,
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GARANCINI, ANGELO GIARDA, GIOVANNI MARAGNOLI, ETTORE MAUPOIL, MARIO
NAPOLI, EZIO SINISCALCHI
Redazione di Roma: RICCARDO CHIEPPA, DAVIDE CITO, MAURO GIOVANNELLI,
RAFFAELE IANNOTTA, VENERANDO MARANO, GUIDO MUSSINI, DAMIANO NOCILLA, GUIDO
ROMANELLI, PASQUALE STANZIONE
Direzione e Redazione centrale: 20122 M ILANO , via Larga, 6
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Amministrazione: 00193 ROMA, via della Conciliazione, 1 tel. e fax
06.68.64.865
RIVISTA DEI
GIURISTI
CATTOLICI
ITALIANI 4/08
Rivista trimestrale di cultura giuridica dell’Unione Giuristi
Cattolici Italiani fondata nel 1948
Anno LXI N. 4 Ottobre/Dicembre 2008
Iustitia, 4/2008
S O M MA R I O
EDITORIALE
Giovanni Giacobbe, Che cosa aspettarsi da questo governo sul tema famiglia? . 395
Parte prima
DOTTRINA
Marta Cartabia, Gli strumenti di tutela dei diritti fondamentali . . . . . . . . . . 399
Paolo Cavana, Laicita dello Stato: da concetto ideologico a principio giuridi-
co . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 411
FORVM
Istituzioni pubbliche e garanzie del cittadino
Gianfranco Gaffuri, Garanzie di giustizia e diritto tributario: la capacita contri-
butiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 429
Gianfranco Garancini, Le garanzie del giusto procedimento amministrativo . . 447
Bassano Baroni, Il silenzio della pubblica amministrazione . . . . . . . . . . . . . 461
RECENSIONI
Sale G., Il Vaticano e la Costituzione (M. Ferrero); Palazzani L. (a cura di), Le nuove
tecnologie, biodiritto e trasformazioni della soggettivita (F. Zini); Casalone C.-
Foglizzo P. (a cura di), Volare alla giustizia senza schermi (G.M. Zanardi); Bruno R.,
Nietzsche e Pirandello. Il nichilismo mistifica gli atti nei fatti (F. Chizzola); Pa-
squale G., Il principio di non-contraddizione in Aristotele (G. Tracuzzi) . . . . . 471
Parte seconda
ASTERISCHI
A cura di Caterina Villa
Cosa ci riserva il futuro politico? … la sorte dei cristiani in “questo” tempo …
laici seguaci del dubbio metodico? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 481
OSSERVATORIO
Giorgio Floridia, Relazione di sintesi in conclusione del convegno celebrativo
dei 60 anni di Iustitia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 483
V
TESORI DI CASA NOSTRA
L’Unione Giuristi Cattolici Italiani: memoria delle origini – di Fabrizio Ciappa-
roni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 495
L’incontro nazionale dei giovani Giuristi Cattolici a Maiori dal 3 al 5 ottobre
2008 – a cura di Antonio Angelucci e Mattia Ferrero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 501
TESTIMONIANZE
Domenico Coccopalmerio, Laudatio di Sua Santita Bartolomeo I, Patriarca ecu-
menico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 503
PANORAMA
Andrés Ollero, Laicita spagnola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 513
SUL WEB:
— Corte Costituzionale n. 103 del 23 marzo 2007 (Citata in questo fascicolo; cfr. G.
Garancini, Le garanzie del giusto procedimento amministrativo, p. 457)
— Testo latino originale di “Adoro Te devote”
ERRATA CORRIGE
Nel n. 3/2008 di Iustitia il correttore automatico del computer ha modificato in maniera errata
i nomi contenuti nella recensione di Edeo de Vincentiis al volume di Elvio Ciferri, Serafina
Brunelli. Vita, visioni e profezie della mistica di Montone.
Pertanto, a pag. 357:
Ignazio di Lodola si deve leggere: “Ignazio di Loyola”;
Tifermati illustri si deve leggere “Tifernati illustri”;
C. Ferri si deve leggere Ciferri.
Ce ne scusiamo con l’Autore e i lettori.
NOTA DI SERVIZIO: Articoli e contributi ulteriori che non compaiono in questo fascicolo sono
reperibili nel sito www.giuffre.it/riviste/iustitia cui possono accedere gli abbonati
VI
S ynthesis
EDITORIALE
Parte prima
DOTTRINA
SYNTHESIS VII
frantumazione religiosa e politica dell’Europa cristiana, aprendo un lungo periodo di
crisi della coscienza europea. In questo contesto maturò, prima con la Rivoluzione poi
con la IIIo Repubblica in Francia, una concezione ideologica della laicità come
neutralità religiosa della sfera pubblica, che vede nella religione una minaccia
all’ordine pubblico e la rinchiude pertanto nel chiuso della coscienza individuale. Fu
solo con le costituzioni del secondo dopoguerra, fondate sul primato della persona
umana, che il principio di laicità assunse l’attuale significato di incompetenza dello
Stato nella sfera religiosa e di tutela della libertà in materia religiosa, come si evince
dalle esperienze francese e italiana, sommariamente richiamate, e anche dai più
recenti esiti del processo di unificazione europea.
FORUM
ISTITUZIONI PUBBLICHE E GARANZIE DEL CITTADINO
VIII SYNTHESIS
È questo un modo assai pregnante di riconoscere, da una parte, la soggettività a tutto
tondo del cittadino anche nei confronti della p.a.; e, dall’altra, la necessità che la
legislazione in tema di azione amministrativa e, in particolare, sul procedimento
amministrativo sia collegata — sia culturalmente sia funzionalmente — ai principi
costituzionali fondamentali, ai valori costituzionali, discendenti, appunto, per noi,
dagli artt. 97 e 98 Cost.
Diritto ad una buona amministrazione, Principio di buona amministrazione, Prin-
cipio del giusto procedimento, sono allora facce diverse e fra loro differenti dello
stesso nucleo di cultura giuridica e di espressione normativa che ruota intorno alla
affermazione della centralità del cittadino anche nell’ambito del procedimento am-
ministrativo.
Il principio di buona amministrazione si estende, con ulteriore efficacia precettiva,
anche al di là delle norme specifiche, conformando la condotta dell’Amministrazione
in termini assai più generali e (quasi) di deontologia amministrativa: è il caso del più
generale principio di correttezza e buona fede, o di “leale collaborazione”.
Per parte sua, il principio del giusto procedimento è quello in forza del quale, allorché
il legislatore decida di limitare i diritti dei singoli, deve prevedere ipotesi astratte e
predisporre un procedimento amministrativo nell’ambito del quale i privati possano
intervenire per esporre le proprie ragioni, e contribuire effettivamente al corretto
svolgimento dei poteri dell’amministrazione — che è “intermediario” fra la norma e
il suo effetto — nel suo momento dinamico.
RECENSIONI
Sale G., Il Vaticano e la Costituzione (M. Ferrero); Palazzani L. (a cura di), Le
nuove tecnologie, biodiritto e trasformazioni della soggettivita (F. Zini);
Casalone C.-Foglizzo P. (a cura di), Volare alla giustizia senza schermi (G.M.
Zanardi); Bruno R., Nietzsche e Pirandello. Il nichilismo mistifica gli atti nei
fatti (F. Chizzola); Pasquale G., Il principio di non-contraddizione in Aristo-
tele (G. Tracuzzi)
SYNTHESIS IX
Parte seconda
ASTERISCHI
a cura di Caterina Villa
Cosa ci riserva il futuro politico? … la sorte dei cristiani in “questo”
tempo … laici seguaci del dubbio metodico?
OSSERVATORIO
X SYNTHESIS
TESTIMONIANZE
PANORAMA
LIBRI RICEVUTI
SYNTHESIS XI
Hanno collaborato a questo numero:
ANTONIO ANGELUCCI, avvocato, borsista di ricerca presso la Facoltà di
teologia di Lugano
BASSANO BARONI, avvocato in Milano
MARTA CARTABIA, professore ordinario di diritto costituzionale nell’Uni-
versità di Milano-Bicocca
PAOLO CAVANA, associato di diritto ecclesiastico nella Libera Università
Maria Ss. Assunta (Lumsa) di Roma
FABRIZIO CIAPPARONI, già associato di storia del diritto medioevale e
moderno nell’Università di Teramo
DOMENICO COCCOPALMERIO, preside della facoltà di scienze politiche del-
l’Università degli Studi di Trieste
MATTIA FERRERO, avvocato, cultore di diritto canonico ed ecclesiastico
nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
GIORGIO FLORIDIA, professore ordinario di diritto industriale nell’Univer-
sità Cattolica del Sacro Cuore di Milano, avvocato
GIANFRANCO GAFFURI, ordinario di diritto tributario nella facoltà di giu-
risprudenza dell’Università degli Studi di Milano, avvocato
GIANFRANCO GARANCINI, professore nell’Università degli Studi di Milano,
avvocato
GIOVANNI GIACOBBE, preside della Facoltà di giurisprudenza della Libera
Università Maria Ss. Assunta (Lumsa) di Roma, presidente del Forum delle
associazioni familiari
ANDREu S OLLERO, ordinario di filosofia del diritto presso l’Universidad Rey
Juan Carlos di Madrid
CATERINA VILLA, esperta di comunicazione
Recensioni a cura di:
FLAMINIA CHIZZOLA, dottoranda in storia e teoria del diritto presso l’Univer-
sità degli Studi di Roma Tor Vergata; MATTIA FERRERO, avvocato, cultore di
diritto canonico ed ecclesiastico nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di
Milano; GIANLUCA TRACUZZI, dottorando di ricerca presso la scuola di dotto-
rato in giurisprudenza (Filosofia del diritto) presso l’Università di Padova;
GIAN MARCO ZANARDI, avvocato in Milano; FRANCESCO ZINI, assegnista di
ricerca in filosofia del diritto presso l’Università Lumsa di Roma
XIII
E ditoriale
di Giovanni Giacobbe
396 EDITORIALE
la raccolta di oltre un milione di firme a sostegno della petizione per
un fisco a misura di famiglia ha rappresentato un ulteriore segnale,
dopo il Family Day, della consapevolezza da parte della famiglia
italiana del ruolo essenziale che essa esercita nella società democra-
tica.
Non meno carente sembra l’intervento pubblico per garantire,
con adeguate provvidenze di ordine economico, il diritto dei genitori
— e quindi della famiglia — di realizzare un progetto educativo che
corrisponda alla impostazione personale e propria del nucleo fami-
liare.
Dunque, le famiglie italiane — soprattutto in questo momento di
grave crisi delle istituzioni economico — finanziarie — guardano con
grave preoccupazione al loro futuro.
I giuristi — ed in particolare i giuristi cattolici, la cui sensibilità
verso i problemi della famiglia costituisce elemento caratterizzante
della loro azione nella società civile — non possono non far sentire la
loro voce, nella misura in cui l’attuazione dei principi ai quali si è
fatto riferimento non può essere liquidata come espressione di una
impostazione ideologica — il che, peraltro, non potrebbe considerarsi
disdicevole — bensı̀ come necessaria ed integrale applicazione dei
principi di diritto positivo espressi nella Costituzione Repubblicana.
Non ci si nasconde che l’attuale situazione economico finanziaria
rende problematica e difficile la predisposizione di provvedimenti
idonei a sostenere le famiglie; tuttavia, sembra legittimo segnalare
che nella programmazione che il Governo dovrà realizzare, e nella
attività propositiva che spetta alle forze di opposizione, il sistema
costituzionale nel quale si opera impone che le problematiche atti-
nenti alla famiglia costituiscano priorità assoluta dell’azione di
Governo, peraltro in attuazione delle promesse che in sede di cam-
pagna elettorale sono state effettuate.
Dottrina
MARTA CARTABIA
SOMMARIO: 1. Nuove Carte dei diritti, nuovi diritti fondamentali. — 2. I giudici dei diritti
fondamentali. — 2.1. La Corte europea dei diritti dell’uomo. — 2.2. La Corte di giustizia
dell’Unione europea. — 2.3. I dialoghi giurisdizionali trans-nazionali. — 2.4. I giudici
comuni e il risarcimento del danno non patrimoniale. — 3. Qualche considerazione criti-
ca.
400 DOTTRINA
stata approvata la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, e in
ambito europeo la Convenzione europea dei diritti dell’uomo del
1950, garantita dalla Corte dei diritti di Strasburgo. Pochi anni più
tardi, anche l’Unione europea, che nasceva originariamente sprovvi-
sta di un proprio catalogo di diritti fondamentali, si dotava di un
proprio sistema di tutela dei diritti destinato a intrecciarsi in vario
modo con la tutela assicurata dalle Costituzioni nazionali da una
parte e con la Convenzione europea dall’altra.
Nella seconda metà del XX secolo, è andato gradualmente for-
mandosi un sistema cd. “multilivello” di tutela dei diritti fondamen-
tali, che in ambito europeo vede intrecciarsi i cataloghi dei diritti
contenuti nelle Costituzioni nazionali, la Convenzione europea, la
Carta dei diritti dell’Unione europea, oltre a tutti gli strumenti
elaborati in sede internazionale, in particolare nell’ambito dell’ONU.
A livello sub-statale, anche le regioni, e non solo quelle italiane,
tendono a dotarsi di propri diritti, valori e principi di riferimento nei
rispettivi statuti.
Non è questa la sede per analizzare in modo approfondito i
rapporti che regolano i diversi strumenti di tutela dei diritti fonda-
mentali nell’ambito del sistema “multilivello” europeo. Basti qui
osservare che varie e reciproche sono le sovrapposizioni tra gli
strumenti esistenti. In vario modo e a vario titolo la Convenzione
europea produce effetti all’interno degli ordinamenti nazionali e nei
riguardi delle istituzioni dell’Unione europea; a sua volta la Carta
dell’Unione europea ha un ambito di applicazione che si sovrappone
almeno in parte a quello delle Costituzioni nazionali, e cosı̀ via.
1.2. Distinta dalla moltiplicazione delle Carte, anche se parzial-
mente correlata ad essa, è la proliferazione dei diritti fondamentali,
un fenomeno questo che si sta accentuando particolarmente negli
anni più recenti.
I “nuovi diritti” fondamentali sono opera soprattutto della crea-
tività giurisprudenziale. La matrice da cui nascono i nuovi diritti è
soprattutto il diritto alla privacy, evolutosi nel diritto alla autode-
terminazione, che trova come terreno privilegiato di esplicazione
quello dei rapporti personali e familiari.
All’origine di queste evoluzioni giurisprudenziali possono essere
forse collocate le famose decisioni della Corte suprema americana
Griswold (1965) e Roe versus Wade (1973), in materia di uso di
contraccettivi e di aborto.
402 DOTTRINA
gere di “nuovi diritti” non è confinato al solo ambito americano, ma
riguarda direttamente anche i nostri ordinamenti.
In particolare, è tramite la giurisprudenza della Corte di Stra-
sburgo che questi nuovi diritti nati dalla privacy e dall’autodetermi-
nazione dell’individuo vengono esportati anche negli ordinamenti
nazionali. Per menzionare qualche esempio recente, in nome del
diritto alla privacy, che nella Convenzione europea dei diritti ha
anche una base testuale, l’art. 8, è stato affermato il diritto all’ado-
zione da parte di una coppia di lesbiche (caso E.B. contro Francia,
gennaio 2008) ovvero in passato sono stati affermati i diritti dei
transessuali a vedersi riconosciuto il diritto di cambiare sesso (caso
Goodwin del 2002).
A sua volta la giurisprudenza della Corte europea dei diritti
dell’uomo influenza in misura assai significativa anche la giurispru-
denza della Corte di giustizia dell’Unione europea, che appare par-
ticolarmente recettiva agli orientamenti giurisprudenziali dell’alta
Corte europea e ne promuove i principali orientamenti. Cosı̀, ad
esempio, in materia di diritti dei transessuali si possono ricordare i
casi K.B. del 2004 e Richards 2006, che riecheggiano molto da vicino
gli argomenti e le posizioni della Corte di Strasburgo in Goodwin; e,
più recentemente, la decisione 1 aprile 2008, il caso Tadao Maruko
sul matrimonio delle coppie omosessuali.
Gli esempi dei nuovi diritti potrebbero essere moltiplicati, se solo
si volgesse l’attenzione ai problemi di inizio e fine vita, alla questione
dell’aborto, alla fecondazione assistita, all’eutanasia, al cd. diritto ad
ammalarsi o a non nascere, e cosı̀ via.
I nuovi diritti fondamentali hanno tutti origine da una conce-
zione antropologica “libertaria”, che non sempre corrisponde a quella
idea di “dignità umana”, vera e propria pietra miliare della costru-
zione giuridica, come ha ricordato Benedetto XVI nell’importantis-
simo discorso alle Nazioni Unite, che invece è alla base di molte
Carte dei diritti, a partire dalla Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo, fino alla nostra Costituzione del 1948.
Vi è una tensione che attraversa l’attuale stagione dei diritti
umani, come bene è stato evidenziato:
“la cultura contemporanea dei diritti dell’uomo non si alimenta
soltanto all’ispirazione cristiana. Essa deriva anche dal progetto di
autonomia assoluta del soggetto umano creato dalla modernità e
sfociante nell’individualismo edonista. L’attuale convergenza sui di-
ritti fondamentali si alimenta di questo dualismo antagonista. La
404 DOTTRINA
Con le sentenze n. 348 e 349 del 2007, la Corte fissa alcuni
principi fondamentali che qui può essere utile sottolineare. Il cuore
di queste sentenze sta nel seguente principio: d’ora in avanti le
norme della Convenzione europea costituiranno parametri interposti
nei giudizi di legittimità costituzionale delle leggi nazionali, in virtù
dell’art. 117, primo comma.
In questo modo, la Corte costituzionale ha irreversibilmente
esposto la prima parte della Costituzione italiana e i diritti fonda-
mentali in essa contenuti alle influenze della Cedu e più ancora alle
interpretazioni della Corte di Strasburgo. È chiaro infatti che
quando la Corte afferma che le norme della Convenzione europea
assumono il valore di parametro interposto nel giudizio di legittimità
costituzionale, essa non si riferisce soltanto alle disposizioni scritte
del testo della Convenzione, ma, appunto, alle norme Cedu nel
significato ad esse attribuito dalla interpretazione della Corte di
Strasburgo. In definitiva, il ruolo di parametro interposto nei giudizi
di costituzionalità sarà assunto dalle decisioni della Corte di Stra-
sburgo.
È vero che la Corte costituzionale si riserva di valutare, prima di
procedere all’applicazione dei principi formulati dalla Corte di Stra-
sburgo, la loro compatibilità con la Costituzione italiana e nel caso in
cui ne emerga un conflitto con le norme costituzionali interne, la
Corte si dichiara pronta a pronunciare l’“inidoneità” del principio
convenzionale ad integrare il parametro di costituzionalità e ad
espungerlo dall’ordinamento italiano. Tuttavia, è chiaro che grazie
alle potenzialità dell’interpretazione in riferimento ai testi costitu-
zionali — composti da principi più che da norme, e comunque
caratterizzati da un ampio respiro lessicale e scritti secondo una
tecnica redazionale “a maglie larghe” — il contenuto dei diritti
costituzionali sarà sempre più intensamente rimodulato in base agli
orientamenti elaborati a Strasburgo e l’intero disegno complessivo
della parte prima della Costituzione si trasfigurerà gradualmente
sotto l’influsso della cultura dominante nelle istituzioni europee.
406 DOTTRINA
diritti. Negli Stati Uniti, dove la Corte suprema in alcuni casi si è
avventurata nell’uso del diritto comparato per la soluzione di casi
difficili in materia di diritti fondamentali — omosessuali, pena di
morte — la vicenda ha suscitato un vivacisimo dibattito. Invero, non
mi risulta che la Corte costituzionale italiana si sia ancora avventu-
rata in tale sperimentazione. Diversa si presenta, invece, la giuri-
sprudenza della Corte di cassazione che in più di un’occasione ha
fatto riferimento alla giurisprudenza straniera. Vorrei qui ricordare
almeno due casi perché hanno uno specifico tono costituzionale e
riguardano problemi inerenti ai diritti fondamentali. Il primo in
ordine temporale è un caso del 2004, riguarda il cd. “diritto a non
nascere”; il secondo è il notissimo caso Englaro dell’ottobre 2007.
È una prassi affascinante, che per certi aspetti può molto arric-
chire gli strumenti di tutela dei diritti e recare grandi benefici; per
altri aspetti può prestarsi a varie forme di abuso, come bene mette in
rilievo il dibattito americano, soprattutto se essa viene ridotta a
tecnica di giustificazione di decisioni già prese, anziché essere fina-
lizzata ad arricchire l’argomentazione razionale e giuridica. Spesso i
giudici vanno alla ricerca di precedenti stranieri che confermino una
decisione già predeterminata, specie in caso di deboli appigli norma-
tivi e giurisprudenziali nell’ordinamento di riferimento.
408 DOTTRINA
nazionali, Statuti regionali, giurisprudenze straniere, giurispru-
denze europee, etc.) posti direttamente nelle mani dei giudici comuni
amplificano la loro discrezionalità e alimentano la tendenza alla
creazione dei nuovi diritti, in modo diseguale e imprevedibile.
In questo contesto è assolutamente urgente che tutti i soggetti
istituzionali che si trovano a contatto con le richieste di tutela di
nuovi diritti fondamentali sappiano resistere alla tentazione di dila-
tare eccessivamente questa categoria giuridica, mantenendo i diritti
fondamentali entro gli argini di una “esperienza elementare univer-
sale”, riconoscibile per ogni persona umana, ad ogni latitudine e sotto
ogni cielo.
Occorre in altri termini porre chiaramente l’attenzione sul ri-
schio di confondere l’universalismo dei diritti fondamentali con l’uni-
versale che appartiene alla comune esperienza umana. L’analisi
precedente ha mostrato come la categoria dei diritti fondamentali
possa diventare una categoria formale, vuota e arbitraria, utilizzata
a piacimento per dare soddisfazione a pretese giuridiche prive di
altro fondamento normativo. Questa tendenza alla banalizzazione
dei diritti fondamentali può, però, portare qualche rischio. Se si
vuole mantenere un significato normativo del concetto di diritti
fondamentali, allora non è ammissibile che sia qualificata come
diritto fondamentale qualunque pretesa giuridica riconosciuta da un
qualunque giudice sul globo terrestre.
Occorre, come ammoniva Benedetto XVI nel discorso all’ONU
dello scorso aprile, sottoporre ad attento discernimento la richiesta di
nuovi diritti, cioè sottoporre la categoria stessa dei diritti fondamen-
tali al vaglio della ragione e dell’esperienza umana universale, af-
finché essi rimangano quello che la loro struttura esige che siano,
cioè primigeni strumenti di Giustizia.
SOMMARIO: 1. Le origini. Laicità dello Stato e cristianesimo. — 2. L’ideologia dello Stato laico
nella crisi dello spirito europeo. — 3. L’affermazione del regime di laicità in Francia. —
4. L’evoluzione del principio di laicità nell’esperienza francese. — 5. La laicità dello Stato
nell’esperienza italiana. I dibattiti in Assemblea costituente. — 6. Il principio di laicità
dello Stato nella giurisprudenza costituzionale. — 7. Le nuove sfide alla laicità dello
Stato.
412 DOTTRINA
Anche alcune tesi teocratiche, elaborate in ambienti curiali e fiorite
nel corso dei secc. XI-XIII, che assegnavano al Pontefice un ruolo di
vertice nel sistema di governo della societas christiana (la c.d. pote-
stas directa Ecclesiae in temporalibus) tramontarono con il declino
dell’autorità imperiale.
Ma furono poi le sanguinose guerre di religione, dovute alle
divisioni tra i cristiani e che imperversarono per tutta Europa nel
sec. XVI e XVII soprattutto nei territori tedeschi, in Francia e Gran
Bretagna, che mostrarono per la prima volta agli occhi degli europei
la fede cristiana come fattore di divisione e conflitto, laddove per
secoli essa era stato il principale fattore di unità e di coesione delle
popolazioni europee.
In questa lunga e dolorosa fase di crisi dello spirito europeo, che
turbò e segnò intere generazioni (bastino i nomi di Montaigne, Grozio,
Cartesio, Thomasius) e le orientò, rassegnate e disilluse, verso l’ela-
borazione di un concetto di ragione e di razionalità avulso da ogni
riferimento alla natura e al destino trascendenti dell’uomo (il giusna-
turalismo razionalista e l’“etsi Deus non daretur”) (1), si situa l’origine
e l’idea dello Stato laico. Cioè di un’unica fonte suprema del potere (da
cui il concetto di sovranità, ad indicare un potere legibus solutus,
sciolto da ogni regola superiore, anche di carattere divino) che, nel-
l’esercizio delle sue funzioni di governo della comunità, prescinde dal-
l’appartenenza confessionale dei sudditi, rinunciando di porsi al ser-
vizio di una salvezza ultraterrena e riguardando l’individuo solo nella
sua dimensione secolare e nelle sue esigenze temporali.
All’apice di tale processo storico di secolarizzazione, sviluppatosi
nel segno del progressivo svuotamento metafisico dell’individuo, pri-
vato del suo radicamento trascendente, e della contestuale concen-
trazione di ogni potere nello Stato assoluto, l’equilibrio postulato dal
principio dualista cristiano si ruppe.
Nella cultura europea, diversamente da quanto avvenne nelle
colonie del Nord America, venne meno la fiducia nelle autonome
potenzialità dell’uomo, illuminato dalla fede, secondo il modello
trasmesso dalla tradizione cristiana, di trasformare dall’interno la
(1) Come noto, l’espressione deriva da un noto passaggio dei Prolegomena (n. 11) al De
iure belli ac pacis di Ugo Grozio (1583-1645), opera fondamentale che pose le basi del
giusnaturalismo razionalista e del diritto internazionale inteso in senso moderno. In esso si
afferma che il diritto naturale, in quanto discendente dai caratteri essenziali e specifici della
natura umana, sussisterebbe in qualche modo ugualmente “etiamsi daremus, quod sine
summo scelere dari nequit, non esse Deum, aut non curari ab eo negotia humana” (anche se
ammettessimo, cosa che non può farsi senza empietà gravissima, che Dio non esistesse o che
egli non si occupasse dell’umanità).
414 DOTTRINA
trascendente la storia, scompare e al suo posto si afferma il cittadino,
non più suddito di fronte all’autorità sovrana e formalmente parte-
cipe della sua volontà, la legge, da cui viene però a dipendere in
concreto ogni suo diritto e libertà.
In questo contesto anche la religione e la fede cristiana, sulla
base dell’esperienza confessionista dell’Ancièn Règime, furono talora
percepite come fattori di oppressione dell’individuo e di ostacolo alla
piena affermazione dello Stato sovrano, inteso come potere assoluto
sull’intera società. In particolare la Chiesa e la religione cattolica,
che opposero sempre la maggiore resistenza ai tentativi di assimila-
zione politica e culturale, furono per questi motivi oggetto da parte
degli Stati, prima liberali poi totalitari, di legislazioni ostili, e talora
persecutorie, volte alla loro sostanziale emarginazione nella società.
3. L’esperienza nazionale più emblematica in tal senso è quella
della Francia, ove il termine “laı̈cité” emerse nella seconda metà
dell’Ottocento (Terza Repubblica, 1871), sullo sfondo di una dram-
matica situazione sociale interna, per indicare un preciso progetto
politico di rimozione della religione cristiana dalla sfera pubblica,
che si tradusse concretamente nelle leggi scolastiche del 1882 e del
1886, le quali estromisero ogni insegnamento, personale e simbolo
religioso dalla scuola pubblica, e nella legge di separazione del 1905,
che ridusse le confessioni religiose a mere “associazioni di culto”
disciplinate dallo Stato, vietando ogni forma di finanziamento pub-
blico, soppresse le congregazioni religiose e introdusse alcuni forti
limiti, sanzionati penalmente, ai diritti civili del clero.
Non è questa la sede per approfondire le complesse ragioni
storiche e politiche che portarono a tali vicende, nelle quali trovò
sbocco il secolare conflitto — che attraversò la storia d’oltralpe fin
dalle guerre di religione (sec. XVI) — tra cattolici legittimisti, fedeli
alla monarchia, e altre componenti sociali (in successione calvinisti
ugonotti, illuministi e liberi pensatori, socialisti) divenute fautrici
della Repubblica (la “guerre de deux France”).
Preme piuttosto ricordare che, sulla base di queste leggi (“les
deux blocs laı̈cs”), maturate negli ultimi anni del sec. XIX, principio
cardine del regime di laicità in Francia divenne la tutela della libertà
di coscienza dell’individuo (cfr. art. 1, legge del 1905: “La République
assure la liberté de conscience. Elle garantit le libre exercice des cultes
sous les seuls restrictions édictées ci-après dans l’intérêt de l’ordre
public”) contro ogni tentativo di condizionamento confessionale che
416 DOTTRINA
perando la sua accezione ristretta di mera separazione tra lo Stato e
i culti (“läicité-separation”), venne accolta in termini più ampi come
neutralità dello Stato rispetto a tutte le convinzioni non solo reli-
giose, ma anche politiche, filosofiche e ideologiche: “contre toute
philosophie d’Etat”.
Questa posizione fu sostenuta in Assemblea costituente nella
seduta del 3 settembre 1946 da Maurice Schumann del MRP (Movi-
mento Repubblicano Popolare di ispirazione democratico-cristiana),
secondo il quale la laicità dello Stato significava “son indépendence
vis-à-vis de toute autorité qui n’est pas reconnue par l’ensemble de la
nation, afin de lui permettre d’être impartial vis-à-vis de chacun des
membres de la communauté nationale et de ne pas favoriser telle ou
telle partie de la nation”. Essa era pertanto da intendersi come “une
garantie de véritable liberté (…). L’Etat a le devoir, alors que la
nation est composée de personnes qui n’ont pas les mêmes croyances,
de permettre a chacun de vivre conformément aux exigences de sa
conscience”.
In questa concezione nuova della laicità s’inscriveva pertanto
non solo la separazione tra lo Stato e le chiese, ma innanzitutto la
neutralità filosofica dello Stato e la garanzia della libertà di co-
scienza, con precise conseguenze pratiche. In tal senso Schumann
concludeva il suo intervento: “En votant pour la läicité nous votons,
en même temps, pour la séparation entendue dans son vrai sens, en
même temps pour la neutralité, c’est à dire contre toute philosophie
d’Etat, pour la liberté de conscience, c’est à dire pour le libre choix de
l’enseignement”.
La costituzionalizzazione del principio di laicità nell’ordina-
mento francese non si limitò quindi a recepirne i contenuti storici
affermatisi a fine ottocento e consacrati nella legge di separazione
del 1905, ma incise sulla sua interpretazione complessiva, afferman-
done un’accezione più rispettosa delle istanze di libertà religiosa:
“une nouvelle laı̈cité plus souple et ouverte sur la liberté” (Barbier).
Questa poi si tradusse, nella Costituzione del 1958, in un’inte-
grazione dell’art. 2, ove, accanto alla qualifica laica della Repubblica,
fu altresı̀ affermato che essa “assure l’égalité devant la loi de tous les
citoyens sans distinction d’origine, de race ou de religion. Elle res-
pecte toutes les croyances” (5); un’integrazione, voluta personalmente
dal presidente De Gaulle, destinata a riequilibrare in positivo l’ori-
(5) « La France est une République indivisible, laı̈que, démocratique et sociale. Elle
assure l’égalité devant la loi de tous les citoyens sans distinction d’origine, de race ou de
418 DOTTRINA
antireligioso ma semmai, in alcuni suoi protagonisti, ha talora
espresso critiche o venature anticlericali nelle quali si è manifestato
piuttosto il senso di un asserito tradimento da parte dell’istituzione
ecclesiastica o di suoi importanti esponenti degli originari ideali
evangelici, non mai il loro rifiuto o derisione.
Nell’ambito di questo differente contesto storico e culturale
vanno inquadrate le ragioni, legate alle più recenti vicende politiche
del paese e alla complessa situazione internazionale, per le quali
l’Assemblea Costituente, eletta il 2 giugno 1946 per redigere la
nuova Costituzione, non affrontò direttamente, in modo unitario e
sistematico, in vista di un’eventuale esplicita qualificazione in tal
senso della Repubblica, il tema della laicità dello Stato, che all’epoca
conservava un significato ideologico ambiguo, su cui pesava il ricordo
dei laceranti conflitti ottocenteschi e l’esperienza di regimi totalitari
del Novecento autoproclamatisi laici.
La figura dello Stato laico fu peraltro evocata in Assemblea
Costituente in due occasioni: nell’ambito della discussione sui Prin-
cipi dei rapporti sociali (culturali), svoltasi nella Io Sottocommissione
nell’ottobre 1946 e che ebbe principalmente per oggetto il delicato
tema del rapporto tra istruzione pubblica e istruzione privata, e
durante la discussione in Assemblea del progetto di Costituzione nel
marzo del 1947.
In particolare nella seduta dell’11 marzo 1947, replicando all’in-
tervento dell’on. Nenni, contrario all’inserimento dell’art. 7 nella
Costituzione in base alla concezione di derivazione francese dello
Stato laico, che rinchiude la religione nella sfera della coscienza
individuale, l’on. Giorgio La Pira affermava:
“Che significa Stato laico?” — e proseguiva: “Non esiste uno Stato
agnostico: come si concepisce la realtà umana, come si concepisce la
società, cosı̀ si costruisce la volta giuridica. Ora, se l’uomo ha questa
orientazione intrinsecamente religiosa, senza una qualifica, ed al-
lora, che significa laico, se lo Stato è l’assetto giuridico della società?
Se l’uomo ha questa intrinseca orientazione religiosa, se necessaria-
mente questa intrinseca orientazione si esprime in comunità reli-
giose, non esiste uno Stato laico. Esiste uno Stato rispettoso di
questa orientazione religiosa e di queste formazioni religiose asso-
ciate, in cui esso si esprime”. E concludeva: “Non dobbiamo fare uno
Stato confessionale, uno Stato, cioè, nel quale i diritti civili, politici
ed economici derivino da una certa professione di fede; dobbiamo solo
costruire uno Stato che rispetti questa intrinseca orientazione reli-
420 DOTTRINA
inviolabili dell’uomo (art. 2) e della libertà religiosa (art. 19), sul
principio della distinzione degli ordini tra Stato e Chiesa, su quello di
bilateralità nella disciplina dei loro rapporti (art. 7) e sulla eguale
libertà di tutte le confessioni religiose (art. 8), manifestando una
considerazione dei valori religiosi come fattori positivi di sviluppo
della persona umana, pertanto meritevoli di tutela e promozione
secondo lo spirito dello Stato sociale di democrazia pluralista, non in
funzione privilegiaria ma di anticipo e sostegno di tutte le altre
libertà (Berlingò).
6. Si dovette però attendere più di quarant’anni perché questa
concezione della laicità dello Stato fosse esplicitamente recepita
come principio di rilevanza costituzionale nell’esperienza del nostro
paese.
Prima fu infatti necessario il compimento del procedimento di
revisione del Concordato lateranense (1984), che attuò l’armonizza-
zione costituzionale della disciplina dei rapporti tra lo Stato e la
Chiesa, la stipulazione delle prime Intese con le altre confessioni
religiose e il crollo dei regimi comunisti nell’Europa dell’Est, che
tolsero l’ambiguità che aveva per lungo tempo accompagnato la
nozione di Stato laico.
Solo con la sentenza n. 203 dell’11 aprile 1989 la nostra Corte
costituzionale, respingendo l’asserita illegittimità della nuova disci-
plina dell’insegnamento delle religione cattolica nella scuola pub-
blica (art. 9, Acc.), individuò formalmente il principio supremo di
laicità dello Stato come “uno dei profili della forma di Stato delineata
nella Carta costituzionale della Repubblica”, desumendolo dall’in-
sieme delle disposizioni costituzionali concernenti il fattore religioso,
ossia gli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 Cost.
Secondo la Corte tale principio “implica non indifferenza dello
Stato dinanzi alle religioni, ma garanzia dello Stato per la salva-
guardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessio-
nale e culturale” (sent. n. 203/1989) e legittima “interventi legislativi
a protezione della libertà di religione” (sent. n. 508/2000) poiché allo
Stato “spetta soltanto il compito di garantire le condizioni che favo-
riscono l’espansione della libertà di tutti e, in questo ambito, della
libertà di religione” (sent. n. 334/1996).
Da ciò derivano innanzitutto fondamentali contenuti di garanzia,
che consistono essenzialmente nell’affermazione del carattere acon-
fessionale dello Stato e del suo ordinamento, nel senso che essi non
422 DOTTRINA
Sulla base di questo principio la Corte costituzionale ha avviato
una giurisprudenza riformatrice che ha progressivamente rimosso
gli ultimi residui confessionisti nella legislazione italiana, in parti-
colare in materia penale, giungendo a parificare la tutela penale
delle confessioni religiose sulla base della pari dignità di ogni cre-
dente.
7. Nei singoli ordinamenti nazionali l’affermazione del principio
di laicità dello Stato ha conosciuto differenti percorsi evolutivi, stret-
tamente intrecciati alla storia politica, istituzionale e religiosa di cia-
scun paese. Problemi nuovi, come il confronto con l’Islam e il progresso
biotecnologico, pongono nuove sfide, talora riproponendo visioni pre-
giudiziali della laicità che alimentano artificiose polemiche tra laici e
credenti, tutti membri a pieno titolo della comunità civile.
Il problematico confronto con l’Islam da un lato ha costretto
alcuni ordinamenti contemporanei — e prima ancora alcune culture
politiche tradizionalmente ostili in Europa al ruolo delle chiese — ad
impostare su basi rinnovate, al di fuori di ogni ipotesi confessionista,
il rapporto con le religioni, sulla base di una necessaria presa d’atto
della loro rilevanza pubblica e del ruolo centrale da esse assunto
nelle politiche di integrazione delle nuove popolazioni immigrate. Da
qui l’avvertita necessità di instaurare relazioni con i rappresentanti
delle comunità religiose, sulla base di un reciproco riconoscimento e
dell’adesione a condivisi principi di convivenza. Da cui il sostanziale
abbandono del modello separatista di matrice ottocentesca e l’ap-
prodo verso sistemi pattizi o di “collaborazione selettiva” con le
comunità religiose, che rappresentano oggi una soluzione sostanzial-
mente condivisa dai vari paesi europei.
Dall’altro ha reso manifesto lo stretto legame che intercorre tra
la laicità dello Stato e determinati presupposti pre-giuridici che
rimandano al principio dualista cristiano e al primato della persona
umana, al di fuori dei quali la costruzione dello Stato laico rischia di
declinare in laicismo, ossia in una ideologia di Stato ostile alla libertà
religiosa e alle sue manifestazioni pubbliche.
È emblematica in tal senso la questione dei simboli religiosi, e in
particolare l’uso del velo islamico nei luoghi pubblici, che è stata
talora l’occasione — come in Francia e in Turchia — per la ripropo-
sizione di una versione militante della laicità dello Stato (laicità
gnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche è fondato anche sulla constatazione
che “i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”.
424 DOTTRINA
Bibliografia essenziale
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Subiaco, in www.ratzinger.it; ID., Chiesa, ecumenismo e politica. Nuovi saggi di ecclesiologia,
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E., Il laicismo, Roma-Bari 1998; VENTURA M., La laicità dell’Unione europea. Diritti, mercato,
religione, Torino 2001.
ISTITUZIONI PUBBLICHE
E GARANZIE DEL CITTADINO (*)
* Il forum riporta alcune delle “testimonianze” esposte rese in occasione del Convegno di
Iustitia che si è svolto nel Palazzo dei Giureconsulti di Milano, in data 3-4 luglio 2008. Il
Convegno, dal titolo “Istituzioni pubbliche e garanzie del cittadino”, ha voluto essere una prova
di ripensamento della realtà istituzionale italiana, nell’ottica dei bisogni e dei diritti dei
cittadini. Il percorso offerto ha preso avvio dall’esame delle strutture fondamentali del rapporto
cittadino - istituzioni in uno stato democratico; ha approfondito, quindi, il contenuto normativo
e la prassi applicativa di alcuni fra i più significativi strumenti predisposti a servizio dei
cittadini, indagando difficoltà e punti di crisi. Nella consapevolezza della complessità e della
delicatezza dei problemi, sia sul piano istituzionale sia su quello sociale, i contributi proposti
hanno inteso fornire a tutti, e in particolare a coloro che nella società civile avvertono la
responsabilità del bene comune, una base di riflessione per l’elaborazione di rimedi sostenibili
e proposte adeguate.
L’interesse e l’attualità dei temi trattati rendono ragione dell’opportunità di pubblicare gli
atti; nel precedente fascicolo si trovano, oltre alla prolusione di Lorenzo Ornaghi, Rettore
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, le testimonianze di qualificati rappresentanti delle
istituzioni e di eminenti studiosi quali Gian Valerio Lombardi, Prefetto di Milano, Mario
Zevola, Presidente della IX sezione civile del Tribunale di Milano, ora presidente del Tribunale
dei minorenni, Lucio Nardi, Giudice tutelare del Tribunale di Milano, Flavio Curto, Difensore
civico della Regione Valle d’Aosta.
Nel presente fascicolo, oltre alla relazione di Marta Cartabia, sono pubblicate quelle di
Gianfranco Gaffuri, Gianfranco Garancini e Bassano Baroni nonché la relazione di sintesi di
Giorgio Floridia.
GIANFRANCO GAFFURI
GARANZIE DI GIUSTIZIA E
DIRITTO TRIBUTARIO: LA CAPACITA
CONTRIBUTIVA
La razionalità e la giustizia tributaria, che sono profonde
aspirazioni dell’etica sociale, sono governate,
nell’ordinamento giuridico, dai principi sommi del sistema nor-
mativo.
Questo tema intendo, per l’appunto, approfondire.
430 FORUM
quali presuppongono la divisione (oltre che la divisibilità) del servi-
zio stesso e del relativo costo, non sono propriamente tributi.
La norma è intuitivamente di natura programmatica: essa non è
dunque idonea a porre precetti immediatamente efficaci, ma vincola
il legislatore al suo rispetto e consente all’individuo di denunciare il
discostamento dal principio in essa enunciato.
Il fulcro della norma costituzionale in esame e dell’intero ordine
tributario è costituito dal principio di capacità contributiva che, nel
contesto della norma, funge da misura della partecipazione popolare
allo sforzo finanziario complessivo per le spese pubbliche non divisi-
bili o non trattate come tali.
L’attitudine alla contribuzione — sinonimo di capacità contribu-
tiva — designa sinteticamente quegli eventi e quelle condizioni che
manifestano la possibilità di far fronte al pagamento dei tributi.
Poiché, in teoria, ogni espressione della realtà può essere giudicata
indice di quella attitudine, ad una prima, immediata lettura, la
formula cui è ricorso il costituente dà l’impressione di essere una
vuota affermazione di principio; più ancora qualsiasi tentativo di
definirne il contenuto potrebbe apparire tautologico. Ma una simile
interpretazione, sebbene ad essa abbia voluto indulgere la dottrina
negli anni immediatamente successivi all’entrata in vigore della
Costituzione (si vedano, significativamente, G. BALLADORE PALLIERI, La
nuova Costituzione italiana, Milano, Marzorati, 1948, p. 63, e Diritto
costituzionale, Milano, Giuffrè, 1955, p. 370; G. INGROSSO, I tributi
nella nuova costituzione italiana, in Arch. fin., 1950, p. 158; A.D.
GIANNINI, I rapporti tributari, in Commentario sistematico alla Costi-
tuzione italiana, vol. I, Firenze, Barbera, 1950, p. 273) non appare
corretta.
Il costituente, infatti, stabilendo il dovere comune di concorrere
alle spese pubbliche in ragione della capacità contributiva, ha inteso
proclamare l’esigenza di attenersi, nell’imposizione dei tributi, ad un
criterio razionale che consenta una più giusta distribuzione del-
l’onere relativo. Quell’esigenza necessariamente implica una discri-
minazione poiché, in riferimento ad essa, non tutti i fatti della vita o
2008
432 FORUM
Volendo ora approfondire l’analisi e indagare intorno agli effetti
pratici del principio, solo apparentemente indeterminato, è oppor-
tuno rammentare che l’istituzione di un tributo — attività legislativa
sulla quale propriamente agisce, per sua natura, la norma costitu-
zionale programmatica — si concreta, con riguardo al suo contenuto,
in due operazioni fondamentali: la scelta del presupposto imponibile
— ovverosia dell’evento, circostanza, situazione o bene ai quali si
riferisce l’obbligo fiscale — con il coinvolgimento fatale del soggetto
protagonista, e la determinazione della misura entro la quale si
compie il prelievo.
Come già ebbe a insegnare la Corte a proposito di una modifica-
zione retroattiva dell’imposta di famiglia (nella decisione n. 45/1964,
in Giur. it., 1964, I, 1, c. 1109, e specialmente c. 1111), per il giudizio
di capacità contributiva non hanno rilevanza tutte le altre specifica-
zioni che sogliono essere contenute nelle leggi istitutive dei tributi,
perché esse costituiscono semplici modalità che non attengono alla
sostanza del prelievo.
Si sogliono distinguere l’aspetto sostanziale e quello formale dei
gravami tributari comprendendo, nel primo, la costituzione e la
determinazione del debito tributario e, nel secondo, tutti gli atti
integrativi che ne completano la disciplina.
In questo contesto appare evidente che il principio costituzionale
— enunciato in una norma programmatica — non può riguardare
l’intero regolamento del tributo, che deve essere fissato discrezional-
mente dal legislatore ordinario, ma i suoi aspetti essenziali, nei quali
si esprime l’incidenza del sacrificio imposto dalla norma tributaria e
che quindi esigono un controllo di conformità all’attitudine contribu-
tiva prescritto dalla Costituzione.
Questo criterio di massima deve, peraltro, adattarsi al modo nel
quale la pressione fiscale si manifesta in concreto, giacché può
accadere che una regola apparentemente strumentale (si pensi, per
esempio, ad un’anticipazione rilevante del termine fissato per il
pagamento dell’imposta, che è aspetto del procedimento d’esazione
estraneo, di per sé, all’ambito in cui opera il principio costituzionale)
2008
434 FORUM
Atti del convegno: I settant’anni di “Diritto e pratica tributaria”,
Padova, Cedam, 2000, p. 185).
In realtà, quest’ultima condizione non è altro che la risultante
naturale del presupposto imponibile prescelto ed è propria dell’indi-
viduo che è coinvolto (e anche di altri, che siano eventuali compri-
mari). Ne consegue che, da un canto, per capacità contributiva si
deve intendere l’attitudine soggettiva alla sopportazione del peso
fiscale che sia consentito dedurre dal presupposto imponibile — in
quanto la sua sintomaticità economica garantisce l’esistenza, nella
fattispecie astratta, di mezzi sufficienti per fronteggiare l’obbligo
fiscale —; dall’altro che è estranea al principio costituzionale in
esame la considerazione di qualunque stato soggettivo non connesso
con il fatto imponibile (si vedano, sul punto, le decisioni della Corte
costituzionale n. 201/1975, in Giur. cost., 1975, p. 1563, e n. 155/
2001, innanzi citata).
Non vi è, dunque, un reale contrasto tra concezione soggettiva e
nozione oggettiva della capacità a contribuire, giacché entrambe
sono aspetti coessenziali riferiti al presupposto imponibile; piuttosto,
come si vedrà, il problema pratico riguarda il limite quantitativo del
prelievo che non deve generare effetti eversivi.
Il principio di capacità contributiva agisce in ogni caso, quantun-
que con lo specifico prelievo il legislatore abbia avuto di mira il
raggiungimento di scopi extrafiscali, anche di indubbio valore etico.
Si definiscono tali tutti gli obiettivi pratici che il legislatore si
propone di conseguire mediante lo strumento fiscale e che sono
diversi dal reperimento e dalla raccolta di danaro da destinare ai
fabbisogni dello Stato; esempio tipico di fine extrafiscale perseguito
con il prelievo tributario è la difesa dei prodotti nazionali contro la
concorrenza delle merci straniere, attuata con imposte doganali di
tale elevatezza da scoraggiare l’importazione di quelle merci. Si noti
che, in questo caso, addirittura, il successo della misura protettiva è
inversamente proporzionale al rendimento finanziario del tributo.
Altro fine extrafiscale può consistere nella redistribuzione della
ricchezza, cioè nell’eliminazione, con l’ausilio di opportune manovre
2008
mico.
D’altra parte, e viceversa, il precetto contenuto nell’art. 53, 1o
comma, proibisce qualsiasi disposizione legislativa che comunque
436 FORUM
provochi un inasprimento ingiusto del tributo, ancorché non riguardi
direttamente le componenti essenziali di questo. Ho già avuto occa-
sione di accennare al tema; cito qui, ulteriormente esemplificando,
l’allargamento del termine utile per esercitare i controlli fiscali
dell’autorità amministrativa, con ampiezza tale da allontanare in-
sopportabilmente la tassazione, che deriva da quei controlli, rispetto
all’accadimento del fatto imponibile (sebbene una simile dissocia-
zione non sia in sé contraddittoria con il principio garantista, giacché
una rigorosa coincidenza temporale fra evento tassabile e prelievo
tributario è impossibile e velleitaria).
Ancora, infine, la norma costituzionale, poiché funge da usbergo
contro inique pressioni fiscali, riguarda anche la disciplina delle
diverse relazioni che la legge stessa istituisce fra il contribuente e i
terzi, a causa e in riferimento al prelievo fiscale.
Un caso emblematico è rappresentato dalla sostituzione fiscale,
in virtù della quale un soggetto è tenuto, in luogo del contribuente
naturale, a pagare l’imposta, col diritto e, sovente, con l’obbligo di
rivalersi nei confronti dell’altro. Questo rapporto di rivalsa, nono-
stante i dubbi che potrebbero essere in astratto espressi, non è e non
può essere estraneo alla sfera d’influenza del principio garantista
posto dalla Costituzione; di conseguenza, proprio l’azione di regresso
consentita al terzo, che ha pagato in luogo del contribuente reale,
rende conforme a quel principio il sacrificio imposto solo tempora-
neamente al terzo medesimo.
Nel quadro del rapporto tra vincolo costituzionale della capacità
contributiva e libertà di scelta attribuita al legislatore, si colloca la
giusta soluzione del tributo ambientale, cioè di quel prelievo tribu-
tario il cui scopo è quello di concorrere, insieme con altre misure
normative, a reprimere fenomeni tollerabili (se fossero intollerabili
sarebbero, infatti, semplicemente repressi), ma dannosi d’inquina-
mento (in argomento si veda F. GALLO-F. MARCHETTI, I presupposti
della tassazione ambientale, in Rass. tribut., 1999, p. 115).
Fermo rimanendo, dunque, il rispetto del principio costituzio-
2008
438 FORUM
festazione di ricchezza. Questa, se in pratica è suscettibile di dive-
nire mezzo per soddisfare il tributo stesso, non necessariamente deve
essere cosı̀ destinata. In tal senso l’esistenza di mezzi economici utili
per il soddisfacimento dell’imposta è condizione indispensabile affin-
ché, da un punto di vista logico e nel rispetto della norma costitu-
zionale, il prelievo avvenga secondo la capacità contributiva del
soggetto che sopporta l’onere tributario.
Si è, dunque, potuto stabilire che il prelievo tributario per essere
conforme all’art. 53, 1o comma, deve trovare il suo fondamento in una
manifestazione di ricchezza e che il legislatore è tenuto a ricercare le
fattispecie imponibili in questo settore della realtà sociale.
Occorre ora verificare come la capacità contributiva, cosı̀ intesa,
influisca concretamente sulla configurazione della norma tributaria,
ovvero come questa debba essere congegnata, affinché si possa con-
siderare adempiuto il precetto costituzionale.
In primo luogo la relazione fra tributo e ricchezza deve atteg-
giarsi, nell’ambito — si badi — della previsione testuale, in modo che
sia certa, in riferimento ai tributi, e nei limiti dell’astrattezza legi-
slativa, l’esistenza dei mezzi economici per soddisfarlo. Tale condi-
zione di certezza si attua, indubbiamente, nel caso in cui lo stesso
presupposto indicato nella formula legislativa sia un fatto econo-
mico, una manifestazione di ricchezza suscettibile — si diceva — di
essere in astratto destinata al soddisfacimento del tributo. In questa
ipotesi l’obbligazione tributaria che si fonda sul presupposto stesso,
direttamente o attraverso il suo accertamento, non sarà mai di-
sgiunta dal possesso della ricchezza, appunto perché il fatto econo-
mico, posto a base del tributo, la contiene. Infatti, allorché si avvera
il presupposto e, quindi, si costituisce l’obbligo di pagare il tributo,
immediatamente o per effetto del suo accertamento poco importa, è
anche certa l’esistenza della capacità di farvi fronte.
Tuttavia una simile struttura della norma non è necessaria per
garantire l’esistenza certa, nel quadro dell’astrattezza legislativa,
dei mezzi di pagamento. Si può anche ipotizzare il caso in cui un
determinato bene costituisca il parametro di commisurazione di un
2008
440 FORUM
certezza e dell’effettività, le predette deroghe all’accertamento ana-
litico del presupposto o alla disciplina del tributo che ne preveda il
prelievo a conclusione del periodo fiscale stabilito, sarebbero incosti-
tuzionali.
In realtà, come ha anche riconosciuto il Giudice delle leggi (cfr. le
decisioni n. 103/1967, in Giur. it., 1968, I, 1, c. 120; n. 200/1976, in E.
DE MITA, Fisco e Costituzione I. Questioni risolte e questioni aperte,
1957-1983, Milano, Giuffrè, 1984, p. 483; n. 103/1983, in Giur. it.,
1983, I, 1, c. 1762; n. 283/1987, ivi, 1988, I, 1, c. 906; n. 41/1999, ivi,
1999, p. 2189), le predette misure normative sono rispettose del
principio di capacità contributiva, colto in tutta la sua pregnanza, sia
perché sono fondate su nessi attendibili e ragionevoli tra la circo-
stanza nota e il possesso della ricchezza desunto da quella circo-
stanza, sia perché il contribuente può sempre dimostrare che, nel
caso concreto, quel nesso, per eventi eccezionali, è manchevole, sı̀
che, mancando questa possibilità, la norma è incostituzionale.
Ugualmente, per quanto attiene alle anticipazioni dell’obbligo
fiscale — in sé estranee all’ambito in cui opera il principio in esame,
giacché attengono alla disciplina degli adempimenti — non sono
comunque irrazionali o vessatorie (e dunque sono conciliabili con la
norma costituzionale), posto che il contribuente può adeguare la
determinazione dell’acconto al reale svolgimento della gestione eco-
nomica, che sia possibile intuire concretamente già nel momento in
cui vi è l’obbligo di corrispondere l’anticipazione: cosı̀ ha ritenuto la
Corte costituzionale con le decisioni n. 77/1967, in Giur. it., 1967, I,
1, c. 1238 e n. 103/1967, già citata; si veda anche la n. 200/1976, pure
citata, che specifica i limiti e le condizioni del prelievo anticipato.
Del pari, è stato giudicato conforme al principio in esame il
regime catastale (si vedano le decisioni della Corte costituzionale n.
16/1965, in Giur. cost., 1965, p. 169 e n. 263/1994, in Riv. dir. tribut.,
1994, II, p. 521). Tale regime, infatti, si riferisce a rilevazioni medie
e ordinarie del reddito immobiliare, fondate su stime ragionevoli.
A stretto rigore, poi, l’imposta retroattiva — quella che colpisce
fattispecie economiche accadute anteriormente all’istituzione del
2008
vità.
Tuttavia, anche a questo proposito, la giurisprudenza costituzio-
nale ha sempre assunto un atteggiamento compromissorio, stabi-
442 FORUM
pregiudicare la continuità o la sopravvivenza o anche solo un ragio-
nevole progresso dell’economia privata, concepita, in simile contesto,
quale entità soggetta alla pressione fiscale dello Stato.
Affermare che l’economia privata, nel senso predetto, deve essere
garantita nei confronti dell’imposizione tributaria, non significa af-
fatto riconoscere l’esistenza di un primato di tale economia. Con
quell’espressione, invece, si intende fare riferimento a ciò che emerge
dalla norma costituzionale, al modo cioè col quale è stata disciplinata
e composta la dialettica fra le opposte esigenze della finanza pub-
blica, da una parte, e dell’economia privata, dall’altra, argomentando
da qui che, di fonte al prelievo tributario, debba essere garantita la
sussistenza della seconda. Pertanto, una formula (quella, appunto,
della capacità contributiva) comunemente ricca di significati meta-
giuridici, nel caso discusso è assunta in un’accezione rigorosamente
formale e politicamente neutra, per indicare la ricchezza dalla quale
l’Ente pubblico attinge i mezzi necessari alla sua vita e che si
definisce « economia privata » per antonomasia, giacché non tutti i
componenti di tale economia si possono considerare privati nel senso
tecnico della parola, sebbene questi ne costituiscano la maggior
parte.
La tutela accordata dalla norma costituzionale ai soggetti che
subiscono la pressione fiscale opera, dunque, in due direzioni:
• innanzitutto nella scelta di oggetti imponibili, la cui parziale
sottrazione possa conciliarsi con la salvaguardia dell’organizzazione
economica succube del prelievo;
• in secondo luogo nella determinazione quantitativa del tributo,
in dose tale da non generare effetti demolitori, tenendo conto anche
di pesi concomitanti.
Nel primo caso — e per tentare qualche esemplificazione —
potrebbe essere discorde con la norma costituzionale un’imposta che
sia ragguagliata ad un risultato gestionale spurio, non depurato cioè
dai (o da tutti) i costi di produzione e, dunque, ad una grandezza che
non è, almeno interamente, indice di attitudine contributiva.
Sotto questo aspetto non pare costituzionalmente legittimo un
2008
444 FORUM
quale il tributo può far carico secondo la citata opinione giurispru-
denziale (particolarmente significativa, in proposito, la decisione n.
143/1995, citata).
Del resto, ben raramente il principio di capacità contributiva è
stato applicato in modo autonomo e in virtù della sua specifica
rilevanza. Quasi sempre — ad eccezione dei casi risolti con le deci-
sioni già segnalate — la Corte costituzionale si è riferita congiunta-
mente all’art. 53, 1o comma, e all’art. 3, considerando il primo una
mera specificazione del secondo in materia tributaria (si vedano, a
titolo esemplificativo, le decisioni n. 167/1976, in E. DE MITA, Fisco e
Costituzione I. Questioni risolte e questioni aperte, 1957-1983, cit., p.
450; n. 103/1991, già citata; n. 258/2002, in Giur. cost., 2002, p. 1891;
anche la celebre pronuncia n. 42/1980, in E. DE MITA, Fisco e Costi-
tuzione I. Questioni risolte e questioni aperte, 1957-1983, cit., p. 535,
insigne per ricchezza argomentativa e dignità letteraria, che ha
dichiarato illegittima l’imposta locale sui redditi, oggi soppressa,
limitatamente al lavoro autonomo, in realtà si fonda su una consta-
tata disparità di trattamento fiscale con il lavoro subordinato, irri-
spettosa del principio di uguaglianza).
A sua volta, negli ultimi approdi, la dottrina finisce per este-
nuare il concetto di capacità contributiva. Secondo talune manifesta-
zioni ideologiche estreme, la norma costituzionale proclamerebbe
l’esigenza di distribuire il carico tributario, senza predeterminare
alcun criterio vincolante, giacché il legislatore potrebbe riferirsi a
qualunque circostanza, evento o situazione significativa, non neces-
sariamente indice di ricchezza (cfr., con varie sfumature, F. GALLO,
Ratio e struttura dell’irap, in Rass. tribut., 1998, p. 627: l’insigne
Autore considera peraltro ancora essenziale il nesso con elementi di
rilievo genericamente economico, anche se non sia effettivamente
sintomatico della capacità di fronteggiare, senza effetti eversivi, il
peso fiscale; A. FEDELE, Relazione sull’irap, in Riforma tributaria
1998. Analisi dei decreti legislativi in vigore nel 1998, Atti del
seminario di studi a cura dell’Ordine dei Dottori commercialisti di
Roma, nonché in Dovere tributario e garanzie dell’iniziativa econo-
2008
ora collimando, con altri interessi sia pubblici sia privati. L’ammi-
nistrazione è, quindi, tenuta ad esercitare la propria discrezionalità,
e cioè a dettare con il provvedimento la regola del caso concreto,
448 FORUM
attraverso la ponderazione complessiva di più interessi; e, al fine di
garantire la correttezza delle scelte comparative e di evitare che un
potere funzionale quale quello pubblico possa trasformarsi in un
potere libero e perciò arbitrario, è predisposto, ora, in via generale
attraverso le norme di cui alla L. 241/90, il meccanismo di procedi-
mentalizzazione dell’attività amministrativa. Di tal che la funzione
pubblica, e cioè la traduzione del potere amministrativo in atto, deve
svolgersi attraverso il procedimento — il quale, per tale ragione, è
stato definito forma della funzione — che costituisce il luogo deputato
all’acquisizione, alla valutazione e alla parametrazione degli inte-
ressi pubblici e privati coinvolti dall’azione amministrativa, nel
quale avviene la conseguente scelta della soluzione ritenuta maggior-
mente rispondente al fine pubblico affidato alle cure dell’autorità
procedente dalla norma attributiva del potere”.
450 FORUM
provvedere”, come diceva Vezio Crisafulli) e che si esplica nel proce-
dimento — per converso costituisce nel cittadino, privato interlocu-
tore della p.a., una posizione giuridica che lo caratterizza specifica-
mente, sia essa posizione di interesse legittimo o di diritto soggettivo;
infatti, se “la distinzione tra interessi legittimi e diritti soggettivi deve
essere riferita alla finalità perseguita dalla norma alla quale l’atto si
collega”; e se, anche nel caso in cui la norma definisca in modo
puntuale i presupposti e il contenuto dell’attività amministrativa,
indicando come obiettivo in via diretta e immediata finalità di inte-
resse pubblico, l’interesse legittimo è ugualmente riconosciuto ai
sensi dell’art. 113 Cost., per quanto riguarda la tutela giurisdizio-
nale, allora il riconoscimento della dignità di tale posizione si
estende anche nel riconoscimento del diritto di intervento nel proce-
dimento amministrativo proprio in base al principio del giusto pro-
cedimento, in relazione agli artt. 97 e 98 Cost.. È stato scritto infatti
che “l’interesse legittimo, che è una posizione sostanziale al pari del
diritto soggettivo e che di quest’ultimo ha pari dignità ricevendo
dall’ordinamento un’uguale protezione, si caratterizza perché è la
posizione giuridica di cui è titolare il soggetto inciso da un provvedi-
mento amministrativo, vale a dire è la posizione in cui versa il
destinatario di un atto, o il soggetto che comunque riveste una
posizione differenziata e di qualificato interesse rispetto ad un atto,
emanato da una pubblica amministrazione nell’esercizio del potere
pubblico o, anche prima dell’adozione dell’atto, il soggetto che entra
in un rapporto giuridicamente qualificato con l’esercizio della fun-
zione amministrativa. In altre parole, l’interesse legittimo è la situa-
zione giuridica soggettiva che ‘dialoga’ con l’amministrazione che sta
esercitando o ha esercitato un pubblico potere e che, quindi, con un
atto unilaterale ed autoritativo, è in grado di incidere ex se sulla sfera
giuridica contrapposta, per cui può dirsi che detta situazione ha la
sua fonte nella norma attributiva del potere pubblico dell’ammini-
strazione” (TAR per il Lazio, Roma, sez. I, 1 febbraio 2007, n. 756).
porto di fiducia tra i cittadini e le p.a.” (V. FERA, Il principio del giusto
procedimento alla luce della legge 15 del 2005, in Giustizia Ammi-
nistrativa, rivista on line, n. 3/2005).
452 FORUM
I vari passaggi della disciplina del procedimento indicati dalla
legge n. 241/1990 e s.m.i. (comunicazione di avvio del procedimento;
diritto ad intervenire nel procedimento; comunicazione dei motivi
ostativi all’accoglimento dell’istanza; possibilità di accordi integra-
tivi o sostitutivi del provvedimento; obbligo di istruttoria e di moti-
vazione del provvedimento, e cosı̀ via) segnano di necessità — dise-
gnando in concreto l’attuazione del principio del giusto procedimento
— un corpus di garanzie per il privato cittadino al corretto funzio-
namento dell’attività amministrativa con il riconoscimento del di-
ritto di partecipazione attiva al procedimento. Tale tutela è, oggi,
rafforzata rispetto al passato: nel momento in cui il legislatore ha
sancito il diritto alla partecipazione al procedimento amministrativo
da parte del cittadino, ne ha sancito altresı̀ la possibilità di tutela
giurisdizionale che, dal principio generale dell’art. 113 Cost., si è
articolata attraverso la definizione sempre più complessa e partico-
lareggiata della giurisdizione del giudice amministrativo. In tal
modo il legislatore crea una vera e propria “agevolazione” del citta-
dino nei confronti della p.a., contemporaneamente dettando per la
p.a. norme sull’azione amministrativa che debbono essere lette non
solo come vincoli ad essa, ma altresı̀ — e di più — come modalità più
sicure e definite per un suo corretto svolgimento.
454 FORUM
“non sussiste, in conclusione, un precetto costituzionale che imponga
al legislatore ordinario l’introduzione di fasi procedimentali in guisa
da integrare nella loro successione cronologica e nel loro specifico
rilievo gli estremi del c.d. ‘giusto procedimento’, al quale, per altro,
anche la citata legge n. 241 del 1990, che pure gli attribuisce portata
di principio generale, prevede importanti deroghe”.
456 FORUM
a sé stante, “un’istruzione specifica per l’amministrazione in attua-
zione dell’acquis politico racchiuso (almeno) negli artt. 2, 3, 4 e 97
Cost.” (Forte). Varrebbe la pena di ricordare, tuttavia, come all’art. 2,
all’art. 3, all’art. 4 e all’art. 97 si possano aggiungere, come riferi-
menti fontali del principio del giusto procedimento e di quello della
partecipazione, gli artt. 24 e 113 e, dopo la novella, l’art. 111, nella
marcata analogia (per lo meno a livello di politica del diritto) fra le
ragioni del giusto processo e quelle del giusto procedimento.
458 FORUM
Il richiamo al rapporto fra art. 97 Cost. e giusto procedimento
diviene diretto e, ormai, indiscutibile, con la sentenza n. 104/2007.
460 FORUM
BASSANO BARONI
IL SILENZIO DELLA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
può assumere, di per sé solo, alcun significato, né positivo né nega-
tivo (qui tacet neque negat neque utique fatetur).
Affinché il silenzio possa assumere un determinato signi-ficato e
4
462 FORUM
provvedimento favorevole espresso col nuovo e diverso istituto della
Denuncia di Inizio Attività;
— misure tese ad assicurare la speditezza del procedimento
amministrativo, coll’introduzione dell’obbligo di conclusione in ter-
mini brevi;
— misure tese ad attribuire, al silenzio protrattosi per un certo
periodo, il valore di provvedimento positivo (silenzio assenso);
— misure volte a facilitare la reazione contro il silenzio-diniego;
— misure volte a consentire una spedita tutela giurisdizionale
contro il diniego.
Il quadro è completato da provvedimenti accessori e strumentali,
fra i quali meritano di essere ricordati l’indennizzabilità della lesione
causata dal mancato rispetto dei termini di conclusione del procedi-
mento, la possibile tutela risarcitoria contro il silenzio, la riforma del
reato di omissione di atti d’ufficio e diversi tipi di intervento sosti-
tutivo.
Ognuno dei ricordati interventi ha caratteri e problemi partico-
lari, sui quali paiono opportuni separati cenni.
2. Il quadro normativo esistente alla vigilia degli anni novanta
era caratterizzato da una notevole restrinzione degli spazi delle
attività liberamente esercitabili dai privati al di fuori ed in assenza
di qualsiasi ingerenza della P.A.; crescente, invece, era risultata la
tendenza ad assoggettare attività, originariamente libere, al regime
autorizzatorio della P.A., il cui intervento veniva giustificato in
relazione alla supposta esigenza della verifica della compatibilità
dell’interesse privato all’esercizio dell’attività richiesta con interessi
pubblici ritenuti preminenti (3).
A partire dagli anni novanta si assiste, viceversa, alla introdu-
zione di un crescente regime opposto, basato sul pieno riconosci-
mento della libertà di iniziativa privata e che si concretizza nella
piena liberalizzazione di certe e definite attività e nell’integrale
recesso dello Stato da ogni ingerenza a fini autorizzatori.
La liberalizzazione piena di attività un tempo soggette ad auto-
2008
natura ed effetti della DIA; secondo Cons. St., VI, 5 aprile 2007 n.
(4) F. CARINGELLA, op. cit., p. 1133.
(5) R. GIOVAGNOLI, I silenzi della P.A. dopo la legge n. 80/2005, Giuffrè 2005, p.
249 e ss.
464 FORUM
1550 (6) il passaggio di trenta giorni dalla presentazione della DIA
porterebbe alla formazione di un provvedimento amministrativo
abilitativo; di contro, secondo Cons. St., IV, 22 luglio 2005 n. 3916 (7)
e Cons. St. 22 febbraio 2007 n. 948 (8) la DIA è inerente ad atti ed
attività di carattere meramente ed esclusivamente privato, cui non è
collegato alcun potere di partecipazione costitutiva dell’Amministra-
zione ma la sola attribuzione, alla P.A., di una funzione inibitoria da
esercitarsi in termini decadenziali.
È evidente che la seconda tesi (che sembra trovare crescenti con-
sensi) è ulteriormente accrescitiva delle garanzie dei cittadini, proprio
perché il gruppo delle attività da assoggettare a DIA viene, in realtà,
attratto nel genus delle iniziative di stretta e piena spettanza privata.
L’inesistenza, poi, di un provvedimento abilitativo potrebbe, a
prima vista, rivelarsi pregiudizievole per il terzo, certamente non
abilitato ad esperire ricorsi contro atti inesistenti (9); la giurispru-
denza ha, tuttavia, già posto in evidenza che la posizione del terzo è
tutelabile attraverso i meccanismi di diffida per l’esercizio dei poteri
repressivi di cui l’Amministrazione dispone per reprimere attività
espressamente prive dei presupposti richiesti dalla legge; dal che si
fa discendere la conseguenza che l’Amministrazione può esercitare i
poteri repressivi senza esigenza di previ interventi di autotutela (10).
4. Nonostante la liberalizzazione ricordata, certamente riman-
(6) Cons. St., VI, 5 aprile 2OO7 n. 155O:
“La d.i.a. non è uno strumento di liberalizzazione dell’attività, ma rappresenta una
semplificazione procedimentale che consente al privato di conseguire un titolo abilitativo, sub
specie all’autorizzazione implicita di natura provvedimentale, a seguito del decorso di un
termine (30 giorni) dalla presentazione della denunzia, ed è impugnabile dal terzo nell’ordi-
nario termine di decadenza di 60 giorni, decorrenti dalla comunicazione al terzo del suo
perfezionamento, ovvero, dalla conoscenza del consenso (implicito) all’intervento oggetto della
stessa”.
(7) Secondo Cons. St. 3916/2005 “la Dia si pone come atto di” parte che poi in assenza di
un quadro normativo di vera e propria liberalizzazione dell’attività consente al privato di
intraprendere un’attività in correlazione all’inutile “decorso di un termine cui è legato pena di
decadenza il potere dell’Amministrazione correttamente definito inibitorio dell’attività”.
(8) Cons. St. 22 febbraio 2007 n. 948 ripete, in termini, anche letterali, del tutto uguali,
il principio contenuto in Cons. St., IV, 396/2005.
(9) È inammissibile il ricorso giurisdizionale allorquando con lo stesso si chiede l’annul-
lamento di un atto — la d.i.a. — che continua ad avere natura di atto del privato e di strumento
2008
di liberalizzazione delle attività pur dopo le modifiche apportate all’art. 19, l. n. 241 del 1990
(in specie al comma 3 di tale articolo) con l’art. 3, d.l. n. 35 del 2005, conv. con l. n. 80 del 2005.
(T.A.R. Lomb., MI, II, 1 maggio 2007 n. 2894; T.A.R. Lomb., MI, II, 29 novembre 2007 n. 6519;
ecc.).
4
(11) F.G. SCOCA, Il silenzio della P.A.: ricostruzione dell’istituto in una prospet-
tiva evolutiva, in Inerzia della pubblica amministrazione e tutela giurisdizionale.
Una prospettiva comparata, Giuffrè 2002; V. PARISIO, Inerzia della P.A. e simili,
Milano 2002, p. 20 e segg.
(12) R. GIOVAGNOLI, op. cit., p. 283 e segg.
466 FORUM
particolarmente significativa è anche la disciplina del nuovo testo
dell’art. 2 della L. 241/1990 per i ricorsi proposti contro il silenzio-
rigetto, atteso che il V c. del detto articolo sancisce che, nel ricorso
proposto contro il silenzio, il Giudice “può conoscere della fondatezza
dell’istanza”; in sintesi, cioè, nel nuovo sistema, il Giudice A. non solo
può esprimersi in ordine alla sussistenza della violazione dell’obbligo
della P.A. di provvedere sull’istanza del cittadino ma può, diretta-
mente, entrare nell’esame di merito dell’istanza del cittadino, valu-
tandone la fondatezza, particolarmente laddove si è in presenza di
istanze che erano dirette ad ottenere l’emissione di provvedimenti
vincolanti (13).
5. I provvedimenti ricordati indubbiamente rivelano un cre-
scente e forte indirizzo della legislazione recente sia a liberalizzare le
attività dei cittadini riducendo gli ambiti di ingerenza e di parteci-
pazione della P.A. (e quindi anche a prevenire i rischi dell’inerzia) sia
ad accrescere — laddove tuttora occorrano interventi o provvedi-
menti della Amministrazione — a forme di tutela e di garanzia
contro il pericolo della inerzia o di comportamenti omissivi dell’Am-
ministrazione.
Va, ora, soggiunto che le misure in precedenza esposte non
esauriscono la gamma degli istituti che il legislatore ha progressiva-
mente introdotto, negli anni recenti, per rafforzare il complesso dei
congegni volti a dare concreta attuazione al disegno fondamentale di
accrescimento della condizione del cittadino di fronte alla P.A.
In primo luogo, si torna a ripetere che evento di particolare
rilievo è certamente costituito dall’avvenuta introduzione di un ter-
mine breve e certo per la conclusione dei procedimenti amministra-
tivi originati da istanze di parte e simili anche nel caso in cui l’inizio
debba avvenire d’ufficio (14).
Il termine generale di conclusione — ove un diverso termine non
sia stabilito dalle disposizioni legislative di settore per specifici tipi
di procedimenti — è stato fissato in 30 o 90 giorni (con oscillazioni
2008
(13) T.A.R. Lomb., Milano, I, 7 febbraio 2007 n. 179: “Nel processo instaurato per fare
constare l’illegittima inerzia della pubblica amministrazione, il giudice amministrativo può
valutare la fondatezza dell’istanza solo in caso contrario, la sentenza deve limitarsi alla
4
“Va rimessa alla decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato — involgendo
profili giuridici di rilevante portata che possono dar luogo, e in parte hanno dato luogo, a
contrasti giurisprudenziali — la risoluzione delle seguenti questioni:
a) se sussista o meno la giurisdizione del giudice amministrativo, nel caso in cui sia
4
468 FORUM
dichiarando che il risarcimento del danno può competere nel solo
caso in cui risulti positivamente stabilito che il provvedimento
omesso risulti sicuramente dovuto e legittimo (17).
Un quarto profilo di attenzione legislativa in materia è rappre-
sentato dalla riforma del reato di omissione di atti d’ufficio di cui
all’art. 38 c.p.
La riforma — operata coll’art. 14 della L. 86/1990 — ha, per
qualche aspetto, ridotto, col 1o comma, le ipotesi punibili di maggiore
rilevanza penale, mentre, col 2o comma, ha generalizzato una più
contenuta punibilità penale di ogni sorta di comportamento omis-
sivo.
Un quinto aspetto riguarda l’introduzione — nell’ambito del
processo amministrativo — di un procedimento speciale, regolato
dall’art. 2 L. 205/2001 (ora art. 21 bis L. 1034/1971), caratterizzato
dalla previsione di un procedimento semplificato e celere proprio ai
fini dell’immediatezza dell’intervento giurisdizionale per correggere
gli effetti dell’indebito silenzio dell’Amministrazione (18).
Un sesto aspetto che ritengo utile di qualche sottolineatura è
rappresentato dall’attribuzione (in specie: ex D.Lgvi 29/93 e 80/98) di
speciali poteri sostitutivi di dipendenti per assumere la gestione e la
definizione di procedimenti amministrativi caratterizzati da stati di
(17) Cons. St. Ad. Pl. 15 settembre 2005 n. 7:
“Il sistema di tutela degli interessi pretensivi — a seguito di positiva statuizione
giurisdizionale — accede alla forma del risarcimento cd. per equivalente solo quando tali
interessi non trovino realizzazione nell’emanazione dell’atto, unitamente all’interesse pubblico
ad essa sotteso; deve pertanto escludersi il risarcimento del danno da ritardo della p.a. nel caso
in cui i provvedimenti adottati in ritardo risultino di carattere negativo per colui che ha
presentato la relativa istanza di rilascio e le statuizioni in essi contenute siano divenute
inoppugnabili”.
Cons. St. IV 29 gennaio 2008 n. 248:
“La condanna della p.a. al risarcimento del danno subito dal privato per l’omesso esercizio
di un potere autoritativo nei termini prefissati dalla legge presuppone il riconoscimento del
diritto del ricorrente al bene della vita inutilmente richiesto che nelle materia in cui la p.a.
dispone di ampia discrezionalità amministrativa, e non solo tecnica, non può essere affidato ad
un giudizio necessariamente prognostico del giudice ma presuppone che la p.a., riesercitato il
proprio potere, abbia riconosciuto all’istante il bene stesso, in questo caso riducendosi il
risarcimento al solo pregiudizio determinato dal ritardo nel conseguimento di detto bene”.
(18) È tuttora controverso se l’intervento giurisprudenziale debba limitarsi alla dichia-
razione di illegittimità del silenzio oppure possa estendersi alla pronuncia sulla fondatezza
2008
strazione, il giudice ammini — strativo può valutare la fondatezza dell’istanza solo ove
l’attività che essa avrebbe dovuto porre in essere abbia carattere vincolato; in caso contrario,
la sentenza deve limitarsi alla declaratoria dell’obbligo di provvedere”.
(T.A.R. Lombardia, Milano, Io, 7 febbraio 2007 n. 179; tuttavia, parzialmente contraria :
Cons. St., VI, 2 febbraio 2007 n. 427).
470 FORUM
Recensioni
GIOVANNI SALE S.I., Il Vaticano e la Costituzione, Editoriale Jaca Book, Milano
2008, pp. 306, E 24,00
RECENSIONI 471
nire direttive agli esponenti politici de- riconosciuto un ampio diritto di libertà
mocristiani che in sede costituente religiosa perché vi era la consapevolezza
avrebbero dovuto “contrattare” sulle che da parte statunitense venivano eser-
materie di interesse della Santa Sede. Il citate pressioni in tal senso, al fine di
volume del padre Sale concentra, dare ampio ingresso a “sette prote-
quindi, la sua attenzione non tanto sul- stanti” nel nostro Paese, secondo uno
l’attività dei cattolici nell’Assemblea Co- schema che, allora come ora, prevedeva
stituente (profilo, questo, ormai esa- l’uso da parte della potenza nordameri-
minato diffusamente in letteratura) cana di movimenti religiosi per diffon-
quanto, piuttosto, sull’aspetto sinora dere ideali politici e concezioni economi-
poco noto dei rapporti “interni” al mondo che ad essa favorevoli.
cattolico e, in particolare, tra DC e Va- A dimostrazione dell’attenzione con
ticano. cui la Santa Sede seguiva l’evolversi del
Ripercorrere qui i contenuti (anche dibattito costituente merita osservare
solo quelli salienti) della trattazione del- come la Segreteria di Stato ebbe a ri-
l’Autore è cosa impossibile ma vale la chiamare lo stesso Dossetti, come si
pena concentrare la propria attenzione legge in una nota interna: « All’on. Dos-
su alcune questioni, sicuramente inte- setti più di una volta è stato detto di
ressanti e in alcuni casi anche curiose. attenersi al Concordato. Riterrei, però,
Emerge dalla lettura del libro come opportuno, al punto in cui stanno le cose,
la Santa Sede aspirasse ad una costitu- che l’on. Dossetti fosse invitato in Segre-
zionalizzazione dei Patti Lateranensi teria e autorevolmente dall’Ecc.mo Supe-
cui s’aggiungeva l’indicazione ai costi- riore gli si ripetesse la medesima cosa ».
tuenti democristiani di « far entrare Dossetti in realtà — e lo mette bene
nella Costituzione il maggior numero in evidenza il padre Sale — fu sempre
possibile di affermazioni cattoliche » fedele al mandato della Santa Sede, pro-
mentre all’interno della DC le posizioni pugnando la costituzionalizzazione dei
al riguardo erano più articolate: Dos- Patti Lateranensi e la cedevolezza del-
setti e i “professorini” fermi nel difen- l’ordinamento interno di fronte alle
dere il richiamo ai Patti Lateranensi e norme concordatarie e perorando sem-
nel volere menzionata l’indissolubilità pre le proposte che gli giungevano da
del matrimonio (civile, s’intende) ma oltre Tevere, ma non poche volte si trovò
aperti al compromesso con i social-comu- in difficoltà a causa della non identità di
nisti in punto di programmazione econo- vedute all’interno della Democrazia Cri-
mica e controllo sociale della vita econo- stiana sulle questioni che stavano a
mica del Paese; i degasperiani, invece, cuore alla Santa Sede (vedi, ad esempio,
intransigenti sull’economia di libero l’indissolubilità del matrimonio di cui s’è
mercato ma disposti a trattare sulla detto).
“stabilità” del matrimonio ed attenti ad Per queste ragioni godeva di consi-
escludere il carattere confessionale della derazione e buona fama nei Palazzi Va-
nuova Costituzione sia per ragioni in- ticani anche se era nota la sua sensibi-
terne (evitare di irrigidire il Fronte Po- lità alle questioni di giustizia sociale,
polare) sia esterne (per non dare l’im- ma fu vittima degli scontri correntizi che
pressione all’estero di scarsa autonomia già allora connotavano la vita dei par-
del “partito dei cattolici”). titi. Dopo aver svolto un incessante ed
E a proposito di rapporti internazio- infaticabile lavoro di collegamento tra il
nali, va evidenziata la preoccupazione Vaticano e la DC durante la prima parte
della Santa Sede affinché non venisse della Costituente (si pensi solo all’elabo-
472 RECENSIONI
razione dell’articolo 7 della Costitu- rente verso la Santa Sede. Aggiunse,
zione), in seguito alla rottura tra dega- però: « Ma nella risposta a mons. Nunzio
speriani e dossettiani, nel marzo 1947 è bene non fare cenno di ciò », avendo
Dossetti fu escluso da De Gasperi quale probabilmente compreso quali erano i
interlocutore della Santa Sede. A fronte nuovi rapporti di forza all’interno della
della richiesta del nunzio in Italia, DC e che non sarebbe stata la stima di
mons. Borgongini Duca, di indicare una cui godeva in Vaticano Dossetti a far
personalità con cui relazionarsi, il Pre- cambiare idea a De Gasperi. Cominciò
sidente del Consiglio ebbe a dire: « Dos- da qui il percorso che avrebbe portato
setti, no, egli ha qualche volta espresso il
Giuseppe Dossetti ad abbandonare po-
parere che non bisogna ascoltare le rea-
chi anni dopo la politica attiva, per riti-
zioni reazionarie del Vaticano. E nem-
rarsi nella vita monastica.
meno Moro che ... ha nella Costituente
sostenuto articoli sociali di sinistra. Altri uomini ed altri tempi verrebbe
Questi professori hanno combinato qual- da dire e la lettura di questo volume
che guaio ». Informato di tale colloquio, costituisce un monito ed un invito ad
mons. Dell’Acqua osservò che non inten- accogliere l’esortazione di Benedetto
deva mettere in dubbio quanto riferito al XVI perché cresca « una nuova genera-
nunzio da Da Gasperi, tuttavia ricordò zione di laici cristiani impegnati », an-
che tutte le volte che si era incontrato che mettendoci sulle spalle dei giganti
con lui per discutere della Costituzione, raccontati dal padre Sale in questo suo
Dossetti si era dimostrato assai defe- ultimo libro. (Mattia Ferrero)
RECENSIONI 473
dalla natura umana. Emmanuel Agius la soggettività è oramai ibrida e digitale.
concentra la sua attenzione sul tema Internet ha definitivamente modificato
delle generazioni future e la dimensione l’identità e il territorio in cui l’individuo
intergenerazionale della soggettività si muove. Lo spazio virtuale è la nuova
partendo dallo svantaggio delle genera- terra: questa è rivoluzione in atto. Fabio
zioni future che subiranno le scelte irre- Macioce riflette nel suo contributo “Il
sponsabili della generazione precedente. postumanesimo tra scienza e diritto”
Il rischio può essere contemperato solo sull’efficacia e il fondamento dei limiti
in ottica relazionale mettendo al centro biogiuridici alle biotecnologie. Le tra-
ad esempio il patrimonio genetico co- sformazioni che investono i corpi sono
mune dell’umanità e ristabilire un li- sia organiche (genetiche) che transorga-
mite alla ricerca biotecnologica. niche (culturali e antropologiche). Il
L’aspetto della tutela è specificato da ruolo del diritto si manifesta, non nel-
Francesco Viola che ribadisce il bisogno l’inseguire le modificazioni apportate
di una regolamentazione che individui dalle biotecnologie con limiti estrinseci,
non solo i fini e i mezzi della tutela, ma ma nel gestire la salvaguardia della
ponga in evidenza l’ambiente inteso dignità umana secondo nuove forme e ca-
come ecosistema. L’ultima parte af- tegorie giuridiche. Infine Giovanni Ven-
fronta la questione delle nuove biotecno- timiglia affronta il tema della soggetti-
logie e il soggetto post umano. Jesùs vità virtuale, scorporata secondo un
Ballesteros analizza le frontiere dell’in- processo di smaterializzazione sempre
telligenza artificiale, in cui la medicina più denso e diffuso. Le biotecnologie of-
rigenerativa e le manipolazioni geneti- frono una sfida di notevole interesse per
che tentano di superare l’homo sapiens. la riflessione biogiuridica poiché vanno a
Il disprezzo dell’ambiente e dell’evolu- incidere sul senso stesso della natura
zione nel postumanesimo pongono le umana che rimane fragile e definita se-
biotecnologie come vero e autentico pa- condo un modello valoriale che riconosce
radigma dell’epoca contemporanea. Lo intrinsecamente il significato della sog-
stesso Stephane Bauzon evidenzia come gettività, anche quella metafisica.
possono divenire una minaccia per il L’apertura alle biotecnologie appare ine-
corpo umano. La fabbrica umana al- vitabile secondo una misura che il diritto
l’Università di Oxford stravolge i valori è chiamato a definire e a far rispettare.
dell’umanesimo per condurre ad un Questo testo ci aiuta a comprendere l’ap-
transumanesimo. Lo statuto genetico proccio filosofico giuridico alle biotecno-
dei cyborg è costruito artificiosamente logie individuando delle originali tracce
secondo uno schema riduzionista. Per da seguire su cui riflettere approfondita-
questo motivo afferma Guido Saraceni mente. (Francesco Zini)
CARLO CASALONE - PAOLO FOGLIZZO, Volare alla giustizia senza schermi, Milano,
Vita & Pensiero, 2007, 183, E 15,00
Il tema della giustizia ha da sempre Si tratta del resto di un tema assai pro-
suscitato (e continua a suscitare) grande mettente, potentemente evocativo, fo-
attenzione non solo in ambito teoretico, riero di considerevoli aspettative dal
ma anche nell’opinione pubblica. Su di momento che afferisce all’essere umano
esso si riflette, si dibatte, ci si interroga. stesso nella sua connotazione di sog-
474 RECENSIONI
getto capace di autodeterminarsi in li- due attengono al piano che potremmo
bertà e chiama direttamente in causa dire fondativo, verticale, mentre il terzo
l’agire in rapporto alla dignità di cui (che assomma il maggior numero di con-
l’essere umano in quanto tale è latore. Si tributi) attiene al piano che potremmo
potrebbe anche dire che l’essere umano, dire funzionale, orizzontale. In partico-
per il solo fatto di esistere e di sperimen- lare il piano fondativo (verticale) in-
tarsi libero, è di per sé un interrogativo tende cogliere, secondo il noto insegna-
vivente sulla giustizia. Peraltro l’atten- mento socratico, cosa la giustizia sia o,
zione che si concentra su questo tema è detto altrimenti, cosa ultimamente la
oggi in costante crescita. L’epoca dell’in- connoti, quale ne sia l’essenza; il piano
formazione globalizzata in cui tutti noi funzionale intende cogliere il funziona-
stiamo vivendo favorisce la conoscenza, mento della giustizia nei vari ambiti del-
in tempo reale e sovente nient’affatto l’esistenza, ossia come la giustizia si de-
generica ma dettagliata con dovizia, di clini in ciascuno di tali ambiti. Non si
innumerevoli realtà generalmente per- tratta di due piani giustapposti ed irre-
cepite, in vario modo e grado, come in- lati (e tanto meno contrapposti), bensı̀
giuste. Ciò non fa che vieppiù acuire, tra loro intersecati, compenetrati e re-
rispetto al passato, l’esigenza di giusti- lati. L’uno non è senza l’altro, l’uno ri-
zia e ne rilancia con maggiore forza la manda all’altro in una sorta di circolo
domanda. Se sta questo, la questione virtuoso. Del resto, come sottolineano in
della giustizia è implicata (e ciò è perce- prefazione i curatori dell’opera, lo stesso
pito anche dall’uomo comune) in tutti gli papa Benedetto XVI nell’enciclica “Deus
ambiti della vita e quindi nelle varie caritas est” ha ricordato l’urgenza e l’im-
forme in cui l’umana esistenza si attua. prescindibilità di articolare questi due
Se quindi la tematica della giustizia at- piani poiché l’interrogativo « come rea-
tiene all’umano in tutte le sue innume- lizzare la giustizia qui ed ora? » (quindi
revoli espressioni, non può sorprendere nei più diversi ambiti) implica necessa-
ch’essa sia sempre stata oggetto di un riamente domandarsi « che cosa è la giu-
approccio multidisciplinare. Ne è una stizia? ». La sottolineatura non sembra
recentissima dimostrazione l’opera in di poco conto poiché evidenzia come non
commento; si tratta infatti di una sorta si possa affrontare un qualsivoglia di-
di simposio ove, da prospettive diverse, scorso pratico sulla giustizia a prescin-
si tenta di focalizzare il concetto di giu- dere da una idea (come direbbe Platone)
stizia con riferimento ai rispettivi am- o da una precomprensione (come direbbe
biti di studio. Hanno contribuito giuri- Heidegger) della giustizia in quanto tale
sti, economisti, sociologi, filosofi, teologi. e, peraltro, evidenzia come quest’ultima
Ricco è altresı̀ l’assortimento degli am- resti un’astrazione se non si declina sul
biti in cui gli autori dei diversi contributi versante pratico. Ciò trova puntuale ri-
operano; vi sono infatti avvocati, docenti scontro nell’opera in commento (e que-
universitari, dottori e dottorandi di ri- sto, a parere di chi scrive, ne evidenzia il
cerca, ricercatori, giornalisti. L’opera, pregio) dal momento che offre un ap-
impreziosita dall’autorevole premessa proccio sistematico, non già riduttivo e
che il Card. Martini ha scritto a Gerusa- frammentario, al tema della giustizia.
lemme (città emblematica riguardo al Attraverso i contributi pratici emerge
discorso cristiano in punto di giustizia), esplicitamente o implicitamente la pre-
si compone di dieci contributi. Questi comprensione dei rispettivi autori su
ultimi sono riconducibili a tre approcci: cosa sia la giustizia e tale precompren-
Teologico, filosofico ed empirico. I primi sione si risolve in una presa di posizione
RECENSIONI 475
verso quanto emerge dalla riflessione deve orientare queste realtà e non già
dei contributi filosofici e teologici su cosa esserne orientata. Poiché la giustizia at-
sia la giustizia. Sotto il profilo metodo- tiene strettamente alla salvaguardia
logico, l’attuale contesto post-moderno, della dignità dell’essere umano, ne viene
che proclama la debolezza della ragione come anche questa dignità non si riduca
e si rifugia nel dato empirico, chiede che ad un prodotto storico-culturale. I si-
i molteplici approcci disciplinari al tema stemi giuridici, politici, economici, so-
della giustizia (ivi compresi quelli teolo- ciali e, in una parola, i sistemi tutti in
gici e filosofici) assumano quale punto di cui è organizzata la vita umana, non
partenza sufficientemente solido e con- sono concepibili, in questa prospettiva,
diviso l’esperienza, il dato concreto, il come sistemi chiusi ed autoreferenziali,
fenomeno (l’impostazione può essere ri- bensı̀ come sistemi aperti ad un criterio
condotta ad Edmund Husserl per ermeneutico veritativo che, in quanto
quanto concerne la filosofia e a Karl ontologicamente fondato, li trascende e
Rahner per quanto concerne la teologia i li rende giusti. Inoltre, proprio per que-
quali, ciascuno nei rispettivi ambiti, pe- sto, la giustizia non è scindibile dal-
raltro reagiscono ai riduzionismi del de- l’etica e quindi dall’antropologia; in una
bolismo post-moderno). Di ciò offrono prospettiva ontologicamente fondata,
valida testimonianza gli stessi apporti quale quella che emerge dai contributi
filosofici e teologici contenuti nell’opera; filosofici e teologici dell’opera qui esami-
da essi infatti non emerge una struttura nata (si noti che anche Reichlin non
argomentativa (quale quella utilizzata prende le distanze dalla metafisica “tout
da San Tommaso nel ben diverso conte- court”, ma dall’essenzialismo eccessiva-
sto della grande scolastica) che procede mente astratto e disincarnato di “certa
dall’a priori metafisico della giustizia ai tradizione metafisica”), l’etica si pone
concreti ambiti in cui la giustizia si dà, propriamente come via alla giustizia ed
ma una struttura argomentativa che anzi, si configura come la giustizia
procede dagli ambiti concreti in cui si stessa nella sua valenza orientativa del-
articola l’esistenza con l’intento di mo- l’essere umano verso ciò che originaria-
strare la possibilità e la plausibilità di mente e costitutivamente lo connota
una fondazione metafisica ed ontologica (quel che propriamente ne realizza il
della giustizia. In altri termini si consi- bene). In questa prospettiva la giustizia
derano gli ambiti concreti della vita per può essere quindi intesa come trascen-
cogliere come essi lascino risuonare la dentale etico del diritto, della politica,
questione della giustizia, ossia come in dell’economia e di ogni altra forma del-
essi la questione della giustizia sia im- l’agire pratico. Nella prospettiva ontolo-
plicata e tuttavia per cogliere altresı̀ gicamente fondata le varie forme del-
come la questione della giustizia non sia l’agire pratico sono realmente al servizio
riducibile a tali ambiti. Questa irriduci- dell’essere umano (di tutto l’uomo e di
bilità, che preserva e dischiude l’oriz- tutti gli uomini) solo quando sono etica-
zonte metafisico della giustizia, di per sé mente giuste. Una sottolineatura a
non è affatto di poco momento; da essa parte credo vada riservata alla focaliz-
discende infatti che, se la giustizia non è zazione, di cui si fa carico sia il contri-
riducibile all’agire umano nei vari am- buto teologico di Pietro Bovati e Carlo
biti della vita, non è parimenti riducibile Casalone sia il contributo filosofico di
alla cultura e alla storia propriamente Massimo Reichlin, dei due livelli in cui
nel senso che non ne è un prodotto. Se si struttura la giustizia, quello della mi-
non ne è un prodotto, la giustizia può e sura (il “reddere unicuique suum” che,
476 RECENSIONI
ovviamente, non è da intendersi solo in giudizio di valore (anzi, il valore, “ciò che
senso materiale) e quello superiore del- vale”, ciò che decide della bontà o meno
l’oltre misura (il livello del dono e del di qualcosa, viene a coincidere proprio
per-dono, il livello del servizio all’altro al con l’aspetto formale-procedurale). Il
di là di ogni sinallagma). Il primo di proceduralismo è del resto figlio del sog-
questi livelli corrisponde a quello delle gettivismo proprio del pensiero moderno
virtù cardinali mentre il secondo corri- che vede in Kant la sua espressione più
sponde a quello delle virtù teologali. Si alta (l’aggettivo “categorico” che connota
tratta, come evidenziato nei contributi, il suo imperativo etico sta appunto ad
di due livelli che non si escludono; se indicare come quest’ultimo sia svinco-
infatti il primo trova nel secondo il pro- lato da ogni istanza eteronoma e dunque
prio naturale compimento, il secondo si ponga come auto-nomo, legge a se
implica l’attuarsi del primo (chi non ha stesso) e trova nuova linfa nel relativi-
ancora ciò che gli spetta, in termini di smo post-moderno. Giusto, in base ad un
dignità prima ancora che di averi, non è approccio siffatto, può essere tutto e il
ovviamente nelle condizioni di ricevere suo contrario; i confini del giusto e del-
il di più). Reichlin, in particolare, con- l’ingiusto divengono sfumati sino a dile-
clude il suo contributo osservando che guarsi del tutto. Per quanto concerne i
solo con l’articolazione di questi due li- contributi concernenti le discipline che
velli “alla dignità umana è resa davvero si muovono sul piano pratico-funzionale
una piena ed effettiva giustizia”. Del re- (quello appunto afferente al funziona-
sto “giustizia” è un sostantivo relazio- mento della giustizia nei vari ambiti del-
nale essendo possibile solo in presenza l’esistenza), la prospettiva in merito alla
di più persone che interagiscono tra loro; giustizia espressa dai contributi filoso-
stante l’imprescindibile legame, dianzi fici e teologici dell’opera emerge espres-
evidenziato, tra la giustizia e l’antropo- samente in taluni di essi, in altri è im-
logia, la giustizia dischiude la qualità plicita, in altri è di fatto negata
relazionale dell’essere umano (che, non esplicitamente o implicitamente. In par-
per nulla, Genesi indica ad immagine e ticolare, nel primo contributo “Diritto e
somiglianza di Dio il quale, appunto, è giustizia” di Luca Perfetti la via ontolo-
icasticamente presentato da San Tom- gica al diritto è negata, la questione fon-
maso come relazione sussistente). L’ol- dativa messa tra parentesi e il problema
tre misura si precisa quindi quale com- sembra ridursi a come armonizzare le
pimento della relazione e quindi della diverse concezioni di giustizia qualun-
giustizia. È sembrato opportuno a chi que ne sia il fondamento. Nel contributo
scrive sottolineare questi aspetti poiché “La giustizia tra economia e finanza” di
dischiudono una prospettiva del tutto Luigi Campiglio e Carlo Bellavite Pelle-
antitetica rispetto a quella procedurali- grini si sottopone a critica la pretesa
sta inserendo l’opera in commento nel autoreferenzialità del sistema econo-
vivo del più ampio orizzonte del dibat- mico; vi si afferma chiaramente come
tito contemporaneo; una sintesi delle senza giustizia non vi sia mercato ma,
principali correnti proceduraliste è of- una volta escluso che la giustizia possa
ferta peraltro dal contributo di Reichlin fondarsi sul sistema economico stesso,
il quale non manca di lumeggiarne i resta incerto su cosa debba fondarsi. Nel
limiti e i riduzionismi; il proceduralismo contributo “Istituzioni internazionali:
infatti eleva a giustizia ciò che emerge giustizia, equità, legalità” di Marco Ar-
dalle procedure, dalle dinamiche proprie none ed Eleni Iliopulos si evidenzia che
di ciascun sistema prescindendo da ogni se da una parte il proceduralismo è l’ap-
RECENSIONI 477
proccio dominante in questo campo, dal- irriflessa la fondazione degli stessi. Nel
l’altra esistono giudizi di valore, o meta- contributo “Società e giustizia” di Paolo
regole non scritte, di cui si fa costante Corvo si coglie bene l’indissolubile le-
applicazione. Questo comune modo di game tra giustizia ed etica; vi si afferma
sentire, a parere di chi scrive, lascia espressamente come la dimensione etica
intravedere un implicito riferimento on- sia pre-sociale ed ontologicamente fon-
tologico. Nel contributo “politica e Giu- data. Il pregio dell’opera è, a parere di
stizia” di Fabio Sciola e Chiara Tintori chi scrive, fuori discussione. Vi si racco-
emerge invece espressamente l’idea di glie l’anelito universale sintetizzato nel
una giustizia ontologicamente fondata,
titolo “volare alla giustizia senza
irriducibile alla politica e proprio per
schermi” tratto da un celeberrimo verso
questo criterio ermeneutico veritativo
dantesco (Divina Commedia, Purgato-
della politica stessa. Nel contributo “In-
formazione e (in)giustizia” di Marina rio, canto X). Si tratta senz’altro di un
Villa, la giustizia è ricondotta al rispetto opera che invita tutti, specialisti e gente
di taluni principi nel campo dell’infor- comune, a riflettere su ciò che mette in
mazione ma essi vengono semplice- gioco la qualità propriamente umana del
mente affermati mentre resta oscura e nostro vivere. (Gian Marco Zanardi)
BRUNO ROMANO, Nietzsche e Pirandello. Il nichilismo mistifica gli atti nei fatti,
Torino, G. Giappichelli, 2008, 128, E 11,00
La domanda sul senso della vita ha come i soli soggetti imputabili del di-
attraversato tutta la cultura occidentale ritto” (pp. 101-102).
fino a giungere a un punto conclusivo Il nichilismo, con la sua marea
che non conclude: il nichilismo. Infatti, nientificante, dissolve la libertà nella ca-
se per Nietzsche la vita non ha uno scopo sualità, “la responsabilità degli atti esi-
perché, se “ne avesse uno, sarebbe già stenziali” nella “innocenza di fatti vitali”
stato raggiunto” (Il nichilismo europeo, (p. 16), la verità nella menzogna, l’uomo
Milano 2006, p. 14), per Pirandello “la in un ‘animale mal riuscito’ al tempo
vita non conclude” (Uno, nessuno e cen- stesso ‘uno, nessuno e centomila’, porta-
tomila, Firenze, 1994, p.144). tore di ‘un superfluo che di continuo lo
Con la morte di Dio (Nietzsche) e tormenta’ (L. Pirandello, L’umorismo,
con la morte dell’Io (Pirandello), il nichi- Milano, 2004, p. 12) insinuando in lui le
lismo ha posto bruscamente fine a quella domande, biologicamente inutili, sul
ricerca della verità che aveva animato senso, sulla verità, sulla giustizia. Da
l’uomo fin dal sorgere della filosofia. La tale ‘superfluo’ sgorga l’opera istituente
verità, da Socrate concepita come “giu- l’ordine giuridico.
sta qualità della relazione dialogica tra La vita è un eterno e informe fluire.
gli uomini” (p. 57), si trasforma nei pen- “Verità, soggettività, diritto” sono, in-
satori nichilisti in “una finzione che vece, “forme-fissità della vita” che “ne
serve al funzionamento del vivere in- arrestano lo scorrere e dunque ne se-
sieme di una molteplicità di uomini” (p. gnano l’estinzione, perché — come scrive
93), considerati “privi di una soggetti- Pirandello — « ogni forma è una
vità che possa prendere le distanze dai morte »” (p. 57) e il diritto è una forma
sistemi biologici e mostrare gli uomini menzognera, uno strumento dell’utile
478 RECENSIONI
biologico volto alla conservazione della classico ius quia iustum si è sostituito
vita nella sua “impersonale a-soggetti- quello nichilistico-formale: ius quia ius-
vità” (p. 44), sum.
Il diritto viene ridotto alla “sistema- L’uomo nietzschiano, travolto da un
zione logico-funzionale delle norme” (p. fluire cieco e proteiforme, si fonde con
55), che non traducono più il principio di l’uomo pirandelliano, che incarna egli
giustizia, bensı̀ quello di effettività. Si stesso tale fluire mutevole e insensato:
afferma il primato dei fatti vitali sugli come la vita è un caleidoscopio di fatti,
atti esistenziali, del “formalismo mono- cosı̀ l’uomo è un mosaico di volti. Nella
logico delle norme” sulla “esistenzialità
visione nichilista non esiste la durata, la
dialogica dell’amministrazione della
relazione, non esistono ancor di più gli
giustizia” (p. 23). Il nichilismo si evol-
atti esistenziali, bensı̀ solo i fatti vitali.
verà in campo giuridico nel formalismo,
indifferente quanto alla selezione di Ma è proprio la “controfattualità” a co-
ogni contenuto che possa essere assunto stituire il “senso esistenziale del diritto”,
dalle norme di diritto positivo. La legge a mostrarne “la genesi nel passaggio dai
è la forma della fattualità vincente, fatti agli atti”. Il nichilismo giuridico si
espressa (…) dalla ‘Norma fondamen- costruisce solo attraverso la riduzione
tale’ di Kelsen. È la norma presupposta della contro-fattualità a un sintomo dei
come valida, coincidente con il ‘Fatto fatti vincenti, che però non consentireb-
fondamentale’ (p. 70). “L’arte del giuri- bero che si affermi il diritto dei deboli
sta è trasformata nella ragioneria del- come un diritto non debole” (p. 60). (Fla-
l’utile biologico” (p. 72); al paradigma minia Chizzola)
RECENSIONI 479
riferimento al concetto del tempo (“nel “ciò che è”, che è reale, che è veramente,
medesimo tempo”) che, cosı̀ come inteso cercando di percepire “i principi più so-
da Aristotele nella Metafisica, non è una lidi di tutte le cose”.
parte fondante del PNC (in tal senso Il filosofo, che per Aristotele è anche
anche Berti), perché non essenziale al un dialettico (p. 51), deve pertanto im-
divenire. pegnarsi nel conoscere il principio primo
Il libro considera le più autorevoli di tutte le scienze dimostrative, che non
posizioni dottrinali, ad eccezione del- si svela mediante il ricordo, ma piuttosto
l’originale quanto solitaria teoria di attraverso un’analisi consapevole del
Giannantoni (secondo cui Aristotele non saldo legame che intercorre tra la cono-
parla di “principio di non-contraddi- scenza intuitiva e le argomentazioni dia-
zione”, bensı̀ di “principio di contraddi- lettiche.
zione”. Cfr. La logica di Aristotele, in Il metodo dialettico ci libera, gra-
www.emsf.rai.it). Pasquale accoglie dualmente, dall’ignoranza del pensiero
(cosı̀ è per le considerazioni di Upton) o (Fisichella), facendoci percepire l’aporia
rigetta (cosı̀ è per l’accusa di “psicologi- (sul significato del termine aporia, si
smo in logica” mossa ad Aristotele da veda Plato, Menone, 80 a-c) dell’autocon-
Łukasiewicz), sempre motivando e con traddizione. Ciò permette di distinguere
garbo, tirando fuori gli artigli solo l’oggetto conosciuto dalla sua negazione:
quando serve (cfr. la dura risposta all’er- ecco la realtà che spalanca le porte. L’in-
rata interpretazione delle sue pagine di tuizione, infatti, non è un ambiguo con-
Halper a p. 41, n. 49). flitto tra verità ed errore, ma incontro
Scrive Aristotele: “Spetta al filosofo virtuoso tra mente e realtà.
conoscere il principio di non-contraddi- Il PNC è indimostrabile, pur es-
zione” (Metafisica IV 3, I005b9-I4). Ma il sendo conoscibile come principio primo e
filosofo — si badi — non è una figura anteriore. E non va confuso con le ipotesi
mitologica e onnisciente. Tutt’altro: è (supposizione o postulato), sulle quali —
chiunque decida di trovarsi a metà ci permettiamo di aggiungere — sembra
strada tra la sapienza e l’ignoranza. In- poggiare la deriva scientista dei nostri
vero la filosofia è la consapevolezza di giorni (cfr. il pensiero di P. ODIFREDDI, Il
non sapere ma è, al tempo stesso, desi- matematico impertinente, 2005).
derio ardente di sapere (cfr. F. GEN- Il PNC è la legge dell’essere, che ci
TILE, Filosofia del Diritto, 2006). In consente, puramente e semplicemente,
questa sua condizione umile quanto am- di descrivere la realtà, cosı̀ come essa “è”
biziosa, il filosofo si sforza di riconoscere (Tarski). (Gianluca Tracuzzi)
480 RECENSIONI
P arte seconda
Asterischi
(A CURA DI CATERINA VILLA)
481
un’evenienza di cui occorre accettare la durezza. Forse anche rallegrarsene. Qualun-
que convinzione non deve forse “dare ragione” di sé, salvo rimanere nell’oscurantismo
o nel sentimentalismo? » (Jean Claude Guillebaud in Agorà di Avvenire di mercoledı̀
10 settembre 2008, p. 33)
482
Osservatorio
GIORGIO FLORIDIA
RELAZIONE DI SINTESI
IN CONCLUSIONE DEL CONVEGNO
CELEBRATIVO DEI 60 ANNI DI IUSTITIA
Questa ve una relazione di sintesi e non una sintesi delle relazioni perché è stata
redatta ascoltando le relazioni e nell’immediatezza dello svolgimento del convegno.
Due giorni di straordinaria intensità. Nessuno può dirlo meglio di me dato che,
per fare questa relazione di sintesi, non ho potuto distrarmi neppure un minuto.
Tutti i momenti sono stati particolarmente coinvolgenti a cominciare dai saluti
che non sono mai stati di circostanza. Benito Perrone ha presentato il Convegno
osservando che normalmente si parla delle istituzioni per sottolinearne l’inadegua-
tezza e che i cittadini si lamentano continuamente di tale inadeguatezza ma
raramente parlano dei loro doveri. Il Convegno — secondo Perrone — si è assegnato
il compito di fornire una corretta informazione ed un esame critico delle situazioni
più difficili.
Poiché Sangalli non ha potuto intervenire, è stato sostituito da Gianni Deodato
il quale, parlando al posto di Sangalli, ha dato ai partecipanti il saluto della Camera
di Commercio. Ha ringraziato Iustitia per l’occasione di approfondimento dei temi
concernenti la modernizzazione delle istituzioni. Si è riferito ai nove milioni di
imprese medie e piccole ed ai lavoratori autonomi che si attendono un percorso di
modernizzazione basato sul federalismo e sulla partecipazione. Ha sottolineato che
bisogna potenziare le nuove tecnologie come quella del nuovo Registro delle Imprese
che ha invertito il flusso dei rapporti fra le imprese e la Camera di Commercio, dato
che ora è la Camera di Commercio che si reca presso le imprese. Ha lodato l’arbitrato
e la conciliazione ed ha auspicato che si faccia “sistema” fra chi fa le leggi e chi le
attua. Ha concluso auspicando che la Camera di Commercio sia una istituzione
leggera al servizio delle imprese e dei cittadini.
Ha preso la parola l’Assessore Pillitteri che ha portato i saluti del Sindaco
impedito a partecipare. L’Assessore Pillitteri ha sottolineato che il tema del Conve-
gno è fondamentale per chi lo affronta al di fuori della polemica politica quotidiana
484 OSSERVATORIO
orientata delle norme ordinarie. Ha auspicato il ritorno al dialogo ed al rispetto
reciproco per evitare l’insorgenza di conflitti che creano forti diseconomie. Dopodiché
ha dato la parola al Rettore dell’Università Cattolica prof. Ornaghi.
Questi ha fatto un excursus storico e politologico del quale è impossibile dare
conto anche solo nei punti salienti. Si è trattato di una riflessione scientifica che
certamente fornisce stimoli potenti per comprendere la situazione nella quale versa
il rapporto fra lo stato di diritto e i diritti dei cittadini: ma è evidente che ciascuno
di noi dovrà recepire questi stimoli sulla base del testo scritto che il prof. Ornaghi ha
messo a disposizione pubblicandolo sul n. 3/2008 di questa Rivista.
Il Presidente Chieppa ha commentato la relazione del prof. Ornaghi sottoli-
neandone un passaggio, e cioè quello della impersonalità dell’esercizio del potere,
che è stata una grande conquista dell’istituzione dello stato di diritto, ma per
rimarcare che oggi l’esercizio del potere trascende in una perniciosa personalizza-
zione. Questa personalizzazione a%igge anche l’amministrazione della giustizia ed
il protagonismo di chi esercita il potere giudiziario costituisce una vera e propria
offesa alla persona umana.
Personalmente coglierei un ulteriore spunto di riflessione.
Lo stato di diritto — ci ha spiegato Ornaghi — ha avuto storicamente il suo più
importante referente nella “nazione” e questa a sua volta è costituita — com’è noto
— da un insieme di valori etico-sociali e religiosi coesi e territorialmente ben
radicati. Non c’è dunque da meravigliarsi se la crisi dello stato di diritto si verifica
oggi come effetto di processi di globalizzazione. Un fatto è certo — a mio avviso —
ed è l’indebolimento della sovranità nazionale non soltanto nei rapporti esterni
nell’ambito della comunità internazionale, ma anche nei rapporti interni e perciò nei
confronti dei cittadini e dei loro diritti. Procedendo da una società (nazionale)
omogenea lo Stato può facilmente garantire ai suoi cittadini la libertà di cui essi
hanno bisogno mentre, procedendo da una società disomogenea, può solo esercitare
la necessaria costrizione giuridica, cosı̀ perdendo in parte la sua stessa legittima-
zione sostanziale.
Venuto il suo turno, la prof.ssa Cartabia ha preso le mosse dal rilievo del prof.
Ornaghi concernente l’insaziabilità dei diritti fondamentali, per rimarcare che tale
insaziabilità crea la loro banalizzazione. Ha sottolineato il paradosso per cui da una
parte vi è un moltiplicarsi dei diritti fondamentali mediante la loro enunciazione
nelle carte, quivi compresi gli Statuti regionali, e dall’altra parte vi è un moltipli-
carsi del novero dei diritti fondamentali. Ha sottolineato che il ruolo della Corte
Costituzionale — centro di tutela dei diritti fondamentali — è ora indebolito a causa
dell’intervento delle Corti internazionali e di quello diretto dei giudici ordinari. Ha
sottolineato poi la tendenza a spostare la tutela dei diritti fondamentali fuori dalla
giurisdizione. Focalizzando l’attenzione sulla moltiplicazione dei diritti e dei giudizi,
ha rimarcato che la nascita di nuovi diritti fondamentali è avvenuta nel laboratorio
americano mentre in Europa si era contrari alla moltiplicazione dei diritti fonda-
mentali. I nuovi diritti, secondo la dottrina europea, avrebbero indebolito i diritti già
riconosciuti. Alla metà degli anni Sessanta due sentenze della Suprema Corte
americana, per liberalizzare il diritto alla contraccezione ed all’aborto, hanno in-
ventato il diritto alla privacy che pure non era menzionato nella Carta Costituzio-
nale americana. Dal diritto alla privacy sono nati tutti i nuovi diritti fondamentali
perché il significato di quel diritto è quello della libertà di scelta, senza interferenze
da parte dei pubblici poteri. Tutti i nuovi diritti hanno la loro matrice nel diritto alla
486 OSSERVATORIO
ragazza chiedeva un aborto che avrebbe potuto fare nelle forme della Legge 194;
avrebbe potuto dire che non era sicuro che la pillola non recasse pregiudizio e, cosı̀
facendo, avrebbe evitato di risolvere il problema in termini di “io interiore”.
È intervenuto l’avv. Antonio Angelucci il quale ha chiesto se il diritto all’obie-
zione di coscienza possa farsi discendere dal diritto alla privacy. La prof.ssa Carta-
bia ha escluso tale possibilità perché i due diritti operano in ambiti completamente
diversi.
Il Presidente Chieppa è intervenuto sottolineando che l’obiezione di coscienza
può essere fondata sul diritto di professare, e cioè praticare, la propria religione.
È intervenuto l’avv. Mauro Giovannelli il quale ha ringraziato la prof.ssa
Cartabia. Evocando l’art. 2 della Costituzione ha sottolineato che La Pira nella sua
qualità di Sindaco di Firenze si era mostrato molto più interessato alla tutela del
diritto fondamentale al lavoro di quanto non lo fosse nei riguardi del valore della
solidarietà consacrato dall’art. 2 Cost.. La prof.ssa Cartabia si è detta d’accordo sulla
necessità di considerare i diritti fondamentali evitando di banalizzarli per ottenere
il risarcimento del danno derivante dalla perdita di una valigia nell’aeroporto ma, al
tempo stesso, non ha potuto fare a meno di sottolineare che sempre di meno si parla
dei diritti sociali ed economici come diritti fondamentali perché la crisi economica ed
i limiti di bilancio rendono molto meno praticabile il ricorso alla tutela dei diritti
sociali in relazione ai quali non si vuole promettere ciò che non si può mantenere.
È intervenuto l’avv. Pugliese per rimarcare che la tutela dei diritti fondamen-
tali deve prendere le mosse dalla considerazione dei propri stessi personali diritti.
Infine l’avv. Pellizzari è intervenuto per dire che il Convegno dovrebbe essere
interpretato come verifica della tutela praticabile nei confronti dei pubblici poteri.
Evocando l’intervento del Prefetto di Milano ha chiesto al prof. Chieppa di dire se,
più che riformare la Costituzione, non sarebbe opportuno realizzarla attuando per
esempio la regolamentazione dei partiti politici e dei sindacati. Il Presidente
Chieppa ha risposto che la Costituzione deve essere realizzata nel suo complesso.
Nella mattina del 4 luglio la Presidenza del Convegno è stata affidata — come
da programma — a Guido Romanelli, Presidente dell’Unione Romana dei Giuristi
Cattolici il quale ha introdotto presentando il libro di recente pubblicazione di Padre
Sale. Ha dato quindi la parola al prof. Gianfranco Gaffuri dell’Università degli Studi
di Milano al quale era stato chiesto di illustrare il tema delle garanzie di giustizia
nel sistema tributario.
Gaffuri ha esordito affermando che fra la giustizia ed il sistema tributario
intercorre una voragine perché vi è una frontale contrapposizione fra l’ente pubblico
ed il cittadino privato. Se già Paolo di Tarso esortava a pagare i debiti auspicando
tuttavia una redistribuzione, l’art. 53 della Costituzione enuncia solennemente che
tutti devono concorrere alle spese pubbliche secondo la propria capacità contribu-
tiva. La norma — osserva Gaffuri — è collocata fra i diritti fondamentali come quello
politico ma, secondo Balladore Pallieri, il principio della capacità contributiva è una
declamazione senza significato. Gaffuri preferisce immaginare che il principio della
capacità contributiva sia un argine al potere impositivo dello Stato e, per esempli-
ficare l’inosservanza di tale principio, ricorda che l’imposta patrimoniale è insensi-
bile alla produttività del cespite e perciò pone il cittadino nella condizione di non
sapere come pagarla. I mezzi per il pagamento del tributo devono essere tratti dalla
stessa base imponibile, e, se ciò non è possibile, allora si verifica un effetto espro-
priativo per se stesso ingiusto. La stessa situazione si può verificare quando
488 OSSERVATORIO
non è più dunque un principio generale dell’ordinamento ma è un principio costi-
tuzionale al quale deve adeguarsi anche lo Stato.
Nella seconda sessione della mattinata la Presidenza del Convegno è stata
assunta da Giuseppe Grechi, Presidente della Corte d’Appello di Milano, il quale ha
introdotto ricordando la magnifica prolusione del Rettore dell’Università Cattolica e
sottolineando che i cittadini oggi non hanno diritti, tanto meno nei confronti
dell’amministrazione della giustizia vittima di gravi inadempienze delle istituzioni.
Dopo avere lodato l’iniziativa dell’avv. Benito Perrone ha passato la parola al
difensore civico della Valle d’Aosta, Flavio Curto.
Questi, presa la parola, si è compiaciuto che nel Convegno sia stato riservato
uno spazio alla difesa civica. I legislatori regionali hanno cercato di porre rimedio
alla crisi di fiducia dei cittadini con l’istituzione della difesa civica la quale deve
garantire i loro diritti ed il buon andamento dell’Amministrazione. Ha messo in luce
i pregi ed i difetti della difesa civica. In Italia — ha osservato — non esiste un
difensore civico nazionale come invece in molti altri paesi. La difesa civica —
secondo l’Oratore — integra gli estremi di una difesa non giurisdizionale. Come non
esiste un difensore civico nazionale cosı̀ non esiste una legge nazionale a riguardo
della difesa civica. Sono state le Regioni ad istituire i difensori civici regionali con
una competenza limitata al territorio della Regione stessa ed alla comunità locale.
Con la Legge c.d. Bassanini 2, la competenza dei difensori civici regionali è stata
estesa alle organizzazioni periferiche dello Stato. Flavio Curto ha proseguito illu-
strando la figura del difensore civico comunale, contemplata negli statuti comunali.
L’istituzione del difensore civico è facoltativa con la conseguenza — ha sottolineato
l’Oratore — che meno del 10% dei Comuni ha provveduto ad istituire il difensore
civico anche se poi l’Oratore riconosce che l’istituzione di 8.500 difensori civici
porrebbe problemi evidenti. Suggerisce perciò ai Comuni di procedere con i c.d.
convenzionamenti. Trae la conclusione che l’operatività della difesa civica si svolge
a “macchia di leopardo” e che nessun cittadino è tutelato dalla difesa civica nei
confronti dell’Organizzazione Centrale dello Stato. Il difensore civico può costituirsi
parte civile nei procedimenti penali che coinvolgono disabili ed ha il potere di
nominare un Commissario ad acta se il Comune omette atti obbligatori per legge. Il
difensore civico è un’autorità nominata dall’Assemblea che, senza vincoli gerarchici,
coniuga la difesa dei diritti dei cittadini con il buon andamento e l’imparzialità
dell’Amministrazione. Il difensore civico può intervenire nel corso del procedimento
amministrativo e prima che il provvedimento sia adottato e può intervenire anche a
posteriori ed anche se sono decorsi i termini per la difesa giurisdizionale. Egli
stimola l’esercizio del potere di autotutela della Pubblica Amministrazione ed
eventualmente riferisce all’Assemblea Regionale. È un organo indipendente ma
occorre che la nomina sia disposta dall’Assemblea con maggioranza qualificata che
garantisce anche la minoranza ed impedisce — altresı̀ — che sia inopportunamente
esercitato il potere di revoca.
A questo punto il Presidente del Convegno attribuisce la parola a Lucio Nardi,
giudice tutelare.
Questi esordisce spiegando che il giudice tutelare non è tenuto a giudicare nel
conflitto fra soggetti ed interessi contrapposti, ma a provvedere nell’interesse di
determinati soggetti. Le funzioni del giudice tutelare sono tante e sono poco cono-
sciute e forse anche poco apprezzate. Il giudice tutelare deve essere specializzato e
fornito di una preparazione interdisciplinare comprensiva di nozioni sociologiche,
490 OSSERVATORIO
aperto — secondo la Relatrice — una nuova prospettiva. Si prevede infatti la difesa
tecnica del minore come parte del procedimento civile minorile, con una estensione
della tutela già prefigurata dalla Carta Costituzionale. Il minore dunque, pur
essendo parte sostanziale non aveva nel processo una presenza capace di esprimere
un valore sostanziale. È avvenuto cosı̀ che a partire dalla difesa tecnica e dalla
capacità processuale del minore sia emersa la figura, nel processo civile minorile, del
curatore speciale. La figura è contemplata dalla Convenzione di Strasburgo che
prevede la nomina del curatore speciale quando vi sia conflitto di interessi fra il
minore ed i genitori. Anche la Convenzione di New York prevede il diritto del minore
di essere ascoltato sia direttamente sia per mezzo del suo rappresentante che può
essere anche un avvocato. La Relatrice descrive le diverse soluzioni dei diversi
problemi presso i diversi Tribunali, con riferimento alla nomina ed alle funzioni
svolte dal curatore speciale e conclude auspicando l’intervento del curatore speciale
nei procedimenti di separazione e di divorzio, soprattutto con riguardo alle scelte
affidative del giudice, anche per attuare la parità di trattamento fra le coppie
coniugate e quelle di fatto.
La sessione mattutina del giorno 4 luglio si è conclusa con la relazione del
coordinatore dei giudici di pace di Milano, Vito Dattolico, al quale — ovviamente —
è stato affidato il compito di illustrare la figura in questione.
Dopo avere illustrato l’evoluzione storico-normativa del giudice di pace, l’incre-
mento delle sue competenze e dei suoi compensi l’avv. Vito Dattolico si è detto
fermamente convinto che la risposta alla richiesta proveniente dalla società civile di
una giustizia efficiente in tempi ragionevoli presuppone che i magistrati onorari
siano sempre più qualificati professionalmente sin dal momento del reclutamento
attraverso una selezione accurata che si fondi sulla verifica delle conoscenze e delle
attitudini dei candidati. Secondo l’avv. Dattolico occorre procedere ad un’analisi
complessiva della funzione della magistratura onoraria che non può prescindere
dalla constatazione della sostanziale diversità ontologica — almeno nell’attuale
ordinamento — tra la figura del giudice di pace ed altre figure — come ad esempio
quella del GOT e del VPO — che esprimono esigenze completamente diverse e che
danno luogo ad interventi disomogenei. In questa ottica il Relatore ha auspicato che
i consigli giudiziari siano riformati prevedendo presso di essi un’apposita sezione
composta di componenti elettivi rappresentanti della categoria. A questo punto il
Relatore ha formulato ben nove proposte dirette a ridisegnare l’Istituto: proposte
che ciascuno può leggere nella relazione per una personale meditazione ed un
adeguato approfondimento.
La sessione pomeridiana del giorno 4 è stata presieduta da Ezio Siniscalchi,
Presidente della 1a Sezione Civile del Tribunale di Milano il quale si affianca a Luigi
Ferrarella, giornalista del Corriere della Sera, per introdurre l’argomento del “giusto
processo” facendo il punto della situazione.
Ai due relatori la crisi della giustizia civile appare irreversibile ed il paradosso
è che tale crisi non impedisce tuttavia l’incremento dei compiti affidati alla giuri-
sdizione. Siniscalchi dichiara di rifiutare lo svolgimento da parte sua di una difesa
d’ufficio dei magistrati i quali — secondo il Relatore — avranno certamente le loro
responsabilità e potrebbero fare di più. Senonché l’entusiasmo a fare di più sta
lentamente decadendo. Quanto alla tutela dei diritti, è certo che essi devono farsi
largo in un mare di cause che spesso costituiscono esse stesse il risultato di un
abuso. La giurisdizione viene utilizzata talvolta perché la giustizia è lenta. La
(1) L. FERRARELLA, Fine pena mai. L’ergastolo dei tuoi diritti nella giustizia italiana,
Milano, Il Saggiatore, 2007.
492 OSSERVATORIO
mità ed è consentita dalla Costituzione. Il prof. Benvenuti disse — a suo tempo —
che il giudizio amministrativo deve partire dalla sostituzione dell’atto impugnato.
Nel ’70 si sostenne che dovesse essere eliminata la giurisdizione di merito. Se si
considerano le ipotesi in cui viene esercitata la giurisdizione di merito si constata
che lo scopo è quello di risolvere la controversia con criteri giuridici. Il giudizio di
ottemperanza non ha nulla a che fare con la convenienza. Vi sono ipotesi nelle quali
la giurisdizione di merito postula l’applicazione di criteri di convenienza. E illustra
infine il percorso storico dei rapporti fra giurisdizione di legittimità e giurisdizione
di merito.
Il Convegno si conclude con la relazione, pubblicate in questo numero di
IUSTITIA, dell’avv. Baroni che tratta il tema del silenzio della Pubblica Ammini-
strazione.
(1) L’incontro di studio sul tema “18 aprile 1948 un patrimonio comune” si è tenuto a
Roma nell’Aula Magna della Lumsa: il Comitato promotore era costituto da Giuseppe Dalla
Torre, Raffaele Iannotta, Guido Romanelli, Fabrizio Ciapparoni; sono in atto le procedure per
la stampa delle relazioni.
(2) Infatti lo Statuto dell’ A.C. dell’11 ottobre 1946 all’articolo 91 disponeva: “Il Movi-
mento dei Laureati di Azione Cattolica promuove la costituzione di Unioni Professionali … Le
Unioni rimangono collegate al Movimento per tutte le attività comuni ai laureati. A tale scopo
i Presidenti delle varie Unioni Professionali fanno parte del Consiglio Centrale dell’Associa-
zione (il Movimento), e il Presidente Centrale potrà nominare un Segretario per le Unioni
Professionali facente parte della Presidenza Centrale.”; in proposito Iustitia 1948, 1-2 ottobre
novembre, pag. 12; cfr. E. PREZIOSI (a c.) Gli statuti dell’Azione Cattolica Italiana, Ave Roma
2003, pp. 205 s. L’attuale statuto dell’A.C. è in vigore dal 2003. Nel 1980 il Movimento dei
laureati diviene Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale (MEIC).
(3) Quanto riportato nel testo è tratto da Iustitia 1948 appena citato e 1949, 1 gennaio,
pag. 7.
(4) L’attività cosı̀ iniziata nel 1948 viene considerata assolutamente inedita se nel
necrologio dell’avvocato Pietro Mosconi, nel ricordare il suo impegno viene usato il termine
“ricostituita” sia pure indirizzandolo alla “Unione romana dell’ U.G.C.I.”: Iustitia, 1949, 10-12
ottobre dicembre, pag. 96.
(5) Iustitia, 1948 già ricordato. Nella riunione del Consiglio centrale del 30 ottobre 1950
si è discusso sull’opportunità di modificare il formato della rivista portandolo alla dimensione
18 x 24, ma è stato deliberato di rinviare la decisione ad epoca successiva: Iustitia, 1950, 11-12
novembre dicembre, pag. 131. “Ma Di Piazza non si è arreso e, col nostro consenso, ha indetto
il noto referendum” riferisce nella sua relazione il Presidente centrale all’Assemblea dei
Delegati del 15 novembre 1951. Il referendum proposto attraverso la rivista a tutti i suoi lettori
si conclude con una plebiscitaria risposta favorevole al nuovo formato (89,90% sul 56,10% dei
lettori votanti): in proposito Iustitia, 1951, 11-12 novembre dicembre, pagg. 84, 95 e 101.
(12) Iustitia, 2008, rispettivamente 1 pagg. 1 ss., 5 s.; 2 pagg. 125 ss.
(1) Benedetto XVI, nelle invocazioni a Maria, ha chiesto che, con la sua intercessione,
« Cristo sia incontrato dai giovani, portatori per loro natura di nuovo slancio, ma spesso vittime
del nichilismo diffuso, assetati di verità e di ideali proprio quando sembrano negarli. »; la
Santa Vergine « vi renda capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della
politica, che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare
con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile ».
(1) J. CHRYSSAVGIS (a cura di), Grazia cosmica. Umile preghiera. La visione ecologica del
Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, Libreria editrice fiorentina, 2007, d’ora in
poi convenzionalmente utilizzato con la sigla GC/UP, p. 331.
(2) GC/UP, pp. 187-189.
(3) GC/UP, pp. 56-57.
504 TESTIMONIANZE
di essa egli chiama a combattere una vera e propria crociata a favore dell’ambiente
che abbiamo trascurato per egoismo: moderna eresia, moderna crociata (Lettera
Enciclica, I settembre 2004) (4).
L’antropocentrismo rettamente inteso, dunque, non l’antropomonismo, ri-
manda alla metafora della seconda tunica, cioè al corretto rapporto tra Dio e l’uomo,
fatto a sua immagine e somiglianza (Gen, 1, 26 e Col, 1, 15).
Entrambe le tuniche, però, sottolinea Bartolomeo, sono fondate sul principio
sinergico, cioè non sono separabili tra loro e formano un tutto inscindibile, che è il
piano originario di Dio.
7. Già il sommo Galileo raccomandava, nella Terza lettera intorno alle mac-
chie solari, di non “tentare l’essenza”. Queste sono le sue precise parole: “il tentar
l’essenza, l’ho per impresa non meno impossibile, e per fatica non men vana nelle
sustanze elementari che nelle remotissime e celesti” (9).
Ma cosa significa non “tentare le essenze”, questo primo e fondamentale mani-
506 TESTIMONIANZE
festo della modernità? La locuzione può significare almeno due cose: in primo luogo
noi, il secondo Vivente, possiamo conoscere le essenze solo con il linguaggio delle
“scienze matematiche pure”. Al riguardo il Patriarca Ecumenico riconosce che “la
grande sfida che la coscienza ecclesiastica ortodossa è chiamata ad affrontare oggi è
la sorprendente realtà della fisica contemporanea, è l’affascinante cosmologia che
deriva dallo studio della meccanica quantistica. Il linguaggio della fisica rivela oggi
la realtà universale come un logos (cioè come una realtà avente un fine e un significato),
che si attualizza solo nel suo incontro con il logos personale dell’uomo” (10).
Allora, veramente, si può ritenere, a ragione, che il linguaggio matematico sia
il linguaggio internazionale, ecumenico, superetnico, postbabelico (Gen, 11, 1-9). Le
“scienze matematiche pure” sono la struttura parallela del logos. Esse sono come
una teologia immanente nei fenomeni a noi teoreticamente accessibili. Esse possono
essere il luogo di transito alla teologia della trascendenza.
Rileggiamo ancora, in proposito, a conferma, un passo di Galileo nel Dialogo dei
massimi sistemi: “l’intelletto divino, egli scrive, ne sa bene infinite proposizioni, di
più (di noi), perché le sa tutte; ma di quelle poche (proposizioni) intese dall’intelletto
umano, credo, che la (nostra) cognizione agguagli la divina nella certezza obiettiva,
poiché arriva a comprenderne la necessità sopra la quale non par che possa esser
sicurezza maggiore” (11).
Ma l’ammonimento di Galileo a non “tentare le essenze” è rivolto anche, in
secondo luogo, a non tradire Adamo, che ha reso conoscibili le cose come icone di Dio
(Col, 1, 16-18), rendendole irriconoscibili con la nostra ricerca.
Per il pensiero teologico-biblico, il degrado in atto del creato, la cosiddetta crisi
ecologica, denunciata con insistenza ed efficacia dal Patriarca Ecumenico, è un’of-
fesa non solo di Dio creatore, ma altresı̀ di Adamo, in quanto in qualche modo a Dio
associato nella nominazione delle essenze, in quanto suo delegato alla costruzione
concettuale e archetipica dell’universo, in quanto, più esattamente, de-nominatore
delle cose, poiché de-nominare è trarre le essenze alla luce dalla luce del Logos
increato e sorgente di tutte le idee.
Il mondo è sı̀ pensiero di Dio, ma insieme è pensiero di Adamo, padre delle
essenze. Prescindere da Adamo è amputare il disegno originario. Dal punto di vista
teologico-biblico, la ricerca scientifica (si potrebbe dire) è una continua esplorazione
e scoperta della mente di Adamo.
Infatti, se si vuole essere coerenti con il racconto biblico, dobbiamo spingerci fino
al punto di affermare che Adamo conosceva perfettamente e adeguatamente le leggi
della fisica quantistica (per riprendere la citazione di Bartolomeo) in quanto appunto
a Dio consociato, come padre dei nomi, nella creazione del mondo (quaedam parte-
cipatio similitudinis divinae mentis). Al contrario, noi dobbiamo faticosamente rico-
struirle e interpretarle perché conosciamo solo in speculum et in aenigmate. Adamo
è, in certo qual modo, coautore del libro delle scienze; noi ne siamo solo i lettori.
Allo stesso modo, difendere, proteggere, rispettare, avere cura amorevole e devota
del Pianeta, esserne veramente ministri e custodi significa onorare non solo Dio, ma
lo stesso Adamo; significa realizzare noi in lui; significa glorificare la nostra umanità
nella sua ancora immacolata umanità primigenia a immagine e somiglianza alla Per-
8. È sulla base di questa consanguineità con Adamo nel rispetto delle essenze
da lui denominate e nell’uso retto delle cose a lui affidate che Bartolomeo condanna
senza appello la arroganza e la presunzione di una certa tecnoscienza di oggi senza
freni morali, senza limiti oggettivi, irresponsabile, perché rende irriconoscibile lo
stesso volto di Adamo impresso nel creato, sfigurandolo.
“Noi non ci opponiamo, ha affermato il Patriarca Ecumenico in un discorso del
12 giugno 2002 per il conferimento in Oslo del prestigioso Premio Sophie, alla
conoscenza, ma evidenziamo la necessità di procedere con discernimento. Sottoli-
neiamo, inoltre, i possibili pericoli di interventi prematuri che possono portare al
“desiderio di diventare più grandi degli dei”, cosa che, nell’antichità, con Euripide,
i Greci definivano hybris, cioè violenza. Una tale discordia distrugge l’armonia
interiore che caratterizza la bellezza e la gloria del mondo che San Massimo il
Confessore chiamava liturgia cosmica” (13).
L’antidoto più efficace a tale hybris contro il creato è l’adozione di un “codice di
condotta ambientale”, il cui manifesto principale (altro esempio concreto di inter-
nazionalità e quindi di ecumenicità) può essere considerata la Dichiarazione con-
giunta firmata da Giovanni Paolo II e da Bartolomeo I, collegati per via satellitare
il 10 giugno 2002, a conclusione del Quarto simposio internazionale e interreli-
gioso (14). In essa si legge che “il problema ecologico non è meramente economico e
tecnologico, ma è di ordine morale e spirituale. Si può (infatti) trovare una soluzione
a livello economico e tecnologico solo se, nell’intimo del nostro cuore, avverrà un
cambiamento quanto più possibile radicale” (15).
Questa etica ambientale, presupposto ineliminabile di ogni politica ambientale,
destinata altrimenti al fallimento, è stata sintetizzata dal Patriarca Ecumenico in
tre principi:
1) quello della metánoia o conversione dello spirito;
2) quello della enkráteia o adozione di uno stile di vita sobrio, umile, solidale;
3) quello della théosis o della santificazione dell’esistenza (lezione al Primo
simposio internazionale sul tema “Rivelazione e ambiente”, 1995) (16).
508 TESTIMONIANZE
della terra di produrre anche in futuro gli stessi beni, per il mantenimento di quanti
nasceranno dopo (questo è il contenuto del comandamento custodire) ».
C’è, in questo brano, una precisa concezione del tempo e della storia. Infatti, in
un’epoca di globalizzazione come quella che viviamo, il tempo viene frantumato e
quasi parcellizzato; esso diventa puntiforme nell’attimo fuggente a inclinazione e a
tentazione consumistica e utilitaristica. L’ora prevale sul giorno, il giorno sul mese,
il mese sull’anno.
In una parola, il tempo è percepito come un fatto intragenerazionale e non più,
come una volta, alla stregua di un’esperienza intergenerazionale di solidarietà tra
padri, figli, nipoti e perciò come un’esperienza di comunionalità parentale e sociale.
Prima c’era qualcosa da risparmiare, qualcosa da consegnare, qualcosa da
tramandare, qualcosa da riservare per i venturi vicini e lontani. Ora, invece, ognuno
vive più per sè che per gli altri e la memoria si accorcia e il futuro si chiude nel
presente mosso da impulsi di vita immediata ed egoistica.
All’opposto, la visione del tempo e della storia che il Patriarca Ecumenico ci
prospetta e a cui ci invita, in una metánoia, cioè in un cambiamento di condotta, è
ben altra. Essa consiste in una concezione unitaria del tempo (di passato, presente
e futuro) e in una visione non frazionabile della tradizione di popoli, nazioni, paesi.
Essi, nel loro peregrinare storico di generazione in generazione, sono semen aeter-
nitatis. Essi hanno pari dignità di convivenza laboriosa e pacifica e di libero accesso
alle condivise e preziose risorse ambientali ancora disponibili. Il loro destino, infine,
è la tranquillitas ordinis di agostiniana memoria, cioè sono la giustizia e la pace
nella casa comune del creato abitato e salvaguardato dall’unica famiglia umana.
510 TESTIMONIANZE
Per cogliere la portata enorme di questi impegni globalizzati, basti rileggere le
seguenti parole di Bartolomeo: “il problema ecologico odierno richiede una rivalu-
tazione radicale della nostra concezione del mondo nella sua globalità” (23).
Ma la persona (si è accennato) è il centro di impulso anche di un movimento
verso l’alto, perché essa è datrice del senso dell’essere sempre e dovunque: nel
piccolo e nel grande, nel particolare e nell’universale, nell’umile cronaca di ognuno
di noi e negli imponenti processi della storia mondiale.
La civiltà, infatti, altro non è se non dare un senso alle cose, altro non è se non
un “approfondimento dell’esistenza”, ha detto Bartolomeo, riprendendo un’espres-
sione di Kierkegaard (24).
Questo darsi un senso, questo possedere un senso dell’essere e della vita, per
Bartolomeo, è l’esigenza più profonda e più urgente dell’Europa nel terzo millennio.
L’Europa, infatti, non può costruirsi “sul primato assoluto della nozione (globali-
stica) di sviluppo, definita soltanto in termini economici (25), ma deve diventare una
“comunità costituita da persone”, deve diventare un “Bund, una alleanza, una
società a livello spirituale: questo è ciò che furono il Cristianesimo medioevale o
l’Europa dell’Illuminismo francese” (26), respirando però sempre con due polmoni,
quello dell’Occidente e quello dell’Oriente (27).
Molte altre cose si potrebbero dire in una laudatio del magistero e dell’operato
del Patriarca Ecumenico. Ma il tempo è tiranno.
11. Santità, questa Università si congratula con Lei per il nuovo titolo acca-
demico che essa ha l’onore di conferirLe oggi; questa Università che, in tempi
drammatici della nostra storia patria, ha fatto brillare la stella della nostra identità
nazionale attraverso le parole e l’azione di un grande Rettore come Ermanno
Cammarata di cui sono stati di recente pubblicati alcuni inediti per meritoria
iniziativa del nostro Magnifico Rettore, Francesco Peroni, che gli è succeduto nella
cattedra rettorale; questa Università che ogni giorno intreccia e rinnova le sue
energie poste al servizio eccellente dello studio, della ricerca, della educazione, La
ringrazia per l’impegno profuso negli anni a difesa dell’ambiente e per il Suo
altissimo magistero di educazione delle coscienze al dialogo interreligioso, intercon-
fessionale, interdisciplinare e alla pace tra i popoli, assicurandoLa che La accom-
pagnerà sempre, con affetto e riconoscenza, quale preclaro dottore del suo coro
accademico.
(2) SSTC 46/2001 F.4, 128/2001 F.2, infine, 154/2002 F.6. e 101/2004, F.3.
514 PANORAMA
paradossalmente, è lo stesso Tribunale a fornire una definizione negativa del
concetto, parlando, ad esempio, di “aconfessionalità”: “nessuna confessione avrà il
carattere statuale”. La laicità realmente “positiva” viene presa in considerazione in
seguito, quando la stessa Costituzione afferma che “i poteri pubblici riserveranno
attenzione alle convinzioni religiose della società spagnola e manterranno congrue
relazioni di cooperazione con la chiesa cattolica e con le altre religioni”.
Ci troviamo di fronte ad uno Stato che si impegna ad essere neutrale e,
contemporaneamente, al servizio di una società che non è neutra né deve essere resa
tale (nella misura in cui si intenda rispettarne il pluralismo) (3).
Tutto ciò risulta assolutamente incompatibile con la concezione della laicità
dominante nel diciannovesimo secolo, ovvero, con l’idea che la laicità significhi
agnosticismo, relativismo e laicismo. In base all’articolo citato, lo Stato si comporta
laicamente quando considera la religione come un fattore sociale al pari degli altri.
Questa teoria risulta compatibile con un atteggiamento di carattere positivo, che
comporta che alla religione venga riservato un “favor iuris” simile a quello dovuto
all’arte, al risparmio, alla ricerca, allo sport, etc.
Al riguardo, è bene ricordare che, in più di un idioma, la parola “laico” è
sinonimo di “profano”: in tal modo viene normalmente identificato il comune citta-
dino (in quanto ignora alcune conoscenze specifiche normalmente non accessibili ai
‘comuni mortali’).
Se lo intendiamo cosı̀, il laico è un cittadino titolare di diritti, e non il mero
ricettore passivo delle decisioni adottate dai rappresentanti istituzionali di turno (a
prescindere dal fatto che questi ultimi facciano parte della gerarchia di specifica
confessione, oppure siano meri funzionari statali).
La concezione positiva della laicità, che attribuisce al concetto un contenuto
precipuo, trova un contrappunto adeguato in qualsiasi attitudine classificabile come
“clericale”, tanto nella sua dimensione politica di relazione confessione/stato, quanto
nella dimensione ecclesiale di relazione gerarchia-fedeli.
Clericalismi a parte, lo Stato sarà davvero laico quando metterà al centro della
discussione politica i diritti dei cittadini, consentendo loro di essere, effettivamente,
“laici”.
Al contrario, lo Stato cesserà di essere laico, per divenire confessionale o
laicista, quando proverà ad imporre ai “sudditi” una specifica teoria culturale,
fondata su di una specifica ideologia politica: ancora una volta “cuius regio eius
religio” o, per meglio dire, “cuius regio eius non - religio”.
Riassumendo, la laicità si fonda su tre assiomi:
1. I poteri pubblici non solo devono rispettare le convinzioni dei cittadini, ma
devono fare in modo che questi siano “liberamente orientati” dalle confessioni alle
quali appartengono.
2. I credenti, una volta formata in tutta libertà la propria coscienza personale,
devono rinunciare in ambito pubblico ad ogni argomento di autorità, ragionando in
termini comprensibili da chiunque e sentendosi responsabili essi stessi dei problemi
che angosciano la società (senza addossare tutta la responsabilità alla gerarchia
ecclesiastica).
(3) R. NAVARRO VALLS si basa sulla giurisprudenza tedesca per affermare che “il richiamo
alla libertà religiosa negativa non può determinare una lesione della libertà religiosa positiva”
— Justicia constitucional y factor religioso in La libertad religiosa y de conciencia ante la
justicia constitucional Granada, Comares, 1998, 31 e nota numero 25.
(4) Con riguardo alle modifiche apportate al progetto di legge, Constitución Española.
Trabajos parlamentarios Madrid, Cortes Generales, 1980, t. I, pp. [10, 396, 146, 180, 183, 197,
242, 320, 485 e 515]; circa il dibattito parlamentare, t. I, pp. [680, 719 1020, 1027 e 1028]; t. II,
pp. [1885, 2046, 2052 e 2065]; per quel che concerne il dibattito e gli emendamenti proposti al
Senato, t. III, pp. [2677, 2792, 2839, 2854, 2910, 3222, 3224-3226 e 3230-3231]; t. IV, pp.
[4416-4418 e 4422].
(5) Lo stesso Tribunale Costituzionale afferma che oggi “si esige dai poteri pubblici una
attitudine positiva, nel nome di una prospettiva che potremmo definire assistenziale o presta-
zionale” - STC 46/2001, F.4.
516 PANORAMA
altre religioni ha ricevuto un forte impulso nel 1981, a seguito della approvazione di
un regolamento sull’assistenza religiosa nelle forze armate. I deputati che proposero
il ricorso ritenevano che il provvedimento fosse incostituzionale, anche “per omis-
sione”, dato che non prevedeva la presenza di ministri di un culto diverso da quello
cattolico.
Questo ragionamento, sviluppato in una evidente prospettiva laicista, potrebbe
essere definito come un argomento ’ad absurdum’(dato che suppone una parità tra
le religioni di fatto non raggiungibile). Se viene intesa in questo modo, la propor-
zionalità può essere ottenuta solo attraverso un “livellamento verso il basso” (6).
Il Tribunale Costituzionale, all’unanimità, ha dato risposta negativa al ricorso,
limitandosi a rilevare, in seguito, che non esiste alcun carattere discriminatorio
nella norma, dato che “la legge non esclude la assistenza religiosa ai membri di altre
confessioni, nella misura e proporzione adeguata”; solo se lo Stato “ignorasse le
richieste” di altre religioni potrebbe configurarsi una lesione del principio di ugua-
glianza (7).
Questa sentenza è particolarmente importante, dato che affronta in modo
diretto il rapporto tra libertà ed eguaglianza. Al riguardo, la soluzione fornita dalla
Corte non avrebbe potuto essere più nitida: “in questa materia, il principio di
uguaglianza deve essere inteso come una conseguenza del principio di libertà” (8).
Il primo ed il secondo principio a cui abbiamo fatto riferimento — ovvero la
aconfessionalità e la libertà religiosa dei funzionari — potrebbero entrare in con-
flitto con la legge nel caso in cui si verificasse una eccessiva proliferazione delle
cerimonie religiose nei campi militari, soprattutto laddove non fosse semplice capire
se si tratta, effettivamente, di cerimonie religiose o di rituali militari a contenuto
religioso.
Siamo di fronte a una delle subdole conseguenze della vecchia confessionalità o
non si tratta, al contrario, del nuovo principio di collaborazione?
La Corte affermò che “l’articolo 16.3 non impedisce alle forze armate di cele-
brare le festività o di partecipare a cerimonie religiose”, ciò che conta è che sia
sempre rispettato il principio di “volontaria partecipazione” (9).
Dopo diversi anni, lo stesso Tribunale stabilı̀ che l’art. 16.3 CE, “formulando
una dichiarazione di neutralità [...] considera la componente religiosa rilevante
all’interno della società spagnola e ordina ai poteri pubblici di mantenere « congrue
relazioni di collaborazione con la chiesa cattolica e con le altre religioni » (10). Il
riferimento alla neutralità è particolarmente importante, dato che uno degli argo-
menti maggiormente utilizzati dal laicismo consiste nel richiedere che lo Stato
(6) Nel voto a sfavore viene evidenziato un significato ’obiter dictum’, non diverso dalla
teoria fatta propria dalla maggioranza, infatti, secondo il magistrato Jiménez de Parga, l’art.
16 non rende la Spagna “uno Stato laico, nel senso francese del termine”, in base al quale “ogni
religione, in quanto manifestazione della intima coscienza del cittadino, deve essere conside-
rata allo stesso modo e determinare eguali diritti e doveri” – il voto ottenne tre adesioni (STC
46/2001).
(7) STC 24/1982, F.4.
(8) STC 24/1982, F.1.
(9) Si insiste sul punto nella successiva STC 101/2004. Non può essere condivisa, invece,
l’affermazione secondo cui “non ogni atto lesivo di un diritto fondamentale è un delitto”, per cui,
anche se i militari “violarono l’aspetto negativo della libertà di religione”, questa condotta non
“integra, necessariamente, una fattispecie penale” - STC 177/1996, F.10 y 11.
(10) STC 46/2001, F.4.
4. Nel contesto della cooperazione, il neutrale non può essere identificato con
il neutro; per questo motivo, dobbiamo scartare, immediatamente, ogni suggestione
neutralizzante. Esiste, dunque, un modo positivo di intendere la libertà di religione,
questa teoria implica che il contenuto della libertà non venga sacrificato nel nome
dell’uguaglianza.
Dato che la libertà di religione è un diritto che attiene alla persona, il laicismo
è molto attento alle sue inevitabili ripercussioni sociali; per questo motivo, finisce
per anteporre ossessivamente l’eguaglianza alla libertà, sino al punto di rendere
quest’ultima pubblicamente irrilevante (11).
Detto in altre parole, la teoria laicista implica un comportamento più “neutra-
lizzante” che neutrale. La differenza tra essere neutrali o neutri è una eco della
differenza che esiste tra la ”neutralità di propositi” (in base alla quale lo Stato “deve
astenersi da qualsiasi attività che favorisca o promuova qualsiasi dottrina partico-
lare a scapito di altre”), e la “neutralità di effetti o di influenze”; poiché è impossibile
che l’intervento statuale non abbia ripercussioni sul modo in cui le religioni si
espandono e fanno proseliti (12).
Nessuno ritiene che sia necessario spiegare cosa si intenda, esattamente, con il
termine ’libertà ideologica’, allo stesso modo, non è affatto difficile descrivere cosa
sia la “libertà religiosa”. Risulta invece opportuno domandarsi se il pluralismo, in
quanto valore fondamentale dell’ordinamento, risulti o meno compatibile con l’egua-
glianza ideologica, che persegue una completa omologazione degli effetti prodotti
dalle dottrine vigenti in seno alla società. Non c’è nulla di meno pluralistico che una
pluralità organizzata in modo da garantire la assoluta omogeneità culturale.
Avrà ancora meno senso, dunque, perseguire una sorta di “uguaglianza reli-
giosa”, capace di parificare gli effetti prodotti dall’intervento dei poteri pubblici sulle
diverse confessioni.
Difendere la cooperazione ed il pluralismo non significa organizzare un finto
pluralismo, significa prendere in seria considerazione le credenze religiose profes-
sate dai cittadini, anche se queste ultime, essendo un frutto della libera volontà dei
credenti, saranno prevedibilmente diseguali.
Il passaggio dalla confessionalità cattolica del regime franchista al sistema di
cooperazione sembra aver trasformato, attraverso una concezione positiva della
laicità, la costituzione del 1978 in uno strumento efficace per la garanzia e la
promozione della libertà religiosa. Non è corretto affermare che la religione catto-
lica, pur essendo la confessione di gran lunga più diffusa in Spagna, sia stata la
unica beneficiaria del nuovo regime, al contempo, non risulta affatto accettabile una
interpretazione laicista del testo costituzionale.
518 PANORAMA
Libri ricevuti
In questa rubrica indichiamo le novità pervenute dagli Editori, che ringra-
ziamo. L’annuncio bibliografico non comporta alcun giudizio ed è indi-
pendente dalle recensioni che saranno pubblicate secondo le possibilità
e lo spazio disponibile
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