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Effettivamente la rivoluzione del Rojava, ora Federazione della Siria del nord, è l’unico processo

rivoluzionario tutt’ora in corso nel mondo. In un momento storico in cui i movimenti arrancano nel
cercare uno spiraglio rivoluzionario i Kurdi riescono a modificare l’esistente. Non parlo di solo del
compimento del processo rivoluzionario, ma del modo in cui esso viene portato avanti, non solo nella
sua sponda politica.

Vorrei partire citando il reportage della redazione di Info-aut dal titolo “Università Rojava e
Accademia Mesopotamia: un modello alternativo di formazione”1 dell’ottobre 2017. In esso viene
raccontata la visita della delegazione di Info-aut nelle vecchie università siriane, ora riformate dal
processo rivoluzionario, a Qamishlo. Uno dei docenti intervistati dice:

«Ora ogni corso è strutturato in un rapporto formativo di crescita e scambio continuo, le lezioni
frontali sono ridotte al minimo e vengono organizzati molti seminari di discussione sia degli studenti
sia dei docenti. La valutazione alla fine del corso è collettiva, sugli argomenti e su come sono stati
affrontati, e individuale su quanto lo studente ha appreso ed è cresciuto. Uno studente ci spiega che
ora il rapporto coi docenti è un rapporto tra heval (compagni), “insieme svolgiamo ruolo in questa
società e in questa rivoluzione. Accumuliamo il sapere per condividerlo con la società”.»2

E ancora una studentessa:

«durante il regime esisteva un confine netto tra cosa e come si poteva studiare,” ora invece siamo
spinti a riscoprire i nostri saperi e crearne di nuovi diversi da quelli capitalistici”.
Il confronto tra studenti e professori viene portato avanti grazie ad un sistema di critica e auto-critica.
Le necessità degli studenti in questo modo riescono sempre a trovare una posizione centrale e i
professori danno e ricevono continue critiche e autocritiche. In questo rapporto formativo tutto il
sistema viene costantemente messo a critica e migliorato. Anche nell’università funziona il sistema
della co-presidenza e delle assemblee: momenti di coordinamento dei corsi, settimanalmente degli
studenti, mensilmente tra rettori e decani.»3

Quello che vorrei mettere in luce non è tanto l’organizzazione culturale parallela all’università quanto
l’approccio politico che sta dietro la società Kurda: l’ autogestione e auto-organizzazione che permea
tutto il loro agire. L’agire per i Kurdi è politico per definizione: le comuni, le università, gli organi di
auto-governo, hanno la possibilità concreta di influire sulla creazione di un polo resistente
all’egemonia capitalistica.

1
Infoaut, Universtità Rojava e Accademia Mesopotamia: un modello alternativo di formazione,
https://www.infoaut.org/saperi/universita-rojava-e-accademia-mesopotamia-un-modello-alternativo-di-formazione
2
Ivi.
3
Ibidem.
In generale il sistema del Confederalismo Democratico proviene dalle riflessioni di Abdullah Ocalan
e pubblicate nel 2011. Al di là degli aspetti peculiari della lotta in Rojava ed in generale nel Kurdistan
bisogna avere ben chiaro che il Confederalismo democratico così come lo delinea Ocalan è nelle sue
linee generali un ideale di portata universale che prefigura la «la forma politica finalmente scoperta»
nella quale realizzare l'emancipazione umana nel XXI secolo.

Ocalan ha colto uno dei punti centrali della nostra epoca: il fatto che lo stato-nazione di stampo
capitalistico, o di tipo protezionistico-fasciata non sia uno strumento di emancipazione che si possa
mettere al servizio delle istanze di liberazione umana. Va perciò immaginata una forma di
aggregazione politica radicalmente diversa, capace di restituire alle persone il controllo sulla propria
vita quotidiana e quindi sia sul piano «locale» (basata sull'autogestione dei territori e delle comunità),
ma anche «globale» (capace di porsi come aggregazione universale aperta e come sistema che si può
diffondere a macchia d’olio nel mondo).

Solo costruendo questa nuova forma di aggregazione politica, che parte dal locale ma mira a costruire
un mondo alternativo nel quale è possibile per le persone comuni riconquistare il controllo della
propria vita sottraendolo al dominio del capitale.

Infatti la questione Kurda non si limita a essere compresa di per sé, ma ad essa è connessa «la
dominazione globale del sistema capitalistico moderno. Senza mettere in questione questo nesso,
nessuna soluzione sarebbe stata possibile. Altrimenti, saremmo stati soltanto coinvolti in altre
relazioni di dipendenza»4.

Il Confederalismo, dice Ocalan:

«Questo tipo di governo o di amministrazione può essere chiamata una amministrazione politica non statale o
una democrazia senza stato. I processi decisori democratici non devono essere confuse con I processi
conosciuti dalla pubblica amministrazione. Gli stati amministrano soltanto quando le democrazie governano.
Gli stati sono fondati sul potere; le democrazie sono basate sul consenso collettivo. L’ufficio nello stato è
determinato per decreto, anche se può essere in parte legittimizzato dalle elezioni. Le democrazie usano le
elezioni dirette. Lo stato usa la coercizione come un mezzo legittimo. Le democrazie poggiano sulla
partecipazione volontaria. Il confederalismo democratico è aperto verso altri gruppi e fazioni politiche. E’
flessibile, multi-culturale, anti-monopolistico, ed orientate al consenso. L’ecologia e il femminismo sono i
pilastri centrali. Nel contesto di questo tipo di auto-amministrazione diventerà necessaria una economia
alternativa, che aumenti le risorse della società invece che sfruttarle per sopperire giustamente alle molteplici
necessità della società.»

4
Abdullah Ocalan, Confederalismo Democratico, 2011, p.3
E ancora:

«In contrasto con una idea centralista e burocratica dell’amministrazione e dell’esercizio del potere, il
confederalismo pone un tipo di auto amministrazione politica in cui tutti i gruppi della società e tutte le identità
culturali possono esprimersi in incontri locali, in riunioni generali e in consigli. Questa idea di democrazia apre
lo spazio politico a tutti gli strati della società e consente la formazione di gruppi politici diversi. In questo
modo sollecita anche l’integrazione politica della società nel suo insieme. La politica diviene parte della vita
di tutti i giorni. Senza politica la crisi dello stato non può esser risolta dal momento che la crisi è alimentata da
una mancanza di rappresentazione della società politica. Termini quali federalismo o auto-amministrazione
non possono essere rinvenuti nelle democrazie liberali e devono essere riconcepiti. In sintesi, non dovrebbero
essere concepiti come livelli gerarchici dell’amministrazione dello stato-nazione quanto piuttosto come
strumenti di espressione sociale e partecipazione. Questo, a sua volta, incentiverà la politicizzazione della
società.»5

A livello politico di basa fondamentalmente su cinque principi:

1. Il diritto all’auto determinazione dei popoli include il diritto ad un proprio stato. Tuttavia, la
fondazione di uno stato non aumenta la libertà di un popolo. Il sistema delle Nazioni Unite che è basato
sugli stati-nazione si è rivelato non efficace. Nel frattempo, gli stati-nazione sono diventati ostacoli
seri per ogni sviluppo sociale. Il confederalismo democratico è il paradigma di contrasto dei popoli
oppressi.
2. Il confederalismo democratico è un paradigma sociale che non implica lo stato. Non viene controllato
dallo stato. Allo stesso modo, il confederalismo democratico è il piano culturale ed organizzativo di
una nazione democratica.
3. Il confederalismo democratico è basato sulla partecipazione totale. I suoi processi decisionali stanno
all’interno delle comunità. Livelli superiori servono solo al coordinamento ed all’implementazione del
volere della comunità che manda i suoi delegate alle assemblee generali. Per un limitato spazio di
tempo sono istituzioni portavoce ed esecutive. Tuttavia, il potere decisionale di base rimane nelle
istituzioni a livello radicale.
4. Nel Medio Oriente, la democrazia non può essere imposta dal sistema capitalista e dai suoi poteri
imperiali che danneggiano soltanto la democrazia stessa. La propagazione della democrazia radicale
è elementare. E’ l’unico approccio che possa aver a che fare con i diversi gruppi etnici, le religioni e
le differenze di classe. Si adatta bene anche con la struttura confederata tradizionale della società.
5. Il confederalismo democratico in Kurdistan è un movimento anti-nazionalista. Mira alla realizzazione
del diritto di auto difesa dei popoli dall’avanzare della democrazia in tutte le parti del Kurdistan senza
far questioni sui confini politici esistenti. Il suo scopo non è la fondazione di uno stato-nazione curdo.
Il movimento intende stabilire strutture federali in Iran, in Turchia, Siria e Iraq affinché siano aperte a

5
Ivi, p.8
tutti I curdi ed allo stesso tempo formino una confederazione ad ombrello per le quattro parti del
Kurdistan.

Uno degli scopi principali del Confederalismo è quello già indicato da Marx di superare la distanza
tra vita reale e politica, tra teoria e prassi politica. Secondo le parole di Ocalan, come abbiamo già
letto, «la politica diviene parte della vita di tutti i giorni»6. Ovvero l'autogestione di territori e luoghi
di lavoro, riporta la politica alla concretezza della vita reale e questo rimette in gioco la responsabilità
personale di ciascuno.

Ogni tipo di pensiero – e, attraverso questo, la teoria politica – che si dedica alla necessità di
cambiamento sociale, è strategico. Il nostro pensiero non può essere separato dal nostro potere di
agire, dalla nostra capacità di cambiare la realtà attraverso l’azione intenzionale. Pertanto vi è una
connessione, un triangolo, un campo di tensione tra conoscenza e prassi.

Inoltre, le responsabilità personali, dalle comuni, alle assemblee, come abbiamo visto nelle università
e addirittura tra le file delle unità di protezione popolare e delle donne, vengono messe a critica e
auto-critica, rendendo, di fatto, il personale politico. Come scrive Dilar Dirik:

«Il movimento di liberazione kurdo utilizza “la critica e l’autocritica” come meccanismi produttivi ed etici per
migliorare se stessi, l’altro, e il gruppo. Criticare un altro vuol dire anche essere in grado di criticare se stessi.
La critica non è intesa a danneggiare gli altri, ma si basa fondamentalmente su empatia, onestà e risoluzione
dei problemi.Il lavoro di solidarietà certamente non rende immune nessuno dalle critiche. Al contrario, le
richiede. Si basa fondamentalmente anche su questo, per poter essere etico.»7

Posso dire, per aver provato sulla mia pelle quanto questo processo sia innanzitutto utile per coloro i
quali fanno parte di un movimento e quanto serva a rafforzare la fiducia nei confronti delle proprie
compagne e dei propri compagni.

La costruzione di una ideologia alternativa a quella capitalista necessita della decostruzione delle
dinamiche dominanti. La “lotta per l’egemonia”, per dirla con Gramsci, è aperta: in questo senso la
resistenza di autogoverno dei kurdi può essere letta anche come resistenza per la creazione di una
contro-egemonia sia per quanto riguarda il sistema capitalistico che per quanto riguarda l’egemonia
fascista creata da Erdogan.

Lo stato-nazione, il sessismo e la religione non sono altro che le colonne ideologiche su cui si basa
tutta la narrazione egemone: nessuna espressione è indipendente dai rapporti di potere vigenti. Per

6
Ibidem

7
Dilar Dirik, Sfidare il privilegio: solidarietà e autoriflessione
cambiare l’esistente è necessario opporre alla cultura dominante una cultura critica, ecologista,
antiautoritaria, antisessista e antifascista.

Da questo punto di vista è notevole la nascita della Jinealogie, la scienza delle donne, di cui, se
vorranno, ci parleranno in seguito le compagne, però non è un caso se una scienza della donna che
smonti il concetto dell’homo oeconomicus (pilastro della razionalità economica occidentale) come
attore dominante delle relazioni sociali si è andata a creare proprio lì dove si sta svolgendo un
processo rivoluzionario di questo tipo e dove la guerra è combattuta dalle YPJ, Unità di Protezione
delle Donne.

In questo momento i Kurdi ci mostrano che un altro mondo è possibile, nella teoria, come nella
pratica. Ci mostrano che un’alternativa al capitalismo imperante non solo esiste, ma che può essere
creata dal basso senza la necessità dello stato-nazione. Il Confederalismo democratico non promette
alcun paradiso in terra ma dà la possibilità alle persone che abitano un territorio o che fanno militanza
politica di occuparsi concretamente dei propri problemi elaborando soluzioni sulla base di una cornice
ideologica in grado di rispondere alle esigenze del XXI Secolo.

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