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Appunti di Anatomia II

Lezione n° 24 del 17/01/2017


A.T.
Argomenti: cavità nasali; cenni di endoscopia

Cavità nasali
Guardando il naso frontalmente, si può notare che sul piano sagittale mediano è presente un setto e, osservando
le immagini di un qualsiasi libro di testo o atlante, si nota che il setto è sempre dritto e lineare. Questo è
riscontrabile solo nel 30% dei casi; normalmente, invece, la maggioranza degli individui presenta il cosiddetto
setto deviato, sia esso verso sinistra o verso destra. Questa deviazione del setto è riconoscibile quando,
inspirando, si incamera più aria da una narice piuttosto che dall’altra; a volte, inoltre, questa conformazione
anatomica può creare complicanze durante le endoscopie, in quanto il setto così deviato potrebbe rappresentare
un ostacolo per la sonda.

Nelle narici sono inoltre presente le vibrisse, che non sono altro che peli (uno dei 10 tipi di peli che abbiamo
sul nostro corpo).

Cornetti
Le cavità nasali presentano, sulla loro parete laterale, tre cornetti (chiamati anche “conche nasali” o, usando
il termine clinico, “turbinati”): uno inferiore, uno medio e uno superiore. Secondo la terminologia anatomica,
invece, vengono chiamati con i rispettivi nomi latini: concha nasalis inferior, media e superior.
Quello che si può osservare è che il cornetto inferiore è separato dai cornetti medio e superiore, i quali fanno
parte dell’osso etmoide. Il cornetto inferiore, infatti, è un osso a sé stante.
A volte, in circa il 20-25% degli individui, è presente un ulteriore cornetto: il cornetto supremo (posto
superiormente al cornetto superiore).

Non di rado si può riscontrare una pneumatizzazione [n.d.s. presenza di aria all’interno di un osso,
generalmente nei seni paranasali e nelle cellule mastoidee, penetrata in seguito al loro sviluppo fisiologico]
a carico del cornetto medio, che viene definita col termine concha bullosa, la quale costituisce quasi sempre
il motivo della deviazione del setto nasale.

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La vascolarizzazione delle cavità nasali è enorme;
parleremo più avanti nel corso della lezione delle
principali arterie che irrorano quest’area, ma facciamo
un appunto riguardante i cornetti nasali: iniettando un
mezzo di contrasto all’interno dei vasi sanguigni
presenti nelle cavità nasali, vediamo che la zona dei
cornetti è molto densa. Infatti, al di sotto della mucosa
che li riveste, è presente un plesso venoso molto denso
al mezzo di contrasto, in quanto la funzione principale
dei cornetti è quella di riscaldare l’aria inalata
[n.d.s. grazie proprio al plesso venoso qui presente, il
quale cede calore all’aria, riscaldandola].

A livello del punto in cui il cornetto inferiore (il più


voluminoso dei tre) si inserisce nella parete laterale del
naso è presente una struttura chiamata organo di
Jacobson [n.d.s. chiamato anche organo
vomeronasale]. Questo è necessario nel periodo
intrauterino, in quanto possiede un ruolo di controllo
del liquido nell’utero [n.d.s. l’organo di Jacobson è un
organo di senso ausiliario presente in molti animali ed
è coinvolto nella captazione dei feromoni tra individui
della stessa specie, fondamentale nel processo di
riproduzione e nei comportamenti sociali; nell’essere
umano è una struttura non più funzionale, infatti
regredisce durante lo sviluppo fetale].

Sul bordo anteriore del cornetto medio, invece, è posizionata una struttura chiamata agger nasi: è una
protuberanza che, se particolarmente grande o gonfia, può complicare il drenaggio di fluidi dai seni frontali.

Setto nasale
Il setto individua due cavità nasali: una destra e una sinistra.
A volte, e non di rado, il setto deve essere corretto se la sua deviazione è troppo accentuata, in quanto potrebbe
compromettere la corretta respirazione.

Il setto è costituito da diverse parti:


 Nella porzione anteriore si individua cartilagine elastica; questa permette di muovere la parte più
anteriore del naso senza che si rompa;
 Postero-superiormente è presente la lamina perpendicolare dell’osso etmoide;
 Postero-inferiormente è costituito dall’osso vomere; questo è fissato sulla superficie inferiore
dell’osso sfenoide e rappresenta la porzione più posteriore del setto nasale (che, a sua volta, costituisce
la parte terminale delle cavità nasali e orale).

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Faringe e tuba di Eustachio
La parte più posteriore del vomere costituisce la
parte terminale delle cavità orale e nasali; da
questo punto in poi inizia la nasofaringe.

Ricordiamo che la faringe può essere suddivisa


in tre porzioni:
 Superiormente si individua la
nasofaringe (chiamata anche
epifaringe o rinofaringe);
 Nella porzione intermedia si trova la
orofaringe;
 La porzione più inferiore, invece, è posta
dietro la laringe, quindi viene chiamata
laringofaringe (o ipofaringe).

Nella parete laterale dell’orofaringe è presente l’apertura della tuba di Eustachio (chiamata anche tromba di
Eustachio o tuba uditiva) ed è importante poiché costituisce un collegamento con l’orecchio medio.
Bisogna ricordare che l’orecchio medio, scavato nella rocca petrosa dell’osso temporale, è un’area
pneumatizzata e l’aria penetra al suo interno proprio tramite la tuba di Eustachio.

N.B.: Il motivo per cui l’orecchio medio NON fa parte del seno nasale è conseguenza del fatto che
l’apertura della tuba di Eustachio non è localizzata nelle cavità nasali, bensì nella faringe.

Per via del fatto che l’aria entra ed esce dall’orecchio medio tramite la tuba di Eustachio, spesso (quando per
esempio si sale molto velocemente con l’ascensore oppure quando si sta decollando con l’aereo) le nostre
orecchie “si tappano” e, di conseguenza, dobbiamo deglutire oppure sbadigliare per equalizzare la pressione
venutasi a creare.

Per orientarsi, specialmente durante le endoscopie, è necessario sapere la localizzazione del cosiddetto torus
tubarius, ovvero l’apertura della tuba di Eustachio. Qui sono presenti due pieghe mucose:

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 Una anteriore, chiamata piega salpingopalatina (“salpingo” deriva dal greco “salpinge” e significa
“tuba” o “tromba”; questo termine viene utilizzato anche in ginecologia per indicare la tuba uterina);
 Una posteriore, chiamata piega salpingofaringea, dietro alla quale è presente un’area, chiamata
fossetta di Rosenmüller (o recesso faringeo) che ospita le tonsille.

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Cartilagine e composizione epiteliale delle cavità nasali
Nel naso sono presenti varie tipologie di cartilagini. L’ala nasi, per esempio, è costituita da un complesso di
cartilagini: è presente cartilagine elastica (che, se viene rimossa, non viene ricostituita dal nostro organismo)
e cartilagine fibrosa (la quale, invece, può subire rigeneramento).

Guardando all’interno del naso si nota il vestibolo del naso (è una sorta di bordo, possiamo individuarlo
toccandolo). La sua porzione anteriore è costituita dallo stesso tipo di epitelio che costituisce la nostra cute,
mentre, da questa zona in poi, è presente l’epitelio del tratto respiratorio.
C’è una grande differenza tra epitelio respiratorio ed epitelio del tratto respiratorio. Il primo è presente
solo all’interno del polmone e garantisce lo scambio di O2 e CO2, mentre il secondo è completamente
differente, in quanto cilindrico e fibroso.

Tutto il naso è costituito da epitelio del tratto respiratorio tranne la sua parte più superiore, compreso il cornetto
superiore, in quanto qui è invece presente l’epitelio olfattivo [n.d.s. chiamato anche neuroepitelio]. Questo è
“fornito” dal primo nervo encefalico (nervo olfattivo, I) ed è presente solo nella parte più superiore delle cavità
nasali.

Rapporti con i seni paranasali


Osservando il naso in connessione con i seni paranasali vi sono molte cose importanti da dire.
Nella lezione scorsa, quando abbiamo parlato dell’orbita, abbiamo detto che questa è circondata da ossa
pneumatizzate, ovvero l’osso frontale, l’osso etmoide e l’osso mascellare. Quest’ultimo ha una caratteristica
che potrebbe rivelarsi una complicanza: osservando l’osso mascellare, si nota che l’apertura del suo seno è
posta nella sua porzione più superiore. Di conseguenza, qualora si verificasse un’infiammazione del seno
mascellare, questo si riempirebbe quasi completamente di muco prima di poter essere drenato (ed è per questo
che la sinusite mascellare è così dolorosa). Tuttavia è possibile drenare il muco tramite un intervento, creando
un varco nella fossa canina (che dà origine al dente canino), posta nella porzione più inferiore dell’osso
mascellare.

Al di sotto del cornetto inferiore è presente un’apertura, chiamata iato semilunare (hiatus semilunaris) e
costituisce l’apertura di tutti i seni paranasali, tranne di quello sfenoidale (che ha un’apertura a sé stante,
posizionata nel punto più alto della cavità nasale). Ciò vuol dire che il seno frontale, le cellule etmoidali e il
seno mascellare si aprono in questo foro posto al di sotto del cornetto medio.

Nei libri di testo il seno dell’osso sfenoide presenta un solo setto, ma normalmente un individuo ne possiede
minimo 2 o 3. Legata a questo fatto esiste una problematica che potrebbe presentarsi durante un possibile
intervento neurochirurgico: per giungere all’ipofisi si passa proprio per quest’area che presenta il setto e
inoltre, nelle vicinanze, sono presenti anche il tratto ottico e l’arteria carotide, i quali, a causa di un errore di

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negligenza, potrebbero venire danneggiati, causando una massiva emorragia o cecità al paziente. Proprio per
evitare questo “errore di calcolo” è bene sottoporre il paziente ad una RX prima di eseguire l’intervento: così
facendo, infatti, si verrebbe a conoscenza del numero di setti che l’individuo presenta nei seni sfenoidali.

Sempre a livello del cornetto medio si individua un’altra struttura chiamata processo uncinato: questo,
insieme alla più grande delle cellule etmoidali (chiamata bolla etmoidale), costituiscono i bordi dello iato
semilunare.

Le cellule etmoidali hanno diversi punti di apertura a seconda che si considerino quelle anteriori o quelle
posteriori:
 Le cellule etmoidali anteriori si aprono nello iato semilunare (che ricordiamo essere presente al di
sotto del cornetto medio);
 Le cellule etmoidali posteriori si aprono al di sotto del cornetto superiore.

[n.d.s. Spiegando la questione dei seni ho sempre usato il singolare, ma bisogna ricordare che i seni
paranasali, così come le strutture menzionate presenti all’interno delle cavità nasali, sono pari!].

Condotto nasolacrimale
Un altro argomento importante è il condotto nasolacrimale. Questo termina a livello del primo dente molare.
Quindi il primo molare costituisce il termine del condotto nasolacrimale. Non bisogna assolutamente
confonderlo col dotto lacrimale!

Per individuare il condotto nasolacrimale (cosa non semplice), bisogna muovere leggermente il cornetto
inferiore; questo esercita pressione sul sacco nasolacrimale e causerebbe una fuoriuscita di lacrime mentre il
cornetto inferiore viene mosso.

Se naso e occhi sono quindi collegati tramite il canale nasolacrimale, come mai, dopo che abbiamo pianto, il
naso rimane tappato, mentre gli occhi no? Ciò è dovuto al fatto che questo collegamento tra occhi e naso
presenta delle valvole, chiamate valvole di Hasner, che chiudono il dotto nasolacrimale, consentendo quindi
alle lacrime di scendere solamente verso le cavità nasali e impedendone la risalita.

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Vascolarizzazione delle cavità nasali
Per quanto riguarda la vascolarizzazione, è presente un’arteria chiamata arteria sfenopalatina, ramo
dell’arteria mascellare, ed entra all’interno della cavità nasale tramite il foro nasopalatino. La struttura che
funge da “guida” per l’arteria sfenopalatina è la coda del cornetto medio [n.d.s. la coda è l’apice posteriore
del cornetto, contrario della testa, che non è altro che l’apice anteriore]. Questo vaso, inoltre, si biforca in
rami per i cornetti superiore ed inferiore e per il setto nasale subito dopo essere passata attraverso il suddetto
foro.

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Quando si opera nella regione nasale, soprattutto in prossimità dell’arteria sfenopalatina, bisogna procedere
cautamente, in quanto fa parte del cosiddetto “triangolo pericoloso”; essendo il naso riccamente vascolarizzato,
vi è un maggiore rischio di diffusione di un’eventuale infezione attraverso il torrente circolatorio.

Sono infine presenti altri vasi derivanti dall’arteria palatina discendente che passano per il canale palatino e
attraversano poi i fori palatini maggiore e minore.

Dal punto di vista pratico è importante ricordare la presenza di un’area particolare che costituisce il locus
emorragico durante l’epistassi, chiamata plesso di Kiesselbach: una fitta rete di capillari dalle pareti molto
sottili e fragili poste al di sotto della mucosa [n.d.s. il plesso di Kiesselbach è presente in una zona chiamata
locus Valsalvae, situata nella parte anteriore del setto e particolarmente soggetta a sanguinamento].

Cenni di endoscopia
Entrando con una sonda all’interno delle cavità nasali possiamo raggiungere:
 La fossa cranica anteriore;
 L’ipofisi, passando attraverso il seno sfenoidale;
 La fossa cranica posteriore, se si procede più in profondità;
 Le vertebre C1-C2, se si avanza l’endoscopio parallelamente al palato duro e molle.

La prima cosa che notiamo è la porzione anteriore del cornetto inferiore; dopodiché osserviamo il palato duro,
il cornetto medio e la tuba di Eustachio. Bisogna prestare attenzione durante le endoscopie quando si giunge
nei pressi del cornetto medio: vi è un punto di questo cornetto che bisogna maneggiare con cura, in quanto
costituisce un sito di attacco; inoltre questa porzione del cornetto medio raggiunge la lamina cribrosa
dell’etmoide e, qualora lo si muovesse troppo o si esercitasse troppa pressione su di esso, potrebbe rompersi,
causando versamento di liquido cefalorachidiano.

Se avanzassimo la sonda in direzione supero-ventrale arriveremmo al tetto delle cavità nasali; ciò vuol dire
che si arriverebbe alla lamina cribrosa dell’etmoide e si potrebbe osservare che il tetto delle cavità nasali non
è altro che il pavimento della fossa cranica anteriore.

Qui possiamo osservare anche l’apertura del seno sfenoidale (ovvero il punto più alto delle cavità nasali). Se
muoviamo la sonda dalla porzione anteriore a quella posteriore possiamo notare un cambiamento del colore
dell’epitelio: si passa dall’epitelio del tratto respiratorio all’epitelio olfattivo.

Se muoviamo l’endoscopio dal tetto delle cavità nasali verso il basso e procediamo parallelamente al palato,
possiamo osservare che il meato inferiore è il più ampio; attraversandolo con la sonda notiamo sulla parete

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laterale l’apertura della tuba di Eustachio, ovvero il torus tubarius. Osserviamo anche le due pieghe:
salpingopalatina e salpingofaringea; dietro quest’ultima vi è una zona importante, in quanto ospita le tonsille.

Osservando il cornetto medio possiamo individuare l’arteria sfenopalatina.

Possiamo notare anche le coane nasali, a forma di arco: queste mettono in comunicazione le cavità nasali con
la cavità orale [il professore intima di non confondere il termine “coana” con “conca”].

Impostando un’angolatura adeguata dell’endoscopio è possibile osservare l’interno della tuba di Eustachio.
Ciò è molto utile e necessario quando bisogna individuare dei problemi respiratori, specialmente nei bambini:
spesso, infatti, hanno difficoltà a respirare dal naso a causa di un ammassamento di materiale linfatico attorno
alle pareti della tuba, chiamato tonsilla tubaria. A volte questa è così voluminosa che ostruisce la tuba uditiva
e causa una non ventilazione della tuba stessa. Questo è uno dei motivi per cui i bambini piccoli presentano
più frequentemente infiammazioni dell’orecchio medio rispetto agli adulti

Spostandoci posteriormente alla piega salpingofaringea possiamo osservare la fossetta di Rosenmüller,


importante poiché sede delle tonsille.

Nota pratica: quando si effettua una tonsillectomia bisogna essere precisi e stare attenti a dove si praticano le
incisioni, poiché appena pochi millimetri più posteriormente rispetto alle tonsille decorre l’arteria carotide.

Un’ulteriore struttura individuabile è l’apertura del dotto nasolacrimale, la quale è visibile solamente mediante
una tecnica endoscopica particolare chiamata rinoscopia posteriore, eseguita con l’ausilio di specchi. Con
questa tecnica la prima cosa che osserviamo sono le tonsille nella fossetta di Rosenmüller; avanzando
ulteriormente la sonda, sorpassando la tuba uditiva, arriviamo al cornetto nasale inferiore, al di sotto del quale,
infine, troviamo l’apertura del dotto nasolacrimale.
[n.d.s. La rinoscopia posteriore si differenzia da quella anteriore: la prima viene effettuata introducendo la
sonda all’interno del cavo orale e passando poi attraverso le coane; la seconda viene effettuata inserendo la
sonda all’interno delle narici].

Seguendo il cornetto medio troviamo l’arteria sfenopalatina, la quale si biforca immediatamente dopo aver
attraversato il foro sfenopalatino e questo rappresenta il fisiologico accesso al seno sfenoidale, dopo il quale è
presente la ghiandola ipofisaria. L’apertura nella mucosa del foro sfenopalatino è molto più ridotta rispetto
all’apertura ossea dello stesso; di conseguenza, per accedere al seno sfenopalatino, bisogna asportare una
porzione di mucosa per farvi accedere la sonda.

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