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ALBERTO MORAVIA

(Alberto Pincherle, Roma, 1907-1980)

Alberto Moravia nacque nel 1907 da una agiata famiglia borghese dedita a professioni
intelettuali. Ammalato di tubercolosi ossea, visse da ragazzo l’esclusione determinata da tale
condizione; e ciò favorì indubbiamente la sua vocazione di scrittore. Alternò il lavoro di
romanziere a quello di giornalista, facendo l’inviato all’estero e scrivendo numerosi reportage.
Nel 1941 sposò la scrittrice Elsa Morante. Poi, separatosi dalla moglie, convisse con un’altra
scrittrice, Dacia Maraini. Morì nel 1990. Tra i suoi titoli più noti sono Gli indifferenti, Agostino,
La romana, Il disprezzo, La ciociara, La noia.

Alberto Moravia riconduce alle forme del realismo e della lucidità razionale la crisi
esistenziale e sociale della borghesia degli anni del fascismo e del dopoguerra. Egli stesso è un
intelettuale di estrazione borghese, così che la sua è una riflessione dall’interno. Dall’altra parte
gli eroi o antieroi moraviani hanno una dimensione esistenziale che l’autore porta alla luce. Così
esistenzialismo e realismo, scavo interiore e rappresentazione razionale, soggettività si uniscono
strettamente nei suoi romanzi.

Sin dagli esordi Moravia pone con sicurezza la riflessione sulla propria classe sociale al
centro della sua ricerca, spiegando questa scelta da cui nasce il romanzo Gli indifferenti con la
constatazione che egli stava dentro la borghesia e non conosceva altri ambienti sociali. Moravia
appare quindi come uno scrittore coscientemente borghese, la cui lucidità critica è usata contro la
classe a cui egli è legato.

La produzione di Moravia è suddivisibile in 3 diversi periodi:


 1929-1945 – Gli Indifferenti-Agostino – la fase del realismo borghese e della fusione di
elementi realistici, esistenzialistici e anche surreali
 1947-1957 – La romana-La Ciociara – la fase del neorealismo in cui appaiono
personaggi popolari che rappresentano un’alterità positiva rispetto al mondo borghese.
 1960-1990 – La noia in poi – la fase è segnata da un accentuato pessimismo. Caduta
l’alternativa popolare, l’orizzonte torna a essere quello di una borghesia in crisi, priva di
valori e di vitalità, mentre riemergono tematiche esistenzialistiche, coinvolgendo in crisi
la struttura stessa del romanzo, che tende a disarticolarsi e a trasformarsi in metaromanzo.

Al di là di queste suddivisioni la produzione migliore di Moravia, consistente nei 3


romanzi (Gli indifferenti, Agostino e La noia) e in alcuni racconti degli anni Trenta, presenta
alcune caratteristiche costanti, già evidenti nel primo romanzo:

 Nella realtà borghese contano solo il sesso e il denaro, concepiti come mezzo per
possedere le persone

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 L’intelettuale è un personaggio estraniato, impotente e in crisi, incapace di uscire dalla
classe in disfacimento a cui appartiene
 Il metodo di scrittura si ispira a un realismo critico, che si snoda con nitore e freddezza
classici, rivela un lucido razionalismo e si risolve di solito in impietoso sarcasmo
antiborghese
 Tale realismo critico è analitico e empirico, nasce da un moralismo che non si articola
mai in una visione del mondo alternativa a quella degli eroi borghesi
 Di qui la differenza del realismo di Moravia da quello di Verga e del classicismo da
quello di Manzoni. Moravia non crede di poter svelare la natura oggettiva delle cose
attraverso un metodo scientifico, nè ha fiducia in una ideologia complessiva che spieghi
la realtà e mostri le norme del comportamento umano
 La struttura del genere romanzo diuventa per Moravia la forma omologa della vita
borghese, quella che meglio la rispecchia. La struttura del romanzo non fa coincidere con
il suo oggetto di rappresentazione, una borghesia che sa vivere solo di intrighi, inganni
più o meno avventurosi.
Ne Gli indifferenti tutti questi aspetti sono presenti.

Gli Indifferenti

Opera d’esordio dell’autore, il romanzo fu pubblicato nel 1929 e ristampato cinque volte
nei mesi successivi. Il testo ebbe un notevole successo di pubblico e molta critica dell’epoca lo
accolse come il segnale positivo del ritorno al romanzo, della restaurazione del realismo, della
rinnovata piena adesione della letteratura alla vita.
Presumibilmente contribuirono in buona misura a fare del romanzo un prototipo per i
giovani ansiosi di marcare la distanza dalla tradizione narrativa nazionale, con l’occhio rivolto
piuttosto all’Europa,
- sia la felicità del titolo
- che la modulazione della parola che diviene tema conduttore: l’indifferenza,
che avrà la sua fortuna nei decenni successivi in tante prove narrative, tra le quali spiccano La
nausea di Sartre e Lo straniero di Camus.

Si è parlato di questo romanzo come del primo romanzo esistenzialista europeo per i temi
- della solitudine,
- dello scacco,
- dell’assurdo del vivere,
- della incomunicabilità,
- della società alienata.
Ma la sua prospettiva non possiede nulla della carica teorica e problematica
dell’esistenzialismo ed è profondamente diverso l’interesse che Moravia ha sempre nutrito per
una “realtà”, per una “vita” che esiste, per lui, soltanto in quanto diviene trama di una narrazione.

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Quando scrissi Gli indifferenti non sapevo nulla dell’esistenzialismo. I problemi che i miei personaggi
tentavano di risolvere erano, in ultima analisi, i problemi stessi della mia vita, e il fatto che fossero anche, a
mia insaputa, i problemi dell’epoca si deve alla facoltà che allora avevo di stabilire un rapporto con la
realtà, senza alcun diaframma estetico e ideologico.

Si tratta quindi di una commistione di autobiografismo e realismo che funge da tema e


contenuto del primo romanzo di Moravia. È da notare la capacità di un giovane (aveva solo 22
anni a quel momento) di far convergere su un motivo tematico come l’indifferenza, il clima di
un’epoca insieme al frutto della propria esperienza individuale di vita.

Il romanzo della moderna prosa penetra nella guasta, degradata quotidianità


dell’esistenza borghese. Moravia rende la meschinità e l’ipocrisia che regolano i rapporti
all’interno della società borghese, dove nulla viene espresso nella sua autenticità, dove le
convenienze e le formalità contano più della realtà. Il vero tema: l’impotenza morale di una
classe sociale vista nella sua crisi di trapasso da un’epoca all’altra. L’autore ha sempre negato di
essere stato mosso da intenti di critica sociale, ripetendo che la scrittura de Gli indifferenti fu
semmnai un mezzo attraverso il quale lui, borghese, si rese conto della propria condizione.

L’atmosfera dominante degli Indifferenti è quella che più tardi, nel prologo del romanzo
La noia, Moravia stesso definirà “il sentimento di insufficienza o inadeguatezza o scarsità della
realtà”, la “malattia degli oggetti”, il loro “avvizzimento o perdità di vitalità”. In questa
situazione esistenziale, che coinvolge le cose e gli eventi, agiscono i personaggi che incarnano la
tematica dell’inettitudine. L’indiferrenza si traduce in inerzia morale, incapacità a vivere,
superficialità, quella stessa con cui la società borghese si pone di fronte ai problemi della vita, ai
valori più profondi e genuini dell’uomo. I personaggi del primo romanzo moraviano sono
dunque colpiti da questa malattia e la loro condizione è appunto quella di una specie di
annientamento, di perdizione, di disfatta. Carla e Michele sono in preda all’indifferenza che nega
loro ogni slancio vitale e qualsiasi adesione all’esistenza.
Di “malattia della volontà” e di malati del genere era già stata popolata la letteratura
italiana, per citare solo i nomi di Fogazzaro, Svevo, Tozzi, per una tematica ampiamente diffusa
dagli ultimi anni dell’Ottocento. Ma, nonostante le parentele, qui la prospettiva è decisamente
cambiata. Non è più ritratto un personaggio “malato” in dissidio con un mondo “sano”. È invece
il mondo intero che ha ormai assunto tutti i caratteri dell’insania che si trasmette quindi a chi
dentro di esso si trova a vivere senza riuscire a spezzarne i contorni. L’indifferenza, insomma,
“ancora prima di essere un dato psicologico particolare, è il carattere fondamentale, obiettivo,
della realtà stessa, esattamente come più tardi la noia dell’ultimo romanzo”.

Riassunto
Il romanzo racconta la storia della famiglia Ardengo, una famiglia borghese formata dalla
madre, Marigrazia, e i due figli, Michele e Carla. La famiglia mantiene un tenore di vita elevato

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solo in virtù del sostegno economico di Leo Merumeci, l’amante di Mariagrazia da quindici anni,
che, grazie alle ipoteche messe sulla villa degli Ardengo, è in procinto di diventare padrone di
tutto. Leo, ormai stanco della madre, si invaghisce della figlia e mira a sedurla, avendo intuito
l’insoddisfazione della ragazza e il suo desiderio di spezzare come che sia il perenne grigiore che
grava sulla sua vita. Tenta l’approccio in occasione del ventiquattresimo compleanno della
ragazza, ma fallisce.
Dal suo canto, la madre, accortasi che l’amante la trascura, sospetta che egli abbia
un’altra donna e che si tratti della coetanea Lisa alla quale lei in precedenza aveva sotratto Leo.
Ma Lisa è interessata al giovane Michele.
Come Carla, Michele è un essere debole, privo di volontà e, sebbene sia anche lui
insofferente della falsità del mondo che lo circonda, è del tutto incapace di reagire. I fratelli sono
al corrente della relazione della madre con Leo, ma fingono di non saperlo.
Sgradevole anche nei tratti fisici, Leo è un personaggio determinato a perseguire i propri
scopi con freddezza e cinismo, riduce sempre la realtà al suo puro controvalore economico.
Michele, che non ne sopporta più la presenza in casa, tenta di provocarlo e perfino di aggredirlo
fisicamente, uscendo però sempre perdente e umiliato.
Intanto, Carla decide di darsi a Leo. Lisa, che ha attirato Michele nella propria abitazione
per sedurlo, di fronte all’irresolutezza del giovane e del suo ostinato rifiuto, gli rivela con il
proposito di scuoterlo, che Leo e Carla sono amanti. La reazione del giovane è ancora una volta
di indifferenza, ma si costringe ad agire, a fingere un’indignazione che non prova. Michele
prende un’arma con l’intento di uccidere Leo, ma si dimentica di caricare la pistola.
Leo chiede a Carla di diventare sua moglie, nonostante la disprezzi e questa, non vedendo
per se alternative possibili, accetta. Con freddezza, Carla ha compiuto ancora una volta una
scelta borghese, preferendo la tranquillità e il benessere economico, rinunciando definitivamente
a ogni pulsione vitale. Altrettanto farà Michele che decide anche lui di soggiacere alla
mediocrità diventando finalmente l’amante di Lisa, la donna che gli si è offerta, che non gli
costerà nulla e per la quale non prova alcuna passione.

I protagonisti, 3 adulti e 2 giovani, sono legati da rapporti di parentela o di consuetudine


tanto intensi da avere costruito attorno a ciascuno di essi una sorta di reticolato al quale è
impossibile sottrarsi. Anche se, con le stesse parole di Moravia, Gli indifferenti sembra “un
romanzo scritto sul nulla, a riguardarlo oggi”, il romanzo riguarda la percezione di due giovani di
essere immersi in un’atmosfera oppressiva e malsana che coincide per loro con la casa e con la
vita che vi si svolge. Di fronte alla meschinità della madre, Mariagrazia, del suo amante, Leo, e
della matura amica di famiglia, Lisa, dal dubbio passato, i due giovani non trovano altra via di
illusoria fuga che nell’accettare di rimanere all’interno del quadro modificando, però, i ruoli:
Carla diverrà l’amante di Leo e Michele accetterà le profferte di Lisa.

I personaggi sono di scarso o nullo rilievo sotto il profilo psicologico, nel senso che
nessuno di essi è soggetto oppure oggetto di modificazioni in dipendenza dallo snodarsi della

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vicenda; al contrario ognuno di essi è identificato attraverso una condizione di esistenza bloccata
rispetto alla quale l’andamento narrativo ha i caratteri della dimostrazione, della
esemplificazione piuttosto che della vera e propria progressione narrativa.

Moravia appartiene pienamente alla stagione nella quale all’interno della cultura italiana
si propone un nuovo realismo che, facendo della forma del romanzo il perno di una decisa
innovazione ideologica, respinge tutti quei modi del fare letterario che postulavano l’obbligo
della distanza, quando non proprio dell’annullamento della realtà nel processo di produzione
artistica. Importa sottolineare l’appartenenza piena del Moravia degli Indifferenti a quella zona di
vita culturale che riconobbe nel suo romanzo un’occasione importante per la costruzione di
un’ideologia che si svilupperà, benché in modo contraddittorio e frammentario, per tutti gli anni
Trenta, arrivando nel decennio successivo, a imporsi, come la migliore espressione
dell’innovazione sul terreno letterario.

Bibliografia:
Cecchi, E., Sapegno, N., Storia della letteratura italiana, Il Novecento, X.
Luperini, R. et alii, La scrittura e l’interpretazione. Storia e antologia della letteratura italiana
nel quadro della civiltà europea, vol. 6 “Dall’Ermetismo al Postmoderno (dal 1925 ai giorni
nostri)”, Tomo primo, Palumbo, Palermo, 2006.
Pandini, G., Invito alla lettura di Moravia, Mursia, Milano, 1993.
Strappini, Lucia, Gli indifferenti, in Alberto Asor Rosa (coord.), Letteratura italiana. Le opere, IV. Il
Novecento. I. L’età della crisi, pp. 669-695.
Tellini, G., Il romanzo italiano dell’Ottocento e Novecento, Milano, Mondadori, 2003.

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