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MODELLI DI GESTIONE DELLE RISORSE UMANE

SOMMARIO

La ricerca di nuovi modelli di sviluppo delle r.u.

La pianificazione dello sviluppo del personale

Modelli di leadership
La ricerca di nuovi modelli di sviluppo delle risorse umane

Una delle risorse più importanti dell’impresa è la risorsa umana;


perciò sono stati elaborati dagli studiosi di management dei
modelli di gestione del personale, in correlazione ai modelli di
gestione dell’impresa (v. precedente Unità didattica n. 5) ed ai
modelli organizzativi (v. precedente Unità didattica n. 6).

Negli ultimi decenni, la dinamica del mondo interno ed esterno


alle Organizzazioni produttive ha imposto la ricerca di soluzioni
innovative ai fini della gestione delle risorse umane; anche se
frequentemente si è osservata la difficoltà (che è principalmente
culturale) del management a realizzare le corrispondenti
innovazioni nelle loro Organizzazioni.

Una serie di fattori influenzano la ricerca di nuovi modelli, e fra


di essi, in particolare:
• il crescente costo delle risorse umane nei Paesi ad economia
avanzata
• la innovazione tecnologica, che consente di spostare
efficacemente ed efficientemente sulle macchine lavori in
precedenza assegnati alle persone
• la disponibilità di risorse umane maggiormente acculturate, ma
anche più desiderose di affermare le proprie potenzialità
• la sempre maggiore complessità della gestione delle
Organizzazioni e l’affermarsi di modelli di gestione orientati al
mercato e/o alla qualità, che richiedono un apporto di sempre
maggiore qualità da parte delle risorse umane e quindi nuovi
approcci nello stesso rapporto tra Organizzazione e personale.
La pianificazione dello sviluppo del personale

Definire ed applicare un modello di gestione del personale


presuppone che si instauri in azienda un processo di pianificazione
dello sviluppo delle risorse umane.

La pianificazione dello sviluppo delle risorse umane deve essere


parte di un più generale processo di pianificazione dello sviluppo
dell’impresa, di cui, come si è detto, il personale costituisce una
risorsa fondamentale.

La pianificazione dello sviluppo del personale comporta almeno i


seguenti “passi”:
• l’identificazione dei ruoli organizzativi da coprire con risorse
interne;
• l’identificazione dei profili professionali necessari per ricoprire
detti ruoli;
• la ricerca, selezione e assunzione delle risorse umane in azienda;
• la adozione di modelli di leadership appropriati, da parte dei
responsabili di gruppi operativi;
• la valutazione costante delle risorse, in termini di prestazione e
di potenziale ed il riconoscimento del valore dell’apporto da
esse fornito all’azienda;
• la adozione di azioni di sviluppo delle risorse umane, tramite
formazione e/o mobilità interna

Tali temi saranno sviluppati in parte nel seguito della presente


Unità didattica e, soprattutto, nelle successive.
Modelli di leadership

I modelli di gestione delle risorse umane si incentrano sulla


espressione della leadership, cioè della capacità di guida delle
risorse verso obiettivi produttivi.

La ricerca e l’applicazione di appropriati modelli di leadership si


basa sullo studio dei comportamenti umani e sulle ragioni di tali
comportamenti. E perciò dai principali aspetti dello studio dei
comportamenti partiremo nel nostra sommario trattamento del
tema.

Il comportamento professionale
Il comportamento umano è il prodotto della interazione tra:
• elementi razionali (idee, valori, conoscenze, ecc.);
• elementi affettivi/emotivi (gioia, rabbia, dolore, ecc.);
• elementi legati ai bisogni (alimentarsi, essere stimati, esprimere
le proprie capacità, ecc.)

Ogni nostro comportamento nasce dall’esigenza di soddisfare uno


o più dei nostri bisogni (purchè tra loro compatibili).

Per facilitare la analisi dei comportamenti nell’ambito di una


Organizzazione, identifichiamo due tipi di comportamento:
• quello spontaneo
• quello organizzato, di cui fa parte il comportamento
professionale

Il comportamento spontaneo viene messo in atto ogni volta che si


può svolgere una azione che conduce direttamente alla
soddisfazione del bisogno. Esso è tipico del bambino, il quale non
è in grado di rinviare o mediare la soddisfazione del proprio
bisogno; ma riguarda anche l’adulto quando questi è nella
condizione favorevole di non incontrare ostacoli alla
soddisfazione immediata delle proprie esigenze.

Il comportamento organizzato è così definito in quanto, per


giungere a soddisfare il bisogno, è necessario organizzare una
serie di attività il cui fine non coincide direttamente ed
immediatamente con la soddisfazione suddetta; ad es., per
diventare medico oculista dovrò prima ottenere la maturità di
scuola superiore. poi studiare (almeno) 6 anni all’Università e poi
frequentare la scuola di specializzazione in oculistica.

La necessità di organizzare i propri comportamenti passando per


obiettivi intermedi diversi da quello finale di soddisfacimento di
un bisogno richiede un rilevante grado di maturità.

Il comportamento professionale rientra in questa categoria, in


quanto richiede di passare attraverso obiettivi intermedi per
conseguire gli obiettivi originariamente prefissati. Inoltre, spesso o
quasi sempre tali obiettivi intermedi sono fissati dal management
dell’impresa di cui facciamo parte. Ad esempio, il cuoco di un
ristorante dovrà soddisfare le esigenze dei clienti (o, comunque,
del management aziendale) per soddisfare il suo bisogno di
sicurezza legato alla disponibilità di uno stipendio o per soddisfare
un bisogno di stima o di autorealizzazione.

La motivazione

Abbiamo già accennato al concetto di motivazione, indicandola


come uno dei fattori che caratterizzano il comportamento umano.

Per motivazione si intende il desiderio o la volontà di un individuo


di fare qualcosa (una azione) per raggiungere uno scopo che
corrisponde alla soddisfazione di un proprio bisogno.

La soddisfazione dei bisogni


Un individuo può avere più bisogni contemporaneamente; in tal
caso egli tenderà a soddisfare:

• il bisogno più intenso


• bisogni tra loro compatibili

Dato che non tutti i bisogni sono soddisfabili, si può determinare


nell’individuo un senso di frustrazione, al quale egli può reagire
utilizzando diverse modalità che tendono comunque a contenere il
desiderio di soddisfare i bisogni stessi.

Tipologia dei bisogni

I bisogni possono essere classificati in più tipi, in relazione ad


alcuni aspetti che li caratterizzano.

Una famosa classificazione si deve a Maslow, il quale raggruppa i


bisogni secondo la scala gerarchica qui di seguito rappresentata:
Il significato della scala gerarchica consiste principalmente nel
fatto che, secondo la teoria di Maslow, si tende a soddisfare prima
i bisogni del livello gerarchico più basso e poi quelli superiori.

Nell’ambito di una Organizzazione, la retribuzione e la sicurezza


del lavoro sono fattori riconducibili principalmente alla
soddisfazione di bisogni primari fisiologici e di sicurezza; mentre
le relazioni interpersonali ed organizzative possono collegarsi a
bisogni sociali e di appartenenza. Il riconoscimento di status e/o
di successo sociale (anche attraverso la carriera e la retribuzione)
rispondono a bisogni di stima. Il potere decisionale ed il livello e
tipo delle prestazioni professionali sono invece più riconducibili a
bisogni di autorealizzazione.

Tutto ciò tende a spiegare come, anche attraverso il lavoro, cioè


attraverso il comportamento professionale l’individuo cerchi,
almeno in parte, di soddisfare i propri bisogni.

Uno degli obiettivi di coloro che si occupano della gestione delle


risorse umane nell’impresa - al fine di ottenere comportamento
collaborativo e motivazione al lavoro da parte del personale - è
perciò quello di cercare di soddisfare i bisogni individuali,
tentando anche di conciliarli con quelli dell’Organizzazione.

Questo spetta, prima di tutti, ai responsabili delle Unità in cui il


personale opera e poi anche a coloro che svolgono ruoli di staff o
di consulenza esterna o interna nel campo della gestione del
personale.

E’ evidente che ove tale obiettivo non venisse raggiunto si


verrebbe a creare facilmente un “clima” lavorativo sfavorevole,
con ripercussioni negative per la stessa azienda.
Il primo passo per conseguire l’obiettivo suddetto è quello di
cercare di individuare i bisogni dei singoli collaboratori ed anche i
bisogni collettivi.
Il problema è reso complesso dal fatto che le esigenze possono
variare notevolmente da individuo a individuo e che i bisogni di
una persona possono anche variare nel tempo.

Alcune persone possono avere più bisogni di sicurezza e sociali


(ad esempio, avere una guida sul lavoro o relazionare con gli altri
o sentirsi accettati dagli altri). Altre persone possono invece
desiderare una maggiore autonomia per poter dimostrare le proprie
capacità (bisogni di stima e/o di autorealizzazione).

I modelli di gestione delle risorse umane

Gestire il personale significa, principalmente guidarne i


comportamenti professionali verso uno o più obiettivi aziendali.

Questa è una responsabilità, prima di tutti, di coloro che


all’interno di una Organizzazione ricoprono un ruolo di “capo” di
una Unità organizzativa o di un gruppo di risorse umane. Si
esprime, quindi, sia a livello di vertice dell’impresa, sia ai livelli
più bassi della struttura organizzativa.

I “consulenti” interni o esterni hanno invece il compito di


facilitare e rendere efficace la gestione del personale, svolgendo
ruoli di regolazione dei processi di gestione e di assistenza ai
Responsabili delle risorse umane.

La capacità di gestire le risorse umane viene individuata con il


termine anglosassone di “leadership”; e colui che esprime ed
esercita la leadership è identificato come “il leader”.

Si è già affrontato il tema della leadership, in una ottica di analisi


delle capacità che deve possedere chiunque si trovi a guidare un
gruppo di risorse umane.
Qui faremo un esame delle teorie sulla leadership, per cercare di
identificare criteri e parametri cui possa fare riferimento colui che
venga chiamato a esprimere una propria leadership o colui che
debba svolgere, al riguardo, un ruolo di consulenza qualificata.

Teorie “innatiste”

Secondo queste teorie “leader si nasce”, per cui tale capacità è


impressa nelle caratteristiche innate dell’individuo.

Se è vero che sono riconoscibili in persone dotate di elevata


leadership alcune caratteristiche comuni, è anche vero che, da un
lato, non è dimostrabile che tali caratteristiche non siano anche il
risultato di esperienze e di influenze culturali e, d’altro lato, non
risulta tale insieme di caratteristiche sufficiente a garantire il
successo del leader in ogni situazione.

Gli studiosi più moderni hanno abbandonato tali teorie.

Teorie comportamentistiche

Le teorie comportamentistiche - particolarmente sviluppate negli


anni ‘60 - hanno avuto la più nota ed importante elaborazione da
parte di D. Mc Gregor.

Secondo le tesi di Mc. Gregor (teorie x e y), le strategie di


leadership sono influenzate da aspetti legati alla natura umana dei
soggetti da guidare.

Mc Gregor, in estrema sintesi, classifica e prende a riferimento


due tipi di individui:

• quelli rientranti nella teoria x, caratterizzati dall’essere poco


inclini al lavoro ed all’assunzione di responsabilità, i quali
perciò devono essere obbligati da regole, controllati e guidati
strettamente;
• quelli rientranti nella teoria y, i quali vivono il lavoro in modo
naturale, accettano le responsabilità ed hanno capacità di
affrontare i problemi del lavoro con adeguata autonomia e
perciò richiedono un tipo di leadership caratterizzata da ampia
delega.

Un rilevante contributo alle teorie comportamentiste lo ha fornito


lo studioso americano Likert, il quale ha individuato e preso a
riferimento quattro tipi di leadership:

• autoritario coercitivo, caratterizzato da accentramento


decisionale del leader e da azioni coercitive finalizzate
all’ottenimento delle prestazioni di lavoro da parte dei
collaboratori;
• autoritario benevolo, che si discosta dal precedente per una
maggiore delega negli aspetti più applicativi del lavoro;
• consultivo, in cui il manager si riserva le decisioni più
importanti e chiede il contributo dei collaboratori, delega alcune
decisioni minori e si riserva il controllo delle attività;
• partecipativo, caratterizzato da un ampio decentramento delle
decisioni, sulla base di una reciproca fiducia tra capo e
collaboratori, e da un esercizio del controllo da parte di tutti.

Secondo studi e ricerche condotte da un gruppo di ricercatori


guidati da Likert, il quarto tipo è statisticamente più praticato nelle
Organizzazioni di successo.

Teorie relativistiche o situazionali

Per lo più, gli studiosi moderni affermano che non esiste uno stile
di guida che sia valido sempre e comunque più di altri. Si
affermano, cioè, teorie secondo le quali è più efficace scegliere lo
stile di leadership in funzione di elementi che caratterizzano la
situazione in cui la guida deve essere esercitata (tipo di
collaboratori, obiettivi, tipo di Organizzazione, ecc.).

Le teorie relativistiche più seguite sono:


2.la teoria del continuum di Tannenbaum e Schimdt
3.la teoria delle fasi di Hersey e Blanchard, conosciuta anche
come “teoria della leadership situazionale”

Secondo la prima teoria, i capi possono scegliere tra diverse


modalità di comportamento, all’interno di una scala continua: la
scelta dipenderà, di volta in volta, da una serie di fattori:
• riferiti al capo stesso e riguardanti il suo sistema di valori, la sua
tendenza ad avere fiducia nei collaboratori, la sua propensione
ad adottare una modalità di leadership, il suo senso di sicurezza;
• riferiti ai collaboratori e riguardanti prevalentemente il loro
bisogno di indipendenza o di responsabilizzazione, le loro
aspettative di partecipazione alle decisioni;
• riferiti alla situazione esterna ai soggetti protagonisti e
riguardanti prevalentemente le caratteristiche
dell’Organizzazione e quelle del problema da affrontare.

I leader efficace è colui che ottiene una buona percentuale di


successi nel valutare ed applicare di volta in volta il
comportamento più adatto alla situazione.

La figura seguente sintetizza la teoria del continuum:


leadership imperniata sui subordinati

leadership imperniata sul capo

cc campo di intervento del manager

il manager il manager il manager il manager il manager


prende da solo espone le sue presenta la presenta definisce
le decisioni e idee e sollecita decisione il problema, limiti generali
le annuncia ai domande e provvisoria, sollecita e consente ai
subordinati risposte suscettibile proposte e subordinati di
di modifica prende la regolarsi a
decisione finale loro discrezione

In particolare, uno stile di leadership “democratico” (lato destro


della figura) risulta applicabile efficacemente a condizione che:
• il leader si senta sicuro e sia disponibile a dare responsabilità ai
collaboratori;
• i dipendenti abbiano esperienza e competenza, nonché un forte
bisogno di indipendenza e di autoaffermazione;
• il leader possa contare sul sostegno dei superiori.
Nella teoria delle fasi (o della leadership situazionale) di Hersey e
Blanchard - che si presenta sostanzialmente come una variante
della precedente - viene dato un forte peso ad alcune
caratteristiche del leader e dei collaboratori ai fini della scelta
dello stile più efficace.

Del leader vengono, in particolare, considerati


• il grado di orientamento alle relazioni
• il grado di orientamento al compito

Dei collaboratori viene considerato fondamentalmente il grado di


maturità, che possiamo definire come la capacità di assumere
responsabilità di esecuzione di compiti impegnativi e di
raggiungere i relativi obiettivi.

La maturità e il risultato di diversi fattori, come l’istruzione e


l’esperienza, i quali devono però essere rapportati al tipo di
compito da realizzare.

Nella teoria situazionale vengono evidenziati, in relazione alle


sopra indicate caratteristiche del leader ed alla maturità dei
collaboratori, quattro diversi stili di leadership:

Direttivo/operativo
Il capo esegue direttamente, oppure decide per conto proprio,
ordina l’esecuzione e controlla strettamente.
Risulta efficace quando il capo ha bassa tendenza alle relazioni e
alta tendenza al compito ed i collaboratori presentano bassa
maturità.

Persuasivo
Il capo esegue direttamente oppure decide da solo e cerca di
convincere i collaboratori della giustezza delle decisioni, prima di
passare alla fase esecutiva; e, comunque, ordina l’esecuzione e ne
controlla strettamente l’andamento.
Risulta efficace quando il capo ha alta tendenza alle relazioni ed al
compito ed i collaboratori presentano maturità medio/bassa.

Partecipativo
Il capo cerca di avere dai collaboratori contributi professionali ai
fini delle decisioni che egli deve assumere, interagisce con loro in
modo non autoritario e lascia loro “spazi” di autonomia.
Risulta efficace quando il capo ha alta tendenza alle relazioni e
bassa tendenza al compito ed i collaboratori presentano maturità
medio/alta.

Delegante
Il capo delega ai collaboratori, in ampia misura, la facoltà di
decidere e di svolgere le attività con autonomia, limitando il
controllo ai risultati di fasi importanti del lavoro.
Risulta efficace quando il capo ha bassa tendenza sia alle relazioni
e sia al compito ed i collaboratori presentano maturità elevata.

La figura seguente sintetizza la teoria della leadership


situazionale:
alto

orientamento
alle relazioni

basso

debole orientamento al compito forte

grado di maturità dei collaboratori

La scelta dello stile di leadership dipenderà dalla capacità del


leader di effettuare una corretta diagnosi dei diversi fattori in
gioco; tra i quali, sia la autoanalisi delle sue tendenze, in termini di
orientamento alle relazioni ed al compito, sia la valutazione della
maturità dei collaboratori. Ma dovranno essere analizzati anche
altri aspetti essenziali che caratterizzano la situazione in cui la
leadership deve essere esercitata, come, ad esempio, il tempo
disponibile per adottare decisioni, le regole interne
all’Organizzazione, il contesto di riferimento dell’impresa, ecc.
In definitiva, possiamo affermare che la leadership efficace deve
essere scelta quale risultato di una attenta analisi e valutazione di
numerosi fattori connessi allo stesso leader, ai suoi collaboratori
ed all’Organizzazione in cui si esercita il ruolo del capo:

Efficacia della leadership = funzione del leader, dei collaboratori,


della situazione organizzativa.

Il consulente interno o esterno all’Organizzazione produttiva ha il


compito di aiutare il management ad analizzare le condizioni in
cui si esercita la leadership, per tutti gli aspetti qui analizzati, e a
trovare la soluzione più efficace.

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