Se il passato è il prologo, allora l’opera primaria di George R.R. Martin – la più innovativa e
formidabile saga fantasy del nostro tempo – necessita di una introduzione ugualmente formidabile. E
alla fine, eccola: Il Mondo del Ghiaccio e del Fuoco.
Questo volume, riccamente illustrato da oltre centosettanta tavole originali a colori, è la storia
completa dei Sette Regni, incentrata sulla vivida ricostruzione delle epiche battaglie, delle brutali
rivalità e delle temerarie ribellioni che hanno condotto agli eventi narrati ne «Le Cronache del
Ghiaccio e del Fuoco» e nella serie HBO «Game of Thrones».
In una collaborazione durata interi anni, George R.R. Martin ha coniugato il proprio lavoro con
quello di Elio M. Garcia Jr. e Linda Antonssen, fondatori del celebre sito web westeros.org, forse le
uniche due persone che di questo mondo fantastico hanno una conoscenza approfondita quanto
quella del suo stesso eccezionale creatore.
Racchiuse in questo testo si sovrappongono conoscenze accumulate, speculazioni accademiche e
leggende popolari tramandate da maestri e septon, negromanti e cantastorie. È una cronaca che si
dipana dal Tempo dell’Alba all’Età degli Eroi, dalla venuta dei primi uomini all’arrivo di Aegon il
Conquistatore, dall’ascesa di Aegon stesso al Trono di Spade fino alla Ribellione di Robert e alla
susseguente caduta di Aerys II Targaryen, il Re Folle, l’evento che ha messo in movimento le lotte «di
oggi» tra Stark, Lannister, Baratheon e Targaryen. Fondamentale opera di sostegno per l’intero,
ipnotico universo concepito da George R.R. Martin, Il Mondo del Ghiaccio e del Fuoco è la prova
provata che la penna è davvero più poderosa di una tempesta di spade.
George R. R. Martin
Elio M. García e Linda Antonsson
IL MONDO DEL GHIACCIO E DEL FUOCO
La storia ufficiale di Westeros e del Trono di Spade
Rhaegar Targaryen e Lord Robert Baratheon si scontrano nella Battaglia del Tridente.
Prefazione
In verità, è detto che ogni edificio viene eretto pietra dopo pietra. Lo stesso vale per la
conoscenza, approfondita e compilata da molti uomini istruiti, ognuno di loro che si erge
sul lavoro di coloro i quali lo hanno preceduto. Ciò che uno non conosce è conosciuto da
un altro, così, continuando a cercare in profondità, ben poco rimane d’incognito. È tempo
quindi che io, maestro Yandel, assuma il mio compito di costruttore, scalpellando ciò che
ho appreso per collocare una pietra in più nel grande bastione della conoscenza il quale,
nel corso dei secoli, è stato eretto sia all’interno che all’esterno dei confini della
Cittadella. Un bastione costruito dalle innumerevoli mani che mi hanno preceduto e che,
nessun dubbio sussista, continuerà a innalzarsi in virtù dell’apporto delle innumerevoli
mani ancora a venire.
Alla mia nascita, anno decimo del regno dell’ultimo re Targaryen, ero null’altro che un
trovatello, abbandonato un mattino in un comparto vuoto del Focolare dello Scriba,
luogo nel quale gli accoliti s’industriano nell’arte delle lettere per coloro che ne hanno
necessità. Quello fu il giorno – uno degli accoliti mi trovò e mi portò dall’arcimaestro
Edgerran, siniscalco in carica per quell’anno – in cui il percorso della mia esistenza venne
stabilito. Edgerran, il cui anello e verga e maschera erano d’argento, osservò il mio viso
urlante e decretò che avrei potuto essere di una qualche utilità. Quando, da ragazzo,
tanto mi venne riferito, interpretai l’evento nel senso che Edgerran aveva avuto
prescienza del mio destino di maestro. Fu solamente molto tempo dopo che venni ad
apprendere dall’arcimaestro Ebrose che Edgerran stava scrivendo un trattato sulla cura
degl’infanti e che desiderava quindi mettere alla prova talune sue teorie.
Ma, per quanto di debole auspicio ciò possa sembrare, il risultato fu che io venni
affidato alle cure di servitori, ricevendo anche occasionale attenzione da parte dei
maestri. Venni educato per essere a mia volta un servitore nelle sale e nelle stanze e nelle
biblioteche, ma, dall’arcimaestro Walgrave, ricevetti il dono delle lettere. In tal guisa
giunsi a conoscere e ad amare la Cittadella e i cavalieri della mente che proteggevano la
sua preziosa saggezza. Non desideravo nulla di più se non diventare a mia volta uno di
loro: leggere di luoghi remoti e di uomini da lungo tempo defunti, studiare le stelle e
misurare lo scorrere delle stagioni.
Tanto io ho fatto. Forgiai il primo anello della mia catena di maestro all’età di tredici
anni, e altri anelli seguirono a esso. Completai la mia catena e prestai il mio giuramento
nell’anno nono del regno di re Robert Baratheon, primo del suo nome, incontrando
susseguentemente la benedizione di poter rimanere alla Cittadella, servendo gli
arcimaestri e aiutandoli in tutte le loro necessità. È stato un grande onore, eppure il mio
desiderio più profondo rimaneva creare una mia opera, un’opera che uomini umili
eppure in grado d’intendere la parola scritta potessero leggere – e leggere alle loro mogli
e ai loro figli–, così da apprendere di cose buone e di cose malvage, giuste e ingiuste,
grandiose e infime, acquisendo maggiore saggezza così come anch’io avevo acquisito
saggezza nel corso del mio apprendimento alla Cittadella. Per cui, ancora una volta,
tornai al lavoro nella mia forgia, fabbricando nuova e rilevante materia basata sul cruciale
lavoro dei maestri da lungo tempo scomparsi che erano venuti prima di me. Ciò che
segue è quindi generato da quel mio desiderio: una storia d’imprese valorose e infami, di
genti note e bizzarre, di terre vicine e lontane.
Aegon il Conquistatore in groppa a Balerion, il Terrore Nero.
Il Mondo del Ghiaccio e del Fuoco
La storia ufficiale di Westeros e del Trono di Spade
La costruzione della Barriera.
Il tempo dell’Alba
Nessuno può affermare di avere conoscenza certa di quando il mondo abbia avuto inizio.
Cionondimeno, questo non ha fermato innumerevoli maestri e uomini istruiti dal
prodigarsi nella ricerca di una risposta. Ha quarantamila anni, il mondo? O ne ha forse
cinquecentomila, o un numero addirittura maggiore? La risposta non si trova scritta in
alcun testo a noi conosciuto, in quanto è per contro noto che nel tempo dell’inizio del
mondo, il Tempo dell’Alba, gli uomini non conoscevano le lettere.
Per converso, possiamo essere certi che il mondo era di gran lunga più primitivo, un
luogo barbarico popolato da tribù che sopravvivevano tramite le risorse della terra, del
tutto prive di qualsiasi conoscenza della lavorazione del metallo o
dell’addomesticamento degli armenti. Il poco che oggi noi sappiamo di quell’epoca è
contenuto nei testi più antichi: le storie scritte dagli andali, dai valyriani e dai ghiscariani,
e addirittura dal remoto popolo della leggendaria Asshai delle Ombre. Purtuttavia, per
quanto antiche fossero quelle razze che conoscevano la scrittura, nessuna di loro si
trovava nemmeno nell’infanzia durante il Tempo dell’Alba. Arduo pertanto discernere la
verità – comparabile a un seme disperso tra residui di fieno – nelle loro ancestrali storie.
Che cosa, quindi, si può dire con certezza riguardo al Tempo dell’Alba? Le terre
orientali ospitavano popoli non civilizzati – tutto il mondo non era civilizzato – in gran
numero. Ma su Westeros, il continente occidentale, dalle Lande dell’Eterno Inverno fino
alle sponde del Mare dell’Estate, esistevano solamente due popoli: i figli della foresta e la
razza delle creature conosciute come i giganti. Poco o nulla si può dire dei giganti al
Tempo dell’Alba: nessuno infatti ha raccolto le loro storie, le loro leggende, i loro
resoconti. Uomini dei Guardiani della notte sostengono che i bruti narrano della incerta,
perigliosa coesistenza dei giganti con i figli della foresta, i quali cacciavano dovunque
decidessero e prendevano qualsiasi cosa volessero. Tutti i resoconti concordano sul fatto
che i giganti fossero creature immani e poderose, ma anche semplici. Resoconti
attendibili da parte di ranger dei Guardiani della notte, tra gli ultimi uomini a vedere
giganti ancora in vita, ribadiscono che costoro erano in realtà coperti da una folta
pelliccia, e non semplicemente uomini di grandi dimensioni come descritti nelle fiabe
infantili. Esistono tracce consistenti di pratiche di sepoltura da parte dei giganti, come
affermato da maestro Kennet nel suo Passaggio dei morti, uno studio dei campi di
sepoltura e dei terreni delle tombe del Nord all’epoca del suo servizio a Grande Inverno,
durante il lungo regno di Cregan Stark. Dall’esame delle ossa trovate nel Nord e quindi
inviate alla Cittadella, taluni maestri giudicano che il più grande dei giganti potesse
raggiungere i quattordici piedi di statura, per quanto altri sostengano che dodici piedi sia
una stima più realistica. Aneddoti di ranger deceduti da lungo tempo, in seguito
trascritti dai maestri della confraternita in nero, concordano sul fatto che i giganti non
costruissero abitazioni né fabbricassero indumenti, né conoscessero utensili o armi più
avanzate se non rami strappati dagli alberi.
I giganti non avevano né re né lord. Non avevano abitazioni se non nelle caverne o
sotto alti alberi, non lavoravano né i metalli né la terra. Essi rimasero creature del Tempo
dell’Alba anche mentre il tempo continuava nel suo scorrere, mentre gli uomini
diventavano più numerosi e le foreste venivano conquistate e abbattute. Ora i giganti
sono estinti perfino nelle più remote plaghe a nord della Barriera, e gli ultimi resoconti
che li riguardano risalgono ormai a oltre cento anni nel passato. Resoconti a loro volta di
dubbia veridicità, adatti a essere narrati attorno ai fuochi degli accampamenti dai ranger
dei Guardiani della notte.
I figli della foresta erano, per molti versi, l’opposto dei giganti. Piccoli come bambini
ma scuri di carnagione e bellissimi d’aspetto, vivevano in un modo che oggi definiremmo
rozzo. Cionondimeno, erano di gran lunga meno barbari dei giganti. Neppure loro
lavoravano il metallo, per contro erano dotati di grande abilità nel lavorare l’ossidiana
(ciò che il popolino chiama vetro di drago, e che i valyriani definivano con una parola il
cui significato è fuoco congelato), dalla quale ricavavano utensili e armi per la caccia. I
figli della foresta non tessevano, ma erano in grado di fabbricare indumenti usando
foglie e corteccia. Avevano inoltre imparato a costruire archi con il pallido legno degli
alberi-diga e trappole di giunco per i volatili, con i quali entrambi i sessi cacciavano.
Gli archivi della Cittadella custodiscono una lettera di maestro Aemon spedita nei primi anni del regno di Aegon V, la
quale riporta del suddetto resoconto da parte di un ranger di nome Redwyn, lettera scritta nei giorni di re Dorren
Stark. Si narra di un viaggio compiuto fino a Capo Lorn e alla Costa Congelata, durante il quale si sostiene che il
ranger e i suoi confratelli abbiano combattuto contro i giganti e commerciato per baratto con i figli della foresta. Nella
sua lettera, Aemon riferisce di aver rinvenuto altri resoconti simili nel corso delle sue ricerche presso gli archivi della
confraternita nel Castello Nero, e di averli ritenuti credibili.
Si dice che i loro canti e la loro musica fossero molto melodiosi, ma di ciò che
cantavano non permane memoria, se non pochi frammenti tramandati fino a noi da
quegli antichi giorni. I Re dell’Inverno, ovverosia le leggende e le genealogie degli Stark di
Grande Inverno, di maestro Childer, contiene parte di una ballata nella quale si narra di
quando Brandon il Costruttore chiese l’aiuto proprio dei figli della foresta per la
costruzione della Barriera. Allo scopo d’incontrarli, Brandon venne condotto in un luogo
segreto, ma sulle prime non poté capire il loro linguaggio, il quale è descritto simile al
fruscio di un torrente sulle pietre, o del vento tra le foglie, o della pioggia sull’acqua.
Come Brandon riuscì alla fine a comprendere il linguaggio dei figli della foresta è a sua
volta una storia nella storia, la quale però non vale la pena di riprendere in questa sede.
Sembra comunque chiaro che detto linguaggio traesse origine, o quantomeno s’ispirasse,
ai suoni che i figli della foresta udivano ogni giorno, preservando molto di quella
bellezza.
Un gigante.
Gli dèi adorati dai figli della foresta erano gli dèi senza nome che un giorno sarebbero
stati venerati anche dai primi uomini, le innumerevoli deità dei torrenti e delle foreste e
delle rocce. Furono i figli della foresta a scolpire i volti nei tronchi degli alberi-diga, forse
allo scopo di dare occhi ai loro dèi, in modo che potessero osservare i loro devoti nel
corso delle orazioni. Alcuni, sulla base però di scarse prove, affermano che gli esseri
verdi – i saggi dei figli della foresta – attraverso gli occhi dei volti scolpiti negli alberi-
diga fossero in grado di vedere. Ipotetica prova di ciò è che siano stati gli stessi primi
uomini a ritenere che così fosse. Fu infatti la paura provocata in loro dall’idea che gli
alberi-diga li spiassero a spingerli ad abbatterne molti e a distruggerne interi boschi, così
da togliere ai figli della foresta quel punto di forza. Eppure i primi uomini non
possedevano una cultura paragonabile alla nostra, e credevano in cose nelle quali i loro
odierni discendenti non credono affatto. Si consideri solo Sposa del Mare, trattasi di un
resoconto della storia di Porto Bianco fino dai Primi Giorni, di maestro Yorrick, tomo in cui si
parla di sacrifici umani quali riti agli antichi dèi. Secondo i resoconti dei predecessori di
maestro Yorrick a Porto Bianco, detti sacrifici sono proseguiti fino a soli cinque secoli fa.
Il che non significa affatto che gli esseri verdi dei figli della foresta non conoscessero le
arti perdute proprie degli alti misteri, quali vedere eventi a grande distanza e comunicare
con il lato opposto del reame (cose che facevano anche i valyriani, i quali vennero molto
dopo di loro). Forse però, alcune delle capacità degli esseri verdi hanno a che fare più con
sciocchi aneddoti che con la verità. Gli esseri verdi non erano affatto in grado di mutare
la propria forma in quella di animali, a differenza di quanto alcuni sostengono; sembra,
per contro, che riuscissero a comunicare con loro in modi che noi oggidì non possiamo
eguagliare. Da ciò quindi proviene la leggenda dei mutaforma o metamorfi.
In verità, molte sono le leggende riguardanti i metamorfi, ma quella riportata più di
frequente da oltre la Barriera per voce degli uomini dei Guardiani della notte – e
susseguentemente annotata dai septon e dai maestri nel corso dei secoli passati –
conferma che essi non si limitavano a comunicare con gli animali, ma erano anche in
grado di controllarli mescolando il proprio spirito con i loro. Perfino dai bruti detti
metamorfi erano considerati uomini contro natura, capaci di fare degli animali i loro
alleati. In taluni resoconti si parla di metamorfi che finiscono risucchiati dai loro stessi
animali, in altri si suggerisce che gli animali controllati dai metamorfi potevano parlare
con voci umane. Tutte le storie però concordano su un punto: esistevano uomini in grado
di controllare i lupi – a volte addirittura i meta-lupi – e, tra i bruti, detti uomini avevano
un preciso appellativo: «warg». Le leggende narrano inoltre che gli esseri verdi erano in
grado di scrutare nel passato e di vedere il futuro più remoto. Per contro, stando a tutto
quello che abbiamo appreso, gli alti misteri che sostengono il suddetto potere
sostengono anche che le loro visioni di eventi non ancora accaduti erano incerte e spesso
ingannevoli – cosa, questa, utile a dirsi quando si tenta di frodare gl’ignari in materia di
divinazione. Pur avendo, i figli della foresta, arti loro proprie, sempre la verità deve
essere separata dalla superstizione, così come la conoscenza deve essere verificata e
accertata. Gli alti misteri, le arti magiche, si trovavano, e tuttora si trovano, oltre il confine
della capacità d’indagine di noi mortali.
In materia, e per quanto ai giorni nostri sia considerato un testo spregevole, un frammento della Storia innaturale di
septon Barth si è comunque rivelato fonte di controversia nelle sale della stessa Cittadella. Affermando di avere
consultato testi si suppone conservati al Castello Nero, septon Barth sostiene che i figli della foresta erano in grado
sia di parlare con i corvi sia d’indurli a ripetere le loro parole. Secondo Barth, questo alto mistero venne insegnato ai
primi uomini dagli stessi figli della foresta, in modo che i corvi potessero essere latori di messaggi a grande distanza.
Talento che venne poi tramandato, in forma “attenuata”, fino ai maestri del giorno d’oggi, i quali non sono più in grado
di parlare con i volatili. È pur vero che il nostro ordine comprende il linguaggio dei corvi... ma ciò è limitato ai basilari
significati del loro gracchiare e gorgogliare, ai loro segnali di paura e di rabbia, ai comportamenti attraverso i quali
comunicano di essere pronti ad accoppiarsi o di avere perduto la salute. I corvi sono tra gli uccelli più abili che
esistano, non sono però – a dispetto di quanto septon Barth vorrebbe far credere – dotati d’intelligenza superiore a
quella dei bimbi in tenera età, e sono considerevolmente meno capaci per quanto concerne il linguaggio vero e
proprio. Una minoranza di maestri, devoti al loro anello d’acciaio di Valyria, ha argomentato che Barth sostiene il
vero. Nessuno però è stato in grado di fornire una controprova riguardo al dialogo tra uomini e corvi.
In ogni caso, a dispetto di quanta veridicità possa essere esistita nelle loro arti, i figli
della foresta erano guidati dai loro esseri verdi, e nessun dubbio può sussistere sul fatto
che un tempo essi erano diffusi dalle Lande dell’Eterno Inverno fino alle coste del Mare
dell’Estate. Le loro dimore erano di semplice concezione, né costruivano fortilizi, castelli
o città. Risiedevano, al contrario, in foreste, acquitrini, paludi e terre basse, a volte
addirittura in caverne e in alture cave. Si dice che, nei boschi, essi erigessero ripari fatti di
foglie e di vimini tra i rami di segrete “città” sugli alberi.
Per lungo tempo si è ritenuto che detti insediamenti fossero concepiti come difesa da
meta-lupi e pantere-ombra, predatori contro i quali le loro semplici armi fatte di selce – e
così i loro osannati esseri verdi – non potevano molto. Da altre fonti, però, ciò è messo in
discussione, laddove si asserisce che la più grande minaccia ai figli della foresta fossero i
giganti. Cosa, questa, suggerita da talune storie narrate nel Nord, e in parte comprovata
da maestro Kennet in un suo esame di certe tombe presso Lago Lungo, terreno di
sepoltura di giganti nel quale, tra le ossa di casse toraciche, sono state rinvenute punte di
ossidiana. Ciò fa tornare alla mente la trascrizione di un canto dei bruti presente in Storia
dei Re-oltre-la-Barriera di maestro Herryk, canto che parla dei fratelli Gendel e Gorne. Essi
vennero convocati quali negoziatori nella risoluzione di una disputa per il possesso di
una caverna tra un clan di figli della foresta e una famiglia di giganti. Gendel e Gorne, si
dice, riuscirono infine a risolvere la controversia attraverso l’inganno, inducendo
entrambe le parti ad abbandonare l’idea di occupare quella caverna. I due fratelli
avevano infatti scoperto che detta caverna faceva parte di un sistema sotterraneo ben più
vasto il quale finiva per svilupparsi addirittura sotto la Barriera. Considerando però che i
bruti non avevano conoscenza della parola scritta, tutte le loro tradizioni devono essere
osservate con occhio prevenuto.
Purtroppo, alle belve delle foreste e ai giganti andarono alla fine a unirsi nuovi, ben
maggiori, pericoli.
Un figlio della foresta.
Sussiste la possibilità che una terza razza abbia abitato i Sette Regni al Tempo dell’Alba, anche se ipotetica al punto
da essere ivi affrontata solo brevemente. Tra gli uomini di ferro, si dice che i primi dei primi uomini ad arrivare sulle
Isole di Ferro trovarono in effetti il celebre Trono del Mare a Vecchia Wyk, ma scoprirono anche che tutte le isole
erano disabitate. Dovesse quanto sopra rispondere a verità, la natura e le origini di coloro i quali costruirono quel
trono rimangono un enigma. In Canti degli Uomini Annegati, compendio di leggende degli uomini di ferro, maestro
Kirth suggerisce che il trono venne lasciato da visitatori provenienti dall’altro lato del Mare del Tramonto. Non v’è per
contro alcuna prova, trattasi di mera ipotesi.
L’avvento dei primi uomini
Stando ai più rispettati resoconti della Cittadella, tra ottomila e dodicimila anni fa, nelle
zone più meridionali di Westeros, un nuovo popolo percorse la striscia di terra che,
all’epoca, si stendeva attraverso il Mare Stretto, connettendo le terre orientali con quella
abitata dai figli della foresta e dai giganti. Fu qui che i primi uomini raggiunsero Dorne
attraverso il Braccio Spezzato, il quale, all’epoca, spezzato ancora non era.
Che cosa abbia spinto questo popolo a lasciare la sua terra d’origine non è dato in
alcun modo sapere, ma quando essi vennero a Westeros, vennero in forze. A migliaia
migrarono, iniziando a colonizzare le terre occidentali e, con il passare delle decadi,
continuarono a spingersi sempre più a nord. Scarsa attendibilità va attribuita agli
aneddoti risalenti ai giorni di quelle migrazioni, in cui viene suggerito che, nel giro di
pochi anni, i primi uomini avevano superato l’Incollatura raggiungendo il Nord. Mentre,
in verità, ciò avrebbe richiesto interi decenni, se non addirittura secoli, per verificarsi.
Tuttavia, ciò che in tutti i resoconti appare veritiero è che i primi uomini si ritrovarono
presto in guerra contro i figli della foresta. A differenza di questi ultimi, essi coltivavano
la terra ed erigevano fortificazioni e villaggi. Per questo abbattevano gli alberi-diga,
inclusi quelli sui quali erano scolpiti i volti, e per questo i figli della foresta li attaccarono,
dando inizio così a una guerra durata secoli. I primi uomini – che con loro avevano
portato strani dèi, cavalli, bestiame e armi di bronzo – erano fisicamente più alti e più
forti dei figli della foresta, e rappresentavano quindi una significativa minaccia.
Un albero-diga scolpito.
Tra i figli della foresta, coloro i quali erano cacciatori – i loro danzatori degli alberi –
divennero così guerrieri. Ma, a dispetto di tutte le loro segrete arti di alberi e foglie,
riuscirono solamente a rallentare l’avanzata dei primi uomini. Gli esseri verdi
impiegarono quindi le loro, di arti. I resoconti narrano degli animali delle foreste, delle
paludi e dell’aria lanciati in combattimenti in loro vece: meta-lupi e mostruosi orsi del
gelo, leoni delle caverne e aquile, mammuth e serpenti, e anche altre belve. I primi
uomini tuttavia si rivelarono troppo potenti, per cui si dice che i figli della foresta
vennero spinti a compiere un gesto disperato.
Secondo la leggenda, il gigantesco diluvio che portò alla frattura dell’istmo di terra
oggi noto come Braccio Spezzato fu opera degli esseri verdi, i quali si sarebbero radunati
nel luogo ora chiamato Moat Cailin, per quanto oggidì siano in molti a contestare siffatta
affermazione. Dopotutto, i primi uomini si trovavano già a Westeros quando ciò accadde,
e contrastarne l’avanzata da est non avrebbe sortito alcun effetto se non rallentarne il
cammino. E a maggior ragione considerando che un potere così immenso va ben oltre ciò
di cui si diceva gli esseri verdi fossero capaci... e perfino quei resoconti sono
un’esagerazione. È in effetti più concepibile che la frattura del Braccio sia stata causata da
un evento naturale, probabilmente provocato da un grande tremore della terra o da un
naturale sprofondamento. Ben noto è ciò che accadde a Valyria, mentre nelle Isole di
Ferro il castello di Pyke si trova su un vertice di pietra che un tempo faceva parte di una
più vasta isola, prima che sezioni di essa crollassero nell’oceano.
Quale che sia la verità, per difendere la loro vita i figli della foresta lottarono
altrettanto ferocemente quanto i primi uomini. Inesorabilmente, la guerra si protrasse da
una generazione all’altra, fino a quando i figli della foresta finalmente compresero che
mai ne sarebbero usciti vincitori. I primi uomini, forse a loro volta stanchi della guerra,
volevano parimenti porre fine ai combattimenti. Di entrambe le razze furono così i più
saggi a prevalere. Eroi e capi da ambo le parti s’incontrarono sull’isola al centro del lago
conosciuto come Occhio degli Dèi per stipulare un Patto. Cedendo tutte le terre di
Westeros, eccezion fatta per le foreste più profonde, dai primi uomini i figli ottennero la
promessa che gli alberi-diga non sarebbero più stati abbattuti. Volti vennero scolpiti in
tutti gli alberi-diga presenti sull’isola sulla quale venne forgiato il Patto, affinché gli dèi
stessi fossero testimoni del Patto medesimo, all’indomani del quale venne creato l’ordine
degli uomini verdi, il cui compito era occuparsi degli alberi-diga e proteggere l’isola, che
da quel giorno è conosciuta come Isola dei Volti.
Il Patto segna l’approssimarsi della conclusione del Tempo dell’Alba del mondo, al
quale seguì l’Età degli Eroi.
Non è chiaro se uomini verdi a tutt’oggi sopravvivano sull’Isola dei Volti, per quanto permangano occasionali aneddoti
su giovani, stolti lord dei fiumi i quali, a bordo delle loro imbarcazioni, riescono a catturare fugaci visioni degli uomini
verdi stessi, questo prima che venti improvvisi e stormi di corvi costringano nuovamente a distanza quelle
imbarcazioni. Secondo le fiabe infantili, gli uomini verdi hanno corna e pelle verde scuro. Ma trattasi di una
distorsione di una più realistica verità: che essi indossano abiti di colore verde e copricapi dotati di protuberanze
simili a corna.
I figli della foresta stringono il Patto con i primi uomini.
L’età degli Eroi
L’Età degli Eroi si protrasse per migliaia di anni, periodo durante il quale regni ascesero e
caddero, nobili casate vennero fondate per poi estinguersi, grandi imprese vennero
compiute. Eppure, ciò che noi davvero sappiamo di quell’epoca remota è ben poco di più
di quanto sappiamo del Tempo dell’Alba. Le storie dei nostri giorni sono le opere di
septon e maestri, opere scritte migliaia di anni dopo i fatti in esse narrati. Ciononostante,
a differenza dei figli della foresta e dei giganti, i primi uomini di questa Età degli Eroi
hanno lasciato dietro di sé rovine e antichi castelli che possono corroborare, almeno in
parte, le antiche leggende. Inoltre, nei terreni di sepoltura e anche in altri luoghi,
permangono tuttora monumenti di pietra istoriati delle loro rune. È dallo studio di
siffatti resti che noi possiamo in qualche modo risalire alla verità oltre la leggenda.
È comunemente accettato che l’Età degli Eroi ebbe inizio con il Patto, continuando poi
per migliaia di anni nel corso dei quali i primi uomini vissero in pace fianco a fianco con i
figli della foresta. Tale era la vastità della terra a loro ceduta, che i primi uomini ebbero
finalmente spazio per espandersi. Dalle Lande dell’Eterno Inverno fino alle sponde del
Mare dell’Estate, essi dominarono dai loro fortilizi. Re minori e potenti lord
proliferarono, ma, con il trascorrere del tempo, alcuni di loro si rivelarono più potenti
degli altri. Furono questi potenti lord a forgiare i semi dei regni che sono gli antesignani
dei Sette Regni che conosciamo oggi. I nomi dei re di questi regni primevi si perdono
nella leggenda, e le storie secondo le quali i loro singoli dominii sono durati per centinaia
di anni devono essere intese come fantasie ed errori introdotti da altri in epoche
successive.
Nomi quali Brandon il Costruttore, Garth Manoverde, Lann l’Astuto, Durran Pena
degli Dèi, ser Artys Arryn rimangono nomi con i quali continuare a confrontarsi. Per
converso, è ipotizzabile che siano legati più alla leggenda che non alla realtà. Altrove nel
presente scritto, m’industrierò a separare il seme dalla paglia, ma per il momento
bastevole sia la menzione della leggenda. E al fianco dei re della leggenda e delle
centinaia di regni dai quali i Sette Regni in seguito originarono, le storie di personaggi
quali Symeon Occhi-di-stelle, Serwyn dallo Scudo a Specchio e altri eroi sono divenute
materia sia per septon che per menestrelli.
Sono davvero esistiti, un tempo, questi eroi? Può essere. Ma nel momento in cui i
cantastorie annoverano Serwyn dallo Scudo a Specchio tra i membri della Guardia reale –
un’istituzione che venne creata solamente nel corso del regno di Aegon il Conquistatore
–, ebbene quello è anche il momento in cui ci rendiamo conto del perché a ben pochi di
quegli aneddoti si può dare credito. I septon che per primi ne scrissero presero i dettagli
che ritennero più opportuni, ne aggiunsero altri, e il tutto fu poi ulteriormente
modificato – a volte per intero – dai menestrelli, e ciò al solo scopo di ottenere un luogo
caldo all’interno della sala di un qualche lord. È in questo modo che un primo uomo da
lunghissimo tempo estinto divenne un cavaliere devoto ai Sette Dèi e dedito alla difesa
dei re Targaryen migliaia di anni dopo essere vissuto (se è davvero mai vissuto).
Quanto alle moltitudini di ragazzi e di giovani resi ignoranti della vera storia di
Westeros a causa di stolidi racconti, ebbene queste neppure possono essere enumerate.
È opportuno ricordare che, quando si nominano questi leggendari fondatori di regni, si parla meramente di certi
antichi dominii – con al centro generalmente un alto scranno, come Castel Granito o Grande Inverno –, i quali, nel
corso del tempo, arrivarono a stringere nel pugno sempre più terre e sempre più potere. Ammesso e non concesso
che Garth Manoverde abbia mai effettivamente dominato ciò che lui asseriva essere il Regno dell’Altopiano, rimane
dubbio se la suddetta asserzione implicasse distanze di poco superiori a due settimane di cavallo dalla sede del suo
trono. Per contro, è proprio da siffatti piccoli regni che emersero i ben più poderosi regni che arrivarono poi a
dominare Westeros nei millenni a venire.
Mentre i primi uomini consolidavano i loro regni nel corso dell’epoca successiva al Patto,
ben poco d’altro li impensieriva se non preservare i loro feudi e fare guerra, o perlomeno
è questo che ci tramandano le storiografie. È parimenti da queste stesse storiografie che
apprendiamo della Lunga Notte, dell’instaurarsi di una stagione invernale che perdurò
per un’intera generazione. Una generazione durante la quale bambini nacquero,
raggiunsero l’età adulta e, in taluni casi, morirono senza neppure avere mai visto la
primavera. Di più, secondo certe storie narrate dalle donne in età avanzata, neppure la
luce del giorno risultava visibile, a tal punto era assoluto l’inverno che si abbatté sul
mondo. Per quanto quest’ultimo aspetto possa essere null’altro che una fantasia, il fatto
che migliaia di anni fa un qualche cataclisma abbia avuto luogo rimane una certezza. Nel
suo Meraviglie erette dall’Uomo, Lomas Passolungo narra di aver incontrato, tra le rovine
di Chroyane, città delle feste, discendenti del popolo rhoynar, i quali raccontavano di una
tenebra che fece ritirare e, alla fine, addirittura svanire perfino il grande fiume Rhoyne, le
sue acque congelate verso sud fino alla confluenza con il Selhoru. Stando a questi
aneddoti, il ritorno del sole avvenne solamente dopo che un eroe riuscì a convincere
molti dei figli della Madre Rhoyne – tra essi deità minori quali il Re Granchio e il Vecchio
del Fiume – ad accantonare i loro litigi e a unirsi per levare un canto segreto che riportò
la luce del giorno.
Di siffatta tenebra è parimenti scritto in taluni annali custoditi nella mitica città di
Asshai delle Ombre, e di un eroe che contro quella tenebra combatté brandendo una
spada di colore rosso. Si dice che le sue imprese siano antecedenti all’ascesa di Valyria,
nell’era primordiale in cui Vecchia Ghis era agli albori della creazione del proprio impero.
Detta leggenda si è sparsa anche a occidente di Asshai, e i seguaci di R’hllor, Signore
della Luce, sostengono che il nome di quell’eroe è Azor Ahai e profetizzano il suo
ritorno. Nel Compendio di Giada, Colloqu Votar riporta una bizzarra leggenda da Yi Ti,
nella quale si asserisce che il sole nascose il proprio volto alla terra per la durata di
un’intera vita umana, a causa della vergogna per qualcosa che nessuno fu mai in grado di
scoprire, e che il disastro venne arginato solamente in virtù delle imprese di una donna
con una coda di scimmia.
Cionondimeno, se questo estremo inverno ha effettivamente avuto luogo, i guasti da
esso arrecati devono essere stati terribili. Durante gl’inverni più duri, è tradizione degli
uomini del Nord che i più vecchi e più infermi tra loro dichiarino di voler uscire per
andare a caccia – ben sapendo che non faranno mai ritorno –, lasciando così una
maggiore quantità di cibo per coloro i quali hanno maggiori possibilità di sopravvivere.
Nessun dubbio che suddetta pratica sia stata in uso anche nel corso della Lunga Notte.
Purtuttavia, esistono anche altri racconti – più ardui da credere ma anche più centrali
nelle antiche storie – che riguardano creature conosciute come gli Estranei. Stando a
questi aneddoti, costoro vennero dalle inaccessibili Lande dell’Eterno Inverno, portando
con sé gelo e tenebra, determinati a estinguere ogni luce e ogni calore. Dette storie
ribadiscono più e più volte come gli Estranei cavalcassero mostruosi ragni di ghiaccio e
destrieri appartenuti a uomini morti, riportati in vita per servirli, proprio come i morti
stessi venivano riportati in vita per combattere in loro vece.
Per quanto lungamente la Cittadella abbia cercato di apprendere un modo per predire la durata delle stagioni e la loro
alternanza, tutti questi sforzi sono risultati vani. Sembrerebbe che il già menzionato septon Barth argomenti, nei
frammenti di un suo trattato, che l’incostanza delle stagioni è una questione di arti magiche piuttosto che di
conoscenza attendibile.
La Misura dei giorni di maestro Nicol – lavoro peraltro lodevole, contenente molte utili nozioni – sembra influenzata
da questa stessa argomentazione. Basandosi sul suo studio del movimento delle stelle nel firmamento, Nicol
sostiene in modo non convincente che le stagioni, un tempo, potrebbero essere state di regolare lunghezza,
determinate unicamente dalla posizione del globo rispetto al sole lungo il suo percorso celeste. Sebbene il concetto
dietro a ciò appaia sufficientemente valido – l’allungarsi e l’accorciarsi delle giornate, se più regolare, avrebbe
condotto a stagioni parimenti più regolari –, Nicol non riesce a addurre prova alcuna che una regolarità sia
effettivamente esistita, se non nelle più ancestrali leggende.
Gli Estranei in groppa a ragni di ghiaccio e cavalli morti, come narrano le leggende.
In quale modo la Lunga Notte si sia alla fine conclusa rimane materia di cui sono fatte
le leggende, così come materia di leggende è tutto ciò che ha a che fare con il lontano
passato. Nel Nord, si narra dell’ultimo degli eroi, il quale si mise in marcia per chiedere
l’intercessione dei figli della foresta, i suoi compagni che uno dopo l’altro lo
abbandonavano, o morivano, confrontando feroci giganti, gelidi servitori e gli stessi
Estranei. Rimasto solo, e a dispetto degli attacchi degli spettri, l’eroe riuscì finalmente a
raggiungere i figli della foresta. In materia, tutte le leggende concordano: fu questo il
momento della svolta. Grazie ai figli della foresta, avvenne l’aggregazione dei primi
uomini dei Guardiani della notte, i quali poi combatterono, e vinsero, la Battaglia
dell’Alba: l’ultima battaglia, lo scontro che spezzò l’inverno senza fine e che costrinse gli
Estranei nuovamente alla ritirata verso il gelido Nord. Ora, trascorsi seimila anni (o forse
ottomila, come sostiene la Storia vera), la Barriera eretta per difendere i reami degli
uomini è tuttora pattugliata dai confratelli giurati dei Guardiani della notte, mentre, da
molti secoli, non c’è più traccia né degli Estranei né dei figli della foresta.
Nel suo Menzogne degli Antichi – per quanto testo poco apprezzato ai giorni nostri a causa di troppe erronee
affermazioni in esso contenute riguardanti le origini di Valyria e talune discendenze dell’Altopiano e delle terre
occidentali – arcimaestro Fomas argomenta che gli Estranei della leggenda altro non erano se non una tribù dei
primi uomini, antenati dei bruti, che era andata a insediarsi nell’estremo Nord. A causa della Lunga Notte, questi bruti
dei primordi vennero quindi costretti a lanciare un’ondata di conquista verso sud. Il fatto che, nelle storie narrate
successivamente, essi siano diventati mostruosi riflette il desiderio dei Guardiani della notte e degli Stark, signori del
Nord, di conferire a se stessi un’aura maggiormente eroica quali salvatori del genere umano, e non meri beneficiari
di una lotta per il potere.
Mentre Westeros si risollevava dalla Lunga Notte, una nuova potenza era in ascesa a
Essos. Questo vasto continente, esteso dal Mare Stretto fino al favoleggiato Mare di Giada
e all’ancora più remota Ulthos, sembrerebbe essere il luogo dal quale le civiltà che
conosciamo traggono la propria origine. La prima di dette civiltà – senza per questo
trascurare le dubbie pretese di Qarth e le leggende di YiTish riguardo al Grande Impero
dell’Alba, nonché le difficoltà di accertare verità attendibili nei resoconti della
leggendaria Asshai delle Ombre –, ebbene, sembra che la prima di queste civiltà trovi le
proprie radici nella Vecchia Ghis: una città eretta sullo schiavismo. Grazdan il Grande,
leggendario fondatore della città, rimane talmente celebrato che spesso agli uomini delle
famiglie schiaviste viene a tutt’oggi dato il suo nome. Stando ai più antichi resoconti
ghiscariani, fu lui a fondare le falangi a ordine di marcia affiancato, con i loro alti scudi e
i tre ordini di picche, i primissimi guerrieri di cui si abbia notizia a combattere secondo
una solida disciplina. Vecchia Ghis e i suoi eserciti partirono così alla conquista delle
terre circumvicine. Dopodiché, continuando la loro espansione, le sottomisero tutte. In
tal modo sorse il primo degl’imperi, il quale per interi secoli regnò incontrastato.
È dalla grande penisola sulla sponda opposta della Baia degli Schiavisti che coloro i
quali posero fine all’impero di Vecchia Ghis – per quanto non a tutto ciò che all’impero
stesso atteneva – traggono la loro origine. Colà celati, tra le grandi montagne vulcaniche
conosciute come le Quattordici Fiamme, erano i valyriani, i quali impararono a dominare
i draghi, tramutandoli nella più micidiale macchina da guerra che il mondo abbia mai
conosciuto. Nei resoconti, i valyriani stessi asserivano di discendere dai draghi, nonché di
essere carne e sangue dei draghi medesimi che ora dominavano.
Ben nota è la grande avvenenza dei valyriani – con i loro capelli delle più chiare
tonalità dell’argento o dell’oro e i loro occhi dalla sfumatura violetta, tinte non riscontrate
in nessun altro popolo al mondo –, un’avvenenza portata spesso a riprova del fatto che il
loro sangue non è interamente identico a quello degli altri uomini. Cionondimeno,
svariati maestri osservano che i risultati desiderati riguardo alle caratteristiche di una
certa specie sono ottenibili tramite opportuni incroci in campo animale. Pertanto, anche
una popolazione in sostanziale isolamento spesso può mostrare variazioni fisiognomiche
tutt’altro che indifferenti rispetto ai canoni considerati comuni. Può quindi essere questa
la risposta più verosimile per chiarire il mistero delle origini dei valyriani, per quanto
non spieghi la chiara affinità con i draghi. I valyriani non avevano re, e chiamarono, per
contro, il loro dominio Libera Fortezza, in quanto ogni singolo cittadino con
possedimenti terrieri poteva far udire la propria voce. Arconti venivano nominati allo
scopo di facilitare il comando, ma erano essi stessi liberi lord terrieri eletti da loro pari, e
rimanevano in carica solo per un tempo limitato. A Valyria, era evento raro, ma non del
tutto sconosciuto, che una singola famiglia detenesse il potere.
In taluni frammenti del suo Storia innaturale, septon Barth sembra prendere in considerazione svariate leggende che
esaminano le origini dei draghi e il modo in cui essi finirono sotto il controllo dei valyriani. Gli stessi valyriani
asserivano che i draghi erano figli delle Quattordici Fiamme, mentre a Qarth i resoconti concordano nell’affermare
che, un tempo, nel cielo esistesse una seconda luna. Un giorno, questa luna venne resa incandescente dal sole,
spezzandosi come un uovo e riversando nel cielo draghi a milioni. Ad Asshai delle Ombre, molteplici e contradditorie
sono per contro le storie, mentre certuni testi – d’insondabile vetustà – ribadiscono che tutti i draghi provengono
dall’Ombra, luogo in cui ogni nostra conoscenza perde qualsiasi significato. Stando a siffatte storie, fu un popolo
antico al punto da non avere nome a domare per primo i draghi, portandoli quindi a Valyria e insegnando ai valyriani la
sua arte prima di svanire dagli annali.
Eppure, se davvero i primi a domare i draghi sono stati gli uomini venuti dall’Ombra, per quale motivo non si
diedero alla guerra di conquista come i valyriani? Appare quindi sensato che la storia più verosimile sia proprio quella
dei valyriani. Ma un tempo, come riportano molte delle nostre leggende e delle nostre storiografie, i draghi esistevano
anche a Westeros, e questo ben prima dell’arrivo dei Targaryen. Il fatto che abbiano in effetti tratto origine dalle
Quattordici Fiamme implicherebbe che essi si siano sparsi su larga parte del mondo conosciuto prima di essere
domati. E di ciò, infatti, esistono prove: ossa di drago sono state rinvenute nell’estremo Nord, a Ib, e perfino nelle
giungle di Sothoryos. Rimane però il fatto che i valyriani furono in grado di dominarli e di sottometterli come nessun
altro.
Le cinque grandi guerre combattute tra la Libera Fortezza e Vecchia Ghis nell’epoca in
cui il mondo era ancora giovane appartengono alla leggenda: ognuna di esse si concluse
con la vittoria dei valyriani sui ghiscariani. Fu nel corso della quinta e ultima guerra che
la Libera Fortezza decise che non ce ne sarebbe stata una sesta. Le ancestrali mura di
mattoni di Vecchia Ghis, erette in origine dallo stesso Grazdan il Grande nei tempi
andati, vennero rase al suolo fino all’ultima pietra. Le colossali piramidi, i templi, le
magioni vennero annientate dal respiro di drago. I campi furono ridotti a desolazioni
disseminate di sale, calce e teschi. Molti ghiscariani vennero sterminati, altri furono
ridotti in schiavitù, finché trovarono una morte di stenti sotto il giogo dei loro
conquistatori. Così i ghiscariani divennero solamente un’altra parte del nuovo impero
valyriano. Nel tempo, dimenticarono perfino la lingua parlata da Grazdan, apprendendo
in sua vece l’alto valyriano. È questo il modo in cui imperi cadono e altri imperi
ascendono.
Quantomeno una cosa deplorevole dei ghiscariani i valyriani fecero propria: lo
schiavismo. Quegli stessi ghiscariani che avevano conquistato furono così i primi a venire
ridotti in schiavitù, ma di certo non gli ultimi. Le viscere incandescenti delle Quattordici
Fiamme, montagne di fuoco, erano ricche di minerali grezzi che i valyriani bramavano:
rame e stagno per il bronzo delle loro armi e dei loro monumenti, in seguito ferro per
l’acciaio delle loro lame leggendarie e, sempre, oro e argento per pagare tutto questo.
Nessuno può dire in quanti perirono nelle miniere di Valyria, ma trattasi di un numero
talmente vasto da far quasi vacillare la mente. Quanto più Valyria si espandeva, tanto più
la sua fame di minerali cresceva, il che condusse a ulteriori conquiste affinché
l’approvvigionamento di schiavi da inviare alle miniere non venisse mai meno. I valyriani
si allargarono in tutte le direzioni, spingendosi a est ben oltre le città ghiscariane e a
ovest fino alle sponde del continente di Essos, ove nemmeno i ghiscariani erano arrivati a
costruire strade. Fu proprio questa prima spinta espansiva del nuovo impero a rivelarsi di
estrema importanza sia per Westeros sia per i futuri Sette Regni. Mentre Valyria era
determinata a conquistare un numero sempre maggiore di terre e di popoli, molti di
questi ultimi fuggirono per salvarsi, ritirandosi di fronte alla marea montante dei
valyriani. I quali valyriani fondarono città sulle coste di Essos, quelle città che oggi noi
conosciamo come città libere. Quanto mai diverse sono le loro origini.
Ciò che oggidì rimane dell’un tempo orgoglioso impero di Vecchia Ghis è una miserabile reliquia – poche città
aggrappate come piaghe alla Baia degli Schiavisti – le quali pretendono però di rappresentare il risorgere di Vecchia
Ghis. Dopo che il Disastro si abbatté su Valyria, infatti, le città sulla Baia degli Schiavisti riuscirono a liberarsi di ciò
che rimaneva del giogo valyriano, riacquistando una reale autonomia. I ghiscariani superstiti riesumarono il
commercio degli schiavi – con la differenza che ora acquistavano e allevavano coloro i quali un tempo avevano fatto
propri per conquista.
«Mattoni e sangue hanno eretto Astapor, mattoni e sangue sono la sua gente» recita un antico adagio, riferendosi
alle mura di mattoni rossi della città, e al sangue versato da migliaia di schiavi che vissero, forzatamente lavorarono
e infine perirono per costruirle. Dominata da uomini che si definivano Buoni Padroni, ciò che rende maggiormente
famosa Astapor è la creazione di soldati eunuchi chiamati gli Immacolati, uomini addestrati fin dalla fanciullezza a
essere guerrieri che non provano alcuna paura e alcun dolore. Gli astaporiani sostengono che gli Immacolati
costituiscono il risorgere delle legioni dell’antico Impero. Ma quei guerrieri erano liberi, cosa che gli Immacolati non
sono. Ben poco è necessario dire di Yunkai, la città gialla, se non che si tratta del più ripugnante dei luoghi. Gli uomini
al potere, che chiamano se stessi Saggi Padroni, sono corrotti fino al midollo, sempre i primi a vendere schiavi da
letto, prostituti bambini e addirittura di peggio. La più poderosa delle città sulla Baia degli Schiavisti è l’antica
Meereen, sebbene, proprio come tutti i luoghi poc’anzi menzionati, sia anch’essa in piena decadenza, la sua
popolazione ridotta a una frazione di quanto non fosse ai giorni dell’antico Impero. Le sue mura composte da mattoni
multicolori racchiudono sofferenze senza fine. Per il loro depravato piacere, i Grandi Padroni di Meereen addestrano
schiavi destinati a scontrarsi fino alla morte al fondo di sanguinose e sanguinarie fosse da combattimento.
È risaputo che tutte e tre queste città schiaviste, piuttosto che affrontare in battaglia i khalasar dothraki di
passaggio, pagano a essi tributi. I dothraki, per contro, forniscono loro schiavi catturati nel corso delle razzie, schiavi
che poi i ghiscariani addestrano e rivendono nei mercati di carne umana di Meereen, Yunkai e Astapor. La più vitale
delle città ghiscariane è anche la più piccola e la più recente, aspirando cionondimeno alla grandezza: Nuova Ghis,
lasciata a se stessa sulla sua isola. Là, i suoi padroni hanno formato legioni di ferro a immagine e memento delle
falangi dell’antico Impero ma, a differenza degli Immacolati, questi legionari sono uomini liberi, come lo erano i soldati
dell’antico Impero.
La caduta di Vecchia Ghis.
Gli eredi di Valyria
Ben note sono le proprietà dell’acciaio di Valyria. Esse sono il risultato delle ripiegature multiple del ferro su stesso
allo scopo di rimuovere le impurità, più l’uso di sortilegi – o quanto meno di arti a noi ignote – in grado di conferire una
resistenza innaturale all’acciaio così forgiato. Siffatte arti sono ormai perdute, per quanto i fabbri di Qohor
asseriscano di conoscere magie che permettono loro di ri-forgiare l’acciaio di Valyria senza con questo
comprometterne la resilienza e l’insuperabile capacità di mantenere l’affilatura. Potrebbero essere ancora migliaia le
lame di acciaio di Valyria che permangono nel mondo del nostro tempo, ma nei Sette Regni – stando a Inventari
dell’arcimaestro Thurgood – ne esistono solamente duecentoventisette, alcune delle quali sono però andate perdute
o sono scomparse dagli annali storiografici.
Qohor e Norvos vennero fondate sulla scia di scismi religiosi. Altre, quali Vecchia
Volantis e Lys, erano in primo luogo colonie commerciali create da ricchi mercanti e da
nobili i quali acquistarono il diritto di governare se stessi come clienti della Libera
Fortezza piuttosto che come sudditi. Trattasi di città che sceglievano in autonomia i loro
stessi governanti invece di accettare come capi gli arconti – i quali spesso arrivavano a
dorso di drago – inviati da Valyria. Stando a talune storiografie, Pentos e Lorath erano
città di un tipo ancora diverso già da prima dell’arrivo dei valyriani, ai quali dominatori
locali prontamente resero omaggio, guadagnandosi così il diritto di restare al potere. In
queste città, quale che fosse l’influsso del sangue valyriano, questo venne da migranti
dalla Libera Fortezza, o da matrimoni politici arrangiati per meglio legare le città stesse a
Valyria. Eppure, la fonte primaria della maggior parte delle storiografie su questi
argomenti rimane Prima dei Draghi, di Gessio Haratis. Lo stesso Haratis era originario di
Pentos, all’epoca in cui Volantis minacciava di restaurare l’impero valyriano sotto il
proprio controllo. Non può quindi stupire che la nozione di una Pentos indipendente,
con origini ben distinte da quelle di Valyria, comportasse la massima valenza politica.
Cionondimeno, rimane palese che la più unica tra tutte le città libere è Braavos: essa
venne fondata non per volere di Valyria, non dai suoi cittadini, bensì dai suoi schiavi. A
dare credito ai resoconti dei braavosiani, una immane flotta schiavista che aveva raccolto
il proprio tributo di carne umana dalle terre del Mare dell’Estate e del Mare di Giada
divenne lo scenario per una ugualmente immane sollevazione degli schiavi stessi.
Cruciale per il successo dell’insurrezione fu senza dubbio il fatto che i valyriani si
servissero di schiavi quali rematori e marinai: anche costoro si unirono alla rivolta. Preso
il controllo della flotta, e resisi conto che non esisteva alcun luogo nelle cui vicinanze
nascondersi dal potere della Libera Fortezza, gli schiavi decisero quindi di andare alla
ricerca di una diversa terra, molto lontana da Valyria e dai suoi sudditi, fondando così la
loro città in un luogo incognito. Secondo la leggenda, i cantori della luna profetizzarono
che la flotta doveva navigare verso nord, fino a un desolato luogo sulla costa di Essos, un
luogo di distese fangose e lagune salmastre e brume. Fu lì che gli schiavi gettarono le
prime fondamenta della loro nuova città.
Per secoli, i braavosiani rimasero celati al mondo nelle loro remote lagune. E perfino
dopo essersi rivelata, Braavos continuò comunque a mantenere la sua nomea di città
segreta. Un popolo, quello braavosiano, che non era un popolo: molteplici razze,
centinaia di linguaggi e centinaia di deità. Le uniche cose che li accomunavano erano il
valyriano, la lingua del commercio di Essos, e il fatto che ora erano liberi mentre un
tempo schiavi. Ai cantori della luna venne reso onore per averli guidati alla loro città, ma
i più saggi tra gli schiavi liberati decretarono che, per unificare tutti loro, era necessario
accettare tutte le deità che gli schiavi avevano portato con sé, senza però riconoscere a
nessuna di quelle deità una posizione privilegiata rispetto alle altre.
In breve, i nomi e il numero delle genti che finirono sotto il dominio di Valyria
rimangono a noi largamente sconosciuti a tutt’oggi. Quali che fossero gli archivi
valyriani, andarono in gran parte distrutti nel Disastro. E solamente poche di quelle
genti, per quanto non ve ne sia certezza, documentarono la loro storia riuscendo a
tramandarla oltre il dominio della Libera Fortezza.
Pochi, i rhoynar tra questi, ressero per secoli, addirittura per millenni, alla marea
montante dell’invasione valyriana. Si dice che furono peraltro i rhoynar, fondatori delle
grandi città lungo il corso del fiume Rhoyne, ad apprendere per primi l’arte della
lavorazione del ferro. Inoltre, la confederazione di città chiamata in seguito Regno di
Sarnor sopravvisse all’invasione valyriana in virtù della grande pianura che separava
l’uno dall’altra... malauguratamente, quella stessa pianura e i popoli che l’abitavano – i
dothraki signori del cavallo – divennero, dopo il Disastro di Valyria, la causa stessa della
caduta di Sarnor. Coloro i quali non volevano essere ridotti in schiavitù, incapaci però di
affrontare la forza di Valyria, fuggirono. Molti non sopravvissero e furono dimenticati.
Ma almeno un popolo, di alta statura e dai capelli chiari, reso coraggioso e indomabile
dalla sua fede, riuscì a sfuggire a Valyria. Questo popolo erano gli andali.
Gli andali traggono le loro origini dalle terre dell’Ascia, a est e a nord di dove ora si
trova la città libera di Pentos, e ciò a dispetto del fatto di essere stati per molti secoli un
popolo nomade che non rimaneva a lungo nello stesso luogo. Dal cuore profondo
dell’Ascia – una vasta amigdala di terra circondata su tutti i lati dal Mare dei Brividi – essi
si spostarono a sud e a ovest formando Andalos, l’antico regno che dominavano prima di
varcare il Mare Stretto.
Nel corso dei secoli, molti tomi sono stati scritti sulla storia di Valyria, così come siamo addivenuti a conoscerla ai
giorni nostri. I dettagli delle conquiste valyriane, delle colonizzazioni, delle faide tra i signori dei draghi, degli dèi che i
valyriani adoravano e molti, molti altri particolari potrebbero riempire intere biblioteche e il compendio non sarebbe
comunque completo. I Fuochi della Libera Fortezza di Galendro, è largamente considerato come la storiografia più
esaustiva, eppure perfino di quest’opera fondamentale la Cittadella è carente di ben ventisette rotoli di pergamena.
La lava ardente delle Quattordici Fiamme investe Valyria, alimentata dalla magia dei piromanti.
L’arrivo degli Andali
Gli andali traggono le loro origini dalle terre dell’Ascia, a est e a nord di dove ora si trova
la città libera di Pentos, e ciò a dispetto del fatto di essere stati per molti secoli un popolo
nomade che non rimaneva a lungo nello stesso luogo. Dal cuore profondo dell’Ascia –
una vasta amigdala di terra circondata su tutti i lati dal Mare dei Brividi – essi si
spostarono a sud e a ovest formando Andalos, l’antico regno che dominavano prima di
varcare il Mare Stretto.
Andalos si estendeva dall’Ascia fino a quelle che ora sono le coste braavosiane, e verso
sud fino alle Terre Piatte e alle Colline di Velluto. Con loro, gli andali portarono armi di
ferro e protezioni a placche di ferro, contro le quali le tribù native di quei territori ben
poco poterono. Una di dette tribù era quella degli uomini irsuti, il loro vero nome ormai
perduto, ma loro stessi tuttora ricordati in talune storiografie di Pentos. (I pentoshi li
ritenevano imparentati agli uomini di Ib e, in merito, le storiografie della Cittadella
largamente concordano, per quanto c’è chi argomenta che furono gli uomini irsuti a
fondare Ib, mentre al contrario altri ritengono che fu Ib la loro origine.)
Da taluni, il fatto che gli andali forgiassero il ferro viene considerato quale prova che a
guidarli furono i Sette Dèi – il Fabbro in persona insegnò loro quell’arte – e lo stesso
sostengono i sacri testi. Ma in quella medesima epoca, i rhoynar erano già una civiltà
avanzata, e anche loro conoscevano il ferro, per cui è sufficiente uno sguardo alla mappa
per intuire come i primi andali debbano essere entrati in contatto con i rhoynar. Il Fiume
Nero e la Noyne si trovano direttamente sul percorso migratorio degli andali, così come
ad Andalos – secondo Doro Golathis, storiografo della città libera di Norvos –
permangono resti di avamposti rhoynar. Né sarebbe questo l’unico caso in cui popoli
hanno imparato a lavorare il ferro dai rhoynar. Si dice infatti che perfino i valyriani
abbiano appreso quell’arte da loro, anche se alla fine gli allievi arrivarono a superare i
maestri.
Avventurieri andali nella Valle di Arryn, con le Montagne della Luna in lontananza.
Secondo un’antica leggenda tramandata a Pentos, gli andali sterminarono le fanciulle-cigno che adescavano i
viandanti portandoli alla morte nelle Colline di Velluto, le quali si trovano a est della città libera. A guidare gli andali in
quel tempo era un eroe che i cantastorie pentoshi chiamano Hukko, e si dice che fu lui a sterminare le sette fanciulle,
non per i loro crimini ma come sacrificio agli dèi. Per contro, delle antiche leggende provenienti dall’Oriente si deve
diffidare addirittura di più di quelle dei Sette Regni. Troppe le genti che si sono spostate da un continente all’altro e, di
conseguenza, troppe le mescolanze tra storie e leggende. Taluni maestri hanno rilevato che Hukko potrebbe essere
una trascrizione del nome Hugor. Quand’anche fosse così, tuttavia, la leggenda dei pentoshi potrebbe avere
semplicemente fatto proprie le storie andale a sostegno delle proprie tesi.
Così come era stato per i primi uomini, anche gli andali si rivelarono acerrimi nemici
dei figli della foresta. Ai loro occhi, essi adoravano strane deità e avevano strani usi. Per
cui gli andali li sradicarono da tutte le foreste profonde che l’antico Patto con i primi
uomini aveva lasciato loro. Indeboliti e, nel corso del tempo, divenuti sempre più isolati, i
figli della foresta avevano perduto qualsivoglia punto di forza avessero avuto sui primi
uomini. E quello che i primi uomini non erano mai riusciti a ottenere – il completo
annientamento dei figli della foresta – gli andali per contro ottennero in brevissimo
tempo. Alcuni dei figli della foresta sono forse fuggiti nell’Incollatura, cercando rifugio
tra paludi e acquitrini, ma se anche l’hanno fatto, di loro non rimane traccia. È inoltre
possibile, come taluni studiosi hanno scritto, che pochi di loro siano sopravvissuti
sull’Isola dei Volti, la terra sacra al centro del lago chiamato Occhio degli Dèi, sotto la
protezione degli uomini verdi, che neppure gli andali sono riusciti a distruggere. Ma
nemmeno di ciò è stata rinvenuta prova certa.
I clan delle Montagne della Luna sono chiaramente discendenti di quei primi uomini che rifiutarono di sottomettersi
agli andali e di conseguenza furono spinti in profondità tra le montagne. Inoltre, sussistono similarità tra le loro
usanze e quelle dei bruti a nord della Barriera, usanze quali il rubare-la-sposa, l’ostinato desiderio di autogovernarsi e
altre cose del genere. Fuori discussione rimane quindi il fatto che i bruti traggono origine dai primi uomini.
In ogni caso, i pochi figli della foresta rimasti sono dispersi, o sono morti. Quanto ai
primi uomini, si sono ritrovati a perdere una guerra dopo l’altra, un regno dopo l’altro,
sotto i colpi degl’invasori andali. Battaglie e guerre continuarono senza fine ma, in
conclusione, tutti i regni del Sud caddero. Com’era accaduto nella Valle di Arryn, alcuni
dei sovrani si sottomisero agli andali, arrivando anche a convertirsi alla fede nei Sette
Dèi. In molti casi, gli andali sposarono le mogli e le figlie dei re sconfitti, ulteriore mezzo
per consolidare il loro dominio, in quanto, a dispetto di tutto, i primi uomini erano di
gran lunga più numerosi degli andali e non potevano semplicemente essere messi da
parte. Il fatto che molti castelli del Sud abbiano ancora al loro interno un parco degli dèi
con al centro un albero-diga, e un volto scolpito in esso, lo si deve ai primi re andali, i
quali passarono dalla conquista all’integrazione, evitando così ogni ulteriore conflitto
causato da motivazioni di fede.
Perfino gli uomini di ferro – quegl’implacabili, spietati predatori del mare che sulle
prime devono essersi ritenuti al sicuro sulle loro isole – alla fine caddero sotto la
dominazione andala. Certo, ci vollero mille anni prima che gli andali rivolgessero la loro
attenzione alle Isole di Ferro, ma quando ciò accadde, fu con rinnovato desiderio di
conquista. Gli andali dilagarono anche su quegli arcipelaghi, ponendo fine alla
discendenza di Urron Manorossa, la quale per quei mille anni aveva dominato nel terrore
dell’ascia e della spada.
Haereg scrive che, all’inizio, i nuovi re andali cercarono d’imporre l’adorazione dei
Sette Dèi anche agli uomini di ferro, cosa che essi non accettarono. Tollerarono
solamente che i Sette Dèi coesistessero con la loro divinità, il Dio Abissale. Come sul
continente, gli andali sposarono le mogli e le figlie degli uomini di ferro, da loro
generando figli. Ma, in contrasto a ciò che era accaduto sul continente, il Credo non riuscì
a radicarsi, spesso neppure tra le famiglie di sangue andalo. Con il passare del tempo, il
Dio Abissale rimase l’unico a dominare sulle Isole di Ferro, con solo poche famiglie a
ricordarsi dei Sette Dèi.
Fu il Nord di Westeros, e solamente il Nord, a fermare l’avanzata degli andali. E questo
solamente grazie alle impenetrabili paludi dell’Incollatura e all’ancestrale fortezza del
Moat Cailin. Difficile valutare quanti eserciti andali finirono annientati sull’Incollatura.
Ecco quindi come i re dell’Inverno riuscirono a preservare la loro indipendenza per molti
altri secoli a venire.
L’ultima delle grandi migrazioni verso Westeros ebbe luogo molto dopo la venuta sia
dei primi uomini che degli andali. Una volta concluse le guerre ghiscariane, i signori dei
draghi di Valyria volsero il loro sguardo a ovest, dove l’espansione del potere valyriano
aveva portato la Libera Fortezza e le sue colonie in conflitto con i popoli della Rhoyne.
Diecimila navi
L’ultima delle grandi migrazioni verso Westeros ebbe luogo molto dopo la venuta sia dei
primi uomini che degli andali. Una volta concluse le guerre ghiscariane, i signori dei
draghi di Valyria volsero il loro sguardo a ovest, dove l’espansione del potere valyriano
aveva portato la Libera Fortezza e le sue colonie in conflitto con i popoli della Rhoyne.
Quale fiume più grande del mondo, i molti affluenti della Rhoyne si dilatano su gran
parte dell’Occidente di Essos. È lungo le loro rive che si sono sviluppate una civiltà e una
cultura altrettanto complesse e antiche quanto l’Impero di Ghis. Ed è dall’opulenza del
loro fiume – Madre Rhoyne, la chiamano – che i rhoynar avevano ottenuto la loro
ricchezza.
Pescatori, mercanti, aedi, studiosi, artigiani del legno, della pietra e del metallo, i
rhoynar hanno eretto i loro eleganti villaggi e le loro città, una più splendida dell’altra,
dalle sorgenti della Rhoyne fino alla sua foce. Ecco Ghoyan Drohe, nelle Colline di
Velluto, con i suoi giardini e le sue cascate, ecco Ny Sar, la città delle fontane, vibrante di
canti, ecco Ar Noy, sulla Qhoyne, con le sue sale di marmo verde, ecco Sar Mell, la città
dei fiori, ecco Sarhoy, circondata dal mare, con i suoi canali e i suoi giardini di acque
salmastre, ecco infine Chroyane, la più grande di tutte, la città delle feste con il suo
mirabolante Palazzo dell’Amore.
Arti e musiche fiorivano, nelle città della Rhoyne, delle quali si dice che le genti
possedevano una loro magia, una magia acquorea ben diversa dai sortilegi di Valyria,
intessuti di sangue e fiamme. Sebbene accomunate dalla discendenza, dalla cultura e dal
fiume che era stato la loro genesi, le città rhoyniane erano per contro fieramente
indipendenti le une dalle altre, ciascuna con un suo principe... o principessa, in quanto
tra queste genti di fiume le donne erano considerate eguali agli uomini.
Popolo essenzialmente pacifico, se disturbati i rhoynar potevano però tramutarsi in
furie, lezione appresa con brutalità estrema da fin troppi aspiranti conquistatori andali. Il
guerriero rhoyniano – nella sua armatura a placche argentee, elmo a testa di pesce, lunga
picca e scudo di carapace di tartaruga – era ammirato e temuto da chiunque osasse
affrontarlo in battaglia. Si diceva che fosse la stessa Madre Rhoyne a sussurrare ai propri
figli dell’approssimarsi di ogni singola minaccia, che i principi rhoyniani fossero dotati di
bizzarri, inquietanti poteri, che le donne rhoyniane combattessero con la medesima
determinazione degli uomini e che le loro città fossero protette da muraglie d’acqua in
grado di sollevarsi ad annegare qualsiasi nemico.
I rhoynar circondati dalla potenza della Libera Fortezza.
Per innumerevoli secoli i rhoynar vissero in pace. Per quanto molti popoli barbarici
vivessero sulle colline e nelle foreste delle Madre Rhoyne, essi erano ben consapevoli che
molestare le genti del fiume sarebbe stato esiziale. Quanto agli stessi rhoynar,
mostravano scarse mire espansionistiche. Il fiume era la loro casa, la loro madre, la loro
divinità, e solamente pochi di loro sognavano un’esistenza lontana dal canto eterno della
sua corrente.
Quando – dopo la quinta guerra ghiscariana – avventurieri, esiliati e mercanti dalla
Libera Fortezza iniziarono a spingersi oltre le Terre della Lunga Estate, sulle prime i
principi rhoyniani li accolsero calorosamente, e i loro preti dichiararono che tutti gli
uomini erano i benvenuti nella condivisione delle ricchezze della Madre Rhoyne.
Tuttavia, mentre quei primi avamposti valyriani crescevano fino a diventare villaggi, e i
villaggi a diventare città, alcuni rhoynar iniziarono a rinnegare la magnanimità dei loro
padri. L’amicizia venne sopraffatta dall’inimicizia, in particolar modo lungo il basso corso
della Rhoyne, dove l’antica città di Sar Mell e la città fortificata valyriana di Volon Therys
si fronteggiavano l’un l’altra da sponde opposte del fiume. Nonché sulle coste del Mare
dell’Estate, dove la città libera di Volantis si ritrovò ben presto a rivaleggiare con il porto
multiplo di Sarhoy, ciascuna delle due che dominava le quattro foci della Madre Rhoyne.
Le dispute tra gli abitanti delle città rivali divennero sempre più frequenti e sempre
più rancorose, avvampando alla fine in una serie di brevi ma sanguinose guerre. Sar Mell
e Volon Therys furono le prime città a scontrarsi in battaglia. Secondo la leggenda,
scintilla del conflitto fu la cattura a rete, e susseguente macellazione, da parte dei
valyriani di una delle tartarughe giganti che i rhoynar chiamavano i Vecchi del Fiume,
animali considerati sacri in quanto consorti della stessa Madre Rhoyne. La Prima Guerra
delle Tartarughe durò meno di un ciclo di luna. Sar Mell venne saccheggiata e incendiata,
cionondimeno fu essa a vincere quando i negromanti rhoyniani dell’acqua evocarono il
potere del fiume provocando l’allagamento di Volon Therys. Prestando fede ai resoconti,
mezza città venne spazzata via.
Malauguratamente, altri conflitti seguirono: la Guerra dei Tre Principi, la Seconda
Guerra delle Tartarughe, la Guerra dei Pescatori, la Guerra del Sale, la Terza Guerra delle
Tartarughe, la Guerra del Lago delle Daghe, la Guerra delle Spezie, e molte altre, troppo
numerose per essere qui narrate. Città grandi e piccole vennero bruciate, inondate,
ricostruite. A migliaia caddero o furono ridotti in schiavitù. Nella maggioranza di questi
conflitti, furono i valyriani a risultare vincitori. I principi della Rhoyne, ferocemente
orgogliosi della loro indipendenza, combattevano da soli. Per converso le colonie
valyriane si sostennero le une con le altre e, quando si trovarono in difficoltà, chiesero
l’aiuto della stessa Libera Fortezza. Storia delle guerre della Rhoyne, di Beldecar, rimane
insuperato nel descrivere questa serie di conflitti, i quali si susseguirono per quasi due
secoli e mezzo.
Tale catena di conflitti raggiunse, mille anni addietro, un sanguinoso apice con la
Seconda Guerra delle Spezie, nella quale tre signori dei draghi valyriani unirono le
proprie forze a quelle dei loro cugini consanguinei di Volantis per sopraffare,
saccheggiare e infine distruggere Sarhoy, la grande città portuale rhoyniana sul Mare
dell’Estate. I combattenti di Sarhoy vennero massacrati senza pietà, i loro figli gettati in
schiavitù, la loro orgogliosa città dalle mura rosa data alle fiamme. In seguito, i volantiani
sparsero sale sulle rovine fumanti, così da impedire che Sarhoy potesse mai risorgere.
La completa distruzione di una delle più ricche, delle più splendide città della Rhoyne,
la riduzione in schiavitù dei suoi abitanti, sconvolsero e turbarono nel profondo i restanti
principi rhoyniani. «Se non uniremo le nostre forze per porre fine a questa minaccia, tutti
noi diverremo schiavi»: tanto affermò Garin di Chroyane, il più potente di loro. Fu questo
principe guerriero a chiamare a raccolta i suoi pari affinché formassero con lui una
grande alleanza, così da sprofondare nel fiume ogni singola città valyriana.
Unica a schierarsi contro di lui fu Nymeria, principessa di Ny Sar. «Questa è una
guerra che non abbiamo alcuna speranza di vincere» fu il suo avvertimento. Ma gli altri
principi la misero a tacere con le loro urla, giurando a Garin la fedeltà delle loro spade.
Perfino guerrieri della stessa Ny Sar erano desiderosi di combattere, per cui Nymeria non
ebbe altra scelta se non unirsi a sua volta all’alleanza.
Sotto il comando del principe Garin, il più gigantesco esercito che Essos avesse mai
visto si radunò a Chroyane. Secondo Beldecar, un esercito che ammontava a un quarto di
milione di soldati. Dalle sorgenti della Rhoyne fino alle sue molteplici foci, ogni uomo in
età per combattere impugnò spada e scudo e raggiunse la città delle feste per partecipare
a quella grande offensiva. Fino a quando l’esercito sarebbe rimasto in prossimità della
Madre Rhoyne, dichiarò il principe Garin, non ci sarebbe stata ragione di temere i draghi
di Valyria: i maghi dell’acqua li avrebbero protetti contro le fiamme della Libera Fortezza.
Garin suddivise il suo immane esercito in tre distinte forze: la prima marciò lungo la
riva orientale della Rhoyne, la seconda lungo quella occidentale, una gigantesca flotta di
galee da guerra discese il corso del fiume, ripulendolo dal naviglio nemico. Da Chroyane,
il principe Garin condusse la sua triplice armata a seguire la corrente, distruggendo ogni
villaggio, città, avamposto che incontrò, annientando ogni avversario.
A Selhorys vinse la sua prima battaglia, schiacciando un esercito valyriano di
trentamila uomini e prendendo d’impeto la città. Stesso destino toccò a Valysar. A Volon
Therys, Garin si trovò di fronte centomila soldati nemici, cento elefanti da guerra e tre
signori dei draghi. Anche qui Garin uscì vittorioso, sia pure a un alto prezzo. Migliaia dei
suoi soldati finirono bruciati, ma altre migliaia trovarono rifugio nei bassi fondali del
fiume, questo mentre i negromanti rhoyniani lanciavano gigantesche torri liquide contro
i draghi del nemico. Due draghi vennero abbattuti dalle tempeste di dardi scagliate dagli
arcieri rhoyniani, il terzo, ferito, fu costretto alla fuga. Dopo lo scontro, il furore della
Madre Rhoyne si sollevò a inghiottire Volon Therys. Sulla scia di questa vittoria, il
principe Garin venne chiamato il Grande, e si dice che, a Volantis, gli alti lord tremassero
di terrore mentre il suo esercito continuava ad avanzare. Piuttosto che misurarsi in
campo aperto, i volantiani si rinchiusero dietro la loro Muraglia Nera, invocando l’aiuto
della Libera Fortezza.
Così i draghi tornarono. Non tre, quanti il principe Garin ne aveva affrontati a Volon
Therys, bensì trecento, o addirittura di più, se si vuole dare credito ai resoconti pervenuti
fino a noi. Contro lo scatenarsi del loro fuoco, i rhoynar non ebbero scampo. A decine di
migliaia vennero arsi vivi, migliaia di altri si gettarono nel fiume nella speranza che
l’abbraccio della Madre Rhoyne potesse proteggerli dal respiro di drago... solo per
annegare a loro volta in quel medesimo abbraccio. Taluni cronisti sostengono che tanto
roventi furono quelle fiamme, da mandare in ebollizione le acque della Rhoyne,
tramutate in vapore. Garin il Grande venne catturato vivo. Fu quindi costretto a guardare
mentre, per la sua temerarietà, le sue genti pativano atroci sofferenze. Nessuna pietà fu
usata verso i suoi guerrieri. Talmente in tanti vennero passati a fil di spada dai volantiani
e dai valyriani che le acque del grande porto di Volantis, si narra, divennero rosse fino
all’orizzonte a causa del sangue versato. A quel punto, i vincitori riunirono un nuovo
esercito e procedettero a marciare lungo il fiume, questa volta in direzione nord.
Scatenarono su Sar Mell un furibondo saccheggio prima di continuare la loro avanzata su
Chroyane. Chiuso in una gabbia dorata per ordine dei signori dei draghi, il principe
Garin venne portato fino alla città delle feste così da essere presente in prima persona al
suo annientamento.
Raggiunta Chroyane, la gabbia venne appesa alle mura, affinché Garin fosse testimone
della riduzione in schiavitù delle donne e dei bambini i cui padri, i cui fratelli erano
morti a decine, centinaia di migliaia nella sua valorosa, quanto disperata, guerra... ma il
principe, si racconta, lanciò una terribile maledizione contro i conquistatori, invocando la
Madre Rhoyne affinché vendicasse i suoi figli. Così, quella stessa notte, la Rhoyne esondò
fuori stagione, ed esondò con un furore mai ricordato prima. Calò una nebbia
impenetrabile, pregna di umori maligni, e i conquistatori valyriani cominciarono a morire
di morbo grigio. (Quantomeno, quest’ultima parte risponde a verità: nei secoli successivi,
Lomas Passolungo scrisse delle rovine sommerse di Chroyane, delle sue nebbie fetide e
acque intossicate, e del fatto che viandanti che hanno smarrito la via siano stati a loro
volta infettati dal morbo grigio che a tutt’oggi continua a infestare le rovine, un serio
rischio per tutti coloro i quali, navigando il fiume, si ritrovano a passare sotto l’arcata
spezzata del Ponte dei Sogni.)
A Ny Sar, nell’alto corso della Rhoyne, presto la principessa Nymeria ricevette la
notizia della disastrosa sconfitta di Garin e della riduzione in schiavitù delle genti di
Chroyane e di Sar Mell. Stessa sorte, capì Nymeria, stava per toccare anche alla sua città.
Di conseguenza, ella radunò ogni vascello, grande o piccolo, rimasto sulla Rhoyne,
riempiendolo del maggior numero possibile di donne e bambini (quasi tutti gli uomini in
grado di combattere erano scesi in guerra con Garin ed erano caduti). Giù lungo il fiume
Nymeria guidò questa flotta raccogliticcia, oltre le rovine ancora fumanti delle città
distrutte e al di là di terribili campi di massacro, attraverso distese di cadaveri affioranti
dall’acqua e gonfi per la putrefazione. Allo scopo di evitare Volantis e i suoi eserciti,
Nymeria scelse i canali più antichi, raggiungendo così il Mare dell’Estate nel punto in
cui, un tempo, si ergeva Sarhoy.
La leggenda narra che Nymeria abbia condotto diecimila vascelli nella traversata,
andando alla ricerca di una nuova casa per la sua gente, oltre la lunga mano di Valyria e
dei signori dei draghi. Beldecar considera largamente eccessivo, fino a dieci volte tanto, il
numero di cui sopra. Altri studiosi menzionano cifre ancora diverse, in verità un esatto
conteggio non è mai stato compiuto. Per certo però possiamo dire che si trattava di un
numero di navi molto grande. La maggior parte erano scafi di fiume, lance e barche a
pali, galee mercantili, barche da pesca, chiatte di piacere, addirittura zattere, le loro tolde
stracariche di donne, bambini e vecchi. Solamente un’imbarcazione su dieci era adatta
alla navigazione, sostiene Beldecar.
Lungo e terribile fu il viaggio di Nymeria. Solamente nella prima tempesta incontrata
dalla sua flotta, più di cento navi furono danneggiate e affondarono. Altrettante, in preda
al terrore, invertirono la rotta e tornarono indietro, cadendo così nella stretta degli
schiavisti di Volantis. Altre ancora rimasero indietro o finirono alla deriva, e di loro si è
perduta ogni traccia.
Il resto della flotta arrancò attraverso il Mare dell’Estate fino alle Isole del Basilisco,
dove fece sosta per rifornirsi di provviste e di acqua potabile. Anche queste navi furono a
loro volta attaccate dai re corsari delle isole dell’Ascia, dell’Artiglio e della Montagna
Urlante, i quali per l’occasione misero da parte i loro scontri pressoché continui per
calare a ferro e fuoco sui rhoynar, dando alle fiamme due intere flottiglie e trascinando in
schiavitù profughi a centinaia. All’indomani degli attacchi, i corsari concessero ai
rhoynar di sistemarsi sull’Isola dei Rospi, a patto però di rinunciare ai loro scafi e di
mandare come tributo a ognuno dei re, ogni anno, trenta tra fanciulle vergini e avvenenti
fanciulli.
Nymeria rifiutò e prese nuovamente il mare, nella speranza di trovare rifugio tra le
torride giungle di Sothoryos. Alcuni rhoynar si sistemarono sul Promontorio del
Basilisco, altri sulle scintillanti, verdi acque dello Zamoyos, tra sabbie mobili, coccodrilli
e putrescenti alberi semi-sommersi. Quanto alla principessa Nymeria, ella rimase con le
navi a Zamettar, una colonia ghiscariana abbandonata da un migliaio di anni, mentre
altri s’inoltrarono in profondità lungo il corso del fiume Zamoyos, fino alle ciclopiche
rovine di Yeen, infestate da divoratori di cadaveri e da ragni.
Esistevano ancestrali tesori a Sothoryos – oro, gemme, legno pregiato, pelli esotiche,
bizzarri frutti, strane spezie –, ma non era comunque un luogo adatto ai rhoynar. Il calore
opprimente indeboliva la loro indole, orde di mosche fameliche spargevano un morbo
dopo l’altro: febbre verde, peste spasmica, febbri emorragiche, piaghe bubboniche,
cancrescenza. Contagi che mietevano vittime soprattutto tra i più piccoli e i molto
anziani. Perfino bagnarsi nel fiume poteva condurre alla morte, poiché le acque dello
Zamoyos erano infestate da branchi di pesci carnivori, e minuscoli vermi deponevano le
loro uova nelle carni degl’incauti bagnanti. Due delle nuove città fondate sul
Promontorio del Basilisco vennero attaccate da schiavisti, entrambe le popolazioni
passate a fil di spada o portate via in catene, questo mentre Yeen fu costretta ad
affrontare gli assalti dei maculati divoratori di cadaveri provenienti dalle profondità della
giungla.
Per oltre un anno i rhoynar lottarono per la sopravvivenza a Sothoryos, fino al giorno
in cui una nave da Zamettar arrivò a Yeen... ma solo per scoprire che ogni singolo uomo,
donna e bambino venuto a insediarsi tra quelle rovine maledette era semplicemente
svanito nel nulla. Fu a quel punto che Nymeria decise di riportare le sue genti alle navi e
di riprendere ancora una volta il mare.
Per tutti i tre anni successivi vagarono i rhoynar per i mari meridionali, alla ricerca di
una nuova casa. Il pacifico popolo di Naath, l’isola delle farfalle, diede loro il benvenuto,
ma il dio che proteggeva quella strana terra iniziò a flagellare gli esuli con ondate di
malattie senza nome, costringendoli a salire nuovamente sulle loro navi. Sulle Isole
dell’Estate, i rhoynar s’insediarono su una roccia disabitata al largo della costa orientale
di Walano, la quale divenne ben presto conosciuta come l’Isola delle Donne. Ma era ben
scarso il cibo che si riusciva a ottenere dal suolo pietroso di quel luogo, per cui molti
patirono l’inedia. Quando le vele vennero spiegate per l’ennesima volta, alcuni dei
rhoynar abbandonarono Nymeria per seguire una sacerdotessa chiamata Druselka, la
quale predicava di avere udito la Madre Rhoyne invocare il ritorno dei suoi figli... ma
quando Druselka e i suoi seguaci fecero effettivamente ritorno alle loro vecchie città,
trovarono ad attenderli i loro nemici, e i più furono braccati, uccisi o ridotti in schiavitù.
I dilaniati, malridotti resti di quelle diecimila imbarcazioni navigarono verso ovest con
la principessa Nymeria. Questa volta, ella fece rotta per Westeros. Dopo tanto vagare, le
sue navi erano ancora meno in grado di affrontare i flutti di quanto non lo fossero state
nel giorno in cui avevano lasciato la Madre Rhoyne. La flotta non arrivò a Dorne nella sua
interezza. Perfino oggi, esistono comunità di rhoynar sulle Stepstones, che asseriscono di
essere i discendenti di coloro i quali fecero naufragio. Altre navi, spinte fuori rotta dalle
tempeste, raggiunsero le città di Lys e di Tyrosh, preferendo la schiavitù a una tomba in
fondo al mare. Il resto delle navi rhoyniane toccò terra sulla costa di Dorne, presso la foce
del fiume Sangue Verde, a non grande distanza dalle mura di arenaria di Lancia del Sole,
sede della nobile Casa Martell.
Arida, desolata, scarsamente popolata, la Dorne di quel tempo era una terra povera,
nella quale troppi litigiosi lord e re minori erano impegnati in guerre pressoché continue
per il controllo di qualsiasi fiume, torrente, sorgente, frammento di terra coltivabile. La
maggior parte di questi lord dorniani vide i rhoynar come sgradevoli intrusi, invasori
stranieri dalle bizzarre usanze e dagli strani dèi, che avrebbero dovuto essere ributtati in
quel medesimo mare dal quale erano venuti. Ma quello che Mors Martell, lord di Lancia
del Sole, vide invece nei nuovi venuti fu... un’opportunità. Se poi vogliamo dare credito ai
cantastorie, il cuore di sua signoria il lord appartenne fin dal primo istante a Nymeria, la
fiera, bellissima regina guerriera che aveva guidato le sue genti da un capo all’altro del
mondo per far sì che non perdessero la loro libertà.
Si racconta anche che, tra i rhoynar che arrivarono a Dorne al seguito di Nymeria, otto
su dieci erano donne... ma un quarto di esse, in piena tradizione rhoyniana, erano
guerriere. E perfino le donne che non combattevano erano comunque indurite dai viaggi
e dalle tribolazioni. Parimenti, migliaia tra coloro i quali erano ragazzi all’atto della fuga
dalla Rhoyne avevano ora raggiunto l’età virile ed erano ormai pienamente capaci di
maneggiare lame dopo interi anni di peregrinazioni. Nell’allearsi con i rhoynar, l’esercito
dei Martell divenne dieci volte più numeroso.
Quando Mors Martell prese Nymeria in moglie, a centinaia i suoi cavalieri, scudieri,
lord alfieri fecero lo stesso con le donne rhoynar, e coloro che erano già sposati ebbero
donne rhoyniane quali loro concubine. Fu così che tra i due popoli si stabilì un legame di
sangue. Queste unioni arricchirono e rafforzarono la Casa Martell e i suoi alleati
dorniani. Con loro, i rhoynar portavano una ricchezza considerevole. I loro artigiani e
coloro che lavoravano il metallo e la pietra possedevano un’esperienza e una perizia di
gran lunga superiore a quelle delle loro controparti di Westeros. Ben presto, armieri
rhoyniani forgiavano spade e lance e armature a scaglie e a placche inconcepibili perfino
per il migliore dei fabbri del continente occidentale. Elemento ancora più cruciale, si dice
che le streghe rhoyniane dell’acqua conoscessero sortilegi in grado di far tornare a
scorrere fiumi disseccati e di far fiorire i deserti.
Per celebrare queste unioni, per essere certa che mai la sua gente potesse nuovamente
riprendere il mare, Nymeria incendiò la sua stessa flotta. «Il nostro vagare si è concluso»
dichiarò. «Abbiamo trovato una nuova dimora. In questa dimora noi vivremo. In questa
dimora noi moriremo.»
(Taluni rhoynar piansero la distruzione delle navi e, piuttosto che adattarsi alla nuova
terra, scelsero le acque del Sangue Verde, ritrovando in esse una tenue ombra della
Madre Rhoyne, che continuarono a adorare. Essi esistono ancora oggi, conosciuti come
gli orfani del Sangue Verde.)
Le fiamme illuminarono la costa per cinquanta leghe, mentre centinaia di scafi ormai
divenuti giganteschi relitti venivano incendiati e ridotti in cenere. Fu nel bagliore di quei
roghi che la principessa Nymeria, nella tradizione rhoyniana, proclamò Mors Martell
principe di Dorne, sancendo il di lui dominio «sulle sabbie rosse e su quelle bianche, e su
tutte le terre e i fiumi e le montagne fino al grande mare salato».
Siffatta supremazia, però, fu più semplice a dichiararsi che non a ottenersi. Anni di
guerre seguirono, con i Martell e i loro alleati rhoynar che affrontarono e sottomisero un
re minore dopo l’altro. Non meno di sei re conquistati vennero spediti alla Barriera in
cappi dorati da Nymeria e dal suo principe. Fino a quando non rimase che il più
poderoso dei loro avversari: Yorick Yronwood, il Sangue Reale, quinto del suo nome, lord
di Yronwood, Protettore della Strada di Pietra, Cavaliere delle Sorgenti, re di Marcarossa,
re di Cintura Verde e re dei dorniani.
Per nove anni Mors Martell e i suoi alleati – tra essi la Casa Fowler di Cieloalto, la Casa
Toland di Collina Fantasma, la Casa Dayne di Starfall, la Casa Uller di Hellholt – si
scontrarono con Yronwood e i suoi alfieri – i Jordayne del Tor, i Wyl di Strada di Pietra, i
Blackmont, i Qorgyle e molti altri – in battaglie troppo numerose per essere ricordate.
Quando lo stesso Mors Martell cadde sotto la spada di Yorick Yronwood nella Terza
Battaglia della Strada delle Ossa, fu la principessa Nymeria ad assumere il comando
dell’intero esercito. Dopo altri due anni di guerra, alla fine fu Yorick Yronwood a fare atto
di sottomissione. Da quel momento, Nymeria dominò Dorne da Lancia del Sole.
Per quanto ella si sia sposata altre due volte – la prima con l’anziano lord Uller di
Hellholt, la seconda con l’affascinante ser Davos Dayne di Stelle al Tramonto, la Spada
dell’Alba –, Nymeria rimase sovrana assoluta di Dorne per quasi ventisette anni, i suoi
mariti relegati al ruolo di consiglieri e consorti. Sopravvisse a una dozzina di attentati,
soffocò due ribellioni e respinse due invasioni, una da parte del re della Tempesta Durran
III, l’altra da re Greydon dell’Altopiano.
Quando, alla fine, ella morì, a succederle fu la maggiore delle quattro figlie avute da
Mors Martell e non il figlio avuto da Davos Dayne, poiché a quel punto i dorniani erano
arrivati a adottare molte delle leggi e delle usanze dei rhoynar, anche se il ricordo della
Madre Rhoyne e delle diecimila navi sfumava ormai nella leggenda.
Il Disastro di Valyria
Con la distruzione dei rhoynar, in breve Valyria assunse il completo dominio sulla metà
occidentale di Essos, dal Mare Stretto fino alla Baia degli Schiavisti, e dal Mare dell’Estate
fino al Mare dei Brividi.
Schiavi continuavano a riversarsi nella Libera Fortezza, per essere poi prontamente
inviati nelle viscere delle Quattordici Fiamme a estrarre i preziosi oro e argento tanto
importanti per i signori della Fortezza. Forse in vista di un’invasione attraverso il Mare
Stretto, circa duecento anni prima del Disastro, i valyriani stabilirono anche il loro
avamposto più occidentale, sull’isola che in seguito sarebbe stata conosciuta come Roccia
del Drago. Nessun re cercò di opporsi e, per quanto alcuni lord del Mare Stretto fecero
effettivamente qualche tentativo per contrastarli, la forza dei valyriani era troppo grande.
Con le sue arcane arti, Valyria eresse così la cittadella della Roccia del Drago.
Due secoli passarono. Due secoli nel corso dei quali l’agognato acciaio di Valyria
cominciò a diffondersi nei Sette Regni più rapidamente di prima – anche se non
abbastanza rapidamente da soddisfare tutti quei lord e tutti quei re che lo desideravano.
E per quanto la vista di un signore dei draghi intento a volare alto sopra il Golfo delle
Acque Nere non fosse uno spettacolo insolito, nel tempo quei voli divennero sempre più
frequenti. Essendo Valyria alfine convinta che quel suo avamposto occidentale fosse
ormai sicuro, i signori dei draghi continuarono quindi complotti e intrighi sul loro
continente d’origine.
E poi un giorno, inaspettato da tutti – tranne forse che da Aenar Targaryen e dalla sua
figlia vergine Daenys la Sognatrice – il Disastro si abbatté su Valyria.
A tutt’oggi, nessuno sa quale sia stata la sua causa. I più sostengono che si sia trattato
di un cataclisma naturale, la catastrofica esplosione provocata dall’eruzione simultanea
di tutte le Quattordici Fiamme. Taluni septon, meno saggi, sostengono che siano stati i
valyriani ad attirare il Disastro su se stessi, per la loro promiscua credenza in oltre un
centinaio di deità diverse, per essere sprofondati sempre più nella loro sostanziale
negazione di dio, scatenando così l’ira dei Sette Inferi sulla Libera Fortezza. Una
minoranza di maestri, influenzati dai frammenti del lavoro di septon Barth, sostiene che,
per interi millenni, Valyria abbia continuato a servirsi di sortilegi per acquietare le
Quattordici Fiamme, e che la sua insaziabile fame di schiavi e di ricchezza fosse motivata
sia dal sostentamento di quei sortilegi sia dal desiderio di espansione del suo potere.
Quando infine quei sortilegi fallirono, il cataclisma divenne inevitabile.
Tra siffatti maestri, c’è chi sostiene che il Disastro fu il divenire realtà della
maledizione lanciata da Garin il Grande. Altri parlano dei preti rossi di R’hllor, Signore
della Luce, i quali invocarono la venuta del fuoco degli dèi con strani rituali. Altri ancora,
collegando la fantasiosa nozione delle magie di Valyria con la realtà delle ambiziose
grandi casate della stessa Valyria, argomentano che fu il costante vortice di conflitti e
d’inganni tra queste ultime a condurre all’assassinio di troppi dei rispettati negromanti
che perpetuavano i rituali intesi a placare i fuochi delle Quattordici Fiamme.
L’unica cosa che si può affermare con certezza è che il Disastro fu un cataclisma quale
il mondo non aveva mai visto. L’antica, possente Libera Fortezza di Valyria – casa di
draghi e di negromanti dai poteri senza eguali – venne sventrata e infine distrutta nel
giro di qualche ora. È stato scritto che ogni singola collina entro un raggio di cinquecento
miglia venne spezzata a metà. L’aria si riempì di ceneri e fumo, dilaniata da un fuoco
talmente incandescente da risucchiare e annientare perfino i draghi nel cielo. Enormi
crepacci si aprirono nella terra, inghiottendo palazzi, templi, intere città. Laghi
ribollirono o vennero tramutati in pozze acide, montagne esplosero, fontane di fuoco
proiettarono rocce liquefatte a migliaia di piedi nell’aria, nubi purpuree scaricarono
grandinate di vetro di drago e piogge di nero sangue di demoni. Verso nord, il terreno si
frantumò, collassandosi e ricadendo su se stesso; e tutto questo fu poi invaso da un mare
ribollente e furibondo.
La più orgogliosa delle città del mondo cancellata in un unico istante, il suo
favoleggiato impero svanito in un singolo giorno. Le Terre della Lunga Estate – le più
fertili del mondo intero – bruciate, sommerse, annientate. Quanto al prezzo di sangue, fu
impossibile da valutarsi per l’intero secolo a venire.
Ciò che seguì a quell’improvviso vuoto fu il caos. I signori dei draghi si erano raccolti a
Valyria quale loro piazzaforte... eccetto Aenar Targaryen, i suoi figli e i suoi draghi, i quali
erano fuggiti alla Roccia del Drago, evitando così il Disastro. Secondo taluni resoconti,
anche altri sopravvissero... per qualche tempo. Si dice che svariati arconti valyriani a
Tyrosh e Lys vennero risparmiati, solo che, nel quasi immediato rivolgimento politico
all’indomani del Disastro, sia loro che i loro draghi furono uccisi dagli abitanti delle due
città libere. Parimenti, anche la storia di Qohor riporta che Aurion, un signore dei draghi
in visita, riunì forze militari tra i coloni qohoriani, proclamandosi primo imperatore di
Valyria. Lontano egli volò, cavalcando il suo immane drago, seguito al suolo da un
esercito di trentamila uomini, deciso a imporre la propria pretesa su quanto restava di
Valyria e a ricostruire la Libera Fortezza. Ma nessuno vide mai più né l’imperatore
Aurion né il suo esercito. Sul continente orientale di Essos, il tempo dei draghi si era
concluso.
È nella scia di tutti questi conflitti, e dello scontro a tutt’oggi in corso per il possesso delle Terre Contese, che nasce
e attecchisce la piaga delle compagnie libere. Sulle prime, queste bande di guerrieri mercenari combattevano al
soldo di chiunque le assoldasse. Ma sono in molti a sostenere che, dovunque la pace è minacciata, siano proprio i
comandanti di queste compagnie libere a adoperarsi per istigare nuove guerre, così da sostentarsi e arricchirsi
grazie alle razzie.
Un drago avvolto dalle fiamme, durante il Disastro di Valyria.
Volantis, la più poderosa delle città libere, non esitò a lungo a imporre il proprio
dominio sul mantello di Valyria. Uomini e donne di nobile sangue valyriano, per quanto
non signori dei draghi, erano in favore di muovere guerra contro le altre città libere. Le
tigri, sotto questo nome furono conosciuti i sostenitori della nuova conquista, guidarono
così Volantis allo scontro. Sulle prime, la campagna ebbe grande successo. Le loro flotte, i
loro eserciti arrivarono a controllare Lys e Myr e a dominare le propaggini meridionali
della Rhoyne. Fu solamente quando si spinsero troppo oltre, cercando di conquistare
anche Tyrosh, che il loro impero nascente arrivò al collasso. Oltraggiata dall’aggressione
volantiana, Pentos si unì a Tyrosh per resistervi. Myr e Lys si ribellarono, il Signore del
Mare di Braavos inviò una flotta di cento navi a sostegno di Lys. Inoltre, Argilac
l’Arrogante, re della Tempesta del continente occidentale, dietro la promessa di oro e
gloria condusse un esercito fino alle Terre Contese e sconfisse un’armata volantiana che
stava tentando di riconquistare Myr.
Verso la fine del conflitto, perfino l’ancora giovane Aegon Targaryen, il futuro
Conquistatore, fu coinvolto nello scontro. Lungamente i suoi antenati avevano guardato a
oriente, ma fin dai suoi primi anni l’attenzione di Aegon era invece indirizzata a
occidente. Cionondimeno, quando Pentos e Tyrosh si rivolsero a lui, offrendogli di
prendere parte alla grande alleanza contro Volantis, egli ascoltò. Per ragioni a tutt’oggi
ignote, Aegon decise di scendere in campo... ma solo fino a un certo punto. Cavalcando il
Terrore Nero, si dice che Aegon sia andato in volo verso est, incontrando il principe di
Pentos e i magistri delle città libere. Da là, in groppa a Balerion, egli raggiunse Lys in
tempo per dare alle fiamme un’intera flotta volantiana che si stava preparando a invadere
la città libera.
Volantis subì anche ulteriori sconfitte. Al Lago delle Daghe, dove le galee incendiarie
di Qohor e di Norvos distrussero larga parte della flotta volantiana che controllava la
Rhoyne. A est, quando i dothraki iniziarono a riversarsi oltre il Mare Dothraki,
lasciandosi dietro una scia di villaggi e città distrutte mentre si lanciavano sulla ormai
indebolita Volantis. Alla fine, gli elefanti – la fazione volantiana formata in gran parte dai
ricchi mercanti e commercianti che più avevano sofferto a causa della guerra e che
desideravano la pace – strapparono il potere alle tigri e posero fine ai combattimenti.
Quanto ad Aegon Targaryen, viene scritto che – breve tempo dopo il ruolo da lui
giocato nella sconfitta di Volantis – egli perse qualsiasi interesse negli eventi delle terre
orientali. Ritenendo che il dominio di Volantis fosse ormai alla fine, rientrò in volo alla
Roccia del Drago. E ora, non più distratto dalle guerre su Essos, egli rivolse il proprio
sguardo verso occidente.
La Libera Fortezza di Valyria e il suo impero furono distrutti dal Disastro, ma la penisola, sia pure devastata, ancora
rimane. Di essa, a tutt’oggi, si narrano storie inquietanti, storie di demoni che infestano il Mare Fumante laddove un
tempo si ergevano le Quattordici Fiamme. Non a caso, la strada da e per Mantarys è nota come «Strada del
Demone», e decisamente evitata da tutti i cauti viandanti. Uomini che hanno osato avventurarsi nel Mare Fumante
non hanno fatto ritorno, come Volantis imparò a proprie tragiche spese nel corso del Secolo di Sangue, quando una
flotta inviata a riprendere possesso dell’isola scomparve. Ci sono poi sinistre dicerie di uomini che ancora vivono tra
le rovine di Valyria e delle città contigue di Oros e Tyria. Per contro, altri sfatano le dicerie medesime, sostenendo
che il Disastro non cessa di serrare Valyria tra i propri artigli.
Alcune delle altre città lontane dal cuore di Valyria – fondate dalla Libera Fortezza o comunque sotto il suo potere
– sono a tutt’oggi abitate. La più tetra di queste è la già menzionata Mantarys, luogo del quale si dice che gli uomini
nascano deformi e mostruosi, fenomeno da taluni attribuito proprio alla presenza della Strada del Demone. La
reputazione delle città di Tolos, nota per i più letali frombolieri del mondo, e di Elyria, sull’isola dallo stesso nome, è
meno sinistra, ma anche meno positiva, in quanto entrambe hanno stretto legami con le città ghiscariane sulla Baia
degli Schiavisti, evitando peraltro di essere coinvolte in qualsiasi sforzo volto a riaffermare un qualsivoglia potere sul
cuore bruciante di Valyria.
Aegon il Conquistatore in groppa a Balerion, il Terrore Nero.
La Roccia del Drago.
Qui segue una storiografia del regno della nobile Casa Targaryen, da Aegon il
Conquistatore ad Aerys il Re Folle.
Molti sono i maestri che hanno trattato detti argomenti, e il loro sapere anima gran
parte di ciò che state per leggere. In un aspetto, però, mi sono preso una libertà: la
presente storia di Aegon il Conquistatore non è da me scritta. Trattasi di un testo
rinvenuto di recente negli archivi della Cittadella, dimenticato dalla triste fine di Aegon,
quinto del suo nome. Questo frammento – parte di un’opera di più ampio respiro che
pareva concepita come una cronaca dei re Targaryen – venne trovato tra le carte polverose
dell’arcimaestro Gerold, lo storiografo i cui scritti su Vecchia Città, nei suoi tempi, erano
tenuti in grande considerazione. Ma non ne era lui l’autore, lo stile in se stesso lo rivela.
Talune annotazioni all’interno del documento indicano quale loro estensore l’arcimaestro
Gyldayn, l’ultimo maestro in servizio a Sala dell’Estate prima della sua distruzione sotto
il regno di Aegon il Fortunato, quinto del suo nome, il quale potrebbe averli inviati a
Gerold per averne un commento e l’approvazione.
La storia della conquista è la più completa in assoluto, ragione per la quale l’ho qui
inserita, affinché, finalmente, altri occhi oltre ai miei e a quelli del defunto arcimaestro
Gerold la possano apprezzare, e da essa imparare. C’erano altri manoscritti dello stesso
autore, ma molte pagine erano state malamente riposte, oppure distrutte, o infine
danneggiate dall’incuria e dalle fiamme. Forse un giorno se ne troveranno ancora, e
questo capolavoro perduto potrà allora essere copiato e rilegato, in quanto ciò che ho
rinvenuto ha suscitato grande emozione nella Cittadella.
Fino a quel momento, però, i suoi frammenti costituiscono una delle tante fonti
relative ai regni dei re Targaryen, da Aegon il Conquistatore fino al tardo Aerys II,
l’ultimo Targaryen a essersi assiso sul Trono di Spade.
La Conquista
I maestri della Cittadella che tramandano le storie del continente occidentale hanno utilizzato la
Conquista di Aegon come punto di riferimento per gli ultimi trecento anni. Nascite, morti,
battaglie e altri eventi sono datati o DC (dopo la Conquista) o PC (prima della Conquista).
Attenti studiosi sono consapevoli di come siffatta datazione sia tutt’altro che precisa. La
Conquista dei Sette Regni da parte di Aegon Targaryen non avvenne in un sol giorno.
Dall’atto dell’approdo di Aegon fino alla sua incoronazione a Vecchia Città trascorsero
oltre due anni... e anche allora la Conquista rimase incompleta, dal momento che Dorne
non era stata sottomessa. Sporadici tentativi di portare i dorniani nel reame
continuarono per tutto il regno di re Aegon, per proseguire anche sotto quello dei suoi
figli, rendendo impossibile stabilire la data esatta della conclusione delle guerre della
Conquista.
La stessa data d’inizio della Conquista è motivo di false credenze. Molti ritengono,
erroneamente, che il regno di re Aegon I Targaryen sia cominciato quando egli sbarcò
alla foce del Fiume delle Rapide Nere, sotto le tre colline sulle quali sarebbe poi sorta la
città di Approdo del Re.
Ciò non risponde a verità.
Il giorno dell’approdo di Aegon divenne giorno di celebrazione da parte del sovrano e
dei suoi discendenti, ma in realtà il Conquistatore iniziò il suo regno quando fu
incoronato e consacrato nel Tempio Stellato di Vecchia Città dall’Alto Septon del Credo.
Detta cerimonia avvenne due anni dopo l’approdo di Aegon, quando tutte e tre le
principali battaglie delle guerre di Conquista erano state da lungo tempo combattute e
vinte. Quindi, come si può notare, la maggior parte dell’effettiva conquista di Aegon è
avvenuta nel 2-1 PC (prima della Conquista).
Aegon il Conquistatore in battaglia.
I Targaryen erano di puro sangue valyriano, signori dei draghi di antico lignaggio.
Dodici anni prima del Disastro di Valyria (114 PC), Aenar Targaryen vendette i suoi
possedimenti nel regno libero e nelle Terre della Lunga Estate, e partì con tutte le sue
mogli, la sua ricchezza, gli schiavi, i draghi, i fratelli, i parenti e i figli alla volta della
Roccia del Drago, una cittadella sotto una montagna fumante su una tetra isola nel Mare
Stretto.
Valyria, al suo apogeo, era la città più splendida del mondo conosciuto, il cuore della
civiltà. All’interno delle sue mura scintillanti, quaranta casate si confrontavano per il
potere e la gloria, a corte e nel concilio, tra le alterne fortune della lotta per il dominio.
Una lotta senza fine, fatta d’intrighi, spesso selvaggia.
Tra i signori dei draghi, i Targaryen non erano certo i più potenti, per cui i loro rivali
considerarono la loro fuga alla Roccia del Drago come un atto di resa, una ovvia codardia.
Ma Daenys, la figlia vergine di lord Aenar – in seguito nota in eterno come Daenys la
Sognatrice – aveva avuto preveggenza della distruzione di Valyria per opera del fuoco. E
quando, dodici anni più tardi, il Disastro ebbe luogo, furono i Targaryen gli unici signori
dei draghi a scampare.
Per due secoli, la Roccia del Drago era stata l’avamposto più occidentale di Valyria. La
sua posizione, al di là del Gullet, dava ai signori della fortezza il controllo sul Golfo delle
Acque Nere, e permise ai Targaryen e ai loro principali alleati, i Velaryon di Driftmark
(una casata minore di stirpe valyriana), di arricchirsi con il commercio di transito. Le navi
Velaryon, insieme a quelle di un’altra casa valyriana alleata, i Celtigar dell’Isola della
Chela, dominavano le principali rotte del Mare Stretto, mentre i Targaryen controllavano i
cieli con i loro draghi.
Tuttavia, per quasi cento anni dopo il Disastro di Valyria (un periodo giustamente
chiamato «Secolo di Sangue»), Casa Targaryen guardò a est, invece che a ovest, e
s’interessò ben poco alle questioni del continente occidentale. Gaemon Targaryen,
fratello e marito di Daenys la Sognatrice, succedette a Aenar l’Esule come lord della
Roccia del Drago, diventando nel tempo il rinomato Gaemon il Glorioso. Alla sua morte,
il figlio Aegon e la figlia Elaena governarono insieme. In seguito, il potere passò al loro
figlio Maegon, quindi al fratello Aerys e ai suoi figli: Aelyx, Baelon e Daemion. Il figlio
dell’ultimo dei tre fratelli, Aerion, assunse infine il dominio della Roccia del Drago.
L’Aegon passato alla storia come Aegon il Conquistatore e Aegon il Drago nacque alla
Roccia del Drago nel 27 PC. Fu il secondogenito, e unico figlio maschio, di Aerion, lord
della Roccia del Drago, e lady Valaena di Casa Velaryon, a sua volta di sangue Targaryen
per parte di madre. Aegon ebbe due sorelle legittime: una maggiore di lui, Visenya, l’altra
minore, Rhaenys. Per lungo tempo i signori dei draghi di Valyria ebbero usanza di
sposarsi tra fratelli per mantenere puro il lignaggio, ma Aegon prese in moglie entrambe
le sorelle. Secondo la tradizione, avrebbe dovuto scegliere soltanto la maggiore, Visenya;
l’inclusione di Rhaenys come seconda moglie era un fatto insolito, ma non privo di
precedenti. Alcuni dissero che Aegon sposò Visenya per senso del dovere e Rhaenys
spinto dal desiderio.
Tutti e tre i fratelli avevano dato prova di essere signori dei draghi fin da prima di
sposarsi. Dei cinque draghi partiti da Valyria con Aenar l’Esule, solo uno sopravvisse fino
all’epoca di Aegon: la grande bestia chiamata Balerion, il Terrore Nero. Gli altri due
draghi, Vhagar e Meraxes, erano più giovani, ed erano nati già alla Roccia del Drago.
Secondo un mito comune, spesso ripetuto tra gl’incolti, Aegon Targaryen non avrebbe
mai messo piede sul continente occidentale fino al giorno in cui issò le vele per
conquistarlo, ma ciò non può essere vero. Anni prima di quel viaggio, il Tavolo Dipinto
era stato scolpito e decorato per ordine di lord Aegon: una lastra di legno massiccio,
lunga circa nove piedi, sagomata come il continente occidentale e dipinta in modo da
riprodurre tutti i boschi, i fiumi, le città e i castelli dei Sette Regni. Chiaramente
l’interesse di Aegon per l’Occidente risaliva a molto tempo prima degli eventi che lo
portarono alla guerra. Inoltre, permangono resoconti affidabili di Aegon e della sorella
Visenya in visita nella Cittadella di Vecchia Città durante la loro giovinezza, e a caccia con
lo sparviero sull’isola di Arbor, ospiti di lord Redwyne. Aegon potrebbe essersi recato
anche a Lannisport, ma in materia le versioni divergono.
Il continente occidentale all’epoca del giovane Targaryen era diviso in sette regni
litigiosi, e capitava di rado un periodo in cui due o tre di loro non scendessero in guerra
gli uni contro gli altri. Il vasto e freddo Nord roccioso era governato dagli Stark di Grande
Inverno. Nei deserti di Dorne dominavano i principi Martell. Le terre occidentali giallo
intenso erano rette dai Lannister di Castel Granito, il fertile Altopiano dai Gardener di
Alto Giardino. La Valle, le Dita e le Montagne della Luna appartenevano a Casa Arryn...
ma i re più belligeranti dell’epoca di Aegon erano quelli dei due regni limitrofi alla
Roccia del Drago: Harren il Nero e Argilac l’Arrogante.
Dalla grande fortezza di Capo Tempesta, i re di Casa Durrandon avevano un tempo
governato sulla metà orientale del continente occidentale, da Capo Furore a Baia dei
Granchi, ma, nel corso dei secoli, il loro potere era andato via via scemando. I re
dell’Altopiano avevano eroso i loro territori a ovest, mentre i dorniani premevano da sud,
e Harren il Nero e gli uomini di ferro li avevano scacciati dal Tridente e dalle terre a nord
del Fiume delle Rapide Nere. Re Argilac, ultimo dei Durrandon, aveva per un certo
periodo fermato questo declino, respingendo un’invasione dorniana quando ancora era
ragazzo, attraversando il Mare Stretto per unirsi alla grande alleanza contro le tigri, la
fazione belligerante di Volantis e, vent’anni più tardi, uccidendo Garse VII Gardener, re
dell’Altopiano, nella Battaglia del Campo d’Estate. Ma Argilac era ormai vecchio, la sua
celebre chioma nera si era fatta grigia e la sua perizia con le armi era diminuita.
A nord delle Rapide Nere, le Terre dei Fiumi erano governate dalla mano sanguinaria
di Harren il Nero di Casa Hoare, re delle Isole e dei Fiumi. Harwyn Manodura, originario
delle Isole di Ferro, nonno di Harren, aveva ereditato il Tridente da Arrec, nonno di
Argilac, i cui antenati, secoli prima, avevano a loro volta combattuto contro gli ultimi re
dei Fiumi. Il padre di Harren aveva esteso i dominii orientali fino a Duskendale e Rosby.
Quanto a Harren, aveva dedicato la maggior parte del suo lungo regno, durato quasi
quarant’anni, a costruire un enorme castello sulle sponde del lago dell’Occhio degli Dèi;
ma una volta che la maggior parte dei lavori fu compiuta, gli uomini di ferro
cominciarono ben presto a dedicarsi ad altre conquiste.
Nessun re del continente occidentale era più temuto di Harren il Nero, della cui
crudeltà si tramandava nei Sette Regni. E nessun re del continente occidentale si sentiva
più minacciato di Argilac il re della Tempesta, ultimo dei Durrandon... un anziano
guerriero che aveva come unica erede la figlia ancora nubile. Fu così che re Argilac si
rivolse ai Targaryen della Roccia del Drago, offrendo a lord Aegon sua figlia in
matrimonio, e come dote tutte le terre a est dell’Occhio degli Dèi, dal Tridente al Fiume
delle Rapide Nere.
Con sdegno, Aegon Targaryen respinse la proposta del re della Tempesta. Aveva già
due mogli, e di certo non gliene occorreva una terza. Inoltre, le terre che Argilac gli stava
offrendo appartenevano a Harrenhal da più di una generazione, per cui non spettava a lui
cedergliele. Ovviamente il re della Tempesta, invecchiando, era intenzionato a insediare i
Targaryen lungo il Fiume delle Rapide Nere, servendosene come una sorta di bastione tra
le sue terre e quelle di Harren il Nero.
Il lord della Roccia del Drago avanzò comunque una controproposta: avrebbe preso le
terre offerte in dote, se Argilac gli avesse ceduto anche l’Uncino di Massey e i boschi e le
pianure dalle Rapide Nere a sud, fino al Wendwater e alle sorgenti del Mander. Il patto
sarebbe stato suggellato dal matrimonio della figlia di re Argilac con Orys Baratheon,
amico d’infanzia e campione di lord Aegon.
Proposta che Argilac l’Arrogante rigettò con rabbia. Orys Baratheon era un fratellastro
illegittimo di lord Aegon, si sussurrava, e mai il re della Tempesta avrebbe disonorato la
figlia concedendo la di lei mano a un bastardo. La sola idea lo mandò su tutte le furie.
Argilac fece mozzare le mani del messaggero di Aegon, procedendo poi a fargliele
riavere in una scatola. «Queste sono le uniche mani che il tuo bastardo avrà da me»
scrisse.
Un oltraggio al quale Aegon non rispose. Per contro, egli chiese ai suoi amici, vassalli e
principali alleati di raggiungerlo alla Roccia del Drago. Esiguo era il numero di costoro. I
Velaryon di Driftmark avevano giurato fedeltà a Casa Targaryen, e lo stesso valeva per i
Celtigar dell’Isola della Chela. Dall’Uncino di Massey arrivarono lord Bar Emmon di
Punta Acuminata e lord Massey di Stonedance, entrambi legati da giuramento a Capo
Tempesta, ma più vicini alla Roccia del Drago. Lord Aegon e le sue sorelle si riunirono a
consiglio con loro e andarono nel tempio del castello a pregare i Sette del continente
occidentale, anche se il re, fino ad allora, non era mai stato considerato un uomo devoto.
Il settimo giorno, un nugolo di corvi messaggeri partì dalle torri della Roccia del
Drago per diffondere l’annuncio di lord Aegon nei Sette Regni del continente
occidentale: raggiunsero i sette re di Westeros, la Cittadella di Vecchia Città, lord grandi e
piccoli. Tutti portavano lo stesso messaggio: da quel giorno in poi il continente
occidentale avrebbe avuto un solo re. Chi avesse prestato giuramento a Aegon di Casa
Targaryen avrebbe conservato le terre e il titolo. Chi si fosse sollevato in armi contro di lui
sarebbe stato destituito, umiliato e distrutto.
I racconti differiscono su quante spade salparono dalla Roccia del Drago al seguito di
Aegon e delle sue sorelle: alcuni dicono tremila, altri parlano solo di qualche centinaio.
La modesta armata Targaryen sbarcò alla foce delle Rapide Nere, sulla sponda
settentrionale del fiume, dove tre colline boscose si ergevano sopra un piccolo villaggio
di pescatori.
La risposta di Argilac l’Arrogante alla proposta di Aegon.
All’epoca dei Cento Regni, molti re minori avevano rivendicato la loro sovranità sulla
foce del fiume, tra cui i re Darklyn di Duskendale, i Massey di Stonedance e gli antichi re
del Fiume, fossero essi Mudd, Fisher, Bracken, Blackwood o Hook. Torri e fortilizi
avevano di volta in volta cinto le tre colline, per poi essere abbattuti in una guerra o in
un’altra. Adesso, ad accogliere i Targaryen, restavano null’altro che pietre frantumate e
rovine ricoperte di vegetazione. Pur essendo rivendicata sia da Capo Tempesta sia da
Harrenhal, la foce del fiume era indifesa, e i castelli più vicini erano governati da lord di
secondo rango non particolarmente potenti o di scarso valore militare, e soprattutto che
avevano poche ragioni per amare il lord al quale avevano giurato fedeltà, Harren il Nero.
In brevissimo tempo, Aegon Targaryen eresse una fortificazione in terra e legno
intorno alla collina più alta delle tre, e mandò le sue sorelle a raccogliere la sottomissione
dei castelli più vicini. Rosby si arrese a Rhaenys e a Meraxes dagli occhi dorati senza
nemmeno combattere. A Stokeworth, un manipolo di balestrieri cercò di colpire Visenya,
finché le fiamme di Vhagar non diedero fuoco ai tetti del castello. A quel punto, anche
loro si sottomisero.
I corvi portano la notizia della proclamazione di Aegon in tutto il continente occidentale.
Per i conquistatori, la prima, vera prova di forza arrivò da lord Darklyn di Duskendale
e da lord Mooton di Maidenpool, i quali si unirono e marciarono a sud con tremila
uomini per ricacciare in mare gli invasori. Aegon inviò Orys Baratheon ad attaccarli
durante la marcia, mentre lui stesso calava su di loro in groppa a Terrore Nero. Entrambi
i lord restarono uccisi nella battaglia unilaterale che seguì: all’indomani della quale il
figlio di Darklyn e il fratello di Mooton consegnarono i loro castelli e giurarono fedeltà a
Casa Targaryen. A quel tempo Duskendale era il principale porto occidentale del Mare
Stretto, la sua prosperità dovuta proprio al commercio che per esso transitava. Visenya
Targaryen impedì che la città venisse saccheggiata, ma non esitò a reclamarne le
ricchezze, le quali accrebbero notevolmente i forzieri dei conquistatori.
A questo punto, forse è giunto il momento di passare in rassegna le differenze di
carattere tra Aegon Targaryen e le sue sorelle e regine.
Visenya, la maggiore dei tre fratelli, era un guerriero al pari di Aegon, a proprio agio
con la maglia di ferro come con la seta. Portava la spada lunga Sorella oscura che usava
con destrezza, essendosi addestrata fin da piccola con il fratello. Pur avendo i capelli
argenteo-dorati e gli occhi viola dei valyriani, ostentava una bellezza brusca e austera.
Anche le persone che l’amavano di più trovavano che fosse rigida, severa, implacabile;
alcuni dicevano che si trastullasse con i veleni e si dilettasse di magia nera.
Rhaenys, la minore dei tre Targaryen, era tutto ciò che la sorella maggiore non era:
giocosa, curiosa, impulsiva, portata ai voli di fantasia. Affatto guerriera, amava la musica,
il ballo e la poesia, e manteneva numerosi cantastorie, attori e guitti. Inoltre si diceva che
trascorresse più tempo a dorso di drago di quanto non facessero entrambi i suoi fratelli
congiuntamente, poiché volare era la cosa che le piaceva di più. Una volta qualcuno
l’aveva sentita dichiarare che, prima di lasciare il mondo dei vivi, aveva intenzione di
attraversare insieme a Meraxes il Mare del Tramonto, per vedere che cosa c’era sulle sue
coste occidentali. Mentre nessuno aveva mai dubitato della fedeltà di Visenya al
fratello/marito, Rhaenys si circondava di giovani attraenti e si sussurrava ne ospitasse
perfino alcuni nelle sue camere da letto le notti in cui Aegon si appartava con la sorella
maggiore. Tuttavia, nonostante queste voci, gli osservatori a corte non potevano fare a
meno di notare come il re trascorresse dieci notti con Rhaenys per ogni notte con
Visenya.
Quanto a Aegon Targaryen, stranamente, egli rimaneva un enigma tanto per i suoi
contemporanei quanto lo è oggi per noi. Armato della lama d’acciaio di Valyria chiamata
Fuoconero, era annoverato tra i migliori guerrieri della sua epoca, a dispetto della sua
mancata predilezione per i fatti d’armi e del suo non prendere mai parte a mischie e
tornei. La sua cavalcatura era Balerion il Terrore Nero, ma il re volava soltanto in battaglia
o per spostarsi rapidamente sopra terre e mari. La sua presenza autorevole attirava
uomini sotto i suoi stendardi, tuttavia non aveva amici intimi, tranne Orys Baratheon, suo
compagno d’infanzia. Le donne erano attratte da lui, ma Aegon rimase sempre fedele
alle sue sorelle. Come re, aveva grande fiducia nel consiglio ristretto e, di nuovo, nelle
sue sorelle, affidando a loro gran parte del governo ordinario del regno... benché non
esitasse ad assumere il comando ove e quando lo ritenesse necessario. Pur trattando
ribelli e traditori con durezza, era comunque magnanimo con i nemici che facevano atto
di sottomissione.
Di ciò, egli diede prova la prima volta a Forte Aegon, il castello in terra e legno che
aveva costruito sulla sommità di quella che da allora in poi e per sempre sarebbe stata
nota come l’Alta Collina di Aegon. Avendo conquistato una dozzina di castelli e il
controllo della foce delle Rapide Nere su entrambe le sponde del fiume, comandò ai lord
che aveva sconfitto di rendergli omaggio. Una volta che essi ebbero deposto le loro spade
ai suoi piedi, Aegon li fece rialzare e li confermò nelle loro terre e nei loro titoli. Ai
sostenitori più vecchi tributò nuovi onori: Daemon Velaryon, lord delle Maree, fu
nominato maestro della flotta, al comando della forza navale, Triston Massey, lord di
Stonedance, maestro delle leggi e Crispian Celtigar maestro del conio. Infine, dichiarò
Orys Baratheon «mio scudo, mio prode, il mio valido braccio destro». È per siffatta
ragione che Orys Baratheon è riconosciuto dai maestri come il Primo Cavaliere del re
della storia.
Gli stendardi araldici avevano una lunga tradizione tra i lord del continente
occidentale, ma non erano mai stati in uso presso i signori dei draghi dell’antica Valyria.
Quando i cavalieri di Aegon srotolarono il grande vessillo di guerra in seta, con un drago
a tre teste che sputava fuoco, i lord lo presero come un segno che ormai Aegon stesso era
diventato uno di loro, degno di regnare sui re del continente occidentale. Quando la
regina Visenya pose l’anello d’acciaio di Valyria ornato di rubini sulla testa del fratello e la
regina Rhaenys lo salutò come «Aegon, primo del suo nome, re dell’intero continente
occidentale e scudo del suo popolo», il drago ruggì e i lord e i cavalieri lanciarono un
grido... ma furono il popolino, i pescatori, i contadini e le massaie a gridare più forte di
tutti.
Per contro, i sette re di Westeros che Aegon il Drago era determinato a detronizzare di
certo non esultarono.
A Harrenhal e a Capo Tempesta, Harren il Nero e Argilac l’Arrogante avevano già
chiamato a raccolta i vessilli. A ovest, re Mern dell’Altopiano percorse a cavallo la Strada
del Mare verso nord fino a Castel Granito, per incontrarsi con re Loren di Casa Lannister.
La principessa di Dorne inviò un corvo messaggero alla Roccia del Drago, offrendo di
unirsi a Aegon contro Argilac il re della Tempesta... ma come pari e alleata, non come
suddita. Un’altra offerta di alleanza arrivò da Ronnel Arryn, il re ragazzino di Nido
dell’Aquila, piazzaforte della Valle di Arryn, la cui madre chiese tutte le terre a est della
Forca Verde del Tridente in cambio del sostegno della Valle contro Harren il Nero. Anche
a Nord, re Torrhen Stark di Grande Inverno si consultò con i suoi lord vassalli e
consiglieri fino a tarda notte, per decidere come comportarsi con l’aspirante
conquistatore. L’intero reame attendeva con ansia la prossima mossa di Aegon.
Pochi giorni dopo l’incoronazione, gli eserciti di Aegon erano di nuovo in marcia. La
maggior parte dei soldati attraversò il Fiume delle Rapide Nere, dirigendosi a sud, verso
Capo Tempesta, sotto il comando di Orys Baratheon. La regina Rhaenys lo
accompagnava, sul dorso di Meraxes, il drago dagli occhi dorati e dalle scaglie argento. La
flotta Targaryen, guidata da Daemon Velaryon, salpò dal Golfo delle Acque Nere facendo
rotta a nord, verso Città del Gabbiano e la Valle di Arryn. Con essa partirono la regina
Visenya e Vhagar. Il re invece marciò verso nordest, in direzione di Occhio degli Dèi e
Harrenhal, la gigantesca fortezza che costituiva il vanto e l’ossessione di re Harren il
Nero, da lui completata e occupata precisamente nell’attesa dell’arrivo di Aegon, in
quello che in seguito sarebbe diventato il giorno dell’approdo del re.
Tutte e tre le avanzate Targaryen incontrarono una dura resistenza. I lord Errol, Fell e
Buckler, vassalli di Capo Tempesta, colsero di sorpresa gli avamposti dell’esercito di Orys
Baratheon durante il guado del Wendwater, uccidendo più di mille uomini prima di
scomparire di nuovo tra gli alberi. Una flotta Arryn raccolta in fretta e furia, più una
dozzina di vascelli da guerra braavosiani, affrontò e sconfisse quella di Aegon Targaryen
nelle acque al largo di Città del Gabbiano. Nello scontro perse la vita anche Daemon
Velaryon, l’ammiraglio di Aegon. Lo stesso Aegon fu attaccato sulla sponda meridionale
dell’Occhio degli Dèi, non una ma addirittura due volte. La Battaglia delle Canne decretò
una vittoria Targaryen, le cui forze però subirono pesanti perdite ai Salici Gementi,
quando due figli di re Harren varcarono il lago a bordo di navi lunghe con remi silenziosi
e piombarono sulla loro retroguardia.
Queste sconfitte tuttavia non furono significative in quanto, a tutti gli effetti, i nemici
di Aegon non avevano armi valide per contrastare i suoi draghi. Gli uomini della Valle di
Arryn affondarono un terzo delle navi Targaryen, facendo altrettanti prigionieri, ma
quando la regina Visenya calò dal cielo, le loro navi andarono a fuoco. I lord Errol, Fell e
Buckler trovarono rifugio nelle foreste che ben conoscevano, finché la regina Rhaenys
non scatenò Meraxes: un muro di fuoco divampò nei boschi, trasformando gli alberi in
torce. Quanto ai vincitori ai Salici Gementi, mentre tornavano ad attraversare il lago
diretti ad Harrenhal, furono colti alla sprovvista quando Balerion calò dal cielo mattutino.
Le navi lunghe di Harren arsero, e con esse anche i suoi figli.
I nemici di Aegon furono inoltre attaccati da altri nemici. Mentre Argilac l’Arrogante
raccoglieva le sue spade a Capo Tempesta, i pirati delle Stepstones approdarono sulle
coste di Capo Furore approfittando della loro assenza, e le falangi di incursione dorniane
si avventarono dalle Montagne Rosse violando i confini. Nella Valle di Arryn, il giovane
re Ronnel fu costretto ad affrontare una rivolta alle Tre Sorelle, quando gli abitanti
dell’arcipelago rinnegarono la fedeltà a Nido dell’Aquila e proclamarono lady Marla
Sunderland loro regina.
Tuttavia questi erano crucci minori a confronto di ciò che davvero angustiava Harren il
Nero. La nobile Casa Hoare aveva governato le Terre dei Fiumi per tre generazioni, ma gli
uomini del Tridente non amavano i lord feudatari delle Isole di Ferro. Nel corso della
costruzione dell’enorme castello di Harrenhal, Harren il Nero fu il primo responsabile
della morte di migliaia di persone, depredando inoltre le Terre dei Fiumi per procurarsi i
materiali, e riducendo in miseria sia i lord che il popolino per la sua brama di oro. A quel
punto, sotto la guida di lord Edmyn Tully di Delta delle Acque, le Terre dei Fiumi
insorsero contro di lui. Convocato per difendere Harrenhal, Tully si schierò invece a
favore di Casa Targaryen, issò sul castello lo stendardo con il drago e partì insieme ai suoi
cavalieri e agli arcieri per unire le proprie forze a quelle di Aegon. La sua ribellione
incoraggiò gli altri lord del Fiume. L’uno dopo l’altro, i lord del Tridente abbandonarono
Harren e passarono dalla parte di Aegon il Drago. Blackwood, Mallister, Vance, Bracken,
Piper, Frey, Strong... riscossi i loro tributi, si schierarono contro Harrenhal.
Trovandosi d’un tratto in inferiorità numerica, re Harren il Nero si rifugiò nella sua
fortezza, ritenuta inespugnabile. Harrenhal, il più grande castello mai costruito nel
continente occidentale, aveva cinque torri gigantesche, una fonte inesauribile di acqua
dolce, cripte sotterranee stipate di vettovaglie e mura massicce di pietra nera alte più di
qualsiasi scala e troppo spesse per essere sfondate da un ariete o abbattute con una
catapulta. Harren sprangò le porte e si preparò, insieme ai figli e ai sostenitori rimasti, a
resistere all’assedio.
Visenya e Vhagar danno fuoco alla flotta degli Arryn.
Ma Aegon della Roccia del Drago aveva ben altre intenzioni. Una volta unite le sue
forze con quelle di Edmyn Tully e degli altri lord dei Fiumi per accerchiare il castello,
Aegon in persona si presentò alle porte con un vessillo di pace, per parlamentare.
Harren, un uomo anziano, canuto, tuttavia ancora decisamente volitivo nella sua
armatura brunita, scese a incontrarlo. Ciascun re aveva con sé un vessillifero e un
maestro, per cui le parole che si scambiarono sono a tutt’oggi tramandate.
«Arrenditi adesso» esordì Aegon «e rimarrai lord delle Isole di Ferro. Arrenditi
adesso, e i tuoi figli vivranno e regneranno dopo di te. Ho ottomila uomini al di fuori di
queste mura.»
«Quello che c’è fuori non m’interessa» rispose Harren. «Queste mura sono forti e
spesse.»
«Non abbastanza alte per tenere lontani i draghi. I draghi volano.»
«Ho costruito questa fortezza in pietra» ribatté Harren. «La pietra non brucia.»
«Se è questa la tua scelta,» rispose Aegon «quando il sole tramonterà, la tua stirpe sarà
estinta.»
Si narra che, udendo quelle parole, Harren sputò al suolo e rientrò nel suo castello.
Una volta dentro, mandò tutti i suoi uomini sulle fortificazioni merlate, armati di lance,
archi e balestre, promettendo terre e ricchezza a chiunque avesse abbattuto il drago. «Se
avessi una figlia, l’uccisore del drago potrebbe reclamare anche la sua mano» annunciò
Harren il Nero. «Invece gli darò in sposa una delle figlie di Tully, o se preferisce tutte e
tre. Oppure potrà scegliere una rampolla Blackwood, o Strong, o qualsiasi fanciulla nata
da questi traditori del Tridente, questi lord del fango giallo.» Dichiarato ciò, Harren il
Nero si ritirò nella sua torre, circondato dalla sua Guardia reale, per cenare con i figli
superstiti.
Mentre l’ultima luce del sole svaniva, gli uomini di Harren il Nero, serrando lance e
balestre, scrutavano l’oscurità circostante. Quando nessun drago apparve, alcuni
cominciarono forse a pensare che Aegon avesse pronunciato minacce a vuoto. Ma fu
Aegon Targaryen in persona a levarsi in volo con Balerion, il Terrore Nero, attraverso le
nubi, sempre più in alto, finché il drago non fu più grande di una mosca contro il disco
della luna. Solo allora scese, all’interno delle mura del castello. Con le sue ali nere come
la pece, Balerion si tuffò nella notte, e quando le imponenti torri di Harrenhal apparvero
sotto di lui, il drago ruggì la sua furia e le inondò di fuoco nero, venato da rosse spirali
fiammeggianti.
La pietra non brucia, aveva dichiarato Harren, ma il suo castello non era fatto solo di
pietra: legno e lana, canapa e paglia, pane, manzo salato e grano, tutto quanto prese
fuoco. E nemmeno gli uomini di ferro di Harren erano di pietra. Fumanti, urlanti, avvolti
dalle fiamme, correvano nei cortili e precipitavano dai camminamenti sulle mura,
morendo schiantati sul terreno sottostante. E, se il fuoco è abbastanza rovente, perfino la
pietra si spezza e si scioglie. All’esterno delle mura del castello, i lord dei Fiumi
raccontarono poi che le cinque torri di Harrenhal ardevano rosse nella notte come
immani candele... e che, come candele, cominciarono a torcersi e liquefarsi, mentre rivoli
di pietra fusa correvano lungo le loro pareti.
La distruzione di Harrenhal.
Harren e i suoi ultimi figli morirono tra le fiamme che quella notte inghiottirono la sua
mostruosa fortezza. La Casa Hoare morì con lui, e così la sovranità delle Isole di Ferro
sulle Terre dei Fiumi. Il giorno successivo, davanti alle rovine fumanti di Harrenhal, re
Aegon accettò il giuramento di fedeltà di Edmyn Tully, lord di Delta delle Acque, e lo
nominò lord supremo del Tridente. Anche gli altri lord dei Fiumi resero omaggio: a
Aegon come re e a Edmyn Tully come lord. Quando le ceneri si furono raffreddate quanto
bastava da poter entrare senza rischi nel castello, le spade dei caduti, molte delle quali si
erano spezzate o fuse, oppure erano state contorte in viluppi d’acciaio dal fuoco di drago,
furono raccolte e trasportate a Forte Aegon dai carri.
A sud e a est, i vassalli del re della Tempesta si dimostrarono molto più leali di re
Harren. Argilac l’Arrogante riunì attorno a sé un vasto esercito a Capo Tempesta. Il
castello dei Durrandon era una fortezza possente, le cui pareti interne erano ancora più
spesse delle mura di Harrenhal. Anch’essa era considerata inespugnabile. Tuttavia la
notizia della fine di re Harren non tardò ad arrivare alle orecchie di re Argilac, suo
vecchio nemico. I lord Fell e Buckler, rientrati prima dell’esercito in arrivo (lord Erroll era
stato ucciso), gli avevano portato nuove della regina Rhaenys e del suo drago. Il vecchio
re guerriero urlò che non intendeva morire come Harren, cotto nel suo castello come un
maialino da latte con la mela in bocca. Abituato a combattere, avrebbe deciso il proprio
destino con la spada in pugno. Così Argilac l’Arrogante uscì per l’ultima volta a cavallo
da Capo Tempesta, deciso ad affrontare i suoi nemici in campo aperto.
L’avvicinarsi del re della Tempesta non fu una sorpresa per Orys Baratheon e i suoi
uomini: la regina Rhaenys, volando in groppa a Meraxes, aveva assistito alla partenza di
Argilac da Capo Tempesta e fu in grado di fornire al Primo Cavaliere una descrizione
completa del numero e della disposizione dei nemici. Orys assunse una solida posizione
sulle colline a sud della Porta di Bronzo, trincerandosi in alto ad aspettare l’arrivo degli
uomini delle Terre della Tempesta.
Quando gli eserciti si scontrarono, le Terre della Tempesta tennero fede al proprio
nome. Quel mattino, cominciò a cadere una pioggia costante che a mezzogiorno era
diventata una violenta burrasca. I lord vassalli cercarono di convincere re Argilac a
rinviare l’attacco al giorno successivo, nella speranza che la pioggia cessasse. Ma il re
della Tempesta era in vantaggio numerico, il doppio degli uomini rispetto ai
conquistatori, e quasi quattro volte tanto come cavalieri e cavalli pesanti. La vista degli
stendardi Targaryen fradici che garrivano sulle sue terre lo fece infuriare, e il vecchio ed
esperto guerriero non mancò di notare che la pioggia soffiava da sud, contro gli uomini
Targaryen schierati sulle colline. Dunque Argilac l’Arrogante diede il comando di
attaccare: la battaglia conosciuta come Ultima Tempesta ebbe inizio.
Il combattimento durò fino a notte inoltrata. Uno scontro cruento, decisamente meno
sbilanciato rispetto alla conquista di Harrenhal da parte di Aegon. Per tre volte Argilac
l’Arrogante guidò i suoi cavalieri contro le posizioni di Baratheon, ma i pendii erano
ripidi e le piogge avevano reso il terreno soffice e fangoso, per cui i cavalli da guerra
avevano difficoltà e affondavano, le cariche perdevano completamente slancio e coesione.
Gli uomini delle Terre dei Fiumi se la cavarono meglio quando mandarono i loro lancieri
a piedi sulla collina. Accecati dalla pioggia, gli invasori non li videro salire, se non
quando fu troppo tardi. Le corde bagnate degli arcieri rendevano le loro armi
inutilizzabili. Una collina cadde, poi un’altra, finché la quarta e ultima carica del re della
Tempesta e dei suoi cavalieri sbaragliò il nucleo di Baratheon... e finì per imbattersi nella
regina Rhaenys e in Meraxes. Perfino al suolo, il drago diede prova di essere temibile.
Dickon Morrigen e il Bastardo di Blackhaven, che comandavano l’avanguardia, furono
travolti dal respiro di drago, insieme ai cavalieri della guardia personale di re Argilac. In
preda al panico, i cavalli da guerra fuggirono terrorizzati, travolgendo i cavalieri dietro di
loro. La carica si trasformò in caos. Quanto al re della Tempesta, egli stesso venne
scaraventato giù di sella.
Eppure Argilac continuò a combattere. Quando Orys Baratheon scese dalla collina
fangosa con i suoi uomini, trovò il vecchio re che ancora affrontava una mezza dozzina di
uomini, con altrettanti cadaveri ai suoi piedi. «Fatevi da parte» ordinò Baratheon. Smontò
da cavallo per incontrare il re della Tempesta in singolar tenzone, offrendogli comunque
un’ultima occasione di arrendersi. Argilac invece inveì contro di lui. E così si batterono: il
vecchio re guerriero con i suoi capelli bianchi fluenti e il fiero Primo Cavaliere di Aegon
con la barba nera. Ognuno dei due fu ferito dall’altro, si dice, ma alla fine l’ultimo dei
Durrandon ebbe ciò che voleva, morendo con la spada in pugno e una bestemmia sulle
labbra. La morte del re scoraggiò gli uomini delle Terre della Tempesta: non appena si
diffuse la notizia che Argilac era caduto, tutti i suoi lord e i cavalieri deposero le spade e
fuggirono.
Re Aegon, primo del suo nome, aveva conquistato i Sette Regni all’età di ventisette anni.
Ma ora si trovava ad affrontare la temibile sfida di governare quel reame di recente
formazione.
I sette regni guerreggianti erano raramente stati in pace all’interno dei propri confini,
difficile immaginare come ci sarebbero riusciti ora che quegli stessi confini erano
diventati privi di significato. Per riunirli sotto un unico governo ci voleva un uomo
veramente straordinario. Ma la buona sorte del reame volle che Aegon Targaryen fosse
dotato di un eccezionale intuito e di grande determinazione. La sua idea di un continente
occidentale unito – pur dimostrandosi più difficile da realizzare di quanto lui avesse
immaginato, oltre che molto più costoso – era destinata a plasmare il corso della storia
per i secoli a venire.
Fu Aegon che vide una grande città regale, in grado di rivaleggiare e superare
Lannisport e Vecchia Città, sorgere tutto attorno al primitivo Forte Aegon. E anche se, ai
suoi inizi, Approdo del Re era un posto affollato, fangoso e maleodorante, brulicò
sempre di attività. Un tempio provvisorio ricavato all’interno di una cocca attraccata nelle
Acque Nere serviva la gente comune. Ben presto per un tempio più grande venne eretto
sulla Collina di Visenya con il conio mandato dall’Alto Septon. (A esso, in seguito, andò
ad aggiungersi il Tempio della Memoria, sulla Collina di Rhaenys, in ricordo della
regina.)
Dove un tempo si vedevano solo barche da pesca, adesso cominciavano ad arrivare
cocche e galee da Vecchia Città, Lannisport, dalle città libere e perfino dalle Isole
dell’Estate, e il flusso primario del commercio passò da Duskendale e Maidenpool ad
Approdo del Re. Quanto a Forte Aegon, esso s’ingrandì, superando la palizzata iniziale
per arrivare a comprendere gran parte dell’Alta Collina di Aegon. Venne eretto un nuovo
torrione di legno, alto cinquanta piedi, che resistette fino al 35 DC, quando Aegon lo
abbatté perché la Fortezza Rossa potesse diventare un castello più consono ai Targaryen
e ai loro eredi.
Nel 10 DC Approdo del Re era una vera città. Nel 25 DC aveva superato Porto Bianco e
Città del Gabbiano, diventando il terzo insediamento più grande dei Sette Regni. E
tuttavia, per tutto quel tempo, essa rimase priva di mura. Forse Aegon e le sue sorelle
pensavano che nessuno avrebbe osato attaccare una città che a propria protezione aveva
dei draghi.
Nel 19 DC però si sparse la voce che una flotta di pirati aveva saccheggiato Città degli
Alberi Alti, nelle Isole dell’Estate, impossessandosi di migliaia di schiavi e di una vera e
propria fortuna. Turbato dalla notizia, rendendosi conto che egli e Rhaenys non sempre
erano ad Approdo del Re, Aegon decise di far erigere la cinta delle mura. La costruzione
venne affidata al gran maestro Gawen e a ser Osmund Strong, Primo Cavaliere del re.
Aegon decretò che all’interno delle mura avrebbe dovuto esserci spazio sufficiente per
permettere alla città di espandersi, e che sette grandi corpi di guardia, in onore dei Sette
Dèi, avrebbero difeso altrettante porte. La costruzione iniziò l’anno successivo, e fu
completata nel 26 DC.
Con il crescere e il prosperare della città, anche il regno cresceva. Ciò era in parte
dovuto agli sforzi del Conquistatore di guadagnarsi sia il rispetto dei suoi lord alfieri che
quello del popolino. In questo, fu spesso sostenuto da Rhaenys (finché ella restò in vita),
la quale aveva particolarmente a cuore la gente comune. La regina fu anche una mecenate
di bardi e cantori: sua sorella Visenya lo riteneva uno spreco, ma quegli artisti
componevano canti in lode dei Targaryen, diffondendoli per tutto il regno. E se anche
contenevano sfacciate menzogne che facevano apparire Aegon e le sorelle molto più
gloriosi, alla regina questo non dispiaceva. Ai maestri, per contro...
La regina si adoperò anche per consolidare il regno tramite matrimoni tra case
lontane. Di conseguenza, la morte di Rhaenys a Dorne nel 10 DC, e il furore che ad essa
seguì, afflisse gran parte del regno che aveva amato la regina avvenente e buona.
Tuttavia, nonostante un reame ammantato di gloria, la Prima Guerra Dorniana fu una
delle grandi sconfitte di Aegon.
Il conflitto ebbe inizio nel 4 DC e terminò nel 13 DC, nove lunghi anni di tragedia e
sangue versato. Molte furono le calamità di quella guerra: la morte di Rhaenys, gli anni
della Furia del Drago, i lord assassinati, gli aspiranti sicari ad Approdo del Re e nella
stessa Fortezza Rossa. Fu un periodo funesto.
Ma da quella tragedia sarebbe nata un’istituzione gloriosa: la confraternita giurata
della Guardia reale. Quando Aegon e Visenya posero delle taglie sulle teste dei lord
dorniani, molti di loro vennero uccisi. Per rappresaglia, anche i dorniani assoldarono loro
mestatori e assassini.
In una circostanza, nel 10 DC, Aegon e Visenya furono entrambi aggrediti per le strade
di Approdo del Re. Se non fosse stato per la regina e la Sorella oscura probabilmente il re
non sarebbe sopravvissuto. Tuttavia, Aegon era ancora convinto che le sue guardie
fossero sufficienti per difenderlo, Visenya lo convinse del contrario. (Si narra che quando
Aegon indicò le guardie, la regina alzò la Sorella oscura e gli sfregiò la guancia prima che
i suoi uomini riuscissero a reagire. «Le tue guardie sono lente e pigre» avrebbe detto
Visenya, e il re si vide costretto a darle ragione.)
Approdo del Re e Forte Aegon.
Fu Visenya, quindi, non Aegon, a decidere la natura della Guardia reale: sette
campioni per il lord dei Sette Regni, tutti cavalieri. Adattò il loro giuramento sulla base
di quello dei Guardiani della notte, in modo che rinunciassero a ogni cosa al di fuori del
loro dovere nei confronti del re. E quando Aegon parlò di un grande torneo per scegliere
la prima Guardia reale, Visenya lo dissuase, dicendo che non sarebbe bastata l’abilità
nelle armi a proteggerlo, era necessaria anche una lealtà incrollabile. Il re affidò quindi
alla stessa Visenya la selezione dei primi cavalieri dell’ordine. La storia comprova che la
sua fu una scelta saggia: due caddero combattendo per difenderlo e tutti lo servirono con
onore fino alla fine dei loro giorni. Il libro bianco riporta i loro nomi, insieme al nome e
alle gesta di tutti i cavalieri che hanno pronunciato il giuramento: ser Corlys Velaryon, il
primo lord comandante, ser Richard Roote, ser Addison Hill, il bastardo di Cornfield, i
fratelli ser Gregor e ser Griffith Goode, ser Humfrey il Guitto, un cavaliere errante, e ser
Robin Darklyn, chiamato Darkrobin, il primo di molti Darklyn a indossare il mantello
bianco.
La «regola del sei», entrata poi a far parte del diritto, è stata promulgata da Rhaenys mentre sedeva sul Trono di
Spade durante una visita del re alle principali città del regno. I fratelli di una donna picchiata a morte dal marito
avevano presentato una petizione. L’uomo, che aveva sorpreso la moglie con un altro, si difese notando giustamente
che un marito poteva per legge castigare la moglie adultera (il che rispondeva a verità, anche se a Dorne vigevano
regole diverse), purché usasse un bastone non più grosso di un pollice. Tuttavia, secondo i fratelli della donna, il
marito l’aveva colpita un centinaio di volte, cosa che peraltro egli stesso non negava. Dopo essersi consultata con
maestri e septon, Rhaenys decretò che – sebbene gli dèi abbiano creato le donne perché obbediscano ai mariti e
possano quindi essere legalmente percosse – devono essere inflitti non più di sei colpi, uno per ognuno dei Sette Dèi
tranne l’Estraneo, che è la morte. Per questo motivo, Rhaenys dichiarò che novantanove colpi erano stati illegittimi, e
concesse ai fratelli della donna morta di pareggiare i conti, somministrandone altrettanti al marito.
Avendo scelto fin dall’inizio un certo numero di fidati consiglieri – i quali, all’epoca di
Jaehaerys I, formavano il concilio ristretto che da allora in avanti avrebbe sempre
affiancato i re –, Aegon il Conquistatore spesso lasciava l’amministrazione quotidiana del
reame alle sorelle e a quei consiglieri. Per contro, si prodigava con la sua presenza a
mantenere l’unità del reame stesso, incutendo nei sudditi rispetto e, quando necessari,
timore. Per sei mesi all’anno, il re volava a turno da Approdo del Re alla Roccia del Drago,
perché, se la città era per lui la sede del regno, l’isola che odorava di zolfo e sale marino
era il posto che più amava.
Gli altri sei mesi li dedicava a visitare le principali città del regno. Viaggiò per il resto
della sua vita, fino all’ultima missione nel 33 DC, avendo sempre cura di porgere i suoi
omaggi all’Alto Septon nel Tempio Stellato quando passava da Vecchia Città, di
alloggiare nelle dimore dei lord delle grandi case (l’ultima volta anche a Grande Inverno)
e sotto il tetto di tanti lord di rango minore, cavalieri e semplici locandieri. Il re portava
con sé un seguito scintillante ovunque andasse: durante uno dei suoi viaggi, più di mille
cavalieri lo accompagnarono, oltre a numerosi lord e lady.
Durante questi viaggi il re era accompagnato non solo dalle persone di corte, ma anche
da maestri e septon. Sei maestri spesso lo affiancavano per informarlo sulle leggi locali e
sulle tradizioni dei regni passati, affinché egli potesse amministrare con giustizia quando
teneva corte. Piuttosto che tentare di unificare il reame sotto un insieme di leggi,
rispettava le diverse usanze di ogni regione, cercando di giudicare come avrebbero fatto i
re che lo avevano preceduto. (In seguito, un altro re avrebbe avuto il compito di
armonizzare le leggi del regno.) Dalla conclusione della Prima Guerra Dorniana fino alla
morte di Aegon nel 37 DC, il reame fu in pace, e Aegon governò con tolleranza e
saggezza. Dalle sue due mogli, aveva dato al regno «un erede e un secondo erede di
riserva»: quello maggiore, il principe Aenys, da Rhaenys (da lungo tempo ormai
deceduta) e quello minore, il principe Maegor, da Visenya.
Re Aegon I Targaryen morì dove era nato, nella sua amata Roccia del Drago.
Le cronache concordano sul fatto che si trovava nella Sala del Tavolo Dipinto, e che,
mentre stava narrando ai nipoti, Aegon e Viserys, la storia delle sue conquiste, cominciò
a balbettare e crollò. I maestri dichiararono che si era trattato di un cedimento del cuore,
e che il Drago aveva avuto una morte rapida e serena. Il suo corpo venne cremato nel
cortile della cittadella della Roccia del Drago, come era usanza presso i Targaryen e,
prima di loro, presso i valyriani. Aenys, principe della Roccia del Drago ed erede al Trono
di Spade, era ad Alto Giardino quando venne informato della morte del padre. Volò
rapidamente indietro con il suo drago per ricevere la corona.
Dopo Aegon il Conquistatore, tutti i re che salirono sul Trono di Spade trovarono un
regno molto meno docile sul quale dominare.
Aenys I
Per tradizione i Targaryen si erano sempre sposati tra consanguinei. Il matrimonio ideale era tra fratello e sorella. In
alternativa, una fanciulla poteva sposare uno zio, un cugino o un nipote; un ragazzo una cugina, una zia o una nipote.
Questa pratica risaliva all’antica Valyria, dove era seguita da molte famiglie illustri, soprattutto da quelle che
allevavano e cavalcavano i draghi. «Il sangue del drago deve rimanere puro» dicevano i saggi. Alcuni principi
stregoni, se lo desideravano, prendevano anche più di una moglie, il che però era meno frequente dei matrimoni
incestuosi. Nella Valyria antecedente al Disastro, scrivevano i saggi, si adoravano migliaia di dèi, ma nessuno di loro
era temuto, per cui pochi osavano pronunciarsi contro tali costumi.
Non così nel continente occidentale, dove il potere del Credo dominava incontestato. L’incesto – fosse tra padre e
figlia, madre e figlio, fratello e sorella – era ritenuto un peccato mostruoso, e i frutti di tali unioni erano considerati
abomini agli occhi degli dèi e degli uomini. In retrospettiva, si può capire come il conflitto tra il Credo e la Casa
Targaryen fosse inevitabile.
Allontanato Maegor, Aenys ritenne di avere messo la cosa a tacere, ma l’Alto Septon
non era ancora soddisfatto. Nemmeno la nomina del septon Murmison, ritenuto in grado
di compiere miracoli, a Primo Cavaliere poté sanare la frattura con il Credo.
Nel 41 DC, Aenys peggiorò ulteriormente la situazione, quando scelse di far sposare la
figlia maggiore, Rhaena, al proprio figlio ed erede, Aegon, che designò principe della
Roccia del Drago al posto di Maegor. Dal Tempio Stellato arrivò una pubblica condanna,
quale il re non aveva mai ricevuto prima, indirizzata al «Re Abominio»... e
improvvisamente i lord devoti e perfino il popolino, che un tempo avevano amato Aenys,
si schierarono contro di lui.
Septon Murmison fu espulso dal Credo per avere officiato la cerimonia, e gli zelanti
Poveri Compagni insorsero, facendolo letteralmente a pezzi due settimane dopo, mentre
veniva trasportato in lettiga per le strade cittadine. I Figli del Guerriero cominciarono a
fortificare la Collina di Rhaenys, trasformando il Tempio della Memoria in una cittadella
in grado di resistere al re. Inoltre, i Poveri Compagni tentarono addirittura di uccidere
Aenys e la sua famiglia dentro il castello, scalando le mura e infilandosi negli
appartamenti reali. Fu solo grazie al valore e all’abnegazione di un cavaliere della
Guardia reale che la famiglia del re sopravvisse.
Di fronte a tutto questo, Aenys abbandonò la città con la famiglia, riparando alla
Roccia del Drago. A quel punto Visenya gli consigliò di prendere i draghi e di portare
fuoco e sangue sia nel Tempio Stellato che in quello della Memoria. Ma il re, incapace di
assumere una posizione decisa, cadde ammalato, con dolorosi crampi che gli
attanagliavano l’addome e scariche di dissenteria.
Alla fine del 41 DC, la maggior parte del regno era contro di lui. Migliaia di Poveri
Compagni si aggiravano per le strade minacciando i sostenitori del re, e dozzine di lord
insorsero contro il Trono di Spade. Anche se Aenys aveva solo trentacinque anni, pareva
dimostrarne sessanta, e il gran maestro Gawen disperò di migliorare le sue condizioni.
La regina vedova Visenya si prese cura di lui e, per un periodo, la sua salute parve
migliorare. Ma poi ebbe un improvviso tracollo. Aveva appreso che il figlio e la figlia
erano assediati nel castello di Crakehall, dove si erano rifugiati quando il loro viaggio
annuale nel regno era stato interrotto dalle sommosse contro il trono. Aenys I Targaryen
morì tre giorni dopo e, come suo padre prima di lui, fu cremato alla Roccia del Drago,
secondo l’antica usanza di Valyria.
In seguito, dopo la scomparsa di Visenya, s’incominciò a insinuare che la morte
improvvisa di re Aenys potesse essere stata opera della stessa regina, e alcuni la
definirono un’assassina di consanguinei e sterminatrice di re. Non aveva forse preferito
in tutto Maegor rispetto ad Aenys? Non aveva forse l’ambizione che il figlio potesse
regnare? Perché, infine, si era presa cura del figliastro e dei nipoti, quando sembrava
disgustata da lui? Visenya era molte cose, ma non aveva mai dato prova di essere una
donna compassionevole. È una domanda che non può essere accantonata con
leggerezza... e alla quale non è facile dare una risposta.
L’incendio del Tempio della Memoria.
Maegor I
Maegor, primo del suo nome, ascese al trono all’improvvisa morte del fratello, re Aenys,
nel 42 DC. Egli è meglio ricordato come Maegor il Crudele, soprannome ben meritato:
mai il Trono di Spade ebbe re più spietato di lui.
Nel sangue ebbe inizio il suo regno, nel sangue esso ebbe fine.
Le cronache narrano che Maegor amava le guerre e le battaglie, ma è chiaro che una
cosa egli bramava più di qualsiasi altra: la violenza. La violenza, la morte e l’assoluto
dominio su tutto ciò che considerava come proprio. Quale demone lo possedesse a
nessuno è dato sapere. Ancora oggi, alcuni sono grati che la sua tirannia sia stata di
breve durata. Diversamente, impossibile dire quante nobili case sarebbero scomparse
per sempre solo per saziare la sua sete di annientamento.
Pare che Aenys fosse una spada passabile e una lancia mediocre: abile quel tanto da non sfigurare, ma poco di più.
Maegor, per contro, aveva sfidato cavalieri esperti in una mischia quando aveva non più di tredici anni ed era
diventato rapidamente celebre nel torneo reale del 28 DC, battendo di seguito tre cavalieri della Guardia reale in lizza
e proseguendo nella mischia fino alla vittoria. Fu fatto cavaliere da re Aegon a sedici anni, il più giovane cavaliere del
reame a quel tempo.
Non appena Aenys fu sepolto, Visenya montò su Vhagar e volò a est, verso Pentos, per
richiamare il figlio Maegor nei Sette Regni dall’esilio. Maegor attraversò il Mare Stretto
sulle ali di Balerion, fermandosi alla Roccia del Drago il tempo necessario per essere
incoronato con l’anello d’acciaio di Valyria del padre, invece che con la ben più preziosa
corona del fratello.
Il gran maestro Gawen protestò, notando che, secondo le leggi di successione, a salire
al trono avrebbe dovuto essere il principe Aegon, figlio maggiore di Aenys. Come
risposta, Maegor accusò il maestro di tradimento, lo condannò a morte e gli mozzò la
testa con un colpo formidabile della sua Fuoconero, spada di acciaio di Valyria.
Dopodiché, ben pochi osarono sostenere la pretesa al trono di Aegon. I corvi messaggeri
si levarono in volo, annunciando che era stato incoronato un nuovo re, un re che avrebbe
trattato con giustizia i suoi leali seguaci, e sterminato come traditori tutti coloro i quali a
lui si fossero opposti.
Il principale avversario di Maegor fu il Credo Militante – gli ordini dei Figli del
Guerriero e dei Poveri Compagni – e la guerra contro di loro fu lo scenario costante del
suo regno. Ad Approdo del Re, gli ordini militanti avevano preso possesso del Tempio
della Memoria e della Fortezza Rossa ancora in costruzione. Ma Maegor, impavido sul
dorso di Balerion, volò direttamente all’interno della città, levando il vessillo con il drago
rosso di Casa Targaryen sulla Collina di Visenya, così da attirare uomini intorno a sé.
Accorsero a migliaia.
Poi Visenya intimò a chiunque non riconoscesse il diritto di Maegor a governare di
farsi avanti. Il capitano dei Figli del Guerriero raccolse la sfida. Ser Damon Morrigen,
chiamato Damon il Devoto, accettò un giudizio di sette, secondo l’usanza antica: ser
Damon e sei Figli del Guerriero contro il re e sei dei suoi campioni. Fu una tenzone nella
quale la posta in gioco era il regno stesso. Molte, e spesso divergenti, sono le cronache e i
resoconti. Ciò che sappiamo è che fu re Maegor l’ultimo a rimanere in piedi, ma giusto
alla fine ricevette un forte colpo alla testa, cadendo a terra privo di sensi un attimo dopo
che l’ultimo Figlio del Guerriero era morto.
E privo di sensi Maegor rimase per ventisette giorni. Il ventottesimo giorno, la regina
Alys lo raggiunse da Pentos (Maegor era ancora senza prole), e con lei arrivò anche una
magnifica donna pentoshi chiamata Tyanna della Torre. Evidentemente, era diventata
amante di Maegor durante l’esilio, e alcuni sussurravano lo stesso anche della regina
Alys. La regina vedova, dopo avere incontrato Tyanna, decise di affidare il re alle sue cure,
la qual cosa non poco turbò i sostenitori di Maegor.
Il trentesimo giorno dopo il giudizio di sette, il re si svegliò all’alba e uscì a camminare
sulle mura. Migliaia di persone lo acclamarono... ma non nel Tempio della Memoria, dove
centinaia di Figli del Guerriero si erano riuniti per le preghiere del mattino. Poi Maegor
montò su Balerion, spostandosi in volo dalla Collina di Aegon a quella di Rhaenys. Senza
alcun preavviso, scatenò il fuoco di Terrore Nero. Mentre il Tempio della Memoria ardeva
tra le fiamme emesse dal drago, alcuni tentarono di fuggire, ma solo per essere abbattuti
dagli arcieri e dai lancieri fatti appostare da Maegor. Si narra che le urla dell’incendio e
dei morenti siano echeggiate per l’intera città, e gli storiografi sostengono che una nube
satura di residui di morte aleggiò sopra Approdo del Re per sette interi giorni.
Questo fu solo l’inizio della guerra di Maegor contro il Credo Militante.
L’Alto Septon restò devotamente contrario al suo governo, e Maegor continuò a
radunare sempre più lord al suo fianco. Nella battaglia a Ponte-di-pietra, i Poveri
Compagni caddero a schiere, e si narra che il Mander sia diventato rosso di sangue per
venti leghe. In seguito, il ponte e il castello che lo dominava furono rinominati
Ponteamaro.
Una battaglia ancora più terribile ebbe luogo alla Grande Forca delle Rapide Nere,
dove tredicimila Poveri Compagni – oltre a centinaia di cavalieri della sezione dei Figli
del Guerriero distaccata a Tempio di Pietra e centinaia di lord ribelli delle Terre dei Fiumi
e delle Terre dell’Ovest che si erano uniti a loro – si batterono contro il re. Fu uno scontro
cruento, che durò fino al calare della notte, e al termine del quale Maegor ottenne una
vittoria decisiva. Il re volò in battaglia sul dorso di Balerion e, sebbene la pioggia
inumidisse le fiamme di Terrore Nero, anche quella volta il drago si lasciò dietro una scia
di morte.
Il Credo Militante rimase il più acerrimo nemico di Maegor per l’intera durata del suo
regno. Lo stesso vale per il sovrano verso il Credo. Perfino la misteriosa morte dell’Alto
Septon nel 44 DC, al quale subentrò un prelato molto più affabile e sottomesso, che cercò
di sciogliere le Spade e le Stelle, non sanò più di tanto il clima di violenza.
La Battaglia di Ponte-di-pietra.
Le guerre di Maegor nei loro confronti furono ulteriormente inasprite dai suoi
numerosi matrimoni nel vano tentativo di ottenere un erede. Infatti, per quante donne
sposasse – e con cui andasse a letto – continuava a rimanere senza prole. Prese in moglie
donne di comprovata fertilità che aveva reso vedove. Eppure l’unica progenie generata
dal suo seme furono esseri mostruosi: orride creature deformi, senza occhi, prive di arti o
con attributi sia maschili sia femminili. Il suo scivolare nella follia, secondo alcuni,
cominciò con il primo di questi abomini.
Durante il suo regno, Maegor ottenne quantomeno un risultato: il completamento
della Fortezza Rossa, nel 45 DC. L’opera era stata avviata da re Aegon e proseguita da re
Aenys, ma fu Maegor a concluderla. Egli andò oltre il progetto sia del padre sia del
fratello, erigendo all’interno del castello più grande un secondo fortilizio circondato da
un fossato, e in seguito conosciuto come il Fortino di Maegor.
In particolare, Maegor fu il primo a imporre la costruzione di tunnel e di passaggi
segreti. Vennero introdotte finte pareti e botole e, sparse sotto l’Alta Collina di Aegon,
c’erano sempre più gallerie. La mancanza di eredi sembrò passare in secondo piano
quando Maegor in persona si dedicò a sovrintendere alla costruzione. Nominò il suocero,
lord Harroway, nuovo Primo Cavaliere e, per un certo periodo, mentre assisteva al
completamento del castello, lasciò a lui la conduzione del reame.
Appena posata l’ultima pietra della Fortezza Rossa, Maegor ordinò che le rovine del Tempio della Memoria venissero
rimosse dalla cima della Collina di Rhaenys, e con esse anche le ceneri e le ossa dei Figli del Guerriero lassù
deceduti. Al loro posto, decretò il re, sarebbe stata eretta una grande «stalla per draghi» in pietra, un riparo degno di
Balerion, Vhagar e della loro progenie.
Cominciò così la costruzione della Fossa del Drago. Come forse prevedibile, fu molto difficile trovare muratori,
tagliapietre e manovali che lavorassero al progetto. Ci furono talmente tante defezioni, che il re dovette utilizzare
come forza lavoro i prigionieri delle carceri cittadine, sotto la supervisione dei costruttori fatti arrivare da Myr e da
Volantis.
Tuttavia, come sempre nel dominio di Maegor, perfino questo grande risultato fu
trasformato in orrore. Quando la fortezza venne finalmente completata, il re diede un
grande banchetto per i muratori, gli intagliatori e gli altri artigiani che avevano
contribuito alla costruzione del castello. Ma, dopo tre giorni di festeggiamenti offerti dal
re, vennero tutti passati a fil di spada, di modo che i segreti della Fortezza Rossa
appartenessero solo e solamente a Maegor.
Alla fine, fu un’azione congiunta del Credo e dei membri della stessa Casa Targaryen a
sancire la rovina di Maegor.
Nel 43 DC, suo nipote, il principe Aegon, tentò di riconquistare il trono, che per legge
avrebbe dovuto essere suo, in quella che poi fu nota come la grande Battaglia presso
l’Occhio degli Dèi. Aegon perse la vita in combattimento, lasciando la moglie e sorella
Rhaena, e le figlie gemelle. Morì anche il suo drago Lestoargento.
In seguito, alla fine del 45 DC, re Maegor indisse una nuova campagna contro il Credo
Militante ribelle, il quale non aveva deposto le armi come ordinato dal nuovo Alto
Septon. Secondo un inventario dell’epoca, l’anno successivo il re ritornò da quella
campagna con duemila teschi come trofeo, a suo dire appartenenti a fuorilegge Figli del
Guerriero e Poveri Compagni, anche se molti pensavano più probabile che si trattasse
delle teste di persone comuni cui era capitato di trovarsi nel posto sbagliato al momento
sbagliato. Giorno dopo giorno, sempre più il regno si rivoltava contro il re.
La morte della regina vedova Visenya, nel 44 DC, fu un evento assai rimarchevole,
nonostante Maegor sembrasse farsene rapidamente una ragione. Fin dalla nascita,
Visenya era stata la sua principale alleata e sostenitrice, riuscendo così a farlo
primeggiare sul fratello maggiore Aenys e industriandosi in tutti i modi possibili per
assicurargli la successione. Nel caos che seguì la sua dipartita, la regina Alyssa, vedova di
Aenys, si eclissò dalla Roccia del Drago, portando con sé i figli e Sorella oscura, la spada
d’acciaio di Valyria che era appartenuta a Visenya.
Il principe Viserys, secondogenito di Alyssa e Aenys dopo Aegon, era però dovuto
restare nella Fortezza Rossa come scudiero del re, e soffrì per la sua fuga. Morì dopo nove
giorni d’interrogatorio, per mano di Tyanna della Torre. Il re lasciò il suo cadavere per
due settimane nel cortile del castello, come mere frattaglie, sperando che la notizia
costringesse la regina Alyssa a reclamare i resti del figlio. Ma Alyssa non ritornò. Alla
sua morte, Viserys aveva quindici anni.
Nel 48 DC, septon Luna e ser Joffrey Doggett, detto anche il Cane Rosso delle Colline,
capeggiarono i Poveri Compagni contro il re, e Delta delle Acque si schierò con loro.
Quando anche lord Daemon Velaryon, ammiraglio della flotta del re, si rivoltò contro
Maegor, molte grandi case si unirono a lui.
La tirannia di Maegor non era più tollerabile e, alla fine, pressoché l’intero reame
insorse per porvi fine.
Il giovane principe Jaehaerys, unico figlio ancora in vita di Aenys e Alyssa, allora solo
quattordicenne, avanzò la pretesa di unificarli tutti, con l’appoggio del lord di Capo
Tempesta da lui nominato Protettore del Reame e Primo Cavaliere del re. Quando la
regina Rhaena, che Maegor aveva sposato dopo la morte di Aegon, seppe della
proclamazione del fratello, fuggì con il suo drago Sogno di Fuoco, portando via nel sonno
al suo re e marito la spada Fuoconero. Perfino due cavalieri della Guardia reale
abbandonarono Maegor per unirsi a Jaehaerys.
La risposta di Maegor fu lenta, confusa. La serie di tradimenti – e forse anche la
perdita della guida materna – sembrò lasciarlo, a suo modo, a pezzi come Aenys.
Convocò ad Approdo del Re i lord fedeli, ma a presentarsi furono solo quelli minori delle
Terre della Corona, i quali avevano pochi uomini da schierare contro i numerosi nemici
del re. A tarda notte, nell’ora del lupo, gli ultimi lord abbandonarono la sala del concilio,
lasciando Maegor da solo a meditare. La mattina dopo, all’alba, il re fu trovato morto
sullo scranno, le vesti intrise di sangue, le braccia squarciate dalle lame del Trono di
Spade.
Così finì Maegor il Crudele.
Come abbia trovato la morte è oggetto di molta speculazione. Anche se i cantastorie
vogliono far credere che sia stato ucciso dal Trono di Spade stesso, alcuni sospettano la
sua Guardia reale, altri qualche muratore che il sovrano non era riuscito a eliminare e che
conosceva i segreti della Fortezza Rossa. Ma lo scenario forse più verosimile è che il re,
piuttosto che sopportare la sconfitta, abbia commesso suicidio. Qualunque sia la verità,
dopo sei anni di terrore inflitti da Maegor, la sua epoca si chiudeva nell’unico modo
possibile.
E il regno di suo nipote avrebbe fatto di tutto per rimediare alle profonde lacerazioni
lasciate nei Sette Regni dal despota conosciuto come Maegor il Crudele.
Maegor I, morto sul Trono di Spade.
Le spose di Maegor il Crudele
Le spose di Maegor il Crudele (dall’alto: Ceryse Hightower, Tyanna della Torre, Alys Harroway.
Ceryse di Casa Hightower
Ceryse era la figlia di Martyn Hightower, lord di Vecchia Città. Fu proposta da suo zio,
l’Alto Septon, dopo che si era fermamente opposto al fidanzamento del principe Maegor,
allora tredicenne, con la principessa Rhaena, sua nipote appena nata. Ceryse e Maegor si
sposarono nel 25 DC. Il principe si vantò di aver consumato il matrimonio una dozzina di
volte la prima notte di nozze, ma nessun figlio arrivò mai. Ben presto, il sovrano divenne
impaziente per l’incapacità di Ceryse di dargli un erede, e cominciò a prendere altre
mogli. Ceryse morì nel 45 DC per un male improvviso, benché girasse anche voce che
fosse stata uccisa per ordine del re.
Alys di Casa Harroway
Alys era la figlia di Lucas Harroway, il nuovo lord di Harrenhal. Il loro matrimonio
segreto fu celebrato nel 39 DC, quando Maegor era Primo Cavaliere, il che portò al suo
esilio a Pentos. Alys diventò regina quando Maegor la ricondusse nel continente
occidentale. Fu la prima donna a rimanere incinta del re, nel 48 DC, ma perse il bambino
subito dopo. Dal suo ventre uscì un mostro deforme privo di occhi. In preda a un’ira
furibonda, Maegor accusò e giustiziò le levatrici, le septa e il gran maestro Desmond.
Tyanna della Torre convinse il re che il bambino era frutto di una relazione clandestina di
Alys, decretando la morte della regina, dei suoi amici, del padre, il Primo Cavaliere, lord
Lucas, e di tutti gli Harroway e i loro consanguinei che re Maegor riuscì a stanare tra
Approdo del Re e Harrenhal. In seguito, fu lord Edwell Celtigar a essere nominato Primo
Cavaliere.
Tyanna
Tyanna fu la più temuta delle mogli di re Maegor. Si rumoreggiava che fosse la figlia
illegittima di un magistro pentoshi, una ballerina da taverna assurta al rango di
cortigiana, e che praticasse la stregoneria e l’alchimia. Si sposò con il re nel 42 DC, ma il
loro matrimonio restò sterile come gli altri. Chiamata da alcuni il «corvo del re», era
temuta per la sua abilità nello scovare i segreti e serviva come signora dei sussurri. Alla
fine confessò la sua responsabilità per gli abomini nati dal seme di Maegor, dichiarando
di avere avvelenato le altre mogli. Fu uccisa dallo stesso Maegor nel 48 DC, il suo cuore
strappato con la Fuoconero e gettato in pasto ai cani del re.
Le Spose in Nero
Nel 47 DC Maegor prese in moglie tre donne in un’unica cerimonia, tutte di comprovata
fertilità e tutte vedove che avevano perso il marito nelle guerre di Maegor, o per suo
ordine. Esse erano:
Le spose di Maegor il Crudele (dall’alto: Elinor Costayne, Rhaena Targaryen, Jeyne Westerling).
Elinor di Casa Costayne
Elinor era la più giovane delle Spose in Nero, ma, pur avendo diciannove anni al
momento del matrimonio, aveva già dato al marito, ser Theo Bolling, tre figli. Ser Theo fu
messo ai ceppi dai cavalieri della Guardia reale, accusato di cospirare con la regina Alyssa
per far salire al trono suo figlio, il principe Jaehaerys, e giustiziato: tutto questo nello
stesso giorno. Dopo una settimana di lutto, Elinor fu costretta a sposare Maegor. Anche
lei restò incinta, e anche lei, come Alys prima di lei, diede alla luce un abominio nato
morto, che si diceva essere privo di occhi e con due piccole ali. Portò comunque a termine
quell’orribile travaglio, e fu una delle due mogli che sopravvissero al re.
Rhaena di Casa Targaryen
Quando il principe Aegon venne ucciso da Maegor nella Battaglia presso l’Occhio degli
Dèi, Rhaena si rifugiò su Isola Bella sotto la protezione di lord Farman, il quale la tenne
nascosta insieme alle sue figlie gemelle. Tyanna, però, trovò le gemelle, al che Rhaena fu
costretta a sposare il re. Maegor nominò sua figlia Aerea propria erede, diseredando
Jaehaerys, il figlio sopravvissuto della regina Alyssa. Insieme a Elinor, Rhaena fu l’unica
regina che sopravvisse a Maegor.
Jeyne di Casa Westerling
Alta e slanciata, lady Jeyne era stata la moglie di lord Alyn Tarbeck, morto con i ribelli
nella Battaglia presso l’Occhio degli Dèi. Avendogli dato un figlio postumo, la sua
fertilità era comprovata, e lei fu corteggiata dal figlio del lord di Castel Granito, quando il
re lo mandò a prenderla. Nel 47 DC, aspettava un bambino, ma tre mesi prima della fine
della gestazione cominciò ad avere le doglie e dal suo ventre uscì un altro mostro nato
morto. Jeyne non sopravvisse a lungo al figlio.
Jaehaerys I
Jaehaerys salì al trono nel 48 DC, in un periodo in cui il reame era lacerato dalle
ambizioni dei lord ribelli, dall’ira dell’Alto Septon e dalla crudeltà del defunto zio
Maegor I. Incoronato a quattordici anni dall’Alto Septon con la corona del padre, egli
cominciò a regnare sotto la reggenza della nonna, la regina vedova Alyssa, e con la guida
di lord Robar di Casa Baratheon, lord Protettore del Reame e allora Primo Cavaliere del
re. Una volta raggiunta la maggiore età, il sovrano sposò la sorella Alysanne, e il loro fu
un matrimonio fecondo.
Pur essendo molto giovane, Jaehaerys diede prova ben presto di essere un vero re. Era
un guerriero raffinato, esperto nell’uso della lancia e dell’arco, ed era un abile cavaliere.
Cavalcava anche draghi, nella fattispecie Vermithor, una grossa belva color bronzo e
sabbia, il drago vivente più grande dopo Balerion e Vhagar. Risoluto nel pensiero e
nell’azione, Jaehaerys era più saggio dei suoi anni, sempre pronto a cercare la soluzione
più pacifica.
La regina Alysanne era molto amata in tutto il reame per la bellezza e per la buona
indole, oltre che per il fascino e l’intelligenza acuta. Alcuni dicevano che governasse
quanto il re, il che doveva in parte essere vero. Fu per suo volere che re Jaehaerys alla fine
vietò il diritto della prima notte, nonostante i molti lord che lo conservarono
gelosamente. In onore della regina, i Guardiani della notte giunsero addirittura a
rinominare Porta della Neve, uno dei fortilizi sulla sommità della Barriera, che diventò
Porta della Regina. Lo fecero come ringraziamento da un lato per il tesoro in gioielli da
lei donato per pagare la costruzione di Lago Profondo, un nuovo fortilizio in sostituzione
dell’enorme e troppo costoso Forte della Notte, dall’altro lato per il suo ruolo nel
convincere il re a concedere le terre del Nuovo Dono, a sud della Barriera, affinché queste
dessero sostentamento e supporto alla confraternita in nero.
Il grande torneo che si tenne ad Approdo del Re nel 98 DC per celebrare il cinquantenario del regno di re Jaehaerys
rallegrò anche il cuore della regina: tutti i suoi figli, nipoti e pronipoti tornarono sani e salvi dalle tenzoni per prendere
parte ai banchetti e ai festeggiamenti.
Venne giustamente notato che era dal Disastro di Valyria che non si vedevano così tanti draghi tutti insieme nello
stesso posto. La quintana finale, in cui due cavalieri della Guardia reale, ser Ryam Redwyne e ser Clement Crabb,
ruppero trenta lance l’uno contro l’altro prima che re Jaehaerys decidesse di proclamarli entrambi campioni a pari
merito, fu definita la migliore prova di giostra mai vista nel continente occidentale.
Il grande torneo del 98 DC.
Tuttavia, a dispetto di tutto ciò, Laenor aveva un grosso vantaggio: era il figlio di lord
Corlys Velaryon, chiamato Serpente di Mare, l’uomo più ricco dei Sette Regni, primo lord
comandante della Guardia reale. Tuttavia, la sua fama non era dovuta all’abilità con
spada, lancia e scudo, bensì ai lunghi viaggi per i mari del mondo, alla ricerca di nuovi
orizzonti. Era un membro di Casa Velaryon, una famiglia di antica e illustre ascendenza
valyriana, giunta, come attestano le cronache, sul continente occidentale prima dei
Targaryen e che aveva spesso fornito gran parte della flotta reale. I Velaryon in servizio
come lord ammiragli e capitani di vascello erano talmente tanti che a volte quella di
ammiraglio era considerata quasi come una carica ereditaria.
Lord Corlys viaggiò senza sosta, sia a sud sia a nord. In una circostanza, partì alla
ricerca di un famigerato passaggio sopra il continente occidentale, salvo poi far invertire
la rotta alla sua nave, la Lupo dei Ghiacci, quando trovò null’altro che mari congelati ed
enormi iceberg.
Ma le imprese più straordinarie di lord Corlys furono quelle a bordo della Serpente di
Mare, nome con cui sarebbe poi stato conosciuto. Molte navi del continente occidentale
erano arrivate fino a Qarth per commerciare in spezie e seta, ma Corlys osò spingersi
oltre, fino alle leggendarie terre di Yi Ti e Leng, le cui ricchezze raddoppiarono quella di
Casa Velaryon in un unico viaggio.
Corlys intraprese nove lunghe spedizioni con la Serpente di Mare, nell’ultima delle
quali riempì la stiva di oro. A Qarth acquistò altre dieci navi, che caricò di spezie, elefanti
e della seta più raffinata. Alcuni vascelli andarono dispersi, e gli elefanti morirono in
mare, come narra maestro Mathis nelle Nove spedizioni, ma il profitto residuo rese
comunque Casa Velaryon la più ricca del reame, ancora più dei Lannister e degli
Hightower, per una volta.
Agli occhi di molti, il concilio allargato del 101 DC stabilì quindi un precedente importante in fatto di successione: a
prescindere dall’anzianità, il Trono di Spade del continente occidentale non poteva passare a una donna, e nemmeno
ai suoi discendenti maschi.
Dopo la morte del nonno, Corlys Velaryon diventò lord e utilizzò la sua ricchezza per
costruire un nuovo castello, Altamarea, al posto dell’umido e angusto castello di
Driftmark dove veniva custodito l’antico Trono di Legno levigato dal mare, l’alto scranno
che, secondo la leggenda, i Velaryon avevano ricevuto da Re Merling a suggello di un
patto. Gli scambi da e per Driftmark cominciarono a essere così intensi che sorsero Scafo
e Città delle Spezie, i quali, per un certo periodo, furono i principali porti commerciali
del Golfo delle Acque Nere, arrivando a superare perfino Approdo del Re.
La fama, la reputazione e la ricchezza di lord Velaryon diedero un notevole sostegno
alla pretesa al trono avanzata dal figlio Laenor. Anche Boremund Baratheon si schierò a
favore di Laenor, e così lord Ellard Stark. Altrettanto fecero lord Blackwood, lord Bar
Emmon e lord Celtigar. Comunque troppo pochi. La maggioranza era contro di loro, e
anche se i maestri che contarono i risultati non resero mai noti i numeri, si rumoreggiava
che il concilio allargato avesse votato venti a uno per il principe Viserys. Il re, non
presente alle delibere finali, nominò Viserys principe della Roccia del Drago.
Negli ultimi anni, re Jaehaerys nominò ser Otto Hightower Primo Cavaliere, il quale
portò la sua famiglia con sé ad Approdo del Re. Tra loro c’era la giovane Alicent, una
sveglia fanciulla di quindici anni, che diventò compagna di Jaehaerys nella vecchiaia. Gli
leggeva ad alta voce, cucinava i suoi pasti e aiutava perfino a lavarlo e a vestirlo. Si diceva
che talvolta il re la prendesse per una delle sue figlie. Voci meno gentili insinuavano che
fosse anche la sua amante.
Re Jaehaerys, primo del suo nome, noto come il Conciliatore e il Vecchio Re (essendo
l’unico Targaryen ad arrivare a un’età così avanzata), si spense serenamente nel suo letto
nel 103 DC, mentre lady Alicent leggeva ad alta voce la Storia innaturale del suo amico
Barth. Quando morì aveva sessantanove anni, per cinquantacinque aveva regnato
saggiamente e bene. L’intero continente occidentale prese il lutto, e si narra che perfino a
Dorne gli uomini versarono lacrime e le donne si stracciarono le vesti nelle lamentazioni
funebri per quel re così giusto e buono. Le sue ceneri furono tumulate insieme a quelle
dell’amata, la regina Alysanne la Buona, sotto la Fortezza Rossa.
E mai più il reame ebbe sovrani pari a loro.
I figli di Jaehaerys I il Conciliatore e Alysanne la Buona che
arrivarono alla maggiore età
† Per il dolore, la regina Alysanne la seguì nella tomba meno di un anno più tardi.
Viserys I
Dopo il lungo, pacifico regno di Jaehaerys I, Viserys ereditò un trono saldo, i forzieri del
regno colmi e un lascito di quella benevolenza che il padre aveva attentamente coltivato
per cinquant’anni. Mai più la Casa Targaryen sarebbe stata altrettanto potente come lo fu
durante il regno di Viserys. Esistevano più principi e principesse della sua stirpe che in
qualsiasi altra epoca dopo il Disastro, e non c’erano mai stati così tanti draghi tutti
insieme come negli anni fra il 103 e il 129 DC.
Eppure, è proprio dal regno di Viserys che trae origine la grande rivolta chiamata poi
Danza dei Draghi, uno scontro causato primariamente dai membri della stirpe reale.
All’inizio del suo regno, la maggiore fonte di preoccupazione di Viserys I derivava dal
suo stesso fratello, il principe Daemon Targaryen. Incostante e irascibile, ma anche
audace, impavido e letale, Daemon era stato nominato cavaliere a sedici anni, come
Maegor I, e Jaehaerys I in persona gli aveva consegnato, quale riconoscimento del suo
valore, la spada d’acciaio di Valyria chiamata Sorella oscura. Prima del gran concilio di
Harrenhal, Daemon era stato fra i sostenitori più impetuosi di Viserys e, quando era
corsa voce che Corlys Velaryon stava approntando una flotta per difendere i diritti del
figlio Laenor, si era addirittura spinto a riunire un piccolo esercito di spade giurate e
uomini d’arme. Re Jaehaerys aveva evitato lo spargimento di sangue, ma molti
ricordavano che Daemon era più che pronto a combattere.
DALLA STORIOGRAFIA DELL’ARCIMAESTRO GYLDAYN
Sebbene il principe Daemon avesse sposato la lady di Runestone nel 97 DC, durante il regno del Vecchio Re, il
matrimonio non era stato un successo. Daemon trovava noiosa la Valle di Arryn («Nella valle gli uomini scopano le
pecore» scrisse. «Non si può biasimarli: le loro pecore sono più graziose delle loro donne.») e sviluppò presto
un’avversione nei confronti della moglie, che chiamava «la mia puttana di bronzo», per via dell’armatura runica di
bronzo indossata dai lord della Casa Royce.
Nel 97 DC, Daemon fu dato in sposo a Rhea Royce, erede dell’antico scranno di
Runestone della Valle di Arryn. Era un’ottima unione, ma Daemon apprezzava poco la
Valle e ancora meno la moglie, e presto i due si allontanarono l’uno dall’altra.
Si dimostrò inoltre un’unione sterile, e anche se Viserys I respinse le preghiere del
fratello di annullare il matrimonio, lo richiamò comunque a corte perché assumesse la
responsabilità di governo. Daemon prestò servizio prima come maestro del conio, poi
come maestro della legge, ma il suo rivale principale, il Primo Cavaliere ser Otto
Hightower, convinse infine Viserys a rimuoverlo da queste cariche. Così, nel 104 DC,
Viserys nominò il fratello comandante della Guardia cittadina.
Il principe Daemon aumentò gli armamenti e migliorò l’addestramento delle guardie,
dotandole dei mantelli color oro che in seguito le avrebbero fatte conoscere fino ai giorni
nostri proprio come «cappe dorate».
Spesso il principe si univa ai suoi uomini nelle ronde in città, diventando presto noto
al più misero brigantello come al commerciante più ricco, guadagnandosi una certa fosca
reputazione nei bordelli, dove era avvezzo a servirsi a proprio piacimento della merce in
offerta. Il crimine si ridusse in maniera radicale, ma alcuni sostenevano che dipendesse
dal fatto che a Daemon piaceva infliggere punizioni severe. Tuttavia, coloro che
beneficiavano delle sue regole lo amavano di cuore, e presto Daemon divenne conosciuto
come «Lord del Fondo delle Pulci». E in seguito, dopo che Viserys gli rifiutò il titolo di
Principe di Roccia del Drago, cominciò a essere chiamato Principe della Città. Fu nei
bordelli della città che Daemon trovò una favorita, una druda: era una ballerina lyseniana
dalla carnagione chiarissima di nome Mysaria, il cui aspetto e la cui reputazione avevano
indotto le prostitute che la conoscevano a chiamarla Misery, la Larva Bianca. Più tardi,
divenne signora dei sussurri di Daemon.
Secondo taluni, il sostegno offerto da Daemon al fratello nel gran concilio di
Harrenhal era stato motivato dalla convinzione di essere lui l’erede designato. Nella
mente di Viserys, però, c’era già un ben diverso erede: Rhaenyra, la sua unica figlia, avuta
dalla cugina, la regina Aemma della Casa di Arryn.
Rhaenyra era nata nel 97 DC e, quando era bambina, il padre stravedeva per lei e la
portava con sé dovunque, persino nella sala del concilio ristretto, dove la incoraggiava a
osservare e ascoltare tutto con attenzione. Per queste ragioni, anche la corte la adorava, e
molti le rendevano omaggio. I cantori la soprannominarono Delizia del Reame. Rhaenyra
era brillante e precoce: una bambina splendida, che sapeva già cavalcare i draghi all’età di
sette anni, quando sfrecciava in groppa al suo drago femmina Syrax, nome di uno degli
antichi dèi di Valyria.
Nel 105 DC la madre partorì finalmente il figlio maschio che re e regina avevano tanto
desiderato, ma la regina morì di parto e il bambino, chiamato Baelon, le sopravvisse solo
di un giorno. Ormai per Viserys la misura era colma: non intendeva più venire assillato in
merito alla successione. Incurante dei precedenti del 92 DC e del gran concilio del 101
DC, dichiarò ufficialmente che Rhaenyra era Principessa di Roccia del Drago e sua erede.
Fu organizzata una grandiosa cerimonia, nel corso della quale centinaia di lord
s’inginocchiarono per rendere omaggio alla principessa seduta ai piedi del padre. Il
principe Daemon non era tra quei lord.
Nell’anno 105 DC ebbe luogo un altro evento degno di nota: il reclutamento di ser
Criston Cole nella Guardia reale. Nato nell’82 DC da un castaldo al servizio dei
Dondarrion di Blackhaven, si era guadagnato l’attenzione della corte a un torneo a
Maidenpool per celebrare l’ascesa al trono di Viserys, in cui aveva vinto nella mischia ed
era arrivato secondo nella quintana.
Attraente, dai capelli neri e dagli occhi verdi, Cole diventò il prediletto delle dame di
corte, e in particolar modo della principessa Rhaenyra, la quale sviluppò una passione
infantile per lui e lo chiamò «il mio bianco cavaliere», pregando il padre di nominarlo sua
spada giurata, cosa che il re fece. Da quel momento, Cole fu sempre al suo fianco e
giostrò nei tornei in suo onore. Negli anni successivi, si disse che la principessa aveva
occhi solo per ser Criston, ma ci sono buoni motivi per dubitare che ciò rispondesse
interamente a verità.
La situazione si complicò quando, incoraggiato da ser Otto Hightower, re Viserys
annunciò la propria intenzione di sposare lady Alicent, figlia di ser Otto e della nutrice
del vecchio re. Quasi l’intero reame festeggiò tale unione. Rhaenyra, che ormai si sentiva
sicura della sua posizione di erede, accolse benevolmente la nuova sposa del padre, in
quanto si conoscevano da tempo a corte. Tuttavia, non tutti erano altrettanto felici a
Roccia del Drago, dove corse voce che il principe Daemon avesse frustato il servitore che
gli aveva portato la notizia delle nozze. E non lo erano nemmeno a Driftmark, dove
Laena, figlia di lord Corlys e della principessa Rhaenys, era stata rifiutata dal re quale
sposa.
Uno dei risultati del matrimonio tra re Viserys e Alicent fu l’alleanza fra il principe
Daemon e il Serpente di Mare. Stanco di aspettare una corona che sembrava sempre più
distante, Daemon era determinato a costruirsi il proprio regno. In siffatto intento,
Daemon e Corlys Velaryon poterono fare causa comune, grazie alla predazione del regno
delle Tre Sorelle – o Triarchia, come viene talvolta chiamato –, costituito dall’unione fra
Lys, Myr e Tyrosh, che era nata dal Secolo di Sangue seguito al Disastro di Valyria.
Dapprima, questa alleanza fu approvata nei Sette Regni, ma presto i due alleati
diventarono peggiori dei corsari e dei pirati che avevano sconfitto.
Le battaglie cominciarono nel 106 DC, quando il Serpente di Mare procurò la flotta e
Daemon mise in campo il drago Caraxes e la propria capacità di comandare gli uomini
guidati dai secondogeniti e dai cavalieri senza terra che si erano riuniti numerosi sotto il
suo vessillo. Perfino lo stesso re Viserys contribuì alla loro guerra inviando oro per
assoldare uomini e per i rifornimenti.
Nei due anni successivi, essi riportarono molte vittorie, che culminarono
nell’uccisione in singolar tenzone del principe myriano – l’ammiraglio Craghas detto
Mangiagranchi – da parte del principe Daemon. (Quando, nel 109 DC, re Viserys apprese
che Daemon si era autoproclamato re del Mare Stretto, lo si udì affermare che il fratello
poteva tenersi la sua corona, a patto che «tenesse lui fuori dai guai».) Tuttavia, dichiarare
vittoria si rivelò prematuro: l’anno seguente la Triarchia inviò una nuova flotta e un
nuovo esercito e Dorne si unì a essa nella guerra contro il piccolo regno nascente di
Daemon.
Nel 107 DC, Alicent diede un figlio a Viserys, Aegon: finalmente il re aveva un
maschio. Ad Aegon seguirono una sorella, Helaena, sua futura sposa, e un fratello
chiamato Aemond. Ma la nascita di un figlio maschio significava che la questione della
successione era di nuovo aperta, non da ultimo per volere della regina stessa e del Primo
Cavaliere suo padre, i quali erano ansiosi di vedere il loro sangue prevalere su quello di
Aemma.
Tuttavia, ser Otto Hightower oltrepassò la misura e nel 109 DC fu sostituito da lord
Lyonel Strong, che aveva prestato abilmente servizio come maestro delle leggi. Per re
Viserys la questione era definita da tempo: la sua erede era Rhaenyra e lui non era in
alcun modo incline a sentire obiezioni, a dispetto dei decreti del gran concilio del 101, i
quali ponevano un uomo sempre al di sopra di una donna.
Nei resoconti e nelle lettere di questo periodo che si sono conservati si comincia a
parlare di «partito della regina» e «partito della principessa». Grazie al torneo del 111
DC, queste fazioni divennero presto note con nomi più semplici: i verdi e i neri. Secondo
quanto ci è stato riportato, nel suddetto torneo la regina Alicent indossava un elegante
vestito verde, mentre Rhaenyra non lasciava alcun dubbio sulla sua discendenza con un
abito nero ornato di rosso, i colori dell’emblema di Casa Targaryen.
Questo stesso torneo vide inoltre il ritorno di Daemon Targaryen, re del Mare Stretto,
dalle sue guerre. Quando Caraxes si posò a terra, Daemon portava la corona, ma
s’inginocchiò comunque al cospetto del fratello e la tolse, offrendogliela in segno di
lealtà. Viserys lo fece rialzare, gli restituì la corona e lo baciò su entrambe le guance:
nonostante il loro rapporto turbolento, il re amava sinceramente il fratello. I presenti al
torneo esultarono, ma nessuno al pari di Rhaenyra, che era molto affezionata
all’impetuoso zio. Più che affezionata, forse... anche se le nostre fonti al riguardo
rimangono contraddittorie.
Ma, trascorsi appena pochi cicli di luna, Daemon fu esiliato.
Per quali ragioni? Le nostre fonti sono quanto mai discordi. Alcuni, come Runciter e
Munkun, sostengono che re Viserys e re Daemon si scontrarono (raramente l’amore
fraterno è in grado di tacitare i dissapori) e che per questo motivo Daemon se ne andò.
Altri ritengono che sia invece stata Alicent (forse su suggerimento del padre Otto) a
convincere Viserys che Daemon doveva essere allontanato. Due altri studiosi, invece,
disquisiscono più ampiamente sulla questione.
Dopo la conclusione della guerra, septon Eustace scrisse Il regno di re Viserys, primo del
suo nome, e la Danza dei Draghi che seguì. Sebbene la sua scrittura risulti pesante e arida, è
palese che Eustace fosse un confidente dei Targaryen, dei quali parla infatti per molti
versi con accuratezza.
Daemon Targaryen offre la sua corona a Viserys I.
I resoconti di septon Eustace e di Fungo sono spesso in contrasto fra loro, ma a tratti
concordano su aspetti talvolta sorprendenti.
Eustace sostiene che Daemon e la principessa Rhaenyra furono sorpresi in piena
intimità da ser Arryk Cargyll, della Guardia reale, e che fu quindi questo evento a
spingere Viserys a esiliare il fratello da corte.
Fungo, per contro, racconta una storia diversa: Rhaenyra aveva occhi solo per ser
Criston Cole, ma il cavaliere aveva declinato le sue profferte. Era stato allora che Daemon,
zio di Rhaenyra, si era offerto di avviarla all’arte dell’amore, affinché lei potesse poi
convincere il virtuoso ser Criston a rompere i suoi voti. Ma quando infine la principessa
pensò di essere pronta a proporsi a lui, il cavaliere, che Fungo spergiura fosse casto e
virtuoso come un’anziana septa, reagì con orrore e disgusto. E non trascorse molto tempo
perché Viserys ne venisse a conoscenza.
Quale che sia la versione corretta della storia, sappiamo per certo che Daemon, in
cambio dell’annullamento del suo matrimonio con lady Rhea, chiese la mano di
Rhaenyra. Viserys non solo rifiutò, ma esiliò Daemon dai Sette Regni: non sarebbe mai
più dovuto tornare, pena la morte.
Daemon Targaryen partì da Approdo del Re per fare ritorno alle Stepstones e
riprendere la sua guerra.
Nel 112 DC, morì ser Harrold Westerling e ser Criston Cole fu nominato lord
comandante della Guardia reale al suo posto. Nel 113 DC, la principessa Rhaenyra
diventò maggiorenne. Negli anni precedenti, molti l’avevano corteggiata (fra loro, l’erede
di Harrenhal, ser Harwin Strong, soprannominato Rompiossa e considerato il cavaliere
più forte del reame), coprendola di regali (come peraltro avevano fatto anche i gemelli ser
Jason e ser Tyland Lannister di Castel Granito), componendo canzoni in onore della sua
bellezza e persino combattendo in duello per guadagnarsi i suoi favori (come nel caso dei
figli di lord Blackwood e lord Bracken). Si parlò anche di darla in sposa al principe di
Dorne per riunire finalmente i due regni. La regina Alicent (con il padre ser Otto)
propose naturalmente come sposo il principe Aegon suo figlio, benché fosse molto più
giovane. Ma i due fratellastri non erano mai andati d’accordo e Viserys sapeva che la
regina desiderava quella unione più per le sue ambizioni nei riguardi del figlio che per
l’amore di Aegon verso Rhaenyra.
Prima del suo matrimonio con Daemon, Laena era stata per quasi un decennio la promessa sposa del figlio di un
nobiluomo di Braavos che era anche stato Signore del Mare. Ma il giovane aveva dissipato la fortuna e l’autorità del
padre, diventando null’altro che un parassita ad Altamarea e una fonte d’imbarazzo per lord Corlys. Non ci fu quindi
grande sorpresa quando Daemon, in visita al lord dopo la morte della moglie, vedendo Laena (che si diceva fosse
incantevole), si ritirò a parlare in privato con il Serpente di Mare per proporgli il matrimonio. Poco dopo, il principe
Daemon provocò il promesso sposo di Laena così impietosamente che il giovane lo sfidò a duello. Così trovò la
morte il figlio fannullone del Signore del Mare di Braavos.
Ignorando tutti questi pretendenti, Viserys si rivolse invece al Serpente di Mare e alla
principessa Rhaenys, il cui figlio Laenor era stato una volta suo rivale al gran concilio del
101. Nelle vene di Laenor scorreva sangue di drago da entrambe le famiglie ed egli
possedeva perfino uno splendido drago grigio e bianco, che chiamava Mare infuocato.
Soprattutto, l’unione avrebbe riunito le due fazioni che al gran concilio del 101 si erano
opposte l’una all’altra. Tuttavia, c’era un problema: all’età di diciannove anni, Laenor
preferiva la compagnia degli allievi cavalieri suoi coetanei e correva voce che non avesse
mai conosciuto una donna intimamente né avesse avuto dei bastardi. Ma a questo, il gran
maestro Mellos si diceva avesse risposto: «E allora? Io non amo il pesce, ma quando viene
servito, lo mangio».
Rhaenyra era di tutt’altra opinione. Forse nutriva la speranza di sposare il principe
Daemon, come sostiene Eustace, o di attrarre Criston Cole nel suo letto, come suggerisce
maliziosamente Fungo. Ma Viserys non voleva sentir parlare di nessuna delle due scelte.
Per contrastare tutte le obiezioni della figlia, gli bastava sottolineare che, se lei avesse
rifiutato quel matrimonio, lui avrebbe riconsiderato la questione della successione.
Poi ebbe luogo la grande rottura fra ser Criston Cole e Rhaenyra, benché ancora oggi
non si sappia se sia stata provocata dal cavaliere o dalla principessa. Forse lei cercò di
sedurlo ancora una volta? O invece lui ammise infine il suo amore, ora che lei stava per
essere data in sposa a un altro, cercando di persuaderla a fuggire con lui?
Non siamo in grado di dirlo, né sappiamo se sia fondata la voce secondo la quale, dopo
essere stata lasciata da Cole, Rhaenyra offrì la sua verginità (ammesso e non concesso che
vergine in effetti lo fosse ancora) a ser Harwin Strong, un cavaliere che non si faceva
troppi scrupoli. Fungo sostiene di averli trovati lui stesso nel talamo insieme, ma ad
almeno la metà delle sue affermazioni è impossibile prestare fede; quanto all’altra metà,
a volte si preferisce semplicemente non credergli.
Ciò che possiamo dire con certezza è che, nel 114 DC, la principessa Rhaenyra e ser
Laenor Velaryon, appena fatto cavaliere, si sposarono e che, com’era consuetudine, si
tenne un torneo per celebrare il matrimonio. A detto torneo, Rhaenyra aveva un nuovo
paladino, Rompiossa, mentre ser Criston per la prima volta indossava un pegno con il
colore verde della regina Alicent.
Tutti i resoconti del torneo concordano nell’affermare che Cole combatté con furia
cieca, abbattendo tutti gli sfidanti. Spezzò clavicola e gomito a Rompiossa, inducendo
Fungo a soprannominarlo Ossarotte. Ma le ferite peggiori le inferse al favorito di Laenor,
il bel cavaliere ser Joffrey Lonmouth, chiamato il Cavaliere dei baci. Ser Joffrey venne
portato via dal campo sanguinante e privo di sensi, e resistette per sei giorni prima di
morire, lasciando Laenor a piangere amare lacrime di dolore.
In seguito, ser Laenor partì per Driftmark, inducendo molti a domandarsi se il
matrimonio con la principessa Rhaenyra fosse mai stato realmente consumato. Rhaenyra
e il marito passavano gran parte del tempo separati, lei a Roccia del Drago e lui a
Driftmark. Tuttavia, se anche il reame si preoccupava che non avessero eredi, non dovette
attendere a lungo.
Verso la fine del 114 DC, Rhaenyra partorì un maschio sano che chiamò Jacaerys (non
Joffrey, come aveva sperato ser Laenor), Jace per la famiglia e gli amici. E tuttavia… Nelle
vene di Rhaenyra scorreva sangue di drago e anche ser Laenor aveva il naso aquilino, i
lineamenti delicati, i capelli biondo argento e gli occhi viola che denotavano la sua
discendenza valyriana. Perché, allora, gli occhi e i capelli di Jacaerys erano scuri e il suo
naso camuso? Molti lo osservavano e poi guardavano dubbiosi il corpulento ser Harwin
Strong, ora capo dei neri e sempre al fianco di Rhaenyra.
Nel corso del suo matrimonio con ser Laenor Velaryon, Rhaenyra ebbe altri due figli
maschi – Lucerys (detto Luke) e Joffrey –, entrambi sani e robusti, con i capelli castani e il
naso camuso che né Rhaenyra né Laenor possedevano. Fra i verdi si diceva che erano
ovviamente figli di Rompiossa, e molti dubitavano che potessero cavalcare i draghi.
Tuttavia, per ordine di Viserys, a ciascuno di loro venne messo un uovo di drago nella
culla e ogni uovo si schiuse, facendo nascere i draghi Vermax, Arrax e Tyraxes. Il re, da
parte sua, continuò a ignorare le dicerie: era fermamente intenzionato a fare di Rhaenyra
la sua erede.
Quattro tragedie occorse una dopo l’altra fanno ricordare il 120 DC come l’Anno della
Primavera Rossa (da non confondersi con la Primavera Rossa del 236 DC), in quanto fu
proprio nel 120 che venne gettato il seme della Danza dei Draghi.
La prima di queste tragedie fu la morte di Laena Velaryon, sorella di Laenor. Presa un
tempo in considerazione come sposa per Viserys, si era poi unita in matrimonio con il
principe Daemon nel 115 DC, dopo la morte di sua moglie, lady Rhea, durante una
battuta di caccia nella Valle. (Nel contempo, Daemon si era stancato delle Stepstones e
aveva rinunciato alla corona; cinque uomini gli successero nel ruolo di re del Mare
Stretto, finché quel regno mercenario non si estinse per sempre.)
Laena diede a Daemon due gemelle, Baela e Rhaena. Benché in un primo momento il
re Viserys fosse adirato per quel matrimonio, che aveva avuto luogo senza il suo
consenso, in seguito – e nonostante il concilio ristretto fosse contrario – permise a
Daemon di presentare le figlie a corte nel 117 DC. Il re amava ancora il fratello, e forse
pensava che la paternità ne avesse mitigato il carattere.
Nel 120 DC Laena partorì di nuovo, dando a Daemon il figlio maschio che aveva
sempre desiderato, ma il bambino che le fu tolto dal grembo era deforme e morì poco
dopo la nascita. La stessa Laena spirò ben presto.
Tuttavia, furono i genitori di Laena, lord Corlys e la principessa Rhaenys, a essere i più
colpiti quell’anno: erano ancora in lutto per la figlia, quando anche il figlio perse la vita.
Secondo tutti i resoconti, Laenor fu assassinato mentre stava visitando una fiera a Città
delle Spezie. Eustace fece il nome del suo amico e compagno (nonché amante, direbbero
alcuni) ser Qarl Correy, sostenendo che i due si erano scontrati in quanto Laenor voleva
mettere da parte Qarl per un nuovo favorito. Le spade erano state sguainate e Laenor era
rimasto ucciso. Ser Qarl era fuggito per mai più fare ritorno. Fungo, invece, fornisce
dell’evento un resoconto addirittura più tetro: era stato il principe Daemon a corrompere
Correy perché uccidesse Laenor, in modo da liberare Rhaenyra e averla per sé.
I figli della pricipessa Rhaenyra: Jaeherys, Joffrey, e Lucerys.
La terza tragedia fu il brutto litigio fra i figli di Alicent e quelli di Rhaenyra, litigio
sorto quando Aemond Targaryen, che non aveva un drago, cercò di avanzare pretese su
Vaghar, il drago della defunta Laena. Aemond canzonò i figli di Rhaenyra chiamandoli
«gli Strong». A quel punto, agli spintoni fecero seguito i pugni, finché il giovane principe
Lucerys estrasse un coltello e lo ficcò in un occhio ad Aemond. In seguito, Aemond fu
soprannominato «il Guercio», ma era comunque riuscito a ottenere Vhagar. (Avrebbe
avuto la possibilità di vendicare la perdita dell’occhio negli anni a venire, e a causa di
questo il reame avrebbe nuovamente versato sangue.)
Alla fine, Viserys cercò di ristabilire la pace, e lo fece proclamando che a qualsiasi
uomo o donna che mettesse in dubbio la paternità dei figli di Rhaenyra sarebbe stata
strappata la lingua. Dopodiché ordinò ad Alicent e ai suoi figli di tornare ad Approdo del
Re, mentre Rhaenyra doveva restare con la propria progenie alla Roccia del Drago, in
modo che non potessero esserci più scontri. Ser Erryk Cargyll rimase a sua volta alla
Roccia del Drago come spada giurata di Rhaenyra, prendendo il posto di ser Harwin
Strong, che rientrò a Harrenhal.
L’ultima tragedia – che qualcuno, avventatamente, potrebbe dire la meno grave – fu
l’incendio che tolse la vita a lord Lyonel e ser Harwin, suo figlio ed erede. Ma coloro i
quali parlano così sono inconsapevoli. Viserys, ormai anziano e stanco, sempre meno
interessato a governare il regno, rimase senza Primo Cavaliere, così come Rhaenyra era
rimasta senza marito e, secondo alcuni, senza amante.
Qualche resoconto ne parla come di nient’altro che un incidente, altri però
suggeriscono possibilità più malvagie. Qualcuno ritiene che Larys Piededuro – uno degli
inquisitori del re e figlio più giovane di lord Lyonel – fosse dietro al complotto per poter
governare su Harrenhal. Altre dicerie arrivano a suggerire che dietro l’incendio potesse
esserci la mano dello stesso principe Daemon.
Invece di designare un nuovo Primo Cavaliere, il re, su insistenza di Alicent, richiamò
ser Otto Hightower da Vecchia Città e lo nominò nuovamente tale. E invece di restare in
lutto per il suo defunto marito, Rhaenyra sposò infine il principe Daemon suo zio. Negli
ultimi giorni del 120 DC, gli diede addirittura il suo primo figlio maschio, che chiamò
Aegon, come il Conquistatore. (Si disse che, quando venne a saperlo, la regina Alicent si
adirò, perché anche suo figlio maggiore portava il nome del Conquistatore. I due Aegon
divennero noti come Aegon il Vecchio e Aegon il Giovane.)
Il 122 DC vide la nascita di Viserys, secondo figlio maschio di Rhaenyra e Daemon.
Viserys non era robusto come Aegon il Giovane o i suoi fratellastri di discendenza
Velaryon, ma si dimostrò precoce. Tuttavia, quando l’uovo di drago posato nella sua culla
non si dischiuse, taluni lo considerarono un presagio funesto.
E così gli eventi si susseguirono fino al giorno fatale del 129 DC, giorno della morte di
re Viserys I.
Suo figlio Aegon il Vecchio aveva sposato la sorella Helaena, che gli diede i gemelli
Jaehaerys e Jaehaera (il secondo dei quali era una strana bambina, che cresceva con
lentezza, senza piangere né sorridere mai a differenza degli altri bambini) e, nel 127 DC,
un altro figlio maschio chiamato Maelor. A Driftmark, intanto, il Serpente di Mare
cominciò a indebolirsi e fu costretto a letto.
Giunto all’inverno della vita ma ancora forte, nel 128 DC Viserys si ferì su una delle
troppe lame del Trono di Spade dopo aver pronunciato una sentenza. La ferita s’infettò
pericolosamente e alla fine maestro Orwyle (succeduto a maestro Mellos l’anno
precedente) fu obbligato ad amputargli due dita. Tuttavia, la soluzione non fu sufficiente
e, fra il 128 e il 129 DC, le condizioni di Viserys cominciarono a peggiorare. Il terzo giorno
della terza luna del 129 DC, mentre intratteneva i nipoti Jaehaerys e Jaehaera dal suo
letto con un racconto sul loro bisnonno e sua moglie la regina che combattevano contro
giganti, mammut e selvaggi animali oltre la Barriera, il re si sentì stanco. Terminato il
racconto, congedò i nipoti e cadde in un sonno profondo. Dal quale non si svegliò più.
Viserys I Targaryen aveva regnato per ventisei anni, nell’era più prospera della storia
dei Sette Regni, ma seminando anche il morbo del rovinoso declino della sua Casa e della
morte dell’ultimo drago.
I figli di re Viserys: Aegon, Daeron, and Aemond.
Aegon II
Nessuna guerra fu più cruenta e crudele della Danza dei Draghi, come i cantastorie e
Munkun hanno scelto di chiamarla. Fu una guerra della peggior sorta: una guerra
fratricida.
Nonostante l’irremovibile preferenza di Viserys I per Rhaenyra, il principe Aegon si
lasciò convincere dalla madre e dal concilio ristretto a prendere la corona del padre
prima ancora che il suo cadavere fosse freddo. Quando Rhaenyra lo apprese, andò su
tutte le furie. All’epoca, la principessa era in ritiro a Roccia del Drago, in attesa della
nascita del terzo figlio del principe Daemon.
A Roccia del Drago non si udirono acclamazioni. Invece, echeggiarono urla attraverso le sale e le scale della Torre
del Drago marino provenienti dalle stanze della regina, dove Rhaenyra Targaryen si sfiancava e fremeva al suo terzo
giorno di travaglio. Il bambino non sarebbe dovuto nascere fino al prossimo cambio di luna, ma le notizie arrivate da
Approdo del Re avevano suscitato nella principessa una furia cieca, e la sua ira sembrava aver provocato il parto,
come se anche il bambino dentro di lei si fosse arrabbiato e lottasse per uscire. La principessa urlò imprecazioni per
tutta la durata del travaglio, invocando l’ira degli dèi sui fratellastri e sulla regina loro madre e descrivendo
dettagliatamente i tormenti che avrebbe inflitto loro prima di lasciarli morire. Maledì anche il bambino dentro di sé, ci
racconta Fungo.
«Esci!» gridava Rhaenyra afferrandosi il ventre gonfio, mentre il maestro e la levatrice cercavano di trattenerla.
«Mostro, esci, esci mostro, ESCI!»
Quando alla fine il bambino nacque, si rivelò veramente un mostro: una femmina deforme, nata morta, con una
cavità nel petto al posto del cuore e un moncone di coda coperto di squame. O almeno così la descrive Fungo. Il
nano ci racconta che fu lui stesso a portare il piccolo essere nel cortile per darlo alle fiamme.
La bambina morta era stata chiamata Visenya, tanto annunciò la principessa Rhaenyra il giorno seguente, una
volta che il latte di papavero ebbe smorzato il suo dolore. «Era la mia unica figlia e loro l’hanno uccisa. Mi hanno
rubato la corona e hanno assassinato la mia bambina... Ora ne risponderanno.»
Dopo il parto, Rhaenyra si preparò alla guerra. Sia lei sia Alicent avevano sostenitori
fra i parenti e i grandi lord del reame, ed entrambe le parti avevano draghi. Era un
disastro annunciato e si confermò tale. Nel reame, il sangue scorse come non mai prima
di allora e sarebbero dovuti passare anni per far guarire tutte le ferite.
Dell’affermazione di Fungo secondo la quale la regina Alicent aveva affrettato la
dipartita del marito con un tocco di veleno nel vino si può forse dubitare, nessuno per
contro può negare che il primo sangue versato nella Danza fu quello di lord Beesbury,
anziano maestro del conio, quando insistette nel sostenere che la vera erede di Viserys
era Rhaenyra e che era quindi lei a dover essere incoronata.
Ci sono tuttavia divergenze nei resoconti sul modo in cui il nobiluomo fu eliminato.
Alcuni sostengono che morì assiderato dopo essere stato gettato nelle aspre celle nere
della Fortezza Rossa. Altri che fu ser Criston Cole – lord comandante della Guardia reale,
il quale presto sarebbe stato chiamato il Creatore di re – a tagliargli la gola nel corso del
teso concilio ristretto convocato immediatamente dopo la morte di re Viserys.
Fungo non è d’accordo, e afferma che Cole gettò Beesbury fuori da una finestra, anche
se va ricordato che Fungo, a quell’epoca, si trovava alla Roccia del Drago con Rhaenyra. In
ogni caso quello di Beesbury non fu certo né l’unico né l’ultimo assassinio di quei primi
giorni della Danza. Tuttavia, i più incresciosi furono gli omicidi dei giovani principi
Lucerys Velaryon, figlio di Rhaenyra, e Jaehaerys Targaryen, figlio ed erede di Aegon.
Molti furono i testimoni che assistettero alla morte di Luke Velaryon alla corte di Capo
Tempesta, e i loro resoconti sono perlopiù concordi. Inviato dalla madre a Capo Tempesta
allo scopo di ottenere il sostegno di lord Borros, al suo arrivo Luke trovò ad attenderlo il
principe Aemond Targaryen. Aemond era più vecchio, più forte e più crudele di Lucerys,
e da tempo lo odiava con tutte le proprie forze: era infatti stato Lucerys a privarlo di un
occhio, nove anni prima.
La morte del principe Lucerys e del suo drago, Arrax.
All’inizio della guerra, i principali alleati di Aegon II erano lord Hightower, lord Lannister e lord Baratheon. Lord Tully
desiderava combattere per il re, ma era stremato e costretto a letto, e il nipote rifiutò di obbedirgli.
I principali alleati di Rhaenyra erano il padrino, lord Velaryon, la cugina lady Jeyne Arryn e lord Stark (anche se il
suo contributo arrivò in ritardo, in quanto egli aveva tenuto tutti i suoi uomini a occuparsi del raccolto prima che
l’inverno calasse sul Nord). Anche lord Greyjoy attaccò le terre occidentali in suo nome, assestando un duro colpo a
re Aegon, il quale aveva vanamente cercato di ottenere il suo sostegno. Alla fine, i Tully appoggiarono la causa di
Rhaenyra, venendo meno ai desideri del defunto lord Tully. I Tyrell di Alto Giardino, invece, non si lasciarono
coinvolgere nella guerra, e nemmeno i dorniani.
Lord Borros negò ad Aemond il consenso di vendicarsi tra le sue mura, ma affermò
che nulla gli importava di quello che poteva succedere al di fuori delle stesse. Così il
principe Aemond, montando Vhagar, inseguì Lucerys in fuga sul suo giovane drago
Arrax. Il principe e il suo drago – ostacolati dalla tempesta che infuriava oltre le mura del
castello – morirono entrambi davanti a Capo Tempesta, precipitando in mare.
Secondo tutti i resoconti, a quella notizia Rhaenyra crollò.
Non così il patrigno di Lucerys, principe Daemon Targaryen. Queste le parole che egli
fece pervenire alla Roccia del Drago dopo aver appreso la notizia della morte di Lucerys:
«Occhio per occhio, figlio per figlio. Lucerys sarà vendicato».
Daemon si fregiava ancora del titolo di Principe della Città, e aveva ancora molti amici
nei bordelli di Approdo del Re, soprattutto la sua ex druda Mysaria, la Larva Bianca. Fu
così lei a organizzare la sua vendetta, assoldando un brutale acchiappatopi passato alla
storia come «Sangue e Formaggio». Grazie alla sua professione, il catturatopi conosceva
tutti i segreti delle gallerie sotterranee fatte scavare da Maegor. Sgattaiolando fin dentro
la Fortezza Rossa, Sangue e Formaggio rapì nientemeno che la regina Helaena e i suoi
figli... presentando poi alla moglie di Aegon II una scelta spaventosa: quale dei suoi figli
doveva morire? Helaena pianse e supplicò, offrendo invano la propria vita in cambio. Alla
fine, scelse Maelor, il più giovane, che riteneva troppo piccolo per poter capire. Sangue e
Formaggio, invece, uccise Jaehaerys, mentre la madre urlava inorridita. Quindi fuggì con
la testa del principe, fedele alla promessa di prendersi solo uno dei figli di Aegon.
Né furono questi gli unici assassinii di quella lunga, terribile guerra.
Per quanto la morte di Jaehaerys fosse stata dolorosa, quella del piccolo principe
Maelor, che non sopravvisse a lungo al fratello, fu addirittura peggiore. Ser Rickard
Thorne della Guardia reale fu incaricato di portare via Maelor in segreto e di condurlo a
Vecchia Città, dove sarebbe stato al sicuro nell’Alta Torre. Ma, a Ponteamaro, fu fermato e
ucciso dalla folla. Maelor stesso venne smembrato mentre uomini e donne cercavano di
rivendicare la proprietà del bambino come un loro trofeo. Quando lord Hightower, per
ritorsione, rase al suolo Ponteamaro e andò a esigere giustizia da lady Caswell, ella
implorò pietà per i suoi figli prima d’impiccarsi alle mura del suo castello.
La stessa Guardia reale venne trascinata nella contesa.
Ser Criston Cole inviò ser Arryk Cargyll a Roccia del Drago perché s’infiltrasse nella
fortezza sotto le spoglie del gemello, ser Erryk. Lì avrebbe dovuto uccidere Rhaenyra (o
forse i suoi figli: anche su questo risvolto i resoconti divergono). Tuttavia, il caso volle che
ser Erryk e ser Arryk s’incontrassero fortuitamente in una delle sale della fortezza. I
cantastorie narrano che professarono il loro fraterno amore reciproco prima di far
cozzare le spade e combatterono per un’ora con ardore, il cuore colmo di senso del
dovere, prima di morire piangendo fra le braccia l’uno dell’altro, entrambi trafitti dalle
loro stesse lame. La versione di Fungo, il quale afferma di avere assistito al duello,
descrive una realtà molto più brutale: i due gemelli si condannarono a vicenda con
l’accusa di tradimento e nel giro di pochi minuti si ferirono mortalmente l’un l’altro.
Mentre accadeva questo, ser Criston Cole decise di punire i signori neri: gli alfieri delle
Terre della Corona rimasti fedeli a Rhaenyra. Rosby, Stokeworth e Duskendale caddero
sotto i suoi occhi, ma a Riposo del Corvo lord Staunton era già stato informato dell’arrivo
di Cole. Invece di combattere, si barricò dentro il suo castello e mandò un corvo
messaggero alla Roccia del Drago, chiedendo aiuto.
Questo aiuto arrivò da parte della principessa Rhaenys in persona – che allora aveva
cinquantacinque anni, ma era impavida e determinata come nella sua giovinezza – e del
suo drago Meleys, la Regina Rossa. Ma anche Cole aveva portato i draghi: Aegon II arrivò
infatti sul campo in groppa a Sunfyre e suo fratello Aemond il Guercio montava Vhagar,
il più grande drago vivente.
Si narra che la principessa Rhaenys, la Regina-che-non-fu, non si sottrasse al nemico.
Con un grido estatico e con uno schiocco di frusta lanciò Meleys in volo incontro a loro
per affrontarli. Dalla battaglia nel cielo che seguì, solamente Vhagar e Aemond uscirono
incolumi. Sunfyre venne mutilato e re Aegon II sopravvisse a stento, riportando costole
spezzate, l’anca fratturata e ustioni su metà del corpo. La ferita peggiore fu però al
braccio sinistro, dove il fuoco del drago fuse l’armatura dentro la carne stessa del re. Il
corpo di Rhaenys fu trovato dopo parecchi giorni tra i resti del cadavere della Regina
Rossa, carbonizzato al punto da risultare irriconoscibile.
Aegon trascorse l’anno successivo del suo regno in isolamento per guarire dalle
terribili ferite riportate, ma nel reame la guerra continuò a infuriare. Benché re Aegon
avesse diversi vantaggi nella lotta contro la sorella più anziana, il numero di draghi di cui
disponeva non era fra questi. All’inizio della guerra ne aveva solo quattro abbastanza
grandi da poter combattere, mentre la sorella ne aveva otto e poteva utilizzarne anche di
più. Prima di tutto i tre draghi più vecchi che dovevano ancora trovare nuovi cavalieri: Ali
d’argento, storica cavalcatura della regina Alysanne, Mare infuocato, che era stato
l’orgoglio di ser Laenor Velaryon, e infine Vermithor, che non era più stato montato dalla
morte di re Jaehaerys. Infine, c’erano i tre draghi selvaggi che avrebbero potuto essere
domati, se si fossero trovati cavalieri adatti: il Cannibale, che secondo il popolino si
aggirava alla Roccia del Drago addirittura da prima che arrivassero i Targaryen (ma
Munkun e Barth considerano dubbia questa tesi); Spettro Grigio, schivo con le persone,
ghiotto di pesce ghermito dal mare; Ladro di Pecore, bruno e ordinario, che preferiva
nutrirsi delle pecore che riusciva a rubare dagli ovili.
Il principe Jacaerys annunciò (su suggerimento di Fungo, se si vuole prestare fede alla
sua Testimonianza) che a qualsiasi uomo o donna che fosse riuscito a cavalcare uno di
questi draghi sarebbe stato conferito un titolo nobiliare.
Alla Roccia del Drago, dove i Targaryen avevano governato a lungo, la gente comune aveva considerato questi
signori stranieri dotati di grande bellezza quasi come dèi. Molte ragazze deflorate dai lord Targaryen si ritenevano
fortunate se un seme di drago attecchiva nel loro grembo, e per questo motivo a Roccia del Drago molti potevano
asserire a ragione – o quantomeno sospettare – che nelle loro vene scorresse del sangue Targaryen.
Molti cercarono di montare i draghi ancora disponibili a Roccia del Drago. I più
pericolosi erano quelli selvaggi, quindi non c’è da stupirsi che i draghi già montati in
precedenza fossero i primi a trovare nuovi cavalieri. Tra questi c’era Addam di Hull, un
giovane nobile e coraggioso che fu condotto dalla madre, Marilda di Hull, insieme al
fratello Alyn a tentare di montare un drago. Marilda rivelò che i due giovani erano figli di
Laenor Velaryon, fatto che molti giudicarono significativo, ma che lord Corlys non prese
in considerazione quando li adottò entrambi nella Casa Velaryon.
Riguardo alle origini di Addam e Alyn, Fungo avanza un’ipotesi più plausibile: che il padre fosse lo stesso lord Corlys
Velaryon, avendo generato i due ragazzi all’epoca in cui trascorreva molti dei suoi giorni ai cantieri navali di Hull, dove
il padre di Marilda era un maestro d’ascia. I ragazzi non erano stati riconosciuti ed erano cresciuti lontani da corte
finché fu in vita la Regina-che-non-fu, di temperamento irascibile. Ma, dopo la sua morte, lord Corlys colse
l’opportunità di riconoscerli... in parte.
Addam volle Mare infuocato, il drago di Laenor. Suo fratello Alyn ebbe meno successo
con Ladro di Pecore e portò i segni delle fiamme del drago sulle gambe e sulla schiena
per il resto dei suoi giorni.
Alla fine Ladro di Pecore fu domato da Nettles, una umile fanciulla di oscuri natali e
cattiva reputazione, la quale, giorno dopo giorno, lo nutrì con parti di montone finché si
fu abituato a lei. Il drago e la sua amazzone fecero la loro parte nella guerra, anche se la
lealtà di Nettles non era certa come quella del valoroso ser Addam. Quando lei e il
principe Daemon divennero amanti, si creò la frattura finale fra Rhaenyra e il lord suo
sposo. Nettles – che il principe chiamava affettuosamente Netty – sopravvisse sia a lui sia
a sua moglie. Nettles e il Ladro di Pecore scomparvero prima della fine della guerra e
nessuno seppe dove fossero andati se non molti anni dopo.
Ma tra tutti i nuovi cavalieri di draghi, i peggiori erano l’ubriacone chiamato Ulf il
Beone, il quale, dopo essere stato nominato cavaliere, prese il nome di Ulf il Bianco, e il
massiccio e possente bastardo del maniscalco chiamato Hugh il Duro, che, dopo la
nomina a cavaliere, divenne noto come Hugh Martello. Non accontentandosi dell’onore
di cavalcare i draghi Ali d’argento e Vermithor, siffatti personaggi desideravano anche
signorie e ricchezze.
Dopo avere inizialmente combattuto per Rhaenyra, alla Prima Battaglia del Tumbleton
passarono al nemico in cambio di possedimenti, e da allora furono bollati come i Due
Traditori. Entrambi morirono in modo miserabile, uccisi dagli stessi uomini che
ritenevano in debito con loro: uno avvelenato con il vino, l’altro assassinato da Jon Roxton
l’Audace insieme al Creatore di Orfani.
Le battaglie avvenute durante la Danza non si possono elencare facilmente in quanto
furono quasi innumerevoli. Nel conflitto, larga parte del reame si disgregò. Gli uomini
alzavano lo stendardo del re, con il drago dorato a tre teste che Aegon aveva scelto come
proprio emblema, solo per scoprire che i loro vicini avevano innalzato il drago rosso di
Rhaenyra su cui campeggiavano la luna e il falcone della Casa di Arryn della madre e il
cavalluccio marino del defunto marito. Fratelli combattevano contro fratelli, padri contro
figli, l’intero reame grondava sangue.
Quando Rhaenyra apprese del tradimento di Hugh Martello e di Ulf il Bianco alla Prima Battaglia del Tumbleton, in cui
essi attaccarono i suoi uomini con i draghi, la sua rabbia fu tale che cercò d’imprigionare gli appartenenti alla stirpe
dei draghi che li avevano portati, anche se dietro suo ordine. Fra questi c’era Addam Velaryon, il quale fu avvertito da
Serpente di Mare e riuscì a fuggire.
Il giovane ser Addam morì valorosamente nella Seconda Battaglia del Tumbleton, dimostrando la propria lealtà,
dopo che questa era stata messa in dubbio dalle azioni dei Due Traditori, a sacrificio della vita. Quando, nel 138 DC,
le sue ossa furono riportate a Driftmark da Raventree Hall, l’epitaffio che lord Alyn pose sulla sua tomba consisteva
in un’unica parola: LEALE.
I lord riunirono eserciti in difesa del re o della regina cui davano il loro sostegno. Ma
se ci fu qualcuno che tenne veramente il comando delle forze alleate dei due
schieramenti, questi furono i principi Daemon Targaryen e Aemond Targaryen. Aemond
assunse il ruolo di Protettore del Reame e Principe reggente dopo che Aegon II e Sunfyre
furono gravemente feriti a Riposo del Corvo nella battaglia contro Rhaenys e Meleys.
Aemond arrivò addirittura a cingere la corona del fratello – la corona di rubini e acciaio
di Valyria di Aegon il Conquistatore –, ma senza mai fregiare se stesso del titolo di re.
Purtroppo per la fazione dei verdi, questo non gli portò fortuna.
Aemond era troppo inesperto e troppo spavaldo per comandare con efficacia. A quel
tempo, il principe Daemon deteneva il controllo di Harrenhal. Così, Aemond pianificò
con arroganza un attacco per strappare Harrenhal al rivale. Per metterlo a segno, privò
Approdo del Re dei suoi difensori.
Al suo arrivo trovò il castello vuoto ed esultò, ma poi apprese il vero motivo di
quell’abbandono: mentre egli marciava su Harrenhal, Daemon aveva guidato la regina
Rhaenyra e i suoi cavalieri dei draghi a riconquistare Approdo del Re. Le cappe dorate –
molte delle quali si consideravano ancora fedeli a Daemon – tradirono gli ufficiali lasciati
al comando da Aemond e consegnarono la città con poco spargimento di sangue.
Fu versato sangue, tuttavia, nelle esecuzioni che seguirono, quando furono decapitati
ser Otto Hightower, lord Jasper Wylde (il maestro della legge chiamato Verga di Ferro per
la sua severità) e i lord Rosby e Stokeworth (appartenuti alla fazione di Rhaenyra prima
di voltarle le spalle). La Regina Madre fu imprigionata, ma Aegon II (che stava ancora
guarendo dalle ferite riportate a Riposo del Corvo), la sua regina e i figli che gli erano
rimasti, oltre a lord Larys Strong, furono fatti fuggire in segreto dal castello.
La principessa Rhaenys in groppa a Meleys attacca re Aegon II che cavalca Sunfyre.
Durante la Danza dei Draghi, l’intero reame precipitò nella follia. Ma fu ad Approdo
del Re che la maggior parte dei draghi perse la vita.
Grazie all’astuzia del principe Daemon, Approdo del Re era caduta nelle mani di
Rhaenyra senza spargimento di sangue, ma dopo la Prima Battaglia del Tumbleton
nell’intera città si diffuse l’agitazione.
A solo sessanta leghe di distanza, Tumbleton era stata saccheggiata nel modo più
feroce. A migliaia erano bruciati, altrettanti erano annegati mentre tentavano di
attraversare il fiume a nuoto alla disperata ricerca della salvezza. Fanciulle e donne erano
state stuprate a morte. I draghi avevano banchettato fra le rovine.
La vittoria riportata da lord Hightower con l’aiuto del principe Daeron e dei Due
Traditori sparse il terrore sull’intera città: gli abitanti di Approdo del Re erano sicuri che
la stessa sorte di Tumbleton stesse per toccare anche a loro. Le forze di Rhaenyra erano
disperse ed esaurite, e dunque a difendere la città erano rimasti solamente i draghi.
Fu quindi la paura dei draghi e della loro presenza a creare il fanatico conosciuto solo
come il Pastore.
Non siamo in grado di dire chi fosse, in quanto il suo nome si è perso nella storia.
Alcuni suppongono che fosse un povero mendicante, altri che potesse essere uno dei
Poveri Compagni i quali, sebbene fuorilegge, si ostinavano a vagare per il reame.
Chiunque fosse davvero, l’uomo cominciò a predicare sulla Piazza dei Selciatori,
affermando che i draghi erano demoni, generati dalla caduta degli dèi di Valyria, rovina
dell’uomo. Lo ascoltavano in centinaia, che poi divennero migliaia. La paura provocò
rabbia e la rabbia sfociò nella sete di sangue. E quando il Pastore annunciò che la città
sarebbe stata salva solo se si fosse liberata dei draghi, il popolaccio non esitò oltre.
Il ventiduesimo giorno del quinto ciclo di luna del 130 DC, Aemond il Guercio e
Daemon Targaryen combatterono la loro ultima battaglia. Quello stesso giorno, caos e
morte divennero i dominatori di Approdo del Re.
La regina Rhaenyra aveva incarcerato Corlys Velaryon per avere aiutato il nipote, ser
Addam Velaryon, a fuggire dopo aver cambiato fazione. Alcune delle spade giurate di
Serpente di Mare si unirono alla folla riottosa sulla Piazza del Selciatore, alcuni scalarono
le mura per cercare di liberare il Serpente di Mare, ma vennero catturati e impiccati. La
regina Haelena cadde, morendo impalata sui rostri che circondavano il Fortino di
Maegor: suicidio secondo alcuni, omicidio secondo altri. Poi, quella notte, la città andò a
fuoco mentre la folla del Pastore marciava sulla Fossa del Drago, cercando di uccidere
tutti i draghi all’interno.
L’assalto alla Fossa del Drago.
Il giovane Joffrey Velaryon, principe della Roccia del Drago, morì precipitando mentre
tentava di montare Syrax, il drago della madre, cavalcandolo fino alla Fossa del Drago per
poter salvare il proprio drago Tyraxes. Entrambi i draghi perirono.
Racconti eccitati e dicerie fecero seguito alla morte dei draghi: alcuni affermarono che
erano stati abbattuti a colpi d’ascia dagli uomini, altri che a ucciderli era stato il Pastore o
addirittura il Guerriero in persona. Quale che sia la verità, furono cinque i draghi che
morirono in quella notte sanguinosa, quando la folla irruppe nel grandioso palazzo e li
trovò incatenati, e le persone persero la vita a frotte. Metà dei draghi che avevano iniziato
la Danza erano già morti e la guerra non era ancora finita. Rhaenyra fuggì dalla città poco
dopo.
Quando infine si giunse alla conclusione, non fu la morte dei draghi o dei principi a
dettarla, ma quella della regina e del re per i quali a migliaia avevano perso la vita. La
prima a morire fu Rhaenyra. Dopo la morte del marito, il principe Daemon, la Casa
Velaryon si rivoltò contro di lei e, quando i suoi nemici s’impossessarono di nuovo di
Approdo del Re, ella fuggì praticamente in miseria, costretta a vendere la corona per farsi
trasportare alla Roccia del Drago. Ma al suo arrivo si trovò davanti Aegon II, gravemente
ferito, insieme al drago Sunfyre, ormai morente.
Dopo la fuga di Rhaenyra, la follia s’impadronì della città, manifestandosi in molti modi. Tra essi, il più insensato fu il
tentativo di ascesa di due pretendenti al trono che regnarono per un periodo ricordato come la Luna dei Tre Re.
Il primo era Trystane Truefyre, scudiero di un cavaliere errante dalla cattiva reputazione di nome ser Perkin la
Pulce, il quale dichiarò che lo scudiero era il figlio naturale di Viserys I. Dopo l’Assalto alla Fossa del Drago e la fuga
di Rhaenyra, il Pastore e la sua folla dominarono gran parte della città. Ser Perkin insediò Trystane nella Fortezza
Rossa abbandonata e cominciò a emanare editti. Quando alla fine Aegon II riprese il possesso della città, Trystane
pregò di essere insignito del titolo di cavaliere e, prima di venire giustiziato, tanto gli fu concesso.
L’altro re era ancora più bizzarro: un bambino conosciuto come Gaemon l’Albino, di quattro anni di età e figlio di
una puttana, che si affermò fosse un bastardo di Aegon II (cosa del resto non improbabile, data la condotta
licenziosa del re nella sua gioventù). Dal suo trono nella Casa dei Baci sopra la Collina di Visenya, il bambino riunì
migliaia di seguaci e promulgò una serie di editti. In seguito, dopo aver confessato che Gaemon era in realtà figlio di
un vogatore di Lys dai capelli argentei, la madre fu impiccata. Per contro, Gaemon fu risparmiato e cresciuto nella
famiglia del re. Con il tempo fece amicizia con Aegon III, di cui divenne compagno inseparabile e assaggiatore per
alcuni anni, prima di morire a causa di un veleno forse destinato al re.
Basata sul racconto di maestro Orwyle, la Vera storia di Munkun rivela che, alla caduta
di Approdo del Re, Larys Strong si occupò di far allontanare in segreto il re perché si
nascondesse. Strong ebbe l’astuzia di mandarlo alla Roccia del Drago, pensando
giustamente che a Rhaenyra non sarebbe mai venuto in mente di cercare il fratello nella
sua stessa roccaforte. Per sei mesi Aegon II curò le proprie ferite in un remoto villaggio
di pescatori, mentre Rhaenyra e gran parte della sua corte erano ad Approdo del Re. In
quell’arco di tempo Sunfyre arrivò lì da Punta della Chela Spezzata, nonostante l’ala
ferita, che rendeva impacciato il suo volo. Così nascosti, riuscirono a recuperare le forze.
(Sunfyre andò poi a uccidere lo schivo drago selvaggio chiamato Spettro Grigio, dando
luogo a resoconti confusi secondo i quali a uccidere Spettro Grigio era invece stato il
Cannibale.)
Intorno alla Roccia del Drago, re Aegon trovò molti che nutrivano rancore nei
confronti di Rhaenyra – per la perdita di figli, mariti o fratelli nella sua guerra, o per torti
che ritenevano di aver subito –, e fu quindi con il loro aiuto che egli riuscì a conquistare
Roccia del Drago. Azione che non richiese più di un’ora in quanto Aegon non incontrò
quasi opposizione... eccetto che da Baela Targaryen, figlia quattordicenne del principe
Daemon, e dal suo giovane drago Danzatore di Luna. Baela riuscì a sfuggire agli uomini
che cercavano di catturarla e a raggiungere il suo drago. Così, quando Aegon II,
ritenendosi ormai trionfatore, cercò di atterrare nel cortile del castello in groppa a
Sunfyre, il drago e la principessa si levarono in volo per affrontarlo.
Danzatore di Luna era molto più piccolo di Sunfyre, ma anche più veloce e più agile, e
né il drago né la principessa che lo montava mancavano di coraggio. Scendendo in
picchiata, Danzatore di Luna cercava di ghermire e mordere Sunfyre, artigliandolo e
lacerandolo, fino a quando non fu accecato da una vampata dell’avversario. Avvinghiati
l’uno all’altro, i due draghi piombarono verso terra insieme ai loro cavalieri. Aegon II si
gettò all’ultimo momento dalla schiena di Sunfyre, spezzandosi entrambe le gambe,
mentre Baela rimase con Danzatore di Luna fino alla fine. Quando Alfred Broome
estrasse la spada per ucciderla mentre lei giaceva ferita e priva di sensi, ser Marston
Waters gliela strappò dalle mani e portò la ragazza al maestro.
Nulla Rhaenyra seppe di questa grande battaglia, ma non aveva importanza. Aegon II,
da sempre malevolo nei confronti della sorella, infuriato per la morte imminente del suo
drago, diede in pasto Rhaenyra a Sunfyre sotto gli occhi di Aegon il Giovane, suo unico
figlio ancora vivo (per quanto fosse a conoscenza di ogni uomo o donna dei Sette Regni).
Così perse la vita la Delizia del Reame, la Regina-dei-sei-mesi, il ventiduesimo giorno
della decima luna del 130 DC.
Il fratello non le sopravvisse a lungo. Benché Rhaenyra fosse morta e Aegon il Giovane
fosse nelle sue mani, Aegon II aveva ancora molti nemici che continuavano a
combatterlo. Lottavano tanto per paura delle sue ritorsioni quanto per Rhaenyra, ma non
desistevano, e furono loro a dimostrarsi gli avversari più insidiosi.
Quando lord Borros Baratheon si mosse con le sue forze, marciando contro i ribelli, le
sorti si sarebbero potute capovolgere, ma lord Borros perse la vita nella Battaglia della
Strada del Re e il suo esercito fu distrutto. I giovani lord del Fiume, conosciuti come i
Ragazzi, il cui esercito lo aveva sconfitto, erano a pochi passi dalla città e lord Stark
arrivava dalla Strada del Re con il suo esercito.
Fu allora che lord Corlys Velaryon – scarcerato, graziato e ora al servizio del concilio
ristretto del re – consigliò a Aegon di arrendersi e prendere il nero dei Guardiani della
notte. Il re, tuttavia, rifiutò, pensando di far mozzare un orecchio al giovane nipote per
dare un avvertimento ai sostenitori di Aegon il Giovane. Salì sulla portantina e mentre lo
conducevano ai suoi appartamenti bevve un bicchiere di vino.
Quando la sua scorta all’arrivo scostò la tenda della portantina, scoprì il re morto, con
il sangue che gli colava dalla bocca. Così trovò la fine re Aegon II, avvelenato dagli
uomini che lo servivano: al contrario di lui, quegli uomini avevano capito che era finita.
Il regno dilaniato e in pezzi soffrì ancora per altro tempo, ma la Danza dei Draghi si
era conclusa. Ora il regno sarebbe andato incontro alla Falsa Alba, all’Ora del Lupo, al
dominio dei reggenti e al Re Spezzato.
Quando, dopo la morte dello zio Aegon II il Vecchio, Aegon il Giovane ascese al Trono di
Spade nel 131 DC come Aegon III, il reame avrebbe potuto ragionevolmente pensare che
i guasti della Danza fossero conclusi.
I sostenitori di Aegon III avevano sconfitto ciò che restava dell’esercito di Aegon II
nella Battaglia della Strada del Re e detenevano il controllo completo di Approdo del Re.
La flotta di Velaryon era ancora una volta al servizio del Trono di Spade e il Serpente di
Mare avrebbe sicuramente prestato il suo aiuto per guidare il giovane sovrano. Ma erano
tutte speranze costruite sulla sabbia e ben presto questo periodo prese il nome di Falsa
Alba.
A lord Corlys fu risparmiato il processo grazie alle macchinazioni di Baela e Rhaena Targaryen, le quali convinsero
Aegon a emanare un editto che gli restituiva incarichi e onori, e grazie anche a Black Aly Blackwood, che offrì la
propria mano a lord Stark in cambio del sostegno all’editto del re.
Cregan Stark servì in quel ruolo un solo giorno, presiedendo i processi e le esecuzioni.
La maggior parte degli accusati portavano il nero dei Guardiani della notte (guidati
dall’astuto ser Perkin la Pulce). Soltanto due scelsero la morte: ser Gyles Belgrave della
Guardia reale, che non intendeva sopravvivere al suo re, e Larys Piededuro, ultimo
discendente dell’antico lignaggio di Casa Strong.
Il giorno successivo alle esecuzioni, lord Stark rassegnò le dimissioni da Primo
Cavaliere. Nessuno prima di lui aveva mantenuto quella carica per così breve tempo e in
pochi l’avevano lasciata altrettanto felicemente. Lord Stark fece ritorno a Grande Inverno,
lasciando però al Sud molti dei suoi feroci uomini del Nord. Alcuni sposarono le vedove
delle Terre dei Fiumi, altri scelsero la via dei mercenari oppure giurarono di mettere le
loro spade al servizio del re, una minoranza divennero fuorilegge.
L’Ora del Lupo era conclusa, venne il momento dei reggenti.
Il periodo della reggenza di Aegon – dal 131 DC, quando ereditò il trono, al 136 DC,
quando raggiunse l’età per regnare – fu presieduto da un concilio di sette reggenti.
Soltanto uno di loro, il gran maestro Munkun, rimase in carica fino alla fine. Tutti gli altri
o morirono o si dimisero e vennero quindi sostituiti come si rendeva necessario. Il più
illustre tra loro fu lord Corlys Velaryon, il Serpente di Mare, che lasciò questa valle di
lacrime nel 132 DC, all’età di settantanove anni. Il suo corpo rimase esposto ai piedi del
Trono di Spade per sette giorni e il reame pianse.
Gli anni della reggenza di Aegon III furono segnati da tumulti. Ser Tyland Lannister –
uno degli uomini che erano tornati a mani vuote dalle città libere (in quanto le
compagnie libere erano pagate ad alto prezzo durante le guerre che seguirono al crollo
del Regno delle Tre Figlie) – servì in modo capace come Primo Cavaliere del re, questo
nonostante fosse stato accecato e mutilato per mano degli aguzzini della regina Rhaenyra
quando si era rifiutato di rivelare dove aveva nascosto gran parte del tesoro reale di
Aegon II. Ma la febbre invernale se lo portò via nel 133 DC.
GLI ALTRI
LORD UNW IN PEAKE sostituì lord Corlys nel 132 DC, si dimise nel 134 DC.
LORD THADDEUS ROWAN ricevette l’incarico nel 133 DC in seguito alla morte di lord Westerling, ma fu
esonerato nel 136 DC.
SER CORW YN CORBRAY marito di Rhaena Targaryen, sostituì lord Mooton nel 134 DC, ma fu ucciso quello
stesso anno da un balestriere a Runestone.
W ILLAM STACKSPEAR scelto per sorteggio nel gran concilio del 136 DC.
MARQ MERRYW EATHER scelto per sorteggio nel gran concilio del 136 DC.
LORENT GRANDISON scelto per sorteggio nel gran concilio del 136 DC.
La situazione si deteriorò ulteriormente quando Unwin Peake, lord di Starpike,
Dunstonbury e Whitegrove, divenne prima reggente e poi Primo Cavaliere. Il lord aveva
giocato un ruolo significativo nella Prima e nella Seconda Battaglia del Tumblestone e si
era offeso per non essere stato scelto fra i primi reggenti. Tuttavia, si era presto rifatto
acquisendo un potere sempre maggiore. Fece in modo che i suoi parenti occupassero
posizioni importanti, cercò di far sposare la propria figlia con re Aegon III dopo
l’apparente suicidio della regina Jaehaera, tentando anche d’indebolire i propri rivali con
ogni mezzo a sua disposizione.
Lord Alyn Velaryon, figlio del Serpente di Mare, era il principale rivale del Primo
Cavaliere. Gli fu rifiutato il posto del padre come reggente e gli venne ordinato di far vela
contro le Stepstones. Colà, dopo una grande vittoria in mare, si guadagnò il soprannome
di Pugno di Quercia, ma quella sua nuova fama provocò discordia quando egli tornò ad
Approdo del Re. L’intento del Primo Cavaliere era prendere il controllo delle Stepstones
e porre fine al regno pirata di Racallio Ryndoon, ma l’azione fulminea di Velaryon
significò che gran parte della flotta non poté far sbarcare le forze per raggiungere quello
scopo.
Ultima progenie vivente di Aegon II, Jaehaera Targaryen aveva otto anni quando andò in sposa al cugino Aegon III, e
dieci quando si lanciò dal Fortino di Maegor sui rostri del fossato secco sotto di lei, rimanendo agonizzante per
mezz’ora prima di morire.
In molti si posero domande sulla sua morte. Era avvenuta veramente per mano sua? Alcuni sussurrarono che era
stata uccisa e individui sospetti non mancavano di certo. Fra questi c’era ser Mervyn Flowers della Guardia reale,
fratello bastardo di lord Unwin Peake, che si trovava davanti alla sua porta quando Jaehaera morì. Tuttavia, persino
Fungo ritiene improbabile che Flowers fosse il genere d’uomo capace di causare a una bambina in sua custodia una
morte tanto orribile. Pertanto suggerisce un’altra possibilità: che Flowers non abbia perpetrato l’omicidio
personalmente, ma si sia fatto da parte perché se ne occupasse qualcun altro, qualcuno come Tessario la Tigre, il
mercenario senza scrupoli delle città libere che lord Unwin aveva preso al proprio servizio.
Anche se non conosceremo mai la verità sugli eventi di quel giorno, sembra ora probabile che la morte di
Jaehaera sia stata in qualche modo istigata da lord Peake.
Benché si sforzasse di dare al regno pace e benessere dopo la Danza, Aegon III si
dimostrò incapace di assecondare la sua gente o i suoi lord. Il suo sarebbe potuto essere
un regno diverso se non fosse stato per il suo unico difetto: la freddezza nei confronti dei
sudditi. Il principe Viserys suo fratello – che nei suoi ultimi anni fu al suo servizio come
Primo Cavaliere – aveva invece il dono del fascino, ma anche lui s’irrigidì quando la
moglie lo abbandonò insieme ai loro figli per tornare nella nativa Lys.
Tuttavia, Aegon e Viserys insieme affrontarono abilmente i tumulti che perduravano
nel regno. Uno degli incidenti fu la comparsa importuna di diversi pretendenti che
affermavano di essere il principe Daeron il Temerario, fratello più giovane di Aegon II,
che era stato ucciso nella Seconda Battaglia del Tumblestone, ma il cui corpo non era mai
stato identificato, lasciando così la possibilità a uomini senza scrupoli di avanzare le loro
false pretese. (Ma nel contempo quei falsi principi vennero definitivamente smascherati
come impostori.) Aegon e Viserys tentarono persino di reintegrare i draghi, nonostante i
timori di Aegon, per i quali nessuno poteva biasimarlo, considerando che aveva visto la
sua stessa madre divorata viva da uno di loro. Aegon era atterrito dalla vista dei draghi e
non aveva alcun desiderio di montarne uno, ma era convinto che avrebbero intimidito i
suoi oppositori. Su suggerimento di Viserys, fece arrivare nove negromanti da Essos con
l’intento di usare i loro sortilegi per fare dischiudere una covata. Fu una sconfitta e un
fallimento.
All’inizio del suo regno, erano ancora in vita quattro draghi: Ali d’argento, Luce del
Mattino, Ladro di Pecore e il Cannibale. Tuttavia, Aegon III verrà per sempre ricordato
come il Flagello dei Draghi, in quanto fu proprio durante il suo regno che l’ultimo drago
Targaryen morì, nell’anno 153 DC.
Il regno del Re Spezzato – conosciuto anche come Aegon lo Sventurato – terminò con
la sua morte per consunzione all’età di trentasei anni. Molti sudditi lo ritenevano di gran
lunga più vecchio, perché la sua giovinezza era durata troppo poco. Il re malinconico non
è ricordato con affetto e il suo retaggio impallidisce a confronto di quello dei suoi figli.
Tutto ciò che oggi rimane dei draghi Targaryen: il teschio di Balerion, il Terrore Nero.
Daeron I
Quando Aegon III morì, nel ventiseiesimo anno del suo regno, 157 anni dopo
l’incoronazione del Conquistatore, lasciò due figli e tre figlie. Il maggiore, Daeron, ascese
al trono che era solo un ragazzo di quattordici anni. Forse per via del suo fascino e della
sua intelligenza, o forse memore di ciò che era accaduto durante la reggenza del padre di
Daeron, il principe Viserys decise di non insistere per nominare dei reggenti anche se il
giovane non era ancora in età regnante. Per contro, continuò a servire come Primo
Cavaliere mentre re Daeron governava in modo capace ed efficiente.
Pochi previdero che Daeron, primo del suo nome, si sarebbe coperto di gloria come il
suo antenato Aegon il Conquistatore, del quale portava la corona. (Suo padre aveva
preferito un semplice diadema.)
Tuttavia, quella gloria si dissipò con altrettanta rapidità.
Giovane di rara intelligenza e vitalità, Daeron propose di «completare la Conquista»,
annettendo finalmente Dorne al regno. Da subito incontrò la resistenza dello zio, dei
consiglieri e di molti alti lord. I quali lord gli ricordarono che, a differenza del
Conquistatore e delle sue sorelle, lui non aveva più draghi idonei alla guerra. È risaputo
che, a questa obiezione, Daeron rispose: «Lo avete, un drago: è proprio qui, davanti a tutti
voi».
Il re non poté essere dissuaso. Eppure, quando disvelò i suoi piani – formulati, si dice,
con l’aiuto e i consigli di Alyn Velaryon, Pugno di Quercia – alcuni cominciarono a
pensare che l’impresa fosse in effetti fattibile, in quanto la campagna di attacco e
d’invasione proposta era migliore di quella di Aegon I.
Daeron I dimostrò ampiamente il proprio valore sul campo di Dorne, regno che per
centinaia d’anni aveva resistito alle invasioni dall’Altopiano, ai Lord della Tempesta e
persino ai draghi della Casa Targaryen. Daeron divise l’esercito in tre forze:
- la prima guidata da lord Tyrell, che scese dal Passo del Principe all’estremità
occidentale delle Montagne Rosse di Dorne;
- la seconda con a capo Alyn Velaryon, cugino del re e comandante delle navi, che
viaggiava per mare;
- la terza sotto la guida del re in persona, che scese dall’infido passo chiamato Strada
delle Ossa, dove utilizzò i sentieri per le capre, che altri consideravano troppo pericolosi,
per aggirare le torri di guardia di Dorne ed evitare le trappole che avevano colto di
sorpresa Orys Baratheon.
Il giovane re sbaragliò ogni forza che tentava di fermarlo. Il Passo del Principe fu
conquistato e, cosa più importante, la flotta reale prese Planky Town e poté così risalire il
fiume Sangue Verde.
Re Daeron I, il Giovane Drago.
Con Dorne efficacemente divisa a metà grazie al controllo del Sangue Verde da parte
di lord Alyn, le forze dorniane a est e a ovest del fiume non potevano sostenersi in modo
diretto.
Da tale situazione scaturì una serie di dure battaglie la cui descrizione completa
richiederebbe un intero volume. Si possono trovare molti resoconti di questa guerra, ma
il migliore è La conquista di Dorne, il racconto della campagna fatto dallo stesso re Daeron,
giustamente considerato un capolavoro di elegante semplicità sia per la sua prosa sia per
le sue strategie.
Nel giro di un anno, gli invasori erano alle porte di Lancia del Sole e stavano lottando
per farsi strada attraverso la cosiddetta città ombra. Nel 158 DC il principe di Dorne e
quaranta fra i più potenti lord dorniani fecero atto di sottomissione a Daeron nella
Capitolazione di Lancia del Sole.
Il Giovane Drago aveva compiuto l’impresa che a Aegon il Drago non era mai riuscita.
Certo, c’erano ancora ribelli nei deserti e sulle montagne – uomini bollati in fretta
come fuorilegge – ma erano pochi. Almeno all’inizio.
Il re consolidò rapidamente il suo controllo su Dorne, affrontando questi ribelli
quando li trovava... ma non senza difficoltà. In un grave episodio, una freccia avvelenata
destinata al re colpì invece suo cugino, il principe Aemon (figlio più giovane del principe
Viserys), che dovette essere mandato a casa via nave per curarsi. Tuttavia, per la fine del
159 le terre interne furono pacificate e il Giovane Drago fu libero di tornare trionfante ad
Approdo del Re, lasciando lord Tyrell a Dorne per mantenere la pace. Per assicurarsi la
futura lealtà e il buon comportamento di Dorne, il re portò con sé ad Approdo del Re
quattordici ostaggi d’alto lignaggio, figli e figlie di quasi tutte le grandi case di Dorne.
Tuttavia, questa tattica si dimostrò meno efficace di quanto Daeron potesse aver
sperato. Mentre gli ostaggi servivano ad assicurare che non venisse meno la lealtà della
loro stirpe, il re non aveva previsto la tenacia del popolo di Dorne, sul quale non aveva
controllo. Secondo i resoconti, diecimila soldati del re erano caduti nella campagna per la
conquista di Dorne. Altri quarantamila morirono nel corso dei tre anni successivi, in cui
gli uomini comuni di Dorne continuarono a combattere senza requie contro le forze reali.
Lord Tyrell, che Daeron aveva lasciato al comando a Dorne, tentò valorosamente di
soffocare i fuochi della ribellione, spostandosi di castello in castello a ogni cambio di
luna, impiccando i sostenitori dei ribelli, bruciando i villaggi che davano rifugio ai
fuorilegge e così via. Ma il popolo reagiva e ogni giorno si trovavano scorte rubate o
distrutte, accampamenti bruciati, cavalli uccisi. A poco a poco il conto di soldati e uomini
d’armi morti crebbe: assassinati nei vicoli della città ombra, in imboscate tra le dune,
nelle loro stesse tende.
Lettere dorniane, riportate in Sabbie Rosse, di maestro Gareth, suggeriscono che fu lo stesso lord Qorgyle, signore
di Sandstone, a organizzare l’omicidio di lord Tyrell. Tuttavia, negli anni a venire, le sue motivazioni furono oggetto di
speculazione. Alcuni sostengono che Qorgyle fosse in collera per la poca considerazione mostrata da lord Tyrell per
la sua iniziale lealtà – aveva messo fine all’attività sobillatrice di uno dei più famigerati lord ribelli –, altri affermano che
il suo aiuto iniziale facesse parte di un inganno tramato con il suo castellano per indurre il re e lord Tyrell a fidarsi di
lui.
La vera ribellione tuttavia iniziò allorché lord Tyrell e il suo seguito viaggiarono verso
Sandstone e sua signoria venne ucciso in un letto riempito di scorpioni. Quando la voce
della sua morte si diffuse, la ribellione dilagò da un’estremità all’altra di Dorne.
Nel 160 DC, il Giovane Drago fu costretto a tornare a Dorne per soffocare la ribellione
di persona.
Daeron riportò parecchie piccole vittorie combattendo sulla Strada delle Ossa, mentre
lord Alyn Pugno di Quercia scendeva ancora una volta su Planky Town e sul fiume
Sangue Verde.
Apparentemente sconfitti di nuovo, i dorniani acconsentirono a un incontro per
rinnovare la loro fedeltà e discutere i termini... ma in realtà pianificavano tradimento e
assassinii, non la pace.
In un sanguinoso agguato, i dorniani attaccarono il Giovane Drago e il suo seguito
sotto la bandiera di pace. Tre cavalieri della Guardia reale furono uccisi mentre cercavano
di proteggere il sovrano (un quarto, con suo eterno disonore, lasciò cadere la spada e si
arrese). Il principe Aemon, Cavaliere del Drago, fu ferito e catturato, ma non prima di
avere abbattuto due dei traditori. Il Giovane Drago morì con la sua Fuoconero in pugno,
circondato da una dozzina di nemici.
Il regno di re Daeron I durò quindi solo quattro anni: la sua ambizione si era spinta
troppo oltre. La gloria può essere eterna, ma anche effimera: presto dimenticata persino
dopo la più famosa delle vittorie, se questa conduce a più grandi disastri.
Teschi a Dorne.
Baelor I
La notizia della morte del sovrano e della disfatta delle sue forze raggiunse presto
Approdo del Re. L’oltraggio subìto si ritorse immediatamente contro gli ostaggi dorniani.
Su ordine del Primo Cavaliere, il principe Viserys, essi furono gettati nelle segrete in
attesa dell’impiccagione. Il principe Aegon, figlio maggiore del Primo Cavaliere,
consegnò al padre persino la fanciulla dorniana divenuta sua amante, perché fosse
giustiziata.
Il Giovane Drago non si era mai sposato, né aveva avuto figli. Di conseguenza, alla sua
morte, il Trono di Spade passò al fratello Baelor, un giovane di diciassette anni. Baelor si
dimostrò il re più pio dell’intera dinastia dei Targaryen e, secondo alcuni, dell’intera
storia dei Sette Regni.
Il suo primo atto da re fu concedere la grazia agli ostaggi dorniani. Molti altri simili
atti di clemenza e perdono si susseguirono nel corso dei dieci anni di regno di Baelor. Per
quanto i suoi lord e il concilio invocassero vendetta, Baelor perdonò pubblicamente gli
assassini del fratello e dichiarò di essere intenzionato a curare le ferite della guerra e
stipulare la pace con Dorne. In segno di umiltà, aggiunse, si sarebbe recato egli stesso a
Dorne senza né esercito né spada, colà avrebbe restituito gli ostaggi e invocato la pace. E
tanto fece, camminando a piedi nudi da Approdo del Re a Lancia del Sole, vestito solo di
tela di sacco, mentre gli ostaggi lo seguivano in sella a eleganti destrieri.
Riguardo al viaggio di Baelor fino a Dorne, molte furono le canzoni trapelate da
monasteri e conventi e diffuse quindi dai cantori. Salendo per la Strada di Pietra, Baelor
giunse presto al luogo dove i Wyls avevano fatto prigioniero suo cugino, il principe
Aemon, trovando il Cavaliere del Drago rinchiuso in una gabbia, nudo. Si dice che Baelor
implorò che lo liberassero, ma lord Wyl rifiutò obbligando per contro sua grazia a offrire
una preghiera per il cugino e a giurare che avrebbe fatto ritorno. Da allora, innumerevoli
generazioni si sono domandate che cosa debba aver pensato il principe Aemon vedendo
il suo consanguineo emaciato, i piedi sanguinanti, l’aria esausta, fare siffatta promessa
con voce esile. Eppurtuttavia, Baelor proseguì e sopravvisse alla Strada delle Ossa, che si
era rivelata una rovina per migliaia di uomini prima di lui.
L’attraversamento a piedi, e pressoché da solo, del deserto che si estende fra le colline
del nord e il Flagello quasi lo annientò, ma re Baelor sopravvisse all’arduo viaggio,
riuscendo alla fine a incontrare il principe di Dorne in quello che da taluni è considerato
il primo miracolo del regno di Baelor il Benedetto.
Stipulare con Dorne una pace che durò per tutto il suo regno può essere ritenuto a
buon diritto il secondo miracolo. Fra i termini dell’accordo, Baelor acconsentì che il suo
giovane cugino Daeron – nipote del Primo Cavaliere Viserys e figlio del principe Aegon,
primogenito di Viserys – fosse promesso in matrimonio alla principessa Mariah, figlia
maggiore del principe di Dorne. All’epoca, entrambi erano bambini, dunque il
matrimonio sarebbe dovuto avvenire al compimento della maggiore età.
Dopo un soggiorno nell’Antico Palazzo di Lancia del Sole, il principe di Dorne offrì a
Baelor una galea per riportarlo ad Approdo del Re. Tuttavia, il giovane re insistette che i
Sette Dèi gli avevano ordinato di camminare. Alla corte di Dorne, alcuni temevano che il
principe Viserys avrebbe preso come un nuovo motivo di guerra la morte di Baelor lungo
il cammino (erano certi che sarebbe morto), così il principe di Dorne fece ogni sforzo per
assicurarsi che i lord dorniani lungo il percorso fossero ospitali.
Baelor affronta le serpi per salvare il principe Aemon, Cavaliere del Drago.
Risalendo la Strada delle Ossa, Baelor si preoccupò di liberare il principe Aemon dalla
prigionia. Aveva chiesto al principe di Dorne di ordinare esplicitamente il rilascio del
Cavaliere del Drago, e questa volta lord Wyl accettò l’ordine. Tuttavia, invece di liberare
lui stesso Aemon, diede a Baelor la chiave della gabbia con l’invito a utilizzarla. Ma ora
non solo Aemon era nudo nella gabbia, esposto al sole cocente di giorno e al vento
freddo di notte, ma sotto la gabbia era stata scavata una buca piena di vipere. Si racconta
che il Cavaliere del Drago abbia implorato il re di abbandonarlo e di proseguire piuttosto
a cercare aiuto nelle Terre Basse dorniane, ma Baelor sorrise e gli rispose che gli dèi lo
avrebbero protetto. Poi entrò nella buca.
Più tardi i cantastorie affermarono che le vipere chinarono la testa davanti a Baelor al
suo passaggio, ma la verità è ben altra. Mentre si avvicinava alla gabbia, e pur riuscendo
ad aprirla, Baelor fu morso una mezza dozzina di volte. Quasi crollò prima che il
Cavaliere del Drago potesse spalancare la porta e a trascinare il cugino fuori dalla buca.
Si racconta che i Wyls fecero scommesse mentre il principe Aemon lottava per uscire
dalla gabbia trasportando Baelor sulla schiena, e forse fu la loro crudeltà a spronarlo ad
arrampicarsi in cima alla gabbia e a spiccare un salto verso la salvezza.
Il principe Aemon trasportò a braccia Baelor per metà della Strada delle Ossa, fino
davanti al septon di un villaggio sulle montagne dorniane che gli diede dei vestiti e un
asino sul quale porre il re in stato d’incoscienza. Alla fine, Aemon raggiunse le torri di
guardia dei Dondarrion per poi essere condotto a Blackhaven, dove il maestro locale
aiutò il re come meglio poteva prima di lasciarli proseguire verso Capo Tempesta per
ulteriori cure. Per tutto il tempo, si racconta, Baelor continuava a consumarsi, sempre
privo di conoscenza.
Tornò in sé solo sulla strada per Capo Tempesta e solo per bisbigliare preghiere.
Dovettero trascorrere oltre sei mesi prima che il re ritrovasse forze bastevoli per
proseguire il viaggio fino ad Approdo del Re. In tutto quel tempo, il principe Viserys
amministrò il regno come Primo Cavaliere del re, tenendo fede al trattato di pace con i
dorniani.
Quando infine Baelor tornò sul Trono di Spade, il reame festeggiò. Ma l’interesse di
Baelor era concentrato sui Sette Dèi e i suoi primi editti dovettero causare costernazione
in coloro che si erano abituati al governo sobrio di Aegon III, alla noncuranza benevola
di Daeron e all’amministrazione accorta di Viserys.
Sposatosi nel 160 DC con la sorella Daena, il re cercò di convincere l’Alto Septon a
sciogliere il matrimonio. Era stato contratto prima che lui fosse re, argomentò, e non era
mai stato consumato.
Sciolta l’unione, Baelor si spinse addirittura oltre, collocando Daena e le sorelle più
giovani Rhaena ed Elaena nella loro personale Corte di Bellezza all’interno della Fortezza
Rossa, in quella che venne chiamata la Cripta delle Vergini. Il re annunciò che desiderava
preservare la loro innocenza dalla malvagità del mondo e dalla lussuria di uomini empi,
ma alcuni si chiesero se non fosse lui stesso a temere la tentazione esercitata dalla loro
bellezza.
Sebbene Viserys, le stesse principesse e altri membri della corte protestassero, la
decisione era presa: le principesse vennero segregate nel ventre oscuro della Fortezza
Rossa, accompagnate solo da fanciulle che lord e cavalieri mandarono insieme a loro per
ingraziarsi il re.
Altre proteste vennero suscitate dalla decisione di Baelor di rendere illegale la
prostituzione ad Approdo del Re, e nessuno riuscì a fargli capire quanti e quali guai ciò
avrebbe causato. Più di mille puttane e i loro bambini, si disse, furono radunate ed
espulse dalla città. L’irrequietezza che ne derivò fu qualcosa che re Baelor scelse
d’ignorare, impegnato com’era a dedicarsi al suo ultimo progetto: un grandioso tempio
da costruire in cima alla Collina di Visenya, un tempio che il re sosteneva di aver visto in
una visione. Così ebbe inizio la costruzione del Grande Tempio, anche se venne
completato solo molti anni dopo la morte del re.
Alla fine, qualcuno si domandò se essere stato sul punto di morire a Dorne non avesse
inciso in qualche modo sulla sua mente: con il passare degli anni, le sue decisioni si
fecero sempre più fanatiche ed eccentriche. Benché il popolo lo amasse – Baelor apriva
continuamente le casse dello Stato per finanziare gesti di carità, incluso l’anno in cui
regalò ogni giorno una pagnotta a ogni uomo e donna di Approdo del Re –, i lord del
reame cominciavano a esprimere disagio.
Non solo il re aveva annullato il matrimonio con Daena, ma, prendendo a propria volta
i voti da septon, aveva fatto in modo di non potersi più sposare, incoraggiato e sostenuto
da un Alto Septon che stava diventando ogni giorno più influente. Gli editti del re
concernevano sempre di più le questioni spirituali a spese di quelle materiali; fra gli altri
ci furono i suoi sforzi per spingere la Cittadella a usare colombe al posto dei corvi per
recapitare i messaggi (un fallimento ampiamente dibattuto in Ali nere, parole veloci di
Walgrave) e il tentativo di dispensare dal pagamento delle tasse coloro che proteggevano
la virtù delle figlie attraverso un uso assennato della cintura di castità.
Un aspetto disgraziato del fanatismo religioso di re Baelor fu la sua insistenza nel bruciare i libri. Benché alcuni tomi
potessero contenere poco che valga la pena conoscere e altri avere addirittura contenuti pericolosi, distruggere la
conoscenza è sempre una cosa penosa.
Non può quindi destare sorpresa alcuna che Baelor abbia fatto bruciare la Testimonianza di Fungo, visto il suo
contenuto volgare e scandaloso. Per contro, la Storia innaturale, di septon Barth, a dispetto del fatto che alcune delle
sue tesi siano sbagliate, era frutto del lavoro di una delle menti più brillanti dei Sette Regni. Lo studio e la presunta
pratica delle alte arti superiori da parte di Barth bastò a procurargli l’inimicizia di Baelor, il quale fece distruggere la
sua opera, benché la Storia innaturale contenga molto che non è né controverso né tantomeno immorale. È una
fortuna che se ne siano salvati dei frammenti, così che le conoscenze ivi contenute non sono andate completamente
perdute.
Verso la fine del suo regno, Baelor cominciò a trascorrere sempre più tempo
digiunando e pregando, con l’intento di compensare tutti i peccati e le offese che credeva
venissero commessi ogni giorno da lui e dai suoi sudditi nei confronti dei Sette Dèi. Al
trapasso dell’Alto Septon, Baelor informò i Più Devoti che gli dèi gli avevano rivelato
l’identità del nuovo Alto Septon, il quale fu prontamente eletto secondo precisa
indicazione di Baelor: un uomo del volgo di nome Pate, abile nella lavorazione della
pietra ma illetterato, dalla mente semplice e incapace di ricordare anche una sola
preghiera. Fu forse una benedizione che questo ottuso Alto Septon sopravvivesse solo un
anno prima di essere portato via da una febbre.
O forse non lo fu. Baelor si era convinto che gli dèi avessero concesso la capacità di
fare miracoli a un ragazzino di otto anni: un monello di strada, affermarono alcuni in
seguito, ma più probabilmente il figlio di un merciaio. Baelor dichiarò di aver visto il
ragazzo parlare con le colombe, le quali gli avevano risposto con voci maschili e
femminili: le voci dei Sette Dèi, a suo parere. Doveva essere quel ragazzo il prossimo Alto
Septon, dichiarò il re. Di nuovo, i Più Devoti fecero come desiderava il sovrano, e fu così
che venne scelto il più giovane Alto Septon che avesse mai portato la corona di cristallo.
La nascita di Daemon Waters, figlio naturale di Daena Targaryen da un padre di cui
ella rifiutò di rivelare il nome (ma che più tardi il regno apprese essere nient’altri che il
cugino Aegon, quando ancora era principe), provocò un nuovo digiuno del re.
Baelor era già stato in punto di morte alcuni anni prima, quando aveva digiunato per
un intero ciclo di luna in seguito alla morte dei gemelli di sua cugina, la principessa
Naerys, poco dopo la nascita. Questa volta Baelor si spinse oltre, rifiutando tutto a parte
l’acqua e accettando pane in misura appena sufficiente a soffocare le grida dello stomaco.
Egli mantenne questo regime per quaranta giorni. Il quarantunesimo giorno fu trovato
privo di sensi davanti all’altare della Madre.
Il gran maestro Munkun fece il possibile per guarirlo. Lo stesso fece l’Alto Septon
ragazzo, ma i suoi miracoli si erano esauriti.
Re Baelor I Targaryen, il Benedetto, si ricongiunse ai Sette Dèi al decimo anno del suo
regno, nel 171 DC.
Le voci maligne che seguirono l’ascesa al trono di Viserys – scaturite, dicono alcuni, dalla penna di lady Maia della
Casa Stokeworth – insinuarono che Viserys stesso avesse avvelenato il re per poter finalmente salire al trono dopo
più di dieci anni di attesa. Altri asserirono che Viserys aveva avvelenato Baelor per il bene del regno: il re septon era
giunto a credere che i Sette si aspettassero da lui la conversione di tutti gli infedeli del reame. Questo avrebbe
provocato una guerra con il Nord e con le Isole di Ferro, causando gravissimi guasti.
Le sorelle di Baelor I
Delle tre sorelle, Daena rimane la più famosa ed era la più amata, tanto per la sua
bellezza quanto per il suo indomito coraggio. Era conosciuta come abile amazzone e
temibile arciera con l’arco dorniano che il fratello Daeron aveva riportato dalle sue
conquiste, ed era capace di giostrare (ma non le fu mai permesso di cavalcare in un
torneo, nonostante tutti i suoi sforzi per essere ammessa).
Daena venne presto soprannominata la Ribelle, perché era la più irrequieta delle tre
sorelle in prigionia, e fuggì in tre diverse occasioni, travestita da serva o da ragazza del
popolo. Verso la fine del regno di Baelor, riuscì persino a restare incinta, anche se alcuni
direbbero che avrebbe fatto meglio a essere meno ribelle, visti tutti i guai che quel figlio
avrebbe portato al regno.
Delle altre sorelle di Baelor, Rhaena era pia quasi quanto il fratello e, con il tempo,
diventò una septa. Elaena, la più giovane, era più caparbia di Rhaena, ma non possedeva
la bellezza delle altre sorelle. Si racconta che, mentre era nella Cripta delle Vergini, tagliò
la sua corona – i lunghi capelli color platino attraversati da una striatura dorata – e la fece
pervenire al fratello, invocando la libertà con la promessa che, così rasata, sarebbe stata
troppo brutta per indurre in tentazione qualsiasi uomo. Le sue suppliche, tuttavia,
rimasero inascoltate.
Elaena sopravvisse ai suoi fratelli e, una volta liberata dalla Cripta delle Vergini,
condusse una vita quanto mai tumultuosa. Seguendo l’esempio di Daena, diede i due
gemelli bastardi Jon e Jeyne Waters ad Alyn Velaryon, il lord Pugno di Quercia. Sperava
di sposarlo, venne scritto, ma un anno dopo la di lui scomparsa in mare ella abbandonò
la speranza e cercò un altro marito.
Elaena si sposò tre volte. Il primo matrimonio fu celebrato nel 176 DC con il ricco ma
anziano Ossifer Plumm, che si racconta sia morto mentre consumava il matrimonio.
Tuttavia, Elaena poté concepire: prima di morire lord Plumm era riuscito ad adempire al
suo dovere. In seguito, voci scurrili insinuarono che lord Plumm, in realtà, fosse morto
alla vista della sua sposa nuda (questo pettegolezzo fu raccontato nei termini più osceni,
termini che avrebbero potuto divertire Fungo, ma che non è utile ripetere) e che il figlio
concepito quella notte fosse del cugino di Elaena, Aegon, che più tardi divenne re Aegon
il Mediocre.
Il secondo matrimonio avvenne per ordine di re Daeron il Buono, successore di Aegon
il Mediocre. Daeron la fece sposare con il suo maestro del conio e dall’unione nacquero
altri due bambini. Elaena fu conosciuta come la vera maestra del conio, perché del marito
si diceva che fosse un lord di buona indole, ma di scarsa dimestichezza con i numeri.
Elaena divenne presto influente e godette della fiducia del re in ogni cosa mentre
svolgeva il suo compito nell’interesse del sovrano e del regno.
Il terzo matrimonio fu per sua scelta, dopo che si fu innamorata di lord Michael
Manwoody, un dorniano che aveva seguito la principessa Mariah a corte. Manwoody, che
nella sua giovinezza aveva studiato alla Cittadella, era un uomo colto di grande spirito e
conoscenze, diventato un servitore fidato di re Daeron dopo il matrimonio del re con la
regina Mariah. In diverse occasioni fu inviato a Braavos a negoziare con la Banca di Ferro,
ed è rimasta traccia di una corrispondenza relativa a queste negoziazioni fra lui e i
Custodi delle Chiavi della Banca di Ferro (con il suo sigillo e il suo nome, che però
sembrava vergato da Elaena).
Elaena sposò lord Manwoody, apparentemente con la benedizione di Daeron, non
molto tempo dopo la morte del suo secondo marito. Negli anni a venire, dichiarò che non
era stata l’intelligenza del lord a farla innamorare di lui, ma il suo amore per la musica.
Era risaputo che Manwoody suonasse l’arpa per lei e, quando morì, Elaena ordinò che
sulla sua effigie venisse scolpita un’arpa e non la spada e gli speroni com’era
consuetudine.
Benché entrambi i figli di re Aegon III fossero morti, le sue tre figlie erano sopravvissute.
Alcuni nel popolo, e persino tra i lord, ritenevano che il Trono di Spade dovesse passare
di diritto alla principessa Daena. Costoro, tuttavia, erano pochi; un decennio
d’isolamento nella Cripta delle Vergini aveva lasciato Daena e le sue sorelle senza alleati
potenti, e ancora bruciante era il ricordo delle disgrazie abbattutesi sul reame l’ultima
volta che una donna era ascesa al Trono di Spade. Inoltre, Daena la Ribelle era
considerata selvaggia e incontrollabile... oltre che lasciva: l’anno prima aveva dato alla
luce un bastardo che aveva chiamato Daemon, rifiutando risolutamente di rivelare il
nome del padre.
Così, furono citati i precedenti del concilio allargato del 101 e la Danza dei Draghi, per
cui le rivendicazioni delle sorelle di Baelor vennero ignorate. Invece, la corona passò allo
zio di Baelor, il principe Viserys, Primo Cavaliere del re.
È stato scritto che, mentre Daeron combatteva e Baelor pregava, Viserys governava. Per
quattordici anni aveva servito i suoi nipoti come Primo Cavaliere, e prima di loro il
fratello Aegon III. Si dice che sia stato il Primo Cavaliere più abile dopo septon Barth,
benché i suoi sforzi fossero diminuiti durante il regno del Re Spezzato, il quale non
nutriva alcun desiderio di compiacere i suoi sudditi o guadagnarne l’affetto. Nel suo Vite
di quattro re, il gran maestro Kaeth non esprime molte opinioni, buone o cattive, su
Viserys... ma alcuni affermano che il libro dovrebbe riguardare a buon diritto cinque re,
fra i quali proprio Viserys. E invece, Viserys è tralasciato a favore del figlio, Aegon il
Mediocre.
Dopo gli anni trascorsi in ostaggio a Lys alla fine della Danza, Viserys tornò ad
Approdo del Re con una bella sposa lyseniana, Larra Rogare, figlia di una ricca e
influente casa nobile. Alta e flessuosa, dai capelli argento dorato e dagli occhi violetti di
Valyria (a Lys ancora forte è il sangue della Libera Fortezza), Larra aveva sette anni più di
Viserys. Ella non si sentì mai parte della corte e non vi fu mai davvero felice. Tuttavia,
prima di fare ritorno infine alla nativa Lys, generò tre figli.
Il maggiore era Aegon, nato nella Fortezza Rossa nel 135 DC dopo il rientro di Viserys
da Lys. Era un ragazzo robusto che crebbe bello e affascinante, ma anche irresponsabile e
capriccioso, dedito ai piaceri. Causò al padre molti problemi e molte fatiche, e al reame
molta sofferenza.
Nel 136 DC nacque Aemon. Da bambino, era robusto come Aegon e di altrettanta
bellezza, ma privo dei suoi difetti. Si dimostrò il più grande giostratore e spadaccino
della sua epoca, un cavaliere degno d’impugnare Sorella oscura, che il principe Daemon,
i re Jaehaerys I e Maegor I e la regina Visenya avevano portato prima di lui. Diventò noto
come il Cavaliere del Drago per via del cimiero a forma di drago a tre teste d’oro bianco
sul suo elmo. Ancora oggi qualcuno lo definisce il cavaliere più nobile che sia mai vissuto
e uno dei nomi più leggendari che abbiano servito nella Guardia reale.
L’ultimo figlio di Viserys era una bambina, Naerys, nata nel 138 DC. Naerys aveva una
pelle talmente chiara da sembrare traslucida, così dicevano gli uomini. Era di corporatura
minuta (cui contribuiva anche lo scarso appetito) e di lineamenti fini. I cantori scrivevano
canzoni in lode dei suoi occhi, che erano molto grandi e di una intensa sfumatura viola,
incorniciati da ciglia pallide.
Dei suoi fratelli amava soprattutto Aemon, in quanto sapeva farla ridere e condivideva
con lei una religiosità che Aegon non possedeva. Amava i Sette quanto il fratello, se non
di più, e avrebbe potuto essere una septa, se il lord suo padre lo avesse permesso. Ma lui
non acconsentì e, invece, la diede in sposa al figlio Aegon nel 153 DC, con la benedizione
di re Aegon III. I cantastorie raccontano che Aemon e Naerys piansero entrambi durante
la cerimonia, mentre gli scritti riportano che Aemon ebbe un alterco con Aegon al
banchetto nuziale e che Naerys pianse quando il matrimonio venne consumato.
Taluni scrivono che molte delle condotte stravaganti del Giovane Drago e di Baelor il
Benedetto furono ispirate dal principe Viserys, mentre altri sostengono che, al contrario,
Viserys fece del suo meglio per moderare le loro peggiori ossessioni. Benché il suo regno
sia durato poco più di un anno, è istruttivo esaminare le riforme che egli apportò alle
funzioni della famiglia reale, la creazione di una nuova zecca reale, gli sforzi per favorire
il commercio attraverso il Mare Stretto e le modifiche al codice di leggi stabilito da
Jaehaerys il Conciliatore durante il suo lungo regno.
Viserys aveva in sé la capacità di diventare un nuovo conciliatore, perché nessun re era
stato più accorto e abile di lui, ma una malattia improvvisa se lo portò via tragicamente
nel 172 DC.
È forse superfluo riferire che alcuni trovarono sospette sia la malattia che la sua
rapidità, ma a quel tempo nessuno osò dar voce a tali sospetti. Sarebbe passato più di un
decennio prima che fosse messa nero su bianco l’accusa che Viserys era stato avvelenato
nientedimeno che dal suo successore, il figlio Aegon.
C’è del vero in un simile sospetto? Non siamo in grado di dirlo con certezza. Ma
considerate tutte le azioni infami e immorali compiute da Aegon il Mediocre, sia prima
di salire al trono che dopo, non si può non tenerne conto.
Aegon IV
Con la morte del padre nel 172 DC, Aegon, quarto del suo nome, salì infine al trono cui
aveva ambito fin da ragazzo.
Nella sua giovinezza Aegon era stato avvenente e abile con la lancia e la spada, un
uomo che amava la caccia, la falconeria e il ballo. A corte, era il principe più brillante
della sua generazione, era ammirato per la sua arguzia.
Aveva però un grosso difetto: non sapeva controllarsi.
La sua cupidigia, la sua golosità, le sue brame avevano sempre la meglio. Sul Trono di
Spade il suo malgoverno cominciò con piccoli gesti di piacere, ma con il tempo i suoi
appetiti non conobbero limite e la sua depravazione lo indusse ad azioni che avrebbero
ossessionato il regno per intere generazioni a venire. Aenys era debole e Maegor crudele,
scrive Kaeth, Aegon IV era avido, ma nessun re, prima di lui o dopo di lui, avrebbe
esercitato tanto deliberato malgoverno.
Il piccolo principe Aegon insieme ai genitori: il principe Viserys II e lady Larra Rogare.
A corte, Aegon si circondò presto di uomini scelti non per la loro nobiltà, onestà o
saggezza, ma per la loro capacità di divertirlo e di adularlo. Quanto alle donne, erano
principalmente quelle pronte a fare lo stesso, permettendogli di sfogare la sua voluttà sul
loro corpo. Per un capriccio, Aegon toglieva a una nobile casata per dare a un’altra, come
fece quando si appropriò con noncuranza delle grandi colline dei Bracken chiamate Tette
e le regalò ai Blackwood. Per soddisfare i suoi desideri sperperò tesori inestimabili, come
quando concesse un uovo di drago al suo Primo Cavaliere, lord Butterwell, per poter
disporre, in cambio, di tutte e tre le sue figlie. Privò uomini della loro eredità legittima
perché ne desiderava le ricchezze, come si disse abbia fatto nel giorno stesso del suo
matrimonio, dopo la morte di lord Plumm.
Per il popolo, il suo regno era fonte di pettegolezzi e divertimento. Ai lord che non
vivevano a corte e che non desideravano che il sovrano si prendesse delle libertà con le
figlie, Aegon poteva anche sembrare forte e risoluto, frivolo ma perlopiù innocuo. Ma per
coloro che osavano entrare nella sua cerchia, era troppo volubile, troppo avido e troppo
crudele per non essere pericoloso.
Correva voce che Aegon non dormisse mai solo e non considerasse completa una notte
se non dopo avere dato fondo alle sue energie con una femmina. I suoi desideri carnali
venivano saziati da ogni genere di donna, dalle principesse di rango elevato alla più
infima puttana, e lui non sembrava fare differenza. Nei suoi ultimi anni, Aegon affermò
di essere andato a letto con almeno novecento donne (il numero esatto gli sfuggiva), ma
che ne aveva davvero amate soltanto nove. (La regina Naerys, sua sorella, non era fra
queste.) Le nove amanti venivano da vicino e da lontano, e alcune gli diedero figli
naturali, ma ognuna di loro (tranne l’ultima) fu abbandonata quando lui se ne stancò.
Tuttavia, uno di quei figli naturali non era nato da una donna considerata sua amante: la
principessa Daena la Ribelle.
Daena chiamò il bambino Daemon, come il principe che era stato la meraviglia e il
terrore della sua epoca, e in seguito questo fu visto quale avvertimento di ciò che il
bambino sarebbe diventato. Nel 170 DC, quando nacque, il suo nome completo era
Daemon Waters. A quell’epoca Daena rifiutò di dire chi era il padre, ma già allora ci fu il
sospetto che si trattasse di Aegon. Cresciuto alla Fortezza Rossa, il giovane ricevette gli
insegnamenti dei maestri più saggi e dei migliori maestri d’armi a corte, incluso ser
Quentyn Ball, il letale cavaliere soprannominato Palla di Fuoco.
Non c’era niente che Daemon amasse più dei tornei, nei quali eccelleva, e molti
vedevano in lui un guerriero che un giorno sarebbe stato un altro Cavaliere del Drago. Re
Aegon nominò Daemon cavaliere quando aveva appena dodici anni, dopo che ebbe vinto
un torneo di scudieri (facendone così il cavaliere più giovane dell’epoca dei Targaryen,
più giovane perfino di Maegor I), e sconcertò la corte, i parenti e il concilio donandogli
Fuoconero, la spada di Aegon il Conquistatore, come anche terre e altri onori. Dopo di
allora Daemon prese il nome di Blackfyre.
La regina Naerys – l’unica donna con cui Aegon IV andava a letto senza trarne piacere
– era pia, gentile e fragile, tutte qualità che il re disprezzava. Per Naerys, minuta e
delicata, il parto si dimostrò un’ardua prova. Nell’ultimo giorno del 153 DC, quando
nacque il principe Daeron, il gran maestro Alford li avvertì che un’altra gravidanza
avrebbe potuto ucciderla. Si dice che Naerys si sia rivolta al fratello con le seguenti
parole: «Ho fatto il mio dovere e ti ho dato un erede. Ti prego, viviamo d’ora in poi come
fratello e sorella». Pare che Aegon abbia replicato: «È ciò che stiamo facendo». Aegon
continuò a insistere perché la sorella assolvesse ai doveri coniugali per il resto della sua
vita.
I rapporti fra di loro peggiorarono per via del principe Aemon, loro fratello,
inseparabile da Naerys fin da quando erano giovani. Il risentimento di Aegon verso il
nobile, celebrato fratello era evidente a tutti, perché il re provava piacere nell’offendere
sia Aemon sia Naerys a ogni occasione. Persino dopo che il Cavaliere del Drago perse la
vita per difenderlo e la regina Naerys morì di parto l’anno successivo, Aegon IV fece poco
o nulla per onorarne la memoria.
I litigi del re con i suoi familiari peggiorarono sempre di più quando il figlio Daeron fu
abbastanza grande da esprimere le sue opinioni. Vite di quattro re, di Kaeth, riferisce
esplicitamente che le false accuse di adulterio contro la regina mosse da ser Morgil
Hastwyck furono istigate dallo stesso re, benché al tempo Aegon lo avesse negato. Le
affermazioni di ser Morgil furono smentite dalla sua morte in un processo per duello
contro il Cavaliere del Drago. Che tali accuse arrivassero nello stesso momento in cui
Aegon e il principe Daeron stavano litigando sui piani del re di muovere una guerra
ingiusta contro Dorne non fu sicuramente una coincidenza. Fu anche la prima (ma non
l’ultima) volta che Aegon minacciò di nominare uno dei suoi bastardi come suo erede al
posto di Daeron.
Dopo la morte dei suoi fratelli, il re cominciò a fare riferimenti appena velati alla
presunta nascita illegittima del figlio, osando questo solamente perché il Cavaliere del
Drago era morto. I suoi cortigiani e tirapiedi imitarono il re, e la calunnia si diffuse.
Negli ultimi anni del regno di Aegon, fu il principe Daeron a dimostrarsi l’ostacolo
principale al suo malgoverno.
Alcuni lord del regno vedevano con chiarezza le opportunità offerte da quel re sempre
più corpulento e ingordo, che si lasciava convincere a distribuire onori, cariche e terre in
cambio della promessa di nuovi piaceri. Altri, che per contro condannavano il
comportamento del sovrano, cominciarono ad affluire intorno al principe Daeron. Infatti,
nonostante tutte le sue minacce e calunnie e gli scherzi di cattivo gusto, il re non aveva
mai formalmente disconosciuto il figlio.
Perché non l’avesse fatto è una questione che suscitò dibattito: alcuni suggeriscono che
una piccola parte di Aegon conoscesse ancora l’onore, o almeno la vergogna. Il motivo
più probabile, tuttavia, è che Aegon fosse consapevole che un gesto simile avrebbe
scatenato una guerra nel reame. Gli alleati di Daeron – primo fra tutti il principe di
Dorne, la cui sorella Daeron aveva sposato – avrebbero difeso i suoi diritti. Fu forse per
questa ragione che Aegon rivolse la sua attenzione a Dorne, sfruttando l’odio per i
dorniani che ancora covava nelle Terre Basse, nelle Terre della Tempesta e sull’Altopiano
per sobillare alcuni degli alleati di Daeron contro i suoi sostenitori più potenti.
Fortunatamente per il regno, i piani del re di invadere Dorne nel 174 DC sfociarono in
un fallimento totale. Sebbene sua grazia avesse costruito una grande flotta, pensando di
vincere come aveva fatto Daeron il Giovane Drago, essa venne distrutta e dispersa dalle
tempeste mentre navigava verso Dorne.
Ma questa della mancata invasione di Dorne non fu neppure la follia più grossa.
Aegon si era anche rivolto a presunti piromanti dell’antico ordine degli Alchimisti,
ordinando loro di costruirgli dei draghi. Quelle mostruosità di legno e ferro, dotate di
pompe che lanciavano vampate di fuoco, avrebbero potuto forse essere di qualche utilità
durante un assedio. Aegon, però, si proponeva di trascinare quei congegni lungo la
Strada delle Ossa, dove c’erano punti talmente ripidi da indurre perfino i dorniani a
scolpire dei gradini.
Quelle assurde macchine da guerra non arrivarono nemmeno così lontano, tuttavia. Il
primo drago andò a fuoco nel Bosco del Re, ben prima della Strada delle Ossa. In breve,
tutti e sette stavano bruciando. Centinaia di uomini perirono nell’incendio e quasi un
quarto del Bosco del Re andò in cenere. Dopodiché, il re accantonò le sue ambizioni una
volta per tutte e di Dorne non parlò mai più.
Il regno di questo indegno monarca giunse al termine nel 184 DC, quando re Aegon
aveva quarantanove anni.
Il sovrano era esageratamente grasso, quasi incapace di camminare, e alcuni si
chiedevano come Sereni di Lys, madre di Shiera Stella marina e sua ultima amante,
riuscisse a resistere ai suoi abbracci.
Il re morì di una morte orribile, con il corpo così gonfio e obeso che non riusciva più a
sollevarsi dal suo letto e gli arti in putrefazione brulicanti di vermi. I maestri affermarono
di non aver mai visto niente del genere, mentre i septon lo definirono un giudizio degli
dèi. Ad Aegon fu dato latte di papavero per alleviare la sua sofferenza, ma d’altro si poté
fare poco per lui.
Tutti i resoconti sono concordi nell’affermare che il suo ultimo atto prima di morire fu
quello di dettare il proprio testamento. E in esso lasciò il veleno più amaro che il regno
avesse mai conosciuto: legittimò tutti i suoi figli naturali, da quelli di natali più umili fino
ai Grandi Bastardi, i figli e le figlie che aveva concepito con donne di nobile nascita.
Decine dei suoi figli naturali non erano mai stati riconosciuti e per loro la dichiarazione
di Aegon in punto di morte nulla significava. Per i bastardi che aveva riconosciuto,
invece, aveva grande importanza, e per il regno significò fuoco e sangue per cinque intere
generazioni.
Lady Melissa Blackwood, Serenei di Lys, Lady Falena Stokeworth, Bellegere Otherys
LADY BARBA BRACKEN
Figlia di lady Falena, la prima amante del re, e di lord Lucas Lothston
o forse dello stesso re
Jeyne fu portata a corte dalla madre, nel 178, quando aveva quattordici anni. Aegon
nominò lord Lothston suo nuovo Primo Cavaliere e si disse (ma non fu mai comprovato)
che avesse amplessi con madre e figlia insieme. Presto, Aegon trasmise a Jeyne una
malattia venerea contratta dalle puttane che aveva frequentato dopo l’esecuzione di lady
Bethany, e i Lothston furono di nuovo espulsi da corte.
Lady Bethany Bracken, Lady Barba Bracken, Megette (Merry Meg), Lady Cassella Vaith, Lady Jeyne Lothston
Daeron II
Nell’anno 184 dopo la Conquista di Aegon, Aegon IV, il Mediocre, alla fine passò a
miglior vita.
Il principe Daeron, suo figlio ed erede, lasciò la Roccia del Drago prima che passassero
due settimane dalla notizia del decesso del padre e fu rapidamente incoronato alla
Fortezza Rossa dall’Alto Septon.
Daeron scelse la corona del padre, decisione presa probabilmente per sciogliere ogni
eventuale dubbio sulla sua legittimità. Poi si affrettò a rimettere a posto molte delle cose
rovinate da Aegon, cominciando col rimuovere tutti i membri del concilio ristretto del re
e rimpiazzandoli con uomini di sua scelta, molti dei quali si erano dimostrati consiglieri
saggi e capaci.
Occorse più di un anno per sistemare in egual modo la Guardia cittadina, avendo re
Aegon usato spesso la promozione alla Guardia come modo per elargire prebende ai suoi
favoriti, i quali, a loro volta, si assicuravano che le donne nei bordelli, e persino le
rispettabili signore di città, fossero disponibili per le brame del re.
Sull’onda degli sforzi per migliorare quanto corrotto o lasciato marcire dall’incuria
maligna dal padre, Daeron fece molto altro. Si dimostrò coscienzioso nei propri doveri
verso il regno e cercò di stabilizzarlo sulla scia del disastroso decreto emanato da Aegon
in punto di morte, decreto che legittimava tutti i suoi fratellastri bastardi. Non potendo, e
non volendo, abdicare agli ultimi desideri del padre, Daeron fece il possibile per tenersi
vicini i Grandi Bastardi, trattandoli con onore e mantenendo le rendite che il re aveva
conferito loro.
Daeron II e il principe Maron Martell ai piedi della statua di re Baelor.
Negli anni che seguirono il tradimento di Daemon Blackfyre si narrava che in lui l’odio per Daeron fosse di antica
memoria. Era desiderio di Aegon, non di Daemon, che lui sposasse Rohanne di Tyrosh. Daemon, al contrario, aveva
sviluppato una passione per la sorella di Daeron, la giovane principessa Daenerys. Minore di Daemon solo di due
anni, la principessa, a quanto sembra, se si presta ascolto ai cantori, ricambiava l’amore del principe bastardo, ma
né Aegon IV né Daeron II erano disposti a lasciare che simili sentimenti interferissero con le questioni di Stato. Aegon
vedeva maggiori profitti in un legame con Tyrosh, ritenendo forse che la sua flotta avrebbe potuto essere utile in un
altro eventuale tentativo di conquistare Dorne.
Questa versione sembra abbastanza plausibile, ma prendendone in considerazione una diversa, Daemon non
sarebbe stato poi così contrario a sposare Rohanne di Tyrosh, essendo convinto di poter seguire le orme di Aegon il
Conquistatore e di Maegor il Crudele e di concedersi più di una sposa. Aegon potrebbe persino aver promesso di
accontentarlo (alcuni dei sostenitori di Blackfyre sosterranno in seguito che proprio di quello si trattasse), ma Daeron
era di opinione completamente diversa. Non solo si rifiutò di permettere al fratello di avere più di una moglie, ma
concesse anche la mano di Daenerys a Maron Martell, come parte del prezzo da pagare per annettere finalmente
Dorne ai Sette Regni.
Che Daenerys abbia amato Daemon, come sostennero in seguito coloro i quali si sollevarono per il Drago Nero,
nessuno può dirlo per certo. Negli anni a seguire, Daenerys si limitò a essere una moglie fedele per il principe Maron,
e se anche rimpiangesse Daemon Blackfyre, non lo lasciò intendere.
L’insoddisfazione per siffatte specifiche concessioni fu uno dei semi da cui spuntò la
Prima Ribellione Blackfyre, la convinzione che Dorne esercitasse troppa influenza sul re,
avendo Daeron II portato molti dorniani alla sua corte, ad alcuni dei quali furono
garantite cariche degne di nota.
Il dominio di Daeron, in ogni caso, stabilizzò rapidamente il reame. Al punto che il re
giunse altrettanto rapidamente a essere chiamato Daeron il Buono, e questo dal popolino
come dai nobili.
Era visto come un re giusto e di buon cuore, malgrado non mancassero critiche
riguardo all’influenza che su di lui avrebbe esercitato la moglie dorniana. E sebbene non
fosse un guerriero – resoconti dell’epoca gli attribuiscono una corporatura minuta,
braccia sottili, spalle rotonde, e un’indole erudita – due dei suoi quattro figli sembravano
avere tutto ciò che più si desidererebbe in un cavaliere, in un lord, in un erede al trono. Il
maggiore, il principe Baelor, si aggiudicò il nome di Lancia Spezzata all’età di diciassette
anni, a seguito della sua celebre vittoria al torneo nuziale della principessa Daenerys. Fu
infatti lui a sconfiggere Daemon Blackfyre nell’assalto conclusivo. E il figlio più giovane,
il principe Maekar, sembrava mostrare abilità simili.
Tuttavia, in troppi notavano i capelli e gli occhi scuri di Baelor, vedendo in lui più un
Martell che non un Targaryen, sebbene egli avesse dimostrato di riuscire a conquistarsi il
rispetto altrui con facilità e fosse abbastanza generoso e giusto come suo padre. Cavalieri
e lord delle Terre Basse di Dorne arrivarono a diffidare di Daeron, come di Baelor, e
cominciarono a guardare sempre più ai «vecchi tempi», quando i dorniani erano i nemici
da combattere, e non rivali per l’attenzione o la generosità del re. Vedevano Daemon
Blackfyre, divenuto alto e possente, come un semidio in mezzo ai mortali, con la spada
del Conquistatore in suo possesso. Inevitabilmente, tutti costoro si facevano domande.
I semi della ribellione erano piantati, ma ci sarebbero voluti anni perché generassero
frutti.
A indurre Daemon Blackfyre a insorgere contro re Daeron non fu né un oltraggio
definitivo né un enorme torto. Se la causa fosse stata l’amore per Daenerys, com’è
possibile che trascorressero otto anni prima che la ribellione s’infiammasse? Un tempo
lungo per opporsi a un amore contrastato, se si pensa oltretutto che Rohanne aveva già
dato a Daemon sette tra figli e figlie, e che Daenerys, a propria volta, aveva partorito
diversi eredi per il principe Maron.
I semi, comunque, trovarono terreno fertile a causa di Aegon il Mediocre. L’indegno
sovrano odiava i dorniani e li combatteva. Lo stesso valeva per i lord che desideravano il
ritorno ai suoi tempi, nonostante il malgoverno di allora, e che non sarebbero mai stati
soddisfatti del pacifico re Daeron. Così, molti celebri guerrieri che guardavano con
sgomento alla pace nel regno e alla presenza dei dorniani alla corte del re, cominciarono
ad avvicinarsi a Daemon.
All’inizio, forse, Daemon Blackfyre indulgette in un simile discorso soltanto per la
propria vanità. Dopotutto, fra l’assenso dei primi uomini che si rivolsero a Daemon e la
successiva ribellione trascorsero anni.
Ma, in definitiva, che cosa spinse Daemon Blackfyre a pretendere il trono?
La colpa sembra potersi attribuire a un altro dei Grandi Bastardi: ser Aegor Rivers,
detto Acreacciaio. A rendere Aegor così collerico e così propenso all’oltraggio fu, forse, il
sangue Bracken. Oppure l’infamante disistima dei Bracken da parte di re Aegon, a causa
della quale lord Bracken era stato esiliato dalla corte. O forse soltanto la rivalità con il
fratellastro, Brynden Rivers, detto Corvo di Sangue, anche lui bastardo, il quale era stato
però capace di mantenere rapporti stretti con la corte, per via della madre molto amata in
vita e ricordata poi con affetto, tanto che i Blackwood non avevano sofferto come i
Bracken quando il re si era liberato delle due amanti.
Quale che sia la verità, Aegor Rivers cominciò presto a incalzare Daemon Blackfyre
perché rivendicasse il trono, e ancor di più dopo che Daemon accettò di far sposare la
figlia maggiore, Calla, ad Aegor. Il suo acciaio, dunque, era acre, ma la sua lingua lo era
anche di più. Sputava veleno nell’orecchio di Daemon, e a quello si unì il clamore di altri
cavalieri e lord insoddisfatti.
Alla fine, anni di simili discorsi diedero frutto e Daemon Blackfyre si decise. Tuttavia,
lo fece in modo sconsiderato, tanto che a re Daeron giunse presto la notizia che Blackfyre
aveva intenzione di dichiararsi re prima di un ciclo di luna. (Non sappiamo come quella
voce gli sia arrivata, ma, nell’incompiuto Il Drago Rosso e il Drago Nero, di Merion,
s’ipotizza il coinvolgimento di Brynden Rivers, un altro dei Grandi Bastardi.)
Il re inviò la Guardia reale ad arrestare Daemon prima che egli potesse proseguire
oltre nei suoi intenti di traditore. Daemon però fu preventivamente avvertito e, con
l’ausilio di ser Quentyn Ball, il cavaliere detto Palla di Fuoco, noto per la sua irascibilità,
riuscì a fuggire e a raggiungere la Fortezza Rossa sano e salvo.
Gli alleati di Daemon Blackfyre sfruttarono quel tentativo di arresto come motivo di
guerra, sostenendo che Daeron avesse agito contro di lui spinto da paura immotivata.
Altri lo chiamavano ancora Daeron il Deviato, ripetendo la calunnia che Aegon il
Mediocre fosse stato lontano negli ultimi anni del suo regno, e che lui fosse stato
generato non dal re ma dal fratello, Daemon, Cavaliere del Drago.
Acreacciaio alla testa della Compagnia Dorata.
È in questo modo, nell’anno 196 AC, che ebbe inizio la Prima Ribellione Blackfyre.
Ribaltati i colori tradizionali dell’esercito Targaryen, levando quindi un drago nero su
un campo rosso, i ribelli si dichiararono dalla parte del figlio bastardo della principessa
Daena, Daemon Blackfyre, primo del suo nome, indicando lui come il maggiore dei veri
figli di re Aegon IV, e il fratellastro Daeron come bastardo. Di conseguenza, molte furono
le battaglie combattute tra il drago nero e il drago rosso nella Valle, nelle terre
d’Occidente, nelle Terre dei Fiumi, e in qualche altro luogo.
La ribellione terminò circa un anno più tardi, sul Campo Rosso Sangue. Alcuni hanno
scritto dell’audacia degli uomini che combatterono al fianco di Daemon e altri del loro
tradimento. Ma, nonostante tutto il coraggio dimostrato sul campo e tutta l’ostilità contro
Daeron, la loro era una causa persa. Daemon e i suoi figli maggiori, Aegon e Aemon,
furono abbattuti sotto una feroce grandinata di frecce scoccate da Brynden Rivers e dalle
sue guardie scelte, le Zanne del Corvo. Ne seguì la folle carica di Acreacciaio, la spada
Blackfyre nelle sue mani, mentre tentava di radunare le truppe di Daemon. L’incontro
con Corvo di Sangue nel bel mezzo della carica portò a un duello possente, che lasciò
quest’ultimo cieco da un occhio e costrinse alla fuga Acreacciaio.
La battaglia terminò quando comparve il principe Baelor Lancia Spezzata, con
un’armata di lord delle Terre della Tempesta e di dorniani, i quali piombarono sulle
retrovie ribelli, mentre il giovane principe Maekar radunava quanto rimaneva dell’ala di
lord Arryn e formava un’implacabile incudine contro cui i ribelli furono schiacciati e
distrutti. Diecimila uomini caddero per la vanità di Daemon Blackfyre, molti altri furono
feriti e rimasero menomati. Gli sforzi di re Daeron per mantenere la pace erano stati fatti
a pezzi, senza alcuna colpa da parte sua, se non quella, forse, di essersi dimostrato
troppo indulgente verso l’invidioso fratellastro.
L’indomani, re Daeron mostrò un rigore che pochi si sarebbero aspettati. Molti lord e
cavalieri che avevano sostenuto il Drago Nero furono privati di terre, castelli e privilegi e
costretti a liberare gli ostaggi. Daeron aveva avuto fiducia in loro, si era prodigato a
governare con giustizia, ma nonostante questo c’era ancora chi si ribellava contro di lui. I
figli sopravvissuti di Daemon Blackfyre fuggirono a Tyrosh, città libera dalla quale
proveniva la loro madre, e a loro si unì anche Acreacciaio. Il reame sarebbe stato scosso
dalle rivendicazioni dei pretendenti Blackfyre per altre quattro generazioni, finché
l’ultimo dei discendenti di Daemon Blackfyre in linea maschile non finì nella tomba.
Con i fratellastri rimessi in riga e la forza dei figli ed eredi a sostenerlo, furono in
molti a pensare che re Daeron avesse assicurato ai Targaryen di governare il regno per i
secoli a venire. In pochi dubitavano che Baelor Lancia Spezzata fosse un ottimo futuro re,
dal momento che possedeva un cuore di cavaliere e un’anima saggia, e che era venuto a
servire il padre con grande abilità come Primo Cavaliere.
Solo che non esiste uomo in grado di conoscere il volere degli dèi.
Baelor Lancia Spezzata fu falciato nel fiore degli anni dal suo stesso fratello Maekar in
un torneo ad Ashford nel 209 DC. Non avvenne alla quintana o nella mischia, ma in una
prova dei sette, la prima da un secolo a quella parte, in cui Baelor combatteva per conto di
un umile cavaliere errante senza discendenze di nota. La sua morte fu quasi per certo un
tragico incidente. Si narra che il principe Maekar rimpiangesse sempre con amarezza la
dipartita di Baelor, ricordando quell’anniversario ogni anno. Baelor dunque era morto.
Tutto il reame e Maekar, che di lui non dubitava, si domandarono se un cavaliere errante
valesse la perdita del Principe di Roccia del Drago, nonché Primo Cavaliere del re. (Non
sapevano ancora quanto in alto quel cavaliere errante sarebbe arrivato, ma quella è
un’altra storia.)
Baelor aveva due figli, i giovani principi Valarr e Matarys, lo stesso valeva per Maekar, e
il re ne aveva altri due (sebbene il reame facesse meno affidamento su Aerys, studioso e
ossessionato dall’occulto, e su Rhaegel, un ragazzo mite non del tutto sano di mente).
Ma poi la Grande Epidemia di Primavera si diffuse nei Sette Regni, colpendo ogni
luogo tranne la Valle e Dorne, le quali sbarrarono i porti e i passi di montagna. La
situazione peggiore si ebbe ad Approdo del Re. L’Alto Septon, voce dei Sette Dèi sulla
terra, morì, così come un terzo dei Più Devoti, e quasi tutte le sorelle del silenzio della
città. I cadaveri furono ammucchiati nelle rovine della Fossa del Drago finché i cumuli
non raggiunsero l’altezza di tre metri. Infine, Corvo di Sangue diede ordine ai piromanti
di bruciarli sul posto. Un quarto della città fu avvolto dalle fiamme insieme ai cadaveri,
ma non c’era null’altro che si potesse fare.
Quello che è peggio, morirono anche i figli di Baelor Lancia Spezzata, così come lo
stesso re Daeron II, che molti chiamavano il Buono. Aveva governato per venticinque
anni, durante la gran parte dei quali il regno era stato dominato dalla pace e dalla
prosperità.
Nel continente orientale, Acreacciaio radunò intorno a sé non solamente i lord e i cavalieri esiliati ma anche i loro
discendenti. Nel 212 AC, formò la Compagnia Dorata, la prima compagnia libera delle Terre Contese. «Sotto l’oro,
l’acreacciaio» divenne il loro grido di battaglia, celebre in tutto il continente orientale. Dopo Acreacciaio, la compagnia
fu comandata dai discendenti di Daemon Blackfyre fino all’ultimo esponente, Maelys il Mostruoso, che fu ucciso alle
Stepstones.
Aerys I
Con l’ascesa al trono del padre nel 184 DC, il secondo figlio di Daeron, Aerys, mai
avrebbe immaginato di diventare re.
Decisamente inadatto a sedere sul Trono di Spade, Aerys era a modo suo colto,
sebbene il suo interesse vertesse soprattutto intorno ai polverosi volumi relativi all’antica
profezia e ai sommi misteri. Sposato alla sorella Aelinor, non mostrò mai interesse a
darle un figlio, e circolavano voci secondo cui avesse addirittura mancato di consumare il
matrimonio. I membri del suo concilio ristretto le avevano pensate tutte e, sperando che
lei semplicemente non fosse di suo gradimento, spingevano Aerys a ripudiarla e a
prendere un’altra moglie. Il re però non ne voleva sapere.
Arrivando alla corona durante la Grande Epidemia di Primavera, come prima cosa
Aerys I si ritrovò ad affrontare un reame in subbuglio. L’epidemia aveva a malapena
cominciato ad attenuarsi quando Dagon Greyjoy, lord delle Isole di Ferro, mandò le sue
navi a depredare le rive del Mare del Tramonto. Al contempo, al di là del Mare Stretto,
Acreacciaio tramava con i figli di Daemon Blackfyre. Forse, fu proprio a causa di quelle
difficoltà che Aerys si rivolse a Brynden Rivers perché diventasse suo Primo Cavaliere.
È stato suggerito da taluni che la causa più probabile dell’ascesa al potere di Corvo di Sangue fu l’interesse per le
tradizioni occulte e per la storia antica condiviso da Aerys e Rivers, i cui studi dei sommi misteri erano, a quel tempo,
un segreto.
Corvo di Sangue era da tempo salito agli alti livelli della corte, ma pochi si aspettavano una sua nomina a Primo
Cavaliere da parte di Aerys. Quel gesto scatenò un alterco fra il re e suo fratello, il principe Maekar, il quale avrebbe
voluto per sé la carica. In seguito, il principe Maekar lasciò Approdo del Re per insediarsi a Sala dell’Estate, dove
rimase negli anni a venire.
Che Daemon il Giovane sognasse di diventare re è risaputo, come lo è che Acreacciaio non lo appoggiò nello sforzo
di rivendicare il trono.
Per quale ragione Acreacciaio sostenne il padre ma non il figlio resta una domanda sulla quale a volte si dibatteva
nelle sale della Cittadella.
Per molti, il Giovane Daemon e lord Gormon non riuscirono a convincere Acreacciaio che il loro fosse un piano
saggio e, a dire il vero, si trattava di un buon argomento. Peake faticava a ragionare per la sete di vendetta e il
desiderio di recuperare le sue proprietà, Daemon era convinto che avrebbero avuto sicuro successo.
Tuttavia, altri suggeriscono che Acreacciaio fosse un uomo intrinsecamente duro, abituato a ben altro che non
fosse la guerra, per cui diffidava dei sogni di Daemon e del suo amore per la musica e per le cose belle. Altri
guardavano con disapprovazione al rapporto stretto tra Daemon e il giovane lord Cockshaw, suggerendo che questo
avesse turbato Aegor Rivers al punto da indurlo a negare al giovane il proprio aiuto.
La Seconda Ribellione Blackfyre fu una disfatta, certo, ma non sarebbe sempre andata
così. Nel 219 DC, Haegon Blackfyre e Acreacciaio scatenarono la Terza Ribellione
Blackfyre.
Le gesta compiute in quell’occasione, nel bene e nel male – la capacità di comando di
Maekar, le azioni di Aerion Brightflame, il coraggio del figlio minore di Maekar, e il
secondo duello fra Corvo di Sangue e Acreacciaio – sono ben note. Il pretendente
Haegon I Blackfyre morì all’indomani della battaglia, ucciso per un atto di slealtà dopo
che aveva già posato la spada. Ser Aegor Rivers, Acreacciaio, fu catturato vivo e
ricondotto in catene alla Fortezza Rossa. Molti ancora ritengono che, se Acreacciaio fosse
stato ucciso in quel momento e in quel luogo, come il principe Aerion e Corvo di Sangue
invocavano, si sarebbe potuto porre fine in anticipo alle ambizioni dei Blackfyre.
Ma non era destino che ciò accadesse.
Nonostante Acreacciaio fosse accusato, e infine ritenuto colpevole, di alto tradimento,
re Aerys gli risparmiò la vita, ordinando che fosse inviato alla Barriera dove avrebbe
finito i suoi giorni come Guardiano della notte. Quella si dimostrò un’indulgenza sciocca,
avendo i Blackfyre già molti amici a corte, alcuni dei quali fin troppo solleciti a fare da
spie. Lungo la rotta verso il Forte Orientale della Barriera, la nave che trasportava
Acreacciaio e una dozzina di altri prigionieri fu presa d’assalto nel Mare Stretto. Aegor
Rivers fu liberato e riportato alla Compagnia Dorata. Prima della fine dell’anno, incoronò
il figlio maggiore di Haegon, re Daemon III Blackfyre, a Tyrosh e continuò a tramare
contro il re che gli aveva risparmiato la vita.
Re Aerys rimase sul Trono di Spade per quasi altri due anni, prima di morire per cause
naturali nel 221 DC.
Nel corso di quel regno, sua grazia aveva riconosciuto una serie di eredi, ma nessuno
che fosse figlio dei propri lombi. Aerys morì senza prole, il matrimonio mai consumato.
Suo fratello Rhaegel, terzo figlio di Daeron il Buono, era morto prima di lui, soffocato
nel 215 DC, nel corso di una festa, da un boccone di sformato di lampreda. Aelor, figlio di
Rhaegel, divenne poi il nuovo principe della Roccia del Drago ed erede al trono, ma morì
solo due anni dopo, ucciso in un grottesco incidente per mano della sua stessa sorella
gemella nonché moglie, Aelora, in circostanze che la lasciarono folle di dolore.
Quando Aelora stessa si tolse la vita dopo essere stata violentata durante un ballo in
maschera da tre uomini che passarono alla storia come il Ratto, il Falco e il Porco, rimase
un solo successore possibile: l’unico fratello sopravvissuto del re, il principe Maekar.
La corona di re Maekar I.
Il primo atto ufficiale del regno di Aegon fu l’arresto di Brynden Rivers, Primo Cavaliere
del re, per l’omicidio di Aenys Blackfyre. Corvo di Sangue non negò di aver attirato con
l’inganno il pretendente sotto il suo dominio con l’offerta di un salvacondotto, sostenne
per contro di aver sacrificato il proprio onore personale per il bene del regno.
Sebbene in molti fossero d’accordo con lui, ben lieti di vedere un altro pretendente
Blackfyre eliminato, re Aegon sentì però di non avere scelta: doveva condannare il Primo
Cavaliere, diversamente la parola del Trono di Spade non avrebbe più avuto valore.
Tuttavia, dopo che la condanna a morte fu pronunciata, Aegon offrì a Corvo di Sangue la
possibilità di prendere il nero e unirsi ai Guardiani della notte. Ser Brynden Rivers
accettò. Verso la fine del 233 DC salpò alla volta della Barriera (nessuno questa volta
attaccò la nave). Con lui aveva duecento uomini, molti dei quali arceri della guardia
personale di Corvo di Sangue, le Zanne del Corvo. Tra loro c’era anche il fratello del re,
maestro Aemon.
Cominciato nel pieno di un inverno che durava già da tre anni e che non mostrava
segni di voler recedere, quello di Aegon fu un regno arduo. Nel Nord c’erano fame e
sofferenza, come accaduto cento anni prima, durante il lungo inverno che si era protratto
dal 130 al 135 DC. Sempre in ansia per il benessere dei poveri e dei deboli, re Aegon fece
quanto in suo potere per aumentare l’afflusso di grano e di altri alimenti al Nord ma,
secondo taluni, si adoperava in misura eccessiva.
Il suo dominio fu messo rapidamente alla prova da coloro nei cui affari il re si era
intromesso spesso quando ancora era principe, cercando di ridurne diritti e privilegi.
Inoltre, la minaccia dei Blackfyre non si era certo attenuata con la morte di Aerys.
L’ignobile tradimento di Corvo di Sangue aveva infatti solo rafforzato l’ostilità degli esuli
oltre il Mare Stretto. Nel 236 DC, l’inverno crudele durato sei anni che giungeva alla fine,
la Quarta Ribellione Blackfyre vide il sedicente re Daemon III Blackfyre, figlio di Haegon
e nipote di Daemon I, attraversare il Mare Stretto con Acreacciaio e la Compagnia Dorata
a sostenerlo, in un nuovo tentativo d’impadronirsi del Trono di Spade.
Corvo di Sangue sarebbe poi diventato lord comandante dei Guardiani della notte nel 239 DC, servendo nella
confraternita in nero fino alla sua scomparsa, nel 252 DC, durante un pattugliamento oltre la Barriera.
Re Aegon l’Improbabile (dietro, in piedi) e i suoi figli, da sinistra: Duncan, Jaehaerys e Daeron.
Gli invasori sbarcarono sull’Uncino di Massey, a sud del Golfo delle Acque Nere, ma a
Westeros furono in pochi a raccogliersi sotto i loro stendardi. Re Aegon V in persona
cavalcò per affrontarli, i suoi tre figli al fianco. Nella Battaglia del Ponte sul fiume
Wendwater, i Blackfyre subirono una sconfitta devastante. Daemon III fu ucciso da un
cavaliere della Guardia reale, ser Duncan l’Alto, il cavaliere errante che Egg aveva servito
come scudiero. Acreacciaio evitò la cattura e fuggì un’altra volta, comparendo però pochi
anni più tardi nelle Terre Contese, mentre combatteva con i suoi mercenari in uno
scontro significativo fra Tyrosh e Myr. Quando ser Aegor Rivers cadde aveva
sessantanove anni, e si dice sia morto come aveva vissuto, con una spada in pugno e una
bestemmia sulle labbra. Tuttavia, la sua eredità sarebbe sopravvissuta attraverso la
Compagnia Dorata e la linea dei Blackfyre che aveva servito e protetto.
Avvennero anche altre battaglie durante l’epoca di Aegon V, il re improbabile costretto
a trascorrere gran parte del regno in armatura, sedando una rivolta dopo l’altra. Sebbene
amato dal popolino, re Aegon si fece molti nemici tra i lord del regno, il cui potere
desiderava limitare. Promulgò numerose riforme e garantì diritti e protezioni mai
conosciuti prima dal popolo, ma ciascuna di quelle misure provocò una feroce
opposizione fra i lord, sfociata a volte in aperta ribellione. Il più diretto dei suoi nemici
arrivò al punto di denunciare Aegon V come un «tiranno sanguinario impegnato a
spogliarci dei diritti e delle libertà donateci da Dio».
È risaputo che l’opposizione nei suoi confronti mise alla prova la pazienza di Aegon,
soprattutto quando i compromessi ai quali un re è costretto a piegarsi nel nome del buon
governo spingevano le sue più grandi speranze sempre più in là nel futuro. Con una
ribellione cui ne seguiva subito un’altra, sua grazia si ritrovava a piegarsi ai lord
recalcitranti più spesso di quanto desiderasse. Studioso di storia e amante dei libri,
Aegon V spesso ripeteva che se solo avesse avuto i draghi, come accaduto al primo
Aegon, avrebbe potuto riformare il regno da capo, assicurando pace, prosperità e
giustizia per tutti.
Persino i suoi figli, che per questo re di buon cuore avrebbero potuto rappresentare
una forza, si rivelarono una prova difficile. Aegon V si era sposato per amore, prendendo
come moglie lady Betha Blackwood, la vivace (qualcuno direbbe ostinata) figlia del lord
di Raventree Hall, la quale divenne nota come Betha la Nera per i suoi occhi scuri e i
capelli corvini. Quando si erano sposati, nel 220 DC, lei aveva diciannove anni e Aegon
venti, e lui era tanto remoto nella linea di successione che il loro matrimonio non aveva
provocato nessuna opposizione. Negli anni a seguire, Betha la Nera diede ad Aegon tre
figli maschi (Duncan, Jaehaerys e Daeron) e due figlie femmine (Shaera e Rhaelle).
Era usanza di lunga tradizione della Casa Targaryen far sposare tra loro fratelli e
sorelle per mantenere puro il sangue di drago, ma, quale che fosse la motivazione, Aegon
V si era convinto che simili unioni incestuose facessero più male che bene. Così, decise di
unire i propri figli in matrimonio con figli e figlie di altri grandi lord dei Sette Regni,
nella speranza di conquistarsi il loro sostegno per le riforme e rafforzare il proprio
governo.
Con l’aiuto di Betha la Nera, nel 237 DC, quando i figli di Aegon erano ancora piccoli,
furono fatte e celebrate diverse vantaggiose promesse di matrimonio. Se i matrimoni
avessero avuto luogo, ne sarebbero derivate svariate cose buone... ma sua grazia non
aveva fatto i conti con la determinazione del proprio sangue. I figli di Betha Blackwood si
dimostrarono testardi quanto la loro madre e, come peraltro aveva fatto il loro stesso
padre, scelsero di seguire il cuore nella ricerca ciascuno del proprio compagno.
Duncan, primogenito di Aegon, principe della Roccia del Drago ed erede al trono, fu il
primo a sfidare il padre. Sebbene promesso da lungo tempo a una figlia di Casa
Baratheon di Capo Tempesta, nel 239 DC, mentre viaggiava nelle Terre dei Fiumi,
s’invaghì di una ragazza strana, bella e misteriosa, che si era data il nome di Jenny di
Vecchie Pietre. Viveva in uno stato semiselvaggio tra le rovine e affermava di discendere
dai re dei primi uomini scomparsi da lungo tempo; era derisa dal popolino dei villaggi
circostanti che non credeva in certe storie e la riteneva solo una contadina mezza matta, o
forse una strega.
Era certamente vero che Aegon era stato amico del popolino, in pratica era cresciuto in
mezzo a loro, ma permettere che il suo erede al trono sposasse una plebea di nascita
incerta andava ben oltre le sue possibilità. Sua grazia fece tutto ciò che poteva per
sciogliere quel matrimonio, esigendo che Duncan ripudiasse Jenny. Il principe, però, era
testardo quanto il padre e si oppose. Neppure quando l’Alto Septon, il gran maestro e il
concilio ristretto si riunirono per insistere a che re Aegon costringesse il figlio a scegliere
fra il Trono di Spade e la sua selvaggia dei boschi, Duncan si piegò. Piuttosto che
abbandonare Jenny, rinnegò il suo diritto alla corona in favore del fratello Jaehaerys, e
abdicò come principe di Roccia del Drago.
Tuttavia, nemmeno questo poté riportare la pace o ricostruire l’amicizia tra Approdo
del Re e Capo Tempesta. Il padre della ragazza respinta, Lyonel Baratheon, lord di Capo
Tempesta, conosciuto come Tempesta che ride e celebre per l’abilità in battaglia, quando
leso nell’orgoglio, non era uomo con cui ci si riappacificasse con facilità. Ne risultò una
ribellione breve ma sanguinaria, che ebbe termine solo quando ser Duncan della Guardia
reale sconfisse lord Lyonel in singolar tenzone, e re Aegon diede la parola solenne che
sua figlia minore, Rhaelle, avrebbe sposato l’erede di lord Lyonel. Per suggellare
l’accordo, la principessa Rhaelle fu mandata a Capo Tempesta a servire come coppiera di
lord Lyonel e dama di compagnia per sua moglie. Jenny di Vecchie Pietre, lady Jenny,
come veniva chiamata per gentile concessione, infine fu accettata a corte e molto amata
dal popolino in tutti i Sette Regni. Lei e il suo principe, da quel momento in poi noto
come il Principe delle Libellule, furono un soggetto favorito dai cantori per molti anni a
venire.
Jenny di Vecchie Pietre fu accompagnata a corte da un’albina nana che si riteneva fosse una strega dei boschi delle
Terre dei Fiumi. La stessa lady Jenny sosteneva, nella sua ignoranza, di essere una figlia della foresta.
Jaehaerys e Shaera avrebbero avuto due figli, Aerys e Rhaella. Su consiglio della strega dei boschi di Jenny di
Vecchie Pietre, il principe Jaehaerys decise di far sposare Aerys a Rhaella, o almeno questo è quanto ci è giunto dai
racconti della sua corte. Ormai frustrato, re Aegon se ne lavò le mani, lasciando che il principe decidesse per sé.
Nel venire a sapere del patto, il principe Duncan commentò con la celebre frase: «Le
nove corone si vendono a un soldo ciascuna». E in seguito, la Banda dei Nove divenne
nota come i «Re da Nove Soldi». All’inizio, nel continente occidentale si pensò che le
città libere di Essos si sarebbero sollevate per porre fine a simili rivendicazioni, ma gli
alti lord si prepararono comunque, nel caso in cui Maelys e i suoi accoliti si fossero
effettivamente avventati contro i Sette Regni.
Tuttavia, senza troppa urgenza, re Aegon rimase concentrato sul reame. E anche su
un’altra cosa, ovvero i draghi.
Negli anni, Aegon V era arrivato a sognare che i draghi potessero tornare a volare sui
Sette Regni del continente occidentale. In questo, non si discostava dai suoi predecessori,
i quali avevano indotto i septon a pregare sulle ultime uova, maghi a fare incantesimi su
di esse e maestri a leggere al loro cospetto. Sebbene amici e consiglieri cercassero di
dissuaderlo, re Aegon si convinse sempre di più che solo con i draghi avrebbe avuto
abbastanza potere per realizzare i cambiamenti che voleva attuare nel reame e
costringere gli orgogliosi, testardi lord dei Sette Regni ad accettare i suoi decreti.
Gli ultimi anni del regno di Aegon furono interamente spesi nella ricerca delle antiche
tradizioni relative all’allevamento di draghi a Valyria; correva voce inoltre che Aegon
fosse solito commissionare viaggi in luoghi lontani come Asshai delle Ombre nella
speranza di riuscire a rintracciare testi e conoscenze che nel continente occidentale erano
ormai andati perduti.
Il sogno dei draghi si trasformò in un’atroce tragedia accaduta in un momento di gioia.
Nel fatidico anno 259 DC, il re radunò a Sala dell’Estate, il suo castello preferito, molti fra
coloro che gli erano più vicini, per festeggiare la nascita imminente del suo primo
pronipote, un maschio poi chiamato Rhaegar, figlio del nipote Aerys e della nipote
Rhaella, i figli del principe Jaehaerys.
È una sfortuna che la tragedia che si consumò a Sala dell’Estate abbia lasciato così pochi testimoni in vita, quelli che
sopravvissero non ne fecero mai più menzione. Questo è quanto viene implicato in una delle pagine più suggestive
della storiografia di Gyldayn – di sicuro una delle ultime che vergò prima della sua morte. Malauguratamente quanto
segue risulta illeggibile a causa dell’inchiostro rovesciato sulla pergamena.
La tragedia di Sala dell’Estate fece salire Jaehaerys, secondo del suo nome, sul Trono di
Spade nel 259 DC. Il nuovo re aveva appena indossato la corona, che i Sette Regni si
ritrovarono immersi in una guerra: i Re da Nove Soldi avevano conquistato e
saccheggiato la città libera di Tyrosh e preso le Stepstones. Da là erano quindi pronti ad
attaccare il continente occidentale.
SAMARRO SAAN, L’ULTIMO VALYRIANO: celebre pirata di una celebre famiglia di pirati di Lys, con nelle vene il
sangue di Valyria.
XHOBAR QHOQUA, IL PRINCIPE D’EBANO: principe esule dell’Isola dell’Estate, aveva trovato fortuna nelle
Terre Contese ed era a capo di una compagnia di mercenari.
TOM IL MACELLAIO MACULATO: venuto dal continente occidentale, era capitano di una libera compagnia delle
Terre Contese.
SER DERRICK FOSSOWAY, MELA BACATA: esule del continente occidentale, cavaliere con una pessima
reputazione.
ALEQUO ADARYS, LINGUA D’ARGENTO: un principe mercante di Tyrosh che era ricco e ambizioso.
MAELYS BLACKFYRE, IL MOSTRUOSO: capitano della Compagnia Dorata, chiamato così per il busto e le
braccia grottescamente enormi, la spaventosa forza fisica e la natura selvaggia. Sul collo gli spuntava una seconda
testa, non più grande della prima. Si aggiudicò il comando della Compagnia Dorata sconfiggendo il cugino, Daemon
Blackfyre, al quale uccise il destriero con un solo colpo e torse la testa fino a strappargliela dal corpo.
Jaehaerys aveva saputo che la Banda dei Nove era intenzionata a conquistare i Sette
Regni per Maelys il Mostruoso, che si era autoproclamato re Maelys I Blackfyre, ma,
proprio come suo padre Aegon, Jaehaerys aveva sperato che quell’alleanza di rinnegati
naufragasse su Essos, o che cadesse per mano di un accordo fra le città libere. Ora il
tempo era venuto e re Aegon V era morto, e così anche il Principe delle Libellule. Il
principe Daeron, meraviglioso cavaliere, era caduto in battaglia anni prima, lasciando
così Jaehaerys, il meno marziale dei tre figli di Aegon, solo al comando.
All’atto della sua ascesa al Trono di Spade, il nuovo re aveva trentaquattro anni.
Nessuno lo avrebbe definito formidabile. A differenza dei suoi fratelli, Jaehaerys II
Targaryen era magro e ossuto, e nella vita aveva lottato contro diverse malattie. Tuttavia,
non gli mancavano né il coraggio né l’intelligenza. Attingendo ai progetti del padre, sua
grazia mise da parte il dolore, chiamò i lord alfieri e decise di scontrarsi con i Re da Nove
Soldi alle Stepstones, scegliendo di dichiarare guerra piuttosto che aspettare un loro
possibile sbarco sulle coste dei Sette Regni.
Re Jaehaerys era fermamente determinato a condurre lui stesso l’attacco contro i Re da
Nove Soldi, ma lord Ormund Baratheon, suo Primo Cavaliere, lo persuase che ciò
sarebbe stato imprudente. Il re non era avvezzo ai rigori di una campagna militare ed era
poco pratico nell’uso delle armi, gli fece notare il Primo Cavaliere, e sarebbe stato folle
rischiare di perderlo in battaglia a così breve distanza dalla tragedia di Sala dell’Estate.
Jaehaerys alla fine si lasciò convincere a rimanere ad Approdo del Re con la regina. Il
comando fu quindi affidato proprio a lord Ormund.
Nel 260 DC, sua signoria fece sbarcare gli eserciti Targaryen su tre delle Stepstones, e
la guerra dei Re da Nove Soldi divampò sanguinosa. Lo scontro infuriò attraverso le isole
e i canali per la maggior parte dell’anno. Il Resoconto della guerra dei Re da Nove Soldi, di
maestro Eon, uno dei lavori più raffinati del suo genere, è una splendida fonte da cui
reperire i dettagli dello scontro, con le sue numerose battaglie sulla terraferma e in mare
e le gesta in combattimento. Lord Ormund Baratheon, il comandante del continente
occidentale, fu uno dei primi a morire. Falciato per mano di Maelys il Mostruoso, si
spense fra le braccia del figlio ed erede, ser Steffon Baratheon.
Il comando dell’esercito Targaryen passò quindi al nuovo giovane lord comandante
della Guardia reale, ser Gerold Hightower, il Toro Bianco. Per qualche tempo, Hightower
e i suoi si trovarono in difficoltà ma, con la guerra ormai in stallo, un giovane cavaliere di
nome ser Barristan Selmy uccise Maelys in singolar tenzone, assurgendo a fama
imperitura e decidendo la questione pressoché con quell’unico colpo. Il resto dei Re da
Nove Soldi aveva poco o nessun interesse nel continente occidentale e tornò presto ai
propri dominii.
Maelys il Mostruoso fu il quinto e ultimo dei pretendenti Blackfyre. Con la sua morte,
la maledizione che Aegon il Mediocre aveva inflitto ai Sette Regni donando la sua spada
al figlio bastardo si era infine conclusa.
Le Stepstones videro altri sei mesi di scontri, dopodiché le Terre Contese furono
liberate dal resto della Banda dei Nove, anche se ci vollero altri sei anni prima che
Alequo Adarys, il Tiranno di Tyrosh, fosse avvelenato dalla sua regina e l’arconte di
Tyrosh rinsediato. Per i Sette Regni, era stata una grande vittoria, per la quale però si era
pagato un alto costo di vite umane e di sofferenza.
Il regno a quel punto tornò in pace. Sebbene mai forte, Jaehaerys II si dimostrò un re
capace: ristabilì l’ordine nei Sette Regni e fece riconciliare molte delle grandi case sempre
più insoddisfatte con il Trono di Spade a causa dei tentativi di riforme di re Aegon. Il suo
regno, però, fu di breve durata. Nel 262 DC, re Jaehaerys II si ammalò e in breve tempo
morì per un’improvvisa complicanza respiratoria. Trentasettenne, era rimasto sul Trono
di Spade per poco più di tre anni.
Alla morte del padre Jaehaerys, rimasto al potere per poco più di tre anni, Aerys
Targaryen, secondo del suo nome, salì al Trono di Spade nel 262 DC, quando di anni ne
aveva solo diciotto.
Giovane carismatico, aveva combattuto da cavaliere alle Stepstones durante la guerra
dei Re da Nove Soldi. Sebbene non fosse il più diligente dei principi, e nemmeno il più
scaltro, possedeva un innegabile fascino con cui si conquistava molti amici. Era anche
vanitoso, orgoglioso e volubile, tratti che lo resero facile preda di adulatori e leccapiedi,
difetti che però, al tempo della sua ascesa, non furono subito evidenti.
Nemmeno i più saggi avrebbero potuto neppure remotamente immaginare che Aerys
II sarebbe divenuto celebre come il Re Folle, e neanche che il suo regno avrebbe segnato
la fine di quasi tre secoli di dominio Targaryen nel continente occidentale.
Quando, nel fatidico anno 262 DC, Aerys si pose in capo la corona, a Capo Tempesta
un gagliardo bambino dai capelli neri di nome Robert era appena stato generato dalla
moglie di suo cugino, Steffon Baratheon. Al contempo, a Grande Inverno, nel lontano
Nord, anche lord Rickard Stark festeggiava la nascita di Brandon, il suo primogenito.
Eddard, un secondo erede Stark, giunse meno di un anno dopo.
Tutti e tre questi neonati – Robert Baratheon, di Capo Tempesta, Brandon ed Eddard
Stark, di Grande Inverno –, con il tempo, avrebbero giocato un ruolo primario nella
caduta dei draghi.
Il nuovo re aveva già dato al reame un erede, nella persona del figlio Rhaegar, nato fra
le fiamme del rogo di Sala dell’Estate. Aerys e la sua regina, la sorella Rhaella, erano
giovani, e da loro ci si attendevano molti altri figli. A quel tempo, si trattava di una
questione cruciale: le tragedie del regno di Aegon l’Improbabile avevano potato il nobile
albero di Casa Targaryen lasciandogli solo un paio di rami isolati.
Aerys II non era privo di ambizioni. All’incoronazione, dichiarò suo desiderio essere il
più grande re della storia dei Sette Regni, un’arroganza che alcuni dei suoi amici
incoraggiarono, suggerendo che un giorno lo si sarebbe potuto ricordare come Aerys il
Saggio o persino Aerys il Grande.
La corte del padre era formata per la maggior parte da uomini più vecchi, navigati,
molti dei quali avevano servito anche durante il regno di re Aegon V. Aerys II li congedò
tutti, sostituendoli con lord della sua stessa generazione. In particolare, tolse la carica
all’esperto ed eccessivamente cauto Edgar Sloane, che aveva servito come Primo Cavaliere
fin dalla tragedia di Sala dell’Estate. Al suo posto nominò ser Tywin Lannister, erede di
Castel Granito. Così, all’età di vent’anni, ser Tywin diventò il più giovane Primo Cavaliere
della storia dei Sette Regni. Ancora ai giorni nostri, molti maestri insistono che la sua
nomina sia stata la cosa più saggia che Aerys il Saggio abbia mai fatto.
Aerys e Tywin si conoscevano fin dall’infanzia. Da ragazzo, Tywin Lannister aveva
servito come paggio reale ad Approdo del Re. Egli e il principe Aerys, insieme a un altro
paggio più giovane, Steffon Baratheon di Capo Tempesta, cugino del principe, erano
diventati inseparabili. Durante la guerra dei Re da Nove Soldi, i tre amici avevano
combattuto insieme, Tywin come cavaliere di fresca nomina, Steffon e il principe Aerys
come scudieri. Quando, a sedici anni, Aerys si era coperto a propria volta di gloria sul
campo, aveva fatto a ser Tywin l’onore di nominarlo cavaliere.
Nel 261 DC, Tywin Lannister aveva dimostrato la propria abilità come comandante
reprimendo la rivolta di due dei vassalli più potenti del padre, lord Tarbeck e lord Reyne,
le cui antiche case, con quell’atto, furono interamente annientate. Sebbene la brutalità
dei metodi di Tywin avesse attirato la censura di taluni, nessuno poté mettere in
discussione che egli avesse riportato l’ordine nelle terre del continente occidentale dopo
il caos e i conflitti del debole governo di suo padre.
Aerys Targaryen e Tywin Lannister, ciò va ribadito, formavano un improbabile
connubio. Nei primi anni del suo regno, il giovane re si dimostrò brillante e attivo.
Amava la musica, il ballo e le feste in maschera. Era anche incredibilmente attratto dalle
giovani fanciulle, ragion per cui aveva riempito la corte di belle signorine provenienti da
ogni angolo del regno. Alcuni sostengono che avesse altrettante amanti quante ne aveva
avute il suo antenato Aegon il Mediocre (affermazione alquanto improbabile in base a
quanto sappiamo su quel monarca). A differenza di Aegon IV, tuttavia, Aerys II sembrava
perdere interesse in fretta per le sue amanti. Molte delle quali non duravano più di
quindici giorni, alcune al massimo sei mesi.
Per contro, sua grazia era mosso anche da progetti ambiziosi, troppo ambiziosi...
L’infamante pettegolezzo secondo il quale Joanna Lannister avrebbe concesso la propria verginità al principe Aerys
la notte dell’incoronazione del padre, godendo quindi di un breve regno da sua spasimante dopo che lui salì al Trono
di Spade, può essere smentito con sicurezza.
Come Pycelle insiste a dire nelle sue lettere, è poco credibile che Tywin Lannister avrebbe preso la cugina come
moglie se in quella insinuazione ci fosse stato del vero, «perché era un uomo orgoglioso, non abituato a servirsi degli
avanzi di un altro».
Si narra con una certa affidabilità, tuttavia, che re Aerys si fosse preso inaudite libertà con lady Joanna durante la
sua cerimonia della messa a letto, con grande dispiacere di Tywin. Poco tempo dopo, la regina Rhaella congedò
Joanna Lannister da corte. Non fu data nessuna spiegazione in proposito, ma lady Joanna partì subito per Castel
Granito e in seguito fece di rado visita ad Approdo del Re.
Purtroppo, il matrimonio fra Aerys II Targaryen e la sorella Rhaella non fu così felice.
Sebbene chiudesse un occhio davanti alla maggior parte delle infedeltà del re, la regina
non approvava quel suo «trasformare tutte le mie dame di compagnia nelle sue puttane».
(Joanna Lannister non fu l’unica giovane a essere congedata in modo brusco dal servizio
di sua grazia, e nemmeno l’ultima.)
I rapporti fra il re e la regina si fecero ancora più tesi quando Rhaella si dimostrò
incapace di dare a Aerys altri figli. Gli aborti spontanei del 263 e del 264 furono seguiti da
una bambina nata morta nel 267. Il principe Daeron, nato nel 269, sopravvisse solo per
un anno. Fu poi il turno di un altro bimbo nato morto nel 270, un altro aborto spontaneo
nel 271, e il principe Aegon, nato prematuro di due mesi nel 272, che morì nel 273.
All’inizio, sua grazia il re confortò Rhaella nel dolore, ma con il tempo la compassione
si trasformò in sospetto.
Verso il 270 DC, Aerys aveva deciso che la regina gli era infedele. «Gli dèi non
sopportano che un bastardo sieda sul Trono di Spade» disse al suo concilio ristretto.
Nessuno dei bambini nati morti, degli aborti o dei principi defunti di Rhaella era suo,
dichiarò il re. Dopodiché, proibì alla regina di lasciare il Fortino di Maegor e ordinò che,
da quel momento in avanti, due septe dividessero il letto con lei ogni notte, «per
assicurarsi che rimanga fedele ai suoi voti».
Come Tywin Lannister reagì a tutto ciò non è documentato ma, nel 266 DC, a Castel
Granito, lady Joanna diede alla luce due gemelli, una femmina e un maschio, Cersei e
Jaime, «sani e belli, con i capelli del color dell’oro». Quella nascita non fece che
esacerbare la tensione fra Aerys II Targaryen e il suo Primo Cavaliere. «Temo di aver
sposato la donna sbagliata» si dice fu il commento di sua grazia, una volta informato del
lieto evento. Ciononostante, mandò a ciascun bambino il loro peso in oro come dono di
onomastico e ordinò a Tywin di portarli a corte non appena fossero stati grandi
abbastanza per viaggiare. «E che vengano in compagnia della loro madre, è da lungo
tempo che non vedo quel suo grazioso viso» insisté.
L’anno seguente, il 267 DC, vide la morte di lord Tytos Lannister all’età di
sessantaquattro anni. A quanto si dice, il cuore di sua signoria cedette mentre egli saliva
una ripida scala a chiocciola fino alle camere della sua amante.
Con la sua dipartita, ser Tywin Lannister diventò lord di Castel Granito e Protettore
dell’Occidente.
Quando tornò a Ovest per partecipare al funerale del padre e per riorganizzare il
governo delle terre occidentali, re Aerys decise di accompagnarlo. Sua grazia lasciò la
regina ad Approdo del Re (era incinta della bambina che sarebbe poi nata morta, la
principessa Shaena), ma portò con sé il loro figlio di otto anni, Rhaegar, principe della
Roccia del Drago, e più di metà della corte. Per gran parte dell’anno successivo, i Sette
Regni furono così governati da Lannisport e Castel Granito, dove sia il re sia il suo Primo
Cavaliere risiedevano.
La corte tornò ad Approdo del Re nel 268 DC, dove l’amministrazione riprese come
prima... ma era chiaro a tutti che l’amicizia fra il re e il suo Primo Cavaliere era in bilico.
Se prima Aerys si schierava con Tywin Lannister su gran parte delle questioni, adesso i
due cominciavano a essere in disaccordo. In un conflitto commerciale fra le città libere di
Myr e Tyrosh da un lato e Volantis dall’altro, lord Tywin insisteva per una politica
neutrale, mentre re Aerys vedeva più vantaggi nel fornire oro e armi a Volantis. Quando
in una disputa di confine fra la Casa Blackwood e la Casa Bracken, eterne rivali, lord
Tywin si pronunciò in favore dei Blackwood, sua grazia ne revocò la decisione
assegnando il mulino conteso a lord Bracken.
Nonostante le strenue obiezioni del suo Primo Cavaliere, il re raddoppiò le tasse
portuali ad Approdo del Re e a Vecchia Città, arrivando addirittura a triplicarle a
Lannisport e in altri porti e approdi del reame. E quando una delegazione di lord minori
e ricchi mercanti giunse al cospetto del Trono di Spade per esprimere le sue lamentele,
Aerys incolpò il Primo Cavaliere di quelle richieste esagerate: «Lord Tywin caga oro, ma
di recente è stato un po’ costipato e doveva trovare qualche altro modo per riempirci i
forzieri». Dopodiché, sua grazia riportò le tasse e le tariffe portuali ai livelli precedenti,
guadagnando per sé le lodi e lasciando a Tywin Lannister l’infamia.
Lord Tywin Lannister, Primo Cavaliere del re.
Il crescente screzio fra il re e il suo Primo Cavaliere era palese anche nella questione
delle nomine. Se in precedenza sua grazia aveva sempre ascoltato i consigli del suo Primo
Cavaliere, conferendo cariche, onori e patrimoni secondo quanto lord Tywin
raccomandava, dopo il 270 DC sua grazia cominciò a ignorare gli uomini proposti da sua
signoria in favore di quelli di propria scelta. Molti si ritrovarono esonerati dal servizio
reale con il sospetto di essere «uomini del Primo Cavaliere» come unica causa. In altri
posti, re Aerys nominò propri favoriti... ma la benevolenza del re era diventata cosa
rischiosa, la sua sfiducia facile da suscitare. Nemmeno i parenti del Primo Cavaliere
furono dispensati dalla disapprovazione reale. Quando lord Tywin volle nominare suo
fratello ser Tygett Lannister come maestro d’armi della Fortezza Rossa, re Aerys affidò
invece l’incarico a ser Willem Darry.
Fu a quel punto che re Aerys divenne consapevole della diffusa convinzione che lui
fosse solo un guscio vuoto e Tywin Lannister il vero padrone dei Sette Regni. Quelle
opinioni irritarono moltissimo il re, ormai determinato a confutarle, a umiliare il suo
«servitore troppo potente» e a «rimetterlo al suo posto».
Al Grande Torneo dell’Anniversario del 272 DC, tenutosi per commemorare il decimo
anno di Aerys sul Trono di Spade, Joanna Lannister portò con sé da Castel Granito i
gemelli di sei anni Cersei e Jaime per presentarli a corte. Il re (in preda ai fumi dell’alcol)
le domandò se la prole non le avesse «rovinato quei seni tanto alti e sodi». La domanda
divertì molto i nemici di lord Tywin, sempre contenti di vedere il Primo Cavaliere offeso o
deriso, ma lady Joanna si sentì umiliata. Il mattino seguente Tywin Lannister provò a
restituire la catena del suo rango, ma il re ne respinse le dimissioni.
Aerys II avrebbe potuto, ovvio, esonerare Tywin Lannister in qualsiasi momento e
nominare un suo uomo come Primo Cavaliere. Invece, per qualche ragione, il re scelse di
tenere l’amico di gioventù vicino a sé, e Lannister continuò a darsi da fare in nome suo,
persino con Aerys che seguitava a danneggiarlo in piccole e grandi cose. Offese e beffe si
fecero sempre più numerose; i cortigiani desiderosi di far carriera impararono presto che
il modo più veloce per mettersi in luce davanti al re era prendersi gioco di quel suo Primo
Cavaliere austero e privo di senso dell’umorismo. Nonostante tutto, Tywin Lannister
soffriva in silenzio.
Nel 273 DC, comunque, lady Joanna morì a Castel Granito nel dare alla luce il secondo
figlio di lord Tywin. Tyrion, così fu chiamato, era un bambino deforme, dall’aspetto di un
nano, con le gambe sottosviluppate, la testa più grossa del normale, e demoniaci occhi
storti (alcuni racconti suggeriscono persino che avesse una coda, che gli fu mozzata su
ordine del padre). Il «Flagello di lord Tywin», così il popolino chiamò quella creatura
deforme, o anche la «Sventura di lord Tywin». Apprendendo della sua nascita, re Aerys
commentò in modo ignobile: «Gli dèi non potevano sopportare una simile arroganza. Gli
hanno strappato di mano un fiore bellissimo e dato in cambio un mostro, così da
insegnargli infine un po’ di umiltà».
Non ci volle molto perché le voci sui commenti del re raggiungessero lord Tywin
mentre si affliggeva a Castel Granito. A quel punto, dell’antico affetto tra i due non era
rimasta neanche una briciola. Uomo che non mostrava mai le proprie emozioni, lord
Tywin continuò a essere il Primo Cavaliere, occupandosi delle noiose faccende quotidiane
dei Sette Regni, mentre il re si faceva sempre più inaffidabile, violento e sospettoso.
Aerys cominciò a circondarsi d’informatori, pagando laute ricompense a uomini di
dubbia reputazione per voci, bugie e storie di tradimenti, reali e immaginari. Quando
uno di questi riferì che il capitano della guardia personale del Primo Cavaliere, ser Ilyn
Payne, era stato sentito vantarsi di come lord Tywin governasse i Sette Regni al posto del
re, sua grazia mandò la Guardia reale ad arrestarlo e gli fece strappare la lingua con le
pinze arroventate.
L’aggravarsi della follia del re sembrò contenersi per un periodo nel 274 DC, quando la
regina Rhaella diede alla luce un maschio. La gioia di sua grazia fu talmente grande che
sembrò farlo tornare quello di un tempo... ma il principe Jaehaerys morì quello stesso
anno, facendo sprofondare Aerys nella disperazione. In preda a una rabbia cieca, il re
decise che la colpa era della balia e la fece decapitare.
Poco tempo dopo, cambiò idea e annunciò che Jaehaerys era stato avvelenato dalla sua
amante, la graziosa e giovane figlia di uno dei cavalieri della sua casa. Il re fece torturare
a morte la ragazza e i suoi parenti. Durante la tortura, è documentato, tutti ammisero
l’omicidio, nonostante i dettagli delle loro confessioni fossero in contrasto fra loro.
Dopodiché, re Aerys digiunò per due settimane e affrontò un «percorso di penitenza»
attraverso la città fino al Grande Tempio di Baelor, per pregare con l’Alto Septon. Al suo
ritorno, sua grazia annunciò che da quel momento in poi sarebbe andato a letto solo con
la regina Rhaella, sua legittima moglie. A dare credito alle cronache, da quel giorno del
275 DC Aerys sarebbe effettivamente rimasto fedele a quel voto, perdendo ogni interesse
verso il fascino femminile.
La nuova fedeltà di sua grazia, a quanto pare, dovette risultare cosa gradita alla Madre
nei Cieli, giacché l’anno successivo la regina Rhaella diede al re il secondo figlio per cui
aveva tanto pregato. Nato nel 276 DC, il principe Viserys era piccolo ma robusto, un
bambino così bello ad Approdo del Re non si era mai visto. Sebbene, all’età di diciassette
anni, il principe Rhaegar fosse tutto ciò che si potesse desiderare in un erede, il
continente occidentale gioì alla notizia che finalmente egli aveva un fratello, un altro
Targaryen a garantire la successione.
Tuttavia, la nascita del principe Viserys parve contribuire solamente ad accrescere le
paure di Aerys II e ad accentuare le sue ossessioni Sebbene il nuovo principino
sembrasse in buona salute, il re era terrorizzato che lo attendesse lo stesso destino dei
fratelli. Ai cavalieri della Guardia reale fu ordinato di controllarlo notte e giorno per
assicurarsi che nessuno toccasse il bambino senza il permesso del re. Persino alla regina
fu proibito restare da sola con il piccolo. Quando le finì il latte, Aerys insisté perché un
assaggiatore succhiasse i seni della balia del principe per accertarsi che la donna non si
fosse spalmata veleno sui capezzoli. Siccome per il principino erano arrivati doni da tutti
i lord dei Sette Regni, il re li fece ammucchiare nel cortile e bruciare per paura che
qualche oggetto fosse stregato o maledetto.
In seguito, quello stesso anno, lord Tywin Lannister, forse con imprudenza, organizzò
un grande torneo a Lannisport in onore della nascita di Viserys. È possibile che l’idea
fosse nata come gesto di riconciliazione. Furono messi in mostra la ricchezza e il potere
di Casa Lannister perché tutto il regno li vedesse. All’inizio, re Aerys si rifiutò di
partecipare, poi cedette, ma la regina e il nuovo nato rimasero confinati ad Approdo del
Re.
Seduto sul suo trono all’ombra di Castel Granito, fra centinaia di figure eminenti, il re
esultò con vigore quando suo figlio, il principe Rhaegar, da poco fatto cavaliere,
disarcionò sia Tygett sia Gerion Lannister, e superò persino ser Barristan Selmy il
Valoroso, prima di essere abbattuto nella quintana del campione dal rinomato cavaliere
della Guardia reale ser Arthur Dayne, la Spada dell’Alba.
Nel tentativo forse di trarre vantaggio dal buon umore di sua grazia, lord Tywin scelse
proprio quella sera per suggerire che era giunto da tempo il momento per l’erede al trono
di sposarsi e fornire a propria volta un erede. Come moglie per il principe ereditario, lord
Tywin propose sua figlia Cersei. Aerys II declinò l’offerta in malo modo, informando lord
Tywin che, pur essendo lui un buono e valente servitore... «restava comunque solo un
servitore». Sua grazia non fu d’accordo nemmeno a nominare Jaime, il figlio di lord
Tywin, come scudiero del principe Rhaegar. Concesse invece quell’onore ai figli di diversi
suoi favoriti, noti per essere nemici di Casa Lannister o del Primo Cavaliere.
A quel punto era chiaro che Aerys II Targaryen stava già scivolando nella follia. Ma fu
nell’anno 277 DC, con la Rivolta di Duskendale, che sua grazia precipitò irrevocabilmente
nell’abisso.
All’epoca dei Cento Regni, l’antica città portuale di Duskendale era stata sede di re. Un
tempo il porto più importante del Golfo delle Acque Nere, aveva visto il commercio
rallentare e la ricchezza diminuire mentre Approdo del Re cresceva e si sviluppava, un
declino che il suo giovane lord, Denys Darklyn, desiderava arrestare. Molti hanno
discusso a lungo sul perché lord Darklyn scelse di fare ciò che fece, ma i più concordano
sul fatto che dietro dovessero esserci le mene di sua moglie, lady Serala, originaria di
Myr. I detrattori della donna incolpavano lei di tutto ciò che di negativo accadesse.
Sussurrando a Darklyn nel talamo, la Serpe di Merletto, così la chiamavano, gli riempiva
le orecchie di veleno contro il re. Chi per contro la difende, sostiene che la follia regnasse
già in lord Denys. Sua moglie era odiata soltanto perché era una donna di origine
straniera, la quale pregava dèi alieni al continente occidentale.
A dare inizio al conflitto fu il desiderio di lord Denys di ottenere per Duskendale una
carta che le concedesse più autonomia dalla corona, come era successo a Dorne molti
anni prima. Non gli sembrava poi una richiesta così esagerata: carte simili erano comuni
in tutto il Mare Stretto, come lady Serala gli aveva spiegato quasi sicuramente. Tuttavia,
era comprensibile che lord Tywin, nel suo ruolo di Primo Cavaliere, rigettasse con
fermezza le sue proposte nel timore d’instaurare un pericoloso precedente. Infuriato per
il rifiuto, lord Darklyn ideò un altro piano per ottenere quella carta (e con essa, tariffe e
tasse portuali inferiori che permettessero a Duskendale di competere di nuovo per il
commercio con Approdo del Re). Un piano che però era pura follia.
La Rivolta di Duskendale ebbe inizio abbastanza in sordina. Vedendo che il
comportamento incostante di Aerys aveva cominciato a deteriorare i rapporti fra lui e
lord Tywin, lord Denys si rifiutò di pagare i tributi che doveva loro, invitando invece il re
a recarsi a Duskendale ad ascoltare la sua richiesta. Sembra altamente improbabile che re
Aerys intendesse prendere in considerazione l’invito... almeno finché lord Tywin non lo
consigliò di rifiutare senza mezzi termini, al che il re decise di accettare, informando il
gran maestro Pycelle e il concilio ristretto che si apprestava a sistemare la faccenda lui
stesso per riportare all’ordine il ribelle Darklyn.
L’assedio di Duskendale.
Contro il consiglio di lord Tywin, il re viaggiò diretto a Duskendale con solo una
piccola scorta guidata da ser Gwayne Gaunt della Guardia reale. L’invito, in ogni caso, si
rivelò una trappola, del genere in cui il re Targaryen si era buttato in mezzo alla cieca. Fu
assalito insieme alla scorta, e alcuni dei suoi uomini, fra i quali ser Gwayne, furono uccisi
nel difendere il re.
La reazione immediata alle notizie da Duskendale fu prima di stupefazione, quindi di
oltraggio. C’era chi insisteva per sferrare un attacco improvviso alla città per liberare il re
e punire i ribelli per quell’abominio. Ma Duskendale era circondata da solide mura e il
Forte Dun, l’antica sede di Casa Darklyn, affacciato sul porto, era persino più minaccioso.
Prenderlo d’assalto non sarebbe stato un compito facile.
Così lord Tywin inviò in avanscoperta esploratori e corvi, radunando le truppe mentre
ordinava ai Darklyn di rilasciare immediatamente il re. Lord Denys rispose con un
messaggio: a qualsiasi tentativo di far breccia nelle mura, avrebbe giustiziato sua grazia.
Alcuni del concilio ristretto lo misero in dubbio, dichiarando che nessun figlio del
continente occidentale avrebbe mai osato commettere un crimine tanto ripugnante, ma
lord Tywin non voleva correre il rischio. Così circondò Duskendale con un esercito
considerevole, assediandola per terra e per mare.
Con le forze reali ammassate fuori delle mura e la catena di rifornimenti bloccata, la
determinazione di lord Darklyn cominciò a vacillare. Provò un paio di volte a negoziare,
ma lord Tywin si rifiutò di ascoltarlo, continuando invece a ripetere la sua richiesta di una
resa completa e incondizionata della città e del castello e della liberazione del re.
La rivolta si protrasse per sei mesi. Entro le mura di Duskendale, l’umore cominciò a
guastarsi quando depositi e dispense si svuotarono. Tuttavia, asserragliato dentro l’antico
Forte Dun, lord Denys era convinto che fosse solo una questione di tempo perché lord
Tywin s’indebolisse e offrisse condizioni migliori.
Ma tutti coloro i quali ben conoscevano la determinazione di Tywin Lannister erano di
tutt’altro avviso. Il cuore del Primo Cavaliere si faceva sempre più duro, così lord Tywin
mandò al lord di Duskendale un’ultima richiesta di resa. Avesse ricevuto un ulteriore
rifiuto, lord Tywin prometteva di prendere la città d’assalto e di massacrare ogni uomo,
donna e bambino che si fosse trovato nel mezzo. (Che lord Tywin mandò il suo bardo a
consegnare l’ultimatum e gli ordinò di cantare Le piogge di Castamere per lord Denys e la
Serpe di Merletto è un dettaglio colorito che, ahimè, non trova riscontro nei documenti.)
In quella circostanza, gran parte del concilio ristretto si trovava con il Primo Cavaliere
fuori dalle mura di Duskendale, per cui diversi membri si schierarono contro il piano di
lord Tywin, sostenendo che un simile attacco avrebbe quasi certamente spinto lord
Darklyn a giustiziare re Aerys. «Potrebbe farlo, come non farlo» replicò, a quanto si dice,
Tywin Lannister «ma se lo farà, abbiamo un re anche migliore qui.» Al che alzò una mano
a indicare il principe Rhaegar.
Gli studiosi hanno discusso a lungo sullo scopo di lord Tywin. Credeva davvero che
lord Darklyn avrebbe ceduto? O, in realtà, desiderava, forse persino bramava, di vedere
Aerys morto e il principe Rhaegar sul Trono di Spade al suo posto?
Nessuno lo saprà mai per certo grazie al coraggio di ser Barristan Selmy della Guardia
reale. Ser Barristan si offrì di penetrare nella città di nascosto, farsi strada fino al Forte
Dun e salvare il re. Selmy era conosciuto fin da giovane come Barristan il Valoroso, ma la
sua era un’audacia che Tywin Lannister riteneva al limite della pazzia. Tuttavia, tale era il
rispetto che nutriva per l’abilità e il coraggio di ser Barristan che gli concesse un giorno
per tentare il suo piano prima di prendere massicciamente d’assalto Duskendale.
Le canzoni sull’ardito salvataggio del re a opera di ser Barristan sono svariate e, caso
raro, i cantori non dovettero nemmeno ricamarci sopra. Ser Barristan scalò le mura con il
favore delle tenebre, a mani nude, travestendosi da mendicante incappucciato per farsi
strada fino al Forte Dun. È vero altresì che fu in grado di scalare anche le mura del forte,
per poi uccidere una guardia sul camminamento superiore prima che questa potesse
dare l’allarme. Poi, furtivo e coraggioso, trovò la segreta in cui il re era stato rinchiuso.
Fece a malapena in tempo a far uscire Aerys Targaryen, che l’assenza del re fu notata; si
sollevarono grida. Fu allora che si rivelò la vera portata dell’eroismo di ser Barristan, il
quale invece che arrendersi o abbandonare il re, affrontò il combattimento.
E non si limitò solo a difendersi, colpì per primo, prendendo di sorpresa ser Symon
Hollard, cognato e maestro d’armi di lord Darklyn, e un paio di guardie, massacrandoli
tutti, e vendicando così la morte del suo confratello giurato, ser Gwayne Gaunt della
Guardia reale, ucciso per mano di Hollard. Poi corse con il re fino alle stalle, aprendosi la
strada a colpi di spada contro chiunque tentasse di fermarlo. Ser Barristan e il re
riuscirono a cavalcare fuori dal Forte Dun prima che le porte del castello venissero
chiuse. Da lì dovettero affrontare una folle galoppata attraverso le strade di Duskendale,
mentre corni e trombe suonavano l’allarme. Infine l’arrampicata sulle mura mentre gli
arcieri di lord Tywin cercavano di sgombrare la salita.
Con il re fuggito e ormai salvo, a lord Darklyn non rimase che arrendersi. Ma non si
può dare per certo che si rendesse conto della terribile vendetta che il re aveva in mente
di compiere. Quando si ritrovò davanti Darklyn e la sua famiglia in catene, Aerys pretese
la loro testa, e non solo quella dei parenti più prossimi a Darklyn, ma anche di zii e zie, e
perfino di lontane parentele dei Duskendale. Anche i parenti del cognato, gli Hollard,
furono disonorati e distrutti. L’unico a cui fu risparmiata la vita fu Dontos Hollard, il
giovane nipote di ser Symon, e soltanto perché ser Barristan implorò pietà come
ricompensa, e il re da lui salvato non poté rifiutargliela.
Quanto a lady Serala, la sua fu una morte più crudele. Aerys fece strappare alla Serpe
di Merletto la lingua e le parti femminili per poi arderla viva (anche se i suoi nemici
sostengono che avrebbe dovuto soffrire di più e più intensamente per la rovina che aveva
portato sulla città).
La prigionia a Duskendale aveva scosso quel poco di sanità mentale rimasta in Aerys
II Targaryen. Da quel giorno, la follia del re regnò incontrastata, peggiorando di anno in
anno. I Darklyn avevano osato mettergli le mani addosso, spintonarlo, privarlo dei suoi
regali abiti, persino colpirlo. Dopo la sua liberazione, re Aerys non permise più a
nessuno di toccarlo, nemmeno ai suoi servi. Non lavandosi e non tagliandosi più i capelli,
questi continuarono a crescere sempre più aggrovigliati, le sue unghie si allungarono e
ispessirono fino a trasformarsi in grotteschi artigli gialli. In sua presenza, il re proibì
qualsiasi lama se non le spade dei cavalieri della sua Guardia reale, che avevano giurato
di proteggerlo. Le sue sentenze si fecero sempre più dure e crudeli.
Una volta tornato sano e salvo ad Approdo del Re, sua grazia si rifiutò di lasciare la
Fortezza Rossa per qualsiasi ragione. Per i quattro anni successivi, rimase come
prigioniero nel suo stesso castello; quattro anni durante i quali divenne sempre più
diffidente verso coloro che lo circondavano, Tywin Lannister in particolare.
I suoi sospetti arrivarono a estendersi fino al suo stesso figlio ed erede. Il principe
Rhaegar, si era convinto Aerys, aveva cospirato con Tywin Lannister per farlo uccidere a
Duskendale. Insieme, Rhaegar e Tywin intendevano prendere d’assalto le mura della città
in modo che lord Darklyn lo giustiziasse, spianando così la strada a Rhaegar verso il
Trono di Spade e il matrimonio con la figlia di lord Tywin.
Determinato a evitare che tutto ciò accadesse, re Aerys si rivolse a un altro amico
d’infanzia, Steffon Baratheon, che convocò da Capo Tempesta e nominò nel concilio
ristretto. Nel 278 DC, inviò lord Steffon attraverso il Mare Stretto in missione a Vecchia
Volantis, in cerca di una sposa adeguata per il principe Rhaegar, «una fanciulla di nobili
origini e di antico lignaggio valyriano». Che sua grazia affidasse il compito al lord di
Capo Tempesta invece che al suo Primo Cavaliere, o a Rhaegar stesso, è qualcosa di fin
troppo significativo. Si diffusero voci che Aerys intendesse fare di lord Steffon il suo
nuovo Primo Cavaliere sull’onda del successo della sua missione, che Tywin Lannister
fosse sul punto di essere esonerato dalla carica, arrestato e accusato di alto tradimento.
Ed erano molti i lord che si rallegravano di quella prospettiva.
Gli dèi, però, avevano altri piani. La missione di Steffon Baratheon si concluse in un
fallimento e, di ritorno da Volantis e già avvistata da Capo Tempesta, la sua nave affondò
nel Golfo dei Naufragi. Lord Steffon e la moglie annegarono entrambi davanti agli occhi
dei due figli maggiori che osservavano la scena dalle mura del castello.
Quando la notizia della loro morte raggiunse Approdo del Re, Aerys andò su tutte le
furie, urlando al gran maestro Pycelle che Tywin Lannister aveva intuito in qualche modo
le sue regali intenzioni e deciso l’omicidio di lord Baratheon. «Se lo congederò da Primo
Cavaliere, lui ucciderà anche me» disse il re al gran maestro.
Negli anni a seguire, la follia del re si fece sempre più incontrollabile.
Sebbene Tywin Lannister continuasse ad agire come Primo Cavaliere, Aerys non
s’incontrò più con lui se non alla presenza di tutte e sette le Guardie reali. Convinto che il
popolino e i lord stessero tramando per ucciderlo, temendo che addirittura la regina
Rhaella e il principe Rhaegar fossero parte di quei complotti, arrivò attraverso il Mare
Stretto fino a Pentos per importare un sinistro eunuco di nome Varys, che gli facesse da
Signore dei sussurri, ritenendo che solo su un uomo senza amici, famiglia o legami nel
continente occidentale si potesse fare affidamento per scoprire la verità. Il Ragno
Tessitore, così diventò presto nota questa creatura al popolino del suo regno, usò l’oro
della corona per costituire una vasta rete d’informatori. Per il resto del regno di Aerys,
Varys sarebbe rimasto accucciato di fianco al re a bisbigliargli nelle orecchie.
Sulla scia di Duskendale, il re cominciò anche a mostrare segni di una sempre
maggiore ossessione verso il fuoco dei draghi, simile a quella che aveva tormentato anche
diversi dei suoi antenati. Lord Darklyn non avrebbe mai osato sfidarlo se lui fosse stato
un cavaliere di draghi, così rifletteva Aerys. I suoi tentativi di ridar loro vita dalle uova
trovate nelle profondità della Roccia del Drago (alcune così antiche da essersi trasformate
in pietra), tuttavia, non diedero il benché minimo risultato.
Frustrato, Aerys si rivolse quindi alle Saggezze dell’antico ordine degli Alchimisti, che
conosceva il segreto per produrre la volatile «sostanza» colore verde giada conosciuta
come altofuoco, che si diceva fosse «parente stretta» della fiamma di drago. Mentre
l’attrazione del re per il fuoco cresceva, i piromanti divennero una presenza costante a
corte.
Intorno al 280 DC, Aerys II faceva bruciare traditori, assassini e cospiratori, invece che
impiccarli o decapitarli. Il re sembrava trarre grande piacere da quelle fiammeggianti
esecuzioni, che venivano presiedute da Saggezza Rossart, il gran maestro dell’ordine
degli Alchimisti... al punto che Aerys gli concesse il titolo di lord e gli assegnò uno
scranno nel concilio ristretto.
Per allora la crescente follia di sua grazia si era fatta inequivocabile. Da Dorne alla
Barriera, in molti avevano cominciato a riferirsi ad Aerys II come al Re Folle. Ad
Approdo del Re era chiamato Re Crosta, per le numerose volte in cui si era tagliato sulle
lame taglienti del Trono di Spade. Tuttavia, con Varys il Ragno Tessitore e le sue spie in
perenne ascolto, era diventato molto pericoloso esprimere ad alta voce una qualsiasi di
queste opinioni.
Nel contempo, re Aerys si distanziava sempre più dal suo stesso figlio ed erede.
All’inizio dell’anno 279 DC, Rhaegar Targaryen, principe della Roccia del Drago, fu
promesso formalmente in sposo alla principessa Elia Martell, la giovane e delicata sorella
di Doran Martell, principe di Dorne. Furono uniti in matrimonio l’anno seguente, con
una cerimonia sfarzosa presso il Grande Tempio di Baelor ad Approdo del Re. Cerimonia
alla quale Aerys II non partecipò. Disse al concilio ristretto che temeva di subire un
attentato se avesse lasciato i confini della Fortezza Rossa, persino con la Guardia reale a
proteggerlo. Né avrebbe permesso al figlio minore, Viserys, di partecipare al matrimonio
del fratello.
Quando il principe Rhaegar e la sua nuova consorte scelsero di prendere residenza alla
Roccia del Drago invece che alla Fortezza Rossa, pettegolezzi si diffusero veloci e con
insistenza per i Sette Regni. Alcuni sostenevano che il principe ereditario stesse
tramando per deporre il padre e impadronirsi del Trono di Spade. Per altri, re Aerys
intendeva diseredare Rhaegar e nominare Viserys erede al suo posto. Nemmeno la
nascita della prima nipote di re Aerys, una bambina di nome Rhaenys, nata alla Roccia
del Drago nel 280 DC, riuscì a far riconciliare padre e figlio. Quando il principe Rhaegar
tornò alla Fortezza Rossa per presentare la piccola ai nonni, la regina Rhaella strinse la
bambina con calore, mentre re Aerys si rifiutò di toccarla o di prenderla in braccio e si
lamentò, dicendo che «puzzava di Dorne».
In mezzo a tutto questo, lord Tywin Lannister continuava a servire come Primo
Cavaliere del re. «Lord Tywin incombe massiccio come Castel Granito» scriveva il gran
maestro Pycelle, «e nessun re ha mai avuto un Primo Cavaliere così diligente o capace.»
In apparenza sicuro nei propri doveri dopo la morte di Steffon Baratheon, lord Tywin si
spinse persino a portare sua figlia, la bellissima Cersei, a corte.
Nel 281 DC, però, ser Harlan Grandison, anziano cavaliere della Guardia reale, venne a
mancare nel sonno, e il difficile rapporto fra Aerys II e il suo Primo Cavaliere si spezzò
definitivamente quando sua grazia scelse di offrire un mantello bianco al figlio maggiore
di lord Tywin.
A quindici anni, l’aitante, ardimentoso ser Jaime Lannister era già un cavaliere, onore
che aveva ricevuto per mano di ser Arthur Dayne, la Spada dell’Alba, considerato da
molti il guerriero più valoroso del regno. Jaime aveva ottenuto il suo cavalierato
distinguendosi in battaglia durante la campagna di ser Arthur contro i fuorilegge
conosciuti come la Fratellanza del Bosco del Re, e nessuno poteva dubitare delle sue
abilità.
Ser Jaime, però, era anche l’erede di lord Tywin e incarnava tutte le speranze di
perpetuare Casa Lannister, dato che l’altro figlio di sua signoria era Tyrion, il nano
deforme. Entrare nella confraternita delle spade bianche significava dedicare l’intera vita
alla corona. Inoltre quando il re lo informò della sua decisione, il Primo Cavaliere si
trovava nel pieno delle trattative di un patto per assicurare un matrimonio vantaggioso a
ser Jaime. In un sol colpo, re Aerys aveva privato lord Tywin del suo erede prescelto e
aveva fatto apparire lui stesso sciocco e falso.
In ogni caso, il gran maestro Pycelle ci racconta che, quando Aerys II, assiso sul Trono
di Spade, annunciò la nomina di ser Jaime, sua signoria s’inginocchiò e ringraziò il re per
il grande onore conferito alla sua casata. Poi, dichiarandosi malato, domandò al re il
permesso di ritirarsi da Primo Cavaliere.
Re Aerys fu ben felice di soddisfarlo. Come da usanza, lord Tywin consegnò la sua
catena di Primo Cavaliere e lasciò la corte, facendo ritorno a Castel Granito con la figlia
Cersei.
Il re lo sostituì con lord Owen Merryweather, un ruffiano esperto e affabile, la cui
celebre risata risuonava fragorosa a ogni burla e arguzia pronunciata dal sovrano, non
importa quanto debole fosse. Da quel momento in avanti, disse sua grazia a Pycelle, il
regno avrebbe saputo per certo che a governare i Sette Regni era colui che indossava la
corona.
Aerys Targaryen e Tywin Lannister si erano conosciuti da bambini. Insieme avevano
combattuto, insieme erano rimasti feriti nella guerra dei Re da Nove Soldi, e insieme
avevano governato i Sette Regni per quasi vent’anni. Ma nel 281 DC quel lungo sodalizio,
che tanto fruttuoso si era dimostrato per il regno, giunse a un’amara fine.
Subito dopo, lord Walter Whent annunciò che intendeva organizzare un grande torneo
alla sua residenza di Harrenhal, per festeggiare l’onomastico della figlia non ancora
maritata. Re Aerys II scelse quell’evento per l’investitura formale di ser Jaime Lannister
come cavaliere della Guardia reale... mettendo così in moto gli eventi che avrebbero
segnato non solamente la fine del regno del Re Folle ma anche la conclusione di oltre due
secoli di dominio della Casa Targaryen sui Sette Regni.
Negli annali del continente occidentale, il 281 DC è noto come l’Anno della Falsa
Primavera.
L’inverno aveva tenuto la terra nella sua morsa di ghiaccio per quasi due anni, ma
adesso le nevi si stavano finalmente sciogliendo, i boschi stavano tornando verdi, le
giornate si stavano allungando. Sebbene i corvi bianchi non avessero ancora spiccato il
volo, alla Cittadella di Vecchia Città erano molti a ritenere che la fine dell’inverno fosse
prossima.
Mentre venti caldi soffiavano da sud, lord e cavalieri provenienti da tutti i Sette Regni
si diressero verso Harrenhal per gareggiare sulle rive dell’Occhio degli Dèi nel grande
torneo di lord Whent, torneo che prometteva di essere la competizione più vasta e
sontuosa dall’epoca di Aegon l’Improbabile.
Conosciamo molte cose su quel torneo, essendo i particolari di quanto accadde sotto le
mura di Harrenhal trascritti da una miriade di cronisti e documentati in ben più di una
lettera e di una testimonianza. Tuttavia, c’è molto altro che non conosceremo mai, visto
che mentre i più grandi cavalieri dei Sette Regni gareggiavano sul campo, altri giochi, ben
più pericolosi, si disputavano nelle sale dell’odioso castello di Harren il Nero, sotto le
tende e i padiglioni dei lord riuniti.
Intorno al torneo di lord Whent si sono diffusi molti racconti: storie di complotti e
cospirazioni, tradimenti e ribellioni, infedeltà e assegnazioni, segreti e misteri. In quasi
tutti i casi, congetture. La verità è nota solo a pochi, alcuni dei quali hanno lasciato da
tempo questa valle mortale tenendo a freno per sempre la lingua. Nello scrivere di quella
fatidica riunione, perciò, lo studioso attento deve preoccuparsi di separare i fatti dalla
fantasia, di tracciare una linea netta tra ciò che è risaputo e ciò di cui si sospetta, ciò che
si crede o sul quale sono girate voci.
È risaputo che il torneo fu annunciato per la prima volta da Walter Whent, lord di
Harrenhal, verso la fine dell’anno 280 DC, poco dopo una visita da parte del fratello
minore, ser Oswell Whent, cavaliere della Guardia reale. Che sarebbe stato un evento di
magnificenza senza pari apparve chiaro fin dall’inizio, giacché lord Whent offriva premi
tre volte tanto quelli assegnati al grande torneo di Lannisport del 272 DC, ospitato da
lord Tywin Lannister per festeggiare il decimo anno sul Trono di Spade di Aerys II.
I più videro il torneo come un semplice tentativo da parte di Whent di surclassare il
precedente Primo Cavaliere, ostentando anche la ricchezza e lo splendore della sua
casata. Per contro, c’era chi lo riteneva per lo più uno stratagemma e che considerava lord
Whent nient’altro che un burattino. Sua signoria, sostenevano alcuni, non aveva i fondi
per pagare premi così generosi. Dietro di lui doveva per forza celarsi qualcun altro, una
persona cui l’oro non mancava, ma che preferiva rimanere nell’ombra mentre il lord di
Harrenhal si prendeva la gloria per aver ospitato quel magnifico evento. Non esiste un
solo frammento di prova che un simile «anfitrione ombra» fosse reale, ma l’idea era
ampiamente diffusa a quel tempo, così come lo è ancora oggi.
Tuttavia, se quell’ombra c’era veramente, chi poteva essere, e per quale ragione aveva
deciso di mantenere tanto segreto il proprio ruolo? Negli anni, è stata menzionata una
dozzina di nomi, ma solo uno sembra davvero convincente: Rhaegar Targaryen, principe
della Roccia del Drago.
Dando credito a questa storia, fu il principe Rhaegar a insistere perché lord Walter
organizzasse il torneo, usando il fratello di sua signoria, ser Oswell, come intermediario.
Rhaegar fornì a Whent oro a sufficienza per premi grandiosi in modo da attirare a
Harrenhal più lord e cavalieri possibili. Il principe, si diceva, non era interessato al torneo
in quanto tale: la sua intenzione era radunare i grandi lord del regno nell’equivalente di
un Gran Concilio informale, così da discutere modi e tempi per occuparsi della follia di
suo padre, re Aerys II, possibilmente tramite una reggenza o un’abdicazione forzata.
Se era davvero quello lo scopo celato dietro il torneo, Rhaegar Targaryen stava
conducendo un gioco pericoloso. Sebbene alcuni dubitassero che Aerys avesse perso
completamente il senno, molti avevano ancora buone ragioni per opporsi al suo
allontanamento dal Trono di Spade, in particolare quei cortigiani e quei consiglieri che
avevano ottenuto grande ricchezza e potere per capriccio del re e che – fosse il principe
Rhaegar asceso al trono – erano ben consapevoli di poter perdere tutto.
Il Re Folle era capace di selvaggia crudeltà, come dimostrato chiaramente nella scelta
di far bruciare vivi coloro che percepiva come suoi nemici, ma sapeva anche essere
stravagante, ricoprendo di onori, cariche e terre uomini che lo compiacevano. I lord
adulatori che circondavano Aerys II avevano ottenuto sempre grandi vantaggi dalla follia
del re e coglievano al volo ogni opportunità di parlare male del principe Rhaegar così da
esacerbare i sospetti del padre verso il figlio.
A capo dei sostenitori del Re Folle c’erano tre lord del suo concilio ristretto: Qarlton
Chelsted, maestro del conio, Lucerys Velaryon, maestro della flotta, e Symond Staunton,
maestro delle leggi. Godevano della fiducia del re anche l’eunuco Varys, Signore dei
sussurri, e Saggezza Rossart, gran maestro dell’ordine degli Alchimisti. Sostenevano il
principe Rhaegar gli uomini di corte più giovani, tra cui lord Jon Connington, ser Myles
Mooton di Maidenpool, e ser Richard Lonmouth. Anche i dorniani venuti a corte con la
principessa Elia godevano della fiducia del principe, in particolare il principe Lewyn
Martell, zio di Elia e confratello giurato della Guardia reale. Ma il più formidabile fra tutti
gli amici e alleati di Rhaegar ad Approdo del Re era di sicuro ser Arthur Dayne, la Spada
dell’Alba.
Al gran maestro Pycelle e a lord Owen Merryweather, Primo Cavaliere del re, toccò il
poco invidiabile compito di mantenere la pace fra queste fazioni, persino quando la loro
rivalità si fece ancor più avvelenata. In una lettera alla Cittadella, Pycelle scrive che le
divisioni all’interno della Fortezza Rossa gli ricordavano con grande disagio la situazione
antecedente la Danza dei Draghi, avvenuta un secolo prima, quando l’ostilità fra la regina
Alicent e la principessa Rhaenyra aveva spaccato in due il regno, con terribili perdite. Per
i Sette Regni avrebbe potuto prospettarsi di nuovo un conflitto altrettanto sanguinario,
metteva in guardia Pycelle, a meno che non si fosse raggiunto qualche accordo che
soddisfacesse sia i sostenitori del principe Rhaegar sia quelli del re.
Bastava che, in mano ai sostenitori di Aerys, capitasse anche solo il sentore di una
prova che il principe Rhaegar stesse cospirando contro il padre perché questi la usassero
per portare l’erede al trono alla rovina. In effetti, alcuni uomini del re si erano addirittura
spinti a suggerire che Aerys diseredasse quel figlio «sleale», nominando al suo posto
erede del Trono di Spade il figlio minore. Il principe Viserys aveva all’incirca sette anni, e
la sua eventuale ascesa al trono avrebbe senz’altro portato a una reggenza, per cui loro
stessi avrebbero governato in tale carica.
In siffatto clima, nessuna sorpresa se il grande torneo di lord Whent suscitava tali e
tanti sospetti. Lord Chelsted sollecitò sua grazia a vietarlo, lord Staunton si spinse
persino oltre, suggerendo che tutti i tornei fossero proibiti.
Eventi come quello, tuttavia, erano estremamente popolari fra i sudditi, e quando lord
Merryweather mise in guardia Aerys che vietare il torneo sarebbe servito solo a renderlo
più impopolare, il re prese un’altra rotta e annunciò la sua presenza al torneo. Sarebbe
stata la prima circostanza dalla Rivolta di Duskendale in cui Aerys II lasciava la sicurezza
della Fortezza Rossa. Senza dubbio sua grazia riteneva che i nemici del re non avrebbero
osato cospirare contro di lui proprio sotto il suo naso. Sperava, così ci racconta il gran
maestro Pycelle, che la sua presenza a un tale evento l’avrebbe aiutato a riguadagnarsi
l’amore del popolo.
Quand’anche fosse davvero quello il suo intento, il re aveva fatto male i conti. Mentre
la sua partecipazione rendeva il torneo di Harrenhal addirittura più imponente e
prestigioso di quello che sarebbe stato altrimenti, attirando lord e cavalieri da ogni
angolo del regno, molti di coloro che vi giunsero rimasero sconvolti e sconcertati nel
rendersi conto in che stato fosse ridotto il loro monarca. Le lunghe unghie gialle, la barba
ingarbugliata, e le ciocche attorcigliate di capelli sporchi e arruffati rendevano l’entità
della follia del re chiara a tutti. E nemmeno il suo comportamento era quello di un uomo
sano: Aerys poteva passare dall’ilarità alla malinconia in un battito di ciglia, e molti dei
resoconti scritti su Harrenhal citano risate isteriche, lunghi silenzi, attacchi di pianto e
rabbia improvvisa.
In particolare, Aerys II era sospettoso: diffidava del suo stesso figlio ed erede, il
principe Rhaegar, del padrone di casa, lord Whent, di ogni lord e cavaliere venuto a
Harrenhal a gareggiare... Diffidava perfino di coloro che avevano scelto di non essere
presenti, il più evidente di tutti, il suo ex Primo Cavaliere, Tywin Lannister, lord di Castel
Granito.
Il Re Folle, Aerys II.
Il principe Rhaegar, tuttavia, non si trovava in città per vederli. E non era presente
nemmeno alla Roccia del Drago con la principessa Elia e il loro figlioletto, Aegon. Con
l’avvicinarsi del nuovo anno, il principe ereditario si era messo in cammino con mezza
dozzina di stretti amici e confidenti, in un viaggio che lo avrebbe ricondotto alle Terre dei
Fiumi, a una decina di leghe da Harrenhal... dove Rhaegar si sarebbe di nuovo ritrovato
faccia a faccia con Lyanna Stark di Grande Inverno, e con lei avrebbe acceso un fuoco
capace di consumare la sua casa, la sua famiglia e tutti coloro che amava, oltre a metà del
regno.
Ma quella storia è già fin troppo nota perché la si possa qui ripetere.
La Ribellione di Robert
Quanto seguì lo scellerato rapimento di Lyanna Stark da parte del principe Rhaegar
Targaryen fu la rovina conclusiva della stirpe del drago.
La piena gravità della follia di re Aerys si rivelò successivamente nelle ignobili azioni
contro lord Stark, il suo erede e i loro sostenitori dopo che questi avevano chiesto
riparazione alle ingiustizie di Rhaegar. Ma invece di prestare loro ascolto, re Aerys li
aveva fatti trucidare brutalmente, per poi fare seguire quegli omicidi dalla richiesta a Jon
Arryn, integerrimo alto lord della Valle, di giustiziare i due giovani nobili che un tempo
erano stati suoi protetti al Nido dell’Aquila.
Quei due giovani nobili erano Robert Baratheon e Eddard Stark.
In molti ora concordano sul fatto che il vero inizio della Ribellione di Robert sia stato
il rifiuto di lord Arryn di obbedire all’ordine del re, seguito dalla sua coraggiosa chiamata
alle armi dei vessilli in difesa della giustizia. Non tutti i lord della Valle, però, aderirono
alla decisione di lord Jon, e lo scontro s’infiammò quando i fedeli alla corona tentarono
di rovesciare lord Arryn.
Il conflitto, poi, si propagò per i Sette Regni come il furore dell’altofuoco, mentre lord
e cavalieri si schieravano da una parte o dall’altra. Molti fra coloro ancora in vita
combatterono in quelle battaglie e possono dunque parlare con maggior cognizione di
causa dello scrivente, che all’epoca ancora non era giunto su questa terra. Lascio perciò a
loro il compito di scrivere la storia, vera e dettagliata, della Ribellione di Robert. Lungi da
me offendere quanti di loro ancora in vita presentando un riassunto sommario degli
eventi, o lodando per errore chi si dimostrò in seguito non degno.
Re Robert Baratheon, primo del suo nome.
Mi occuperò invece soltanto del lord e cavaliere che alla fine ascese al Trono di Spade,
riassestando un reame quasi distrutto dalla follia.
Mano a mano che sempre più uomini si raccoglievano sotto il suo vessillo, Robert
Baratheon si dimostrò un guerriero indomito e senza paura. Fu il primo a salire sulle
mura di Città del Gabbiano, quando lord Grafton issò il suo vessillo per i Targaryen, e da
là navigò verso Capo Tempesta per radunare i vessilli, rischiando di farsi catturare dalla
flotta reale.
Non tutto però avvenne con facilità. Lord Merryweather, Primo Cavaliere di Aerys,
incoraggiò alcuni lord della Tempesta a sollevarsi contro lord Robert. Tuttavia, dopo i
trionfi sul campo di Sala dell’Estate, dove lord Robert aveva vinto tre battaglie in
un’unica giornata, si dimostrò uno sforzo inutile. Le truppe di Robert, sia pure radunate
in fretta e furia, sconfissero uno dopo l’altro lord Grandison e lord Cafferen, e Robert
proseguì uccidendo lord Fell in singolar tenzone prima di fare prigioniero il suo celebre
figlio, Ascia d’Argento.
Altre vittorie attendevano lord Robert e i lord della Tempesta in marcia per unirsi agli
eserciti di lord Arryn e agli uomini del Nord che sostenevano la loro causa. Giustamente
celebre è la grande vittoria al Tempio di Pietra, anche chiamata la Battaglia delle
Campane, dove Robert uccise il famoso ser Myles Mooton, un tempo scudiero del
principe Rhaegar, e altri cinque uomini. Avrebbe potuto abbattere anche lord
Connington, il nuovo Primo Cavaliere, se i destini della battaglia li avessero messi l’uno
di fronte all’altro. Il che non avvenne. Quella vittoria segnò l’entrata delle Terre dei Fiumi
nel conflitto, a seguito del matrimonio di Lysa e Catelyn, le due figlie di lord Hoster Tully,
rispettivamente con lord Arryn e lord Stark.
Quei fatti lasciarono gli eserciti reali vacillanti e sparpagliati, a dispetto i loro sforzi
per riprendersi. La Guardia reale fu inviata a recuperare ciò che rimaneva dell’esercito di
lord Connington, e il principe Rhaegar tornò dal Sud per prendere il comando delle
nuove reclute raccolte nelle Terre della Corona. Dopo una vittoria solo parziale ad
Ashford, che spinse Robert ad arretrare, le Terre della Tempesta furono lasciate esposte
all’invasione di lord Mace Tyrell di Alto Giardino. Usando tutte le forze che potevano
fornire, i lord dell’Altopiano spazzarono via ogni resistenza e si attestarono ad assediare
Capo Tempesta. Poco dopo, all’armata si unì la potente flotta di lord Paxter Redwyne da
Arbor, completando l’assedio via terra e via mare.
L’assedio di Capo Tempesta, la sua fortezza duramente tenuta da Stannis Baratheon,
fratello di Robert, si protrasse fino al termine della guerra.
In difesa della principessa Elia, giunsero da Dorne diecimila lance. Risalendo la Strada
delle Ossa, le truppe marciarono verso Approdo del Re per aggiungersi all’esercito che
Rhaegar stava formando. Chi si trovava a corte a quel tempo racconta di come Aerys si
comportasse in modo scostante. Non aveva fiducia in nessuno tranne che nella Guardia
reale, e neppure di tutti i suoi membri: teneva ser Jaime Lannister sempre vicino, come
ostaggio contro suo padre.
Quando infine il principe Rhaegar marciò lungo la Strada del Re fino al Tridente, con
lui c’erano gli esponenti della Guardia reale rimasti ad Approdo del Re: ser Barristan il
Valoroso, ser Jonothor Darry e il principe Lewyn di Dorne. Il principe Lewyn prese il
comando delle truppe dorniane mandate da suo nipote, il principe Doran Martell, ma si
dice che lo fece solo dopo minacce da parte del Re Folle, il quale temeva che i dorniani
pensassero di tradirlo. Ad Approdo del Re rimase così solo il giovane ser Jaime
Lannister.
Sulla celebre Battaglia del Tridente molto è stato scritto e detto. Ma tutti sanno che le
due armate si scontrarono all’attraversamento che in seguito sarebbe stato chiamato
Guado Rosso per via dei rubini che si staccarono dall’armatura del principe Rhaegar e si
sparsero nelle acque.
Gli oppositori erano ben assortiti. Le forze di Rhaegar si aggiravano intorno alle
quarantamila unità, di cui solo un decimo erano cavalieri investiti. I ribelli erano meno
numerosi ma, al contrario di gran parte dei membri dell’esercito di Rhaegar, più esperti
in battaglia.
La battaglia al guado si rivelò feroce e furono in molti a cadere nella mischia. Ser
Jonothor Darry fu falciato nel bel mezzo di uno scontro, così come il principe Lewyn di
Dorne. Ma la morte più importante doveva ancora venire.
La battaglia infuriava sia contro lord Robert sia contro il principe Rhaegar. Per volere
degli dèi, o per caso, o forse per un disegno ben preciso, il lord della Tempesta e il
principe del drago s’incontrarono in mezzo alle acque basse del guado.
In base a tutti i resoconti, i due cavalieri lottarono con coraggio in sella ai loro
destrieri. Nonostante i suoi crimini, il principe Rhaegar non era affatto un codardo. Lord
Robert fu ferito durante il combattimento dal principe del drago, tuttavia alla fine la
feroce forza di Baratheon e la sua sete di vendicare la vergogna subita a causa del
rapimento di Lyanna Stark, sua promessa sposa, si dimostrarono decisive. La mazza da
combattimento trovò il suo bersaglio, e Robert spinse il rostro attraverso il torace di
Rhaegar, disperdendo preziosi rubini che splendevano sul pettorale dell’armatura del
principe.
Alcuni uomini da entrambe le parti cessarono di colpo di lottare, lanciandosi a
recuperare le pietre preziose nel fiume. E quando i sostenitori del re cominciarono a
fuggire dal campo di battaglia la ritirata fu rapida.
Le ferite di lord Robert gli impedirono di gettarsi all’inseguimento, così affidò il
compito a lord Eddard Stark. Lo spirito cavalleresco di Robert, poi, si palesò con
inequivocabile chiarezza quando egli stesso impedì che venisse ucciso ser Barristan
Selmy, gravemente ferito. Robert mandò il suo maestro a prendersi cura del grande
cavaliere della Guardia reale.
Fu in quel modo che il futuro re riuscì a guadagnarsi la profonda devozione di amici e
alleati, perché pochi uomini erano generosi e clementi come lo era Robert Baratheon.
La fine
Per secoli è stata usanza parlare dei Sette Regni di Westeros. Detta diffusa locuzione deriva dai sette grandi regni le
cui terre si estendevano sulla maggior parte di Westeros al di sotto della Barriera nel corso degli anni
immediatamente precedenti la Conquista da parte di Aegon I. Eppure, già fin da allora, si trattava di una terminologia
tutt’altro che esatta, in quanto uno di quei regni (Dorne) era in realtà dominato da una principessa piuttosto che da un
re, e in quanto la Roccia del Drago, regno dello stesso Aegon Targaryen, non fu mai incluso nel novero.
Cionondimeno, l’espressione «Sette Regni» permane. Proprio come parliamo dei Cento Regni dei tempi antichi –
per quanto non ci fu mai un tempo nel quale Westeros sia stato esattamente suddiviso in cento reami indipendenti –,
dobbiamo comunque piegarci alla terminologia comune e, a dispetto dell’intrinseca imprecisione, parlare quindi di
Sette Regni.
È spesso detto che il Nord sia vasto quanto gli altri sei regni messi assieme. In verità,
esso è, in una certa qual misura, meno esteso. Il Nord, tuttora governato dalla Casa Stark
di Grande Inverno, copre una superficie di poco maggiore a un terzo del reame.
Iniziando dall’estremo sud dell’Incollatura, i dominii degli Stark si estendono verso nord
fino al Nuovo Dono (a sua volta parte del loro regno fino a quando re Jaehaerys I
Targaryen non convinse Grande Inverno a cedere quelle terre ai Guardiani della notte).
Del Nord fanno parte foreste immense, pianure sferzate dal vento, colline e vallate, coste
rocciose e montagne dalle cime innevate. Il Nord è una landa a clima freddo – la maggior
parte del territorio è composto da alte brughiere e pianure le quali, nelle zone
settentrionali, cedono il campo alle montagne –, ragione per la quale esso è meno fertile
del Sud. È risaputo che in queste lande settentrionali la neve cade anche in estate e che,
in inverno, essa diviene una letale minaccia.
Porto Bianco, l’unica, vera città nell’intero Nord, è la più piccola città dei Sette Regni. I
principali centri del Nord sono Città dell’Inverno, sotto le mura di Grande Inverno, e
Barrowton, nella Terra delle Tombe. La prima rimane sostanzialmente vuota in primavera
e in estate, mentre in autunno e in inverno è affollata di sudditi in cerca della protezione
e del sostegno di Grande Inverno allo scopo di sopravvivere ai tempi di carestia
invernale. Costoro provengono non solo dai villaggi e dalle terre circumvicine, ma è
risaputo che, quando le nevi iniziano a cadere copiose, molti figli e figlie dei clan delle
montagne raggiungono a loro volta la Città dell’Inverno.
Barrowton è parimenti degna di nota, un luogo di raduno scavato sotto quella che
viene considerata come la tumulazione del Primo Re dei Re dei Tumuli che regnarono
dopo di lui. Innalzandosi nel centro di un’ampia, vasta pianura, questa zona ha
prosperato grazie all’accorto governo dei Dustin, leali alfieri degli Stark, i quali hanno
dominato in loro nome la Terra delle Tombe fin dalla caduta dell’ultimo dei Re dei
Tumuli.
La corona rugginosa, simbolo araldico della Casa Dustin, deriva dal loro considerarsi quali discendenti diretti del
Primo Re e, conseguentemente, degli altri Re dei Tumuli che regnarono dopo di lui. Gli antichi resoconti, citati in
Passaggio dei defunti di Kennet, parlano di una maledizione lanciata sul Great Barrow, il grande tumulo, a causa
della quale a nessun uomo in vita sarebbe stato concesso di rivaleggiare con il Primo Re. È per questa maledizione
che i corpi dei pretendenti al titolo, mentre la loro stessa essenza vitale si disgregava, sono incorsi nella
decomposizione dei cadaveri. Trattasi di una leggenda e nulla più, ciò è certo, ma che i Dustin conservino sangue e
discendenza dai Re dei Tumuli dei tempi antichi appare ugualmente certo.
Gli uomini del Nord discendono dai primi uomini. Gli andali in seguito sopraffecero i
regni nella loro invasione da sud, ma sul Nord la loro influenza fu molto più lenta. Il
linguaggio originario dei primi uomini, noto come «antica lingua», è ora parlato
solamente dai bruti oltre la Barriera, e molti altri aspetti della loro cultura sono andati
perduti (ad esempio, usanze ripugnanti risalenti al tempo in cui criminali e traditori
venivano uccisi, i loro corpi e le loro viscere appesi ai rami degli alberi-diga).
Nel Nord, essendo il cavalierato cosa rara, i tornei e con essi l’intero contorno di paggi e modalità cavalleresche,
sono parimenti più rari di una gallina dotata di denti a settentrione dell’Incollatura. Gli uomini del Nord combattono a
cavallo brandendo lance da guerra, ma raramente s’impegnano in quintane, preferendo a esse le grandi mischie,
versione appena meno impegnativa delle battaglie vere e proprie. Sussistono resoconti di mischie che si
protraggono per metà di una giornata, lasciando dietro di sé campi devastati e villaggi parzialmente demoliti. In
siffatte mischie, ferite gravi sono quanto mai comuni e i decessi non sono infrequenti. Nel corso della grande mischia
di Ultimo Focolare, nel 170 DC, si racconta che, prima che la tenzone fosse conclusa, non meno di diciotto uomini
abbiano perduto la vita e almeno il doppio abbia riportato severe mutilazioni.
Eppure, nei loro usi e nei loro costumi, gli uomini del Nord tuttora preservano risvolti
dei tempi antichi. La loro vita è più dura, dalla qual cosa essi risultano a loro volta
induriti. I piaceri del Sud sono considerati infantili e meno nobili che non la caccia e la
lotta, attività ludiche ben più amate dagli uomini del Nord.
Perfino i nomi delle loro casate li identificano, in quanto i primi uomini avevano nomi
corti, aspri, essenziali. Nomi quali Stark, Wull, Umber e Stout traggono origine tutti dai
giorni nei quali gli andali non avevano alcuna influenza sul Nord.
Va notato che l’usanza ritenuta dagli uomini del Nord più sacra di qualsiasi altra è il
diritto dell’ospite: la tradizione secondo la quale non è concesso recare alcun male a
chiunque venga offerta ospitalità, o la stia ricevendo. Gli stessi andali onoravano
un’usanza simile, la quale per contro riveste minore importanza nella mentalità
meridionale. Nel suo testo Giustizia e ingiustizia nel Nord: le sentenze di tre lord Stark,
maestro Egbert rileva quanto rari siano nel Nord i crimini nei quali il diritto dell’ospite
viene violato, crimini invariabilmente puniti con la medesima durezza del più infame dei
tradimenti. Solamente l’assassinio di consanguinei è l’unico reato considerato altrettanto
intollerabile quanto la violazione del diritto dell’ospite.
Nel Nord si racconta la storia del Cuoco dei Topi, al servizio di un re andalo – identificato da taluni come Tywell II, re
di Castel Granito, da altri come Oswell I, re della Valle e della Montagna –, il quale osò servire al proprio sovrano le
carni del di lui figlio, sotto forma di sformato. Come punizione, venne trasformato in un ratto mostruoso condannato a
divorare la sua stessa progenie. Punizione inflitta non tanto per avere assassinato il figlio del re e per averglielo
susseguentemente dato in pasto, quanto per avere violato il diritto dell’ospite.
Il Moat Cailin
I re dell’Inverno
Lo stemma di Casa Stark (al centro) e di alcuni dei suoi vassalli (in senso orario dall’alto): Glover, Ryswell, Manderly,
Dustin, Bolton, Tallhart, Reed, Umber, Karstark, Hornwood e Mormont.
Sia i cantastorie sia gli storiografi ci raccontano che, per ottomila anni, gli Stark di
Grande Inverno hanno dominato sulle vaste terre oltre l’Incollatura, definendo loro
stessi «re dell’Inverno» (termine antico) e «Re del Nord» (accezione più recente). Il loro
dominio, tuttavia, non fu scevro di contrasti. Molteplici, infatti, sono state le guerre
combattute dagli Stark, da un lato per espandere il loro dominio, dall’altro per
riconquistare terre strappate a loro da forze ribelli. I re dell’Inverno erano uomini brutali
in tempi ugualmente brutali.
Antiche ballate, fra le più ancestrali rinvenute negli archivi della Cittadella di Vecchia
Città, narrano di come un re dell’Inverno abbia scacciato i giganti dal Nord, e di come un
altro re dell’Inverno sia caduto preda del metamorfo Gaven Lupogrigio e dei suoi
consimili durante una selvaggia Guerra dei Lupi; ma riguardo al fatto che siffatti re e
siffatte battaglie siano effettivamente mai esistiti abbiamo solamente la parola dei
cantastorie.
Per contro, prove storiche più certe esistono riguardo alla guerra tra i re dell’Inverno e
i Re dei Tumuli, a sud rispetto a loro, i quali definivano se stessi «re dei primi uomini»,
rivendicando per l’appunto la loro supremazia su tutti i primi uomini, ovunque essi si
trovassero, inclusi gli stessi Stark. Storiografie runiche suggeriscono che questo scontro,
che i cantastorie chiamano Guerra dei Mille Anni, sia stato in realtà una serie di guerre le
quali si protrassero non per mille anni ma per circa duecento, conflitti che si conclusero
quando l’ultimo Re dei Tumuli fece atto di sottomissione al re dell’Inverno,
concedendogli anche la propria figlia in sposa.
Ma neppure questo evento poté dare a Grande Inverno il dominio sulla totalità del
Nord. Rimanevano ancora molti altri re minori, i quali a loro volta dominavano su regni
grandi e piccoli. Ci sarebbero voluti altri mille anni e molte altre guerre prima che anche
l’ultimo di quei regni fosse finalmente conquistato. Cionondimeno, un regno dopo
l’altro, gli Stark li sottomisero tutti, per quanto, nel corso di questi conflitti, molte
orgogliose casate e molte antiche linee dinastiche si estinsero per sempre.
Tra le casate che da regnanti passarono a vassalle, possiamo annoverare i Flint di
Collina della Pietra Spezzata, gli Slate di Fontenera, gli Umber di Ultimo Focolare, i
Locke di Vecchio Castello, i Glover di Deepwood Motte, i Fisher della Costa Pietrosa, i
Ryder delle Rills... e forse perfino i Blackwood di Raventree, le cui tradizioni di famiglia
ribadiscono come, un tempo, fossero loro a dominare su larga parte della Foresta del
Lupo prima di essere scacciati dalle loro terre dai re dell’Inverno (talune storiografie
runiche, se davvero si vuole prestare fede alla traduzione seguita da maestro Barneby,
concordano con detta affermazione).
Resoconti cronachistici trovati negli archivi della confraternita in nero al Forte della
Notte (prima che questo venisse abbandonato) parlano della guerra per il controllo della
Punta del Drago Marino, nella quale gli Stark sconfissero il re dei warg e i figli della
foresta, suoi alleati non-umani. Alla caduta dell’ultima piazzaforte del re dei warg, i suoi
figli vennero passati a fil di spada, e lo stesso vale per le sue bestie e i suoi esseri verdi,
mentre le figlie divennero trofei dei conquistatori.
Casa Greenwood, Casa Towers, Casa Amber e Casa Frost subirono simile sorte, e così
molteplici altre casate e re minori, i cui nomi sono ormai svaniti dalla storia. Eppure,
oltre ogni dubbio, i più acerrimi avversari di Grande Inverno furono i Re Rossi di Forte
Terrore, quei tetri lord della Casa Bolton i cui antichi dominii si estendevano dall’Ultimo
Fiume fino al Coltello Bianco, e verso sud fino alle Colline Testa d’Agnello.
L’ostilità fra gli Stark e i Bolton, si dice, risaliva addirittura alla Lunga Notte. Infinite
sono state le guerre combattute fra queste due antiche famiglie, e non tutte si conclusero
con la vittoria della Casa Stark. Si racconta che re Royce Bolton, secondo del suo nome,
abbia conquistato e quindi bruciato la stessa Grande Inverno. Tre secoli dopo, un suo
discendente con lo stesso nome, Royce IV (passato alla storia come Royce Bracciorosso
per la sua ferocia nell’affondare le braccia nel ventre dei nemici prigionieri per poi
estrarne le viscere a mani nude), ripeté l’impresa. È inoltre tramandato che altri Re Rossi
abbiano indossato mantelli ricavati dalle pelli dei principi Stark, prima catturati e quindi
scuoiati vivi.
Cionondimeno, anche Forte Terrore alla fine cadde sotto la potenza di Grande Inverno.
L’ultimo dei Re Rossi, noto alla storia come Rogar il Cacciatore, giurò fedeltà al re
dell’Inverno e inviò i propri figli a Grande Inverno come ostaggi, questo perfino mentre i
primi andali attraversavano il Mare Stretto a bordo delle loro navi lunghe.
Dopo la sconfitta dei Bolton, ultimi loro rivali nel Nord, le più pesanti minacce al
dominio della Casa Stark vennero dal mare. Il confine settentrionale dei dominii degli
Stark era protetto dalla Barriera e dagli uomini dei Guardiani della notte. A meridione,
l’unica via attraverso le paludi dell’Incollatura era lo stretto passaggio sotto le torri in
rovina e le mura decrepite della grande fortezza chiamata Moat Cailin. Perfino quando a
tenere il Moat erano i Re delle Paludi, i loro crannogmen (uomini delle palafitte)
sbarravano fermamente la strada a qualsiasi invasore da sud, alleandosi – quando era
necessario – con i Re dei Tumuli, i Re Rossi e i re dell’Inverno allo scopo di respingere
ogni lord del meridione che cercasse di attaccare il Nord. E una volta che re Rickard Stark
ebbe annesso l’Incollatura al proprio dominio, il Moat Cailin si rivelò addirittura più
invalicabile: un mastio impossibile da superare per forze provenienti da sud. Alcuni lord
e re meridionali tentarono comunque, ma nessuno di loro, conferma la storiografia, mai
ci riuscì.
Per contro, le lunghe, frastagliate coste del Nord, sia a est sia a ovest, rimanevano
vulnerabili. E fu colà, infatti, che il dominio di Grande Inverno venne più spesso
minacciato... dagli uomini di ferro a ovest, dagli andali a est.
Varcando il Mare Stretto a centinaia, a migliaia, le navi lunghe degli andali
approdarono nel Nord come già era accaduto nel Sud. Ma dovunque gli invasori
arrivassero, gli Stark e i loro lord alfieri calavano su di essi per ributtarli a mare. Re Theon
Stark, passato alla storia come il Lupo Famelico, respinse la più dura di queste minacce,
facendo causa comune con i Bolton e annientando il signore della guerra andalo Argon
Settestelle nella Battaglia dell’Acqua Piangente.
Sulla scia di quella vittoria, re Theon arrivò a costruire una sua flotta e, con il cadavere
di Argon legato alla prora della propria nave, attraversò il Mare Stretto fino alle coste di
Andalos. Colà, si dice, scatenò una sanguinosa vendetta, dando alle fiamme
innumerevoli villaggi, conquistando tre masti e un tempio fortificati, passando a fil di
spada centinaia di avversari. Le loro teste mozzate divennero trofei del Lupo Famelico, il
quale procedette poi a riportarle a Westeros e a piantarle in cima a picche lungo le sue
coste, macabri simulacri di avvertimento per altri possibili conquistatori. (Per il resto del
suo sanguinario regno, re Theon Stark conquistò l’arcipelago delle Tre Sorelle, sbarcando
poi un esercito sui promontori delle Dita, per quanto dette conquiste non furono
durature. Inoltre, combatté gli uomini di ferro all’Ovest espellendoli da Capo della
Piovra e dall’Isola dell’Orso, soffocò una rivolta nei Rills e andò di rinforzo ai Guardiani
della notte per un’incursione a nord della Barriera, che schiantò le forze dei bruti per
un’intera generazione a venire.)
Addirittura prima della venuta degli andali, la Tana del Lupo era stata eretta da re Jon
Stark a difesa della foce del Coltello Bianco contro predoni e schiavisti provenienti dal
Mare Stretto (taluni studiosi suggeriscono che siano questi in realtà i primi assalti degli
andali, mentre altri argomentano essersi trattato di avanguardie di uomini provenienti da
Ib, o addirittura di schiavisti provenienti da Valyria e Volantis).
Tenuta per secoli da una successione di diverse casate (inclusi i Greystark, ramo della
stessa Casa Stark, e inoltre i Flint, gli Slate, i Long, gli Holt, i Locke e gli Ashwood),
quell’antica fortezza sarebbe diventata il fulcro di una quantità di conflitti.
Nel corso delle guerre tra Grande Inverno e i re andali della Montagna e della Valle,
Osgood Arryn, il Vecchio Falco, pose la Tana del Lupo sotto assedio. Il di lui figlio, re
Oswin l’Artiglio, la prese e la diede alle fiamme. In seguito la fortezza finì sotto attacco
da parte dei lord pirati delle Tre Sorelle e degli schiavisti delle Stepstones. Fu solo alcune
migliaia di anni prima della Conquista – quando i Manderly, in fuga dall’Altipiano,
arrivarono nel Nord e prestarono giuramento di fedeltà agli Stark proprio alla Tana del
Lupo – che il problema della difesa del Coltello Bianco, il fiume che costituisce l’accesso
al cuore profondo del Nord, venne finalmente risolto.
Anche la costa occidentale del Nord veniva spesso assaltata da predoni, per cui il Lupo
Famelico fu costretto a combattere molte delle sue guerre quando le navi lunghe da
Grande Wyk, Vecchia Wyk, Pyke e Orkmont calarono sull’Ovest del suo regno levando i
vessilli di Harrag Hoare, re delle Isole di Ferro. Per un certo tempo, la Costa Pietrosa
giurò fedeltà a Harrag e ai suoi uomini di ferro. Era anche il tempo in cui ampie zone
della Foresta del Lupo non erano altro che ceneri e l’Isola dell’Orso era divenuta una
piazzaforte dominata da Ravos lo Stupratore, infame figlio di Harrag. Dalla costa
occidentale venivano lanciate altre razzie. Fu Theon Stark in persona a uccidere Ravos,
espellendo gli uomini di ferro dalle coste del Nord. Questi, però, tornarono all’attacco
sotto il comando di Erich l’Aquila, nipote di Harrag, e di Loron Greyjoy, la Vecchia Piovra,
che conquistò di nuovo l’Isola dell’Orso e Capo della Piovra (alla morte della Vecchia
Piovra, re Rodrik Stark tornò a prendere possesso dell’Isola dell’Orso. In seguito i suoi
figli e i suoi nipoti avrebbero combattuto per riconquistare anche Capo della Piovra, e le
guerre tra il Nord e gli uomini di ferro sarebbero proseguite, sia pure non con esiti
decisivi).
Fino all’epoca in cui Approdo del Re si sviluppò sulle rive delle Acque Nere, la città più consistente dei Sette Regni
rimase Porto Bianco. Essa venne eretta in virtù della ricchezza che i Manderly – dopo essere stati esiliati da lord
Lorimar Peake nel nome di re Perceon III Gardener, il quale temeva il loro crescente potere – avevano portato con
loro dall’Altopiano. È questa la ragione per la quale Porto Bianco assomiglia di più ai magnifici castelli e ai torrioni
dell’Altopiano che non alle dure fortezze del Nord. Si dice che la Nuova Fortezza sia stata costruita riproducendo il
Castello di Dunstonbury, perduto dai Manderly a causa del loro esilio.
I clan delle montagne
I clan delle montagne del Nord sono oltremodo rinomati per il loro rispetto verso le leggi
dell’ospitalità, e i lord minori che dominano questi clan spesso competono gli uni con gli
altri allo scopo di emergere come gli ospiti più munifici. Detti clan – situati
primariamente nelle regioni montagnose oltre la Foresta del Lupo, nelle alte valli e negli
alti pascoli lungo la Baia di Ghiaccio e sulle rive di taluni fiumi del Nord – devono fedeltà
agli Stark. Per contro, le loro dispute interne hanno spesso creato difficoltà ai lord di
Grande Inverno e, prima di loro, ai re dell’Inverno, costringendoli o a inviare contingenti
nelle montagne allo scopo di sedare quegli spargimenti di sangue (eventi ricordati in
canzoni quali Pini neri e Lupi sulle colline), o a convocare i capiclan a Grande Inverno allo
scopo di negoziare.
Il più possente dei clan del Nord è quello dei wull, genìa di pescatori dimorata lungo
le coste della Baia di Ghiaccio. L’odio che essi nutrono verso i bruti è equiparabile solo
all’odio che provano nei confronti degli uomini di ferro, i quali lanciavano frequenti
incursioni sulle sponde della baia, bruciando i loro villaggi, depredando i loro raccolti,
portandosi via le loro mogli e le loro figlie per ridurle in schiavitù o per farne delle mogli
di sale. Vasti tratti della Costa Pietrosa, dell’Isola dell’Orso, della Punta del Drago
Marino e di Capo della Piovra, quelli più prossimi alle Isole di Ferro, hanno cambiato di
mano talmente tante volte da indurre i maestri della Cittadella a ritenere che la
discendenza delle loro popolazioni sia più vicina agli uomini di ferro che non agli uomini
del Nord.
Secondo le storiografie del Nord, Rodrik Stark sarebbe riuscito a strappare l’Isola dell’Orso agli uomini di ferro
vincendo un incontro di lotta. Forse, in siffatto resoconto, c’è del vero. Non era infatti infrequente che i re delle Isole di
Ferro si spingessero a dare prova della loro possanza e forza così da mantenere il diritto di portare la Corona di
Legno di mare. Studiosi più rigorosi mettono però in dubbio la ricostruzione della lotta dalla quale Rodrik uscì
vincitore, suggerendo che, se lotta c’è stata, questa abbia avuto luogo con le spade.
Gli uomini di pietra di Skagos
Un guerriero di Skagos.
A dispetto di secoli di faide, per tradizione i clan delle montagne sono rimasti fedeli
agli Stark, questo sia in pace sia in guerra. Lo stesso non può per contro essere detto a
proposito dei selvaggi abitatori di Skagos, l’isola montagnosa a est della Baia delle Foche.
A essi gli uomini del Nord guardano con ben scarso rispetto, considerandoli alla
stregua dei bruti e appellandoli spregiativamente skagg. Gli skagg chiamano se stessi
«uomini di pietra», riferendosi al fatto che, nell’antica lingua, la parola «skagos» significa
per l’appunto «pietra». Individui enormi, pelosi e dall’odore fetido (taluni maestri
ritengono che negli skagg sussista una forte mescolanza di sangue ibbenese, altri
suggeriscono che possano discendere dai giganti), avvolti da velli, pellicce e pelli non
trattate, forse in grado di cavalcare unicorni, gli skagg sono ammantati di una sinistra
nomea. C’è chi sostiene che spesso compiano sacrifici umani ai loro alberi-diga, che
costringano vascelli di passaggio a naufragare servendosi di luci ingannevoli e che,
durante l’inverno, si nutrano di carne umana.
È pressoché certo che un tempo fossero in effetti dediti al cannibalismo. Per contro, se
siffatta pratica rimanga in uso anche ai giorni nostri è materia di acceso dibattito.
L’Ultimo confine del mondo, raccolta di storie e di leggende compilata da maestro Balder,
che fu al fianco del comandante del Forte Orientale, caposaldo est della Barriera, durante
i sessant’anni di dominio di Osric Stark quale lord comandante dei Guardiani della notte,
rimane la nostra fonte primaria riguardo a quanto sappiamo degli skagg, incluso il
Banchetto di Skane. Si narra che una flotta da guerra skagg sia calata su un’isola minore
chiamata Skane e che gli skagg abbiano poi stuprato e rapito le donne di Skane,
massacrando i loro uomini e cibandosi delle loro carni in un orrido banchetto durato ben
due settimane. Che ciò risponda a verità o meno, l’isola di Skane rimane a tutt’oggi
disabitata, per quanto pietre squadrate e resti di fondamenta ormai sommersi dalla
vegetazione siano comunque testimonianza che quelle colline sferzate dal vento e quelle
spiagge pietrose un tempo fossero abitate.
Per quanto avvistati di rado lontano dalla loro isola, un tempo gli uomini di pietra di
Skagos solevano attraversare la Baia delle Foche per commerciare o, più di frequente, per
depredare. Razzie che continuarono fino a quando re Brandon Stark, nono del suo nome,
spezzò il loro potere una volta per tutte, distruggendone le navi e proibendo loro di
andare per mare. Per la maggior parte della storiografia conosciuta, gli skagg sono quindi
rimasti un popolo isolato, arretrato, selvaggio, capace sia di assassinare chi si avventura
sulla loro isola sia di commerciare con loro. Quando e qualora ciò si verifica, in cambio
delle merci che desiderano, gli skagg offrono pellicce, lame e punte di freccia fatte
d’ossidiana e... corni di unicorno.
Taluni skagg hanno anche servito nei Guardiani della notte. Oltre mille anni addietro,
un nano (appartenente a un clan che a Skagos equivale alla nobiltà) fu addirittura lord
comandante per un certo periodo. Inoltre, gli Annali del Centauro Nero menzionano un
certo Stane (appartenente a una diversa famiglia skagg), che raggiunse la carica di primo
ranger, morendo però poco tempo dopo.
Skagos è stata spesso fonte di problemi per gli Stark, e questo sia in qualità di re
quando cercarono di conquistarla, sia in qualità di lord, quando combatterono per
assicurarsene la fedeltà. Addirittura, nel recente passato del regno di re Daeron II
Targaryen, l’isola arrivò a insorgere contro il lord di Grande Inverno. La ribellione si
protrasse per anni, causando la perdita di migliaia di vite, inclusa quella di Barthogan
Stark, lord di Grande Inverno (chiamato Barth Spadanera), prima di essere finalmente
soffocata.
Gli «unicorni» di Skagos sono stati a lungo sbeffeggiati come fola dai maestri della Cittadella. Quanto agli occasionali
corni di unicorno offerti da mercanti di dubbia reputazione, questi si sono poi rivelati null’altro che rostri appartenenti a
una precisa specie di cetacei cacciata dai balenieri di Ib. Cionondimeno, corni di una tipologia quanto mai diversa –
provenienti, si ipotizza, da Skagos – sono stati notati, sia pure di rado, dai maestri del Forte Orientale. Inoltre, si dice
che quei capitani di mare, temerari al punto da commerciare con Skagos, abbiano avuto la fugace visione dei lord
degli uomini di pietra a dorso di gigantesche, irsute bestie dotate di corna, mostruosi animali dal passo talmente
pesante da essere in grado di scalare le pendici delle montagne. Per lungo tempo un esemplare di siffatte creature –
o quantomeno uno scheletro – è stato cercato allo scopo di sottoporlo ad attento studio, ma nulla di ciò è mai stato
portato a Vecchia Città.
I Crannogmen dell’Incollatura
Un crannogman dell’Incollatura.
Ultimo (taluni direbbero infimo) popolo del Nord è quello degli abitanti delle paludi
dell’Incollatura, noti come crannogmen o uomini delle palafitte per le isole galleggianti
sulle quali erigono i loro villaggi e le loro capanne. Popolo di corporatura piccola e snella
(alcuni sostengono che la loro bassa statura derivi dall’essersi uniti in matrimonio con i
figli della foresta, mentre è quasi certo che essa sia causata dalla loro inadeguata
alimentazione, in quanto le granaglie non germogliano negli acquitrini, nelle paludi e
nelle brughiere salmastre dell’Incollatura, ragione per cui i crannogmen sono costretti a
nutrirsi quasi esclusivamente di pesci, rane e lucertole), ama tenersi molto appartato e
restare inaccessibile.
A sud dell’Incollatura, le genti dei Fiumi, le cui terre confinano con quelle dei
crannogmen, sostengono che essi sono in grado di respirare sott’acqua, che hanno mani e
piedi palmati come le zampe delle rane e che intingono nel veleno le loro lance da rane e
le loro punte di freccia. In effetti, quest’ultima parte risponde a verità. Sono molti i
mercanti che hanno portato alla Cittadella erbe e piante dalle bizzarre caratteristiche,
cosicché i maestri hanno potuto studiare siffatti esemplari e comprendere le loro
proprietà e il loro valore. Quanto al resto, non c’è nulla di vero: i crannogmen sono
uomini, per quanto di statura più bassa, a dispetto del fatto di vivere in un modo
pressoché unico nei Sette Regni.
Tanto tempo fa, sostengono le storiografie, i crannogmen erano dominati dai Re delle
Paludi. I cantastorie ci parlano di questi sovrani intenti a cavalcare lucertole-leone usando
grandi lance da rane come picche, ma tutto ciò è chiaramente frutto di fantasia. Siffatti
Re delle Paludi erano dei veri e propri re così come noi li intendiamo? L’arcimaestro
Eyron scrive che i crannogmen consideravano i loro re come primi tra eguali, e che erano
spesso in contatto con gli antichi dèi. Fatto questo comprovato, si dice, dal colore strano
degli occhi, e dalla capacità di comunicare con gli animali, cosa che, si racconta
parimenti, anche i figli della foresta possedevano. Quale sia la verità, l’ultimo uomo a
definire se stesso Re delle Paludi venne ucciso da lord Rickard Stark (nel Nord chiamato
a volte Lupo Sorridente per la sua buona indole), il quale poi prese la di lui figlia come
moglie, acciocché i crannogmen fecero alla fine atto di sottomissione, accettando il
dominio di Grande Inverno. Nei secoli ormai trascorsi da detti eventi, i crannogmen sono
rimasti solidi alleati degli Stark, sotto la guida dei Reed della Torre delle Acque Grigie.
I Lord di Grande Inverno
Che sia il lettore a stabilire se quanto segue sia stato reso addirittura più pernicioso dagli sforzi compiuti dalla regina
Rhaenys di rafforzare il nuovo, unico reame tramite matrimoni dinastici fra le grandi casate. È ben noto come la figlia
di Thorren Stark sia stata promessa in sposa al giovane, sfortunato lord della Valle, e questo fu solamente uno dei
molti matrimoni forgiati da Rhaenys a scopo di pacificazione. Eppure, lettere conservate alla Cittadella suggeriscono
che gli Stark abbiano accettato quei compromessi solo dopo forti proteste, con i fratelli della sposa che si rifiutarono
di presenziare alle nozze.
Dopo la Conquista e la successiva unificazione dei Sette Regni, anziché re gli Stark
sono diventati Protettori del Nord, giurando fedeltà al Trono di Spade, ma rimanendo
cionondimeno signori incontrastati, tranne che per il titolo, nell’ambito dei loro dominii.
Anche se Thorren Stark, il Re-in-ginocchio, prese la decisione di abbandonare la corona
dei re dell’Inverno, i suoi figli furono meno soddisfatti di ritrovarsi sotto il vessillo dei
Targaryen. Ad alcuni di loro si attribuiscono propositi di ribellione, volti a innalzare di
nuovo il vessillo del meta-lupo, che a lord Thorren questo piacesse o meno.
In un tempo ancora successivo, si dice che gli Stark covassero una forte animosità nei
confronti del Vecchio Re e della regina Alysanne per averli costretti a rinunciare al Nuovo
Dono e a cederlo ai Guardiani della notte. Potrebbe essere questa la ragione per cui lord
Ellard Stark, nel concilio allargato del 101 DC, si schierò dalla parte di Corlys Velarion e
della principessa Rhaenys.
In precedenza, abbiamo disquisito del ruolo avuto dalla Casa Stark durante la Danza
dei Draghi. Si aggiunga quindi che lord Cregan Stark ottenne svariate ricompense per il
suo leale sostegno a re Aegon III... anche se nessuna principessa reale andò in sposa nel
Nord, così come era stato concordato tramite il Patto del Ghiaccio e del Fuoco quando il
morituro principe Jaehaerys Velaryon raggiunse Grande Inverno cavalcando il proprio
drago.
Conclusa la Danza dei Draghi, gli Stark si mostrarono alleati dei Targaryen più
manifestamente di quanto non fosse stato in precedenza. In effetti, Rickon Stark – figlio,
nonché erede, di lord Cregan – si schierò sotto i vessilli Targaryen quando il Giovane
Drago andò alla conquista di Dorne. Valorosamente combatté Rickon Stark, le sue
imprese talune volte riferite dallo stesso re Daeron nel suo libro La Conquista di Dorne. La
morte di Rickon in una delle ultime battaglie in prossimità di Lancia del Sole fu
compianta nel Nord per molti anni, questo a causa dei problemi che assillarono i regni
dei suoi fratellastri.
Per quanto in quei giorni fosse opinione diffusa che lord Ellard Stark fosse lieto di sostenere i Guardiani della notte
attraverso il Nuovo Dono, facendosi quindi convincere a cederlo senza troppo sforzo, la verità è ben diversa. Lettere
inviate alla Cittadella dal fratello di lord Stark – nelle quali egli chiede ai maestri di fornire precedenti documentali
relativi alla donazione forzata di proprietà – sono la riprova di come gli Stark non fossero affatto propensi a fare ciò
che re Jaehaerys chiedeva. È possibile che gli Stark temessero che, una volta sotto il controllo del Castello Nero, il
Nuovo Dono entrasse in una fase di declino. Questo in quanto da sempre la confraternita in nero guarda verso nord,
senza mai preoccuparsi troppo dei suoi nuovi vicini a sud. In realtà, ciò non avvenne, e ora si ritiene che il Nuovo
Dono sia una terra largamente spopolata a causa del declino della confraternita stessa e della crescente pressione
dei predoni a nord della Barriera.
Nelle decadi che seguirono, il Nord vide gli Stark affrontare la rivolta di Skagos, una
nuova ondata di razzie da parte degli uomini di ferro comandati da Dagon Greyjoy e, nel
226 DC, addirittura un’invasione dei bruti guidati da Raymun Barbarossa, il Re oltre la
Barriera dell’epoca. In ognuno di questi conflitti, degli Stark caddero. Cionondimeno, la
casata continuò con le proprie fortune sostanzialmente immutate, quasi certamente
grazie alla rigida determinazione dei lord di Grande Inverno a non farsi coinvolgere negli
intrighi della corte del Sud. Quando, dopo il rapimento di Lyanna perpetrato da Rhaegar
Targaryen, la discendenza Stark venne quasi annientata da parte di re Aerys il Folle,
taluni uomini in estrema malafede gettarono il biasimo sul defunto lord Rickard, le cui
alleanze di sangue e di amicizia legarono le grandi casate le une alle altre e assicurarono
che esse agissero di concerto per reagire ai crimini del Re Folle.
Grande Inverno
Il più immane dei castelli del Nord è Grande Inverno, sede della Casa Stark fin dal
Tempo dell’Alba. Secondo la leggenda, Brandon il Costruttore eresse Grande Inverno
dopo un inverno durato un’intera generazione e conosciuto come Lunga Notte, in modo
che potesse diventare la fortezza dei suoi discendenti, i re dell’Inverno. Il personaggio di
Brandon il Costruttore è riconducibile inoltre ad altre grandi strutture (Capo Tempesta e
la Barriera, per menzionare solo le due più preminenti), su un arco di tempo che copre
numerose vite. È pertanto possibile che i vari resoconti abbiano tramutato un qualche
antico re, o addirittura parecchi re della Casa Stark (sono esistiti molti Brandon nel lungo
dominio di questa dinastia), in qualcosa di più leggendario.
Una particolare caratteristica del castello è che gli Stark, nel collocare le fondamenta
delle mura e della fortezza, non livellarono il terreno. È altamente verosimile che questa
peculiarità riveli come il castello sia stato eretto in epoche diverse, piuttosto che
seguendo un piano preordinato fin dall’inizio volto a realizzare un’unica struttura. Taluni
studiosi ipotizzano che, nel passato, Grande Inverno fosse un complesso di diversi
fortilizi connessi fra loro, nonostante, a dispetto di siffatta ipotesi, lo scorrere dei secoli
abbia cancellato pressoché ogni traccia.
Si stima che le mura interne, un tempo uniche mura difensive, risalgano a duemila
anni fa, e alcune sezioni probabilmente addirittura più antiche. In epoche successive,
attorno a esse fu scavato un fossato, oltre il quale venne poi eretta una seconda cinta di
mura, dotando così il castello di un formidabile sistema difensivo. Le mura interne
svettano fino a un’altezza di cento piedi, quelle esterne fino a ottanta: un aggressore che
riuscisse a superare le mura esterne si ritroverebbe comunque ad affrontare uomini a
difesa delle mura interne, pronti a scagliare lance e frecce e pietre.
Le mura esterne di Grande Inverno furono erette durante i due secoli del regno di re Edrick Barba-di-neve. Per
quanto Edrick sia rimasto celebre per tutta la durata del suo regno, quasi un secolo, il suo dominio divenne sempre
più instabile a causa della sua demenza senile. Rendendosi conto di ciò, svariate fazioni cercarono di prendere il
controllo del suo traballante reame. Le minacce più consistenti vennero dai suoi stessi, fin troppo variegati,
discendenti. Ma anche altri vollero tentare la sorte; tra questi, uomini di ferro, schiavisti venuti da oltre il Mare Stretto,
bruti e rivali nel Nord quali i Bolton.
Possiamo considerare come menzognera l’affermazione di Fungo nella sua Testimonianza secondo cui il drago
Vermax, mentre il suo cavaliere negoziava con Cregan Stark agli inizi della Danza dei Draghi, avrebbe deposto
alcune uova nelle profondità delle cripte di Grande Inverno, dove le acque delle sorgenti calde scorrono in prossimità
delle mura. Come l’arcimaestro Gyldayn rileva nella sua purtroppo frammentaria storiografia, non c’è nessuna
notazione che attesti che Vermax abbia mai deposto sia pure un solo uovo, ciò a implicare che il drago in questione
fosse maschio. Erronea infatti, stando a Verità di maestro Anson, è la credenza secondo cui i draghi potessero
mutare sesso a seconda delle circostanze, credenza ingenerata da una parimenti erronea interpretazione della
metafora esoterica preferita da maestro Barth nelle sue disquisizioni circa gli alti misteri.
È comprovato che le sorgenti calde come quelle situate sotto Grande Inverno siano alimentate da immani fornaci
poste nel ventre del mondo: lo stesso genere di fornaci che alimentavano le Quattordici Fiamme della Libera
Fortezza di Valyria e le montagne fumanti della Roccia del Drago. Cionondimeno, è noto come sia il volgo di Grande
Inverno sia il popolino che si raduna nella Città dell’Inverno sostengano che le sorgenti siano in realtà riscaldate dal
respiro di un drago dormiente nel sottosuolo del castello. Credenza questa addirittura più insensata di quella di
Fungo, alla quale è opportuno non concedere considerazione alcuna.
La Barriera e Oltre
Secondo le leggende, la Barriera fu eretta con l’aiuto dei giganti i quali, con la loro enorme forza fisica, posizionarono
dei blocchi di ghiaccio issandoli. Può sussistere una parte di verità in ciò, per quanto, nei resoconti, i giganti siano
descritti molto più grandi e poderosi di quanto non fossero nella realtà. Le medesime leggende dicono anche che i
figli della foresta – che d’altronde non costruivano muri, né di pietra né di ghiaccio – contribuirono all’edificazione
della Barriera usando le loro arti magiche. Ma le leggende, come sempre, sono di dubbia attendibilità.
Alla Cittadella, la maggioranza degli arcimaestri rifiuta di dare credito a siffatte storie,
spingendosi comunque a ipotizzare che, agli inizi della confraternita, possa essere in
effetti esistito un lord comandante che avrebbe cercato di creare un suo regno. Taluni
suggeriscono che la regina-cadavere fosse una donna della Terra delle Tombe, figlia di un
Re dei Tumuli, il quale, a quell’epoca, era un personaggio di potere, proveniente, detto
potere, dai tumuli, o anche tombe. Diverse sono le dicerie riguardo alle origini del Re
della Notte: un Bolton, un Woodfoot, un Umber, un Flint, un Norrey o addirittura uno
Stark, a seconda della zona nella quale la leggenda è narrata. Come ogni leggenda,
assume gli aspetti che la rendono più accattivante da parte di colui il quale la narra.
I Guardiani della notte, che a ragione possono essere definiti il primo ordine militare
dei Sette Regni (in quanto il suo primario dovere è difendere la Barriera e tutti i membri
della confraternita sono addestrati alle armi al suddetto scopo), suddividono i propri
confratelli giurati in tre gruppi:
1) gli attendenti: forniscono alla confraternita cibo, abiti e tutto ciò che è loro
necessario per combattere;
2) i costruttori: si occupano della Barriera e dei suoi castelli;
3) i ranger: si avventurano nelle terre selvagge oltre la Barriera per combattere i bruti.
Al comando sono ufficiali veterani della confraternita, mentre l’autorità suprema è del
lord comandante, cui spetta il dovere di nominare questi uomini, dopo essere stato
eletto: sono i membri stessi della confraternita, nessuno escluso – da chi un tempo era un
cacciatore di frodo incapace di comprendere le parole scritte fino al nobile erede di una
grande casata –, che con il loro voto decidono chi dovrà essere a guidarli. L’uomo che
ottiene la maggioranza dei voti guiderà la confraternita fino alla propria morte. Si tratta
di una valida e durevole tradizione; i tentativi di sovvertirla (circa cinquecento anni fa, il
lord comandante Runcel Hightower cercò di passare il comando al figlio bastardo) non
sono mai stati duraturi.
Tristemente, la più significativa verità riguardo alla confraternita dei nostri giorni è il
suo declino. Un tempo, essa poteva avere avuto anche un grande scopo. Ma se davvero gli
Estranei sono esistiti, è da migliaia di anni che non si mostrano, non rappresentando
quindi più minaccia alcuna. Oggidì, per i Guardiani della notte il pericolo è costituito dai
bruti a settentrione della Barriera. In materia, è solo da quando esistono re oltre la
Barriera che i bruti sono diventati una effettiva minaccia per il reame degli uomini.
Le enormi spese per il mantenimento della Barriera e degli uomini che la sorvegliano
sono diventate progressivamente insostenibili. Tuttora, dei diciannove castelli dei
Guardiani della notte, solamente tre – il Castello Nero, la Torre delle Ombre e il Forte
Orientale – sono presidiati. Numericamente, gli uomini della confraternita stessa si sono
ridotti a un decimo rispetto a quanti erano al tempo dello sbarco di Aegon e delle sue
sorelle. Eppure, perfino così ridotta, la confraternita in nero rimane un fardello.
Taluni argomentano che la Barriera è ancora un ottimo strumento per ripulire il reame
da assassini, stupratori, bracconieri e risme consimili. Per contro, altri mettono in dubbio
che davvero sia saggio dotare siffatti individui di armi e addestrarli all’arte della guerra.
Le incursioni da parte dei bruti possono essere considerate più una seccatura che non
una reale minaccia. Molti uomini saggi suggeriscono che il modo migliore di affrontare i
bruti sia quello di consentire ai lord del Nord di ampliare i propri dominii oltre la
Barriera, in modo tale da essere loro stessi a respingere i bruti.
È solamente il grande onore che gli uomini del Nord rendono ai Guardiani della notte
a fare sì che la confraternita sia tuttora in essere. In tal senso, larga parte delle vettovaglie
che impediscono alla Torre delle Ombre, al Castello Nero e al Forte Orientale di morire
di fame provengono non tanto dalle aree rurali del Dono quanto piuttosto dai lord del
Nord, sotto forma di donazioni annuali, consegnate alla Barriera quale prova del loro
sostegno.
ABBANDONATI
Ponte del Forte Occidentale; Bastione Sentinella; Guardia Grigia; Porta di Pietra; Collina Innevata; Segno di Ghiaccio;
Forte della Notte; Lago Profondo; Porta della Regina (un tempo chiamato Porta della Neve, prima di essere
ribattezzato in onore della regina Alysanne la Buona); Scudo di Quercia; Forte del Bosco Lacustre; Radura degli
Zibellini; Porta della Brina; Lungo Tumulo; Le Torce; Guardia Verde
I Bruti
Nelle terre oltre la Barriera vivono variegate genti – tutte originate dai primi uomini –
che noi del più civilizzato sud chiamiamo «bruti».
Questo non è il termine da loro usato. Il più vasto, il più numeroso dei molti popoli
oltre la Barriera chiama se stesso «popolo libero», ritenendo che le proprie usanze
selvagge consentano loro maggiori libertà che non ai sottomessi nel Sud. Ed è vero che
essi vivono senza né lord né re, e che non s’inchinano di fronte a nessun uomo, a nessun
sacerdote, ciò a dispetto delle origini, discendenze o gerarchie di questi ultimi.
Per contro, la loro esistenza è aspra, tutt’altro che affrancata da inedia, dai rigori del
gelo, da guerre barbariche e dall’aggressione dei loro stessi simili. L’assenza di leggi a
nord della Barriera non è nulla d’invidiabile, come molti uomini che hanno incontrato i
bruti possono confermare. (E così si attesta in numerose opere incentrate su resoconti
dei ranger dei Guardiani della notte.) I bruti vanno orgogliosi della loro paupertà, delle
loro asce di pietra, dei loro scudi di legno intrecciato e delle loro pelli infestate da pulci: è
questo solo uno degli aspetti della loro netta separazione rispetto alle genti dei Sette
Regni.
Le innumerevoli tribù e clan del popolo libero continuano a adorare gli antichi dèi dei
primi uomini e dei figli della foresta, gli dèi degli alberi-diga (secondo taluni resoconti
alcuni di loro adorano altre divinità: dèi oscuri nelle profondità sotterranee degli Artigli
del Gelo, dèi di neve e di ghiaccio sulla Costa Congelata o addirittura dèi granchio a Capo
Storrold, ma siffatti resoconti non sono mai stati verificati in modo attendibile).
Ranger dei Guardiani della notte parlano di genti addirittura più bizzarre, che abitano
le regioni più remote oltre la Barriera: guerrieri ricoperti di bronzo di una valle nascosta
nell’estremo Nord e piedi di corno che camminano a piedi nudi perfino nella neve e sul
ghiaccio. Noi sappiamo delle genti selvagge della Costa Congelata, le quali vivono in
capanne fatte di ghiaccio e si spostano su slitte trainate da mastini. Esiste quantomeno
una mezza dozzina di tribù le cui dimore sono caverne e, lungo il corso superiore dei
fiumi congelati oltre la Barriera, persistono voci sull’esistenza di cannibali. Al tempo
stesso, ben pochi ranger si sono inoltrati per più di una cinquantina di leghe nella
Foresta Stregata, per cui è sicuramente fuor di dubbio che esistano molte più specie di
bruti di quante loro stessi possano immaginare.
La minaccia che i selvaggi bruti rappresentano per il reame rimane comunque cosa di
poco conto, tranne quando, una sola volta su un lunghissimo periodo di tempo, essi si
riuniscono sotto la guida di un Re oltre la Barriera. Per quanto siano molti i predoni e i
grandi guerrieri ad avere aspirato a quel titolo, ben pochi lo hanno conquistato. Nessuno,
comunque, fra i bruti che sono riusciti a elevarsi a tal punto da diventare Re oltre la
Barriera è stato in grado di dare vita a un vero e proprio regno, né di occuparsi della sua
gente. Siffatti uomini sono signori della guerra, non monarchi, e per quanto molto diversi
l’uno dall’altro, tutti alla fine hanno guidato i bruti contro la Barriera, nella speranza di
superarla, per procedere poi alla conquista dei Sette Regni a sud di essa.
I predoni bruti assaltano il reame primariamente per ottenere oggetti di ferro e d’acciaio, questo in quanto privi
dell’abilità di lavorare il metallo ferroso. Molti predoni sono armati con armi di legno e pietra, in taluni casi perfino di
corno. Alcuni portano asce e pugnali di bronzo, e perfino queste lame sono considerate di valore. I loro celebri
condottieri sono spesso armati di acciaio, a volte sottratto ai ranger dei Guardiani della notte che hanno ucciso.
Un tempo, Aspra Dimora era l’unico insediamento oltre la Barriera che si avvicinasse a una città, ben protetta da
Capo Storrold e con un porto dai fondali profondi. Seicento anni fa però Aspra Dimora fu bruciata e la sua
popolazione annientata; gli stessi Guardiani della notte non sono in grado di dire con certezza che cosa sia
accaduto. Taluni sostengono che ad attaccarla siano stati dei cannibali provenienti da Skagos, altri che i responsabili
del disastro siano invece schiavisti venuti da oltre il Mare Stretto. La più inquietante di tutte le storie – fonte, una nave
dei Guardiani della notte mandata a investigare – menziona urla spaventose provenienti dalle pareti rocciose che
incombono al di sopra di Aspra Dimora, sulle quali però nessun essere vivente, uomo o donna, fu mai trovato. Una
straordinaria descrizione si trova in Aspra Dimora: un Resoconto di tre anni trascorsi oltre la Barriera tra selvaggi,
predoni e streghe dei boschi di maestro Wyllis. Egli raggiunse Aspra Dimora a bordo di un vascello mercantile della
città libera di Pentos. Una volta a destinazione, vi si stabilì come guaritore e consigliere, così da poter scrivere degli
usi e costumi degli abitanti. Gli fu concessa protezione da parte di Gorm il Lupo, un capo tribale che condivideva il
comando di Aspra Dimora con altri due. Quando però Gorm fu assassinato durante una rissa tra ubriachi, Wyllis si
ritrovò in mortale pericolo, riuscendo comunque a tornare a Vecchia Città. Colà egli vergò il suo tomo... ma solo per
svanire nel nulla una volta che questo fu compiuto. Nella Cittadella, si dice che sia stato visto per l’ultima volta sui
moli, alla ricerca di un vascello che lo portasse al Forte Orientale della Barriera.
Stando alla leggenda, il primo dei Re oltre la Barriera fu Joramun, il quale sosteneva di
possedere un corno in grado di «risvegliare i giganti dalla terra» e quindi di abbattere la
Barriera stessa. (Il solo fatto che la Barriera, a tutt’oggi, continui a esistere è il più chiaro
commento all’affermazione di Joramun, estendibile forse all’esistenza stessa di detta
affermazione.)
Tremila anni fa, i fratelli Gendel e Gorne divennero congiuntamente Re oltre la
Barriera. Alla guida del loro esercito, avanzarono in un labirinto sotterraneo di caverne,
passando al di sotto della Barriera senza essere visti e attaccando così il Nord. In
battaglia, Gorne uccise il re Stark dell’epoca, per poi essere ucciso a sua volta dall’erede
dello stesso re. Gendel e il resto dell’esercito dei bruti cercarono nuovamente rifugio
nelle caverne dalle quali erano venuti. Nessuno li ha mai più visti.
Tra i bruti si racconta che Gendel e la sua gente in quelle caverne smarrirono la via, rimanendo così intrappolati nel
mondo sotterraneo, nel quale a tutt’oggi continuano a vagare. Nelle storiografie dei ranger invece si riporta che anche
Gendel venne ucciso e che solamente un pugno dei suoi seguaci sopravvisse, fuggendo poi nel sottosuolo.
Mille anni (o forse duemila) più tardi, il Lord Cornuto ne seguì l’esempio. Quale sia
stato il suo nome, esso è andato perduto nella storia, ma si dice che si sia servito della
stregoneria per varcare la Barriera. Dopo di lui, secoli più tardi, fu la volta di Bael il
Bardo, i cui canti continuano perfino oggidì a echeggiare oltre la Barriera... mentre
permangono dubbi se egli sia effettivamente esistito. Secondo i bruti, Bael è esistito, da
cui le molte ballate da lui composte. Per contro, nelle antiche storiografie di Grande
Inverno non se ne fa menzione alcuna. Se ciò sia dovuto alle sconfitte e alle umiliazioni
che egli avrebbe inflitto agli Stark (non ultima, dando credito a un resoconto quanto mai
discutibile, l’avere deflorato, e anche ingravidato, una fanciulla Stark), oppure al fatto che
realmente non è mai esistito, non possiamo dire per certo.
L’ultimo Re oltre la Barriera a varcare la Barriera stessa è stato Raymun Barbarossa, il
quale riuscì a unificare i bruti nel 212, o forse 213 DC. Solo però nel 226 DC Raymun e i
bruti superarono la muraglia di ghiaccio scalandone le rischiose pendici e dilagando poi
sul lato opposto.
Stando a tutti i resoconti, l’esercito di Raymun contava migliaia di uomini, i quali si
aprirono la strada combattendo in direzione sud fino a Lago Lungo. Colà, lord Willam
Stark e lord Harmond della Casa Umber, il Gigante Ubriaco, guidarono i loro eserciti
contro di loro. Con due eserciti a circondarlo e con il lago alle spalle, Barbarossa
combatté e cadde, ma non prima di avere ucciso lord Willam.
Quando i Guardiani della notte finalmente apparvero, guidati dal lord comandante
Jack Musgood (chiamato Jack l’Allegro prima dell’invasione, Jack l’Addormentato dopo
di essa e quindi per sempre), la battaglia era conclusa. Un furibondo Artos Stark (fratello
del defunto lord Willam, considerato il più temibile guerriero di quell’epoca) affidò ai
confratelli in nero il compito di seppellire i caduti. Un dovere che, almeno questo, essi
eseguirono con ammirevole zelo.
L’importanza del Tridente per quella regione non è mai apparsa tanto evidente quanto nella guerra combattuta nelle
Terre dei Fiumi tra re Harwyn Hoare, nonno del famigerato Harren il Nero, e Arrec, re della Tempesta. I predoni
appartenenti agli uomini di ferro erano stati in grado d’instaurare il loro dominio sui fiumi, usandoli come rapide vie di
spostamento delle loro forze belliche fino ai più lontani masti e campi di battaglia. Fu al guado della Forca Verde
presso Fairmarket che il re della Tempesta subì la sua più disastrosa sconfitta, quando le navi lunghe si rivelarono
cruciali nel condurre gli uomini di ferro a prendere possesso del guado a dispetto della superiorità numerica di Arrec.
Tre sono appunto le diramazioni del Tridente che conferiscono alle Terre dei Fiumi il
loro nome: la Forca Rossa, le sue acque rese tali dal fango e dal limo portato a valle dalle
montagne a occidente, la Forca Verde, la cui corrente pervasa dal muschio emerge dalle
paludi dell’Incollatura, la Forca Blu, così denominata per la sua scintillante purezza,
nutrita da innumerevoli sorgenti. I loro ampi corsi sono le strade lungo le quali le merci
percorrono le Terre dei Fiumi, né è insolito osservare convogli d’imbarcazioni spinte da
pali, i quali si estendono per un intero miglio di lunghezza o addirittura di più. Per
quanto possa apparire strano, nelle Terre dei Fiumi non è mai esistita alcuna città
(sebbene grossi villaggi con mercato siano diffusi). Ciò è quasi certamente causato dalla
storia turbolenta della regione e dalla tendenza dei re del passato a opporsi a qualsiasi
casata che potesse consentire l’espansione a taluni luoghi quali Padelle Salate o Città di
lord Harroway o Fairmarket.
Nel corso dei lunghi secoli durante i quali i primi uomini dominarono incontrastati su
Westeros, le Terre dei Fiumi videro sorgere e quindi crollare una quantità di regni minori.
Le loro storiografie, intrecciate e mescolate con miti e leggende, sono ormai largamente
dimenticate, se non per i nomi di pochi leggendari re ed eroi le cui imprese sono
annotate su pietre ancestrali a mezzo di rune il cui significato continua a costituire,
perfino oggidì, materia di dibattito alla Cittadella. Così, mentre i cantastorie e i narratori
di leggende continuano a donarci epici resoconti su Artos il Forte, Florian il Giullare,
Jack Nove Dita, Sharra la Regina-Strega e il Re Verde di Occhio degli Dèi, è l’esistenza
stessa di siffatti personaggi che deve essere messa in discussione da validi studiosi.
La vera storia delle Terre dei Fiumi ha inizio con la venuta degli andali. Dopo aver
varcato il Mare Stretto, dilagando poi nella Valle di Arryn, questi conquistatori da oriente
procedettero oltre, portando le loro navi lunghe a risalire il Tridente e i suoi tre grandi
affluenti. In quei giorni, sembra che gli andali combattessero in bande, raccolti dietro
condottieri che i septon delle ere successive chiamarono «re». A poco a poco, gli andali
serrarono la loro morsa sui molti re minori i cui regni erano bagnati dai fiumi. Le canzoni
ci narrano del passare del tempo e di memorabili eventi: della Caduta di Maidenpool e
della morte del suo re ragazzo, Florian il Valoroso, quinto del suo nome; del Guado della
Vedova, dove i tre figli di lord Darry trattennero il signore della guerra andalo Vorian
Vypren combattendo ininterrottamente per un giorno e una notte, abbattendo centinaia
di nemici, fino a cadere a loro volta, di quella notte al Bosco Bianco, dove i figli della
foresta (forse) emersero dal ventre di una collina cava scatenando lupi a centinaia contro
un accampamento andalo, facendo dilaniare centinaia di uomini al chiarore della luna
crescente; della grande battaglia del Fiume Amaro, dove i Bracken di Stone Hedge e i
Blackwood di Raventree Hall, eterni rivali, fecero causa comune contro gli invasori, solo
per essere annientati da una carica di settecentosettantasette cavalieri andali e sette
septon, i quali avevano dipinta sui loro scudi la stella a sette punte simbolo del Credo.
La stella a sette punte andò dovunque andassero gli andali. Impressa sui loro scudi e
vessilli, ricamata sulle loro sovratuniche, a volte incisa addirittura nelle loro stesse carni.
Nel loro zelo fideistico verso i Sette Dèi, i conquistatori consideravano gli antichi dèi dei
primi uomini e dei figli della foresta alla stessa stregua di demoni, calando sulle foreste
di alberi-diga a loro sacre, mettendole a ferro e fuoco, distruggendo i grandi alberi
bianchi dovunque li trovassero, devastando con le asce i volti scolpiti.
La grande collina chiamata Cuorealto era forse il luogo più sacro di tutti per i primi
uomini, così come lo era stato, prima di loro, per i figli della foresta. Incoronata da un
gruppo di alberi-diga giganti, i più ancestrali in assoluto dei Sette Regni, Cuorealto
continuava a essere il fulcro dei figli della foresta e dei loro esseri verdi. Quando il re
andalo Erreg il Fratricida cinse d’assedio la collina, i figli della foresta apparvero a
difenderla, chiamando come alleati nubi di corvi e orde di lupi... o perlomeno questo è
quanto ci narra la leggenda. Ma nessun artiglio, nessuna zanna sarebbe mai stata in
grado di avere ragione delle asce d’acciaio degli andali, che sterminarono esseri verdi,
bestie e primi uomini senza discrimine alcuno, erigendo a fianco di Cuorealto una
seconda collina, composta di cadaveri, alta la metà di Cuorealto stessa... tanto i
cantastorie vorrebbero farci credere.
La Storia vera dà invece una versione molto diversa, implicando che i figli della foresta
avessero abbandonato le Terre dei Fiumi ben prima che gli andali attraversassero il Mare
Stretto. Comunque siano andate le cose, gli alberi-diga in cima alla collina di Cuorealto
sono in effetti stati distrutti. Laddove un tempo si ergevano maestosi tronchi lividi, oggi
restano solo monconi imputriditi.
Il penultimo, e anche il più grande, dei re dei Fiumi a schierarsi contro gli andali fu
Tristifer IV della Casa Mudd, il Martello della Giustizia, il quale dominava da un
imponente castello chiamato Vecchie Pietre, sulla cima di una collina lungo la Forca Blu. I
cantastorie ci raccontano di come re Tristifer abbia combattuto gli invasori in cento
battaglie, novantanove delle quali egli vinse, cadendo infine nella centesima, quando
scese in campo contro un’alleanza formata da ben sette re andali. Cionondimeno, appare
quanto mai appropriato che nelle ballate vengano menzionati sette re – proprio come le
punte della stella del Credo, proprio come i Sette Dèi –, il che può indicare null’altro che
un’ennesima leggenda in guisa di sermone concepita dai septon.
Prima dei Mudd erano esistiti altri re quasi altrettanto potenti. In talune cronache, si
parla dei Fisher come della prima e più antica linea dinastica dei re dei Fiumi (in altre,
essi sono menzionati come la seconda dinastia, e l’incompleto Annali dei Fiumi,
conservato in un antico tempio a Peasedale, suggerisce che fossero invece la terza). Sia i
Blackwood sia i Bracken sostengono di avere regnato sulle Terre dei Fiumi in varie epoche
nel corso dell’Età degli Eroi.
I Mudd unificarono le Terre dei Fiumi più di quanto fosse riuscito a fare qualsiasi altro
dei loro predecessori. Il loro regno però non fu durevole. Al Martello della Giustizia
succedette il figlio, Tristifer V, detto altresì Tristifer l’Ultimo, il quale non solo non fu in
grado di arrestare la marea andala ma fallì anche nel mantenere unito il suo stesso
popolo.
I re andali che annientarono Vecchie Pietre e uccisero Tristifer l’Ultimo ora si
sposarono con quanto restava della nobiltà dei primi uomini, ora eliminarono chiunque
rifiutasse di fare atto di sottomissione. Popolo litigioso e bellicoso, gli andali si
spartirono le Terre dei Fiumi tra loro. Il sangue dell’ultimo re dei primi uomini non aveva
neppure finito di disseccarsi quando i conquistatori andali cominciarono a scagliarsi gli
uni contro gli altri in lotta per il potere. Per quanto siano stati molti i lord che definirono
se stessi re dei Fiumi e delle Colline, o anche re del Tridente, dovevano passare interi
secoli prima che, da questa pletora di monarchi di basso rango, nelle Terre dei Fiumi
emergesse qualcuno degno dei suddetti titoli.
Tra i re andali, il primo a portare le Terre dei Fiumi nella loro interezza sotto un unico
dominio fu un bastardo nato da un connubio tra due acerrimi nemici poc’anzi
menzionati, i Blackwood e i Bracken. Da ragazzo, da tutti disprezzato, era Benedict
Rivers, ma poi crebbe e divenne il più grande guerriero della sua epoca: ser Benedict il
Valoroso. Fu il suo valore in battaglia a far convergere su di lui l’appoggio sia della casata
della madre sia di quella del padre. In breve, anche altri lord dei Fiumi fecero atto di
sottomissione. A Benedict occorsero però quasi trent’anni per abbattere fino all’ultimo
dei re minori del Tridente. E fu solo dopo la resa di costui che egli si decise a mettere in
capo la corona.
Per quanto, nelle antiche storiografie, la figura di Erreg rimanga ammantata da una nomea tra le più sinistre, c’è però
da domandarsi se detto personaggio sia mai realmente esistito. L’arcimaestro Perestan ha suggerito che Erreg
potrebbe, in verità, non essere affatto un nome proprio bensì la distorsione di un titolo andalo. Nel suo Considerazioni
sulla storiografia, Perestan arriva al punto d’ipotizzare che questo ignoto signore della guerra andalo avesse in realtà
abbattuto gli alberi-diga di Cuorealto per conto di un rivale del re dei Fiumi dell’epoca, rivale che aveva assoldato gli
andali come mercenari.
In veste di re, egli divenne noto come Benedict il Giusto, nome che lo compiaceva al
punto da indurlo a mettere da parte il suo nome di bastardo, Rivers, per assumere quello
di Justman per sé e la propria casata. Tanto saggio quanto austero, Benedict regnò per
trentatré anni, estendendo i propri dominii fino a Maidenpool e all’Incollatura. Il di lui
figlio, un altro Benedict, secondo del suo nome, regnò per sessant’anni, arrivando a
includere nel reame dei Fiumi anche Duskendale, Rosby e la foce delle Rapide Nere.
La Casa Justman, ci dicono le cronache, regnò sulle Terre dei Fiumi per quasi tre
secoli. La loro dinastia si estinse quando Qhored Hoare, re delle Isole di Ferro, assassinò
i figli di re Bernarr II mentre questi erano tenuti prigionieri a Pyke. Il loro padre non
visse molto più a lungo, e tale morte scatenò una feroce guerra di rappresaglia contro gli
uomini di ferro.
A ciò seguì un ulteriore periodo di anarchia e di stragi. Il reame che Benedict il Giusto
aveva unificato tornò ancora una volta a disgregarsi. I successivi cento anni di conflitti
videro re minori delle casate Blackwood, Bracken, Vance, Mallister e Charlton avventarsi
gli uni contro gli altri per la supremazia.
Inaspettato vincitore di queste lotte fu lord Torrence Teague, un avventuriero d’incerta
origine, che s’impossessò di una fortuna in oro lanciando un temerario attacco contro le
Terre dell’Ovest, e usò poi quella ricchezza per fare affluire mercenari in gran numero
dall’altro lato del Mare Stretto. Tutti guerrieri veterani, le loro lame fecero la differenza e,
al termine di sei lunghi anni di guerra, Teague fu incoronato re del Tridente a
Maidenpool.
Si dice però che né re Torrence né i suoi eredi furono mai saldi sul loro trono. I Teague
erano ben poco amati da tutte le grandi casate del Tridente, costrette a inviare figli e
figlie a corte come ostaggi, in caso di tradimento. Ma, a dispetto di siffatta precauzione, il
quarto monarca della dinastia Teague, re Theo Selladura, trascorse il suo intero regno a
cavallo, guidando i suoi cavalieri a soffocare nel sangue una ribellione dopo l’altra,
impiccando ostaggi pressoché a ogni albero.
Com’era accaduto ai primi uomini, spesso anche le dinastie andale nelle Terre dei
Fiumi, i loro regni circondati da nemici su ogni lato, ebbero vita breve. I predoni dalle
Isole di Ferro razziavano le coste occidentali, i pirati dalle Stepstones e dalle Tre Sorelle
facevano lo stesso su quelle orientali. Uomini dell’Ovest calavano a cavallo dalle colline
attorno alla Forca Rossa per saccheggiare e conquistare, tribù barbariche scendevano
dagli aspri contrafforti delle Montagne della Luna per bruciare, depredare e rapire
donne. Da sudovest, i lord dell’Altopiano inviavano colonne di ferro composte da
cavalieri a varcare le Acque Nere ogniqualvolta lo decidevano. A sudest si stendevano i
dominii dei re della Tempesta, eternamente avidi di oro e di gloria.
Per l’intera lunga storia del Tridente, sotto centinaia di sovrani, quasi non ci fu un
singolo periodo durante il quale le genti dei Fiumi non si siano ritrovate in guerra contro
l’uno o l’altro dei popoli loro confinanti. In talune circostanze, furono costrette a
combattere simultaneamente su due, o addirittura tre fronti.
Cosa ancora peggiore, ben pochi furono i re dei Fiumi che poterono contare sul pieno
appoggio dei loro lord alfieri. Il retaggio di vecchie malefatte e di antichi tradimenti non
veniva facilmente dimenticato dai lord del Tridente, la cui ostilità perdurava tanto
profonda quanto i fiumi che fluivano attraverso le loro terre. Quasi senza interruzione,
uno o più di questi lord dei Fiumi si spingevano ad allearsi con un qualche invasore
schierandosi contro il loro stesso re. In verità, in taluni casi furono proprio questi stessi
lord a portare forze esterne nelle Terre dei Fiumi, offrendo loro terre o oro o figlie in
cambio dell’aiuto contro noti avversari.
E furono molti i re dei Fiumi a essere abbattuti proprio da coteste alleanze, ogni nuova
battaglia che preparava il terreno per la battaglia successiva. In retrospettiva, appare fin
troppo ovvio che sarebbe stata solo questione di tempo prima che uno di questi invasori
decidesse di restare, accampando pretese sulle Terre dei Fiumi stesse.
Il primo ad agire in tal senso fu Arlan III Durrandon, re della Tempesta.
Re dei Fiumi e delle Colline a quell’epoca era Humfrey della Casa Teague. Sovrano
quanto mai devoto, Humfrey aveva fondato molti templi e monasteri, in ogni dove nelle
Terre dei Fiumi, tentando anche di reprimere l’adorazione degli antichi dèi nell’ambito
del proprio regno.
Tale atteggiamento indusse Raventree Hall a insorgere contro di lui: i Blackwood non
avevano mai accettato i Sette Dèi. I Vance di Atranta e i Tully di Delta delle Acque si
schierarono al loro fianco nella ribellione. Ribellione che re Humfrey e i suoi sodali,
sostenuti anche dalle Spade e Stelle del Credo Militante, erano ormai sul punto di
soffocare quando lord Roderick Blackwood chiese l’aiuto di Capo Tempesta. Sua signoria
era legato alla Casa Durrandon per matrimonio dinastico: re Arlan aveva infatti preso in
moglie una delle figlie di lord Roderick, nozze celebrate secondo l’antico rito al cospetto
del grande albero-diga, da tempo defunto, nel parco degli dèi di Raventree.
Arlan III non tardò a intervenire. Chiamando a raccolta tutti i suoi lord alfieri, il re
della Tempesta guidò un numeroso esercito oltre il Fiume delle Rapide Nere,
annientando re Humfrey e i suoi lealisti in una serie di sanguinose battaglie, spezzando
infine anche l’assedio a Raventree. Sia Roderick Blackwood sia Elston Tully caddero in
combattimento, i lord Bracken, Darry, Smallwood ed entrambi i lord Vance caddero a loro
volta. Re Humfrey e ser Damon, suo fratello e campione, più i suoi tre figli, Humfrey,
Hollis e Tyler, morirono tutti nella battaglia conclusiva della campagna, un bagno di
sangue combattuto fra due colline gemelle chiamate le Tette della Madre, terreno sul
quale sia i Blackwood sia i Bracken avanzavano pretese.
Stando alle cronache, il primo a morire in quel giorno infausto fu proprio re Humfrey.
Il suo erede, il principe Humfrey, prese la corona e assunse il comando, morendo però
poco tempo dopo. A lui seguì Hollis, il secondogenito, che fu a sua volta abbattuto. E così
si andò avanti, la corona dell’ultimo re dei Fiumi che passava da un figlio all’altro, fino ad
arrivare al fratello del sovrano, tutto questo nell’arco di un solo pomeriggio. Al calar del
sole, l’intera dinastia Teague era estinta, come estinto fu anche il regno dei Fiumi e delle
Colline. In seguito, la battaglia in cui erano caduti divenne nota come la Battaglia dei Sei
Re, in onore di Arlan III, re della Tempesta, e dei cinque successivi re dei Fiumi che i suoi
cavalieri della Tempesta uccisero uno dopo l’altro, alcuni dei quali non avevano regnato
neppure per ore, bensì per meri minuti.
Secoli più tardi, talune missive rinvenute da maestri al servizio di Capo Tempesta e di
Raventree Hall suggeriscono come Arlan III, decidendo di marciare verso nord, avesse
non tanto l’intenzione di accampare pretese reali sui fiumi quanto di restituire la corona
alla Casa Blackwood, nella persona del suocero lord Roderick. Piani però vanificati dalla
morte in battaglia di sua signoria il lord: l’erede diretto di Raventree Hall era un ragazzo
di otto anni. Inoltre, il re della Tempesta non nutriva alcuna fiducia nei fratelli superstiti
di lord Blackwood. Sembra che, sia pur brevemente, re Arlan abbia considerato di
incoronare la nipote acquisita Shiera, figlia maggiore di Roderick Blackwood, ponendo
quindi il proprio figlio a regnare al fianco della fanciulla. Scenario, essere dominati da
una donna, che incontrò la dura opposizione dei lord dei Fiumi, spingendo così sua
grazia ad aggiungere anche le Terre dei Fiumi ai propri dominii.
E tali quelle terre rimasero per gli oltre tre secoli a venire, ciò a dispetto del fatto che i
lord dei Fiumi insorgessero contro Capo Tempesta perlomeno una volta per generazione.
In tempi diversi, una dozzina di pretendenti di altrettante casate proclamarono se stessi
re dei Fiumi, o anche re del Tridente, spergiurando di spazzare via i presidi degli uomini
della Tempesta. Alcuni di loro ebbero addirittura successo nel loro intento... per circa
due settimane, o per un ciclo di luna, o perfino per un intero anno. Ma i loro troni si
reggevano su fango e sabbia, per cui, alla fine, un nuovo esercito marciava da Capo
Tempesta, abbattendo quei troni, impiccando coloro i quali avevano osato sedere su di
essi. Fu in questo modo che ebbero fine i brevi, ingloriosi regni di personaggi quali
Lucifer Justman (Lucifer il Mentitore), Marq Mudd (il Bardo Folle), lord Robert Vance,
lord Petyr Mallister, lady Jeyne Nutt, il re bastardo ser Addam Rivers, il re del volgo Pate
di Fairmarket, ser Lymond Fisher, cavaliere di Vecchie Pietre, in aggiunta a una dozzina
di altri.
Quando, alla fine, la morsa di Capo Tempesta attorno alle Terre dei Fiumi venne
spezzata, a spezzarla non fu nessuno dei lord bensì un conquistatore rivale proveniente
da oltre il Tridente: Harwyn Hoare, chiamato Manodura, re delle Isole di Ferro. Varcando
la Baia degli Uomini di Ferro con cento navi lunghe, le forze di Harwyn sbarcarono
quaranta leghe a sud di Seagard, e marciarono poi verso l’entroterra fino alla Forca Blu,
trasportando le navi con loro a forza di braccia, un’impresa che i cantori delle Isole di
Ferro celebrano tuttora.
Mentre gli uomini di ferro si spostavano su e giù lungo i fiumi, attaccando e
depredando a loro piacimento, i lord dei Fiumi o si ritirarono o cercarono rifugio dentro i
propri castelli, tutt’altro che ansiosi di rischiare una battaglia nel nome di un re che molti
di loro disprezzavano. Chi osò prendere le armi fu selvaggiamente annientato. Un
giovane, coraggioso cavaliere chiamato Samwell Rivers, figlio naturale di Tommen Tully,
lord di Delta delle Acque, radunò un piccolo esercito e affrontò re Harwyn sul fiume
Tumblestone, ma alla prima carica del Manodura le sue linee andarono in pezzi. Uomini
annegarono a centinaia cercando di fuggire. Quanto a Samwell Rivers, venne tagliato in
due, letteralmente, in modo che a ciascuno dei genitori potesse essere inviata metà del
suo cadavere.
Lord Tully abbandonò Delta delle Acque senza combattere, fuggendo con il suo
esercito per unire le proprie forze alle milizie che si stavano raccogliendo a Raventree
Hall sotto il comando di lady Agnes Blackwood e dei di lei figli. Ma quando lady Agnes
avanzò contro gli uomini di ferro, lord Lothar Bracken, suo ostile confinario, attaccò la
sua retroguardia con tutta la propria forza militare disperdendo larga parte dell’esercito
di Raventree. La stessa lady Agnes venne catturata assieme a due dei suoi figli e
consegnata a re Harwyn, che poi la costrinse a guardare mentre lui procedeva a
strangolare a mani nude entrambi i ragazzi. Cionondimeno, a dare credito ai resoconti,
lady Agnes non versò una sola lacrima. «Io ho altri figli» disse al re delle Isole di Ferro.
«Raventree continuerà a esistere per lungo tempo dopo che la tua genìa sarà stata
abbattuta e distrutta. Voi tutti avrete fine nel fuoco e nel sangue.»
Siffatte parole, quanto mai profetiche se osservate nella prospettiva della futura
Conquista di Aegon Targaryen, sono quasi certamente frutto dell’inventiva di un qualche
cantastorie. Per contro, ciò che sappiamo è che Harwyn Manodura fu impressionato dal
coraggio della prigioniera al punto da offrirle salva la vita e di prenderla quale sua moglie
di sale. «Avere il tuo cazzo dentro di me?» gli rispose lady Agnes. «Preferisco la tua
spada.» Desiderio che Harwyn Manodura non ebbe problema a esaudire.
La disfatta dell’esercito di lady Blackwood significò anche la fine della resistenza dei
lord dei Fiumi contro gli uomini di ferro. Non segnò però anche la fine dei
combattimenti. La notizia dell’invasione aveva finalmente raggiunto re Arrec Durrandon
al remoto Capo Tempesta. Raccolto un possente esercito, il re della Tempesta si precipitò
verso nord per incontrare il suo nemico.
Questo giovane sovrano era talmente determinato nel voler affrontare gli uomini di
ferro che finì con lo spingersi ben più avanti dei suoi convogli della logistica. Disastroso
errore, come Arrec stesso duramente capì una volta attraversate le Acque Nere,
ritrovandosi con ogni singolo castello sbarrato, senza rifugio né vettovaglie di sorta, e
incontrando null’altro che villaggi bruciati e campi anneriti.
A quel punto infatti erano molti i lord dei Fiumi a essersi alleati con gli uomini di
ferro. Sotto il comando dei lord Goodbrook, Paege e Vypren, le loro forze varcarono le
Acque Nere in direzione opposta e attaccarono il lento convoglio dei carriaggi prima che
questo potesse raggiungere il fiume, disperdendo la retroguardia di Arrec e
impossessandosi della sua logistica.
Così, fu un esercito di uomini delle Terre della Tempesta, arrancante e affamato, quello
che alla fine, a Fairmarket, si ritrovò a confronto diretto con Harwyn Manodura, attorno
al quale erano andati a riunirsi Lothar Bracken, Theo Charlton e molti altri lord dei
Fiumi. Le forze di re Arrec erano poco meno del doppio di quelle dei suoi avversari, ma
quegli uomini erano stremati da giorni di marcia, confusi e poco motivati. Peggio ancora,
non ci volle molto perché il loro stesso re si dimostrasse tanto testardo quanto indeciso.
La battaglia ebbe inizio, certo, e il suo esito fu una catastrofica sconfitta per gli uomini
delle Terre della Tempesta. Arrec riuscì a sfuggire al massacro, ma due dei suoi fratelli
caddero in combattimento. Fu questa la subitanea, sanguinosa fine del dominio di Capo
Tempesta sulle terre del Tridente.
Dovunque lungo quei grandi fiumi, si dice, larga parte del popolino gioì
nell’apprendere la notizia. Quanto ai loro lord, sentendosi rafforzati, insorsero contro le
poche guarnigioni di uomini delle Terre della Tempesta ancora disseminate nella regione,
espellendoli o passandoli a fil di spada. Le campane di Tempio di Pietra suonarono per
un intero giorno e un’intera notte, ci dicono i cronisti, mentre cantastorie e confratelli
questuanti andavano di villaggio in villaggio predicando che le genti del Tridente erano
tornate a essere signore della loro terra.
Siffatte celebrazioni, tuttavia, furono di breve durata. Nello specifico, riguardo a Stone
Hedge, si disse che lord Bracken avesse fatto causa comune con gli uomini di ferro
ritenendo di poter diventare re una volta che gli uomini delle Terre della Tempesta
fossero stati cacciati, pretesa della quale non vi è però alcuna traccia scritta. E che per
contro appare scarsamente credibile: Harwyn Manodura non era il tipo d’individuo che
concede corone. Per cui, esattamente come Arlan III Durrandon aveva fatto tre secoli
prima, fu Harwyn a proclamare se stesso re delle Terre dei Fiumi. Unico risultato
ottenuto da quei lord che avevano scelto di combattere al suo fianco fu quindi di
cambiare un padrone straniero con uno diverso... e questo nuovo padrone era ben più
brutale, ben più crudele, ben più avido di quello precedente.
Una lezione che lo stesso lord Bracken fu tra i primi ad apprendere quando, trascorsa
la metà di un anno, insorse contro il Manodura. Solamente pochi lord minori accorsero
sotto i suoi vessilli di guerra. Re Harwyn li annientò tutti, procedendo poi a saccheggiare
e a distruggere Stone Hedge, lasciando infine lord Bracken a morire di una lenta morte di
stenti per quello che rimaneva di quell’anno, dopo averlo rinchiuso in una gabbia per
corvi appesa alle mura devastate. In seguito, re Arrec attraversò altre due volte le Acque
Nere cercando, senza successo alcuno, di riconquistare quello che aveva perduto. Anche
suo figlio primogenito e successore, re Arlan V, tentò, trovando però la morte.
Harwyn Manodura regnò sulle Terre dei Fiumi sino alla sua morte (nel proprio letto,
all’età di sessantaquattro anni, mentre era alacremente impegnato a ottenere piacere
carnale da una delle sue molte mogli di sale). Gli succedettero prima il figlio e quindi il
nipote, i quali perpetuarono la feroce dominazione degli uomini di ferro sul Tridente. Re
Harren il Nero, nipote appunto di Harwyn, trascorse la maggior parte della vita nelle
Terre dei Fiumi erigendo la gigantesca fortezza che avrebbe poi portato il suo nome,
Harrenhal, e facendo ritorno alle Isole di Ferro solo saltuariamente.
Così stavano le cose quando Aegon I Targaryen il Conquistatore sbarcò a Westeros,
arrivando poi sia a uccidere Harren, sia a porre fine alla Casa Hoare. Come nella
ipotetica, ironica profezia di lady Agnes Blackwood, il dominio degli uomini di ferro sulle
Terre dei Fiumi si concluse con l’olocausto di fuoco di drago che cancellò Harrenhal.
In seguito, Aegon nominò Edmyn Tully di Delta delle Acque, primo tra i lord dei
Fiumi a compiere atto di sottomissione ai Targaryen, lord supremo del Tridente,
riducendo gli altri lord del Fiume a meri vassalli. Quanto alla corona, Aegon la tenne per
sé. Non sarebbero esistiti altri re a Westeros se non Aegon Targaryen.
Lo stemma di Casa Tully (al centro) e di altre case illustri del passato e del presente, (in senso orario, dall’alto): Mallister,
Mooton, Darry, Mudd, Piper, Strong, Vance, Bracken, Blackwood, Whent, Lothston e Frey.
I Tully di Delta delle Acque non furono mai re, per quanto i volumi relativi alle
discendenze mostrino una quantità di connessioni con le dinastie del passato. È peraltro
possibile che siano state proprio dette antiche connessioni a spingere la Casa Tully sulla
via che in conclusione li portò a diventare lord supremi del Tridente sotto Aegon I.
Nomi di Tully fanno la loro comparsa in molti degli annali e in molte delle cronache
del Tridente, ciò risalendo fino ai giorni dei primi uomini, quando il primo Edmure Tully
e i suoi figli combatterono a fianco di re Tristifer IV Mudd, il Martello della Giustizia, in
una delle sue novantanove battaglie vinte. Dopo la sua morte, ser Edmure si presentò al
cospetto di Armistead Vance, il più potente dei conquistatori andali. Fu direttamente da
lui che Axel, figlio di Edmure, ricevette un’assegnazione di terre alla confluenza della
Forca Rossa con il Tumblestone, suo affluente dalla rapida corrente. E fu colà che lord
Axel stabilì la propria sede, in un castello rosso che chiamò Delta delle Acque.
In virtù di quella dislocazione, non dovette trascorrere molto tempo perché Delta delle
Acque si rivelasse di grande importanza strategica. Ben presto i re minori in conflitto gli
uni con gli altri durante l’epoca dell’anarchia nelle Terre dei Fiumi iniziarono a chiedere il
sostegno della Casa Tully. Axel e i suoi discendenti divennero sempre più ricchi e potenti,
trasformandosi rapidamente nel bastione di svariati re dei Fiumi in quanto collocati a
difesa delle marche occidentali del Tridente contro il regno della Roccia di Castel Granito.
Nel tempo in cui i re della Tempesta vinsero finalmente la loro guerra conclusiva
contro l’ultimo re dei Fiumi e delle Colline, i Tully erano già annoverati fra i primari lord
del Tridente. In quelle guerre, molte nobili casate furono distrutte ma, nel momento in
cui i Teague vennero sconfitti, la maggior parte di esse fece atto di sottomissione ai re
della Tempesta, i Tully fra queste. Ben presto ai Tully cominciarono a essere affidate
cariche importanti e posizioni di responsabilità.
Delta delle Acque affrontò i regni dei re della Tempesta e sopravvisse alla successiva
conquista da parte degli uomini di ferro uscendone sostanzialmente intonsa. Altre
potenti casate del Tridente non furono altrettanto fortunate. Un decennio prima della
Conquista di Aegon, i Blackwood e i Bracken erano impegnati in un ennesimo scontro
nell’ambito della loro ancestrale faida. In precedenza, i lord di ferro avevano largamente
ignorato simili conflitti tra i loro vassalli. In verità, e volendo dare credito a Cronache di
Ferro, spesso era lo stesso re Harwyn Manodura a provocare i suoi vassalli gli uni contro
gli altri così da mantenerli in una intrinseca condizione di debolezza.
La faida tra i Blackwood e i Bracken rimane famigerata, e con piena ragione, in quanto risalente a mille anni prima
della venuta degli andali. Le sue origini sono tuttora controverse e ammantate da leggende. I Blackwood affermano di
essere stati re mentre i Bracken erano poco più che lord minori, decisi peraltro a tradirli e a rovesciarli. Per contro, i
Bracken dicono esattamente lo stesso dei Blackwood. Che entrambe fossero casate reali del Tridente sembrerebbe
vero, così come indubbio resta il fatto che le radici della loro ostilità reciproca risalgano a un qualche evento talmente
remoto da essere diventato fantomatico. A discapito della loro potenza, Blackwood e Bracken hanno perpetuato la
faida tra loro, questo a dispetto dei tentativi compiuti da molti re di portare la pace. Perfino Jaehaerys il Conciliatore, il
Vecchio Re, fallì nei suoi sforzi di porre fine a questa guerra interminabile: la pace che egli stesso forgiò tra le due
casate non durò oltre la fine del suo regno.
Negli anni a venire, membri della Casa Tully furono profondamente coinvolti in
importanti momenti di svolta dei primi re Targaryen. Quando re Aenys I fu ospite a
Delta delle Acque e Harren il Rosso uccise Gargon l’Ospite, fu ai Tully e ai lord alfieri che
sua grazia guardò nello sforzo di strappare Harrenhal a quel re fuorilegge. In anni ancora
successivi, i Tully – fianco a fianco con gli Harroway, al tempo dominatori di Harrenhal –
misero assieme larga parte dell’esercito che circondò e sconfisse il principe Aegon e il
suo drago Lestoargento, nella sua guerra contro lo zio, Maegor il Crudele.
Fu durante i primi giorni della Danza dei Draghi che il principe Daemon Targaryen guidò le forze della regina
Rhaenyra a un’incruenta vittoria ad Harrenhal, impossessandosi della fortezza e trasformandola in un fulcro
d’incontro per i propri sostenitori. Molti di detti sostenitori erano dislocati nelle Terre dei Fiumi, a migliaia accorsero a
rinforzare l’esercito del principe nel nome di Rhaenyra. Spiccava fra essi lord Forrest Frey, potente cavaliere, un
tempo uno dei pretendenti alla mano della regina. I Frey non erano una casata antica. Avevano assunto un certo
rilievo circa seicento anni prima, la loro dinastia traeva origine da un lord minore il quale aveva eretto un miserabile
ponte di legno attraverso il punto più stretto della Forca Verde. Ma di pari passo con il crescere della loro ricchezza e
della loro influenza, crebbe anche l’importanza del Guado. In breve, da una solitaria torre a difesa del ponte, il
castello si trasformò in due formidabili torrioni identici che tra essi serravano il fiume. Questi due manieri, oggidì
chiamati Torri Gemelle, sono tra le più formidabili fortezze dell’intero reame.
Non dovette però trascorrere molto tempo prima che anche Delta delle Acque finisse
per ritrovarsi sotto il tallone di ferro di re Maegor. Mentre tutto attorno al tetro sovrano i
nemici si moltiplicavano, i Tully si schierarono con i vessilli del principe Jaehaerys
Targaryen, fratello dell’ucciso principe Aegon, nell’ultimo anno di regno del suo infame
zio.
Nel corso degli anni che seguirono, i Tully continuarono a lasciare il segno nella storia
dei Sette Regni. Nel concilio allargato del 101 DC, lord Grover Tully si schierò
apertamente a favore del principe Viserys Targaryen quale successore di Jaehaerys I
contro Laenor Velaryon. Quando, nel 129 DC, la Danza dei Draghi s’infiammò, l’anziano
lord diede prova di rimanere coerente con i propri principi e quindi fedele a re Aegon II...
ma all’epoca egli era un uomo in età e costretto a letto. Ser Elmo, suo nipote, andò contro
il suo volere, tenendo le porte sbarrate e i vessilli di guerra abbassati.
In una fase più avanzata della Danza, ser Elmo Tully condusse i lord dei Fiumi alla
Seconda Battaglia della città di Tumbleton, ma schierandosi a favore della regina
Rhaenyra e non di re Aegon II, il quale per contro era stato appoggiato dal lord suo
nonno. La battaglia riuscì vittoriosa, almeno in parte, e, in seguito alla morte del nonno,
ser Elmo divenne il nuovo lord di Delta delle Acque. Rango che però non poté godersi a
lungo: quarantanove giorni dopo, morì nel corso della marcia, lasciando come proprio
successore il giovane figlio, ser Kermit.
Fu lord Kermit a portare i Tully al vertice del loro potere. Vigoroso e coraggioso,
combatté senza requie per la regina Rhaenyra e per il di lei figlio, il principe Aegon, che
in seguito sarebbe diventato re Aegon III. Lord Kermit Tully era comandante in capo
dell’esercito che calò su Approdo del Re negli ultimi giorni della guerra. Fu lui a uccidere
personalmente lord Borros Baratheon nella battaglia conclusiva della Danza dei Draghi.
Dopo di lui, i suoi successori governarono quanto meglio poterono, ma mai più Delta
delle Acque fu altrettanto potente come lo era stata in quei giorni. Rimanendo leale alla
Casa Targaryen in tutte le Ribellioni Blackfyre, la Casa Tully prese alla fine le distanze dai
re dei draghi nel corso della follia di re Aerys II Targaryen: lord Hoster Tully si schierò al
fianco di Robert Baratheon e dei suoi ribelli, aiutandoli a consolidare l’alleanza che portò
Robert sul Trono di Spade con la concessione delle proprie figlie Lysa e Catelyn in spose
rispettivamente a lord Jon Arryn di Nido dell’Aquila e a lord Eddard Stark di Grande
Inverno.
Ser Elmo Tully.
I lord di Harrenhal
Lord Gargon, secondo e ultimo lord di Harrenhal della dinastia Qoherys, era il nipote di
lord Quenton. Celebre per i suoi appetiti verso le grazie femminili, Gargon divenne noto
come «l’Ospite» per la sua abitudine di presentarsi a ogni matrimonio che avesse luogo
nei suoi dominii, così da approfittare del diritto della prima notte riservato per l’appunto
al lord. Da siffatte premesse, non può ingenerare meraviglia alcuna che il padre di una
delle numerose fanciulle deflorate da lord Gargon abbia aperto un passaggio segreto per
Harren il Rosso e la sua banda di fuorilegge, né che Gargon, prima di morire, sia stato
evirato. In seguito, la nomea di Harrenhal quale fortezza maledetta non fece altro che
consolidarsi; molteplici infatti furono le casate che, nel tentativo di mantenerne il
dominio, andarono incontro a un tragico destino:
Casa Harroway
Educato ad Harrenhal durante il regno di Aenys I, dopo la morte di Gargon Qoherys,
lord Lucas Harroway vide la figlia Alys sposare Maegor. Ella divenne una delle regine di
Maegor, e lui suo Primo Cavaliere, fino a quando Maegor non li fece sterminare tutti,
portando la dinastia Harroway all’estinzione.
Casa Towers
Dopo avere distrutto Casa Harroway, re Maegor decretò che ad avere la fortezza di
Harrenhal sarebbe stato il più possente dei suoi cavalieri; la fortezza, ma non tutte le sue
terre. Per quel trofeo, furono ventitré i cavalieri del sovrano che si affrontarono nelle
strade allagate di sangue della Città di lord Harroway. A ser Walton Towers, il vincitore,
venne concesso lo scranno di Harrenhal, ma solo per lasciarlo poco più tardi, alla sua
morte, sopravvenuta a causa delle ferite riportate. Quanto alla sua linea dinastica, essa si
estinse due generazioni più tardi, quando l’ultimo lord Towers morì senza eredi.
Casa Strong
Lyonel Strong, celebre guerriero ma anche uomo di grandi doni naturali, che gli
permisero di forgiare ben sei anelli della sua catena di maestro della Cittadella, ricevette
il titolo di lord durante il regno di Jaehaerys I. Lord Lyonel servì quale maestro delle
leggi, poi, mentre i suoi figli venivano profondamente coinvolti negli affari di corte, come
Primo Cavaliere sotto Viserys I. Lord Lyonel e il suo erede, ser Harwyn, rimasero uccisi in
un incendio che divampò ad Harrenhal, permettendo così al secondogenito Larys Strong
di assurgere al rango di lord di Harrenhal. Larys sopravvisse alla Danza dei Draghi, ma
non al Giudizio del Lupo.
Casa Lothston
A ser Lucas Lothston, maestro d’armi della Fortezza Rossa, venne concesso lo scranno
di Harrenhal da parte di re Aegon III nel 151 DC. Appena convolato a nozze con lady
Falena Stokeworth, sulla scia dello scandalo della di lei relazione con il principe Aegon, il
futuro Aegon il Mediocre, Lothston lasciò la corte poco dopo assieme alla consorte. Fece
ritorno ad Approdo del Re durante il regno di Aegon, servendo come Primo Cavaliere
per poco meno di un anno, prima che lo stesso Aegon lo bandisse.
Casa Whent
Cavalieri al servizio di lord Lothston, ottennero in concessione Harrenhal come
ricompensa per essere stati artefici della caduta proprio dei Lothston. A tutt’oggi e per
quanto segnati dalla tragedia, essi rimangono i signori di Harrenhal
La sede della Casa Tully è piccola a confronto dei possenti castelli-fortezza delle altre
grandi casate. Non è neppure il castello più vasto delle Terre dei Fiumi: per Harren il
Nero, Harrenhal nella sua immensità devastata potrebbe contenere dieci Delta delle
Acque.
Cionondimeno, Delta delle Acque è robusta e ben costruita, e la sua posizione, alla
confluenza di due fiumi, circondata da acque da due lati, la rende estremamente difficile
da attaccare. Per quanto posta sotto assedio molte volte nel corso dei secoli, ben di rado
Delta delle Acque è stata presa, e mai con la forza delle armi.
Elemento primario per la difesa del castello è il fossato scavato sotto le mura
occidentali, punto in cui è collocato il portale principale. Sono molti i castelli dei Sette
Regni dotati di fossati, ma solamente pochi possono vantare un complicato sistema di
chiuse che consentono ai fossati stessi di venire allagati quando ritenuto necessario. È
questo a dare al fossato di Delta delle Acque una profondità e una larghezza che pochi
altri possono eguagliare. A fossato completamente allagato, Delta delle Acque diventa
un’isola, e quindi pressoché invulnerabile a qualsiasi attacco.
La Valle
La terra che in seguito si sarebbe chiamata Valle di Arryn – una lunga, ampia, fertile
vallata interamente circondata dai picchi di colore grigio-verde delle maestose Montagne
della Luna – è tanto rigogliosa quanto splendida. Questo, forse, il motivo che spinse i
primi invasori andali a insediarsi in questa terra fino a quando, sotto i vessilli dei loro
dèi, decisero di attraversare il Mare Stretto. La prova di siffatta ipotesi è istoriata nelle
pietre dei promontori delle Dita, dove sono incise immagini di stelle, spade e asce (o
mazze da guerra, come taluni studiosi hanno argomentato). Ne La stella a sette punte, il
libro sacro del Credo, è menzionata «una terra dorata fra torreggianti montagne» a
proposito della visione concessa a Hugor della Collina di ciò che, in un tempo a venire,
sarebbe appartenuto agli andali.
Isolata dal resto di Westeros da quelle medesime torreggianti montagne, per gli andali
la Valle si rivelò come la terra perfetta sulla quale fondare i loro primi regni in quel nuovo
mondo. Fu con ostinata durezza che i primi uomini, abitanti della Valle da un tempo di
molto antecedente all’arrivo degli andali, combatterono i conquistatori venuti dal mare.
In quei tempi però la Valle stessa era un luogo scarsamente popolato, ragione per cui i
primi uomini si ritrovarono in inferiorità numerica pressoché costante. Ogni volta che
una nave lunga veniva data alle fiamme o ricacciata in mare, dicono i cantastorie, altre
dieci arrivavano a prenderne il posto non più tardi dell’alba successiva. Né furono in
grado, i primi uomini, di eguagliare la determinazione degli invasori. Inoltre, le loro asce
di bronzo e le loro armature a scaglie anch’esse di bronzo non si rivelarono all’altezza
delle spade d’acciaio e delle cotte di maglia di ferro degli andali.
A ulteriore detrimento degli sforzi difensivi dei primi uomini, quando gli andali
toccarono terra con la stella a sette punte tatuata o, in taluni casi, incisa sul loro petto, sia
la Valle sia i picchi che la circondavano erano divisi in una miriade di regni minori.
Afflitti da antiche, insanabili rivalità, i re dei primi uomini non si unirono contro gli
invasori quando essi apparvero per la prima volta, bensì tentarono di forgiare con loro
patti e alleanze, così da servirsi dei nuovi venuti nelle guerre che quei sovrani
incessantemente combattevano gli uni contro gli altri. (Una ben nota assurdità, questa,
che continuò a essere replicata mentre gli andali dilagavano sull’intero continente
occidentale.)
Dywen Shell e John Brightstone, che si fregiavano entrambi del titolo di re delle Dita,
si spinsero addirittura ad assoldare i signori della guerra andali perché varcassero il Mare
Stretto, ciascuno pensando di servirsene contro l’altro. Ma quei signori si ribellarono ai
loro stessi reclutatori. Nell’arco di un anno, Brightstone fu catturato, torturato e infine
decapitato; quanto a Shell, fu invece arso vivo nella sua cosiddetta «sala del trono»,
costruita peraltro in legno. Un cavaliere andalo di nome Corwyn Corbray prese la figlia
dell’uno come sposa e la moglie dell’altro come concubina, dichiarando i promontori
delle Dita di sua proprietà (Corbray, però, a differenza di altri invasori andali, non prese
mai il titolo di re, preferendo la più sobria definizione di «Lord delle Cinque Dita»).
Più a sud, Città del Gabbiano, ricco centro portuale nella Baia dei Granchi, fu
governata da Osgood Shett, terzo del suo nome, un irsuto vecchio guerriero che insignì
se stesso dell’ancestrale, vanaglorioso titolo di Re dei Veri Uomini, titolo che si dice
risalisse a diecimila anni prima, nientemeno che al Tempo dell’Alba. Per quanto Città del
Gabbiano sembrasse sicura dietro le sue spesse mura di pietra, re Osgood e i suoi sodali
continuavano a combattere una guerra intermittente con i Re di Bronzo di Runestone, un
loro vicino ben più potente, che apparteneva a una casata antica e leggendaria quanto la
sua. Yorwyck Royce, sesto del suo nome, aveva rivendicato la Corona di Rune tre anni
prima, quando il suo sovrano era caduto in battaglia. Yorwyck aveva dato prova di essere
un avversario estremamente temibile, sconfiggendo gli Shett in parecchie battaglie e
costringendoli ad asserragliarsi all’interno delle mura del loro castello.
Re Osgood si rivolse quindi agli andali – decisione poco saggia – allo scopo di
recuperare tutto ciò che aveva perduto. Convinto di riuscire a evitare la fine fatta da Shell
e Brightstone, cercò di consolidare la nuova alleanza tramite un legame di sangue
piuttosto che di conio. Per questa ragione diede la figlia in sposa al cavaliere andalo ser
Gerold Grafton, prese poi a sua volta la figlia maggiore di ser Gerold per moglie e fece
sposare infine la propria secondogenita al di lui figlio ed erede. Tutti questi matrimoni,
seguendo i riti dei Sette Dèi al di là del mare, vennero celebrati da septon. Osgood Shett
arrivò addirittura al punto di convertirsi a sua volta al Credo, spergiurando di erigere un
grande tempio a Città del Gabbiano nel caso i Sette Dèi gli avessero concesso la vittoria.
Dopodiché, marciò con i suoi alleati andali contro il Re di Bronzo.
I Sette Dèi gli concessero la vittoria, certo, ma non anche la possibilità di sopravvivere
al combattimento. In seguito, sia tra gli abitanti di Città del Gabbiano sia tra altri primi
uomini incominciarono a circolare dicerie secondo le quali ad abbatterlo sarebbe stato lo
stesso ser Gerold. Una volta fatto ritorno in città, il signore della guerra andalo
s’impossessò della corona del suocero, diseredando il giovane Shett, e confinandolo nei
suoi alloggi fino a quando non avesse ingravidato la figlia dello stesso ser Gerold
(dopodiché Shett semplicemente svanì dalle pagine della storia).
Quando Città del Gabbiano insorse contro di lui, re Gerold soffocò l’insurrezione nei
modi più feroci, e ben presto nei canali di scolo cominciò a scorrere il sangue dei primi
uomini... compreso quello di donne e bambini. I cadaveri vennero gettati nella baia, in
pasto ai granchi. Negli anni che seguirono, il dominio della Casa Grafton rimase
incontrastato, in quanto (aspetto sorprendente) ser Gerold si rivelò un dominatore saggio
e abile. Sotto lui e i suoi successori, la città prosperò grandemente, diventando la prima,
e unica, città della Valle.
Non tutti i lord e i re dei primi uomini furono stolti al punto da invitare i loro stessi
conquistatori nelle loro sedi e nelle loro case. Per contro, molti decisero di combatterli. Il
primo a scegliere questa strada fu il già menzionato Yorwyck VI di Runestone, Re di
Bronzo, che guidò i Royce in svariate, importanti vittorie contro gli andali, in una delle
quali distrusse sette delle loro navi lunghe che avevano osato violare le sue coste,
ornando poi le mura di Runestone con le teste mozzate di capitani ed equipaggi. Dopo di
lui, i suoi eredi continuarono nella lotta: le guerre tra i primi uomini e gli andali si
protrassero infatti per intere generazioni.
Ultimo dei Re di Bronzo fu Robar II, nipote di Yorwyck, il quale ereditò Runestone dal
suo sovrano meno di due settimane prima del compimento del sedicesimo anno di età.
Robar si rivelò un guerriero dotato di tale audacia, astuzia e fascino da riuscire, quasi, a
fermare la marea montante andala.
A quell’epoca gli andali controllavano ormai i tre quarti della Valle e, proprio come i
primi uomini avevano fatto prima di loro, avevano cominciato a combattere gli uni contro
gli altri. In tale disunione, Robar vide un’opportunità. All’estremo opposto della Valle, un
pugno di primi uomini si ostinava a resistere agli andali; primi tra questi ardimentosi
erano i Redfort di Redfort, gli Hunter di Longbow Hall, i Belmore di Fortecanto, i
Coldwater di Coldwater Burn. Uno dopo l’altro, Robar stipulò alleanze con tutti loro, e
anche con altri clan e casate minori, acquisendoli alla propria causa tramite matrimoni,
proprietà terriere, oro e (in un celebre caso) trionfando su lord Hunter in una gara di tiro
con l’arco (secondo la leggenda però re Robar barò). Tanto suadente era la sua parlantina
da garantirgli perfino l’appoggio di Ursula Upcliff, una nota maga che definiva se stessa
sposa del Re Merling.
Molti di coloro i quali si raccolsero sotto i vessilli di re Robar erano stati a loro volta
dei re minori, ma in quel frangente misero da parte le loro corone, facendo atto di
sottomissione a Robar Royce e arrivando a proclamarlo re della Valle, delle Dita e delle
Montagne della Luna.
Finalmente unificati in un unico popolo sotto un unico sovrano, i primi uomini
riscossero una quantità di travolgenti vittorie sul campo contro i loro divisi, litigiosi
conquistatori. Saggiamente, re Robar non tentò di attaccare gli andali simultaneamente
dovunque essi si trovavano per espellerli dalle coste della Valle. Per contro, attaccò un
nemico alla volta, facendo spesso causa comune con un capo andalo per abbatterne un
altro.
Il primo a cadere fu il re delle Dita. La leggenda ci racconta che re Robar uccise Qyle
Corbray di suo pugno, dopo averlo colpito con Signora malinconica, la sua celebre lama.
Città del Gabbiano venne presa d’impeto quando Robar inviò nientemeno che la sorella
entro le mura per convincere gli Shett a sollevarsi contro i Grafton e ad aprire le porte
della città. Toccò quindi al Martello delle Colline, il re andalo che dominava sull’estremità
orientale della Valle, affrontare il risorgere dei primi uomini e infine essere sconfitto
dall’esercito di re Robar sotto le mura di Ironoaks. Per un breve, glorioso momento, parve
che i primi uomini – sotto la guida del valoroso giovane re – stessero davvero per
riconquistare la loro terra.
Ma ciò non era destino. Robar aveva appena conseguito quella che sarebbe stata la sua
ultima vittoria: i restanti lord e re minori andali avevano finalmente preso
consapevolezza della minaccia. Per cui toccò agli andali mettere da parte le loro
divergenze, facendo causa comune e unificandosi sotto i vessilli di un unico signore della
guerra. L’uomo che essi scelsero per condurli non era né un re né un principe, non era
nemmeno un lord. Era un cavaliere; il suo nome: ser Artys Arryn. Un uomo giovane, della
stessa età di re Robar, considerato fra i suoi pari come il miglior guerriero del tempo,
imbattibile con spada, lancia, palla chiodata, inoltre scaltro e valido comandante di
uomini d’arme, amato da tutti coloro che combattevano al suo fianco.
Per quanto di pura stirpe andala, ser Artys era nato nella Valle, sotto la Lancia del
Gigante, nell’ombra delle cui cime frastagliate volteggiavano i falchi. Sul proprio scudo
svettava l’emblema della luna e del falcone, ali da falcone ornavano il suo elmo da guerra
argentato. Il Cavaliere del Falcone, così, allora come ancora oggi, egli era chiamato.
Parlare di ciò che accadde in seguito significa tornare al regno dei canti e delle
leggende. I cantastorie narrano che i due eserciti arrivarono ad affrontarsi ai piedi della
Lancia del Gigante, a poche leghe di distanza dalla casa nella quale ser Artys era nato.
Per quanto equivalenti numericamente, Robar Royce era in posizione elevata, con la
montagna alle spalle, in una solida configurazione difensiva.
Arrivati giorni prima degli andali, i primi uomini avevano scavato trincee davanti al
loro schieramento, ergendo anche sbarramenti di pali acuminati (le punte intinte in
fluidi di viscere ed escrementi, sostiene septon Mallow nella sua cronaca della battaglia).
Per la maggior parte erano appiedati. Quanto alla cavalleria, gli andali avevano un
vantaggio di dieci a uno, i loro cavalieri erano anche meglio armati e meglio corazzati. A
dare credito ai resoconti, essi arrivarono alla battaglia in ritardo: re Robar era andato alla
loro ricerca ogni singolo giorno per tre interi giorni.
Era il crepuscolo quando l’esercito andalo finalmente apparve, innalzando le tende a
mezza lega di distanza dagli avversari. Perfino nella luce che svaniva, re Robar non esitò a
individuare il loro capo. L’armatura argentata e l’elmo alato rendevano impossibile non
vedere il Cavaliere del Falcone, perfino da lontano.
La notte che seguì fu insonne in entrambi gli accampamenti, nessun dubbio: ogni
singolo uomo era consapevole che, nell’istante in cui, all’indomani, la battaglia fosse
divampata, il suo esito avrebbe segnato il destino stesso della Valle. Il vento da est spinse
nubi a oscurare la luna e le stelle, la notte fu davvero nera. Le uniche luci erano quelle
delle fiamme delle centinaia di bivacchi dei due accampamenti, separati da un fiume di
tenebra. Di quando in quando, dicono i cantastorie, da una parte o dall’altra un arciere
scagliava una freccia, nella speranza di colpire un avversario. Ma se questi dardi alla cieca
abbiano effettivamente versato sangue, i resoconti non ne fanno menzione.
Quando le prime luci apparvero a oriente, gli uomini si levarono dai loro giacigli di
pietra, indossarono le loro armature e si prepararono alla battaglia. Poi, un grido
echeggiò da un capo all’altro dell’accampamento andalo. Là, verso ovest, un segno era
apparso: sette stelle, scintillanti nel cielo grigio dell’alba. «Gli dèi sono con noi!» fu il
grido che si levò da migliaia di gole. «La vittoria è nostra!» Al suono delle trombe,
l’avanguardia andala, vessilli al vento, andò alla carica su per il pendio. Per contro, i primi
uomini non mostravano alcun timore riguardo al segno apparso nel cielo, tenendo
saldamente la posizione. La battaglia ebbe inizio, uno scontro addirittura più selvaggio e
sanguinoso di tutti quelli che punteggiano la lunga storia della Valle.
Per sette volte gli andali andarono all’attacco, raccontano i cantori, e per sei volte i
primi uomini li ributtarono indietro. Ma al settimo attacco, guidato da un temerario,
gigantesco guerriero di nome Torgold Tollett, essi riuscirono a sfondare. Torgold il Tetro
era chiamato quest’uomo, ma quel soprannome era un oltraggio in se stesso. È scritto che
Torgold si sia gettato nella mischia ridendo come un folle, nudo fino alla cintola, una
sanguinosa stella a sette punte incisa sul petto e un’ascia in ogni mano.
Secondo i canti, Torgold non provava alcuna paura e non sentiva alcun dolore. Pur
sanguinando da dozzine di ferite, scavò un solco di morte fra i più duri guerrieri di lord
Redfort, procedendo poi a mozzare un intero braccio di sua signoria il lord all’altezza
della spalla. Né Torgold fu troppo impensierito nel vedere la maga Ursula Upcliff
apparire in sella a un cavallo rosso sangue per lanciare contro di lui una qualche
spaventosa maledizione. A quel punto, Torgold era a mani nude, entrambe le sue asce
rimaste affondate nel torace di un nemico. I cantori sostengono che abbia spiccato un
salto sul dorso del cavallo della strega, afferrandole il viso fra le mani grondanti e
sradicandole la testa dal corpo mentre lei invocava aiuto.
Il fronte precipitò quindi nel caos: sempre più guerrieri andali si riversavano
attraverso il varco aperto nei ranghi dei primi uomini. La vittoria appariva prossima... ma
Robar Royce non era condottiero che si facesse sconfiggere con facilità. Laddove un
uomo diverso avrebbe scelto di arretrare per poi riorganizzarsi, o addirittura di ritirarsi
dal campo, l’alto re ordinò il contrattacco. Egli stesso guidò la carica in prima linea,
avventandosi contro i nemici, i suoi campioni al fianco. In pugno stringeva Signora
malinconica, la lama dalla fama sinistra strappata alle mani irrigidite dalla morte del re
delle Dita. Macellando uomini a destra e a sinistra, il re avanzò combattendo fino a
Torgold il Tetro. Robar gli assestò un fendente alla testa, ma Torgold, sempre ridendo,
afferrò la lama con le mani... mani che Signora malinconica squarciò, sfondando quindi il
cranio di Torgold.
Il gigante morì con in gola la sua ultima risata, dicono i cantori. Subito dopo, l’alto re
localizzò il Cavaliere del Falcone sul lato opposto dello schieramento, e diede di speroni,
dirigendosi verso di lui. Caduto il loro capo, sperava re Robar, i demoralizzati andali si
sarebbero ritirati.
I due condottieri incrociarono le lame mentre, tutto attorno a loro, la battaglia
continuava a infuriare, il re in armatura di bronzo, il cavaliere in acciaio argentato. Ma,
per quanto l’armatura del Cavaliere del Falcone scintillasse vivida nel sole del mattino, la
sua spada non era certo Signora malinconica. Il duello si concluse ancora prima di
cominciare, l’acciaio di Valyria che si apriva la strada nell’elmo alato, abbattendo ser
Artys. Per un istante, nel vedere l’avversario sbalzato di sella, Robar Royce dovette
certamente credere nella propria vittoria.
Poi udì nuovamente le trombe spezzare l’aria dell’alba, il suono che proveniva da
dietro di lui. Voltandosi sulla sella, fu con disperazione che l’alto re vide altri cinquecento
cavalieri andali calare dalle pendici della Lancia del Gigante per assaltare il suo esercito
alle spalle. A guidare l’attacco era un cavaliere in armatura argentea, luna e falcone sullo
scudo, ali sull’elmo. Ser Artys Arryn aveva fatto indossare a uno dei guerrieri del suo
seguito un’armatura identica alla sua. Uno stratagemma che gli aveva permesso di
lasciare il campo assieme ai suoi cavalieri migliori, inerpicandosi lungo un sentiero da
capre che egli ricordava sin dall’infanzia, così da riapparire dietro i primi uomini e
assalirli da una posizione ancora più elevata.
Il resto fu disfatta. Attaccato simultaneamente da due parti, l’ultimo grande esercito
dei primi uomini della Valle venne fatto a pezzi. Trenta lord avevano scelto di combattere
al fianco di re Robar quel giorno. Non uno di loro sopravvisse. Per quanto i cantori
sostengano che l’alto re abbia abbattuto intere falangi di avversari, egli stesso, alla fine,
fu abbattuto. Taluni dicono che a ucciderlo sia stato ser Artys, altri menzionano lord
Ruthermont, o Luceon Templeton, cavaliere di Nove Stelle. I Corbray di Casa del Cuore
insistono che sia stato ser Jaime Corbray a sferrare il colpo mortale, e come prova di ciò
indicano Signora malinconica, divenuta trofeo di Casa Corbray dopo la battaglia.
Questa quindi è la storia della Battaglia delle Sette Stelle, così come essa viene narrata
da cantastorie e septon. Storia eroica, per certo, eppure lo studioso deve domandarsi:
quanto di essa risponde a verità? Mai potremo saperlo. Tutto ciò che sappiamo con
certezza è che re Robar II Royce e ser Artys Arryn si scontrarono in una grande battaglia
ai piedi della Lancia del Gigante, battaglia nella quale il re cadde e il Cavaliere del
Falcone assestò ai primi uomini un colpo dal quale non si ripresero mai più.
Quel giorno, non meno di quattordici tra le più antiche e più nobili casate della Valle si
estinsero. Quelle che rimasero – tra esse i Redfort, gli Hunter, i Coldwater, i Belmore e la
stessa Casa Royce –, rimasero solo al prezzo di cedere terre e tesori e ostaggi ai loro
conquistatori, facendo atto di sottomissione e giurando fedeltà ad Artys Arryn, primo del
suo nome, incoronato nuovo re della Valle e della Montagna.
Col tempo, alcune di queste casate decadute sarebbero riuscite a riguadagnare larga
parte dell’orgoglio, della ricchezza e del potere andati perduti quel giorno sul campo di
battaglia, ma ci sarebbero voluti interi secoli. Quanto ai vincitori, gli Arryn avrebbero
continuato a dominare la Valle fino alla venuta di Aegon il Conquistatore e delle sue
sorelle, dopodiché avrebbero servito come lord di Nido dell’Aquila, Protettori della Valle
e Protettori dell’Est.
Inoltre, da quel giorno fatale in avanti, la Valle sarebbe stata conosciuta come Valle di
Arryn.
Ben più crudele fu invece il destino degli sconfitti. Una volta che la notizia della
disfatta dei primi uomini si sparse oltre il Mare Stretto, un numero sempre maggiore di
navi lunghe salpò da Andalos, e un numero sempre maggiore di andali si riversò nella
Valle e sulle montagne circostanti. Tutti costoro avevano bisogno di terre, terre che i lord
andali furono ben lieti di concedere. Dovunque i primi uomini cercarono di resistere,
ridotti alla fine a terreno di sepoltura o a manipoli di servi, oppure semplicemente
scacciati. I loro stessi lord, da tempo sconfitti, erano impotenti ad aiutarli.
È certo che alcuni dei primi uomini siano sopravvissuti mescolando il proprio sangue
con quello degli andali. Molti di più però fuggirono verso ovest, nelle valli più alte, sui
passi rocciosi delle Montagne della Luna. Ed è colà che a tutt’oggi vivono i discendenti di
quel popolo un tempo orgoglioso. Brevi vite, selvagge e brutali, fra quei picchi, banditi e
fuorilegge pronti a depredare e a uccidere qualsiasi viandante stolto al punto da
avventurarsi fra quelle montagne senza una forte scorta armata. Non molto meglio del
popolo libero oltre la Barriera, ecco perché anche i membri di questi clan sono chiamati
«bruti» dalle genti civilizzate.
Per quanto la Valle sia circondata da montagne, ciò non ha impedito attacchi
dall’esterno. Molto sangue è stato versato sulla strada alta che dalle Terre dei Fiumi sale
fino alle Montagne della Luna, la quale, a dispetto di quanto ripida e pietrosa sia, rimane
la via inevitabile da percorrere per un esercito che intenda penetrare nella Valle. La sua
estremità orientale è sbarrata dalla Porta Insanguinata, un tempo null’altro che una rozza
muraglia non intonacata simile ai fortilizi dei primi uomini. Ma durante il regno di re
Osric V Arryn, la fortezza fu interamente ricostruita. Nel corso dei secoli almeno una
dozzina di eserciti invasori è andato in frantumi nel tentativo di superare la Porta
Insanguinata.
La costa della Valle – rocciosa, piena di secche insidiose e di barriere affioranti – è
scarsa di approdi, ulteriore aspetto difensivo. I re Arryn, però, ben consapevoli di come i
loro stessi antenati andali siano venuti dal mare, non hanno mai trascurato le difese
costiere. Robusti castelli e fortilizi sorvegliano le linee costiere più vulnerabili. Perfino le
Dita, pietrose e battute dai venti, sono disseminate di torri di guardia, ciascuna munita di
un proprio faro che viene acceso per avvertire dell’avvistamento di predoni dal mare.
Ecco i nomi dei principali clan delle Montagne della Luna, così come riportati in Montagna e Valle dell’arcimaestro
Arnel:
Corvi di Pietra
Serpenti di Latte
Figli della Nebbia
Fratelli della Luna
Orecchie nere
Figli dell’Albero
Uomini bruciati
Urlatori
Fabbri Rossi
Cani Dipinti
Esistono anche clan minori, che spesso si formano quando una qualche faida spezza un clan, anche se di solito
essi rimangono in esistenza solo per un breve periodo prima di essere o risucchiati da avversari o spazzati via dai
cavalieri della Valle.
C’è un significato nel nome di molti di questi clan, per quanto possa a noi sembrare oscuro. Le Orecchie nere
prendono il nome dalle orecchie mozzate, ed esibite come trofeo, agli uomini da loro uccisi in battaglia, ciò è noto.
Tra gli Uomini bruciati, prima di essere considerato un uomo, un giovane deve dar prova del proprio coraggio
bruciando con il fuoco una qualche parte del proprio corpo. Detta usanza potrebbe aver tratto origine negli anni
successivi alla Danza dei Draghi, taluni maestri sostengono, quando un clan staccatosi dai Cani Dipinti avrebbe
iniziato a adorare una strega pirofora tra le montagne, inviando i propri ragazzi a portarle doni, per dare prova del loro
coraggio rischiando le fiamme del drago controllato dalla maga.
Gli andali sono sempre stati un popolo guerriero; non a caso uno dei Sette Dèi che essi
venerano è il Guerriero. Pur essendo al sicuro nell’ambito dei loro dominii, di quando in
quando taluni re della Valle si sono lanciati in tentativi di conquista oltre i loro confini. In
dette guerre, costoro avevano il vantaggio di sapere che, avessero le sorti dei
combattimenti preso una piega avversa, potevano comunque tornare a ritirarsi dietro i
grandi sbarramenti naturali rappresentati dalle loro montagne.
Né trascurarono, i re della Valle e della Montagna, le loro flotte. Sotto gli Arryn, Città
del Gabbiano, già un formidabile porto naturale, si sviluppò fino a divenire una delle
primarie città dei Sette Regni. Per quanto la Valle stessa sia celebre per la propria fertilità,
rimane di dimensioni ridotte a confronto dei dominii di altri re (o addirittura di quelli di
grandi lord). Inoltre, le Montagne della Luna sono aspre, pietrose e inospitali. Ecco
perché, per i dominatori della Valle, il commercio è attività di fondamentale importanza,
che i più saggi tra i re Arryn sempre vollero proteggere costruendo vascelli da guerra.
Nelle acque delle loro coste orientali e settentrionali si collocano tre arcipelaghi,
alcune isole null’altro che rocce infestate da granchi e rifugi per uccelli marini, altre
decisamente più grandi e spesso abitate. Con le loro flotte, i re Arryn furono in grado di
estendere il proprio dominio anche a queste isole. Ciottolo fu presa da re Hugh Arryn il
Grasso dopo un breve conflitto, Paps fu conquistata dal di lui figlio, re Hugh Arryn lo
Speranzoso, dopo un più lungo conflitto. L’Isola della Strega, sede della Casa Upcliff con
la sua sinistra nomea, venne portata nell’ambito del reame in virtù di un matrimonio
dinastico, quando re Alester Arryn, secondo del suo nome, prese Arwen Upcliff in sposa.
Le ultime isole a essere maritate alla Valle furono le Tre Sorelle. Per migliaia di anni,
dette isole erano state dominate da re crudeli, pirati e predoni le cui navi lunghe
spadroneggiavano impunemente nel Morso, nel Mare Stretto e addirittura nel Mare dei
Brividi, razziando e depredando a piacimento per fare poi ritorno alle Tre Sorelle cariche
di tesori e di schiavi.
Alla fine, siffatte razzie spinsero i re dell’Inverno a inviare le loro flotte così da
ottenere il controllo delle Sorelle: chi domina le Sorelle domina anche la strategica baia
del Morso.
Stupro delle Tre Sorelle è il tetro nome con il quale la conquista delle isole da parte
degli uomini del Nord è passata alla storia. Ne Le Cronache di Lungasorella sono descritti
molti degli orrori di quella conquista: selvaggi uomini del Nord che uccidono bambini
con le cui carni riempiono i calderoni del rancio, soldati che strappano le viscere a
prigionieri ancora vivi per poi avvolgerle sugli spiedi, lo sterminio di tremila guerrieri in
una singola giornata presso il Monte del Boia, l’osceno Padiglione Rosa di Balthasar
Bolton, composto dalle pelli scuoiate di centinaia di abitanti delle Sorelle...
Per quanto sia impossibile stabilire quanta veridicità sussista in simili resoconti, vale
comunque la pena di notare che queste atrocità, spesso descritte nelle cronache di guerra
di uomini della Valle, rimangono largamente ignorate nelle pergamene del Nord. Ciò che
per contro non può essere negato è che il dominio degli uomini del Nord sulle Sorelle si
rivelò gravoso al punto da indurre i lord insulari superstiti a rivolgersi a Nido
dell’Aquila, implorando l’aiuto del re della Valle e della Montagna.
Aiuto che re Mathos Arryn, secondo del suo nome, fu ben lieto di fornire, a condizione
però che gli abitanti delle Sorelle accettassero di giurare fedeltà a lui e ai suoi
discendenti, e riconoscessero il dominio di Nido dell’Aquila sulle loro terre. La lady sua
moglie dubitò che fosse davvero saggio coinvolgere la Valle in questa guerra al di là
dell’Acqua. Famosa è la risposta di sua grazia il re: «Preferisco avere come vicino un
pirata piuttosto che un lupo». Al comando di cento vascelli da guerra, il re salpò quindi
alla volta di Sisterton, spedizione dalla quale non fece ritorno. Furono così i suoi figli a
continuare la guerra dopo di lui.
Per mille lunghi anni, Grande Inverno e Nido dell’Aquila si scontrarono per il
dominio sulle Tre Sorelle. L’Inutile Guerra, taluni la chiamarono. Ogni volta, i
combattimenti parevano essere giunti alla fine, solamente per avvampare di nuovo la
generazione successiva. Le isole contese cambiarono non meno di dodici padroni. Per tre
volte gli uomini del Nord sbarcarono sui promontori delle Dita. Gli Arryn inviarono una
flotta a settentrione, fino al Coltello Bianco, dando alle fiamme la Tana del Lupo. Gli
Stark risposero attaccando Città del Gabbiano e incendiando almeno cento navi
all’approdo nel momento in cui compresero che le mura della città erano inespugnabili.
Alla fine furono gli Arryn a risultare vittoriosi. In seguito le Tre Sorelle hanno sempre
fatto parte della Valle (a eccezione del breve regno della regina Marla Sunderland
all’indomani della Conquista di Aegon, che fu deposta all’avvistamento della flotta
braavosiana assoldata dagli uomini del Nord per ordine di Aegon. Il di lei fratello giurò
fedeltà ai Targaryen; quanto a Marla, trascorse il resto dei suoi giorni quale sorella del
silenzio).
«Detta situazione è il risultato non tanto della vittoria degli Arryn quanto della perdita
d’interesse degli Stark» osserva maestro Perestan nel suo Considerazioni sulla storiografia.
«Per dieci lunghi secoli il meta-lupo e il falcone hanno combattuto a sangue per quelle
rocce, fino al giorno in cui il lupo si risvegliò dal sogno, rendendosi conto di serrare tra le
fauci null’altro che una pietra, pietra che sputò fuori, voltando infine le spalle.»
Casa Arryn
Lo stemma di Casa Arryn (al centro) e di alcuni dei suoi vassalli (in senso orario, dall’alto): Waynwood, Royce, Corbray,
Baelish, Belmore, Grafton, Hunter, Redfort e Templeton.
La Casa Arryn discende dalla più antica, dalla più pura linea dinastica della nobiltà
andala. È con orgoglio che i re Arryn possono affermare di essere legati alla stessa
Andalos, e alcuni di loro si sono spinti a dichiarare la propria discendenza addirittura da
Hugor della Collina.
In ogni disquisizione sulle origini della Casa Arryn, tuttavia, è necessario distinguere
fra storiografia e leggenda.
Esistono abbondanti prove storiche riguardo all’effettiva esistenza di ser Artys Arryn,
il Cavaliere del Falcone, primo re Arryn a dominare sulla Montagna e sulla Valle. Le
cronache attestano la sua vittoria su re Robar II nella Battaglia delle Sette Stelle, anche
se, nel corso dei secoli, i dettagli della vittoria in questione si sono fatti contradditori. Re
Artys fu un uomo in carne e ossa, nessun dubbio in merito, sia pure uomo di prodigiosa
levatura.
Nella Valle però le imprese di questo personaggio storicamente esistito si
compenetrano largamente con quelle di un suo leggendario omonimo, un diverso ser
Artys Arryn, vissuto migliaia di anni prima durante l’Età degli Eroi, ricordato nei canti e
nei resoconti come il Cavaliere Alato.
Si dice che questo primo ser Artys Arryn cavalcasse un destriero alato (probabilmente
una memoria distorta di cavalieri di draghi osservati da lontano, suggerisce l’arcimaestro
Perestan). Per conquistare la Valle, il primo ser Artys raggiunse in volo la vetta della
Lancia del Gigante e uccise il Re Grifone. Tra i suoi amici egli annoverava giganti e tritoni,
e prese in sposa una donna dei figli della foresta che perì nel dare alla luce suo figlio.
Di lui si raccontano cento e più storie, la maggior parte delle quali altrettanto
fantasiose. È quanto mai poco credibile che siffatto uomo sia mai esistito nella realtà.
Come Lann l’Astuto nelle terre occidentali, e Brandon il Costruttore nel Nord, il
Cavaliere Alato è fatto a sua volta di leggenda, non di carne e sangue. Quand’anche un
simile eroe avesse mai percorso le Montagne e la Valle, risalendo fino alle vaghe brume
del Tempo dell’Alba, di certo il suo nome non era Artys Arryn, in quanto gli Arryn sono
di pura discendenza andala, mentre detto Cavaliere Alato visse, volò e combatté migliaia
di anni prima che i primi andali raggiungessero Westeros.
Possibilmente, ma non necessariamente, sono stati i cantori della Valle a mescolare
queste due figure, attribuendo le imprese del leggendario Cavaliere Alato allo storico
Cavaliere del Falcone, forse allo scopo d’ingraziarsi i successori del vero Artys Arryn
collocando il grande eroe dei primi uomini tra i suoi antenati.
La vera storia della Casa Arryn non contiene per contro né giganti, né grifoni, né
cavalli alati. Cionondimeno, dal giorno in cui ser Artys Arryn si mise per la prima volta in
capo la Corona del Falcone fino a oggi, gli Arryn hanno comunque mantenuto un certo
livello di preminenza nella storia dei Sette Regni. Fin dai tempi della Conquista di
Aegon, i lord di Nido dell’Aquila hanno servito il Trono di Spade quali Protettori dell’Est,
difendendo le coste di Westeros contro i nemici da oltre il mare. Prima di quell’epoca, le
cronache narrano di battaglie senza fine contro innumerevoli nemici: i clan delle
montagne, il conflitto durato mille anni contro il Nord per il controllo delle Tre Sorelle,
sanguinose battaglie navali nelle quali le flotte degli Arryn respinsero schiavisti da
Volantis, predoni dalle Isole di Ferro, pirati dalle Stepstones e dalle Isole del Basilisco.
Gli Stark sono più antichi, ma le leggende che li riguardano traggono origine da un’epoca
antecedente a quella in cui i primi uomini arrivarono a conoscere la parola scritta. Per
contro, gli Arryn incoraggiarono l’apprendimento nei templi e nei monasteri, pertanto le
loro valide opere e le loro grandi imprese divennero presto cronache, prima scritte e
quindi archiviate sotto l’egida del Credo.
L’unificazione del reame e l’investitura del giovanissimo Ronnel Arryn, il Re-che-
volava, quale primo lord di Nido dell’Aquila crearono nuove opportunità per questa
nobile casata. Nessuna grande sorpresa quindi se fu la stessa regina Rhaenys Targaryen
ad arrangiare le nozze tra il giovane Ronnel e la figlia di Torrhen Stark, il Re-in-ginocchio:
uno dei numerosi matrimoni dinastici suggellati nel nome della pace. Tristemente, lord
Ronnel in seguito morì di morte violenta per mano del proprio fratello, Jonos il
Fratricida. La linea Arryn proseguì comunque grazie a un parente, rimanendo
profondamente coinvolta in molti dei grandi eventi dei Sette Regni.
La Casa Arryn inoltre può addirittura vantare di essere stata considerata per ben due
volte degna di matrimonio con il sangue del drago. A Rodrik Arryn, lord di Nido
dell’Aquila, re Jaehaerys I Targaryen e la di lui consorte, la regina Alysanne la Buona,
concessero l’onore della mano della loro figlia, la principessa Daella. Una nipote
discendente da quella unione, lady Aemma Arryn, divenne in seguito la prima moglie di
re Viserys I Targaryen, nonché madre della sua primogenita, la principessa Rhaenyra, la
quale si scontrò con il fratellastro Aegon II per l’ascesa al Trono di Spade. In quel
conflitto, la sanguinosa Danza dei Draghi, Jeyne Arryn, lady di Nido dell’Aquila e
Vergine della Valle, si schierò come rigorosa sostenitrice di Rhaenyra Targaryen e dei suoi
figli, arrivando alla fine a diventare una delle reggenti di re Aegon III. È da quei giorni
che nelle vene di ogni Targaryen che si sia assiso sul Trono di Spade scorre qualche goccia
di sangue Arryn.
Gli Arryn fecero la loro parte nelle guerre dei re Targaryen e nelle Ribellioni Blackfyre,
schierandosi duramente per il Trono di Spade e contro i pretendenti Blackfyre. Nel corso
della Prima Ribellione Blackfyre, fu lord Donnel Arryn a guidare coraggiosamente
l’avanguardia dell’esercito fedele alla corona, restando al comando perfino quando le sue
linee vennero sfondate da Daemon Blackfyre e sua signoria il lord si ritrovò a rischio
della vita fino al momento in cui ser Gwayne Corbray della Guardia reale non arrivò con i
rinforzi.
Al concilio allargato del 101 DC scarsa fu l’influenza degli Arryn, in quanto lady Jeyne era in minoranza. Al suo posto,
venne al concilio Yorbert Royce di Runestone, lord protettore della Valle. Tra le più potenti casate della Valle, i Royce
vantano con orgoglio la loro discendenza dai primi uomini e da Robar II, il loro ultimo grande re. Perfino ai giorni
nostri i lord di Runestone scendono in battaglia nell’armatura di bronzo dei loro antenati, la quale è disseminata di
rune che, si dice, proteggerebbero il cavaliere dagli attacchi. Purtroppo, è davvero impressionante il numero di
Royce caduti con indosso l’armatura runica. Inoltre, nel suo tomo Quesiti, maestro Daneston sostiene che
l’armatura stessa è molto meno antica di quanto non appaia.
Lord Donnel Arryn non solo sopravvisse, ma combatté ancora. Anni dopo, quando la
Grande Peste di Primavera falcidiò i Sette Regni, fu lui a decidere d’isolare la Valle,
sbarrando sia la strada alta sia gli accessi costieri. Fu grazie a lui quindi se la Valle rimase
l’unica terra del reame, assieme a Dorne, a essere risparmiata dal terribile morbo.
In tempi più recenti, non può certo essere trascurata l’importanza del ruolo giocato da
lord Jon Arryn nella Ribellione di Robert. A tutti gli effetti, fu proprio la netta
opposizione di lord Jon alla decisione di Robert di consegnare al Re Folle le teste
mozzate dei suoi due protetti, Eddard Stark e Robert Baratheon, a far infiammare la
rivolta. Se avesse agito come gli venne comandato, forse il Re Folle sarebbe tuttora assiso
sul Trono di Spade. A dispetto dell’età avanzata, lord Arryn combatté valorosamente al
fianco di Robert sul Tridente. Dopo la guerra, il nuovo re diede prova di saggezza
nominando lord Jon Arryn Primo Cavaliere. La sagacia di sua signoria si è rivelata di
fondamentale sostegno al giusto e saggio dominio di Robert sui Sette Regni. Per il reame,
è una letizia quando un grande uomo serve quale Primo Cavaliere di un grande sovrano:
non potranno che derivarne pace e prosperità, è certo.
Nido dell’Acquila
Nido dell’Aquila.
Molti sostengono che Nido dell’Aquila degli Arryn sia il più splendido castello di tutti
i Sette Regni, affermazione che è arduo contrastare (per quanto i Tyrell di Alto Giardino
siano i primi a farlo). Sette esili torri bianche incoronano Nido dell’Aquila eretto su un
contrafforte della Lancia del Gigante, né alcun altro castello del continente occidentale
può vantare altrettanto marmo sulle mura e sui pavimenti. Al tempo stesso, gli Arryn e
gli uomini della Valle vi direbbero che Nido dell’Aquila, oltre che magnifico, è anche
imprendibile: la sua posizione elevata sul fianco della montagna lo rende pressoché
impossibile da assaltare.
La più piccola tra le sedi reali di Westeros, in origine Nido dell’Aquila non era la sede
della Casa Arryn. Detto onore appartiene alle Porte della Luna, un castello ben più vasto
che si trova ai piedi della Lancia del Gigante, esattamente nel punto in cui ser Artys
Arryn e i suoi andali posero il loro accampamento la notte prima della Battaglia delle
Sette Stelle. Nei primi anni del suo regno, sentendosi ancora incerto sul trono e temendo
una nuova sollevazione contro di lui da parte dei primi uomini, re Artys voleva una sede
abbastanza solida da reggere assedi e assalti. In siffatta prospettiva, il castello delle Porte
della Luna assolse onorevolmente il proprio compito, anche se concepito per essere più
una fortezza che un palazzo: è risaputo che coloro i quali lo videro per la prima volta
rilevarono come fosse un valido castello per un lord minore, ma del tutto inadatto a un
re.
Il che non impensierì re Artys più di tanto: a tutti gli effetti, egli raramente colà
soggiornava. Il primo dei re Arryn trascorse la maggior parte del proprio regno a cavallo,
spostandosi da un estremo all’altro del proprio dominio in una progressione senza fine
di visite ufficiali. «Il mio trono è fatto di cuoio da sella» ribadiva il sovrano con orgoglio.
«Quanto al mio castello, è una tenda.»
A re Artys succedettero i suoi figli di maggiore età, i quali regnarono uno dopo l’altro
come secondo e terzo re della Valle e della Montagna. A differenza però del loro genitore,
essi passarono larga parte dei loro regni alle Porte della Luna, in apparenza soddisfatti di
ciò, anche se ognuno di loro eresse nuove ali del castello. Fu il quarto re Arryn, nipote di
Artys I, a dare inizio ai lavori che si conclusero con la costruzione di Nido dell’Aquila. Da
ragazzo, Roland Arryn era stato educato presso un re andalo nelle Terre dei Fiumi. Dopo
essersi conquistato gli speroni sul campo, aveva viaggiato lungamente, da Vecchia Città a
Lannisport, facendo infine ritorno alla Valle dopo la morte del padre, così da indossare a
propria volta la Corona del Falcone. Avendo visto con i propri occhi le meraviglie di
Hightower e di Castel Granito, nonché i grandi castelli dei primi uomini che ancora
punteggiavano le terre del bacino del Tridente, egli ritenne che, al confronto, le Porte
della Luna fossero un esempio di bruttezza. Il primo impulso di re Roland fu quello di
abbattere le Porte e di erigere la sua nuova sede in quel medesimo luogo. Quell’inverno,
però, con le alte valli sepolte sotto ingenti nevicate, i barbari calarono a migliaia dalle
Montagne della Luna alla ricerca di cibo e riparo. Le loro razzie fecero capire al re quanto
vulnerabile fosse la sua sede in quella posizione.
Secondo la leggenda, fu la sua promessa sposa, Teora, figlia di lord Hunter, a
ricordargli in che modo suo padre avesse sconfitto Robar Royce: attaccandolo da una
posizione più elevata. Influenzato dalle parole della fanciulla, lord Roland scelse la
posizione più elevata di tutte, decidendo quindi la costruzione del castello che sarebbe
poi diventato Nido dell’Aquila.
Opera che re Roland non riuscì tuttavia a vedere completata. Il compito che sua grazia
aveva affidato ai suoi costruttori era di estrema difficoltà. Le pendici più basse della
Lancia del Gigante erano impervie e invase dalla vegetazione, più in alto la cruda pietra
della montagna diventava ripida e ghiacciata. Ci volle oltre una decade solo per ripulire
una strada tortuosa che si arrampicasse su per il fianco della montagna. Inoltre, un
piccolo esercito di scalpellini s’impegnò a lavorare di mazze e picchetti così da scolpire
gradini nella roccia viva e rendere l’ascesa più agevole laddove le pendici erano più
ripide. Nel contempo, Roland inviò i suoi costruttori in ogni angolo dei Sette Regni alla
ricerca della pietra adatta: sua grazia non era soddisfatto dei tipi di marmo generalmente
disponibili nella Valle.
Nel frattempo, un altro inverno trascorse e un nuovo assalto venne sferrato alla Valle
da parte dei clan delle Montagne della Luna. Colto di sorpresa da una banda dei Cani
Dipinti, re Roland I Arryn fu strappato di sella e assassinato, il cranio schiantato da
un’ascia di pietra mentre cercava di snudare la spada lunga dal fodero. Aveva regnato per
sessantadue anni, appena il tempo necessario per vedere la posa delle prime pietre del
castello che aveva deciso di erigere.
I lavori proseguirono per l’intera durata dei regni dei suoi due figli, succedutisi l’uno
all’altro, anche se procedettero con estrema lentezza. Tutto il marmo doveva essere
spedito via nave dall’isola di Tarth, quindi trasportato a dorso di mulo su per le pendici
della Lancia del Gigante. Ascesa nel corso della quale dozzine di muli perirono, assieme
a quattro lavoratori del volgo e a un mastro scalpellino. Lentamente, una pietra dopo
l’altra, il castello cominciò a ergersi... fino a quando la Corona del Falcone non passò al
bisnipote del re che per primo aveva nutrito il sogno di un castello nel cielo. Per contro,
non era l’edilizia la vera passione di re Roland II, bensì la guerra e le femmine. I costi
della costruzione di Nido dell’Aquila erano diventati proibitivi, e al nuovo re serviva oro
per finanziare la campagna militare nelle Terre dei Fiumi, che stava pianificando. La
tomba del sovrano suo padre era appena stata chiusa, quando re Roland II ordinò
l’interruzione di tutti i lavori al castello.
Così il tempo trascorse. Quattro lunghi anni durante i quali Nido dell’Aquila rimase
abbandonato al cospetto dei cieli. I falchi nidificarono tra le torri incompiute, mentre re
Roland II battagliava con i primi uomini nelle Terre dei Fiumi in cerca di oro e di gloria.
Una conquista, la sua, che si rivelò ben più ardua di quanto egli non avesse previsto.
Dopo svariate, inutili vittorie su re minori, il sovrano si ritrovò a confronto diretto con re
Tristifer IV, il Martello della Giustizia. L’ultimo grande re dei primi uomini inflisse a
Roland Arryn una disastrosa sconfitta, facendone seguire un’altra, addirittura
catastrofica, l’anno successivo. In pericolo di vita, sua grazia cercò rifugio tra le mura del
castello di uno dei suoi incerti alleati, un lord andalo, per finire con l’essere prima tradito
e quindi consegnato in catene a re Tristifer. Quattro anni dopo avere abbandonato la Valle
ammantato di regale splendore, re Roland II Arryn venne decapitato a Vecchie Pietre per
mano dello stesso Martello della Giustizia.
Nella Valle, dove la sua bellicosità e la sua vanagloria non gli avevano guadagnato
nessun amico, furono in pochi a piangerlo. Dopo che Robin Arryn, fratello del defunto
sovrano, ascese al trono, i lavori di Nido dell’Aquila ripresero. Eppure, ci vollero altri
quarantatré anni e altri quattro re prima che il castello venisse finalmente completato e
reso atto a ospitare persone. Maestro Quince, primo nel suo ordine a servire colà,
dichiarò che «Nido dell’Aquila era la costruzione più splendida mai eretta dalla mano
dell’uomo, un palazzo degno degli dèi stessi. Di certo, neppure il Padre nei Cieli poteva
vantare un simile scranno».
È opportuno notare la statua che si erge nel parco degli dèi di Nido dell’Aquila, una magnifica raffigurazione di Alyssa
Arryn. Secondo la leggenda, seimila anni nel passato, Alyssa fu testimone della strage nella quale caddero suo
marito, i suoi fratelli e tutti i suoi figli. Ella non versò mai una sola lacrima. Per questo gli dèi decisero di punirla,
impedendole di trovare riposo fino a quando tutte le sue lacrime non fossero cadute sulla Valle. Le Lacrime di Alyssa:
questo il nome della grandiosa cascata che si riversa dalla Lancia del Gigante, in quanto l’acqua piomba nel vuoto da
una tale altezza da tramutarsi in bruma fluida addirittura prima di raggiungere la terra.
Quanta verità sussiste in questa storia? Alyssa Arryn è una figura storica, di tanto possiamo essere
ragionevolmente certi, ma non è assolutamente credibile che ella sia vissuta seimila anni fa. In Storia vera, si parla di
quattromila anni, mentre in Quesiti Donestan dimezza quell’arco di tempo.
Da allora e fino ai nostri giorni, Nido dell’Aquila continua a rimanere la sede della
Casa Arryn in primavera, estate e autunno. In inverno, neve e ghiaccio e venti rabbiosi
rendono l’ascesa impossibile e lo stesso castello inabitabile. Per contro, in estate esso è
ventilato da fresche brezze di montagna, eccellente rifugio dal calore brutale della vallata
sottostante. Al mondo, non esiste nessun altro castello paragonabile a Nido dell’Aquila,
o quantomeno nessuno di cui si trovi traccia negli annali.
Nido dell’Aquila non è stato mai conquistato con la forza delle armi. Per raggiungere
il castello, chi attacca deve prima espugnare le Porte della Luna alla base della montagna,
già in se stesso una fortezza formidabile. Poi, l’ascesa. L’aggressore deve quindi dare
l’assalto a non meno di tre fortificazioni intermedie –chiamate Pietra, Neve e Cielo –, le
quali proteggono la strada tortuosa che s’inerpica fino alla cima della montagna.
Già questa serie di difese rende l’avvicinamento a Nido dell’Aquila estremamente
difficoltoso, eppure, quand’anche chi attacca riuscisse a superare tutte e tre le
fortificazioni intermedie, si ritroverebbe comunque alla base di uno strapiombo
pressoché verticale, con la massa di Nido dell’Aquila incombente seicento piedi più in
alto, raggiungibile solo tramite un argano o una scala.
Nessuna meraviglia quindi se ben pochi tentativi seri sono stati compiuti per cingere
Nido dell’Aquila d’assedio. Dall’epoca del completamento della fortezza, i re Arryn sono
sempre stati consapevoli di avere, in condizioni estreme, un rifugio impenetrabile
sempre e comunque a loro disposizione. I maestri che hanno servito presso Casa Arryn,
tutti studiosi dell’arte della guerra, sono concordi nell’affermare che il castello non può
essere preso... se non, forse, con i draghi: come Visenya Targaryen comprovò atterrando
nel piazzale interno di Nido dell’Aquila con il suo drago Vhagar, convincendo la madre
dell’ultimo re Arryn a sottomettersi alla casata del drago e a consegnare la Corona del
Falcone.
Da quel giorno, tuttavia sono ormai trascorsi quasi trecento anni, e l’ultimo dei draghi
è da lungo tempo perito ad Approdo del Re. Per cui i futuri lord di Nido dell’Aquila
possono dormire nuovamente sonni tranquilli nella certezza che la loro splendida sede
rimarrà per sempre invulnerabile e imprendibile.
Le Porte della Luna.
Le Isole di Ferro
Furono, i primi uomini, davvero i primi?
La maggior parte degli studiosi ritiene che sia così. Prima della loro venuta, si pensa,
Westeros apparteneva ai giganti, ai figli della foresta e alle belve della terra. Ma sulle
Isole di Ferro ben diversa è la storia raccontata dai preti del Dio Abissale. Secondo la loro
fede, gli uomini di ferro sono una razza a sé rispetto al resto del genere umano. «Noi non
siamo giunti a queste sacre isole dalle terre senza dio al di là dei mari,» dichiarò una
volta il prete Sauron Lingua-di-Sale «noi proveniamo da ciò che si trova al di sotto di quei
mari, dalle acquoree sale del Dio Abissale, il quale ci ha creati a sua immagine e ci ha
conferito il dominio su tutte le acque della terra.»
Perfino tra gli uomini di ferro c’è chi dubita di siffatto dogma, riconoscendo la più
diffusamente accettata prospettiva della discendenza dai primi uomini, per quanto
quest’ultimi – a differenza degli andali apparsi in seguito – non siano mai stati un popolo
di navigatori. Certo è che noi non possiamo seriamente accettare quanto asserito dai
preti di ferro, i quali vorrebbero farci credere che la genìa degli uomini di ferro è più
prossima ai pesci e ai tritoni che non alle altre razze umane.
Cionondimeno, quale che sia la loro genesi, non può comunque essere negato che essi
formino un ceppo separato, con usanze, credenze e modalità di governo decisamente
diverse da quelle diffuse pressoché ovunque nei Sette Regni.
Tutte queste diversità, asserisce l’arcimaestro Haereg nel suo Storia degli uomini di
ferro, trovano le loro radici nella religione. Quelle gelide, umide isole battute dai venti
non ebbero mai foreste rigogliose, né il loro suolo aspro poté permettere la crescita di
alberi-diga. Nessun gigante fu mai a dimora nelle Isole di Ferro, nessun figlio della
foresta percorse mai i loro scarni boschi. Parimenti, gli dèi adorati dalle antiche razze
sono qui assenti. E per quanto gli andali siano alla fine arrivati sulle isole, il loro Credo
non ha mai attecchito, perché, prima dei Sette Dèi, c’è sempre stato un diverso dio: il Dio
Abissale, creatore dei mari e padre degli uomini di ferro.
Il Dio Abissale non ha templi, non ha libri sacri, non ha idoli scolpiti a sua immagine,
anche se in compenso ha preti in quantità. Questi sacri uomini itineranti infestano le
Isole di Ferro da ben prima di qualsiasi storiografia scritta, predicando la parola della
loro divinità ed esecrando tutti gli altri dèi e tutti gli uomini che li venerano. Vestiti di
stracci, poco attenti alla cura della persona, spesso a piedi nudi, i preti del Dio Abissale
non hanno dimora permanente bensì vagano per le isole a loro piacimento, raramente
allontanandosi di molto dal mare. La maggior parte di loro non è in grado di leggere e di
scrivere, la loro è una tradizione orale, e i preti più giovani apprendono preghiere e
rituali da quelli più in età. Dovunque essi si spingano nel loro vagare, sia i lord sia il
popolino danno loro cibo e alloggio nel nome del Dio Abissale. Taluni preti mangiano
esclusivamente pesce. La maggior parte non si fa il bagno, tranne che nel mare. Spesso,
uomini da altre terre li ritengono folli, e così in effetti potrebbero sembrare. Ciò che non
può essere però negato è il grande potere ch’essi possiedono.
In una circostanza, e menzionando la leggenda del Trono del Mare, l’arcimaestro Haereg avanzò l’interessante
nozione secondo la quale gli antenati degli uomini di ferro potessero provenire da una qualche terra ignota oltre il
Mare del Tramonto. Si dice che il trono dei Greyjoy, scolpito in lucida pietra nera nella forma di piovra, sia stato
trovato dai primi uomini quando essi raggiunsero Vecchia Wyk per la prima volta. Haereg argomentò che il trono era
un manufatto dei primi abitanti delle isole e che solo nelle storiografie successive, scritte sia da maestri sia da
septon, si cominciò a suggerire che essi di fatto discendessero dai primi uomini. Ma tutto ciò è mera speculazione e,
alla fine, perfino Haereg abbandonò quell’idea: stessa cosa quindi dovremmo fare anche noi.
Per quanto gli uomini di ferro non nutrano altro che disprezzo nei confronti sia dei
Sette Dèi del Sud sia degli antichi dèi del Nord, essi riconoscono comunque una seconda
divinità. Nella loro religione, al Dio Abissale si oppone il Dio della Tempesta, una deità
maligna che dimora in cielo e odia gli uomini e qualsiasi cosa essi facciano. Il Dio della
Tempesta scatena venti crudeli, piogge violente, folgori e tuoni, a testimonianza del suo
furore senza fine.
Taluni sostengono che le Isole di Ferro traggano il loro nome dal minerale che colà si
trova in grande abbondanza, mentre gli uomini di ferro al contrario affermano che esso
derivi dalla loro stessa natura: uomini duri e inflessibili quanto il loro dio. I tracciamappe
ci dicono che, delle Isole di Ferro, trentuno fanno parte dell’arcipelago principale al largo
del Golfo dell’Uomo di ferro a ovest di Capo delle Aquile, altre tredici si addensano
attorno a Luce Solitaria, molto lontano nella vastità del Mare del Tramonto. Sette sono le
isole maggiori della catena: Vecchia Wyk, Grande Wyk, Pyke, Harlaw, Blacktyde, Saltcliffe
e Orkmont.
Harlaw è la più popolosa, Grande Wyk la più estesa e la più ricca di minerali, Vecchia
Wyk la più sacra, luogo nel quale, nei tempi antichi, i Re del Sale e della Roccia si
raccoglievano nella Sala del Re Grigio per decidere chi avrebbe regnato su tutti loro.
L’aspra, montagnosa Orkmont era, in secoli ormai passati, la sede dei re di Ferro della
Casa Greyjoy. Su Pyke sorge Lordsport, la maggiore città delle isole, sede della Casa
Greyjoy, dominatori fino alla Conquista di Aegon. Blacktyde e Saltcliffe sono meno degne
di nota. I manieri con struttura a torre di lord minori si ergono sulle isole più piccole, a
lato di minuscoli villaggi di pescatori. Altre isole vengono usate come pascoli per le
pecore, molte altre ancora sono disabitate.
Il Re Grigio seduto sul trono costruito con le mascelle del drago marino Nagga.
Per la maggior parte i prigionieri maschi condotti alle Isole di Ferro trascorrono il
resto della loro vita costretti ai lavori forzati nei campi o nelle miniere. Pochi di loro –
generalmente figli di lord, di cavalieri o di ricchi mercanti – vengono riscattati in cambio
di oro. Gli schiavi in grado di leggere, scrivere e fare di conto servono i loro padroni in
qualità di attendenti, tutori e scribi. Scalpellini, intrecciatori di funi, artisti del rame,
candelai, carpentieri e altri tipi di artigiani hanno addirittura più valore.
Tuttavia, è alle donne giovani che i predoni attribuiscono il massimo valore. Quelle più
in età sono a volte prese da quei capitani che hanno necessità di serve, cuoche, sarte,
tessitrici, levatrici e di altri servizi. Sono però le fanciulle di bell’aspetto o prossime alla
fioritura a essere rapite in ogni incursione. La maggior parte arrivano alla fine dei loro
giorni quali servette, baldracche, governanti o mogli di altri schiavi, mentre le più
attraenti, le più forti e le nubili possono diventare «mogli di sale» dei loro padroni.
Anche nelle loro usanze nuziali, così come per i loro dèi, gli uomini di ferro
differiscono dagli uomini del continente occidentale. Mentre nei Sette Regni, dove il
Credo è prevalente, un uomo si unisce in matrimonio con una sola donna, consorte di
quell’unico marito, sulle Isole di Ferro un uomo può avere un’unica «moglie di roccia»
(sposandosi poi con un’altra, in caso la prima muoia), ma anche tante quante gli
aggradano mogli di sale. Una moglie di roccia dev’essere una donna delle Isole di Ferro
nata libera. Il suo posto è al fianco del suo uomo, sia a bordo di una nave sia nel talamo
nuziale, e i suoi figli vengono prima di tutti gli altri. Le mogli di sale sono quasi sempre
donne e fanciulle catturate nel corso delle razzie. Il numero delle mogli di sale possedute
da un uomo è anche segno del suo potere, della sua ricchezza, della sua virilità.
Eppure, non si deve ritenere che le mogli di sale degli uomini di ferro siano poco più
che concubine, puttane o schiave di piacere. I matrimoni di sale, così come anche i
matrimoni di roccia, sono per tradizione celebrati da preti del Dio Abissale (per quanto
dette cerimonie siano decisamente meno solenni di quelle che legano un uomo a una
moglie di roccia), e i figli generati da dette unioni sono considerati legittimi. Qualora un
uomo non abbia eredi diretti dalla propria moglie di roccia, i suoi «figli di sale» possono
addirittura essere gli eredi.
Dopo la Conquista, i matrimoni di sale sono diventati decisamente infrequenti sulle
Isole di Ferro, ciò in quanto Aegon il Drago ha decretato il sequestro di donne crimine in
tutti i Sette Regni (su insistenza della regina Rhaenys, si dice). Il Conquistatore proibì
pure le razzie nell’ambito dei suoi dominii. I suoi successori però hanno fatto rispettare
dette proibizioni solo sporadicamente, e sono molti gli uomini di ferro che agognano un
ritorno a quella che chiamano l’Antica Via.
Corone di Legno di mare
Nell’Età degli Eroi, dicono le leggende, gli uomini di ferro erano dominati da un
possente monarca conosciuto solamente come il Re Grigio. Il Re Grigio dominava perfino
il mare e aveva preso per moglie una sirena, affinché i suoi figli e le sue figlie potessero
vivere sia al di sopra delle onde sia al di sotto di esse, a loro scelta. Aveva capelli, occhi e
barba grigi come il mare d’inverno, caratteristica dalla quale egli traeva il suo nome. La
corona che indossava era fatta di legno levigato dall’oceano, in modo che tutti coloro i
quali s’inchinavano al suo potere capissero che sua grazia proveniva dal mare e dal Dio
Abissale che ne abitava le profondità.
Molteplici e portentose sono le imprese che cantastorie e septon attribuiscono al Re
Grigio. Fu proprio lui a portare il fuoco sulla terra, provocando il Dio della Tempesta al
punto che, nella sua ira, questi scagliò una folgore, incendiando un albero. Parimenti, fu
il Re Grigio a insegnare agli uomini a intrecciare le reti da pesca, a tessere le vele e a
ricavare la prima nave lunga scavando nel duro, livido legno di Ygg, l’albero-demone che
si nutriva di carne umana.
In ogni caso, tra le imprese del Re Grigio, primaria fu l’uccisione di Nagga, il più
gigantesco dei draghi marini, una bestia talmente colossale che si diceva potesse
inghiottire leviatani e piovre abissali giganti, la sua furia in grado di sprofondare intere
isole. Fu con le ossa di Nagga, le costole usate come pilastri e travi, che il Re Grigio eresse
la sua torreggiante sede. Da essa, per mille interi anni, dominò le Isole di Ferro, fino a
quando la sua stessa pelle non divenne grigia come i suoi capelli e la sua barba. Solo a
quel punto mise da parte la Corona di Legno di mare e s’immerse nell’oceano, scendendo
fino alla reggia equorea del Dio Abissale, così da sedersi alla sua destra.
Il Re Grigio dominava su tutte le Isole di Ferro ma, alla sua dipartita, lasciò dietro di sé
qualcosa come cento figli, i quali cominciarono immediatamente ad avventarsi gli uni
contro gli altri per la successione. Fratello si scagliò contro fratello in un’orgia di
sterminio di consanguinei che si perpetuò fino a quando non ne rimasero solamente
sedici. Detti sopravvissuti decisero di dividersi le isole tra loro. Tutte le grandi casate
degli uomini di ferro affermano di discendere dal Re Grigio e dalla di lui progenie,
eccezion fatta, stranamente, per i Buonfratello di Vecchia Wyk e Grande Wyk, i quali, si
suppone, discendano dal leale fratello maggiore del Re Grigio.
Tanto affermano sia le leggende sia i preti del Dio Abissale.
La storiografia, per contro, dice qualcosa di molto diverso. Stando ai più ancestrali
resoconti scritti della Cittadella, ognuna delle Isole di Ferro era, un tempo, un regno
separato e distinto, dominata non da un solo re bensì da due: un «re di roccia» e un «re di
sale». Il primo dominava l’isola in quanto tale, amministrando la giustizia, stipulando
leggi, pacificando controversie. Il secondo comandava sul mare, quandunque e dovunque
le navi lunghe di quell’isola salpassero.
I resoconti giunti fino a noi affermano che i re di roccia erano quasi sempre più vecchi
dei re di sale. In taluni casi, i due erano padre e figlio, fatto che ha indotto diversi
studiosi ad argomentare che i re di sale non fossero null’altro che eredi, principi della
corona dei loro padri. Cionondimeno, in svariate circostanze a noi note il re di roccia e il
re di sale appartenevano a due casate diverse, a volte addirittura a casate rivali note per la
loro inimicizia reciproca.
Negli altri luoghi di Westeros, re minori si mettevano in capo una corona d’oro in virtù
del loro lignaggio e della loro discendenza, ma le Corone di Legno di mare degli uomini
di ferro non erano state conquistate con la stessa facilità. Sulle Isole di Ferro, caso unico
in tutti i Sette Regni, sono gli uomini a proclamare i loro re, riunendosi in grandi concilii
chiamati «acclamazioni di re» allo scopo di scegliere il re di roccia e il re di sale che
domineranno su tutti loro. Alla morte di un re, i preti del Dio Abissale richiedono
un’acclamazione di re per nominare il successore. In siffatte, turbolente assemblee, che
spesso si protraggono per giorni interi, in taluni casi anche più a lungo, a ogni uomo
proprietario e al comando di un vascello è concesso parlare. Inoltre, gli uomini di ferro
parlano di circostanze nelle quali i preti chiamano a raccolta «i capitani e i re» per
destituire un dominatore mediocre.
In effetti, le ossa pietrificate di una qualche titanica creatura marina si ergono a tutt’oggi sulla sommità della Collina di
Nagga a Vecchia Wyk. Per contro, la diatriba volta a stabilire se esse siano davvero le ossa di un drago marino
rimane quanto mai aperta. Dette costole sono enormi, certo, ma neppure remotamente grandi al punto da essere
appartenute a una bestia capace di dilaniare leviatani e piovre giganti. In verità, taluni studiosi mettono in dubbio
l’esistenza stessa dei draghi marini. Dovessero detti mostri esistere, di certo avrebbero dimora nelle voragini più
profonde e più tenebrose del Mare del Tramonto. Nel corso dei millenni nessuno ha mai visto una di siffatte creature
nel mondo conosciuto.
Né dev’essere sottovalutato il potere che questi profeti del Dio Abissale hanno sugli
uomini di ferro. Solamente loro hanno il diritto di richiedere un’acclamazione di re, e
guai a colui, sia esso un lord o addirittura un re, che osi sfidarli. Il più grande di costoro
era il torreggiante profeta Galon Vergabianca, così chiamato per il lungo bastone bianco
scolpito che portava con sé ovunque allo scopo di convertire i senza dio. (In talune storie,
il suo bastone è fatto di legno di albero-diga; in altre, è ricavato da una delle ossa di
Nagga.)
Fu Galon a decretare che gli uomini di ferro non dovevano fare guerra ad altri uomini
di ferro, a proibire loro di rapire le donne gli uni degli altri e di condurre razzie sulle
coste gli uni degli altri. Fu lui infine a forgiare le Isole di Ferro in un unico regno,
riunendo i capitani e i re su Vecchia Wyk così da scegliere un alto re che regnasse al di
sopra sia dei re di roccia sia dei re di sale. Fu scelto Urras Greyiron, chiamato Piede-di-
ferro, re di sale di Orkmont, il più temuto predone di quel tempo. Galon in persona pose
la Corona di Legno di mare sul capo dell’alto re: Urras Piede-di-ferro divenne così il
primo uomo dopo il Re Grigio a regnare su tutti gli uomini di ferro.
Molti anni più tardi, alla morte di Urras Piede-di-ferro a causa delle ferite riportate nel
corso di un’incursione, il suo primogenito prese possesso della corona, proclamando se
stesso re Erich I. A dispetto del suo essere quasi cieco e indebolito dall’età, Galon si
oppose in modo deciso a una simile presa del potere, affermando che un re poteva essere
scelto solamente tramite un’acclamazione di re. I capitani e i re si riunirono ancora una
volta su Vecchia Wyk, ed Erich l’Infame venne deposto e condannato a morte, un destino
che egli riuscì a evitare spezzando la corona del padre e gettandone i resti in mare a
conferma della propria sottomissione al Dio Abissale. Al suo posto, l’acclamazione di re
nominò Regnar Drumm, chiamato il Mallevadore di Corvi, re di roccia di Vecchia Wyk.
Per tradizione, ogni singola Corona di Legno di mare veniva spezzata e gettata alle onde alla morte del sovrano che
l’aveva portata. Il successore ne avrebbe così indossata un’altra, fatta a sua volta di nuovo legno di mare appena
trascinato sulle rive dell’isola che era la sua casa. Per questo ogni corona era diversa dalle precedenti. Alcune
corone erano piccole e semplici, altre gigantesche, elaborate, magnifiche.
Per le Isole di Ferro, i secoli che seguirono furono un’età dell’oro, ma al tempo stesso
un’età oscura per quei primi uomini che vivevano sulle coste occidentali del continente.
Quando i predoni si lanciavano alla ricerca di cibo per affrontare i rigori dell’inverno, di
legname per costruire le loro navi lunghe, di mogli di sale perché queste dessero loro dei
figli, di tesori dei quali le Isole di Ferro erano carenti, dopo ogni razzia facevano ritorno a
casa con il loro bottino. Ma sotto i Re del Legno di mare questa cosiddetta «tradizione»
cedette il passo a qualcosa di molto più arduo, molto più pericoloso: conquista,
colonizzazione, dominio.
Storia degli uomini di ferro, dotto testo dell’arcimaestro Haereg, elenca centoundici
uomini che hanno portato la Corona di Legno di mare che li consacrava alti re delle Isole
di Ferro. Per ammissione dello stesso autore, trattasi di una lista incompleta e piena di
contraddizioni. Cionondimeno, nessun dubbio può sussistere sul fatto che i Re del Legno
di mare abbiano raggiunto il loro massimo splendore sotto Qhored I Hoare (denominato
Greyiron in taluni resoconti, Blacktyde in altri), il quale vergò con il sangue il proprio
nome nelle storiografie di Westeros come Qhored il Crudele. Re Qhored dominò sugli
uomini di ferro per tre quarti di secolo, raggiungendo la veneranda età di novant’anni.
Nel corso del suo regno, i primi uomini delle terre verdi abbandonarono quasi del tutto
le coste del Mare del Tramonto proprio nel timore delle razzie. E i pochi a restare,
soprattutto lord nei loro robusti castelli, pagavano un tributo agli uomini di ferro.
Fu lo stesso Qhored a vantarsi del suo celebre motto: «Dovunque gli uomini sentono
l’odore dell’acqua di mare o odono il rombo delle onde». Negli anni della sua gioventù,
egli conquistò e saccheggiò Vecchia Città, trascinando in catene uomini e donne a
migliaia sulle Isole di Ferro. All’età di trent’anni, sconfisse in battaglia i lord del Tridente,
costringendo il re dei Fiumi Bernarr II a fare atto di sottomissione e a cedere tutti e tre i
suoi figli in qualità di ostaggi. Tre anni dopo Qhored mise i ragazzi a morte, uccidendoli
con le proprie mani, strappando loro il cuore, e questo perché il padre era in ritardo nel
pagamento del tributo annuale. Quando l’affranto sovrano scese in guerra per vendicarli,
re Qhored e i suoi uomini di ferro distrussero l’esercito di Bernarr e annegarono il re
sacrificandolo al Dio Abissale, determinando l’estinzione della Casa Justman e gettando
le Terre dei Fiumi in una lunga, sanguinosa anarchia.
Ma, dopo Qhored, per le Isole di Ferro ebbe inizio un lento declino. Declino di cui i re
che succedettero a Qhored furono comunque corresponsabili, per quanto gli uomini
delle terre verdi stessero al contempo diventando più forti. I primi uomini avevano a loro
volta cominciato a costruire navi lunghe, le loro città difese da mura di pietra invece di
palificazioni di legno e fossati con rostri.
I Gardener di Alto Giardino e gli Hightower di Vecchia Città furono i primi a cessare
di pagare i tributi. Quando re Theon II Greyjoy salpò contro di essi, venne sconfitto sul
campo e ucciso da lord Lymond Hightower, il Leone di Mare, il quale poi ripristinò lo
schiavismo a Vecchia Città giusto per il tempo necessario a costringere gli uomini di ferro
catturati in battaglia ai lavori forzati allo scopo di rinforzare le mura della città.
La forza crescente degli uomini delle Terre dell’Ovest pose ai Re del Legno di mare
una minaccia ancora più significativa. Isola Bella fu la prima a cadere, il popolino guidato
da Gylbert Farman insorse per espellere i signori della guerra degli uomini di ferro. Una
generazione più tardi, i Lannister presero la città di Kayce quando Herrock il Figlio di
Baldracca soffiò nel suo grande corno dorato e le baldracche della città aprirono ai suoi
uomini la porta delle scolte. Tre successivi re degli uomini di ferro tentarono di
riprendere quel trofeo: tutti e tre fallirono, due di loro abbattuti dalla spada di Herrock.
Pur avendo accettato i Sette Dèi come le vere divinità, Harmund II continuò a venerare anche il Dio Abissale e, al suo
ritorno a Grande Wyk, parlò apertamente di «Otto Dèi», decretando che venisse eretta una statua del Dio Abissale
sulla porta di ogni tempio, decisione che non fu gradita né ai septon né ai preti e che venne esecrata da entrambi gli
schieramenti. Per cercare di placare gli animi, il re abrogò quel decreto e dichiarò che dio aveva soltanto sette
facce... ma il Dio Abissale era una di esse, come manifestazione dello Straniero.
La cosa non fu gradita né agli uomini di ferro né ai Lannister. Quando la voce arrivò a
Castel Granito, il re richiamò tutte le navi da guerra, lasciando Crakehall a sbrogliarsela
da solo. Senza la forza e la ricchezza di Casa Lannister alle spalle, «re Aubrey» vide il suo
potere sgretolarsi rapidamente. Regnò meno di sei mesi, prima di essere catturato e
sacrificato al mare da Shrike in persona.
La guerra tra gli uomini di ferro e gli abitanti delle Terre dell’Ovest continuò ad
avvampare sporadicamente per altri cinque anni, per poi concludersi con una pace
stremata che lasciò le Isole di Ferro impoverite, bruciate e distrutte. L’inverno successivo
fu lungo e duro, e viene ricordato sulle isole come «l’inverno della carestia». Quell’anno,
riferisce Hake, perirono di stenti il triplo degli uomini di ferro che erano morti nelle
battaglie precedenti.
Dovevano passare secoli prima che le Isole di Ferro si riprendessero, una lunga e lenta
risalita verso la prosperità e il potere. Possiamo tralasciare i re che regnarono in quel
periodo buio: molti erano fantocci di lord o preti; alcuni assomigliavano più ai razziatori
dell’Età degli Eroi, come Harrag Hoare e suo figlio Ravos lo Stupratore che assalirono il
Nord negli anni del regno sanguinario del Lupo Famelico, ma detti re furono rari e
lontani nel tempo l’uno dall’altro.
Le razzie e i commerci contribuirono al recupero dell’orgoglio e dell’audacia delle
isole. Altre terre adesso costruivano navi da guerra più grandi e temibili di quelle degli
uomini di ferro, ma nessun paese poteva vantare marinai più coraggiosi. I mercanti e i
commercianti che salpavano da Lordsport, Pyke, e dai porti di Grande Wyk, Harlaw e
Orkmont, attraversavano i mari facendo scalo a Lannisport, Vecchia Città e nelle città
libere, e ritornavano alle loro isole con tesori che i loro antenati neppure sognavano.
Le razzie però continuavano... solo che i «lupi del mare» non cacciavano più nei pressi
di casa, perché i re delle terre verdi erano diventati troppo potenti per rischiare di
provocarli. Adesso gli uomini di ferro andavano a cercare le loro prede in mari più
lontani, sulle Isole del Basilisco e sulle Stepstones, o sulle coste delle Terre Contese.
Alcuni prestavano servizio come ciurma mercenaria, combattendo per una o l’altra delle
città libere, nelle loro eterne guerre commerciali.
Così fece anche Harwyn Hoare, il terzogenito di Qhorwyn l’Astuto, un re scaltro e
avido che trascorse tutto il suo regno accumulando ricchezza ed evitando la guerra. «La
guerra nuoce al commercio» dichiarava ignobilmente, anche se stava raddoppiando, e poi
triplicando le sue flotte, e comandava ai fabbri di forgiare altre armature, spade e asce.
«La debolezza stimola l’attacco» dichiarava Qhorwyn. «Se vogliamo la pace, dobbiamo
essere forti.»
Re Harwyn Hoare.
Suo figlio Harwyn teneva la pace in poca considerazione, ma aveva estrema fiducia
nelle armi e nelle armature forgiate dal padre. D’indole bellicosa, a detta di tutti, terzo
nella successione, Harwyn Hoare fu mandato per mare in giovane età. Navigò con vari
razziatori sulle Stepstones, si recò a Volantis, Tyrosh e Braavos, diventò uomo nei giardini
del piacere di Lys, trascorse due anni sulle Isole del Basilisco come prigioniero di un re
pirata, mise la sua spada al servizio di una compagnia libera delle Terre Contese e
combatté diverse battaglie con i Secondi Figli.
Quando Harwyn fece ritorno sulle Isole di Ferro, trovò il padre in fin di vita e il fratello
maggiore morto da due anni a causa del morbo grigio. Restava ancora un fratello, il
secondogenito, tra Harwyn e la corona, e la sua scomparsa improvvisa, proprio mentre il
re esalava gli ultimi respiri, ancora oggi è oggetto di discussione. Tutti coloro che erano
presenti alla morte del principe Harlan dichiararono che essa era stata accidentale,
provocata da una caduta da cavallo; ma se avessero insinuato altrimenti avrebbero
ovviamente rischiato la vita. Fuori dalle Isole di Ferro, in molti erano convinti che dietro
al decesso del fratello ci fosse il principe Harwyn. Alcuni sostenevano che avesse agito di
persona, altri che il principe Harlan fosse stato ucciso da un Uomo senza faccia di
Braavos.
Sei giorni dopo la dipartita del principe erede, anche re Qhorwyn spirò, lasciando il
trono al terzogenito che, come Harwyn Manodura, avrebbe ben presto scritto con il
sangue il suo nome nelle cronache dei Sette Regni.
Quando il nuovo re visitò i cantieri del padre, dichiarò che «le navi lunghe sono fatte
per navigare». Quando passò in rassegna le armerie reali, annunciò che «le spade sono
fatte per essere lordate di sangue». Re Qhorwyn andava spesso ripetendo che la
debolezza fa muovere all’attacco. Quando suo figlio scrutò al di là del Golfo dell’Uomo di
ferro, vide solo debolezza e confusione nelle Terre dei Fiumi, dove i lord del Tridente
scalpitavano nervosamente sotto il giogo del re della Tempesta, Arrec Durrandon, il
quale risiedeva lontano, a Capo Tempesta.
Harwyn radunò un esercito e lo portò al di là della baia con un centinaio di navi
lunghe del padre. Approdando senza incontrare resistenza a nord di Seagard, gli invasori
trasportarono le imbarcazioni via terra fino alla Forca Blu del Tridente, per poi
discendere il fiume con fuoco e spade. Alcuni lord dei Fiumi sollevarono le armi contro
di loro, ma i più non lo fecero, perché né affetto né deferenza li legavano ai lord delle
Terre della Tempesta cui avevano giurato fedeltà.
A quell’epoca, gli uomini di ferro erano considerati feroci combattenti in mare ma
facili da sbaragliare sulla terraferma. Harwyn Hoare, però, non era un uomo di ferro
come tutti gli altri. Tempratosi nelle Terre Contese, si dimostrò altrettanto efferato sulla
terraferma come in mare, mettendo in fuga qualunque nemico incrociasse sul suo
cammino. Dopo che ebbe riportato una schiacciante vittoria sui Blackwood, molti lord
del Tridente si schierarono con lui.
A Fairmarket, Harwyn si trovò davanti Arrec Durrandon, il giovane re della Tempesta,
alla guida di un esercito numeroso una volta e mezzo il suo... ma gli uomini delle Terre
della Tempesta erano mal condotti, esausti e lontani da casa, per cui gli uomini di ferro e
i lord dei Fiumi li sconfissero duramente. Re Arrec perse due fratelli e metà dei suoi
uomini, e fu già fortunato a sopravvivere. Quando egli ripiegò verso sud, il popolo delle
Terre dei Fiumi si sollevò e le guarnigioni reali vennero messe in fuga, oppure
annientate. Le vaste e fertili Terre dei Fiumi, con tutte le loro ricchezze, passarono dalle
mani di Capo Tempesta a quelle degli uomini di ferro.
Con una mossa audace, Harwyn Manodura aveva decuplicato i suoi possedimenti e
reso di nuovo temibili le Isole di Ferro. Quei lord del Tridente che si erano schierati con
lui coltivando la speranza di liberarsi dei Durrandon compresero ben presto che i nuovi
padroni erano molto più brutali ed esigenti dei loro predecessori. Harwyn avrebbe
governato la sua conquista con mano pesante fino alla morte, trascorrendo molto più
tempo nelle Terre dei Fiumi che non sulle Isole di Ferro, spostandosi da una parte
all’altra del Tridente alla testa di un esercito rapace, fiutando ogni minimo accenno di
rivolta mentre riscuoteva tasse, tributi e mogli di sale. «Il suo palazzo era una tenda, il
suo trono una sella» si diceva di lui.
Il figlio Halleck, che salì al trono quando Harwyn Manodura morì nel suo
quarantaseiesimo anno di età, era un uomo della stessa pasta. Halleck visitò le Isole di
Ferro solo tre volte nel corso del proprio regno. Tutti dicono che vi trascorse meno di due
anni. Benché si considerasse un uomo di ferro, facesse sacrifici al Dio Abissale e avesse
sempre tre preti al fianco, Halleck Hoare aveva in sé più del Tridente che del mare salato,
e sembrava guardare alle isole esclusivamente come riserva di armi, navi e guerrieri. Il
suo regno fu ancora più sanguinario di quello del padre, ma meno di successo, segnato
da sconfitte contro gli uomini delle Terre dell’Ovest e delle Terre della Tempesta, e
almeno tre tentativi di conquistare la Valle, tutti finiti in modo disastroso alla Porta
Insanguinata.
Come il padre, re Halleck trascorse gran parte del suo regno nelle tende degli
accampamenti militari. Quando non era in guerra, governava i propri vasti possedimenti
da una modesta torre a Fairmarket, nel cuore delle Terre dei Fiumi, vicino al luogo della
grande vittoria paterna.
Suo figlio, invece, aspirò a una dimora più maestosa, e avrebbe trascorso la maggior
parte del proprio regno a erigerla. Ma la storia di Harren il Nero e della costruzione di
Harrenhal è narrata altrove.
Il respiro di drago che alla fine distrusse Harrenhal pose violentemente fine ai sogni di
re Harren, al dominio degli uomini di ferro sulle Terre dei Fiumi e alla «stirpe nera» di
Casa Hoare.
I Greyjoy di Pyke
Lo stemma di Casa Greyjoy (al centro) e alcune case illustri del passato e del presente (in senso orario, dall’alto): Greyiron,
Goodbrother, Wynch, Botley, Drumm, Harlaw, Hoare e Blacktyde.
La morte di Harren il Nero e dei suoi figli lasciò le Isole di Ferro prive di re e preda del
caos.
Molti grandi lord e celebri guerrieri si erano battuti al fianco di Harren nelle Terre dei
Fiumi. Alcuni erano periti con lui nell’incendio di Harrenhal, altri quando quelle terre si
erano sollevate contro di loro. Solo in pochi raggiunsero vivi la costa, e ancor meno
furono quelli che trovarono ad aspettarli navi lunghe non danneggiate dal fuoco, pronte a
riportarli a casa.
Nel tempo che seguì la distruzione di Harrenhal, Aegon Targaryen e le sue sorelle
poco si curarono delle Isole di Ferro: avevano preoccupazioni più impellenti e nemici da
sconfiggere in ogni dove. Abbandonati a loro stessi, gli uomini di ferro cominciarono
subito a scontrarsi gli uni con gli altri.
Qhorin Volmark, un lord minore dell’isola di Harlaw, fu il primo ad avanzare pretese
sulla corona: sua nonna era una sorella minore di Harwyn Manodura e, sulla base di
questo legame, Volmark si proclamò erede legittimo della «stirpe nera».
A Vecchia Wyk, quaranta preti si riunirono sotto le ossa di Nagga per assegnare la
Corona di Legno di mare a uno di loro, un sant’uomo a piedi nudi chiamato Lodos, il
quale sosteneva di essere il figlio vivente del Dio Abissale.
In breve, altri pretendenti apparvero a Grande Wyk, Pyke e Orkmont, e per un anno e
più i loro sostenitori si fronteggiarono, per terra e per mare. Aegon il Conquistatore pose
fine ai combattimenti nel 2 DC quando, in groppa a Balerion, il Terrore Nero, calò su
Grande Wyk, accompagnato da una imponente flotta da guerra. Davanti a lui, gli uomini
di ferro furono costretti a cedere. Qhorin Volmark morì per mano del Conquistatore
stesso, abbattuto da Fuoconero, la sua lama d’acciaio di Valyria. A Vecchia Wyk, il re-prete
Lodos si rivolse al suo dio, chiedendo alle piovre abissali di trainare le navi da guerra di
Aegon. Quando le piovre non comparvero, Lodos si riempì le vesti di pietre ed entrò in
mare, per «consigliarsi» con il padre. A migliaia lo seguirono.
In seguito i loro cadaveri rigonfi continuarono ad arenarsi per anni sulle coste delle
isole, trascinati dalla corrente, ma il corpo del prete non era tra loro. A Grande Wyk e
Pyke, i contendenti superstiti (giacché il re di Orkmont era stato assassinato l’anno
precedente) fecero rapidamente atto di sottomissione e resero omaggio a Casa Targaryen.
Ma chi li avrebbe governati? Sul continente, alcuni esortavano Aegon a rendere gli
uomini di ferro vassalli di lord Tully di Delta delle Acque, nominato dal re lord supremo
del Tridente. Altri suggerivano che le isole venissero date a Castel Granito. Certi si
spinsero addirittura a implorare Aegon di radere al suolo le isole con il respiro di drago,
ponendo fine una volta per tutte al flagello degli uomini di ferro.
Aegon scelse un’altra strada ancora. Dopo aver riunito i restanti lord delle Isole di
Ferro, annunciò che avrebbe concesso loro di eleggere il proprio lord supremo. Com’era
prevedibile, scelsero uno dei loro: Vickon Greyjoy, Lord Mietitore di Pyke, un celebre
capitano discendente dal Re Grigio. Anche se Pyke era più piccola e povera di Grande
Wyk, Harlaw e Orkmont, i Greyjoy vantavano un antico e illustre lignaggio. All’epoca
dell’acclamazione di re, solo i Greyiron e i Buonfratello avevano generato più re, e i
Greyiron si erano estinti.
Esausti e immiseriti da anni di guerra, gli uomini di ferro accettarono i nuovi padroni
senza obiettare.
Le Isole di Ferro impiegarono quasi una generazione a sanare le ferite causate dalla
caduta di Harren, e dalla successiva guerra fratricida. Vickon Greyjoy, insediatosi sul
Trono del Mare, a Pyke, si dimostrò un sovrano severo ma cauto. Anche se non dichiarò
fuori legge le razzie, ordinò che quella pratica fosse limitata alle acque profonde, lontano
dalle coste del continente occidentale, in modo da non suscitare la collera del Trono di
Spade. E giacché Aegon aveva abbracciato il culto dei Sette Dèi ed era stato unto
dall’Alto Septon di Vecchia Città, lord Vickon permise ai septon di tornare ancora una
volta sulle isole a predicare il Credo.
Tale decisione fece adirare molti uomini di ferro devoti e provocò l’ira dei preti del Dio
Abissale, come sempre era successo in passato. «Lasciate pure che predichino» rispose
lord Vickon, quando gli riferirono del malcontento. «Abbiamo bisogno di vento per
gonfiare le nostre vele.» Lui era un uomo di Aegon, ricordò al figlio Goren, e solo un
pazzo avrebbe osato insorgere contro i Targaryen e i loro draghi.
Goren Greyjoy si sarebbe ricordato di queste parole. Quando il padre morì, nel 33 DC,
egli divenne lord delle Isole di Ferro, dopo aver sedato una goffa cospirazione per
restaurare la stirpe nera incoronando Qhorin Volmark al posto suo. Quattro anni più
tardi, Goren dovette affrontare una prova più ardua, quando Aegon il Conquistatore morì
improvvisamente a Roccia del Drago e al suo posto salì al trono il figlio Aenys. Pur
essendo affabile e di buone intenzioni, Aenys Targaryen era considerato da tutti un
debole, inadatto a sedere sul Trono di Spade. Il nuovo re era ancora in visita nelle
principali città del regno, quando in tutto il reame cominciarono a divampare le rivolte.
Una di queste sommosse sconvolse anche le Isole di Ferro: era capeggiata da un uomo
che proclamava di essere Lodos, finalmente tornato dalla casa del padre nelle profondità
del mare. Ma Goren Greyjoy lo affrontò con fermezza, arrivando addirittura a inviare a
Aenys Targaryen la testa del re-prete in salamoia. Sua grazia fu talmente deliziato dal
dono che promise a lord Goren di concedergli qualsiasi favore fosse stato in suo potere
garantire. Essendo un uomo saggio oltre che feroce, Greyjoy chiese al re di permettergli
di cacciare i septon e le septe dalle Isole di Ferro. Re Aenys dovette acconsentire. Sarebbe
passato un secolo prima che un altro tempio venisse aperto sulle isole.
Per lunghi anni dopo allora, gli uomini di ferro rimasero quiescenti, dominati da una
serie di lord Greyjoy. Senza pensieri di conquista, vissero pescando, commerciando e
sfruttando le miniere. Il continente occidentale misura il suo punto più largo tra
Approdo del Re e Pyke, e gli uomini di ferro avevano ben poco a che fare con le questioni
di corte. La vita sulle isole era dura, soprattutto d’inverno, ma da sempre era stato così.
Alcuni sognavano ancora di tornare all’Antica Via, quando gli uomini di ferro erano un
popolo temuto, ma le Stepstones e il Mare dell’Estate erano lontani, e i Greyjoy sul Trono
del Mare non avrebbero permesso di razziare nei pressi di casa.
La Piovra Rossa
Doveva trascorrere quasi un secolo prima del risveglio della piovra. Quei sogni di
grandezza, tuttavia, non erano mai morti, i preti continuavano a predicare l’Antica Via
immersi fino alle ginocchia nel mare salato, mentre, in centinaia di bordelli e taverne di
marinai lungo i moli, i vecchi andavano avanti a ripetere le storie del passato, di quando
gli uomini di ferro erano ricchi e orgogliosi, e ogni rematore aveva una dozzina di mogli
di sale che di notte gli scaldavano il letto. Molti bambini e ragazzi si erano inebriati di
quelle storie, bramando la vita gloriosa dei pirati.
Uno di costoro era Dalton Greyjoy, giovane, turbolento figlio dell’erede di Pyke e delle
Isole di Ferro. Di lui, Hake scrive: «Amava tre cose: il mare, la spada e le donne». Un
ragazzino coraggioso, testardo e irascibile, che pare abbia cominciato a remare a cinque
anni e a fare razzie a dieci, accompagnando lo zio sulle Isole del Basilisco a depredare le
città pirata.
A quattordici anni, Dalton Greyjoy si era spinto fino a Vecchia Ghis, aveva partecipato
a una dozzina d’incursioni e reclamato quattro mogli di sale. I suoi uomini lo amavano
(più delle sue mogli, in quanto Dalton si stancava delle donne rapidamente). Quanto a
lui, amava la sua lama, una spada lunga d’acciaio valyriano che aveva preso a un corsaro
morto e ribattezzato Crepuscolo. A quindici anni, mentre combatteva come mercenario
sulle Stepstones, vide uccidere suo zio e lo vendicò, riportando una dozzina di ferite, per
cui lasciò il campo ricoperto di sangue dalla testa ai piedi. Da quel giorno, gli uomini lo
chiamarono la Piovra Rossa.
Verso la fine di quello stesso anno, la notizia della morte del padre lo raggiunse sulle
Stepstones, per cui la Piovra Rossa rivendicò il Trono del Mare come lord delle Isole di
Ferro. Da subito iniziò a costruire navi lunghe, forgiare spade e addestrare uomini al
combattimento. Se qualcuno gli chiedeva perché, il giovane lord rispondeva: «Sta
arrivando la tempesta».
Previsione che si avverò l’anno successivo, quando re Viserys I Targaryen morì nel
sonno, nella Fortezza Rossa di Approdo del Re. Sua figlia Rhaenyra e il fratellastro
Aegon rivendicarono entrambi il Trono di Spade, e cominciò quell’orgia di sangue,
battaglie, rapine e assassini nota come la Danza dei Draghi. Quando la notizia arrivò a
Pyke, pare che la Piovra Rossa sia scoppiato in una risata.
Per tutta la durata della guerra fratricida, la principessa Rhaenyra e la sua fazione,
quella dei«neri», godettero di un grande vantaggio in mare: tra i loro sostenitori c’era
infatti Corlys Velaryon, lord delle Maree, il leggendario Serpente di Mare che comandava
la flotta di Casa Velaryon di Driftmark. Sperando di bilanciare la situazione, il concilio
verde di re Aegon II avviò una trattativa con Pyke, offrendo a lord Dalton un posto nel
concilio ristretto come lord ammiraglio del reame, se avesse portato le sue navi lunghe
dall’altra parte del continente occidentale per combattere il Serpente di Mare. L’offerta
era allettante, e pressoché ogni condottiero rampante l’avrebbe accettata senza indugio,
ma lord Dalton era di una scaltrezza rara in un giovane di quell’età, per cui aspettò
l’offerta della principessa Rhaenyra.
Quando la di lei missiva arrivò, egli la trovò molto più interessante. I neri non gli
chiedevano di circumnavigare il continente occidentale con la sua flotta per dare
battaglia nel Mare Stretto, un’impresa quantomeno rischiosa. La principessa gli
domandava soltanto di attaccare i suoi nemici. Tra di loro c’erano i Lannister di Castel
Granito, le cui terre erano vicine alle sue e vulnerabili. Lord Jason Lannister aveva
portato con sé la maggior parte dei cavalieri, arcieri e combattenti esperti, per attaccare
gli alleati di Rhaenyra nelle Terre dei Fiumi a oriente, lasciando le Terre dell’Ovest
scarsamente difese. In questo, lord Dalton vide un’opportunità.
Mentre, dopo la morte sul campo di lord Jason nelle Terre dei Fiumi, l’esercito dei
Lannister si trascinava di battaglia in battaglia sotto la guida di troppi comandanti, la
Piovra Rossa e i suoi uomini di ferro calarono sulle Terre dell’Ovest come lupi su un
gregge di pecore. Castel Granito in sé si dimostrò inespugnabile, dopo che Johanna, la
vedova di lord Jason, ebbe sbarrato gli ingressi, ma gli uomini di ferro bruciarono la
flotta nemica e saccheggiarono Lannisport, portando via grandi quantitativi d’oro,
granaglie e beni mercantili, oltre a prendere centinaia di donne e fanciulle come mogli di
sale, tra esse l’ultima favorita di lord Jason e le loro figlie naturali.
Seguirono altre incursioni e altri saccheggi. Le navi lunghe scorrazzavano su e giù per
la costa occidentale, depredando come un tempo. La Piovra Rossa in persona guidò
l’attacco che portò alla presa di Kayce. Belcastello cadde, e così anche Isola Bella, con
tutte le sue ricchezze. Lord Dalton reclamò per sé quattro figlie di lord Farman come
mogli di sale, cedendo la quinta – «quella brutta» – a suo fratello Veron. Per quasi due
anni la Piovra Rossa regnò incontrastato sul Mare del Tramonto, come i suoi antenati
avevano fatto prima di lui, mentre altrove, nel continente occidentale, grandi eserciti
marciavano e combattevano, e i draghi roteavano nei cieli e si scontravano in battaglie
sanguinose.
Tutte le guerre, però, hanno una fine, e così fu anche per la Danza dei Draghi. La
principessa Rhaenyra morì, e dopo di lei anche re Aegon II. Nel contempo tanti draghi
Targaryen erano caduti, insieme a svariate decine di lord grandi e piccoli, centinaia di
valorosi cavalieri e migliaia di uomini comuni e del popolo. I neri e i verdi rimasti scesero
a patti: il figlio minore di Rhaenyra salì al trono come re Aegon III e sposò la figlia di
Aegon II, Jaehaera.
Pace ad Approdo del Re, però, non significava pace anche nelle Terre dell’Ovest. La
Piovra Rossa non era ancora sazio di combattere. Quando il concilio di reggenti che
governava in nome del nuovo re ragazzo gli ingiunse d’interrompere le scorrerie, egli
non prestò ascolto.
Alla fine, fu una donna a far crollare la Piovra Rossa. Una ragazza, a noi nota solo
come Tess, gli aprì la gola con il suo stesso stiletto, mentre dormiva nella camera da letto
di lord Farman, a Belcastello, dopodiché si gettò in mare.
La Piovra Rossa non aveva mai preso una moglie di roccia. I suoi eredi più prossimi
erano figli di sale: giovani fanciulli avuti con diverse mogli di sale. A poche ore dalla
morte di lord Dalton, tra gli uomini di ferro avvampò una sanguinosa lotta per la
successione. E prima ancora che si cominciasse a combattere a Vecchia Wyk e Pyke, il
popolino di Isola Bella insorse, sterminando gli uomini di ferro che ancora rimanevano
tra loro.
Nel 134 DC, lady Johanna Lannister volle vendicarsi di tutto quello che la Piovra Rossa
aveva fatto a lei e alla sua stirpe. Non potendo più disporre di una propria flotta, lady
Johanna convinse ser Leo Costayne, l’anziano lord ammiraglio dell’Altopiano, a
trasportare gli armigeri Lannister sulle Isole di Ferro. Immischiati nelle loro guerre di
successione, gli uomini di ferro furono sconfitti senza che neanche riuscissero ad
accorgersene.
Migliaia di uomini, donne e bambini vennero passati a fil di spada, svariate decine di
villaggi e centinaia di navi lunghe furono dati alle fiamme. Alla fine, però, lo stesso
Costayne cadde in battaglia, e il suo esercito si disgregò. Solo una parte della flotta
(carica di bottini di guerra, tra cui molte tonnellate di grano e pesce salato) fece ritorno a
Lannisport... ma tra i prigionieri di nobile nascita che riportò a Castel Granito c’era uno
dei figli di sale della Piovra Rossa. Lady Johanna lo fece quindi castrare, tramutandolo
nel buffone del figlio. «Si dimostrò un bravo giullare,» osserva l’arcimaestro Haereg
«tuttavia non buffo quanto suo padre.»
In altre terre, un lord che avesse attirato questo fato sulla sua casata e sul suo popolo
sarebbe stato denigrato, invece l’indole degli uomini di ferro delle isole è tale per cui la
Piovra Rossa è ancora oggi venerato e considerato uno dei loro più grandi eroi.
L’Antica Via e la Nuova
Da quel giorno, i lord mietitori di Casa Greyjoy hanno governato le Isole di Ferro dal
Trono del Mare, a Pyke. Nessuno, dopo la Piovra Rossa, ha mai rappresentato una reale
minaccia per i Sette Regni o per il Trono di Spade, ma pochi potrebbero veramente essere
definiti leali e fedeli servitori della corona. Un tempo erano re, e neanche lo scorrere di
mille anni può cancellare la memoria di una Corona di Legno di mare.
Un racconto dettagliato dei loro regni è disponibile in Storia degli uomini di ferro,
dell’arcimaestro Haereg. In detto tomo si può leggere di Dagon Greyjoy, l’Ultimo
Razziatore, le cui navi lunghe vessavano le coste occidentali mentre Aerys I Targaryen
sedeva sul Trono di Spade; di Alton Greyjoy, il Santo Pazzo, che cercò nuove terre da
conquistare oltre Luce Solitaria; di Torwyn Greyjoy, che fece un giuramento di sangue con
Acreacciaio, e poi lo tradì con i suoi nemici; di Loron Greyjoy, il Bardo, e della sua grande
e tragica amicizia con il giovane Desmond Mallister, un cavaliere delle terre verdi.
Quasi alla fine della grande opera di Haereg s’incontra lord Quellon Greyjoy, il più
saggio di tutti i re a essersi assiso sul Trono del Mare dopo Aegon il Conquistatore. Uomo
massiccio, alto sei piedi e mezzo, pare che fosse forte come un bue e rapido come un
gatto. Da giovane si era distinto come guerriero, combattendo contro i corsari e gli
schiavisti nel Mare dell’Estate. Leale servitore del Trono di Spade, guidò un centinaio di
navi lunghe attorno al capo meridionale di Westeros durante la guerra dei Re da Nove
Soldi, svolgendo un ruolo cruciale nello scontro attorno alle Stepstones.
Per contro, divenuto lord, Quellon preferì intraprendere la via della pace. Bandì le
razzie, tranne quelle con il suo benestare. Portò sulle Isole di Ferro svariate decine di
maestri della Cittadella, affinché servissero gli infermi come guaritori e i giovani come
precettori. I maestri portarono con sé i corvi, le cui ali nere avrebbero legato le isole alle
terre verdi con maggior solidità che in passato.
Lord Quellon liberò gli schiavi rimasti e abolì per legge la pratica della schiavitù sulle
Isole di Ferro (in questo non ebbe totalmente successo). E sebbene non avesse preso
mogli di sale, permise agli altri di farlo, tassandoli però pesantemente per tale privilegio.
Quellon Greyjoy ebbe nove figli da tre diverse mogli. Le prime due erano mogli di roccia,
unite a lui secondo gli antichi riti celebrati da un prete del Dio Abissale, l’ultima fu una
donna delle terre verdi, una Piper del Castello di Pinkmaiden, che lo sposò nella sala del
padre alla presenza di un septon.
In questo, e in molto altro, lord Quellon si staccò dalle antiche tradizioni degli uomini
di ferro, sperando così di creare rapporti più saldi tra i suoi territori e il resto dei Sette
Regni. Era un lord talmente forte che pochi osavano esprimersi apertamente contro di
lui, sapendo quanto fosse deciso, ostinato e temibile nella sua ira.
Quellon Greyjoy sedeva ancora sul Trono del Mare quando Robert Baratheon, Eddard
Stark e Jon Arryn si ribellarono al Re Folle. L’età aveva solo accentuato la sua naturale
prudenza, e quando la violenza dilagò nelle terre verdi, sua signoria decise di non
partecipare alla guerra. Ma i suoi figli avevano un’irrefrenabile fame di ricchezze e di
gloria, e la salute e il vigore fisico di lord Greyjoy erano in calo. Da qualche tempo sua
signoria era afflitto da crampi addominali che si erano fatti insopportabili al punto che
ogni sera doveva prendere una coppa di latte di papavero per dormire. Ciononostante,
egli resistette a tutte le pressioni interventiste finché un corvo arrivato da Pyke non
annunciò la morte del principe Rhaegar sul Tridente. Quella notizia coalizzò i tre figli
maggiori: i Targaryen erano finiti, gli dissero, e Casa Greyjoy doveva unirsi subito alla
rivolta, se non voleva perdere la possibilità di partecipare poi alla spartizione del bottino.
Lord Quellon dovette cedere. Si stabilì che gli uomini di ferro avrebbero dato prova
della propria fedeltà attaccando i lealisti Targaryen più vicini. Nonostante l’età e la
crescente infermità, sua signoria volle comandare la flotta di persona. Cinquanta navi
lunghe si raccolsero al largo di Pyke e puntarono i remi verso l’Altopiano. La maggior
parte degli uomini di ferro restò sulle isole, di guardia per un eventuale attacco
Lannister, non si sapeva ancora se Castel Granito si sarebbe schierato con i ribelli o con i
lealisti.
Ben poco si può dire sull’ultimo viaggio di Quellon Greyjoy. Nelle molte cronache
sulla Ribellione di Robert è soltanto un’appendice, un triste capitolo sanguinoso che non
ebbe alcuna influenza sull’esito finale della guerra. Gli uomini di ferro affondarono
alcuni pescherecci, catturarono qualche grasso mercante, diedero alle fiamme alcuni
villaggi e saccheggiarono un paio di piccole città. Ma alla foce del Mander incontrarono
l’inattesa resistenza degli abitanti delle Isole Scudo, arrivati di tutta fretta con le loro navi
lunghe per dare battaglia. Una dozzina di vascelli di ferro fu presa o affondata durante lo
scontro che seguì, e anche se gli uomini di ferro inflissero più perdite di quelle che
subirono, tra i loro caduti ci fu lord Quellon Greyjoy.
A quel punto la guerra era pressoché finita. Prudentemente, Balon Greyjoy preferì
tornare nelle proprie acque e reclamare il Trono del Mare.
Il nuovo lord delle Isole di Ferro era il figlio maggiore sopravvissuto di lord Quellon,
frutto del suo secondo matrimonio (tutti quelli del primo erano morti in giovane età).
Assomigliava molto al padre: a tredici anni sapeva correre sui remi di una nave lunga e
danzare la danza delle dita; a quindici trascorse l’estate a fare razzie sulle isole
Stepstones; a diciassette comandava la prima nave. Anche se non aveva la stazza e la
forza bruta del padre, Balon Greyjoy possedeva la stessa velocità e destrezza con le armi.
E di certo nessuno poteva mettere in dubbio il suo coraggio.
Pur essendo ancora un ragazzo, lord Balon non vedeva l’ora di liberare gli uomini di
ferro dal giogo del Trono di Spade e restituire loro una posizione di orgoglio e di potere.
Una volta salito sul Trono del Mare, cancellò molti decreti del lord suo padre, abolendo le
tasse sulle mogli di sale e dichiarando che i prigionieri di guerra potevano essere trattati
come schiavi. Non espulse i septon, ma decuplicò le loro tasse. Tenne i maestri, ma solo
in quanto si erano dimostrati troppo utili per privarsene. Dopo aver messo a morte il
maestro di Pyke per ragioni rimaste in parte oscure, lord Balon ne chiese subito un altro
alla Cittadella.
Lord Quellon aveva trascorso la maggior parte del suo lungo regno evitando la guerra,
lord Balon invece cominciò subito i preparativi per scatenarla. Più che l’oro o la gloria,
Balon Greyjoy bramava una corona. Quel sogno pare aver assillato Casa Greyjoy per tutta
la sua lunga storia. Il più delle volte, si disgregava in sconfitta, disperazione e morte,
come accadde anche nel caso di Balon Greyjoy. Per cinque anni egli si preparò, radunando
uomini e navi lunghe, facendo costruire una grande flotta di massicce navi da guerra con
scafi rinforzati e arieti di ferro, e ponti che brulicavano di scorpioni e catapulte. Le navi
della Flotta di Ferro erano più galee che navi lunghe, con dimensioni ben più grandi di
quelle mai costruite dagli uomini di ferro.
Nel 289 DC lord Balon sferrò l’attacco, proclamandosi re delle Isole di Ferro e
mandando i suoi fratelli, Euron e Victarion, a Lannisport, a bruciare la flotta Lannister.
«Il mare sarà il mio fossato,» dichiarò mentre le navi di lord Tywin andavano in fiamme
«e guai a chi oserà attraversarlo.»
Re Robert osò. Robert Baratheon, primo del suo nome, si era guadagnato gloria
imperitura sul Tridente. Lesto a rispondere, il giovane re convocò i vessilli di guerra e
mandò suo fratello Stannis, lord di Roccia del Drago, a doppiare Dorne con la flotta reale.
Le navi da guerra provenienti da Vecchia Città, Arbor e dall’Altopiano si unirono a lui.
Balon Greyjoy allora mandò il fratello Victarion a intercettarli, ma nello Stretto di Isola
Bella lord Stannis lo attirò in una trappola e sbaragliò l’intera Flotta di Ferro.
Con il «fossato» di Balon rimasto indifeso, re Robert non ebbe difficoltà a portare il
suo esercito oltre il Golfo dell’Uomo di ferro, da Seagard e Lannisport. Avendo i
Protettori dell’Ovest e del Nord a coprirgli le spalle, Robert compì sbarchi su Pyke,
Grande Wyk, Harlaw e Orkmont, facendosi strada tra le isole con l’acciaio e con il fuoco.
A Balon non rimase che ritirarsi nella sua roccaforte di Pyke, ma quando Robert abbatté il
muro di cinta e mandò i suoi uomini all’attacco attraverso la breccia, ogni resistenza
crollò.
La resurrezione del regno delle Isole di Ferro era durata meno di un anno. Tuttavia,
quando Balon venne portato in catene al cospetto di re Robert, l’uomo di ferro conservò
un atteggiamento sprezzante. «Puoi prendere la mia testa,» disse al re «ma non puoi
chiamarmi traditore. Nessun Greyjoy ha mai giurato fedeltà a un Baratheon.» Robert
Baratheon, con atteggiamento sempre clemente, pare che allora sia scoppiato in una
grossa risata, sempre apprezzando la presenza di spirito in un uomo, pur trattandosi di
un nemico. «Presta giuramento ora,» rispose «se non vuoi perdere la tua testa cocciuta.»
E così Balon Greyjoy fece atto di sottomissione e continuò a vivere, dopo aver consegnato
al re il giovanissimo Theon, l’ultimo figlio che gli era rimasto, come ostaggio della sua
lealtà.
Le Isole di Ferro sopravvivono oggi come sempre hanno fatto in passato. Dal regno
della Piovra Rossa ai giorni nostri, la loro storia è quella di un popolo stretto tra i sogni di
gloria del passato e la povertà del presente. Separate dal continente occidentale vero e
proprio dalle acque grigio-verde del mare, le isole restano un regno a sé stante. Il mare è
sempre in movimento, continua a cambiare, amano dire gli uomini di ferro, e tuttavia
permane, eterno e sconfinato, mai lo stesso eppure sempre uguale. La medesima cosa
vale anche per gli uomini di ferro, il popolo del mare.
«Puoi ricoprire un uomo di ferro con sete e velluti, insegnargli a leggere e scrivere,
dargli dei libri, spiegargli la cavalleria e la cortesia e i misteri del Credo,» scrive
l’arcimaestro Haereg «ma quando lo guardi, nei suoi occhi ci sarà sempre il mare, freddo
e grigio, e crudele.»
Pyke
Il castello di Pyke non è né il più grande né il più maestoso delle Isole di Ferro, ma
potrebbe forse essere il più antico, ed è da esso che i lord di Casa Greyjoy dominano gli
uomini di ferro.
C’è stato un lungo contenzioso sul fatto che l’isola di Pyke prenda il nome dal castello:
la gente dell’isola insiste che è il contrario.
La roccaforte di Pyke è talmente antica che nessuno sa con certezza a quando risalga,
né conosce il nome del lord che l’ha eretta. Come per il Trono del Mare, le sue origini
sono avvolte nel mistero.
Un tempo, secoli fa, Pyke era, al pari di altri castelli, costruita sulla solida roccia, sopra
una scogliera a strapiombo sul mare, con mura di cinta, torri e fortezze. Ma le falesie su
cui poggiava non erano solide come sembravano e, sotto l’incessante assalto delle onde,
esse cominciarono a sgretolarsi: le mura caddero, il terreno cedette, gli edifici esterni
andarono distrutti.
Oggidì, ciò che rimane di Pyke è un insieme di torri e fortezze disseminate su una
mezza dozzina di isolotti e scogliere, al di sopra delle onde rombanti. Una parte delle
mura di cinta, con un grande corpo di guardia e torri difensive, arriva fino al
promontorio, unico accesso, e questo è tutto ciò che resta del castello originario. Un
ponte di pietra unisce il promontorio al primo e più grande degli isolotti, e alla Grande
Fortezza di Pyke.
Più in là, ponti di corda collegano una torre all’altra. I Greyjoy amano dire che
chiunque sappia camminare su questi ponti mentre ulula la tempesta può facilmente
correre sui remi. Sotto le mura del castello, le onde continuano a infrangersi, notte e
giorno, contro le scogliere rimaste, a loro volta destinate prima o poi a sgretolarsi in
mare.
Le Terre dell’Ovest
Le Terre dell’Ovest sono formate da colline frastagliate e pianure ondeggianti, valli
nebbiose e coste scoscese, laghi azzurri, fiumi scintillanti, campi fertili e boschi a
latifoglie che brulicano di selvaggina d’ogni genere, dove porte seminascoste lungo le
pendici alberate conducono a grotte labirintiche che si snodano nell’oscurità, rivelando
meraviglie inimmaginabili e vaste ricchezze sotterranee.
Sono terre opulente, temperate e feconde, protette da alte colline a est e sud, con le
sterminate acque azzurre del Mare del Tramonto a ovest. Un tempo, i figli della foresta
dimoravano nei boschi, mentre i giganti risiedevano tra le colline dove, di tanto in tanto,
a tutt’oggi si rinvengono ancora le loro ossa. Ma poi i primi uomini arrivarono con il
fuoco e con le asce di bronzo ad abbattere le foreste, arare i campi e aprire strade nelle
campagne ondulate abitate dai giganti. Ben presto nell’Ovest sorsero le fattorie e i
villaggi dei primi uomini «dal sale alla pietra», guardati dapprima da solidi fortini su
alture, circondati da fossati e, in seguito, da grandi castelli in pietra, finché i giganti si
estinsero e i figli della foresta scomparvero nel folto, sotto le colline cave e lontano a
settentrione.
A questa età dell’oro dei primi uomini risalgono le origini di grandi casate, fra cui gli
Hawthorne, i Foote, i Broom e i Plumm. Su Isola Bella, le navi lunghe dei Farman
contribuirono a difendere la costa occidentale dalle razzie degli uomini di ferro. I
Greenfield eressero un grande castello di legno chiamato Bower, «piccolo bosco» (poi
semplicemente Greenfield), interamente costruito con alberi-diga. I Reyne di Castamere
crearono un intricato sistema di miniere, grotte e tunnel come dimora sotterranea,
mentre i Westerling edificarono il Crag sopra le onde. Altre case furono generate dai
lombi di eroi leggendari, di cui ancora oggi si tramandano le gesta: i Crakehall da Crake
l’Ammazzacinghiali, i Banefort dall’Uomo Incappucciato, gli Yew dall’Arciere Cieco Alan
della Quercia, i Moreland da Pate l’Aratore.
Ognuna di queste famiglie diventò una potenza e, con il passare del tempo, alcune
assimilarono i modi dei lord e perfino dei re. Tuttavia, i lord più potenti delle Terre
dell’Ovest erano di gran lunga i Casterly della Roccia, la cui fortezza si ergeva su una
roccia enorme che guarda il Mare del Tramonto. La leggenda narra che il primo lord
Casterly era un cacciatore, Corlos, figlio di Caster, e viveva in un villaggio a poca distanza
da dove oggi sorge Lannisport. Quando un leone cominciò a fare strage tra le pecore del
paese, Corlos lo seguì fino alla sua tana, una grotta alla base della Roccia. Armato
soltanto di una lancia, uccise il leone e la sua compagna, ma risparmiò i cuccioli neonati:
un atto di misericordia che gli antichi dèi (ciò accadeva molto tempo prima che i Sette
arrivassero nel continente occidentale) gradirono al punto da inviare un improvviso
raggio di sole in fondo alla grotta, e allora Corlos scorse sulle pareti rocciose il luccichio
di una vena d’oro giallo, larga quanto la cintola di un uomo.
L’origine di questa leggenda si perde nelle nebbie del tempo, ma non possiamo
dubitare che Corlos, o qualche progenitore della futura Casa Casterly, abbia trovato in
effetti dell’oro dentro la Roccia. In breve cominciò a estrarlo. Per difendere il suo tesoro
da coloro che erano pronti a portarselo via, Corlos si trasferì nella grotta e ne fortificò
l’ingresso. Con il passare degli anni, dei secoli, i suoi discendenti, seguendo la vena
d’oro, scesero sempre più in profondità nella terra, scavarono sale e gallerie, scalinate e
tunnel all’interno della Roccia stessa, trasformando quella enorme pietra in una possente
roccaforte al cui confronto qualsiasi castello del continente occidentale appariva di
dimensioni modeste.
I Casterly non furono mai re, ma diventarono i lord più ricchi di tutto Westeros e i più
potenti delle Terre dell’Ovest, e tali rimasero per centinaia di anni, nei quali il Tempo
dell’Alba cedette il passo all’Età degli Eroi.
Comparve allora da oriente il furfante dai capelli dorati chiamato Lann l’Astuto.
Taluni dicono che fosse un avventuriero andalo proveniente dall’altra sponda del Mare
Stretto, anche se ciò accadeva millenni prima che gli andali arrivassero nel continente
occidentale. Quali che fossero le sue origini, le leggende concordano sul fatto che, in
qualche modo, Lann l’Astuto estromise i Casterly dalla Roccia e se ne impossessò.
Come esattamente egli sia riuscito a ottenere tale risultato è tuttora oggetto di
congetture. Secondo la versione più comune, Lann scoprì un accesso segreto alla Roccia,
una fenditura talmente angusta che, per riuscire a passare, dovette togliersi i vestiti e
spalmarsi il corpo di burro. Una volta all’interno, però, cominciò ad attuare il suo piano,
sussurrando minacce nelle orecchie dei Casterly mentre dormivano, urlando nell’oscurità
come un demone, carpendo tesori a un fratello per metterli nella stanza dell’altro,
creando un’infinità di trappole e inganni. Così facendo, Lann pose i Casterly l’uno contro
l’altro, facendo in modo che essi si convincessero che la Roccia fosse infestata da qualche
creatura nefasta che non li avrebbe mai lasciati vivere in pace.
Altri narratori preferiscono versioni differenti. In una, Lann usa la fenditura per
introdurre nella Roccia topi, ratti e altri animali infestanti, costringendo i Casterly ad
andarsene. In un’altra fa entrare dei leoni, e lord Casterly con tutti i suoi figli vengono
divorati, dopodiché Lann reclama per sé la moglie e le figlie di sua signoria. La versione
più licenziosa vede Lann entrare di nascosto una notte dopo l’altra per approfittare delle
giovani Casterly mentre stanno dormendo. Nove mesi dopo, tutte le fanciulle mettono al
mondo un bambino con i capelli d’oro, continuando però a insistere di non avere mai
conosciuto carnalmente alcun uomo.
L’ultima storia, invero ribalda, presenta alcuni aspetti curiosi che potrebbero alludere
alla verità di quanto effettivamente accadde. Secondo l’arcimaestro Perestan, Lann era
una sorta di valletto al servizio di lord Casterly (forse un cavaliere senza terra), il quale
ingravidò la figlia (o le figlie, anche se ciò pare meno plausibile) di sua signoria,
convincendo quindi il padre a concedergli la mano della ragazza. Se andò veramente così,
presumendo (come pare) che lord Casterly non avesse figli maschi legittimi, era nel corso
naturale delle cose che, una volta morto il padre, la Roccia sarebbe dovuta passare alla
figlia, e quindi a Lann.
Non esiste, ovviamente, alcuna attestazione storica né di questa né delle altre versioni.
Tutto ciò che si sa con sicurezza è che in un certo momento, durante l’Età degli Eroi, i
Casterly semplicemente svanirono dalle cronache, e al loro posto apparve il fino ad allora
sconosciuto Lannister il quale, da Castel Granito, governava ampie porzioni delle Terre
dell’Ovest.
Lann l’Astuto pare sia vissuto fino all’età di trecentododici anni e abbia messo al
mondo un centinaio di audaci maschi e altrettante leggiadre fanciulle, tutti con un bel
viso, corporatura ben proporzionata e capelli «d’oro come il sole». Ma siffatti aneddoti a
parte, le storie fanno comunque supporre che i primi Lannister, oltre che di bell’aspetto,
fossero anche quanto mai prolifici. I loro nomi cominciarono a ricorrere spesso nelle
cronache e, nel giro di poche generazioni, i discendenti di Lann erano diventati talmente
numerosi che neppure Castel Granito poteva più ospitarli tutti. Invece di scavare nuovi
varchi nella pietra, alcuni figli e figlie dei rami minori si trasferirono in un villaggio a
qualche miglia di distanza. La terra era fertile, il mare brulicava di pesci e il luogo che
avevano scelto aveva un ottimo porto naturale. Ben presto il villaggio crebbe fino a
diventare prima un paese, infine una città vera e propria: Lannisport.
Alla venuta degli andali, Lannisport era diventata la seconda città del continente
occidentale. Solo Vecchia Città era più grande e più sfarzosa, e le navi mercantili
provenienti da ogni angolo della terra risalivano le coste occidentali per visitare la «città
d’oro affacciata sul Mare del Tramonto». L’oro aveva reso Casa Lannister ricca, il
commercio la rese ancora più ricca. I Lannister di Lannisport prosperarono, costruirono
grandi mura intorno alla città per difenderla da coloro i quali (in special modo gli uomini
di ferro) tentavano d’impadronirsi dei loro beni, e ben presto diventarono re.
A quanto sappiamo, Lann l’Astuto non si proclamò mai re, sebbene alcune leggende
narrate centinaia di secoli più tardi gli abbiano conferito questo titolo a posteriori. Il
primo vero re della dinastia che conosciamo è Loreon Lannister, noto anche come Loreon
il Leone (molti Lannister nel corso dei secoli sono stati, per comprensibili motivi,
soprannominati «il Leone» o «il Dorato»), che rese suoi vassalli i Reyne di Castamere
sposando una figlia di quella casata e sconfisse il Re Incappucciato, Morgan Banefort, e i
suoi schiavi in una guerra durata vent’anni. Loreon fu forse il primo Lannister a fregiarsi
del nome di re della Roccia, un titolo che i suoi figli e nipoti, e i loro successori,
continuarono a portare per migliaia di anni. Comunque, fu solo fino all’arrivo degli
andali che i confini del regno raggiunsero la loro massima espansione. Gli invasori
giunsero tardi nelle Terre dell’Ovest, molto tempo dopo aver conquistato la Valle di
Arryn e rovesciato i regni dei primi uomini nelle Terre dei Fiumi. Il primo signore della
guerra andalo che marciò con il suo esercito fra le colline andò incontro a morte cruenta
per mano di re Tybolt Lannister (chiamato «la Folgore»). Il secondo e il terzo attacco
andalo si conclusero nello stesso modo. Ma, mentre sempre più andali confluivano verso
ovest in bande grandi e piccole, re Tyrion III e suo figlio Gerold II videro avvicinarsi la
propria fine.
Invece di provare a respingere gli invasori, questi saggi re combinarono matrimoni tra
i capi guerrieri andali più potenti e le figlie delle grandi case dell’Ovest. Come cautela,
ben consapevoli di quanto era successo nella Valle di Arryn, chiesero un prezzo per la
loro generosità: i figli e le figlie dei lord andali così nobilitati furono presi come protetti e
figli adottivi, per servire in qualità di scudieri, paggi e coppieri a Castel Granito... e come
ostaggi, in caso i loro padri si fossero comportati da traditori.
Così i re Lannister trasformarono i nemici in amici fidati, ma nel fare questo unirono
anche in matrimonio i loro figli e figlie con gli andali, per cui alla fine i Lannister
divennero più andali che non i primi uomini. Molte nobili case sono nate in questo
modo, tra esse Jast, Lefford, Parren, Droxe, Marbrand, Braxe, Serrett, Sarsfield e Kyndall.
E così rivitalizzati, i re della Roccia ingrandirono ulteriormente il loro regno.
Cerion Lannister estese il proprio dominio a oriente fino alla Zanna Dorata e alle
colline limitrofe, sconfiggendo tre re minori che si erano alleati contro di lui.
Tommen Lannister, primo del suo nome, raccolse una grande flotta e annetté Isola
Bella al reame prendendo in moglie la figlia dell’ultimo re Farman.
Loreon II vinse il primo torneo nella storia delle Terre dell’Ovest, sconfiggendo tutti i
cavalieri che giostrarono contro di lui.
Il primo Lancel Lannister (noto, ovviamente, come Lancel il Leone) scese in guerra
contro i re Gardener di Alto Giardino e conquistò l’Altopiano a sud, fino a Vecchia
Quercia, prima di essere ucciso in battaglia. (Suo figlio, Loreon III, perse tutto quello che
il padre aveva guadagnato e si meritò il nome irriverente di Loreon il Moscio.)
Re Gerold Lannister, noto come Gerold il Grande, salpò per le Isole di Ferro e tornò
con un centinaio di ostaggi, minacciando di appenderne uno ogni volta che gli uomini di
ferro avessero osato razziare le sue coste. (Fedele alla parola data, Gerold impiccherà
oltre venti di quegli ostaggi.) Lancel IV si dice che abbia decapitato il re di Ferro Harrad il
Mezzo-annegato e il suo erede sferrando un unico colpo con la spada grande d’acciaio
valyriano chiamata Ruggito di luce nella Battaglia di Capo Lann; in seguito morì
combattendo nei pressi del Lago Rosso, mentre cercava d’invadere l’Altopiano.
Ruggito di luce, la spada di Valyria perduta dai Lannister.
Alcuni re Lannister si distinsero per la saggezza, altri per il valore, tutti per la
generosità... tranne re Norwin Lannister, noto come Norwin lo Spilorcio. Castel Granito
ospitò anche un re debole, crudele e malaticcio. Loreon IV fu meglio conosciuto come
Loreon l’Inetto, mentre Loreon V, suo nipote, fu soprannominato Regina Lorea, in quanto
amava indossare gli abiti femminili della moglie e passeggiare sulle banchine di
Lannisport come una comune baldracca. (Dopo i loro regni, il nome Loreon ricorse molto
meno di frequente tra i principi Lannister.) Un monarca successivo, Tyrion II, fu chiamato
il Seviziatore. Pur essendo un re vigoroso, rinomato per la sua abilità con l’ascia da
battaglia, aveva la passione della tortura e, si sussurrava, per desiderare una donna
doveva prima far scorrere il suo sangue.
I possedimenti Lannister arrivarono a estendersi dalla costa occidentale alle sorgenti
della Forca Rossa e del Tumblestone, contraddistinte dal passo sotto la Zanna Dorata, e
dalla sponda meridionale del Golfo dell’Uomo di ferro fino ai margini dell’Altopiano. Gli
attuali confini delle Terre dell’Ovest coincidono con quelli del regno di Castel Granito
prima della Battaglia del Campo di Fuoco, quando re Loren Lannister (Loren l’Ultimo)
s’inginocchiò come re e si alzò come lord. In passato le frontiere erano più fluttuanti,
soprattutto a sud, dove i Lannister combattevano spesso contro i Gardener
dell’Altopiano, e a est, dove guerreggiavano con i numerosi re del Tridente.
Inoltre, la linea costiera dei Lannister era quella più vicina alle Isole di Ferro rispetto
agli altri regni, e la ricchezza di Lannisport e i suoi commerci rappresentavano una
costante tentazione per i pirati di quelle barbariche isole. Quasi a ogni generazione,
un’ennesima guerra avvampava tra gli abitanti delle Terre dell’Ovest e gli uomini di ferro.
Perfino nei periodi di pace questi ultimi venivano a razziare beni e mogli di sale. Isola
Bella contribuiva a proteggere la costa più a sud: per questa ragione i Farman divennero
famosi per il loro odio verso gli uomini di ferro.
La grande ricchezza delle Terre dell’Ovest, è ovvio, deriva essenzialmente dalle
miniere d’oro e d’argento. Le vene di minerale grezzo scorrono ampie e profonde, e a
tutt’oggi ci sono giacimenti, sfruttati da oltre mille anni, che ancora non si sono esauriti.
Lomas Passolungo riferisce che perfino nella remota Asshai delle Ombre c’erano
mercanti che gli chiedevano se era vero che il «lord Leone» viveva in un palazzo d’oro
massiccio e i fattori raccoglievano l’oro semplicemente arando i campi. L’oro dell’Ovest
ha viaggiato molto, e i maestri sono ben consapevoli di come non esistano al mondo
miniere tanto ricche quanto quelle di Castel Granito.
I re Lannister entrarono in possesso della spada Ruggito di luce un secolo prima del Disastro di Valyria, e pare che il
corrispettivo in oro del peso con cui la pagarono sarebbe bastato a procurarsi un esercito. Un secolo più tardi, però,
la persero quando Tommen II l’aveva con sé mentre si dirigeva con la sua grande flotta verso le rovine di Valyria per
impadronirsi della ricchezza e delle conoscenze di stregoneria che confidava di trovare in quelle terre. La flotta non
fece mai più ritorno, e nemmeno Tommen e Ruggito di luce.
L’ultimo riferimento a loro si trova in una cronaca volantiana intitolata La gloria di Volantis, in cui si dice che una
«flotta dorata» con l’insegna del «re Leone» si era fermata a fare rifornimento e che i triarchi avevano ricoperto
Tommen di doni. L’autore di quell’opera sostiene che il re promise di cedere ai triarchi la metà di tutto quello che
avrebbe trovato in cambio della loro generosità... e dell’impegno di mandare una flotta in suo aiuto, se lo avesse
richiesto. Dopodiché il re salpò. Un anno più tardi, la cronaca afferma che il triarca Marqelo Tagaros mandò uno
squadrone di navi a Valyria per constatare se c’erano tracce della flotta dorata, ma i suoi uomini tornarono a mani
vuote.
La ricchezza delle Terre dell’Ovest è stata, nell’antichità, associata con la fame di metalli preziosi della Libera
Fortezza di Valyria, anche se non sembrano esserci prove che i signori dei draghi siano mai entrati in contatto con i
lord della Roccia, Casterly o Lannister. Septon Barth ha disquisito sull’argomento e, riferendosi a un testo valyriano
oggi disperso, ha rammentato che i negromanti della fortezza avevano previsto che l’oro di Castel Granito li avrebbe
distrutti. L’arcimaestro Perestan ha avanzato un’altra ipotesi, più plausibile, suggerendo che i valyriani in passato si
erano spinti fino a Vecchia Città, dove avrebbero subito qualche grave rovescio o tragedia che poi li avrebbe indotti a
ignorare del tutto il continente occidentale.
Casa Lannister sotto i draghi
Gli stemmi di Casa Lannister (al centro) e di alcune case illustri del passato e del presente (in senso orario, dall’alto):
Crakehall, Brax, Clegane, Farman, Lefford, Reyne, Westerling, Payne, Marbrand, Lydden, Presterr e Tarbeck.
Quando Loren l’Ultimo rinunciò alla corona, i Lannister diventarono semplici lord.
Anche se la loro vasta ricchezza rimase intatta, non avevano grandi legami con Casa
Targaryen (a differenza dei Baratheon), inoltre, diversamente dai Tully, erano troppo
orgogliosi per abbassarsi a competere per un posto di prestigio sotto il Trono di Spade.
Fu solo a partire dalla generazione successiva, quando il principe Aegon e la
principessa Rhaena cercarono rifugio da re Maegor il Crudele, che i Lannister
cominciarono a curarsi maggiormente del reame. Lord Lyman Lannister offrì asilo al
principe e alla principessa sotto il proprio tetto, accordando loro il diritto dell’ospite e
rifiutandosi di consegnarli al re. Ma sua signoria non impegnò le proprie spade per il
principe e la principessa in fuga, e non si schierò fino a quando Aegon non morì per
mano di suo zio nella Battaglia presso l’Occhio degli Dèi. Tuttavia, quando Jaehaerys,
fratello minore di Aegon, incominciò a reclamare il Trono di Spade, i Lannister lo
sostennero.
La morte di re Maegor e l’incoronazione di re Jaehaerys avvicinarono finalmente Casa
Lannister al Trono di Spade, anche se i Velaryon, gli Arryn, gli Hightower, i Tully e i
Baratheon offuscavano ancora la loro influenza. Lord Tymond Lannister arrivò al Gran
Concilio del 101 DC, convocato per decidere della successione, con un enorme seguito di
trecento fra vassalli alfieri, uomini d’armi e servi... ma fu superato da lord Matthos Tyrell
di Alto Giardino, il quale poteva vantare un seguito di cinquecento persone. I Lannister
decisero di appoggiare il principe Viserys nelle delibere... una scelta ricordata e
ricompensata qualche anno più tardi, quando Viserys ascese al Trono di Spade e nominò
comandante della flotta ser Tyland, fratello gemello di lord Jason Lannister. In seguito,
ser Tyland diventò maestro del conio di re Aegon II, e i suoi stretti rapporti con il Trono
di Spade e la posizione privilegiata a corte trascinarono il fratello, lord Jason, nella Danza
dei Draghi dalla parte di Aegon.
Durante quella lotta fratricida per la successione, però, ser Tyland patì atroci
sofferenze per aver nascosto gran parte dell’oro della corona, impedendo così a Rhaenyra
Targaryen di accedervi quando s’impadronì di Approdo del Re. Il rapporto fra i Lannister
e il Trono di Spade si dimostrò poi esiziale quando la Piovra Rossa e i suoi razziatori
calarono sulle Terre dell’Ovest rimaste indifese, mentre lord Jason marciava verso est per
volontà di re Aegon II. I sostenitori della regina Rhaenyra attesero il suo esercito al valico
della Forca Rossa, dove lord Jason cadde in battaglia, mortalmente ferito dall’attempato
scudiero Pate di Lungafoglia (nominato cavaliere al termine della battaglia, un guerriero
di umili origini noto per il resto della sua vita come l’Ammazzaleoni.) L’esercito
Lannister continuò a marciare, riportando vittorie sotto il comando di ser Adrian
Tarbeck, poi di lord Lefford, prima che questi morisse nella Battaglia del Banchetto dei
Pesci, dove gli uomini delle Terre dell’Ovest furono massacrati da tre eserciti congiunti.
Nel contempo, dopo la conquista di Approdo del Re, ser Tyland Lannister era stato
fatto prigioniero dalla regina Rhaenyra. Crudelmente torturato per costringerlo a rivelare
dove avesse nascosto l’oro della corona, ser Tyland si rifiutò fermamente di parlare.
Quando Aegon II e i suoi leali sudditi ripresero la città, scoprirono che era stato accecato,
mutilato e castrato. Tuttavia la sua mente era rimasta illesa, e re Aegon continuò a
tenerlo come maestro del conio. Negli ultimi giorni del regno, Aegon II mandò ser
Tyland nelle città libere a cercare di reclutare mercenari per sostenere la sua causa contro
il figlio di Rhaenyra, il futuro Aegon III, e i suoi sostenitori.
Alla fine dei combattimenti seguì un periodo di reggenza, giacché il nuovo re, Aegon
III, aveva soltanto undici anni quando ereditò il Trono di Spade. Nella speranza di sanare
le profonde ferite lasciate dalla lotta per la successione, ser Tyland Lannister fu nominato
Primo Cavaliere del re. Forse i suoi nemici del passato lo ritenevano troppo cieco e
storpio per rappresentare ancora una minaccia, ma ser Tyland servì abilmente per quasi
due anni, prima di trapassare di febbre invernale nel 133 DC.
Negli anni che seguirono, i Lannister si schierarono con i Targaryen contro Daemon
Blackfyre, anche se i ribelli del Drago Nero riportarono notevoli vittorie nelle Terre
dell’Ovest, soprattutto a Lannisport e alla Zanna Dorata, dove ser Quentyn Ball,
l’impetuoso cavaliere noto come Palla di Fuoco, sconfisse lord Lefford e costrinse lord
Damon Lannister (più tardi celebrato come il Leone Grigio) alla ritirata.
Nel 210 DC, alla morte del Leone Grigio, il figlio Tybolt gli successe come lord di
Castel Granito, ma solo per morire due anni più tardi in circostanze sospette. Lord
Tybolt, un giovane nel fiore degli anni, non lasciò eredi carnali, a parte una figlioletta di
tre anni, Cerelle, il cui regno come lady di Castel Granito si dimostrò crudelmente breve.
Dopo meno di dodici mesi anche lei morì, al che Castel Granito, le Terre dell’Ovest e
tutta la ricchezza e il potere di Casa Lannister passarono a suo zio, Gerold, il fratello più
giovane del defunto lord Tybolt.
Gerold, un uomo affabile, noto per la sua grande intelligenza, era stato reggente della
giovane nipote, ma la morte improvvisa della bimba in così tenera età scatenò le
malelingue, e nell’Ovest si diffuse la voce che sia lady Cerelle sia Tybolt fossero morti per
mano sua.
Nessuno oggi può affermare con assoluta certezza che quelle voci avessero un fondo
di verità. Da subito, Gerold Lannister si dimostrò un lord molto accorto, abile e
imparziale, accrescendo notevolmente le ricchezze di Casa Lannister, il potere di Castel
Granito e i commerci di Lannisport. Amministrò le Terre dell’Ovest per trentun anni,
guadagnandosi il soprannome di Gerold il Dorato.
Tuttavia, le tragedie che afflissero Casa Lannister negli anni successivi furono una
prova sufficiente per i suoi avversari. Lady Rohanne, seconda, adorata moglie di lord
Gerold, scomparve in circostanze misteriose nel 230 DC, meno di un anno dopo aver dato
alla luce il quarto e ultimo figlio di sua signoria, Jason. Tywald, il maggiore dei due
gemelli, cadde in battaglia nel 233 mentre serviva come scudiero lord Robert Reyne di
Castamere durante la Ribellione dei Peake. Anche lord Robert morì, lasciando come
erede il figlio primogenito, ser Roger Reyne (il Re Leone).
La morte di gran lunga più gravida di conseguenze durante la Ribellione dei Peake fu
quella dello stesso re Maekar, ma il caos che a essa seguì è ampiamente descritto altrove
nella presente cronaca. Meno noti, per quanto non meno funesti, furono i tragici effetti
che la battaglia ebbe sulla storia dell’Occidente. Tywald Lannister era stato per lungo
tempo promesso sposo della vivace figlia minore del Re Leone, lady Ellyn. Detta
fanciulla, risoluta e collerica, si aspettava da anni di diventare la lady di Castel Granito, e
non intendeva in alcun modo abbandonare i propri sogni di potere. Dopo la morte del
fidanzato, persuase il suo fratello gemello, Tion, a troncare il fidanzamento con la figlia
di lord Rowan di Goldengrove e a sposare lei.
Lord Gerold, a quanto pare, si oppose all’unione, ma il dolore, l’età e la malattia lo
avevano reso una pallida ombra di se stesso. Alla fine, fu costretto a cedere. Nel 235 DC,
con un doppio matrimonio a Castel Granito, ser Tion Lannister prese in moglie Ellyn
Reyne, mentre Tytos, il fratello minore, sposò Jeyne Marbrand, figlia di lord Alyn
Marbrand di Ashemark.
Due volte vedovo, e malandato, lord Gerold non si risposò più, per cui, dopo il
matrimonio, Ellyn di Casa Reyne diventò la lady di Castel Granito in tutto tranne che di
nome.
Mentre il suocero si era ritirato nei propri alloggi fra i libri, lady Ellyn teneva una corte
splendida, organizzando una quantità di magnifici tornei e balli, e riempiendo la Roccia
di artisti, guitti, musici... e altri Reyne. I suoi fratelli Roger e Reynard le stavano sempre al
fianco, incarichi, onori e terre caddero a pioggia su di loro, nonché su zii, cugini e nipoti.
Il vecchio giullare di lord Gerold, un gobbo sarcastico chiamato lord Toad, fu sentito
dichiarare: «Lady Ellyn deve proprio essere una maga: per tutto l’anno è riuscita a far
piovere all’interno della Roccia».
Nel 236 DC il pretendente Daemon Blackfyre, terzo del suo nome, deciso a
impadronirsi del Trono di Spade, attraversò il Mare Stretto e sbarcò all’Uncino di Massey
con Acreacciaio e la Compagnia Dorata. Per contrastarlo, re Aegon V chiamò a raccolta
tutti i lord dei Sette Regni a lui leali: la Quarta Ribellione Blackfyre era iniziata.
Si concluse molto più in fretta di quanto il pretendente avesse sperato, con la Battaglia
del Ponte sul fiume Wendwater. Il combattimento fu talmente cruento che i cadaveri
della fazione del Drago Nero interruppero il corso del Wendwater, facendolo straripare. I
sostenitori del re, invece, riportarono meno di un centinaio di caduti... fra loro però c’era
ser Tion Lannister, erede di Castel Granito.
Ci si sarebbe potuti aspettare che la perdita anche del secondo dei «gemelli gloriosi»
avrebbe annientato il padre affranto. Invece, stranamente, sembrò il contrario: mentre il
corpo di ser Tion veniva deposto all’interno di Castel Granito, lord Gerold il Dorato si
riscosse e riprese ancora una volta saldamente il controllo delle Terre dell’Ovest,
intenzionato a fare il possibile per preparare il terzogenito, il debole e poco promettente
giovane Tytos, a succedergli sul trono.
Il «regno dei Reyne» era al tramonto. I fratelli di lady Ellyn lasciarono ben presto
Castel Granito per la loro sede di Castamere, accompagnati da tanti altri della loro casata.
Lady Ellyn rimase, ma la sua influenza diminuì, mentre quella di lady Jeyne crebbe. In
breve, la rivalità fra la vedova di ser Tion e la moglie di Tytos diventò feroce, se le voci
riportate da maestro Beldon sono attendibili. Beldon dichiara che, nel 239 DC, Ellyn
Reyne fu accusata di fornicare con Tytos Lannister, e di cercare di spingerlo a lasciare la
moglie per sposare lei. Comunque il giovane Tytos (allora diciannovenne) era talmente
intimorito dalla vedova del fratello che le sue prestazioni nell’intimo furono inesistenti.
Umiliato, egli finì con il confessare tutto alla consorte, implorandola di perdonarlo.
Lady Ellyn Reyne e lady Jeyne Marbrand alla corte di lord Gerold Lannister.
Lady Jeyne, pronta ad assolvere il giovane marito, fu meno indulgente con la cognata,
e non esitò a informare lord Gerold dell’accaduto. Sua signoria montò su tutte le furie, e
decise di allontanare una volta per tutte Ellyn Reyne da Castel Granito trovandole un
altro marito. I corvi messaggeri spiccarono il volo e un rapido accordo venne concluso.
Nel giro di due settimane, Ellyn Reyne sposò Walderan Tarbeck, lord di Tarbeck Hall,
florido vedovo cinquantacinquenne di un’onorevole, anche se impoverita, antica casata.
Ellyn Reyne, ormai diventata lady Tarbeck, partì da Castel Granito con il marito, per
non farvi mai più ritorno. Ma la rivalità tra lei e lady Jeyne non si era sopita. Al contrario,
sembrò intensificarsi in quella che lord Toad arrivò a chiamare «la guerra dei grembi».
Sebbene lady Ellyn non fosse riuscita a dare un erede a ser Tion, risultò più fertile con
Walderan Tarbeck (il quale, bisogna ricordare, aveva già un certo numero di figli dai due
matrimoni precedenti), dandogli due femmine e un maschio. Lady Jeyne rispose a sua
volta con altri figli, il primo dei quali fu un maschio. Venne chiamato Tywin, e la leggenda
narra che, quando suo nonno, lord Gerold, gli arruffò i capelli d’oro, il piccino gli addentò
un dito.
Altri pargoli seguirono in rapida successione, ma Tywin, il maggiore, fu l’unico nipote
che sua signoria conobbe. Nel 244 DC, Gerold il Dorato morì per un brutto intoppo
vescicale. A ventiquattro anni, Tytos Lannister, il figlio maggiore sopravvissuto, diventò
lord di Castel Granito, Scudo di Lannisport e Protettore dell’Ovest.
Tutte cariche per le quali era chiaramente inadatto. Lord Tytos Lannister aveva molte
virtù: lento all’ira e rapido al perdono, vedeva il buono in ogni essere umano, grande o
piccolo che questo fosse, ed era fin troppo fiducioso. Fu soprannominato il Leone che
ride per i suoi modi gioviali e, almeno per un certo periodo, anche l’Ovest rise con lui...
ma ben presto furono di più quelli che invece ridevano di lui.
Nelle questioni di Stato, lord Tytos era debole e indeciso. Non amava la guerra e
liquidava con una risata insulti per i quali la maggior parte dei suoi antenati avrebbe
chiamato gli armigeri. In questa sua innata debolezza, molti videro un’opportunità per
arraffare potere, terra e ricchezza. Alcuni s’indebitarono pesantemente con Castel
Granito, senza più rimborsare i prestiti. Quando ci si accorse che lord Tytos era disposto
a estendere tali debiti, e addirittura a condonarli, perfino semplici mercanti di
Lannisport e Kayce cominciarono a domandare somme in prestito.
Gli editti di lord Tytos venivano bellamente ignorati, e ovunque la corruzione dilagò.
Alle feste e ai balli, gli ospiti si sentivano liberi di beffarsi di sua signoria, anche con
lui presente. Si diceva «torcere la coda del leone»: i giovani cavalieri e perfino gli scudieri
si guardavano a vicenda per vedere chi riusciva a torcerla di più. A quanto pare, quello
che rideva più forte a queste burle era proprio lord Tytos.
Maestro Belden, in una delle lettere inviate alla Cittadella, scrisse: «Sua signoria vuole
soltanto essere amato. Così ride, non si offende e perdona, elargisce incarichi e
onorificenze, e ricolma di doni quelli che si prendono gioco di lui e lo sfidano, pensando
in questo modo di ottenere la loro lealtà. Invece più ride e dà, più gli altri lo
disprezzano».
Mentre il potere di Casa Lannister declinava, altre case diventarono più forti, ribelli e
turbolente. E nel 254 DC, anche i lord oltre i confini delle Terre dell’Ovest si erano resi
conto che il leone di Castel Granito non faceva più paura.
Verso la fine dell’anno, lord Tytos acconsentì a dare in sposa la propria figlia
diciassettenne, Genna, al giovane rampollo di Walder Frey, lord del Guado. Pur avendo
solo dieci anni, il figlio Tywin criticò il fidanzamento in tono sprezzante. Lord Tytos non
cedette, tuttavia la gente poté ben vedere che quel fanciullo caparbio e impavido era ben
più maturo della sua età e nulla aveva ereditato dell’amabilità paterna.
Lord Tytos Lannister e il suo erede, ser Tywin.
Dopo qualche tempo, lord Tytos mandò il proprio erede ad Approdo del Re, a servire
come coppiere alla corte di re Aegon. Anche il secondogenito di sua signoria, Kevan,
venne inviato a servire come paggio e, in seguito, come scudiero presso il lord di
Castamere.
Vecchi, ricchi e potenti, i Reyne avevano grandemente approfittato del malgoverno di
lord Tytos. Roger Reyne, il Leone Rosso, era temuto per la sua destrezza con le armi:
molti lo consideravano la spada più letale delle Terre dell’Ovest. Suo fratello, ser
Reynard, era tanto affascinante e astuto quanto ser Roger era rapido e forte.
Mentre i Reyne di Castamere prosperavano, lo stesso facevano i loro più stretti alleati, i
Tarbeck di Tarbeck Hall. Dopo secoli di lento declino, questa povera ma antica casata
aveva cominciato a rifiorire, soprattutto grazie alla nuova lady Tarbeck, un tempo Ellyn
Reyne.
Pur continuando a non essere gradita alla Roccia, lady Ellyn era riuscita a ottenere
grandi quantità d’oro da Casa Lannister attraverso i suoi fratelli, poiché lord Tytos trovava
molto difficile rifiutare qualcosa al Leone Rosso. Ellyn usò quei fondi per restaurare
Tarbeck Hall, ormai in rovina: ricostruì il muro di cinta, rafforzò le torri e arredò la
fortezza con tale sfarzo che poteva rivaleggiare con qualsiasi altro castello dell’Ovest.
Nel 255 DC lord Tytos festeggiò la nascita del quarto figlio a Castel Granito, ma la
gioia lasciò ben presto posto al dolore. La sua amata moglie, lady Jeyne, non superò il
travaglio e morì nel primo ciclo di luna dopo la nascita di Gerion Lannister. Un lutto che
per Tytos fu devastante. Da quel giorno, nessuno lo chiamò più il Leone che ride.
Gli anni che seguirono furono tra i più tetri della lunga storia delle Terre dell’Ovest.
La situazione peggiorò a tal punto che dovette intervenire il Trono di Spade. Per tre
volte re Aegon V mandò i suoi cavalieri a riportare l’ordine nelle Terre dell’Ovest, ma
appena gli uomini del re si allontanavano i disordini riprendevano. Quando sua grazia
morì nella tragedia di Sala dell’Estate nel 259 DC, le cose degenerarono ulteriormente. Il
nuovo re, Jaehaerys II Targaryen, non aveva la forza di volontà del padre, inoltre restò
ben presto coinvolto nella ben più perniciosa guerra dei Re da Nove Soldi.
Un migliaio di cavalieri e diecimila uomini d’armi arrivarono dalle Terre dell’Ovest,
rispondendo alla chiamata del re; lord Tytos però non era tra essi. Il comando fu, in sua
vece, affidato al fratello ma, nel 260 DC, ser Jason Lannister cadde a Pietra di Sangue.
Alla sua morte, ser Roger Reyne assunse la guida degli uomini occidentali rimasti,
conducendoli in una serie di importanti vittorie.
Anche i tre figli maggiori di lord Tytos si comportarono con valore sulle Stepstones.
Nominato cavaliere alla vigilia del conflitto, ser Tywin Lannister combatté nella scorta del
giovane erede al trono, Aerys, principe di Roccia del Drago e, al termine della guerra,
ebbe l’onore di farlo cavaliere. Anche Kevan Lannister, scudiero del Leone Rosso,
conquistò gli speroni, e fu nominato cavaliere direttamente da Roger Reyne. Tygett, loro
fratello, era troppo giovane per diventare cavaliere, però il suo coraggio e la destrezza con
le armi furono notati da tutti, giacché uccise un uomo adulto nella prima battaglia e altri
tre negli scontri successivi, tra cui un cavaliere della Compagnia Dorata. Ma mentre i suoi
figli combattevano sulle Stepstones, Tytos Lannister se ne restava a Castel Granito, in
compagnia di una giovane donna di umili origini che lo aveva colpito mentre serviva
come balia del figlio più giovane.
Il ritorno dei figli di lord Tytos dalla guerra portò infine un radicale cambiamento.
Indurito dalla battaglia, consapevole della poca considerazione in cui gli altri lord
tenevano il reame del padre, ser Tywin Lannister si assunse tutte le responsabilità di
Castel Granito, iniziando da subito a ripristinare l’orgoglio e il potere da troppo tempo
perduti. Il lord suo padre provò a protestare debolmente, si dice, ma alla fine tornò a
rifugiarsi tra le braccia della balia mentre il suo erede assumeva una volta per tutte il
comando.
Ser Tywin esordì chiedendo la restituzione di tutto l’oro che lord Tytos aveva dato a
prestito. Coloro i quali non potevano pagare dovevano inviare a Castel Granito degli
ostaggi. Cinquecento cavalieri, nobili e veterani delle Stepstones, costituirono una nuova
compagnia sotto il comando di ser Kevan, fratello di ser Tywin, e ricevettero l’incarico di
ripulire l’intero Ovest da cavalieri erranti, predoni e banditi.
Alcuni dei creditori si affrettarono a ubbidire. «Il leone si è risvegliato» esclamò ser
Harys Swyft, cavaliere di Cornfield, quando gli esattori arrivarono alle porte del suo
castello. Non potendo ripagare i debiti, consegnò a ser Kevan la figlia come ostaggio.
Altrove, invece, gli emissari della Roccia furono accolti con truce resistenza e aperta
diffidenza. Lord Reyne, quando il maestro gli lesse gli editti di lord Tywin, pare abbia
riso, consigliando ai suoi amici e vassalli di non fare niente.
Poco saggiamente, lord Walderan Tarbeck scelse un’altra via. Si recò a Castel Granito
per protestare, confidando nella sua capacità d’intimidire lord Tytos al fine di
costringerlo a ritirare gli editti del figlio. Ma si ritrovò davanti ser Tywin, che lo fece
rinchiudere in una segreta.
Con lord Walderan in catene, Tywin Lannister di certo si aspettava che i Tarbeck si
arrendessero. Invece lady Tarbeck fu rapida nel disilluderlo. Quella donna dall’indole
d’acciaio fece uscire i suoi cavalieri e catturò tre Lannister: due prigionieri erano
Lannister di Lannisport, lontani parenti di quelli di Castel Granito, ma il terzo era un
giovane scudiero, Stafford Lannister, figlio maggiore ed erede di ser Jason, defunto
fratello di lord Tytos.
La conseguente crisi allontanò lord Tytos dalla sua balia abbastanza a lungo da
riprendere il controllo sul caparbio erede. Sua signoria non solo ordinò che lord Tarbeck
venisse rilasciato, intonso, ma arrivò perfino a scusarsi con lui e a condonargli tutti i
debiti.
Per salvaguardare lo scambio degli ostaggi, lord Tytos si rivolse a ser Reynard Reyne,
fratello minore di lady Tarbeck. La formidabile sede del Leone Rosso, a Castamere, fu il
luogo prescelto per l’incontro. Ser Tywin si rifiutò di partecipare, così fu ser Kevan che
restituì lord Walderan, mentre lady Tarbeck in persona consegnava Stafford e i suoi
cugini. Lord Reyne prese parte a tutti i festeggiamenti, e venne messo in scena un grande
spettacolo di amicizia, con i Lannister e i Tarbeck che brindavano, si scambiavano baci e
doni, promettendo di rimanere leali amici «per tutta l’eternità».
Un’eternità che durò meno di un anno, osservò in seguito il gran maestro Pycelle.
Tywin Lannister, che non aveva partecipato al festino del Leone Rosso, era più
determinato che mai a riportare all’ordine quei vassalli troppo potenti. Alla fine del 261
DC, inviò i corvi a Castamere e Tarbeck Hall, chiedendo a Roger e Reynard Reyne, a lord e
lady Tarbeck, di presentarsi a Castel Granito «per rispondere dei loro crimini». I Reyne e i
Tarbeck optarono invece per la sfida, come ser Tywin aveva sicuramente previsto.
Entrambe le casate insorsero in aperta rivolta, denunciando la loro fedeltà a Castel
Granito.
Allora Tywin Lannister convocò i vessilli di guerra. Non chiese il permesso al lord suo
padre, e nemmeno lo informò delle proprie intenzioni. Partì con cinquecento cavalieri e
tremila fra uomini d’armi e arcieri al seguito.
Casa Tarbeck fu la prima a saggiare l’ira di ser Tywin. L’esercito Lannister calò
talmente rapido che i vassalli e sostenitori di lord Walderan non ebbero nemmeno il
tempo di radunarsi. Stupidamente, sua signoria andò incontro all’esercito di ser Tywin
accompagnato solo dai cavalieri senza terra. In una breve battaglia, brutale, i Tarbeck
furono sconfitti e trucidati. Lord Walderan e i suoi figli vennero decapitati, insieme ai
nipoti e ai cugini, ai mariti delle figlie e a tutti gli uomini che, vantando sangue Tarbeck,
esibivano la stella a sette punte blu e argento sullo scudo o sulla sovratunica. E quando
l’esercito Lannister si rimise in marcia verso Tarbeck Hall, le teste di lord Walderan e dei
suoi figli marciavano davanti a loro, infilzate sulle lance.
Al loro avvicinarsi, lady Ellyn Tarbeck chiuse le porte del castello e mandò corvi a
Castamere, per chiamare in soccorso i fratelli. Confidando nelle sue mura, si aspettava
senza dubbio un lungo assedio, invece il giorno dopo le macchine d’assalto erano pronte,
e le mura si dimostrarono di scarsa utilità quando una grande pietra le sorvolò e
distrusse la vecchia fortezza del castello. Lady Ellyn e il figlio Tion il Rosso morirono
nell’improvviso crollo dell’edificio. A Tarbeck Hall qualsiasi forma di resistenza cessò, e
le porte vennero spalancate all’esercito Lannister. Poi Tywin ordinò di dare Tarbeck Hall
alle fiamme: il castello bruciò per un giorno e una notte, finché di esso rimase solo uno
scheletro annerito. Il Leone Rosso arrivò in tempo per vedere le fiamme. Duemila uomini
cavalcavano con lui: tutti quelli che era riuscito a raccogliere nel poco tempo a
disposizione.
Le forze di Tywin erano tre volte tanto, sostengono per lo più delle fonti; alcuni
insistono nel dire che i Lannister superassero i Reyne addirittura cinque a uno. Facendo
affidamento sull’effetto sorpresa, Roger Reyne ordinò alle trombe di suonare l’attacco e
caricò a testa bassa l’accampamento di Tywin. Dopo un primo momento di sgomento, i
Lannister si ripresero e il loro vantaggio numerico cominciò ben presto a farsi sentire. A
lord Reyne non restò che arretrare e fuggire, lasciando sul campo quasi la metà degli
uomini. Un diluvio di dardi di balestra si abbatté sui suoi cavalieri in fuga. Uno colpì lord
Reyne in mezzo alle scapole, perforando la piastra dorsale. Il Leone Rosso continuò a
cavalcare, per poi cadere meno di mezza lega più avanti: dovette essere trasportato fino a
Castamere.
L’esercito Lannister arrivò a Castamere tre giorni dopo. Come Castel Granito, anche la
dimora di Casa Reyne era originariamente una miniera. All’epoca dell’Età degli Eroi,
grandi vene d’oro e d’argento avevano reso i Reyne ricchi quasi quanto i Lannister. Per
difendere le loro ricchezze, avevano eretto cinte di mura intorno all’ingresso delle
miniere, chiuse con porte di quercia e di ferro, e fiancheggiate da solide torri. Fortezze e
altri edifici furono costruiti in un secondo tempo, mentre gli scavi scendevano sempre
più in profondità. Quando anche l’ultima vena d’oro si esaurì, i cunicoli vennero
ingranditi in sale e gallerie, comode stanze da letto, un intrico di tunnel e un vasto salone
riecheggiante. All’occhio ignaro, Castamere appariva come una proprietà modesta, una
dimora adatta tutt’al più a un cavaliere con terre o a un lord minore. Ma quelli che
conoscevano i suoi segreti sapevano che nove decimi del castello si sviluppavano
sottoterra.
Fu quindi in quelle stanze profonde che i Reyne si ritirarono. Febbricitante e
indebolito per il sangue che aveva perso, il Leone Rosso non era in condizione di
comandare. Dovere che fu quindi assunto dal fratello, ser Reynard. Meno ostinato ma più
astuto, Reynard sapeva di non avere abbastanza uomini per difendere il castello, così
abbandonò la superficie al nemico e scese nel sottosuolo. Quando tutti i suoi furono al
sicuro nei tunnel, ser Reynard mandò un messaggio a ser Tywin, proponendo una
trattativa. Ma Tywin Lannister non degnò di risposta l’offerta di ser Reynard. Ordinò
invece di sigillare le miniere. Con picconi, asce e torce, i suoi uomini rovesciarono
tonnellate di pietre e terra, seppellendo gli ingressi, finché non ci fu più modo di
accedere alle gallerie sotterranee. Fatto questo, rivolse la propria attenzione al piccolo e
rapido torrente che alimentava il lago cristallino nei pressi del castello, e dal quale
Castamere aveva preso nome. Non impiegarono neanche un giorno per sbarrare il
ruscello e meno di due per deviarlo fino all’ingresso più vicino della miniera.
La terra e le pietre che sigillavano la miniera non avevano lasciato abbastanza spazio
per far passare uno scoiattolo, meno che mai un uomo, ma l’acqua... trovò modo di
scendere.
Si dice che ser Reynard avesse portato oltre trecento uomini, donne e bambini nelle
miniere. Nessuno emerse. Alcune guardie addette alla sorveglianza degli ingressi più
angusti e remoti riferirono di aver udito, una notte, flebili urla e grida provenire da sotto
la terra, ma il giorno dopo le pietre erano tornate silenti.
Nessuno ha mai più riaperto le miniere di Castamere. I palazzi e le fortezze
sovrastanti, dati alle fiamme da Tywin Lannister, sono tuttora deserti: un muto
testamento al destino che attende chi è così folle da prendere le armi contro i leoni di
Castel Granito.
Nel 262 DC, dopo aver regnato solo tre anni sul Trono di Spade, re Jaehaerys II morì
ad Approdo del Re. Suo figlio Aerys, principe di Roccia del Drago, gli successe come re
Aerys II. Il primo atto che egli compì come re – e molti dicono il più saggio – fu di
convocare il suo amico d’infanzia, Tywin Lannister, per nominarlo Primo Cavaliere del re.
Ser Tywin aveva solo vent’anni, il più giovane Primo Cavaliere mai in servizio, ma il
modo in cui aveva affrontato la rivolta dei Reyne e dei Tarbeck lo aveva reso molto
rispettato, e anche temuto, in tutti i Sette Regni.
Sua cugina, lady Joanna, figlia di ser Jason, defunto fratello di lord Tytos, si trovava ad
Approdo del Re già dal 259 DC, quale dama di corte e di compagnia di Rhaella. Lei e
Tywin si sposarono l’anno dopo la sua nomina a Primo Cavaliere, con una sontuosa
cerimonia nel Grande Tempio di Baelor: re Aerys in persona presenziò al banchetto
nuziale e alla messa a letto. Nel 266 DC lady Joanna partorì due gemelli, un maschio,
Jaime, e una femmina, Cersei. Nel frattempo anche il fratello di ser Tywin, ser Kevan,
aveva preso moglie, la figlia di ser Harys Swyft di Cornfield, che un tempo gli era stata
data in ostaggio per i debiti del padre.
Nel 267 DC, il cuore di Tytos Lannister cedette mentre il lord saliva la ripida scala che
conduceva alla camera da letto dell’amante (sua signoria aveva finalmente accantonato la
balia, ma solo perché si era invaghito della figlia di un fabbricante di candele). Così,
all’età di venticinque anni, Tywin Lannister diventò lord di Castel Granito, Scudo di
Lannisport e Protettore dell’Ovest. Con il Leone che ride finalmente a riposo per sempre,
Casa Lannister non era mai stata più forte e sicura. Gli anni che seguirono furono
gloriosi, non solo per le Terre dell’Ovest, ma per tutti i Sette Regni.
C’era però un verme nella mela: la crescente follia di re Aerys II Targaryen mise ben
presto a repentaglio tutto ciò che Tywin Lannister cercava di costruire. Sua signoria subì
anche un grande lutto personale: lady Joanna, sua amata moglie, morì nel 273 DC, nel
dare alla luce un figlio orribilmente deforme, Tyrion. Con la di lei morte, osserva il gran
maestro Pycelle, la gioia abbandonò Tywin Lannister, per quanto egli abbia continuato
comunque a compiere il proprio dovere.
Giorno dopo giorno e anno dopo anno, Aerys II si accanì sempre più contro il Primo
Cavaliere, suo amico d’infanzia, subissandolo di rimproveri, e facendogli subire
voltafaccia e umiliazioni. Lord Tywin sopportò tutto questo, ma quando il re nominò suo
figlio ed erede, ser Jaime, cavaliere della Guardia reale, non poté più resistere: nel 281
DC, rassegnò le dimissioni da Primo Cavaliere.
Privo dei consigli dell’uomo su cui aveva fatto così a lungo affidamento, circondato da
approfittatori e cospiratori, ben presto re Aerys II sprofondò interamente nella follia,
mentre il reame intorno a lui cadeva a pezzi.
Gli eventi della Ribellione di Robert sono noti a tutti coloro che li hanno vissuti, per
cui non racconterò di nuovo quella storia, se non per osservare che lord Tywin tenne fuori
dalla guerra le Terre dell’Ovest fino alla fine, quando lasciò l’Occidente con un grande
esercito Lannister per conquistare Approdo del Re e la Fortezza Rossa in nome di Robert
Baratheon. Quasi trecento anni di dominazione Targaryen vennero conclusi dalle spade
di lord Tywin e dei suoi uomini delle Terre dell’Ovest.
L’anno dopo, re Robert I Baratheon prese in moglie la figlia di lord Tywin, lady Cersei,
unendo due delle più grandi e nobili casate di tutto il continente occidentale.
Castel Granito
Castel Granito.
Castel Granito, l’antica sede di Casa Lannister, non è un castello come gli altri. Pur
essendo circondata da torri, torrette e torri di guardia, con muri di pietra e porte a
saracinesca di quercia e ferro per sorvegliare ogni possibile via di accesso, questa vecchia
fortezza è in realtà un promontorio affacciato sul Mare del Tramonto: un’enorme roccia
che secondo alcuni, quando tramonta il sole e le ombre si allungano, assomiglia a un
leone a riposo.
La Roccia è stata una dimora umana per migliaia di anni. Prima dell’arrivo dei primi
uomini appare probabile che i figli della foresta e i giganti abbiano alloggiato nelle
grandi caverne scavate dal mare alla sua base. Si sa inoltre che orsi, leoni, lupi e
pipistrelli vi hanno fatto le loro tane, insieme a un’infinità di creature minori.
Centinaia di tunnel traforano la parte inferiore della Roccia, dove tante vene d’oro
rosso e giallo continuano a luccicare intonse nella pietra, anche dopo millenni di scavi. I
Casterly sono stati i primi a scavare sale e stanze nelle miniere, e sulla cima del
promontorio hanno costruito un forte, cinto da mura, dal quale potevano sorvegliare i
loro possedimenti.
È stato calcolato che la Roccia è alta tre volte la Barriera o l’Alta Torre di Vecchia Città.
Lunga quasi due leghe da ovest a est, è tutta bucherellata da tunnel, segrete, magazzini,
alloggi, saloni, stalle, scale, cortili, balconi e giardini. C’è persino una specie di parco
degli dèi, anche se l’albero-diga che vi cresce è uno strano arbusto contorto, le cui radici
intricate hanno invaso tutta la caverna in cui si trova, soffocando qualsiasi altra forma di
vegetazione.
La Roccia ha anche un porto interno, con tanto di banchine, pontili e cantieri navali,
perché il mare ha scavato sul versante occidentale delle grandi caverne, varchi naturali
abbastanza ampi e profondi da permettere alle navi lunghe, e perfino alle navi da
trasporto, di entrare e scaricare le proprie merci.
La Bocca del Leone – un’enorme grotta naturale che costituisce l’ingresso principale
della Roccia – s’inarca per duecento piedi dal pavimento al soffitto. Nei secoli è stata
ingrandita e migliorata, e si dice che adesso sui suoi gradini possano passare venti
cavalieri affiancati.
Castel Granito non è mai stato vinto né d’assalto né d’assedio. Non esiste castello nei
Sette Regni più grande, ricco e meglio difeso. Le leggende narrano che Visenya
Targaryen, quando lo vide, ringraziò gli dèi che re Loren ne fosse uscito per affrontare
suo fratello Aegon a Campo di Fuoco, perché qualora fosse rimasto nella Roccia, neanche
il respiro di drago avrebbe potuto intimorirlo.
I lord di Castel Granito hanno raccolto molti tesori nel corso dei secoli, e le meraviglie
della Roccia sono giustamente famose in tutti i Sette Regni, e anche nelle terre oltre il
Mare Stretto, in particolare la Galleria Dorata, con i decori e le pareti d’oro, e la Sala degli
Eroi, dove monta la guardia in eterno la preziosa armatura indossata da centinaia di
cavalieri, lord e re Lannister.
L’Altopiano
Il più grande e popolato dei sei regni del Sud (considerando il Nord, vasto come
estensione ma poco abitato, una terra a parte) viene comunemente denominato
l’Altopiano, ma questo nome è in qualche modo inappropriato. I possedimenti di Casa
Tyrell, i lord di Alto Giardino, oggi corrispondono sostanzialmente a quelli che il regno
dell’Altopiano ebbe per migliaia di anni prima della Conquista di Aegon, epoca durante
la quale quel reame ricco e fertile era di fatto costituito da quattro regni distinti:
- Vecchia Città e i suoi dintorni, delimitati a est dalle Montagne Rosse, a nord dalle
sorgenti del Vino di Miele;
- Arbor, l’isola dorata oltre gli Stretti di Redwyne, celebre per il vino e per il sole;
- La marca occidentale, da Collina del Corno a Canto Notturno;
- L’Altopiano vero e proprio, una vasta estensione di campi, fattorie, laghi, fiumi,
boschi e colline, prati fragranti, mulini e miniere, punteggiata da piccoli villaggi, floride
città di mercato e antichi castelli, che andava dalle Isole Scudo nel Mare del Tramonto alle
foci del Mander, dopo Alto Giardino, a Lago Rosso, Goldengrove e Ponteamaro, per poi
proseguire fino a Tumbleton e alle sorgenti del Mander.
Quest’ultimo era il regno una volta governato dai Gardener e in tempi più recenti dai
discendenti dei loro attendenti: i Tyrell di Alto Giardino. Le sue verdi praterie, narra la
storia, sono state la culla del mondo cavalleresco: i galanti cavalieri e le leggiadre
fanciulle dell’Altopiano vengono celebrati dai menestrelli in tutti i Sette Regni, le cui
tradizioni affondano anch’esse qui le proprie radici.
Un grande regno oggidì come allora, l’Altopiano rappresenta molte cose per i suoi
abitanti: il possedimento più popolato, più fertile e più potente dei Sette Regni, la cui
ricchezza è seconda solo alle Terre dell’Ovest benedette dall’oro; un luogo di studio; un
centro di musica, di cultura e di tutte le arti, luminose e oscure; il granaio del continente
occidentale; uno snodo commerciale; la patria di grandi navigatori, re nobili e saggi,
maghi temibili e delle più belle donne di tutto il continente occidentale.
Su una collina affacciata sul Mander sorge Alto Giardino, giustamente considerato il
più splendido castello del reame. Lo stesso Mander, che scorre sotto le sue mura, è il
fiume più lungo e ampio dei Sette Regni.
Vecchia Città è pari, come dimensioni, ad Approdo del Re, e superiore sotto tutti gli
altri aspetti, essendo molto più antica e bella, con le sue strade acciottolate, i palazzi
delle corporazioni affrescati, le abitazioni di pietra e tre grandi monumenti: il Tempio
Stellato del Credo, la Cittadella dei maestri e la possente Alta Torre, con il suo grande
faro, la più alta torre di tutto il mondo conosciuto. L’Altopiano è la terra dei superlativi.
Garth Manoverde
La storia dell’Altopiano inizia con Garth Manoverde, il leggendario progenitore non solo
dei Tyrell di Alto Giardino, ma anche dei re Gardener prima di loro... nonché di tutte le
altre grandi casate e nobili famiglie del Reame Verde.
Riguardo a Garth si narrano storie a migliaia, all’interno e all’esterno dei confini
dell’Altopiano: le più sono inverosimili, e molte contraddittorie. In alcune è un
contemporaneo di Bran il Costruttore, Lann l’Astuto, Durran Dolore degli Dèi e di altre
pittoresche figure dell’Età degli Eroi, mentre in altre si staglia come l’antenato di tutti
loro.
Garth è stato l’alto re dei primi uomini, si legge, colui che, da oriente, li guidò fino a
Westeros attraverso il ponte di terra. Per contro, altri racconti vorrebbero farci credere
che egli anticipò di migliaia di anni l’arrivo dei primi uomini, rendendolo così non solo il
primo uomo del continente occidentale, ma l’unico uomo, intento a vagare da solo su
quella terra, trattando con i giganti e i figli della foresta. Alcuni sostengono addirittura
che fosse un dio.
Alcune delle leggende più antiche presentano Garth Manoverde come una divinità molto più oscura, che ai suoi
adoratori richiede sacrifici di sangue allo scopo di assicurare raccolti abbondanti. In certe storie, il dio verde muore
ogni autunno, quando gli alberi perdono le foglie, per poi rinascere all’arrivo della primavera. Questa particolare
visione di Garth è perlopiù dimenticata.
C’è disaccordo anche sul suo nome. Per noi è Garth Manoverde, ma nelle leggende più
antiche è chiamato Garth Capelliverdi, o semplicemente Garth il Verde. Alcune storie
narrano che aveva le mani verdi, i capelli verdi o tutta la pelle verde. (Altre gli
attribuiscono perfino un paio di corna, simili a quelle dei cervi.) Taluni raccontano che
fosse interamente vestito di verde, dalla testa ai piedi, e in effetti è così che in genere
viene raffigurato in quadri, arazzi e sculture. Più verosimilmente, il soprannome deriva
dalle sue doti di cultore delle piante e dissodatore del terreno, caratteristica sulla quale
tutte le leggende concordano. «Garth faceva maturare il grano, fruttificare gli alberi e
sbocciare i fiori» tramandano i menestrelli.
Molte delle popolazioni più primitive della terra adorano un dio o una dea della
fertilità, e Garth Manoverde ha diversi tratti in comune con queste divinità. Si dice che sia
stato lui a insegnare l’agricoltura agli uomini. Fino ad allora l’umanità era formata solo
da cacciatori e raccoglitori, nomadi senza radici alla perenne ricerca di sostentamento.
Questo sino al tempo in cui Garth non trasmise loro il dono di far germinare, mostrando
come piantare e seminare, come crescere le messi e mietere il raccolto. (Secondo taluni
racconti, egli cercò d’insegnare anche alle specie più antiche, ma i giganti gli tuonarono
contro e gli tirarono addosso dei macigni, mentre i figli della foresta risero, dicendo che
gli dèi del bosco provvedevano a tutte le loro necessità.) Ovunque passasse, dietro di lui
spuntavano fattorie, orti e villaggi. Portava appesa a una spalla una sacca di tela piena di
semi, che lanciava quando camminava. Come si addice a un dio, la sua borsa era
inesauribile: conteneva i semi di tutti gli alberi, i cereali, i frutti e i fiori del mondo.
Garth Manoverde portò con sé il dono della fertilità, e non solo della terra, in quanto le
leggende narrano che con un tocco poteva rendere feconde donne sterili, perfino quelle
anziane il cui sangue del ciclo di luna si era da tempo prosciugato. Alla sua mera
presenza, le fanciulle nubili maturavano, le madri aspettavano due o tre gemelli quando
lui le benediva, le giovani rifiorivano al suo sorriso. Ovunque egli andasse, lord e
popolani gli offrivano le loro figlie vergini affinché i raccolti potessero giungere a
maturazione e gli alberi arrivassero a crescere carichi di frutta. Non c’era fanciulla da lui
deflorata che nove mesi dopo non partorisse un bel maschietto robusto o una graziosa
femminuccia, o almeno così riportano le leggende.
Queste storie, per quanto amate dal popolino, sono ampiamente disdegnate sia dai
maestri della Cittadella sia dai septon del Credo, secondo i quali Garth non era un dio
bensì un uomo. Possibilmente un cacciatore o un capo guerriero, o forse un re minore,
che poteva in effetti essere stato il primo lord dei primi uomini a guidare i suoi sudditi
oltre il Braccio di Dorne (che allora non era ancora «Spezzato») e infine nelle lande del
continente occidentale, allora abitate solo dalle specie più antiche.
Dio o uomo che fosse, in quella terra nuova Garth Manoverde generò parecchi figli, su
questo tutti i racconti concordano. Molti suoi discendenti diventarono eroi, re e grandi
lord indipendenti, fondando potenti casate destinate a durare millenni.
Il più illustre di tutti fu il primogenito, Garth il Giardiniere, che eresse sulla collina
sopra il Mander la propria dimora, in seguito nota come Alto Giardino, e che portava una
corona di pampini e fiori. Tutti gli altri figli di Garth Manoverde lo riconobbero come
legittimo re degli uomini in ogni dove. Dai suoi lombi nacque Casa Gardener, i cui
sovrani governarono per molte migliaia di anni l’Altopiano sotto lo stendardo della
mano verde, fino a quando Aegon il Drago e le sue sorelle non arrivarono a Westeros.
La lista è lunga, e molte sono le leggende, giacché quasi tutte le nobili casate
dell’Altopiano vantano di discendere da uno degli innumerevoli figli di Garth
Manoverde. Perfino gli eroi delle altre terre e degli altri regni sono talvolta annoverati fra
la progenie del Manoverde. Queste storie vorrebbero farci credere che Brandon il
Costruttore era disceso da Garth tramite Brandon dalla Lama Insanguinata, mentre Lann
l’Astuto era un bastardo nato da Florys la Volpe (in alcune versioni) o da Rowan Albero
d’Oro (in altre).
Che Garth Manoverde avesse una prole numerosa è innegabile, considerando quanti
sull’Altopiano reclamano di discendere da lui; ma che da lui discendano anche tutte le
altre nobili casate di Westeros appare assai discutibile.
JOHN LA QUERCIA, Primo Cavaliere, portò la cavalleria nel continente occidentale (un uomo enorme, concordano
tutti, alto otto piedi in certi racconti, dieci o dodici in altri, concepito da Garth Manoverde con una gigantessa). I suoi
discendenti diventarono gli Oakheart di Vecchia Quercia;
GILBERT DELLE VIGNE insegnò agli uomini di Arbor a produrre un vino dolce con i grappoli turgidi e rigogliosi che
crescono sulla loro isola, e fondò Casa Redwyne;
FLORYS LA VOLPE, la figlia più intelligente di Garth, ebbe tre mariti, ognuno ignaro dell’esistenza dell’altro (dai loro
figli discesero Casa Florent, Casa Ball e Casa Peake);
MARIS LA VERGINE o anche l’Incantevole, la cui bellezza era rinomata al punto che al primo torneo nel continente
occidentale cinquanta lord si contesero la sua mano. (Il vincitore fu Argoth Pelle-di-pietra, detto il Gigante Grigio, ma
prima che egli la potesse reclamare Maris sposò re Uthor dell’Alta Torre, e il Gigante Grigio passò il resto dei suoi
giorni a vagare furibondo sotto le mura di Vecchia Città, ruggendo che gli fosse restituita la sua promessa sposa);
FOSS L’ARCIERE, famoso per la capacità di trafiggere le mele poste sopra la testa di qualsiasi ragazza lo
attraesse, e da cui derivano la mela rossa e la mela verde dei Fossoway;
BRANDON DALLA LAMA INSANGUINATA, che scacciò i giganti dall’Altopiano e combatté i figli della foresta,
uccidendone talmente tanti che, da allora, il Lago Blu è conosciuto come il Lago Rosso;
OW EN SCUDO DI QUERCIA, che conquistò le Isole Scudo, respingendo in mare naiadi marine e sirene;
HARLON IL CACCIATORE e HERNDON DEL CORNO, due gemelli che costruirono un castello sopra Collina
del Corno e presero in moglie la bella strega dei boschi che vi abitava, condividendo per un centinaio di anni le di lei
grazie (i due fratelli, se si accoppiavano con lei a ogni luna piena, non invecchiavano);
BORS IL DISTRUTTORE, che acquistava la forza di venti uomini bevendo solo sangue di toro, e che fondò Casa
Bulwer di Blackcrown (secondo alcune fonti, Bors bevve sangue di toro in tale eccesso che gli spuntarono due nere
corna scintillanti);
ROSE DI LAGO ROSSO, una mutapelle capace di trasformarsi in una gru, un potere che taluni sostengono si
manifesti ancora, talvolta, nelle sue discendenti, le donne di Casa Crane, il cui nome ricorda quello del volatile;
ELLYN LA DOLCISSIMA, una fanciulla cui il miele piaceva al punto da indurla ad andare alla ricerca del Re delle
Api nel suo grande alveare di montagna, stringendo con lui il patto di prendersi cura dei suoi figli e dei figli dei suoi
figli, in eterno. Fu la prima apicultrice e la capostipite di Casa Beesbury, nel cui stemma sono disegnati tre alveari;
ROWAN ALBERO D’ORO, che si offese talmente tanto, quando il suo innamorato la lasciò per una ricca rivale, da
avvolgere una mela con i suoi capelli dorati e da seppellirla su una collina, dove crebbe un albero con la corteccia, le
foglie e i frutti d’oro giallo scintillante. Dalle sue figlie hanno avuto origine i Rowan di Goldengrove.
I re Gardener
La storia dell’Altopiano all’epoca dei primi uomini non è diversa da quella degli altri
reami di Westeros. Il rigoglio delle sue terre, verdi e fertili, non ha infatti contribuito a
rendere gli uomini più pacifici né meno avidi. Anche qui, i primi uomini hanno dovuto
combattere contro i figli della foresta, allontanandoli dai boschi sacri e dalle colline cave,
abbattendo i loro alberi-diga con grandi asce di bronzo. Anche qui, regni sono sorti e
tramontati, e sono stati dimenticati, mentre, secolo dopo secolo, re minori e prodi
cavalieri si contendevano la terra, l’oro e la gloria, le città bruciavano, le donne
piangevano e l’acciaio cozzava contro l’acciaio.
Eppure c’era una differenza, di grado se non di genere, giacché quasi tutte le nobili
case dell’Altopiano avevano in comune uno stesso antenato, visto che tutte discendevano
da Garth Manoverde e dai suoi innumerevoli figli.
È stata questa discendenza, hanno suggerito numerosi eruditi, ad assegnare a Casa
Gardener la supremazia nei secoli successivi. Nessun re minore avrebbe mai potuto
sperare di rivaleggiare con il potere di Alto Giardino, dove i discendenti di Garth il
Giardiniere sedevano su un trono vivo (il Trono di Quercia) ricavato da un albero piantato
dallo stesso Garth Manoverde, e portavano, in tempo di pace, corone di pampini e fiori e
spine di bronzo (poi di ferro) quando erano in guerra. Altri potevano atteggiarsi a re, ma
i Gardener erano indiscutibilmente gli «alti re», e i sovrani inferiori rendevano loro
omaggio, quando non obbedienza.
In quei secoli difficili e tumultuosi, l’Altopiano generò numerosi guerrieri impavidi.
Da allora a oggi, i menestrelli hanno cantato le gesta di cavalieri quali Serwyn dallo Scudo
a Specchio, Davos l’Ammazzadraghi, Roland del Corno, il Cavaliere Senza Armatura, e i
re leggendari che li guidarono, tra cui Garth V (il Martello dei Dorniani), Gwayne I (il
Valoroso), Gyles I (il Dolente) , Gareth II (il Tetro), Garth VI (Stella del Mattino) e Gordan
I (Occhi-grigi) .
Molti di questi monarchi condivisero uno stesso nemico, giacché durante quei secoli
bui e sanguinosi i predoni provenienti dalle Isole di Ferro imperversavano su quasi tutta
la costa occidentale, da Isola dell’Orso ad Arbor. Con le loro rapide navi lunghe,
riuscivano a colpire e ritirarsi prima di un’eventuale controffensiva. I razziatori
sbarcavano spesso in luoghi inaspettati, cogliendo i nemici di sorpresa. Anche se gli
uomini di ferro raramente si avventuravano nell’entroterra, essi controllavano il Mare del
Tramonto ed esigevano un crudele tributo dai pescatori lungo la costa. Dopo essersi
insediati sulle Isole Scudo, uccidendo tutti gli uomini che vi abitavano e rivendicando le
donne per sé, arrivarono addirittura a risalire impunemente il corso del Mander.
Re Qhored, il più temibile dei signori di quegli uomini di ferro, affermava con
tracotanza che il suo potere arrivava «fin dove si sentiva l’odore dell’acqua salata o si
udiva l’infrangersi delle onde». Nell’Altopiano, era noto come Qhored il Crudele, e i re
successivi ebbero altri soprannomi simili, come Hagon il Terribile e Joron Flagello delle
Vergini.
Fu con questi uomini e con i loro seguaci che i re di Casa Gardener si scontrarono per
tre secoli, talvolta alleandosi con i re di Castel Granito e con i lord di Vecchia Città,
talvolta agendo con le sole loro forze. Almeno sei re Gardener caddero in battaglia, tra
cui Gareth il Lugubre e Garth Stella del Mattino, mentre Gyles I venne fatto prigioniero e
torturato a morte, il suo corpo tagliato poi in minuscoli pezzi, per servire come esca
all’amo del suo aguzzino. Tuttavia, alla lunga, erano i sovrani dell’Altopiano a trionfare,
ognuno spostando più in avanti i confini di Casa Gardener e portando altre terre e nuovi
lord sotto il dominio di Alto Giardino.
Detto questo, molti studiosi continuano a ritenere che i principali re Gardener siano
stati quelli conciliatori, non i combattenti. Su di loro sono state scritte meno canzoni, è
vero, ma gli annali della storiografia dedicano ampio spazio a nomi come Garth III (il
Grande), Garland II (lo Sposo), Gwayne III (il Grasso) e John II (l’Alto).
Garth il Grande ampliò il regno a nord, annettendo Vecchia Quercia, Lago Rosso e
Goldengrove con patti di amicizia e mutua difesa. Garland fece lo stesso a sud,
prendendo Vecchia Città attraverso il matrimonio di sua figlia con lord Lymond (il Leone
di Mare) di Casa Hightower e accantonando le proprie mogli per sposare la figlia di lord
Lymond. Gwayne il Grasso convinse lord Peake e lord Manderly ad accettare il suo
giudizio nella loro disputa e giurò fedeltà alle loro terre, senza combattere una sola
battaglia. John l’Alto risalì il Mander fino alle sorgenti a bordo di una chiatta, piantando
lo stendardo della mano verde ovunque egli passasse, ricevendo l’omaggio dei lord e re
minori le cui terre fiancheggiavano quel fiume possente.
Re Garth VII Gardener Mano d’Oro.
Il più grande di tutti i Gardener fu re Garth VII Mano d’Oro, un gigante sia in pace sia
in guerra. Da ragazzo respinse i dorniani quando re Ferris Fowler guidò diecimila uomini
attraverso il Grande Passaggio (come allora veniva chiamato il Passo del Principe),
intenzionato alla conquista. Dopodiché rivolse la propria attenzione al mare e scacciò gli
ultimi uomini di ferro dalle loro fortezze sulle Isole Scudo. In seguito ripopolò le isole
stesse con i suoi più duri combattenti, garantendo loro speciali dispense; le rese così una
prima linea di difesa qualora gli uomini di ferro avessero fatto ritorno. Fu un grande
successo, e ancora oggi gli uomini dei Quattro Scudi sono orgogliosi di proteggere le foci
del Mander e il cuore dell’Altopiano da tutti, indistintamente, i nemici provenienti dal
mare.
Nella sua ultima e più grande battaglia, Garth VII affrontò il re della Tempesta e il re
di Castel Granito, i quali si erano alleati con lo scopo di spartirsi l’Altopiano. Li sconfisse
entrambi in battaglia, dopodiché, con astute parole, seminò tra loro un astio tale che essi
si combatterono l’un l’altro con grande spargimento di sangue nella Battaglia dei Tre
Eserciti. In seguito, Garth mandò le proprie figlie in sposa ai loro eredi e fece
sottoscrivere a ognuno un patto, fissando i confini fra i tre regni.
Eppure tutto questo impallidisce a confronto del suo trionfo più grande: oltre tre
quarti di secolo di pace. Garth Mano d’Oro diventò re dell’Altopiano a dodici anni e morì
sul Trono di Quercia a novantatré, ancora sano di mente (sebbene fragile nel corpo).
Negli ottanta... e oltre, anni del suo regno, l’Altopiano combatté per neanche una decade:
intere generazioni di ragazzi nacquero e diventarono adulti, ebbero a loro volta dei figli e
morirono senza neanche sapere che cosa significasse afferrare lancia e scudo e partire
per la guerra.
E con la lunga pace arrivò una prosperità senza precedenti. Il Regno d’Oro, come
venne poi chiamato questo periodo, segnò una vera fioritura dell’Altopiano.
Ma tutte le età dell’oro prima o poi finiscono, e così avvenne anche per l’Altopiano.
Garth Mano d’Oro passò all’altro mondo. Sul Trono di Quercia salì un suo pronipote, cui
succedettero i figli.
E a quel punto arrivarono gli andali.
Gli Andali nell’Altopiano
Gli andali arrivarono tardi nell’Altopiano.
Dopo aver attraversato il Mare Stretto con le loro navi lunghe, approdarono dapprima
sulle sponde della Valle di Arryn e, in un secondo tempo, sul resto della costa orientale.
Le flotte di Vecchia Città e di Arbor li tennero lontani dagli Stretti di Redwyne e dal Mare
del Tramonto. Voci sulla prosperità dell’Altopiano, sulla ricchezza e sul potere di Alto
Giardino e dei suoi re giunsero indubbiamente alle orecchie di molti signori della guerra
andali, ma fra loro s’interponevano altre terre e altri re.
Così, molto prima che gli andali raggiungessero il Mander, i re di Alto Giardino già
erano consapevoli del loro arrivo. Osservarono a distanza i combattimenti nella Valle,
nelle Terre della Tempesta e nelle Terre dei Fiumi, rilevando tutto quello che accadeva.
Più saggi, forse, delle loro controparti delle altre regioni, non commisero l’errore di
allearsi con gli andali contro i rivali locali.
Gwyne IV (Timoroso degli Dèi) mandò i suoi guerrieri alla ricerca dei figli della
foresta, nella speranza che gli esseri verdi e la loro magia potessero fermare gli invasori.
Mern II (l’Edificatore) eresse una nuova cinta di mura attorno ad Alto Giardino e ordinò
ai suoi lord alfieri di provvedere alle proprie difese. Mern III (il Babbeo) ricoprì d’oro e
d’onori una strega dei boschi, la quale proclamava di poter risvegliare eserciti di morti
per respingere gli andali. Lord Redwyne costruì altre navi e lord Hightower rafforzò le
mura di Vecchia Città.
Tuttavia, le grandi battaglie che la maggior parte di loro aveva paventato non
arrivarono mai. Nel contempo, i conquistatori avevano finito d’invadere le coste orientali,
le generazioni si erano avvicendate e gli andali avevano cambiato una quarantina di re
minori, molti dei quali in lotta fra loro. E intanto ad Alto Giardino i Tre Re Saggi
continuavano a susseguirsi sul Trono di Quercia.
Il Trono di Quercia.
Garth IX Gardener, suo figlio Merle I (il Mite) e suo nipote Gwayne V erano uomini
molto diversi tra loro ma, rispetto agli andali, adottarono la medesima politica, basata
sull’accordo e sull’assimilazione invece che sulla resistenza armata. Garth IX portò un
septon a corte, lo fece partecipare ai consigli e costruì ad Alto Giardino il primo tempio
dei Sette Dèi, anche se personalmente continuò a pregare nel parco degli dèi del castello.
Merle I, suo figlio, invece si convertì al Credo e contribuì a finanziare la creazione di
templi, ordini di septon e conventi in tutto l’Altopiano. Gwayne V fu il primo Gardener
nato nel Credo e anche il primo a ricevere l’investitura a cavaliere con il rito e la veglia
solenni. (Molti dei suoi nobili antenati si erano visti attribuire il titolo a posteriori, da
menestrelli e cantastorie, ma l’istituzione del vero cavalierato arrivò nel continente
occidentale solo con gli andali.)
Sia Merle I sia Gwayne V sposarono delle fanciulle andale, per legare così i loro padri
al reame. Tutti e tre questi sovrani presero degli andali al proprio servizio come cavalieri
senza terra e valletti. Tra quelli insigniti di tale onore ci fu un cavaliere andalo chiamato
ser Alester Tyrell, talmente abile con le armi da essere scelto come campione del re e
scudo giurato sotto Gwayne V. Con il passare del tempo, i discendenti di ser Alester
diventarono gli attendenti ereditari di Alto Giardino sotto i Gardener.
I Tre Re Saggi procurarono inoltre terre e titoli di lord ai re andali più potenti giunti
sull’Altopiano, in cambio di solenni promesse di fedeltà. I Gardener si servirono di
artigiani andali, incoraggiando i loro alfieri a fare lo stesso. Fabbri e scalpellini, in
particolare, erano tenuti in grande considerazione: i primi insegnarono ai primi uomini a
forgiare le armi e le armature in ferro invece che in bronzo, e i secondi li aiutarono a
rafforzare le difese dei loro castelli e fortilizi.
E anche se negli anni successivi alcuni dei nuovi lord infransero quei voti, i più non lo
fecero, anzi, si unirono ai lord cui avevano giurato fedeltà per sedare le ribellioni e
difendere l’Altopiano dai re andali e dalle bande guerresche che arrivarono in seguito.
«Quando un lupo si avventa sul tuo gregge, quello che ottieni uccidendolo è solo un
attimo di tregua, perché dopo di lui arriveranno altri lupi» era il celebre detto di re Garth
IX. «Se invece sfami il lupo, lo addomestichi e trasformi i suoi cuccioli in cani da guardia,
quelli proteggeranno le tue greggi dal branco famelico successivo.» Re Gwayne V fu più
succinto: «Loro ci hanno dato Sette Dèi e noi abbiamo dato loro terre e mogli, e i nostri
figli e nipoti saranno fratelli».Molte nobili casate dell’Altopiano hanno tra i loro antenati
avventurieri andali che avevano ricevuto terre e mogli da Garth IX, Merle I e Gwayne V.
Case quali Orme, Parren, Graceford, Cuy, Roxton, Uffering, Leygood e Varner. Con il
passare dei secoli, i figli e le figlie di quelle casate si sposarono così liberamente con i
discendenti dei primi uomini che diventò impossibile distinguerli. Raramente una
conquista fu ottenuta con minor spargimento di sangue.
I secoli dopo la venuta degli andali sarebbero stati comunque meno pacifici. Tra i
Gardener che si avvicendarono sul Trono di Quercia ci furono uomini forti e deboli,
intelligenti e stolti, e perfino una donna, ma pochi ebbero la saggezza e l’astuzia dei Tre
Re Saggi, per cui il periodo di pace di Garth Mano d’Oro non tornò più. In quella lunga
epoca tra l’assimilazione degli andali e l’arrivo dei draghi, i re dell’Altopiano
guerreggiarono costantemente con i regni vicini nell’eterna lotta per la terra, il potere e la
gloria. I re di Castel Granito, i re della Tempesta, i numerosi re litigiosi di Dorne e i re dei
Fiumi e delle Colline potevano essere tutti annoverati fra i loro nemici (anche se spesso
tra i loro alleati).
Alto Giardino raggiunse l’apice della sua potenza sotto re Gyles III Gardener, il quale
condusse un esercito di cavalieri in armatura scintillante nelle Terre dei Fiumi, sconfisse
gli eserciti dell’anziano re della Tempesta e conquistò tutte le terre a nord del Bosco delle
Piogge, tranne Capo Tempesta, che assediò invano per due anni. Gyles avrebbe
completato la conquista se, durante la sua assenza, il re di Castel Granito non fosse calato
sull’Altopiano, costringendolo a togliere l’assedio a Capo Tempesta e a precipitarsi ad
affrontare gli uomini delle Terre dell’Ovest. La guerra più ampia che seguì coinvolse tre
re dorniani e due delle Terre dei Fiumi, concludendosi con la morte di Gyles III per un
attacco di dissenteria emorragica e con i confini dei regni ripristinati sostanzialmente
com’erano prima dell’inizio del massacro.
Il potere dei Gardener registrò il punto più basso durante il lungo regno di re Garth X,
chiamato Garth Barbagrigia, che ereditò la corona a sette anni e morì a novantasei: regnò
più a lungo ancora del suo famoso antenato, Garth Mano d’Oro. Seppure vigoroso da
giovane, Garth X fu un re frivolo e vanitoso che si circondò di guitti e adulatori. Né saggio
né intelligente, in età avanzata perse del tutto il lume della ragione e, nei lunghi anni
della senilità, fu manipolato prima da una, poi dall’altra fazione, mentre quelli intorno a
lui lottavano per la ricchezza e per il potere. Il re non ebbe eredi maschi, ma lord Peake
aveva sposato una delle sue figlie e lord Manderly l’altra, e ognuno era certo che la moglie
sarebbe succeduta al trono. La rivalità fra i due fu contrassegnata da tradimenti,
cospirazioni e omicidi, prima di sfociare nella guerra aperta. Altri lord si unirono da
entrambe le parti.
Dal momento che le palizzate e il fossato che fino ad allora avevano protetto la città si
erano dimostrati del tutto inadeguati, Otho II, successivo re di Alta Torre, trascorse la
maggior parte del regno a cingere Vecchia Città con massicce mura di pietra, alte e spesse
come non si erano mai viste nel continente occidentale. Uno sforzo che prostrò la città
per tre generazioni, si legge, ma le nuove mura si rivelarono talmente robuste che gli
ultimi predoni e aspiranti conquistatori preferirono andare a razziare altrove, e coloro
che cercarono di attaccare Vecchia Città non ebbero successo.
Non fu però combattendo che Alta Torre venne annessa al regno dell’Altopiano, bensì
tramite lunghi negoziati e intricati matrimoni. Quando Lymond Hightower prese in
moglie la figlia di re Garland II Gardener – concedendo al contempo la mano della
propria figlia al di lei padre –, gli Hightower diventarono alfieri di Alto Giardino,
trasformandosi da re, ricchi ma relativamente minori, nei più grandi lord dell’Altopiano.
(Vecchia Città fu l’ultimo degli antichi reami a giurare fedeltà ad Alto Giardino, poco
tempo dopo che l’ultimo re di Arbor morì in mare, consentendo al cugino, re Meryn III
Gardener, d’impadronirsi dell’isola.)
Secondo i termini dell’accordo matrimoniale, i Gardener s’impegnavano a difendere la
città da qualsiasi attacco via terra, permettendo così a lord Lymond di dedicarsi al suo
«grande scopo»: costruire navi e conquistare i mari. Alla fine del suo regno, nessun re o
lord del continente occidentale poteva eguagliare la forza navale di Casa Hightower. Una
grande statua di Lymond Hightower sovrasta ancora oggi il porto di Vecchia Città,
dominando lo Stretto dei Sussurri. L’ultimo re Hightower è tuttora ricordato come il
Leone di Mare.
I discendenti di lord Lymond condivisero la sua visione. Tranne rare eccezioni, essi si
occuparono dei loro giardini e della città, evitando di farsi coinvolgere nelle innumerevoli
guerre dei re minori, e poi dei nascenti Sette Regni. «Alto Giardino ci difende le spalle,»
dichiarò una volta lord Jeremy Hightower «così noi possiamo guardare avanti, al mare e
alle terre al di là di esso.» Guardando avanti e costruendo sempre più navi per proteggere
i commerci, lord Jeremy raddoppiò la ricchezza della città. Il figlio Jason la incrementò
ulteriormente e ricostruì l’Alta Torre aumentandola di un altro centinaio di piedi.
Quando gli andali arrivarono, gli Hightower furono tra i primi lord di Westeros ad
accoglierli. «Le guerre nuocciono al commercio» dichiarò lord Dorian Hightower,
ripudiando la moglie che aveva da vent’anni, la madre dei suoi figli, per unirsi in
matrimonio con una principessa andala. Suo nipote lord Damon (il Devoto) fu il primo
ad abbracciare il Credo. Per onorare i nuovi dèi, fece costruire il primo tempio a Vecchia
Città e altri sei nel resto del reame. Quando morì prematuramente per un morbo alle
viscere, septon Robeson diventò reggente di suo figlio neonato, governando Vecchia Città
in tutto tranne che di nome per i successivi vent’anni, dopodiché fu nominato Alto
Septon.
Le origini della Cittadella sono quasi altrettanto misteriose quanto quelle dell’Alta Torre. I più attribuiscono la sua
fondazione al principe Peremore il Deforme, secondogenito di Uthor dell’Alta Torre. Cagionevole di salute, nato con
un braccio rattrappito e la schiena deforme, Peremore fu costretto a letto per la maggior parte della sua breve vita,
ma aveva un’insaziabile curiosità per il mondo al di là della propria finestra, pertanto si circondò di saggi, insegnanti,
preti, guaritori e menestrelli, oltre a una quantità di maghi, alchimisti e stregoni. Si diceva che il piacere più grande
per lui fosse ascoltare quegli studiosi discutere fra loro. Quando il principe morì, suo fratello re Urrigon concesse un
grande appezzamento di terra lungo il Vino di Miele ai «prediletti di Peremore», affinché potessero vivere colà e
continuare a insegnare, studiare e ricercare la verità. E tanto essi fecero.
Dopo la sua morte, il ragazzo da lui allevato e educato, lord Triston Hightower, eresse
in suo onore il Tempio Stellato.
Nei secoli successivi, Vecchia Città diventò il centro incontrastato del Credo per tutto
il continente occidentale. Dalle sale di marmo scuro del Tempio Stellato, una successione
di Alti Septon indossò la corona di cristallo (la prima era stata donata al Credo da lord
Barris, figlio di lord Triston) per incarnare la voce dei Sette sulla terra, comandando le
spade del Credo Militante e i cuori di tutti i devoti, da Dorne all’Incollatura. Vecchia Città
diventò la loro città santa, e molti uomini e donne devoti si recavano in pellegrinaggio nei
suoi templi e santuari, e in altri luoghi sacri. Indubbiamente fu anche grazie a questi
rapporti con i Sette che gli Hightower riuscirono così spesso a rimanere fuori dalle
innumerevoli guerre di Casa Gardener.
Il Credo non fu comunque l’unica istituzione a prosperare dietro le mura massicce di
Vecchia Città, sotto l’ala protettrice degli Hightower. Già migliaia di anni prima, rispetto
all’apertura del primo tempio, la città era diventata sede della Cittadella, dove bambini e
ragazzi di tutto il continente occidentale venivano a studiare e forgiare le loro catene da
maestri. Non esiste in nessuna parte del mondo un centro di conoscenza più grande.
All’epoca della Conquista di Aegon, Vecchia Città era indubbiamente la maggiore città
di tutto il continente occidentale, la più grande, ricca e popolata, oltre a essere un centro
di conoscenza e fede. Tuttavia avrebbe potuto fare la fine di Harrenhal, se non fosse stato
per lo stretto legame fra gli Hightower e il Tempio Stellato, giacché fu l’Alto Septon che
persuase lord Manfred Hightower a non opporre resistenza ad Aegon Targaryen e ai suoi
draghi, e a spalancare invece le porte all’arrivo del Conquistatore per rendergli omaggio.
Cionondimeno, il conflitto così evitato avvampò una generazione più tardi, nella
sanguinosa lotta tra il Credo e il secondo figlio del Conquistatore, giustamente chiamato
re Maegor il Crudele. L’Alto Septon in carica durante i primi anni del regno di Maegor
era imparentato per matrimonio con gli Hightower. La sua morte improvvisa nel 44 DC –
poco dopo che il re aveva minacciato d’incenerire il Tempio Stellato con il respiro di
fuoco perché sua alta santità ne aveva condannato l’ultimo matrimonio – è considerata
piuttosto provvidenziale, in quanto permise a lord Martyn Hightower di aprire le porte
prima che Balerion e Vhagar liberassero le loro fiamme.
La natura inattesa della morte dell’Alto Septon sollevò comunque un certo sospetto, e voci di assassinio persistono
ancora oggi. Alcuni credono che sua alta santità sia stato rimosso dal fratello, ser Morgan Hightower, comandante
dei Figli del Guerriero a Vecchia Città (e in effetti ser Morgan fu l’unico Figlio del Guerriero a essere graziato da re
Maegor). Altri sospettano lady Patrice Hightower, zia non maritata di lord Martyn, anche se tale argomentazione
sembra basarsi sulla credenza che il veleno sia un’arma femminile. Si è ipotizzato che la Cittadella possa aver
giocato un ruolo nell’eliminazione dell’Alto Septon, anche se ciò appare quantomeno inverosimile.
Casa Tyrell
Lo stemma di Casa Tyrell (al centro) e di alcune case illustri del passato e del presente (in senso orario dall’alto): Caswell,
Florent, Fossoway, Gardener, Hightower, Merryweather, Mullendore, Oakheart, Redwyne, Rowan, Tarly e Ashford.
I Tyrell non sono mai stati re, anche se nelle loro vene scorre sangue reale (lo stesso
dicasi per una cinquantina di altre grandi case dell’Altopiano).
Ser Alester Tyrell, capostipite del lignaggio, era un avventuriero andalo che diventò
campione e scudo giurato di re Gwayne V Gardener, uno dei Tre Re Saggi. Il suo
primogenito diventò anch’egli un celebre cavaliere, ma perì in un torneo. Gareth, il
secondo figlio, era più portato per i libri e non diventò mai cavaliere, scegliendo invece di
servire come attendente reale: ed è proprio da lui che discendono i Tyrell dei nostri
giorni.
Gareth Tyrell e suo figlio Leo compirono il loro dovere in modo impeccabile al punto
da indurre i Gardener a rendere ereditaria la carica di alto attendente. Nel corso dei
secoli, numerose generazioni di Tyrell servirono con altrettanta capacità. Molti
diventarono intimi confidenti e consiglieri dei loro re, alcuni svolsero anche funzione di
castellani in tempo di guerra. Uno di loro dominò addirittura sull’Altopiano come
reggente fino alla maggiore età di re Garland VI. Re Gyles III Gardener definì i Tyrell «i
miei più leali servitori» e re Mern VI fu talmente soddisfatto di loro da concedere a ser
Olyvar Tyrell la mano di sua figlia minore (permettendo così ai loro figli, nipoti e a tutte
le generazioni a venire di rivendicare la discendenza da Garth Manoverde). Questo fu il
primo matrimonio tra Casa Gardener e Casa Tyrell, ma altre nove unioni tra le due
famiglie seguirono nei secoli successivi.
Non fu però in virtù del loro sangue reale che Aegon Targaryen – dopo la morte di re
Mern IX, l’ultimo dei re Gardener, e di tutti i suoi figli, nella Battaglia del Campo di
Fuoco – decise di nominare i Tyrell lord di Alto Giardino, Protettori del Sud e lord
supremi dell’Altopiano. Questi onori furono la ricompensa per la prudenza di Harlan
Tyrell, il quale aprì le porte di Alto Giardino all’arrivo di Aegon e fece atto di
sottomissione, assieme a tutta la sua famiglia, a Casa Targaryen.
In seguito, molte altre grandi case dell’Altopiano protestarono duramente per essere
state rese vassalli di un «attendente rampante», insistendo che il loro sangue era assai
più nobile di quello dei Tyrell. Non si può negare che gli Oakheart di Vecchia Quercia, i
Florent della Fortezza di Acquachiara, i Rowan di Goldengrove, i Peake di Starpike e i
Redwyne di Arbor avessero tutti lignaggi più antichi e raffinati dei Tyrell, nonché più
stretti legami di sangue con la Casa Gardener. Le loro proteste, però, furono vane... forse
anche perché, al Campo di Fuoco, tutte quelle case avevano, a differenza dei Tyrell, preso
le armi contro Aegon e le sue sorelle.
La mossa di Aegon Targaryen si dimostrò una saggia scelta. Lord Harlan diede prova
di essere un attendente capace per l’Altopiano, anche se servì soltanto fino al 5 DC
quando, durante la Prima Guerra Dorniana di Aegon, scomparve con il proprio esercito
nei deserti di Dorne.
Theo Tyrell, suo figlio, era comprensibilmente riluttante a lasciarsi coinvolgere in
ulteriori tentativi di conquistare Dorne, ma alla fine cedette quando il conflitto valicò le
Montagne Rosse. Dopo che alla fine i Targaryen ebbero fatto pace con Dorne, lord Theo
rivolse la propria attenzione a consolidare il potere dei Tyrell organizzando un concilio di
septon e di maestri per esaminare e respingere una volta per tutte alcune delle
rivendicazioni più pressanti su Alto Giardino da parte di coloro i quali insistevano che il
trono apparteneva a loro.
Quali lord di Alto Giardino e Protettori del Sud, i discendenti di quegli «attendenti
rampanti» sono considerati fra i lord più potenti del reame e sono stati chiamati in varie
occasioni a combattere sotto i vessilli Targaryen. Questo perché, nella maggior parte dei
casi, quando venivano convocati arrivavano, per quanto, saggiamente, non abbiano preso
parte alla Danza dei Draghi. All’epoca, il giovane lord Tyrell era ancora in fasce, per cui
sua madre e il castellano decisero di tenere Alto Giardino fuori da quello spaventoso
bagno di sangue fratricida.
In seguito, quando re Daeron I Targaryen (il Giovane Drago) marciò su Dorne, i Tyrell
diedero prova del proprio valore sferrando l’offensiva principale a Passo del Principe.
Avendo servito lealmente, per quanto forse con troppa audacia, dopo il ritorno trionfale
del Giovane Drago ad Approdo del Re, lord Lyonel Tyrell ricevette il comando di Dorne.
Per qualche tempo, sua signoria riuscì a mantenere quiescenti i dorniani, ma solo per
subire la raccapricciante morte nell’infame letto di scorpioni. Il suo assassinio scatenò
l’insurrezione che travolse Dorne, portando alla morte del Giovane Drago a soli diciotto
anni di età.
Dei Tyrell succeduti negli anni sul trono di Alto Giardino a lord Lyonel, falciato dalla
malattia, il più illustre rimane lord Leo Tyrell, un campione di torneo ancora oggi
ricordato come Leo Lungaspina. Molti lo considerano il giostratore più raffinato che
abbia mai steso la lancia. Lord Leo si distinse anche nella Prima Ribellione Blackfyre,
riportando notevoli vittorie contro i sostenitori di Daemon Blackfyre sull’Altopiano,
anche se le sue forze non riuscirono a raggrupparsi abbastanza in fretta per arrivare in
tempo alla Battaglia del Campo Rosso Sangue.
Mace Tyrell, attuale lord di Alto Giardino, combatté lealmente per Casa Targaryen
durante la Ribellione di Robert, sconfiggendo lo stesso Robert Baratheon nella Battaglia
di Ashford e assediando poi per quasi un anno suo fratello Stannis a Capo Tempesta. Ma
con la morte del Re Folle, Aerys II, e di suo figlio, il principe Rhaegar, lord Mace depose
la spada, e oggi è di nuovo Protettore del Sud e leale servitore di re Robert e del Trono di
Spade.
Alto Giardino
Alto Giardino.
Il grande castello di Alto Giardino, l’antica dimora dei lord Tyrell e, prima di loro, dei
re Gardener, si erge sulla cima di una collina verdeggiante che sovrasta le ampie, lente
acque del Mander. Visto da lontano «fa talmente parte del territorio che si potrebbe
pensare sia cresciuto lì, anziché essere stato costruito». Molti lo considerano il più
splendido castello di tutti i Sette Regni, un’affermazione che solo gli uomini della Valle di
Arryn osano contestare (preferendo a esso il loro Nido dell’Aquila.)
La collina su cui sorge Alto Giardino non è né ripida né rocciosa, ma estesa, con dolci
declivi e una piacevole simmetria. Dalle mura e dalle torri del castello si può vedere per
leghe in tutte le direzioni, oltre orti, prati e campi di fiori, tra cui le rose dorate
dell’Altopiano che da tempo rappresentano lo stemma di Casa Tyrell.
Alto Giardino è circondato da tre anelli concentrici di mura merlate, in pietra bianca
finemente intagliata, e protetto da torri agili e snelle come fanciulle. Ogni cinta di mura è
progressivamente più alta e più spessa di quella che la circonda. Tra le mura più esterne
che cingono la base della collina e quelle centrali, sopra di esse, c’è il celebre labirinto di
rovi di Alto Giardino: un vasto e complesso intrico di spine e siepi conservato nei secoli
per il piacere e il diletto degli occupanti del castello e dei loro ospiti... e per scopi
difensivi, giacché gli intrusi non pratici del labirinto, fuorviati dai suoi inganni e dai suoi
vicoli ciechi, faticano a trovare la strada fino alle porte del castello.
All’interno delle mura, la vegetazione abbonda e i fortilizi sono circondati da giardini,
pergolati, fontane, cortili e cascate d’acqua artificiali. L’edera ricopre gli edifici più vecchi,
mentre viti e rose si arrampicano lungo i fianchi di statue, mura e torri. Ovunque
sbocciano fiori. Il fortilizio è un palazzo come pochi altri, pieno di statue, colonnati e
fontane. Le torri svettanti di Alto Giardino, rotonde e sottili, sovrastano quelle accanto
molto più antiche, cupe e squadrate, che in parte risalgono all’Età degli Eroi. Il resto del
castello è di epoca più recente, in gran parte fatto costruire da re Mern VI dopo che le
strutture originali erano state distrutte dai dorniani durante il regno di Garth
Barbagrigia.
Gli dèi antichi e nuovi sono onorati e riveriti ad Alto Giardino. Lo splendore del
tempio del castello, dalle finestre colorate che celebrano i Sette Dèi e l’onnipresente
Garth Manoverde, rivaleggia solo con quello del Grande Tempio di Baelor ad Approdo
del Re e del Tempio Stellato di Vecchia Città. Il suo lussureggiante parco degli dèi è quasi
altrettanto famoso in quanto, in luogo di un singolo albero del cuore, vanta tre magnifici
alberi-diga, antichi e imponenti, i cui rami nei secoli si sono talmente intrecciati da
sembrare quelli di uno stesso albero con tre tronchi protesi l’uno verso l’altro sopra un
piccolo lago tranquillo. La leggenda narra che questi alberi, noti nell’Altopiano come i
Tre Cantori, furono piantati da Garth Manoverde in persona.
Nessuna reggia dei Sette Regni è stata più celebrata in musica di Alto Giardino, né ciò
deve stupire, in quanto i Tyrell, e i Gardener prima di loro, hanno reso la corte un luogo
di cultura, musica e alte arti. Prima della Conquista, i re dell’Altopiano e le loro regine
presiedevano i tornei di amore e bellezza, in cui i più illustri cavalieri dell’Altopiano
competevano per il cuore delle più leggiadre fanciulle non solo con prodezze d’armi, ma
anche con canti, poesie e dimostrazioni di virtù, compassione e casta devozione. I
migliori campioni, uomini puri, onorevoli e virtuosi, oltre che esperti nell’uso delle armi,
avevano l’onore di essere invitati a entrare nell’Ordine della Mano Verde.
Benché gli ultimi membri del nobile ordine siano caduti al fianco del loro re a Campo
di Fuoco (tranne i cavalieri di Casa Manderly a Porto Bianco che professano ancora
l’appartenenza), tali tradizioni sono tuttora ricordate sull’Altopiano, dove i Tyrell
continuano a tramandare il meglio della cavalleria. Il loro Torneo del Campo di Rose
sotto il regno di Jaehaerys I, il Vecchio Re, fu famoso in ogni dove come il migliore in
assoluto per un’intera generazione, e tanti altri grandi tornei si sono tenuti in tempi più
recenti sull’Altopiano.
Le Terre della Tempesta
Le tempeste che flagellano il Mare Stretto sono famigerate in tutti i Sette Regni, e anche
nelle nove città libere. Sebbene esse possano scatenarsi in qualsiasi stagione, i naviganti
dicono che le peggiori arrivano in autunno. Esse si formano nelle acque calde del Mare
dell’Estate a sud delle Stepstones, per poi spostarsi rombando a settentrione, oltre quelle
isole brulle e rocciose. Secondo gli archivi della Cittadella, più della metà prosegue verso
nord, nordovest, passando su Capo Furore e il Bosco delle Piogge, acquistando forza (e
umidità) mentre attraversa il Golfo dei Naufragi, prima di abbattersi su Capo Tempesta,
a Punta di Durran.
È da simili grandi bufere che le Terre della Tempesta prendono il loro nome.
Il cuore di questo regno antico era Capo Tempesta, l’ultimo e il più grande castello –
costruito nell’Età degli Eroi dal leggendario re Durran Dolore degli Dèi – che si erge
immenso e saldo sopra le imponenti scogliere della Punta di Durran. A sud, oltre il Golfo
dei Naufragi con le sue acque burrascose e gli infidi scogli, c’è Capo Furore. L’umido
intrico verde del Bosco delle Piogge domina i due terzi settentrionali del capo. Ancora
più a sud si apre una grande pianura che digrada gentilmente fino al Mare di Dorne,
dove una miriade di piccoli villaggi di pescatori punteggia la costa. Qui si trovano un
porto e un mercato fiorenti, Città Dolente (così chiamata in secoli recenti, in quanto colà
venne deposto il corpo del re leggendario Daeron I Targaryen, riportato nel suo regno
dopo essere stato assassinato a Dorne. Il lord locale rinominò il proprio castello la Torre
Dolente e, in seguito, la città assunse lo stesso nome), e gran parte del commercio della
regione transita dalle sue banchine.
La grande isola di Tarth, con le sue cascate, i suoi laghi e le sue montagne svettanti, è
considerata anch’essa parte delle Terre della Tempesta, lo stesso vale per Estermont e per
le numerose isole minori al largo di Capo Furore e di Città Dolente.
A ovest, le colline si alzano aspre e selvagge, stagliandosi contro il cielo prima di
cedere il passo alle Montagne Rosse, la frontiera meridionale tra le Terre della Tempesta e
Dorne. Il paesaggio è caratterizzato da profonde valli secche e grandi scarpate di
arenaria, ed effettivamente, al tramonto, le cime brillano scarlatte e cremisi contro le
nuvole... c’è tuttavia chi sostiene che le montagne debbano il loro nome non tanto al
colore della roccia quanto a tutto il sangue che ha impregnato il terreno.
Più all’interno, oltre le colline, ha inizio la marca dorniana: una vasta zona di praterie,
brughiera e pianure spazzate dal vento che si estende per centinaia di leghe a ovest e
nord. Qui, nei pressi delle Montagne Rosse, si trovano i grandi castelli dei lord della
marca, costruiti per difendere i confini delle Terre della Tempesta dalle incursioni
dorniane da sud e dai sostenitori dei re dell’Altopiano ricoperti d’acciaio da ovest. I
principali lord della marca sono gli Swann di Stonehelm, i Dondarrion di Blackhaven, i
Selmy di Sala del Raccolto e i Caron di Canto Notturno, le cui Torri Sonanti segnano il
punto più occidentale del reame dei re della Tempesta. Ancora oggi, tutti costoro
continuano a essere fedeli a Capo Tempesta, come lo sono da tempo immemore.
A nord di Capo Tempesta, invece, i confini del regno hanno subito grandi fluttuazioni
nel corso dei secoli, a seconda che i re della Tempesta forti o deboli guadagnassero o
perdessero terre in un susseguirsi di guerre grandi e piccole. Oggi, il potere di Casa
Baratheon si estende fino alla costa meridionale del Wendwater e alle propaggini
inferiori del Bosco del Re, e lungo le coste rocciose del Mare Stretto fino alla base
dell’Uncino di Massey... ma prima della Conquista di Aegon, prima ancora dell’arrivo
degli andali, i re guerrieri di Casa Durrandon avevano spostato i propri confini molto più
avanti.
L’Uncino di Massey faceva allora parte del loro reame, e così tutto il Bosco del Re fino
alle Rapide Nere. In certi periodi, i re della Tempesta governarono anche al di là del
fiume. Città lontane come Duskendale e Maidenpool rendevano un tempo omaggio a
Capo Tempesta e, sotto il temibile re guerriero Arlan III Durrandon, le Terre della
Tempesta estesero il loro dominio su tutte le Terre dei Fiumi, mantenendolo per oltre tre
secoli.
Eppure, perfino nella loro massima espansione, i reami dei Durrandon e dei loro
successori sono sempre stati poco popolati rispetto all’Altopiano, alle Terre dei Fiumi e
alle Terre dell’Ovest; conseguentemente, il potere dei lord di Capo Tempesta era
comunque minore. Chi sceglie di stabilirsi nelle Terre della Tempesta – che sia lungo le
coste rocciose del Mare Stretto, in mezzo alla verde foresta gocciolante del Bosco delle
Piogge o nella marca spazzata dal vento – appartiene a una razza speciale. Si è ripetuto
spesso che gli abitanti delle Terre della Tempesta sono come il loro clima: tumultuosi e
violenti, implacabili e imprevedibili.
L’arrivo dei Primi Uomini
La storia delle Terre dei Fiumi risale al Tempo dell’Alba.
Molto prima dell’arrivo dei primi uomini, Westeros nella sua interezza apparteneva
alle specie più antiche: i figli della foresta e i giganti (e, secondo alcuni, anche gli
Estranei: i terribili «non-morti» della Lunga Notte).
I figli s’insediarono nella grande foresta primordiale che un tempo si estendeva da
Capo Furore fino a Capo della Piovra, a nord delle Isole di Ferro (nei nostri giorni, di
quella foresta rimangono solamente il Bosco del Re e il Bosco delle Piogge) e i giganti
sulle colline pedemontane delle Montagne Rosse e lungo la dorsale rocciosa dell’Uncino
di Massey. A differenza degli andali, giunti a Westeros via mare in un’epoca seguente, i
primi uomini lasciarono Essos varcando il grande ponte di terra che noi oggi chiamiamo
il Braccio Spezzato di Dorne, per cui Dorne stesso e le Terre della Tempesta a nord furono
le prime parti del continente occidentale a essere calcate da piede umano.
La regione umida e selvaggia del Bosco delle Piogge fu il riparo prediletto dei figli
della foresta, narrano le leggende; i giganti, invece, risiedevano sulle colline incolte ai
piedi delle Montagne Rosse e tra le gole e le creste della penisola rocciosa, in seguito nota
come l’Uncino di Massey. Mentre i giganti erano timorosi, e anche ostili, all’uomo, si
legge che, da principio, i figli della foresta accolsero benevolmente i nuovi arrivati sul
continente occidentale, nella convinzione che ci fosse abbastanza terra per tutti.
La foresta modellò i primi uomini, i quali presero dimora sotto le antiche querce, le
sequoie torreggianti, gli alberi-sentinella e i pini-soldato. Tra le sponde dei piccoli ruscelli
sorsero rozzi villaggi, dove la gente cacciava e piazzava trappole, quando i lord lo
permettevano. Le pellicce delle Terre della Tempesta erano molto pregiate, ma la vera
ricchezza del Bosco delle Piogge consisteva nel legname da costruzione e nei preziosi
legni duri. Ben presto però l’abbattimento degli alberi pose i primi uomini in aperto
conflitto con i figli della foresta. Per centinaia, migliaia di anni essi combatterono gli uni
contro gli altri, finché i primi uomini fecero propri gli antichi dèi dei figli della foresta e,
tramite il Patto siglato sull’Isola dei Volti, al centro del grande lago chiamato Occhio
degli Dèi, con essi spartirono le terre.
Il Patto però arrivò tardi nella storia dell’uomo sul continente occidentale, quando
ormai i giganti (che non vi parteciparono) erano quasi spariti dalle Terre della Tempesta,
e anche i figli della foresta erano assai meno numerosi di quanto non lo fossero stati nel
passato.
Capo Tempesta.
Casa Durrandon
Gran parte della storia antica del continente occidentale si perde nelle nebbie del tempo,
e più si va indietro più risulta difficile separare i fatti dalle leggende. Ciò è
particolarmente vero per le Terre della Tempesta, dove i primi uomini erano ancora pochi
e le specie più antiche ancora forti. In altre regioni dei Sette Regni, le rune che narrano le
loro vicende sopravvivono tutt’oggi, scolpite nelle grotte, su rocce erette e rovine di
fortezze distrutte. Per contro, nelle Terre della Tempesta i primi uomini incidevano, nella
maggior parte dei casi, i racconti delle loro vittorie e delle loro sconfitte sui tronchi degli
alberi, ormai da tempo decomposti.
Inoltre, fra i re della Tempesta dell’antichità si affermò l’usanza di chiamare il
primogenito ed erede della famiglia reale come Durran Dolore degli Dèi, il fondatore del
loro lignaggio, aumentando così le difficoltà per gli storici. La sconcertante quantità di re
chiamati Durran ha inevitabilmente generato un’estrema confusione. Allo scopo di
distinguerli l’uno dall’altro, i maestri della Cittadella di Vecchia Città hanno assegnato
dei numeri a molti di questi sovrani, ma la pratica non è stata adottata dai cantori (il più
delle volte inaffidabili), che sono la nostra principale fonte per quel periodo.
Tutte le leggende relative a Durran Dolore degli Dèi, fondatore di Casa Durrandon, ci
sono giunte tramite loro. Le canzoni narrano che Durran vinse il cuore di Elenei, figlia
del dio del mare e della dea del vento. Cedendo all’amore verso un comune mortale,
Elenei condannò se stessa a una morte umana, e per questo motivo gli dèi che l’avevano
messa al mondo odiarono l’uomo da lei scelto come lord suo marito. Nel proprio furore,
inviarono venti ululanti e piogge sferzanti ad abbattere tutti i castelli che Durran osava
costruire. Fino a quando un ragazzino lo aiutò a erigerne uno talmente solido e fatto con
sagacia da riuscire a resistere alle loro bufere. Crescendo, quel ragazzo diventò Brandon
il Costruttore, e Durran fu il primo re della Tempesta. Con Elenei al suo fianco, egli visse
e regnò a Capo Tempesta per un migliaio di anni, o almeno così vogliono le leggende.
(Una simile longevità sembra altamente improbabile, perfino per un eroe sposato con
la figlia di due divinità. L’arcimaestro Glaive, anch’egli nato nelle Terre della Tempesta,
una volta azzardò l’ipotesi che forse quel re millenario rappresentasse in realtà una
successione di diversi sovrani che portavano tutti lo stesso nome, il che sembra
plausibile, anche se non potrà mai essere dimostrato.)
Che si tratti di un solo uomo o di cinquanta, sappiamo che a quell’epoca il regno estese
i propri confini oltre Capo Tempesta e sulle terre circostanti, assorbendo nei secoli i
reami vicini, l’uno dopo l’altro: alcuni furono vinti con patti, altri tramite matrimoni, la
maggior parte in battaglia, un processo di espansione che proseguì anche con i
discendenti di Durran.
Il Dolore degli Dèi fu il primo a reclamare il Bosco delle Piogge, quella zona umida e
selvaggia che fino ad allora era appartenuta solo ai figli della foresta. Durran il Devoto,
suo figlio, restituì ai figli della foresta la maggior parte di ciò che il padre aveva tolto loro.
Ma un secolo più tardi Durran Ascia di Bronzo lo riprese, e questa volta per sempre. Le
canzoni narrano che Durran l’Arcigno uccise Lun l’Ultimo, re dei giganti, nella Battaglia
di Acquacurva, ma gli eruditi dibattono ancora se si trattasse di Durran V o Durran VI.
Maldon Massey costruì il castello di Stonedance e proclamò il proprio dominio
sull’Uncino di Massey sotto un altro re Durran, chiamato Durran il Giovane, ma le date e
il numero rimangono anche in questo caso incerte.
Fu Durran il Giovane, noto anche come il Garzone del Macellaio, a intasare il corso del
fiume Slayne con i cadaveri dei dorniani, dopo avere respinto Yoren Yronwood e la
fanciulla guerriera Wylla di Wyl nella battaglia nei pressi di Stagno Insanguinato, ma... si
trattava dello stesso re che, in età avanzata, s’infatuò della propria nipote e morì per
mano di suo fratello Erich il Fratricida? Queste e molte altre domande difficilmente
avranno mai risposta certa.
Fonti di poco migliori esistono, invece, per i secoli successivi. Possiamo affermare con
ragionevole sicurezza che il grande regno di Tarth passò sotto il controllo di Casa
Durrandon quando Durran il Giusto prese in moglie la figlia del re dell’isola, Edwyn
Evenstar. Erich il Velaio, loro nipote (con ogni probabilità Erich III), fu il primo a
rivendicare Estermont e le isole minori più a sud. Un altro Durran (Durran X, secondo la
maggior parte degli studiosi) ingrandì il regno a nord fino alle Rapide Nere, mentre suo
figlio Monfryd I (il Possente) varcò per primo il grande fiume, sfidando i re minori di
Casa Darklyn e Casa Mooton in una serie di guerre e conquistando le prospere città
portuali di Duskendale e Maidenpool.
Il figlio di Monfryd, Durran XI (l’Ottuso), e il nipote Barron (il Bello) persero tutto ciò
che lui aveva guadagnato e non solo. Durante i lunghi anni in cui Durwald I (il Grasso)
governò da Capo Tempesta, i Massey si staccarono, Tarth insorse tre volte e anche a Capo
Furore nacque una sfida. Una strega dei boschi, nota solo come la Regina Verde,
contrappose il Bosco delle Piogge a Capo Tempesta per quasi una generazione. Per un
certo periodo, si disse che il regno di Durwald non arrivava più in là di dove un uomo
riuscisse a urinare dalle mura di Capo Tempesta.
La situazione cambiò quando Morden II nominò come suo castellano il proprio
fratellastro illegittimo Ronard Storm, un temibile guerriero che diventò il sovrano delle
Terre della Tempesta in tutto tranne che di nome, e che prese in moglie la sorella del re.
Nel giro di cinque anni, Ronard reclamò anche il trono. Fu la regina stessa che gli pose
sulla testa la corona del marito e, se le canzoni sono sincere, condivise con lui anche il
talamo. Quanto a Morden, ritenuto inoffensivo, venne confinato in una cella della torre.
L’usurpatore regnò per quasi trent’anni come Ronard il Bastardo, sconfiggendo alfieri
ribelli e re minori, battaglia dopo battaglia. Non essendo uomo da accontentarsi di
un’unica donna, reclamò una figlia da ogni nemico che gli rendeva omaggio. Quando
morì, pare avesse messo al mondo novantanove figli. I più erano bastardi (anche se,
secondo le canzoni, Ronard aveva avuto ventitré mogli) e non parteciparono all’eredità
paterna, ma dovettero trovare la propria strada nel mondo.
Per questa ragione, migliaia di anni dopo, gran parte del popolino delle Terre della
Tempesta, fra cui anche gli esseri più miseri e umili, vanta ancora sangue reale.
Gli Andali nelle Terre della Tempesta
Quando le navi lunghe degli andali cominciarono ad attraversare il Mare Stretto, nelle
Terre della Tempesta regnava Erich VII Durrandon. La storia lo ricorda come Erich
l’Impreparato, in quanto non si curò quasi degli invasori, dichiarando notoriamente che
non era interessato ai «litigi di stranieri in una terra remota». A quell’epoca il re della
Tempesta era coinvolto nelle guerre che lo riguardavano in prima persona: il tentativo di
riconquistare l’Uncino di Massey dal suo infame re pirata Justin Occhi Vuoti, mentre al
contempo respingeva le incursioni del re dorniano Olyvar Yronwood. Ma Erich non
avrebbe visto le conseguenze della sua inerzia: finché fu in vita, gli andali erano lanciati
alla conquista della Valle.
Suo nipote, re Qarlton II Durrandon, fu il primo ad affrontare gli andali in battaglia.
Dopo una guerra durata per quattro generazioni, il monarca – che definiva se stesso
Qarlton il Conquistatore – completò finalmente la riconquista dell’Uncino di Massey,
prendendo Stonedance dopo un anno di assedio e uccidendo Josua (soprannominato
Lanciamolle), l’ultimo re di Casa Massey.
Il re della Tempesta mantenne quella sua conquista per meno di due anni. Un signore
della guerra andalo chiamato Togarion Bar Emmon (detto Togarion il Terribile) aveva
stabilito il suo piccolo regno a nord del Fiume delle Rapide Nere, ma era anche incalzato
dal re della Casa Darklyn di Duskendale. Percependo un indebolimento al sud, Togarion
prese in moglie la figlia di Josua Lanciamolle e attraversò il Golfo delle Acque Nere con
tutto il suo esercito per insediare un nuovo regno all’Uncino di Massey. Costruì un
castello a Punta Acuminata, all’estremità dell’Uncino, scacciando gli uomini delle Terre
della Tempesta da Stonedance, e ivi collocò a regnare il fratello della moglie, un burattino
di cui lui muoveva i fili.
Ma ben presto Qarlton il Conquistatore dovette affrontare problemi ben più seri della
perdita dell’Uncino di Massey. Lo sguardo degli andali si era rivolto a sud e le loro navi
lunghe avevano cominciato ad approdare lungo tutte quelle coste, navi cariche di uomini
famelici con la stella a sette punte dipinta sugli scudi, sul petto e sulla fronte, tutti
determinati a ritagliarsi un proprio reame. Il tempo rimanente del suo regno e, dopo di
lui, il regno del figlio e del nipote (Qarlton III e Monfryd V) furono un’epoca di guerre
pressoché ininterrotte.
Benché i re della Tempesta avessero vinto una mezza dozzina di battaglie importanti –
la più significativa delle quali fu la Battaglia della Porta di Bronzo, in cui Monfryd V
Durrandon sconfisse, a prezzo della sua stessa vita, la «Sacra Confraternita» degli andali,
un’alleanza di sette re minori e signori della guerra –, le navi lunghe continuavano ad
arrivare. Si diceva che per ogni andalo caduto in battaglia ne sbarcavano altri cinque.
Tarth fu la prima delle Terre della Tempesta a essere sopraffatta, Estermont la seguì poco
dopo.
Gli andali s’insediarono anche a Capo Furore e avrebbero potuto impadronirsi
dell’intero Bosco delle Piogge, se non fossero stati desiderosi di farsi guerra a vicenda
almeno quanto lo erano di combattere contro i regni dei primi uomini. Ma re Baldric I
Durrandon (l’Astuto) si dimostrò abile nel metterli l’uno contro l’altro, e re Durran XXI
prese la decisione inaudita di andare alla ricerca dei figli della foresta rimasti nelle
caverne e sulle colline cave dove si erano rifugiati, alleandosi con loro contro gli uomini
arrivati dall’altra parte del mare. Nelle battaglie combattute alla Palude Nera, nel Bosco
delle Brume e sotto la Collina Urlante (la posizione precisa purtroppo è andata perduta),
questa «Alleanza degli alberi-diga» inflisse una serie di brucianti sconfitte agli andali e
riuscì a fermare il declino dei re della Tempesta per un certo periodo di tempo. Nel corso
della generazione successiva, un’alleanza addirittura più strana fra re Cleoden I e tre re
dorniani riportò una vittoria ancora più significativa contro Drox Semina-cadaveri sul
fiume Slayne vicino a Stonehelm.
Tuttavia, è un errore asserire che i re della Tempesta abbiano respinto gli invasori.
Nonostante tutte le loro vittorie, essi non arginarono mai la calata degli andali. Benché le
teste di molti re e di molti signori della guerra finissero infilzate sui rostri al di sopra
delle porte di Capo Tempesta, gli andali continuarono comunque ad arrivare. Ma è vero
anche il contrario: gli andali non ebbero mai la meglio del tutto sulla stirpe dei
Durrandon. La storia ci dice che misero sotto assedio Capo Tempesta per ben sette volte,
cercando di espugnare le sue mura possenti, ma fallirono sempre. Il settimo insuccesso
fu interpretato come un segno degli dèi, e dopo di esso non ci furono più attacchi.
Così, le due parti finirono per unirsi. Re Maldon IV prese in moglie una ragazza
andala e lo stesso fece suo figlio, Durran XXIV (Durran Mezzosangue). I comandanti
andali divennero lord e re minori, sposarono le figlie dei lord della Tempesta e in cambio
diedero loro le proprie figlie, giurarono fedeltà alle loro terre e consacrarono le spade al
servizio dei re della Tempesta. Guidati da re Ormund III e dalla sua regina, gli uomini
delle Terre della Tempesta misero da parte i loro vecchi dèi e adorarono quelli degli
andali, il Credo dei Sette. Con il passare dei secoli, le due stirpi divennero una sola... e i
figli della foresta, ormai dimenticati, scomparvero una volta per tutte dal Bosco delle
Piogge e dalle Terre della Tempesta.
Nell’epoca che seguì, la Casa Durrandon raggiunse il suo massimo splendore. Durante
l’Età dei Cento Regni, re Arlan I (il Vendicatore) avanzò con impeto, allargando i confini
del suo regno fino al Fiume delle Rapide Nere e alla sorgente del fiume Mander. Il suo
bisnipote, re Arlan III, attraversò sia il Fiume delle Rapide Nere sia il Tridente e
rivendicò il possesso di tutte le Terre dei Fiumi, piantando poi il suo stemma con il cervo
incoronato sulle rive del Mare del Tramonto.
Con la morte di Arlan III, tuttavia, iniziò un inevitabile declino. Gli uomini delle Terre
della Tempesta erano distribuiti su una striscia di territorio troppo sottile per riuscire a
tenere unito quel regno così vasto. Le ribellioni si susseguivano, re di poco conto
spuntavano come funghi, castelli e fortezze si sgretolavano... e poi arrivarono gli uomini
di ferro, guidati da Harwyn Manodura, re delle Isole di Ferro, e accadde tutto come
raccontato in precedenza. Mentre al nord gli uomini delle Terre della Tempesta
indietreggiavano davanti agli uomini di ferro, i dorniani arrivarono sciamando dalla
Strada delle Ossa per incalzarli a sud e i re dell’Altopiano mandarono avanti i loro
cavalieri di Alto Giardino per reclamare tutto ciò che era andato perduto a ovest.
Re dopo re, battaglia dopo battaglia, anno dopo anno, il regno della Tempesta
continuò a contrarsi. Il declino si arrestò brevemente quando un feroce principe
guerriero, Argilac (detto l’Arrogante), indossò la corona del cervo, ma perfino un uomo
forte come lui poteva solo fermare la marea, non respingerla.
Ultimo dei re della Tempesta e anche ultimo dei Durrandon, per un certo tempo
Argilac fece solo questo... ma, verso la fine della sua vita, ormai vecchio, compì il
tentativo maldestro di servirsi della Casa Targaryen di Roccia del Drago come scudo
contro il potere crescente degli uomini di ferro e del loro re, Harren il Nero. «Non
prendere mai un drago per la coda» dice il vecchio proverbio. Argilac l’Arrogante fece
proprio questo, ottenendo null’altro che un fatale risultato e riuscendo solo a far volgere
verso ovest lo sguardo di Aegon Targaryen e delle sue sorelle.
Quando essi approdarono alla foce del Fiume delle Rapide Nere per dare inizio alla
conquista dei Sette Regni, con loro arrivò un bastardo con occhi e capelli neri chiamato
Orys Baratheon.
Casa Baratheon
Le armi di Casa Baratheon (al centro) e alcuni dei suoi vassalli (in senso orario, dall’alto): Buckler, Caron, Connington,
Dondarrion, Estermont, Penrose, Seaworth, Selmy, Staedmon, Swann e Tarth.
Casa Baratheon nacque in mezzo alla pioggia e al fango dello scontro passato alla
storia come Battaglia dell’Ultima Tempesta, quando Orys Baratheon respinse per tre
volte l’attacco dei cavalieri di Capo Tempesta e uccise in duello il loro re Argilac
l’Arrogante. Capo Tempesta, a lungo ritenuto inespugnabile, si arrese a Orys senza
combattere (saggiamente, considerato il destino di Harrenhal). Dopodiché Orys prese in
moglie la figlia di re Argilac, adottando anche stemma e motto dei Durrandon per
onorarne il valore.
La grande benevolenza di Aegon il Conquistatore nei confronti di Orys indusse molti
a prestare fede alle dicerie, secondo le quali Orys era il suo fratellastro illegittimo.
Benché non sia mai stata provata, a tale congettura si dà ampio credito tuttora. Altri
ipotizzano che Orys salì tanto in alto grazie al suo valore in combattimento e all’ardente
lealtà verso Casa Targaryen. Anche prima della Conquista, egli servì come paladino e
spada giurata di Aegon, e la sconfitta inferta a re Argilac non fece che aggiungere altro
lustro al suo nome. Quando re Aegon assegnò per sempre Capo Tempesta a Casa
Baratheon, nominando Orys lord supremo delle Terre della Tempesta e Primo Cavaliere
del re, nessuno osò insinuare che egli non fosse degno di tali onori.
Durante l’invasione di Dorne da parte di Aegon nel 4 DC, tuttavia, lord Orys fu preso
prigioniero mentre cercava di guidare il suo esercito sulla Strada delle Ossa. A catturarlo
fu Wyl di Wyl, conosciuto come Amante delle Vedove, che gli mozzò la mano della spada.
Secondo tutti i resoconti, dopo questo evento lord Orys divenne intrattabile e
amareggiato. Rassegnò le dimissioni da Primo Cavaliere del re e rivolse la sua attenzione
a Dorne, ossessionato dall’idea della vendetta. L’occasione gli si presentò durante il
regno di Aenys I, quando sbaragliò parte dell’esercito del Re Avvoltoio e lord Walter Wyl,
figlio dell’Amante delle Vedove, cadde nelle sue mani.
I Baratheon rimasero strettamente legati alla Casa Targaryen ed ebbero un ruolo
significativo durante i travagliati regni dei successori di Aegon il Conquistatore. Il nipote
di lord Orys Baratheon, lord Robar, fu il primo grande lord a dichiararsi apertamente a
favore del principe Jaehaerys contro il suo prozio Maegor il Crudele. Dopo la strana
morte di Maegor, avvenuta sul Trono di Spade, per la sua lealtà e il suo coraggio Robar fu
nominato Protettore del Reame e Primo Cavaliere del re. Mentre re Jaehaerys era ancora
al di sotto dell’età per regnare, lord Robar condivise la guida del regno con la nonna del
sovrano, la regina vedova Alyssa. Sei mesi dopo i due si sposarono.
Dalla loro unione nacque lady Jocelyn, la quale sposò il maggiore dei figli del Vecchio
Re e divenne madre della principessa Rhaenys – la Regina-che-non-fu, come la chiamò
l’immarcescibile giullare Fungo – e di Boremund Baratheon, che successe al padre come
lord di Capo Tempesta. Al Grande Concilio del 101 DC, convocato da re Jaehaerys I per
discutere la questione della successione, lord Boremund sostenne apertamente le
rivendicazioni di sua nipote, la principessa Rhaenys, e del di lei figlio, il principe Laenor
di Casa Velaryon, ma questa si rivelò la fazione perdente.
Orys Baratheon, ora conosciuto come Orys il Monco, partì per l’ultima volta da Capo Tempesta per sbaragliare i
dorniani sotto le mura di Stonehelm. Quando Walter Wyl gli fu consegnato, ferito ma vivo, lord Orys disse: «Tuo
padre si è preso la mia mano, io reclamo la tua a titolo di risarcimento». E con queste parole, tranciò la mano della
spada di lord Walter. Poi gli prese anche l’altra mano ed entrambi i piedi, definendoli la sua «usura». Strano a dirsi,
lord Baratheon morì durante la marcia di ritorno a Capo Tempesta a causa delle ferite riportate in battaglia, ma suo
figlio Davos continuò a ripetere che era morto contento, sorridendo alle mani e ai piedi in putrefazione, appesi nella
sua tenda come una resta di cipolle.
Il potere di Capo Tempesta, oltre che la sua vicinanza ad Approdo del Re e al Trono di
Spade, fecero dei Baratheon la prima delle grandi casate del continente occidentale a cui
la principessa Rhaenyra e re Aegon II chiesero sostegno dopo la morte del padre, re
Viserys I Targaryen. A quel tempo, tuttavia, lord Boremund era morto e il figlio Borros,
che gli era succeduto nel dominio, era tutt’altro genere d’uomo.
Laddove lord Boremund era stato un leale sostenitore di Laenor – il defunto marito di
Rhaenyra –, lord Borros, fiutando un’opportunità, si mostrò evasivo davanti ai
corteggiamenti di Lucerys Velaryon, il secondo figlio di Rhaenyra avuto dal principe
Laenor. Quando Lucerys si recò in volo con il suo drago a Capo Tempesta, in cerca di
sostegno, scoprì che suo cugino, il principe Aemond Targaryen, era arrivato prima di lui
ed era impegnato a organizzare il proprio matrimonio con una delle figlie di Borros.
Lord Borros s’infuriò per il messaggio consegnatogli da Lucerys – nel quale la
principessa Rhaenyra tradiva una disdicevole arroganza presumendo che Capo Tempesta
avrebbe appoggiato la sua causa – e anche per il rifiuto dello stesso Lucerys di prendere
in moglie una delle sue figlie (il principe era infatti promesso sposo a un’altra fanciulla).
Incollerito, lord Borros cacciò dal suo palazzo il giovane Velaryon e nulla fece per
impedire al principe Aemond d’inseguirlo e di vendicarsi per l’occhio perso a causa di
Lucerys anni prima, pretendendo solo che detta vendetta avesse luogo fuori dalle mura
di Capo Tempesta.
Il principe Lucerys cercò di fuggire sul suo giovane drago Arrax, ma Aemond lo
inseguì in groppa al grosso drago Vhagar. Se nel Golfo dei Naufragi non avesse infuriato
una tempesta, Lucerys sarebbe riuscito a scappare, ma non fu questo il suo destino: il
giovane e il suo drago morirono entrambi, precipitando in mare vicino a Capo Tempesta,
Vhagar che ruggiva trionfante. Fu il primo spargimento di sangue reale della Danza dei
Draghi, cui ne sarebbe seguito molto altro.
Nella prima parte della guerra fratricida tra i Targaryen, lord Borros sembrò riluttante
ad affrontare i draghi personalmente, ma, verso la fine della Danza, lui e i suoi uomini di
Capo Tempesta conquistarono Approdo del Re durante la Luna dei Tre Re, ripristinando
l’ordine nella città e ottenendo la promessa che la figlia maggiore di lord Borros sarebbe
diventata la nuova regina di re Aegon II, rimasto vedovo. Poi il lord guidò audacemente
ciò che restava dell’esercito realista contro gli uomini delle Terre dei Fiumi, i quali
avanzavano sotto il comando del giovane lord Kermit Tully, dell’ancora più giovane
Benjicot Blackwood e della sorella di quest’ultimo, Alysanne. Quando il lord di Capo
Tempesta apprese che l’esercito era guidato da ragazzi e donne, fu sicuro della vittoria.
Ma Ben Blackwood il Sanguinario, come venne ricordato in seguito, sfondò un fianco
della sua armata, mentre Aly Blackwood il Nero conduceva gli arcieri che abbattevano i
suoi cavalieri. Lord Borros fu spavaldo fino alla fine e, a quanto affermano i resoconti,
uccise una dozzina di cavalieri, oltre ai lord Darry e Mallister, prima di perdere la vita lui
stesso per mano di Kermit Tully.
Lord Boremond era come la pietra: duro, forte e irremovibile. Lord Borros era come il vento, che infuria, urla e soffia
in ogni direzione.
Con la sua morte e la susseguente sconfitta degli uomini delle Terre della Tempesta, la
Danza dei Draghi era ormai conclusa. Casa Baratheon aveva corso un grosso rischio
decidendo di sostenere re Aegon II, e quella scelta non portò loro altro che sciagure
durante il regno di Aegon III (il Flagello dei Draghi) e il periodo di reggenza che lo
precedette.
Con il passare degli anni, mentre i re si succedevano l’uno dopo l’altro sul Trono di
Spade, i vecchi contrasti furono dimenticati e i Baratheon tornarono a servire fedelmente
la corona ancora una volta... fino a quando i Targaryen misero alla prova la loro lealtà. Ciò
avvenne durante il regno di Aegon V Targaryen (passato alla storia come Aegon
l’Improbabile), quando lord di Capo Tempesta era Lyonel Baratheon, un gigante
vanaglorioso conosciuto come la Tempesta che ride, uno dei più grandi combattenti del
suo tempo.
Lord Lyonel era sempre stato fra i sostenitori più leali di re Aegon; la loro amicizia era
così salda che sua grazia accettò con gioia di promettere in sposo suo figlio maggiore ed
erede alla figlia di lord Lyonel. Andò tutto bene finché il principe Duncan incontrò la
donna misteriosa conosciuta solo come Jenny di Vecchie Pietre (una strega, secondo
alcuni), se ne invaghì e la sposò a dispetto del re suo padre.
L’amore fra Jenny di Vecchie Pietre («con i fiori tra i capelli») e Duncan, Principe delle
Libellule, è tuttora un tema caro a cantori, cantastorie e damigelle, ma fu causa di grande
dolore per la figlia di lord Lyonel, causando anche disonore e vergogna a Casa Baratheon.
Tale fu la collera della Tempesta che ride che il lord pronunciò un sanguinoso giuramento
di vendetta, rinnegò la sua lealtà al Trono di Spade e si fece incoronare come nuovo re
della Tempesta. La pace fu ristabilita solo dopo che il cavaliere della Guardia reale ser
Duncan l’Alto affrontò lord Lyonel in un processo per duello, il principe Duncan
rinunciò a rivendicare la corona e il trono, e re Aegon V accettò di dare in sposa la figlia
più giovane, la principessa Rhaelle, all’erede di lord Lyonel.
Ser Duncan l’Alto, della Guardia reale, affronta lord Lyonel Baratheon in singolar tenzone.
Quando i Sette Dèi, nella loro saggezza, decisero che il momento era giunto, fu il
matrimonio accettato da re Aegon V per placare la Tempesta che ride a decretare la fine
del dominio dei Targaryen nei Sette Regni. Nel 245 DC la principessa Rhaelle onorò la
promessa del padre sposando Ormund Baratheon, giovane lord di Capo Tempesta.
L’anno successivo, ella gli diede un figlio, Steffon, il quale servì come paggio e scudiero
ad Approdo del Re, diventando compagno affiatato del principe Aerys, figlio maggiore di
re Jaehaerys II ed erede del Trono di Spade.
Purtroppo, lord Steffon annegò nel Golfo dei Naufragi di rientro da una missione a
Volantis, dove re Aerys II lo aveva inviato a cercare una moglie per il figlio Rhaegar... Il
primogenito dello stesso Steffon, Robert, gli successe come lord di Capo Tempesta e
diventò uno dei cavalieri più valenti dei Sette Regni: un guerriero così forte e impavido
che molti lo salutarono come la Tempesta che ride tornata al mondo.
Quando la follia di re Aerys II divenne impossibile da tollerare, fu infatti a lord Robert
che si rivolsero i lord del regno. Nel 282 DC, al guado del Tridente, Robert Baratheon
uccise Rhaegar Targaryen, principe di Roccia del Drago, e sbaragliò il suo esercito,
ponendo fine a tre secoli di dominio da parte della casata del Drago. Poco tempo dopo,
egli stesso ascese al Trono di Spade come Robert I Baratheon, progenitore di una nuova,
gloriosa dinastia.
Molti altri membri di Casa Baratheon si sono guadagnati la fama nel corso dei secoli, seguendo le orme di Orys il
Monco e dei re di Capo Tempesta prima di lui. Ser Raymont Baratheon, un figlio più giovane di lord Boremund,
serviva nella Guardia reale all’epoca in cui Aenys I dovette muovere guerra contro il Credo, salvando la vita del suo re
quando i Poveri Compagni cercarono di assassinarlo nel suo letto. Cavalieri come il Tempestoso e la Tempesta che
ride portarono gloria alla casata, mentre lord Oremund Baratheon combatté e morì alle Stepstones sotto lo
stendardo dei Targaryen durante la guerra dei Re da Nove Soldi.
Molti del popolo di Tarth, sia nobili sia gente di umili origini, affermano di discendere da un eroe leggendario, ser
Galladon di Morne, che si diceva brandisse una spada chiamata Vergine integerrima, datagli dai Sette Dèi in
persona. Considerando il ruolo giocato da Vergine integerrima nel racconto di Galladon, maestro Hubert, nel suo
Stirpe del Cervo, suggerisce che Galladon di Morne non fosse un rude guerriero dell’Età degli Eroi trasformato in
cavaliere dai cantori un migliaio di anni dopo, bensì una figura storica reale di un’epoca più recente. Hubert osserva
anche che Morne fu una sede di re poco importanti sulla costa orientale di Tarth finché i re di Capo Tempesta li
sottomisero; ma le sue rovine indicano che la sede era stata costruita dagli andali e non dai primi uomini.
In seguito, altri sovrani preferirono far attraccare le loro navi alla riva occidentale di
Tarth, dove le montagne della grande isola aiutavano a ripararle dalle tempeste che
infuriavano spesso nel Mare Stretto. L’Isola di Zaffiro, come alcuni la chiamano, è
governata dalla Casa Tarth di Evenfall Hall, un’antica famiglia discendente dagli andali
che vanta legami con i Durrandon, i Baratheon e, più recentemente, con Casa Targaryen. I
lord di Tarth, un tempo re a pieno diritto, si definiscono ancora «Stella della Sera», un
titolo che si ritiene risalga all’alba dei tempi.
I guerrieri più feroci delle Terre della Tempesta, e forse di tutto il continente
occidentale, sono indubbiamente gli uomini delle Terre Basse, che si dice nascano già con
la spada in pugno e che spesso si vantano di avere imparato a combattere ancora prima
di saper camminare. Spetta a loro il compito di proteggere il reame dei re della Tempesta
da antichi nemici a ovest e soprattutto a sud.
I castelli della marca dorniana sono fra i più resistenti del reame, e a buona ragione,
perché di rado si è avvicendata una generazione a un’altra senza che dovessero
fronteggiare qualche nuovo attacco. Furono costruiti per creare un baluardo contro le
invasioni dei dorniani e dei re dell’Altopiano. I lord della marca sono debitamente
orgogliosi della loro storia come difensori principali del reame dei re della Tempesta, e
molti sono i racconti e le ballate sul loro valore.
Fra le sedi più austere della marca si annoverano: Stonehelm, l’antico scranno della
Casa Swann, con le sue torri di guardia di pietra bianca e nera, la quale si erge sulle acque
del fiume Slayne spaziando su rapide, pozze e cascate; Blackhaven, sede di Casa
Dondarrion, con le sue mura inaccessibili di basalto nero e il profondo fossato asciutto; e
Canto Notturno delle Torri Sonanti, dove la Casa Caron ha dominato per molti secoli.
Benché chiamati lord delle Terre Basse, i Caron non hanno alcun potere sugli altri lord
della marca; tuttavia si considerano la più antica delle casate della marca (una
rivendicazione contestata dagli Swann) e si sono sempre distinti nella difesa delle Terre
della Tempesta.
Come le Terre Basse sono famose per i loro castelli poderosi e le loro ballate eroiche, il
Bosco delle Piogge è conosciuto per la pioggia, i silenzi e l’abbondanza di pellame, legno
e ambra. Qui sono gli alberi a dominare, si dice, e molti castelli sembrano emersi dalla
terra anziché costruiti su di essa. Ma i cavalieri e i lord del Bosco delle Piogge hanno
radici profonde come quelle degli alberi che danno loro riparo, e si sono sovente
dimostrati risoluti in battaglia, forti, ostinati e irremovibili.
Famosa per i suoi cantori quanto per i suoi guerrieri, Casa Caron ha una storia leggendaria che risale all’Età degli
Eroi. I Caron sono soliti dire che gli usignoli della loro casata sono stati visti su un migliaio di campi di battaglia, e le
storiografie riferiscono che Canto Notturno è stato assediato non meno di trentasette volte negli ultimi mille anni.
Capo Tempesta è sicuramente un castello antico, ma, paragonate ai resti dei forti ad anello dei primi uomini – o
anche alla Prima Fortezza di Grande Inverno (esaminata da un maestro del passato in servizio presso gli Stark, il
quale scoprì che era stata ricostruita talmente tante volte da rendere impossibile una datazione precisa) –, la grande
torre e le pietre perfettamente combacianti delle mura di Capo Tempesta sembrano molto superiori a ciò che i primi
uomini erano stati in grado di fare per migliaia di anni.
Erigere quelle mura fu di per sé un’impresa eccezionale, che richiese soprattutto la forza bruta, mentre fu
necessaria un’arte raffinata per realizzare una muraglia in cui persino il vento non trovava appiglio. Nel suo Trionfi e
sconfitte, l’arcimaestro Vyron analizza il racconto secondo il quale la forma finale di Capo Tempesta è quella del
settimo castello, che mostra una chiara influenza andala. Questa teoria, se vera, suggerisce la possibilità che
l’aspetto definitivo sia stato raggiunto solo all’epoca degli andali. Forse il castello fu ricostruito sul sito di castelli
precedenti, nel qual caso ciò dev’essere avvenuto molto tempo dopo la dipartita di Durran Dolore degli Dèi e della
sua bella Elenei.
Capo Tempesta non è mai crollato a causa di una burrasca o di un assedio: così ci
dicono i racconti, e si può senz’altro dar loro credito.
Durante la Ribellione di Robert, lord Tyrell di Alto Giardino mise sotto assedio Capo
Tempesta per un anno, senza successo. Se i rifornimenti della guarnigione fossero
bastati, il castello avrebbe potuto resistere per un tempo indefinito, ma la guerra era
arrivata in fretta e magazzini e granai erano pieni solo a metà. Alla fine dell’anno, la
guarnigione al comando di Stannis, fratello di lord Robert, fu messa duramente alla
prova dalla fame e dalle necessità, ma fu salvata da un comune contrabbandiere, che una
notte si infiltrò attraverso il blocco militare di Redwyne con un carico di cipolle e pesce
sotto sale, raggiungendo Capo Tempesta. Così, il castello riuscì a resistere indomito
finché Robert sconfisse Rhaegar sul Tridente e lord Eddard Stark arrivò a mettere fine
all’assedio.
Si narra che, ogni settantasette anni, una tempesta più violenta di qualsiasi altra si abbatte ululando su Capo
Tempesta, quando i vecchi dèi del mare e del cielo tentano ancora una volta di spazzare via la sede di Durran
facendola sprofondare in mare. Una storia epica, certo, ma... nient’altro che una storia, per l’appunto. Gli archivi dei
maestri di Capo Tempesta mostrano che ci sono tempeste violente quasi ogni anno, specialmente in autunno, e,
sebbene alcune siano più intense di altre, non ci sono dati che indichino burrasche insolitamente forti a distanza di
settantasette anni. A memoria d’uomo, la tempesta più violenta infuriò nel 221 DC, ultimo anno di regno di Aerys I, e
la più forte prima di quella risaliva al 166 DC, cinquantacinque anni prima.
Dorne
Si dice che solo un dorniano sia in grado di conoscere realmente Dorne.
Il più meridionale dei Sette Regni è anche il più inospitale... e, agli occhi di qualsiasi
uomo cresciuto sull’Altopiano, nelle terre occidentali o ad Approdo del Re, il più strano.
Dorne è diverso in molti sensi, più di quanto si riesca a esprimere a parole.
Vasti deserti di sabbia rossa e bianca, montagne ostili dove genti infide sono a guardia
di passi altrettanto infidi, caldo soffocante, tempeste di sabbia, scorpioni, cibo piccante,
veleni, castelli fatti di fango, datteri, fichi e arance rosse: sono queste le cose che il
popolino dei Sette Regni conosce di Dorne. E tutte queste cose esistono, non c’è dubbio,
ma c’è molto di più da sapere su tale antico principato, perché esso vanta una storia che
risale al Tempo dell’Alba.
Le Montagne Rosse, che costituiscono i suoi confini occidentali e settentrionali, hanno
tenuto Dorne separato dal resto del reame per migliaia di anni, benché anche i deserti
abbiano contribuito all’isolamento. Dietro quella barriera di montagne, più di tre quarti
del territorio è un arido deserto. Né è più ospitale la lunga costa meridionale, perlopiù
un groviglio di rocce e di scogliere con ben pochi ancoraggi protetti. Le navi che ivi
approdano, per scelta o per caso, vi trovano poco sostegno: lungo la costa non ci sono
foreste per procurarsi il legname per le riparazioni, la selvaggina è scarsa, le fattorie sono
poche e ancora meno i villaggi ove poter fare provviste. Persino l’acqua dolce è difficile da
trovare, e i mari a sud di Dorne sono pieni di vortici, infestati da squali e piovre.
A Dorne non ci sono città, anche se la cosiddetta «città ombra» abbarbicata alle mura
di Lancia del Sole è abbastanza grande da poter essere definita tale (una città di fango e
paglia, va detto). Più grande e più popolosa, Planky Town, alla foce del fiume Sangue
Verde, è forse quanto di più simile a una vera città abbiano i dorniani. Ciò a dispetto del
fatto che ci siano tavole di legno al posto delle strade, e case, palazzi e negozi siano
ricavati da barche da fiume, chiatte e mercantili, legati insieme con funi di canapa e
ondeggianti nella corrente.
È risaputo come l’arcimaestro Brude, nato e cresciuto nella città ombra che si raccoglie
sotto le mura fatiscenti di Lancia del Sole, abbia osservato che Dorne ha più cose in
comune con il lontano Nord di quante entrambi ne abbiano con i regni che li separano.
«Uno è caldo e l’altro è freddo, certo, tuttavia questi due antichi regni di sabbia e neve
sono diversi dalle altre terre occidentali per storia, cultura e tradizioni. A confronto con le
terre nel mezzo, entrambi sono scarsamente popolati, entrambi sono tenacemente
attaccati alle loro leggi, ai loro dèi e alle loro tradizioni; nessuno dei due fu mai
veramente conquistato dai draghi. Il Re del Nord accettò pacificamente Aegon Targaryen
come suo capo supremo, mentre Dorne resistette valorosamente al potere dei Targaryen
per quasi duecento anni, sottomettendosi infine al Trono di Spade solo attraverso il
matrimonio. Dagli ignoranti dei cinque regni “civilizzati”, sia i dorniani sia gli uomini
del Nord vengono derisi come selvaggi, ma sono celebrati per il loro coraggio da tutti
quelli che hanno incrociato le spade con loro.»
I dorniani si vantano del fatto che il loro è il più antico dei Sette Regni di Westeros e,
in un certo senso, è davvero così. A differenza degli andali, che vennero dopo, i primi
uomini non erano navigatori. Non arrivarono nel continente occidentale sulle navi
lunghe, ma via terra, attraversando il ponte terrestre da Essos, di cui oggi restano solo le
Stepstones e il Braccio Spezzato di Dorne. Che camminassero o cavalcassero, le coste
orientali di Dorne sarebbero state inevitabilmente il primo suolo occidentale su cui
avrebbero messo piede.
Pochi, tuttavia, scelsero di restarvi, in quanto le terre che incontrarono erano tutt’altro
che accoglienti. I figli della foresta chiamavano Dorne la Terra Spoglia, e a buona ragione.
La metà orientale di Dorne è perlopiù coperta da arida boscaglia, e il suolo, secco e
pietroso, concede poco, anche se irrigato.
Una volta superato il fiume Vaith, la parte occidentale non è altro che una vasta distesa
di dune mutevoli, dove il sole picchia impietoso e, di tanto in tanto, si alzano tempeste di
sabbia di una violenza in grado di strappare la carne dalle ossa di un uomo nel giro di
minuti. Volendo dar credito alle storie narrate sull’Altopiano, nemmeno Garth
Manoverde riuscì a far fiorire le piante in quell’ambiente tanto duro e ostile. (Ma le
leggende di Dorne non fanno menzione di Garth.) Così egli guidò la sua gente al fertile
Altopiano oltre le montagne. Alla maggior parte dei primi uomini che arrivarono dopo di
lui bastò dare a Dorne una sola occhiata prima di imitarlo.
Ma non tutti. In quella terra desolata, torrida e crudele, taluni videro della bellezza,
per cui scelsero di costruire colà le loro case. La maggior parte di loro s’insediò lungo le
rive del fiume che chiamarono Sangue Verde. Benché fossero esigue se confrontate con
quelle del Mander, del Tridente o del Fiume delle Rapide Nere, le acque del Sangue Verde
erano, e sono tuttora, la linfa vitale di Dorne.
La maggior parte dei fiumi dorniani sono in piena solo dopo i rari (e pericolosi) nubifragi. Per il resto dell’anno
rimangono canali asciutti. In tutto il regno di Dorne, sono soltanto tre i fiumi che scorrono giorno e notte, d’inverno e
d’estate, senza mai prosciugarsi. Il Torrentine, che nasce in alto fra le montagne occidentali e scende bruscamente
verso il mare con una serie di rapide e di cascate, mugghiando fra canyon e crepacci con un suono simile al ruggito
di una grossa belva; sgorgando da sorgenti montane, le sue acque sono dolci e pure, ma pericolose da attraversare
tranne che sui ponti e impossibili da navigare. Il Brimstone, un fiume molto più placido, le cui torbide acque gialle
puzzano di zolfo e lungo le cui rive spuntano piante bizzarre e dalla crescita stentata (e degli uomini che vivono lungo
le stesse rive non parleremo). Il Sangue Verde, le cui acque, benché talvolta fangose, sono salubri per le piante
come per gli animali, e le cui rive sono affollate di fattorie e frutteti per centinaia di leghe. Inoltre, il Sangue Verde e i
suoi affluenti – il Vaith e il Flagello – sono navigabili in barca quasi fino alla sorgente (benché a tratti ci siano secche e
infidi banchi di sabbia), e quindi servono come arteria principale del principato per il commercio.
Invece di vagare verso nord in cerca di terre più miti, la maggior parte dei primi
uomini che scelsero di rimanere a Dorne s’insediarono vicino alle rive del Sangue Verde,
scavando canali e fossati per portare le sue acque vitali agli alberi e alle colture che
avevano seminato.
Altri preferirono insediarsi presso il Mare Stretto: le rive orientali di Dorne sono più
clementi di quelle meridionali e, presto, sorsero molti piccoli villaggi, che si sostentavano
con pesce e granchi.
I più inquieti fra i primi uomini si spinsero oltre e stabilirono le loro case sulle colline
a sud delle Montagne Rosse, dove le tempeste dirette a nord erano solite rilasciare la loro
umidità, creando una fertile cintura verde. Coloro che si arrampicarono ancora più
lontano trovarono rifugio fra le vette, in vallate nascoste e su alti prati di montagna, dove
l’erba era verde e tenera.
Solo i più coraggiosi e i più folli osarono spingersi all’interno, attraversando le sabbie
profonde. Alcuni di loro trovarono l’acqua fra le dune ed eressero fortini e castelli in
quelle oasi. Secoli dopo, i loro discendenti divennero i lord delle Sorgenti; ma per ogni
uomo che s’imbatteva in una sorgente, almeno cento dovevano essere sicuramente morti
di sete sotto il duro sole dorniano.
È da tali origini che scaturiscono i tre distinti tipi di dorniani che conosciamo oggi. Re
Daeron I Targaryen, detto il Giovane Drago, diede loro i nomi con cui ci sono noti nel suo
libro La conquista di Dorne: li chiamò dorniani della roccia, dorniani della sabbia e
dorniani del sale.
I dorniani della roccia sono le genti di montagna, con la pelle e i capelli chiari,
perlopiù discendenti dei primi uomini e degli andali. I dorniani della sabbia abitano nei
deserti e nelle valli fluviali, e hanno la pelle scura bruciata dal sole cocente di Dorne. I
dorniani del sale, insediati sulle coste, corpo agile, capelli scuri e pelle olivastra, hanno
usanze più strane e nelle loro vene scorre sangue rhoyniano. (Quando la principessa
Nymeria approdò a Dorne, la maggior parte dei suoi rhoynar preferirono restare vicino al
mare che era stato la loro casa così a lungo, persino dopo che Nymeria ebbe bruciato le
loro navi.)
I Dayne di Stelle al Tramonto sono una delle casate più antiche dei Sette Regni, benché
la loro fama poggi principalmente sulla loro antichissima spada, chiamata Alba, e sugli
uomini che la brandirono. Nella leggenda, le origini della spada sono andate perdute, ma
sembra probabile che i Dayne l’abbiano portata al fianco per migliaia di anni. Coloro che
hanno avuto l’onore di esaminarla, dicono che il suo metallo non assomiglia all’acciaio di
Valyria che conoscono, essendo chiara come vetro opalescente, ma, sotto tutti gli altri
aspetti, sembra possedere le stesse proprietà delle lame di Valyria, essendo
incredibilmente robusta e affilata.
Sebbene molte casate abbiano loro spade di famiglia, perlopiù esse vengono passate
da un lord all’altro. Non è infrequente che taluni, come i Corbray della Valle, assegnino la
spada a un figlio o a un fratello finché costui è in vita, per poi farla tornare al lord. Non è
questa l’usanza della Casa Dayne. A chi brandisce Alba viene sempre conferito il titolo di
Spada dell’Alba, ma solo un cavaliere della casata giudicato degno può meritarlo.
Per questo motivo, le Spade dell’Alba sono famose in tutti i Sette Regni. Ci sono
giovani i quali sognano segretamente di essere figli del lord di Stelle al Tramonto solo per
rivendicare quella spada leggendaria e il suo titolo. La più famosa di tutte le Spade
dell’Alba fu ser Arthur Dayne, la più letale delle Guardie reali di re Aerys II, il quale
sconfisse la banda di fuorilegge chiamata Fratellanza del Bosco del Re e conquistò la
notorietà in ogni torneo e in ogni mischia. Egli morì valorosamente con i suoi fratelli
giurati alla fine della Ribellione di Robert, ucciso in duello, si disse, da lord Eddard Stark.
In seguito, lord Stark restituì Alba a Stelle al Tramonto e alla stirpe di ser Arthur, in
segno di rispetto.
La venuta dei Rhoynar
Lo stemma di Casa Martell (al centro) e di alcuni suoi vassalli (in senso orario, dall’alto): Dayne, Fowler, Jordayne,
Qorgyle, Toland, Uller, Vaith, Wyl, Yronwood, Allyrion e Blackmont.
I Martell governarono i loro modesti dominii per centinaia di anni prima che la
principessa Nymeria e le sue diecimila navi approdassero sulla costa di Dorne, in
prossimità del luogo dove ora sono situati il castello di Lancia del Sole e la sua città
ombra.
La storia di come Nymeria prese in sposo Mors Martell, incendiando le proprie navi e
legando i rhoynar alla sua casata con il cuore, la mano e l’onore, è già stata narrata altrove
e non sarà quindi necessario ripeterla nuovamente. Né ripeteremo i vecchi racconti
familiari di battaglie perse e vinte, di alleanze strette e spezzate.
Basti dire che le ricchezze e le conoscenze che i rhoynar portarono con sé in Occidente,
insieme all’ambizione di lord Mors e alla volontà indomabile di Nymeria della Rhoyne,
permisero ai Martell di espandere di molto il loro potere, sconfiggendo uno dopo l’altro
lord e re minori. Alla fine, Mors e Nymeria spodestarono persino gli Yronwood
unificando tutta Dorne... non come regno ma come principato, in quanto Mors e Nymeria
non si proclamarono mai re e regina, preferendo il titolo di principe e principessa,
secondo le usanze delle ormai perdute città-stato della Rhoyne.
I loro discendenti hanno continuato quella tradizione fino al giorno d’oggi, perfino
dopo aver sconfitto molti rivali ed essersi affermati contro i re sia della Tempesta sia
dell’Altopiano.
Nelle canzoni, si narra che Nymeria fosse una strega e una guerriera, ma entrambe le
affermazioni sono false. Benché non portasse armi, Nymeria guidò i suoi soldati su molti
campi di battaglia, comandandoli con astuzia e abilità.
Questa saggezza si tramandò ai suoi eredi i quali, quando lei fu troppo anziana e
inferma, assunsero il comando degli eserciti. E sebbene nessuno di loro eguagliò la
prodezza di Nymeria, che aveva mandato ben sei re prigionieri in catene d’oro alla
Barriera, essi riuscirono però a mantenere Dorne indipendente contro i re rivali a nord
delle montagne e unita contro i rancorosi e irascibili lord della montagna e del deserto
sui quali governavano.
La Casa Martell ha guidato Dorne per settecento anni, erigendo le sue grandi torri a
Lancia del Sole, assistendo alla nascita della città ombra e di Planky Town, e
sconfiggendo tutti coloro che minacciavano la sua supremazia.
I NOMI DEI SEI RE MANDATI DA NYMERIA ALLA BARRIERA, COME TRAMANDATO NELLE STORIOGRAFIE
YORICK DELLA CASA YRONW OOD, il Sangue Reale, il più ricco e potente dei re dorniani deposti dalla Casa
Martell;
VORIAN DELLA CASA DAYNE, la Spada della Sera, noto come il più grande cavaliere dell’intera Dorne;
GARRISON DELLA CASA FOW LER, il Re Cieco, anziano e privo della vista, e tuttavia ancora temuto per la sua
astuzia;
LUCIFER DELLA CASA DRYLAND, ultimo della sua stirpe, re dello Zolfo e lord della Porta degli Inferi;
BENEDICT DELLA CASA BLACKMONT, che adorava un dio oscuro e pare avesse il potere di trasformarsi in un
enorme avvoltoio;
ALBIN DELLA CASA MANW OODY, un folle facinoroso, che reclamava il dominio sulle Montagne Rosse.
Le strane usanze del Sud
Pur separati come sono stati – e poi uniti con i rhoynar mille anni fa – i dorniani
possiedono una loro orgogliosa, intensa storia e loro specifiche usanze.
I dorniani della roccia hanno molto in comune con la gente a nord delle montagne e
sono al contrario ben poco influenzati dagli usi rhoyniani. Tuttavia, questo non ha
fruttato loro l’alleanza né dei lord della marca né dei lord dell’Altopiano. Al contrario, si
dice che i lord della montagna abbiano una storia tanto selvaggia quanto quella dei clan
della montagna della Valle di Arryn, avendo combattuto per migliaia di anni contro
l’Altopiano e le Terre della Tempesta, oltre che fra di loro. Se le ballate narrano di
scaramucce valorose contro crudeli dorniani nella marca, si tratta perlopiù dei lord di
Blackmont e Tomba Reale, di Wyl e di Cieloalto. E anche di Yronwood. I Protettori della
Strada di Pietra rimangono i più orgogliosi e potenti dei vassalli della casa Martell, e il
loro è stato un rapporto quantomeno inquieto.
I dorniani della sabbia sono più rhoyniani e abituati al duro stile di vita del deserto. I
fiumi di Dorne sono esigui se paragonati al Mander o al Tridente, ma portano abbastanza
acqua da irrigare i campi e rifornire villaggi e città. Al di fuori di questi, tuttavia, gli
uomini vivono in modo diverso: spostandosi di oasi in oasi, attraversando il deserto con
l’aiuto delle sorgenti che conoscono in mezzo alle distese di sabbia, crescendo i figli
insieme alle capre e ai cavalli. I dorniani della sabbia sono gli allevatori principali dei
famosi destrieri del deserto, considerati i più magnifici cavalli dei Sette Regni. Benché
abbiano ossa leggere e non riescano a sostenere facilmente il peso di un cavaliere in
armatura, i destrieri del deserto sono veloci e instancabili, in grado di correre per tutto
un giorno e una notte con niente più che qualche sorsata d’acqua. I dorniani amano i loro
destrieri quasi quanto amano i loro figli, e nel suo tomo La conquista di Dorne il giovane re
Daeron Targaryen avrebbe osservato come il cavaliere di Spottswood utilizzasse il suo
stesso palazzo come scuderia per i suoi destrieri del deserto.
Prima dell’arrivo di Nymeria, i re Yronwood erano la casata più potente dell’intera Dorne, molto più importanti dei
Martell di quel tempo. Gli Yronwood governavano su metà di Dorne, fatto che tuttora non permettono a nessuno di
dimenticare. Nei secoli successivi alla presa del potere su Dorne da parte della Casa Martell, gli Yronwood sono stati
la casata più incline a ribellarsi, e lo hanno fatto varie volte. Perfino dopo che il principe Maron Martell ebbe unito
Dorne al Trono di Spade, tale tendenza non venne meno. I lord di Yronwood combatterono al fianco del Drago Nero
in almeno tre delle cinque Ribellioni Blackfyre.
I dorniani del sale, discendenti dei rhoynar, hanno perso la loro lingua madre nel
corso dei secoli, benché essa tuttora caratterizzi il modo in cui i dorniani parlano la
lingua comune, trascinando alcuni suoni, arrotandone altri, accentandone altri ancora in
strane posizioni. La pronuncia dei dorniani è stata definita affascinante da alcuni e
incomprensibile da altri (soprattutto e ingiustamente dagli abitanti della marca). Ma, più
di questo, i rhoynar portarono con sé le loro usanze e le loro leggi, che poi i Martell
diffusero in tutta Dorne. Così, dei Sette Regni, solo a Dorne è il figlio maggiore a
ereditare – uomo o donna che sia – e non soltanto il figlio maschio maggiore. C’è
un’abbondanza di grandi lady e di celebri principesse, protagoniste di canzoni e racconti
quanto i grandi cavalieri e i principi.
Oltre a questa, sussistono anche altre usanze le quali rendono i dorniani diversi dagli
altri popoli di Westeros. Essi non si preoccupano che un figlio nasca all’interno o al di
fuori del vincolo matrimoniale, soprattutto se è il figlio di un’amante. Molti lord, e
persino alcune lady, hanno amanti, scelti per amore e lussuria più che per procreare o
stringere alleanze. E quando si tratta di questioni d’amore, nemmeno che un uomo
giaccia con un altro uomo o una donna con un’altra donna è fonte di preoccupazione. Per
cui, benché i septon abbiano spesso desiderato indirizzare i dorniani sulla retta via,
raramente ci sono riusciti.
Anche le mode sono diverse a Dorne, dove il clima favorisce abiti morbidi e a strati e il
cibo è molto speziato, pronto a bruciare la bocca con peperoncini drago mescolati a gocce
di veleno di serpente.
Quanto al resto dei dorniani – siano essi del sale, della sabbia o della roccia –, si
distinguono dagli orfani del Sangue Verde, i quali piansero amare lacrime quando
Nymeria bruciò le loro navi. Dai relitti, essi ricavarono barche da fiume con cui solcare le
acque del Sangue Verde, sognando il giorno in cui avrebbero potuto fare ritorno a Madre
Rhoyne. Di puro sangue rhoyniano, parlano ancora la loro lingua originaria, si dice, ma lo
fanno in segreto dopo che i tre successori del nipote di Nymeria, il principe Mors II,
cercarono di proibirlo.
Questi successori furono anche noti come Principi Rossi (benché due fossero
principesse), e i loro regni contrassegnati da guerre dentro e fuori Dorne. Essi crearono
Planky Town come luogo d’incontro legando insieme barche e chiatte. La città si sviluppò
così e, con il passare del tempo, i principi eressero nei pressi una cittadella per
proteggerla, mentre sempre più navi in arrivo dalle città libere la consideravano un porto
accogliente.
Un esempio delle leggi e degli atteggiamenti diversi dei dorniani dovuti all’influenza rhoyniana si può trovare,
curiosamente, negli ultimi giorni della Danza dei Draghi. Dalla storia dell’arcimaestro Gyldayn riguardo al breve regno
di Gaemon Capelli Pallidi:
«Un decreto dopo l’altro veniva emanato dalla Casa dei Baci, dove il re bambino aveva il suo trono, e ognuno era
più oltraggioso del precedente. Gaemon stabilì che, da allora in poi, le femmine avessero gli stessi diritti dei maschi
in questioni di eredità, che ai poveri venissero dati pane e birra nei tempi di carestia e che gli uomini che avevano
perso un arto in guerra dovessero essere nutriti e ospitati dal lord per il quale avevano combattuto al momento della
mutilazione. Decretò poi che i mariti che picchiavano le mogli dovessero essere essi stessi picchiati,
indipendentemente da ciò che avevano fatto le mogli per meritare la punizione. Prestando fede a Fungo, questi editti
furono quasi certamente opera di una puttana dorniana chiamata Sylvenna Sand, notoriamente amante di Essie,
madre del re.»
Dorne contro i draghi
Di tutte le sfide affrontate dai dorniani, nessuna supera quella lanciata da Aegon il
Conquistatore e dalle sue sorelle. Grande fu il valore mostrato dai dorniani in battaglia e
grande il dolore per le perdite subite, alto fu il prezzo della libertà. Tuttavia, unica dei
Sette Regni, Dorne rimase indipendente dalla Casa Targaryen, resistendo a un tentativo
dopo l’altro di Aegon, delle sue sorelle e dei loro successori di sottomettere i dorniani al
Trono di Spade.
I dorniani non combatterono grandi battaglie contro i Targaryen, né cercarono di
difendere i loro castelli contro i draghi quando questi arrivarono. Meria Martell,
principessa di Dorne all’epoca della Conquista di Aegon, aveva imparato molto dalle
grandi battaglie dell’Ultima Tempesta e del Campo di Fuoco, oltre che dal destino di
Harrenhal. Per contro, nel 4 DC, quando Aegon volse il suo sguardo verso Dorne, i
dorniani semplicemente scomparvero sotto gli occhi dei draghi.
Fu la regina Rhaenys a condurre il primo assalto a Dorne, bruciando Planky Town con
il drago Meraxes e muovendosi rapidamente per prendere le sedi dorniane mentre
avanzava su Lancia del Sole; nel frattempo Aegon e lord Tyrell combattevano al Passo del
Principe contro i lord della montagna. I difensori dorniani impegnavano a fondo le forze
dei Targaryen tendendo imboscate, ma scomparivano tra le rocce non appena vedevano
alzarsi in volo i draghi. Molti degli uomini di lord Tyrell morirono di sete sotto il sole nel
corso della marcia verso Hellholt. Coloro che sopravvissero e raggiunsero il castello lo
trovarono vuoto: tutti gli Uller erano fuggiti.
Aegon ebbe maggiore successo ma, a parte il breve assedio a Yronwood, dove trovò ad
affrontarlo solo un manipolo di uomini anziani, ragazzi e donne, non incontrò resistenza.
Perfino Cieloalto, la grande sede dei Fowler, era stata abbandonata. Alla Collina
Fantasma, sede della Casa Toland in cima alla bianca collina calcarea che domina il Mare
di Dorne, Aegon vide lo stendardo con lo spettro dei Toland che sventolava sopra le mura
e ricevette il messaggio che lord Toland aveva inviato il suo paladino ad affrontarlo.
Aegon uccise l’uomo con la sua spada Blackfyre, solo per scoprire che si trattava del
buffone di lord Toland e che il lord aveva abbandonato il castello insieme a tutti i suoi
abitanti. In seguito, i Toland scelsero un nuovo stemma, che mostrava un drago che si
mordeva la coda, verde su oro, in ricordo dei colori del loro coraggioso buffone.
Lord Rosby, castellano di Lancia del Sole e Protettore delle Sabbie, incontrò una fine migliore della maggior parte
degli altri. Dopo che i dorniani si furono riversati su Lancia del Sole dalla città ombra per riprendersi il castello, il lord
fu legato mani e piedi, trascinato in cima alla Torre della Lancia e gettato da una finestra... nientemeno che
dall’anziana principessa Meria in persona.
Altrove, l’attacco di lord Orys Baratheon sulla Strada delle Ossa si risolse in un
disastro. Gli astuti dorniani fecero piovere pietre, frecce e lance dalle alture, uccisero
uomini durante la notte e, alla fine, bloccarono la Strada delle Ossa su entrambi i lati.
Lord Orys fu catturato da lord Wyl, insieme a molti dei suoi cavalieri e lord alfieri. Essi
rimasero prigionieri per anni prima di essere finalmente riscattati con il loro peso in oro
nel 7 DC. E ognuno di loro tornò comunque mutilato della mano della spada, affinché
non potessero mai più armare il braccio contro Dorne.
Tuttavia, fatta eccezione per l’agguato della Strada delle Ossa, i dorniani si limitavano
a consegnare le loro sedi, perché i lord si rifiutavano di difenderle o di sottomettersi. Lo
stesso accadde anche quando i Targaryen arrivarono infine a Lancia del Sole, dove la
principessa Meria (derisa dai suoi nemici come il Rospo giallo di Dorne, ma ancora oggi
un’eroina per i dorniani) sparì fra le sabbie del deserto.
A quel punto la regina Rhaenys e re Aegon radunarono i cortigiani e i funzionari
rimasti e si dichiararono vincitori, imponendo a Dorne il dominio del Trono di Spade.
Lasciando lord Rosby a capo di Lancia del Sole e lord Tyrell al comando di un esercito per
sedare le rivolte, i Targaryen tornarono ad Approdo del Re in groppa ai loro draghi. Ma
avevano appena messo piede nella città reale quando Dorne insorse contro di loro con
rapidità sorprendente. Le guarnigioni furono passate a fil di spada e i cavalieri che le
guidavano torturati. Divenne quasi un gioco fra i cavalieri dorniani vedere chi di loro
sopravviveva più a lungo mentre veniva smembrato brano a brano.
Partito da Hellholt con la sua guarnigione per conquistare Vaith e riprendersi Lancia
del Sole, lord Harlan Tyrell scomparve con il suo intero esercito fra le sabbie, e di loro
non si ebbero più notizie. Secondo i resoconti di viaggiatori che attraversano quelle zone,
il vento di tanto in tanto muove la sabbia rivelando ossa e parti di armature, ma i
dorniani della sabbia, che conoscono il cuore del deserto, dicono che è il luogo di
sepoltura di migliaia di anni di battaglie, dunque quelle ossa potrebbero provenire da
qualunque epoca.
La guerra contro i dorniani entrò in una fase diversa dopo che Orys il Monco e gli altri
lord mutilati della mano della spada furono rilasciati: a quell’epoca re Aegon era
determinato a vendicarsi.
I Targaryen scatenarono i loro draghi, bruciando ripetutamente i castelli ribelli. I
dorniani combatterono il fuoco con il fuoco, mandando una forza a Capo Furore nell’8
DC, incendiando metà Bosco delle Piogge e saccheggiando una mezza dozzina tra città e
villaggi. Il conflitto si aggravò e altre sedi dorniane caddero sotto il fuoco di drago nel 9
DC. I dorniani risposero l’anno seguente mandando un esercito guidato da lord Fowler,
che conquistò e bruciò il grande castello di Canto Notturno nella marca e prese in
ostaggio i suoi lord e difensori. Al contempo, un altro esercito al comando di ser Joffrey
Dayne marciava fino alle mura di Vecchia Città, distruggendo i campi e i villaggi tutto
intorno.
Se Rhaenys Targaryen sia sopravvissuta al suo drago resta una questione dibattuta. Alcuni sostengono che fu
disarcionata e morì per la caduta, altri che rimase schiacciata nel cortile del castello sotto il corpo di Meraxes. Taluni
resoconti affermano che la regina sopravvisse alla caduta del drago, solo per andare incontro a una morte lenta fra i
tormenti nelle segrete degli Uller. Le esatte circostanze del suo trapasso verosimilmente non si conosceranno mai,
ma è certo che Rhaenys Targaryen, sorella e moglie di re Aegon I, perì al castello di Hellholt a Dorne nel decimo
anno dopo la Conquista.
La morte di Meraxes.
Fu con l’ascesa di re Daeron I che il trattato di pace eterna si dimostrò molto meno che
eterno, e bene sappiamo con quali conseguenze. La conquista di Dorne da parte del
Giovane Drago fu una prodezza gloriosa, giustamente celebrata nei canti e nelle storie,
ma durò meno di una cena e costò molte migliaia di vite, inclusa quella dello stesso
audace giovane re. Fu compito del fratello e successore di Daeron, re Baelor I il
Benedetto, ristabilire la pace, e anche questa ebbe un costo doloroso.
Il successivo tentativo d’invadere Dorne – compiuto da re Aegon il Mediocre con
draghi da lui stesso «progettati» – non è degno di essere raccontato: fu pura follia
dall’inizio alla fine e terminò nell’umiliazione. Fu il figlio di Aegon, re Daeron II il
Buono, a unire finalmente Dorne al reame... non con il ferro e il fuoco, bensì con morbide
spade e ammalianti sorrisi, oltre a un paio di matrimoni ben pianificati e a un solenne
trattato, il quale lasciava ai principi dorniani il loro titolo e i loro privilegi e garantiva che,
sempre, a Dorne avrebbero prevalso le loro leggi e usanze.
Negli anni che seguirono, Dorne continuò a essere stretta alleata di Casa Targaryen,
quando i Martell sostennero i Targaryen contro i pretendenti Blackfyre e mandarono le
lance a combattere i Re da Nove Soldi sulle Stepstones. La loro lealtà fu ricompensata
quando Rhaegar Targaryen, principe di Roccia del Drago ed erede del Trono di Spade,
prese in moglie la principessa Elia Martell di Lancia del Sole, la quale gli diede due figli.
Se non fosse stato per la follia del padre di Rhaegar, Aerys II, un principe di sangue
dorniano avrebbe potuto, un giorno, governare il reame, ma i sovvertimenti della
Ribellione di Robert causarono la fine del principe Rhaegar, di sua moglie e dei suoi figli.
La figlia del principe Qoren era di diversa opinione. La principessa Aliandra salì presto al suo scranno e vedeva se
stessa come una nuova Nymeria. Donna giovane e impetuosa, incoraggiava i suoi lord e i suoi cavalieri a
dimostrarsi degni del suo favore facendo incursioni nelle Terre Basse, ma mostrò anche grande benevolenza nei
confronti di lord Alyn Velaryon quando il suo primo grande viaggio lo portò a Lancia del Sole, e di nuovo quando egli
tornò dal Mare del Tramonto.
Quella di Lancia del Sole è una storia curiosa. Poco più che una brutta, tozza fortezza
chiamata Nave di Sabbia nei primi tempi sotto i Martell, fu poi circondata da magnifiche
torri, che sorsero con tutti gli elementi distintivi della cultura rhoyniana. Divenne nota
come Lancia del Sole quando il sole della Rhoyne si unì alla lancia dei Martell. Nel
tempo, furono costruite la Torre del Sole, con la sua grande cupola dorata, e la Torre della
Lancia, con la sua lunga guglia sottile, le prime a essere avvistate dai visitatori dal mare
come da terra.
Il castello si erge su uno sperone di terra circondato su tre lati dal mare... e sul quarto
lato dalla città ombra. Anche se i dorniani la chiamano città, essa è poco più di un
villaggio, uno strano, polveroso e informe villaggio. I dorniani lo costruirono
addossandolo alle mura di Lancia del Sole, poi a quelle delle case vicine e così via verso
l’esterno, finché la città ombra non assunse la sua forma attuale. Oggi è un labirinto di
stretti vicoli, botteghe colme di spezie di Dorne e dell’Est, e case dei dorniani costruite
con mattoni di fango, che rimangono fresche persino sotto il sole cocente dell’estate.
Le Mura Serpeggianti furono erette circa settecento anni fa, avvolgendo Lancia del
Sole e snodandosi attraverso la città ombra come una sinuosa cortina difensiva che
farebbe perdere l’orientamento anche al nemico più ardito. Solo il Triplo Portale fornisce
un accesso diretto per il castello attraverso le Mura Serpeggianti, ma tale portale è
protetto da difese massicce ogniqualvolta è necessario.
Le rovine di Chroyane, la città rhoynar delle feste, avvolte dalla nebbia.
Altre terre
Il continente occidentale non costituisce che una piccola parte del nostro mondo, le cui
estreme propaggini rimangono ancora oggi ignote perfino al più dotto degli uomini.
Sebbene il nostro scopo qui sia di narrare la storia dei Sette Regni, sarebbe una
negligenza da parte nostra non menzionare – per quanto brevemente