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Antefatto
La famiglia nobile degli Ashton, di cui fanno parte Enrico e Lucia, ha usurpato i beni e il
castello dei rivali Ravenswood, il cui unico erede è Edgardo. Lui e Lucia sono segretamente
innamorati.
Personaggi
● Lord Enrico Ashton, baritono, Lord della casa Ashton
● Lucia, soprano, sua sorella, innamorata di Edgardo
● Sir Edgardo di Ravenswood, tenore, unico erede della sua famiglia, rivale degli
Ashton ma innamorato di Lucia
● Lord Arturo Bucklaw, tenore, promesso sposo di Lucia
● Raimondo Bidebent, basso, educatore e confidente di Lucia
● Alisa, mezzosoprano, damigella di compagnia di Lucia
● Normanno, tenore, capo degli armigeri Ravenswood
● Dame e cavalieri, parenti Ashton, abitanti di Lammermoor, paggi, armigeri, domestici
Lettura temporale
Nella prima metà dell’Ottocento l’opera seria seguiva delle rigide convenzioni in particolare
riguardo alla dislocazione degli eventi lungo gli atti e l’organizzazione dei numeri chiusi
all’interno dell’opera. Per quanto riguarda il primo aspetto, era prevista nell’opera una parte
iniziale costruita sugli artefatti, una intermedia in cui l’azione inizia e si evolve, e una parte
finale in cui si subivano gli effetti (solitamente tragici) dell’azione stessa. I pezzi chiusi
avevano strutture diverse a seconda che fossero solistici o d’insieme; nel primo caso, la
struttura era divisa in quattro parti
1. scena
2. adagio (o cantabile)
3. tempo di mezzo
4. cabaletta
mentre nel secondo in cinque
1. scena (numeri d’insieme) / a scelta tra coro, balletto, scena, aria, duetto ecc. (finali)
2. tempo d’attacco
3. adagio (numeri d’insieme) / concertato (finali)
4. tempo di mezzo
5. cabaletta (numeri d’insieme) / stretta (finali)
e funzionavano in base all’alternanza tra momenti cinetici e momenti statici a seconda che
l’azione procedesse oppure no. Queste strutture vengono utilizzate anche nella Lucia di
Lammermoor e, se analizzate alla luce della realizzazione temporale, forniscono
un’importante chiave di lettura.
Donizetti è in grado di conservare questa struttura formale pur mantenendo staticità
completa all’interno del primo atto. Questo succede perché le sezioni normalmente dedicate
al progredire dell’azione vengono usate in questo atto per parlare e raccontare di
avvenimenti “nascosti” o passati: Normanno che svela a Enrico dell’amore tra Lucia ed
Edgardo, o il racconto di Lucia ad Alisa del fantasma. Quest’aria in particolar modo fa vivere
un’azione che in realtà è solo nella testa di Lucia, facendo presagire allo spettatore la sua
pazzia latente.
Nulla dunque nell’atto I mette in moto la faccenda. Anche il tentativo da parte di Edgardo di
fare pace con Enrico viene bloccato da Lucia; l’unica azione vera e propria, ovvero la
partenza da parte dell’erede Ravenswood, chiude l’atto.
Il secondo atto è diametralmente opposto al primo per quanto riguarda la struttura
temporale. Anche se la scena iniziale è statica (Enrico e Lucia si raccontano avvenimenti
passati, come la preparazione del matrimonio combinato e la consegna della falsa lettera)
tutto il resto di questo tempo è un susseguirsi continuo di azioni ed avvenimenti. Durante
tutto l’atto si ha coincidenza tra tempo rappresentato e tempo della rappresentazione, con
unica eccezione il concertato finale.
Il passaggio di struttura temporale avviene nel duetto tra Enrico e Lucia Il pallor funesto,
orrendo in cui la musica suonata dalla banda viene udita anche dai personaggi in scena. Da
quel momento, l’autore utilizza tre stratagemmi per far coincidere i tempi differenti: mostrano
invece di raccontare, dilatano i momenti dedicati all’azione e manipolano le sezioni liriche.
Il primo stratagemma è evidente già dalle note del libretto: Il pallor funesto, orrendo contiene
da solo più didascalie di tutto l’atto precedente. Volendole paragonare, vediamo come le
didascalie del primo atto sono dedicate quasi esclusivamente alla descrizione dello stato
d’animo dei personaggi, mentre quelle del secondo notano le azioni che questi compiono. In
particolare, anche nel momento in cui la connotazione patetica è importante, questa viene
fatta attraverso dei movimenti e delle azioni, in modo da far coincidere i tempi.
La dilatazione delle sezioni dedicate all’azione è evidente in punti come ad esempio il tempo
d’attacco dell’aria di Enrico e Lucia e del Finale I; in entrambi i casi la centralità della
narrazione è resa evidente dall’accompagnamento musicale. Nell’aria dei due fratelli la
banda serve a introdurre il personaggio di Arturo; inoltre, alla fine viene scatenato l’evento
più importante di tutta l’opera, ovvero Lucia viene convinta a rinunciare alle nozze con
Edgardo. Nel Finale I avviene un altro importantissimo avvenimento, cioè Edgardo scopre
delle nozze di Lucia e pretende la restituzione dell’anello.
Il terzo aspetto, quella della manipolazione lirica, è quello più interessante. Dal punto di vista
del libretto, la coincidenza tra tempo della rappresentazione e tempo rappresentato si può
raggiungere facendo rivolgere le parole di un personaggio ad un altro: questo stratagemma
è ampiamente utilizzato, in tutto il secondo atto le parole hanno lo scopo di convincere Lucia
a sposare Arturo (in particolare in Il pallor funesto, orrendo e in Ah cedi, cedi, l’aria di
Raimondo). La musica sostiene questa struttura in maniera evidente nel duetto tra Enrico e
Lucia: la melodia che accompagna le parole con cui Enrico si rivolge alla sorella viene
riproposta anche nella seconda strofa, quella dedicata all’introspezione della donna, dando
dunque l’impressione che mentre questa sta pensando il suo interlocutore stia continuando
a parlare, ma lei non è in grado di sentirlo perché troppo presa dai suoi pensieri. Il motivo
per cui l’aria di Raimondo e il duetto dei fratelli sono costruiti in questo modo è perché i due
pezzi hanno il compito di far scattare l’evento più importante dell’opera, ovvero il matrimonio
voluto da Enrico.
Il primo (e unico) arresto temporale del secondo atto si ha nel Finale I, quando Edgardo
scopre delle nozze di Lucia. Fino a quel momento il tempo era dedicato allo svolgersi delle
macchinazioni di Enrico, Normanno e Raimondo, che però fanno presagire in questo pezzo
che avranno delle conseguenze destinate a precipitare. Questo presentimento è avvertito da
tutti, e tutti lo esprimono nel Finale I; addirittura Enrico prova rimorso per la prima volta,
perché si rende conto che qualcosa di grosso sta per succedere. La staticità del concertato
sembra rappresentare la classica quiete prima della tempesta, e segna il punto che collega
le azioni guidate dall’uomo a quelle guidate dalla “forza oscura” (per semplicità, il destino).
Il terzo atto si apre con il duetto Ashton! Sì di Edgardo ed Enrico che ha la funzione di
ritardare la fine tragica degli eventi, caricando lo spettatore di presagi d’orrore. La frana
inizia nella scena quarta, nel momento in cui Raimondo giunge alla cena di nozze per
avvertire dell’azione e della pazzia di Lucia. È un momento molto rappresentativo della
struttura temporale del terzo atto, dove c’è molta azione ma si svolge dietro le quinte.
Questo rende questa sezione dell’opera unica, in quanto c’è azione ma è nascosta e c’è
narrazione ma è contemporanea agli eventi. Al di fuori del tempo e dello spazio degli uomini
(il tempo mimetico e il palcoscenico) c’è il regno del destino, di cui noi non vediamo le azioni
ma solo i loro effetti, che ci vengono raccontati da degli impotenti personaggi. Questa
particolare struttura viene esemplificata già dall’aria di Edgardo che chiude l’atto precedente
(Chi trattiene il mio furore), in cui vediamo l’erede Ravenswood inveire contro Lucia per
quello che vede ma sappiamo anche che non è a conoscenza di tutte le macchinazioni
nascoste.
La compenetrazione perfetta tra i tempi drammaturgici si ha nell’Aria della follia di Lucia.
L’azione trainante è ferma, e prima ancora di vedere Lucia il pubblico sa già il suo stato
grazie al racconto di Raimondo. Ciò che lo spettatore vede è l’effetto delle azioni del destino
raccontate dal punto di vista della folle Lucia, che in quel momento sta rivivendo il tutto. Il
legame tra quest’aria e la cavatina Regnava nel silenzio è estremamente significativo. L’Aria
della follia si apre con uno strumento solistico, che sta a significare la presenza di un
“oggetto di pensiero” del personaggio, ovvero di un oggetto (o persona, o evento) reale,
presente sulla scena, che scatena la pazzia di Lucia. Questo oggetto viene rappresentato
anche da un motivo musicale, che a primo ascolto sembra sbagliato: il tema è infatti quello
della rievocazione del fantasma, proposto mentre Lucia sta invocando il nome di Edgardo.
Stiamo assistendo ad una “scissione”, un momento in cui nemmeno Lucia riesce bene a
focalizzare quale sia il motivo della sua ossessione (anche se questo avverrà poco dopo).
La scena della pazzia rimanda alla cavatina, che a sua volta rimanda alla visione del
fantasma che però non è mai stato visto dal pubblico e ci viene raccontato solo dalle parole
di Lucia e dalla musica; il legami tra questi tre momenti fa capire allo spettatore come il
destino di Lucia fosse in realtà già segnato, e che le azioni degli altri personaggi non lo
hanno delineato ma solo avviato.
Fino alla scena della pazzia il destino ha agito solo dietro le quinte. Nel Finale dell’opera
però entra a gamba tesa nello spazio e nel tempo dei personaggi attraverso il suicidio di
Edgardo. Dal punto di vista musicale assistiamo ad una profonda alterazione della struttura
formale che vuole la cabaletta un momento di staticità: in questo caso rappresenta il
momento in cui Edgardo si trafigge, precisamente tra le due ripetizioni, andando dunque ad
influire anche sulla composizione musicale.
Indice
La partenza, parte prima, atto unico
1. Preludio e coro d’introduzione Percorrete le spiagge vicine (Normanno, coro)
2. Scena e cavatina Cruda, funesta smania (Enrico)
3. Scena e cavatina Regnava nel silenzio (Lucia)
4. Scena e duetto - Finale I Sulla tomba che rinserra (Edgardo, Lucia)
Il contratto nuziale, parte seconda, atto I
5. Scena e duetto Il pallor funesto, orrendo (Lucia, Enrico)
6. Scena e aria Ah cedi, cedi (Raimondo)
7. Coro e cavatina Per te d’immenso giubilo (Arturo)
8. Scena e quartetto del Finale II Chi trattiene il mio furore (Enrico, Edgardo, Lucia, altri)
Il contratto nuziale, parte seconda, atto II
9. Uragano, scena e duetto Ashton! Sì (Edgardo, Enrico)
10. Coro, scena e aria D’immenso giubilo (Lucia)
11. Gran scena, coro e aria Dalle stanze ove Lucia (Raimondo, coro)
12. Aria Aria della pazzia (Lucia)
13. Finale e cabaletta Tu che a Dio spiegasti l’ali (Edgardo)
I numeri
Atto I
Atto II
Atto III
L’orchestra
Legni
● Ottavino
● 2 Flauti
● 2 Oboi
● 2 Clarinetti
● 2 Fagotti
Archi
● Violini I
● Violini II
● Viole
● Violoncelli
● Contrabbassi
Ottoni
● 4 Corni
● 2 Trombe
● 2 Tromboni
● Cimbasso
Percussioni
● Timpani
● Triangolo
● Piatti
● Grancassa
● Campana
Altro
● Arpa
● Glassarmonica
● Banda sul palco
L’orchestrazione di Lucia di Lammermoor è standard nel contesto degli anni Trenta
dell’Ottocento, con presenti degli strumenti inusuali che tuttavia sono presenti solo in
specifiche situazioni drammatiche: il triangolo nei cori festivi, la campana che suona a morto
e l’arpa che sancisce l’amore tra i protagonisti. Lo strumento più particolare è la
glassarmonica, vera e propria coprotagonista nella scena della pazzia, che tuttavia già
durante la première venne sostituita dal flauto a causa di problemi tra l’esecutore e il San
Carlo di Napoli. Successivamente la modifica divenne permanente per una questione
essenzialmente di comodità, fino a quando la recente edizione critica non ha riscoperto lo
strumento indicato in origine.
La vera peculiarità di quest’opera è tuttavia l’utilizzo di strumenti solistici che sostengono e
aiutano la delineazione dei profili dei personaggi, in particolare di Lucia, al punto da
diventarne degli elementi essenziali. La concretizzazione sonora degli stati mentali avviene
attraverso i momenti solistici di arpa, glassarmonica (o flauto), clarinetto e violoncello.
Le voci
Lucia di Lammermoor è coerente sotto molti aspetti alla produzione operistica del suo tempo
pur con all’interno degli elementi di novità. La presenza di un terzetto di personaggi
composto da tenore, soprano e baritono è classica, come l’assegnazione dei ruoli: soprano
e tenore eroi, baritono antagonista. Lo è anche la distribuzione dei pezzi solistici, due arie
per il soprano e una per ognuno dei personaggi maschili. Un elemento innovativo è invece la
scelta di chiudere con un’aria maschile, quando il finale era il momento del rondò della
primadonna. Inoltre va sottolineato che l’opposizione del baritono al legame tra tenore e
soprano ha cause politiche anziché personali che spingono il librettista a introdurre la figura
del tenore Arturo, rivale in amore di Edgardo. Il basso Raimondo assume nell’opera il ruolo
di ministro di Dio, che ne porta la parola per placare gli animi e ristabilire l’equilibrio. I
restanti personaggi sono due aiutanti di contorno, il tenore Normanno che aiuta l’oppositore
Enrico e il mezzosoprano Alisa che sostiene la protagonista Lucia.
Uno dei motivi del successo dell’opera è stata sicuramente la capacità di Donizetti di creare
una perfetta coppia di eroi romantici che rappresentano gli stereotipi del tenore e del
soprano: Lucia con i suoi virtuosismi, la sua follia e il suo essere vittima, ed Edgardo con il
suo eroismo disperato e destinato al fallimento.
La scrittura vocale di Edgardo si divide tra momenti di veemenza in cui il suo lato intrepido
emerge audacemente in difesa del proprio orgoglio e in pezzi in cui il lirismo è più intenso,
segnale della sua capacità di amare oltre ogni limite; due caratteristiche che dipingono
perfettamente il ritratto del classico eroe romantico ottocentesco di estrazione letteraria.
Lucia e la sua follia sono un topos estremamente di moda in quel periodo, basti pensare ad
Anna Bolena. Inoltre la sua follia si scopre essere omicida, presentando dunque al pubblico
una commistione tra amore e morte che fa sempre un grande effetto. La sua vocalità si
inserisce nella tradizione del belcanto italiano per poi diventarne in seguito uno degli esempi
meglio riusciti; ciononostante non è solo un’arida dimostrazione di abilità, anzi presenta una
causa drammatica lungo tutta l’opera.
Ovviamente, gli eroi romantici sono legati da un amore romantico, un sentimento la cui
espressione è la massima che un’opera può mettere in campo, ma che tuttavia è
inesorabilmente destinato a non realizzarsi.
Note
La versione dello spettacolo visionata è stata messa in scena il 25 Novembre 2015 all’Opéra
Royal de Wallonie a Liegi, Belgio. In questa versione la cabaletta finale di Edgardo Tu che a
Dio spiegasti l’ali ha un finale alternativo in cui il tenore non si trafigge con il pugnale ma
muore dopo aver eseguito l’aria.