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COOPERAZIONE E COMPETIZIONE

Per comprendere la cooperazione e la competizione


bisogna capire in quali situazioni si tende a cooperare e in
quali situazioni si tende a competere.

La teoria dei giochi (studia i processi che portano al


conflitto intergruppi e alla pace) si è occupata di questo.
• Nei giochi a somma zero ogni giocatore vince a spese
dell’altro.
• Nei giochi a somma non-zero non c’è alcuna relazione
tra le sorti dei due giocatori, ognuno vince o perde in
base alle proprie scelte.
• Nei giochi a carattere misto i giocatori possono essere
motivati a essere sia cooperativi sia competitivi. In tale
tipo di giochi esiste una migliore soluzione razione che si
fonda sul principio di minimizzare le perdite e
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massimizzare le ricompense (minimax).
Il dilemma del prigioniero rappresenta il tipico
gioco a carattere misto.
Due partecipanti (complici, in attesa di giudizio)
hanno di fronte un dilemma. Ogni prigioniero può
scegliere se tacere o cooperare con le autorità e dare
informazioni sull’altro.
• Se uno di loro dà informazioni e l’altro tace,
l’informatore è messo in libertà e l’altro riceve una
condanna molto pesante.
• Se entrambi danno informazioni, entrambi ricevono
una condanna molto pesante.
• Se entrambi tacciono, entrambi ricevono una
condanna lieve.
Entrambi devono effettuare la scelta senza
comunicare con l’altro. 2
• Scelta competitiva. Ogni prigioniero può voler
ottenere la migliore soluzione per sé, dando
informazioni sull’altro, per ottenere la libertà.
Tuttavia, se anche l’altro adotta questa strategia
entrambi avranno una pena severa.
• Scelta cooperativa. Ogni prigioniero può scegliere
la seconda migliore soluzione e, quindi, tacere,
nella speranza che anche l’altro faccia altrettanto.
In questo modo entrambi riceveranno una
condanna leggera.
Tuttavia, se l’altro parla, riceverà una condanna
pesante.
In base al tipo di comportamento (cooperativo o
competitivo) e all’esito del gioco, ogni partecipante
riceve dei punti che equivalgono a somme di denaro.
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Il gioco viene ripetuto più volte per verificare se gli
individui agiranno secondo i loro interessi a breve
(parlare, competere) o a lungo (tacere, cooperare)
termine.
Infatti, ogni mossa competitiva può ritorcersi contro di
loro nel gioco successivo. Quindi, è nel loro interesse
a lungo termine cooperare.
Matrice di ricompense
Scelte di B
Cooperare Competere
(tacere) (parlare)
Ricompense A B A B
Cooperare (tacere) 12 12 4 16
Scelte di A
Competere (parlare) 16 4 8 8
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Per massimizzare i profitti a lungo termine entrambi
dovrebbero scegliere di tacere, ma in questo modo
possono essere esposti ad una mossa di sfruttamento
da parte dell’altro.

In questo tipo di giochi il conflitto è tra l’agire in


maniera razionale dal punto di vista individuale (la
competizione fornisce sempre, per il singolo, risultati
migliori rispetto alla competizione) e l’agire in maniera
razionale da un punto di vista collettivo (i risultati di
entrambi sono maggiori quando si coopera).

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Il dilemma del prigioniero può essere esteso anche ai
contesti di gruppo.
In questo caso, al gioco partecipano più persone e ognuno
deve scegliere se appartenere (cooperare) o meno
(competere) ad un gruppo.
Percentuale di altre persone
che appartengono al gruppo
0 25 50 75 100
Appartenere al gruppo -25 -15 -5 +5 +15
Non appartenere al gruppo -15 -5 +5 +15 +25

Anche in questo caso, da un punto di vista individuale la


scelta razionale è rappresentata dal non appartenere al
gruppo. Tuttavia, i risultati individuali sono maggiori
quando quasi tutti scelgono di appartenere al gruppo. Se
tutti appartengono al gruppo ognuno riceve +15, se
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nessuno appartiene al gruppo ognuno riceve –15.
Entrambi i giochi sono esempi di dilemmi sociali,
ovvero di situazioni in cui l’interesse del singolo si
scontra con quello collettivo.

Si possono distinguere due tipi di dilemmi sociali:

• le trappole sociali, in cui la scelta è se rinunciare


o meno al beneficio personale,
• i recinti sociali, in cui la scelta è se intraprendere
o meno azioni costose.

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Le trappole sociali sono dilemmi sociali in cui le
azioni che a breve termine risultano proficue per
l’individuo, producono, con il passare del tempo, costi
condivisi da tutti gli individui coinvolti.

Un esempio è la tragedia della comune (o tragedia


dei pastori).
In questa situazione, 10 pastori condividono un bene
comune, ovvero un prato in cui far pascolare le
mucche (o concime). In questo prato possono
pascolare solo 100 mucche (in modo che l’erba si
reintegri naturalmente) per cui ogni pastore può
portare al pascolo solo 10 mucche.
Se la situazione si mantiene così, ognuno porta al
pascolo le proprie mucche e tutti ne traggono
beneficio. 8
Tuttavia, maggiore è il numero di mucche posseduto
da ogni pastore maggiori sono i guadagni per ciascun
pastore. Quindi, ogni pastore è portato ad aumentare
il numero delle proprie mucche (beneficio individuale).

Se, però ogni pastore aumenta il numero delle proprie


mucche anche solo di un capo, allora nel prato
pascoleranno più di 100 mucche.
In questa situazione, nel giro di poco tempo non ci
sarà più erba per le mucche e tutti i pastori
perderanno le proprie mandrie.

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I recinti sociali sono dilemmi sociali in cui le azioni
che a breve termine risultano costose per l’individuo a
lungo termine si rivelano proficue per la comunità.

Un’associazione di volontariato può chiedere a tutti i


cittadini di un paese un contributo per la costruzione
di un centro di accoglienza per anziani.
Naturalmente per ogni individuo dare il contributo è
costoso. Tuttavia, se nessuno da il contributo non
verrà costruito il centro di accoglienza per anziani.

In queste situazioni è probabile che gli individui


tentino di trarre beneficio dalle azioni altrui. Se tutti
danno il contributo tranne pochi, il centro di
accoglienza verrà costruito e tutti ne trarranno
beneficio. 10
In generale è più probabile che gli individui cooperino
nelle situazioni di trappola sociale, rispetto a quelle di
recinto sociale.

Nel primo caso, infatti devono solo rinunciare a


benefici immediati, nel secondo, invece, gli individui
hanno delle perdite immediate.

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L’interdipendenza
La teoria dell’interdipendenza (Kelley & Thibaut, 1978), nel
tentativo di prevedere la cooperazione e la competizione,
prende in considerazione quattro caratteristiche
dell’interdipendenza.

1. Il grado di dipendenza riflette la misura in cui i


risultati di un individuo sono influenzati da un altro
individuo. Un alto grado di dipendenza dovrebbe
portare alla cooperazione, mentre, quando la
dipendenza è bassa si dovrebbe avere competizione.
2. La reciprocità della dipendenza indica il grado in cui
gli individui sono reciprocamente o unilateralmente
dipendenti l’uno dall’altro. Quando la reciprocità è alta
(gli individui hanno bisogno l’uno dell’altro) si avrà
cooperazione. Quando, invece, la reciprocità è bassa
(solo uno dei due ha bisogno dell’altro) si avrà
competizione, soprattutto se vi è un conflitto di interessi.
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3. La corrispondenza fra i risultati riguarda il grado in
cui i risultati di due individui sono conflittuali. Quando i
risultati sono conflittuali (bassa corrispondenza) ci sarà
competizione, quando, invece, non sono conflittuali
(alta corrispondenza) ci sarà cooperazione.
4. La base della dipendenza indica la misura in cui i
risultati di una persona, a prescindere dalle proprie
azioni, sono influenzati unilateralmente dalle azioni di
un’altra. Quando i nostri risultati dipendono solo da
quello che fa un’altra persona ci troviamo in una
situazione di controllo del destino. Quando, invece, i
nostri risultati dipendono sia da quello che facciamo noi,
sia da quello che fa l’altra persona, ci troviamo in una
situazione di controllo del comportamento.

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La teoria dell’interdipendenza spiega anche i motivi per cui
una persona a volte supera il proprio interesse. Per farlo
parte dalla distinzione tra matrice data e matrice effettiva.
• La matrice data rappresenta le preferenze edonistiche,
ovvero il benessere per il sé. Essa raccoglie i risultati
dell’individuo in base alle azioni sue e a quelle dell’altra
persona. In base a questa matrice si sceglierà di
mettere in atto il comportamento che porta il maggior
beneficio personale.
• La matrice effettiva rappresenta tutte le preferenze
dell’individuo e non solo quelle edonistiche.
Secondo la teoria dell’interdipendenza quando una persona
supera il proprio interesse trasforma la matrice data in
matrice effettiva.
Il concetto di trasformazione si riferisce al superamento
del proprio interesse immediato a favore di interessi a
lungo termine. 14
Le fonti della trasformazione
Le fonti della trasformazione prendono in esame le ragioni
per cui gli individui fanno scelte cooperative o competitive.

Le disposizioni interpersonali
In questa categoria rientrano le fonti di trasformazione che
derivano dalle caratteristiche di personalità degli individui.
Una di queste è l’orientamento verso il valore sociale, tale
caratteristica di personalità indica il grado in cui un
individuo è prosociale, individualista o competitivo.
• I prosociali vogliono aumentare i risultati congiunti e
desiderano l’uguaglianza fra i risultati.
• Gli individualisti cerano di aumentare i propri risultati in
senso assoluto.
• I competitivi desiderano aumentare i propri risultati
rispetto a quelli degli alti.
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I prosociali tendono alla cooperazione, mentre gli
individualisti e i competitivi alla competizione.

La diversa disposizione, inoltre, tende ad autoalimentarsi.

I competitivi e gli individualisti, infatti, mettendo in atto


strategie competitive fanno in modo che anche l’altra
persona si comporti in maniera competitiva con loro.
Questo genera la credenza che le persone siano egoiste e
che non ci si può fidare di nessuno, il che porta i
competitivi e gli individualisti a giustificare e, quindi, a
proseguire il proprio comportamento.

I prosociali, invece, possono vedere o meno ricambiato il


proprio comportamento cooperativo. Questo genera la
giusta credenza che esistano persone cooperative e
persone competitive. Per cui non c’è bisogno di smettere di
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essere prosociali.
Un esperimento di Kelley e Stahelski (1970) conferma
questi assunti.

Nella priva fase i partecipanti sono stati classificati


come competitivi o cooperativi, in base agli scopi.
In base a questa classificazione sono stati creati tre
tipi diverse di coppie:

• coppie in cui entrambi i membri erano cooperativi,


• coppie in cui entrambi i membri erano competitivi,
• coppie in cui un membro era competitivo e uno
cooperativo.

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Le coppie svolgevano per 40 volte di seguite il gioco
del dilemma del prigioniero. Ogni 10 sessioni si
chiedeva a ciascun partecipante se gli scopi dell’altra
persona fossero cooperativi o competitivi.

I risultati mostrano che i competitivi sostengono che


gli scopi dell’altro siano competitivi, anche quando
hanno un partner cooperativo.

I cooperativi, invece, assegnano all’altro scopi


cooperativi quando sono in coppia con un cooperativo
e scopi competitivi quando sono in coppia con un
competitivo.
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Le credenze circa il comportamento dell’altro
Il comportamento dell’altro o le aspettative che abbiamo a
riguardo influenzano la trasformazione e, quindi, il nostro
comportamento.

Il legame tra aspettative e comportamento è bidirezionale.


Le aspettative influenzano il nostro comportamento perché,
quando ci aspettiamo un comportamento cooperativo
siamo portati alla cooperazione, quando, invece ci
aspettiamo un comportamento competitivo siamo portati
alla competizione.
Ma il comportamento può anche influenzare le nostre
aspettative. Possiamo infatti basare le aspettative sul
nostro comportamento (io sono cooperativo, quindi, mi
aspetto che anche l’altro lo sia).

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La strategia tit-for-tat (occhio per occhio) è un tipo di
strategia che può essere utile quando si interagisce
con una persona che non si conosce. Essa si basa sul
comportamento altrui e consiste nell’iniziare con una
mossa cooperativa e continuare imitando la scelta
precedente dell’altra persona.

Un esperimento condotto da Kuhlman e Marshello


(1975) dimostra l’utilità di questa strategia.

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I partecipanti svolgevano il dilemma del prigioniero
insieme ad un complice dello sperimentatore che era
istruito ad avere, in base alla condizione, tre tipi
diversi di strategia:
• cooperazione al 100%,
• competizione al 100%
• tit-for-tat.

I ricercatori, inoltre, hanno valutato l’orientamento


verso il valore sociale dei partecipanti, dividendoli in:
• prosociali,
• individualisti,
• competitivi.

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I risultati mostrano che la cooperazione genera
cooperazione solo nei partecipanti prosociali. Al contrario,
la competizione genera competizione in tutti. La strategia
tit-for-tat, infine, genera cooperazione sia nei prosociali sia
negli individualisti. Gli unici a non essere in grado di
cooperare sono i competitivi.
Percentuale di scelte cooperative

100
90
80
70
60 Strategia del partner
50 Cooperativa
40 Tit-for-tat
30 Competitiva
20
10
0
Prosociale Individualista Competitivo
Orientamento al valore sociale 22
Gli effetti della comunicazione
Dawes et al., (1977) hanno condotto un esperimento per
verificare gli effetti della comunicazione sulla cooperazione.
L’ipotesi era che la comunicazione avrebbe aumentato la
cooperazione solo quando era pertinente al dilemma sociale
oggetto del compito.
Nell’esperimento vi erano quattro condizioni sperimentali.
• Condizione di non comunicazione. I soggetti lavoravano
indipendentemente per 10 minuti ad un compito.
• Condizione di comunicazione non pertinente. I soggetti
potevano parlare di varie questioni per 10 minuti, purché non
riguardassero il dilemma sociale.
• Condizione di comunicazione pertinente. I soggetti potevano
parlare per 10 minuti delle scelte riguardanti il dilemma sociale,
senza, comunque, anticipare le loro scelte.
• Condizione di comunicazione pertinente con anticipazione
delle scelte. I soggetti potevano parlare per 10 minuti delle
scelte riguardanti il dilemma sociale e potevano anche antipare
quali sarebbero state le loro scelte, senza, comunque, essere
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vincolati a rispettarle.
I risultati mostrano che la comunicazione tra i partecipanti
è efficace nel generare cooperazione purché sia pertinente
al dilemma sociale oggetto del compito.

100
Percentuale di scelte cooperative

90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Nessuna Irrilevante Rilevante Anticipazione
Comunicazione
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Caratteristiche della relazione
La trasformazione può anche dipendere dalle
caratteristiche di una relazione. In particolare, si è visto
che sono tre gli elementi fondamentali di una relazione che
determinano la trasformazione.
• la soddisfazione,
• la mancanza di alternative,
• le risorse investite.

Quando si è molto soddisfatti, le alternative sono scarse e


l’investimento è grande si tende ad impegnarsi nella
relazione.

Questo vale sia per le relazioni intime, sia per le


organizzazioni.
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La fiducia
La fiducia viene definita come una credenza circa l’onestà e
le intenzioni cooperative dell’altro.
Questa è una variabile di personalità che si sviluppa nelle
relazioni di interdipendenza tra due individui.

Quando due individui si scambiano comportamenti


cooperativi aumentano la loro fiducia reciproca. La fiducia,
inoltre, si associa con la tendenza a preferire risultati a
lungo termine e con la credenza che l’altro ricambierà i
favori.

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Le norme sociali
Le norme sociali sono un insieme di regole che stabiliscono
come comportarsi. Le trasformazioni possono anche
diventare norme sociali.

La giustizia distributiva indica il modo in cui devono essere


ripartiti i risultati. Secondo il principio dell’uguaglianza ogni
membro deve ricevere una parte uguale dei profitti.
Secondo il principio dell’equità, invece, ogni membro deve
ricevere in base a quanto ha investito.

La giustizia procedurale riguarda, invece, i criteri usati per


distribuire i risultati.

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Differenze tra diadi e gruppi
Ci sono tre differenze tra il comportamento degli individui
quando devono cooperare o competere in una situazione
diadica o in una situazione di gruppo.

1. Nella diade il danno provocato della competizione si


concentra solo su un’altra persona, mentre nei gruppi il
danno si estende a più persone.
2. Nelle relazioni diadiche è possibile modellare il
comportamento dell’altro tramite la strategia
comportamentale, nelle relazioni di gruppo, invece,
questo è meno possibile.
3. Nelle relazioni diadiche non è possibile mantenere
l’anonimato, mentre nelle relazioni di gruppo è
possibile.

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In generale si rileva un calo della cooperazione nei gruppi
rispetto alle diadi. Questo dipende da varie ragioni.
• Con l’aumentare delle dimensioni del gruppo aumenta
l’anonimato.
• Nei gruppi diminuisce il senso di efficacia dei propri
sforzi per ottenere risultati collettivi.
• Nei gruppi grandi le persone tendono a sentirsi meno
responsabili dell’efficacia dei risultati.

È possibile, comunque, aumentare la cooperazione nei


gruppi:
• rafforzando le norme sociali di cooperazione,
• aumentando la comunicazione efficace,
• incrementando l’identificazione con il gruppo.
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La soluzione del conflitto: l’intervento di una terza
parte

L’intervento di una terza parte nella risoluzione di un


conflitto può essere di due tipi:

• nell’ intervento di emergenza, la terza parte non


svolge un ruolo definito formalmente e il suo
intervento non è richiesto, essa si limita a
intrattenere relazioni con una o entrambe le parti;
• nell’intervento contrattuale, l’intervento della
terza parte è espressamente chiesto dalle due parti
in conflitto.

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La terza parte può svolgere vari ruoli all’interno di un
conflitto. Secondo Sheppard (1984) i ruoli assunti
dalla terza parte derivano dalla presenza o assenza di
due tipi di controllo.

• Il controllo del processo, che indica il controllo


esercitato sulla presentazione e sull’interpretazione
delle prove pertinenti.
• Il controllo della decisione, ovvero l’influenza
che la terza parte esercita sul risultato del conflitto.

Dall’incrocio di queste due dimensioni derivano


quattro differenti ruoli.

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Ruoli della terza parte
Controllo del processo
Assente Presente
Controllo Assente Impeto Mediazione
della
decisione Presente Giudizio Inquisitoriale

• Ruolo di impeto. Quando assume questo ruolo la terza


parte si limita a elargire consigli e proposte per risolvere il
conflitto (ad es., amici).
• Ruolo di giudizio. La terza parte ascolta le due parti in
contesa e prende una decisione sulla soluzione del conflitto
(ad es., giudice di pace).
• Ruolo inquisitoriale. In questo caso la terza parte decide
sia quali prove tenere in considerazione sia come risolvere
il conflitto (ad es., capoufficio).
• Ruolo di mediazione. La terza parte controlla la
situazione di conflitto, ma non decide come risolvere la
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contesa (ad es., collega).
Il modello di mediazione preoccupazione-
probabilità
Tale modello spiega il modo in cui intervengono i
mediatori. Per farlo prende in considerazione due
caratteristiche della situazione di mediazione:
• la preoccupazione del mediatore per le aspirazioni
nelle due parti;
• la preoccupazione del mediatore per il terreno
comune, ovvero la probabilità che le due parti
arrivino ad un accordo.

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Ruoli della terza parte

Alta Compensazione Integrazione


Preoccupazione

Bassa Pressione Inazione


Bassa Alta
Probabilità
In base al livello (alto/basso) della preoccupazione per
le aspirazioni e della probabilità di trovare un accordo
il mediatore può comportarsi in quattro differenti modi.

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• Il mediatore sceglierà l’inazione quando non è
preoccupato per le aspirazioni delle due parti ed è alta la
probabilità che le due parti trovino un terreno comune. In
questo caso, il mediatore lascerà che le due parti se la
sbrighino da sole.
• Quando sia la preoccupazione per le aspirazioni sia la
probabilità di trovare un terreno comune sono alte il
mediatore adotterà la strategia di integrazione. In
questo caso tenterà di capire i desideri e gli interessi delle
parti e proporrà soluzioni che soddisfino entrambe.
• Il mediatore sceglierà la strategia della compensazione
quando è alta la preoccupazione per le aspirazioni ed è
poco probabile che si trovi un terreno comune. In questo
caso, il mediatore tenterà di invogliare le parti a fare delle
concessioni.
• Quando non c’è preoccupazione per le aspirazione ed è
bassa la probabilità di trovare un accordo, il mediatore
adotterà la strategia della pressione, ricorrendo alla
persuasione o alla minaccia. 35
Le soluzioni strutturali
Le soluzioni strutturali alterano la struttura della soluzione
in modo da stimolare la cooperazione.
• Cambiamento nella struttura del risultato. Questo
tipo di cambiamento ha come obiettivo di ricompensare
la cooperazione e punire la competizione.
Sono efficaci perché rendono più allettante la
cooperazione e perché fanno crescere le aspettative
circa la cooperazione degli altri.
I cambiamenti della struttura del risultato, per
funzionare devono essere percepiti efficaci nel favorire
il benessere collettivo e corretti, nel senso che i costi
per il raggiungimento dei risultati devono essere
condivisi. Inoltre, gli individui devono essere in
grado di effettuare la scelta cooperativa.
• Cambiamenti nella struttura della decisione. In
questo tipo di cambiamenti si designa una persona a
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prendere la decisione.

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