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La Popolare di Vicenza e i

conti dei Servizi segreti


–di Nicola Borzi 16 novembre 2017

Quasi 1.600 operazioni bancarie, in ingresso e in uscita, per un controvalore di oltre 642
milioni, in un periodo compreso tra il 17 giugno 2009, all’epoca del quarto governo
Berlusconi, e il 25 gennaio 2013, durante il governo Monti. Di queste transazioni ben 425, per
43,2 milioni, erano in capo all’Agenzia informazioni e sicurezza interna (Aisi) e altre 20, per
6,2 milioni, alla gemella Aise.

Il singolo trasferimento di fondi più “pesante” è datato 16 marzo 2012: 88,5 milioni. Molti pagamenti sono stati realizzati
tramite comuni strumenti di home banking. Date, identificativi, numeri di conto, causali: noleggi di auto e moto, saldi di
fatture a fornitori, versamenti a società e persone, quietanze di affitti. Soprattutto nomi. Questo è l’“estratto conto” della
Presidenza del Consiglio e dei Servizi segreti nazionali contenuto in decine di pagine di documenti “in chiaro” che Il Sole
24 Ore ha potuto visionare. Una costante unisce questa mole di dati: provengono tutti dal gruppo Banca Popolare di
Vicenza.

Il materiale di questo “BpVi leaks” va letto come un “estratto conto”: una selezione,
appunto, dei legittimi rapporti bancari intercorsi tra Palazzo Chigi e l’allora Popolare.  
Rapporti il cui inizio potrebbe essere retrodatato probabilmente ai primi anni 2000 e
forse anche prima. Di certo BpVi non è stata l’unica banca operativa con i Servizi: lo
testimoniano tre giroconti con Bnl, datati 15 febbraio 2010, per un totale di 9 milioni
registrati dall’Aisi nella filiale romana numero 895 — non più operativa — di Banca
Nuova.

Quanto ai nomi, è impossibile stabilire se le identità siano reali, poiché con i normali
16 novembre 2017 strumenti giornalistici non è dato verificarli né accertare eventuali omonimie. Ma i
l filo che da Padova porta a controlli condotti sulle fonti aperte avvalorano l’impianto complessivo dei file, che
Roma e Palermo appaiono consistenti. Insieme a schiere di anonimi sparsi in tutta Italia, tra i beneficiari
dei versamenti ci sono i nomi di contabili del ministero dell’Interno «inquadrati nel
ruolo unico del contingente speciale della Presidenza del Consiglio dei ministri»,
personale della Protezione civile e del Dipartimento Vigili del fuoco, funzionari del
Consiglio superiore della Magistratura. Poi avvocati, dirigenti medico-ospedalieri, vertici di autorità portuali e di
istituzioni musicali siciliane. Ci sono giovani autori e registi di fortunatissimi programmi di infotainment di tv nazionali
private, conduttori di trasmissioni di successo sulla radio pubblica, fumettisti vicini al mondo dei centri sociali. Ma
soprattutto i vertici dell’intelligence italiana, dotati di poteri di firma sui conti, e alti funzionari territoriali dei Servizi e
delle forze dell’ordine: ufficiali del Carabinieri con ruoli in sedi estere, ispettori della Polizia di Stato coinvolti nel
processo dell’Utri del 2001, dirigenti dell’ex centro Sisde di Palermo già noti alle cronache per vicende seguite all’arresto
di Totò Riina. C’è pure un anziano parente del “capo dei capi” di Cosa Nostra (o qualcuno con lo stesso nome). E ci sono
impiegati di Banca Nuova. O, ripetiamo, loro omonimi.

Oltre ai Servizi e a BpVi, un solo soggetto ha tutti gli strumenti per dare risposte precise: è la padovana Sec, il centro
servizi informatici che, prima del salvataggio del Fondo Atlante e della cessione a Intesa Sanpaolo, era partecipato da una
decina di soci capitanati da BpVi (la capogruppo deteneva il 47,95% del capitale di  Sec, Banca Nuova l’1,66%)  e Veneto
Banca (con il 26,13% del capitale). Il database della Sec è la chiave per capire quali legami collegavano Vicenza ai servizi
segreti della Capitale e di Palermo: partendo, ad esempio, dai codici relativi alla banca (33 identifica l’ex Popolare
Vicenza, 61 invece Banca Nuova), a quelli delle filiali, all’identificativo del cliente (il cosiddetto “Ndg”) e al numero di
conto. Proprio l’istituto siciliano del gruppo BpVi è centrale, per più di un motivo, in queste carte. Alcuni addetti della
Sec, che in questi giorni seguono la “migrazione informatica” al gruppo Intesa Sanpaolo, sono di certo in grado di
ricostruire la mappa delle informazioni.

La società consortile di informatica per il settore creditizio non è stata, dunque, soltanto un hub tecnologico. Non pare un
dettaglio casuale il fatto che Samuele Sorato, l’ex consigliere delegato della Vicenza, avesse iniziato la propria scalata
interna al gruppo BpVi partendo come semplice ragioniere programmatore proprio da Sec. Né lo è il fatto che il braccio
destro nonché uomo di fiducia di Gianni Zonin non abbia mai abbandonato la carica di presidente della società di servizi
padovana, sino ai dissidi con Zonin e alle sue dimissioni del maggio 2015. Lo stesso Samuele Sorato, secondo alcune
fonti, avrebbe esercitato un forte controllo diretto sulla Sec. Eppure, sempre secondo queste fonti, i sistemi di sicurezza
del database di Sec sarebbero inadeguati: «Il sistema informativo è carente sotto tutti i profili».

Che i sistemi informatici del gruppo Popolare di Vicenza fossero attentamente monitorati dall’interno è indicato anche da
alcune recenti dichiarazioni rilasciate alla Commissione d’inchiesta parlamentare sulle banche, secondo le quali durante
le ispezioni di vigilanza le procedure informatiche dell’ex Popolare di Vicenza erano costantemente a rischio di essere
disattivate “dall’alto” in qualsiasi momento, a seconda della bisogna. La scelta della Vicenza come interfaccia bancaria di
Palazzo Chigi pare dunque basata più su logiche “politiche” che di qualità dei servizi — con o senza l’iniziale maiuscola.

La conferma di Padoan:
conti degli organi di
sicurezza nel gruppo
Popolare Vicenza
– di Redazione Online29 novembre 2017
Dopo l’inchiesta del Sole 24 Ore che ha svelato l’esistenza di centinaia di operazioni bancarie in capo all'Agenzia
informazioni e sicurezza interna (Aisi) e alla gemella Aise (in un periodo compreso tra il 17 giugno 2009, all'epoca del
quarto governo Berlusconi, e il 25 gennaio 2013, durante il governo Monti), tutte transitate dal gruppo Banca Popolare di
Vicenza, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha confermato che negli anni riportati «risultano essere stati
operanti conti correnti degli organismi di informazione per la sicurezza della Repubblica». Lo ha fatto rispondendo a una
domanda sulla presenza in Banca nuova, controllata da Popolare Vicenza (ora in liquidazione coatta amministrativa) di
conti riferibili ai servizi di informazione. «Si segnala comunque - ha precisato Padoan- che si tratta di materia sottoposta
per legge al comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica che ha già formulato richiesta a riguardo».

INCHIESTA

16 novembre 2017

La Popolare di Vicenza e i conti dei Servizi segreti

Caso Masi:  pronti a costituirci parte civile


L’incarico di consigliere di Susanna Masi per il ministero dell’Economia e delle Finanze è cessato con decreto del 23
novembre 2017, il giorno dopo la diffusione dell’indagine a suo carico, ed il ministro non era stato informato dalla
consulente delle indagini che la riguardavano. È quanto ha spiegato in sintesi, il ministro dell'Economia Pier Carlo
Padoan al question time. «È intendimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze costituirsi parte civile in caso di
instaurazione nei suoi confronti di un giudizio penale, ferma restando la procedura prevista dalla legge» ha aggiunto
Padoan rispondendo al question time, in Aula alla Camera, a un’interrogazione sull’ex consigliere del Tesoro Susanna
Masi, accusata di aver venduto notizie sulle norme fiscali in adozione da parte del governo a Ernst & Young, società di
consulenza legale e tributaria per cui aveva lavorato in passato. La donna è accusata di corruzione, rivelazione di segreto
d’ufficio e false attestazioni sulle qualità personali per non aver dichiarato il conflitto di interessi, ossia di fare il doppio
lavoro. Nell'inchiesta il Ministero dell'Econonomia è parte offesa.
CHIESTA CORREZIONE DI ALMENO 3,5 MILIARDI

22 novembre 2017

Lettera Ue:  manovra a rischio, no a retromarce sulle pensioni. Giudizio finale in primavera

«Da Ue nessuna richiesta manovre correttive»


Parlando dei rilievi della Commissione Ue alla manovra (il progetto di bilancio italiano è stato giudicato «a rischio di non
rispetto del Patto di Stabilità», ndr) Padoan ha poi escluso di nuovo la necessità di manovre correttive, in quanto «la
stima della variazione del saldo strutturale per il 2017 e per il prossimo anno è da considerarsi ancora preliminare e
potenzialmente oggetto di successive revisioni nei prossimi mesi e non può al momento giustificare l'adozione di
manovre correttive aggiuntive rispetto a quella in corso di adozione». «La Commissione - ha sottolineato Padoan -
raccomanda che il Ddl bilancio non sia diluito nel corso dell’iter parlamentare in quanto ha impatto sui saldi di finanza
pubblica e sostenibilità del debito con particolare riguardo al sistema pensionistico».

DECISIONE SU ISTANZA DEL SENATORE AUGELLO

21 novembre 2017

Commissione banche, Casini autorizza l’invio di atti sugli istituti veneti alla Procura di
Roma

«Su derivati documenti a Commissione banche»


«Gli elementi di cui all’interrogazione sono stati oggetto di richiesta da parte del presidente della Commissione di
inchiesta sul sistema bancario e finanziario con lettera 23 novembre 2017 alla quale si è dato oggi un primo ampio
riscontro». Ha risposto così in aula a Montecitorio durante il question time invece il ministro dell'Economia alle richieste
di Renato Brunettache, riferendosi alle operazioni in derivati ha parlato senza mezzi termini di «gestione opaca» e di
possibile «falsificazione del bilancio dello Stato». «La Corte dei Conti in sede di
parificazione del rendiconto - ha tuonato Brunetta - ha denunciato l'opacità del
bilancio dello Stato, in quanto non erano disponibili i dati sui cosiddetti derivati. Ha denunciato, inoltre, la possibile
sproporzione tra rischi assunti dalla Repubblica rispetto a quello dei singoli operatori. Si parla di 40 miliardi di euro.
In altri termini, lo Stato italiano ha assunto un rischio che incide sull'equilibrio di bilancio e il Parlamento è stato tenuto
all'oscuro di tutto questo».

«La documentazione trasmessa alla Commissione - ha spiegato Padoan - ha natura riservata» e contiene «copia della
relazioni alla Corte dei Conti per i due semestri di ciascuno degli anni 2011 e 2012 nelle quali sono descritte tutte le
operazioni in strumenti derivati, si forniscono altresì nota esplicativa dei modelli di valutazione dei contratti derivati e dei
costi di esecuzione delle ristrutturazioni effettuate con Morgan Stanley. Per produrre gli ulteriori elementi richiesti è
necessario ulteriore lavoro che sarà completato nel minor tempo possibile».

L’indagine sui conti dei servizi segreti e BPVI


Tutto ciò a causa di un articolo pubblicato il 16 novembre scorso in cui si raccontava l’“estratto conto” della Presidenza
del Consiglio e dei Servizi segreti nazionali contenuto in decine di pagine di documenti “in chiaro” che provengono tutti
dal gruppo Banca Popolare di Vicenza. Ovvero, spiega Nicola Borzi nel suo articolo, conti che venivano utilizzati per
fare versamenti a beneficiari diversi:

Insieme a schiere di anonimi sparsi in tutta Italia, tra i beneficiari dei versamenti ci sono i nomi di contabili del
ministero dell’Interno «inquadrati nel ruolo unico del contingente speciale della Presidenza del Consiglio dei ministri»,
personale della Protezione civile e del Dipartimento Vigili del fuoco, funzionari del Consiglio superiore della
Magistratura.

Poi avvocati, dirigenti medico-ospedalieri, vertici di autorità portuali e di istituzioni musicali siciliane. Ci sono giovani
autori e registi di fortunatissimi programmi di infotainment di tv nazionali private, conduttori di trasmissioni di successo
sulla radio pubblica, fumettisti vicini al mondo dei centri sociali. Ma soprattutto i vertici dell’intelligence italiana, dotati
di poteri di firma sui conti, e alti funzionari territoriali dei Servizi e delle forze dell’ordine: ufficiali del Carabinieri con
ruoli in sedi estere, ispettori della Polizia di Stato coinvolti nel processo dell’Utri del 2001, dirigenti dell’ex centro Sisde
di Palermo già noti alle cronache per vicende seguite all’arresto di Totò Riina.

C’è pure un anziano parente del “capo dei capi” di Cosa Nostra (o qualcuno con lo stesso nome). E ci sono impiegati
di Banca Nuova. O, ripetiamo, loro omonimi.

Dopo la pubblicazione dell’articolo Aldo Morgigni, consigliere togato di Autonomia&Indipendenza, il gruppo che ha
come leader Piercamillo Davigo, al Consiglio Superiore della Magistratura, ha annunciato la presentazione di una
denuncia e la richiesta di apertura di un’inchiesta interna al CSM. “E’ un fatto molto grave”, ha detto il consigliere
ipotizzando “un’attività di dossieraggio ai danni dei componenti del Csm”. L’inchiesta dovrebbe servire per far luce “sui
soggetti che possono aver percepito denaro dai servizi segreti e sulle ragioni”.

La BPVI come cassaforte dei servizi segreti italiani


Anche il Mattino di Padova ha dedicato un articolo alla vicenda nei giorni scorsi, raccontando che il leak è dipeso da
una falla del centro elaborazione Sec Servizi, società padovana che conserva milioni di informazioni dei clienti di versi
istituti di credito italiani, fra cui Bpvi: da lì sono spuntati gli estratti conto.

I servizi segreti italiani, per molti anni, hanno appoggiato i loro conti su Banca Nuova, la controllata siciliana del
Gruppo Bpvi; e lo stesso ha fatto per diversi conto Palazzo Chigi. Nulla di irregolare: ma la circostanza dà l’idea del
peso “politico” della banca presieduta da Gianni Zonin.

Banca Nuova ha una raccolta intorno ai 3,5 miliardi e di questi, all’epoca, oltre 1 miliardo arrivava dai servizi di
tesoreria dello Stato. I conti sarebbero stati chiusi nel 2014. Nella documentazione, ci sono quasi 1.600 transazioni
per un valore di oltre 640 milioni di euro, in gran parte relativi a Aisi, e in parte minoritaria ad Aise.
L’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e il comitato di redazione del Sole 24 Ore hanno espresso solidarietà a Nicola
Borzi.

Fughe di notizie (casuali?) dalle Sec Servizi di


Samuele Sorato il cui fratello Simone ne era
alto manager: i soldi del Sisde gestiti dalla
sede di Roma della palermitana Banca Nuova della
BPVi di Zonin. È un (im)puro caso…

I soldi, oltre un miliardo di euro, transitati, come raccontano gli articoli sotto riportati Il Sole 24 Ore del
16 novembre, ripresi il 17 dal GdV, dalla sede romana di Banca Nuova, la controllata palermitana
(brivido) di Banca Popolare di Vicenza e provenienti da conti intestati alla Presidenza del Consiglio
dei Ministri e l’Aisi, l’ex Sisde (altro brividone), ci pongono interrogativi su come e perchè molti, troppo
mondi si incrociassero lungo le vie di Gianni Zonin(anche la tesoreria della Regione Sicilia era nelle
mani di Banca Nuova così come a Vicenza c’è quella del nostro comune). È

ma qei giri di soldi ci fanno chiedere, non solo a noi stessi, anche come e perchè dati così riservati,
anche se datati, dei servizi segreti siano fuoriusciti dagli archivo della Sec Servizi di Padova
trasformandoli in veri e propri “BpVi leaks” come scrive Il Sole 24 Ore.

Prima di farvi leggere i due articolo del collega, lo solleviamo noi un dubbio di casa nostra, ma non solo,
e aggiuntivo rispetto a quelli che possono essere insorti nei colleghi o che angustieranno voi, dopo la
lettura.
Come ricorda la stampa anche locale dopo le rivelazioni de Il Sole, fino al 2015 a presiedere quello che
di fatto è il centro servizi informatici di cui si servivano anche la BPVi, che ne era la maggiore azionista
subito prima dell’altro azionista di riferimento, Veneto Banca, e che sta per passare a Banca Intesa
Sanpaolo, era Samuele Sorato, che lì inizio come ragioniere programmatore e da lì arrivò alla corte di
Zonin, mantenendo fino alla fine uno stretto controllo sulla società, che, visti i database che gestiva era
strategica almeno tanto quanto i soldi.

Ebbene il dubbio che vi sottoponiamo è il seguente: se Samuele Sorato era così bravo da essere arrivato
alla vetta di Sec e di BPVi, Simone Sorato, suo fratello, lo era altrettanto visti i ruoli apicali che vi ha
ricoperto, tra cui quello di direttore delle risorse umane (all’ora in cui scriviamo di questo siamo certi al
2014, anche se il suo ruolo potrebbe essere diventato poi quello, da verificare, di dg)?.
Sciogliere questo e altri dubbi (non solo di nepotismo) è fondamentale perchè se i soldi hanno alimentato
il potere di chi ha bruciato i risparmi di centinaia di migliaia di soci, il database di Sec, con tutti i segreti
che custodisce, potrebbe essere un’arma impropria, e che arma da… brividi!, se solo si fosse così
maliziosi da pensare che le fughe dei primi dati, un avviso ai naviganti?, e poi di quelli che ancora
potrebbero sgorgare dagli archivi soratici (non socratici…) possano dipendere non solo dalla casualità…

Messaggi omertosi? Ma per carità!

Se il Sisde, oltre che Palazzo Chigi, i suoi soldi li gestiva con una banca palermitana con la testa a
Vicenza e la cassa vicino ai palazzi romani, tranquilli: è solo un (im)puro caso. (vicenzapiu’)

La Pop Vicenza e i conti dei Servizi segreti

Quasi 1.600 operazioni bancarie, in ingresso e in uscita, per un controvalore di oltre 642 milioni, in un
periodo compreso tra il 17 giugno 2009, all’epoca del quarto governo Berlusconi, e il 25 gennaio 2013,
durante il governo Monti. Di queste transazioni ben 425, per 43,2 milioni, erano in capo all’Agenzia
informazioni e sicurezza interna (Aisi) e altre 20, per 6,2 milioni, alla gemella Aise.
Continua da pagina 1 Il singolo trasferimento di fondi più “pesante” è datato 16 marzo 2012: 88,5 milioni.
Molti pagamenti sono stati realizzati tramite comuni strumenti di home banking. Date, identificativi,
numeri di conto, causali: noleggi di auto e moto, saldi di fatture a fornitori, versamenti a società e
persone, quietanze di affitti. Soprattutto nomi. Questo è l'”estratto conto” della Presidenza del Consiglio
e dei Servizi segreti nazionali contenuto in decine di pagine di documenti “in chiaro” che Il Sole 24 Ore
ha potuto visionare. Una costante unisce questa mole di dati: provengono tutti dal gruppo Banca
Popolare di Vicenza.
Il materiale di questo “BpVi leaks” va letto come un “estratto conto”: una selezione, appunto, dei legittimi
rapporti bancari intercorsi tra Palazzo Chigi e l’allora Popolare. Rapporti il cui inizio potrebbe essere
retrodatato probabilmente ai primi anni 2000 e forse anche prima. Di certo BpVi non è stata l’unica
banca operativa con i Servizi: lo testimoniano tre giroconti con Bnl, datati 15 febbraio 2010, per un totale
di 9 milioni registrati dall’Aisi nella filiale romana numero 895 – non più operativa – di Banca Nuova.
Quanto ai nomi, è impossibile stabilire se le identità siano reali, poiché con i normali strumenti
giornalistici non è dato verificarli né accertare eventuali omonimie. Ma i controlli condotti sulle fonti
aperte avvalorano l’impianto complessivo dei file, che appaiono consistenti. Insieme a schiere di anonimi
sparsi in tutta Italia, tra i beneficiari dei versamenti ci sono i nomi di contabili del ministero dell’Interno
«inquadrati nel ruolo unico del contingente speciale della Presidenza del Consiglio dei ministri»,
personale della Protezione civile e del Dipartimento Vigili del fuoco, funzionari del Consiglio superiore
della Magistratura. Poi avvocati, dirigenti medico-ospedalieri, vertici di autorità portuali e di istituzioni
musicali siciliane. Ci sono giovani autori e registi di fortunatissimi programmi di infotainment di tv
nazionali private, conduttori di trasmissioni di successo sulla radio pubblica, fumettisti vicini al mondo
dei centri sociali. Ma soprattutto i vertici dell’intelligence italiana, dotati di poteri di firma sui conti, e alti
funzionari territoriali dei Servizi e delle forze dell’ordine: ufficiali del Carabinieri con ruoli in sedi estere,
ispettori della Polizia di Stato coinvolti nel processo dell’Utri del 2001, dirigenti dell’ex centro Sisde di
Palermo già noti alle cronache per vicende seguite all’arresto di Totò Riina. C’è pure un anziano parente
del “capo dei capi” di Cosa Nostra (o qualcuno con lo stesso nome). E ci sono impiegati di Banca
Nuova.

O, ripetiamo, loro omonimi.


Oltre ai Servizi e a BpVi, un solo soggetto ha tutti gli strumenti per dare risposte precise: è la padovana
Sec, il centro servizi informatici che, prima del salvataggio del Fondo Atlante e della cessione a Intesa
Sanpaolo, era partecipato da una decina di soci capitanati da BpVi (la capogruppo deteneva il 47,95%
del capitale di Sec, Banca Nuova l’1,66%) e Veneto Banca (con il 26,13% del capitale). Il database della
Sec è la chiave per capire quali legami collegavano Vicenza ai servizi segreti della Capitale e di Palermo:
partendo, ad esempio, dai codici relativi alla banca (33 identifica l’ex Popolare Vicenza, 61 invece Banca
Nuova), a quelli delle filiali, all’identificativo del cliente (il cosiddetto “Ndg”) e al numero di conto. Proprio
l’istituto siciliano del gruppo BpVi è centrale, per più di un motivo, in queste carte.
Alcuni addetti della Sec, che in questi giorni seguono la “migrazione informatica” al gruppo Intesa
Sanpaolo, sono di certo in grado di ricostruire la mappa delle informazioni.
La società consortile di informatica per il settore creditizio non è stata, dunque, soltanto un hub
tecnologico. Non pare un dettaglio casuale il fatto che Samuele Sorato, l’ex consigliere delegato della
Vicenza, avesse iniziato la propria scalata interna al gruppo BpVi partendo come semplice ragioniere
programmatore proprio da Sec. Né lo è il fatto che il braccio destro nonché uomo di fiducia di Gianni
Zonin non abbia mai abbandonato la carica di presidente della società di servizi padovana, sino ai dissidi
con Zonin e alle sue dimissioni del maggio 2015.

Lo stesso Samuele Sorato, secondo alcune fonti, avrebbe esercitato un forte controllo diretto sulla Sec.
Eppure, sempre secondo queste fonti, i sistemi di sicurezza del database di Sec sarebbero inadeguati:
«Il sistema informativo è carente sotto tutti i profili».
Che i sistemi informatici del gruppo Popolare di Vicenza fossero attentamente monitorati dall’interno è
indicato anche da alcune recenti dichiarazioni rilasciate alla Commissione d’inchiesta parlamentare sulle
banche, secondo le quali durante le ispezioni di vigilanza le procedure informatiche dell’ex Popolare di
Vicenza erano costantemente a rischio di essere disattivate “dall’alto” in qualsiasi momento, a seconda
della bisogna. La scelta della Vicenza come interfaccia bancaria di Palazzo Chigi pare dunque basata più
su logiche “politiche” che di qualità dei servizi – con o senza l’iniziale maiuscola.
Nicola Borzi, da Il Sole 24 Ore (estratto Vicenzapiu’)
La mappa. Le sedi dove si sono snodati i rapporti tra il gruppo creditizio e le agenzie di sicurezza
nazionali
Il filo che da Padova porta a Roma e Palermo
Tra i molti luoghi dove il “mondo di sopra”, il “mondo di sotto” e il “mondo di mezzo” si incrociano e
interagiscono, ce ne sono alcuni rilevanti: le banche. Le frequentazioni, le relazioni, gli scambi qui
transitano e da qui finiscono archiviati nei centri elaborazione dati degli istituti di credito. Database fisici
e virtuali dove convergono enormi masse di informazioni relative a milioni di soggetti, su strumenti in
condizione non solo di conservarle, ma soprattutto di ordinarle, collegarle, rielaborarle. Appunti
apparente mente sparsi che divengono storie. Eppure questa mappa virtuale si costruisce a partire da
una serie di indirizzi precisi: una geografia che, nel caso delle relazioni tra gruppo bancario Popolare di
Vicenza e servizi segreti, abbiamo ricostruito seguendo le tracce del denaro.

Il Ced della Sec Servizi


Via Transalgardo, a Padova, è una traversa che sfocia nell’asse veloce di via Venezia, a un chilometro
circa dal casello di Padova Est dell’autostrada A4 Torino-Trieste e a due dallo svincolo della A13 per
Bologna, tra un punto vendita della MediaWorld e uno di Decathlon, di fronte al centro commerciale
Giotto. Qui ha sede Sec Servizi. A fine 2016 la società consortile di informatica bancaria contava 281
dipendenti, con un capitale sociale di 25 milioni. Il fatturato di 121 milioni era realizzato con oltre 35
clienti bancari su un totale di 1.500 filiali e 15mila terminali collegati, che a loro volta gestivano 6,7 milioni
di clienti. Il sistema informatico è organizzato su un mainframe in grado di gestire oltre 14.270 milioni di
istruzioni al secondo, cui sono collegati 2.300 server (tra fisici e virtuali) che ogni giorno vi trasmettono in
media 53,2 milioni di transazioni. Queste vengono registrate su una memoria di oltre 830 terabyte. Qui
compaiono le transazioni di “BpVi leaks”.

Le sedi romane di Banca Nuova


Via Bissolati è a due passi dal centro storico di Roma. Sull’angolo del quadrivio con via Sallustiana e via
di San Basilio c’è una filiale di Banca Nuova, la numero 805: in questo sportello, sopravvissuto alla
ristrutturazione della rete del gruppo BpVi del 2011, hanno alcuni dei loro conti la Presidenza del
Consiglio e l’Aisi. Da questa agenzia bancaria sono transitate centinaia delle operazioni registrate nel
“BpVi leaks”. Dall’altro lato di via di San Basilio, nell’isolato che confina con via Veneto, c’è la storica
filiale di Roma della Banca nazionale del lavoro. Di fronte, oltre una robusta cancellata e un giardino
attentamente sorvegliati, c’è l’Ambasciata degli Stati Uniti. Poco distanti, sparse tra via Barberini, largo
di Santa Susanna e via Venti Settembre, ci sono numerose sedi e uffici del ministero della Difesa e dei
Servizi.
Ancora qualche centinaio di metri più in là c’è via Nazionale. Qui al civico 230 aveva sede, dai primi anni
2000 e fino alla primavera del 2006, il famoso ufficio dove l’ex dirigente del Sismi Pio Pompa raccoglieva
(e da dove distribuiva) dossier su politici, magistrati e giornalisti. Qui c’è uno snodo fondamentale. Nello
stesso palazzo, in occasione della visita dell’allora presidente Usa George W. Bush a Roma, il 7 giugno
2007 fecero irruzione una ventina di attivisti dei centri sociali. Erano i tempi del contestato progetto di
ampliamento della base militare di Vicenza, finanziato da BpVi. I manifestanti salirono al primo piano e
occuparono la sede di rappresentanza di una banca per appendere a un balcone uno striscione il cui
testo era «Boicotta la guerra, boicotta Zonin, no Bush, no Dal Molin». Gli uffici occupati erano, per nulla
casualmente, di Banca Nuova.
Il palazzo siciliano
Via Cusmano, a Palermo: qui c’è la direzione generale di Banca Nuova, l’istituto di credito controllato da
BpVi dove finivano – o forse iniziavano – molte delle connessioni tra l’ex Popolare di Vicenza e i Servizi.
L’istituto è stato costituito a Palermo nel 2000 nell’ambito del “Progetto Centro Sud” del gruppo BpVi.
Nel 2001 ha acquisito la Banca del Popolo di Trapani e nel 2002 l’ha incorporata. È qui che da Roma,
transitando per Padova, conducevano partite finanziarie apparentemente minori per importo, ma assai
rilevanti per significato. D’altronde Banca Nuova è un salotto che conta, nell’isola ma non solo.

C’è chi
afferma che
proprio
l’analisi del
traffico
telefonico di
Banca Nuova,
se condotta
sin dai primi
anni 2000,
potrebbe
rivelare
sorprese. Un
caso: il 5
novembre
2003 nella
filiale 810 di
Banca Nuova
a Palermo veniva aperto un conto intestato a un cliente, sebbene il suo cellulare proprio in quel momento
agganciasse una cella molto lontana dallo sportello. L’edificio che ospita la direzione di Banca Nuova è a
due passi da Villa Trabia e dai suoi giardini. Un cognome che rimanda alle vicende delle famiglie nobili
dell’isola. Come quella del feudo di Butera a Riesi, provincia di Caltanissetta, venduto per 10 miliardi di
lire nella tarda primavera del 1997 insieme al vigneto di 200 ettari dalla famiglia dei principi Lanza di
Scalea a Gianni Zonin.

N.B., da Il sole 24 Ore (estratto Vicenzapiu’)

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