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Lezione 06/10/2011 (pom.

)
Pneumologia
Prof.ssa Bonsignore

La bronco pneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una delle patologie per cui è previsto un aumento della
mortalità entro il 2020. L’innalzamento della mortalità è da collegare al fumo di sigaretta e ai danni che
esso provoca a livello dell’apparato respiratorio. La BPCO rappresenta un problema mondiale e per questo
è nata la G.O.L.D (global initiative for chronic obstructive lung disease).
[www. Goldcopd.it: la prof consiglia il sito su cui è possibile visionare slide e altro materiale in materia]

DEFINIZIONE

La Bronco pneumopatia cronica ostruttiva è una malattia prevenibile ( e ciò vuol dire che si potrebbe
prevenire cercando di far smettere di fumare al paziente) e trattabile (vuol dire che non è una malattia
senza speranza per la quale non esiste niente, ma è anche vero che ancora i farmaci sono in via di sviluppo)
associata a significativi effetti extrapolmonari (è una malattia che dal polmone interessa altre zone) che
possono contribuire alla gravità della patologia nei singoli pazienti. Da ciò deduciamo che non è una
malattia che ha un quadro unico.

La sua componente polmonare è caratterizzata da una ostruzione persistente al flusso aereo (questa è una
definizione prettamente spirometrica. Quindi, la BPCO è una sindrome spirometrica ostruttiva persistente,
cioè non reversibile).

L’ostruzione al flusso è generalmente progressiva e associata ad una abnorme risposta infiammatoria del
polmone all’inalazione di fumo di sigaretta o di particelle nocive o gas (quindi, è una malattia in generale
causata dal fumo di sigaretta).

Ricapitolando gli aspetti centrali della BPCO sono:

Prevenibile e trattabile;
Sindrome ostruttiva irreversibile;
Ha un rapporto eziologico con il fumo di sigaretta.

Altre due definizioni importanti sono quelle della bronchite cronica e dell’enfisema.

BRONCHITE CRONICA: è definita come la presenza di tosse ed espettorato per almeno tre mesi all’anno
per due anni consecutivi (è una definizione clinica). Quindi, la tosse del fumatore, in genere invernale, che
si ripete per 2- 3 anni di seguito.

ENFISEMA POLMONARE: è definito come un anomalo allargamento degli spazi aerei distali al bronchiolo
terminale accompagnato da distruzione delle loro pareti, in assenza di evidenti segni di fibrosi. Questa
definizione non è clinica (anche se esiste un quadro clinico tipico dell’enfisema), ma è una definizione
anatomopatologica. Ciò si spiega perché se ho un’ area di cicatrice (di qualsiasi natura essa sia), questa
porta a rottura del tessuto adiacente. Alla base di tutto sta il fatto che il polmone è un organo con carattere
d’interdipendenza, infatti nel momento in cui inspiriamo la pressione è uguale in tutti gli alveoli. Questa
interdipendenza del polmone (in cui tutti gli alveoli si comportano allo stesso modo) fa sì che se ho una
zona di cicatrice le forze che tendono ad allargare continuamente il parenchima, continuamente strappano
gli alveoli vicini. Quindi, l’anomala trasmissione di forze in una zona cicatriziale può causare distruzione del
parenchima. La distruzione non è secondaria alla fibrosi e ciò fa la differenza con l’enfisema paracicatriziale
o altre forme.

Quindi, è un processo etiologico che si accompagna alla distruzione del parenchima oltre il bronchiolo
terminale, secondo una forma che prende il nome di enfisema centrolubulare.

L’enfisema pan lobulare può essere l’evoluzione estrema di un enfisema centro lobulare, ma può essere
legato a deficit di natura genetica (come il deficit dell’ alfa 1 anti-tripsina, che diminuendo le difese del
polmone ne facilita la distruzione).

[La prof ha sottolineato che tiene molto alle varie definizioni]

STORIA NATURALE DELLA BPCO

Tosse e catarro cronici possono precedere lo sviluppo di BPCO di molti anni. È vero anche che questi
sintomi possono essere assenti e questo avviene specie nel fumo di sigaretta, poiché il fumo impedisce
l’azione delle ciglia delle cellule dell’apparato respiratorio. La tosse infatti, è un meccanismo di clearence
muco-ciliare attivo che porta in su il materiale estraneo. Se ho le ciglia bloccate dal fumo di sigaretta si può
anche non avere tosse dunque. Situazione classica è quella dei fumatori che iniziano ad avere la tosse dopo
che smettono di fumare.

Quindi, tosse e catarro definiscono un quadro clinico di bronchite cronica, ma possono anche non esserci
nel paziente con BPCO.

EPIDEMIOLOGIA

La BPCO è la quarta causa di morte negli USA (dopo cardiopatie, neoplasia e malattie cerebro vascolari). Nel
considerare questo dato, si deve tener presente che negli Stati Uniti è stata iniziata una campagna anti-
fumo severissima negli anni ’80 che ha ridotto la motivazione a fumare con miglioramento della salute in
pazienti con età relativamente giovane.

Si pensa tuttavia che la BPCO aumenterà la mortalità entro il 2020. È l’unica malattia per cui esiste questo
trend positivo (per le altre malattie il trend è diminuito). Considerando la mortalità nei maschi e nelle
femmine, si vede che:

Negli anni ’80 morivano circa la


metà di donne rispetto agli
uomini;
Oggi le mortalità tra uomini e
donne si sono eguagliate (questo a
causa della diffusione del fumo di
sigaretta anche nella popolazione
femminile).

In Italia è la 3° causa di morte dopo le


malattie cardiovascolari e le neoplasie e causa circa il 50 % di morti per malattie dell’apparato respiratorio.
Interessa le fasce di età più avanzate. È più diffusa negli uomini rispetto alle donne ,anche se in
quest’ultime si registra un progressivo aumento.
FATTORI DI RISCHIO

Si classificano in:

 AMBIENTALI
 Fumo di sigaretta: attivo, passivo e materno (cioè esposizione del feto al fumo di sigaretta);
 Inquinamento outdoor/indoor (perché nell’ambiente inquinato è presente un carico in più di
particelle nocive per l’apparato respiratorio);
 Esposizione professionale;
 Basso stato socio- economico e povertà (perché si hanno a disposizione meno sostanze di
difesa, come gli antiossidanti garantiti da una dieta ricca di frutta e verdura e da un esercizio
fisico. Chiaramente una dieta ricca di queste sostanze ha un costo più elevato rispetto ad un
hamburger o di una dieta a base di altri alimenti più economici).
 INDIVIDUALI
 Deficit di alfa 1 anti- tripsina (questo enzima ha attività anti-elastasi opponendosi all’azione
lesiva di quest’ultima sul polmone. Più in generale il funzionamento si basa su un meccanismo
proteasi – antiproteasi che si oppone all’eccesso di attivazione delle proteasi per uno stress
ossidativo. Quindi, nel momento in cui il soggetto è più sensibile alle cause di danno strutturale
al polmone sviluppa più facilmente enfisema. Il deficit si ha in omozigosi);
 Deficit di altri fattori genetici;
 Stress ossidativo;
 Età;
 Comorbidità;
 Sesso femminile (dato incerto poiché non si hanno conferme epidemiologiche recenti);
 Basso peso alla nascita.

Il fumo è di gran lunga la causa maggiore. Negli USA 47.2 milioni di persone (28% uomini e 23% donne)
fumano.
Nei paesi a livello socio- economico basso le percentuali dei casi di BPCO stanno aumentando per la
progressiva diffusione del fumo di sigaretta.
Il fumo non ha solo come conseguenza la BPCO e il cancro del polmone, ma è coinvolto anche in altre
forme neoplastiche. I casi di cancro al polmone prevalgono sui casi di BPCO (rapporto 2:1).

Il fumo è anche coinvolto in altre patologie non neoplastiche come:


Per tutti questi motivi è consigliabile smettere o non iniziare
completamente a fumare.

PATOGENESI

Gli agenti nocivi interagiscono con fattori genetici e con le affezioni respiratorie (frequenti nella BPCO).

Non tutti hanno la stessa predisposizione al danno da agenti nocivi e questo dipende dal background
genetico.

Altro elemento fondamentale è l’efficienza dei meccanismi di riparazione. Infatti, la malattia vince quando i
meccanismi di riparazione diventano insufficienti ad aggiustare il danno. I meccanismi di riparazione nel
polmone sono probabilmente connessi a un compartimento di cellule staminali polmonari (di cui si sa poco,
perché il polmone ha un organizzazione poco riproducibile in vitro) .

Quello che succede è che il fumo di sigaretta colpisce il macrofago alveolare, che attiva i neutrofili (la BPCO
è una malattia da neutrofili) che libera elastasi e catepsine la cui azione non viene equilibrata dagli inibitori,
con due conseguenze:
1) Attivazione di neutrofili nelle vie aeree che produce infiammazione mucosa che è alla base del
quadro di bronchite cronica;
2) Distruzione del tessuto polmonare che provoca enfisema polmonare.

I linfociti CD8 + sono stati trovati in rapporto al numero di attachments che si rompono. Ciò è stato
dimostrato da Marina Saetta.

Gli attachements sono strutture che tengono legati gli alveoli.

Un’ altra teoria si basa sul presupposto che raggiunta la maturità respiratoria verso i 5 anni abbiamo
polmoni che possono funzionare per 120 anni, se noi viviamo di meno è per l’effetto delle cose nocive che
respiriamo. Le sostanze più nocive di tutte sono i ROS.
Secondo questa teoria, il fumo accelererebbe la senescenza polmonare alterando il normale meccanismo
di riparazione.

Se andiamo al molecolare,
l’invecchiamento è legato alla
produzione dei ROS che non si
riescono a controllare. Se a questi
aggiungiamo quelli prodotti dal fumo
di sigaretta (ma anche del fumo della
cucina e dei forni a legna) questo è in
grado di portare: danno al DNA,
attivazione delle chinasi, ossidazione
delle proteine, riduzione delle
molecole anti- età, accorciamento dei
telomeri e deficit dei proteasomi con
infiammazione, alterazioni strutturali,
aumento del rischio di cancro e morte cellulare. Se il tutto dipende dai ROS prodotti naturalmente si arriva
al polmone senile, se c’è in più il fumo si arriva al declino precoce.

Dal punto di visto fisiopatologico, abbiamo due sensori: l’infiammazione e la distruzione.

L’infiammazione produce: patologie piccole vie aeree, infiammazione della parete bronchiale e
rimodellamento bronchiale. Il bronco diventa più debole e ciò è responsabile dell’ostruzione fisica del
bronco. L’ostruzione è in termini di formazione di tappi di muco e maggiore reattività bronchiale. Questa è
una malattia dei condotti che fa sì che arrivi meno aria a livello del parenchima. Poi la malattia si estende al
parenchima dove si riduce il numero degli attacchi alveolari e del tono elastico. Per cui si ha una riduzione
del flusso aereo espiratorio o perché il bronco diventa più piccolo con aumento delle resistenze o perché se
il parenchima perde la sua elasticità e non torna indietro non si riesce più a spingere l’aria. Quindi, abbiamo
due cause della riduzione del flusso aereo:

Biologica- ipersecretiva (muco);


Biologica- distruttiva (perdita del ritorno elastico).

Le due componenti sono presenti contemporaneamente. Però ci sono dei quadri che sono
l’esemplificazione del tipo bronchitico e del tipo enfisematoso.

Il flusso dipende da:

Pressione di ritorno elastico;


Resistenze.

La pressione di ritorno elastico è influenzata nell’enfisema, mentre le resistenze sono aumentate


dall’infiammazione e dal restringimento del lume.

DIFFERENZE TRA ASMA E BPCO

Anche se hanno la stessa riduzione del flusso le due malattie sono diverse.

ASMA BPCO
Carattere Reversibile Irreversibile
Tipi cellulari coinvolti Eosinofili, linfociti TCD4 + (questo Neutrofili e linfociti TCD8 +
dipende dalla sua natura
allergica)
Terapia Circa 20 anni fa si capì che visto Broncodilatatore +
che la malattia era infiammatoria corticosteroide nella BPCO non
bisognava usare non solo il solo porta a una caduta della
broncodilatatore, ma anche il funzione polmonare nei fumatori,
cortisone per attenuare ma la cosa grave è che la funzione
l’infiammazione. Questo ha peggiora anche nei soggetti che
cambiato la storia naturale della hanno smesso di fumare. Ciò vuol
malattia in chi fa terapia, ma dire che nella BPCO si attiva
soprattutto ha ridotto il qualcosa che non può essere
decadimento della funzione fermato.
polmonare. Da qui nasce la ricerca verso altre
soluzioni terapeutiche per
fermare la malattia.

VISUALIZZAZIONE DI ALCUNE IMMAGINI

FIG.1 Immagine di un parenchima normale.

FIG.2 Immagine di enfisema nel polmone di un fumatore.

L’enfisema è centro lobulare e si può notare la disomogeneità


della malattia poiché vengono colpite solo alcune aree del
polmone, mentre altre sono risparmiate. Il maggiore
interessamento è al centro.
FIG. 3 Confronto tra una condizione normale e una condizione di enfisema panacinare

IMPATTO DELLA COMPONENTE IPERSECRETIVA

Viene definito come “indice di Reid” il rapporto tra la valutazione dello spessore mucoso e lo spessore delle
ghiandole sotto-mucose. Normalmente le ghiandole hanno uno spessore pari a 1/3 dello spessore mucoso,
quando questo rapporto aumenta vuol dire che c’è un apporto ipersecretivo notevole.

RAPPORTO VENTILAZIONE - PERFUSIONE

Per una buona attività è necessario si abbia un buon rapporto ventilazione e perfusione in ogni parte del
polmone. Infatti, se ho un polmone tutto ventilato e uno tutto perfuso gli scambi gassosi non possono
avvenire. La BPCO è una causa molto importante dell’alterazione del rapporto perfusione- ventilazione.

CLINICA

Fenotipo enfisematoso (tipo A o pink puffer):

 Soggetto magro (non si sa bene perché il soggetto enfisematoso


sia magro, probabilmente c’è uno stato infiammatorio tale da
attivare uno stato di cachessia. Non ci sono mai soggetti
enfisematosi obesi);
 Cute rosa (perché la distruzione delle pareti alveolari si
accompagna a distruzione delle pareti capillari. Il rapporto
ventilazione/perfusione si mantiene, però il paziente ha questo
colorito rosa quando si trova in una condizione di riposo);
 Dispnea severa (in caso di sforzo anche poco intenso come alzare
il braccio. Nei pazienti le uniche parti che possono essere
sfruttate meglio ai fini respiratori sono gli apici polmonari con
lavoro dei mm del cingolo polmonare. Non appena il paziente deve muovere il braccio, c’è un
conflitto a livello di questi muscoli che andrebbero sfruttati anche per il movimento del braccio con
compromissione severa dell’attività del paziente);
 No tosse e poco espettorato;
 Lieve ipossia;
 Hanno lieve incremento delle resistenze;
 Severa riduzione del ritorno elastico;
 Torace a botte.

Ritornando al fatto della perdita di peso si è visto che l’ipossia in genere determina riduzione di peso per
perdita prevalentemente della massa magra. Un soggetto normale se và in montagna ritornerà dimagrito,
ma non appena ritorna riprende subito peso e massa magra. Nel soggetto con BPCO è invece, difficilissimo
far riprendere peso e massa magra. La difficoltà a far riprendere massa magra sta anche nel fatto che
stiamo parlando di soggetti anziani dove si ha difficoltà nel riprendere un tessuto perso. Per questo si sta
pensando a dei cicli di riabilitazione (qualora possibili) per preservare la massa muscolare rimasta.

Fenotipo bronchitico (tipo B o blue boater):

 Cianosi (determina il colorito blu);


 Sovrapeso;
 Ritenzione CO2 (tende a sviluppare insufficienza respiratoria
globale);
 Abbondante escreato;
 Dispnea moderata;
 Marcata ipossemia(meccanismo di compenso è la marcata
produzione di globuli rossi con ematocrito elevato. È importante
sapere ciò perché prima di dare diuretici a questi pazienti è
necessario prima fare un salasso + un plasma expander e quindi,
determinare riduzione dell’ematocrito);
 Normale forza di ritorno elastico;
 Aumento resistenze (per stress secretivo).

Tempo fa il fenotipo era più frequente, oggi se ne vedono molto meno e questo è legato probabilmente a
una classe di farmaci come ACE-inibitori, statine (ci sono studi clinici volti a dimostrare l’efficacia di questi
farmaci non solo su pazienti con ipercolesterolemia, ma anche con BPCO).

BPCO E QUALITA’ DI VITA

L’impatto sulla qualità della vita sta nel fatto che questi soggetti hanno difficoltà a svolgere le normali
attività quotidiane, ridotta tolleranza all’esercizio fisico, sono costretti per sopravvivere a modificare le
attività quotidiane (stare sempre a casa), effetti sulle relazioni sociali e rischio di depressione.

MALATTIE ASSOCIATE

Possono essere: comorbidità casuali o complicanti.

Quelli casuali sono quelle che derivano da altra causa. Un esempio è il paziente che ha
contemporaneamente la cardiopatia ischemica e la BPCO. Si è visto in clinica che è difficile trovare un
paziente con bruttissima BPCO e bruttissima cardiopatia ischemica, a dimostrazione del fatto che molto
probabilmente le due cose non sono compatibili. Cioè il paziente fumatore può avere più danno cardio-
circolatorio o più danno respiratorio. Quindi, se c’è danno respiratorio dominante il danno circolatorio può
esserci ma in misura limitata e viceversa.

Le comorbidità complicanti sono gli effetti sistemici della BPCO. Queste comorbidità sono:

Infiammazione sistemica (aumento di PCR, IL-6, IL-8,


TNF-α; cellule infiammatorie circolanti con più neutrofili circolanti rispetto la popolazione normale
anche se rimangono nel range di normalità; stress ossidativo sistemico);
Alterazioni nutrizionali e cachessia (aumento del dispendio energetico e del catabolismo, alterata
composizione del corpo);
Alterazioni muscolo-scheletriche (perdita di massa muscolare, alterazioni della struttura e
funzione, ridotta tolleranza allo sforzo)
Aspetti cardiovascolari (malattia aterosclerotica);
Alterazioni del metabolismo osseo (osteopenia, osteoporosi);
Alterazioni ematologiche (anemia normocitica, normocromica. Lo sviluppo di anemia aumenta il
rischio di mortalità. Questo potrebbe essere associato alla concomitante presenza d’insufficienza
renale).

Possono esserci anche altre malattie come: diabete, ipertensione, insufficienza renale, ecc…
Per quando riguarda l’insufficienza renale molti pensano che possa esserci un rapporto casuale con la
BPCO. È certo che per l’equilibrio acido- base rene e polmone dovrebbero lavorare in coppia, quindi in
generale se c’è alterazione respiratoria c’è insufficienza renale anche perché l’ipossia ha effetti drammatici
un po’ in tutti i settori.

ESAME OBIETTIVO

Ispezione
Torace a botte e atteggiamento inspiratorio (legato all’alterazione muscolare)
Palpazione
Riduzione fremito vocale tattile (perché più aria c’è meno questo si trasmette) e riduzione
dell’espansione degli emitoraci (perché se uno è pieno di aria non la può buttare)
Percussione
Iperfonesi, caudalizzazione delle basi e ipomobilità delle basi (quindi, non 3-5 cm, ma di meno)
Auscultazione
Riduzione del murmure vescicolare (perché c’è poco ricambio di aria a livello alveolare),
prolungamento fase espiratoria (perché più tempo ho per espirare più si butta fuori aria), rantoli e
sibili espiratori

SPIROMETRIA
La diagnosi si basa su: fattori di rischio, sintomi (tosse, espettorato e dispnea), segni (vd. esame obiettivo,
inoltre segno tipico dell’enfisematoso è il respiro a labbra socchiuse al fine di non far chiudere le vie aeree
subito, poiché quest’ultime rappresentano una resistenza al passaggio dell’aria. Ciò permette di espirare
più aria) e spirometria. Quest’ultima si fa in seguito a sospetto diagnostico per vedere quando grave è
l’ostruzione al flusso aereo.
Guardando i due esami spirometrici: il primo indica una situazione normale perché il FEV1 è nei limiti della
norma(in quando l’ostruzione si definisce quando il FEV1 è inferiore all’80% del predetto) e il rapporto
FEV1/FVC è pure normale (non deve essere inferiore al 70 % del predetto); il secondo indica una condizione
grave con un PEF pure basso a indicare il fatto che il paziente non si può svuotare.
Il FEF 25- 75 è il flusso espiratorio forzato tra il 25 e il 75% della capacità vitale e ci dice in questa zona
precisa com’è il flusso espiratorio. Quando la situazione è compromessa è la parte finale della curva ad
essere alterata.
CAUSE DI RIDUZIONE DEL FLUSSO ESPIRATORIO

Si classificano in:

IRREVERSIBILI: distruzione del supporto alveolare, perdita del ritorno elastico e rimodellamento bronchiale;
REVERSIBILI: accumulo bronchiale di cellule infiammatorie, muco ed essudato, contrazione del muscolo
liscio nei bronchi periferici, iperinsufflazione dinamica (esercizio fisico).
Si può agire sulle cause reversibili cioè evitare l’accumulo di muco, evitare la contrazione del muscolo
bronchiale liscio e si può evitare l’iperinsufflazione dinamica. Per evitare le prime due cose basta
somministrare il broncodilatatore e lo si deve mantenere pulito (da qui vaccinazioni anti-influenzali,
antibiotici a cicli). Ma cos’è l’iperinsufflazione dinamica?
Noi abbiamo due tipi di iperinsufflazione:
- Statica;
- Dinamica (legata all’esercizio).
Per capire ciò dobbiamo considerare la curva flusso- volume. In un soggetto normale lo sforzo fisico si
accompagna ad un aumento del consumo di O2 periferico, poiché c’è consumo da parte dei muscoli
scheletrici. Quindi, il cuore deve pompare più sangue, ma il polmone deve ossigenare di più questo sangue
e quindi, il polmone aumenta la ventilazione per prendere l’ossigeno dall’ambiente esterno. Il volume
corrente in un soggetto normale si pone in un punto particolare della curva. L’esercizio fisico aumenta il
volume corrente, però un soggetto normale si ferma prima di esaurire tutta la curva e non sviluppa
particolari problematiche.
Nel soggetto enfisematoso c’è una forte limitazione, quindi se in condizioni di riposo il volume corrente si
trova in un determinato punto della curva, appena questo fa sforzo fisico il volume corrente si sposta a
volumi più alti. Questo comporta che non appena il paziente BPCO fa sforzo le caratteristiche dell’apparato
respiratorio fanno si che questo lavori a volumi più alti, il che vuol dire che il paziente si iper-insufflerà
ulteriormente dovendo ridurre i tempi espiratori, ma questo a un certo punto si scontra con l’azione dei
muscoli respiratori perché funzionano bene (soprattutto gli inspiratori) quando all’espirazione sono alla
massima lunghezza e si possono contrarre tanto, ma nel caso del soggetto enfisematoso già pieno d’aria i
muscoli respiratori non solo si contraggono di meno, ma sviluppano meno forza.
Per l’iperinsufflazione quello che possiamo fare è solo bronco dilatare. Più aperti sono i bronchi più è facile
che l’aria esca.

Riguardo il test della diffusione del CO la raccomandazione base è quella di non fimare prima altrimenti si
altera il risultato. Anche il quantitativo di emoglobina è fondamentale per il risultato ed esiste una formula
che serve a correggere il risultato per il valore dell’emoglobina.

Per quando riguarda la diffusione, abbiamo la seguente classificazione:


LIEVE: superiore al 60 % del predetto;
MODERATA: tra il 40 e il 60 % del predetto;
GRAVE: meno del 40 % del predetto.

Per quando riguarda la classificazione spirometrica di gravità della BPCO avremo:

[La prof ha sottolineato che tiene anche alla conoscenza esatta dei valori riportati in tabella]

Diagnosi di BPCO certa, si fa confrontando una prima spirometria con una pirometria post-broncodilatatore
per vedere se l’ostruzione è irreversibile o meno.
Altri esami nella valutazione del paziente con BPCO oltre il test di reversibilità con broncodilatatori e l’Rx
torace sono:
 Emogasanalisi (perché il paziente avrà in molti casi l’insufficienza respiratoria dimostrabile da una
saturazione dell’ossigeno inferiore al 90 %. E’ riservata a pazienti con particolari situazioni su basi
cliniche);
 Dosaggio ematico dell’alfa 1 anti-tripsina (da fare a quelli che hanno esordio precoce della
malattia);
 Tomografia assiale computerizzata del torace (si fa per valutare la quantità di enfisema);
 Prove da sforzo (si possono fare se si ha intenzione di mandare il paziente in riabilitazione. Il
paziente che si manda in riabilitazione è quello che poi effettivamente potrebbe recuperare
qualcosa poiché non è fortemente denutrito. Migliorare la prestazione fisica serve a spostare di
poco la soglia anaerobica che in termini di consumo di ossigeno ci aiuta poco, ma ci aiuta molto in
termini di miglioramento della dispnea);
 Polisonnografia (secondo linee guida pazienti che hanno una proporzione tra l’ipossemia di giorno
con brutta emogasanalisi, ma non hanno una spirometria terribile potrebbero avere dei disturbi del
sonno. Un paziente con BPCO e OSAS contemporaneamente sta molto peggio rispetto a chi ha solo
uno dei due disturbi).

VISUALIZZAZIONE RX TORACE

FIG. 1 Torace normale


In una Rx torace si guarda: la simmetria, i seni costo
frenici, l’aia cardiaca ed eventuale presenza di
macchie. Si può seguire il percorso dei bronchi fino
alla periferia.

FIG.2

Immagine più nera, ciò vuol dire che i raggi passano più
facilmente (il polmone vuol dire che è più vuoto).
FIG. 3

Qui si possono vedere dei seni costo frenici non molto profondi. Questo è indice di iperinsufflazione. Altri
segni sono: diaframma basso e appiattito, cuore verticale, coste orizzontali e aumento della trasparenza.

Questo è il tipico quadro di enfisema. C’è anche un ilo sinistro tutto affastellato.

Altro segno di enfisema che possiamo osservare nell’immagine B è l’aumento del volume retro sternale e
aumento del diametro antero-posteriore del torace. Cioè tutto è pieno.

TAC

Nella TAC osserveremo delle bolle che sono le aree senza disegno.

Con la TAC si può valutare anche il


grado di entità dell’enfisema.
FIG. 2 Quadro di enfisema bolloso.

Si ha enfisema bolloso quando una grande bolla comprime il


tessuto sano. Quando le bolle sono limitate si può tentare
l’intervento chirurgico in cui si leva la bolla per permettere al
poco tessuto che c’è di ri-espandersi.

In questo caso specifico si possono però osservare più bolle.


Non conviene toccare il paziente, alto rischio di
pneumotorace.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE BPCO E ASMA

Il parametro DLco fa capire come l’asma sia una malattia delle vie aeree, la BPCO dei polmoni.

Per iperreattività s’intende la risposta soggettiva della via area all’iniezione della meta colina. Nella BPCO
potrebbe esserci iperreattività perché i bronchi che non sono sottoposti alla forza di trazione tendono a
bronco costringere.

Ci sono studi che dimostrerebbero come l’esercizio fisico diminuisce l’iperreattività.


ANDAMENTO DELLA FUNZIONE RESPIRATORIA NEL TEMPO

Il paziente con BPCO tende ad avere un peggioramento della funzione respiratoria nel tempo. Questi grafici
dimostrano l’andamento del declino della funzione respiratoria. Ci sono casi in cui il paziente si mantiene
piuttosto bene (perché magari ha smesso di fumare) e casi in cui il declino è più rapido.

TEST DEI 6 MINUTI (WALKING TEST)

È un test in cui si prende il paziente e si fa camminare avanti e indietro in un corridoio per 6 minuti con un
ossimetro e si vede quanti metri copre. È un test facile da fare soprattutto su pazienti anziani dove l’uso del
cicloergometro pone delle difficoltà. Questo test è stato validato e standardizzato. È a tutti gli effetti un test
da sforzo oltre a permettere di valutare la volontà del paziente. Il suo risultato è un importante indice
prognostico sia per patologie respiratorie che cardiache. È un test di funzionalità integrata perché un buon
risultato richiede: buon funzionamento del cuore, dei polmoni, dei muscoli e una forte motivazione.

BMI E BODE INDEX

Siccome c’è il problema della denutrizione o obesità che sono situazioni che non aiutano il paziente si fa
anche il calcolo del BMI (peso/altezza in metri al quadrato).

Un nuovo indice è il BODE INDEX (body mass index air flow obstruction dyspnea exercise capacity) che
correla il FEV1 (da solo non buon indicatore di sopravvivenza almeno che non sia bassissimo) con il BMI, la
dispnea e la capacità motoria valutata con il walking test, con determinazione di un punteggio. Da qui viene
fuori il seguente schema:
Il BODE INDEX è stato elaborato da Bartolomeo Celli. Questo indice è un buon indice prognostico.

FATTORI DETERMINANTI LA GRAVITA’

Gravità dei sintomi;


Gravità della riduzione del flusso espiratorio;
Riacutizzazioni;
Complicanze della malattia;
Presenza d’insufficienza respiratoria;
Comorbidità;
Stato di salute generale;
Quantità di farmaci richiesti per controllare la malattia.

TRATTAMENTO

Lo scopo nel trattamento della BPCO è quello di migliorare la vita dei pazienti e allungargli quest’ultima.
Questo si ottiene tramite:

 Miglioramento della sintomatologia;


 Maggiore tolleranza allo sforzo;
 Miglioramento dello stato di salute;
 Prevenzione e trattamento delle riacutizzazioni;
 Prevenzione e trattamento delle complicanze;
 Prevenzione della mortalità;
 Prevenzione dell’evoluzione della malattia;
 Minimizzare gli effetti collaterali della terapia.

La prima cosa comunque da fare è smettere di fumare e per questo c’è un’evidenza di tipo A nel senso che
tutti i pazienti che smettono di fumare effettivamente hanno un miglioramento della malattia.
Le cose da fare per aiutare il paziente a smettere sono delineate dalle 5 A:

Ask (chiedere)
 Registrare lo stato di fumatore / non fumatore
Advise (informare)
 Danni a breve e a lungo termine del tabacco
 Benefici della cessazione
Assess ( valutare)
 Valutare la motivazione a smettere
Assist ( assistere)
 Aiutare nel tentativo di smettere
Arrange ( organizzare)
 Pianificare il follow-up
 Prevenire le ricadute
La cosa più importante per smettere rimane comunque la motivazione. Questa difficoltà a smettere è
dovuta a uno stato di dipendenza non solo psicologica (cioè il rituale), ma anche fisica poiché la nicotina
attiva le cellule cerebrali.
Il grafico confronta la situazione di un soggetto non fumatore e non suscettibile al fumo (funzionalità
respiratoria che declina lentamente e che comunque ancora all’età di 75 anni si mantiene intorno al 75%),
soggetto fumatore e suscettibile al fumo ( funzionalità respiratoria che declina velocemente portando a
morte anche prima dei 75 anni), soggetto che smette di fumare a 45 anni e soggetto che smette di fumare a
65 anni (rallentamento del declino della funzione respiratoria verso la condizione che conduce a morte o
comunque a disabilità). Quindi, il vantaggio dello stop al fumo è documentato.
Esistono farmaci per smettere di fumare e funzionano di più quelli alla nicotina. Infatti, la terapia sostitutiva
aiuta ad evitare il malessere fisico legato ai recettori vuoti a livello cerebrale.
Altro farmaco è il bupoprione che è un antidepressivo che aiuta gente motivata a smettere più facilmente.
Ci sono anche: programmi di gruppo, la clonidina, ecc…

Il trattamento della BPCO stabilizzata si basa sull’uso dei broncodilatatori e sull’uso dei glucorticoidi
inalatori prevalentemente. Nello specifico uso :
• Beta 2 antagonisti (non raccomandabili nei soggetti anziani perché possono dare problemi di
frequenza cardiaca come fibrillazione, aritmie);
• Anticolinergici (in sostituzione ai beta 2 antagonisti negli anziani poiché il sistema colinergico è
implicato nella broncocostrizione. In soggetti dov’è possibile una terapia combinata beta 2
antagonista + anticolinergici ha dimostrato un ottimo effetto);
• Teofillina (potentissimo broncodilatatore che però và fatto in infusione, dà disturbi di stomaco, può
scatenare aritmie e soprattutto ha livelli alti di tossicità. Per tali motivi non è più molto usato);
• Immunomodulatori (evidenza B, perché per quest’ultimi non ci sono trial clinici randomizzati
controllati);
• Antiossidanti ( è stata usata la N- acetil cisteina con risultati buoni, ma in studi piccoli);
• Mucolitici (sono i più scarsi dal punto di vista delle evidenze).
L’ossigenoterapia si fa solo se c’è insufficienza respiratoria. Per l’ossigenoterapia ci sono due trial che
dimostrano in maniera incontrovertibile la sua importanza.
L’ossigeno, più nello specifico, si fa a chi ha pO2< 55 mmHg oppure a pazienti che hanno meno dell’80% di
saturazione. Tuttavia ogni volta che il paziente desatura è necessario somministrare ossigeno. Altra
indicazioni è pO2 compresa tra 55mmHg e 60mmHg in presenza di ipertensione polmonare o scompenso
cardiaco destro o policitemia (ematocrito >55%). Oggi la prescrizione di ossigeno è sotto stretto controllo e
viene fatta da uno specialista on-line.
La ventilo terapia non invasiva si fa se c’è insufficienza respiratoria con ritenzione di anidride carbonica.

La terapia della BPCO è comunque una terapia a steps. Nello specifico la riduzione dei fattori di rischio, la
vaccinazione anti-pneumococcica e anti-influenzale sono da fare immediatamente. I broncodilatatori a
breve durata d’azione si aggiungono quando necessario.
Quando il VEMS è compreso tra il 50% e l’80 % allora occorre aggiungere una terapia regolare con bronco
dilatatori a lunga durata d’azione (mattina e sera o ogni 24 h) e se necessario riabilitazione.
Se il VEMS è tra il 30% e il 50% allora occorre aggiungere anche glucorticosteroidi inalatori in caso di
frequenti riacutizzazioni.
Se il VEMS è sotto il 30% dobbiamo anche fare ossigeno-terapia perché c’è insufficienza respiratoria. Si può
valutare la terapia chirurgica. Quest’ultima è l’ipotesi più interessante. La prima volta è stato fatto da
Cooper che ha pensato che levando le bolle si permette di dare spazio al parenchima sano e si fa spazio
nella gabbia toracica permettendo il miglioramento della motilità. Da questo nasce un trial noto come NETT
(National emphysema treatment trial) in cui hanno preso pazienti con enfisema polmonare e li hanno
divisi in due gruppi:
1) Solo trattamento riabilitativo;
2) Trattamento riabilitativo + tecnica chirurgica.
Da ciò è stato visto che l’unico sottogruppo per cui c’è un miglioramento con la chirurgia è quello con
enfisema apicale e vasta capacità fisica, in tutti gli altri non si mostrava nessun tipo di differenza.
Tuttavia la chirurgia si è evoluta e oggi si possono impiantare per esempio delle valvole nelle zone più
enfisematose che permettono all’aria di uscire, ma non di entrare. Il problema sta nel fatto che queste
valvole si possono spostare dando problemi significativi.
Altra tecnica prevede l’uso della broncoscopia per l’effettuazione di buchi agli alveoli che permettano
all’aria di uscire.
Insomma si stanno elaborando varie strategie, ma ancora niente è perfetto sulla chirurgia dell’enfisema.
La chirurgia è limitata dal fatto che comunque dopo quest’ultima la malattia continua a progredire.
Ricapitolando le possibili tecniche chirurgiche sono:
Bullectomia;
Chirurgia di riduzione dei volumi polmonari;
Trapianto polmonare.

Nessun farmaco invece, si è dimostrato efficace nel modificare il progressivo peggioramento della funzione
polmonare della malattia, ma comunque la terapia a oggi aiuta:
1. Migliorare le alterazioni funzionali (ostruzione, iperinflazione polmonare, lavoro respiratorio,
scambi gassosi);
2. Migliorare i sintomi;
3. Aumentare la tolleranza allo sforzo;
4. Ridurre il numero e la gravità delle riacutizzazioni.

Per riabilitazione s’intende oltre l’allenamento fisico, l’educazione nutrizionale e il programma


educazionale.

RIACUTIZZAZIONI
La gravità delle riacutizzazioni sta nel fatto che il paziente più grave è più riacutizzazioni fa e più
riacutizzazioni fa più peggiora la sua funzione respiratoria.
Oltre il 50% dei costi diretti della BPCO sono riferibili alle riacutizzazioni.
La riacutizzazione di BPCO si riconosce dal peggioramento dei sintomi perché cambia la tosse, l’affanno e le
caratteristiche quantitative e/o qualitative dell’espettorato( più abbondante e di colore che passa dal
bianco al giallo). Criteri accessori per il riconoscimento sono: febbre, edemi declivi e variazione reperti
esame obiettivo polmonare.
In genere sono ad etiologia infettiva però anche l’inquinamento atmosferico può essere causa di
riacutizzazione di BPCO.
È stata elaborata da Anthonisen una scala delle riacutizzazioni per cui in relazione ai sintomi abbiamo:
Tipo 1 (severa): tutti e tre i sintomi
Tipo 2 (moderata): due sintomi
Tipo 3 (lieve): un sintomo + uno tra i seguenti:
• infezione respiratoria nei 5 gg. precedenti
• febbre
• aumento del broncospasmo
• aumento della tosse
• aumento di FC o respiratoria (+20%).

In questi casi aumentiamo i broncodilatatori, se peggiora ulteriormente diamo il cortisone via os e se


peggiora ancora lo ospedalizziamo. Sono criteri di ospedalizzazione:
 Marcato peggioramento dei sintomi;
 Grave BPCO in fase stabile;
 Comparsa di segni nuovi (es. cianosi o edemi declivi);
 Fallimento della terapia;
 Importanti patologie concomitanti;
 Aritmie di nuova insorgenza;
 Incertezza diagnostica;
 Età avanzata;
 Supporto domiciliare insufficiente.

Emanuela Vicari
• Dipendenza fisica

Buono studio! Connessa agli e

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