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EROS RUM ess 4208 MICHEL FOUCAULT L Islam et la révolution iranienne Uslam e la rivoluzione iraniana Comité de Rédaction temporel / Comitato di redazione prowvisorio Danidle AUFFRAY (Paris), Andrea CAV AZZINI (Parma), Genevieve CLANCY (+), Jersme DUBOIS (Paris), Jean-Pierre FAYE (Paris), Aristotelis GIANNACOS (Amiens), Luis GOMEZ (Mexico), Abiba GUERZIZ (Paris), Cécile GATTER (Paris), Alain GUILLERM (*), Maurizio GUERRI (Milano), San- tiago LOPEZ PETIT (Barcelona), Michel MAPFESOLLI (Paris), Jesus MARCHANTE (Madrid), Ro- berto NIGRO (Paris), Andrea PALAZZO (Milano), Luca PINZOLO (Milano), Antonio RAFELE (Ro- ma), Philippe TANCELIN (Paris), Pierre TREMEL (Paris), Gabriele VESCO (Venezia). Secrétariat de la Rédaction / Segreteria di redazione Christias PANAGIOTIS (Paris), Gérard DA SILVA (Paris), Gian Carlo PIZZI (Paris), Pamela LAINATI (Milano), Pierre DALLA VIGNA (Milano). © 2005 — Associazione Culturale Mimesis / Association Culturelle Mimesis France Redazione: ‘Via Mario Pichi 3 - 20143 Milano tel /fax: +39 02 89403935 Per urgenze: +39 347 4254976 E-mail: mimesised @ tiseali.it Catalogo e sito Internet: www.mimesisedizioni.it Tutti i diritti riservati Foucault e 1’Islam di Andrea Cavazzini ucault e I"Islam” —l’incontro tra uno dei pensatori pil letti e discussi della cultura contemporanea, ed uno dei temi pid difficili e perturbanti della nostra attualita. Si tratta di qualcosa che pud a buon diritto sollevare curiosita — ¢ noi spe- riamo che appunto ne sollevi di varie e acu- te. Ma bisogna in qualche modo specificare di che tipo di incontro si tratta, per evitare che si cerchi nel dossier a seguire qualcosa che non vi si trova. Infatti,I'incontro che qui pre- sentiamo ha la peculiarita di non aver “fatto presa” all’epoca in cui si @ verificato — cio’, allorché Michel Foucault ha rivolto la sua at- tenzione ai fatti iraniani del 1978-79. Allora, in quell’occasione, si verificd solo appunto un’occasione, il cui significato vir- tuale & apprezzabile solo adesso — allora, né Islam era la presenza inquietante e incom- bente che oggi ben conosciamo, né Foucault era il “mostro sacro”, commentato € citato in tutte le salse, che oggi i lettori conoscono. Dunque, I’incontro in questione non fu lo stu- dio, da parte di un Maestro del pensiero cri- tico, di un fenomeno importante dell’ attua- lita, l’impresa di delucidazione di un “grande tema” da parte dell’autorita savante di un pen- siero gid fissato, accreditato, certo del proprio statuto, dei propri compiti, della propria fi- sionomia: si trattd, al contrario, di un incon- tro avventuroso, strategico, tra una riflessio- ne che si stava chiarendo ¢ trasformando a rit- mi vertiginosi, e un fatto opaco, bizzarro, che attraeva pitt per la sua natura di anomalia che per un’ oggettiva riconoscibilita come “segno dei tempi” — si é trattato di un incontro in cui nulla era garantito, simile all’incontro di due trapezisti sospesi nel vuoto, nel corso di un esercizio senza rete, Foucault ha scommesso: 66 ha scommesso sulla capacita degli strumenti di lettura che andava approntando in quel pe- riodo a partire da problemi del tutto differen- tidiilluminare un evento che si segnalava per la sua eterogeneita al consueto ed all’ abitua- le, ed ha scommesso sulla possibilita che quell’evento, oltre a poter in qualche modo fungere da banco di prova per i suoi strumenti di analisi, potesse rivelare qualcosa di quell’“attualita” da cui il filosofo era osses- sionato, di cui ambiva poter abbozzare un’on- tologia. Nell’immediato, la scommessa sem- brd perduta, Foucault parve fallire nel preve- dere l’esito della sollevazione (“non ci sara nessun governo di Khomeini”), I’evento ri- voluzionario parve annunciare non gia la ri- nascita di una politica incentrata sulla tra- sformazione dell: i i i torno della capac gere un mutamento di tutta la vita, rompendo con le derive tecnocratiche, burocratiche, ¢ “termidoriane”, ma piuttosto sembrd segnare la trasformazione (necessaria?) della “spiri- tualita” politica in un sistema di potere e di governo tanto pid ferreo quanto pil fondato nello “spirito”; alcuni giornalisti calunniato- ri intimarono a Foucault di “spiegarsi”, in realtd di confessare il suo peccato, di pentir- si del suo presunto entusiasmo, e di ritornare contrito nelle fila gioiose degli zelatori delle democrazie occidentali — ripetendo il poco onorevole cammino che i suoi accusatori ave- vano gid compiuto lungo la strada della Cina maoista. Foucault rifiutd di sottomettersi a questa sorta di ricatto intellettuale, si richiamo a Blanchot, egli stesso protagonista di un’ at- tivitd politica non priva di rischiose ambiguitd —e su cui non a caso oggi qualche zelante mo- dernizzatore del pensiero della sinistra com- 13 pie i suoi esercizi da rotocalco ~ ma di li apo- co si concluse il confronto di Foucault con il mondo islamico, shi‘ita-iraniano o meno. L’in- contro di cui dicevamo si dunque risolto in un breve contatto, che pare non aver lasciato nulla di fecondo, nessuna prospettiva di svi- luppo, tali e tanti sono stati i momenti di am- biguita e di sviamento del filosofo di fronte al suo oggetto. Se oggi tentiamo di riaprire questo dossier & perché la nostra opinione in proposito & dif- ferente. Pensiamo che lincontro tra Foucault e il mondo dell’Islam, con i suoi innegabili limiti, abbia lasciato tracce importanti: esse perd sono visibili oggi, non allora, quando tutto indicava piuttosto un fallimento segui- to da una reticenza impenetrabile. E la con- giuntura storica attuale, quella in cui noi vi- viamo, ad attribuire un significato, una fe- condita, a quel fulmineo incontro tra un no- me che sta per una prospettiva di indagine, ed un.vento che sta per un intero mondo, per un intero universo storico della cui contempora- neita al nostro ci siamo bruscamente accorti. Quell'incontro apre una serie di possibilita che solo oggi possiamo comprendere ed ap- prezzare: in primo luogo, la possibilita che un approccio derivato dallo stile di pensicro fou- caultiano possa rendere intelligibile alcune realta in genere ricoperte dagli stereotipi, da- gli spauracchi interessati, dalle gesticolazio- ni indecise tra il delirio e la campagna pub- blicitaria; in secondo luogo, la possibilita che i problemi cui ci troviamo confrontati to alla comprensibilita dei mondi dell aiutino a leggere adeguatamente lo stesso Fou- cault - che i problemi riassunti dal termine di “spiritualita politica”, resi tangibili dal ne- cessario confronto con il nesso tra religione ¢ pratiche sociali nell’ Islam, ci consentano di meglio vedere la rilevanza politica della ri- cerca dell’ ultimo Foucault sulla “cura di sé”, sull’“estetica dell’esistenza”. Quest’ ultima espressione — un po’ infelice —ha spianato la via ad un’interpretazione della ricerca di Fou- cault sulle pratiche di soggettivazione in ter- mini di dandysmo postmodemo. E proprio 14 Pinteresse per la “spiritualita politica” come pratica soggettivante a testimoniare del fatto che questa tematica non pud essere facilmente trasformata in un patrocinio foucaultiano sui tentativi di costruirsi un’ esistenza eccentrica all’ ombra dei rapporti sociali vigenti. Ma Fou- cault parla di pratiche, non di gesti; e parla di pratiche collettive, non di stilemi indivi- duali; ¢ soprattutto parla dell’originarieta del- la ribellione come fondo ultimo del lavoro di soggettivazione. Negli insorti iraniani Fou- cault vede un’ esigenza di trasformazione del proprio “sé” da parte di una collettivita che, mediante la messa in pratica di tale esigenza, diventa un attore storico — I’“estetica dell’ esi- stenza” @ il luogo in cui I"impersonalita del- le congiunture storico-sociali e l’elaborazio- ne della soggettivita da parte di se stessa si congiungono in un’iniziativa politica, in un’azione storica, irriducibili —iniziativa ed azione che, da ultimo, rilevano dall"insop- primibile volonta di non “esser pit governa- ti in questo modo”; cio’ (poiché ogni gover- no si radica nella costruzione di un modello di soggettivita e si esercita attraverso deter- minate tecniche di produzione del sé) di non “essere pittin questo modo”. Se questo @ quel- lo che Pincontro con I’Islam ci permette di ravvisare in Foucault, vale anche la recipro- ca: Foucault letto in questa chiave ci permet- te di interessarci all’ Islam nell’ ottica dei suoi modelli di soggettivita, dei suoi stili del sé, dei rapporti tra questi stili, le pratiche che li organizzano, ¢ le istituzioni, le forme politi- che, religiose, ecc. Questo incontro, allora, breve e proble- matico, vale per i problemi che permette al- la nostra attualita di formulare — aldila della lettera di cid che Foucault ha visto, di cid che ha voluto ¢ saputo domandarsi € mettere in luce, vale cid che oggi possiamo vedere nell’ Islam tramite Foucault e in Foucault tra- mite il confronto con la realta islamica. II dos- sier in questione @ allora un oggetto il cui si- gnificato va oltre la circostanza della sua oc- correnza, ¢ il cui contomo si delinea oggi proiettandosi su problemi che sta solo a noi porre e risolvere. Per questo motivo abbiamo voluto non limitarci a presentare i testi di Fou- cault. Abbiamo invece voluto ampliare il di- scorso, ospitando due contributi, di Jean-Pier- re Faye e di Christias Panagiotis, dedicati al- la filosofia islamica classica, al suo rapporto con il sapere, alla storia dei suoi effetti sulla civilizzazione europea — una storia rimossa e destinata a riemergere come un sintomo, co- me la traccia (lasciata sul Wunderblock cita- to da Faye) di un reale irriducibile alla proli- ferazione dei discorsi identitari sull“Occi dente”, sulle sue introvabili “radici”, e sui suoi indecidibili “valori”. In una logica opposta e complementare abbiamo deciso di coinvol- gere alcuni tra i massimi studiosi dei mondi musulmani, come Massimo Campaninie Gior- gio Vercellin, allo scopo di comprendere quan- to vi é di irriducibile alle categorie per noi consuete nella storia e nei costumi dei mon- diislamici. Da un lato, dunque, volevamo mo- strare come il reale degli incontri tra I’ Euro- pac I'Islam resista alla costruzione immagi- naria di un’identita “occidentale” che si yuo- le narcisisticamente pura. Dall’altro, voleva- mo indicare la presenza di un altro reale: quel- Jodi una storia singolare e autonoma dei mon- diislamici, che segna l’impossibilita di fare una tappa di un cammino evolutivo univer- sale, 0 di ridurli alla costruzione fantasmati- ca dell’immagine della barbaric. Se il reale storico appunto cid che eccede i nostri fan- tasmi identitari, qui ne vediamo il doppio vol- to: “reale” @ il contarto e ad un tempo la dif: ‘ferenza, V inseparabilité e ad un tempo I’ inas similabilita. Ma questa doppia impossibilita, quella di considerare 'Islam come assoluta- mente estraneo alla costituzione della civilta europea € contemporaneamente quella di tra- durlo senza riserve nelle grammatiche di que- st'ultima non & forse una figura dell’ inquie- tante, di cid che non pud essere né escluso né conciliato dalla costruzione di un’identit&? Se questa ¢ una problematica storica di lun- ga durata, il riferimento all’impresa di Fou- cault resta centrale proprio in quanto essa in- dica le nuove forme e l’inedita virulenzacon cui tale problematica @ riemersa nella con- giuntura della fine degli anni Settanta— che ® ancora la nostra. Lavorare oggi su questo “inquietante” plurisecolare significa tentare di ampliare la nostra capacita di problema- tizzare le forme ¢ le dinamiche dei poteri e delle resistenze, delle soggettivazioni e delle istituzioni, delle pratiche politiche e delle fe- di religiose, dei modi della Legge e degli sti- li dei costumi, che attraversano e animano la realta islamica e la nostra, se € vero, come & vero, che in un mondo le cui forme sono sem- pre pid intrecciate e mescolate, e che & sem- pre meno privo di un centro unificatore sta- bile, diventa sempre meno possibile parlare di “loro” e “noi”, in rapporto alle frontiere culturali, oa quelle, ancor pid discutibili, che Tideologia del progresso e della “moderniz~ zazione” vorrebbe erigere tra passato € pre- sente, tra arcaismo e “moderniti”. Questo sta- to di cose impone I’onere di uno sforzo di comprensione, che non pud certo essere ri- dotto alle improbabili e variopinte celebra- zioni del “meticciato”, del festivo e colorato incontro tra le “differenze” e le “culture” in un ingenuo festival dell’esotismo soft. L’in- treccio di diverse temporalita storiche che ci confronta pitt radicalmente che in passato a “mondi” per noi inabituali coinvolge e im- plica l’entrata nel nostro orizzonte vitale di forme di soggettivita, di rapporto individuo- collettivo, di politica, di potere e di resisten- za ad esso i cui dispositivi mettono in di- scussione - fino a farle apparire terribilmen- te fragili e contingenti— le nostre pid consuete “forme di vita”. L’abbiamo detto: tutto cid presenta pid i tratti dell”inquietante che quel- li del festivo. Ma appunto in questo risiede la sfida, Appunto per questo abbiamo voluto la- vorare sulla fugace lettura foucaultiana del mondo islamico e abbiamo tentato di ap- profondire i problemi attuali che la scommessa del filosofo francese prometteva di aprire nel momento stesso in cui la chiusura repentina della sua impresa li rimandava ad un diverso Jetzt-Zeit, ad un altro “istante della visibilita” ~ quello in cui tutti viviamo. Staa noi ora tra- 15 sformare questo istante nel tempo di un’oc- casione - l'occasione di aprire o riaprire un discorso, una prospettiva di indagine “mili- tante” e di ricerca teorica, sulle forme odier- ne della politica, della politica come potere e come resistenza, della politica anche vista nei suoi aspetti, estranei, inquietanti, conflittuz- li, talvolta distruttivi —aspetti che sarebbe in- genuo vedere solo dalla parte dei poteri. Del Testo, come non vedere la facilit& con cui una politica di soggettivazione non fa che can- cellare i confini, producendo i rovesciamen- ti pid paradossali? Abbiamo assistito all’ele- zione di un presidente iraniano che rappre- senta quanto vi @ di pid lontano dalle “con- trocondotte” e dalle “lotte per la veriti” in- dagate da Foucault, un fautore di un regime ferreo di controllo delle condotte in nome di una Verita che legittima un potere pastorale incontrollato e intollerante di ogni resistenza. E perd da ricordare come i suoi elettori lo ab- biano scelto, pare, in nome della purezza ori- ginaria della Rivoluzione, intesa come lotta alla corruzione e alle disuguaglianze sociali: se questo fosse vero, ci troveremmo allora di fronte ad una tensione critica che viene tra- sformata in fondamento di governo, anziché di resistenza, attraverso la cristallizzazione dell’evento rivoluzionario in mito delle ori- gini? — com’ vero che si pud “lottare per la propria schiavitd come se si trattasse della propria liberta”! Non si pud dimenticare d’al- tronde che anche gli altri candidati presiden- ziali si richiamavano alla spinta liberatoria del sollevamento contro lo Scia, e che la parola d’ordine della lotta alla corruzione veniva da essi brandita contro il potere dei chierici, qua- si trent’anni dopo aver animato I’insurrezio- ne contro lo Sci. Dov’é dunque la rivolu- zione iraniana, oggi? Dove sono le energie spirituali e politiche che la atiraversavano? Questa domanda dipende da una logica so- stanzialista estranea agli strumenti foucaul- tiani che abbiamo cercato di utilizzare: la ri voluzione in sé non 2 né da una parte né dall’al- tra, non @ il Fondamento del governo degli Ayatollah e dei loro seguaci, né & stata da es- si tradita e sfigurata. Semplicemente, le ener- gie da essa attivate hanno lasciato delle trac- ce, che oggi vengono reinserite nel gioco dei poteri attualmente attivi, e che possono pro- durre effetti all'interno di ciascun campo. D'al- tronde, il ricorso sempre pitt frequente delle “democrazie” a pratiche di governo religioso delle condotte ha reso ancora pid urgente il tema degli effetti di un potere spirituale. Dal caso Terri Schiavo al magistrato che identifi- cail governo federale al “ministero di Dio”, negli Stati Uniti si assiste ad una crescente de- secolarizzazione delle motivazioni, delle giu- Per queste nozioni, vedi oltre in particolare lintervento di A. Cutto, 2. Il Presidente iraniano Ahmadinejad sta diventando, secondo alcuni, un “*fenomen ‘con cui fare i conti nella politica del Vicino Oriente. La costruzione della sua immagine di ‘guida” politica pare basarsi su un rigorismo anti-borghese (di fatto riprendendo il tema del rifiuto di un “pastore” corrotto) che attrae ali strati pid poveri della popolazione e sull’ostentazione di una devozione particolare al Dodicesimo Imam, atiraverso il fnanziamento a luoghi della pietA popolare, o mettendo in circolazione testimonianze su una sorta di “rivelazione” dell'Imam durante il suo discorso all"ONU. Sembra dunque riproporsi la strategia khomeinista di fondazione del governo degli uomini su uno siretto legame di denuncie sociali, mobilitazione delle forze di una fede ancestrale, e carisma personal, il tuto perd non a fini rivoluzio- nari, ma allo scopo di stabilizzare un paese attraverssto da crisi sociali e da un dissenso crescente nei conftonti delle “guide” post-rivoluzionarie (Cir. Firouzen Khosrovani, “Dentro Iran del fenomeno Ah- ‘madinejad”,e Id. “Illuminato dal! Imam nascosto”, in 1! manifesto, 27 dicembre 2005, p. 4) 3 Citato da Hicham Ben Abdallah el Alaoui, “Crise et reforme du monde arabe”, in Le Monde diploma- tique, octobre 2005, pp. 18-19. Questo articolo ricorda anche il “patto faustiano” degli Stati Uniti con i gruppi politici e paramilitari shiiti in Irak, e avanza la tesi che, pur senza sotiovalutare la pericolosit& delle tendenze “fondamentaliste” del mondo arabo, nessuna democratizzazione di quest’ ultimo sara possibile senza una previa legittimazione di una soggettivitd politico-religiosa cui oramai le masse ten- dono ad identificarsi — senza cio’ che la spiritualita politica venga “lavorata” dall’interno per produr- 16 stificazioni, e delle pratiche tradizionalmen- te delegate ad un “Politico” la cui autonomia dagli odi teologici sembra essere diventata un lusso per gli Stati in erisi di governamenta- lita; in Italia, alla strategia di reconquista cle- ticale del terreno perduto delle pratiche ses- suali e procreative, e il progetto di una nuova pastorale medico-bio-politica della Chiesa cat- tolica; in Francia, alla riproblematizzazione dello statuto della laicita, e ad una marcata tendenza a valorizzare la religione in quanto cemento del legame sociale (si vedano le po- sizioni di Regis Debray). II problema della spiritualita politica eccede dunque quello del rapporto con I'Islam, ¢ coinvolge piuttosto la domanda relativa a quale governo degli uo- mini auspicare e costruire per le societ in cui viviamo. Il confronto con I'Islam hacerto am- plificato la tendenza di questa domanda a de- clinarsi nelle forme, pid! 0 meno raffinate, di “riscoperta della religione” ~ ma in generale la problematica riguarda il modo in cui pos- sibile supplementare di una nuova pastorale politica una societd plasmata dalla governa- mentalita biopolitica e neoliberale studiata da Foucault nel corso del 1978-79%. A noi di mi surarci con la comprensione di questi feno- meni, ricordando che, secondo le parole di un grande spirito critico, «a discriminare tra le varie ipotesi rimane pur sempre il criterio del- la loro adeguatezza a fornire di senso la pro- speitiva di liberazione dall’oppressione e dal- lo sfruttamento. Questa, oggi come ieri, ri- mane la buona domanda»®. Abstract. En 1979, la rencontre entre Foucault et la révolution iranienne a été l'entre- croisement fugitif d’une pensée radicale — qui est aujourd’hui celle d’un « classique » dont la renommée pourrait aisément devenir une neutralisation — et d’un phénomene qui est de- venu de plus en plus inquiétant — c'est a dire, la valeur politique de la subjectivité religieu- se islamique. Plusieurs critiques, voire attaques, ont été adressés @ Foucault pour avoir es sayé d’interpréter, de penser, |’événement révolutionnaire iranien: pour les apologistes de la pensée dominante, Foucault aurait dii limiter son travail philosophique a la répétition d'une morale des droits de l'homme et de la démocratie représentative, que les philosophes sont censés précher. Au contraire, Foucault a voulu comprendre un événement, interpréter une exception, Uinfraction du statu quo ~ il était convaincu que seul la compréhension de ce qui réorganise les normes de la pensée et de U'action constitue la tache du philosophe, et c'est justement la fidélité & cette tache qui lui est reprochée (tout comme elle est reprochée 4 Freud, a Nietzsche, d toute la génération des philosophes des années soixante). Nous avons essayé, face aux interrogations qui nous pose le phénomene d’une subjectivité politique en- racinée dans la foi musulmane, de réactiver la lecture foucauldienne des événemenis ira- niens —c'esta dire, de comprendre les enjeux de l'entreprise de Michel Foucault, cherchant @ rétablir, contre tout malentendu et toute mystification calomnieuse, la vérité d'une pensée; et de poursuivre une enquéte, en nous éloignant de la lettre des analyses foucauldiennes, sur les formes de la politique, de la spiritualité, de la subjectivité et du pouvoir, en terre d'Islam, En espérant que ces efforts puissent mener au seul but qui nous intéresse: la découverte de nouvelles formes d’indocilité des sujets face ad la gouvernementalité. re effetti liberatori anziché governamentali: tuttavia, proprio questo sviluppo le potenze occidentali sembrano non volere né potere pitt permettersi. 4 Cir. gli interventi di O. Marzocco, P. Di Vittorio e A. Cutro, 5 L. Ferrari Bravo, “Sovranita, in Id., Dal fordismo alla globalizzazione, Manitestolibri, Roma, 2001, p.344, 17 aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. Le Matin, quindici giorni or sono, mi pro- poneva di rispondere al Signor Debray-Rit- zen; oggi, al Signor ed alla Signora Broyel- le. Ad avviso del primo, ero un antipsichia- tra. Ad avviso dei secondi un “antigiudi rio”. Non risponderd né all’uno né gli altri. Perché, “in tutta la mia vita”, non ho mai pre- so parte ad una polemica. Non intendo co- minciare in questa occasione per un’altra ra- gione, anch’essa di principio: vengo “solle- citato a riconoscere i miei errori”. L’espres- sione e la pratica che essa designa mi ricor- dano qualcosa, anzi, molte cose. Contro di es- se mi sono battuto. Non mi presterd, neppu- Te “a mezzo stampa”, ad un gioco le cui for- me ed i cui effetti mi sembrano detestabili. “O confessi o gridi: viva gli assassini”: que- sta frase, alcuni la pronunciano per mestiere; altri per gusto o per abitudine: penso che sia necessario lasciare questa ingiunzione sulle labbra di coloro che la pronunciano e discu- tere solo con coloro che sono estranei a que- sti modi di agire. Ho un vivo desiderio di po- ter dibattere la questione dell’Iran in questa stessa sede, qualora Le Matin me ne offrird Voccasione. Blanchot insegna che la critica comincia con l’attenzione, la presenza e la generosita. Ma, oltre al rifiuto delle pratiche censorie di chi crede compito dell’ intellettuale la di- {fesa dei valori egemoni, entrando nel meri- to, si deve dire che U'immagine di un Foucault sostenitore del regime iraniano postrivolu- tionario deriva da una lettura affatto ten- denziosa e completamente fuorviante e falsi: ficante. I problemi che solleva Foucault in ‘merito alla sollevazione iraniana sono affat- to irriducibili ad un'infatuazione, ad una ma- nifestazione di irresponsabile estremismo da intellettuale, superata la quale vi sarebbe so- lo la “disincantata” identificazione con le so- cieta europee e statunitense. Anzi, é proprio questa griglia di lettura a rimuovere proble- mi — filosofici, storici, politici — che un'altra lettura, quella, in parte inaspettata, appron- tata da Foucault per comprendere i “fatti dell’Iran”, tentava di far emergere. Questa lettura é solo in parte esplicitata dal repor- tage in se stesso: Foucault ha espresso le im- plicazioni ¢ i presupposti del suo interesse nelle vicende iraniane in qualche altro breve scritto, in particolar modo in una conversa- zione con Pierre Blanchet e Claude Briére, e in un articolo — l'ultimo dedicato all’Iran — iradotto nel terzo volume dell’Archivio Fou- cault, curato da Alessandro Pandolfi. E una curiosa circostanza che nessuno di questi “Detti e Scritti” sia menzionato dai curato- ri, Renzo Guolo e Pierluigi Panza, di un'edi- zione italiana parziale del materiale fou- caultiano sull’Iran, il Taccuino persiano, com- posto unicamente dagli articoli del Corriere ¢ dalla letiera a Bazargan. A p. 9 di questa edizione, nella nota 1 dell’ Introduzione fir- mata dai due curatori, si citano alcuni testi non raccolti nell'edizione medesima, senza perd che vengano menzionati i due testi in Ecrits, I, Gallimard, Paris, 1994, n° 262, p. 762. Riportiamo la nota editoriale dei Dits et Ecrits a que- sto breve articolo: «Dopo ia manifestazione delle donne, 1'8 marzo, a Teheran, durante la quale queste ultime al grido di “Abbasso Khomeini” avevano protestato contro l'obbligo di indossare il chador e soprattutto dopo le prime esecuzioni di oppositori ad opera dei gruppi paramilitari islamici, Foucault fu accusato di aver fomito un sostegno cieco a Khomeini. I coniugi Broyelle, ilcui libro Deuxiéme Re- tour de Chine (Paris, Ed. du Seuil, 1977) aveva segnato il ripensamento deg intellettuali di sinistra nei confronti della Cina maoista (mentre La Moitié du ciel di Claudie Broyelle — Paris, Denoé!-Gonthier, 1973 — era stato uno dei grandi libri apologetici della Rivoluzione culturale), tradussero praticamente questo atteggiamento in un articolo del Matin de Paris, in cui “intimavano a Foucault di spiegarsi». Pierre Debray-Ritzen é un pedopsichiatra vicino all’estrema destra, che ha pid volte attaccato Foucault a partire dall' Histoire de la folie. E significativo che anche oggi Foucault sia criticato congiuntamente (ad esempio da Gianni Vatiimo) sui temi “caldi” dell’Islam politico e dell’antipsichiatria ~ due feno- ‘meni di cui non ha peraltro mai voluto fare I'apologia. 20 questione. Addirittura, il secondo, quello dell’Archivio Foucault, é tenuto per inesi- stente, perché Guolo, in uno dei saggi appo- sti in appendice all’edizione, chiude affer- mando che: “Dopo la lettera a Bazargan(...) il silenzio di Michel Foucault sull’Iran non sara mai piitinterrotto”. Ora, la lettera a Ba- zargan é datata, nella stessa edizione Guolo- Panza, 14-20 aprile 1979. Il testo di “Inutile de se soulever?” é datato, nell’ edizione Pan- dolfi, 11-12 maggio 1979. Il volume di Guo- lo e Panza poria la data febbraio 1998, la stessa del volume dell’Archivio. La fonte di ambedue: il terzo volume dei Dits et Ecrits di Gallimard, usciti nel 1994. Difficile spiegar- si questa lacuna, che lascia nell’ombra quan- to finisce cosi per diventare un “intervento fantasma” di Foucault sull'Iran. Ancora pitt difficile render ragione del fatto che Guolo e Panza, oltre ad aver falsificato la parabola complessiva dello studio di Foucault sull’Iran (il quale non si chiude appunto con la lette- raa Bazargan, che, privata del riferimento a quell’ articolo, appare come una sorta di scon- fessione, in nome dei diritti umani, dell’inte- resse per la sotlevazione), abbiano del tutto trascurato lesistenza di un’ i dialogo, i cui “punti caldi tualita delle riflessioni foucaultiane sono mol- teplici. In compenso, i curatori menzionano come articolo indipendente dal reportage ita- liano Varticolo “A quoi révent les Iraniens?”, che é invece la versione francese ampliata di un pezzo uscito sul Corriere della Sera il 22 Ottobre, intitolato: “Ritomno al Profeta”, (pun- tualmente raccolto nel Taccuino persiano evi- dentemente ad insaputa dei curatori), come da nota editoriale del detto volume dei Dits et Ecrits. Infine, i Nostri non pubblicano un articolo apparso sul Corriere in cui Foucault introduce le ragioni del progetto di diversi re- portages su realta contemporanee. Insomma, un altro articolo in cui Foucault fornisce mo- tivazioni e precisazioni relative al suo lavo- ro in Iran non viene sotioposto all'attenzio- ne del lettore di Taccuino Persiano. J due cu- ratori lasciano trapelare dalla quarta di co- pertinauna vena scandalistica, alludendo ma- liziosamente ai numerosi “compagni di stra- da di allora” e agli “studiosi che meticolo- samente sottoponevano ad analisi qualsiasi testo” di Foucault, i quali tutti avrebbero ta- ciuto su questi scritti. Se con cid Guolo e Pan- za vogliono suggerire una censura o una ri- ‘mozione di materiali comprometienti per Fou- cault e inconfessabili per i suoi ammiratori, @ inutile commentare ulteriormente: ognuno é libero di offrire, faute de mieux, alle pro- prie pubblicazioni U'ornamento dello scan- dalismo?. Se invece i due intendono pole- 2 Rimandiamo comunque all’articolo di Ottavio Marzocea per ulteriori puntualizzazioni sull’edizione Guolo-Panza. Ricordiamo che Panza ha riproposto sul Corriere del 15 giugno 2005 la sua versione del rapporto tra Foucault ¢ le vicende iraniane, in un articolo dai toni cquilibrati ma in cui la problematiz~ zazione dell’ opera del filosofo giunge a conclusion molto riduttive. Nella stessa pagina, non alirettan- to equilibrati, campeggiano Dario Fertilio e Gianni Vaitimo; il primo ~ che non si risparmia la bassez- zadi alludere allo “sguardo da innamorato” con cui il filosofo avrebbe guardato agli insorti - consegna a Foucault il “titolo ad honorem di cattivo maestro” in quanto simpatizzante di istamici e maoist. “no- nostante le attenuanti generiche”; il secondo, intervistato da Panza, dichiara che Foucault “Ia sinistra non se lo fila pid perché i suo metodo era schematico”, che Foucault difendeva Ia visione khomeini- ssta in quanto “rivoluzione autoctona” di cui bisognava accettare le repressioni, ¢ infine. pur approvan- do l’idea che i modelli etici siano epistemi, che Foucault sarebbe vittima di un intollerabile residuo strut- turalista in quanto “cartesiano che non ha capito I’ ermeneutica”. Sul qualunquismo benpensantee scur- rile di Fertilio non occorre aggiungere nulla; su Vattimo si pud dire che nel primo argomento confon- de la solidita teorica con il sucesso politico, che nel secondo attribuisce a Foucault posizioni non so- onon riscontrabili nei suoi testi ma neppure dotate di alcun senso nel suo orizzonte di pensiero (“re- pressione’”, “rivoluzione autoctona” — sembrerebbe pid un incrocio tra Marcuse e Maurice Bars!), € che nel terzo trascura quanto lo strutturalismo di Foucault sia appunto legato alla nozione — di fatto cen- trale solo in Les Mots et les Choses — di episteme. Se questo ® un esempio di ermeneutica vattimiana, temiamo che il fatto di non capirla coincida semplicemente con l’imporsi il divicto di fare affermazio- 21 aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. situazione, di veicolare un intervento in essa, di contesiare un modo del potere, ¢ di istitui- re una soggettivita definita da questa conte- stazione: si tratta di idee il cui regime di ve- rita é direttamente quello dell'efficacia di una resistenza. Si comprende allora in cosa que- sto punto di vista si colleghi alla crisi del marxismo. Lenin diceva: “la teoria di Marx @ onnipotente perché & vera”. I marxismo le- gava la propria efficacia politica al fatto di costituire una norma di scientificita, e di po- ter esibire conoscenze verificate relative al- le dinamiche del processo storico. Le “idee” di cui parla Foucault in questo articolo non sono nulla di scientifico, non formano un sa- pere, non esibiscono criteri di verificazione, enon emergono da alcuna coupure con il non- scientifico: cid significa in pratica che non sono valutabili pienamente secondo un’otti- ca tradizionalmente epistemologica. Si trat- ta di frammenti eterogenei di discorsie di sa- peri, la cui provenienza storica é disparata ¢ casuale, e che, in determinate congiunture, possono produrre effetti di resistenza inso- Spettati, senza per questo che cid sia assimi- labile ad una “presa di coscienza”, ad un di- venire-trasparente del proceso storico, 0 all’ apparire nel campo del sapere di una nor- ma di scientificita storico-sociale. Natural- mente, resta da vedere se questa posizione sia incompatibile con l'ambizione epistemologi- ca del marxismo althusseriano, incentrato sull'apertura, da parte della teoria di Marx, del continente scientifico della Storia: pittche delegittimare questa ambizione, Foucault sem- bra voler pensare un’autonoma efficacia del- Ia doxa (0 di cid che la scientificita chiame- rebbe con questo nome), e resta da vedere se alcuni tra i testi di Althusser sulla crisi del marxismo non si muovano nella stessa dire- zione. Questa perd é una tematica che qui non possiamo affrontare. Si potrebbe suggerire peré che qui operi un'ennesima riscrittura ‘foucaultiana di un topos marxiano. Marx af- ‘fermava: “non sanno di far cid, ma lo fan- no". Non é impossibile che Foucault abbia interpretato questa frase celebre nei termini 24 di un'azione la cui potenza pratica non sia garantita da un sapere, ma, al contrario, tro- vi la propria condizione di performativita in cid che, dal punto di vista teoretico, é errore e accecamento, in “ idee” che non sono, per questo stesso motivo, valutabili secondo la norma del vero e del falso. Dovremo pero fare un'ulteriore osserva- zione: questa attenzione di Foucault a prati- che di resistenza immediatamente efficaci, che non devono passare, per produrre effetti di resistenza, atiraverso una normazione nell’ordine del sapere scientifico, corrispon- de ad una situazione storica in cui il potere agisce attraverso saperi anch'essi direnta- mente pratici, immediatamente misurabili su una gestione efficace delle grandezze socia- li. Di fronte ad un potere che sembra eserci- tarsi in modo puramente amministrativo, sen- za ricorrere a norme ideali trascendenti, e forse nemmeno pitt ad un ideale teoretico di scientificita, ma agente nella forma direta del provvedimento pratico esercitato come re golazione tecnica delle condotte, Foucault si sforza di teorizzare una resistenza immanen- te anch’essa alla condotta: anziché cercare donchisciottescamente la rifondazione di una Teoria critica, di un Sapere normativo an- corché antagonista, si tratterd di fare un la- voro di decifrazione di quelle pratiche che so- no gia esse stesse pensiero critico, in quanto la pratica é inscindibile da una rivendica- zione, da una parola d’ordine, da forme co- municative, al limite dalla significativita ele- mentare ma inaggirabile di un gesto, che pud ridursi alla decisione di “prendere la paro- la” in uno snodo critico 0 ad un silenzio stra- tegico in una congiuntura. Queste pratiche gia in sé intrecciate al pensiero ovviamente non appartengono ad entitd sociopolitiche gid definite e sostanzialiczate: a classi, stati, nazioni, popoli, pensati come omogenei e di cui si crede di sapere gid tutto. L'antisostan- tialismo é probabilmente il punto piii indi- scutibile dell’epistemologia foucaultiana — gli oggetti sono il risultato di composizioni di forze, di relazioni d'ordine, di distribuzio- aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. é inseparabile, come l'ombra dal corpo e i denti dalle labbra, dall’enunciazione di chi interviene in una situazione in nome della cri- tica —laddove il miraggio di assumere il pun- to di vista di una verita vergine dal sapere non pud che riproporre la dicotomia tra l’intel- lettuale éclairé e le vittime “in stato di mino- rita”. Per quanto sia incontestabile U'esisten- za di norme di verité differenti da quella — in cui rientra la critica — della scientificita e del sapere, non meno incontestabile é l’imposs bilita di renderle visibili se non attraverso un sapere che é la critica stessa: nel momento in cui la critica le invoca a testimonianza della contingenza della Ragione, esse sono prese nel movimento autoriflessivo di un sapere, iniziano a “giocare” in un confronto di valo- rie difiniche é una manifestazione della “vo- lonta di sapere” Tuttavia, l'esito sopradescritto non inclu- de l’inchiesta foucaultiana in Iran, pur es- sendo il possibile frutto di un identico cam- podi forze e di discorsi. Foucault non ha vo- tuto in alcun modo ritrovare negli insorti ira- niani l'immediatezza di una “vita offesa” da dare in pasto al pathos umanitario del pub- blico dei quotidiani: al contrario, gli irania- ni hanno rappresentato ai suoi occhi la co- struzione, estremamente elaborata e riflessa, di una soggettivita diferente da quella isti- tuita attorno al discorso della scienza gali leiana. Non si tratta quindi di opporre il Sa- pere alla Vita, il Maestro alla Plebe, ma —tut- to al contrario — di mostrare la possibilita di differenti elaborazioni di norme di sapere e diverita. Il Filosofo non prende posizione nel- la disputa puramente verbale e mistificante tra il presunto Sapere “magistrale” e nor- ‘mative e il presunto “fuori-norma” delle vit time “plebee”, dunque nemmeno porta in do- no la facolta di giudizio a coloro che, viven- do nell’autenticita del fuori-discorso, ne sa~ rebbero privi: piuttosto, il suo compito quel- lo di organizzare uno spazio di visibilita in cui possano comparire simultaneamente le differenti norme, i differenti regimi di verita, che la storia ha conosciuto. Se c’é una “mi: 28 sione” del filosofo, & quella di istituire il con- fromto tra differenti ordini di valori e quindi tra differenti forme di soggettivazione — da nessuna parte, in questo schema, é dato rav- visare la misologia che investe il filosofo del- lo statuto di professionista del dolorismo me- diatico. Cid che é esteriore rispetto alla scien- za non ha nulla a che fare, qui, con una sup- posta dimensione puramente patica e “car- nale", ma comprende discorsi, rappresenta- zioni, giochi di linguaggio e forme simboli- che, attraverso i quali ha potuto prendere for- ma una soggettivita diferente da quella co- stituitasi sulla razionalita scientifica, attra~ verso i quali questa soggettivita ha struttu- rato il proprio riferimento a se stessa, almon- do, ¢ da ultimo alla Verita. Questa problematica puo forse risultare piit chiara se prendiamo in considerazione il lavoro di una fonte primaria dell’ ultimo Fou- cault, lo storico della tarda antichita Peter Brown. Brown ha sostenuto V'inopportunita di dichiarare pura manifestazione di irrazio- nalita, se non di autentica isteria collettiva, le credenze tardoantiche nell'astrologia, nei poteri dei santi, negli angeli custodi, e in ge- nere nelle diverse forme di mediazione tra cielo e terra fiorite nella mentalita tardoan- tica. Queste credenze non testimoniano af- Jato di un mero deficit di razionalita da cui U'womo tardoantico sarebbe stato colpito: sem- plicemente, esse non devono essere valutate secondo il criterio della razionalita scienti- ‘fica — esse non hanno, e non devono avere, per effetto la conoscenza obiettiva del reale, ma \'elaborazione simbolica di una serie di conflitti, situazioni, legami, interne alla vita sociale (elaborazione il cui risultato é un mo- dello di soggettivita). Ad esempio, «le cre- denze astrologiche condensavano un’imma- gine dell’uomo e del suo rapporto con la so- cieta che presumeva il fatto che egli fosse (...) soggetto a tutta una serie di trionfie disastri paradossali. L’astrologia faceva calare, nel- le idee che gli uomini avevano della propria vita e della propria personalita le comples- sitd e i conflitti che essi vedevano nei piane- aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. tica due cose. La prima: la religione & il velo, @ 'arcaismo, e costituisce un regresso alme- no per quanto riguarda le donne; la seconda, e che non si pud negare, perché la si avverte: se mai i religiosi conquistassero il potere, ed applicassero il loro programma, non si do- vrebbe temere una nuova dittatura? M. Foucault: Si potrebbe dire che in effet- ti, dietro queste due irritazioni, se ne trova un’altra, o forse uno stupore e una sorta di di- sagio di fronte a questo fenomeno che, per la nostra mentalita politica, @ assai curioso. Fe- nomeno che si pud definire rivoluzionario nel senso ampio del termine, poiché si tratta del- Ja sollevazione di un’intera nazione contro un potere che la opprime. Ora, noi riconosciamo una rivoluzione quando possiamo ritrovare due dinamiche: una, che @ quella delle con- traddizioni all’ interno di questa societ’, quel- la della lotta delle classi o dei grandi conflit- ti sociali. In secondo luogo, una dinamica po- litica, cio? la presenza di un’avanguardia, clas- se, partito, 0 ideologia politica, in breve una punta di diamante che trascini con sé tutta la nazione. Ora, mi sembra che, in cid che sta ac- cadendo in Iran, non si possa riconoscere nes- suna di queste due dinamiche che costitui- scono per noi i segni distintivi e il marchio esplicito di un fenomeno rivoluzionario. Che cosa @ per noi un movimento rivoluzionario in cui non sia possibile collocare la lotta del- Ie classi, in cui non sia possibile situare le con- traddizioni interme alla societa ed in cui non si pud nemmeno indicare un’ avanguardia? P. Blanchet: All Universita di Teheran c’erano — e ne ho incontrati parecchi — dei marxisti che avevano coscienza di assistere ad una rivoluzione fantastica. Era molto su- periore a cid che avevano immaginato, spe- rato, sognato. Inevitabilmente, quando si chie- deva loro che cosa pensavano, i marxisti ri- spondevano: “® una situazione rivoluziona- ria, ma non c’@ un’avanguardia”. CL. Briere: Lariflessione che ho sentito fa- re pid spesso relativamente all’Tran &: non si 32 capisce. Quando un movimento @ detto rivo- luzionario, in Occidente tutti, compresi noi stessi, abbiamo sempre I'idea di un progres- s0, di qualcosa che si trasforma nel senso di un progresso. Tutto cid & messo in discussio- ne dal fenomeno religioso. In effetti, l’onda- ta di contestazione religiosa si riferisce, per darsi delle basi e contestare il re, a nozioni che tisalgono a tredici secoli addietro pur avan- zando in pari tempo rivendicazioni di giusti- zia sociale, ecc., che danno l'idea di muover- sinel senso di un pensiero o di un’ azione pro- gressisti. Ora, io non so se vi é capitato, in Tran, di determinare, di discemere la natura di questa immensa contestazione religiosa, io, per me, trovo che questo ? molto difficile. Gli Iraniani stessi nuotano in questa ambiguita e fanno uso di differenti livelli di linguaggio, ’impegno, di espressione, ecc. Tra il tipo che dice “Viva Khomeini”, che @ autenticamente un fedele convinto, quello che dice “Viva Kho- meini, ma io non sono cos} religioso, Kho- meini @ solo un simbolo”, e quello che dice “To sono mediamente religioso, amo Khomeini, ma amo anche Chariat Madari”, che é un per- sonaggio assai differente, tra la ragazza che rimette il chador per mostrare che @ un’oppo- sitrice del regime, ed un’altra ragazza, in par- te laicizzata, in parte musulmana, che non ri- mettera il velo ma che dira anche: “Io sono musulmana e viva Khomeini”. .., tra tutte que- ste persone, sta ogni tipo di livello di pensie- 10. E tuttavia, tutti gridano, ad un certo pun- to, “Viva Khomeini” con fervore, e questi dif- ferenti livelli si cancellano. E in questo contesto che Foucault cita, si- gnificativamente, le tesi di Furet sull'eccesso della soggettivita rivoluzionaria, in quanto me- 10 effetto di “discorso”, sulla struttura ogget- fiva delle circostanze economiche, politiche e sociali ~ un eccesso che, se per Furet si ridu- ce ad una ritraduzione “strutturalista” delle critiche conservatrici all'irrealismo esiremi- stico dei giacobini, per Foucault @ il segno dell 'irriducibilita della soggettivazione: aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. zione tale soggetto ¢ sospeso é un sapere—le forze del Male sono quelle dell’ Ignoranza, il conflitto che attraversa la storia é fondato su un diverso rapporto rispetto alla conoscen- za della struttura duale del mondo. Ne segue che una delle principali pratiche mediante cui avviene la soggettivazione shi’ita é la pratica interpretativa, in particolare terpretazione della Legge coranica, L'Imam @ il Maestro di questa interpretazione, a lui spetta di stabilire le regole di lettura vinco- lanti per i fedeli. Nello shiismo duodecima- no, in particolare, l’interpretazione simboli- ca (ta’wil) si caratterizza per il rispetto dei vincoli posti dalla lettera del testo all’inter- prete che ne cerca lo spirito celato. L'esege- si duodecimana si oppone ad ogni allegori- smo? che dissolve la lettera manifesta in un gioco arbitrario: «Non si trattera di distrug- gere la lettera coranica, sostituendole un al- tro testo, ma di darle l’opportunita di fare senso, e di fare infinitamente senso, dispie- gando una gerarchia di significati, traspor- tando il termine in questione in una serie di gradi di verita distanti dal grado immediato del significato ingenuo»”*, Evidentemente, & questo stretto legame tra Uocculto e il mani- festo a consentire a Foucault di vedere nel “regime di verita” shi“ita la possibilita di cor- relare indissolubilmente gli eventi terreni a quelli “nel cielo”: per gli shi‘iti le vicende dello scenario storico-politico profano re- stano pienamente storiche e politiche, sono civé vicende da traitare in termini di azione collettiva, ribellione alle autorita, cambia- menti di regime, forme alternative di Stato pur rimandando al tempo siesso ad una realta sacra, spirituale, che coinvolge il fedele quan- to al proprio destino escatologico ed al rap- porto con i misteri del nucleo essenziale del- la fede shi'ita, Uimamato. Questa capacita di giocare sui due piani, storico-politico e spi- riuale, consente agli insorti iraniani di rea- lizzare una possibilita che in Occidente sem- bra ormai essersi esaurita: la chance di le- gare Vintervento politico ad una trasforma- zione del nucleo pitt profondo della soggetti- vita del militante ~é la possibilitd per un’azio- ne politica di coinvolgere direttamente il rap- porto significativo di un soggetto con sé e col mondo che Foucault vede attuarsi nel regi- ‘me di verita de! dualismo shi ita. Questo aspet- to é richiamato nell’ulteriore svolgimento dellintervista-colloquio: P. Blanchet: Sulla questione della volonta collettiva, cid che mi ha colpito — io ero ad un tempo affascinato dall’Iran e talvolta an- che molto turbato—& quando, ad esempio, gli studenti arrivavano dicendo; “Noi siamo tut- ti lastessa cosa, siamo tutti una cosa sola, sia- mo tutti per il Corano, noi siamo tutti musul- mani, non c’é differenza tra noi. E scrivete questo, dicevano, che noi siamo tutti uguali”, Tuttavia, noi sapevamo bene che delle diffe- renze c’erano, sapevamo, ad esempi, che gli intellettuali, una parte dei bazaaris, ed i ceti medi temevano di andare troppo in Ia. E tut- tavia, si sono accodati. E questo cid che bi- sogna spiegare. M. Foucault: Certamente. C’ qualcosa di assai rimarchevole in quanto accade in Iran. Si era di fronte ad un governo che era certa- mente tra i meglio dotati quanto ad armi ed armate, tra i meglio serviti da una truppa nu- merosa ed anche sorprendentemente fedele rispetto a quanto ci si poteva attendere; ci si trovava di fronte ad una polizia certamente non molto efficace, ma la cui violenzae cru- delta rimpiazzavano spesso la finezza: si trat- tava, inoltre, di un regime direttamente ap- poggiato dagli Stati Uniti e sugli Stati Uniti; esso aveva ricevuto infine l'avallo del mon- do intero, dei paesi — importanti o meno—che lo circondavano, ecc. In un certo senso, il re- 28 Laddove per allegoria si intenda «un segno inutile al senso» (Amit-Moezzi e Jambet, op. cit., p. 150) 29 Ibid. p. 149. 36 aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. senza che vi sia stata una parola d’ordine cen- trale, che gli operai sono scesi in sciopero, coordinandosi tra loro, di citta in citta, in mo- do assolutamente libero. Peraltro, non si trat- tava di uno sciopero nel senso di una cessa- zione del lavoro e di un blocco della produ- zione. Era palesemente l’affermazione dell’ ap- partenenza del petrolio al popolo iraniano, e non allo Scia, né ai suoi clienti, né ai suoi sponsor. Era uno sciopero di riappropriazio- ne nazionale. In questo snodo Foucault inserisce alcu- ne considerazioni che permettono di com- prendere quanto sia distante dall'esaltazio- ne della “rivoluzione autoctona” —l'interes- se per un fenomeno inedito e evidentemente fuori da molti schemi consueti non ha coin- ciso con un'apologia cieca, né, e forse que- sto per un filosofo & pit importante, la presa di distanza da effetti indesiderati ha condot- to a rimuovere come questi ultimi si radicas- sero nelle stesse forze, nelle stesse tensioni, all’origine degli aspetti liberatori: Cl. Briére: Allora, a contrario, perché non sarebbe onesto tacerlo, bisogna dire che quan- do tu, individuo, giornalista straniero, donna, sei di fronte a questa unicitA, a questa volonta comune, c’é uno choc formidabile. Morale e fisico. Come se questa unicita esigesse che ti conformassi ad essa. Guai, in un certo senso, a colui che non vi si conforma. Tutti abbia- mo avuto problemi di questo tipo in Iran, Da cui, forse, le reticenze che sappiamo in Eu- ropa, La bellezza di una sollevazione, si, ma... M. Foucault: Vi sono state manifestazio- ni, almeno verbali, di un virulento antisemi- tismo. Vi sono state manifestazioni di xe- nofobiae non solamente verso gli americani, ma anche verso i lavoratori stranieri che ven- gono a lavorare in Iran. P. Blanchet: Questa contropartita del!" uni- cita & effettivamente cid che pud risultare odio- sa ad alcuni. Ad esempio, una volta, 2 capi- 40 tato ad un fotografo di prendere qualche pu- gno in faccia perché lo si era scambiato per un americano. Ha protestato: “No, sono fran- cese”, I manifestanti allora I"hanno abbrac- ciato: “soprattutto non raccontatelo ai gior- nali”, Penso anche a queste richieste impe- riose dei manifestanti: “dite che ci sono tan- tee tante migliaia di vittime, tantie tanti mi- lioni di manifestanti in strada’ Cl. Briére: Questo @ un altro problema: & il problema di una cultura differente, di un’idea differente di esattezza. Inoltre, questo faceva parte della lotta. Quando sei a mani nude, se accumuli i morti reali ed immaginari, scon- giuri la paura, ¢ ti rendi pid convincente. M. Foucault: Loro non hanno lo stesso no- stro regime di verita. I quale peraltro & af- fatto particolare, anche se @ diventato quasi universale. I Greci avevano il loro. Gli Ara- bi del Maghreb ne hanno un altro. E in Iran& modellato, per buona parte, su questa reli- gione dalla forma esoterica e dal contenuto esoterico. Cio’ a dire che tutto cid che viene detto sotto la forma esplicita della legge rin- via contemporaneamente ad un altro senso che parla. Dunque, dire una cosa che ne vuol dire un’altra, non soltanto non @ un’ ambiguit da condannare, ma & al contrario un supple- mento necessario e valorizzato. Ed @ allora che si dice qualcosa che, a livello dei fatti, non é vero, ma che rinvia ad un altro senso profondo, inassimilabile ai termini dell’esat- tezza e dell’ osservazione... Cl. Brigre: Non & questo che mi inquieta. Ma io sono irritata quando mi si dice, mi si ripete che si rispetteranno tutte le minoranze € poi, al tempo stesso, non le si rispetta af- fatto. Ho un ricordo allucinato della manife- stazione di settembre, a cui, in quanto donna, ero presente velata. Avevo un chador. Mi si 8 voluto impedire di salire sulla camionetta dei giomnalisti. Ero stanca di camminare. Quan- do sono salita sulla camionetta, i manifestanti che erano Ii attorno volevano impedirmi di aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. direttive per restare sulla retta via»*". Ab- biamo dunque la trasformazione di un inse- gnamento iniziatico in una fonte diretta di po- tere sociale, attraverso un doppio movimen- to di adattamento della dottrina alle esigen- zecomunitarie e di “liberalizzazione” dell’au- torita interpretativa. Razionalizzazione della dottrina, introduzione di una sorta di “libe- ro esame” e intenzionalita diretta alla col- lewtivita, movimenti che saremmo portati a considerare come dinamiche emancipatrici, hanno in questo caso prodotto, al contrario, Vistituzionalizzazione di una sorta di “clero” giuridico-teologico. Amir-Moezzi e Jambet, nel descrivere l’evoluzione di questa tradi- zione, evocano la sua persecuzione nei con- fronti della tradizione spirituale-esoterica®, @ ne tratteggiano a tinte fosche l’esito con- temporaneo, frutto di un’ideologizzazione che é un'ulteriore sviluppo della razionalizzazio- ne: «ll dottore della Legge ha soppiantato T'imam (...) la walaya ~ (...) sottomissione fedelta che ogni discepolo deve al proprio ‘maestro iniziatore — si é mutato in (...) “imi: tazione” servile del mujtahid (...) La storia, soprattutto moderna, del clero razionalista é stata segnata dal fanatismo (...) dalla ridu- zione della fede a un giuridismo rigido, dal- laviolenza (...) dalla strumentalizzazione del- la religione, dalla manipolazione delle mas- se popolari»®, Ci si pud chiedere se questo quadro non sia troppo generoso nei confron- ti dell’imamato, finendo per ridurre l’evolu- zione post-occultazione ~ fino al khomeini- smo —ad una degenerazione, ad uno svilup- po abusivo privo di significato intrinseco. In realta, il processo di sostituzione descritto ha avuto precise radici nella stessa struttura del- la spiritualita shi‘ita. Come abbiamo detto, Uimam é colui che fornisce le regole di in- terpretazione delle scritture e della realta, ed al tempo stesso é il significato nascosto che tale interpretazione rivela, Dunque, la fonte delle “regole” di lettura é contemporanea- ‘mente il senso del testo che viene svelato da quelle regole: in altri termini, I'Imam é la fon- te del codice che consente di interpretare le a4 catene di significazioni ed al tempo stesso un anello di quelle catene, dunque si trova in una posizione sdoppiata, contemporaneamente interna ed esterna al “testo” da interpreta- re. in virtt di questa (auto-)referenza circo- lare. Se questa é la posizione dell’Imam, al- lora si capisce come la sua Occultazione sia in effetti una necessita intrinseca alla strut- wera spirituale di cui stiamo discutendo. La coscienza shi‘ita deve necessariamente, in virtis di una dialettica intrinseca alla posi- zione dell’ Imam, restare abbandonata, priva di quelle indicazioni interpretative che forni- scono al soggetto, collocandolo rispetto ad un sapere, U'orientamento rispetto a sé stes- so ed al mondo, Poiché é I'Imam che deter- mina in tal modo il soggetto, iniziandolo ad un sapere, e poiché I’Imam non pud non spa- tire, é del tutto naturale che il soggetto cer- chi un vicario del Maestro scomparso. Per- ché l'Imam deve sparire? Perché la sua @ la posizione insostenibile di un codice interno, immanente, al messaggio da interpretare, e che pur pretende di essere un codice autori- tativo, quindi per definizione esteriore e tra- scendente rispetto al messaggio. Nel momento in cui Vautorita spirituale dell'Imam, che de- ve fissare una volta per sempre le esegesi le- gittime, diventa essa stessa un elemento dell’esegesi, e non qualcosa che possa nor- mare questa dall’esterno, in quanto le é tra- scendente, la verita di cui I'Imam dovrebbe essere depositario diventa illocalizzabile, per- duta per sempre nell'opacita del testo da de- cifrare. Infatti, un'interpretazione che si vo- lesse l’unica legittima, dovrebbe fondarsi a sua volta su di un’anomalia, su di un che di non interpretabile, su di una trascendenza: ma é proprio questa anomalia, questo cari- sma ermeneutico su cui si fonda l'autorita dell’Imam, a essere ridotta, nel tawil, ad un segno tra gli altri segni, ad un che di interno al gioco delle interpretazioni, ad un risulta- to di tale gioco; il quale, non avendo pit nul- la di esterno a sé, non potendo piit essere re so trasparente ed univoco da un codice ad es- so esteriore, che regoli il gioco della signifi- aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. co dietro I’accusa millenaria di “fanatismo”. 2) Sospettare tutti gli Occidentali di interes- sarsi all’ Islam solo per disprezzo verso i mu- sulmani (che dire allora di un Occidentale che disprezzasse I'Islam?). Il problema dell" Islam come forza politica @ un problema cruciale per la nostra epoca e per gli anni a venire. La prima condizione per affrontarlo con il mini- mo indispensabile di intelligenza é di non ini Riconoscimento della contraddittorieta dei fenomeni; rifiuto delle astrazioni generalic- zanti; primato dell’intelligenza sulle passio- ni, specie se surdeterminate dai rapporti di potere: nonostante i limiti indicati della let- tura foucaultiana delle vicende iraniane del 1979, quanti di noi, che viviamo nel 2005, possono dire di essere all‘altezza di questo programma? ziare col coinvolgervi l'odio. Abstract. Pour comprendre les enjeux du reportage iranien de Michel Foucault, i faut le re- placer dans le contexte de la réflexion menée par le philosophe sur les formes contemporaines du powvoir et de la résistance. Le travail consacré au soulevement en Iran aurait dit consti- tuer le commencement d'une série de « reportages d’idées », visant a découvrir des événe- ments de pensée al’état pratique, c'est d dire d'une pensée qui a lieu au niveau des conduites, des gestes, des liens de sociabilité immédiate. Ce projet visait & dégager. & partir d'une ac- tualité dominée de plus en plus par la rhétorique normalisant de la fin des idéologies et par le retour narcissique du privée, les expériences politique collectives qui avaient lieu en de- hors des cadres traditionnels du politique — en dehors de I'Etat, mais aussi du vocabulaire erde la pratique des mouvements socialistes et communistes, révolutionnaires ou réformistes. Il s’agissait, donc, d’un projet tout 4 fait opposé a la pratique du journalisme « droitdel- hommiste » et victimaire d’aujourd’hui, qui s’autorise de la prétendue incapacité des « vie~ times » @ parler et d penser sans la médiation représentative du ( nouveau ) philosophe. Au contraire, Foucault a essayé de reconnaitre une valeur de pensée — de pensée politique a des gestes sans paroles, ou a des mots qui étaient inintelligibles pour les vocabulaires habituels. Dott l'attention consacrée @ la « spiritualité » politique des insurgés shi'ites. La foi shi‘ite @ été vue par Foucault comme le lieu d’une subjectivation politique inédite, qui s’autorisait d'une tradition millénaire tout en étant liée a la plus immédiate actualité. Néanmoins, Fou- cault d d'une certaine facon sous-estimée la valeur politique du shi'isme, excluant la possi- bilité d’un « gouvernement de Khomeyni » : le philosophe n’aurait pas vu, de la tradition shi ite, que le courant mystique et ésotérique, étudié par Henry Corbin, en négligeant le cou- rant juridique et légaliste qui aurait finalement pris le pouvoir. Pourtant, ces deux courants ne sont pas totalement opposées: le gouvernement du clergé proné par le courant légiste est la conséquence du vide laissé par la disparition de I'Imam caché sur la quelle la doctrine ésotérique est centrée—l’avenement du gouvernement des ayatollah est le produit d'une dia- lectique de la conscience shi'ite, qui demande le gouvernement d'un maitre visible en tant qu ersatz du Mattre caché. Auceeur de la subjectivation politique de la spiritualité shi'ite on peut retrouver le vide qui est au centre du sujet tel qu’il est thématisé par Foucault dans V Histoire de la sexualité : la nécessité de combler le vide entraine nécessairement la consti- tution d'un pouvoir pastoral des ayatollah. Les catégories foucauldiennes peuvent nous ai- der & comprendre la dialectique politique et religieuse du monde shi'ite et de prendre au sé- rieux les forces subjectives déclenchées par U'insurrection et qui sont aujourd'hui a la base de l'Etat islamique iranien comme de sa contestation intérieure : ce qui n’implique nulle~ ment faire Vapologie du gouvernement qui @ suivi le soulévement. 48 aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. cese e di quella d’ Ottobre — costituisce I’ Idea stessa della Rivoluzione. Certo, vi sono ana- logie con le Rivoluzioni a noi pid consuete: barricate, distribuzione di armi, ministri mes- si in fuga dall’irruzione della folla. E quindi Foucault pud suggerire, con finta ingenuita: «La storia ha posto in fondo alla pagina il si- gillo rosso che autentica la rivoluzione. La re- ligione ha svolto il suo ruolo di sollevare il sipario; i mollah ora si disperderanno in un grande volo di abiti neri e bianchi. La scena cambia. L’atto principale sta per cominciare: quello della lotta di classe, delle avanguardie armate, del partito che organizza le masse po- polari eccetera». Per poi aggiungere retori- camente: «Siamo sicuri che sia cosi?»®. E og- gi chiaro che nella rivoluzione iraniana la re- ligione non ha svolto il ruolo di un razzo vet tore, di una “eroica illusione” necessaria ad innescare I’azione ma destinata a dissolversi di fronte al sorgere delle forme e dei moven- ti autentici della Rivoluzione (quelli cio che si presumono adeguati alla sua “modemita”: gli interessi economici, l'organizzazione mi- litare —l"inverso speculare della supposta mo- dernita del regime dello Scia, questa volta perd attribuita non ad un governo ma ai suoi contestatori, non allo Stato ma alla Rivolu- zione). Gli elementi analoghi alle rivoluzio- ni che rientrano nel modello standard sono inseriti in un contesto profondamente modi- ficato: modificato cio’ dall’efficacia della re- ligione islamica, un’efficacia che innova ra- dicalmente, nella congiuntura iraniana, le for- me ed i modi della politica rivoluzionaria. Questi articoli di Foucault — spesso citati co- me prova di una certa miopia nell’analisi di un evento contemporaneo da parte di un fi- losofo ossessionato dall’“attualita” — in realt& pongono gia il problema, in seguito rivelato- si centrale, posto dalla possibilita per la reli gione islamica, di essere non un “velo” per dinamiche pid reali, ma esso stesso realtA cor- 8 Ibidem, 9 Ibid., pp. 63-65. 52 posa: di essere, cio’, capace di costituire una forma originale e specifica di azione politica e sociale, non riconducibile al ruolo di “scher- mo” per forme gia note. Questa forma richiede (ed anche in cid l’analisi di Foucault, a sca- pito di alcuni “punti ciechi”, 2 anticipatrice), prima che demonizzazioni 0 sottovalutazio- ni sprezzanti, uno sforzo per comprenderne adeguatamente le “regole” immanenti. Vale Ja pena di riportare intero passo in cui Fou- cault, nell’articolo Una polveriera chiamata Islam, delinea questa prospettiva analitica: «Un popolo senza armi che si solleva tutto in- tero e rovescia con le sue mani un regime “on nipotente”. Ma la sua importanza non dipen- dera forse dalla sua conformita a un modelo “tivoluzionario” riconosciuto. La dovra piut- tosto alla possibilit’ che avra di sconvolgere gli elementi della situazione politica del Me- dio Oriente, dunque l’equilibrio strategico mondiale. La sua singolarita, che ha fatto fi- no ad oggi la sua forza, rischia di diventare in seguito la sua potenza di espansione. E in- fatti come movimento “islamico” che pud in- cendiare tutta la regione, rovesciando i regi- mi pid instabili, e allarmarei pid solidi. Lislam ~che non 2 semplicemente religione, ma mo- do di vita, appartenenza a una storia e a una civilt - rischia di costituire una gigantesca polveriera, formata da centinaia di milioni di uomini. Da ieri ogni stato musulmano pud es- sere rivoluzionario dall’interno, comincian- do dalle sue tradizioni secolari»®. Cosi Foucault. La sua esposizione, com’ owvio, non costituisce una teoria (della Mo- derita, dello Stato, della Rivoluzione), né produce ipso facto una posizione politica, un orientamento valoriale univoco, Si limita a porre davanti ai nostri occhi gli elementi di un problema: un regime che si legittima col ricorso ad un progetto obsoleto, una rivolu- zione che sembra riattivare i dati di una ar- caicita millenaria. Di fronte a questi elemen- aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. aa You have either reached a page that is unavailable for viewing or reached your viewing limit for this book. dispositivi il cui significato 8 deciso dai “tem- pi” differenti che in essi si combinano, dob- biamo avanzare delle ipotesi relative a cid che tali dispositivi appunto significano all"altez~ za della congiuntura capitalistica mondiale della fine degli anni Setanta. 4. Dopo la “modernizzazione”, che cosa? Riprendiamo il filo del discorso a partire dal nesso corruzione-modernizzazione. Ab- biamo visto che la corruzione @ un elemento fondamentale del regime dello Scia: soprat- tutto, per Foucault esso non @ imputabile all’ ar- retratezza dell Iran rispetto alla moderita dei paesi occidentali. Ed in effetti, come poterlo attribuire ad una carenza di modernizzazione, se negli stessi paesi occidentali, paradigmi del- la modernita di cui si giudica I’Iran in difetto, di li a pochi anni sarebbero esplosi massicci fenomeni di corruzione politica, anch’essi pe- raltro non contingenti ma incorporati struttu- ralmente nel sistema? Come pensare che la corruzione (e lo vedremo, il “dispotismo™) di- pendano dal ritardo nel raggiungimento di un traguardo se questo stesso traguardo @ carat- terizzato da questi fenomeni? Evidentemen- te, 2 necessario reimpostare il problema. Se- condo le ipotesi teoriche di cui abbiamo fino- ra discusso, I'Iran e I’ Occidente non rappre- sentano due stadi di un processo univoco, ma realta differenti reciprocamente contempora- nee all’interno di un unico intreccio di “tem- pi” che esiste come unica formazione sociale capitalistica su scala mondiale. Bisogna ora avanzare qualche ipotesi sulle tendenze attuali di questa formazione, di capire perché esse abbiano reso del tutto implausibile la legit mitd del discorso modemizzatore. In uno dei saggi — splendidi per acume e apertura teorica — della sua ultima produzio- ne, Luciano Ferrari Bravo criticava alcune teo- rie (proposte tra gli altri dal famigerato Sa- muel Huntington) relative al nodo della cor- tuzione dei sistemi politici del “Terzo Mon- do": «Sullo sfondo di una teoria degli stadi dello sviluppo (...) la corruzione pud essere concettualizzata come “one measure of the ab- sence of effective political institutionalisation” , risultato di strains nei quadri di valori in tra- sformazione 0 succedaneo di burocrazie “non- razionali"(...) I valori di scala e di incidenza (frequenza) della corruzione risultano negati- vamente correlati rispetto alla consistenza e maturita di una societa civile degna di questo nome — in particolare rispetto allo strutturar- si di uno spazio politico imperniato su mo- derne macchine di partito. La corruzione & dunque un sostituto funzionale di una parte- cipazione insufficiente — delle difficolta di un effettivo processo di riforma e/o rivoluzione. Ilrapporto tra partecipazionee corruzione as- sume percid un andamento storico singolare: non diversamente dai casi di formazione di moderni sistemi di partito nel mondo anglo- sassone al di qua eal di 1a dell’ Atlantico, nel- Ja misura in cui da mano al sorgere e consoli- darsi di partiti (...) la corruzione prepara il suo proprio declino»', In sintesi, secondo queste teorie, corruzione c’® ove non ra sistemi politici modemi, cio’ ove la mo- dernizzazione lasci ancora a desiderare. Ma Ferrari Bravo aggiunge: «é lecito chiedersi quanto il preconcetto da “fine della storia” con cui Huntington (e con lui gran parte della let teratura sullo sviluppo politico) guarda ai stemi politici sviluppati gli abbia impedito di vedere la seconda parte di una ipotetica cur- va ad u che parrebbe legare partiti e corruzio- ne, vale a dire il riespandersi di quest’ ultima in sistemi in sistemi di partito maturi»!*, Qua- Ie lacausa di questo fenomeno di ritorno? Ab- biamo gi visto che ci sono buoni motivi per diffidare di una risposta in chiave di moder- nizzazione incompiuta (¢ poi, come sarebbe jano anco- 13. L. Ferrari Bravo, “Corruzione e politica"(1995), in Id., Dal fordismo alla globalizzazione, Manifesto- libri, Roma, 2001, p. 270. 14 Ibidem, 56

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