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Gli animali nella Grande Guerra

Maria Grazia Suriano


Gli animali nella Grande
Guerra

Maria Grazia Suriano

Se
Gli animali nella Grande Guerra
Maria Grazia Suriano

Published by Se, case studies|Se


ISBN: 978-88-943141-06

© . All Rights Reserved

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Table of Contents

0. Frontespizio  .......................................................................................................  0
0. Dedica .................................................................................................................  0
INTRODUZIONE  ...............................................................................................  11
3. Il progetto .........................................................................................................  13
4. Gli strumenti ....................................................................................................  15
0. Ringraziamenti ..................................................................................................  0
I. GLI ANIMALI NELLA GRANDE GUERRA. IL LAVORO SULLE
FONTI ...................................................................................................................  19
6. Raccontare il vissuto animale per una storia inclusiva  .............................  21
7. Subalterno, chi? Superare la costruzione della subalternità animale  .....  27
8. Raccontare gli animali di guerra in aula  .....................................................  35
9. L'empatia, un approccio didattico ................................................................  41
II. I PROTAGONISTI ..........................................................................................  43
10. Il cane ..............................................................................................................  45
11. Bally Shannon, Satan e Stubby  ...................................................................  50
12. Strumenti di approfondimento ...................................................................  55
13. Il piccione  .......................................................................................................  57
14. Cher Ami, Mocker e Valiant  .......................................................................  62
15. Strumenti di approfondimento ...................................................................  66
16. Il cavallo  .........................................................................................................  68
17. Warrior  ...........................................................................................................  73
18. Strumenti di approfondimento ...................................................................  76
19. Una guida multimediale ..............................................................................  79
20. Bibliografia .....................................................................................................  87
0. Copyright  ...........................................................................................................  0
Table of Figures

Figure 6.1 Soldato britannico che alimenta un gatto a Neulette coperta di


neve, 17 December 1917 © IWM (Q 6399) .......................................................  24
Figure 7.1 Soldato con "Sammy", la mascotte del quarto battaglione, Royal
Northumberland Fusiliers © IWM (Q 1451)  ...................................................  28
Figure 7.2 Soldato del RAVC con un cavallo bendato presso l'ospedale
veterinario n.5, Abbeville, 22 Aprile 1918 © IWM (Q 8726)  .........................  31
Figure 8.1 Membri australiani dell'Imperial Camel Corps vicino Jaffa,
Palestina, 1918 © IWM (HU 75737)  ..................................................................  36
Figure 8.2 Cavalli refrattari © IWM (Q 33569)  ...............................................  37
Figure 8.3 Carro da guerra per lampade elettriche trainato da cani,
Dorimbergo, Fronte dell'Isonzo, 1916 ca © ÖNB, Europeana Collections
1914-1918 ..............................................................................................................  38
Figure 8.4 Piccioni di ritorno alla propria colombaia, Pernes, 1918 © IWM (Q
9000) ......................................................................................................................  39
Figure 10.1 Cane messaggero con il cilindro, in cui il messaggio veniva
trasportato, Etaples, 28 Agosto 1918 © IWM (Q 9277)  ..................................  45
Figure 10.2 Ufficiali si rilassano attorno ad un grammofono con i loro cani,
sul campo a Poperinghe, 26 Settembre 1917 © IWM (Q 2897) .....................  48
Figure 11.1 Prima pagina di Le Miroir del 17 giugno 1917 ..........................  51
Figure 11.2 Stubby, l'eroe di Georgetown  .......................................................  53
Figure 13.1 Pilota britannico rilasciando un piccione © IWM (Q 13613)  ...  57
Figure 13.2 Apparecchio fotografico in miniatura da posizionare sotto il
ventre dei piccioni viaggiatori, © Bnf, Europeana Collections 1914-1918 ..  59
Figure 13.3 Scatola anti-gas per 15 piccioni viaggiatori, Trento, © ÖNB,
Europeana Collections 1914-1918 .....................................................................  60
Figure 14.1 Cartolina del comandante Raynal, 1916  .....................................  64
Figure 16.1 Uomini e cavalli dell'Army Service Corps (ASC) sottoposti ad
una esercitazione anti-gas, da qualche parte nel Regno Unito, probabilmente
Aldershot © IWM (Q 34105) ..............................................................................  68
Figure 16.2 Italiani catturati seppelliscono i cavalli giacenti per strada, 1917
© ÖNB, Europeana Collection 1914-1918 ........................................................  70
Figure 17.1 Truppe del genio britannico, che portano via i cavalli dopo lo
sbarco in Francia, © IWM (Q 33311)  ................................................................  74
Gli animali nella Grande Guerra

Maria Grazia Suriano

case studies | S e

9
A Novembre, sempre

10
Introduzione
3. Il progetto

L’e-Book, Gli animali nella Grande Guerra, nasce nell’ambito delle proposte di­
dattiche sviluppate dall’Associazione culturale Se e risponde all’impegno da
essa assunto nel promuovere lo studio della storia del Novecento, diffon­
dendo un sapere inclusivo, che valorizzi i soggetti subalterni esclusi dalle
narrative istituzionali, allo scopo di ampliare la definizione di una disciplina, la
storia, che non sia più soltanto la “scienza dell’uomo nel tempo”, quanto piuttosto la
“scienza dei viventi nel tempo”.

Gli animali, in tal senso, sono da considerarsi dei soggetti peculiari. Esatta­
mente come gli umani essi sono soggetti di vita, “sentono” ovvero provano
emozioni, ma diversamente dall’uomo, che spesso necessita di prolungate
sedute psicanalitiche per esprimerle, essi hanno un’incredibile facilità di ac­
cesso alle proprie emozioni. Vivono una vita sociale complessa, sviluppano
tra di loro dei rapporti appassionati e amano disperatamente i propri cuccio­
li. La prolungata abitudine dell’uomo a considerare non degno di rispetto
tutto ciò che non gli somiglia fisicamente ha determinato un impoverimento
complessivo nei rapporti sociali e con l’ambiente naturale e ha avuto e conti­
nua ad avere un riflesso nel modo di pensare e produrre riflessioni critiche.
Solo di recente si è arrivati ad accogliere la possibilità, almeno negli studi,
che sebbene non scrivano autobiografie, gli animali sono soggetti di biogra­
fie da scrivere1.

Le numerose iniziative promosse in tutta Europa in occasione del centenario


della Grande Guerra sono state, dunque, una fonte di ispirazione per riflette­
re su tutte quelle soggettività non completamente estranee alla storiografia,
ma di fatto escluse dai libri di testo, portando allo sviluppo di un progetto
didattico rivolto a studenti e docenti delle scuole secondarie con l’intento di
fornire agli uni un punto di vista differente per studiare la Prima guerra
mondiale e agli altri strumenti ulteriori, di cui avvalersi per svecchiare le
classiche modalità di insegnamento della storia.
La collana ‘Case Studies’ curata dall’Associazione culturale Se, di cui Gli ani­
mali nella Grande Guerra costituisce il primo numero, si propone di risponde­
re all’esigenza di avere dei riferimenti aggiornati per sviluppare dei percorsi
13
didattici in classe, oltre che un supporto metodologico per svolgere lavori in­
dividuali o di gruppo a casa. Al pari delle offerte didattiche (corsi di aggior­
namento e seminari) avanzate dall’Associazione, gli e-Book proposti nella
collana privilegiano il comparativismo, l’interdisciplinarietà e
la multimedialità, individuando al contempo strumenti utili per la didattica
che siano fruibili sul web a libero accesso per quel che riguarda un loro
eventuale riutilizzo.

Riconoscendo nella gratuità il fondamento di un sapere libero e inclusivo,


l’Associazione culturale Se ha deciso che questo primo e-Book della collana
‘Case Studies’ fosse scaricabile gratuitamente dal proprio sito. Tale decisione
è stata resa possibile dalla partecipazione al primo concorso internazionale
“Europeana Strike a match for Education” promosso dal network culturale
Europeana in collaborazione con la piattaforma di civic crowdfunding Goteo e
dagli esiti della raccolta fondi, a cui Gli animali nella Grande Guerra ha parteci­
pato essendo uno dei tre progetti vincitori.

1. J. M. Masson, S. McCarthy, Quando gli elefanti piangono. Sentimenti ed emozioni nella vita degli
animali, Baldini & Castoldi, Milano 1996 e M. Bekoff, The Emotional Lives of Animals, New World
Library, Novato, 2008. Si vedano, inoltre: A. Horowitz, Inside of a Dog. What Dogs See, Smell, and
Know, Simon & Schuster, New York 2009; J.-L. Guichet (dir.), Douleur animale, douleur humaine,
Quae, Versailles 2010; nonché C. Darwin, L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli
animali [1872], Newton Compton, Roma 2008 e A. R. Damasio, L’errore di Cartesio. Emozione,
ragione e cervello umano, Adelphi, Milano 2007 (nona edizione).

14
4. Gli strumenti

Il web è una fonte d’informazione in continua e costante crescita, un even­


tuale uso a scopi didattici di tali informazioni deve poter contare su garanzie
di autenticità e qualità. Per quel che riguarda lo studio della Grande Guerra
è oggi possibile accedere a diverse collezioni digitali, realizzate da istituzioni
museali e bibliotecarie, che hanno il vantaggio di essere accurate dal punto
di vista archivistico e garantire l’autenticità e la qualità delle fonti messe a
disposizione degli utenti. I materiali disponibili sono tanti e tutti molto vali­
di, tra questi i filmati d’epoca, i film, i romanzi, le poesie, nonché gli articoli,
i documenti, i documentari e le fotografie (cap. III, Una guida multimediale),
che concorrono tutti insieme allo sviluppo di percorsi inclusivi rispetto a
quelli proposti dal manuale scolastico, allo scopo di raccontare coerentemen­
te la storia della Grande Guerra partendo dal punto di vista degli animali,
che vi presero parte. La scelta, in questo e-Book, di porre in primo piano la
fonte iconografica è dettata dal fatto che essa restituisce nella forma più di­
retta il vissuto degli animali al fronte e, da un punto di vista didattico, ha la
capacità di attrarre più immediatamente di altre l’attenzione.

Gran parte del patrimonio culturale europeo è oggi fruibile online grazie
all’iniziativa promossa dal portale Europeana, espressione del lavoro con­
dotto dalla fondazione omonima nel rappresentare e valorizzare il patrimo­
nio culturale comune attraverso una ampia iniziativa di digitalizzazione e
conservazione, che ha reso accessibili oltre 23 milioni di elementi, in forma
di testi, immagini, filmati e audio, relativi a tutti i periodi storici e movimen­
ti culturali d’Europa, da nord a sud, da est a ovest. Al suo interno, è disponi­
bile la collezione Europeana 1914-1918, dedicata alla Grande Guerra.

Europeana 1914-1918 ha fatto la sua comparsa in questo già ricco contesto in


occasione del centenario della Prima guerra mondiale, quando con
l’obiettivo di documentare vari aspetti del conflitto particolarmente attinenti
al vissuto quotidiano della gente comune e dei soldati è stata promossa
l’iniziativa di digitalizzare il patrimonio di dieci importanti istituzioni nazio­
nali, rendendo così disponibili per ricercatori, studiosi, appassionati e citta­

15
dini un patrimonio composto da libri, quotidiani, giornali di trincea, carte
geografiche, fogli di musica, racconti per l’infanzia, fotografie, manifesti,
pamphlet, volantini di propaganda, opere d’arte, testi religiosi, medaglie e
monete. Le istituzioni che hanno partecipato alla realizzazione del database
Europeana 1914-1918 sono state la Staatsbibliothek di Berlino, che ha svolto il
ruolo di coordinamento, e il portale Clio-Online, che è stato incaricato di ef­
fettuare le rilevazioni e l’analisi dei requisiti. Vi hanno, inoltre, partecipato in
qualità di partner e fornitori di contenuti la Bibliothèque Nationale de Fran­
ce e la Bibliothèque Nationale et Universitaire de Strasbourg (Francia); la Bi­
blioteca Nazionale Centrale di Roma “Vittorio Emanuele II”, la Biblioteca
Nazionale Centrale di Firenze e l’Istituto Centrale per il Catalogo Unico del­
le Biblioteche Italiane e per le Informazioni Bibliografiche (Italia); la Biblio­
thèque Royale de Belgique (Belgio); la British Library (Gran Bretagna); la
Kongelige Bibliotek (Danimarca); la Österreichische Nationalbibliothek (Au­
stria) e la Narodna Biblioteka Srbije (Serbia).

Non mancano, inoltre, altre realtà digitali ugualmente importanti e di inesti­


mabile valore. In alcuni casi si tratta di esperienze di lungo periodo, con alle
spalle una vasta tradizione nella cura e conservazione del patrimonio: è il ca­
so degli Imperial War Museums e, in particolare, della collezione digitale de­
dicata alla Grande Guerra. Navigando al suo interno è possibile consultare
una ricca collezione iconografica focalizzata sugli animali di guerra, una tra
le più belle e complete al mondo, a conferma della lunga tradizione e sensi­
bilità britannica nella valorizzazione della storia militare e del mondo ani­
male.  

In occasione del centenario anche i contenuti italiani hanno trovato una ade­
guata collocazione. I manifesti, le stampe, i periodici e le fotografie conserva­
ti nella Biblioteca Universitaria Alessandrina, nella Biblioteca di Storia Mo­
derna e Contemporanea e presso l’Istituto per la Storia del Risorgimento Ita­
liano sono stati opportunamente digitalizzati. Oggi è possibile, infatti, con­
sultarli attraverso il sito 14-18. Documenti e immagini della Grande Guerra.

L’e-Book è suddiviso in tre capitoli. Il primo capitolo fornisce una presenta­


zione storico-critica del ruolo degli animali durante la Prima guerra mondia­
le, indicando attraverso l’avanzamento degli studi e gli approcci analitici da
essi proposti in quale misura il punto di vista animale si presta a rivedere la

16
narrativa istituzionale della Grande Guerra e a favorire un approccio multi­
disciplinare allo studio della stessa. Il secondo capitolo propone tre case stu­
dies e i relativi strumenti di approfondimento, a cui potrà attingere tanto
l’insegnante per preparare la lezione quanto lo studente per sviluppare
un progetto individuale o di gruppo. Ognuno dei tre paragrafi, che
compongo­no il capitolo, presenta una parte introduttiva dedicata al caso
specifico pre­so in esame, rispettivamente il cane, il piccione, il cavallo,
seguita da una de­dicata alle esperienze di singoli protagonisti e da
un’altra specifica sugli strumenti di approfondimento necessari per
sviluppare un percorso didatti­co. Il terzo capitolo è dedicato alle fonti e
propone una guida multimediale di risorse selezionate. A conclusione del
volume è stata inserita una Biblio­grafia generale aggiornata tesa ad
illustrare le linee-guida, che attraversano la riflessione sulla presenza
animale in guerra.

17
Ringraziamenti

Sono tanti coloro che hanno reso possibile questo progetto. Un sincero ringrazia­
mento va ad amici, colleghi, familiari e sconosciuti sostenitori, che con il loro sup­
porto economico hanno fatto sì che Gli animali nella Grande Guerra diventasse real­
tà.

La campagna di matchfunding promossa dalle fondazioni Goteo ed Europeana è sta­


ta lo strumento, che ha permesso l’incontro di queste sinergie. In particolare, deside­
ro ringraziare Alexandra Baez, che per Goteo ha coordinato la prima fase del proget­
to, seguendolo passo passo durante le intense settimane del crowdfunding. Ringra­
zio, inoltre, lo staff di Europeana, che da L’Aia ha facilitato le formalità burocratiche.

Un ringraziamento speciale va ad Emanuela Guzzinati, responsabile del prestito in­


terbibliotecario presso la Biblioteca ‘Walter Bigiavi’ dell’Università di Bologna, che
con professionalità e cortesia ha seguito le mie numerose richieste, procurando testi
altrimenti introvabili. 

18
I. Gli animali nella Grande Guerra. Il lavoro sulle fonti
6. Raccontare il vissuto animale per una storia inclusiva

“A week since, I was lying out in no-man’s-land, a little German dog trotted up and
licked my British face. I pulled his German ears and stroked his German back. He
wagged his German tail. My little friend abolished no-man’s-land, and so in time
can we (Lt Melville Hastings, killed in action, 3 October 1918)" 1 .

La Grande Guerra è da considerarsi, dal punto di vista tecnologico, la prima


vera guerra moderna mai combattuta. Il progresso scientifico e la sua appli­
cazione tecnica nell’industria bellica, cresciuti considerevolmente durante la
seconda metà dell’Ottocento, hanno fatto sì che per la prima volta nel 1914
gli eserciti, tutti senza distinzioni di sorta, potessero contare su colonne mo­
bili di artiglieria pesante e leggera, automatica e semiautomatica; sugli aero­
plani, utilizzati per effettuare bombardamenti e voli di ricognizione e caccia;
sui sottomarini, impiegati nelle battaglie navali nel Canale della Manica e
nel Mediterraneo. Senza dimenticare l’impiego su larga scala dei nuovi mez­
zi di comunicazione, dalla radio al telefono, dal telegrafo al cablogramma2.

Il dato che maggiormente colpisce, sebbene a lungo trascurato dalle ricostru­


zioni storiche e del tutto taciuto dai libri di testo, è che la Prima guerra mon­
diale fu sì una guerra moderna, che tuttavia perse ben presto i caratteri
dell’avventura per lasciare il posto ad un’impresa lunga e disperata, mante­
nendo un carattere difatti primordiale ovvero l’arruolamento di massa di
milioni di animali, che ne resero possibile l’avvio e la riuscita nel lungo pe­
riodo. La cifra è ad oggi ancora approssimativa, poiché non si conosce con
l’esattezza se essa sia riferita al numero complessivo degli animali presenti ai
fronti all’inizio del conflitto o a quello rinvenuto alla sua fine, ma sta di fatto
che tale presenza si aggirò intorno ai 12 milioni di esemplari, di cui 11 milio­
ni di equini, 100.000 cani e tra i 200.000 e i 250.000 piccioni. La maggioranza
erano animali requisiti dalle autorità ed effettivamente arruolati, titolari cioè
di documenti di servizio, perché ritenuti utili da un punto di vista tattico. Si
trattava di cani, muli, asini, cavalli, piccioni e cammelli; ad essi vanno a som­
marsi i topi e i pidocchi, principali abitanti delle trincee insieme ai soldati,
nonché le lucciole catturate e utilizzate durante la notte per leggere le mappe

21
o le lettere dei familiari; gli animali da cortile, che, quando non preventiva­
mente razziati, fuggivano da case, stalle, aie in seguito alle rotture dei fronti;
senza dimenticare gli animali da macello, bovini e suini per lo più, destinati
al rancio dei militari3.

Si trattava di una presenza numerosa e tutt’altro che sconosciuta, come rive­


lano le lettere e le memorie di soldati semplici e ufficiali, e come confermano
del resto le informazioni relative all’organizzazione strategico-logistica dei
fronti, lungo i quali furono allestite strutture specifiche come le stazioni di
posta per il riposo degli animali trasportatori (muli, asini, cani), i depositi di
foraggio e gli ospedali veterinari. Senza contare le stalle destinate ad acco­
gliere, anche se solo per brevi periodi, gli animali da rancio macellati nelle
immediate prossimità del fronte, nonché gli stabilimenti digestori, in cui ve­
nivano smaltite le carcasse4. 

Fatte salve le rare pubblicazioni delle memorie di ufficiali apparse negli anni
Venti e Trenta, nelle quali sono spesso rintracciabili evocazioni dei rapporti
instaurati con gli animali al fronte, è stato necessario attendere i primi anni
Ottanta, perché la storia di Warrior, il cavallo del generale britannico Jack
Seely operativo con il suo reggimento in Francia, catturasse l’attenzione del­
lo scrittore per l’infanzia Michael Morpurgo. Warrior ha ispirato il protago­
nista del romanzo War Horse pubblicato nel 1982, la cui voce narrante è il ca­
vallo di guerra Joey, portato sul grande schermo nel 2011 da Steven Spiel­
berg.

Negli stessi anni l’Imperial War Museum commissionò ad una nota autrice
britannica, Jilly Cooper, la realizzazione di un libro, che accompagnasse la
mostra dedicata agli animali in guerra in programma per il 1984. La pubbli­
cazione di Animals in War ispirò la costituzione dell’Animals in War Memo­
rial Fund, che nell’arco di circa vent’anni ha raccolto i due milioni di sterline
necessari alla costruzione dell’imponente ed omonimo memoriale dedicato
come si legge nell’iscrizione “a tutti gli animali che servirono e morirono a
fianco delle truppe britanniche ed alleate nelle guerre e nelle campagne mili­
tari nel corso del tempo”, ed inaugurato a Park Lane (Londra) nel novembre
2004 in occasione del 90° anniversario della fine della Grande Guerra.

22
A partire da quella data e per i dieci anni successivi, sono state inaugurate
numerose mostre dedicate agli animali in guerra o alla Grande Guerra in
quasi tutti i paesi del Fronte occidentale (Londra 2005, Péronne 2007, Camp­
bell 2008, Osnabruck e Bruxelles 2010, Gorizia 2014), la cui organizzazione
ha richiesto un notevole lavoro di scavo archivistico, permettendo di portare
alla luce e riorganizzare molto materiale, soprattutto quello iconografico.
Questi materiali sono diventati oggetto di attenzione e cura da parte di ap­
passionati di storia della guerra, ai quali si deve la creazione di numerosi siti
internet e la pubblicazione di diversi studi, che sarebbe riduttivo definire
amatoriali, sia per la puntualità delle ricostruzioni proposte sia per il valore
delle fonti utilizzate. Un carattere comune a questa produzione, tuttavia, è
dato dal fatto che essa è focalizzata essenzialmente sulle modalità di utilizzo
pratico degli animali in guerra. Le narrazioni proposte non pongono mai in
primo piano l’animale in quanto soggetto e protagonista di una attività o di
una azione, ma rimangono sul versante umano e da quel privilegiato punto
di vista restituiscono la storia al lettore5. Non si discostano da tale canone
neppure alcuni pregevoli studi italiani, come quelli di Bucciol e Fabi, che pur
guardando con maggiore insistenza alla condizione degli animali durante il
conflitto, non pongono al centro delle proprie analisi i loro vissuti, per quan­
to Fabi non manchi di rilevare che, pur essendo impiegati principalmente co­
me elementi dei corpi d’armata, gli animali “sono anche e soprattutto esseri
viventi che accompagnano i militari in una avventura difficile e impegnati­
va, a tratti disperata e impossibile, ma anche spensierata e divertente, a volte
pericolosissima, altre inevitabilmente noiosa”6. L’animale rimane un bene
d’uso sia che esso funga da cibo, da supporto logistico o da strumento di pet
therapy. Vale la pena ricordare che la presenza animale è servita, fra l’altro,
ad alleviare l’orrore della trincea. Prendersi cura di esseri indifesi e assoluta­
mente dipendenti dall’uomo, significava per i soldati recuperare, anche solo
per un breve lasso di tempo, la propria umanità offesa dalla esperienza della
guerra7. 

23
Fig. 6.1: Soldato britannico che alimenta un gatto a Neulette coperta di neve, 17
December 1917 © IWM (Q 6399)

I pochi storici di professione, che fino ai primi anni duemila si sono occupati
della questione della presenza animale nelle guerre non sono stati da meno
nel riprodurre lo schema interpretativo appena delineato, limitando il loro
approccio al versante umano per convinzione o abitudine al fatto che la sto­
ria, intesa come disciplina, sia esclusivamente la scienza che studia l’uomo
nel tempo. Pur essendosi interessati all’utilizzo dei cavalli e dei piccioni
viaggiatori, alle rappresentazioni culturali e alle proiezioni affettive operate
dai soldati sugli animali loro affidati, all’organizzazione dei servizi veterina­
ri e alle sfide inedite derivate dal dover affrontare le malattie e i traumi di
guerra, di cui gli animali furono vittime, anche in questi casi gli animali si in­
travedono appena a côté degli sforzi fatti dal personale medico veterinario
ad esempio, sebbene le cartelle veterinarie si sarebbero potute rivelare delle
ottime fonti per evocare i loro vissuti soprattutto alla luce delle informazioni,
di cui oggi si dispone in riferimento al loro mondo emozionale, la loro capa­
cità di sentire il dolore e di reagire alla sofferenza8. 

24
Si è registrata, al contrario, una mancata volontà a decentrare lo sguardo e a
legare le proprie analisi alle conoscenze provenienti da altre discipline, come
le scienze naturali, la psicologia, l’etologia e, soprattutto, dalla riflessione
femminista e animalista, in virtù del pregiudizio ancora piuttosto saldo, che
vuole l’animale subalterno all’uomo ed in quanto tale oggetto delle sue pro­
iezioni, delle sue attenzioni, siano esse cure o violenze, allo scopo di soddi­
sfarne e confermarne il ruolo nella scala gerarchica, in continuità con il dua­
lismo proprio della tradizione culturale e filosofica occidentale teso a perpe­
tuare le logiche e le pratiche del dominio patriarcale, che nei secoli è stato
esercitato su chiunque risultasse in posizione di svantaggio (la gente di colo­
re, i lavoratori, per fare degli esempi) e che continua con costante e violenta
pervicacia ad essere esercitato sulle donne, gli animali e la natura. Tre
espressioni di viventi, che non aderendo al modello gerarchico costruito da­
gli uomini per se stessi, sono in grado di “rompere lo specchio” in cui il do­
minio cerca a tutti i costi il proprio riflesso9.

1. R. van Emden,  Tommy’s Ark: Soldiers and Their Animals in the Great War, Bloomsbury, Lon­
don 2011, p. 12 .
2. Sul progresso scientifico applicato alla guerra, con particolare riferimento alla Prima,
rimando a M. G. Suriano, “Will this terrible possibility become a fact?”. Il progresso scientifico
applicato alla guerra nella riflessione di Gertrude Woker e Kathleen Lonsdale, in "Dep. Deportate,
Esuli, Profughe", n. 35, 2017, pp. 26-41, http://www.unive.it/media/allegato/dep/
n35/02_Suriano_modello.pdf .
3. É. Baratay,  Bêtes des tranchées. Des vécus oubliés, CNRS Éditions, Paris 2013, pp. 8-9. Si veda,
inoltre, D. Baldin (dir.),  La guerre des animaux, 1914‐1918, Artlys, Versailles 2007. Per un
quadro d’insieme sull’esperienza bellica degli animali dal carattere più divulgativo, si
rimanda a E. Bucciol,  Animali al fronte. Protagonisti oscuri della Grande guerra,
Nuovadimensione/Ediciclo, Portogruaro 2003 e L. Fabi,  Guerra bestiale: uomini e animali nella
Grande Guerra, Persico, Cremona 2004.
4. L. Fabi,  Guerra bestiale, pp. 8-13.
5. Senza alcuna pretesa di esaustività al riguardo, si rimanda a: S. Bulanda,  Soldiers in Fur and
Feathers. The Animals that Served in World War I - Allied Forces, Alpine Publications, Crawford
2013; J.-M. Derex,  Héros oubliés: les animaux dans la Grande Guerre, Pierre de Taillac Editions,
Villers-sur-Mer 2014; L. Fabi, Il bravo soldato mulo. Storie di uomini e animali nella Grande
guerra, Mursia, Milano 2012; J. Gardiner, The Animals War: Animals in Wartime from the First
World War to the Present Day, Portrait, London 2006; I. George, R. L. Jones,  Animals at War,
Usborne Publishing, London 2006; E. Le Chene, Silent Heroes: The Bravery & Devotion of
Animals in War: An Animals’ Roll of Honour , Souvenir Press Ltd, London 1997; D. Leoni,  La
guerra verticale. Uomini, animali e macchine sul fronte di montagna, Einaudi, Torino 2015 e F.
Quilici, Umili eroi: storia degli animali nella Grande Guerra, Mondadori, Milano 2016. Si
segnalano, inoltre, gli articoli disponibili online ed elencati nel terzo capitolo di questo e-
Book, Una guida multimediale .
6. L. Fabi, Guerra bestiale, p. 16.

25
7. Giuseppe Ungaretti, poeta-soldato, si esprimeva in tal senso a proposito del ritrovamento di
una gazza (G. Ungaretti, Lettere a Giovanni Papini 1915-1948, a cura di M. A. Terzoli,
Mondadori, Milano 1988) e numerose sono le testimonianze rese dai soldati nelle lettere e nei
diari, come quelli utilizzati in R. van Emden,  Tommy’s Ark .
8. Questo approccio tradizionale è presente negli studi di D. Baldin, direttore dell’opera La
guerre des animaux, 1914‐1918 e già autore di saggi sugli animali al fronte, in particolare il ca­
vallo e il cane: De la continuité anthropologique entre le combattant et le cheval: le cheval et son
image dans l’armée française durant la Première guerre mondiale, in “Revue historique des ar­
mées”, n. 249, 2007, pp. 75-87 e Le chien, animal exemplaire d’une anthropologie historique des re­
lations hommes-animaux en temps de guerre (1914-1918), in “Ethnozootechnie”, n. 78, 2006, pp.
159- 162. Non diversamente si collocano i lavori di R. Bruneau, Les équidés dans la Grande
Guerre, in “Bulletin de la Société Française d’Histoire de la Médecine et des Sciences Vétéri­
naires”, IV, n. 1, 2005, pp. 20-33; J. Kramer, Animal Heroes. Military Mascots and Pets, Secker &
Warburg, London 1982 e J. Wajerowski, La Grande Guerre des pigeons voyageurs, in D. Baldin
(dir.), La guerre des animaux, pp. 59-67; e volumi che raccolgono contributi importanti come
quelli di R. Pöppinghege (dir.), Tiere im Krieg. Von der Antike bis zur Gegenwart, Schöningh,
Paderborn, 2009 e D. Roche (dir.), Le cheval et la guerre, Académie d’Art Équestre, Versailles
2002.
9. Si rimanda, in particolare, alla riflessione sui diritti degli animali nell’impostazione
antispecista proposta dal filosofo P. Singer nel volume del 1975  Animal Liberation  (tra le
traduzioni italiane recenti si veda Liberazione animale. Il manifesto di un movimento diffuso in
tutto il mondo, Il Saggiatore, Milano 2010) e al più recente studio di P. Jouventin, D. Chauvet,
E. Utria (dir.), La raison des plus forts: la conscience déniée aux animaux, Imho, Paris 2010.
Mentre per quel che riguarda il superamento del dualismo (uomo/donna; uomo/animale) e
della cultura del dominio, che esso alimenta, il riferimento va a due libri di D. Haraway,
Manifesto Cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo , Feltrinelli, Milano 1995 (l’ed. or. è
del 1985) e Primate Vision: Gender, Race and Nature in the World of Modern Science, Routledge,
New York 1989.

26
7. Subalterno, chi? Superare la costruzione della
subalternità animale

Decostruire l’abitudine a considerare gli animali come degli esseri passivi, a


vederli come dei semplici oggetti, al punto da etichettare le attitudini e i sen­
timenti umani a loro riguardo come pure proiezioni antropomorfiche e la re­
lazione con essi come una semplice relazione e polo unico (l’uomo) e a senso
unico (dell’uomo verso il suo animale), dove il primo esercita senza conse­
guenze le sue proiezioni, i suoi saperi, le sue pratiche su un oggetto traspa­
rente trasformato in semplice pretesto, è il primo passo per emancipare
l’animale dalla subalternità a cui, suo malgrado, è stato destinato e comincia­
re a sviluppare una riflessione capace di mostrare come le relazioni degli
animali con gli uomini siano ben più complesse, a doppio polo e a doppio
senso, poiché gli animali sono attori, che agiscono, reagiscono e creano con
gli umani delle interazioni dove c’è posto per gli equivoci, gli aggiustamenti,
le violenze, le resistenze, gli scambi, l’empatia1.

La lunga coabitazione in situazioni estreme di pericolo, dunque, può essere


un ottimo espediente per indagare una molteplicità di biografie animali. La
guerra non ha soltanto rinsaldato una famigliarità, che in parte richiamava
alla memoria la tradizione contadina, in cui se da un lato l’atteggiamento
verso gli animali era duro, dall’altro era compassionevole, e in parte rispon­
deva ad una più moderna cultura borghese aperta alla convivenza e
all’interazione con gli animali di affezione, mettendo dunque in evidenza la
possibilità di un profondo e reciproco rapporto affettivo. La guerra ha narra­
to l’amore di un cavallo tedesco, che nel bel mezzo di una carica di cavalleria
tornò indietro per confortare il proprio cavaliere morente, finché una grana­
ta non li finì entrambi; quello di un bastardino, che corse nelle trincee da un
soldato all’altro alla ricerca disperata del proprio conduttore fino a perdere
le forze; e anche quello dei mulattieri indiani, pagati appena £ 1,20 al mese
per badare ai muli, i quali si rifiutarono di cambiare mansione per non la­
sciarli soli al proprio destino2. 

27
Fig. 7.1: Soldato con "Sammy", la mascotte del quarto battaglione, Royal
Northumberland Fusiliers © IWM (Q 1451) 

Portare l’attenzione sugli aspetti peculiari della relazione che gli animali
hanno instaurato con i soldati ed i civili, con cui interagirono, significa assu­
merne il punto di vista, porre al centro dell’indagine i loro vissuti, abbando­
nare la limitante prospettiva antropocentrica, invertendo gli approcci, le ana­
lisi e, quindi, la struttura stessa del racconto. In questa direzione vanno gli
studi recenti proposti da Éric Baratay e Jean-Christophe Bailly3, da cui si ap­
prende come per conoscere e comprendere meglio questi esseri viventi, le
cui capacità sono spesso importanti, ben superiori a quelle che noi comune­
mente attribuiamo loro e le cui individualità sono spesso pronunciate4, lo
storico debba accogliere necessariamente delle aperture disciplinari.

Le radici di questo approccio inclusivo sono da ricercarsi negli Animal Stu­


dies emersi alla metà degli anni Ottanta in Europa e negli Stati Uniti, come
nuovo progetto disciplinare teso ad indagare l’interazione uomo-animale.
Tali studi si caratterizzano per un metodo multidisciplinare, spaziando
dall’ambito filosofico, soprattutto in riferimento alle problematiche etiche
del rapporto con le altre specie, agli aspetti riconducibili alle scienze umane

28
e naturali5. La condizione necessaria per prendere nella giusta considerazio­
ne le altre specie e produrre un allargamento della nozione di storia, che da
questa prospettiva non può essere esclusivamente considerata la scienza che
studia degli uomini nel tempo, ma deve quantomeno porsi l’obiettivo di stu­
diare i viventi nel tempo, è il superamento della distinzione tra l’uomo e
l’animale, una distinzione le cui origini sono riconducibili alla religione e al­
la filosofia occidentale e che risulta, in ultima analisi, vana, puerile e falsa.
Per riprendere la riflessione espressa da Baratay, essa è:

Vana, perché l’animale non esiste, non è che un concetto teso a mascherare la
realtà della molteplicità delle specie. Puerile, perché la questione della diffe­
renza tra una specie reale, l’uomo, e un fantasma (il concetto di animale) non
è mai servita a conoscere i diversi animali, bensì a permettere agli umani di
prevalere, quando invece è necessario pensare alla molteplicità delle specie
viventi, dunque anche l’umana, non già in termini di superiorità e gerarchia,
ma di differenza, di specificità e di ricchezza di ciascuna. Falsa, perché cono­
sciamo ancora molto male gli animali (ci teniamo anche poco a conoscerli,
preferendo spesso i comodi stereotipi sugli animali) e stabiliamo nella mag­
gior parte del tempo le differenze sulle credenze, confondendo l’indagine
con un discorso di dominio6.

Raccontare la presenza animale nella Grande Guerra comporta per lo stori­


co, dunque, una doppia sfida. La prima è di natura teorica e riguarda il su­
peramento della distinzione uomo-animale e l’accoglimento dell’alterità ani­
male come soggetto di storia con una biografia narrabile. La seconda è di ti­
po metodologico e consiste nel trovare il punto d’incontro tra due storiogra­
fie, in questo caso quella che comincia a costruire una storia animale e quella
già consolidata della guerra, proponendosi di scrivere la storia di tutti i pro­
tagonisti, soldati e civili, uomini, donne e bambini, occidentali e non occi­
dentali, e anche degli animali.

La maggiore difficoltà nel raccontare la storia dal punto di vista degli anima­
li è quella relativa ai documenti utilizzabili. Le fonti disponibili sono relative
alle reazioni fisiologiche e comportamentali immediate, rintracciabili solo se
gli uomini le hanno osservate e raccontate7.

29
Gli archivi militari, che rappresentano la fonte primaria per indagare i vissu­
ti di guerra, sono spesso deludenti circa il vissuto animale: conservano, ad
esempio, documenti evocanti le attività dei conduttori di cani, ma non i regi­
stri con le informazioni relative alla provenienza degli animali, le loro fun­
zioni e la loro ricollocazione a fine servizio. A colmare i vuoti possono con­
tribuire le testimonianze dei combattenti, dalle lettere ai romanzi passando
per i diari8, per quanto la memorialistica ponga allo storico la questione
stringente dell’attendibilità della fonte. Il valore delle memorie va misurato
in base a tante variabili: l’epoca di produzione della testimonianza (durante
o dopo il conflitto), il contesto sociale e culturale dell’autore, la natura dei te­
sti (lettere, scritti privati, testi destinati al pubblico, quindi rivisti per
l’edizione); lo stato dello scritto (racconto diretto o indiretto). Si tratta di no­
di importanti da sciogliere, affinchè si possa arrivare alla ricostruzione coe­
rente e veritiera di un episodio inerente i vissuti umani, sebbene rispondere
a tali quesiti non è necessariamente pertinente alla ricostruzione del vissuto
animale. Nella maggioranza dei casi, la memorialistica non dice nulla in spe­
cifico sugli animali, lasciando piuttosto degli indizi: è facile trovare annota­
zioni del tipo “il cannone … arriva al galoppo”; mentre vi è scarsa traccia
della carneficina di cavalli provocata dall’artiglieria, nonostante si riscontri­
no espressioni di dispiacere per la loro sorte. Da questi scritti emerge piutto­
sto come dato sociologico che mentre gli autori di ispirazione nazionalista,
evocando i corpo a corpo, la necessità del sacrificio, l’odio del nemico, si in­
teressano anche degli animali e della loro presenza al fronte, gli scrittori
d’ispirazione pacifista, pur denunciando la violenza e la sofferenza, non di­
cono nulla sugli animali e la loro sorte9.

Un’altra fonte di grande valore per lo storico è costituita dai bilanci e dai
rapporti stilati dai veterinari militari. Si tratta di scritti ufficiali, destinati ai
governi per i finanziamenti e agli approfondimenti professionali che, pur es­
sendo focalizzati quasi esclusivamente sui cavalli, si sono rivelati indispen­
sabili per conoscere la vita quotidiana degli animali al fronte, dal tipo di ali­
mentazione loro somministrata e dai traumi subiti, alla loro capacità di resi­
stenza e alla relazione da essi instaurata con i commilitoni umani10. 

30
Fig. 7.2: Soldato del RAVC con un cavallo bendato presso l'ospedale veterinario n.5,
Abbeville, 22 Aprile 1918 © IWM (Q 8726) 

Vi sono, infine, le testimonianze dei civili incentivati a consegnare i cani per


uso militare e le fotografie apparse sui giornali e le riviste del tempo.  Foto
controllate e stereotipate, che mostrano spesso i cani impiegati nel servizio
sanitario11, ma non i messaggeri e i cani da guardia, impiegati come sentinel­
le dei prigionieri di guerra12, e neppure i cani da compagnia e le mascotte13.
Questi si possono ritrovare nelle fotografie fatte dalle agenzie di stampa op­
pure nelle foto ricordo fatte dai soldati, in particolare dagli ufficiali. Si tratta
di materiale ampiamente utilizzato dagli storici amatoriali e che permette di
constatare in maniera incontrovertibile quella presenza non evocata dai testi,
facendo emergere dal nulla animali di cui si erano perse le tracce e permet­
tendo così di ricostruirne le presenze e vederne le attitudini. Senza contare,
inoltre, che le immagini di animali al fronte permettono di raccontare i di­
versi fronti di guerra da un punto di vista, che non è più quello degli opposti
fronti14, come emerge dalle tante similitudini riscontrabili nelle immagini re­
lative ai fronti italiano, francese, russo, passando da quello balcanico a quelli
dell’impero ottomano, in Palestina e nell’odierno Iraq, senza dimenticare i

31
retroterra tedesco ed austro-ungarico, conservate nell’Archivio di guerra au­
striaco, oggi integrato nel database Europeana 1914-1918.

I dati che concorrono all’indagine storica sono tutti soggetti a cautele, per cui
studiare le condizioni di produzione delle testimonianze e le loro caratteri­
stiche culturali è indispensabile, ma non deve essere una finalità insormon­
tabile. L’incrocio dei documenti è il modo migliore per superarne le insuffi­
cienze. È necessario incrociare i racconti dei combattenti con le informazioni
in possesso dei ricercatori attuali e leggerli dal punto di vista degli animali,
dunque invertendo le informazioni, rintracciando i dati messi in secondo
piano, leggendo tra le righe, indovinando o facendo supposizioni a partire
dai precedenti, proprio come gli storici hanno imparato a fare per recuperare
alla storia i vinti, i sottomessi, gli anonimi. Per fare questo, il ricorso ad altri
saperi diventa necessario. Si ha bisogno dell’etologia per comprendere i
comportamenti e la socialità animale, in particolare dell’etologia applicata,
che si interessa delle specie domestiche nella loro condizione di utilizzo
umano, e dell’etologia cognitiva, che focalizza sugli stati mentali e le rappre­
sentazioni all’origine di tali condotte, nonchè della psicologia e della neuro­
biologia per apprendere le emozioni, i dolori, le sofferenze provate dalle
specie importate nel conflitto. È necessario sottrarsi alla orgogliosa tentazio­
ne di negare o ridurre le facoltà degli animali e, dunque, adottare delle defi­
nizioni suppletive e plurali delle loro capacità, poiché esse variano a seconda
delle specie, dei gruppi e delle epoche, al pari dell’intelligenza che gli etologi
non definiscono più in maniera unica per tutte le specie, preferendo piutto­
sto parlare di intelligenze multiple, senza cadere nella tentazione antropo­
morfica di proiettare le capacità umane sugli animali15.

32
Il caso degli animali nella Grande Guerra deve essere considerato come un
percorso in costruzione dal punto di vista dell’indagine storica. Esso consiste
nello studio dei comportamenti e della socialità degli animali in un’epoca e
situazione ben precisa, lavorando su indicazioni sparse, puntuali, particolari
o parziali che siano, provenienti da molteplici fonti. L’importante è rendere
conto del vissuto degli animali a partire dalle variabili che ne determinano
l’esperienza, siano esse ambientali o emozionali, laddove i documenti e le
conoscenze lo permettono. Ma più di ogni altra cosa è necessario provare
empatia: si tratta di un’intenzione, di un’attitudine, di un metodo per tende­
re verso l’animale.

1. É. Baratay, Bêtes des tranchées, p. 11.


2. J. Cooper, Animals in War, Corgi, London 1983.
3. J.-C. Bailly, Le versant animal, Bayard, Paris 2007. Di É. Baratay si vedano il già citato Bêtes des
tranchées, nonché il volume Le point de vue animal, une autre version de l’histoire (Seuil, Paris,
2012) e il più recente Biographies animales (Seuil, Paris 2017).
4. Cfr. M. Bekoff, The Emotional Lives of Animals, F. Burgat (dir.), Penser le comportement animal,
Maison des Sciences de l’Homme, Paris 2010 e A. Horowitz, Inside of a Dog. What Dogs See,
Smell, and Know, nonché Roberto Marchesini, Post-human: verso nuovi modelli di esistenza,
Bollati Boringhieri, Torino 2002.
5. Per maggiori approfondimenti sugli orientamenti teorici assunti dagli Animal Studies e la
relativa bibliografia, si rimanda alla voce curata da Roberto Marchesini per l’Enciclopedia
Italiana, IX Appendice 2015:  http://www.treccani.it/enciclopedia/animal-
studies_%28Enciclopedia-Italiana%29/.
6. É. Baratay, Bêtes des tranchées, p. 15. La traduzione dal francese è stata effettuata da chi scrive.
7. É. Baratay, Le point de vue animal, une autre version de l’histoire sono state riprese questo e-
Book riprendiamo.
8. Si pensi, ad esempio, a Carlo Emilio Gadda e al suo Giornale di guerra e prigionia (Einaudi,
Torino 1965 e successive ristampe), alle numerose lettere e memorie di cui si avvale Richard
van Emden in Tommy’s Ark e al recente volume di B. Amez, Dans les tranchées, les écrits non-
publiés des combattants belges de la premiére Guerre mondiale, Publibbok, Paris 2009.
9. É. Baratay, Bêtes des tranchées, p. 12.
10. D. Baldin, De la continuité anthropologique entre le combattant et le cheval; ma anche L.
Fabi, Guerra bestiale.
11. Sui cani sanitari si vedano i filmati d’epoca accessibili dal sito British pathè, le immagini
presenti nei volumi di E. Bucciol e L. Fabi, nonché quelle disponibili nelle collezioni online
elencate nel capitolo III.
12. S. Audoin-Rouzeau, A. Bécker, C. Ingrao, La violence de guerre, 1914-1945, Complexe,
Bruxelles 2002, H. Jones, Violence Against Prisoners of War in the First World War, Cambridge
University Press, Cambridge 2011; R. E. Lubow, The War Animals. The Training and Use of
Animals as Weapons of War, Doubleday, New York 1977 e M. Puricelli, Prefazione, in S. Ferrari,
S.E.L. Probst, 1914/18: la guerra e gli animali. Truppe silenziose al servizio degli eserciti, Ideago,
Gorizia 2015.

33
13. J. Kramer, Animal Heroes. Military Mascots and Pets.
14. E. Bucciol, Animali al fronte.
15. É. Baratay, Bêtes des tranchées, p. 15.

34
8. Raccontare gli animali di guerra in aula

La Prima guerra mondiale vide coinvolti diversi milioni di animali, a dispet­


to della modernità tecnica, che la contraddistinse1. In assenza di muli e asini
difficilmente i militari avrebbero raggiunto i fronti, cui erano destinati. A lo­
ro si deve il trasporto di pezzi di artiglieria e dei materiali necessari alla for­
tificazione delle trincee, nonché dell’acqua, delle derrate alimentari e, ovvia­
mente, dei morti e dei feriti. Ingiustamente considerati irascibili e ostinati, i
muli dimostrarono il loro stoicismo nelle situazioni più estreme, sotto il fuo­
co della battaglia di Gallipoli2 come al freddo gelido delle notti balcaniche,
senza contare che, per la loro natura ibrida, si dimostrarono più resistenti
degli altri equini alle malattie3. Gli asini, a loro volta, furono utilizzati am­
piamente sul Fronte occidentale dalle truppe francesi e italiane per i traspor­
ti, e vennero impiegati dagli alleati nella campagna dell’Africa orientale tra il
1916-17, dove morirono a migliaia in Palestina attaccati dalle mosche tze-tze:
dei 34.000 capi arruolati, alla fine delle operazioni ne erano sopravvissuti
1.0424.

Sul fronte medio-orientale furono impiegati, inoltre, i cammelli dell’Imperial


Camel Corps operativi in Africa settentrionale, nel deserto del Sinai e in Me­
dio Oriente, dove i reparti di fanteria ordinari non potevano essere utilizzati,
perché per i cavalli sarebbe stato troppo difficile adattarsi al clima. I soldati
occidentali, tuttavia, si scoprirono impreparati a gestire quegli esotici anima­
li, delicati nonostante l’aspetto imponente, tutt’altro che veloci, ipersensibili
al freddo e con una grande paura dell’acqua, oltre che pericolosi per
l’incolumità dei militari, con casi di esemplari maschi diventati ingestibili al
punto di aggredire i conduttori durante la stagione degli amori. Quando, tra
il 1917-18, il generale Allenby decise di marciare alla volta di Gerusalemme e
Amman, passando per le colline della Giudea, si registrarono numerose per­
dite a causa delle fredde temperature notturne5. 

35
Fig. 8.1: Membri australiani dell'Imperial Camel Corps vicino Jaffa, Palestina, 1918 ©
IWM (HU 75737)

Un ruolo militare di primo livello lo ebbero i cavalli e il prezzo da loro paga­


to fu enorme. Sensibili, timidi, delicati, la loro presenza nelle guerre degli
uomini risale al 2000-1000 a.C., quando presumibilmente nacque la cavalle­
ria. Da allora e, almeno, fino alla Prima guerra mondiale, la presenza di que­
sti nobili equini negli eserciti fu costante e venne nel tempo adattata agli
strumenti tecnologici via via messi a punto dalla scienza bellica, sia che si
trattasse di attaccare ai cavalli appositi carretti per muovere pezzi di artiglie­
ria, sia che si trattasse di insegnare loro a mantenere la posizione sotto il fuo­
co e il rumore degli esplosivi. La Grande Guerra si tradusse in un’immane
mattanza. In centinaia morirono sui campi di battaglia nel corso degli attac­
chi di fanteria e a causa delle insidie della guerra di trincea, essendo esposti
alle mitragliatrici nemiche, ai gas asfissianti e ai reticolati metallici. Ma ancor
prima perirono numerosi durante le traversate oceaniche, quando ammassa­
ti sui bastimenti provenienti dagli Stati Uniti, dal Canada e dall’Australia
raggiungevano l’Europa per rimpiazzare i caduti dei reparti di fanteria allea­
ti sul Fronte occidentale6. 

36
Fig. 8.2: Cavalli refrattari © IWM (Q 33569)

Sulle navi militari furono imbarcati anche numerosi gatti. I soldati e i mari­
nai consideravano la loro presenza e vicinanza di buon auspicio, una sorta
di porta fortuna a quattro zampe in grado di proteggere gli umani. Era con­
suetudine per i militari portare con loro i gatti, ad esempio nelle lunghe tra­
versate oceaniche che condussero le armate australiane in Europa. E tanti fu­
rono i gatti adottati nei paesi stranieri, lungo i fronti dove si trovarono a
combattere. Si conta che durante il conflitto vi furono circa 500.000 gatti pre­
senti nelle trincee e sulle navi di guerra. Il loro compito ufficiale era quello di
dare la caccia ai topi ed evitare infestazioni da parte di vermi o altri parassiti,
benché alcuni fossero utilizzati anche come rilevatori di gas venefici. I dove­
ri militari non ne esclusero, tuttavia, la loro adozione in qualità di mascotte e
animali da compagnia. In questa veste contribuirono a tenere alto il morale
dei soldati. Prendersi cura degli animali, replicare una sorta di normalità, eb­
be il vantaggio di distrarre i militari dal quotidiano di guerra, altrimenti in­
sopportabile7.

Questo aspetto interessò anche i cani, il cui ruolo fu tuttavia più strategico.
Nei primi mesi di guerra, infatti, venne istituita nei vari paesi europei una
sorta di leva canina su base “volontaria”: ai proprietari fu richiesto di porta­
re i propri cani alla visita militare e gli esemplari ritenuti idonei furono re­
quisiti dietro il rilascio di un documento d’ingaggio. Le razze predilette per

37
lo svolgimento dei compiti militari erano quelle classiche da riporto, in parti­
colare rottweiler, pastore tedesco, terrier e meticci robusti di media taglia. A
supporto dell’esercito italiano vennero impiegati numerosi pastori marem­
mani. Appositamente addestrati, furono utilizzati nelle operazioni di rico­
gnizione, per verificare che non vi fossero stati sabotaggi lungo le linee tele­
foniche, oltre che in quelle di recupero dei feriti e dei caduti nella “terra di
nessuno”. Spesso venivano mandati oltre le linee nemiche per raccogliere in­
formazioni. Nelle zone particolarmente impervie, come ad esempio le Alpi,
venivano utilizzati per trasportare armi e trainare le lettighe dei feriti8. 

Fig. 8.3: Carro da guerra per lampade elettriche trainato da cani, Dorimbergo, Fronte
dell'Isonzo, 1916 ca © ÖNB, Europeana Collections 1914-1918

Altrettanto strategica fu la funzione dei piccioni. Nonostante venissero im­


piegati sistemi di comunicazione quali il cablogramma, il telegrafo e il telefo­
no, furono utilizzati per trasportare messaggi e per compiere operazioni di
spionaggio. I piccioni erano veloci, resistenti e, a loro modo, davvero impa­
vidi. Volavano ad una velocità di 40km/h ed erano in grado di percorre fino
a 100km senza sosta, recapitavano messaggi di vitale importanza e, come
avevano dimostrato durante la battaglia di La Marne nel 1914, tornavano

38
sempre alle loro colombaie anche se queste nel frattempo avevano cambiato
posizione. Tanto era considerata strategica la loro funzione da vietarne la
cattura a scopo alimentare e gli esemplari feriti venivano soccorsi e, se possi­
bile, curati9. 

Fig. 8.4: Piccioni di ritorno alla propria colombaia, Pernes, 1918 © IWM (Q 9000) 

Per gli animali al fronte erano previste misure di soccorso e cura e, in assen­
za di un vero e proprio ospedale veterinario da campo, intervenivano gli uf­
ficiali medici preposti alla cura degli uomini. Su tutti i fronti, in particolare,
sul Fronte occidentale e in una certa misura in Palestina, fu imponente
l’impegno dei Corpi veterinari britannici, supportati dalla Royal Society for
the Prevention of Cruelty to Animals (RSPCA), che fu molto attiva nel racco­
gliere fondi, stimati in circa 250.000 sterline, destinati all’allestimento di
ospe­dali veterinari da campo, all’acquisto di ambulanze, medicinali,
foraggio ol­tre che a garantire la convalescenza degli animali feriti, per lo
più cavalli e muli, ma non solo10.

Di tutte queste creature solo alcune, come si vedrà nel capitolo II, ricevettero
il riconoscimento ufficiale e l’attribuzione di medaglie al valore per le azioni

39
compiute sul campo a fianco dei commilitoni: la maggioranza, infatti, non ha
avuto purtroppo diritto neppure alla memoria. 

1. Diego Leoni, La guerra verticale. Uomini, animali e macchine sul fronte di montagna, Einaudi,
Torino 2015.
2. Esemplare anche la storia dell’asino protagonista del volume di M. Greenwood, F.
Lessac, The Donkey of Gallipoli: A True Story of Courage in World War I, Candlewick Press,
Cambridge (MA) 2008.
3. Cfr. J. Cooper, Animals in War, pp. 96-109; nonché E. Bucciol, Animali al fronte e L. Fabi, Il
bravo soldato mulo.
4. Cfr. J. Cooper, Animals in War, pp. 154-163.
5. Ivi, pp. 85-95.
6. R. Bruneau, Les équidés dans la Grande Guerre, S. Butler, The War Horses: The Tragic Fate of a
Million Horses Sacrificed in the First World War, Halsgrove, Wellington (UK) 2011, D.
Kenyon, Horsemen in No Man’s Land: British Cavalry and Trench Warfare 1914-1918, Pen &
Sword, Barnsley 2011, G. Tempest, All the Muddy Horses: Giving a Voice to the “Dumb
Creatures” of the Western Front (1914-1918), in R. Pöppinghege (dir.), Tiere und Krieg, pp.
217-234 e G. Winton, ‘Theirs Not To Reason Why’. Horsing the British Army 1875-1925, Helion
and Company, Solihull 2013. Si vedano, inoltre, gli articoli disponibili online ed elencati nel
cap. III, Una guida multimedia.
7. Cfr. M. Strauss, These Are the Brave and Fluffy Cats Who Served in World War I, “GizMondo”,
22 August 2014, http://io9.gizmodo.com/a-gallery-of-cats-who-served-in-world-war-
i-1624713212, L. Fabi, Guerra bestiale e S. Ferrari, S.E.L. Probst, 1914/18: la guerra e gli animali.
8. Cfr.  J. Cooper, Animals in War, pp. 54-71 e L. Fabi, Guerra bestiale. Si vedano, inoltre, N.
Allsopp, Cry Havoc: The History of War Dogs, New Holland Publishers, Chatswood, 2009, D.
Castellani, Cani in guerra, storie di soldati a quattro zampe, Nordpress, Chiari 2000, I.
George, Dog Soldiers. Love, Loyalty and Sacrifice on the Front Line, Harper Collins, London
2016, M. G. Lemish, War dogs: A History of Loyalty and Heroism, Potomac, Washington, D.C
2008, D. Lewis, War Dog: The no-man’s-land puppy who took to the skies, Sphere, London 2014,
K.-G. Petzl, Hundee in Krieg und Frieden, Petzi, Wien 2005, L. Rogak, The Dogs of War: The
Courage, Love and Loyalty of Military Working, Saint-Martin’s Press, New York 2011 e R.
Todero, Cani e soldati nella Prima Guerra Mondiale, Gaspari Editore, Treviso 2011. Utili al
riguardo anche i numerosi articoli disponibili online ed elencati nel cap. III, Un guida
multimediale.
9. Cfr. F. Calvet, J.-P. Demonchaux, R. Lamand, G. Bornert, Une brève histoire de la colombophilie,
in “Revue Historique des Armées”, n. 248, 2007, pp. 93-105, https://rha.revues.org/1403 -
tocto2n3, M. Marchisio,  G. Morei, L’impiego dei piccioni viaggiatori durante la Prima guerra
mondiale, in “Veterinaria Militare”, n. 12, 2007, pp. 541-542, http://
www.ordiniveterinaripiemonte.it/rivista/07n12/pdf/09.pdf, A. Salles, La colombophilie
militaire. I. 1870-1918 Un drôle d’oiseau, in “Histoire de Guerre, Blindés et Matériels”, n. 93,
2010, p. 44-53 e J. Wajerowski, La Grande Guerre des pigeons voyageurs, in D. Baldin (dir.), La
guerre des animaux, pp. 59-67. Si vedano, inoltre, i numerosi contributi di articoli e saggi
online indicati nel cap. III, Un guida multimediale.
10. J. Cooper, Animals in War.

40
9. L'empatia, un approccio didattico

La presenza animale in guerra è un tema di assoluta attualità. I corpi milita­


ri, infatti, non hanno mai smesso di utilizzare gli animali a fini bellici, anzi il
loro utilizzo continua, in costante crescita ed in forme sempre più sofisticate.
Se la presenza di alcuni degli animali, che perirono numerosi nel corso della
Prima guerra mondiale (si pensi ai muli, agli asini, ai cavalli e ai piccioni
viaggiatori) è oggi ridotta se non nulla, per altri esemplari, quali i cani in pri­
ma istanza, e poi ancora i topi, i criceti, i gatti, i mammiferi marini, in parti­
colare i delfini, e le api, l’applicazione militare continua ad essere ampia,
strategica e crudele. Utilizzati per lo più in operazioni di sminamento e in al­
cuni casi per attacchi mirati con esplosivi contro i mezzi nemici, si ricorre al
loro impiego anche in “tempo di pace” per testare gli effetti delle armi chi­
miche e batteriologiche1.

Partire da un argomento di attualità e ricondurlo allo studio della Grande


Guerra può risultare non solo interessante, ma anche efficace sul piano di­
dattico. Nella fattispecie, rispetto alle ricostruzioni manualistiche, è del tutto
o quasi inedito ed è proprio il carattere di novità a renderlo un catalizzatore
di attenzione, stimolando l’immaginazione degli studenti, chiamati a rintrac­
ciare il vissuto animale tra le righe, incrociando documenti, riportando in su­
perficie quanto è sullo sfondo, come si è descritto nelle pagine precedenti.
Stimolare in un’aula scolastica lo sforzo creativo necessario a spostare lo
sguardo su qualcosa che è generalmente escluso dalla narrazione, perché ri­
tenuto subalterno, genererà l’empatia necessaria per avviare ulteriori appro­
fondimenti. Quesiti apparentemente banali – come vivevano, lontani dal
proprio habitat, i cavalli delle praterie americane trasferiti sul Fronte occi­
dentale? Quali le condizioni di viaggio a cui erano sottoposti e che implica­
zioni hanno avuto sulla loro salute? Come reagivano al rumore e al fuoco
delle armi? – saranno sufficienti non solo a spostare lo sguardo sugli animali
di guerra, ma anche ad assumerne il punto di vista per riportarlo al centro
della narrazione: non più beni d’uso, semplici strumenti nelle mani dei sol­
dati, ma soggetti di storia, protagonisti di una biografia narrabile2.

41
Studiare la Grande Guerra a partire dagli animali, che vi parteciparono, pre­
senta inoltre diversi vantaggi. L’assunzione del punto di vista di un soggetto
subalterno, proprio perché richiede una inversione di approccio e di analisi
rispetto a quello del soggetto dominante, provoca un allargamento di oriz­
zonti, portando a riflettere su degli aspetti peculiari di un singolo evento sto­
rico che non avremmo mai neppure preso in considerazione, riflettendosi
inevitabilmente sul modo di guardare il presente. La visione dilatata e dal
basso verso l’alto propria del punto di vista animale permetterà di sviluppa­
re una nuova narrativa della guerra, emancipandola dalla narrazione ma­
nualistica incentrata spesso esclusivamente sui fronti europei, sulle perdite,
le sconfitte e le vittorie delle singole nazioni e quasi mai sul quotidiano di
chi la guerra l’ha agita, subita, vissuta.

Il cap. III, Una guida multimediale, raccoglie un ricco catalogo di strumenti,


film, romanzi, poesie, nonché articoli, documenti, documentari e fotografie
reperibili online e, nella maggioranza dei casi, ad accesso libero, a cui è pos­
sibile attingere per integrare la didattica da manuale, trasformandola in una
didattica partecipata e quanto più possibile empatica. Esso è stato pensato
per favorire sconfinamenti geografici, linguistici, disciplinari, affinché inse­
gnanti di differenti discipline possano sviluppare nelle classi percorsi real­
mente multidisciplinari, congiunte o in parallelo, partendo da un unico case
study.

Il vissuto degli animali di guerra, debitamente ricostruito, facilita un’analisi


internazionale della Grande Guerra, perché gli animali sono attori estranei al
nazionalismo europeo. Essi permettono di attraversare più facilmente le
frontiere apparentemente inespugnabili degli uomini, la cui storia sembra
forgiata da opposti nazionalismi, e metteno in evidenza gli elementi costanti
e comuni dei vissuti di ciascuno, anche quelli del “nemico”3.  

1. R. E. Lubow, The War Animals. The Training and Use of Animals e M. Puricelli, Prefazione, in S.


Ferrari, S.E.L. Probst, 1914/18: la guerra e gli animali.
2. V. Despret, Que diraient les animaux … si on leur posait les bonnes questions, La Découverte,
Paris 2012 e A. Horowitz, Inside of a Dog.
3. Cfr. É. Baratay, Bêtes des tranchées e E. Bucciol, Animali al fronte.

42
II. I protagonisti
10. Il cane

Fig. 10.1: Cane messaggero con il cilindro, in cui il messaggio veniva trasportato,
Etaples, 28 Agosto 1918 © IWM (Q 9277) 

La Prima guerra mondiale arruolò all’incirca 100.000 cani, ma è presumibile


che i numeri della loro mobilitazione fossero superiori, considerando che co­
me illustrato nel primo capitolo gli studi non sono ancora in grado di stabili­
re i numeri certi della presenza animale al fronte. Si trattò in ogni caso di
una presenza ingente, per quanto non del tutto inedita. Il loro impiego belli­
co si era registrato, infatti, anche nelle guerre precedenti, quando i cani ebbe­
ro un ruolo ausiliario finalizzato ai trasporti leggeri di munizioni, medicina­
li, viveri, acqua, posta e alla consegna degli ordini. Ad essere inedito nei pri­
mi anni del conflitto fu il nuovo ruolo strategico, indispensabile alle opera­
zioni militari, che questi animali si trovarono a ricoprire, nonostante

45
l’elevato investimento di carattere tecnico-scientifico messo in campo da tutti
gli schieramenti.

I primi ad addestrare i cani militari furono i tedeschi, che vi si applicarono


sin dal 1870, riuscendo attraverso l’allevamento e l’acquisto di numerosi
esemplari a costruire negli anni dei veri e propri reparti, tanto che allo scop­
pio della guerra mondiale poterono contare su un contingente di 6.000 cani,
mentre gli inglesi, per dare un esempio delle sproporzionate differenze, ne
avevano solo uno caduto in azione durante la prima battaglia dell’Aisne, sul
Fronte occidentale, nel settembre del 19141. Le razze predilette per lo svolgi­
mento dei compiti militari erano quelle classiche da riporto, in particolare
rottweiler, pastore tedesco, terrier, meticci robusti di media taglia e, nel caso
italiano, pastori maremmani2.

L’importanza e l’utilità dei cani al fronte si fece evidente sin dai primi mesi
del conflitto, tanto che tutti i paesi coinvolti e, soprattutto, quelli dell’Intesa
iniziarono una corsa all’arruolamento del maggior numero possibile di cani
per sopperire al deficit accumulato rispetto all’avversario germanico. In pae­
si con una più spiccata sensibilità verso il mondo animale e in particolare ca­
nino, come la Gran Bretagna, si cercò agli inizi di rastrellare gli elementi ido­
nei fra i randagi e i cani abbandonati, temendo la scarsa collaborazione dei
proprietari. Nei vari paesi europei, infatti, fu istituita una sorta di leva cani­
na, definita “volontaria”, ma che difatti obbligava i proprietari a portare i
propri cani alle visite militari. Le memorie degli ufficiali preposti alle sele­
zioni tramandano scene struggenti di proprietari, che si affannavano nel ri­
cordare ai soldati il nome dei propri cani, istruendoli sulle loro abitudini ali­
mentari e implorandoli di trattarli con gentilezza e di restituirglieli alla fine
della guerra; nonché il ricordo delle lettere dei bambini, che scrivevano alle
autorità chiedendo di poter tenere il loro cane perché anziano, specificando
di avere già consegnato quelli più giovani. Una volta superata la visita mili­
tare, gli animali ritenuti idonei venivano arruolati dietro rilascio di un certi­
ficato di arruolamento, attestante l’impegno delle autorità a restituirli alla fi­
ne della guerra, e inviati all’addestramento3.

I corsi di addestramento, nella fattispecie corsi per conduttori di cani da


guerra, avevano la durata di 6 mesi e, oltre all’obiettivo di insegnare al cane
lo svolgimento di alcune specifiche mansioni, avevano lo scopo di creare un

46
solido rapporto tra il cane e il suo conduttore. L’addestramento era duro e si
protraeva per diverse ore al giorno, poiché era indispensabile raggiungere
presto i risultati desiderati per poter inviare i cani in prima linea. Ai cani ve­
niva insegnato a portare a termine i propri compiti, nonostante i rumori as­
sordanti delle armi e la confusione, e ad addentrarsi in zone impervie. A ga­
ranzia del fatto che avrebbero svolto il loro compito con successo, venivano
tenuti a digiuno in attesa di essere spediti in missione, per essere ricompen­
sati con la ciotola al loro rientro4. Una volta al fronte avrebbero svolto man­
sioni di portaordini, ricognizione contro i sabotaggi alle linee telefoniche,
supporto alle compagnie sanitarie per il recupero dei feriti e dei caduti nella
“terra di nessuno” e per il trasporto di medicinali, oltre che di bonifica delle
trincee dai ratti. L’utilizzo dei cani nella consegna dei messaggi ad esempio
aveva dei vantaggi oggettivi, poiché erano tre volte più veloci di un uomo,
schivavano con maggiore agilità il mirino del nemico, erano abbastanza leg­
geri da poter passare su una mina senza innescarla e, contrariamente ai pic­
cioni, potevano essere inviati in missione anche in condizioni atmosferiche
avverse. In zone particolarmente impervie, come ad esempio le Alpi, venne­
ro utilizzati per trasportare armi, cibo e per trainare le lettighe dei feriti, tan­
to che venne avviata la produzione di appositi carretti trainabili da una cop­
pia di cani. Sul fronte italiano dell’Adamello, in particolare, i cani trainarono
le slitte attraverso i tunnel scavati nel ghiaccio. Accanto ai cani messaggeri e
trasportatori non mancarono quelli addestrati per fare la guardia e, loro mal­
grado, terrorizzare i prigionieri. Infine, pur non entrando nel computo dei
cani arruolati, non si può non tener conto della presenza al fronte dei cani da
compagnia e delle mascotte. Accolti dai soldati e, spesso, adottati dagli uffi­
ciali, si trattava di animali abbandonati durante gli sfollamenti, che trovava­
no cibo e riparo nelle trincee, tenendole in cambio sgombre dai ratti, dando
l’allarme, poiché sentivano in anticipo l’arrivo delle granate, e restituendo ai
soldati una sorta di normalità attraverso un semplice scodinzolio5.

47
Fig. 10.2: Ufficiali si rilassano attorno ad un grammofono con i loro cani, sul campo a
Poperinghe, 26 Settembre 1917 © IWM (Q 2897) 

La presenza dei cani al fronte fu a tal punto indispensabile da spingere gli al­
ti comandi a diramare ordini, affinché i soldati prestassero massima atten­
zione al loro benessere complessivo, introducendo precauzioni tese a garan­
tire loro il giusto riposo dopo ogni missione, cibo adeguato e in quantità suf­
ficienti, nonché le cure in caso di malattia e di incidenti in missione, come i
ferimenti da armi automatiche e l’esposizione ai gas. Un soccorso che nella
maggior parte dei casi veniva effettuato direttamente dagli ufficiali medici,
poiché il personale veterinario, la cui presenza era prevista nelle zone di
operazione, non era in servizio permanente al fronte. La cura sanitaria, che
avrebbe avuto una ricaduta positiva nel determinare i progressi della scien­
za veterinaria nel dopoguerra, non rispondeva ad un principio di compas­
sione e maggiore sensibilità verso la sofferenza del commilitone a quattro
zampe, quanto piuttosto ad un principio utilitaristico basilare, finalizzato a
non sprecare l’investimento fatto nell’addestramento e mantenimento
dell’animale. Nonostante il legame creatosi tra animale e soldato fosse inne­
gabile, come le fonti dimostrano, furono gli stessi soldati ad abbandonare al
proprio destino i tanti cani civili, con cui condivisero i lunghi mesi nelle trin­

48
cee e i cani regolarmente arruolati non ebbero una sorte migliore. Alla fine
della guerra, infatti, i cani sopravvissuti ai campi di battaglia, se feriti e ma­
lati venivano soppressi, altrimenti abbandonati nelle aree di operazione.
L’esperienza più tragica fu probabilmente quella dei cani italiani
dell’Adamello, abbandonati alla catena nel 1918: solo i più robusti riuscirono
a liberarsi disperdendosi in montagna, mentre gli altri morirono di stenti6.

A dispetto delle imprese straordinarie di cui furono protagonisti, solo alcuni


diventarono degli eroi. Altri rivivono nelle memorie dei soldati, come Isonzo,
il cane del poeta italiano Vittorio Locchi7; i cani del leggendario capitano
Carlo Mozzoli, per quel che riguarda il fronte italiano8; e Pataud, il cane
dell’artigliere francese Luis Bedu9. Di molti altri ancora, in particolare dei ca­
ni del Fronte orientale, le biografie sono ancora da ricercarsi.

1. J. Cooper, Animals in War, pp. 54-71.


2. K-G. Petzl, Hundee in Krieg und Frieden, L. Fabi, Guerra Bestiale.
3. J. Cooper, Animals in War, pp. 54-71.
4. Edwin H. Richardson, British War Dogs. Their Training and Their Psychology, Skeffington, Lon­
don 1920.
5. L. Fabi, Guerra Bestiale.
6. Ibidem. Si veda anche T. Auffret van der Kamp, J. C. Nouët (dir.), Homme et animal: de la
douleur à la cruauté, L’Harmattan, Paris 2008.
7. S. Ferrari, S.E.L. Probst, 1914/18: la guerra e gli animali.
8. L. Fabi, Guerra Bestiale.
9. D. Arnold, Le chien et l’artilleur, Pataud et Louis Bedu, Archives départementales et patrimoine
du Cher, http://www.archives18.fr/article.php?laref=825&titre=le-chien-et-l-artilleur-
pataud-et-louis-bedu.

49
11. Bally Shannon, Satan e Stubby

I cani eroi della Grande Guerra non furono numerosi, ma di alcuni esemplari
è rimasta memoria. È il caso di Bally Shannon, il cane-sanitario britannico, a
cui si deve il recupero di diversi feriti dalla “terra di nessuno” sul fronte
francese; di Satan, il cane-messaggero francese, che cambiò le sorti
dell’assedio di Verdun; e di Stubby, il pluridecorato sergente dell’esercito
americano. La storia di quest’ultimo è peculiare perché non si trattava di un
cane militare arruolato e addestrato come i primi due, quanto piuttosto di un
cane da compagnia, che seguì il suo proprietario partito per l’Europa nel
1917.

50
Fig. 11.1: Prima pagina di Le Miroir del 17 giugno 1917 

Bally Shannon era un levriero irlandese. Fu operativo in Francia nei ranghi


del contingente sanitario britannico e venne impiegato principalmente nel
recupero dei feriti e dei morti alleati dalla “terra di nessuno”. Da quanto ci è
stato tramandato si apprende che si distinse sul campo per aver recuperato
10 feriti sfidando il fuoco tedesco, finché non rimase gravemente ferito insie­
me al suo conduttore in seguito allo scoppio di una granata. Entrambi im­
barcati su una nave-ospedale per fare ritorno a casa, subirono un attacco da
parte di un sommergibile tedesco durante la traversata del Canale della Ma­
nica. La nave colpita da un siluro affondò con tutto l’equipaggio, di cui so­
pravvissero solo tre uomini, tra cui il conduttore di Shannon, nonché lui stes­
so. Nelle acque gelide ed impetuose della Manica, i tre soldati riuscirono ad
aggrapparsi ad una tavola, facendosi trasportare dalle correnti in attesa del

51
recupero, che avvenne il giorno successivo. Si narra che quando Shannon
giunse in prossimità del gruppo, il suo conduttore gli intimò di non avvici­
narsi, poiché il suo peso avrebbe fatto affondare l’improvvisata zattera. Il ca­
ne allora nuotò tutta la notte a fianco dei commilitoni, poggiando solo il
mento alla tavola quando era completamente esausto.

Bally Shannon sopravvisse alla traversata, contrariamente al suo conduttore,


e alla fine della guerra fu portato a New York, dove rimase fino alla fine dei
suoi giorni1.

L’unica descrizione certa di Satan è quella fornita dal corrispondente di


guerra e scrittore americano Albert Payson Terhune, che lo descrive come il
“peloso bastardo” (hairy mongrel) che salvò Verdun2. Quella che conoscia­
mo come la battaglia di Verdun fu di fatto un lungo assedio durato dieci me­
si, dal febbraio al dicembre 1916, durante il quale le truppe francesi rimasero
asserragliate nella città sotto la minaccia del fuoco tedesco. Si trattò della più
importante offensiva condotta dai tedeschi sul Fronte occidentale dopo la
battaglia di La Marne (1914) e, anche grazie a Satan, fu all’origine della presa
in carico delle operazioni da parte delle truppe britanniche, togliendo ogni
futura possibilità alla Germania di vincere la guerra. Nell’autunno del 1916 i
tedeschi in posizione di forza erano riusciti a circondare la città ed erano
pronti all’offensiva finale. Le truppe francesi senza molte speranze continua­
vano a resistere, benché avessero perso tutti i cani messaggeri e i piccioni
viaggiatori, nonché una decina di uomini uccisi nel tentativo di recapitare le
richieste di aiuto al quartier generale. Nel momento più difficile della batta­
glia, come fu successivamente riportato dai soldati, apparve Satan, il cane-
messaggero inviato dal quartier generale, sapendo che il suo conduttore, il
soldato Duvalle, si trovava a Verdun3.  Le memorie delle trincee raccontano
di un cane, che sembrava volasse mentre correva zig-zagando verso la linea
francese e il suo conduttore, alcuni soldati giurarono addirittura di aver vi­
sto delle ali spuntargli dalle spalle. Il cane, pur muovendosi con agilità lun­
go la “terra di nessuno”, fu intercettato dal fuoco tedesco e colpito ripetuta­
mente, accasciandosi al suolo a pochi metri dai suoi commilitoni, quando un
proiettile gli staccò praticamente una zampa. A quel punto il suo conduttore,
compiendo un’azione suicida, si alzò sul bordo del fosso e lo chiamò. Al ri­
chiamo di Duvalle, Satan si rialzò e si trascinò fino alla trincea, il suo condut­
tore era morto, ma lui era riuscito a consegnare il messaggio. Sotto la ma­

52
schera antigas, i soldati trovarono il contenitore con il dispaccio del quartier
generale, che chiedeva loro di resistere fino il giorno successivo, quando sa­
rebbero arrivati i rinforzi e di inviare le coordinate tramite i due piccioni, che
Satan portava sulle spalle. I piccioni vennero rimandati indietro con le coor­
dinate. Uno fu abbattuto subito, mentre l’altro riuscì a raggiungere il quar­
tier generale, facendo sì che il giorno dopo l’attacco sferrato alle spalle dei te­
deschi aprisse il varco, che avrebbe ricongiunto le truppe britanniche a quel­
le francesi, cambiando il corso della guerra. Quanto alle sorti di Satan non si
hanno notizie certe, potrebbe aver ricevuto le cure necessarie ed essersi sal­
vato, oppure essere morto una volta compiuta la propria missione.  

Fig. 11.2: Stubby, l'eroe di Georgetown 

Stubby, diversamente da Bally Shannon e Satan, non era un cane militare, ben­
sì una mascotte, un cane di piccola taglia congedato con il grado di sergente.
Si imbarcò nella primavera del 1917 con il suo padrone, uno studente di
Harvard, il caporale Robert Conroy, partito dal Connecticut alla volta delle
trincee francesi con il 102° reggimento di fanteria dell’esercito americano.
Stubby al seguito del suo compagno umano si ritrovò a prestare servizio in
Francia per 18 mesi, durante i quali si conquistò un’enorme popolarità per il
coraggio dimostrato in azione. Grazie alla sua piccola taglia, venne utilizzato
per infiltrarsi tra le linee nemiche e per trasportare i cavi necessari al ripristi­
no delle linee telefoniche sabotate. Ferito in diverse occasioni, tornò sempre

53
in prima linea dopo il periodo di convalescenza, guadagnandosi decorazioni
ed encomi, fino ad ottenere il grado di sergente per l’apporto dato alla cattu­
ra di una spia tedesca. La sua fama era tale che, quando gli americani entra­
rono a Château-Thierry, le donne del posto realizzarono per lui il giubbotto
su cui furono appese le numerose medaglie, di cui fu insignito4.

Tornato negli Stati Uniti, Stubby partecipò con Conroy agli incontri pubblici
dedicati alla Grande Guerra, diventando un eroe nazionale. Quando nel
1926 morì di vecchiaia, il suo corpo fu imbalsamato ed esposto al National
Museum of American History di Washington DC, dove è visibile ancora og­
gi.

1. W. A. Dyer, Bally Shannon – Dog of War, in “Country Life”, November 1918, http://


www.irishwolfhounds.org/ballyshannon.htm.
2. Kate Kelly, World War I and a Remarkable Messenger Dog, https://americacomesalive.com/
2013/07/31/national-mutts-day-july-31-a-brave-and-remarkable-messenger-dog/
3. Alexander Robertson, Revealed: How a messenger dog called Satan dodged German fire in a gas
mask to help Allied forces turn the tide in one of the Great War’s bloodiest battles, http://
www.dailymail.co.uk/news/article-3456252/How-messenger-dog-called-Satan-dodged-
German-fire-gas-mask-help-Allied-forces-turn-tide-one-Great-War-s-bloodiest-battles.html
4. Ben Thompson, Sergent Stubby, http://www.badassoftheweek.com/sgtstubby.html.

54
12. Strumenti di approfondimento

Collezioni digitali e database

Europeana 1914-1918

Inserendo le parole-chiave dogs, cani, army veterinary corps, sarà possibile


visualizzare immagini relative a cani da traino e da riporto, impiegati per
trasportare materiali bellici come i cavi elettrici, ma anche materiali di utiliz­
zo quotidiano come la legna e cani da compagnia, ovvero mascotte (v. cap.
III, Una guida multimediale).

1418 documenti e immagini della grande guerra

Il percorso di ricerca non è intuitivo, tuttavia, cliccando sul foglio fotografie,


si aprirà la pagina album fotografici e a questo punto, inserendo nella stringa
parola da cercare il lemma animali sarà possibile vedere alcune immagini dei
cani dell’Adamello. 

BBC Schools World War One

È il sito tematico curato dalla BBC dedicato alla Prima guerra mondiale. Alla
pagina Animals during the war è possibile trovare una sezione specifica de­
dicata ai cani. 

British pathé

È un sito di cross-media, che permette l’accesso a numerosi video d’epoca.


Effettuando una ricerca per animals in war, si può prendere visione di alcu­
ni interessanti filmati relativi all’addestramento dei cani militari francesi (v.
cap. III, Una guida multimediale).

Articoli online 

55
Didier Arnold, Le chien et l’artilleur, Pataud et Louis Bedu, Archives départe­
mentales et patrimoine du Cher, http://www.archives18.fr/article.php?
laref=825&titre=le-chien-et-l-artilleur-pataud-et-louis-bedu

Walter A. Dyer, Bally Shannon – Dog of War, in “Country Life”, November


1918, http://www.irishwolfhounds.org/ballyshannon.htm

Rebecca Frankel, Dogs at War: Three-Legged Dog Delivers Crucial Message in


WWI, http://news.nationalgeographic.com/news/2014/05/140516-dogs-
war-canines-soldiers-troops-army-military/ 

Kate Kelly, World War I and a Remarkable Messenger Dog, https://


americacomesalive.com/2013/07/31/national-mutts-day-july-31-a-brave-
and-remarkable-messenger-dog/ 

Warren Manger, Satan the messenger dog who helped Allies turn tide of Great
War remembered 100 years on, http://www.mirror.co.uk/news/world-news/
satan-messenger-dog-who-helped-7404457 

Alexander Robertson, Revealed: How a messenger dog called Satan dodged Ger­

man fire in a gas to help Allied forces turn the tide in one of the Great War's bloo­
diest battles, http://www.dailymail.co.uk/news/article-3456252/How-mes­
senger-dog-called-Satan-dodged-German-fire-gas-mask-help-Allied-forces-
turn-tide-one-Great-War-s-bloodiest-battles.html 

Joe Shute, "Dogs of war: the unsung heroes of the trenches", The Telegraph, 29
oct. 2014, http://www.telegraph.co.uk/history/world-war-one/11195378/
Dogs-of-war-the-unsung-heroes-of-the-trenches.html 

Ben Thompson, Sergent Stubby, http://www.badassoftheweek.com/


sgtstubby.html

C. N. Trueman, Dogs In World War One, The History Learning Site, 16 Apr.
2015, http://www.historylearningsite.co.uk/world-war-one/the-western-
front-in-world-war-one/animals-in-world-war-one/dogs-in-world-war-
one/

56
13. Il piccione

Fig. 13.1: Pilota britannico rilasciando un piccione © IWM (Q 13613) 

Nei primi anni di guerra, benché tutti gli eserciti fossero dotati di reparti
speciali con personale apposito per la cura e l’addestramento dei piccioni, si
cercò di fare affidamento soprattutto sui nuovi mezzi di comunicazione (te­
lefono, telegrafo, cablogramma, radio), ritenendo il servizio dei piccioni
viaggiatori necessario solo in caso di assedio. Ben presto, però, ci si rese con­
to che il loro utilizzo poteva essere non soltanto utile, ma persino più affida­
bile nelle comunicazioni tra le linee e il quartier generale. Le telecomunica­
zioni e la radio erano, infatti, oggetto di sabotaggio e intercettazioni e, quin­
di, spesso inutilizzabili, mentre i piccioni, salvo in caso di ferimento grave o
abbattimento, non si fermavano finché non raggiungevano la loro destina­
zione, consegnando il messaggio loro affidato1.

57
Ogni divisione disponeva di 4 colombaie distinte in auto-colombaie, allog­
giate su veicoli a quattro ruote, e in colombaie a rimorchio, disposte su vei­
coli a due ruote trainati da automezzi leggeri. Queste strutture potevano
ospitare complessivamente dai 90 ai 120 colombi e si muovevano lungo il
fronte a seconda delle necessità logistiche. Le colombaie fisse, invece, erano
installate nei fienili o nei sottotetti in località lontane dalle operazioni e rifor­
nivano le colombaie mobili di piccioni giovani e appena addestrati. Il loro
supporto logistico era indirizzato principalmente alle armate di terra, ma
erano presenti anche sulle navi, sugli aeroplani e nei sottomarini. In caso di
attacco, venivano inviati ad avvisare i quartier generali dell’accaduto, recan­
do messaggi con le coordinate e le richieste di rinforzo e soccorso. In molti
casi rappresentarono l’ultima possibilità di salvezza per i loro commilitoni. I
piccioni erano veloci, resistenti e, a loro modo, davvero impavidi. Volavano
ad una velocità di 40km/h ed erano in grado di percorre fino a 100km senza
sosta, recapitavano messaggi di vitale importanza e, grazie al loro portento­
so senso dell’orientamento, come avevano dimostrato durante la battaglia di
La Marne nel 1914, tornavano sempre alle loro colombaie anche se queste nel
frattempo avevano cambiato posizione. Oltre che nel recapitare i messaggi,
potevano essere impiegati in operazioni di spionaggio mediante piccole fo­
tocamere posizionate sul loro petto che, grazie ad un timer di autoscatto, re­
gistravano le immagini durante il volo2. 

58
Fig. 13.2: Apparecchio fotografico in miniatura da posizionare sotto il ventre dei piccioni
viaggiatori, © Bnf, Europeana Collections 1914-1918

I colombi, al pari dei cani, svolsero una funzione militare strategica al punto
da introdurre misure precauzionali per la loro salvaguardia,
dall’accudimento all’adeguata alimentazione, dal divieto assoluto di cattura
a scopo alimentare alle misure di protezione antigas. Gli esemplari feriti ve­
nivano soccorsi e, se possibile, curati dal personale sanitario o veterinario,
quando era presente. 

59
Fig. 13.3: Scatola anti-gas per 15 piccioni viaggiatori, Trento, © ÖNB,
Europeana Collections 1914-1918 

60
I piccioni arruolati nella Grande Guerra furono circa 200.000, la maggioranza
dei quali morta sul campo. Essi erano considerati alla stregua di un’arma se­
greta e, come tutte le armi segrete, venivano contrastati da armi altrettanto
letali, in questo caso cecchini appositamente addestrati per fermarne il volo.
Della loro presenza nei libri di storia non vi è traccia, sebbene anche tra loro
si possono annoverare degli eroi.

1. M. Shaw, Animals and War, British Library, http://www.bl.uk/world-war-one/articles/


ani­mals-and-war, C. N. Trueman, Pigeons And World War One, The History Learning Site,
16 Apr. 2015, http://www.historylearningsite.co.uk/world-war-one/the-western-front-in-
world-war-one/animals-in-world-war-one/pigeons-and-world-war-one/, Pigeons militaires
et premiere guerre mondiale, Musée du pigeon voyager, http://www.museedupigeon.com/
pages/pigeons-militaires-et-premiere-guerre-mondiale.html.
2. M. Marchisio,  G. Morei, L’impiego dei piccioni viaggiatori durante la Prima guerra mondiale, in
“Veterinaria Militare”, n. 12, 2007, pp. 541-542, http://www.ordiniveterinaripiemonte.it/
rivista/07n12/pdf/09.pdf.

61
14. Cher Ami, Mocker e Valiant

L’eroe più celebrato è stato Cher Ami, che durante l’offensiva della Mosa-Ar­
gonne (settembre-novembre 1918) compì dodici viaggi
da Verdun a Rampont, riuscendo a recapitare con successo tutte le comuni­
cazioni; non meno valoroso fu Mocker, che nonostante la perdita di un occhio
e di parte del cranio riuscì a consegnare il messaggio, che permise
all’esercito americano di contrastare l’attacco tedesco (settembre 1918); e, in­
fine, Vaillant, il coraggioso piccione di Fort Vaux, che nel giugno del 1916,
durante il lungo assedio di Verdun, mantenne le comunicazioni tra le truppe
e il comando.

La colombofilia di guerra era diffusa e aveva una lunga tradizione in Europa1,


tanto che tutti gli eserciti avevano dei contingenti strutturati di piccioni viag­
giatori e di personale preposto alla loro cura e al loro addestramento, ma era
pressoché sconosciuta negli Stati Uniti. L’utilizzo dei piccioni da parte delle
armate britanniche e francesi, infatti, impressionò a tal punto il generale Per­
shing, comandante della Forza di spedizione americana, inviata in Europa a
sostegno degli eserciti della Triplice intesa nella primavera del 1917, da ri­
chiedere che un simile servizio venisse istituito anche nell’esercito america­
no. L’impresa non fu facile, innanzitutto, perché fu molto complicato acqui­
sire gli esemplari necessari alla costituzione dei reparti; ciononostante, nel
febbraio 1918 il servizio fu organizzato e trasferito in Francia un contingente
americano specializzato in comunicazioni composto da tre ufficiali, 118 sol­
dati e diverse centinaia di piccioni. Nella battaglia di Saint Mihiel (12-19 set­
tembre 1918) servirono 572 esemplari di piccioni americani, tra questi c’era
Mocker; mentre Cher Ami faceva parte del contingente di 442 esemplari impe­
gnati nell’offensiva della Mosa-Argonne2.

Cher Ami è il piccione più famoso della Prima guerra mondiale, anzi la più
famosa come si è scoperto durante le procedure per l’imbalsamazione. Era
stata donata alla 77 divisione di fanteria dell’esercito americano dagli ingle­
a
si e, durante il periodo di servizio, riuscì a consegnare con successo dodici

62
messaggi di vitale importanza tra il fronte di Verdun e il quartier generale
con sede a Rampont, conquistandosi l’amicizia dei commilitoni, che la chia­
mavano per nome e si affidavano al suo servizio avendone riscontrato la
grande affidabilità fino all’ultima missione, in cui salvò il “battaglione
perduto” (The Lost Battalion) della sua divisione. Nell’ottobre del 1918 un

a
battaglione della 77 divisione fu circondato dai tedeschi. Dopo diversi gior­
ni di combattimento, la metà del battaglione era stato ucciso e le razioni di
cibo ed acqua rimaste erano appena sufficienti per un giorno. In tali condi­
zioni una effettiva resistenza era impossibile così come l’idea di accettare la
richiesta di resa inviata dai tedeschi, poiché l’ordine era di resistere fino alla
fine. L’ultima speranza rimasta al comandante fu, dunque, Cher Ami. Colpita
ripetutamente dalle armi nemiche, nonostante le ferite riportate riuscì a per­
corre la distanza di 40 km, che separava il battaglione dal quartier generale
in appena 25 minuti, consegnando il messaggio, che lo salvò. Cher Ami era
stata colpita da un proiettile al petto, mentre un altro le aveva staccato una
zampa. Fu il generale Pershing in persona ad organizzarne il ritorno negli
Stati Uniti, dove fu curata, accudita e, infine, morì nel giugno del 1919 a Fort
Monmouth (New Jersey). Per il valore dimostrato sul campo, fu insignita
della Distinguished Service Cross dell’esercito americano e della Croix de
Guerre francese. Al pari di Stubby, anche il corpo di Cher Ami fu imbalsama­
to ed è visibile ancora oggi al National Museum of American History di Wa­
shington DC3. La vicenda che la vide protagonista è stata ricostruita nel 2001
dal film per la televisione, The Lost Battalion, diretto da Russell Mulcahy e di­
stribuito a livello internazionale da 20th Century Fox Television.

Mocker, il cui corpo imbalsamato è custodito presso lo U.S. Army Communi­


cations Electronics Museum di Fort Monmouth, fu uno dei più longevi eroi
della Prima guerra, morendo nel giugno del 1937. Durante il periodo di ser­
vizio in Francia compì 52 missioni, l’ultima risale al 12 settembre 1918, quan­
do l’avanzata americana nel settore francese dell’Alsazia-Lorena fu bloccata
da un pesante attacco tedesco. Mocker dalle vicinanze di Beaumont partì alla
volta del quartier generale, dove nonostante la perdita di un occhio e di par­
te del cranio consegnò il messaggio con le coordinate, permettendo
all’esercito americano di contrastare l’artiglieria nemica e aprirsi un varco
per entrare nel settore tedesco della regione. Insignito della Distinguished

63
Service Cross e della Croix de Guerre, Mocker venne rimandato negli Stati
Uniti, dove fu curato e visse per altri 19 anni4. 

Fig. 14.1: Cartolina del comandante Raynal, 1916

Vaillant, arruolato nell’esercito francese, fu l’ultimo coraggioso piccione ri­


masto nelle disponibilità del comandante Raynal per consegnare il messag­
gio, che avrebbe salvato Fort Vaux dall’assedio del 4 giugno 1916. Il forte si­
tuato lungo la riva destra della Mosa aveva subito un pesante attacco tede­

64
sco con i gas, la maggior parte dei soldati se non morta era gravemente in­
tossicata e l’intenso fumo impediva le comunicazioni ottiche con il forte di
Souville nelle retrovie. Il messaggio, che Raynal attaccò nell’anello sulla
zampa di Vaillant, era disperato. Una testimonianza anche della grande diffi­
coltà a gestire gli attacchi con i gas tossici, numerosi sul Fronte occidentale: non
sapeva, infatti, fino a quando avrebbero potuto resistere e non aveva al­tri
mezzi per comunicare. Malgrado le difficoltà dovute al fumo e
all’esposizione ai gas, Vaillant riuscì ad arrivare seppur in fin di vita alla pro­pria
colombaia, consegnando il messaggio, che salvò Fort Vaux. Sopravvis­suto,
morì all’età di 24 anni nel 1939, nella stessa settimana in cui morì anche il
comandante Raynal. Per l’eroismo dimostrato, Vaillant ha ricevuto due
onorificenze, la Bague d’honneur e la Citation à l’ordre de la Nation ed è stato in­
signito, inoltre, della Croix de Guerre. La sua storia ha ispirato un famoso
cartone animato francese ambientato nella Seconda guerra mondiale, intito­lato
Vaillant, pigeon de combat5. 

1. Cfr. A. Salles, La colombophilie militaire. I. 1870-1918 Un drôle d’oiseau e F. Calvet, J.-


P.Demonchaux, R. Lamand, G. Bornert, Une brève histoire de la colombophilie.
2. Office of the Deputy Chief of Staff for Operations and Plans - U.S. Army CECOM Life Cycle
Management Command, A history of Army communications and electronics at Fort Monmouth,
New Jersey, 1917-2007, https://openlibrary.org/books/OL22977787M/
A_history_of_Army_communications_and_electronics_at_Fort_Monmouth_New_Jersey_1917-200
7.
3. Cfr. A history of Army communications and electronics at Fort Monmouth, New Jersey, 1917-2007,
nonché Cher Ami, http://americanhistory.si.edu/collections/search/object/nmah_425415.
4. Cfr. A history of Army communications and electronics at Fort Monmouth, New Jersey,
1917-2007 e CECOM Historical Office - U.S. Army Live Blog, Mocker - Distiguished
Pigeon, http://cecomhistorian.armylive.dodlive.mil/2013/04/25/mocker-distinguished-pigeon/.
5. Cfr. Pigeons militaires et premiere guerre mondiale, Musée du pigeon voyager, http://
www.museedupigeon.com/pages/pigeons-militaires-et-premiere-guerre-mondiale.html e
F. Plancard, Vaillant, pigeon de combat, http://verdun-meuse.fr/images/files/
VaillantpigeondecombatER30072014.pdf. Sull’uso dei gas durante la Grande Guerra, si veda F.
Cappellano, B. Di Martino, La guerra dei gas, Rossato, Novale 2006.

65
15. Strumenti di approfondimento

Collezioni digitali e database

Europeana 1914-1918

Utilizzando la parola-chiave pigeons si accede ad una collezione iconografi­


ca, che permette sia di visualizzare i sistemi di cura e protezione sviluppate
per salvaguardare piccioni, sia di verificarne la funzione strategica e
l’abnegazione da loro dimostrata nello svolgimento delle proprie funzioni
(v. cap. III, Una guida multimediale).

1418 documenti e immagini della grande guerra 

Partendo dal foglio fotografie si accede alla pagina album fotografici da dove,
inserendo nella stringa parola da cercare piccioni viaggiatori, si potrà accede­
re a diverse immagini di colombaie militari.

BBC Schools World War One 

Alla pagina Animals during the war si trova una sezione completamente de­
dicata ai piccioni con interessanti spunti didattici. 

British pathé 

Effettuando una ricerca per animals in war, si può accedere ad un filmato


d’epoca dedicato ai piccioni militari (v. cap. III, Una guida multimediale).

Articoli online

Florance Calvet, Jean-Paul Demonchaux, Régis Lamand, Gilles Bornert,


Une brève histoire de la colombophilie, in “Revue Historique des Armées”, n.
248, 2007, pp. 93-105, https://rha.revues.org/1403#tocto2n3

66
CECOM Historical Office - U.S. Army Live Blog, Mocker - Distiguished Pigeon,
http://cecomhistorian.armylive.dodlive.mil/2013/04/25/mocker-distingui­
shed-pigeon/

Cher Ami, http://americanhistory.si.edu/collections/search/object/


nmah_425415

Mario Marchisio,  Giovanni Morei, L’impiego dei piccioni viaggiatori durante


la Prima guerra mondiale, in “Veterinaria Militare”, n. 12, 2007, pp. 541-542,
http://www.ordiniveterinaripiemonte.it/rivista/07n12/pdf/09.pdf

Office of the Deputy Chief of Staff for Operations and Plans - U.S. Army CE­
COM Life Cycle Management Command, A history of Army communications
and electronics at Fort Monmouth, New Jersey, 1917-2007,https://
openlibrary.org/books/OL22977787M/
A_history_of_Army_communications_and_electronics_at_Fort_Monmouth_New_Jersey_19

Pigeons militaires et premiere guerre mondiale, Musée du pigeon voyager,


http://www.museedupigeon.com/pages/pigeons-militaires-et-premiere-
guerre-mondiale.html 

Frédéric Plancard, Vaillant, pigeon de combat, http://verdun-meuse.fr/ima­


ges/files/VaillantpigeondecombatER30072014.pdf

Matteo Rubboli, Cher Ami: il piccione che salvò 194 soldati volando senza una
gamba e un occhio nella battaglia delle Argonne, http://
www.vanillamagazine.it/cher-ami-il-piccione-che-salvo-194-uomini-volan­
do-senza-una-gamba-e-un-occhio-nella-battaglia-delle-argonne/

Matthew Shaw, Animals and War, British Library, http://www.bl.uk/


world-war-one/articles/animals-and-war

C. N. Trueman, Pigeons And World War One, The History Learning Site, 16
Apr. 2015, http://www.historylearningsite.co.uk/world-war-one/the-we­
stern-front-in-world-war-one/animals-in-world-war-one/pigeons-and-
world-war-one/

67
16. Il cavallo

Fig. 16.1: Uomini e cavalli dell'Army Service Corps (ASC) sottoposti ad una
esercitazione anti-gas, da qualche parte nel Regno Unito, probabilmente Aldershot ©
IWM (Q 34105) 

I cavalli sono forse gli animali più noti nell’immaginario collettivo per la
propria sensibilità e timidezza, oltre che per la loro delicatezza, a dispetto
del fisico imponente, questo però non ha evitato che la loro presenza negli
eserciti fosse costante sin dal 2000-1000 a.C., quando presumibilmente nac­
que la cavalleria. Nel corso dei secoli, ed in particolare tra Ottocento e inizi
Novecento, il progresso tecnico-scientifico se, da un lato, ha rafforzato gli
eserciti, dotandoli di armi sempre più sofisticate e distruttive, dall’altro, ha
contribuito ad incrementare la carneficina di questi animali. Non a caso la
confisca dei cavalli da parte delle autorità militari viene oggi considerata un

68
vero e proprio atto di guerra rivolto a questi animali, il cui servizio effettivo
negli eserciti cessò di fatto con la Grande Guerra.

Già la guerra di Crimea e la guerra Franco-prussiana avevano messo in luce


quanto gravi fossero le conseguenze della guerra tecnologica sui cavalli e
proprio queste esperienze contribuirono a dare inizio all’attività di istituzio­
ni come la britannica Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals
(RSPCA), che con una lettera ufficiale ai contendenti in campo richiese loro
di mostrare una maggiore compassione, introducendo nei propri eserciti un
corpo di ufficiali-macellai con il compito di porre fine alle sofferenze degli
animali feriti e di rimuoverne i corpi dal campo di battaglia. Alla fine del
XIX secolo, una differente sensibilità per la sofferenza animale cominciava,
dunque, a farsi strada nel discorso pubblico. Questa attenzione non interessò
allo stesso modo tutti i paesi europei, anzi, ma un forte movimento
d’opinione emerse in Gran Bretagna dove, ad esempio, nel 1902 il sentimen­
to popolare si dimostrò così oltraggiato dall’apprendere che il ricordo più ri­
corrente dei reduci della guerra Anglo-boera fossero i pesanti lamenti dei ca­
valli feriti e il loro dolore nel doverli abbandonare da rendere necessaria
un’inchiesta parlamentare, che avrebbe portato l’anno successivo alla istitu­
zione dell’Army Veterinary Corps1.

69
Fig. 16.2: Italiani catturati seppelliscono i cavalli giacenti per strada, 1917 © ÖNB,
Europeana Collection 1914-1918

La Prima guerra mondiale vide in campo all'incirca 11.000.000 di cavalli. Ar­


ruolati al pari dei soldati, gli Imperi centrali poterono contare quasi esclusi­
vamente sui cavalli allevati in centro Europa, in particolare in Ungheria e
Cecoslovacchia, e dopo i primi combattimenti, quando i reparti a cavallo fu­
rono decimati, non furono in grado di rimpiazzarli con animali idonei, se
non quelli requisiti in Belgio, nei territori francesi e ad est in quelli ucraini;
gli alleati dell’Intesa, al contrario, poterono contare sul continuo rifornimen­
to di cavalli provenienti dal Canada, dagli Stati Uniti e dall’Australia.

L’aspettativa di vita al fronte non superava i dieci giorni. Accanto alle deci­
mazioni subite in battaglia, si ricordano quelle sul Fronte occidentale e, du­
rante le prime fasi della guerra, le operazioni della cavalleria russa per la
conquista del territorio tedesco, i cavalli furono vittime delle insidie della
guerra di trincea e della loro stessa sensibilità. Le condizioni atmosferiche
estreme e gli esplosivi provocavano loro delle reazioni difficili da gestire, de­
terminandone spesso l’abbattimento, affinché non fosse messa in pericolo
l’incolumità dei militari attorno a loro, senza contare che l’esposizione alle
mitragliatrici nemiche, ai gas asfissianti e ai reticolati metallici producevano
ferite tali da non lasciare loro scampo. Con il protrarsi del conflitto e

70
l’immobilità dei fronti, la loro funzione militare venne ridotta alle retrovie,
alle mansioni di trasferimento dei soldati e dei pezzi di artiglieria, oltre che
del rifornimento. La riduzione di operatività ne rese le condizioni di vita
pessime, a cominciare dalle scarse quantità di cibo, spesso marcio, e di ac­
qua, generalmente inquinata.

Questo non significa che non fossero state predisposte misure per garantire
loro le cure necessarie in caso di bisogno. Su tutti i fronti ma, in particolare,
sul Fronte occidentale e, in una certa misura, in Palestina l’impegno dei Cor­
pi veterinari britannici fu imponente e la RSPCA fu molto attiva nel racco­
gliere i fondi necessari all’allestimento di ospedali veterinari da campo,
all’acquisto di ambulanze, medicinali, foraggio oltre che a garantire la con­
valescenza degli animali feriti. Risorse, di cui beneficiarono organizzazioni
come la Blue Cross, che allestì ospedali veterinari in territorio francese desti­
nati alla cura e alla riabilitazione dei cavalli, sebbene le possibilità di vita e di
recupero per questi animali rimasero minime.

Le misure di protezione, ad ogni modo, non furono sufficienti a salvare i ca­


valli dalla violenza dei propri commilitoni. In alcuni casi, si trattò di una vio­
lenza inconsapevole, dettata da leggerezza o ingenuità nell’agire, un esem­
pio è quello relativo alle misure di protezione e cura dall’esposizione ai gas.
Le prime misure applicate per proteggere i cavalli dalle esalazioni dei gas
erano piuttosto rudimentali e molto dolorose. Esse erano costituite da tam­
poni, che venivano inseriti nelle narici dei cavalli e fermati a vivo con degli
spilli conficcati nelle froge. Successivamente, quando ci si rese conto che tale
pratica, oltre che feroce, era anche inutile, poiché richiedeva un tempo di ap­
plicazione lungo, si decise di utilizzare dei sacchetti come quelli utilizzati
per il cibo con risultati altrettanto deludenti: i cavalli diventavano irrequieti,
perché cercavano il cibo e, non trovandolo, finivano con il togliersi il sacco di
protezione. La cura per l’esposizione alle esalazioni, se possibile, fu addirit­
tura peggiore. I cavalli esposti, infatti, venivano trattati con una dose giorna­
liera di arsenico, da somministrarsi in piccole quantità e per un periodo pro­
lungato. Per questioni logistiche la tavoletta del veleno veniva inserita nel
sacchetto del cibo con il risultato che spesso questa rimanesse sul fondo, in­
nescando il rischio concreto di uccidere gli animali in un secondo momento,
quando insieme al cibo finivano con l’ingerire una quantità letale di arsenico2.

71
In altri casi si trattò di una violenza premeditata, dettata spesso dagli eventi,
e sicuramente gratuita. Non mancano le testimonianze di soldati, che arriva­
rono a macellare gli animali più deboli per garantirsi il sostentamento, come
pure le fonti relative alle decisioni assunte dagli alti comandi alla fine della
guerra di vendere i pochi reduci ai mattatoi presenti in prossimità delle aree
di smobilitazione3. La crudeltà della guerra, tuttavia, non impedì che tra sol­
dato e cavallo si sviluppasse comunque un legame molto forte e reciproco.
Era frequente vedere i soldati sfidare il pericolo per stare vicini ai propri ca­
valli morenti e cavalli impazziti di disperazione alla perdita del proprio ca­
valiere4.

L’esperienza dei cavalli al fronte è stata generalmente trascurata dalla narra­


zione storica, che assimilandola a quella del corpo militare di appartenenza
di fatto l’ha occultata. Non mancano, tuttavia, tracce di questa presenza nelle
lettere e nei diari dei soldati e, ovviamente, in letteratura. La denuncia più
vivida contro l’atroce quanto inutile macello di milioni di cavalli è custodita,
infatti, in alcune delle pagine più struggenti del romanzo Niente di nuovo sul
fronte occidentale dello scrittore-soldato Erich M. Remarque. 

1. Cfr. M. Shaw, Animals and War, British Library, http://www.bl.uk/world-war-one/arti­


cles/animals-and-war, C. N. Trueman, Horses In World War One, The History Learning Site,
16 Apr 2015, http://www.historylearningsite.co.uk/world-war-one/the-western-front-in-
world-war-one/animals-in-world-war-one/horses-in-world-war-one/, nonché J.
Cooper, Animals in War, pp. 23-27.
2. J. Cooper, Animals in War, pp. 34-49.
3. Cfr. di L. Fabi, Guerra bestiale e Il bravo soldato mulo.
4. J. Cooper, Animals in War, pp. 34-36.

72
17. Warrior

I cavalli sopravvissuti alla Grande Guerra furono pochi e di questi solo qual­
cuno ebbe la fortuna di invecchiare e morire serenamente molti anni dopo la
fine del conflitto. È il caso di Warrior, il cavallo del generale britannico Jack
Seely.

A molti anni dalla fine della guerra, la sua storia avrebbe catturato
l’attenzione dello scrittore Michael Morpurgo, da cui trasse ispirazione per
creare il protagonista del romanzo per ragazzi War Horse pubblicato nel
1982, in cui la voce narrante è quella in un cavallo di guerra, Joey, che rac­
conta le sue avventure al fronte. Romanzo, che a sua volta avrebbe ispirato
l’omonimo film di Steven Spielberg uscito nel 2011. La vera storia di Warrior,
tuttavia, era nota sin dall’immediato dopoguerra grazie ai militari canadesi, i
quali ne raccontarono le leggendarie imprese e contribuirono ad accrescerne
la fama presso il pubblico di lingua inglese, al punto che il suo proprietario e
conduttore, il generale Jack Seely, nel 1934 decise di scriverne la biografia,
My horse Warrior, per soddisfare le curiosità del pubblico che, affezionato da
lungo tempo al cavallo, era desideroso di conoscerne la vita. 

73
Fig. 17.1: Truppe del genio britannico, che portano via i cavalli dopo lo sbarco in
Francia, © IWM (Q 33311)

74
Warrior arrivò in Francia nell’agosto del 1914 al seguito del generale Seely,
comandante del corpo di spedizione britannico. Dopo un primo periodo, nel
febbraio del 1915 fece ritorno in Gran Bretagna per sottoporsi ad un periodo
di addestramento con la Brigata di cavalleria canadese, di cui Seely era di­
ventato comandante. Ritornato due mesi dopo in Francia, non abbandonò il
Fronte occidentale fino al Natale del 1918, quando fece rientro nella casa di
famiglia sull’Isola di Wight, dove morì all’età di 33 anni nel 1941. Warrior
partecipò ad alcune tra le più importanti battaglie combattute sul Fronte oc­
cidentale, come la battaglia della Somme nel 1916 e quella di Cambrai nel
1918 e, pur riportando delle ferite, ritornò sempre in prima linea, anche
quando Seely, vittima di un attacco con i gas, dovette fermarsi per ricevere le
cure necessarie. Si distinse per il suo atteggiamento impavido sul campo,
sempre a fianco del suo conduttore e i commilitoni canadesi contribuirono
ad accrescerne la fama, soprannominandolo “il cavallo che i tedeschi non
riuscirono ad uccidere”1. Nonostante la sua esperienza fosse nota, solo nel
2014 Warrior è stato insignito della People’s Dispensary for Sick Animals
(PDSA) Dickin Medal alla memoria, per essersi distinto in guerra a 100 anni
dagli eventi che lo videro protagonista2.

1. A. Lequoia, Warrior: The Horse The Germans Could Not Kill, http://stargazermercantile.com/


2014/11/03/warrior-horse-germans-kill/.
2. K. Perry, Heroic First World War Horse Warrior Receives ‘Animal Victoria Cross’, The Telegraph,
2 Sept 2014, http://www.telegraph.co.uk/history/world-war-one/11069681/Heroic-First-
World-War-horse-Warrior-receives-animal-Victoria-Cross.html.

75
18. Strumenti di approfondimento

Strumenti digitali e database

Europeana 1914-1918 

Inserendo la parola-chiave horses è possibile accedere ad un patrimonio di


oltre 1000 reperti tra fotografie e stampe. Per questo e-Book sono state sele­
zionate nove immagini (v. cap. III, Una guida multimediale), che permettono
di evidenziare le fasi di mobilitazione e addestramento, l’attività svolta dai
cavalli nel servizio di trasporto e rifornimento, il soccorso e la cura prestati
ai cavalli feriti dai servizi veterinari da campo, oltre che gli episodi collegati
alla loro morte e alla sepoltura.

1418 documenti e immagini della grande guerra

Seguendo il percorso fotografie, album fotografici, sarà sufficiente inserire nella


riga parola da cercare il termine cavalleria per prendere visione di più di 800
record, tra fotografie e cartoline a stampa, tutti dedicati ai cavalli di guerra e
non solo a quelli che combatterono sul fronte italiano. 

BBC Schools World War One

Dedica uno spazio speciale ai cavalli di guerra sia nella pagina Animals du­
ring the war  che nell’approfondimento curato da Matt Baker, “Who were
the real war horses of WW1?”.

Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals  e Blue Cross Society

Si tratta dei siti delle due maggiori organizzazioni britanniche, che contribui­
rono ad organizzare il servizio sanitario veterinario durante la guerra.

British pathé

76
Effettuando una ricerca per animals in war, si può accedere ad un filmato
d’epoca relativo ad un ospedale della Blue Cross (v. cap. III, Una guida multi­
mediale).

Warrior. A Real War Horse

Sito dedicato al cavallo di guerra “che i tedeschi non riuscirono ad uccide­


re”. 

Articoli online

Keith Perry, Heroic First World War horse Warrior receives ‘animal Victoria
Cross’, The Telegraph, 2 Sept 2014,  http://www.telegraph.co.uk/history/
world-war-one/11069681/Heroic-First-World-War-horse-Warrior-receives-
animal-Victoria-Cross.html

Macri Puricelli, Eroe dimenticato: il cavallo nella Prima Guerra Mondiale, D La


Repubblica Blog, 30 aprile 2015, http://zoelagatta-
d.blogautore.repubblica.it/2015/04/30/eroe-dimenticato-il-cavallo-nella-
prima-guerra-mondiale/

Jill Reilly, Warrior, the Real ‘War Horse’ the Germans couldn’t kill - who braved
the bullets, barbed wire and shell fire of World War I, http://
www.dailymail.co.uk/news/article-2080962/Warrior-REAL-War-Horse-
braved-bullets-barbed-wire-shell-World-War-I.html

Emily Upton, The Horses of World War I, Today I Found Out, 7 Mar 2014,
http://www.todayifoundout.com/index.php/2014/03/horses-world-war/ 

New Zealand’s First World War Horses, Ministry for Culture and Heritage, 8
Nov. 2016, https://nzhistory.govt.nz/war/nz-first-world-war-horses

Matthew Shaw, Animals and War, British Library, http://www.bl.uk/


world-war-one/articles/animals-and-war

C. N. Trueman, Horses In World War One, The History Learning Site, 16 Apr
2015, http://www.historylearningsite.co.uk/world-war-one/the-western-

77
front-in-world-war-one/animals-in-world-war-one/horses-in-world-war-
one/

78
19. Una guida multimediale

Questa guida multimediale, ispirata ai principi della nuova etologia storica


così come delineati negli studi di Éric Baratay, ha lo scopo di contribuire a
raccontare la storia della Grande Guerra dal punto di vista degli animali, che
vi parteciparono, nella convinzione che essi in quanto soggetti di biografie
narrabili possano permettere una ricostruzione più inclusiva degli eventi. Le
informazioni relative alle reazioni fisiologiche e comportamentali degli ani­
mali in una situazione data vanno rintracciate, come si è chiarito nel primo
capitolo, negli scritti e nelle immagini prodotte dagli uomini, che hanno avu­
to la possibilità di osservarle e raccontarle. Per superarne le insufficienze è
necessario incrociare più fonti, quali foto, filmati d’epoca, articoli e saggi, siti
web, documentari e film, allo scopo di riportare in primo piano quanto è ri­
masto a lungo sullo sfondo. 

Risorse fotografiche 

La seguente selezione iconografica deriva da Europeana 1914-1918. Le im­


magini selezionate sono libere da copyright.

Piccioni viaggiatori

Scatola di protezione anti-gas per 15 piccioni, Trento

Pilota riceve i piccioni viaggiatori

Piccioni all’interno di una colombaia 

Stazione per piccioni viaggiatori sul fronte italiano 

Collocamento di un messaggio su un piccione viaggiatore 

Il piccione di Verdun

79
Cani militari

Veduta di cani da guerra, che tirano un carretto per lampade elettriche,


Dornberk

Colonna di cani con slitta, probabilmente fronte delle Dolomiti, Trentino 

Colonna di cani sul fronte Isonzo 

Cani da caccia a lavoro a Krupy, Russia 

Carrello trainato da cani, probabilmente Kimplong, al confine con la Roma­


nia

Cavalli 

Operazione su un cavallo, Galizia orientale 

Operazione su un cavallo, Clinica equestre 102, Klagenfurt

Italiani catturati seppelliscono i cavalli, che si trovano sulla strada, probabil­


mente nella zona tra Pontebba e Tolmezza 

Cavalli da carico, probabilmente vicino Podhajce, Galizia

Fedele al servizio, probabilmente vicino Oporzec, Galizia

Stallone arabo, Galizia 

Lungo la strada per Gorizia 

Truppe austriache a Gorizia

Mobilitazione e requisizione di cavalli, Manifesto multilingue, Bruxelles

Filmati d'epoca 

80
La selezione di filmati proposta di seguito deriva dal sito di cross-media Bri­
tish Pathé.

Real dogs of war - French army dogs

French army dogs find wounded

French listening patrols take dogs along the front 

Oldest flying corps - Army pigeons

Blue Cross Hospital

Army Veterinary Corps 

Horse breaking by american cowboy soldiers 

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Gli animali nella Grande Guerra

di Maria Grazia Suriano

© 2017 Associazione culturale Se, Bologna

Illustrazione di copertina: Soldato inginocchiato solleva un cane nel suo el­


metto, 22 Dicembre 1917 © IWM (Q 10597)

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Bologna

Se

ISBN 978-88-943141-0-6 

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