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di Massimo Medugno
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Con riferimento a quest'ultimo aspetto è il caso di osservare che l'art. 24 della Direttiva 98/2008
prevede la possibilità di deroga dall'obbligo di autorizzazione per enti ed imprese per le operazioni
di smaltimento dei propri rifiuti non pericolosi nei luoghi di produzione e per le operazioni di
recupero dei rifiuti (sia propri che di terzi).
Ma vediamo cosa prevede l'art. 184 ter in materia di “cessazione della qualifica di rifiuto”.
EOW: le condizioni
E' appena il caso di evidenziare che le MPS italiane, non sono altro che un sistema “ante litteram”
di “end of waste”. Infatti, secondo le procedure in essere in Italia, un rifiuto sottoposto ad attività di
recupero diventa una materia prima secondaria da utilizzare in una specifica attività industriale
esclusa dal regime dei rifiuti.
La Direttiva Comunitaria prevede che vengano stabiliti appositi criteri che devono essere
soddisfatti dai prodotti/materiali che originano da operazioni di recupero affinché gli stessi non
rientrino più nella definizione di rifiuto; in particolare, la Direttiva prevede che tali criteri
comunitari dovrebbero riguardare, “tra gli altri, almeno” gli aggregati (rifiuti edili), rifiuti in carta e
in vetro, i metalli, i pneumatici e i rifiuti tessili (art. 6, comma 2). In questo momento sono in
preparazione criteri per i metalli e i rifiuti in carta.
Secondo il comma 1 dell'art. 184 ter un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a
un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri
specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici;
b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la
normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi
sull’ambiente o sulla salute umana.
Con riferimento alla condizione n. 2 va già segnalata una prima pronuncia della Corte di
Cassazione, Sez III penale, n. 24427/11 (udienza del 25.5.2011) la quale evidenzia che l’assenza di
valore economico o il carattere irrisorio è certamente diverso dall’esistenza di una mercato o una
domanda.
Secondo il successivo comma 2 l’operazione di recupero può consistere semplicemente nel
controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette
condizioni.
E’ questa una indicazione che ritroviamo espressamente nella nuova Direttiva Rifiuti, non
nell'articolato ma nel Considerando n. 22 (dedicato alla distinzione delle procedure riguardanti il
sottoprodotto e l'EOW), nella parte finale del secondo trattino.
Si tratta, quindi, di una disposizione che va intesa nell'ottica del “favor” che la Direttiva prevede per
facilitare il recupero e la cessazione della qualifica di rifiuto.
La sua futura attuazione non potrà prescindere da una semplicità di esecuzione sotto il profilo
amministrativo, tale da promuoverne il più ampio utilizzo nelle filiere interessate, pur garantendo la
tutela dell'ambiente.
Infine, per una migliore comprensione delle diverse fattispecie che riguardano la nozione di rifiuto,
è importante considerare la definizione di “preparazione per il riutilizzo” contenuta dal nuovo art.
183, comma lett q) come innovato dall'art.10 del Dlgs n. 205.
Essa viene intesa come le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui
prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati
senza altro pretrattamento;
Appare evidente che essa riguarda prodotti o componenti diventati rifiuti.
Tra l'altro essa trova applicazione nell'ambito del nuovo art. 181, comma 1 che riguarda gli obiettivi
del 50% almeno in termini di peso e che riguardano la “preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio
di rifiuti (….) provenienti dai nuclei domestici”.
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Detta definizione non può leggersi che insieme a quella successiva della lettera r), sempre del nuovo
art. 183, che riguarda il “riutilizzo”.
Questo viene inteso come qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non
sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti.
Se la “preparazione per il riutilizzo” riguarda un prodotto o un componente diventato un rifiuto, il
riutilizzo concerne un prodotto o un componente che non è (più) un rifiuto.