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Marina Minet

Perdono in supplica in monologo


d’augurio al pasto

Associazione Culturale LucaniArt


Marina Minet

Perdono in supplica in monologo


d’augurio al pasto
Collana di “Scritture clandestine”

Associazione Culturale LucaniArt Onlus

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Collana di “Scritture clandestine”

Marina Minet, Onorano il castigo


Alfonso Guida, Note di terapia
Maria Pina Ciancio, Niente è mai abbastanza
Alfonso Guida, Via Crucis
-
Pierino Gallo, Cristallo e pietra
Mauro Savino, Gallipoli
Rosa Rivelli, Luna bianca al mattino
Maria Zimotti, La veglia
Michele Brancale, A regime di brezza mite
Mariella Soldo, Il deserto del tempo
Maria Luigia Longo, Rime private
Francesco Federico, Dalla terra acida
Math Sambiase, I quaderni dell’agnizione
Luciano Nota Sabatella, Dentro
Gabriella Gianfelici, Lei mi è venuta a cercare
Filomena Valicenti, Spicchi di cuore
Filomena Valicenti, Gli occhi del cuore
Marina Minet, Analisi d’assenza – Lo stile di Van Gogh
A.A.V.V. Le trincee del grembo – Dodici prove d’autore al femminile
Francesco Federico, Riflessioni sull’esistere

© Associazione Culturale LucaniArt Onlus, 2016


Proprietà letteraria riservata all’Autrice
lucaniart@libero.it

In copertina disegno di Pompeo Batoli, Studio di testa

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- Quest’alternanza di pensieri
altro non è che carità amorosa.
Bacio asperso per alleviarti ossa -
Strappami la lingua,
Gerald,
sposo mio, d’affabile avversione alla premura
affinché l’inguaribile ossessione nasca gesto
e di simili deliri
in compassione ne diventi infine martire punita.
Principessa scalza in fuga
per smarrirti la scarpetta in sfoggio cristallino
nella bolgia di loro che aborti
divennero eco di grembi risanati.

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Hai mangiato i miei occhi nel momento che non avrei

potuto farne a meno.


Soffiandomi dentro
nell’angolo esatto dove hai preso forma hai costruito il
mio
odio.
Spremimi il cuore
fra le mani
come acino pronto a trebbia
in modo che nessuna goccia tenga sangue d’annata
infeconda.

Levami il fiato, mio sposo.


T’irrigherò col sudore carminio alla sete dei ricordi
portandoti fiori all’altare della mia risurrezione.

Parlami, mio signore.


Ho palmi affamati dal giorno che persi l’anulare in un
amplesso
eterno
- Io sono il futuro
colui che guarderai schiudendo labbra col timbro della
monotonia -

Il progresso somiglia ad una strada intrapresa:


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vergine
come sposa dimessa
rincorre chi meglio premia la sua imponenza.
La catena che ci lega ai bordi delle evidenze, ormai è
recisa.
La scialuppa chiede approdo
ma l’ancora
suicidandosi ad intervalli regolari mai ritrova culla devota
(E poi la sabbia non conosce stasi nelle stagioni glaciali).

Toccami senza farmi sentire un corpo immobile.


Lusingami di parole villeggianti.
Attraverseranno l’apice d’orizzonti immacolati
riportando a valle ciò che ho perso.
Voglio che indossi i miei occhi
come indossi mento alzato quando osservi beni altrui.
Non aver paura quando vedrai cera colare fra labbra
silenziose;
raffreddandosi riprenderanno posa
cucendoti l’orgoglio con l’inganno della verità.

Una volta avrei voluto volare.


Tuffarmi da una rupe frastagliata
scorticandomi la gola senza tacere.
Pensavo d’essere un solco chiuso dentro una scatola
piena d’Avemmaria.

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Un sepolcro abbandonato nelle vie del tempo
cosparso di ruggine per eccessiva consacrazione.
Ed ora
mentre firmo l’asportazione che annegherà queste dita
nell’alveo dei rimorsi
vedo vermi nuotarmi fra le tasche.

Si può vivere aspettando la morte


ma la morte
non può aspettare mentre avvolgi il mio solstizio
autunnale
a scarpe dirette al mio ultimo pianerottolo visivo.
Così disperatamente linde
ne raccolgo granelli per farmene flagello e diadema.

I pensieri sono coinquilini abusivi;


sanno d’essere sciami di voglie e paure
eppure occupano il trono del mio creare,
calpestandomi.
Come se ogni mio parto per accrescerli
raffiguri madre meretrice.

Scoprimi mio Sposo.


Affondami in questo sesso d’insaziabile paura.

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Muore solo quando riposi
sposo adorato.
Dovrò ucciderti per sentirmi appagata?
Sono un puzzle incompiuto;
ecco cosa raffiguro reggendoti i giorni.
E tu, rubandomi gli occhi
hai rubato lo specchio del tuo riflesso orbo
rendendomi iena senza sesso e senza fiele.

Non sei forse tu che hai sbriciolato la soglia che mi condusse qua?

Hai lapidato le mie vene


portandomi in questo bosco pieno di zanzare affamate.
Non avrei dovuto sprofondare nel lago dei tuoi occhi;
ora, traversando scalza
piango una perdita che vale la pietà di un prato sradicato.
Eppure sono ancora qua
con le unghie intatte
ad invocare un re senza corona né mantello
per nascondermi a me stessa.

Voltati.
Ho bisogno di vedermi dentro.
Chiudi gli occhi un attimo quanto basta a vedere ciò
che ho perso.
Non basta riprendere bagagli.
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Potresti celebrarli all’abbandono
addossandomi il peso delle carestie a venire
per crearmene conferma di disfatte.

Mio sposo
non ho pietà quando sento la luna chiamarmi come
una figlia dispersa.
Potrai mai perdonarmi?

Potrai mai perdonare, questa follia che ha usurpato


l’orgoglio del tuo vuoto?
Aspetto sentenza limandomi artigli:
lauti pasti per attese senza seggi.
Mangerò ogni tua cellula
finché di te non resterà che un solo muscolo.
Quel giorno danzerò nel viale dell’addio
sopra una coltre di fiori replicati
potandoti miraggio perpetuo:
l’illusione di trovarmi senza macchia.
Con sorriso di serpe placata
sarò la tua spoglia
consacrandomi vedova.

Mio sposo
potrai mai perdonarmi?

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[La notte è fauce schiusa che sfama verità
ed esprimo languore, io, reggendo mani giunte
non ho gole immobili ad affondarvi l’odio che mi opprime.
Compensami l’intento, sposo mio
che più non ho ragione.]

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Hai spento i miei occhi per deporli dietro il sole
eppure continui a guardarmi e a seguirmi come ultima
preda.
Lo percepisco dal vento
che indiscreto continua a sibilarmi addosso
tastandomi l’inclinazione dei passi.
Forse per saggiarli?

Vuoi i miei passi.


Ora comprendo anche questo.
Vuoi gustare la macabra ossessione
che li fissa avanti ai tuoi
per farne la caricatura
che meglio s’intona all’abito gessato
che indossi ogni domenica.
Odora d’incenso, certe volte.
Tu credi in Dio, Gerald?
Io Sì.

Sapessi, Gerald.
Sapessi quanto hai lacerato le mie viscere
quella notte che ho permesso d’esserti d’ingoio.
Avrei dovuto tenere fra le mani l’apparato digerente
dell’essenza al vizio
prima.
Provarne le capacità riduttive verso ogni materia pulsante.

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Perdonami.
Mi perdo sempre nella retorica d’esporti il corpo
come un tratto di sabbia alla mercé del vento.
Credo d’averlo già detto, questo
tempo fa,
o forse l’ho solo aspirato.

Io sogno incessantemente, Gerald.


Sogno di fate, di nani, di gnomi,
di piazze vuote,
di serpenti.
Sogno di te.
Sogno che mentre colmi il mio grembo
divieni ateo alle accuratezze della prolificità.
Mi guardi nel momento in cui…
Ed è come sentirti
quantificare la passività del mio sentirmi già dentro.
Assorbita.
Deglutita.
Ingurgitata.

Non ti abbandonerò mai, neanche dopo l’ingoio.


È questo che dici!
E lo dici bene,
talmente bene che me ne esorto verità al ferirmi.

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Ho sistemato le sedie nella sala
per disporti al rientro.
Ho collocato ogni cosa al proprio posto;
ho steso i tovaglioli in pizzo e li ho assemblati in
ordine
sul tavolo
con una coppa accanto.
Una sola.
Pensi che sia assennato risolvere tutto con un brindisi
prima d’essere ingoiata?
No, non considerarmi pazza.
Sto innalzando la nostra assoluzione come pena
necessaria.
Indispensabile.

Vorrei guardarmi un’ultima volta.


Guardarmi le labbra pallide per propormi ancora
una volta
alla visuale dell’esserci.
Del sapersi, anche se soltanto per riperdersi.
Dove hai nascosto i miei occhi
Gerald?

Io esisto
Gerald?
Esprimo ancora oppure le mie parole sono solo immagini
Reminescenze che ti affiorano istantanee

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ogni qualvolta posi lo sguardo
verso qualcosa che avrebbe potuto.
Essere.
Non è stato Gerald, lo so.
Non è stato.

Sapessi
No,
non sai.
Se tu sapessi, ora resteresti di fronte a tutte queste
cognizioni.
Adagiato in ammirazione di ciò che le tue mani hanno
effettuato.
Eseguito in conformità ad aspettative che nemmeno
immaginavi.

Vivi di sintomi ora.


D'impronte sulla pelle e di impazienza.
Lo so.
Io parlo e tu nasci.
Esisti
È questo che comincio ad afferrare.
Vorrei mostrartelo per restaurare la tua parte mancante,
ma non posso.
Ora è tardi.
Troppo tardi.
Siamo diventati indissolubili

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amore mio.
Carni tumefatte nella bellezza di una fine che ha
probabilità uniche.
Uguali e medesime
Già scritte nell’empireo che diverrà l’ultimo letto al noi
del dopo disegnato.

Sapessi, Gerald
sapessi quanto ora desidero esserti di pasto.
Sentirmi scivolare dentro la tua gola in discesa
innalzante.
È questo amarti.
È questo farti parte.
Ripristinarti al tempo
che di sole parole mi cospargevi la lingua d’idee.

Eccoti.
Sei a casa.
Comincio a sentire la tua andatura illesa
che percorre il selciato con la certezza d’addentarmi al
primo tocco.
Aspetto, Gerlad.
Ho amato solo te.
Voglio che tu sappia questo
prima che i tuoi canini comincino ad infiltrarsi
nel ventre che ti è culla.
Terra rigeneratrice.

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Sono pronta.
Sono cesto e letto di un amore senza margini impellenti,
oramai.
La coppa sul tavolo è già colma con l’appariscenza
dell’illusione:
ebbrezza necessaria a non affliggersi.
Il coronamento che mancava al pasto è già versato,
polvere di morte rapida
alle mie labbra stanche.
Cianuro.

Vita mia,
sono compiuta.
Non aver paura d’ingoiarmi
né sgomento al dopo che mi vomiterai al vano
mentre ansimando striscerai
per l’ultima volta serpe al mio avvertire.
Unitamente, ancora.

Siamo polpa irripetibile,


Gerald,
fusione artefatta al riamarsi.

Ingoiami piano
ingurgitami crudele

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ma fallo prima di morirmi.

…]Mio sposo
potrai mai perdonarmi?[…

Stesura 2003

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Appendice

Poemetto in prosa-poetica “Perdono in supplica d’impronta


esangue in monologo d’augurio al pasto” pubblicato nella
raccolta Amantidi–Vittime, Magnum Edizioni, 2006.

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Nota biobibliografica

Marina Minet, il cui vero nome è Teresa Anna Biccai, nasce a Sorso in
Sardegna. La sua scrittura rivolge un’attenzione particolare ai tormenti
dell’esistenza e alle naturali inquietudini che segnano e
contemporaneamente arricchiscono l’anima. Ha pubblicato le
seguenti monografie poetiche: “Le frontiere dell’anima” (Liberodiscrivere®
edizioni, 2006), “Il pasto di legno” (Poetilandia, 2009), l’ e-book “So di
mio padre, me” (Clepsydra Edizioni, 2010), “Onorano il castigo”
(Associazione Culturale LucaniArt, 2012), il racconto breve “Lo stile di
Van Van Gogh” (Associazione Culturale LucaniArt, 2014), Delle madri
(L’Arca felice, 2015).Fra le altre pubblicazioni ricordiamo i romanzi
collettivi al femminile “ESTemporanea” (Liberodiscrivere® edizioni,
2005) e “Malta Femmina” (Ed. Zona, 2009), il poemetto in prosa-poetica
“Perdono in supplica d’impronta esangue in monologo d’augurio al pasto”
(da Amantidi – Vittime, Magnum Edizioni, 2006).Una sua fiaba per
bambini è stata pubblicata nella raccolta antologica “A mezz’aria”
(Liberodiscrivere® edizioni, 2006). Il racconto-poema “Metamorfosi
nascoste” è apparso nell’antologia “Unanimemente” a cura di Gabriella
Gianfelici e Loretta Sebastianelli (Ed. Zona 2011).Recentemente compare
nell’Antologia di Poesia Femminile “Voci dell’aria” (Exosphere
PoesiArtEventi Associazione Culturale, 2014), in “Teorema del corpo –
Donne scrivono l’eros” curata da Dona Amati con la prefazione di Beppe
Costa (Ed. FusibiliaLibri, 2014) e nella plaquette collettiva “Le trincee del
grembo” (Associazione Culturale LucaniArt, 2014). Da anni si occupa,
inoltre, di divulgare la sua passione per la poesia, attraverso l’ideazione e
la realizzazione di interessanti “video poetry” che è possibile visionare sul
canale http://www.youtube.com/user/movenza

Ultimi riconoscimenti letterari: I Premio al Concorso Internazionale di Poesia “Versi


in Lucania” 2014 (poesia inedita); I Premio alla IX edizione del “Premio Letterario
Nazionale Città di Taranto 2015” (poesia inedita); I Premio alla V edizione del
“Premio Letterario Internazionale Isabella Morra, il mio mal superbo 2015″ (poesia
inedita); I Premio alla III Edizione del “Premio Letterario Città di Roccagloriosa
2015” (racconto a tema “la donna”).
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Indice

Perdono in supplica in monologo d’augurio al pasto………………4

Appendice...…………. …………………………………………18

Nota bio-bibliografica ………………………………………….19

20
Marina Minet, Perdono in supplica
in monologo d’augurio al pasto

Quaderno n.22 stampato in proprio


dall’Associazione Culturale Lucaniart
Tiratura limitata in 30 esemplari
numerati a mano
Agosto 2016

Copia n. ___

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