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1986, gli azzurri vi arrivarono da campioni

del mondo. Nella prima fase avevamo


avversari più impegnativi degli attuali. Il
colpo di grazia ci fu affibbiato dalla Francia
(una signora nazionale). L’analogia tra allora
e oggi è un’altra. Anche allora, Bearzot aveva
portato al mondiale gente appagata: i giovani
erano lì, ed esserci bastava; gli anziani reduci
dalla vittoria dello splendido mondiale
spagnolo, non potevano avere grandi
motivazioni. Infatti, il mix non funzionò.
Oggi, Lippi ha ripetuto gli stessi errori,
confidando nel suo gruppo, e commesso
qualche esclusivo orrore. Quando in una
squadra è palese l’assenza di qualità, ci si
Brocchi d’Italia affida al gruppo, al gioco. Alla fine siamo
mancati sia nella qualità (Totti – Cassano –
I nostri (ex) cavalli di razza si sono azzoppati Balotelli, lasciati a casa) sia nel gioco. Tra
in Sudafrica e non hanno passato nemmeno il tocchi e ritocchi vari, in tre partite, il nostro
primo turno. E Lippi, che fine ha fatto? selezionatore ha schierato sei moduli diversi.
Roba da record mondiale. Tuttavia, le colpe di
Lippi sono niente a confronto di quelle della
federazione. Il nuovo governo del calcio,
DANILO STEFANI (13 luglio 2010).
insediatosi dopo calciopoli 2006, ha enormi
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responsabilità. A seguito delle dimissioni di
Lippi, fu nominato Donadoni: poteva essere
“Come diceva Jesse James, i cavalli si
una svolta, una nuova via, un’inversione di
contano al palo”. Così disse il (per fortuna ex)
gioco e mentalità. L’acerbo Donadoni, fu fatto
commissario tecnico Marcello Lippi,
fuori a seguito della sconfitta a Euro 2008,
rispondendo a chi criticava la sua nazionale.
subita dalla Spagna – poi campione - e ai calci
Invece, al palo, pronti a disputarsi il mondiale
di rigore. Insomma, acerbo sì, ma fuori con
abbiamo visto altri cavalli. I nostri, col passo
onore. A Lippi, che per due anni aveva
dei brocchi, e inseriti nel girone più morbido,
gozzovigliato in barca rifiutando ogni altro
sono stati eliminati da Paraguay, Nuova
club, fu riaffidata la nazionale. Il sospetto di
Zelanda e Slovacchia. Alla vigilia, i critici
accordi precedenti sembra legittimo.
avevano risparmiato Marcello Lippi: un
Comunque, la soluzione scelta dalla
tecnico campione del mondo è (quasi) un
federcalcio italiana aveva un sapore
intoccabile. I limiti della nostra nazionale,
gattopardesco: cambiare affinché nulla cambi.
invece, erano ben noti; qualificazioni e
Naturalmente, adesso, nessuno pensa a
incontri pre-mondiali li avevano mostrati e
dimettersi, tranne Lippi (lui lo aveva già fatto
sviscerati senza pietà. Eppure, neanche il più
prima). Nessuno gioca meglio d’anticipo:
pessimista degli sportivi avrebbe immaginato
dimissioni presentate alla fine del mondiale
tale disfatta. In Sudafrica, per gli illustri
2006 e all’inizio dei mondiali del 2010. Forse
opinionisti, l’Italia ha giocato (giocato?) il
il tecnico meno licenziabile della storia
mondiale più negativo della sua storia:
calcistica italiana. Ora comincia l’era
concordo, peggio del 1966 (eliminati dalla
Prandelli, un cavallo fresco, di razza. E
Corea del Nord), peggio del 2002 (eliminati
scommetto su di lui, con tutta la mia
dalla Corea del Sud). Non siamo riusciti a
competenza di sportivo appassionato.
battere il Paraguay, e neanche Nuova Zelanda
Scommetto anche che nei momenti di
e Slovacchia! Due pareggi, e poi una sconfitta
difficoltà non citerà il bandito Jesse James:
decisiva con gli slovacchi. Niente gioco,
immune com’è, da permalosità e arroganza.
niente idee, preparazione fisica deficitaria,
che cosa ne poteva scaturire? E’ ovvio che la
storia, anche quella sportiva, continua a non
insegnarci nulla. Ai mondiali messicani del
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oggi è tutto bloccato” oppure “La rete è
ferma” o “Stiamo provvedendo
all’aggiornamento” e via di questo passo con
altre risposte standard affidate ai telefonisti.
Già, gli operatori telefonici. Quelli che per
arrivarci devi ascoltare il trallallero registrato
e guai a sbagliare tasto perché o torni indietro
o vai chissà dove nello spazio telematico. Se
invece siamo bravi arriviamo alla gratificante
priorità acquisita che non possiamo perdere e,
quindi, pazienza fino allo squillo che arriva e
al “pronto”. Poi cade la linea e si ricomincia
daccapo. Ma mica si può pretendere di
telefonare così, semplicemente. Si ritorna al
sistema e lui ti doma e vince comunque. Ci
sono voluti due milioni di anni per arrivare
Homo codex all’homo sapiens che ha clonato se stesso
arrivando alla versione homo codex. E’
L’uomo, oggi, vale la somma dei suoi codici inquietante pensare che fra trenta, quaranta o
alfanumerici. cinquant’anni potremmo essere già catalogati
come dei primitivi antenati, figli di un codice
minore.

DANILO STEFANI (3 settembre 2010).


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Quanto è valutato un uomo nella quotidianità?


Forse vale la somma dei suoi codici numerici
e alfanumerici. Non ci facciamo più caso ma i
codici sono sempre con noi: nei nostri
portafogli, nelle nostre menti, nei nostri
computer, nelle nostre auto, nei cassetti di
casa, persino nell’immondizia che
produciamo (dove esiste pure il rischio di
furto d’identità). Provate a contarli, i codici, e
rimarrete impressionati. Siamo schedati,
elaborati, studiati nelle ricerche di mercato,
sondaggiati e consultati, sempre appesi a un
codice che si cela sotto varie forme, infido e
strisciante e che, al contrario di noi, non
dorme mai. Il codice ci affianca e ci segue: in
Internet, nella nostra sim card, nelle nostre
operazioni bancomat, nei nostri decoder tv
che decodificano e decriptano. Il tutto avviene
con grande semplicità e ineluttabilità. Siamo
compressi nel nostro io virtuale, quello
elettronico, quello che c’interroga quando
componiamo un numero sperando in un
umano e invece troviamo un disco registrato.
Il nostro alter ego elettronico non sempre ci
riconosce e si ribella, ci rimanda al punto
precedente, ci intima di non sbagliare più. Il
sistema codificato non è tollerante. E quando
è lui a sbagliare con chi ce la prendiamo? Con
i chip impazziti o con il call center? “Signore
verso il centro a favore dei ragazzi, ormai
assuefatti a ogni sorta di navigazione
internettiana. Fin qui può andare. “Nel caso
dei ragazzi - spiega Tonioli - la rete moltiplica
le relazioni orizzontali, ma frammenta quelle
verticali, quelle con i genitori per esempio.
L’ambulatorio serve a ricostruirle”. Sentire
queste terminologie mi lascia perplesso.
Pazzi per la rete Psicopatologia sottostante, relazioni
orizzontali e verticali: mi sembra un
linguaggio da computer, derivato da uno
studio sui dati al computer e attraverso la rete.
Sembra una malattia che vuol curare se stessa,
la rete imbrigliata dalla rete. Funzionerà? Non
dovesse essere efficace, chissà che qualcuno
non si ricordi di educare i ragazzi come si
faceva ai vecchi tempi: controllo responsabile,
bastone e carota. Anche con questo metodo si
partiva dai genitori e funzionava. Già, ma chi
li controlla, oggi, i genitori?

Al Policlinico Gemelli di Roma è stato creato


il primo day hospital riservato alle dipendenze
da Internet

DANILO STEFANI (26 agosto 2010).


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Al Policlinico Gemelli di Roma è stato creato
il primo day hospital riservato alle dipendenze
da Internet. L’Università di Parma e il Cnr ne
hanno svelato la necessità eseguendo delle
ricerche su un campione di 2.200 studenti. Il
22% ha presentato condotte da uso eccessivo
del pc e il 10% è a rischio dipendenza.
Federico Tonioni, coordinatore del nuovo
ambulatorio, ha spiegato le tre fasi
d’intervento. Incontro iniziale per verificare la
diagnosi di dipendenza, incontri successivi
per individuare la “psicopatologia sottostante”
e se è il caso intervento farmacologico. La
terza fase è l’inserimento in gruppi di
riabilitazione a cui sono invitati a partecipare i
genitori. Gli adulti hanno spesso
consapevolezza della loro dipendenza che sia
da gioco d’azzardo o da sesso virtuale, o altro.
Può partire proprio da loro la richiesta di aiuto

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