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Letteratura contemporanea 1

Mario Luzi (1914 - 2005)

Mario Luzi occupa un posto particolare nella famiglia dei cosiddetti ermetici (ovvero "chiusi
ermeticamente", riferendosi al tipo di poesie da lui scritte, ermetiche, dalla difficile comprensione del
significato) e, insieme a Piero Bigongiari e a Alessandro Parronchi, si può dire che costituisca il
culmine dell'ermetismo fiorentino.
Il tema che domina nella poesia di Luzi è quello della celebrazione drammatica dell'autobiografia dove
viene messo in risalto il drammatico conflitto tra un "Io" portato per le cose sublimi e le scene terrestri
che gli vengono proposte.

La prima fase

Il primo momento della poesia di Luzi, quella più propriamente ermetica, va dagli esordi con La
barca del 1935 fino, in modo approssimativo, a Quaderno gotico con al centro Avvento notturno.
In questo periodo l'ideologia del poeta è improntata sul Cristianesimo rinforzata dal recente pensiero
cristiano francese, mentre, sul piano letterario, prosegue la linea "orfica" appartenente alla lirica
moderna che ha come archetipo Mallarmé e che retrocede fino a Coleridge e al suo visionario
romanticismo, senza peraltro dimenticare, anzi recuperandola, la tradizione italiana più vicina, cioè
quella di Arturo Onofri e di Dino Campana, e non estraneo alla lezione surrealista d'oltralpe di Paul
Eluard.

La seconda fase

l secondo e centrale momento della poesia di Luzi comprende, grosso modo, le tre raccolte
Primizie del deserto (1952), Onore del vero (1957), e Dal fondo delle campagne (1965) fino a Su
fondamenti invisibili (1971) nelle quali il poeta raggiunge i suoi più alti risultati.
La raccolta "Nel magma" (1963), inoltre, costituisce una tappa importantissima per l'intera poesia
italiana, che si evolve verso una fase inclusiva, nella quale la realtà cittadina e del boom economico
trovano definitivamente cittadinanza poetica. Oltre ad un rinnovamento di carattere tematico si
assiste ad un rinnovamento anche formale e di impostazione strutturale: ad un discorso poetico in
chiave monologica si sostituisce il modulo dialogico e conseguentemente si assiste ad un'intrusione
sempre maggiore di strategie stilistiche tese alla mimesi del parlato. I dialoghi con l altro, molto
spesso figure femminili indistinte e sovrapposte al doppio dell'io lirico,costituiscono momenti di
svolta, di autoprocesso e difesa dei valori fondativi della poesia, da Luzi strenuamente difesi
contro un mondo (quello del dominio della città,del lavoro e della teleologia dell'utile) che sembra
non prevedere più spazi per la poesia e per il poeta.

Terza fase

L'ultima poesia di Luzi presenta una modifica di stile più prosastico e i contenuti si sono maggiormente
aperti ai ricordi dell'adolescenza, alla descrizione di ambienti quotidiani vicino a quella di paesaggi
esotici.
Franco Fortini (1917 - 1994)

Il secondo dopoguerra si apriva con un convinta ripresa della poesia civile, nella quale ricorre assiduo,
suffragato da profonde istanze di rinnovamento, il tema “Italia”[1]. Italia 1942 spicca nella raccolta
d'esordio di Franco Fortini, Foglio di via (1946): in questa poesia la nazione può essere riconosciuta
come una patria da amare non più per le vestigia del passato – e qui vengono in mente “le mura e gli
archi / e le colonne e i simulacri e l'erme / torri degli avi nostri” di Leopardi – né, “per la voce / dei tuoi
libri lontani”, ma per la “pena presente”, per la comunità di uomini liberi, di compagni che la popola, con
cui ritrovare “parole tessute di plebi” e parlare la lingua dell'avvenire: come per Dante, così per Fortini
una comunità si fonda (si rifonda) anche su una lingua condivisa.

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